Anno CXVIII - N° 11-12 - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Roma LEGA NAVALE PERIODICO DELLA LEGA NAVALE ITALIANA DAL 1897 NOVEMBRE DICEMBRE 2 015 È tempo di regali Per Natale dona l’iscrizione alla Lega Navale a un amico che ti è caro. Te ne sarà grato per sempre. Sommario Editoriale 3 Paolo Bembo • Uno “shooter” (direttore di volo del personale di ponte nella sua caratteristica tenuta verde che ne contraddistingue la specialità) dà il suo segnale di consenso al lancio di un Harrier AV8B+ a bordo della portaerei Cavour (vedi articolo a pag. 6) • • • Impaginazione e Stampa Stilgrafica srl Via Ignazio Pettinengo, 31/33 00159 Roma - tel. 06 43588200 www.stilgrafica.com e-mail: [email protected] I Samurai del mare nostrum di Giuliano Da Frè • Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB Roma Una meraviglia della Marina svizzera di Claudio Boccalatte • Registrazione Tribunale di Roma n. 7727 del 24.10.1960 Musica a bordo! di Franco Maria Puddu Direttore Responsabile Paolo Bembo Direzione - Amministrazione Via Guidubaldo Del Monte, 54 00197 Roma tel. 06 809159203-fax 06 809159205 C.C. post. 30719009 www.leganavale.it e-mail: [email protected] Ali sul mare di Giampiero Maria Fabretti Anno CXVIII - n. 11-12 novembre-dicembre 2015 Redazione Franco Maria Puddu Il punto nave La Lega Navale sulla buona rotta Il Salone non lascia anzi... raddoppia! di Andrea Fazioli • I 20 anni della rubrica “Vela a Vela” di Giulio Guazzini 4 6 12 19 Sub 26 • Ambienti per le immersioni (4a parte) Alberico Barbato 32 La voce del diportista • Bandiere extracomunitarie in navigazione in acque internazionali Aniello Raiola 38 Manoscritti fotografie e disegni, pubblicati o no, non si restituiscono. ISSN 0024-032X finito di stampare nel mese di novembre 2015 61 Emergenza sanitaria • La ruota a pale conquista fiumi e mari di Claudio Ressmann • Gli illustratori alla guerra di Ciro Paoletti Recensioni e segnalazioni • 43 Umberto Verna 52 62 Corso di pesca • 48 Prevenzione: saper fare Parliamo di pastura Riccardo Zago Cronache delle Sezioni e Delegazioni Iscrizione R.O.C. n. 9378 La rivista viene inviata ai soci vitalizi, benemeriti, ordinari e studenti. 58 RICORDIAMOCI DEI NOSTRI FUCILIERI DI MARINA Mostriamo loro la nostra solidarietà inviando una e-mail a [email protected] 63 66 Editoriale I l mondo del mare, tutti i suoi appassionati, chinano oggi per un momento il capo in segno di cordoglio. È venuto a mancare, prematuramente, Luca Sonnino Sorisio. Sicuramente buona parte dei nostri lettori lo ricorderanno come direttore di Nautica; qualcuno lo avrà anche conosciuto come raffinato fotografo subacqueo; tutti rammentiamo, inoltre, le belle immagini dei suoi acquarelli. E poi, non c’era evento che avesse a che fare con il mare, con la sua protezione, con l’industria che dal mare trae spunto, nelle sue varie ramificazioni, con la cultura che al mare fa capo che non vedesse Luca presente, quando non protagonista. Memorabili alcuni suoi editoriali in difesa di tutto questo mondo, a noi così caro. Esso sentirà profondamente la sua mancanza. Ritenevamo imprescindibile un ricordo di Luca Sonnino che solo la periodicità della Rivista ha impedito fosse possibile prima. Adesso però, abbiamo il dovere di andare avanti, raccogliendo magari anche il testimone che lui ha passato a tutti noi per continuare a combattere le sue battaglie, che sono anche le nostre, cosa che crediamo, pure la sua rivista continuerà a fare. Per molti di noi, questa stagione è più caratterizzata dalle letture e dalla preparazione ai prossimi impegni della nuova stagione che già tra le brume dell’inverno, intravediamo. Sono momenti di cui fare tesoro, per arrivare preparati al meglio e poter così godere a pieno e in sicurezza delle gioie che i nostri interessi sul mare ci riserbano. Pochi privilegiati continuano invece a fruire del mare anche nella cattiva stagione nei campi più disparati che vanno dai vari campionati invernali a determinati tipi di pesca. Quella che sicuramente non va mai in letargo, per nessuno di noi, è la passione, per questo, a tutti, nell’approssimarsi delle Feste, vadano gli auguri di Lega Navale che oltre che essere di Buon Natale e Felice Capodanno, sono anche di un futuro pieno di soddisfazioni sul mare. Paolo Bembo COMUNICAZIONE IMPORTANTE Questo è l’ultimo numero della Rivista che viene spedito automaticamente a tutti i soci. La coscienza ecologica dell’Associazione, unita ad una necessaria “revisione della spesa” operata dalla Presidenza Nazionale, suggerisce di limitare al massimo l’impiego della carta necessaria alla stampa della Rivista. Pertanto, a partire dal prossimo numero, questa Rivista verrà inviata soltanto a chi ne farà espressa richiesta all’atto dell’associazione/rinnovo, accettando per questo di pagare contestualmente una quota maggiorata di cinque euro l’anno a parziale copertura delle spese. Il punto nave La Lega Navale sulla buona rotta Cari Soci, finalmente dal 23 al 25 ottobre, nella suggestiva e accogliente sede di Napoli, ha avuto luogo l’attesa e annunciata riunione dei presidenti delle sezioni e delle delegazioni della Lega Navale Italiana. Le condizioni meteo ci hanno dato una grossa mano: il sole caldo di Napoli e il golfo incantevole della città partenopea hanno fatto da cornice al seminario conferendo all’evento un aspetto particolare, “riscaldando” al punto giusto le riunioni plenarie (di apertura e chiusura) nonché i vari tavoli tecnici che erano stati attivati (e di cui farò un breve cenno in conclusione). Le aspettative per questo importante incontro erano alte e sentite da molti (anche se devo sottolineare qualche assenza di troppo). Anzitutto, tutti volevano sentirsi come rassicurati che la Lega Navale avesse ripreso la buona rotta e che il timone fosse ormai ben saldo nelle mani del suo Presidente-Commissario. Da parte mia, oltre a voler rendermi conto – attraverso le parole dei presidenti – dello stato di salute delle sezioni e di fare una prima reciproca conoscenza de visu degli stessi, ho cercato per prima cosa di rassicurare sui conti economici che ho trovato in ottima “salute”, tanto da consentirmi di far fronte alla totalità (o quasi) delle richieste di sovvenzione che erano pervenute nel (lungo) periodo di vacanza dei vertici. Ho anche avuto l’opportunità, affinché ne fossero successivamente informati tutti i soci, di delineare le linee guida sulle quali orienterò la mia azione e di mettere a fuoco alcuni punti preminenti che riguardano la Lega Navale sia a livello nazionale che a livello locale/regionale. Tra questi, c’è da ricercare, tutti insieme, il consolidamento dell’immagine della Lega Navale Italiana, leggermente “graffiata” nell’ultimo periodo, che non potrà che passare attraverso un rafforzamento dell’attività 4 novembre-dicembre 2015 delle Strutture Periferiche che debbono perseguire i fini istituzionali propri della Lega navale che la rendono unica nel panorama nazionale. Il primo aspetto – emerso prepotentemente nell’ambito degli incontri – che dovrà, infatti, essere curato è il rilancio del nostro Sodalizio e il recupero del ruolo e del prestigio che gli compete e che lo ha sempre contraddistinto nei suoi 118 anni di storia, per far sì che la gente percepisca sempre che svolgiamo un servizio di interesse pubblico. Dobbiamo tutti pretendere dai nostri soci, e questo è uno degli impegni più importanti che richiedo ai Consigli direttivi, una maggiore disponibilità a partecipare agli eventi sociali e istituzionali per avviare attività nelle scuole, conferenze, corsi di vela, nuoto o canoa/canottaggio, ecc. anche a favore di personale disabile. In altri termini: sviluppare iniziative promozionali, culturali, sportive, ambientalistiche e naturalistiche idonee e conformi al conseguimento degli scopi statutari. Non ci si può accontentare, o accettare, che chi si associa alla Lega Navale lo faccia con l’obiettivo di assicurarsi privilegi a costi contenuti per utilizzare le concessioni demaniali (arenili, banchine per ormeggio imbarcazioni o sedi sociali/nautiche): “non abbiamo interessi da presidiare, ma valori da trasmettere”, per sviluppare la cultura marinara e per condividere il nostro amore per il mare, soprattutto a favore dei giovani. Come chiaramente emerso durante le “tre giornate” di Napoli, esistono però anche varie problematiche, tuttora aperte e che richiederanno enormi sforzi e grande coesione tra tutti, per trovare le giuste soluzioni, pena il rischio di ridurre le capacità e la presenza delle Sezioni della Lega Navale sul territorio nazionale. In primis, il problema dei rinnovi delle concessioni demaniali, minacciate dalla direttiva europea Bolkestein, come anche al- cune direttive ministeriali che hanno creato qualche problema alle sezioni che organizzano corsi di istruzione nautica per il conseguimento delle abilitazioni alla conduzione delle imbarcazioni da diporto. Esiste anche la necessità di ridurre le spese globali della Presidenza Nazionale, soprattutto ora che da ormai tre anni sono cessati i contributi statali: è questo un impegno che ho avviato fin dall’inizio del mio mandato e che dovrò mettere in pratica già per il 2016. Qualche “battuta” sui lavori dei presidenti nei tavoli tecnici che hanno affrontato con grande impegno, passione e forse anche qualche animata discussione, alcuni temi importanti che sono scaturiti proprio dalle difficoltà in cui si è trovata la nostra Organizzazione negli ultimi mesi e che l’hanno portata al commissariamento. Sono convinto che non ci siano i presupposti per modificare lo status di “Ente pubblico” della Lega Navale che, anzi, deve essere difeso con tutte le nostre forze, per non intaccare la valenza del Sodalizio e le sue prerogative che gli derivano da più di un secolo di storia; perdere Il Commissario Straordinario, contrammiraglio Romano Sauro tale peculiarità metterebbe a forte rischio soprattutto le concessioni In conclusione, ritengo che l’incontro di Napoli demaniali, su cui si basano e vivono le sezioni. Visia stato estremamente positivo e tutti gli interceversa, grazie al lavoro delle “tavole rotonde”, venti effettuati, compresi i lavori non facili dei tadovremo valutare con grande attenzione alcune voli tecnici, siano stati tutti precisi, puntuali e nei proposte di modifica allo Statuto che sono emerquali, in gran parte, ho potuto notare una sostanse, tra cui spiccano le modalità di nomina dei verziale concordanza di vedute. Insomma, un semitici, come anche un aggiornamento dei compiti e nario concreto e redditizio sotto tutti i punti di videgli scopi della nostra istituzione, soprattutto nel sta, ricco di impulsi positivi e temi d’interesse. settore della scuola e dell’attività sportiva non La Lega Navale Italiana riparte da Napoli: non è agonistica, oltre che quella di impegno ambientapiù una nave alla deriva senza una guida; ha rilista. Aspetti che ci vedranno tutti vincolati nei preso, anche se lentamente, la sua rotta e si può prossimi mesi per rinnovare la Lega Navale… nelavvalere di uno stato maggiore coeso e motivato e la tradizione! Non ci illudiamo: sarà una navigadi un equipaggio unico che si sta accingendo a zione in acque agitate e difficili, che richiederà navigare verso nuovi obiettivi. Verso nuovi tramolto lavoro e determinazione, ma che comunguardi. Speriamo anche verso un grande futuro. que bisogna saper affrontare senza paura e pregiudizi, senza cadere in facili entusiasmi, ma sopratBuon vento. tutto evitando di imprimere pericolose spinte Romano Sauro centrifughe. novembre-dicembre 2015 5 Ali sul mare di Giampiero Maria Fabretti L’ 6 l’intero agglomerato operativo della Base, che subì ingenti perdite. Lo sfortunato incidente offri, tuttavia, l’opportunità di acquisire i nuovi e più affidabili SH3D Sea King, che vennero affidati al neo-costituito 3° Gruppo Elicotteri. Contestualmente la necessità di disporre di una macchina compatta ed imbarcabile sulle fregate antisommergibile, portò all’introduzione in servizio dell’AB204. La Componente proseguì il proprio sviluppo introducendo, nel 1976, l’elicottero Agusta-Bell 212, con superiori capacità di contrasto ai sommergibili ed alla minaccia di superficie. Negli anni successivi, lo sviluppo dell’Aviazione Navale fu segnato da due eventi particolarmente significativi: l’approvazione della legge N.57 del 1975, promossa dall’ammiraglio Gino De Giorgi, Capo di Stato Maggiore, che portò, tra le altre cose, alla realizzazione dell’incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi, unità che consentì alla Componente Aeromobili un notevole balzo di dimensioni, alla quale, più tardi, fece seguito l’approvazione della legge N.36 del 1989, che consentì alla Marina Militare di dotarsi di una componente ad ala fissa imbarcata, permettendo l’acquisizione dei velivoli AV-8B Harrier II+ inquadrati nel neo-costituito Gruppo Aerei Imbarcati di Grottaglie (GRUPAER). Breve storia della componente Aeromobili della Marina Militare Aviazione della Marina nasce il 27 giugno del 1913, per iniziativa dell’ammiraglio Paolo Thaon di Revel, all’epoca Capo di Stato Maggiore della Forza Armata, con la costituzione dell’ufficio per il “Servizio Aeronautico della Regia Marina” e della “Scuola di Aviazione della Marina” di Venezia. La Componente ebbe un fortissimo sviluppo durante la Prima Guerra Mondiale, nel corso della quale le aeronavi della Marina condussero 1.355 missioni di esplorazione e 68 di bombardamento, mentre gli idrovolanti portarono a compimento 1.884 missioni offensive e 1.500 di ricognizione. Gli eventi citati segnarono l’inizio di un lungo cammino che sfociò, nel 1956, nella costituzione della prima base aeromarittima presso l’arsenale militare di Augusta, in una zona denominata Terrevecchie, dove venne fondato il Primo Gruppo Elicotteri, equipaggiato con sette Agusta AB47G. Pochi anni dopo, il Primo Gruppo venne trasferito a diretto ridosso dell’aeroporto Fontanarossa di Catania, dove nel 1963, con l’arrivo dei primi elicotteri Sikorsky SH34J Seabat, verrà ufficialmente costituita la Stazione Elicotteri Marina Militare (MARISTAELI Catania). L’anno successivo, il 1964, è ricordato invece come un anno funesto, in cui una tromba d’aria devastò novembre-dicembre 2015 Uno dei primi elicotteri AB-47J percorre il canale navigabile di Taranto rizzato sul ponte delle fregala Carlo Bergamini; era un netto miglioramento rispetto al 47G che aveva ancora la fusoliera totalmente in plexiglas configurata a “bolla di sapone”. In apertura il distintivo da spalla degli appartenenti all’Aviazione Navale Contemporaneamente, sul fronte elicotteristico, venne fondato il Nucleo Lotta Anfibia (oggi Reparto Eliassalto), specializzato in operazioni di supporto al Reggimento San Marco. Nel 2000 venne impostata la più recente iniziativa di ristrutturazione e razionalizzazione organizzativa della componente, con l’istituzione del comando delle forze aeree e l’introduzione del concetto di impiego degli aeromobili secondo i moduli delle sezioni elicotteri/aerei. La riorganizzazione venne implementata con l’obiettivo di ottimizzare l’addestramento e la standardizzazione degli equipaggi, innalzare la disponibilità e l’efficacia operativa degli aeromobili e migliorare ulteriormente l’impiego delle risorse umane e materiali, per rispondere in modo sempre più appropriato alle nuove e crescenti esigenze operative. È sempre in questi anni che vennero messe in cantiere le principali iniziative di ammodernamento dell’Aviazione Navale tra le quali l’introduzione dell’EH101, dell’SH90, oltre all’impostazione ed al varo della portaerei Cavour. La nuova nave ammiraglia, di dimensioni ben superiori al Garibaldi, è caratterizzata da una grande versatilità, frutto delle molteplici configurazioni attribuibili all’insieme di aerei ed elicotteri imbarcabili (EH101, SH90, AB212 ed AV8B). Essa, inoltre, è in grado di giocare una varietà di ruoli che si aggiungono a quelli tradizionali: quartier generale avanzato, unità per operazioni anfibie, nave ospedale e unità per gli interventi umanitari di grande scala. La sfida più recente è rappresentata dalle iniziative di sostituzione della linea AV8B, che si approssima alla conclusione della vita operativa e per cui sono da tempo in corso le attività propedeutiche. A tal proposito è stato selezionato l’F35B Lightning II, velivolo supersonico ed a bassa osservabilità radar. La Componente Aeromobili oggi La Componente Aeromobili della Marina è sostanzialmente articolata sulla base di uno staff centrale e tre distinte Stazioni Aeree, distribuite sul territorio presso Sarzana, Grottaglie e Catania, ovvero in stretta prossimità delle principali Basi Navali. novembre-dicembre 2015 7 Uno dei primi tentativi di navalizzare maggiormente i nuovi elicotteri è rappresentato da questo A106, con cabina allungata, carrello con pattini e possibilità di essere vettore di un siluro A/S, ma la versione non ebbe grande successo e venne ben presto abbandonata Lo staff centrale è suddiviso in due distinte ramificazioni: il Reparto Aeromobili dello Stato Maggiore della Marina ed il Comando delle Forze Aeree, collocato presso il Comando in Capo della Squadra Navale. Le due ramificazioni fanno capo ad un unico ammiraglio, che svolge il doppio ruolo di capo del reparto aeromobili e comandante delle forze aeree (COMFORAER). Lo staff, in questa configurazione, ha carattere pienamente interdisciplinare ed è pertanto in grado di attendere ad ogni settore della sfera dell’Aviazione Navale. In particolare, il Reparto Aeromobili definisce la “policy” di impiego e di sviluppo della componente, mentre il Comando delle Forze aeree accentra tutte le funzioni relative all’addestramento ed alla gestione operativa delle linee di volo. Come già detto, sul territorio nazionale sono distribuite tre stazioni elicotteri/aeromobili, posizionate nelle immediate vicinanze delle tre principali basi navali: quella di Catania, quella di Sarzana Luni e quella di Grottaglie. Su di esse sono dislocati i seguenti gruppi operativi: a Catania, il 2° e il 3° Gruppo Elicotteri, rispettivamente con AB-212, prevalentemente destinati ad imbarcare sulle unità navali delle forze da pattugliamento, ed EH101, specializzati in operazioni di controllo degli spazi marittimi con capacità di contrasto alle minacce di superficie e subacquee. A Luni - Sarzana (La Spezia) sono il 1° ed il 5° 8 novembre-dicembre 2015 Gruppo Elicotteri, dotati di EH-101 per il supporto alle Forze Speciali, con particolare riferimento al vicino Comando Subacquei Incursori di La Spezia, e dei nuovi SH-90A che stanno progressivamente sostituendo gli AB-212. A Luni è basato inoltre il Centro Sperimentale Aeromarittimo (CSA), distaccato dallo Stato Maggiore Marina, per condurre attività di studio, sperimentazione e valutazione operativa dei nuovi equipaggiamenti ed assicurare la piena integrazione degli aeromobili con le unità navali. A Grottaglie (Taranto), è invece la sede del Gruppo Aerei Imbarcati, dotato di cacciabombardieri AV8B Plus e del 4° Gruppo Elicotteri, attualmente in transizione dagli AB-212 ai nuovi SH-90. In aggiunta, presso l’aeroporto di Pratica di Mare è rischierata permanentemente una Sezione Aerea, dotata di tre velivoli P-180 con compiti di collegamento/trasferimento logistico, supporto alla Squadra Navale e pattugliamento marittimo. Iter di studi Possono diventare piloti di Marina gli ufficiali dei ruoli normali e gli allievi ufficiali piloti di Complemento (AUPC) Per i primi, l’iter che porta a diventare un pilota di Marina è lungo e impegnativo ed inizia in Accademia Navale, dove è possibile accedere tramite concorso, dopo aver conseguito il diploma di scuola media superiore e fino all’età di 23 anni. Al termine dell’iter di studi ordinario, 3 Un AB-212 con livrea e coccarde a bassa visibilità in fase di atterraggio sull’eliporto di Maristaeli Catania; acquisito dal 1976 in 68 esemplari, robusto, ben marinizzato e spazioso, questo elicottero ha dato eccellenti risultati sia a bordo che nell’impiego su terra anni dall’ingresso in Accademia Navale, si avrà la possibilità di essere selezionati ed essere brevettati presso le scuole di volo della US NAVY quali piloti di aerei ad ala fissa non aerotattici, elicotteri e Jet (velivoli aerotattici). Invece, per diventare Ufficia- le Pilota di Complemento è necessario avere un’età compresa tra i 17 e 23 anni, essere in possesso di un diploma di scuola media superiore e partecipare al concorso per Allievo Ufficiale Pilota. I vincitori del concorso, inizialmente frequenteranno Una bell’immagine dell’EH-101, macchina specializzata nel pattugliamento di vaste aree, con capacità di offesa e di contrasto a forze sia di superficie che subacquee, di base anch’esso a Maristaeli Catania novembre-dicembre 2015 9 La linea di volo dell’aeroporto di Grottaglie, “la città degli Harrier” dove, unitamente a questi prestigiosi velivoli quando non sono imbarcati, si trova anche il 4 Gruppo Elicotteri che sta gradatamente dotandosi dei nuovi SH-90 al posto degli AB-212 un corso pre-flight di circa 5 mesi in Accademia Navale, per essere poi inviati negli Stati Uniti per il corso di pilotaggio presso le scuole di volo della US NAVY. Gli Ufficiali piloti dei Ruoli Normali mantengono le stesse prospettive di carriera degli altri colleghi del Ruolo Normale, essendo destinati a ricoprire tutti gli incarichi relativi al proprio profilo di carriera quali il Comando di Unità Navali e possono ambire alle massime cariche in seno alla Forza Armata e alla Difesa. Gli AUPC, dopo 12 anni di ferma hanno la possibilità di transitare nel Corpo di Stato Maggiore del Ruolo Speciale, potendo così ambire di raggiungere il grado massimo di capitano di vascello. Generalmente, gli ufficiali piloti del ruolo speciale non sono destinati ad assumere il comando di un’unità navale. Oltre ai piloti, la Marina Militare forma ufficiali e sotFinalmente non più una portaeromobili ma una vera portaerei plurimpiego (forse anche troppo), il tufficiali tecnici di Cavour, costituisce il vero nerbo della Squadra Navale italiana 10 novembre-dicembre 2015 Un caccia Lockheed Martin F-35 Lightning II o Joint Strike Fighter-F35 durante una manovra di appontaggio; si tratta di un velivolo multiruolo mo noposto, con ala trapezoidale a caratteristiche stealth del quale ne è prevista una variante a decollo corto e atterraggio verticale, per poter operare da portaerei di dimensioni ridotte come l’italiana Cavour aeromobili, scelti tra il personale già in forza alla Forza Armata, i quali vengono indirizzati alla frequenza di corsi altamente specializzati, in Italia o negli Stati Uniti, per l’impiego sui velivoli in servizio presso i Gruppi di Volo. Può diventare Operatore di Volo o Specialista/Tecnico di Aeromobili il personale appartenente alle categorie/specialità/qualificazioni sotto