La donna nel mondo Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB BL Ottobre 2012 - N. 19 La donna nel mondo - - - - - - - - - La parola del direttore pag. 1 Maria Stella dell’Evangelizzazione pag. 3 La condizione della donna nel mondo di oggi pag. 6 I posti peggiori per una donna pag. 9 Donne al potere nel mondo pag. 16 Violenza contro le donne pag. 19 Contro lo sfruttamento delle donne pag. 24 Donne occidentali…pag. 26 La donna in Albania pag. 28 -Donne in Africa • Donne al potere in Africa • Nobel per la Pace 2011 assegnato a tre donne • “Donna, Sorella mia” • Annalena, di Dio • Le suore di Casablanca pag. pag. pag. pag. pag. -Donne in Asia • India - Guardando al cambiamento • Donne al potere in India e Bangladesh • Il caso di Asia Bibi • Aung San Suu Kyi in Myanmar pag. 47 pag. 51 pag. 53 pag.56 -Donne in America Latina • Donne al potere in Centro e Sud America • Bolivia: le donne e il coraggio della speranza • Brasile: donne e minori, schiavi di tutto e di tutti • Ecuador: Suore di frontiera pag. pag. pag. pag. 31 35 39 41 44 61 67 75 77 LA PAROLA DEL DIRETTORE all’umanità ferita dalle malattie, dallo sfruttamento, dall’ignoranza; donne che sono fari di speranza anche là dove tutto sembra essere nel buio; donne che nella Chiesa non cercano i primi posti, ma sono le prime nel servizio della carità e dell’evangelizzazione, sull’esempio di Maria. Possiamo dire che la donna sta conquistando sempre più un posto alla luce del sole, ma il suo potere forse più decisivo è ancora quello svolto nella penombra: nella resistenza agli abusi degli uomini, nel tracciare cammini di liberazione per le loro società, nel servizio instancabile alla vita più debole, nella fatica del lavoro più umile, nella gioia dell’annuncio della Buona Notizia che diventa festa in tante comunità cristiane o fraternità universale nell’ambito del pluralismo religioso. Come Annalena Tonelli, chiamata “giardiniera di uomini” perché , “nella titanica lotta per liberare la gente africana dalla malattia, dall’emarginazione e dalla violenza, voleva farli fiorire ad una vita degna di creature fatte ad immagine di Dio”. Come le Suore di Casablanca che, unendo contemplazione e fratellanza universale, diventano vere testimoni di un Dio che Amici, ecco a voi “Notizie 19” che ci introduce al tema della “Missione della donna nel mondo”. La Chiesa e le società del mondo intero non si sono ancora redente dal secolare patriarcalismo che da sempre ha relegato la donna al ruolo “naturale” di ombra dell’uomo, con comparse che servivano per lo più a coronare di vantaggi la vita e l’attività dell’uomo. Ma qualcosa sta cambiando! Questo fascicoletto vuol aiutarci a vedere il rovescio della medaglia: quanto “innaturale”, incivile ed anti-evangelico sia in molti casi il rapporto dell’uomo con la donna e quanto stia diventando ogni giorno più decisivo nella vita di famiglia, della chiesa e della società moderna il posto che la donna si sta conquistando, a caro prezzo: sia nelle società più evolute del Nord del mondo, come in quelle più tradizionali del Sud. In molti casi troviamo ormai donne alla guida di paesi importanti o che acquistano posti chiave nei movimenti politici e sociali; donne che ingrossano il coro di voci che si ribellano agli abusi dell’uomo sul loro corpo e sul loro lavoro; donne che si pongono in prima linea nel servizio 1 anche investiti di pubbliche responsabilità, che “offendono, umiliano e deturpano l’immagine della donna, dove fiumi di denaro e di promesse si intrecciano con corpi trasformati in oggetti di godimento perverso”. La Regina del Sud, di biblica memoria (Mt. 12,38-42), si alzerà per giudicare questa generazione ottusa e perversa, insensibile al richiamo evangelico di Gesù di Nazareth. La Regina del Sud è quella donna semplice e povera del Sud del mondo, che oggi più che mai interpella la coscienza di un occidente opulento e insensibile. Ma sono anche le tante nostre missionarie bellunesi e feltrine che danno il loro prezioso contributo a questo processo di liberazione della donna in ogni continente, pagando a caro prezzo ogni loro iniziativa. Mettiamoci in ascolto e facciamo la nostra parte! ama in terra d’Islam. Come risulta dalla testimonianza di queste donne della Bolivia: “abbiamo visi normali, mani ed unghie forti perché con queste sole siamo spesso rimaste aggrappate alla vita; abbiamo sguardi vuoti di lacrime, ma ancora capaci di scrutare l’orizzonte e di sperare; abbiamo cuori forti, che non hanno paura della vita, sebbene questa abbia agitato tante volte i suoi fantasmi; abbiamo corpi percorsi da mille cicatrici che nascondiamo a noi stesse per non tornare a soffrire di più.” Come una schiera di donne semplici, latino-americane e africane, che hanno imparato a praticare la Lettura popolare della Bibbia nelle loro comunità, risollevando la speranza in un popolo spinto alla deriva dallo sfruttamento e dalla marginalizzazione. È doveroso un sentimento di pubblica gratitudine verso tutte queste donne, come anche la richiesta sincera di perdono, accompagnata dalla nostra indignazione per l’indecoroso spettacolo che la nostra società che si dice “civile e cristiana” sta dando, con uomini, don Luigi Canal N.B. Il presente libretto non ha la presunzione di approfondire il tema della donna nel mondo in maniera esauriente… Propone solo alcuni flash, per aiutare a riflettere. 2 Maria Stella dell’evangelizzazione L di Luigi Canal La povera Eva, la donna di Adamo, è passata alla storia (forse immeritatamente), come l’origine di tutti i mali. Per fortuna la Bibbia parla spesso per immagini e non va presa alla lettera. Ci rallegra quindi vedere riscattata questa donna nella figura di Maria, la nuova Eva, la Madre di ogni Bene, la prima Missionaria del suo Figlio che da Lei aveva ricevuto carne e umana educazione. Il messaggio fondamentale per tutta l’umanità Maria ce l’ha lasciato nel momento della Annunciazione, con il Magnificat e con la Visita alla cugina Elisabetta. Qui è diventata il vero esempio della nuova donna di ogni epoca. Con il suo “Sì” alla proposta dell’angelo, Maria ci mostra la strada per un modo evangelico di gestire la vita e di fare Missione, che è poi spiegato nel Magnificat: … «Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, perché… ha rovesciato i potenti dai loro troni e ha innalzato gli umili; ha colmato di beni gli affamati e rimandato a mani vuote i ricchi…». Questa esperienza, che ha segnato profondamente Maria, è stata il frutto di tanti “sì”, gioiosi e dolorosi! di tutti i tempi deve pronunciare per assumere la sua missione di sposa, di madre, di gestante di una nuova società con il suo impegno e il suo servizio. Non i “sì” della sottomissione servile di una volta, che annullavano la sua volontà e la sua dignità nella società patriarcale, ma il “sì” cosciente della sua corresponsabilità nel destino della famiglia, della chiesa e della società. Lo testimonia Maria, questa giovane donna, nell’accettare da Dio una gravidanza non compresa né dai parenti, né dalla comunità; nel partire per prestare assistenza alla cugina Elisabetta, anziana e bisognosa di aiuto, senza calcolare pericoli e immancabili giudizi contrari; nell’accompagnare il Figlio in una missione piena di tensioni. Si configura una missione che Maria porta avanti nella sofferenza, condivisa da Giuseppe, nel proteggere il Figlio contro il potere impazzito di Erode, fuggendo in Egitto, mettendosi affannosamente alla ricerca del Figlio adolescente perduto nel tempio. Quante donne del nostro tempo vivono quotidianamente queste sfide, nelle persecuzioni contro la fede cristiana, negli accampamenti dei rifugiati dalle guerre, nei gommoni della disperazione in cerca di speranze nuove, nei conflitti di generazione Pensiamo a quanti “Sì” la donna 3 con figli adolescenti o in preda alle allucinanti seduzioni del mondo; nelle moderne schiavitù della droga e della prostituzione… La donna diventa segno anche oggi di una chiesa che è chiamata a difendere le deboli vittime della crudeltà umana; a cercare Gesù e a non darsi pace di fronte a persone e situazioni che sembrano aver perso di vista la presenza di Gesù. Maria è stata fedele al suo Figlio anche quando lo hanno ritenuto “fuori di testa” (Mc. 3,21), quando hanno osteggiato in tutti i modi il Vangelo del suo Figlio, quando infine lo hanno messo a morte nel La donna nel mondo modo più atroce sul Calvario. Là troviamo questa Donna, straziata dal dolore, ma in piedi, mai accasciata… Come tante donne coraggiose che lasciano il segno e spesso il sangue nelle marce e nelle lotte popolari, nelle favelas dell’America latina, nelle miniere della Bolivia, nelle piantagioni di canna del Brasile, nelle riserve indigene dell’Amazzonia, nei movimenti sindacali e politici per la liberazione dei loro figli e mariti sfruttati e sfrattati. È però una storia che non finisce nel Calvario, né per Maria né per le donne d’oggi, ma dal trono glorioso della croce, da questa cattedra 4 incomparabile del Cristo morto e risorto, prepara e preannuncia anche la Risurrezione del suo popolo. Perché il Dio di Maria è un Dio che soffre, piange e ascolta le miserie del suo popolo ed è ricco di misericordia verso coloro che il mondo rifiuta. Ecco allora tante donne che abbiamo conosciuto nei nostri anni di missione nel Sud del mondo, farsi portatrici della Buona Notizia attraverso la Lettura popolare della Bibbia fatta nelle Comunità di Base: una lettura spoglia delle disquisizioni teoriche della gente intellettualmente complicata, ma pregnante di vita e d’impegno concreto con il cammino verso la realizzazione del Regno di Dio nella storia umana. Donne che incarnano la profezia di Gesù sull’immagine biblica della Regina del Sud(Mt. 12,42). Donne che interpellano, oggi più che mai, la coscienza di un Occidente opulento, ma insensibile ai drammi che vivono milioni di donne dei paesi poveri. Quando dalla croce Gesù ha affidato l’umanità a questa donna, Maria (“Donna, ecco tuo figlio!” Gv. 19,26), sapeva bene che poteva fare affidamento sul ruolo di sua Madre nel mondo. E allora eccola rendersi presente in tutti i continenti, nelle situazioni di maggior sofferenza (schiavitù, guerre, miseria…) per dire a tutti, come a Guadalupe: «Non sono qui io, che sono tua Madre? di che altro hai paura?». Notizie Centro Missionario di Belluno-Feltre Hanno collaborato a questo numero: don Luigi Canal, don Ezio Del Favero, Mario Bottegal, Josè Soccal, Chiara Zavarise, Debra Coletti, suor Edvige Carocari. Foto di Josè Soccal. Redazione c/o: Centro Missionario Belluno-Feltre Piazza Piloni, 11 - 32100 Belluno – Tel. 0437 940594 [email protected] www.centromissionario.diocesi.it Direttore di redazione don Luigi Canal Responsabile ai sensi di legge don Lorenzo Dell’Andrea Stampa Tipografia Piave Srl - Belluno Iscrizione al Tribunale di Belluno n. 1/2009 5 La condizione della donna nel mondo di oggi C Raccolto da Ezio Del Favero Ci soffermiamo brevemente sulla condizione femminile nel mondo tra secolare oppressione, nuovi vincoli, aperture e ampia emancipazione. Indubbiamente la vita delle donne oggigiorno è molto diversa da quella immutabile delle loro antenate e non solo nell’Occidente sviluppato: le donne stanno facendo passi avanti anche in Sudamerica ed in Estremo Oriente e cercano di mantenere le loro conquiste nei difficili periodi che vivono la Russia e l’Europa orientale. Invece, in zone come il Medio Oriente, l’Africa e il subcontinente indiano la loro condizione è ancora difficile e la parità un sogno, in certi paesi come l’Afghanistan e l’Iran i loro diritti erano maggiormente tutelati nei decenni passati. In ogni caso bisogna far attenzione: l’emancipazione, in paesi come il Marocco e la Malesia, è innegabile, ma riguarda solo le donne colte ed urbanizzate, mentre nelle campagne la secolare inferiorità continua, così come l’incredibile carico di lavoro che il genere femminile sopporta da sempre. Quindi il pianeta delle donne non è uniforme. Ancor oggi la maggioranza delle donne vede continuamente calpestati i propri diritti o, ancor peggio, La donna nel mondo non ha mai sospettato di averne. *** Analizziamo lo studio delle Nazioni Unite, datato 2010, sulla condizione della donna nel mondo. Il quadro tracciato dal Dipartimento di Economia e degli Affari Sociali è davvero poco consolante. Sul fronte dell’educazione sono stati fatti progressi, benché lenti ed irregolari, dell’alfabetizzazione delle donne adulte rispetto agli uomini in tutto il mondo. Ma le donne sono ancora nettamente in svantaggio: ben due terzi degli analfabeti nel mondo, 774 milioni, sono donne. Questo rapporto è rimasto inalterato negli ultimi due decenni e il divario è presente nella maggior parte delle regioni del mondo. La tabella che segue riporta il numero di analfabeti donna rispetto agli uomini in vari paesi del mondo, nel 1990 e nel 2007. Sul fronte del lavoro, le donne sono più occupate degli uomini, 52% contro 48%. Ma il numero di donne che occupa posti di potere è sensibilmente inferiore. Sebbene negli anni le donne siano entrate in settori di lavoro tradizionalmente a prevalenza maschile, il loro 6 livello di rappresentanza in impie- Il grafico mostra la differenza di ghi caratterizzati da status, potere ore dedicate alla cura della casa: e autorità è significativamente mi- in Italia un uomo dedica in media nore rispetto agli uomini. Ci sono 2 ore al giorno alle faccende dorelativamente poche donne tra i mestiche contro le 6 di una donna, legislatori, alti funzionari e dirigen- uno scarto che ci colloca come fati. Il rapporto invece si inverte nel nalino di coda in Europa e al livello mercato del lavoro degli operatori del Pakistan. commerciali, operai, assemblatori, impiegati, professioniIn politica le donne sti e venditori. In tutta scontano ancor più lo Europa, le donne guasquilibrio tra i sessi, Le donne spendagnano circa il 20% che persiste in tutto dono almeno il in meno degli uomini. il mondo. Le donne doppio del temcontinuano ad essere po, rispetto agli Il carico sociale è sottorappresentate nei uomini, in lavoro invece in gran parte parlamenti nazionali, domestico. sulle spalle delle dondove in media solo il ne, che si ritrovano 17 per cento dei posti a lavorare più degli è occupato da donne. uomini e contemporaneamente a Meno di un ministro su cinque e dover sopportare la maggior par- meno di un capo di stato su dieci te delle responsabilità per la casa: è donna. Il grafico mostra la diffela cura dei bambini e degli altri renza percentuale di rappresentamembri della famiglia, la prepara- tività tra uomini e donne nelle liste zione dei pasti e i lavori domesti- elettorali. Con la sorpresa che in ci. In tutte le regioni del mondo Africa si candida il 20% di donne in le donne spendono almeno il dop- più rispetto agli uomini, mentre in pio del tempo, rispetto agli uomini, Europa e nelle regioni più svilupin lavoro domestico non retribuito. pate i candidati donna sono il 10% “ “ 7 in meno, sempre rispetto alla controparte maschile. Le statistiche indicano che la violenza contro le donne è un fenomeno universale e che le forme di violenza sono ad ampio spettro: fisica, sessuale, psicologica ed economica. Con l’aggravante che gli episodi di violenza accadono sia in casa che fuori. Il problema della mutilazione genitale femminile è in diminuzione, ma ancora drammaticamente presente nei paesi meno sviluppati. L’accesso alle pari opportunità per la donna resta una chimera planetaria. È il caso, quindi, di continuare a riflettere, discutere e divulgare le tematiche inerenti alla condizione della donna. Donna che, oggi, è sfruttata, sottopagata, discriminata sessualmente e oggetto di stalking. La donna nel mondo Una donna che torna dalla maternità sconta una severissima penalità sul lavoro. La donna subisce violenza, il suo corpo è usato come veicolo di marketing e come merce di scambio per il potere… 8 I posti peggiori per una donna N Raccolto da Josè Soccal Nascere donna in… grande canale di informazione nel mondo arabo, Al Jazeera. Dietro a questa facciata c’è una realtà differente. Le donne in Medio Oriente e nei paesi arabi tuttora vengono trattate come dei paria (oppressi). Vivono segregate in casa e dipendono totalmente dalla volontà di mariti, padri e fratelli, che hanno avuto un’unica fortuna: quella di nascere uomini. In Arabia Saudita non possono nemmeno guidare le loro macchine e per sposarsi hanno sempre bisogno della benedizione Il posto peggiore per una donna? Probabilmente è il Medio Oriente. Nonostante la primavera araba, le rivoluzioni di piazza e il nobel della pace a tre donne, tra cui una giovane blogger yemenita, Tawakkul Karman, la condizione delle donne nei Paesi arabi e in Medio Oriente resta orribile. Non bisogna farsi condizionare dalle donne che seppur velate, discutono di politica in tv o che conducono i telegiornali nel più 9 di un “superiore”, solitamente un uomo di famiglia che si comporta da vero e proprio “guardiano”, anche se sarebbe meglio dire “carceriere”. In Egitto le mutilazioni genitali sono all’ordine del giorno per la generazione di donne precedente a quella di Piazza Tahrir (quindi parliamo di mamme e nonne tra i 50 e i 60 anni). E anche le ragazze che, con gli uomini e come gli uomini sono scese in Piazza rischiando la vita per scacciare l’ultimo faraone Hosni Mubarak, sono poi state sottoposte all’umiliazione dei test per la verginità, somministrati nelle carceri del Cairo. Se si guarda al Global Gender La donna nel mondo Gap Report del World Economic Forum (forum che annualmente misura la disparità di genere ne mondo), nei primi 100 Paesi non ce ne è nemmeno uno arabo. Poveri o ricchi che siano, sono tutti contraddistinti da un sentimento comune: l’odio verso il femminile, l’odio verso le donne. Anche il Marocco, spesso additato come Paese-modello per le sue leggi di famiglia definite “progressiste”, è al 129esimo posto nella classifica stilata dal World Economic Forum. Eppure, secondo gli analisti occidentali il Marocco rappresenta un perfetto esempio di come un Paese musulmano possa integrarsi all’interno di una società moderna. Un 10 vengono uccise appena nascono, appena il loro corpicino nudo testimonia la loro condanna a morte: l’essere femmine. Molte donne che sono incinte vengono arrestate e vengono costrette ad abortire, dopo vengono sterilizzate; le madri che si rifiutano di perdere le loro bambine vengono minacciate In India l’infanzia per le bimbe dalla polizia finché non vengono convinte ad abortire. è un lusso, in poche Alcuni medici di proarrivano ai sei anni di fessione vengono invita. La nascita non Vengono minaccaricati di uccidere le prevede sempre l’acciate finché non neonate sotto la prescoglienza. Molte