sono esposti alla Fiera del Levante. Gii uomini del villaggio, per
compensare i diminuiti guadagni, risultano impiegati in vari stabilimenti della città. Nel 1941, data ultima, come si è detto, nel registro,
la lavorazione si interrompe a causa della guerra. Restano solo le
attività di restauro e manutenzione. Singole famiglie provarono nel
dopoguerra a riawiare la produzione: si tratta tuttavia di tentativi di
breve durata e ormai fuori dai confini di «Nor Arax» (52).
Conclusioni
L'avventura del villaggio «Nor Arax», sorto in Puglia un ottantina di anni fa e oggi pressoché dimenticato (53), è degna di essere
ripercorsa e conosciuta soprattutto in tempi in cui l'Europa si apre
sempre più a panorami di convivenze multietniche. «Nor Arax»
rappresenta un esempio concreto di ospitalità e di solidarietà italiana a favore di profughi stranieri, nel caso specifico armeni. Accanto alle analoghe iniziative di accoglienza da parte di istituzioni
religiose destinate ai bambini armeni - ricordiamo l'orfanotrofio
dei Padri Mechitaristi di Milano (54) e quello torinese, già menzio-
(52) Cf. PAMBAKIAN, «Pizzi e ricami armeni» cit., pp. 128-130.
(53) Mentre lavoravamo a questo contributo, abbiamo avuto notizia dell'uscita del libro La Puglia dell'accoglienza.
Profughi,
rifugiati e rimpatriati
nel
Novecento
a cura di V.A. LEUZZI e G. ESPOSITO, Bari 2006, al cui interno il capitolo «Profughi armeni a Bari: il villaggio Nor A r a x » ripercorre anch'esso la
parabola della colonia barese. Un accenno fatto in questo capitolo alle leggi razziali come una delle cause dello spopolamento di «Nor Arax» (ibid., p. 30) ci
consente di precisare un'opinione probabilmente diffusa: in realtà gli armeni
presenti in Italia non caddero vittime delle persecuzioni razziali, anche perché
fu subito riconosciuta la loro appartenenza alla razza ariana (prova ne è un
libretto diffuso a quel tempo dal titolo Armeni ariani, pubblicato nel 1939 a
Roma dalle Edizioni HIM); essi godettero, al contrario, di una certa simpatia da
parte del regime fascista. A riprova di ciò, nelle carte da noi esaminate (AZB),
abbiamo fra l'altro trovato un foglio dattiloscritto sciolto, recante la firma e i
saluti di Nazariantz, dal titolo « L e regali origini armene del conte Ciano», in
cui è riportata la teoria di un anziano monaco mechitarista, di cui non viene
fatto il nome, secondo cui la famiglia Ciano sarebbe discesa dalla dinastia dei
Bagratidi del regno armeno di Cilicia. «Ed ecco come il genero di S.E. Mussolini, dal bel viso caucasico - conclude il documento - sarebbe il discendente
degli antichi re dell'Armenia».
(54) L'apertura a Milano, in viale Umbria 62, di una casa per gli orfani
armeni gestita dai Padri Mechitaristi fu celebrata con la pubblicazione dell'opuscolo «Pro orfani armeni. Numero unico per l'inaugurazione del nuovo Collegio
mechitarista», recante la data 10 maggio 1925 ed edito dalla tipografia armena di
Venezia-San Lazzaro (ANIMI Pratiche I, 12). Gli orfani accolti in questa nuova
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