riportate di età non superiore ai 35 anni del ruolo dei marescialli, sergenti e graduati in servizio permanente nonché il VFP4 che non abbia superato il 2° anno di ferma alla data di inizio del corso, idoneo sotto il profilo medico legale quale” Aspirante agli Equipaggi Fissi di Volo della MM”. L’idoneità, requisito essenziale per poter partecipare alla selezione, viene acquisita presso uno dei 3 istituti medici legali dell’Aeronautica Militare. a. SSC/Ecg, M/Ecg, M/Rd o SSc/Tlc quale operatore di volo; b. SSP/Tm o M/Tm per la qualifica Specialista di Aeromobili o Tecnico di Aeromobili (SAER e TAER); c. Tsc/Ete o M/Ete, SSP/Ete o M/Ete per la qualifica Tecnico di Aeromobili (Taer); d. Tsc/Ma o M/Ma per la qualifica Taer. Il corso di formazione ha una durata di circa 16 mesi e si svolge presso Maristaeli Catania. Alla fine del corso il personale specialista sarà destinato presso uno dei Gruppi di Volo. Tra gli Ufficiali delle forze Aeree della MM sono presenti anche gli Ufficiali Tecnici di Aeromobili (TC/Aer) provenienti dagli Ufficiali del Ruolo Nor- male o del ruolo Speciale del Corpo GN e AN. Essi sono destinati ad assumere incarichi pressi le Maristaeli/Aer Gruppi di Volo o le Unità Navali Maggiori (Cavour e Garibaldi) e sono destinati a divenire Capi Servizio Tecnico dei Gruppi di Volo o delle Maristeli/Maristaer. Il corso di durata compresa tra i 14 e 18 mesi, in dipendenza dal tipo di macchina di assegnazione si svolge presso Maristaeli Catania e presso i Gruppi di Volo. Al termine del periodo di Formazione i nuovi Ufficiali TC/Aer saranno impiegati presso una delle basi/Gruppi di volo della MM. Per partecipare al corso è indispensabile essere idonei sotto il profilo Medico legale ed acquisire la idoneità quale “aspirante agli equipaggi fissi di volo della MM” presso uno dei tre istituti medici legali dell’AM. Al completamento del corso essi assumeranno una ferma della durata doppia a quella della durata del corso. ■ ATTENZIONE Nel testo a fianco sono state utilizzate alcune sigle che vanno intese così: SSC, specialista del sistema di combattimento; SSP, specialista del sitema di piattaforma; SAER, specialista di aeromobili; TAER, tecnico di aeromobili; M, marinaio. A queste sigle segue quella della specializzazione Ecg, ecogoniometrista; Rd, radarista; Tlc, telecomunicatore; Ete, elettricista tecnico elettronico; Ma, meccanico armarolo. novembre-dicembre 2015 11 Musica a bordo! di Franco Maria Puddu C 12 monata per il gusto di farlo e non per evitare lo scorbuto, e di contraddire il capufficio, senza per questo ricevere trenta colpi di gatto a nove code. Come ha fatto, questa gigantesca band of brothers, a sopravvivere a questo periglioso viaggio nel tempo? Certo non grazie ad una regola fissa: a volte appoggiandosi a qualche superstizione o alla religione (ma anche facendo un sapiente mix delle due), a volte affidandosi al buon senso, spesso imparando oggi per il domani, copiando atteggiamenti di altri e, non diciamo soprattutto ma in buona parte, socializzando fra compagni di sventura e avventura in maniera di creare una quasi fraterna compattezza, ricorrendo, per questo, anche al canto. Balli, canti e musiche da lavoro e non, nella storia della marineria, dalla piroga alla nave da battaglia ome tutti ben sappiamo, la vita di chi ha scelto di andar per mare non è mai stata, sin dalla notte dei tempi, un facile cammino: da illo tempore ce lo testimonia la frase di Platone secondo il quale al mondo esistevano tre tipi di persone, “i vivi, i morti e quelli che vanno per mare”. Anche Pantero Pantera, capitano delle galee pontificie a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, ricorderà nel libro “L’armata navale”, del 1614, che a bordo delle galee vigeva il detto “la vita è tormento, la morte è sollievo”, ma la testimonianza più deprimente arriva a noi da un vecchio pescatore di Mazara del Vallo che, intervistato negli Anni 50 da Vittorio G. Rossi, il maggior scrittore di mare contemporaneo italiano, disse di sé e dei suoi compagni: “noi, poveri vivi!”. Pure, celando la realtà del suo vivere, o meglio sopravvivere, dietro un’apparenza sfrontata, scanzonata e, a seconda del caso, più o meno malandrina, questa razza tanto a contatto con rischi e pericoli, quanto tenacemente attaccata alla vita, è riuscita, seguendo rotte imprevedibili e imperscrutabili ma, spesso, fortunate, ad attraversare il grande oceano della Storia per giungere ai giorni nostri. Che, ben lo sappiamo, non saranno certo l’optimum per una vita serena, ma che almeno ci consentono di andare al bar senza temere di essere rapiti dagli arruolatori della Marina, di bere una li- novembre-dicembre 2015 C’è canto e canto Quando parliamo di canto, chiariamolo subito, non ci riferiamo a quelle canzoni, spesso languide e strappalacrime che parlano di mari belli e incantati, e poi vanno a finire tutte nello stesso modo, ossia, quanto è bello il mare di questo o quel posto, tanto bello che lontani da questo non si può stare. No, perché queste non sono canzoni per marinai. Saranno belle, certo, con una musica eccellente, però sono per chi sospira struggendosi e guardando il mare, stando con i piedi ben piantati sul molo o sull’impiantito del Bar del Porto. Sopra, il disegno ricavato da un bassorilievo della prora di una nave da guerra romana, i cui vogatori ritmavano la “palata” con un canto corale o al suono del portisculus, una sorta di nacchera o martello del quale esiste un’unica immagine (a fianco) purtroppo non chiara, proveniente da un mosaico. In apertura, un disegno della Mary Rose, il vascello britannico nel cui scafo vennero rinvenuti numerosi strumenti appartenenti ai marinai I canti dei marinai parlano di vite dure, di asperità, spesso il mare non lo nominano neanche. Sono canzoni di gruppo utilizzate per lavorare, il che, per il marinaio che vive a bordo, equivale a far vivere la sua casa (la nave) e la sua famiglia (l’equipaggio); strambe melodie molto spesso improvvisate, prive di autori di nome e cantate approssimativamente da gente raffazzonata, ma componenti essenziali del quotidiano di chi viveva sulle navi. Ci è pervenuto dal passato un frammento di una delle più antiche di queste, una celeuma; non sappiamo con esattezza se si trattasse di un vero canto oppure di una sorta di incitazione corale senza pretese musicali, che i rematori di una nave da guerra romana utilizzavano per regolare i tempi di vogata e, nella sincronizzazione dei gesti, ottenere un miglior rendimento con minor fatica. Di certo sappiamo che faceva parte dei canti “a risposta” nei quali un capo gruppo, un nocchiere chiamato hortator, proclamava il primo verso al quale l’equipaggio rispondeva. Il “canto” era in esametri e sulle sillabe che seguono qui sotto è stata indicata con un accento acuto l’arsi, ossia l’innalzamento tonale della voce che per il declamatore sostituiva l’accento, il quale, di conseguenza, non sempre si trova dove avrebbe dovuto essere di norma, ma sul quale si “appoggiava” il vogatore con il suo remo ritmando la propria azione. novembre-dicembre 2015 13 Inoltre, sulle molte che facevano rotta per la Terra Santa era molto meglio astenersi da cori profani; i santi pellegrini andavano a sciacquarsi l’anima nel Santo Sepolcro, e non si sa come avrebbero preso le parole decisamente prosaiche dei marinai i quali, a loro volta, non erano tipi da farsi saltare la mosca al naso. Tuttavia, da un punto di vista umano, il rapporto tra il marinaio e la musica è sempre staSui vascelli alla sera, dopo che era stata battuta l’ultima guardia e prima del segnale di dormire, i mato molto intenso; nella rinai si riunivano sottocoperta, vicino agli affusti dei cannoni e si distraevano cantando i loro cori solitudine delle navigazioni, anche se i rapporti interpersonali fra i compagni di bordo potevano divenire difficili, alLa “voce” delle triremi le volte bastava un istante di musica per far rinaRiportiamo la prima strofa: scere amicizia ed aggregazione. I comandanti ben “Héia, Virí, Nostrúm Reboáns Echó Sonet Héia! (corlo sapevano e tutti, sia quelli militari che quelli rettamente sarebbe stato Hèia, Vìri, Nòstrum Rèmercantili, favorivano, nei rari momenti di calma boans echo Sonet Hèia) / Árbiter Éffusí Laté Maris e ai liberi dal servizio, la possibilità di riunirsi per Óre Seréno / Plácatúm Stravít Pelagús Posuítque Procélcantare fra loro e, se possibile, ballare, inteso che, lam, / Édomitíque Vagó Sedérunt Póndere Flúctus.” mare permettendo, una sera a settimana era dediche, tradotta, suonerebbe “Heia, uomini, come l’ecato al canto di robusti cori. co rimbombante suoni il nostro heia. / Il signore del mare che si stende ampiamente con voce sereGli strumenti di bordo na / fece distendere placato il pelago e fece calare la Per questo, a bordo di scafi affondati secoli fa, come tempesta, / e i flutti domati si fermarono per mani britannici Mary Rose (1545) e General Carlcanza di spinta”, dove Heia era derivato da un antiton(1785), o lo svedese Gustavo Wasa(1628), sono co grido di battaglia greco, qua usato per spronare stati rinvenuti numerosi strumenti tra i generi peril rematore. sonali dell’equipaggio, dai violini agli accordion, orLe parole evocano l’immagine di una nave che ganetti bitonali a due mani (che i tedeschi chiamaprocede velocemente, con la prora che, dopo aver vano Schifferklaviere, pianoforte del marinaio, mencavalcato con vigore le onde, con l’aiuto della ditre in Italia venivano chiamati concertine), ai tamvinità doma le forze del mare. Un canto da uomiburelli di svariate dimensioni e tipo ed altro ancora. ni di mare, che formavano un tutt’uno con la proE pensiamo di non andare sull’errato se riteniamo pria nave anche se, in genere, dubitiamo che siano che sulle navi aventi comandanti scozzesi o irlanstati così aulici. desi, qualcuno abbia portato a bordo una cornaIn seguito, però, non avremo più traccia di questi musa, anche se alcune superstizioni dei marinai ci canti, prima di tutto perché le marinerie facenti avvertono che gli strumenti a sacco non sempre parte dell’ormai dissolto Impero Romano vissero incontravano il favore dei naviganti. un lunghissimo periodo di estrema crisi, poi perTutti ricordavano infatti la vicenda di Ulisse al quaché quando iniziò una prima ripresa con l’avvento le, al ritorno da Troia ad Itaca, venne donato un della vela, questa, quadrata, era di limitate dimenotre che conteneva i venti pericolosi per agevolargli sioni e le navi piccole come le caravelle, e non seril viaggio; ma i suoi compagni, pensando che convivano grandi sforzi per governarle. 14 novembre-dicembre 2015 tenesse un tesoro che l’eroe non voleva dividere con loro, lo aprirono malaccortamente, scatenando la tragedia. Meglio non correre rischi inutili. Ma anche per quanto riguarda la musica “di servizio”, le note non dovevano far sentire la loro mancanza sulle navi. Agli strumenti portati a bordo per diletto personale dai marinai, nella seconda metà del XVII secolo, sulle navi di Sua Maestà britannica si andarono ad aggiungere quelli “d’ordinanza” dei fanti di Marina, i Royal Marines da tutti meglio conosciuti come “Lobsters” (aragoste), per via dei soprabiti rosso acceso che indossavano. Questi piccoli reparti (la consistenza oscillava da una decina di uomini imbarcati sulle unità minori, fino ai cento ed oltre sui vascelli), avevano i propri musicanti: un tamburo e un paio di pifferi (così detti comunemente, ma che in realtà erano flauti traversi) per i piccoli gruppi, molte più percussioni e fiati per quelli maggiori. Il loro compito era quello di cadenzare le attività dei Marines e, in caso di piccole operazioni anfibie, partecipare a sbarchi o rastrellamenti; ma vivendo fianco a fianco con l’equipaggio (non si può dire in stretto contatto, perché i comandi di bordo facevano in modo che Marines e marinai fossero mantenuti separati per motivi di sicurezza, in quanto i primi erano anche polizia militare, destinata a vigilare e tenere sotto controllo la bassa forza) piano piano si realizzassero delle reciproche collaborazioni che aiutavano a superare le difficoltà della “Vita sulle onde dell’Oceano”, come recita la forse più celebre marcia della Royal Navy. “Life on the Ocean waves” Ad esempio, durante l’alaggio del capone per salpare le ancore, spesso un Marine suonatore di flauto si sedeva sul grande argano fatto girare a braccia dall’equipaggio che faceva forza sulle stanghe infilate lateralmente alla sua sommità e intonava un motivo cadenzato che aiutava gli uomini nello sforzo. Cose analoghe avvenivano nelle marinerie civili, ma qui in quel periodo si sviluppò maggiormente la tendenza di intonare canti di lavoro, da parte dei marinai, appunto in occasione dei maggiori sforzi collettivi come alzare le vele o salpare l’ancora. Gli equipaggi militari e mercantili, da un punto di vista marinaresco, non differivano granché, e in queste occasioni, intonavano dei canti fortemente ritmati che si attagliavano perfettamente a questo o quello sforzo e li agevolavano nella manovra, coordinandone i tempi. I cori erano guidati da uno Shantyman, in genere un robusto tenore, pos- Seduto sulla sommità del grande argano salpa ancora, un musicante dei Royal Marines intona, con il suo flauto traverso, una ritmata e briosa musichetta che cadenzerà il lavoro degli uomini e li distrarrà, aiutandoli sibilmente gallese, che riscuoteva vasto rispetto. Questi canti erano definiti shanties (termine di origine britannica dall’etimo incerto), e si dividevano in due “filoni”: uno per guidare i marinai durante lavori che richiedevano uno sforzo intenso ma abbastanza breve come salpare un’ancora, l’altro per sforzi di maggior durata, come per la manovra delle vele. Potevano essere tanto corali che a risposta. Tutti quanti quelli che non erano contemplati in questi casi, erano considerati sailor’s songs. Ai giorni nostri abbiamo uno splendido esempio dei primi nella scena che mostra la partenza da New Bedford, della baleniera Pequod nel film “Moby Dick” di John Houston del 1956, con Gregory Peck nella parte del capitano Achab, durante la quale si vede un ragazzino di colore che indossa una divisa simile a quella che dall’inizio della seconda metà dell’800 venne distribuita ai marinai britannici (fino a quel momento, sulle navi gli unici a indossare uniformi regolamentari erano i Marines), e che ritma lo sforzo degli uomini che alano l’ancora, cantando “Heave away my Johnny”, battendo il tempo con un tamburello. Heave away è l’equivalente di un “Oh issa”. Senza togliere niente alla bellezza delle immagini, la scena è però una forzatura, in quanto il vestito novembre-dicembre 2015 15 Jack, al termine del periodo di arruolamento, ora che sono finalmente “safe and sound at home again” (sani e salvi a casa di nuovo), ricordando di quando “Long we’ve tossed on the rolling main”, si potrebbe dire “eravamo sbattuti dalla tempesta” e altro ancora; si tratta di un mondo indubbiamente molto diverso da quello degli ufficiali, anche se, bisogna riconoscerlo, neanche per questi, l’imbarco era una vita di rose e fiori. Attecchì ovunque questa forma di arte indubbiamente popolare? Possiamo con certezza ritenere di sì, anche se, Una bella e realistica immagine tratta dal film del 2003 Master e Commander, di Peter Weir: però, non ovunque allo stesnel pieno della battaglia l’armamento di un cannone è pronto al pezzo. Si vedono i marinai che reggono i cavi destinati a smorzare il rinculo dell’affusto mentre il capopezzo è in so modo. piedi, il pugno alzato, con in mano il cavetto tirafuoco dell’acciarino; dietro lui sono pronQuelli che divennero più ti lo spugnatore e lo scovolatore. In queste situazioni nascevano grandi amicizie “canterini” furono, per forza di cose, i popoli che effettuadel ragazzo (una copia di una delle prime divise da vano le più lunghe navigazioni, di conseguenza marinaio della Royal Navy) e quel particolare shangli inglesi e i francesi; gli spagnoli, come pure gli tie, sono forse posteriori di almeno un decennio se italiani, ebbero invece più care le canzoni di marinon due rispetto all’episodio illustrato dal film, ma na provenienti dalla propria tradizione popolare, l’impatto magico e al contempo realistico che la mentre per il lavoro preferivano fare affidamento scena dà alla narrazione e all’atmosfera del momenpiù su un “oh issa” gridato che su un “have away” to, fa superare qualsiasi licenza poetica del regista. cantato. Però con una piccola eccezione. Sin dall’XI Secolo, infatti, abbiamo notizia dello sviJohn e Jack, camerati di bordo luppo della pesca del tonno in Sicilia (ma poi anche Un esempio analogo è il canto “Don’t forget your in Sardegna, Liguria, Toscana e Calabria), con speold shipmate” (non dimenticare il tuo vecchio caciali sistemi di reti chiamati tonnare, dove vengono merata di bordo) da parte degli ufficiali dell’HMS convogliati i branchi dei tonni di passaggio fino a Surprise nel film “Master and Commander” di Peter farli accedere ad un locale senza uscita detto “cameWeir, con Russel Crowe, del 2003. ra della morte”. Qua i pesci vengono uccisi e estratIn questo caso, si badi bene però, la canzone è una ti dall’acqua con degli arpioni dai “tonnaroti”, una sailor’s song, un canto da marinaio, non uno shanconsorteria di marinai specializzati in questo lavotie da lavoro, e, probabilmente, anch’essa è, pur se ro, guidati da un raìs, un capo indiscusso dotato di di solo pochi anni, posteriore al momento storico grande esperienza e ascendente sul personale. della pellicola, volta al tentativo di mostrarci realiGli ordini della complessa serie di azioni richieste sticamente il legame che intercorreva tra gli uffiper portare a termine la pesca vengono dati dal ciali di bordo, e il rapporto che li legava allo spesraìs con una specie di discorso / preghiera che miso ingiustamente disprezzato equipaggio. schia frasi esorcistiche a preghiere, a disposizioni, Infatti, nel film, gli ufficiali, al termine di una pica frasi incomprensibili che fanno parte di eredità colo intrattenimento svoltosi fra di loro in quadraancestrali, fino a che l’ultimo tonno non è ucciso to, cantano in coro questo motivo; ma l’ascoltatoe l’acqua del mare è diventata totalmente rossa di re attento intuisce che è stato scritto da marinai, sangue, come dopo una battaglia. Il canto del raìs per marinai, con termini e situazioni da marinaio. si chiama Cialoma, e l’origine di questo etimo non Parla del ritorno a terra di due shipmates, John e è sicura. Certo, è molto simile a Celeuma. 16 novembre-dicembre 2015 Il singolare e, a suo modo, impressionante “campo di battaglia” dove combattevano la loro cruenta guerra i tonnaroti siciliani, sardi, liguri e calabresi del 700 e dell’800, al comando del raìs (al centro sulla barca, tingendosi di sangue e di sudore al canto della Celeuma Anche tedeschi e baltici svilupparono una notevole corrente di canti ma attenzione, questi popoli hanno sempre fatto ricorso a canti di gruppo in determinati ambienti, come quello militare o quello navale, militare e mercantile; d’altronde, nonostante la differenziazione dovuta alla mentalità degli abitanti dei vari Länder, la socializzazione tramite il canto corale è caratteristica di quest’area. I canti iniziarono a prendere piede nei primi decenni del XVII Secolo, per poi prosperare nell’epoca coloniale, durante quella che si potrebbe chiamare la “saga” dei clipper, durante tutta l’epoca della baleneria fino all’inizio dello scorso secolo quando, gradatamente, andarono scemando con la scomparsa della marineria veliera. D’altronde, si sa, specialmente in Marina, i maggiori stravolgimenti sono sempre stati portati dal progresso, mai dalle battaglie, con imprevedibili cambiamenti delle abitudini e della vita di bordo. Basti infatti pensare al povero celeusta che guidava i rematori delle trireme ritmandone i tempi, scomparso perché sostituito dall’aguzzino che li controllava con ben più efficaci staffilate, il quale a sua volta sarà scalzato, con tutti i remi e i rematori, dall’arrivo della vela quadra, che alla fine dovrà cedere il passo alla più manovriera vela latina che consentiva di andare di bolina. Quindi gli ultimi due colpi di maglio: l’arrivo prima degli scafi in ferro e poi della propulsione a vapore. Quali “effetti collaterali” si direbbe oggi, ebbe la diffusione delle canzoni da marinaio? Il primo fu, sicuramente, lo svilupparsi di alcune danze che divennero poi caratteristiche di questo ambiente. Già erano conosciute delle danze fra uomini che alcuni definivano “Gighe”, ma la danza sembra esser nata nel corso del XVI secolo a bordo dei vascelli inglesi, unendo movimenti che mimavano una serie di movimenti familiari ai marinai del tempo come scrutare l’orizzonte facendosi ombra agli occhi con la mano, alare l’ancora o arrampicarsi sulle griselle. Dalla Hornpipe alla Hivinau Ne esistevano almeno due varianti: una più veloce e una più lenta, danzate con scarpe dalla scuola dura per enfatizzare il tempo; dal XVII secolo divennero note con il nome di Hornpipe. Si dice che il capitano Cook le considerasse un ottimo metodo per mantenere i suoi uomini in salute: quando il mare era calmo e il ponte sgombro, ordinava che i marinai danzassero una hornpipe al suono di un violino, ed era convinto che grazie a que- novembre-dicembre 2015 17 mando”, del 1962, con uno splendido Alec Guinness ed un altrettanto bravo quanto odioso Dirke Bogarde. Ma ci furono altri effetti che nessuno avrebbe previsto; quando in vaste fasce d’Africa tutti gli europei, di qualunque nazionalità fossero, erano chiamati frengi (per via dei colonizzatori francesi), a Otaheite (Tahiti secondo la dizione dell’epoca) e in tutta la Polinesia erano definiti peritani (britons nell’accezione locale del nome), a Tahiti nacque una danza che qualcuno conosce ancora: la hivinau, i cui esecutori erano molto indaffarati sul palco. In realtà mimavano i gesti dei marinai inglesi quando alavano l’ancora o, alle manovre, gridavano Questa foto ripresa a bordo della HMS Warspite nel 1928 ci ricorda che una delle “Heave now” (hivinau). danze da marinaio preferite era la hornpipe, con la quale, nei momenti liberi, sulle navi di Sua Maestà si tormentavano gli allievi costringendoli ad addestrarsi; con Un solista guida con un canto a riquanta soddisfazione da parte loro non sappiamo, ma a giudicare dalle espressioni… sposta il coro e le mosse dei ballerini, che danzano in un doppio cersto sulle sue navi le malattie erano scarse. Abbiamo chio, schierati intorno all’orchestra di percussioni. qualche dubbio, ma qualcuno la dovette prendere Ma i buoni tahitiani imitavano con troppo zelo la sul serio, stando alla immagine che pubblichiamo, vita di un vascello con a bordo un grosso equipagscattata a bordo della Warspite nel 1928. gio, e proprio per questo, e per la sopravvenuta Noi comunque, volendo, possiamo