mavengono convinte sione del governo cidri, infatti, si ritrovano ad abortire. nese. Spesso nei quarad abbandonarle pritieri poveri della Cina ma di portarle a casa. la gente cammina per Il sesso sbagliato può comportare l’assassinio della pic- strada cieca, non vedendo i cadacola dinanzi agli occhi della donna verini nudi gettati sui marciapiedi per mano dei familiari. Si sceglie come dei piccoli gattini morti. Dal l’abbandono affidandosi alle mani governo cinese verranno registradel destino, sperando nella sua te come morti da polmoniti e crisi clemenza e nell’arrivo di persone respiratorie. Le famiglie spesso si che abbiano il coraggio di crescere fanno aiutare nell’infanticidio dai governi locali; per loro inviare un la giovane creatura. rapporto di avvenuta morte è motiIn Cina, nel 1979, venne emanata vo di grande orgoglio. Significa che una legge per risolvere il problema stanno mettendo in atto le regole, della sovrappopolazione: “Legge stanno rispettando la legge. eugenetica e protezione salute”. Questa legge prevede un duro re- Mortalità materna gime di controllo delle nascite; una Ogni anno più di mezzo milione coppia in Cina deve avere un solo figlio, e avere una femmina è con- di donne muore per complicaziosiderata quasi una maledizione, ni legate alla gravidanza o al parto. una sciagura, perché per una fami- Altri 10 milioni patiscono lesioni, glia cinese avere una sola femmina malattie e infezioni che possono significa vedere la propria dinastia provocare sofferenze per tutto estinguersi. In Cina spariscono l’arco della vita. Su 536.000 decesoggi oltre due milioni di bambine, si materni stimati nel 2005, il 99% dato è esemplificativo della realtà marocchina: secondo il ministero di Giustizia di Rabat, nel 2010 in Marocco hanno convolato a nozze 41.098 ragazze minorenni. Segno che la “pratica” di dare in sposa le bambine a uomini spesso molto più grandi, è ancora molto in voga. “ “ 11 sono avvenuti in Paesi in via di sviluppo, di cui l’84% concentrati in Africa Subsahariana (265.000, circa la metà di quelli totali) e Asia meridionale (187.000, 1/3 del totale). Quasi due terzi di tutti i decessi materni, inoltre, sono avvenuti in appena 10 Stati, con l’India che registra di gran lunga il maggior numero di casi: 117.000, pari al 22% del totale mondiale. La donna nel mondo Il paese in cui è più pericoloso partorire è il Niger, dove il rischio di mortalità materna è di 1 su 7, con un divario abissale rispetto al paese dove è più basso, l’Irlanda (1 su 47.600). Il “rischio di mortalità materna” misura la probabilità di morte che una donna corre nell’arco della vita per eventi connessi alla gravidanza e al parto e tiene conto dei tassi di mortalità materna (probabilità di morire per numero di parti: stima il numero annuo di decessi materni per gravidanza e parto ogni 100.000 nati vivi) e dei tassi di fertilità (probabile numero di parti per donna in età fertile). Nei paesi con alti tassi di fertilità il rischio di mortalità sarà quindi più alto di quelli con tassi di fertilità minori. Tra i paesi industrializzati, il più alto tasso di rischio di mortalità materna si registra in Estonia (1 su 2.900), il secondo negli Stati Uniti (1 su 4.800) - ben al di sopra della media dei Paesi industrializzati (1 su 8.000). A livello di aree geografiche, circa il 30% di tutti i decessi materni avviene nell’Africa occidentale e centrale - dove nel 2005 sono morte 162.000 donne per cause legate alla gravidanza o al parto - ed un altro 20% in Africa orientale e meridionale (103.000 casi), mentre più di un terzo dei 536.000 decessi materni del 2005 sono avvenuti nell’Asia meridionale (187.000), la cifra più elevata in assoluto tra tutte le regioni considerate. La regione che comprende l’Eu- 12 ropa Centro-orientale e la Comunità degli Stati Indipendenti (ex URSS) ha i livelli più bassi di mortalità materna del mondo in via di sviluppo, con 2.600 decessi registrati nel 2005. L’istruzione delle donne e delle bambine può contribuire alla riduzione della mortalità materna. Se in possesso delle conoscenze su salute riproduttiva, sessualità e HIV/ AIDS, le donne possono prendere decisioni consapevoli in merito. La mortalità materna può essere ridotta anche grazie a una maggiore conoscenza delle pratiche di assistenza sanitaria, a un più ampio ricorso ai servizi sanitari durante la gravidanza e il parto, a un’alimen- tazione migliore e a un distanziamento delle gravidanze, tutti fattori favoriti da una maggiore istruzione delle ragazze. Donne e povertà Le donne sono svantaggiate in diversi aspetti della vita sociale ed economica, soltanto in termini di aspettativa di vita esse superano gli uomini. Spesso il disagio consiste in una vera e propria violazione dei diritti delle donne, con pratiche quali l’obbligo del controllo di gravidanza o le molestie sessuali. La diffusa pratica del lavoro non retribuito, effettuato soprattutto in ambito femminile, rende difficile 13 un equo sviluppo economico. Secondo alcuni studi, sussisterebbe anche nei paesi più sviluppati una sostanziale disparità di trattamento tra i sessi, calcolata attraverso gli indicatori della parità di opportunità tra uomini e donne, ovvero: il « tetto di cristallo», il divario del reddito ed il numero di donne che vivono nella povertà. Questi indici riportano una povertà maggiore delle donne, tanto che ci si chiede se le stesse siano più povere degli uomini o se tra i poveri ci siano più donne che uomini. I dati forniscono elementi che confermano tali analisi: infatti, le donne costituiscono il 70% dei poveri del mondo e hanno, in media, il 90% dello stipendio di un uomo a parità di lavoro, educazione e formazione. Il numero delle donne presenti sul mercato del lavoro, La donna nel mondo siano esse occupate o in cerca di occupazione, è 1/3 della forza-lavoro riconosciuta, ma il lavoro effettivamente svolto dalle donne a livello mondiale, rappresenta i 2/3 del totale. Donne e istruzione Sono 58 milioni in tutto il mondo le bambine e le ragazze che non hanno accesso all’istruzione, 58 milioni di persone che potrebbero cambiare i loro paesi e non avranno la possibilità di farlo. Alcuni dei paesi più poveri stanno facendo grandi passi avanti nel diritto all’istruzione femminile, tuttavia secondo il primo rapporto sui progressi nell’educazione delle ragazze, reso noto dall’organizzazione internazionale Save the Children, il numero di donne 14 che non vanno a scuola è altissimo. miglioramenti in vari settori e più Il dossier - contenuto nel sesto Rap- alti standard di vita nei prossimi 10 porto sullo stato delle madri nel anni. “Una forte volontà politica e mondo - è una disamina dei Paesi investimenti strategici hanno molin via di sviluppo sulla base della to a che fare col successo o il fallicrescita, negli ultimi dieci anni, del mento nell’educazione delle bamnumero di iscrizioni a scuola e del- bine”, prosegue Ungaro. la permanenza a scuola di bambine e adolescenti. “L’educazione delle Tra i maggiori ostacoli all’edubambine è la leva del cambiamen- cazione femminile ci sarebbero to delle sorti di un paese - ha com- la discriminazione di genere; la mentato Filippo Ungaro, portavoce preoccupazione dei genitori per di Save the Children Italia - Alme- la sicurezza delle bambine; l’Aids; no 103 milioni di bamla mancanza di persobini (di cui 58 milioni nale e materiale scobambine) nella fascia lastico; l’impossibilità L’ e d u c a z i o n e di età dell’istruzione di pagare le rette (che delle bambine è primaria non vanno a andrebbero abolite) e la leva del cambiascuola”. limitazioni di ordine mento. Dal rapporto emerreligioso e culturale. ge che dei 71 Paesi in Le strategie usate dai via di sviluppo presi paesi per superare in esame, Bolivia, Kenya, Came- questi ostacoli vanno da vaste e rarun e Bangladesh hanno realizza- dicali riforme dei sistemi scolastici to i maggiori progressi nel settore al coinvolgimento di organizzaziodell’educazione femminile mentre ni internazionali, soprattutto nelle Iraq, Ruanda, Malawi ed Eritrea - a aree rurali, fino alla promozione di causa di fattori quali guerra, Aids e un sistema scolastico alternativo rapida crescita della popolazione - per le ragazzine colpite da Aids, sono agli ultimi posti. guerre e disastri naturali. Il dossier si appella ai governi Per il futuro, il dossier individua dei paesi ricchi affinché sosten11 paesi in via di sviluppo “ad alta gano di più i programmi di eduprobabilità di successo” - tra cui cazione globale nell’ambito del Bolivia, Cuba, Egitto, Messico e summit del G8, che si terrà il giuVietnam - dai quali ci si attendono gno prossimo. “ “ 15 Donne al potere nel mondo D Raccolto da Ezio Del Favero Di 349 Capi di Stato e di Governo in carica al 1° gennaio 2012 solo 24 erano donne (il 6,8%). Sebbene il numero delle donne al potere aumenta di un’unità rispetto al 1 gennaio 2011, continua a rappresentare un fatto purtroppo marginale. Solo due paesi al mondo, la Danimarca e l’Australia (lo scorso anno erano Finlandia e Australia), al 1° gennaio 2012, avevano sia il Capo di Stato che il Capo di Governo donne. Kosor - Presidente Federale Svizzera, Micheline Calmy-Rey - Primo Ministro Slovacchia, Iveta Radicova - Primo Ministro Danimarca, Helle Thorning-Schmidt Centramerica Sono 4 le donne in Centroamerica (come lo scorso anno), ovvero: - Governatore Generale Saint Lucia, Perlette Louisy - Governatore Generale Antigua e Barbuda, Louise Lack-Tack - Presidente Costa Rica, Laura Chinchilla - Primo Ministro Trinidad e Tobago, Kamla Persad-Bissessar Europa L’Europa è il continente dove si trovano il maggior numero di donne (10) (erano 11 lo scorso anno) a Capo di Stato o di Governo. Esse sono, in ordine di anzianità alla Di 349 Capi di Sta- Sudamerica carica: to e di Governo in Due anche in Sud- Regina Elisabetta II carica al 1° gennaio America (era 1 lo scord’Inghilterra (Regno 2012 solo 24 erano so anno). Unito) donne (il 6,8%) - Presidente Argentina, - Regina Margherita II Cristina Kirchner di Danimarca - Presidente Brasile, - Regina Beatrice d’OSilma Rousseff landa - Presidente Finlandia, Tarja HaloAsia nen Tre (erano 2 lo scorso anno) le - Cancelliere Germania, Angela donne alla guida di paesi dell’Asia: Merkel - Primo Ministro Islanda, Johanna - Presidente India, Pratibha Patil Sigurdardottir - Primo Ministro Bangladesh, - Primo Ministro Croazia, Jadranka Sheikh Wajed (nella foto) “ “ La donna nel mondo 16 una sola la donna a Capo di Stato (erano 2 nel 2010): - Presidente Lituania, Dalia Grybauskaite (nella foto a pag. 18). *** Le dieci donne che da più tempo detengono il potere nel mondo: 1° - Regina Elisabetta d’Inghilterra (dal 1952), secondo posto assoluto dopo il Re di Thailandia 2° - Regina Margherita di Danimarca (dal 1972), quinta assoluta 3° - Beatrice d’Olanda (dal 1980), quattordicesima assoluta 4° - Governatrice di St. Lucia, Perlette C. Louisy (dal 1997) 5° - Presidente della Finlandia, Tarja Halonen (dal 2000) Sheikh Wajed - Primo Ministro Thailandia, Yingluck Shinawatra Oceania In Oceania sono 2 (come lo scorso anno) le donne che guidano Governi o Stati: - Governatore Generale Australia, Bryce Quentin (nella foto) - Primo Ministro Australia, Julia Gillard Africa Due anche in Africa, (era una lo scorso anno): - Presidente della Liberia, Ellen Johnson-Sirleaf - Primo Ministro del Mali, Cissè Mariam Sidibè Ex Unione Sovietica Infine, nei Paesi dell’Ex-URSS è Bryce Quentin 17 “ 6° - Cancelliera di politica che conta, Germania, Ansia ancora un fatto gela Merkel (dal residuale. Centroamerica, 2005) Ad oggi solo 76, Europa e Sud Ame7° - Presidente deldei 193 paesi indirica sono le aree del la Liberia, Ellen pendenti del mondo pianeta dove si sono Johnson Sirleaf (il 39%), sono stati avute (o si hanno) (dal 2006) governati almeno un più donne alla guida 8° - Governatrice di giorno da una donna di uno stato. Antigua e Barbunella loro storia. da, Loiuse LakeCentroamerica Tack (dal 2007) (60%), Europa (59%) 9° - Presidente India, Pratibha Pa- e Sud America (58%) sono le aree til (dal 2007) del pianeta dove si sono avute (o si 10° - Presidente Argentina, Cristina hanno) più donne alla guida di uno Kirchner (dal 2007) stato. Dietro di loro, l’ex-Unione Sovietica (40%), l’Asia (35%) e l’AQuesti numeri confermano an- frica (28%). Fanalino di coda il Mecora una volta come la rappresen- dio Oriente che, su 13 stati sovrani, tanza femminile nel mondo della solo uno (Israele), ha avuto almeno una donna al potere. Questo dato del Medio-Oriente non deve farci indurre in facili conclusioni. Vi sono grandi paesi musulmani come il Pakistan che sono stati governati più volte da donne, di contro vi sono grandi democrazie come gli Stati Uniti e l’Italia che non hanno mai avuto una donna a capo del governo o dello Stato. “ Dalia Gry-bauskaite La donna nel mondo 18 Violenza contro le donne L Raccolto da Ezio Del Favero La violenza contro le donne è una violenza di genere riconosciuta oggi dalla comunità internazionale come una violazione fondamentale dei diritti umani. Alcune forme si trovano in molte culture (stupro, violenza domestica, incesto), altre sono specifiche di alcuni contesti (mutilazioni sessuali, omicidi a causa della dote, ecc.). Spesso la violenza contro le donne è una combinazione di diversi tipi di violenze; un esempio è rappresentato dalla violenza domestica dove intervengono generalmente violenza fisica, psicologica, sessuale, economica e a volte spirituale. Violenze diverse possono essere fra loro connesse; la violenza contro le/i figlie/i, ad esempio, è spesso accompagnata da violenza domestica contro la madre. La posizione degli uomini e delle donne rispetto a questo fenomeno non è equivalente: le donne figurano molto più spesso come vittime e gli uomini come responsabili; alcune forme di violenza vengono agite quasi esclusivamente sulle donne (stupro). La violenza può assumere forme diverse, accadere in molti contesti e relazioni. La violenza contro le donne esiste, è diffusa e non appare affatto in diminuzione. Le donne sono vittime di diverse forme di violenza: nella quotidianità, nella vita domestica e in circostanze particolari come “lo stupro di guerra”. La violenza contro le donne è un crimine, ma continua ad essere considerata dagli individui, dalle 19 istituzioni sociali e dagli Stati come una questione privata, si circoscrive nella sfera privata un crimine di ordine pubblico. La violenza contro le donne è un fenomeno molto esteso. “Secondo il rapporto di Sheila Henderson, presentato al Comitato per l’eguaglianza tra donne e uomini presso il Consiglio d’Europa (Lienderson, 1997), almeno una donna su cinque subisce nel corso della sua vita uno stupro o un tentativo di stupro; una su quattro fa l’esperienza di essere maltrattata da un partner o ex partner; quasi tutte le donne hanno subito una o più molestie di tipo sessuale: telefonate oscene, esibizionismi, molestie sul lavoro e così via”. (P. Romito, La violenza di genere su donne e minori, Franco Angeli 2000). Le donne subiscono violenza dagli uomini. Non tutti gli uomini naturalmente usano violenza contro le donne ma si tratta comunque di “violenza di genere” cioè violenza di uomini contro donne e bambine. Gli uomini usano per lo più la violenza per mantenere o rafforzare il loro potere nei riguardi delle donne o per bloccare un regresso di questo potere. La violenza di genere è rimasta a lungo invisibile: avveniva nell’ombra in quanto coincideva con i valori dominanti, le tradizioni e le leggi a tal punto da rendere il fenomeno un fatto naturale, comune, normale! La violenza contro le donne come priorità sociale e sanitaria (di Antonella Graziadei, Enrico Materia) «Siate il cambiamento che vorreste vedere nel mondo» diceva Ghandi. La violenza contro le donne è un problema molto diffuso con gravi conseguenze sociali e sulla salute La donna nel mondo fisica e psichica delle donne. Si ripercuote per generazioni. E impone un cambiamento. Miriam, Sonia, Maria, Grazia, Rossana, Rosalia, Anna, Teresa, Roberta, Shanaz Begum, Eleonora, 20 sono alcuni nomi di donne uccise non la conoscono o in tanti casi negli ultimi mesi da mariti, fidan- non la riconoscono. zati, compagni. Per affrontare alla radice il proEleonora aveva solo 16 anni ed blema è necessario che il tema è stata ammazzata con tre colpi di della violenza di genere sia insepistola, stava andando in bicicletta rito nelle agende dei Governi, che a trovare la nonna. ci sia un’assunzione di responA sedici anni il futuro ti sorride, sabilità da parte di tutte le Istituvivi la vita con spensieratezza, so- zioni. Quando una donna viene gni l’amore, ti fidi degli altri, credi picchiata, strangolata, accoltellata, a chi dice di amarti. acidificata, bruciata, lo Stato, l’inLa vita di Eleonora e i suoi sogni tera collettività, è colpevole. sono stati bruciati da tre proiettili. A conferma di ciò va ricordato E mentre i quotidiani, la tv e la quanto emerso nel corso della radio dedicano tempo, parole, prima Conferenza Internazionale dibattiti, servizi al sulla violenza contro campionato di calcio, le donne nell’ambiinterrogandosi sulla to della Presidenza A sedici anni qualità dell’arbitragItaliana del G8 nel il futuro ti sorrigio o sul giocatore 2009. In quella sede de, vivi la vita con più in forma, il tema è stata affermata la spensieratezza, sodella violenza contro necessità di educare gni l’amore, ti fidi le donne è trattato dai tutte le società ai vadegli altri, credi a media, tranne poche lori dell’uguaglianza chi dice di amarti. eccezioni, con supersenza distinzione di ficialità e approssima“sesso, religione, razzione come se non ci za, lingua, opinioni riguardasse, come se politiche, condizioni la vita di Eleonora, la vita di tutte personali e sociali e di creare una le altre donne umiliate, picchiate, grande alleanza tra tutti i Governi maltrattate, uccise da uomini vio- e la società civile per porre fine a lenti fosse un problema lontano ogni forma di violenza contro le da noi, dalla nostra società. donne”. “ “ La violenza contro le donne è un problema globale e come tale deve essere affrontato; è un problema degli uomini che agiscono con violenza e degli uomini che non sono violenti; delle donne vittime di violenza che con coraggio la denunciano e delle donne che L’OMS considera la violenza di genere come una priorità per la sanità pubblica e una violazione dei diritti umani: un problema troppo spesso ignorato o sottostimato, anche perché una delle forme più comuni di violenza è quella domestica. 