La donna nel mondo
Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB BL
Ottobre 2012 - N. 19
La donna nel mondo
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La parola del direttore
pag.
1
Maria Stella dell’Evangelizzazione
pag.
3
La condizione della donna nel mondo di oggi
pag.
6
I posti peggiori per una donna
pag.
9
Donne al potere nel mondo
pag. 16
Violenza contro le donne
pag. 19
Contro lo sfruttamento delle donne
pag. 24
Donne occidentali…pag.
26
La donna in Albania
pag. 28
-Donne in Africa
• Donne al potere in Africa
• Nobel per la Pace 2011 assegnato a tre donne • “Donna, Sorella mia”
• Annalena, di Dio
• Le suore di Casablanca
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-Donne in Asia
• India - Guardando al cambiamento
• Donne al potere in India e Bangladesh
• Il caso di Asia Bibi
• Aung San Suu Kyi in Myanmar pag. 47
pag. 51
pag. 53
pag.56
-Donne in America Latina
• Donne al potere in Centro e Sud America
• Bolivia: le donne e il coraggio della speranza
• Brasile: donne e minori, schiavi di tutto e di tutti
• Ecuador: Suore di frontiera
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LA PAROLA DEL DIRETTORE
all’umanità ferita dalle malattie,
dallo sfruttamento, dall’ignoranza;
donne che sono fari di speranza
anche là dove tutto sembra essere
nel buio; donne che nella Chiesa
non cercano i primi posti, ma sono
le prime nel servizio della carità e
dell’evangelizzazione, sull’esempio
di Maria.
Possiamo dire che la donna sta
conquistando sempre più un
posto alla luce del sole, ma il suo
potere forse più decisivo è ancora
quello svolto nella penombra:
nella resistenza agli abusi degli
uomini, nel tracciare cammini di
liberazione per le loro società, nel
servizio instancabile alla vita più
debole, nella fatica del lavoro più
umile, nella gioia dell’annuncio
della Buona Notizia che diventa
festa in tante comunità cristiane
o fraternità universale nell’ambito
del pluralismo religioso.
Come Annalena Tonelli,
chiamata “giardiniera di uomini”
perché , “nella titanica lotta per
liberare la gente africana dalla
malattia, dall’emarginazione e
dalla violenza, voleva farli fiorire
ad una vita degna di creature fatte
ad immagine di Dio”.
Come le Suore di Casablanca
che, unendo contemplazione e
fratellanza universale, diventano
vere testimoni di un Dio che
Amici,
ecco a voi “Notizie 19” che ci
introduce al tema della “Missione
della donna nel mondo”. La
Chiesa e le società del mondo
intero non si sono ancora redente
dal secolare patriarcalismo che
da sempre ha relegato la donna
al ruolo “naturale” di ombra
dell’uomo, con comparse che
servivano per lo più a coronare
di vantaggi la vita e l’attività
dell’uomo. Ma qualcosa sta
cambiando!
Questo fascicoletto vuol aiutarci a
vedere il rovescio della medaglia:
quanto “innaturale”, incivile ed
anti-evangelico sia in molti casi il
rapporto dell’uomo con la donna
e quanto stia diventando ogni
giorno più decisivo nella vita
di famiglia, della chiesa e della
società moderna il posto che la
donna si sta conquistando, a caro
prezzo: sia nelle società più evolute
del Nord del mondo, come in
quelle più tradizionali del Sud.
In molti casi troviamo ormai
donne alla guida di paesi
importanti o che acquistano posti
chiave nei movimenti politici e
sociali; donne che ingrossano il
coro di voci che si ribellano agli
abusi dell’uomo sul loro corpo e sul
loro lavoro; donne che si pongono
in prima linea nel servizio
1
anche investiti di pubbliche
responsabilità, che “offendono,
umiliano e deturpano l’immagine
della donna, dove fiumi di denaro
e di promesse si intrecciano con
corpi trasformati in oggetti di
godimento perverso”.
La Regina del Sud, di biblica
memoria (Mt. 12,38-42), si alzerà
per giudicare questa generazione
ottusa e perversa, insensibile al
richiamo evangelico di Gesù
di Nazareth. La Regina del
Sud è quella donna semplice
e povera del Sud del mondo,
che oggi più che mai interpella
la coscienza di un occidente
opulento e insensibile. Ma sono
anche le tante nostre missionarie
bellunesi e feltrine che danno il
loro prezioso contributo a questo
processo di liberazione della donna
in ogni continente, pagando a
caro prezzo ogni loro iniziativa.
Mettiamoci in ascolto e facciamo
la nostra parte!
ama in terra d’Islam.
Come risulta dalla testimonianza
di queste donne della Bolivia:
“abbiamo visi normali, mani ed
unghie forti perché con queste sole
siamo spesso rimaste aggrappate
alla vita; abbiamo sguardi vuoti
di lacrime, ma ancora capaci di
scrutare l’orizzonte e di sperare;
abbiamo cuori forti, che non
hanno paura della vita, sebbene
questa abbia agitato tante volte
i suoi fantasmi; abbiamo corpi
percorsi da mille cicatrici che
nascondiamo a noi stesse per non
tornare a soffrire di più.”