vedere una belimpossibilità di trovare tanti ballerini quanti marila, se pur breve, rappresentazione di una danza di nai, la hivinau sta cadendo nel dimenticatoio. Cobordo ottimamente ricostruita nel film “Ponte di come i canti di bordo. ■ La Hivinau, una certamente stupenda danza ballata dai nativi della Polinesia, il cui nome derivava da “Heave now”, l’equivalente britannico di “Oh issa!”sta andando vero il tramonto per i motivi che il lettore leggerà nell’articolo 18 novembre-dicembre 2015 Una meraviglia della Marina svizzera di Claudio Boccalatte L re francese Gérard d’Aboville (autore della prima traversata dell’oceano Atlantico a remi e della prima traversata dell’oceano Pacifico con lo stesso mezzo), ha effettuato il giro del mondo, e il tedesco Immo Ströher, finanziatore e proprietario del mezzo. Il progettista è il neozelandese Craig Loomes, che ha concepito varie altre imbarcazioni innovative, tra cui il multiscafo da 23m Earthrace, detentore del record UIM per la più veloce circumnavigazione del globo con imbarcazione a motore. Il team progettuale guidato da Loomes ha impiegato diversi mesi per scegliere le dimensioni e le principali caratteristiche di quest’unità biscafo, concepita con l’obiettivo di compiere il giro del mondo: sono state oggetto di studio e ottimizzazione la raccolta, la conservazione e l’impiego dell’energia per la propulsione, ma anche l’aerodinamica e la scelta dei materiali sono state oggetto di studi approfonditi; la struttura basata sulla fibra di carbonio combina la leggerezza con la resistenza. Tra l’altro sono state effettuate prove della carena in vasca e al tunnel del vento, presso l’Australian Maritime College, in Tasmania. L’imbarcazione è stata costruita presso i cantieri Knierim Yachtbau di Kiel, nel Nord della Germania; la realizzazione è iniziata nel gennaio 2009 e il varo è avvenuto il 31 marzo 2010. Il catamarano a energia solare Planet Solar completa una fase della sua attività e diventa Race for water a Svizzera, paese privo di accesso al mare, è dotata di una marina mercantile di tutto rispetto, al settantaseiesimo posto al mondo, con un tonnellaggio totale di circa 1.400.000 TSL e una quarantina di navi, tutte registrate nel porto di Basilea. Come potenza marittima, inoltre la Svizzera ha una marina da diporto di circa 1.700 unità e un’industria che produce numerosi prodotti per il settore delle costruzioni navali, impiegando tecnologie all’avanguardia, in particolare nei settori della protezione dell’ambiente e delle energie rinnovabili. Un esempio è l’imbarcazione con scafo a catamarano PlanetSolar, (recentemente ribattezzata Race for water), la più grande imbarcazione con propulsione a energia solare del mondo, che ha compiuto nel 2010-12 il giro del mondo e nel 2013 e 2014 due campagne, la prima attraverso l’oceano Atlantico e la seconda nel Mar Mediterraneo, con il doppio scopo di eseguire, in collaborazione con l’Università di Ginevra, ricerche scientifiche di punta, e di promuovere l’impiego dell’energia solare, anche, ma non solo, nel campo della propulsione navale. Il progetto è nato in Svizzera nel 2004 sulle rive del lago di Neuchâtel, nell’ambito delle locali scuole d’ingegneria; i suoi principali ideatori sono stati lo svizzero Raphaël Domjan che, assieme al navigato- novembre-dicembre 2015 19 MS Tûranor PlanetSolar all’interno dei cantieri Knierim Yachtbau di Kiel prima del varo; in apertura una visione prodiera del catamarano solare Dopo aver completato l’allestimento, le prove in mare e l’addestramento dell’equipaggio, PlanetSolar è partita il 27 settembre 2010 da Monaco per il giro del mondo, compiuto su di una rotta equatoriale da Est verso Ovest per un totale di oltre 60.000 km. Il Il giro del mondo compiuto da MS Tûranor PlanetSolar nel 2010-2012 20 novembre-dicembre 2015 giro è terminato quando l’imbarcazione è tornata a Monaco il 4 maggio 2012, dopo quasi due anni nei quali sono stati toccati 52 porti, 28 paesi, tutti i continenti, attraversato tutti gli oceani e i più importanti canali artificiali. Ogni sosta è stata un’occasione per incontrare le comunità locali e promuovere l’impiego dell’energia solare, grazie anche al Solar Village, uno stand sull’energia solare che ha seguito l’imbarcazione in tutte le tappe. Nell’estate del 2012 l’imbarcazione ha compiuto una campagna nel Mar Mediterraneo, sostando anche nel porto di Cagliari, e partecipando a eventi legati all’impiego dell’energia solare, ed è stata oggetto di una sosta dedicata a lavori di manutenzione e rinnovamento, da cui è uscita nel marzo 2013. Il catamarano solare MS Tûranor PlanetSolar durante un delicato momento del varo Planet Solar è poi partita da Le Ciotat (in Provenza) l’8 aprile 2013, per una campagna transatlantica terminata il 10 settembre 2013 con l’arrivo, dopo aver risalito la Senna, a Parigi. Nel corso dei 156 giorni della campagna, l’unità ha percorso oltre 20.000 chilometri, promuovendo in ognuna delle dodici tappe la diffusione delle tematiche ambientali e delle possibilità che offre l’energia solare e svolgendo per 8.000 chilometri (da Miami a Londra) attività scientifica nell’ambito del programma “PlanetSolar DeepWater”, in collaborazione con l’Università di Ginevra per lo studio della corrente del Golfo e in particolare dei vortici che si distaccano dal flusso principale della corrente e influenzano gli scambi di calore tra il mare e l’atmosfera e il comportamento del fitoplancton. La campagna 2013 ha inoltre consentito di stabilire il nuovo record di traversata transatlantica a energia solare. In generale, nonostante alcune occasionali difficoltà, in particolare meteorologiche, la campagna è stata un successo, dimostrando che l’imbarcazione solare non è solo un dimostratore, ma è in grado di rispettare un programma e di svolgere reale attività scientifica, caratterizzata in particolare, secondo la testimonianza del Comandante dell’unità, Gérard d’Aboville, da continue variazioni di rotta dettate dalle esigenze della spedizione scientifica, guidata dal professor Martin Beniston, noto climatologo e direttore dell’istituto di scienze ambientali dell’università ginevrina. Da sottolineare che le particolari caratteristiche di PlanetSolar, che è completamente privo di emissioni in atmosfera, hanno consentito di raccogliere dati assolutamente sicuri sull’ambiente esterno, senza alcuna contaminazione. Dopo il completamento della campagna transatlantica 2013, PlanetSolar ha raggiunto Lorient, in Bretagna, dove ha passato l’inverno, ormeggiata all’interno della Cité de la Voile Eric Tabarly, un interessante sito dedicato al mare e alle attività marittime creato dalla comunità locale per onorare la memoria del grande navigatore francese scomparso in mare nel 1998. Il catamarano tra gennaio e febbraio 2014 è anche stato sottoposto a lavori di carenaggio e manutenzioni periodiche nel bacino in muratura della cittadina di Concarneau. La campagna estiva 2014 è iniziata con la partenza da Lorient il 10 aprile e una prima tappa a Boulo- novembre-dicembre 2015 21 MS Tûranor PlanetSolar entra a New York nella campagna estiva del giugno 2013 gne-sur-Mer dove, dal 17 al 21 aprile si è svolta la 23^ edizione del festival delle immagini del mare, organizzata da NAUSICAA, il più grande complesso europeo dedicato alla conoscenza dell’universo marino. Planet Solar ha lasciato Boulogne-sur-Mer, dopo avervi effettuato anche alcuni lavori di rifinitura e terminato l’imbarco dell’equipaggio, il 25 maggio, e il 6 giugno, dopo essere entrato in mar Mediterraneo passando dallo stretto di Gibilterra, è giunto nel porto Marocchino di Atalayoun, recentemente oggetto di un importante piano di recupero dall’inquinamento e sviluppo sostenibile che prevede un largo uso di energie rinnovabili. Il catamarano ha lasciato quindi il Marocco a metà giugno per il principato di Monaco e nel mese di luglio 2014 ha partecipato alla Solar 1 Monte Carlo Cup 2014, una competizione tra imbarcazioni a energia solare con la quale è stata inaugurata la nuova sede dello Yacht Club Monaco. Per le sue grandi dimensioni e la sua bassa velocità, il catamarano svizzero non si è presentato alla competizione come concorrente, ma come unità per il supporto logistico ospitando, ad esempio, la giuria e la stampa, e soprattutto per dimostrare che le imbarcazioni a energia solare non sono solo giocattoli. Per la cronaca, hanno partecipato come 22 novembre-dicembre 2015 concorrenti ventitré imbarcazioni a propulsione solare, gli olandesi si sono aggiudicati due delle tre classi mentre la terza è andata a un equipaggio russo. Una seconda edizione della competizione si è svolta nel luglio 2015 ed è stata dominata nuovamente dagli olandesi, ed è già in programma l’edizione 2016. Dopo Montecarlo il catamarano si è diretto in Grecia, dove è servito come piattaforma scientifica per una serie di misure geofisiche nel corso della spedizione TerraSubmersa, il cui scopo è stato lo studio di siti preistorici oggi sommersi, al largo della grotta di Franchthi, sulla riva nord della baia di Kiladha, nel golfo di Nauplia. La grotta è stata occupata per un lunghissimo periodo, circa 35.000 anni tra il paleolitico e il neolitico; durante questo periodo il livello del mare è variato e, circa 20.000 anni fa, alla fine dell’ultima glaciazione, era sensibilmente più basso del livello attuale. Il programma TerraSubmersa è stato diretto dal professor Julien Beck, del Dipartimento di scienze antiche dell’Università di Ginevra; nel corso della spedizione sono stati effettuati rilievi che hanno consentito di individuare le zone nelle quali concentrare le future ricerche, e recuperati alcuni reperti, che sono attualmente all’esame degli specialisti. MS Tûranor PlanetSolar arriva a Londra facendo il suo ingresso trionfale sotto il London Bridge il 31 agosto 2013 La campagna 2014 di Planet Solar è terminata il 4 settembre con l’arrivo a Venezia, dove l’imbarcazione è rimasta ormeggiata all’isola della Certosa, fino alla primavera 2015, nell’attesa di trovare un nuovo acquirente, poiché il proprietario, la famiglia Ströher, attiva nel campo della produzione di pannelli solari, ha ritenuto conclusa la prima fase della vita dell’imbarcazione, avendo dimostrato la fattibilità della propulsione solare per una vera imbarcazione di grandi dimensioni, capace di fornire un concreto contributo ad attività nel settore della ricerca. CARATTERISTICHE PRINCIPALI DELL’IMBARCAZIONE RACE FOR WATER • Scafo a catamarano del tipo “wave piercing” (con terzo scafo centrale al di sopra del galleggiamento in acqua tranquilla). • Materiale: composito di fibra di carbonio e resina epossidica. • Dimensioni: Lunghezza 31 m senza flap, 35 con i flap, larghezza 15 m senza flap, 23 m con i flap, altezza 6,3 m sopra il galleggiamento, immersione 1,55 m. • Dislocamento: 89 tonnellate. • Superficie dei pannelli solari: 516 m² - 29.160 cellule fotovoltaiche aventi rendimento del 18,8% e potenza installata totale di 93,5 Kw. • 6 blocchi di batterie agli ioni di litio aventi un peso totale di 8,5 tonnellate. • 2 motori elettrici da 60 kW ciascuno, 2 eliche a 5 pale aventi diametro di 81 cm e velocità di rotazione massima di 600 giri il minuto. • Consumo medio 20 kW (17 per la propulsione e 3 per gli usi di bordo). • Velocità massima 14 nodi – media 5 nodi. • Equipaggio di 4 persone, oltre all’eventuale team scientifico - 6 cuccette con un totale di 9 posti – in banchina a bordo possono essere ospitate fino a 60 persone. novembre-dicembre 2015 23 MS Tûranor PlanetSolar scivola sulla Senna entrando a Parigi nel mese di settembre 2013 Nell’aprile del 2015 Planet Solar è stato ceduto alla fondazione “Race for Water”, e nel mese di maggio ha lasciato Venezia per Lorient, in Bretagna per una sosta dedicata a lavori di manutenzione e trasformazione. Nel mese di giugno, durante il tragitto tra Venezia e Lorient, ha fatto scalo a Marsiglia, dove ha partecipato al forum MEDCOP21 sul cambiamento climatico nel Mar Mediterraneo, ed è stata visitata dal presidente della repubblica francese François Hollande. Terminata ad ottobre 2015 la sosta lavori, l’imbarcazione, ribattezzata Race for water, ha lasciato Lorient per Parigi, dove sarà presente, con la sua nuova livrea, come ambasciatore della fondazione di cui porta ora il nome, in occasione della conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico COP21 in programma dal 23 novembre al 12 dicembre. Il 10 novembre è ufficialmente terminato il periodo di transitorio stabilito negli accordi di aprile 2015, e tutte le responsabilità per la gestione e le operazioni dell’imbarcazione sono passate alla fondazione Race for water dalla società svizzera Planet Solar SA, che continuerà ad occuparsi dell’impianto ad energia solare, e si concentrerà sulla promozione di concetti innovativi d’impiego dell’energia, ed in particolare dell’impiego dell’energia solare in ambienti particolarmente difficili, come quello marino. ■ ANNUNCIO IMPORTANTE PER TUTTI I SOCI In riferimento all’annuncio pubblicitario relativo al Notiziario della Marina che appare in questo numero della Rivista, si fa presente a tutti i soci eventualmente interessati che saranno disponibili presso le Presidenze delle Sezioni alcuni numeri affinché possano rendersi conto della qualità raggiunta dal Notiziario stesso e dai suoi attuali contenuti, atti a meglio far conoscere la Marina Militare Italiana d’oggi. 24 novembre-dicembre 2015 novembre-dicembre 2015 25 I Samurai del mare nostrum di Giuliano Da Frè L’ 26 se l’Inghilterra e l’Australia si disponevano a impadronirsi dell’impero tedesco del Pacifico, anche il Giappone avrebbe avuto la sua parte, puntando gli occhi sulle prospere concessioni ottenute dal Kaiser in Cina, con la colonia di Kiaochau, le miniere dello Shantung, e soprattutto la città portuale di Tsingtao, dove in pochi anni era sorta una moderna base navale, sede della Ostasiatischen Kreuzergeschwader, la divisione navale tedesca dell’Asia orientale, all’epoca agli ordini dell’ammiraglio Maximilian von Spee. L’illusione della neutralità nipponica, coltivata dai capi militari tedeschi, durò solo fino all’ultimatum del 15 agosto, quando il Giappone chiese Tsingtao alla Germania quale pegno per restare fuori dal conflitto: ma quando Tokyo decise di scendere in campo, lo fece fissando obbiettivi limitati, e disinteressandosi del fronte europeo. Le forze giapponesi si concentrarono così sulla conquista di Tsingtao, caduta dopo un regolare assedio (portato avanti da 50.000 uomini, appoggiati da una squadra navale e dai primi raid aerei della storia) il 7 novembre 1914. Operazioni secondarie furono lanciate nel Pacifico centrale contro gli arcipelaghi delle Marianne, Marshall e Caroline, che passate dopo il 1918 sotto mandato giapponese formarono il perimetro esterno della roccaforte di isole nella guerra contro gli Stati Uniti 25 anni dopo. La divisione navale giapponese in Mediterraneo durante la Grande Guerra entrata in guerra dell’Impero del Giappone a fianco delle potenze europee dell’Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia) contro gli Imperi Centrali (Germania e Austria-Ungheria), ufficializzata il 23 agosto 1914, rappresentò il primo coinvolgimento di una grande nazione extraeuropea in un conflitto che, a questo punto, diveniva davvero mondiale. Nonostante l’alleanza con l’Inghilterra risalisse al 1902, quando era stata stretta in chiave anti-russa (per essere poi rinnovata nel 1911), il governo di Tokyo seguiva una politica intesa soprattutto a salvaguardare i propri interessi in Asia, disinteressandosi a quanto avveniva in Europa. A lungo termine, in effetti, un conflitto che dissanguasse le grandi potenze europee, cui facevano capo enormi imperi coloniali disseminati dall’Oceano Indiano alla Polinesia, e le numerose concessioni territoriali ed economiche in Cina (cui il Giappone guardava come a un’area di naturale espansione), non poteva che fare il gioco del Sol Levante, come d’altronde gli eventi del 1939-1941 avrebbero più tardi dimostrato. Dopo qualche titubanza iniziale (il Paese si era appena ripreso dalla crisi economica seguita alla vittoriosa ma costosa guerra contro la Russia del 1904-1905, e solo nel 1912-1913 le spese belliche erano tornate ad aumentare, ma incontrando forti opposizioni) a Tokyo si era presa la decisione che novembre-dicembre 2015 L’incrociatore da battaglia Goeben, classe “Moltke”, costruito nel 1904 e ceduto alla Marina Ottomana nel 1914 fu forse l’unica nave moderna ed efficiente dello strano caravanserraglio turco; rimase in servizio fino al 1950 come nave ammiraglia di questa marina; in apertura la bandiera da combattimento della Marina Imperiale giapponese Marginale il contributo giapponese alla caccia scatenata dai comandi alleati contro la divisione navale di von Spee che, dopo aver distaccato l’incrociatore leggero Emden per una fruttuosa crociera contro le linee di traffico inglesi in Oceano Indiano, il 1 novembre avrebbe colato a picco due incrociatori corazzati inglesi al largo del Cile, dove era giunto eludendo le squadre inglesi e nipponiche, per poi sfociare in Atlantico, dove 5 settimane più tardi il reparto tedesco fu annientato presso le Falkland. Di intervenire tuttavia in Europa con truppe, o in Atlantico con forze navali, Tokyo non voleva saperne: i generali giapponesi sapevano da un decennio cosa volesse dire attaccare linee fortemente trincerate difese da nidi di mitragliatrici; c’erano le tombe di 58.000 soldati del Tenno caduti davanti alla fortezza russa di Port Arthur a dimostrarlo. D’altra parte, come spiegò il ministro degli Esteri Kato Takoaki (pur favorevole all’intervento) che l’Inghilterra vincesse o perdesse, poco importava; e così, negli anni successivi, pur puntellando le posizioni alleate nel Pacifico e in Asia (come quando nel 1915 fanti di marina nipponici domarono un ammutinamento di truppe coloniali anglo-indiane a Singapore), il Giappone continuò a perseguire i propri interessi, aumentando la pressione sulla Cina, e compiendo i primi passi verso le aggressioni degli anni ’30. In Europa, Tokyo si limitò a inviare piccole missioni tecniche dell’Esercito e delle forze aeree, soprattutto per osservare l’evoluzione di tattiche e tecnologie belliche. La flotta, strumento di mobilità e proiezione strategica per eccellenza, avrebbe rappresentato l’unico vero contributo operativo del Sol Levante alla causa degli alleati. Ma se la 1a Divisione navale speciale (1st Special Squadron), formata nel gennaio 1917, si limitò ad operare con 3 incrociatori e una divisione di cacciatorpediniere a protezione dei trasporti truppe tra l’Australia e Aden, e nello stretto di Malacca, gli ordini per il 2nd Special Squadron avrebbero portato i marinai giapponesi agli antipodi…. novembre-dicembre 2015 27 L’incrociatore protetto Akashi, nave di bandiera dell’ammiraglio Sato pur essendo entrato in servizio nel 1899, era stato ammodernato e rimotorizzato nel 1912 tornando ad essere una unità totalmente efficiente La 2a Divisione speciale Con la Grand Fleet sempre più impegnata tenere a bada la flotta d’alto mare tedesca, che il 31 maggio 1916 aveva inflitto alla Marina britannica una dura lezione tattica nella gigantesca battaglia navale dello Jutland, Londra era costretta a concentrare nella costruzione e manutenzione delle navi da battaglia risorse che altrimenti sarebbero state più utilmente impiegate per rafforzare il naviglio di scorta antisom, sotto pressione dall’Atlantico al Mediterraneo, dall’Oceano Indiano al Pacifico. Già nel 1914-1915, con discrezione, Londra aveva sondato la disponibilità giapponese a inviare in Mediterraneo unità di scorta e magari un paio di moderne navi da battaglia, ma senza ottenere risultati. Il governo giapponese temeva di perdere le sue costose navi sulle mine (che nel 1904-1905 avevano fatto pagare un tributo spaventoso alla Flotta Combinata dell’ammiraglio Togo) o a causa dei sommergibili, e di non poterne giustificare la 28 novembre-dicembre 2015 distruzione davanti a una opinione pubblica sempre più fredda verso l’intervento. Inoltre, anche il solo rafforzamento della presenza giapponese nelle aree vitali del sud-est asiatico e del Pacifico centrale permetteva di richiamare in Europa parte dei reparti navali inglesi e francesi colà distaccati nel 1914. Tuttavia, la crescente pressione degli U-Boot tedeschi stava mettendo a dura prova le difese alleate, e nel dicembre 1916, quando ormai il naviglio mercantile affondato dalla Germania superava le 300.000 t mensili, e gli ammiragli alleati non sapevano più a che santo votarsi per trovare un adeguato numero di navi scorta (anch’esse decimate, e mentre i cantieri non potevano concentrarsi sulle categorie leggere a causa della persistente minaccia delle forze da battaglia tedesche), da Whitehall fu inoltrata una richiesta di rinforzi al governo giapponese. Nella fattispecie, la 6a Divisione incrociatori nipponica, distaccata a Singapore, avrebbe dovuto inviare 2 unità e un’adeguata scorta di caccia al Sato, specialista d’artiglieria più volte destinato a Capo di Buona Speranza, e una flottiglia in Medimissioni navali presso la Royal Navy (fu anche adterraneo. detto navale a Londra nel 1903-1904), e veterano La richiesta, ufficializzata l’11 gennaio 1917, nel delle guerre contro Cina e Russia. pieno della campagna di guerra sottomarina inNel 1915 aveva comandato la modernissima codiscriminata lanciata dai tedeschi, spaccò i vertirazzata Fuso, di cui aveva curato anche l’allestici navali giapponesi tra favorevoli all’intervento mento, per poi essere promosso contrammiraglio (con un occhio ai vantaggi da trarre in caso di il primo dicembre 1916, a soli 45 anni. Sato alzava vittoria alleata) e fautori di una politica più redal 7 febbraio 1917 la propria bandiera sull’incrostrittiva. Alla fine si giunse a un compromesso: i ciatore protetto Akashi, unità di vecchio tipo in rinforzi richiesti, e solo quelli strettamente neservizio dal 1899, ma ammodernata e rimotorizzacessari (e nessuna nave più grande di un incrota nel 1912, e veterana della campagna contro ciatore corazzato vecchio modello) sarebbero staTsingtao: il reparto era completato dagli 8 cacciati concessi, a patto di non essere sottoposti al cotorpediniere delle 10ª e 11ª Flottiglia, tutti apparmando inglese, ma mantenendo la piena autonotenenti alla classe “Kaba”, modernissime unità mia operativa. completate nel 1915, e a cui si ispiravano anche i La divisione destinata al Mediterraneo avrebbe citati “Arabe” ordinati dalla Francia. pertanto fatto base a Malta, ma solo coordinandoPiù tardi (agosto 1917) l’Akashi fu sostituito come si col comandante di teatro britannico, e con la nave comando dal più potente incrociatore corazprecisa clausola di non essere impiegata in Atlantizato Izumo, costruito nel 