21 L’OMS definisce la violenza come “l’uso intenzionale di forza fisica o di potere, minacciato o messo in atto… che causa o che ha un’alta probabilità di causare lesioni, morte, danno psicologico, difficoltà nello sviluppo o deprivazione”. Molte le forme di violenza subite dalle donne: l’abuso sessuale, fisico ed emozionale da parte del partner intimo o di altri membri della famiglia, la persecuzione (stalking), le molestie sessuali o l’abuso da parte di figure d’autorità, la tratta per lavoro forzato o sessuale, nonché le pratiche tradizionali come matrimoni imposti o di bambine, mutilazioni genitali femminili, delitti d’onore, e gli abusi sessuali sistematici in La donna nel mondo situazioni di guerra. Come dimostra lo studio dell’OMS sulla salute delle donne e la violenza domestica condotto in 10 paesi, tra il 15% (in Giappone) e il 71% (Etiopia rurale) delle donne hanno subito violenza fisica o sessuale da parte del marito o di un partner. L’ISTAT riporta che in Italia, nel 2006, quasi sette milioni di donne – tra i 16 e i 70 anni – sono state vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita. Il sommerso è elevatissimo ed è consistente anche la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite. Ciò accade perché la donna anche se vittima si sente in colpa e ha difficoltà a ri- 22 conoscere la violenza subita come L’OMS enumera i fattori indivireato. duali, familiari, della comunità e Le conseguenze sulla salute del- della società che accrescono il la violenza di genere sono gravi e rischio di violenza contro le donpoco conosciute, nonostante esi- ne: bassa posizione socioeconosta un’estesa letteratura sul tema. mica e istruzione; dipendenza da Tra le morti da violenza contro sostanze; cattivo funzionamento le donne vanno annoverati i de- della famiglia; marcata disegualitti d’onore (5.000 l’anno in tutto glianza di genere nella comunità il mondo), i suicidi, gli infanticidi e scarsa coesione sociale; società di femmine e le morcon norme che confeti materne da aborto riscono insufficiente insicuro. In Italia, un autonomia alle donne La prevenzione omicidio su quattro e restrizioni sul divordella violenza doavviene in famiglia zio. vrebbe prevedere e il 70% delle vittiLa prevenzione delinterventi che aume sono donne. Gli la violenza dovrebbe mentino l’istru“omicidi passionali”, prevedere interventi zione. sempre più frequenti, che aumentino l’istruesprimono il “declino zione e le opportunità dell’impero patriarper le donne e le racale” e, antropologicamente, non gazze, e che riducano le diseguasi discostano dalla lapidazione glianze di genere. Nonché prodell’adultera prevista da alcune le- grammi per i ragazzi che crescono gislazioni arretrate. Il modo spes- in famiglie con violenza domestiso giustificatorio in cui i media ca, in quanto vi è un rischio magriportano le notizie degli omicidi: giore che diventino adulti violenti. Il sistema sanitario dovrebbe im“accecato dalla gelosia…”, “con il diavolo in corpo…”, “dopo la lite pegnarsi meglio e di più per ridurlei lo lascia e lui la uccide…” tradi- re le conseguenze della violenza di sce la radicata solidarietà maschile genere, sia sul piano assistenziale che organizzativo. a difesa del potere di genere. “ “ 23 Contro lo sfruttamento delle donne Lettera aperta della Comunità Rut (fonte NotiCum - Marzo 2011) Caserta, 27 gennaio 2011 «Se verrete a conoscere chiaramente che sono in pericolo la salvezza e l’onestà delle figliole, non dovrete per niente consentire, né sopportare, né aver riguardo alcuno, se non potrete provvedere voi, ricorrete alle madri principali e, senza riguardo alcuno, siate insistenti, anche importune e fastidiose» (S. Angela Merici) D Da anni, insieme a tre mie consorelle (suore Orsoline del S. Cuore di Maria), sono impegnata in un territorio a dire di molti “senza speranza”. Un territorio, quello caser- La donna nel mondo tano, sempre più in ginocchio per il suo grave degrado ambientale, sociale e culturale, dove anche la piaga dello sfruttamento sessuale, perpetrato a danno di tante giovani donne migranti, è assai presente con i suoi segni di violenza e di vera schiavitù. Come donna, come consacrata, provocata dal Vangelo di Gesù che parla di liberazione e di speranza, insieme alle mie consorelle ho scelto di farmi presenza amica accanto a queste giovani donne straniere, spesso minorenni, per offrire loro il vino della speranza, il pane della vita e il profumo della dignità. Oggi, osservando il volto di Susan chinarsi e illuminarsi nel volto del suo piccolo Francis, scelto e accolto con amore, ripensando alla sua storia, una tra le tante storie accolte, la quale ancora bambina (16 anni) si è trovata sulle nostre strade come merce da comprare, da violare e da usare da parte di tanti uomini 24 italiani, sono stata assalita da un re Erode, il Battista gridò con tutsentimento di profonda vergogna, ta la sua voce: “non ti è lecito, non ma anche di rabbia. ti è lecito!” Anch’io oggi, anche a Ho sentito il bisogno, come don- nome di Susan, sento di alzare la na, come consacrata e come citta- mia voce e dire ai nostri potenti, dina italiana, di chiedere perdono a agli Erodi di turno, non ti è lecito! Susan per l’indecoroso spettacolo Non ti è lecito offendere e umiliare a cui tutti, in questi giorni, stiamo la bellezza della donna; non ti è leassistendo. E non solo a Susan, ma cito trasformare le relazioni in meranche alle tante donne che hanno ce di scambio guidate da interessi trovato aiuto e liberazione e alle e denaro; e soprattutto oggi non ti tante, troppe, donne ancora schia- è lecito soffocare il cammino dei ve sulle nostre strade. Ma anche ai giovani nei loro desideri di autennumerosi volontari e ai tanti giova- ticità, di bellezza, di trasparenza, di ni che insieme a noi religiose cre- onesta; tutto questo è il tradimendono nel valore della to del Vangelo, della persona, in particolare vita e della speranza! Numerosi volondella donna, riconoMa davanti a quetari e ai tanti giovasciuta e rispettata nella sto spettacolo una ni credono nel vasua dignità e libertà. domanda mi rode lore della persona, Sono sconcertata dentro: dove sono gli in particolare della nell’assistere come da uomini, dove sono i donna. “ville del potere” almaschi? Poche sono cuni rappresentanti le loro voci, anche dei del governo, eletti per credenti, che si alzacercare e fare unicamente il bene no chiare e forti. Nei loro silenzi per il nostro Paese, soprattutto in c’è ancora troppa omertà, nascoun momento di così grave crisi, of- sta compiacenza e forse sottile fendano, umilino e deturpino l’im- invidia. Credo che dentro questo magine della donna. Inquieta nel mondo maschile, dove le relazioni vedere esercitare un potere in ma- e i rapporti sono spesso esercitati niera così sfacciata e arrogante che nel segno del potere, c’è un granriduce la donna a merce e dove fiu- de bisogno di liberazione. mi di denaro e di promesse intrecE allora grazie a te Susan, sorella ciano corpi trasformati in oggetti di e amica, per aver dato voce alla mia godimento. e nostra indignazione, ora posso, Di fronte a tale e tanto spettacolo come donna consacrata e come l’indignazione è grande! cittadina, guardarti negli occhi e Come non andare con la mente insieme al piccolo Francis respiraall’immagine di un altro “palazzo re il profumo della dignità e della del potere” dove circa 2000 anni fa libertà. Suor Rita e sorelle comunità Rut al potente di turno, incarnato nel “ “ 25 Donne occidentali... di Debra Coletti “ «… Negli occhi hanno gli aeroplani per volare ad alta quota dove si respira l’aria. E la vita non è vuota…». “ La donna nel mondo Zucchero “ «Donna sei acqua e sei fiamma donna paura, donna allegria donna saggezza, donna follia e a volte nuvola sei...». “ S «Scusa il ritardo… sono appena arrivata dal lavoro! Ma te guarda! Ho la maglia macchiata! Saraaaa!!! Inizia a fare i compiti! Scusa, se mi dai un attimo metto a nanna Luca così poi sono tutta per te! Guarda che disordine… Chi ha lasciato le scarpe in sala?! Ops… aspetta che rispondo al telefono… ». Donne… Indaffarate, sempre di corsa, con mille pensieri per la testa, donne tutto-fare, con il tempo contato e che non è mai abbastanza! Donne che si rimettono continuamente in gioco, donne forti, con storie più o meno difficili alle spalle, donne che nonostante abbiano mille cose da fare trovano il tempo di farne mille e una, donne che non sanno dire di no, che sorridono, piangono, si arrabbiano, che sanno chiedere scusa. Donne che cercano il successo, Branduardi che vogliono sentirsi realizzate, che sanno di poter dare tanto. Che vogliono tanto! Spesso, quella dell’ambizione, è una critica che ci viene rivolta… Io invece la trovo una cosa bellissima. Ambizione non significa soltanto brama di potere, ma è anche aspirare a un miglioramento, voler essere migliori per se stessi e per gli altri. Non è stupendo poter SCEGLIERE?! Scegliere di poter essere ciò che si vuole veramente?! Nella nostra società, in crisi, dove se non hai i soldi spesso non sei nessuno, dove si fa fatica ad arrivare alla fine del mese, dove il solo fatto di essere donna a volte ti penalizza, noi POSSIAMO essere ciò che scegliamo di essere. So che può sembrare un controsenso, ma, anche se dovendo lottare e non senza un po’ di fatica, noi possiamo ancora sognare. Oscar Wild diceva: «Fornite alle donne occasioni adeguate e le 26 che nessuno fermerà!». Neri per caso “ donne potranno fare tutto!, e secondo me, non aveva tutti i torti! Mi guardo intorno cercando, ingenuamente, di trovare un aggettivo, una caratteristica che accomuni noi, donne occidentali. Dalla mia finestra osservo: chi porta scarpe da ginnastica, chi stivali fino al ginocchio, chi ha i tacchi più o meno alti, jeans, minigonne, tuta, leggins, calze, maglie più o meno accollate, corte, lunghe, nere, bianche, colorate… Capelli raccolti, lunghi, corti, ricci, lisci… Borse più o meno grandi, con dentro di tutto! Mi rendo conto che è impossibile. Ed è questo poter essere “diverse” la nostra ricchezza. Perché questa diversità garantisce anche la nostra singolarità, ci permette di poter essere noi stesse in un mondo dove questo non sempre è scontato e dove spesso si punta all’omologazione. E noi, questo diritto, lo dobbiamo difendere. Donne… «…siamo così! È difficile spiegare…». 27 “ «Le donne lo sanno che niente è perduto che il cielo è leggero però non è vuoto le donne lo sanno le donne l’han sempre saputo. … Vogliono ballare un po’ di più vogliono sentir girar la testa vogliono sentire un po’ di più un po’ di più …». “ “ «…sono treni in corsa Ligabue La donna in Albania S di suor Edvige Carocari Sono da 10 anni missionaria in Albania e sono felice di essere qui tra questa gente! Le prime suore sono venute qui nel 1907, poi dopo il rientro in Italia nel tempo del regime comunista siamo ritornate nel 1991. In modo particolare chiamate dalla situazione in cui vivevano le donne e le giovani in questa terra. Ci sono poche città tra cui la capitale, Tirana, urbanizzate, il resto della superficie della nazione è costituita da villaggi e quindi un ambiente rurale, dove le donne quasi sempre sono sottomesse al marito o alla famiglia di lui. Personalmente sono vissuta due anni a Scutari, erano i primi anni della mia esperienza missionaria, dal 2004 vivo a Tirana nella capitale, che molti dicono una “città sviluppata” alla stregua di un’altra città europea… non è così, a prima vista può sembrare quando si passeggia per le vie principali della capitale, perché si vedono palazzi, vetrine con le più grandi firme, macchine di un certo tipo, le più moderne… ma se appena ti inoltri dietro l’angolo di un palazzo puoi trovare la povertà morale, culturale… le donne lavorano, sacrificano tanto della loro vita, molte volte sono loro che mantengono i figli con un lavoro anche mal retribuito La donna nel mondo e senza contratto regolare… tante volte il marito non c’è, oppure c’è, ma come se non ci fosse, fa uso di alcool, abusa sulla propria moglie e pure sui propri figli/e…! Capita di trovare donne vedove in giovane età, purtroppo anche donne in carcere per omicidio… non ce la facevano più nel sopportare la violenza del marito e allora… Le mamme con i loro figli non hanno ideali, manca loro un po’ di speranza, che le motivi a vivere, dalla società non sono considerati, sono emarginati! Le famiglie di cui sto parlando vivono a Tirana, ma sono di origine dei paesi lontani per lo più del nord-Albania, villaggi dispersi nelle montagne… sono scese in città pensando di trovare l’“America” invece si trovano a vivere una situazione ancora più triste di prima! Al villaggio avevano una casa, un pezzo di terra un orto, delle galline, una capretta, l’essenziale per vivere! Mentre qui a Tirana si stabilizzano molte volte su un terreno abusivamente, senza documenti… magari non sono nemmeno iscritti all’anagrafe… senza possibilità di assistenza sanitaria... Noi suore cerchiamo di sostenere queste donne che a volte non sanno come fare con i propri figli, 28 soprattutto nell’educazione! Offriamo loro la possibilità di studiare, di frequentare il nostro Centro, il doposcuola e il sostegno scolastico, le attività del tempo libero, sport… con molta fatica riusciamo a motivare i ragazzi al valore dello studio, anche i più grandi! Nel momento in cui ci riusciamo per noi è una grande vittoria! La cultura e l’educazione cambieranno il mondo! A Tirana c’è di tutto, è la città delle grandi contraddizioni. Queste donne con i loro figli faticano ad inserirsi nel sociale, sono esclusi, sono i migrati alla capitale. I disagi che vivono questi ragazzi tra i compagni non sono proprio presi in considerazione dalle insegnanti delle scuole! Noi cerchiamo di dare loro fiducia, che si sentano in un ambiente che li accoglie e per noi è pure una sfida l’integrazione tra loro e gli altri. Accogliamo anche delle giovani studenti che vengono a Tirana per lo studio universitario, sono giovani donne che fino a ieri si trovavano di fronte a un mondo rurale, ora iniziano loro a fare le scelte, iniziano a gestirsi la vita, a noi l’impegno di accompagnarle in questo cammino, fare in modo che valorizzino l’opportunità dello studio che la loro famiglia con tanto sacrificio offre loro. Sono ragazze cristiane e con loro facciamo anche un certo cammino di fede. Tirana inebria le persone e le giovani devono avere convinzioni ben salde per poter superare varie difficoltà che incontrano nel loro quotidiano. «Se educhi un uomo educhi una persona, se educhi una donna educhi una famiglia intera» è proprio così! Io credo e sono pienamente convinta che la cultura e l’educazione sono le schede vincenti, anche per le nostre giovani donne dell’Albania e per il futuro migliore di questa nostra società. Continuiamo a vivere la missione così con questa speranza! 29 Donne in Africa La donna nel mondo 30 Donna al potere in Africa U Un passato numero di “Nigrizia” – mensile dell’Africa e del Mondo nero – sottopone ai lettori un argomento stimolante: “Africa, cioè donna”. Tralasciando l’introduzione nella quale si evidenziano soprattutto le statistiche e la situazione generale, racchiusa quest’ultima nel sotto titolo che recita testualmente, “pur penalizzata dal peso della tradizione e dei ruoli sociali, la donna africana è sempre più protagonista; regge l’economia informale, gestisce la famiglia, s’impone gradualmente negli spazi maschili”, vengono presentati, nel proseguimento della relazione, le biografie e gli impegni di un consistente numero di loro, provenienti da tutti gli stati del Continente. Troviamo quindi rappresentanze che vanno dal Marocco all’Algeria, dalla Nigeria al Kenia e via. I nomi, di queste signore, sono ignoti ai più sebbene il loro pensiero e il loro impegno sarebbero meritevoli di maggior conoscenza, anche per i risultati che stanno ottenendo e per le cariche che sono riuscite a conquistare nei vari campi. Dovendo fare una scelta ho dovuto pescare nel mucchio. Pur sapendo che ognuna sarebbe meritevole della vostra maggior at- tenzione, riporterò quanto ci dice Leonora Miano, camerunese oggi trentottenne, scrittrice: “Ho avuto degli ostacoli fin dall’inizio con il mio romanzo d’esordio “L’interieur de la nuit” (titolo in italiano “Notte dentro”) per i temi da me affrontati. Se avessi scritto altro non avrei avuto discriminazioni ma così… Del resto non penso che la donna ora sia veramente liberata; quando si vede il corpo femminile usato per la pubblicità ci si rende conto che le donne sono considerate soprattutto come oggetti carini, non certo come soggetti 31 Africa pensanti. Il femminile e il maschile dovrebbero armonizzarsi ma l’ordine patriarcale la fa da padrone perciò bisognerà ristabilire il giusto equilibrio. Potrò essere accusata di femminismo ed è anche vero ma se gli uomini sono rinchiusi in un’immagine di mascolinità, costituita dalle culture, bisogna farli uscire. Se mi dicono, però, di fare loro la guerra dico No, come dico C No al continuare a piangerci addosso considerandoci eterne vittime. Dobbiamo ricercare giustizia e libertà senza odio trovando un equilibrio in modo che ciascuno si possa realizzare. Abbiamo bisogno gli uni delle altre”. È un’utopia? Credo proprio di no. Le cose lentamente stanno andando per il giusto verso. Mario Bottegal Crescono le figure di riferimento trona è andata al nome indicato femminili all´interno della società dagli Stati Uniti. Resta agli atti però Capi di Stato, economiste, premi che quel candidato era una donNobel: vincono sfidando i pregiu- na, un´africana: la nigeriana Ngozi dizi. Okonjo-Iweala, ministro delle FiIn Africa è l´ora delle matriarche. nanze del suo Paese. Non sarà preDonne leader, donne che coman- sidente della World Bank, ma resta dano, figure di riferimento della una delle personalità politiche più società. Donne di potere, anche. potenti del continente. In Liberia è stata rieletta per un Perfino tra i Tuareg, la cui cultura secondo mandato di tradizionale è considesei anni la presidente rata tra le più patriarcaEllen Johnson Sirleaf, li e maschiliste d’AfriDonne leader, prima africana della ca, spicca – unica dondonne che costoria a capo di uno na – la figura di Nina mandano, figure Stato. Wallet Intalou, bella e di riferimento delIn Malawi le si affiera dirigente del Mola società. fianca adesso Joyce vimento di liberazione Banda, succeduta al nazionale dell’Azapresidente Muthariwad, che ha proclaka, stroncato da un infarto. Il mese mato di recente una repubblica scorso, con una mossa anch´essa indipendente nel nord del Mali. In senza precedenti storici, i Paesi in questo periodo, riferisce un´inviata via di sviluppo hanno presentato di Le Monde da Nouakchott, la caun loro candidato alla presidenza pitale mauritana, la casa di Nina è della Banca Mondiale. L´iniziativa un crocevia di nazionalisti Tuareg ha avuto vita breve e ancora una e diplomatici europei. Lei tesse le