1898-1900 dai cantieri co. Londra dovette poi accettare altri paletti: a coringlesi Armstrong Whitworth, armato con 4 canto anche di uomini, aveva proposto al Governo giapponese di “affittargli” 1.800 ufficiali e marinai, dei quali ben conosceva l’ottima preparazione, avendo contribuito a formare la Marina imperiale; Tokyo accettò solamente di equipaggiare due cacciatorpediniere della Mediterranean Fleet, a patto che venissero trasferiti sotto la sua bandiera: Minstrel e Nemesis (classe “H”, da 760 t.) furono così ribattezzati Sendan e Kanran, e restituiti solo nel 1919. Più sostanzioso il contributo giapponese alla sostituzione del naviglio alleato affondato, visto che nel 1917-1918 nei suoi cantieri furono realizzati i 12 cacciatorpediniere francesi classe “Arabe” e un’ottantina di pescherecci d’altura (circa 350-450 t di stazza) da trasformare in cacciasommergibili e pattugliatori, destinati a Italia e Francia. Nel frattempo, a metà aprile (proprio mentre anche gli Stati Uniti si schieravano con l’Intesa, seguiti a stretto giro dal Brasile) giungeva a Malta il 2nd Special Squadron. La formazione era stata affidata al L’ammiraglio conte Maximilian von Spee, in questa illustrazione d’epoca fu comandangiovane contrammiraglio Kozo te della divisione navale tedesca dell’estremo oriente novembre-dicembre 2015 29 L’incrociatore corazzato Nisshin fotografato a Malta nel 1919, affiancato dal sommergibile austriaco UC-90 dopo la resa di quest’ultimo noni da 203 mm e 14 da 152, e già nave di bandiera dell’ammiraglio Kamimura (numero 2 della Flotta Combinata) a Tsushima. Nonostante appartenesse a un modello ormai superato, l’Izumo faceva la sua buona figura, ed era una nave robusta e affidabile, tanto da essere impiegata, convertita in incrociatore antiaereo, anche durante la Seconda Guerra Mondiale, sino a quando fu affondata in un raid aereo americano il 24 luglio 1945. Con l’Izumo giunsero di rinforzo i 4 caccia della 15ª Flottiglia (classe “Momo”, usciti dai cantieri poche settimane prima), cui si affiancarono i già ricordati cacciatorpediniere ceduti dalla Royal Navy, 2 pescherecci armati come unità antisom, e l’incrociatore corazzato Nisshin, che in Mediterraneo si trovava bene, essendo uno dei 2 “Garibaldi” costruiti dall’Ansaldo, e venduti al Giappone nel 1904. I samurai antisom Con una squadra ormai forte di 2 incrociatori e 14 caccia, montati da equipaggi esperti e con quadri 30 novembre-dicembre 2015 veterani, Sato poteva ben figurare a fianco di flotte blasonate come quella inglese, francese e italiana, e dovendo fronteggiare una minaccia alquanto asimmetrica. Di scontrarsi con le forze d’altura nemiche (la squadra austro-ungarica, incentrata su 4 moderne corazzate monocalibro classe “Tegetthoff”, e quella ottomana, formata da una sorta di museo navigante e con il solo incrociatore da battaglia tedesco Goeben (trasferito alla Turchia, ma con ammiraglio ed equipaggio tedeschi) all’altezza degli avversari) c’erano scarse possibilità: la maggior battaglia navale del Mediterraneo fu lo scontro di Otranto del 15 maggio 1917, che coinvolse solo un pugno di incrociatori leggeri e caccia, mentre la maggiore offensiva pianificata dagli ammiragli asburgici con le 4 navi da battaglia più moderne fu stroncata dai Mas di Luigi Rizzo al largo di Premuda, il 10 giugno 1918. Le azioni subacquee erano invece assai più insidiose: nel 1917 gli U-Boot austro-tedeschi affondavano una media di oltre 600 tonnellate di naviglio Il comandante del 2nd Special Squadron, Kozo Sato era il più giovane contrammiraglio della Marina Imperiale essendo stato nominato in quel grado a soli 45 anni mercantile al giorno, e tra gennaio e agosto 1918 la media continuò ad oscillare attorno alle 450500 t. Il 2nd Special Squadron nipponico fu assegnato dunque alla scorta dei convogli carichi di truppe e materiali lungo le rotte che collegavano Alessandria a Marsiglia e a Taranto, e Salonicco (base del corpo di spedizione alleato nei Balcani) a Malta. La divisione dell’ammiraglio Sato effettuò 348 scorte a 788 unità mercantili (e 21 navi da guerra inglesi), impegnate a trasportare oltre 70.000 uomini, salvando quasi 8.000 naufraghi vittime di affondamenti. Eccellente il tasso di efficienza operativa, con 26 giorni trascorsi in mare al mese (e 6.000 miglia percorse), pari al 72%, contro il 60% della flotta inglese, e al 45% circa di operatività raggiunto dalle flotte francese e italiana. Al di là dei numeri, i Giapponesi si conquistarono subito una buona reputazione, soprattutto quando… il sommergibile U-63 colpì il trasporto truppe Transylvania. In soccorso al grande e moderno piroscafo da 14.000 t, centrato da un siluro il 4 maggio 1917 mentre era in navigazione al largo di Vado con a bordo 3.000 uomini, accorsero i 2 caccia nipponici della scorta. Mentre il Sakaki dava la caccia al battello tedesco, il Mutsu accostò la grande nave, e nonostante fosse stato sfiorato da un secondo siluro, andato a segno sul Trasylvania segnandone la fine, riuscì a recuperare i naufraghi, limitando le perdite a 412 tra soldati e marinai. Un mese più tardi fu il Sakaki al centro di una brutta avventura, quando fu silurato dall’U-27 austriaco al largo di Creta: l’esplosione asportò la sezione prodiera del caccia, che tuttavia, moderno e robusto, sopravvisse (fu riparato e restò in servizio sino al 1932), anche se restarono uccisi 68 uomini, concentrati nella mensa prodiera per il pranzo. Prestazioni che, supportate dal buon affiatamento raggiunto tra Sato e l’ammiraglio Somerest GoughCalthorpe, comandante inglese in Mediterraneo, valsero ai nipponici numerosi elogi ufficiali; e anche qualche amara considerazione ufficiosa, che evidenziava l’efficienza della divisione di Sato (che nella primavera 1917, coi suoi 8 caccia, rappresen- tava meno del 10% della forza antisom di prima linea alleata in Mediterraneo), tanto da portare Londra a tornare alla carica, nel 1918, per ottenere ulteriori rinforzi di naviglio leggero giapponese in Mediterraneo, dove nel frattempo si erano aggiunti, come accennato, altri 6 caccia. Tokyo oppose però un cortese rifiuto: l’accrescersi delle tensioni con la Cina, e la necessità di fronteggiare l’instabilità creata dalla rivoluzione russa (presto un contingente nipponico avrebbe fatto rotta per Vladivostok), rendevano indisponibili altre navi, oltre a quelle già assegnate alle forze da pattugliamento in Mediterraneo, Oceano Indiano e Pacifico. A Londra e a Washington, tuttavia, molti maturavano un sospetto: che il Giappone stesse puntando sul logoramento delle forze navali dei due più potenti alleati oceanici (Stati Uniti e Regno Unito) per trovarsi in vantaggio nella futura ridefinizione degli equilibri in Asia e nel Pacifico. ■ novembre-dicembre 2015 31 Il Salone non lascia anzi… raddoppia! di Andrea Fazioli L’ 32 buito sensibilmente a solleticare la curiosità dei visitatori, facendo in modo che il Salone non fosse soltanto un evento riservato agli investitori e, ammettiamolo, a chi può permettersi certe imbarcazioni, ma anche una vetrina sulle numerose attività che ruotano intorno alla nautica, dallo sport, la vela su tutti, all’enogastronomia, dagli accessori all’editoria nautica, senza tralasciare gli stand “istituzionali”. Ma procediamo con ordine. Novità di quest’anno è stata la cerimonia di inaugurazione, non più sul terrazzo del padiglione B con un protocollo abbastanza formale ed “ingessato”, discorsi di prammatica delle Autorità e, in fin dei conti, un’audience piuttosto limitata. L’inaugurazione del Salone Nautico 2015 si è svolta invece al Teatro del Mare, vale dire un’area molto più accessibile per i visitatori, già numerosi fin dal primo mattino. Protocollo limitato all’Alza Bandiera e all’Inno Nazionale, seguito dagli interventi delle Autorità, non più come semplici indirizzi di saluto, ma organizzati in un vero e proprio talk show che ha offerto significativi spunti di interesse. Finalmente nella manifestazione di Genova sembra scorgersi una luce in fondo al tunnel edizione 2015 del Salone Internazionale della Nautica di Genova si è da poco conclusa. Anche quest’anno, come in passato, alcuni dubbi e incertezze sul presente e sul futuro della manifestazione non lasciavano presagire nulla di buono: le discussioni interne ad UCINA (che al Salone è il padrone di casa) le note “sofferenze” del settore e una certa disaffezione degli investitori e del pubblico avevano posto seri interrogativi sulla possibilità di sviluppare i timidi segnali di risveglio della nautica riscontrati nella passata edizione. Invece, l’edizione di quest’anno non solo ha riscosso un’affluenza in aumento (115.000 visitatori durante i sei giorni di esposizione, rispetto ai 109.000 dell’anno scorso) ma ha anche fatto registrare un incremento delle vendite, con evidente soddisfazione degli organizzatori e degli espositori. Va sottolineato che, nell’intento, riuscito, di ampliare l’offerta e le attrazioni per gli appassionati, sono state introdotte alcune significative novità nel palinsesto degli eventi e sono state presentate alcune curiosità ed attrazioni che hanno contri- novembre-dicembre 2015 I Delegati Regionali della Lega Navale Italiana assieme al Commissario Straordinario all’inizio dei lavori; in apertura lo stand dell’Associazione La dottoressa Carla Demaria, presidente di UCINA, ha fatto gli onori di casa accogliendo sul palco l’onorevole Carlo Calenda, viceministro allo Sviluppo Economico, che ha confermato l’attenzione del Governo per un settore come quello della Nautica che, pesantemente penalizzato nel recente passato, costituisce pur sempre un’eccellenza nazionale e merita di essere sostenuto nel suo processo di rilancio. Insieme al sindaco di Genova, Marco Doria e al presidente de “I Saloni Nautici”, Anton Francesco Albertoni, ha dato vita ad un vivace scambio di opinioni sullo stato della nautica italiana, prendendo spunto dai risultati del Rapporto sulla Filiera Nautica presentato da Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola. Sicuri poli di attrazione sono state due delle imbarcazioni che hanno preso parte alla Volvo Ocean Race: “Team SCA” e “Vesta”, ormeggiate al pontile esterno. Entrambi i team avevano allestito un proprio stand, ma quello del Team Vesta ha riscosso un notevole interesse poiché presentava una “cross section” dello scafo a grandezza naturale, con un percorso guidato al suo interno che ha permesso ai visitatori di toccare con mano le gioie e i dolori di un’imbarcazione spinta all’estremo, come quelle che partecipano alla Volvo Ocean Race. Soluzioni tecnologiche avveniristiche, ergonomia assoluta in spazi molto ristretti, fanno di questo ti- po di imbarcazioni dei veri e propri “mostri” del mare, capaci di viaggiare a medie superiori ai 20 nodi. Non bisogna tuttavia mai dimenticare che il fattore umano gioca sempre un ruolo preponderante in questo tipo di imprese. Lo si capisce molto bene visitando lo stand e la barca di Team SCA, composto da sole donne, e ancor meglio ascoltando il racconto, ampiamente documentato con immagini e testimonianze, dell’incidente occorso a Vesta, che nel novembre dello scorso anno ha urtato il reef delle Cargados Carajos Shoals al largo delle Isole Mauritius, durante la tappa da Città del Capo ad Abu Dhabi. Un ampio squarcio nello scafo che ha messo a repentaglio l’equipaggio, che è però riuscito a salvare la barca, che ha così potuto essere portata in cantiere e riparata a tempo di record per partecipare all’ultima tappa della Volvo Ocean Race. Il fatto che il cantiere in cui è stata riparata sia il Cantiere Persico Marine di Bergamo, costituisce un ulteriore motivo di orgoglio per la cantieristica italiana. Ulteriore attrattiva, anche per i visitatori più giovani, sono stati gli stand della Marina Militare e della Guardia di Finanza, che hanno presentato i rispettivi simulatori di navigazione, molto realistici e ampiamente utilizzati per l’addestramento degli equipaggi e quello della Guardia Costiera con un vero e proprio porto nel quale era possibile far novembre-dicembre 2015 33 Lo stand della LNI realizzato nel Salone, quest’anno ha registrato un notevole incremento di visitatori navigare modelli radiocomandati di differenti imbarcazioni. Si è respirato quindi un clima diverso, certamente più partecipato degli anni precedenti, sull’onda di quei timidi segnali di ripresa del settore riscontrati in passato e che quest’anno si sono manifestati in maniera più consistente, nonostante i timori della vigilia, dovuti in parte al meteo molto incerto, (per due giorni si è avuto l’allarme arancione sulla città di Genova), e in maniera preponderante, all’attesa della risposta del mercato. Le incognite, infatti, non sono mancate: detto del meteo, è risultata palpabile la preoccupazione degli organizzatori per la “defezione” di alcune importanti aziende, fuoriuscite da UCINA e confluite nella nuova organizzazione “Nautica Italiana”, che ha comportato una generale incertezza, in un momento di sofferenza del settore nel quale sarebbero state più opportune una maggiore chiarezza e una maggiore coesione e comunità di intenti. Ciò nonostante, il pubblico, alla fine, ha riempito l’area espositiva, attratto, come detto, da eventi e proposte più attinenti ad una “festa del mare” che ad un Salone Nautico. Ma forse è stata proprio questa la carta vincente, che ha decretato il successo della formula attuale: i visitatori sono apparsi più interessati e curiosi, disposti non solo a guardare, o sognare, le imbarcazioni, ma anche a soffermarsi ed approfondire, fino a sottoscrivere qualche contratto. In un contesto, quindi, di incertezze e preoccupazione, ma anche di speranze ed iniziative per rivitalizzare il settore della nautica, la Lega Navale Italiana ha Il “Grillo” della Sezione di Genova, ormeggiato nella darsena del Salone 34 novembre-dicembre 2015 scelto il Salone di Genova per rilanciare la propria attività dopo quindici mesi di “vacanza” dei vertici: ospiti del Salone Nautico, si sono infatti riuniti i Delegati Regionali convocati dal Commissario Straordinario, ammiraglio Romano Sauro, per individuare le linee guida del processo di rinnovamento dell’Associazione, conservandone le peculiarità e le tradizioni e per preparare i documenti di lavoro che da lì a poche settimane, sarebbero state oggetto di discussione nella riunione dei Presidenti delle Strutture Periferiche della LNI, dal titolo, appunto, “Rinnovamento nella Tradizione”. L’occasione è stata propizia anche per incontrare le Istituzioni locali, segnatamente l’assessore regionale all’Urbanistica e Demanio, Marco Scajola, con il quale sono state esaminate – sulla scia del riconoscimento del ruolo sociale svolto in questi anni dalla Lega Navale Italiana e dalle sue Sezioni sul territorio – alcune delle tematiche di interesse comune: Spazi da riqualificare nelle zone demaniali, prevenzione del disagio giovanile, promozione sociale, monitoraggio ambientale. L’assessore Scajola si è detto molto soddisfatto dell’invito e ha ribadito la propria volontà di continuare i buoni Tanti giovani visitatori, curiosi, si affollano attorno ad un banco di lavoro ricoperto rapporti che ci sono tra Regione Ligudi attrezzi usati dai maestri d’ascia, per sentirsi spiegare come venivano impiegati ria e Lega Navale Italiana, garantendo ulteriori incontri con i rappresentanti che hanno riscosso un notevole interesse da parte regionali della L.N.I., per affrontare e discutere i dei visitatori: “Sentiero nel Blu” e “La virata di Sonia”. nuovi progetti al centro della programmazione. Il primo è un progetto di snorkeling ambientale Per quanto riguarda la partecipazione della Lega nella zona degli Scogli della Margonara e della MaNavale Italiana al Salone Nautico, lo stand allestidonnetta, nei pressi di Albissola Marina, con il trato in posizione di alta visibilità, accanto al Teatro sparente intento di includere il Sentiero Blu nel del Mare, ha registrato un discreto afflusso di visiParco naturale integrato del Monte Beigua e della tatori interessati alle proposte esibite: dal banco di Riviera di Ponente. Proposto dalla Sezione di Savolavoro dei maestri d’ascia con gli attrezzi tradiziona, è stato sviluppato in collaborazione con la nali, necessari per restaurare un gozzo ligure, che RSTA e la scuola di robotica di Genova, con il duha consentito ai più giovani, ma non solo, di ciplice obbiettivo di promuovere lo sport subacqueo mentarsi con pialla e trapano, al “remoergomee, soprattutto, di sensibilizzare i giovani a rispettatro”, il vogatore per l’allenamento a terra dei care l’ambiente ed il mare secondo il principio etico nottieri, per finire con il kit di montaggio di una per cui “si tutela ciò che si conosce”. piccola imbarcazione a vela interamente realizzato Grazie anche ad alcune soluzioni tecnologiche indai ragazzi del progetto “LiscaBianca” con il supnovative, come uno “scafandro” per lo smartphone porto dei soci della Sezione di Palermo Centro. e relativa app, il progetto ha entusiasmato i ragazzi Due le presentazioni effettuate al Teatro del Mare, novembre-dicembre 2015 35 La presentazione del progetto di snorkeling ambientale “Sentiero nel Blu” al Teatro del mare che hanno partecipato alle escursioni svolte durante l’estate sotto la guida degli istruttori e di biologi marini qualificati. “La virata di Sonia” è il titolo del documentario, coprodotto dalla LNI, che racconta la storia di “LiscaBianca”, il ketch dei coniugi Albeggiani che i ragazzi dell’Istituto Penale per i Minorenni di Palermo “ex-Malaspina” e i giovani della Comunità di Recupero Sant’Onofrio di Trabia, stanno restaurando sotto la guida di maestranze esperte e mastri d’ascia, apprendendo così i metodi e le modalità di lavorazione, nonché l’utilizzo di macchinari moderni e nuove tecnologie, nell’ottica di sviluppare possibilità concrete di reinserimento lavorativo e sociale. Il documentario racconterà appunto la storia di questa barca, che solcherà di nuovo i mari per insegnare che la vera libertà è fatta di regole e che ogni riscatto ha bisogno di fatica, ma porta con sé enormi soddisfazioni. La racconterà attraverso gli occhi e l’esperienza di Sonia, che vive a Palermo ed è affetta da tetraparesi spastica. Il giorno del varo di Lisca Bianca sarà anche il giorno in cui Sonia farà la sua prima virata. A concludere degnamente le proposte LNI al Salone, Il pozzetto di Team SCA ormeggiato in banchina comodamente a portata ottica dei visitatori 36 novembre-dicembre 2015 la premiazione del Trofeo Umberto Pitti, regata riservata alla classe Optimist, che, dopo la forzata parentesi dell’anno scorso, è tornata nella sua tradizionale collocazione del Salone Nautico. Particolarmente festeggiati i giovanissimi regatanti, che hanno dimostrato una notevole perizia nel disputare la regata in condizioni meteorologiche non certo agevoli. Il bilancio finale del Salone è dunque di segno positivo: le presenze di visitatori sono aumentate, anche se di poco, nonostante il tempo inclemente; l’atmosfera generale evidenziava qualche sorriso in più che in passato, merito delle nuove attrazioni e di qualche timido segnale di ripresa del mercato e, infine, il rinnovato interesse e attenzione delle Istituzioni per la nautica, dopo gli errori degli scorsi anni. In tale prospettiva, UCINA Confindustria Nautica, in collaborazione con “I Saloni Nautici”, ha lanciato il Lo scafo del Team Vesta 2 che ha preso parte alla Volvo Ocean Race ha riscosso notevole interesse progetto di promuovere un nuovo appuntavamente all’inizio e alla fine del mese di settembre. mento per la nautica nella primavera del prossimo C’è ancora molto da fare, soprattutto per quanto anno, in un contesto prestigioso come quello di riguarda la logistica e le infrastrutture della Fiera Venezia, nell’intento di coinvolgere con maggiore di Genova: troppi padiglioni inutilizzati o inagibiefficacia il mondo nautico dell’Adriatico. In agli e una distribuzione degli spazi in mare da rivegiunta, cambieranno le date del Salone 2016, che dere. Ma il parere unanime degli addetti ai lavori è sarà anticipato di due-tre settimane, sia per evitare che il mercato possa ricominciare, anche se lentasovrapposizioni con la Barcolana, che si disputa mente, a riprendere il movimento. È un segnale generalmente la domenica successiva alla chiusura atteso da molto tempo, forse troppo, che va colto del Salone di Genova, sia, soprattutto, per meglio al volo per permettere la ripartenza, non solo del competere con le analoghe esposizioni nautiche Salone, ma di tutto il settore della nautica. ■ che si svolgono a Montecarlo e a Cannes, rispetti- novembre-dicembre 2015 37 I 20 anni della rubrica “Vela a Vela” di Giulio Guazzini V 38 Prima considerazione è che proporre la vela in Tv non è certo cosa facile. Innanzitutto attenzione ai fuochi di paglia. Basta pensare al fenomeno Luna Rossa e alle sue gesta entusiasmanti in Nuova Zelanda per capire quanto gli Italiani in realtà siano più tifosi che sportivi. Pronti cioè ad appassionarsi alla vela con lo stesso interesse viscerale rivolto abitualmente al calcio. Ma pronti anche a dimenticare velocemente. Una riflessione profonda merita anche quella categoria dei velisti praticanti, super appassionati, quelli che hanno una piccola barca o la vorrebbero acquistare. Questi sono gli stessi che si lamentano perché di vela in Tv, secondo loro, non se ne vede mai abbastanza e quando c’è va in onda sempre ad orari improbabili. Per costoro non basterebbe un’intera trasmissione in prima serata Tv. Peccato. Perché, in realtà, di vela in televisione, almeno in RAI, grazie al sottoscritto, si parla e come! Magari poco, ma se ne parla e da tempo. Dimenticavo comunque di dire forse la cosa più importante. Il velista in genere è una persona “sana” e di Tv ne vede poca e neanche tanto buona. Scherzi Da due decenni il nostro collaboratore diffonde cultura della vela e del mare dalla Rai ela e televisione, un binomio che nell’era dell’immagine e della comunicazione globale sembra ormai inscindibile. Eppure la cronaca di una regata raccontata attraverso l’occhio indiscreto della telecamera può essere considerata ancora un fatto inconsueto dal momento che il piccolo schermo, fatta eccezione per la Coppa America e pochi altri grandi eventi come l’Olimpiade, la Volvo Ocean Race e il Vendee Globe, non ha mai dedicato troppa attenzione agli sport nautici e alla vela agonistica in particolare. Se qualcosa ultimamente sta cambiando, questo è dovuto alla crescente spettacolarizzazione del gesto sportivo, all’interesse sempre maggiore da parte degli sponsor a farsi conoscere ed ottenere un ritorno mediatico. Credo a tale proposito che per la vela, per il mare e gli sport nautici sia arrivato il momento di farsi conoscere da un pubblico sempre più vasto. Dal momento che il sottoscritto lavora in televisione