volta, secondo tradizione, la pol- fila. È una donna celebre e chiac- “ “ La donna nel mondo 32 chierata, alla quale sono stati attribuiti in passato numerosi amanti altolocati: tra di essi il libico Gheddafi, illazione che Nina smentisce con sdegno. Non manca, in questo pantheon femminile africano, l´alloro del Nobel per la Pace. Nel 2011 ha incoronato tre donne, due delle quali – oltre alla yemenita Tawakkul Karman (nella foto) – sono africane: Johnson Sirleaf e Leymah Gbowee, militante pacifista, anche lei liberiana. Erano state precedute nel 2004 dalla keniana Wangari Maathai, recentemente scomparsa. Tawakkul Karman cani: sono le donne – e le ragazze – a raccogliere la legna, a trasportare l´acqua, a cucinare, ad accudire i piccoli. Senza il lavoro delle donne l´Africa si fermerebbe. La nostra visione dell´Africa fa molta fatica ad emanciparsi dagli stereotipi; ma quando si tratta di donne questi luoghi comuni sono a loro volta confusi e Non è quindi sorcontraddittori. Sappiaprendente che persomo infatti che quasi Senza il lavone come Johnson Sirovunque nella società ro delle donne leaf, Joyce Banda o le africana la donna è rel´Africa si fermealtre si siano distinte legata in una posizione rebbe. negli anni all´interno subalterna, subordinadelle loro società, ta, sottomessa, anche come attiviste, militanse un po´ ovunque c´è ti, professioniste; ma quello che è chi si ribella contro questo stato di straordinario è che siano riuscite a cose. Ma sappiamo anche che la primeggiare, ad assurgere a posidonna è la forza trainante della sozioni di eminenza assoluta. È stata, cietà e dell´economia, che il lavoro per ciascuna di loro, una battaglia. agricolo è quasi sempre affidato a lei, così come il piccolo commer- Contro pregiudizi, mariti violenti, cio, così come la sussistenza delle superiori che ne hanno sfruttato il famiglie rurali, che costituiscono la carisma tentando poi di ricacciarstragrande maggioranza degli afri- le nell’anonimato della sconfitta; “ “ 33 Africa e anche contro la solitudine e le per le sconvolgenti vicende politidebolezze personali; contro la de- che della Liberia, segnate a partire vastante fatica di essere insieme dal 1989 da due devastanti guerre buone madri e protagoniste della civili; sia per la storia personale scena pubblica; contro l´impegno della protagonista e della sua lotta di doversi sempre diper sfuggire alla sorte mostrare all´altezza che la voleva confinata “malgrado” il fatto di per sempre nel ruolo Un vecchio sagessere donne. sacrificale di moglie e gio predisse che I lettori italiani handi madre: sposa a 17 un giorno sarebno a disposizione da anni, madre di quattro be stata grande. pochi giorni l´automaschi prima di combiografia della capofipierne 23. la di questa piccola ma Racconta la Sirleaf illustre, e crescente, schiera di ma- che quando era nata da pochi giortriarche: Un giorno sarai grande, di ni “un vecchio saggio” predisse Ellen Johnson Sirleaf (traduzione che un giorno “sarebbe stata grandall´inglese di Francesco Regalzi, de”. L´aneddoto rimase oggetto Add editore). di scherzi e di battute nel lessico È un libro nel quale si avverte, famigliare per anni, quando nulqui e là, che è stato scritto con fi- la lasciava presagire il luminoso nalità politiche da una leader che destino di Ellen. Eppure il vecchio esercita tuttora responsabilità di saggio aveva visto giusto. statista: è, in certi passaggi, apoloMorale: donne africane, la vostra getico. Ma nell’insieme è un libro fortuna dipende da voi. Pietro Veronese che si divora come un romanzo, sia “ “ La donna nel mondo 34 Il Nobel per la Pace 2011 assegnato a tre donne T Tre donne, due delle quali africane, hanno ricevuto il premio Nobel per la pace 2011 “per la loro lotta non violenta a favore del processo di costruzione della pace”: Ellen Johnson Sirleaf, presidentessa della Liberia, la sua concittadina Leymah Gbowee, avvocato impegnato per i diritti femminili premiate insieme all’attivista yemenita Tawakkul Karman. La commissione norvegese si è augurata che l’assegnazione del premio alle tre esponenti femminili, di cui due africane , “aiuti a porre fine all’oppressione delle donne, che ancora esiste in molti Paesi, e a realizzare “il grande potenziale” che le donne possono rappresentare per la pace e la democrazia. Ellen Johnson-Sirleaf, attuale presidente della Liberia e prima donna a rivestire questo incarico nel continente africano, era uno dei nomi più probabili girati per l’assegnazione del riconoscimento. È stata premiata insieme alla sua connazionale Leymah Gbowee, pacifista e avvocato, che ha mobilizzato le donne africane contro la guerra civile che ha sconvolto per anni la Liberia. Con loro divide il riconoscimento una rappresentante della “primavera araba”, l’attivista yemenita Karman, volto della protesta yemenita contro il regime di Ali Abdullah Saleh. “Tawakkul - ha spiegato la Commissione - ha svolto un ruolo primario nella battaglia per la pace e la democrazia in Yemen”. Johnson-Sirleaf (nella foto), arrivata al potere nel 2005, è impegnata nella ricostruzione del suo paese devastato da 14 anni di guerra civile, che ha causato la morte di 250.000 persone. Di formazione economista, con un Master in public administration conseguito ad Harvard nel 1971, Johnson-Sirleaf parte in esilio a Nairobi, in Kenya, nel 1980, dopo il rovesciamento dell’allora presidente William Tolbert. Torna in patria solo nel 1985, per partecipare alle elezioni del senato della Liberia, ma quando accusa pubblicamente il regime militare, è condannata a dieci anni di prigione. Rilasciata dopo poco tempo, si trasferisce a Washington e torna in Liberia solo nel 1997 nel ruolo di economista, lavorando per la Banca mondiale e per la Citibank in Africa. Corre per la prima volta alle presidenziali contro Charles Taylor nel 1997, ma raggiunge solo il 10 per cento dei voti, contro il 75 per cento di Taylor, che poi l’accusa di tra- 35 Africa Johnson-Sirleaf dimento. Dopo la sua vittoria alle elezioni del 2005, Johnson-Sirleaf pronuncia uno storico discorso alle camere riunite del Congresso degli Stati Uniti, chiedendo il supporto americano per aiutare il suo paese a “divenire un faro splendente, un esempio per l’Africa e per il mondo di cosa può ottenere l’amore per la libertà”. JohnsonSirleaf è madre di quattro figli (due vivono negli Usa e due in Liberia) e ha sei nipoti, alcuni dei quali vivono ad Atlanta. Leymah Gbowee, avvocato, è una militante pacifista e nonviolenta che ha contribuito a mettere La donna nel mondo fine alle guerre civili che hanno dilaniato il suo paese. Minuta, di carnagione chiara (per questo è soprannominata “rossa”), la Gbowee ha da poco pubblicato la sua autobiografia, “Mighty be our powers: how sisterhood, prayer, and sex changed a nation at war”. Tra le iniziative più note dell’attivista, di etnia kpellè, nota anche come la “guerriera della pace”, va ricordato “lo sciopero del sesso”, un’iniziativa che costrinse il regime di Charles Taylor ad ammetterla al tavolo delle trattative per la pace. Ad appena 32 anni, esattamente come quelli del potere del presi- 36 dente yemenita Ali Abdallah Saleh, sott’occhio un articolo, riguardanl’attivista yemenita Tawakkul Kar- te la proposta di conferire il Nobel man ha tre figli e molto coraggio: per la pace dell’anno scorso (2011) in poco tempo è divenuta la leader alle donne d’Africa. L’autrice è una della protesta femminile contro il missionaria comboniana africaregime yemenita. Giornalista e fon- na di nome Elisa Kidanè. Il titolo datrice dell’associazione “giorna- dell’articolo è già un invito a legliste senza catene” è militante nel gerlo: Se lo meritano! Senza tante partito islamico e conservatore Al metafore in esso viene affermato, Islah, primo gruppo di opposizio- fin dall’inizio, che la donna è la ne. Nel gennaio di quest’anno era spina dorsale dell’Africa. Riporto stata arrestata dalle autorità yeme- fedelmente: «da sempre reggono nite, costrette poi a rilasciarla sot- sulle proprie spalle il continente. to la pressione delle (…) Ogni giorno, mimanifestazioni in suo lioni di mani femminili sostegno, che hanno sorreggono, accarezzaOgni giorno, portato in strada mino, cullano l’umanità milioni di mani gliaia di persone. ferita dei loro popoli». femminili sorreg«È un premio per Continuando nell’artigono, accarezzame, ma soprattutcolo si evince che non no, cullano l’umato per tutte le donera per niente scontanità ferita ne dello Yemen”, ha to che il premio fosse commentato a caldo dato a loro in quanto: con gioia Karman, che «nonostante il loro ha dedicato la vittoria ruolo determinante ai militanti della primavera araba. A nella compagine storica, economilei sono andate le felicitazioni via ca e sociale, le donne sono ancora twitter del ciber-attivista egiziano relegate nei villaggi, sottomesse Waël Ghonim, icona della rivo- alla mentalità patriarcale, rassegnaluzione Facebook citato spesso te alla miseria e all’ignoranza». come possibile candidato al preAlla fine hanno vinto, grazie alla mio: “Come arabo sono fiero di determinazione delle più decise e questa vittoria meritata”, ha scritto all’appoggio internazionale il Nosu twitter, aggiungendo che “il no- bel è stato assegnato proprio ad stro vero premio è che i nostri Pae- esse. Una delle vincitrici è stata si siano più democratici e rispetto- Ellen Johnson Sirleaf presidente si dei diritti umani». della Liberia dal 2005. È giunta a questa carica dopo anni d’intenso *** impegno, durante il quale ha patito innumerevoli persecuzioni, che Sfogliando un vecchio numero l’hanno vista anche in carcere e in del Mensile Nigrizia mi è capitato esilio. È stata denominata “Signora “ “ 37 Africa di ferro” per avere con grande im- tivi che l’hanno generata. Nonopegno preso in mano la ricostru- stante tutte le penalizzazioni date zione del suo paese dopo 14 anni dalla tradizione e dai ruoli sociali, di guerra civile, estrela donna africana sta mamente cruenta, che prendendosi il proprio ha lasciato sul terreno spazio anche quello Storie che nesben 250.000 morti. tradizionalmente masun telegiornale Storie da raccontaschile. racconta perché re, comunque, ce ne Leggo in un altro nusembrano “minisarebbero a volontà. mero alcune statistime”. Storie che nessun teche: le donne rapprelegiornale racconta sentano il 70% della perché sembrano “miforza agricola, produnime”: «storie di doncono l’80% delle derne contadine, di semplici mamme, rate alimentari e ne gestiscono la di avvocatesse che sfidano i regimi vendita per il 90% però la percenper difendere altre donne, di eroi- tuale di donne salariate nei settori ne pronte ad organizzare disobbe- non agricoli è tra le più basse del dienze politiche per chiedere pane mondo, solo 8,5%. e avere giustizia o a creare coopeConsola il fatto che il cammino è rative e infrastrutture per non la- lento ma c’è e siamo fiduciosi che sciar morire il paese». in un futuro, abbastanza prossimo, È facile e soprattutto comodo ci saranno dei grossi cambiamenti. pubblicare la miseria altrui, anche Speriamo. in prima pagina e tacere sui moMario Bottegal “ “ La donna nel mondo 38 Donna, Sorella mia Suor Lucia Zerbo, missionaria in Etiopia, ha lavorato nella missione dai Gumuz. Vi riportiamo un suo scritto nato dall’incontro con le giovani, di quella etnia, che ancora sono oggetto di scambio, e che spesso scelgono il suicidio piuttosto che sottomettersi alle scelte della famiglia. Donna, Sorella mia Donna Sorella mia Neonata, bimba, adolescente, maritata, o dalle canizie pronunciate. Pace a te Sorella mia nella tua realtà! Donna Sorella mia Prima che t’incontrassi, mi avevano parlato di te. Mi avevano detto che sei: oggetto di scambio per i tuoi fratelli, spalle irrobustite dal duro lavoro quotidiano, Tu riscatto per risolvere una faida A volte non senza lo spreco del tuo sangue. Donna Sorella mia Poi ti ho incontrata Ho potuto fissare i tuoi occhi Vedere la sofferenza sul tuo viso Ho sentito il tuo silenzio come un forte grido di aiuto Ho visto la tua solitudine quando tutti quelli che credevi ti amassero decidevano della tua vita senza pensare alla tua dignità, alla tua libertà. E tu, Sorella mia, Non avendo possibilità di parola Decidevi di uscire dallo scenario della vita Scegliendo una parola definitiva. La morte. Donna Sorella mia è tempo che tu sappia una cosa... 39 Africa Qualcuno ha udito il tuo grido Ha visto la tua sofferenza Ha capito il tuo diritto negato E ha già dato la vita per te. Il suo nome è Dio Amore Donna Sorella mia Credi Spera E continua ad amare Come solo tu sai fare. Pace a te Sorella mia. Altra poesia Qualunque sia la tua condizione di vita, pensa a te e ai tuoi cari, ma non lasciarti imprigionare nell’angusta cerchia della tua piccola famiglia. Una volta per tutte adotta la famiglia umana. Bada a non sentirti estraneo al mondo: sii un essere umano in mezzo agli altri. Nessun problema, di qualunque popolo, ti sia indifferente. Vibra con le gioie e le speranze di ogni gruppo umano. Fa’ tue le sofferenze e le umiliazioni dei tuoi fratelli di umanità. Vivi a scala mondiale o, meglio ancora, universale. Cancella dal tuo vocabolario le parole: nemico, inimicizia, odio risentimento, rancore... Nei tuoi pensieri, nel tuo desiderio e nelle tue azioni sforzati di essere, e di esserlo veramente, Helder Camara magnanimo. La donna nel mondo 40 Annalena di Dio La vita silenziosa tra i poveri della “giardiniera di uomini” A di Maria Teresa Battistini (Fonte NotiCum - Inserto) - Amava firmarsi nelle lettere agli amici più intimi “Annalena di Dio”. Per questo, in vita e in morte ha voluto essere ‘nessuno’ sullo scenario del mondo, libera di appartenere a tutti gli uomini al di là di ogni razza e di ogni credo, ma soprattutto libera di appartenere alla schiera dei poveri, dei senza nome, di quelli che non contano se non agli occhi di Dio. Alla luce di questa vocazione primigenia alla povertà, dobbiamo interpretare la sobrietà dello stile di vita, le sue scelte concrete di servizio, la sua preghiera, la sua spiritualità del deserto. Non ancora ventenne, folgorata dalla vita e dal messaggio di Gandhi, sottomette il suo corpo alla rinuncia a tutto ciò che non è strettamente necessario: poche ore di sonno, un cibo povero, abiti modesti, discrezione e misura nelle parole, uso attento del tempo senza distrazioni, senza dissipazioni. Sarà questa volontaria e deliberata restrizione dei bisogni sia fisici che intellettuali che le permetterà di innamorarsi dell’uomo ferito. A 19 anni gli orfani del brefotrofio di Forlì, le donne di strada, i disabili sono i suoi primi evangelizzatori: “bruciarono in un incendio d’amore il mio cuore senza saperlo”, scrive. Fa suo il motto di don Milani, “I care” (mi sta a cuore) e aspira solo ad incarnarsi da povera nel solco di un popolo povero per essere come loro e con loro in una vita di comunione e di condivisione. Sogna l’India ma parte per l’Africa: per 35 anni, con rarissime visite in Italia, resterà fedele al suo manipolo di diseredati fondando ambulatori, ospedali e scuole con un’incredibile capacità organizzativa che la faceva pensare in grande, progettare in grande, senza misura nella sua lotta quotidiana, titanica per la liberazione integrale della sua gente dalla malattia, dall’emarginazione e dalla violenza, per farli fiorire ad una vita degna di creature fatte ad immagine di Dio. Donna di azione, Annalena, “giardiniera di uomini”: di giorno si spezza come pane di guarigione per centinaia se non migliaia di malati e come ostia di riconciliazione per gli spiriti bellicosi di gente che non conosce né 41 Africa amore, né perdono. Di notte anche solo per poche ore si ritira nella sua camera come un monaco nella sua cella. Nella storia del popolo di Israele, nelle parole dei profeti, di Gesù e dei salmi legge in controluce la sua storia. Dallo Spirito di quella storia sacra viene rafforzata nelle sue scelte di servizio e riconsegnata ogni mattino alla grazia e alla maledizione di quella terra e di quel popolo incredibile a cui vuole rimanere fedele sino alla morte, perché “essere uomini significa essere responsabili per sempre”. Dal 1984, l’anno del massacro di Wagalla e la cacciata dal Kenya, la sua è ancora una storia di grandi realizzazioni ma anche di persecuzioni, minacce, ricatti. La sua vocazione alla povertà si ridefinisce in una chiamata alla nonviolenza intesa nel senso religioso gandhiano, come la Verità che è Dio stesso, è l’energia della divinità dentro di noi. Anche a Borama la giardiniera di uomini si trova costretta a misurarsi con una realtà umana ancora più dura, ostile, violenta. La persecuzione, le minacce di morte si moltiplicano; i salmi dello scherno divengono la sua preghiera quotidiana. Non si arrende, continua il suo servizio con coraggio, senza paura per la sua vita accanto a quei malati che la comunità vorrebbe allontanare come appestati e maledetti. Annalena non ha cercato il martirio, ha solo inteso vivere la logica sacrificale dell’amore più forte La donna nel mondo dell’odio e della paura. «Vorrei che ciascuno di quelli che amo imparasse a vedere la morte con molta più semplicità. Morire è come vivere. Camminare consiste tanto nell’alzare il piede che nel posarlo… io debbo essere con loro, vivere e morire con loro. Potessi io vivere e morire d’amore. Mi sarà dato?». Profilo di Annalena Tonelli Innamorata dell’uomo ferito Nasce a Forlì il 2 aprile 1943, secondogenita di cinque fratelli, studia legge ed è presidente della Fuci. Dopo la laurea, a 26 anni parte per l’Africa. Nel 1970 è a Wajir, un villaggio nel deserto del nord est del Kenya fra tribù nomadi mussulmane dove, con alcune compagne, può “gridare il Vangelo con la vita” 42 in una piccola fraternità di servizio di minacce e ricatti, affida i suoi e di preghiera sulla scia di Charles progetti alla Caritas italiana nella de Foucauld. persona della dottoressa GrazielDopo i primi anni di insegna- la Fumagalli che dopo pochi mesi mento si dedica ai malati di tu- verrà uccisa. Annalena decide di bercolosi e nel 1976 il governo del tornare ai suoi “brandelli di umaniKenya le affida un progetto pilota tà ferita”: nel 1996 è a Borama nel per il controllo e la cura della tu- Somaliland, stato indipendente a bercolosi che l’Oms nel 1978 riter- nord-ovest della Somalia. Riattiva rà di diffondere in tutti i paesi del l’ospedale, organizza scuole di alTerzo Mondo. fabetizzazione, scuole per ciechi, Nel 1985 viene espulsa dal Kenya sordomuti, dà l’avvio ad una camper aver ostacolato e pagna di sensibilizzacontribuito a denunzione contro le muticiare un’operazione lazioni genitali femmiAnnalena decimilitare che si arresta nili. de di tornare ai ai primi mille morti ma Nel 2001 è chiamata suoi “brandelli di avrebbe portato allo in Vaticano dal Pontiumanità ferita” sterminio un’intera trificio Consiglio per la bù di 50.000 uomini. pastorale della Salute Ritorna in Italia e la per dare la sua testipiccola fraternità si disperde per monianza in rappresentanza del sempre. mondo del volontariato. Nell’apriNel 1987 va in Somalia, un paese le 2003 a Ginevra le viene conferito devastato dalla guerra civile in pie- dall’Alto Commissariato Onu per i no caos istituzionale e in mano ai rifugiati il premio Nansen. Tre mesi signori della guerra. Dà vita a centri dopo, domenica 5 ottobre, appena nutrizionali, sfama migliaia di pro- terminato il giro tra i malati viene fughi, crea ospedali e scuole per colpita a morte. Annalena entra i tubercolosi. Costretta nel 1995 a direttamente nella Vita dalla porta lasciare Merca sotto la pressione della sua Africa amata. “ “ 43 Africa Le suore di Casablanca Comunità di religiose che sanno farsi vere testimoni di un Dio che ama, in terra d’islam L di padre Renato Zilio Le Piccole sorelle di Gesù Il quartiere di rue Jaâfar si presenta povero, popolare, trascurato. Già da lontano, tuttavia, una piccola siepe che cinge il pianterreno di un abitato vi attira: è tutta fiorita, crea un altro clima, anzi, si fa messaggio. Povertà e bellezza possono abitare insieme. Ed è qui che abitano anche loro, le Piccole sorelle di Gesù. Nate nel deserto dell’Algeria come un dono di Dio - quando il deserto sa farsi fecondo - ne portano sempre le caratteristiche quasi i cromosomi di un carisma: semplicità, essenzialità, preghiera e fraternità. Sono distribuite in piccole comunità nel Marocco, ben radicate in mezzo alla gente, seppure di tante nazionalità parlano arabo come tutti e vivono il mistero di Nazareth in terra d’Islam. Oltre la contemplazione e la fratellanza universale, ereditate da Charles de Foucauld. L’Islam non è un’ideologia, vi dicono, ma sono persone che esse incontrano ed amano quotidianamente. E questo traspare in ogni occasione: la vicina di casa secca La donna nel mondo il suo miglio sulla loro terrazza altrimenti sparirebbe, un’altra invece i suoi panni, per non perderli, e poi la piccola sorella, ultima arrivata, desiderosa di fare un duro lavoro di strada... cioè la pulizia del quartiere, per conoscere la gente. Il senso del servizio nelle piccole cose le rende grandi. Indimenticabili testimoni di Dio queste Piccole sorelle! Le Clarisse In un altro quartiere vivono le Clarisse. Un muro alto, bianco, che sembra di recente costruzione, nessuna iscrizione fuori come già facessero parte dell’invisibile: è il monastero delle suore messicane. Ma sarà anche una scoperta sorprendente: appena varcata la soglia, una badessa messicana vi accoglie con un sorriso dolce e spirituale e poi sedendovi, come per un cenno segreto, altre sei si metteranno a sedervisi accanto. Una vi porterà un piccolo vassoio con una bibita e qualche biscotto, un’altra vi sorprenderà con un flash per una foto-ricordo, una terza vi pre- 44 senterà il libro d’oro per raccogliere un messaggio. In questo monastero, oasi mistica di preghiera latinoamericana, sarete accolti come un re. “Il nostro impegno è la preghiera vissuta in questo Paese con i voti di castità, povertà, obbedienza e clausura!”. Queste “donne che pregano” sono una grazia per i cristiani, ma anche testimoni di Dio per il popolo musulmano che le sfiora. Sono segno, in fondo, dell’importanza vitale della presenza di Dio nell’esistenza di un essere umano. Volate qui da altro mondo venticinque anni fa, esse non temono la solitudine, ma piuttosto dimenticare il privilegio del sogno di Chiara d’Assisi: essere preghiera in terra musulmana. Le suore di Madre Teresa In un altro quartiere vi sorprenderà una bella chiesa gotica con le sue altissime guglie, diventata stranamente una moschea. A due passi da qui, le suore di Madre Teresa. Verrà ad aprirvi una giovane con un bimbo tra le braccia e poi un’altra con un pancione, un’altra ancora... sono venticinque ragazzemadri accolte qui con i loro piccoli. Vivono come in una grande famiglia, imparano a stare insieme, a trovare un piccolo lavoro, a far crescere il loro bambino. Ad affrontare una vita, in fondo, che per la società musulmana è una vergogna e una maledizione. Ma per le suore di Madre Teresa sono proprio loro, in fondo, a pronunciare quelle parole scritte in grande in cappella accanto al Cristo crocifisso: “I thirst”. Hanno sete di dignità. Una religiosa vi spiegherà, poi, il lungo cammino di riconciliazione con le rispettive famiglie, quando la mamma della ragazza si presenterà forse un giorno per vedere il bambino... Oppure vi dirà quando recentemente, rimandata a casa dall’ospedale, una ragazza partoriva dalle suore mezz’ora prima della Messa, portando, poi, in cappella il neonato per una benedizione. “Ogni vita è sacra, un dono di Dio: oggi qui l’abbiamo veramente compreso!”. 45 (fonte NotiCum - Dicembre 2011) CASABLANCA, martedì, 16 agosto 2011 Africa Donne in Asia La donna nel mondo 46 India - Guardando al cambiamento N di Giovanna Providenti Nel parlamento indiano la presenza femminile è inferiore persino a quella dell’Italia (penultima in Europa), in cui ci sono 134 donne su 630 deputati, mentre in India sono 59 su 543. Eppure molte e interessanti lezioni ci arrivano da questo subcontinente complesso e ricco di contraddizioni, in cui il 2 luglio 2009 l’Alta Corte di New Delhi ha finalmente riconosciuto anticostituzionale il reato di omosessualità e in cui le donne sono sia nei gradini più infimi della scala sociale sia nei luoghi istituzionali più importanti, da dove si rendono interpreti di progresso. È probabile che nell’Alta Corte di Delhi ha avuto una qualche influenza la presenza tra i giudici di donne aperte come Leila Seth, oggi in pensione, che era stata Chief Justice proprio nell’Alta Corte di Delhi e che nella sua autobiografia “On Balance” si dichiara favorevole ai diritti degli omosessuali. Parlando di donne al potere in India vi sono almeno due cose che non possono essere tralasciate: 1) In India quando le donne ricoprono ruoli decisionali, dal primo ingranaggio del complesso sistema democratico indiano, come i consigli di villaggio, fino alle cariche istituzionali più alte, le condizioni sociali della popolazione migliorano; 2) la donna governatrice o presidente della repubblica o a capo di un partito, da Indira Gandhi a Pratibha Patil a Sonia Gandhi, sembrano aderire bene al simbolico popolare indiano (del testo già intriso di molto divino femminile) ed essere benvolute dalla maggioranza di cittadini e cittadine. Sonia Gandhi Alle ultime elezioni di maggio 2009 si è riaffermato il partito di coalizione governativa, United Progressive Alliance, guidato da Sonia Gandhi, grazie anche al carisma di questa donna nata e cresciuta in Italia prima di sposare, nel 1968, Rajiv Gandhi, figlio della premiere Indira, e assassinato, come la madre, mentre era primo ministro. Oggi il primo ministro riconfermato è Manmohan Singh, sostenuto sia dalla presidente Pratibha Patil che da Sonia Gandhi, la quale ha anche fortemente voluto la nomina alla presidenza della Lock Sabha (Camera Bassa) di un’altra donna, appartenente alla casta degli intoccabili: Meira Kumar, che nel precedente governo di Singh, dal 2004 al 2009, era stata membro del Ministero per la Giustizia Sociale e l’Empowerment e quindi probabile responsabile dei 47 Asia progressi sociali riportati dal rapporto dell’UNFPA. Al momento presente dunque in India ci sono tre cariche istituzionali importanti (presidenza della repubblica, presidenza della Lock Sabha e presidenza del partito di coalizione governativa o UPA) occupate da donne: Pratibha Patil, Meira Kumar e Sonia Gandhi. Proviamo a vederle più da vicino, sperando di non soffrire troppo al confronto delle nostre quattro ministre, di cui due senza portafoglio ed una ex soubrette senza precedente esperienza politica. nendo in carcere con Indira Gandhi nel 1977, non è il suo unico interesse. Nei primi anni Settanta Pratibha Patil, insieme al marito da cui ha avuto anche due figli, ha fondato un centro educativo, Vidya Bharati Shikshan Prasarak Mandal, rivolto a dare opportunità formative alle persone più deboli socialmente. Inoltre Pamil ha fondato e diretto strutture rivolte all’accoglienza e alla formazione universitaria delle donne, una cooperativa per la produzione dello zucchero e la Pratibha Women Cooperative Bank che ha l’esplicito obiettivo di rafforzare il potere Pratibha Patil delle donne. Pratibha Patil, nata Insediandosi nella Per la prima nel 1934 e appartepoltrona presidenziavolta nella storia nente alle fila del le Pamil, non dimendell’India, una partito progressista ticando di ringraziapersona appartedell’alleanza di sinire Sonia Gandhi per nente alla casta stra, ha vinto le ultime averla sostenuta, ha degli ‘intoccabili’ elezioni presidenziaannunciato di volersi è stata eletta preli tenutesi il 19 luglio interessare della legge sidente. del 2007, superando il sullo sviluppo agricoconservatore Bhairon lo proposta dall’UPA e Singh Shekhawat, che del rafforzamento delera stato presidente nei cinque la presenza nei luoghi decisionali anni precedenti. Per salire alla pre- delle donne, sostenendo proposte sidenza della Repubblica Patil ha di legge mirate ad assicurare una lasciato il suo posto di Governa- presenza del 50% di donne nei tora del Rajasthan, che teneva dal consigli di villaggio ed aumentare 2004. Prima era stata, già dagli anni le “quote rosa”» in tutti gli organi Sessanta, deputata nella Camera legislativi. Bassa nazionale e nell’assemblea legislativa del Maharashtra, dove Meira Kumar era stata eletta poco dopo la lauAnche l’altra donna fortemente rea in legge. Ma la carriera politica, sostenuta da Sonia Gandhi, Meivissuta per molti anni dalla parte ra Kumar, durante il suo discorso dell’opposizione di sinistra, e fi- inaugurale in parlamento, non ha “ “ La donna nel mondo 48 dimenticato di collegarsi alle altre donne che l’hanno sostenuta e di ribadire il bisogno di riforme e atti concreti rivolti a migliorare le condizioni sociali e il livello di istruzione delle donne che rimane molto basso, anzi uno dei più bassi di tutto il continente asiatico, specialmente nelle aree remote e nelle campagne. Meira Kumar, 64 anni, membro della comunità dei “dalits” (oppressi) considerati al margine della società tanto da essere esclusi dal mondo del lavoro e dalle attività sociali, in passato impegnata in Sonia Gandhi attività di assistenza umanitaria, dopo essere stata ambasciato- di informarvi che in questa15era a Madrid e a Londra, ha iniziato sima Lok Sabha, il numero delle la carriera politica nel 1985, dive- donne è aumentato... Questi sono nendo 5 volte deputato. indicatori della presenza di un’auNel precedente governo aveva tentica intenzione di rendere la collaborato nel Ministero della posizione delle donne più forte”. giustizia sociale ed ora era già stata nominata ministro delle risorse Che dire sulla ‘nostra’ Sonia Ganidriche da Singh. Nonostante il suo dhi? A settembre 2007 la rivista curricula ha occupato le cronache americana Forbes la ha posiziodi tutti i giornali internazionali in nata al sesto posto nella classifica quanto per la prima volta nella sto- delle donne più potenti del piaria dell’India, una persona appar- neta. Questa donna così potente, tenente alla casta degli ‘intoccabili’ nata a Lusiana (VI) nel 1946 come è stata eletta presidente del Parla- Edvige Antonia Albina Maino e mento. Ma nel suo primo discorso cresciuta in un paese vicino Toriin Parlamento, la neo-presidente no, si è naturalizzata indiana nel Kumar ha preferito rilevare il suo 1983, quindici anni dopo la sua essere donna più che dalit: “Sono unione con Rajiv, per evitare che la profondamente onorata di essere sua cittadinanza italiana potesse in stata eletta la prima donna speaker qualche modo intralciare la politidi questa grande e vibrante demo- ca del marito. Dal 1998 è entrata in crazia che noi abbiamo. Sono lieta politica, ma per favorire il dialogo 49 Asia tra le varie comunità religiose ed panchayat (consiglio del villaggio) etniche e contrastare le pulsioni composto di sole donne. La prima nazionalistiche, ha rinunciato alla misura intrapresa è stata il divieto poltrona di primo ministro. Oggi di fare uso di alcolici e del gutka, detiene un ruolo fondamentale una sorta di tabacco profumato, il nella vita politica indiana, fidando- cui uso è molto diffuso in India tra si delle qualità delle donne e oc- gli uomini, anticipando la decisiocupandosi del loro empowerment ne del governo indiano che a sua ai vari livelli della scala sociale. volta ne ha vietato l’uso in tutto Soprattutto la italo-indiana leader il paese. Oltre a queste misure, il di uno dei partiti di Consiglio del villaggio sinistra più importantutto al femminile, ha ti del mondo sembra intrapreso varie azioSpinte dalla nedavvero in grado di ni per promuovere lo cessità di un camfarsi amare da tutte/i sviluppo, come aiutabiamento e del micittadine/i. re gli abitanti ad apriglioramento delle Del resto l’India è re caseifici, ristoranti, condizioni reali di anche il luogo in cui negozi di alimentari se stesse e di tutta esistono luoghi come ed altre misure rivolte la popolazione. Kavathe Piran. Si tratta a favorire l’occupaziodi un piccolo villaggio ne giovanile. dello stato del MahaDal livello più basso rashtra, nella costa occidentale, del villaggio al livello della più alta in passato conosciuto per essere carica istituzionale le donne indiaun paese di combattenti maschi in ne stanno venendo allo scoperto cui le donne, dedicate quasi esclu- e non lo fanno in nome dell’uguasivamente alle cure della casa in glianza né mostrando di rincorreobbedienza ai mariti e padri, vive- re l’ottenimento di un qualcosa. Lo vano in una situazione di inferio- fanno spinte dalla necessità di un rità. Ma da qualche anno un grup- cambiamento e del miglioramento po di 17 donne ha destituito i capi delle condizioni reali di se stesse e del villaggio e istituito un nuovo di tutta la popolazione. “ “ La donna nel mondo 50 Bangladesh Donne al potere e donne perseguitate S di Francesca Marino Si sono concluse di recente, dopo una delle campagne elettorali più violente e sanguinose della storia recente, le elezioni in Bangladesh. Caratterizzate dallo scontro tra due candidati premier di sesso femminile, sono terminate con l’elezione di Khaleda Zia, vedova del defunto generale Ziaur-Rahman, alla testa di una coalizione di partiti fondamentalisti filo islamici guidata dal Bangladesh Nationalist Party (Bnp). E gli effetti si sono immediatamente fatti sentire. La signora Zia, difatti, è famosa, oltre che per i suoi elegantissimi sari di chiffon francese, per i metodi piuttosto spicci che adopera in politica. Ne sanno qualcosa le minoranze induiste che, nonostante le rassicurazioni ricevute, continuano a essere bersagliate dagli attacchi della maggioranza integralista. E ne sanno qualcosa anche le donne bangladeshi, che temono un ulteriore peggioramento delle loro condizioni di vita. Il fatto che da anni ormai due donne si alternino alla carica di premier a Dhaka non influisce difatti minimamente sulla condizione femminile nel Paese che, secondo un rapporto del Fondo per la popolazione delle Nazioni unite (Unfpa) è la peggiore del subcontinente indiano. Diritti politici impediti. In teoria, difatti, alle donne è riservato per legge il 30 per cento dei seggi in Parlamento, nel maggio del 2000 una donna è stata eletta giudice alla Corte suprema e sono state 51 Asia aperte al sesso femminile le carrie- ze fisiche e psicologiche. re nei gradi ausiliarii delle Forze arNonostante però le donne scenmate. In pratica, nel corso dell’ul- dano in piazza per manifestare timo anno, la Commissione eletto- contro la violenza di cui sono vittirale ha più volte segnalato casi in me, e le attiviste per i diritti umani cui alle donne veniva impedito di cerchino ormai da anni di richiaesercitare i loro diritti politici. mare l’attenzione del governo sul Lo scorso anno Sheikh Hasina, crescente numero dei casi di del’ex premier, si era appellata all’As- pressione e di suicidio al femmisociazione per la cooperazione nile, la situazione non accenna a regionale (Saarc) perché fossero migliorare. presi severi provvedimenti contro Nell’ultimo anno circa 500 donil traffico di donne rapite per es- ne si sono suicidate a causa di disere ridotte in schiavitù o avviate spute coniugali, contese relative alla prostituzione, ma aveva uffi- alla dote, stupri, malattie, povertà cialmente protestato e matrimoni forzati. Ci contro un rapporto sono state, inoltre, nuIl 47 per cento del Dipartimento di merose testimonianze della popolazioStato americano per di violenze perpetrate ne femminile è i diritti umani sostesulle donne arrestate, vittima di stupri, nendo che «non docon almeno tre casi di omicidi e violenze vrebbe essere basato donne che sono state fisiche e psicolosoltanto sui resoconti stuprate dalla polizia. giche. dei giornali e di non Infine, secondo uno meglio identificate asstudio pubblicato sulsociazioni per i diritti la rivista britannica umani», e che i fatti citati non era- The Lancet, negli ultimi due anni no stati accuratamente verificati. Il sarebbero morte di morte violenrapporto in questione, in accordo ta circa 30 mila donne tra i dieci e i con tutti i dati resi pubblici dalle cinquant’anni: la metà per suicidio, organizzazioni non governative e il 5 per cento per percosse; il 17 per dalle associazioni umanitarie, so- cento per «incidente» domestico e steneva difatti che in Bangladesh il rimanente 28 per cento per caupiù del 60 per cento delle donne se che non sono state chiarite dai sposate è vittima di continue per- medici o dai rapporti di polizia. cosse da parte del marito. Circa L’elezione di Khaleda Zia, che du200 mila donne ogni anno vengo- rante il suo precedente mandato no inoltre aggredite e sfregiate con aveva permesso e giustificato la l’acido solforico per gelosia o per condanna nei confronti della scritquestioni d’onore, mentre il 47 per trice femminista Tasleema Nasrin, cento della popolazione femminile potrebbe peggiorare ulteriormenè vittima di stupri, omicidi e violen- te le cose. “ “ La donna nel mondo 52 L Il caso Asia Bibi La vicenda risale al giugno 2009 apparse critiche. Secondo Haroon quando ad Asia Bibi, una lavoratri- Barkat Masih, direttore internazioce agricola, viene chiesto di andare nale di Mf, Asia Bibi ha comunque a prendere dell’acqua. A quel pun- espresso parole di perdono nei to un gruppo di donne musulmane confronti dei suoi accusatori: “In l’avrebbe respinta sostenendo che primo luogo vivevo frustrazione, lei, in quanto cristiana, non avreb- rabbia, aggressività. Poi, grazie alla be dovuto toccare il recipiente e si fede, dopo aver digiunato e pregasono quindi rivolte alle autorità so- to, le cose sono cambiate in me: ho stenendo che lei nella discussione già perdonato chi mi ha accusato di blasfemia. Questo è un capitoavrebbe offeso Maometto. lo della mia vita che Asia Bibi, picchiata, voglio dimenticare”. chiusa in uno stanLa donna ha quindi zino, stuprata, infine Ho già perdonaarrestata pochi giorni espresso il desiderio to chi mi ha accudopo nel villaggio di di poter tornare alla sato di blasfemia. Ittanwalai, ha negato sua famiglia. le accuse e ha replicaNel 2012, secondo alcune fonti, Qari Sato di essere perseguitata e discriminata a causa del suo lam, l’uomo che ha accusato Asia credo religioso. Bibi di blasfemia avrebbe dichiaOltre un anno dopo l’arresto, rato di essersi pentito di aver sporil giudice Naveed Iqbal emette la to la denuncia, che sarebbe stata sentenza, nella quale esclude «to- basata su pregiudizi personali ed talmente» la possibilità che Asia emozioni religiose esasperate di Bibi sia accusata ingiustamente, ag- alcune donne del villaggio. L’uomo giungendo inoltre che «non esisto- starebbe quindi pensando di non no circostanze attenuanti» per lei. portare avanti l’accusa ma sarebbe La famiglia ha presentato ricorso comunque in difficoltà perché sotcontro la sentenza. to pressione da parte di organizzaNel dicembre 2011 una delega- zioni fondamentaliste islamiche. zione della Masihi Fundation (Mf), ONG che si occupa dell’assistenza *** legale e materiale di Asia Bibi, ha Ginevra (AsiaNews, 14/03/2012) visitato la donna in carcere. Le sue condizioni di igiene personale era- Al Consiglio per i Diritti Umani no terribili e le sue condizioni di delle Nazioni Unite 50 attivisti salute, sia fisica che psichica, sono e intellettuali hanno presentato “ “ 53 Asia un appello a Islamabad, per la liberazione della donna. I firmatari denunciano gli abusi perpetrati in base alla “legge nera” e le pessime condizioni in carcere. Intanto a Lahore emerge un nuovo caso: una 26enne denunciata perché si è rifiutata di convertirsi all’islam. Nel giorno in cui in Pakistan un’altra giovane donna viene accusata di blasfemia, alle Nazioni Unite 50 attivisti per i diritti umani e personalità politiche di primo piano - fra cui un ex presidente dell’Assemblea Onu - lanciano una petizione al governo di Islamabad per la liberazione di Asia Bibi. Cristiana e madre di cinque figli, nel novemLa donna nel mondo bre 2010 Asia è stata condannata a morte in base alla “legge nera” ed è in attesa della sentenza di appello, rinchiusa in isolamento nel carcere femminile di Sheikhupura (nel Punjab). Per la sua liberazione si sono mobilitati anche il governatore del Punjab Salman Taseer e Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze religiose: entrambi sono stati assassinati lo scorso anno, per mano degli estremisti islamici. Anche Benedetto XVI ha lanciato un appello per la liberazione di Asia Bibi, provata nel fisico e nel morale dalla lunga prigionia. Al Palazzo delle Nazioni di Ginevra in Svizzera, sede europea della rappresentanza Onu, è in corso la 19ma sessione del Consiglio per i 54 Diritti Umani delle Nazioni Unite, rinchiusa la donna, che “può tocche si concluderà il 23 marzo pros- care le due pareti solo allungando simo. La petizione è stata illustrata le braccia”. ieri a oltre 400 attivisti per i diritti Da ultimo, i firmatari evidenziaumani dalla giornalista di France no gli abusi commessi in base alla 24 Anne-Isabelle Tollet, autrice del “legge nera”, pretesto per colpire libro “Blasfema”, in cui si racconta rivali in affari e minoranze etniche la storia di Asia Bibi. Fra i firmata- e religiose. In conclusione, l’appelri del documento in cui si invoca lo al governo della Repubblica isla“l’urgente liberazione” della don- mica del Pakistan a “liberare Asia na cristiana, vi sono anche Jan Ka- Bibi”. van, presidente dell’Assemblea geIntanto in Pakistan un’altra gionerale Onu nel 2002-3; vane donna cristial’attivista cinese Yang na è stata accusata di Jianli, prigioniera di blasfemia. La polizia La donna “può coscienza e sopravdel distretto di Bahatoccare le due pavissuta al massacro walnagar, a Lahore, ha reti solo allungandi piazza Tiananmen; incriminato la 26enne do le braccia”. Christina fu presidente Shamim, madre di di New Hope Foundauna bambina di cintion; Vanee Meisinger, que mesi, per “insulti del Pan Pacific and Southeast Asia al profeta Maometto”. Il fatto è avWomen’s Association of Thailand. venuto lo scorso 28 febbraio, ma è L’appello ricorda il “crimine” emerso solo ieri mentre la giovane commesso da Asia Bibi, ovvero è ancora sotto la custodia delle foraver bevuto un bicchiere d’acqua ze dell’ordine. Secondo la famiglia, raccolta da un pozzo di proprietà Shamim è stata “ingiustamente acdi un musulmano. Da qui l’accusa cusata” perché avrebbe rifiutato di aver “infettato” la fonte, poi la di convertirsi all’islam. La resistendiscussione con le altre donne e, za opposta ha spinto un gruppo infine, l’incriminazione per aver di parenti - che di recente hanno “insultato il profeta Maometto”. Il abbracciato la fede di Maometto documento denuncia anche le in- - a denunciarla in base alla “legge fime condizioni della cella in cui è nera”. “ “ 55 Asia A Aung San Suu Kyi Aung San Suu Kyi (Yangon, 19 giugno 1945) è una politica birmana, attiva da molti anni nella difesa dei diritti umani sulla scena nazionale del suo Paese, devastato da una pesante dittatura militare, imponendosi come leader del movimento non-violento, tanto da meritare i premi Rafto e Sakharov, prima di essere insignita del premio Nobel per la pace nel 1991. Nel 2007 l’ex Premier inglese Gordon Brown ne ha tratteggiato il ritratto nel suo volume Eight Portraits come modello di coraggio civico per la libertà. Biografia Figlia del generale Aung San (capo della fazione nazionalista del Partito Comunista della Birmania, di cui fu segretario dal ‘39 al ‘41) e di Khin Kyi, la vita di Aung San Suu Kyi è stata travagliata fino dai primi anni. Suo padre, uno dei principali esponenti politici birmani, dopo aver negoziato l’indipendenza della nazione dal Regno Unito nel 1947, fu infatti ucciso da alcuni avversari politici nello stesso anno, lasciando la bambina di appena due anni, oltre che la moglie, e altri due figli, uno dei quali sarebbe morto in un incidente. Dopo la morte del marito, Khin Kyi, divenne una delle figure politiche di maggior rilievo in Birmania, tanto da diventare ambasciatrice in La donna nel mondo India nel 1960. Aung San Suu Kyi fu sempre presente al fianco della madre, la seguì ovunque, ed ebbe la possibilità di frequentare le migliori scuole indiane e successivamente inglesi, tanto che nel 1967, presso il St Hugh’s College di Oxford, conseguì la prestigiosa laurea in Filosofia, Scienze Politiche ed Economia. Continuò poi i suoi studi a New York e nel 1972 cominciò a lavorare per le Nazioni Unite, e in quel periodo conobbe anche uno studioso di cultura tibetana, Micheal Aris, che l’anno successivo sarebbe diventato suo marito, e padre dei suoi due figli, Alexander e Kim. Ritornò in Birmania nel 1988, per accudire la madre gravemente malata, e proprio in quegli anni il generale Saw Maung prese il potere e instaurò il regime militare che tuttora comanda in Myanmar. Fortemente influenzata dagli insegnamenti del Mahatma Gandhi, Aung San Suu Kyi sposò la causa del suo paese in maniera nonviolenta e fondò la Lega Nazionale per la Democrazia, il 27 settembre 1988. Neanche un anno dopo le furono comminati gli arresti domiciliari, con la concessione che se avesse voluto abbandonare il paese, lo avrebbe potuto fare; Aung San Suu Kyi rifiutò la proposta del regime. 56 Nel 1990 il regime militare decise di chiamare il popolo alle elezioni, e il risultato fu una schiacciante vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Kyi, che sarebbe quindi diventata Primo Ministro; tuttavia i militari rigettarono il voto, e presero il potere con la forza, annullando il voto popolare. L’anno successivo Aung San Suu Kyi vinse il premio Nobel per la Pace, ed usò i soldi del premio per costituire un sistema sanitario e di istruzione, a favore del popolo birmano. Gli arresti domiciliari le furono revocati nel 1995, ma rimaneva comunque in uno stato di semi libertà, non poté mai lasciare il paese, perché in tal caso le sarebbe stato negato il ritorno in Myanmar, e anche ai suoi familiari non fu mai permesso di visitarla, neanche quando al marito Michael fu diagnosticato il cancro, che di lì a due anni, nel 1999, lo avrebbe ucciso, lasciandola vedova. Nel 2002, a seguito di forti pressioni delle Nazioni Unite, ad Aung San Suu Kyi fu riconosciuta una maggiore libertà d’azione in Myanmar, ma il 30 maggio 2003, mentre era a bordo di un convoglio con numerosi sostenitori, un gruppo di militari aprì il fuoco e massacrò molte persone, e solo grazie alla prontezza di riflessi del suo autista, Ko Kyaw Soe Lin, riuscì a salvarsi, ma fu di nuovo messa agli arresti domiciliari. Da quel momento, la salute di Aung San Suu Kyi è andata progressivamente peggiorando, tanto da richiedere un intervento e vari ricoveri. Il “caso” Aung San Suu Kyi ha incominciato ad essere un argomento internazionale, tanto che 57 Asia gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea hanno fatto grosse pressioni sul governo del Myanmar per la sua liberazione, ma gli arresti domiciliari furono rinnovati per un anno nel 2005 e ulteriormente rinnovati nel 2006 e nel 2007. Per quanto sta facendo per la causa del popolo birmano, alcune prestigiose Università in Europa e in America vogliono assegnarle delle lauree Honoris Causa, per il suo grande impegno civile, e per la difesa dei diritti umani e della pace. Il 9 novembre 2007, Aung San Suu Kyi ha lasciato la sua abitazione dove era confinata agli arresti domiciliari e ha incontrato il ministro nominato ad hoc dalla giunta militare al potere per il dialogo con l’opposizione, il ministro dei trasporti Aung Kyi. Un dirigente della Lega nazionale per la democrazia ha detto che Suu Kyi ha anche incontrato tre esponenti del suo partito, che non incontrava da tre anni. Per il suo impegno a favore dei diritti umani il 6 maggio 2008 il Congresso degli Stati Uniti le ha conferito la sua massima onorificenza: la Medaglia d’Onore. ciliari attraversando il lago Inya. Il 14 maggio la giunta militare ha arrestato, e il 18 successivo ha processato, Aung San Suu Kyi per violazione degli arresti domiciliari. Il termine dei domiciliari e la liberazione dell’attivista birmana dall’ultimo arresto sarebbero scaduti il 21 maggio. Secondo buona parte della stampa internazionale e la stessa Lega nazionale per la democrazia, l’impresa di Yethaw è stato il pretesto fornito alla giunta militare per mettere fuori gioco Aung San Suu Kyi prima di sottoporre il popolo birmano alla votazione di un referendum per l’approvazione di un testo costituzionale che, di fatto, sancisce la continuazione Il 3 maggio 2009 un mormone statunitense, John William Yethaw, ha raggiunto a nuoto la casa in cui è costretta agli arresti domiLa donna nel mondo 58 tare, detenere o ascoltare in Birmania l’album della band irlandese All That You Can’t Leave Behind, in cui è contenuto tale brano. La sanzione prevista è la reclusione da tre a vent’anni. Nel 1997 il sassofonista Wayne Shorter e il pianista Herbie Hancock incisero sull’album “1+1” un tema intitolato “Aung San Suu Kyi” che vinse il Grammy Award come Migliore composizione jazz. Nel 2011 il popolare Il 13 novembre 2010 regista francese Luc Aung San Suu Kyi è Besson ha diretto il stata liberata. Il 1º apriIl 16 giugno 2012 film “The Lady” incenle 2012 ha ottenuto un ha ritirato il premio trato sulla vita del preseggio al parlamento Nobel per la Pace. mio Nobel birmano. birmano. Nonostante Il parlamento italiaciò la Birmania non è no e diversi Stati hanancora libera e il pasno espresso la loro sosato dittatoriale grava lidarietà nei confronti di Aung San ancora sulla nazione. Il 16 giugno Suu Kyi. Molti cantanti e gruppi 2012 ha ritirato il premio Nobel per musicali hanno espresso la loro sola Pace. Ora sta iniziando a visitare lidarietà. In Francia, un film di Luc vari stati, dato che le è stato finalBesson è uscito nel 2011, The Lady mente concesso il permesso dal L’amore per la libertà. Governo birmano. Andrà in Inghilterra dal figlio e in seguito anche in Francia. Bibliografia - Aung San Suu Kyi, Liberi dalla Progetti artistici dedicati paura, ed. Sperling & Kupfer, 2005 In tutto il mondo Aung San Suu Aung San Suu Kyi, Lettere dalKyi è diventata un’icona della nonla mia Birmania, ed. Sperling & violenza e pace, tanto che numeKupfer, 2007 rosi cantanti e gruppi musicali, tra - Cecilia Brighi, Il pavone e i gecui Damien Rice, gli U2, i R.E.M. e nerali. Birmania: storie da un Paese i Coldplay le hanno dedicato brani in gabbia, ed. Baldini Castoldi Damusicali per sostenere la sua causa; lai, 2006 nel 2003 le fu assegnato l’Europe- Carmen Lasorella, Verde e zafan Mtv Music Award. In particolar ferano, a voce alta per la Birmania, modo, gli U2 le dedicano un brano libro-intervista, Bompiani, 2008. intitolato Walk On (“Vai avanti”). (Da Wikipedia) Per questo motivo è illegale impordel potere dei militari sotto forme civili, escludendo del tutto la Lega nazionale per la democrazia. L’11 giugno Aung San Suu Kyi è stata nuovamente condannata, questa volta a tre anni di lavori forzati per violazione della normativa della sicurezza che sono stati commutati poi, dalla Giunta militare, in 18 mesi di arresti domiciliari. “ “ 59 Asia Donne in America Latina La donna nel mondo 60 Donne al potere in Centro e Sud America Sono 4 le donne al potere in Centroamerica: - Governatore Generale Saint Lucia, Perlette Louisy - Governatore Generale Antigua e Barbuda, Louise Lack-Tack - Presidente Costa Rica, Laura Chinchilla (vedi approfondimento) - Primo Ministro Trinidad e Tobago, Kamla Persad-Bissessar Sono 2 le donne al potere in Sud-America: - Presidente Argentina, Cristina Kirchner (vedi approfondimento) - Presidente Brasile, Silma Rousseff APPROFONDIMENTO Laura Chinchilla (Presidente del Costa Rica) 17 17/05/2010 - Aria di cambiamento è quella che si respira da due settimane a questa parte dopo il giuramento del Presidente Laura Chinchilla, prima donna ad assumere il potere nella storia del Costa Rica. Dopo le affermazioni degli ultimi anni di Cristina Kirchner in Argentina e di Michelle Bachelet in Cile, l’insediamento della Chinchilla conferma un trend positivo dell’aumento della partecipazione femminile in politica. Le sfide per la nuova guida del Costa Rica, però, sono molte. NOVITÀ E CONTINUITÀ – Laura Chinchilla, che durante le elezioni dello scorso febbraio ha battuto con il 47% dei voti Otton Solis del Partito dell’azione civica (Pac) e Otto Guevara del Movimento Libertario (MI), si aggiunge ad altre quattro donne, tra queste l’argentina Cristina Fernandez de Kirchner e la cilena Michelle Bachelet (in passato era toccato ad Isabelita Perón, sempre in Argentina, e a Violeta Barrios de Chamorro in Nicaragua), che sono riuscite a imporsi nel panorama politico la- 61 America Latina tinoamericano, tradizionalmente dominato dagli uomini. Un approccio moderato e aperto al dialogo con le altre forze politiche è l’elemento principale della linea scelta dal nuovo Presidente, che intende mantenere una linea di azione politica coerente con quella del predecessore, il premio Nobel per la pace Óscar Arias, il quale ha deciso di ritirarsi dalla politica. RIFORME E ANCORA RIFORME – Il Costa Rica, caratterizzato storicamente da una lunga stabilità politica in una regione come quella latinoamericana conosciuta invece per l’instabilità politica ed economica che si presentano ciclicamente, è uno dei paesi più prosperi dell’America centrale, con un’economia basata sul turismo, sui prodotti manifatturieri e sulle esportazioni di prodotti agricoli quali ananas e banane. La donna nel mondo Riforma fiscale e dell’apparato burocratico e accelerazione della ripresa economica dopo la crisi globale sono alcune delle questioni di cui si occuperà al più presto la Presidente. Il suo scopo è anche quello di superare le tensioni scaturite a seguito della firma del Trattato sul Libero Commercio (TLC) siglato con gli Stati Uniti nel 2007, durante il governo di Arias, e mostrato come simbolo dell’apertura economica. Laura Chinchilla ha affermato di voler seguire la linea politica tracciata dal suo mentore Arias che ha permesso a un piccolo paese come il Costa Rica di 4,5 milioni di abitanti di essere il meno povero dell’America Centrale avendo assunto sempre maggiore importanza in politica estera. La nuova amministrazione si concentrerà anche sul miglioramento del sistema sanitario nazionale e ha promesso di creare 62 una rete di assistenza per anziani e bambini. Riguardo all’economia i punti principali su cui punterà il nuovo esecutivo sono lo sviluppo delle infrastrutture, l’istituzione di un’imposta progressiva sui redditi e soprattutto la creazione di nuovi posti di lavoro in campo ambientale con l’iniziativa “empleos verdes”. Al centro del suo programma vi è l’impegno per una maggiore sostenibilità ambientale: difesa del patrimonio naturale e riduzione dei gas a effetto serra per rendere il Costa Rica la prima nazione a carbon neutral nel mondo entro il 2030. Questo obiettivo ambizioso significa che il Paese centramericano dovrebbe diventare il primo Stato “ad emissioni zero”, obiettivo da raggiungere non solo tramite una drastica riduzione delle emissioni di CO2 ma anche acquistando “certificati di emissione”, ovvero contribuendo a finanziare progetti per ridurre l’impatto ambientale in altre zone del mondo. COSA BOLLE IN PENTOLA – Criminalità, violenza e narcotraffico, è la sfida più grande che il Costa Rica, piccolo Stato che separa il Nord dal Sud America, dovrà affrontare perché, come ha sostenuto il Presidente “il Centro America potrebbe essere l’ultimo campo di battaglia della guerra in corso tra Colombia e Messico”. Cento giorni è il periodo proposto dal nuovo governo per affrontare il problema che preoccupa di più la popolazione: la sicurezza. Durante questo lasso di tempo la nuova amministrazione guidata dalla Chinchilla analizzerà la questione elaborando una strategia, 63 America Latina soprattutto per far fronte all’alto tasso di omicidi, aumentato in maniera sensibile tra il 2007 e il 2009, basata su quattro punti: rafforzamento delle istituzioni, lotta contro le impunità e la criminalità organizzata e, infine, prevenzione dei delitti. Nonostante l’apertura al pluralismo di idee