e del mare, della sua cultura, e della vela ne ha fatto una professione oltre che una ragione di vita, credo di potermi permettere qualche riflessione. novembre-dicembre 2015 a parte, da 20 anni (festeggiati in questi mesi) la rubrica “Vela a Vela”, in onda, prima su RAIUNO, poi RAIDUE e RAITRE, ora su RAISPORT 1, cerca da tempo di proporre, ogni settimana, le cronache sportive e le storie di mare, cercando di venire incontro a un’utenza variegata: quella molto specialistica dei super appassionati, in genere regatanti, e quella dei curiosi, distrattamente interessati, certo incompetenti ma di fatto stregati dalla forza delle immagini, e da quello che solo le storie avventurose di mare sanno evocare. I 20 anni di “ Vela a Vela “ rubrica storica di Raisport, dedicata alla vela, al mare e alle regate, testimonia con puntuale rigore la riscoperta di antichi valori, di una cultura legata al mare, mai troppo conosciuta e spesso dimenticata. Un’idea, quella di “Vela a Vela”, elaborata e sviluppata insieme all’amico e collega velista Paolo Venanzangeli, ufficio stampa FIV (Federazione Italiana della Vela) e redattore della rivista Nautica. Una collaborazione quella con Paolo durata oltre 15 anni. Determinante sin dall’inizio il supporto di Eugenio De Paoli, uomo chiave e futuro direttore di RAISPORT, sportivo entusiasta, riferimento sempre presenL’Avv. Agnelli, qui intervistato da Guazzini, tentò inutilmente di introdurre te nei momenti importanti delle scelte l’Italia al magico mondo della Coppa America; in apertura un logo della trastrategiche. smissione “Vela a Vela” La fine degli anni ‘90, sono soprattutto gli anni in cui la vela inizia a fare me un gioco antico ed esclusivo come il match rabreccia nell’immaginario collettivo degli italiani ce (regatare uno contro l’altro invece che in flotta) dopo il successo sportivo e mediatico del Moro di può entusiasmare milioni di sportivi. Quasi 20 anVenezia in Coppa America a San Diego con il pani dopo, con Luna Rossa del team Prada, Patrizio tron Raul Gardini e lo skipper californiano Paul Bertelli e Francesco De Angelis, complice il fascino Cayard, vincitore della Louis Vuitton Cup. esotico della Nuova Zelanda e di Auckland, sono i Un terreno che in realtà era stato preparato a doprotagonisti mattatori della prima diretta televisivere, molti anni prima, da Azzurra. Era il 1983, un va della storia messa in piedi da un network televiesordio, quello di Newport, incredibile! Lo Skipper sivo per raccontare dalla prima all’ultima regata Cino Ricci, marinaio carismatico, motivatore d’ecl’avventura della Coppa. La vela si trasforma in cezione, con un equipaggio quasi amatoriale. Al grande spettacolo, in oggetto di tifo di massa. timone il barbuto finnista Mauro Pelaschier, trieCon Azzurra l’America’s Cup entra nella vita degli stino doc, talento del match race, carattere schietitaliani trasformandosi in una sorta di sacro Graal to e intransigente. Sarà scelto, alcuni anni dopo, della vela. come nostro commentatore tecnico per olimpiadi Così, attraverso le testimonianze, le imprese di e Coppa America. personaggi singolari, capitani coraggiosi, capaci di Gli uomini di Azzurra al rientro in Italia vengono intercettare con proverbiale anticipo ciò che di lì a accolti da un tifo da stadio. Si inizia a scoprire co- novembre-dicembre 2015 39 Per il Paese di santi, poeti e navigatori, per troppo tempo rimasti alla finestra ad osservare, era arrivato il momento di gettare la sfida! Quando nel lontano autunno del 1962, Gianni Agnelli, appassionato velista, naviga nelle acque di Newport come spettatore al seguito delle regate della XVIII edizione della Coppa, ci vuole tutta la classe, la signorile intraprendenza dell’”Avvocato” per tentare un approccio alla Coppa. A bordo di Manitou, yacht presidenziale, soprannominato Casa Bianca galA sinistra, Dennis Conner, porta colori della bandiera a stelle e strisce, che ha ceduto l’Enterprise, leggiante, si ritrovano vincitrice del 1980 dell’America’s Cup John Fitzgerald Kennedy e Jacqueline Lee Bouvier asbreve porterà al cambiamento, prendono forma le sieme a Gianni Agnelli, Marella Caracciolo e Bepimprese della vela moderna. pe Croce, uomo di punta della Federazione ItaliaÈ per questo forse che l’America’s Cup, regata delna della Vela. Agnelli vuole promuovere la Fiat nele regate, da sempre sfida per eccellenza, competigli Stati Uniti e portare l’Italia nel mondo dell’Azione sportiva fra le più antiche del mondo, si rimerica’s Cup, come prima di lui avevano fatto ilconferma paradigma ineccepibile, metro puntualustri personaggi quali Sir Thomas Lipton, celebre le, per misurare i valori in campo, storie di vinti e industriale del tè. vincitori, gesta eroiche, talvolta drammatiche di tycoon fuori dagli schemi, disposti a tutto pur di vincere ed affermare insieme alla propria ambizione, quell’indispensabile orgoglio nazionale legato alla bandiera, al prestigio del proprio Paese. Un gioco, tradizionalmente, riservato alle nazioni anglosassoni ed a poche altre europee come la Francia e la Svezia. Una sfida che solo le grandi potenze industriali potevano ambire a sostenere contando sull’impiego di materiali e scelte tecnologiche davvero all’avanguardia. Prima del 1983 un sogno per l’Italia, ritenuto quasi un miraggio, un traguardo irraggiungibile. A raccontare meglio di ogni altra cosa il nostro cammino sono gli aneddoti, le cronache del tempo. Russel Coutts, mitico skipper di Oracle e uno dei “padroni” della Coppa America 40 novembre-dicembre 2015 Ma il regolamento del tempo prevedeva un challenger unico e il nostro Paese non era in grado di competere con le grandi nazioni anglosassoni. L’avvocato Agnelli, forte del supporto di Henry Kissinger, raccomandò a Kennedy il nome dell’ammiraglio Tino Straulino, talento olimpico in pool position per la Coppa America. Un lavoro inutile, stroncato da lì a breve dall’assassinio del presidente americano. Ci vollero 20 anni per riprendere concretamente il discorso con Azzurra e lanciare la prima sfida tutta Italiana al New La simpatica Maria Grazia Cucinotta intervistata per la prima volta in barca a vela York Yachting Club. Cino Ricci acquista da Dennis Conner, eroe nazionale, protagonisti della storica rubrica di RAISport “Vela porta colori della bandiera stelle e strisce, l’Enterpria Vela”, giunta al traguardo dei 20 anni. se, barca sparring partner di Freedom, scafo vincitore Sono loro che, attraverso i racconti, le emozioni, nel 1980. L’avventura azzurra aveva preso forma. le interviste inedite, riescono a comunicare quello Dalle classi olimpiche alle traversate oceaniche dei spirito agonistico, quel senso dell’avventura, quel veloci multiscafi, ai giri del mondo in equipaggio fascino della sfida, che la cultura del mare riverbesu imbarcazioni ipertecnologiche e alle regate insra sempre sul mondo dei “terrestri”. hore fra le boe. Sono gli skipper, i marinai, i veri Un filo sottile, mai spezzato, che si srotola lentamente partendo dalle imprese di Azzurra nelle acque statunitensi di Newport, quando l’Italia si affaccia nel mondo dorato dell’America’s Cup appassionando, catturando l’attenzione di un popolo di tifosi rimasto troppo tempo a guardare. Quando “ Vela a Vela” si affaccia nel panorama delle programmazioni RAI, sono gli anni, al di là della Coppa America, delle prime imprese di Giovanni Soldini, giovane navigatore solitario milanese emergente. Sono gli anni dei Giri del Mondo, in solitario, a tappe. Della Whitbread, il giro del mondo in equipaggio, con le partecipazioni di personaggi che hanno fatto la storia della vela sulla scia delle esperienze fatte da precursori dell’alEd ecco Paul Cayard, skipper di Artemis nell’edizione 2013 dell’Americas Cup tura nostrana come il velista impren- novembre-dicembre 2015 41 to alle olimpiadi di Sydney 2000. Davvero indimenticabile quella telecronaca dal mare su una barca affittata all’ultimo momento, per essere vicini ad Alessandra più degli altri. Quel telefonino da pochi dollari usato per trasmettere, mentre la regia internazionale si affrettava a mostrare in diretta il trionfo finale di un’italiana insospettabile! Negli annali di “Vela a Vela” passeranno anche personaggi dello spettacolo come Martina Colombari e Maria Grazia Cucinotta, intervistate per la prima volta in barca a vela. Campioni provenienti da altre discipline come Giacomo Agostini e Alberto Tomba alle prese con il vento e le onde. Paul Cayard, mito della vela con le imprese Un simpatico colloquio tra Guazzini e il famoso finnista triestino Mauro del Moro di Venezia a San Diego nel 92, caPelaschier pace di vincere anche un Giro del Mondo a tempo di record. ditore Giorgio Falck, caposcuola di un’intera stirpe Russell Coutts e James Spithill padroni incontradi velisti oceanici, compreso il sottoscritto. stati della mitica “Brocca” (Coppa America). Tutti, Ma sono anche gli anni in cui Alessandra Sensini, insieme a molti altri, hanno lasciato il segno digenio della tavola a vela, fuoriclasse indiscussa, mostrando che, al di là del confronto sportivo, dopo il bronzo di Atlanta, si prepara a costruire la quello agonistico fra avversari, la vera sfida è semsua impresa più bella con l’oro inatteso conquistapre stata quella con se stessi. ■ Una immagine “storica”: Giulio Guazzini sul ponte della nave scuola Amerigo Vespucci ad Auckland, in Nuova Zelanda, in occasione dell’America’s Cup del 2003 42 novembre-dicembre 2015 La ruota a pale conquista fiumi e mari di Claudio Ressmann L’ quando i due gentiluomini avevano presentato all’Accademia di Scienze un modellino in scala del Pyroscaphe, unitamente ad una relazione dalla quale si potevano desumere le caratteristiche del rivoluzionario battello: lunghezza 44,33 metri, larghezza massima 4,60, dislocamento 120 tonnellate, dotato di una macchina “a trombe di fuoco” con due cilindri del diametro di 65 centimetri ed un corsa dello stantuffo di un metro e 95 centimetri che agiva su una doppia cremagliera fornendo un movimento di rotazione alle due ruote. Da notare che il disegno di queste ultime era già molto avanzato: le singole pale, infatti, erano collegate ad una corona eccentrica in grado di farle penetrare in acqua sempre verticali, cioè nella posizione di massimo rendimento. La piccola folla era accorsa sul molo perché una notizia diffusa in quei giorni annunciava che proprio il pomeriggio del 15 luglio lo strano natante, giudicato un mostricciatolo senza futuro, avrebbe tentato di navigare controcorrente sulla Saône, senza fare ricorso né ai remi, né alle vele. In quel caldo pomeriggio di luglio i curiosi non andarono delusi: tra nuvole di fumo nero e sonori Spinta da una macchina “a trombe di fuoco”, la ruota a pale fa la sua comparsa sulla scena inizio della propulsione meccanica in campo navale si potrebbe far risalire al 1787 nella città di Lione protagonista dello storico evento. Il pomeriggio del 15 luglio di quell’anno, come riferiscono le cronache, si era radunata una piccola folla sul Quai Sant Antoine, laddove attraccavano le chiatte cariche di legname. In quel punto la Saône lambisce il centro cittadino per poi confluire nel Rodano. All’imbarcadero era ormeggiato un barcone dall’aspetto quanto meno singolare: privo di pontatura mostrava all’esterno delle fiancate due ruote munite di pale calettate su un lungo asse che attraversavano lo scafo in tutta la sua larghezza. Tra le ruote era poi visibile un misterioso marchingegno meccanico sovrastato da un alto fumaiolo cilindrico. Tra le persone che armeggiavano a bordo del Pyroscaphe (questo era il nome scritto a prora) spiccavano due gentiluomini ben noti ai lionesi, il marchese Claude de Jouffroy d’Abbans e il conte di Follunay, finanziatori dell’impresa, nonché Louis Frèrejan, un abile meccanico specializzato nella riparazione di carri e carrozze. L’idea era nata sei mesi prima, novembre-dicembre 2015 43 Le ruote a pale poppiere di un vapore in servizio sul Mississippi; in apertura un modello del Clermont di Robert Fulton. È ben visibile la caldaia, a poppavia della macchina spruzzi di vapore lo strano natante senza remi e senza vele percorse senza apparente sforzo l’ampia ansa del fiume e, appena fuori dalla città, terminò la sua corsa all’altezza dei Jardin des Chartreux: erano stati percorsi in 20 minuti circa 1.500 metri” senza l’aiuto di nessuna forza animale per effetto solo della pompa a fuoco” come ebbe a scrivere la Gazzetta di Lione del 16 luglio. Il felice esperimento coronava una lunga serie di esperienze nate 73 anni prima, quando Dennis Papin - un medico ugonotto perseguitato e per questo emigrato in Gran Bretagna – aveva infelicemente sperimentato in Germania sul fiume Fulda un rudimentale precursore dei battelli a vapore, che suscitò l’ira dei marinai locali, i quali non esitarono a distruggerlo ritenendolo un temibile concorrente. È da osservare che nonostante i suoi continui progressi, tra i quali quelli realizzati nel 1789 dallo scozzese James Watt (inventore del condensatore e del cassetto di distribuzione), le macchine a vapore venivano prevalentemente utilizzate in impieghi terrestri come l’industria manufatturiera, l’attività estrattiva e via dicendo. Neppure la più per- 44 novembre-dicembre 2015 fezionata motrice a doppio effetto riuscì a trovare posto su barche o su veicoli terrestri, come dimostrò nel 1769 il fallito tentativo del francese Joseph Cugnot di realizzare un carro a vapore. Il successo ottenuto dal Pyroscaphe premiava la tenacia e l’ingegnosità del marchese De Jouffroy; il suo era stato non tanto il primo quanto il più affidabile degli scafi a ruote fino ad allora costruiti e oltretutto aveva dimostrato la sua efficienza di fronte a centinaia di persone, conquistando il posto d’onore nelle cronache nazionali. Un trionfo, in altre parole, che avrebbe potuto rappresentare l’inizio della fortuna per una Compagnia di navigazione. Invece non fu così: l’indispensabile Privilegio Reale fu negato perché la severissima Accademia delle Scienze pretendeva altri esperimenti, che il De Jouffroy, oberato di debiti, non era assolutamente in grado di finanziare. Per cui dovette dire addio al suo sogno, con grande esultanza delle corporazioni dei barcaioli. In quegli ultimi anni del XVIII secolo, le sperimentazioni sull’applicazione del vapore a bordo di battelli fiorirono anche al di là dell’Atlantico, ma senza raggiungere risultati apprezzabili. Singolare in questo campo l’iniziativa degli americani John Fitch e Johan Voight, un orologiaio del Connecticut il primo e un meccanico il secondo, i quali nel 1787 risalirono il Deleware alla velocità di otto nodi con una curiosa barca spinta da un gruppo di sei pagaie mosso da una macchina monocilindrica a doppio effetto. Una seconda unità di maggiori dimensioni, immessa sulla tratta Filadelfia- Trenton, dimostrò, però l’assurdità di una tale soluzione e la “nave a pagaie” finì nel dimenticatoio. In Scozia, una decina d’anni, più tardi l’industriale Patrick Miller finanziò il progettista navale William Symington per la realizzazione di un rimorchiatore a doppio scafo con unica ruota posteriore. Il rendimento della macchina adottata si dimostrò però inaccettabile soprattutto perché James Watt non aveva concesso l’impiego del condensatore da lui brevettato. Symington non si dette però per vinto ed attese che i diritti di Watt fossero scaduti per tornare all’attacco, questa volta con il Charlotte Dundas (dal nome del nuovo sponsor Lord Dundas of Kerse), un tozzo rimorchiatore con scafo a catamarano con ruota centrale che nel marzo 1802, con un forte vento contrario, trainò per 19 miglia lungo il canale Forth-Clyde due chiatte con un carico di 70 tonnellate ciascuna. Tuttavia gli amministratori del canale denunziaro- no l’inventore per i danni alle sponde provocati dal movimento delle ruote e così l’iniziativa di Symington non ebbe seguito. Per quanto riguarda il trasporto di passeggeri è da ricordare, sempre in Inghilterra, un certo successo del Comet costruito da John Bell nel 1812. Faceva servizio sul fiume Clyde, stazzava 28 tonnellate e disponeva di una macchina da quattro HP: il lungo fumaiolo serviva anche a sostenere una vela quadra. Robert Fulton Proveniente dalla Pensylvania, dove era nato nel 1765, il giovane ingegnere RoIl Sirius, prima nave vapore a attraversare l’Atlantico nel 1838 senza far uso delbert Fulton cominciò a farsi notare nella vele l’ultima decade del secolo negli ambienti scientifici inglesi e francesi. te collaudato sulla Senna, con due chiatte a rimorGiunto in Europa per studiare pittura, rimase affachio. Fulton, però non doveva essere simpatico a scinato dalla scienze meccaniche alle quali si dediNapoleone (forse per quei 10.000 franchi sprecacò con passione, confortato dai consensi ottenuti ti), il quale non solo non apprezzò il rivoluzionada Symington e da Watt, che conobbe di persona. rio mezzo di trasporto, ma addirittura accusò di Stabilitosi in Francia, nel 1797 riuscì ad ottenere ciarlataneria il suo inventore. Indignato Fulton soda Napoleone un contributo di 10.000 franchi per spese la sperimentazione e fece ritorno negli Stati la costruzione di un sommergibile (a propulsione Uniti non senza avere prima ordinato alla famosa … umana in immersione e a vela in emersione), officina Bunton & Watt una macchina a doppio che tuttavia non convinse gli ammiragli della Maeffetto da 24 cavalli, da spedirgli in Patria. Già inrine Royale. Allora Fulton rivolse la sua attenzione travvedeva la possibilità di utilizzare i battelli a vaalla propulsione a vapore e, dopo avere studiato le pore sui grandi fiumi statunitensi. Sempre finanrelazioni di De Jouffroy e del connazionale John ziato da Livingstone cominciò così a prendere forFitch, dette inizio alla costruzione di un vapore a ma nel cantiere di Charles Boownie, alla periferia pale, finanziato dal facoltoso ambasciatore ameridi New York, uno scafo a fondo piatto in legno di cano a Parigi, Robert Livingstone. Varato nel 1802, pino, lungo 40 metri e largo 3,60, progettato da il 9 agosto dell’anno successivo veniva felicemen- Il Ferdinando I in un disegno conservato nella Camera di Commercio di Marsiglia novembre-dicembre 2015 45 lui stesso; era dotato tra l’altro di una caldaia Cave & Son in grado di produrre le 3,5 atmosfere di vapore richieste dalla macchina, puntualmente giunta dall’Inghilterra. Il battello chiamato Clermont, dal nome della cittadina sull’Hudson dove Livingstone possedeva una fattoria, iniziò il suo viaggio inaugurale il 17 agosto 1807, comandato dal capitano Andrew Brick, con a bordo, oltre al progettista ed al suo sponsor, una quarantina di VIP appartenenti al mondo finanziario ed economico della città. Mollati gli ormeggi dal Greenwich Village, il Clermont risalì l’Hudson giungendo il mattino successivo di fronte alla località di cui portava il nome, dopo un percorso di 110 miglia. Il 19 agosto salpava quindi alla volta di Albany, dove attraccava due ore più tardi. Lo stesso giorno dava inizio ad un felice viaggio di ritorno, dopo avere imbarcato tre passeggeri che pagarono ciascuno sette dollari. Sulla scia di questo grande successo, Fulton l’11 febbraio 1809 ottenne dallo Stato di New York una Patente trentennale per la navigazione a motore nelle acque interne dell’Unione. Da quell’anno la navigazione a vapore si sarebbe estesa su tutti i fiumi navigabili e su tutti i laghi degli Stati Uniti. Le iniziative in Europa In Europa il primo servizio regolare passeggeri con battelli a pale fu istituito in Gran Bretagna, nel 1812, fra Glasgow, Greenhock e Helensburgh sul fiume Clyde con il Comet, un battello progettato da Henry Bell da 28 tonnellate di stazza, dotato di Modello di macchina a vapore bicilindrica (anno 1825) 46 novembre-dicembre 2015 un lungo fumaiolo che serviva anche a sostenere una vela quadra; la tariffa era di quattro scellini per la prima classe e tre per la seconda. Ormai il ghiaccio era rotto e proprio sul Clyde, tre anni più tardi, già navigavano regolarmente dieci vapori. Nel 1816, veniva anche esercitato il servizio internazionale tra Rotterdam ed Anversa e contemporaneamente in Germania si dava il via alla navigazione meccanica su tutti i principali fiumi del Paese, ed in Russia veniva inaugurato il servizio tra Kronstadt e Pietroburgo. In Svizzera nel 1823 entrò in servizio a Ginevra il Guillaume Tell, mentre in Francia si infittivano le linee di navigazione sulla Senna, sulla Loira e sulla Garonna. Anche la Spagna si cimentò in questo settore, inaugurando il 18 luglio 1817 il collegamento regolare Siviglia-Cadice, in parte fluviale e in parte marittimo. Il servizio era esercitato dal Real Fernand, un battello a vapore lungo 21,43 metri e largo 3,65, dotato di una macchina da 40 HP costruita in Inghilterra dalle Officine Boulton & Watt. Era in grado di trasportare 95 persone. Il lungo viaggio, effettuato sul ponte privo di qualsiasi sovrastruttura non dovette dimostrarsi molto confortevole, per cui i potenziali clienti preferirono il tradizionale percorso via terra; così lo scarso gradimento del pubblico e le continue avarie contribuirono ad affondare l’iniziativa che fu abbandonata nell’autunno di quello stesso anno. La ruota affronta il mare I fautori del nuovo mezzo di trasporto non trascurarono ovviamente le più impegnative acque marine, cercando di realizzare collegamenti marittimi su percorsi brevi e facili, come la traversata della Manica, per passare successivamente alle rotte di lungo corso, prima fra tutte Stati Uniti - Gran Bretagna. L’Oceano fu attraversato la prima volta da un vapore con vele ausiliarie nel 1818. Il viaggio durò 27 giorni, ma le macchine furono utilizzate solo per 85 ore, durante le quali venne bruciato tutto il carbone disponibile. Protagonista dell’impresa fu il tre alberi statunitense Savannah, al comando del capitano Moses Rogers, lungo 33,5 metri e largo 7,5, dotato di una macchina ausiliaria a vapore monocilindrica della potenza di 90 HP capace di imprimere alle due ruote (smontabili), del diametro di 4,65 metri, un regime di rotazione di 16 giri/minuto. Sui tre alberi potevano essere alzati e bordati circa 259 metri quadrati di velatura (è da rilevare che sarebbero trascorsi altri 20 anni prima di vedere l’Atlantico attraversato da una nave spin- Il tre alberi a propulsione ausiliaria a ruote Sphinx, costruito a Rochefort nel 1829, che trasportò dall’Egitto a Parigi, l’obelisco che attualmente si erge su Place de la Concorde ta soltanto dalle macchine: per la cronaca il Sirius dotato di un motore da 300 HP). Sempre nel 1818, nel Mediterraneo faceva la sua comparsa la prima nave a vapore, il Ferdinando I, battente la bandiera delle Due Sicilie. Lungo 38,80 metri e largo 6,15, era stato costruito nel cantiere Filosa di Napoli e imbarcava una macchina da 45 HP realizzata in Gran Bretagna, collegata a due ruote del diametro di 3,60 metri. Partito da Napoli il 27 settembre al comando dell’alfiere di vascello della Real Marina Giuseppe Libetta, dopo avere toccato Livorno e Genova, concludeva felicemente il suo primo viaggio a Marsiglia il 30 ottobre. Avrebbe avuto una vita operativa molto breve, a causa delle continue avarie. Fu radiato nel 1821. Una protagonista Nelle vicende relative al progresso della propulsione meccanica navale la ruota a pale nell’arco di un secolo ha svolto senza dubbio il ruolo di protagonista, fino al 1836, anno in cui un ingegnoso agricoltore del Kent, Francis Pettit Smith, brevettò una “screw revolving in the water at the stern”, cioè un’elica immersa collocata a poppa. Anche se Smith è universalmente considerato come inventore dell’elica immersa, non si può ignorare che nel 1827 aveva ottenuto a Vienna il brevetto per una ”vite” subacquea il trentasettenne ingegnere boemo Josef Res- sel, che operò per molti anni a Trieste. La nuova invenzione fu sperimentata l’anno successivo su una imbarcazione che, però, poco dopo la partenza, si bloccò irrimediabilmente. Della “vite” del Ressel non se ne sarebbe avuta più notizia. Differente invece la sorte del brevetto di Smith: il dispositivo venne installato a titolo sperimentale su una nave dal nome significativo, Archimedes, e si rivelò talmente efficiente da meravigliare lo stesso suo ideatore: in realtà, le prove ed i confronti effettuati con vapori di pari potenza, a ruote e ad elica dimostrarono la indiscutibile superiorità di quest’ultima, adottata immediatamente dalla progettistica navale e considerata con grande favore negli uffici tecnici dell’Ammiragliato, attratti della sua invulnerabilità. Fu proprio l’Ammiragliato, nel 1845, ad organizzare l’esperimento più convincente, utilizzando l’HMS Rattler, ad elica e l’HMS Alecto, munita di ruote a pale, ambedue di pari potenza e stazza (800 t). Collegate le due poppe con un cavo fu effettuato un singolare “tiro alla fune” al termine del quale il Rattler trascinò il rivale alla velocità di due nodi. Fu il definitivo tramonto delle antiestetiche e ingombrati ruote che sparirono così gradualmente dalla fiancate dei vapori. Resistono oggi soltanto sui grandi fiumi americani, come il Mississippi e su qualche lago dove rievocano romanticamente poetiche immagini di tempi lontani. ■ novembre-dicembre 2015 47 Gli illustratori alla guerra di Ciro Paoletti L 48 teva fare dello spirito sui militari nazionali, non era opportuno toccare troppo il tasto delle restrizioni, e infatti si cominciò a farlo relativamente tardi, né accennare alle differenze fra i combattenti e gli imboscati; dunque restavano solo le battute sul nemico, cercando di metterlo in ridicolo. Va detto subito che le vignette pubblicate dall’intervento all’armistizio – dopo non ci fu più nessun tentativo di far ridere – furono molte meno e su molte meno testate di quanto si pensi. Alcune erano pubblicate in gruppi numerosi, come sulla “Domenica del Corriere” o sul “Mattino illustrato”, che ne avevano anche una mezza dozzina abbondante a numero, ma di solito erano tutte o di soggetto generico, o circoscritte all’ambito della vita civile. Per di più la “Domenica del Corriere” le pubblicava non al suo interno, ma sulla seconda di copertina e la copertina, a differenza di quanto si crede, non era quella con le famose illustrazioni di Molino, ma un doppio foglio verdolino, che forniva la prima, seconda, terza e quarta di copertina e conteneva pubblicità, piccole rubriche, cruciverba, vignette e spigolature varie ed entro il quale si trovava la Domenica del Corriere che siamo abituati a conoscere. Altre, come la già citata “Illustrazione Italiana”, seguendo una tradizione iniziata durante la Gran- La Marina nelle vignette italiane di propaganda nella II Guerra Mondiale a propaganda di guerra è una cosa antica. Prima libri e libelli, poi, dall’Ottocento, teatro e giornali, infine il cinema sono stati utilizzati da chi doveva farla, con risultati più o meno efficaci. La Grande Guerra fu la prima in cui si cominciarono a usare delle vignette umoristiche o satiriche di propaganda, di solito prendendo come bersaglio il nemico. In Italia non si fece eccezione, anche se la loro pubblicazione sembra essere stata ridotta a poche testate. Alcune, come il “Marc’Aurelio” e il “Bertoldo”, partivano già con la nomea di satiriche e spaziavano un po’ su tutto; altre, invece, erano note come normali riviste d’informazione o d’attualità. La propaganda su queste ultime veniva fatta in modo più o meno esplicito. Poteva esserlo attraverso la pubblicità, dimostrando che un certo prodotto era usato dai militari, o per mezzo di foto, magari a colori (colorate), come gli inserti de “L’Illustrazione italiana”, molti dei quali dedicati a questa o quella branca delle Forze Armate. Infine si faceva propaganda “anche” con classiche vignette satiriche. Perché anche? Perché molti periodici di vignette satiriche non ne pubblicavano affatto e, quando lo facevano, molte, l’assoluta maggioranza, si trovavano davanti a dei limiti ben precisi: non si po- novembre-dicembre 2015 de Guerra, toccavano più gli aspetti della politica del nemico che quelli militari e le loro vignette si trovavano anch’esse in seconda di copertina. Però “L’Illustrazione Italiana” negli Anni ’40 aveva da tempo abbandonato le copertine esterne, le sue erano celesti, mantenute dalla “Domenica”, per cui le sue vignette non solo sono più facili da ritrovare, perché la copertina esterna della “Domenica” è quasi sempre stata eliminata dai lettori, ma sono più riproducibili di quelle di molte altre testate, spesso stampate male, su carta assai scadente e fondo non bianco, con una resa pessima. Altre riviste o non ne avevano, come “Cronache della Guerra” o le ebbero a periodi, come “Tempo”. Poche, dicevamo, le vignette di soggetto militare in senso stretto, ancora meno quelle di soggetto marinaro e, senza andare olRiportiamo in queste pagine alcune vignette di propaganda di quei duri anni di guerra; in apertutre, qui se ne riportano ra una caricatura dell’Imperialismo britannico per la penna del famoso illustratore Boccasile alcune, che documentano abbastanza bene l’evoluzione di come la “ecco in perfetta formazione, con la zattera ammiraguerra fosse sentita dall’estate del 1940 a quella glia in testa, ritorna dal Mediterraneo la nostra invindel 1943. cibile flotta” dice il soldato inglese sulla riva al civiCominciamo con due dell’agosto 1940. La guerra le che guarda incuriosito. Che fine abbiano fatto è iniziata da due mesi: la Francia è battuta, l’Inle navi, e gli aerei britannici, lo sappiamo dall’alghilterra in ginocchio, gli americani, alle prese tra, in cui un pesce, vicino a una grossa nave incon le imminenti elezioni presidenziali, non sono glese affondata, vedendo un aereo che si inabissa disposti a farsi trascinare in guerra e l’Italia ha apdice “meno male, ci mandano anche un po’ d’aviaziopena occupato la Somalia Britannica. ne. È indispensabile per difendere la flotta che posseLe cose non vanno male, non hanno nemmeno diamo”. Viene da domandarsi: perché l’aereo invecominciato ad andare male e si può essere fiducioce delle coccarde ha le croci, che allora portavano si e ottimisti. Dunque non c’è da stupirsi della crei soli aerei tedeschi, anche se nere e non bianche dibilità delle due vignette qui riportate. La prima – novembre-dicembre 2015 49 migliori dei due alleati dell’Asse e la ripartizione geopolitica e militare della loro azione. A dicembre entrano in guerra gli Stati Uniti. Di lì a undici mesi sbarcano in Nord Africa e cominciano a comparire in Mediterraneo: peggio per loro. Lo capiscono – troppo tardi – i due marinai americani che, in questa vignetta del dicembre 1942 guardano la loro nave affondare e commentano: “Ci avevan detto che l’Italia ha la forma di uno stivale, sembra invece abbia la forma di un siluro”, è sottinteso che siano stati i regi sommergibili, o almeno lo si spera. Però ormai le cose vanno in maniera tale che gli unici successi colti dall’Asse sono proprio quelli dei sommergibili, per cui su quelli si batte, ed ecco dunque, che, nell’aprile 1943, in scafandro “il titolare del dicastero antisommergibile, progettato dalla Camera dei Lordi, si reca a fare un sopraluogo” perché chiaramente la flotta inglese è ormai tutta a fondo. E infatti il mese dopo, maggio ’43, “Lo Stato Maggiore della Marina anglosassone studia sul luogo i pia- come qui? La cosa disorienta e riduce l’efficacia della vignetta. Il 1940 finisce e con lui la speranza di fare la Guerra Parallela che Mussolini voleva combattere “accanto” ai Tedeschi ma non con loro né per loro. Occorrerà metterseli in casa, in Libia e, fra poco, pure nei Balcani e in Sicilia, ma a gennaio del 1941, quando si pubblica questa vignetta, l’illusione di poter fare ancora la Guerra Parallela resiste. Infatti il pilota dello Stuka, che però con quelle svastiche sulle ali per chi se ne intende sembra più finlandese che tedesco, dice al comandante del sommergibile: “Dammi un’occhiata al Mediterraneo, io intanto la do all’Atlantico”. Ci si può quasi credere. La Marina è la forza armata migliore che ha l’Italia – nonostante la recente notte di Taranto, di cui però il pubblico ignora i veri danni, e i sommergibili hanno colto dei buoni successi. Lo Stuka è l’arma più nota e impressionante che i Tedeschi abbiano schierato, per cui l’effetto che si vuole è sottolineare chiaramente l’accoppiata dei sistemi d’arma 50 novembre-dicembre 2015 Nel 1942 la propaganda italiana pensò bene di rivolgere l’attenzione dell’Asse alla lotta contro le Marine alleate come mostra questa cartolina illustrata di Boccasile ni per controbattere l’azione dei sommergibili dell’Asse”: sott’acqua, circondato da pesci e relitti. Lo stesso mese si sono arrese le truppe italotedesche in Tunisia, poi a giugno sarà la volta dell’Italia. Appunto in giugno il pilota alleato dice di Pantelleria “con centinaia di cannonate dal mare e migliaia di aeroplani dal cielo abbiamo subissato l’Isola”. “Dobbiamo proprio gloriarcene?” domanda il marinaio inglese, col viso pensosamente appoggiato alla mano destra. L’efficacia della vignetta è quasi nulla. La vittoria alleata, e la catastrofe per le armi italiane, è tale che non importa come sia stata ottenuta e se ci sia da gloriarsene. La prossima tappa è la Sicilia e le vignette diverranno sempre più generiche per mancanza di materia su cui sbeffeggiare il nemico. Poi cadrà il Fascismo e ci sarà l’armistizio. Il 19 settembre “L’Illustrazione Italiana” esce di nuovo. È il primo numero preparato dopo l’8 settembre. L’Italia è occupata, non ci sono più vignette, ma, chissà se è per caso, c’è un disegno pubblicitario a tutta pagina di una marca di impermeabili; un bambino e una bambina si ripara- no sotto un cornicione dalla pioggia che cade e la didascalia dice speranzosa: “presto verrà la mamma e porterà la mantella”; la mamma, forse, ma non l’Italia. ■ novembre-dicembre 2015 51 Recensioni e segnalazioni MICHELE COSENTINO MAURIZIO BRESCIA LA MARINA ITALIANA 1945 – 2015 Edizioni Storia Militare Parma 2015 3 Voll. – Euro 30,00 All’inizio del 2015, M.Cosentino e M. Brescia hanno completato la loro storia fotografica della MMI in cui si narra della ricostruzione, dello sviluppo e dell’evoluzione della Forza Armata dal 1945 al 2015. Sono tre volumi (n° 15 – 16 – 17) della Serie “Storia Militare Dossier” in cui gli Autori, seguendo le linee guida tracciate da E. Bagnasco con il suo Supp.to alla Rivista Navale del 1988 (La Marina Militare Italiana–Quarant’anni in 250 immagini, dal 1946-1987) e ripetendone l’intelligente formula, ripercorrono gli ultimi settant’anni della Marina Milita- 52 re. L’opera è certo una storia per immagini le quali, però, al di là della loro forza narrativa intrinseca, sembrano un pretesto, un’impalcatura sulla quale è costruita la storia con tutta la sua valenza non solo documentale ma anche sentimentale ed affettiva specie per quei lettori che di questi settant’anni ne hanno vissuto una buona parte e spesso ne sono stati attori. A ciascun volume, infatti, fanno da cappello sintetici, intelligentemente schematici ma completamente esaustivi, dei quadri della situazione geopolitica internazionale nei quali si innestano esigenze, volontà, aspettative, visioni strategiche, concetti operativi nazionali con il loro corredo di discussioni, diversità di opinioni, difficoltà finanziarie, divergenze tra le visioni della “politica” e quelle di quanti sono preposti a dar loro corso. Di ciò si parla in modo quasi distaccato, senza esprimere valutazioni o prese di posizione dirette. Del resto è troppo presto per analizzare, valutare e commentare dal punto di vista storico: per ora si può solo stare ai fatti raccontati da chi, in buona parte, li ha vissuti dal di dentro. Nell’opera sono riprodotte oltre 750 immagini molte delle quali inedite o restaurate. Ad esse vanno aggiunti disegni, tabelle, tavole di profili di unità na- novembre-dicembre 2015 vali a loro volta corredati di didascalie e schede descrittive ricche di particolari non solo tecnici ed operativi ma anche, ad esempio, informativi circa le valutazioni strategico-operative-politico-finanziarie, che hanno determinato le scelte finali fino alle conseguenti specifiche per la costruzione. I tre volumi coprono, rispettivamente, gli anni che vanno dal 1945 al 1970, dal 1971 al 1996 e dal 1997 al 2015. Si va, pertanto, dalla ricostruzione postbellica, particolarmente difficoltosa per i vincoli imposti dai vincitori, alla prima “legge navale” del ’75; al reinserimento della F.A. nel contesto internazionale con i suoi gravosi impegni specie nel periodo successivo alla “guerra fredda”; alla nascita dell’aviazione navale con il suo carico di contrasti anche gravi all’interno della Difesa; alle collaborazioni internazionali per il concepimento, la realizzazione e lo sviluppo di nuove costruzioni; alla recente, purtroppo perdurante, crisi economica. Questa storia per immagini ci presenta … un’immagine della Marina Italiana ancora internazionalmente apprezzata, temprata dalle sfide che ha dovuto affrontare negli ultimi sette decenni e che speriamo pronta a proseguire nella sua crescita nonostante tutto. Emilio Taietta CINO RICCI CON FABIO POZZO Odiavo i velisti Ed. Longanesi – Milano 2014 Pagg. 236 – Euro 16,40 Questo libro dal titolo vagamente provocatorio abbina due nomi di spicco del mondo della vela: un valoroso giornalista ed il mitico skipper di Azzurra. Cino Ricci meritava una biografia per essere da oltre un trentennio un protagonista del settore nautico e il volume, colmando tale lacuna, merita l’attenzione dei lettori velisti, sia quelli che la passione per il mare se la sono portata dentro da sempre, sia quelli che l’hanno scoperta per merito di questo tenace e testardo marinaio romagnolo. Cino Ricci parte subito alla grande, ricordando il colloquio conclusivo di una lunga trattativa al termine del quale Gianni Agnelli aderì (Ricci, mi ha convinto...) alla proposta di far partecipare una barca italiana alla prestigiosa America’s Cup. È un momento magico della sua vita, la realizzazione di un sogno covato da lungo tempo e più che mai da quando, qualche anno prima, gli americani avevano spiegato proprio all’Avvocato che una partecipazione italiana alla Coppa sarebbe stata inopportuna perché “non eravamo ancora maturi”. Siamo nel 1981 e la vita per il giovane skipper designato cambia nella maniera più radicale colmandosi di soddisfazioni, ma anche di inevitabili difficoltà di ogni genere: dalla sofferta selezione degli uomini dell’equipaggio, alla dolorosa esclusione di velisti molto bravi ma non all’altezza di una simile competizione, dall’addestramento dell’equipaggio su una barca del tutto da sperimentare. Poi anche il non facile rapporto con la dirigenza dello Yacht Club Costa Smeralda: Cino Ricci non tollera alcuna ingerenza nel suo lavoro, con i danni collaterali facilmente immaginabili, in un ambiente sostanzialmente scettico nei confronti di un’impresa tanto audace quanto incerta nei risultati. Il lettore vive con lui le esperienze maturate nel confronto di Azzurra con la barca-lepre Indipendence, per passare alle emozioni vissute sul campo di regata di Newport quando Ricci si confronta con i più bei nomi del Gotha del velismo mondiale. Il risultato della prima presenza italiana in Coppa è a dir poco clamoroso, con l‘approdo alla semifinale della Louis Vuitton Cup, “anticamera” della com- petizione. Non ci si poteva aspettare di più! Una emozione irripetibile che lo skipper riesce con il suo racconto a trasmettere al lettore con accenti sinceri e appassionati. Di quei giorni tutti rammentiamo il successo mediatico e di conseguenza il livello di prestigio conquistato dal protagonista della incredibile sfida: mai la vela nel nostro Paese aveva goduto, merito suo, di tanta popolarità. Nelle successive edizioni la partecipazione italiana alla Coppa diventerà abituale, ma il “superskipper”, per sua ferma decisione, non comparirà più come protagonista, bensì come collaudato esperto per i nostri team. Tutto questo bagaglio di esperienze offre lo spunto a Cino Ricci per trasmetterci nelle sue pagine interessanti considerazioni sull’evoluzione della ultracentenaria regata non solo per quanto riguarda i tipi di barche partecipanti, ma anche e sopratutto per lo spirito con la quale è disputata; come ricordano i lettori velisti, assidui spettatori delle sue telecronache dai campi di regata, insuperabili esempi di divulgazione di uno sport ancora poco noto in Italia. Se il nome di Cino Ricci è legato alla vela agonistica – le cui vicende, come è ovvio, mantengono la loro centralità nel contesto dell’architettura narrativa della biografia - sono in gran parte poco note le altre attività alle quali ha dedicato il suo tempo quando non era impegnato a trafficare con drizze e scotte. Lo novembre-dicembre 2015 53 Recensioni e segnalazioni troviamo infatti come cacciatore sul massiccio del Pollino, come sub nel Mar Rosso e nelle più vicine acque dell’Adriatico e, ancora, come pescatore a bordo dei gozzi di Cervia. Fattori comuni di questa multiforme attività sono l’ entusiasmo e la tenacia, un binomio vincente che è il segreto del suo successo e che costituisce una lezione di vita valida non solo nel campo della vela. Conclude il volume una corposa postfazione, dovuta a Fabio Pozzo, che altro non è se non un “fuori le quinte” di quello stupendo spettacolo che Azzurra ha regalato a tutti gli italiani. Claudio Ressmann ENRICO CAMPANELLA (TASHKENT) Edizioni Erasmo - Livorno 2014 Pagg. 340 – Euro 16,00 54 Questo è un romanzo storico nel senso più autentico e pregnante dell’espressione: perché, impostato su di un accadimento reale, quello della commessa a un cantiere navale italiano di una unità da guerra per la Voenno Morskoj Flot SSSR, la Marina Militare sovietica, intreccia poi intorno ad esso una serie di vicende in cui è difficile, se non impossibile, distinguere il reale dal fittizio; e in ciò sta proprio il fascino di un romanzo storico. Dunque, il fatto reale: nel 1937 l’Unione Sovietica affidò ai Cantieri Orlando di Livorno la costruzione di una unità da guerra, a volte indicata come incrociatore, a volte come cacciatorpediniere-comando, cui fu imposto il nome di Tashkent, e che aveva come caratteristica principale quella di sviluppare una velocità notevolmente superiore alle unità consimili dell’epoca (39 nodi, e scusate se è poco!), qualità peraltro che alla fin fine poco importava, dato che a quella velocità, con mare appena mosso, una piattaforma ha scarse o nulle possibilità di tiro efficace. Alla nave realizzata in Italia avrebbero dovuto far seguito altre quattro nei cantieri sovietici, ma di esse – a causa degli eventi bellici - solo due presero il mare, il Kiev e il Yerevan. È invece piuttosto interessante notare che dagli studi novembre-dicembre 2015 per il Tashkent ebbero sviluppo i progetti della classe “Capitani Romani” per la Regia Marina. Su questo fatto già di per sé intrigante, se si pensa a quelli che erano i regimi allora dominanti rispettivamente in Italia e in URSS, l’A. intreccia tutto un viluppo di vicende su più piani narrativi: i tentativi di spionaggio dei Russi presenti a Livorno per seguire i lavori, tra i quali si staglia una affascinante Capitano Anastasia Fedosjuska Mihajlovna; la contro-intelligence italiana; il coinvolgimento in questa sorda lotta di ignari tecnici del Cantiere; la figura complessa e impenetrabile (e storica) del Direttore, Achille Rougier, rievocata con tenerezza dalla figlia Marilli in una premessa al libro; e infine un altro “personaggio”, una barca da diporto stavolta, dal nome anch’essa di Marilli, e la cui vicenda fa quasi da controcanto a quella del Tashkent. Impossibile riassumere la narrazione per la sua complessità. Però non si può far a meno di rilevare la lingua ricca e insolita usata dal Campanella, una lingua che si sarebbe portati a definire “immaginifica”, e che dapprima lascia un po’ spiazzati, ma poi abbaglia e coinvolge, fino a suscitare perfino invidia in chi – ahimè – avverte di non disporre di una tavolozza altrettanto variegata. Renato Ferraro GIOVANNI PANELLA LA VELA LATINA Editore Hoepli – Milano 2015 Pagg. 163 – Euro 29,90 Abbiamo avuto occasione di “incontrare” Giovanni Panella quando pubblicò “Leudi di Liguria” e “Gozzi di Liguria”, rispettivamente nel 2002 e nel 2003, quella volta per i tipi della genovese Tormena; due volumetti dalle dimensioni contenute, ma con un compendio di sapidi testi e belle immagini tale da renderli due piccoli scrigni di sapere del mare. Questa volta, con l’Editore Hoepli, ci presenta un’Opera di particolare importanza, perché non è dedicata ad una specifica imbarcazione, ad una rotta storica o alle vicende di una marineria, ma a tutti gli aspetti, storici, fisici, etnici e altro, della vela latina. E allora? Dirà qualcuno. In fin dei conti non parla di una barca, di una storia o di una marineria ma di una semplice vela. Agguantiamo. La vela latina è quel triangolo di tela che ha cambiato le tecniche della navigazione a partire dal IX Secolo, quando fu importata in Mediterraneo dagli arabi, soppiantando in breve tempo la vela quadra, caratteristica delle marinerie sin dall’antichità. Come mai questo drastico mutamento? Perché la vela latina è molto più maneggevole di quella quadra e consente molto più agevolmente di “stringere il vento”, ossia andare di bolina. Per fare un esempio, come spiega l’A., “la vela latina può arrivare a stringere il vento sino a 270°, mentre la vela quadra può giungere solo fino a 225°. Questa differenza, in mare, non è davvero cosa da poco: in tempo di pace vuol dire fare meno bordi su una rotta che risalga il vento su un’andatura di Bolina, mentre in guerra può consentire di sfuggire facilmente