e la grande sensibilità verso le questioni sociali e ambientali da sempre proclamate, la Presidente è stata definita fondamentalista e omofoba per alcuni atteggiamenti conservatori, quali l’op- posizione alla legalizzazione della pillola del giorno dopo, considerata una liberalizzazione dell’aborto, e l’unione coniugale tra individui dello stesso sesso. In ogni caso l’elezione di un Presidente pacifista e ambientalista come la Chinchilla può essere definito come un segno positivo di grande cambiamento e apertura per tutta la regione, dove i recenti fatti dell’Honduras oppure il governo sandinista del Nicaragua hanno sollevato alcuni dubbi sulla stabilità democratica in America Centrale. APPROFONDIMENTO Cristina Fernández de Kirchner (Presidente dell’Argentina) B di Valeria Risuglia Biografia personale Figlia di Eduardo Fernández e di Ofelia Wilhelm, Cristina Fernández de Kirchner nacque a Ringuelet (provincia di Buenos Aires, La Plata) il 19 febbraio 1953. Suo padre era di discendenze spagnole, mentre la madre discendeva da una famiglia tedesca. I suoi studi superiori si tennero presso La Plata, ove ottenne in principio il diploma come perito commerciale e, in seguito la laurea presso la facoltà di scienze giuridiche e sociali. Sempre a La Plata, nel 1973 iniziò la sua attività politica schierandosi nel “Frente de Agrupaciones Eva Perón”, una or- La donna nel mondo ganizzazione studentesca facente parte alle “Fuerzas Armadas Revolucionarias” che lo stesso anno si annesse alla “Federación Universitaria por la Revolución Nacional” creando la “Juventud Universitaria Peronista” dell’università di La Plata. È qui dove conosce Nestor Kirchner; dopo essere stati fidanzati per circa sei mesi, si sposarono nel maggio 1975. Il colpo di stato a María Estela Martínez de Perón, con la conseguente presa di potere da parte della dittatura militare, costrinse la giovane coppia a trasferirsi nella città natale del marito, Rio Gallegos nella provincia di Santa Cruz. 64 Questo in previsione di ciò che sarebbe successo: molti dei compagni di lotte politiche e sociali dei Kirchner rimasero coinvolti in persecuzioni ed omicidi da parte del regime. In Patagonia i due continuarono la loro vita incentrata sull’ordinamento giuridico, formando uno studio legale, in quanto entrambi erano già avvocati. Nacquero due figli: Máximo e Florencia Kirchner. Il 27 ottobre 2010 il suo compagno di vita, nonché presidente dell’Unasur ed ex presidente della Repubblica Argentina, si spense a seguito di un arresto cardo-respiratorio non traumatico. Si tenne un funerale di stato che ebbe seguito in tutto il continente con la proclamazione di tre giorni di lutto nazionale in tutti i paesi facenti parte dell’UNASUR. Al funerale furono presenti diversi presidenti tra cui Chàvez, Evo Morales, Lula, Corrèa e molte altre delegazioni internazionali. Un bagno di folla si riversò nelle strade, accerchiando la Casa Rosada per rendergli l’ultimo omaggio. Venne allestito un salone al suo interno aperto al pubblico, e, durante il trasporto del feretro, la gente poté accompagnarlo e restare vicino a lui e a sua moglie, cosa mai vista dalla morte di Eva Peron. Il 28 dicembre 2011, attraverso le parole del suo portavoce Alfredo Scoccimarro, viene dato l’annuncio shock che la presidente Cristina Fernandez de Kirchner è ammalata di cancro alla tiroide. Si apprende quindi che, per consentire le cure necessarie, dal 4 al 24 gennaio 2012, la guida del Paese passerà nelle mani del vice Amado Boudou. Il 4 gennaio 2012 lo stesso portavoce legge il bollettino medico, annunciando che l’operazione di rimozione del tumore ha avuto successo. Biografia politica Nel 1989 è eletta deputata provinciale di Santa Cruz, venendo confermata nel 1993. Nel 1995 accede al Senato nazionale in rappresentanza di Santa Cruz. Nel 1997 è deputata nazionale mentre, nel 2001, torna in Senato per la stessa provincia. Nelle elezioni legislative del 23 ottobre 2005 è eletta senatrice per la provincia di Buenos Aires, guidando il Frente para la Victoria, una costola del Partito Giustizialista. Vince, per soli 26 voti, il confronto con Hilda González de Duhalde, moglie dell’ex presidente Eduardo Duhalde. È la prima Prima Signora, nella storia argentina, ad aver avuto, e ad avere, una carriera politica largamente indipendente da quella del marito. Il 2 giugno 2007 il Capo di Gabinetto Alberto Fernández, affermò che Kirchner non si sarebbe ripresentato alle successive elezioni del 28 ottobre, proponendo la candidatura della moglie Cristina Fernández de Kirchner, senatrice del Frente para la Victoria-Provincia de Buenos Aires. Il 19 luglio il partito presentò la 65 America Latina candidatura della senatrice Fernández de Kirchner per la presidenza. Tale candidatura fu lanciata a La Plata, città natale della first lady. Alcuni settori del Partito Giustizialista hanno suscitato interesse ribadendo la volontà di candidare Kirchner. La senatrice era molto nota sia nel paese che all’estero per la difesa dei diritti umani e per l’appoggio ricevuto da altre donne progressiste impegnate in politica come Michelle Bachelet, Presidente del Cile, Hillary Clinton, senatrice USA, Segolene Royal, ex candidata alla elezioni presidenziali francesi del 2007. Il 28 ottobre la candidata del Fronte per la Vittoria vinse le elezioni con il 45,29% superando la candidata della Coalición Cívica (centrista) Elisa Carrió che ottenne il 23,04%. Kirchner vinse in tutte le province tranne nella Capitale Federale (dove Carrió prevalse con il 37% contro il 22% di Kirchner), nella Provincia di Córdoba (dove vinse l’ex ministro dell’economia Roberto Lavagna dell’Unione Civica Radicale) e nella Provincia di San Luis (dove prevalse Adolfo Rodríguez Saá). Secondo i rilevamenti demoscopici, nella vittoria di Cristina Fernandez alle presidenziali fu rilevante l’apporto delle classi meno agiate e dei lavoratori. Il 10 dicembre 2007 successe a suo marito, divenendo la seconda donna eletta alla massima magistratura argentina e la prima eletta per volontà popolare. È un’attiva militante in favore dei La donna nel mondo diritti umani tanto nel suo paese quanto nel continente latinoamericano. Sostiene con energia la ne- cessità di un impegno attivo delle donne in politica. Anche a tal fine intrattiene contatti con la presidente cilena Michelle Bachelet, con la senatrice statunitense Hillary Clinton e con la deputata francese Ségolène Royal. Il partito cercò di organizzarsi per le elezioni legislative del 2009 al fine di recuperare i voti perduti in quei mesi difficili per il paese. Nel frattempo la presidentessa, attraverso un decreto legge, anticipò le elezioni di quattro mesi. Questa scelta fu criticata dall’opposizione, nonostante le facesse comodo. Néstor Kirchner si candidò assieme a Scioli come deputato per la Provincia di Buenos Aires affrontando Margarita Stolbizer della Coalizione Civica e De Narvarez del peronismo dissidente alleato con il movimento liberalconservatore Proposta Repubblicana del sindaco di Buenos Aires. Kirchner fu in vantaggio in tutti i sondaggi e affermò che, se il governo avesse perso quelle elezioni, l’Argentina avrebbe rischiato di tornare alle stesse condizioni della crisi economica del 2001. Le elezioni videro dunque la vittoria del partito kirchnerista che iniziò una forte opera di ricostruzione della provincia di Buenos Aires, con forti investimenti nel campo delle infrastrutture, delle energie rinnovabili e della produzione industriale. 66 (da Wikipedia) Bolivia - Le donne e il coraggio della speranza S Storie raccolte da Vanessa Ghielmetti «Siamo Rosemery, Maria, Celia e e delle nostre figlie che, speriamo, Elizabeh. Siamo donne, madri e la- possano arrivare ben più in là di voratrici. Viviamo in Bolivia. Siamo dove ci hanno condotto le forze ed donne, madri e lavoratrici come il destino. le altre quattro milioni che vivono Abbiamo deciso di uscire dall’aqui, o che, chissà, ora lavorano in nonimato delle nostre strade polSpagna o a Bergamo, dove stanno verose e dei nostri quartieri di tentando di trovare un futuro mi- fango per raccontarvi frammenti gliore. Noi siamo rimaste qui, per- vergognosi di storie tremendaché questo è il nostro mente qualunque, per posto e perché non scuotere il silenzio vogliamo e, forse, non dalla disperazione dei Abbiamo cuori possiamo lasciare i nogiorni grigi che molforti e corpi perstri figli. te di noi hanno attracorsi da mille cicaAbbiamo visi normaversato, e per gridare trici che nasconli, mani ed unghie forla nostra speranza. diamo a noi stesse ti perché con queste Per farlo, abbiamo sfiper non tornare a sole siamo spesso ridato vergogna e pusoffrire più. maste aggrappate alla dore, la vergogna di vita, abbiamo sguardi essere giudicate come vuoti di lacrime, ma ancora capaci perdenti, il pudore di mettere a di scrutare l’orizzonte e di sperare. nudo cicatrici imbarazzanti. Però Abbiamo cuori forti, che non han- alla fine lo abbiamo fatto. E questo, no paura della vita, sebbene que- non tanto per suscitare la vostra sta abbia agitato molte volte i suoi pietà, o perché ci dedichiate un pafantasmi. Abbiamo cuori forti e teravegloria. Avevamo bisogno di corpi percorsi da mille cicatrici che sentirci ascoltate, fosse solo per un nascondiamo a noi stesse per non momento, e così ritrovare il calore tornare a soffrire più. smarrito della dignità. L’esperienza Siamo donne di Bolivia, né più e di questo attimo già ci basta per anné meno delle altre, e nelle nostre dare avanti. storie si possono ritrovare le imSiamo Rosemery, Maria, Celia, Elipronte di passi già compiuti e da zabeth. Siamo donne, madri e lavocompiere, quelli delle nostre madri ratrici. Viviamo a Cochabamaba...». “ “ 67 America Latina Il mio nome è Rosemery mire e alcuni vestiti. Tuttavia, io Il mio nome è Rosemery Bena- volevo un lavoro, un lavoro vero bides, ho 34 anni e sono originaria che mi permettesse di guadagnadi Oruro, la città del Carnevale, da re qualche soldo ed essere indicui me ne sono andata all’età di pendente. 19 anni con mia sorella, entrambe Fu così che un giorno conobbi alla ricerca di un lavoro. Così sia- la madrina di mio nipote, la quale mo arrivate a Cochami invitò ad andare a bamba dove attuallavorare per lei come mente vivo, nel barrio empleada (domestiCon la forza di Villa Pagador, zona ca). La casa era grande della disperazioSud della città. e già vi lavoravano alne corsi alla casa Mia sorella venne tre domestiche. Tutto della mia Signovia da Oruro con tutandava per il meglio. ra senza mai più ta la sua famiglia, così La domenica andavo fare ritorno. che mentre lavorava, a visitare mia sorella io restavo a casa per e la sua famiglia e ducurare i suoi due figli rante la settimana ree attendere alle faccende dome- stavo con la Signora per lavorare. stiche, in cambio di un piatto calUna domenica, però, qualcodo, di un tetto sotto il quale dor- sa andò storto. Fu durante una di queste visite alla famiglia di mia sorella, infatti, che mi trovai solo mio cognato completamente ubriaco. Approfittando del fatto che non c’era nessuno in casa, questi mi aggredì tentando di violentarmi. A fatica riuscii a liberiamo di lui, e con la forza della disperazione corsi alla casa della mia Signora senza mai più fare ritorno a quella di mia sorella che, non vedendomi tornare le domeniche successive, venne a cercarmi al mio lavoro. Le raccontai di quanto era successo quella domenica pomeriggio e dell’aggressione da parte di suo marito, ma non mi volle credere. Anzi, mi accusò di essere una bugiarda e cominciò a picchiarmi. Solo l’intervento della Signora mi salvò dalla violenza di mia sorella “ “ La donna nel mondo 68 che non rividi mai più da quella una delle tante della periferia di volta. Cochabamba, dalle otto del matIl tempo passava e grazie al mio tino alle cinque del pomeriggio, lavoro conobbi Ramiro, ovvero lasciando soli necessariamente i colui che sarebbe diventato pre- miei bambini che non potevo affisto mio marito. Anche lui lavorava dare a nessuno, tanto meno ad un infatti per la mia Signora, lavava le asilo visto che non avevo con che auto e curava il giarpagare la retta. dino. Con il suo conPurtroppo, il padrosenso, ci sposammo e ne della lavanderia Mio marito nel giro di pochi anni cominciò a mettermi amava i suoi fila famiglia crebbe gragli occhi addosso ea gli e mi rispetzie all’arrivo dei nostri molestarmi, approfittava. 4 figli. tando del mio stato di Entrambi lavoravavedova. Riuscii a remo duro e moltiplicaspingere i suoi assalti vamo i nostri sforzi per comprare fino a quando un giorno, dopo un piccolo lotto di terra e poter che tutti gli operai se ne erano costruire la nostra casa. Mio ma- andati, mi aggredì violentemenrito aveva nel frattempo lasciato te, mettendomi le mani addosso il vecchio lavoro e conduceva ora nel tentativo di avere un rapporto i bus nella zona dove abitavamo. Fu proprio un primo di gennaio di alcuni anni fa che, andando al lavoro la mattina molto presto, Ramiro venne assaltato da una ‘pandilla’, una banda di ragazzotti, e freddato con un colpo di pistola. Mi ritrovai così di colpo, vedova e con quattro figli a carico, senza nessun’altra entrata se non quella del mio magro stipendio. E con in più il dolore di una morte assurda e violenta che ancora oggi aspetta che la giustizia faccia il suo corso. Mio marito amava i suoi figli e mi rispettava. Per far fronte alle enormi spese che ogni giorno incombevano sopra le mie spalle, dovetti cambiare posto di lavoro. Accettai di lavorare in una lavanderia di pantaloni, “ “ 69 America Latina sessuale con me. Mi misi a gridare forte, tanto forte che una delle mie compagne di lavoro venne in mio soccorso, aiutandomi a fuggire. Lo denunciai, fiduciosa che la giustizia mi avrebbe questa volta appoggiata. Non fu così, però. Grazie al fatto che il padrone era abbastanza ricco, poté comprarsi i favori di giudici compiacenti. Tentò di accusarmi di furto e di farmi passare come ladra e solo grazie all’aiuto di un avvocato ho potuto dimostrare la mia innocenza. Le spese legali, tuttavia, si sono mangiate tutti i miei risparmi per cui ho dovuto mettere in vendita la mia casa. Non avendo di che vivere, ho portato i miei figli in campagna lasciandoli in custodia a mia madre e me ne sono andata in Argentina dove ho lavorato duro, duro per due anni, abbastanza per risparmiare i soldi necessari a ritornare a Cochabamba, recuperare i miei La donna nel mondo figli e ricominciare daccapo. Ora lavoro come sarta in una bottega e con quello che guadagno riesco a mandare avanti la famiglia. I miei figli hanno oggi 14, 12, 10 e 7 anni, tre sono maschi e una è femmina. Vanno a scuola e sebbene abbiano sofferto molto per tutto ciò che è successo in questi anni, soprattutto per la mia assenza quando stavo in Argentina, sono bravi ragazzi. Io cerco di fare di tutto per essere una buona mamma ed un buon padre. Non voglio risposarmi, ma semplicemente trovare un poco di tranquillità. E chissà, magari i soldi sufficienti a comprarmi una macchina da cucire così da poter lavorare in casa e non lasciare mai più soli i miei ragazzi. Questa è la mia storia, la storia di Rosemery, orureña di Cochabamba. Per tutti sono Maria Per tutti sono Maria. E questo vi basti dato che non voglio rivelare la mia vera identità. Ho 28 anni e vengo dalla provincia Popoo di Oruro. Arrivai a Cochabamba quando avevo solo 14 anni e uscivo per la prima volta dalla mia casa. Mi ci portò una Signora come succede a molte ragazze della mia età che vengono vendute dalle proprie famiglie alle signore della città per diventare le loro 70 empleadas. Quella che mi toccò in sorte non era delle migliori: mi maltrattava, a volte mi picchiava e mi lasciava senza cibo, oppure mi faceva lavare i vestiti di notte, con l’acqua gelida ed il freddo che taglia la pelle. Dopo tre anni di questa vita, conobbi Santiago, unica nota felice in mezzo a tanta durezza. Andammo a vivere insieme ed ebbi tre figli. All’inizio furono rose e fiori: lavorava come conducente di bus e guadagnava abbastanza per permettermi di lasciare il lavoro ed occuparmi della famiglia. Mi promise addirittura di sposarmi. La felicità di quell’epoca durò, tuttavia, ben poco. Le cose cominciarono a cambiare e a prendere una brutta piega, infatti, quando Santiago iniziò a bere. C’erano notti che neppure tornava a casa e giorni che era così ubriaco da sfogare tutta la sua violenza su di me. Mi picchiava e violentava ripetutamente. Fui costretta a ricominciare a lavorare perché anche i soldi cominciavano a mancare. Un giorno, però, tornò a casa più ubriaco del solito e mi picchiò davanti a miei figli sino a farmi perdere i sensi. Dovettero portarmi all’ospedale e solo per miracolo mi salvai. Nel frattempo, lui era sparito e solo grazie all’aiuto di una signora potei pagare l’ospedale. Ora che Santiago non c’era più (in un certo senso fu una liberazione) dovevo mandare avanti io la famiglia e provvedere ai miei 3 figli di 12, 8 e 6 anni. Cominciai così a lavorare come lavandaia, passando di casa in casa ad offrire i miei servizi. Con il passare del tempo fu grazie a questo lavoro che conobbi Flora, una vicina di casa, che sovente viaggiava in Cile per comprare ed importare caramelle, biscotti, cioccolatini e quei dolciumi che si usa vendere nei chioschi, all’uscita delle scuole. Conoscendo la mia situazione, mi propose di mettermi in società con lei e di mettere su un piccolo puesto, vale a dire un chiosco all’angolo della scuola elementare del mio barrio. Da allora non ho mai mancato un giorno, lavoro dal mattino sino 71 America Latina alla sera, grazie ai tre turni. Come succede in molti istituti scolastici qui in Bolivia, funzionano tre turni di lezioni, al mattino, al pomeriggio e alla sera per i bambini lavoratori. Sono contenta e soddisfatta di me: non guadagno moltissimo, tra i 10 ed i 15 bolivianos al giorno (circa 1 dollaro e mezzo, poco più di 1 euro), ma questo mi basta per pagare la mercanzia e l’affitto del mio chiosco, e, soprattutto, per mantenere i miei figli. Mio marito, nel frattempo, si è messo con un’altra dalla quale ha avuto altri due figli e si è completamente dimenticato di noi e delle nostre necessità. D’altronde non ha mai riconosciuto i miei figli per cui la legge, semmai valesse qualcosa, non ci dà nessuna mano. Per arrotondare le entrate della famiglia, mio figlio maggiore il sa- bato e la domenica aiuta un signore a vendere bibite con il camion e quello che riesce a guadagnare ci serve per comprare il materiale scolastico e qualche vestito. Dopo tutto quello che ho passato, ora posso dire di vivere un po’ più tranquilla. Ho il mio lavoro, riesco a tirare avanti la famiglia e a garantire il minimo necessario a miei figli