a un veliero nemico”. Basti pensare che alla Battaglia di Lepanto, su 553 navi che presero parte allo scontro, ben 420 erano galere, navi che oramai costituivano il nerbo delle flotte (anche di quelle dedicate alla pirateria) di tutte le Marine del Mediterraneo. Passando ad altro argomento, è interessante vedere come la vela latina si sia sviluppata e diffusa non solo a causa della sua “importazione” araba, ma anche in località che l’hanno sviluppata autonoma- mente per risolvere le necessità locali. La sorpresa maggiore che ebbe l’A. infatti fu quando, alcuni decenni orsono, si recò “al volante di una scomoda ma inarrestabile 500” sul Mar Caspio, un mare chiuso o lago salato che giace in una depressione che non ha contatti alcuni con altri mari e si trova a migliaia di chilometri all’interno del continente asiatico. Bene, sulle spiagge del Caspio si trovavano barche da pesca sul cui albero era inferta una vela latina. L’Opera si suddivide in due parti, necessarie alla bisogna, in quanto la lunga storia di questa particolare vela non si è esaurita, di norma, come si sono esaurite quelle di tutte le marinerie veliche, soppiantate dall’avvento delle navi in ferro e con propulsione a vapore, ma ha avuto, in periodi abbastanza recenti una prepotente rinascita un po’ in tutto il Mediterraneo, un po’ ovunque ma particolarmente, in Sardegna. Il volume, con copertina cartonata, ha un bell’aspetto, dovuto anche alla buona impaginazione, all’accurata ricerca del materiale iconografico e all’ottima carta. Un’opera che dovrebbe far mostra di se sulle librerie degli appassionati di questo genere, possibilmente a fianco di alcune altre, precedenti, dello stesso autore. Franco Maria Puddu novembre-dicembre 2015 55 Recensioni e segnalazioni PIERO FRESI VOGLIA DI OCEANO Edizioni Sole – Cagliari 2012 Pagg. 141 – Euro 15,00 Il mare è da sempre l’elemento indissolubile dalla realtà della Sardegna, la sua bellezza assoluta, la sua stessa essenza sono una costante nella storia di questa isola. Eppure paradossalmente i sardi sono, o istintivamente sentono di essere un popolo più legato alla terra che al mare che amano, rispettano e temono come può fare solo chi il mare lo conosce profondamente e ne conosce veramente la forza. È con questo spirito che Piero Fresi, sardo, non si è limitato ad affrontare il mare della sua terra, ma addirittura l’Oceano Atlantico, sfidandone da solo la potenza in due incredibili traversate a vela in solitario 56 che hanno rappresentato una sfida quasi impossibile. Lo ha fatto per realizzare il sogno di una vita, per quella sete di mare che anima i veri marinai, per quella passione per la navigazione che ti spinge anche oltre la ragione a misurarti e metterti alla prova in situazioni estreme. Fresi, navigatore esperto, ama il mare da sempre e questa passione ha condizionato tutte le sue scelte di vita, da quando poco più che ragazzino, folgorato dalla visione di un piccolo gozzo nelle acque di Castelsardo, scelse di studiare all’Istituto Nautico di Porto Torres, al momento in cui decise di creare a Sassari una scuola di navigazione per insegnare ai giovani ad andare per mare, trasmettendo loro la sua stessa passione e quella voglia di mettersi in gioco che è stata una costante della sua vita. L’Autore ci regala con “Voglia di Oceano” il suo giornale di bordo, che del diario ha il linguaggio semplice e chiaro, per raccontarci le sue due traversate dell’Atlantico in solitario, la seconda in 110 giorni di navigazione senza scalo: due imprese straordinarie, realizzate senza clamori, con pazienza, fatica e determinazione, seguite con trepidazione da quella piccola grande comunità di gente di mare unita dalla stessa passione. “Voglia di oceano” è il diario degli eventi di ogni giorno di novembre-dicembre 2015 navigazione, corredato da foto e ricco di descrizioni spesso anche tecniche, ma accessibili ai non addetti ai lavori grazie al glossario che l’Autore inserisce alla fine del volume. Attraverso le pagine del suo libro, Piero Fresi ci racconta lo stupore per l’inaspettata visione di luoghi dalla bellezza assolutamente intatta, il timore quasi reverenziale di fronte alle burrasche e le tempeste improvvise, la fatica e la tensione dei momenti più difficili, la gioia indescrivibile per la meta inseguita con tenacia e finalmente raggiunta, la gratitudine per la magia di momenti che solo la solitudine sul mare può regalare, l’emozione di uno spazio senza limiti, la percezione di colori e di suoni che puoi vedere e sentire solo in mare aperto in un’alternanza di emozioni che l’essere soli rende intense in maniera quasi dolorosa e difficile da esprimere. Fresi ci accompagna nella sua navigazione solitaria e il suo libro si trasforma da diario a lezione di vita: la navigazione a vela vissuta come disciplina, lontano dalle luci della ribalta, senza vinti né vincitori, in una dimensione di totale simbiosi con il mare e la propria barca e dove ogni marinaio diventa “padrone assoluto dopo Dio dello spazio sconfinato e degli elementi che lo circondano”. Anna Mandraffino A distanza di qualche anno, ecco uscire un libro che ha l’unico torto di essere in inglese e francese ma non in italiano. Trattandosi essenzialmente di un libro illustrato, ci sentiamo però di consigliarlo ugualmente ai lettori del- AUTORI VARI SEYCHELLES Ars et Natura’s project for the Archipelago’s Biodiversity Pandion Edizioni – Roma 2015 Pagg. 192 – Euro 25,00 Qualche hanno fa, da queste stesse pagine, avevamo parlato delle isole Seychelles, uno splendido arcipelago tropicale dell’Oceano Indiano più raggiungibile di quanto comunemente si pensi, a costi non molto diversi da quanto molti spendono per andare a sciare. L’idea di scrivere questo articolo, oltre che divulgativa ed informativa, era che gli appassionati del mare avrebbero potuto continuare a coltivare la propria passione anche durante la brutta stagione, spostandosi per qualche giorno in mari tropicali. Il luogo aveva inoltre una magia particolare ed un “appeal” dovuto alle specificità climatiche e ambientali. la Rivista. Si tratta di un volume di qualità che nasce da uno sforzo congiunto Italo-Seicellese, grazie soprattutto alla lungimiranza e all’intelligenza della signora Monette Roze, responsabile in Italia dell’Ufficio del Turismo di Seychelles. A differenza di altre mete tropicali, Seychelles si caratterizza per un turismo di più elevato spessore culturale, un tipo di turismo che privilegia il contatto con la natura, la storia e la cultura locale senza per altro fare dimenticare che qui ci si trova di fronte ad uno dei mari più belli del mondo che circonda isole affascinanti e piene di attrattive È quindi naturale che attorno alle Seychelles sorgano iniziative del genere di quella messa in atto dall’Ufficio del Turismo di Seychelles in Italia e dall’Associazione italiana Ars et Natura, che riunisce artisti con una particolare sensibilità ambientale, specializzati nel ritrarre soggetti naturali. Essi, nel corso di una trasferta nell’arcipelago, hanno realizzato una serie di opere d’arte, raccolte poi in questo volume insieme a brevi saggi sulla specificità ambientale del posto, che ben raccontano gli aspetti più peculiari della natura seicellese, con particolare riferimento, ovviamente, ai suoi paesaggi marini, sopra e sotto le acque, anche se non dimenticano le molte unicità della flora e della fauna terrestre dell’arcipelago. I testi sono scorrevoli e chiari e le illustrazioni, riprodotte su carta di qualità, ben rendono sia la purezza dei luoghi e la loro eccezionalità naturalistica che la qualità dell’impegno artistico di questa pattuglia di pittori, che continuano le migliori tradizioni italiane di arte e cultura. Non trascurabile poi, alla fine, anche un contributo di due bravi artisti locali che con alcune loro opere danno maggior completezza a questa interessante raccolta. In definitiva, un ottimo apporto per una migliore conoscenza dell’arcipelago e delle sue bellezze per chi non ci fosse ancora stato ed un completamento di informazioni e di suggestioni per chi fosse già stato esposto al fascino di questi luoghi. Da non perdere e da assaporare giorno per giorno, pagina per pagina. Paolo Bembo novembre-dicembre 2015 57 Sub AMBIENTI PER LE IMMERSIONI (4a parte) F are tante immersioni, accumulare esperienza, informarsi il più possibile, questi sono gli obiettivi principali di ogni subacqueo che ha voglia di aumentare la sua abilità sott’acqua. Dopo avere certificato sul libretto d’immersione (Logbook) il numero giusto di discese per acquisire un brevetto avanzato, ci iscriviamo e con- quistiamo il secondo corso sub (Advanced). Finalmente siamo pronti per affrontare nuove mete subacquee più impegnative. Leggendo dalle riviste che trattano le attività subacquee e dai testi di biologia marina, acquisiamo le informazioni per finalizzare con più certezze la scelta delle future esperienze in acqua. La prossima immersione ha co- La gorgonia deve il suo nome a quello dell’omonima dea greca che, secondo la leggenda aveva mille serpenti al posto dei capelli 58 novembre-dicembre 2015 me finalità principale la ricerca di un particolare e raro abitante dei nostri mari, l’Astrospartus mediterraneus o Stella gorgone. Le testimonianze di chi ha avuto la fortuna d’incontrare questo essere meraviglioso dall’aspetto veramente insolito, ci consigliano i luoghi e le profondità per un possibile incontro. Questo echinoderma si può trovare nel Mar Mediterraneo occidentale, sulla costa dell’Oceano Atlantico e sulle coste della Spagna e del Senegal; è comune in Algeria e in Marocco. Vive dai trenta agli ottocento metri di profondità, posizionata sulle gorgonie o sulle spugne. In Italia, fortunatamente, riusciamo anche a trovarla sulle secche di Tor Paterno, zona comoda e facilmente accessibile sul litorale Romano, o poco più profonda nei meravigliosi fondali di Scilla, in Calabria. Questa affascinante creatura, unica nella morfologia e nota per le sue abitudini di vita, richiama con il suo inconfondibile aspetto la dea della mitologia greca Gorgonia, che ha mille serpenti al posto dei capelli. Il corpo dell’Astrospartus possiede posteriormente delle piccole appendici prensili, che consentono all’animale di ancorarsi salda- Gli ctenofori dalla forma vagamente sferica si spostano grazie a delle ciglia vibratili che offrono, muovendosi, uno spettacolo di soprendente luminescenza mente alla struttura preferita. Le braccia sono letteralmente avvolte su se stesse, quasi arrotolate, e vengono aperte soltanto durante la notte, per la cattura del cibo. Distendendo le lunghe appendici, la Stella Gorgone intrappola il plancton trasportato dalla corrente, e infatti nel suo stomaco, esaminato dai ricercatori, sono state rinvenute larve di crostacei, pesci e gamberetti. La ricchezza del cibo che può assumere questo animale è sopratutto dovuta alle strategiche braccia utilizzate per la caccia: le sottili estremità di queste possono avvinghiare il plancton, afferrarlo per mezzo di uncini acuminati posti sulle articolazioni per bloccarlo definitivamente con strati di muco. Dopo avere acquisito queste importanti notizie su ciò che andremo a cercare, è il momento di concentrarci sul nuovo e mai affrontato programma d’immersione che ci condurrà su un banco sottomarino che ospita l’animale in oggetto. Sicuramente saremo costretti ad affrontare una discesa nel blu verso il fondo, accanto alla cima dell’ancora della barca che ci condurrà sul sito d’immersione. L’emozionante planata verso il fondale, deve essere gestita sempre mantenendo un assetto idrostatico corretto, la verticale liquida che ci mostrerà all’improvviso il maestoso fondale sottostante deve essere affrontata con sicurezza e controllo tali da garantirci un’ emozionante nuova avventura, e non un momento di paurosa esperienza. Consiglio per le prime discese nel blu, il contatto della mano con il cavo dell’ancora durante l’affondamento: ciò ci fornirà una maggiore sicurezza psicologica e la comodità di verificare con calma il giusto utilizzo novembre-dicembre 2015 59 Sub porre più cime dalla barca verso ganismi sono ermafroditi suffidel giubbetto equilibratore. Sucil fondo per stare comodi nelle cienti e l’autofecondazione è un cessivamente quando saremo discese e nella risalite. adattamento alla vita solitaria più esperti, potremo planare avSospesi nel blu, in attesa che la condotta nel mare aperto. I gavolti dall’acqua senza vincoli, desaturazione del nostro corpo meti, uova e spermatozoi, venverso il fondo, proprio come i abbia termine, potremo contigono prodotti nella cavità gaparacadutisti volano nei cieli. nuare a rimanere esterrefatti dalstrovascolare ed, attraverso la Un altro importantissimo accorla bellezza dei nostri incontri. bocca, espulsi all’esterno dove gimento da osservare in questa Ecco comparire davanti ai nostri avviene la fecondazione. Lo zitipologia d’immersione è il conocchi una specie di navicella gote da origine a una larva plantinuo e corretto controllo dell’ospaziale, dalle trasparenze e lutonica che metamorfosa in un rientamento sott’acqua. È chiaro minescenze che solo la natura adulto. Lo spettacolo che offroche esaurito il nostro tempo di nella sua grandezza ci può mono questi protagonisti del mare permanenza sul fondo, dovremo strare. È una Ctenophora, un oraperto ci fa dimenticare la noia tornare sul cavo dell’ancora per ganismo dal corpo trasparente, dell’attesa per la necessaria desala risalita verso la superficie, e iridescente, talvolta fosforescenturazione. Incantati da questi esquesto ci impone di mantenere te, quasi interamente costituito seri spesso li fotografiamo, li filin immersione il costante cond’acqua, viaggiatore in acque limiamo, e quando non abbiamo trollo dell’ambiente o della busbere, trasportato dalle correnti. alcun mezzo per acquisire quelle sola, per avere la certezza del siGli Ctenofori mostrano una forimmagini così preziose, li depocuro ritorno al punto di partenma sferica; lo spostamento lento sitiamo come ricordi nel nostro za. I cavi o catene adottati per le dell’animale nell’ambiente pelacuore, scrigno segreto e custode discese e risalite possono essere gico è dovuto a delle ciglia vibradelle cose più belle che spesso, ritrovati agevolmente, anche vatili che nei loro movimenti ofnella nostra vita, la natura ci relutando e considerando sempre frono uno spettacolo di sorprengala con generosità. la presenza delle correnti sottodente luminescenza. Questi orAlberico Barbato marine, presenti spesso nelle zone di mare aperto. La risalita sul cavo d’ancoraggio deve essere anch’essa un momento di relax; il contatto delle mani con la cima verticale non va utilizzato come ascensore; il nostro assetto deve essere sempre perfetto vicino a un vincolo a volte molto comodo anche per contrastare la corrente presente. I subacquei dovranno disporsi ordinatamente vicino ai cavi per evitare fastidiosi intasamenti e qualche volta, in base al numero dei sub opeDistendendo le sue lunghe appendici, la stella gorgone cattura il plancton trasportato dalle correnti rativi, sarà utile disper nutrirsene 60 novembre-dicembre 2015 La voce del diportista BANDIERE EXTRACOMUNITARIE IN NAVIGAZIONE IN ACQUE NAZIONALI N el recente passato, sono state alla ribalta delle cronache complesse operazioni di polizia tese a reprimere l’illecita pratica di alcuni italiani che utilizzavano in acque nazionali barche immatricolate sotto bandiera di Stati extracomunitari, in tal modo evadendo i diritti doganali dovuti al nostro Stato. Vale la pena, quindi, esaminare le procedure previste per l’acquisto di un’unità da diporto all’estero. Innanzi tutto, non è richiesta alcuna autorizzazione. Però, se l’unità è proveniente da un Paese extracomunitario, l’ufficio di iscrizione darà comunicazione dell’avvenuta immatricolazione nei registri nazionali all’autorità doganale, che provvederà alla cosiddetta operazione di importazione definitiva, determinando l’ammontare dell’IVA e degli altri eventuali diritti doganali da corrispondere. Se, invece, l’unità proviene da Paesi dell’Unione europea, non si pone neanche il problema, poiché sin dal 1° gennaio 1993, a seguito dell’abbattimento delle frontiere doganali tra gli Stati comunitari, non si tratta in questi casi di “importazioni” (cioè, operazioni rilevanti ai fini doganali), bensì di acquisti intracomunitari, disciplinati dalla legge n. 427/1993, che riporta le disposizioni sull’applicazione dell’IVA alle operazioni intracomunitarie. Grazie all’abbattimento delle frontiere doganali, le unità da diporto battenti bandiera di uno Stato mem- bro dell’Unione europea possono liberamente circolare nelle acque italiane e sostare nei porti nazionali, nonché essere utilizzate senza alcun limite da cittadini italiani. Alle unità di bandiera extracomunitaria, invece, continuano ad applicarsi la Convenzione di Ginevra del 1956 in materia di temporanea importazione, nonché i regolamenti CEE 2454/1993 e CE n. 993/2001, che fissano le disposizioni d’applicazione del codice doganale comunitario. Queste unità, quando giungono nel primo porto italiano, devono comunicare l’arrivo all’autorità doganale più vicina, perché possono sostare nelle acque comunitarie (si badi bene, non solo italiane ma comunitarie) per un tempo massimo di 18 mesi (chiamato termine di appuramento). Se, cioè, l’unità dovesse arrivare nelle acque italiane da un porto comunitario, il tempo di sosta in tale porto deve essere computato nei 18 mesi, come pure ogni altra sosta nelle acque comunitarie. Durante la permanenza nelle acque italiane, tali unità sono considerate in regime di temporanea importazione (o ammissione temporanea), cioè sono esonerate dalla corresponsione dei diritti doganali e dell’IVA all’importazione. Al termine dei 18 mesi, l’unità dovrà lasciare le acque nazionali, altrimenti sarà soggetta all’importazione definitiva e alle sanzioni previste per il reato di contrabbando. Le unità battenti bandiera di Paesi extracomunitari non possono essere utilizzate in acque nazionali da cittadini comunitari. Infatti, il regolamento CEE 2454/93 prevede che, per poter usufruire del regime di importazione temporanea senza pagamento dei diritti doganali, l’unità debba: 1) essere immatricolata in un paese non appartenente all’Unione europea (se trattasi di mezzo non immatricolato, è sufficiente che “appartenga” a soggetto extracomunitario); 2) essere di proprietà di un soggetto extracomunitario; 3) essere utilizzata da quest’ultimo o comunque da un soggetto non comunitario. Quest’ultima norma subisce due sole eccezioni: a) soggetto comunitario che a titolo puramente occasionale utilizza la barca, seguendo le istruzioni del soggetto extracomunitario proprietario del bene, il quale si trova, al momento dell’utilizzazione, nella Comunità europea; b) soggetto comunitario che ha un contratto di lavoro con un soggetto extracomunitario proprietario della barca, essendo previsto nell’ambito di tale contratto anche l’utilizzo del mezzo per uso privato. Se, invece, il soggetto comunitario svolge attività di conduzione della barca di proprietà del soggetto extracomunitario in maniera “sistematica” e, quindi, al di fuori delle due ipotesi appena ricordate, non è applicabile il regime di importazione temporanea e si incorre nel reato di contrabbando. Aniello Raiola novembre-dicembre 2015 61 Emergenza sanitaria PREVENZIONE: saper fare Per 27 numeri vi abbiamo presentato le problematiche mediche che si riscontrano a bordo. Lo abbiamo fatto utilizzando il materiale tratto da Pan-Pan medico a bordo, il primo manuale per la tele assistenza medica. Un manuale che nasce per aiutarvi ad affrontare questi problemi di bordo con l’ausilio di un medico esterno, che vi insegna come contattare il C.I.R.M.: Centro Internazionale Radio Medico nato per assistere chi naviga e totalmente gratuito. Il manuale è stato realizzato in collaborazione con il professor Simon Mastrangelo che ne ha studiato gli aspetti ergonomici per renderlo più fruibile da persone non esperte. E’ in materiale plastico, formato IPad, con schede semplici e chiare. Siamo partiti dalle schede rosse del manuale Pan-Pan, i casi che richiedono un intervento più urgente: l’equivalente del codice rosso del linguaggio ospedaliero. Poi dal numero di MarzoAprile 2013 abbiamo affrontato i temi più legati ai problemi meno urgenti che vanno però affrontati con metodo e che nel manuale PanPan sono raccolte nelle schede gialle con una logica intuitiva: dalla testa ai piedi, codice giallo. Da questo numero iniziamo a parlare di tutte quelle cose ed azioni che bisognerebbe sapere prima di imbarcarsi: le posizioni da far assumere all’infortunato, come misurare i parametri vitali, come pulire e medicare una ferita e così via sino alle responsabilità del comandante, e a come si fa una cassetta medica. A questo proposito vi informiamo che è in atto la revisione della dotazio- 62 novembre-dicembre 2015 ne per le unità da diporto ma per ora è ancora in vigore la vecchia normativa. Prima cosa da sapere è quali sono i vantaggi di conoscere e usare il C.I.R.M. Il C.I.R.M. fa parte di un sistema mondiale di di centri di assistenza medica per chi naviga T.M.A.S. (Tele Medical Assistance Service) resi obbligatori dall’organismo mondiale che sovraintende la navigazione (I.M.O.). Ogni stato dovrebbe dotarsi di un T.M.A.S. ed ogni Comandante deve mettersi in grado, prima di salpare, di poter sempre contattare un centro medico durante la navigazione della sua nave. Il comandante deve quindi dotarsi di equipaggiamenti idonei ad assolvere a questo obbligo, ed oggi abbiamo tutte le possibilità di farlo. Contattare un centro radio medico è quindi, non solo assolvere ad un obbligo, ma fare e agire. Spesso si sente dire “meglio non fare che fare male, non sei mica un medico”; chiamare il C.I.R.M. è fare e fare bene perché condividerete con un medico ogni vostra azione, il medico vi consiglierà su cosa fare e cosa non fare, il vostro equipaggio sarà tranquillizzato dalle azioni che vi consiglia di fare o non fare un medico, se siete a navigare all’estero facendovi mettere in contatto, anche con un ponte radio, con il nostro T.M.A.S. parlerete in italiano con un medico cosa ben diversa che farlo in inglese con un medico magari spagnolo o francese. Per poter usare questo importante servizio occorre che tutto l’equipaggio ne sia informato e che sappia usare la radio VHF perché potrete contattarlo chiamando la Guardia Costiera più vicina o lanciando il “Pan-Pan medico” tre volte o lanciando lo stesso messaggio dalla tastiera del vostro VHF-DSC. Alternativa il telefono: 1530 o +390659290263 dall’estero. Umberto Verna Corso di pesca Parliamo di pastura C hissà quante tonnellate, tra pasture ed esche finite in mare, ricaveremmo se facessimo un ipotetico conto del consumo che se ne fa, soprattutto nella classica pesca con il galleggiante dai moli o dalle barriere di scogli. Già, si sa, l’uso della pasturazione come richiamo e intrattenimento del pesce a tiro di lenza è diventato ormai indispensabile per fare qualche cattura degna di nota. Sono lontani, purtroppo, i tempi in cui bastava prendere una cannetta, innescare qualcosa di commestibile, calare la lenza e salpare una preda. Oggi, la musica è cambiata. Se una volta il traffico marino era limitato, adesso di confusione in mare ce n’è sempre. Nella bella stagione così come in quella meno clemente. Anche i pescatori sono aumentati a disturbare la fauna ittica che, appena può, si tiene alla larga. Senza parlare dei tratti adibiti a campi gara pressoché permanenti, dove il pesce diventa sempre più smaliziato. Insomma, un quadro sconsolante che potrebbe anche scoraggiare una bella pescata da terra e invogliare ad andare al largo e pescare in profondità, dove di pesci “furbi” se ne trovano pochi. Invece, proprio come accennato all’inizio, per sfortuna da una parte ma per fortuna se la vediamo in un’altra maniera, ci sono sempre gli sfarinati con cui realizzare “profumate” pasture in grado di portarci le prede proprio a tiro di canna.... A patto, naturalmente, di usare i prodotti adatti e di farlo nel modo giusto. Questione di bagnatura Spesso chi produce e distribuisce articoli da pesca annovera fra i propri prodotti anche una serie di sfarinati, divisi in pasture “da superficie”, “da fondo” e “da mezzo fondo”, che si adattano ai diversi pesci tipici della pesca da riva. A volte, addirittura, queste pasture si trovano nei negozi con il nome del pesce cui sono destinate: così abbiamo la “cefali”, la “saraghi e orate”, la “occhiate e salpe” e via dicendo. Da questi derivano altri sfarinati come la pastura “cefalo bianca”, la “superformaggio” e tante altre. Districarsi tra la miriade di prodotti in commercio, per fortuna, non è difficile: la preparazione di base è pressoché uguale per tutti, ciò che ne differenzia molto l’azione è la fase di aggiunta dell’acqua per rendere la pastura adatta allo scopo, prima di tutto ottenendo una consistenza adeguata all’impiego nei diversi strati d’acqua. A cominciare dalla pastura di superficie che dovrà sfaldarsi appena tocca l’acqua creando un alone sapido e il più possibile duraturo, quindi in questo caso si aggiunge liquido fino a ottenere una specie di pappetta che può essere lanciata solLa pesca con il galleggiante e l’esca naturale è la tecnica che vede il maggior utilizzo deltanto con l’aiuto di un mestolo. la pasturazione a base di sfarinati novembre-dicembre 2015 63 Corso di pesca asciugare per qualche minuto. Quando il composto ha preso consistenza si procede alla seconda bagnatura, avendo l’accortezza di aggiungere acqua gradatamente fino a ottenere un impasto delicato e molliccio da lanciare con un cucchiaio. Una volta in acqua, la pastura di superficie tende a dissolversi già a poche decine di centimetri dalla superficie, lasciando come richiamo un marcato alone L’effetto di richiamo della pasturazione è valido anche nella pesca notturna nei porti e lungo gli che si dissolve lentamente. antemurali. In questo caso vediamo la cattura di un sarago, pesce discretamente attratto da una La definizione di pastura da buona pastura di fondo fondo indica solitamente Per la pastura da fondo, invece, l’acqua va aggiunta gli sfarinati adatti a cefali, saraghi e salpe. Sono papoco alla volta, mescolando energicamente e contisture composte da una base di pane tostato, formagnuamente per sciogliere eventuali grumi. Si parte gio e farina di riso. A seconda della doratura del pada sfarinati a grana grossa per raggiungere la giusta ne, la pastura potrà avere un colore più o meno bruconsistenza quando sarà possibile formare una palnito ma, di solito, gli sfarinati da fondo sono chiari. la molto compatta, grossa come un’arancia, che Va preparata aggiungendo acqua poco alla volta e raggiungerà velocemente il fondo. Al primo lancio mescolando il tutto in una bacinella abbastanza di pastura, sia in superficie sia sul fondo, ne seguogrande. Il prodotto finito sarà perfetto quando si otno altri a intervalli regolari con porzioni ridotte per terranno delle palle consistenti semplicemente mantenere i pesci sul posto. Per gli sfarinati da comprimendo l’impasto con le mani. Una volta in mezzo fondo, ovviamente, la preparazione è una acqua, questa pastura raggiunge velocemente il fonvia di mezzo. In ogni caso, la lavorazione dello sfado e la sua dispersione durante la discesa è minima. rinato va fatta in una bacinella larga con i bordi Questo tipo di richiamo si usa solitamente all’interbassi. L’acqua da aggiungere deve essere rigorosano dei porti o comunque là dove il fondale sia abbamente di mare e sempre raccolta sul posto. stanza uniforme: impiegarlo su scogliere sommerse con buche profonde potrebbe portare a disperdere i In superficie, a fondo pesci tra gli anfratti. Tutti gli sfarinati da fondo in e a mezz’acqua commercio sono venduti in confezioni da 1 e 3 chiLa pastura da superficie è un classico sfarinato da li. I prezzi variano a seconda della qualità del prousare per piccoli pesci, per esempio latterini e cadotto e, comunque, si attestano intorno ai tre, quatstagnole. Si tratta di un composto di farine molto tro euro per la confezione da 1 chilo. fini, prevalentemente con sapore e odore dolci in Lo sfarinato per il mezzo fondo serve per boghe, virtù dell’alta percentuale di biscotto, latte in polocchiate, cefali e salpe. Il colore è brunito, una tinvere e dell’aggiunta, spesso, di dolcificanti. Gli inta che viene dall’alta percentuale di farina di pesce gredienti di base, fra i quali il pane, hanno un alto impiegata che, secondo l’origine (tonno, sarda, potere assorbente per cui è bene bagnare il comaringa eccetera), può cambiare leggermente di toposto due volte. Durante la prima fase viene agnalità. Per dare corpo alla pastura c’è anche del pagiunta acqua e, mescolando bene il tutto, si lascia ne tostato o belga, con doti di disgregante. Veri e 64 novembre-dicembre 2015 propri aromi danno al prodotto un sapore più o meno accentuato e particolare. La bagnatura di questi prodotti è simile a quella per la pastura di fondo. Il risultato è un composto semiumido che si comprime perfettamente nella mano e, una volta in acqua, tende ad affondare abbastanza velocemente ma sfaldandosi durante la discesa e disperdendosi prima di raggiungere il fondo. Per chi preferisce fare da sé siamo anche provare a cimentarci con un’operazione che i nostri nonni eseguivano abitualmente. La base va formata con un quantitativo pari al 35 per cento del totale degli ingredienti di pane tostato, tenuto per poco tempo nel forno perché il colore deve essere chiaro e non molto dorato. Il pane va acquistato già grattugiato e di grana media. Al primo elemento aggiungiamo un 25 per cento di formaggio grana o pecorino grattugiato, poi un 20 per cento di farina di pesce (aringa o sarda bianca), un 10 per cento di latte in polvere e lo stesso quantitativo di farina di arachidi. Pane, formaggio e latte in polvere si trovano al supermercato, la farina di pesce e quella di arachidi nei negozi di pesca. Gli ingredienti vanno amalgamati bene, eliminando gli eventuali grumi. È un prodotto da pronto impiego, al massimo si confeziona la sera e si usa la mattina dopo, e va conservato nel frigorifero perché composto da ingredienti, vedi il formaggio, che si deteriorano velocemente e fanno perdere efficacia alla pastura. Riccardo Zago C’è chi non si accontenta delle miscele già pronte che si trovano nei negozi e, pur fidandosi del composto, aggiunge di volta in volta alcuni ingredienti che ritiene necessari per aumentare il potere attirante. Di solito mette formaggio fresco, ingrediente dedicato a cefali, salpe, occhiate e saraghi. Alcuni pescatori, però, non prendono in considerazione i preparati industriali e, come si faceva una volta, confezionano da sé gli sfarinati... guardandosi bene dal rivelarne i componenti. Ma si tratta di un comportamento puerile, perché per realizzare una buona e semplice pastura, per esempio da usare con i cefali, non occorrono ingredienti da alchimista ma semplici componenti che tutti possono trovare comunemente in commercio. Va detto, però, che il costo di una pastura fai-date è nettamente superiore a una commerciale prodotta con ingredienti acquistati all’ingrosso e adatta a essere conservata. È chiaro che gli sfarinati già pronti sono comodi, sono efficaci e non richiedono Dalla fase di bagnatura e impasto della pastura sfarinata può dipendere il risultato dell’intera battuta di tanto tempo per la pesca. L’acqua che serve per amalgamare, rigorosamente di mare, va aggiunta poco alla volta fino a ottepreparazione... ma, nere la consistenza giusta. E bisogna evitare i grumi, che rovinano la palla di pastura ed “esplodono” in acqua rilasciando solo un’inutile polverina per una volta, pos- novembre-dicembre 2015 65 Cronache delle Sezioni e Delegazioni GENOVA CENTRO Modellismo che passione Il Gruppo Modellisti della Sezione si è ricostituito nel 2005, erede del precedente che si era distinto per grande attività e riconoscimenti negli Anni 60, come testimoniano diversi modelli storici esposti in sede. Il Gruppo attuale in attività ha realizzato diversi modelli di pregio che vengono proposti in occasione di mostre, ricavando apprezzamenti dal mondo modellistico e non. Le immagini che proponiamo sono ricavate da alcune delle ultime mostre a cui abbiamo par- Genova Centro – Una bellissima Galea capitana genovese del XVII secolo realizzata ed esposta dal gruppo modellisti della Sezione Genova Centro – Ancora alcune realizzazioni del gruppo modellisti tra le quali si possono ammirare uno sciabecco, un leudo, un gozzo e l’U.S. defender Rainbow che partecipò alla Coppa America del 1934 66 novembre-dicembre 2015 ni e una riproduzione dell’U.S. defender Rainbow che partecipò alla Coppa America del 1934, realizzata dal socio Giorgio Donati. Tutti i modelli sono fedeli riproduzioni frutto di ricerche, realizzati su disegni originali. Il tema del programma di attività si propone di realizzare, nel tempo una sorta di rievocazione delle imbarcazioni che hanno caratterizzato la storia della marineria genovese e ligure. Sono già state realizzate oltre alla galea e allo sciabecco di cui sopra, una pareggia, un leudo, un gozzo nelle sue varie versioni, un pinco e una saettia, che si affiancano a imbarcazioni storiche come la nave Amerigo Vespucci, la Santa Maria e molte altre che possono essere ammirate presso la nostra sede o alle mostre. Franco Donati Responsabile del Gruppo Modellistico BORGHETTO SANTO SPIRITO Una scelta di vita Parla la Sezione di Borghetto S. Spirito. Due le parole chiave che la accompagnano da circa 10 anni: gioventù e vela. Parole strettamente collegate tra loro poiché i corsi di vela estivi condotti dalla Sezione, hanno portato all’iscrizione e alla frequentazione della base nautica da parte di numerosi giovani, sempre più affascinati dall’arte di “andar per mare”. Un sogno, quello della realizzazione di corsi di vela per principianti e non, che è nato per l’appunto quasi un decennio fa, e che oggi, nonostante le tante difficoltà riscontrate durante il percorso, ha trovato compimento nella formazione di diversi equipaggi che hanno inizia- Borghetto Santo Spirito – Dopo la regata “La Ponentina” svoltasi a Ceriale, il Presidente della Sezione di Boghetto Michele Colamartino mostra il premio ricevuto da Sofia e Alice Guarnieri, nella foto, terze classificate per la classe 420 novembre-dicembre 2015 67 Cronache delle Sezioni e Delegazioni tecipato nello scorso anno, in particolare alla mostra Mare Nostrum di Rapallo, di cui proponiamo una vista d’insieme, e la mostra Expo Model Show, tenutasi a Genova presso la Fiera Esposizioni. I modelli rappresentati sono: la riproduzione di una galea capitana genovese del XVII secolo, frutto di ricerche e collaborazioni con il Museo Navale di Genova e il Museo Navale di Barcellona, ad opera del socio Franco Donati. La riproduzione di uno sciabecco genovese del XVI secolo ad opera del socio Silvano Malagugi- Cronache delle Sezioni e Delegazioni Borghetto Santo Spirito – Da sinistra Gaia Rovello e Valeria Monaco, che si sono classificate seconde nella regata di Albenga classe 420, e il Presidente Michele Colamertino con Sofia e Alice Guarnieri, terze alla regata di Ceriale sempre in classe 420 to a prendere parte ad alcune regate locali (la Gironda di Albenga, la Ponentina a Ceriale e la Gran Baraonda di Laigueglia). Il sogno della base, però, non finisce qui: si vorrebbero coinvolgere sempre di più i ragazzi del luogo per incentivare la voglia di scoprire le tante bellezze che ci vengono offerte dal mare nella piena consapevolezza delle leggi che lo regolano. A questo proposito, ogni anno verso maggio, vengono dedicate alle scuole locali giornate di full immersion nel mondo 68 della vela, sempre molto ben accolte da allievi ed insegnanti. Nel periodo estivo, invece, iniziano i corsi settimanali di vela su imbarcazioni come Optimist (per i più piccoli), Equipe e 420, il tutto seguito da istruttori certificati FIV. La Sezione, ed in particolar modo il presidente Michele Colamartino, puntano molto sul mondo velico che, oltre ad aver apportato una ventata di novità nel suo interno, ha dimostrato quanto questo mondo possa creare legami di amicizia e anche, perché no, di sana novembre-dicembre 2015 competizione fra giovani. Per noi, giovani della Sezione di Borghetto, le estati passate all’insegna della vela e di ciò che ne può derivare, scuffie incluse, sono il miglior regalo che si possa mai ricevere. LA SPEZIA Regata Lei & Lui Il 4 luglio la Sezione ha ripetuto la suggestiva regata Lei & Lui, dopo il successo dello scorso anno, regata concepita molto tempo addietro e da molti reclamata, che è così tornata prepotentemente alla ribalta. Più di trenta le coppie in gara, molte costituite da marito e moglie e non sono mancate le issate di spinnaker e gennaker, anche sulle imbarcazioni più grandi ed impegnative. In ORC si sono affermati i coniugi Gabbanini con la loro Roxane, barca abituata alle affermazioni, mentre nelle Gran Crociera hanno fatto il vuoto Francesco e Paola Stefanini su Bella’mbriana. Tra i Meteor, vittoria annunciata di Davide e Va- Trofeo Alfredo Perioli Nel nome di Alfredo Perioli, a suo tempo Presidente della Sezione, ma soprattutto grande filantropo, si è disputata il 20 Settembre la regata che la Sezione dedica a Lui da moltissimi anni. Giornata splendida, mare piatto e vento sostenuto da grecale hanno consentito una entusiasmante giornata di sport, culminata al termine in un pranzo collettivo alla “scuola di mare“ di Santa Teresa, recentemente ristrutturata, splendido sito posto all’uscita di levante della rada della Spezia. La regata, cui hanno preso parte una trentina di imbarcazioni è stata molto tecnica e veloce, per una percorrenza di circa 8 miglia, con impegnative andature sia al lasco che di bolina. Nella classe ORC ha prevalso X-Press di Giovanni Elena, per quasi un minuto su Neghené di Giovanni Passeggeri e poco meno di tre sulla Possente della MM. Nel gruppo Gran Crociera A, vittoria per Eugenia di Mauro Broglio, a precedere Duchessa di Pier Giuseppe Francese e Scintilla di Attilio Piazza. Nel B, strapotere di Bella’mbriana di Giovanni Stefanini, poi Sound of Silence di Roberto Roccati e Lussy di Adriano D’Ippolito; infine nel numeroso gruppo dei Meteor, vittoria per Top Yacht di Stefano Antognetti, e poi Avance… di Roberto Capozza e Luicchio di Elio Righetti, con Sesta a galla del capo flotta Biagio Pergola buon quarto. Comitato di regata al top con Sandro Gherarducci, Luigia Massolini, Pier Luigi Isola e Roberta Talamoni. Pranzo marinaro nella splendida cornice di Santa Teresa, con le barche assiepate in banchina ed ai pontili, introdotta dal figlio di Perioli, Michele, che a conclusione dell’evento ha consegnato la prestigiosa “challenge “ a X-Press, vincitore assoluto. SIENA VAL D’ELSA Incontro con il GS Vela Fiamme Gialle Una bellissima e riuscita iniziativa, per l’attività istituzionale della nostra Sezione: il 26 febbraio, all’hotel Garden di Siena, Il capitano della Guardia di Finanza Enzo Dicapua, ed il Finanziere Francesco Marrai, campione Laser, in rappresentanza del GS Vela Fiamme Gialle, della Scuola GdF di Gaeta, hanno incontrato i soci della Sezione, di Panathlon Siena e Panathlon Valdelsa. Una serata bellissima, con la partecipazione di circa 120 persone che sono rimaste tutte affascinate dalle esposizioni, dalle immagini e dai filmati presentati. Alla serata è seguito, venerdì 27 febbraio, l’incontro fra il capitano Di Capua, comandante del Gruppo Sportivo, che ha un intenso trascorso sportivo, dalla canoa alla vela, Campione del Mondo nella classe “J24”, e con Francesco Marrai, atleta di spicco della Vela Nazionale, “promessa novembre-dicembre 2015 69 Cronache delle Sezioni e Delegazioni lentina Sampiero con Pekoranera, ed infine, tra i libera Fiorenza e Lorenzo Amadei con Alisea. Cronache delle Sezioni e Delegazioni Siena Val D’Elsa – La locandina dell’incontro con il Gruppo Sportivo Vela Fiamme Gialle azzurra” in gara per le prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016, che nonostante la giovane età, vanta al suo attivo tre titoli mondiali e tre titoli europei. Erano presenti, nella au- 70 la magna del liceo scientifico Galileo Galilei di Siena, 120 studenti delle 2 classi del liceo Sportivo e di 5 classi del liceo scientifico. L’incontro, organizzato dalla nostra Sezione, novembre-dicembre 2015 con l’approvazione del Preside Antonio Vannini, la collaborazione della prof.ssa Beatrice Vannoni, docente di educazione fisica presso il Liceo Galilei, ha visto la partecipazione di: Ro- berto Montermini, presidente provinciale CONI, Alfredo Barlucchi, per i Panathlon Club di Siena e della Valdelsa, il prof. Francesco Binella, coordinatore territoriale per l’Educazione Fisica e Sportiva presso l’Ufficio Scolastico Provinciale, e Elisabetta Lastri, Giacomo Gistri e Sergio Speranza, in rappresentanza della nostra Sezione, con in più, la comunicazione di auguri e partecipazione, da parte del sig. Fabio Cerretani, presidente del CSI Siena. Come è noto è stato iniziato da un anno, questo è il secondo, il corso di Liceo Scientifico Sportivo, un corso di 5 anni, come quello normale, dove le materie e le discipline sportive, sono trattate in maniera molto più approfondita. La stessa iniziativa è stata adottata anche dall Liceo A. Volta di Colle val d’Elsa, con cui siamo in ottimi rapporti e che ha già fissato, con noi, un corso di vela di 3 giorni, per i ragazzi del I anno, per la prossima primavera. Questi nuovi corsi dovrebbero essere in corso di adozione da parte di molti licei Italiani, e si spera che ci diano ulteriori possibilità di sviluppo e di avvicinamento dei ragazzi allo sport della Vela. Dunque, l’istituzione di questo nuovo indirizzo scolastico, sia al Galilei di Siena che al Volta di Colle Val d’Elsa, si avvale di questi incontri per consentire agli studenti di ampliare ed approfondire il proprio bagaglio di conoscenze e di formazione in ambito sportivo, approcciandosi, come prevede il piano di studio, a diverse discipline sportive, molte di queste non facilmente od utilmente praticabili nella normale programmazione scolastica. Per la Vela, la nostra Sezione, grazie ai suoi volontari, alla struttura ed alla attrezzatura, da e darà tutto il suo contributo, per l’approfondi- mento e la pratica sportiva, con promozionali e la formazione di appositi Corsi di Vela di Base. Ha coronato questa piccola maratona di conoscenza della Vela, la visita nella Contrada della Torre, a cui va il nostro ringraziamento per la splendida esposizione e narrazione della sua storia, delle sue tradizioni e delle sue vittorie. LICATA Nuova vita di un Beneteau La Sezione di Licata, già istituita nel 2009 come Delegazione, conta attualmente una ottantina di soci, ed ha lo scopo di diffondere, nella popolazione giovanile, in particolare, lo spirito marinaro, la conoscenza delle tematiche marittime, la tutela dell’ambiente marino e delle acque interne. Nel luglio scorso, è stata assegnata in affidamento, con facoltà d’uso, alla Sezione, un’imbarcazione a vela Beneteau Oceanis 430 della lunghezza di 13 m, posta sotto sequestro nel luglio scorso per traffico di migranti. La Beneteau è approdata a Licata il giorno 28 dopo avere fatto tappa a Marina di Ragusa, con un equipaggio composto da alcuni soci ed amici della Lega Navale, che hanno volontariamente aderito all’iniziativa. Per potere espletare al meglio le finalità previste dallo Statuto era necessario reperire un’imbarcazione a vela, che consentisse l’insegnamento teorico e pratico delle varie discipline, anche mediante collaborazioni con altri Enti ed Associazioni. A tale scopo, sono stati firmati protocolli d’intesa con l’Associazione di novembre-dicembre 2015 71 Cronache delle Sezioni e Delegazioni Licata – Il Beneteau Oceanis 430 assegnato in affidamento, con facoltà d’uso alla locale Sezione Cronache delle Sezioni e Delegazioni Promozione Sociale contro le mafie e le illegalità “A Testa Alta” ed inoltre con la “Cooperativa Carpe Diem” che ospita ragazzi affetti da disabilità. Si prospettano in futuro attività ed ulteriori collaborazioni finalizzate alla crescita umana, culturale e sociale del territorio di Licata, parte integrante e rilevante della sponda mediterranea. SCAURI FORMIA Vittoria nel Trofeo Ammiraglio Sicurezza Si è concluso il 25 ottobre, nelle acque antistanti il Circolo Vela Viva di Formia, il Trofeo Ammiraglio Sicurezza, una competizione, svoltasi in 2 giornate (13-25 ottobre) che ha coinvolto imbarcazioni di classe 29er, Laser, Feva, Sunfish ed Optimist. Nonostante le condizioni meteo poco favorevoli a causa della scarsità di vento, i giovani velisti hanno affrontato la regata con grande spirito di determinazione in un clima di festa e divertimento. Soddisfacenti i risultati degli equipaggi Scauresi, nella classe 29er la coppia Camerota-D’Acunto si aggiudica la prima posizione mentre nella classe Sunfish Giuseppe Pontecorvo è medaglia d’oro. Questi i commenti a caldo dell’allenatore Gianfranco Colavolpe: “Ancora una volta i nostri ragazzi hanno dimostrato che l’impegno, la costanza e l’entusiasmo raccolgono sempre buoni frutti. Il nostro obiettivo è continuare a crescere, imparare ed alle- Scauri Formia – Chiara Camerota e Stefano D’Acunto vincitori in classe 29er del Trofeo Ammiraglio Sicurezza Scauri Formia – La coppia vincitrice Stefano D’Acunto e Chiara Camerota al termine della gara 72 novembre-dicembre 2015 narci per poter raggiungere traguardi sempre più importanti già dal prossimo appuntamento, il campionato invernale del Golfo”.