e non ho più chi mi picchia e mi insulta come faceva mio marito. Come sempre dico: se vogliamo, possiamo vivere meglio, anche senza un uomo al fianco, possiamo andare un po’ più in là. Anche se questo costa grandi sacrifici. Il mio sogno è di potere far crescere il mio piccolo chiosco e garantire un futuro ai miei figli. Se lo meritano. Sono bravi ragazzi e cerco di dare loro l’affetto che non ho mai ricevuto. A volte riusciamo pure ad uscire insieme e ad andare a passeggiare e questo mi fa stare bene, tranquilla e più sicura di me. Celia Saturnina Da Potosì Mi chiamo Celia Saturnina Juchagara Lopez, meglio conosciuta come Celita perché quell’altro nome, Saturnina, non mi è mai piaciuto un granché. Sono nata il 6 febbraio La donna nel mondo 72 del 1967 in un piccolo paese della ha messo su famiglia, tutti gli altri provincia Quijarro, dipartimento figli dipendono ancora da noi e Potosi’, chiamato Rio Mulato per cinque di loro studiano. via del fatto che lo attraversa un Purtroppo, in questi mesi non piccolo fiume dalle acque oscure sto lavorando visto che l’asilo e traditrici. dove prestavo servizio è in fase Come tanti miei compaesani, di ristrutturazione. Guadagnavo anch’io dovetti andarmene presto circa 350 bolivianos (50 dollari, 35 dal mio paese per cercare fortuna euro) al mese e con questo stialtrove, visto che là il lavoro è poco pendio pagavamo l’affitto di 200 ed il clima un inferbolivianos ed il gas. no. A differenza degli Mio marito lavora per altri, però, io avevo un’impresa di raccolAvevo l’urgenza l’urgenza di sfamare ta della spazzatura e di sfamare i miei i miei tre figli, rimasti guadagna 850 boliviatre figli, rimasti orfani ancora piccoli nos che arrotondiamo orfani ancora picdopo che mio marito con qualche altro lacoli. morì lasciandoci soli voretto extra e saltuaad appena quattro rio. anni dal matrimonio. Comprenderete che Ci sposammo il giorno che compii con la famiglia numerosa che siail mio diciottesimo compleanno mo ed i figli che vanno ancora a e a 22 già mi ritrovavo sola e con scuola, i soldi non bastano mai, e la disperazione di tirare su i miei questo ancor più ora che io non figli. lavoro e a mio marito hanno diaPer fortuna, dopo due anni di gnosticato il mal di chagas, quello miseria e patimenti, incontrai che piano piano ti mangia il feCiprian Perez, con il quale mi ri- gato, per cui avrebbe bisogno di sposai ed ebbi altri quattro figli. un intervento al cuore. Nel barrio È una buona persona e in questi dove abitiamo, le case sono quaquattordici anni di matrimonio si si tutte di barro, ovvero sono fatte è rivelato un buon padre, non solo con mattonelle di fango, e la notte per i figli che abbiamo avuto insie- gli insetti che procurano questa me, ma anche per gli altri tre che infermità escono allo scoperto ha voluto riconoscere. per pungerci. Ora la maggiore ha 21 anni e Prego Dio di potere presto recusi chiama Jannette, poi vengono perare il mio lavoro all’asilo perJessica Abigail di 19, Jose Angel ché purtroppo ci aspettano tempi Adrian di 17, Javier Antonio di 14, duri e in futuro mio marito non Miriam Maria di 11, Mercedes di 9 potrà più lavorare come sta facene David Abraham che di anni ne do ora. Non voglio più ricadere ha sette. A parte la maggiore che nella disperazione che ho cono- “ “ 73 America Latina sciuto in passato e, soprattutto, non voglio rinunciare a miei sogni, primo fra tutti che i miei figli possano avere un futuro sicuro e tranquillo, con un titolo in mano ed un buon lavoro così da potere sposarsi e mettere su famiglia. continua, ma essendo io sola e dovendo uscire di casa per lavorare, la piccola sta con i suoi fratelli, Fernando di 9 anni e Maria Liz di 6, i quali devono occuparsi di darle da mangiare e di cambiarla quando rientrano dalla scuola e fino a che non rincaso. Sono operaia e mi chiamo Elizabeth Avrei voluto affidare la mia Erika Sono operaia e madre di tre a qualche istituto, soprattutto l’anbambini. Mi chiamo Elizabeth Mi- no scorso quando la sua salute è chel e lavoro in una peggiorata moltissimo delle tante fabbriche a causa della malnutridi jeans della periferia zione, però in Bolivia È veramente di Cochabamba. Aiuquesto non è possiduro potere tito a togliere i fili in ecbile perché la bambirare avanti e, socesso e se, tutto fila lina non è orfana e di prattutto, dare ai scio, presto cominceconseguenza io posmiei figli affetto e rò a lavorare con una so provvedere al suo attenzione. macchina Overlook mantenimento. di quelle che fanno gli Per me è veramenocchielli per i bottoni. te duro potere tirare Grazie a questo lavoro guada- avanti e, soprattutto, dare ai miei gno 525 bolivianos al mese (75 figli non solo un pane e un poco dollari, 52 euro) e appena riesco di educazione, ma anche affetto e a pagare l’affitto delle due stanze attenzione. Il tempo che mi rimache occupo con i miei tre figli e a ne quando torno a casa è poco e pagare luce e acqua. Come avrete devo provvedere a tutto per cui capito, sono jefa de hogar, vale a alla fine mi ritrovo stanchissima e dire capo famiglia, da quando mio all’alba di un nuovo giorno di sfimarito se ne è andato in Brasile de. per cercare un lavoro. Da là non Per fortuna, ho il mio lavoro e la è più tornato e non ci ha mai fat- salute mi permette di tirare avanto avere neppure un centesimo, ti. Presto, poi, Fernando potrebbe anche quando la situazione qui darmi una mano, facendo qualche era disperata. Purtroppo, infatti, lavoretto ed arrotondando lo stil’ultima dei miei figli, dopo un at- pendio per comprare pannolini e tacco di meningite, è rimasta cie- medicinali per Erika. ca, sorda e con danni celebrali irSono sicura che ce la farò. reversibili. Avrebbe bisogno di un Fonte NotiCum appoggio ed un’assistenza medica Settembre 2007 “ “ La donna nel mondo 74 Brasile - Donne e minori schiavi di tutto e di tutti La lotta di monsignor Azcona contro i trafficanti L La sua è una storia di denuncia zoniche: molti bambini svengono contro la grave situazione che vi- a scuola perché denutriti e per la vono i minori e le donne nella sua mancanza di acqua potabile. Il cibo diocesi. Il vescovo di Marajò, mon- che ricevono a scuola non basta, signor Josè Luiz Azcona, missiona- anche perché spesso lo dividono rio agostiniano spagnolo, alla gui- con i fratelli. da di un territorio vastissimo nello «Noi siamo schiavi di tutti e di stato del Parà, la più grande isola tutto» ha affermato una ragazza di fluviale del mondo, alla foce del 16 anni, in un reportage sul merRio delle Amazzoni, è già stato con- cato sessuale minorile, un servidannato a morte da un zio televisivo che ha gruppo di narcotraffatto molto scalpore ficanti locali per aver in Brasile, nel quale a Molte bambine denunciato non solo telecamere nascoste si stanno prostiil loro mercato di stugli autori hanno dotuendo in cambio pefacenti, ma anche la cumentato quanto sia di cibo vendita di esseri umadiffusa la vendita di ni e di bambini per il minori per prestaziocommercio d’organi, ni sessuali. In questo lo sfruttamento al lavoro, la prosti- servizio, un’adolescente era stata tuzione. Minacce pesanti che han- mercanteggiata dalla madre per no già portato all’uccisione di un 500 reais, circa 200 euro, mentre suo collaboratore. «I casi di abuso una notte con la figlia di 10 anni era e sfruttamento sessuale di don- offerta a 10 reais. «Bisogna creare ne e bambini sono all’ordine del una nuova mentalità – sottolinea giorno in tutta la regione – afferma mons. Azcona –: ogni donna deve mons. Azcona –. Molte bambine si scoprire che ha una dignità e dei stanno prostituendo in cambio di diritti da difendere. Non smetto di cibo e spesso sono gli stessi geni- denunciare quello che accade nel tori a indurle alla prostituzione». territorio, quello che le persone La fame in tante province continua sono costrette a vivere. Nessuno ad affliggere le popolazioni amaz- può ignorare l’esistenza di questa “ “ 75 America Latina rete di avvio alla prostituzione di donne e bambine, i media ne hanno parlato ampiamente, ma le istituzioni fanno finta di niente e nulla stanno facendo per porre fine a questo grave scandalo». A dare ulteriore credito alla gravità crescente del fenomeno e di altre forme di criminalità locale, dal 2008 il vescovo di Marajò è stato ufficialmente minacciato di morte e attualmente sono tre i vescovi in Amazzonia ad aver ricevuto questa pesante intimidazione da parte dei narcotrafficanti e dai poteri forti. «La situazione si è aggravata in questi mesi – sottolinea mons. Azcona –. Mi hanno proposto di prendermi la scorta. Possono difendermi così? E poi come posso mettere a rischio la vita di persone che per dovere di difendermi potrebbero morire con me? Ho rifiutato, ma sono molto sereno. Sento che la morte potrebbe arrivare in qualsiasi momento, in ogni luogo, tra la gente come in mezzo La donna nel mondo alla foresta. Ma per grazia di Dio non sono in angoscia. Chiedo solo di pregare per me perché non sia tanto vile da fuggire di fronte alla morte né tanto presuntuoso da sentirmi superiore e sfidarla». 76 Fonte NotiCum Luglio/Agosto 2010 Ecuador - Suore di frontiera con Indio, ragazze di strada e “descapacitados” di Ezio Del Favero S Suore Guadalupane con gli Indios Aprile 2012 - Incontriamo tre suorine indigene sul cortile di una “casera” a più di 2.500 metri di altitudine, sugli altopiani andini dell’Ecuador. Un maiale mezzo libero, un orto con cavoli e patate, dei fiori, una cucina piccola ma con tanti posti a sedere per gli ospiti anche improvvisi, un the non con le bustine ma con le erbe medicinali dell’orto… e poi la stanza più bella, come quella di una reggia: la cappellina dove abita Gesù… Le suorine fanno parte della congregazione fondata dal nostro missionario don Giuseppe Pedandola e approvata dal Vaticano: le Hermanitas (suore) Guadalupane, che prendono il nome dalla Madonna di Guadalupe, apparsa a un Indio, per lanciare 77 America Latina messaggi agli Indios e alla Chiesa Ufficiale. Attualmente don Giuseppe opera come confessore proprio nel santuario della Madonna di Guadalupe a Città del Messico. Le suorine Guadalupane sono spesso via dalla casa “casera” madre, in mezzo agli Indios Quechua (discendenti degli Incas), con i quali condividono la lingua, il lavoro, il cibo, la preghiera. Le suorine sono donne Quechua consacrate, che vivono la maggior parte del loro tempo con la gente sparsa per i paesini degli altopiani delle Ande… Suor Silvia e le ragazze di strada Siamo a Quito, la capitale dell’Ecuador. Suor Silvia dirige il “Cenit” (Centro de la Niña Trabajadora – Centro della bambina lavoratrice), dove operano anche le consorelle suor Lucia e suor Liliana. Il centro, che spesso accoglie volontarie bellunesi e feltrine, si trova vicino ai mercati più poveri della città. Le suore, che fanno parte della congregazione del Buon Pastore, con l’aiuto di volontari, si recano al mercato e raccolgono i bambini dai 3 ai 5 anni, dopo aver convinto le loro mamme, per fargli vivere una specie di “asilo” in una stanza del mercato. Quando saranno più La donna nel mondo grandi, soprattutto le bambine, potranno andare a scuola nel loro Centro e magari arrivare a conseguire un diploma, per esempio di sartoria, riconosciuto dallo stato. Le ragazze, tolte dalla strada e da forme di violenza spesso inimmaginabili, al Cenit ricevono istruzione, cibo, cure, assistenza psicologica e possono fruire di doposcuola e di laboratori di teatro, di cucina, di bricolage… A chi è già troppo grande per iniziare il percorso scolastico, le suore offrono corsi di alfabetizzazione e di artigianato e altre opportunità. Periodicamente i responsabili del Cenit convocano le famiglie delle ragazze per condividere, come sarebbe giusto, l’opera educativa… Suor Teresita e i discapacitados Teresita è una suora ecuadoriana. Omonima della più celebre Teresa di Calcutta, come lei diventa “ribelle” per amore dei più poveri. 78 Chiede alla propria congregazione di poter vivere in mezzo ai poveri e si stabilisce in periferia, in una casupola con un pezzo di terra e qualche gallina. Lì accoglie qualche bambino disabile abbandonato. Arrivano i primi aiuti, anche da Belluno. Grazie al sostegno dei benefattori e all’opera dei primi volontari, la casupola si allarga: qualche stanza in più, un terreno più grande, un cavallo terapeutico, un orto, un’infermeria, un salone tutto colorato, una casetta “oasi” per gli ospiti di passaggio e per qualche momento di pace. Teresita ci mostra anche il “cuore” della sua Comunità (da lei chiamata “Fraternità del servo sofferente”): una sedia di plastica di fronte ad un tabernacolo: la sua cappellina personale. Marisa, una bambina autistica di 9 anni sempre inquieta, non abbandona mai la sua nuova mamma Teresita… Sergio, che grazie a Dio adesso cammina dopo essere stato incatenato fin da piccolo perché “ritardato”, ci fa da guida, fino nella stanza dove si trovano dei bambini orfani e una neonata paralizzata… Oggi gli ospiti di Teresita sono una quarantina, specialmente bambini disabili, ma anche anziani abbandonati, la cui sola prospettiva sarebbe stata quella di sfilare davanti alle mense della caritas o di chiedere l’elemosina alla porta delle chiese… Prossimamente Teresita ospiterà 5 seminaristi che si prepareranno al sacerdozio stando con lei e con i suoi ospiti per qualche giorno, nella fraternità del Servo sofferente… 79 America Latina Suor Teresita e la Comunità del Servo Sofferente Natabuela, 27 giugno 2012 Carissimi amici della diocesi di Belluno-Feltre, pace e bene per voi in Cristo Gesù che ci ama e ci unisce… Sono le 2 di notte e tutto sembra riposare in silenzio, tra infermi e moribondi. Siamo stati colti dalla polmonite e i più deboli stanno morendo. Siamo 40, tra anziani, bambini e malati mentali. Solo l’Amore, la pazienza del nostro Signore Crocifisso ci sta aiutando a resistere a questa croce tanto dolorosa che fa soffrire i miei poveri fratelli e già sento che pesa sulle mie deboli spalle. Impotente e in silenzio devo veder morire. Non sapete quanto mi addolora e mi commuove vedere Cristo sulla croce, condividendo con me il suo segreto e rivelandomi la sua forza in tanta debolezza, attraverso le creature più povere e indifese, soffrendo senza parlare, senza reclamare nulla. In questo momento giunge alle mie braccia una bambina autistica, malata di mente, non ha più sonno, sente che non la sto accompagnando a letto e si aggrappa al mio petto mentre scrivo. Lei è una bambina cresciuta senza amore, costretta con una catena legata ad un albero, per i fastidi che causava. Ha vissuto con il cane, fuori casa, è sopravvissuta mangiando la terra e la cacca sua e del cane, totalmente denutrita. Non parla, quando è arrivata qui, aveva La donna nel mondo convulsioni fino a 7 volte al giorno, accompagnate da una tosse cronica; ogni volta che aveva queste crisi, sanguinava dalle narici. Tutti avevano paura perché era troppo aggressiva, distruttiva, non voleva usare i vestiti e fuggiva da ogni essere umano a tutta velocità. Sono 2 anni e 7 mesi che vive qui con noi, nel nostro “reparto psichiatrico”, e ora è una bambina molto amorevole e affettuosa. È un miracolo di Dio, attraverso la vergine di Guadalupe. Non mi lascia più scrivere, è un po’ inquieta. Vi racconto che, con l’aiuto economico vostro e dei fratelli che sono solidali con la “Hermandad del Servo Sufriente”, abbiamo avviato una nuova costruzione, grazie alla collaborazione di volontari, ed è venuta molto bella. Così abbiamo potuto sistemarci meglio, perché prima eravamo ammassati tutti in una salacappella ad uso multiplo. Monsignor Maggi (italiano), il nostro nuovo vescovo, ci ha visitato due volte, altre mi ha chiamato per parlarmi, e una volta mi ha invitato a dare testimonianza in mezzo a moltissima gente e ad autorità di Imbabura… In questo momento la piccola che tengo in braccio ha avuto una convulsione. Sono le 3 della mattina, vi saluto affettuosamente, nella promessa che non ci dimenticherete mai. Grazie per tutto, grazie a tutti gli amici che pregano per noi e che collaborano. Che Dio vi benedica sempre. Vi vogliamo molto bene! 80 Teresa Riveira RECENSIONI SUL TEMA (REPERIBILI PRESSO GLI UFFICI DEL CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO) di Mario Bottegal Domitila Barrios de Chungara, Moema Viezzer Si me permiten hablar Siglo XXI, 01/dic/1978 Moglie di un minatore e madre di sette figli, Domitila fu l’unica donna della classe operaia a partecipare alla “Tribuna” dell’Anno Internazionale della Donna, tenutasi in Messico nel 1975. Così nacque l’idea di questa testimonianza, che contiene elementi per una analisi storica profondamente innovativa, in quanto esprime un’interpretazione dei fatti a partire da una visione popolare. Elisabeth Burgos Mi chiamo Rigoberta Menchú Giunti Editore, 1983 (Wikipedia) È la biografia di Rigoberta Menchú Tum, una giovane contadina india residente in Guatemala. Rigoberta, attraverso l’intermediazione dell’autrice Elisabeth Burgos, descrive la situazione tragica del popolo guatemalteco, oppresso ed ucciso dai Conquistadores ladini. Rigoberta ci offre uno scenario fatto di riti quotidiani, antiche credenze, piccoli gesti simbolici che ricollegano i guatemaltechi agli antichi Maya, loro antenati. La vita degli indigeni è incentrata sul rispetto nei confronti della natura; l’alimentazione è fatta di ciò che si coltiva, le abitazioni sono costruite di arbusti e gli animali sono componenti della famiglia. Il mais (la “milpa”) è alla base dell’alimentazione guatemalteca; d’altro canto il Popol Vuh (una sorta di Bibbia per gli indigeni) dice che i maya siano nati da palline di mais e acqua. Ogni indigeno ha un Nahual, un alter ego simbolico a cui il proprio destino è legato. Ogni giorno dell’anno ha un Nahual di riferimento; i più sfortunati sono coloro che sono nati il martedì: questo giorno ha per Nahual il toro, che ha caratteristiche piuttosto colleriche. La condivisione è un valore; ogni comunità ha persone elette (i “nonnetti”) alle quali ci si può rivolgere per qualsiasi problema. Da una parte, la bellezza della natura, una vita intensa fatta di lavoro e comunità, dall’altra la drammatica lotta contro i ladini (meticci). Rigoberta ricorda il tempo in cui era piccola e si recava con i genitori a lavorare nella finca (piantagione). Ricorda la morte dei suoi fratelli (uno morto per intossicazione e l’altro per denutrizione), e dei genitori (sua madre torturata, violentata e uccisa dall’esercito; il padre nell’incendio dell’ambasciata di Spagna). Rigoberta decide ad un certo punto di prendere un impegno politico su di sé, all’interno di un sindacato agricolo. Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB BL Ottobre 2012 - N. 19 La donna nel mondo