Come una schiera di donne
semplici, latino-americane e
africane, che hanno imparato
a praticare la Lettura popolare
della Bibbia nelle loro comunità,
risollevando la speranza in
un popolo spinto alla deriva
dallo sfruttamento e dalla
marginalizzazione.
È doveroso un sentimento di
pubblica gratitudine verso tutte
queste donne, come anche la
richiesta sincera di perdono,
accompagnata dalla nostra
indignazione per l’indecoroso
spettacolo che la nostra società
che si dice “civile e cristiana”
sta dando, con uomini,
don Luigi Canal
N.B. Il presente libretto non ha la
presunzione di approfondire il tema
della donna nel mondo in maniera
esauriente… Propone solo alcuni
flash, per aiutare a riflettere.
2
Maria Stella dell’evangelizzazione
L
di Luigi Canal
La povera Eva, la donna di Adamo, è passata alla storia (forse immeritatamente), come l’origine di
tutti i mali. Per fortuna la Bibbia
parla spesso per immagini e non va
presa alla lettera. Ci rallegra quindi vedere riscattata questa donna
nella figura di Maria, la nuova Eva,
la Madre di ogni Bene, la prima
Missionaria del suo Figlio che da
Lei aveva ricevuto carne e umana
educazione.
Il messaggio fondamentale per
tutta l’umanità Maria ce l’ha lasciato nel momento della Annunciazione, con il Magnificat e con
la Visita alla cugina Elisabetta. Qui
è diventata il vero esempio della
nuova donna di ogni epoca.
Con il suo “Sì” alla proposta
dell’angelo, Maria ci mostra la strada per un modo evangelico di gestire la vita e di fare Missione, che
è poi spiegato nel Magnificat: …
«Il mio spirito esulta in Dio, mio
Salvatore, perché… ha rovesciato i
potenti dai loro troni e ha innalzato gli umili; ha colmato di beni gli
affamati e rimandato a mani vuote
i ricchi…».
Questa esperienza, che ha segnato profondamente Maria, è
stata il frutto di tanti “sì”, gioiosi e
dolorosi!
di tutti i tempi deve pronunciare
per assumere la sua missione di
sposa, di madre, di gestante di una
nuova società con il suo impegno
e il suo servizio. Non i “sì” della
sottomissione servile di una volta,
che annullavano la sua volontà e
la sua dignità nella società patriarcale, ma il “sì” cosciente della sua
corresponsabilità nel destino della
famiglia, della chiesa e della società. Lo testimonia Maria, questa
giovane donna, nell’accettare da
Dio una gravidanza non compresa
né dai parenti, né dalla comunità;
nel partire per prestare assistenza
alla cugina Elisabetta, anziana e bisognosa di aiuto, senza calcolare
pericoli e immancabili giudizi contrari; nell’accompagnare il Figlio in
una missione piena di tensioni.
Si configura una missione che
Maria porta avanti nella sofferenza, condivisa da Giuseppe, nel proteggere il Figlio contro il potere
impazzito di Erode, fuggendo in
Egitto, mettendosi affannosamente
alla ricerca del Figlio adolescente
perduto nel tempio. Quante donne del nostro tempo vivono quotidianamente queste sfide, nelle
persecuzioni contro la fede cristiana, negli accampamenti dei rifugiati dalle guerre, nei gommoni della
disperazione in cerca di speranze
nuove, nei conflitti di generazione
Pensiamo a quanti “Sì” la donna
3
con figli adolescenti o in preda alle
allucinanti seduzioni del mondo;
nelle moderne schiavitù della droga e della prostituzione…
La donna diventa segno anche
oggi di una chiesa che è chiamata
a difendere le deboli vittime della
crudeltà umana; a cercare Gesù e
a non darsi pace di fronte a persone e situazioni che sembrano aver
perso di vista la presenza di Gesù.
Maria è stata fedele al suo Figlio
anche quando lo hanno ritenuto
“fuori di testa” (Mc. 3,21), quando
hanno osteggiato in tutti i modi il
Vangelo del suo Figlio, quando infine lo hanno messo a morte nel
La donna nel mondo
modo più atroce sul Calvario. Là
troviamo questa Donna, straziata
dal dolore, ma in piedi, mai accasciata… Come tante donne coraggiose che lasciano il segno e spesso
il sangue nelle marce e nelle lotte
popolari, nelle favelas dell’America
latina, nelle miniere della Bolivia,
nelle piantagioni di canna del Brasile, nelle riserve indigene dell’Amazzonia, nei movimenti sindacali
e politici per la liberazione dei loro
figli e mariti sfruttati e sfrattati.
È però una storia che non finisce
nel Calvario, né per Maria né per le
donne d’oggi, ma dal trono glorioso della croce, da questa cattedra
4
incomparabile del Cristo morto e
risorto, prepara e preannuncia anche la Risurrezione del suo popolo.
Perché il Dio di Maria è un Dio
che soffre, piange e ascolta le miserie del suo popolo ed è ricco di misericordia verso coloro che il mondo rifiuta. Ecco allora tante donne
che abbiamo conosciuto nei nostri
anni di missione nel Sud del mondo, farsi portatrici della Buona Notizia attraverso la Lettura popolare
della Bibbia fatta nelle Comunità
di Base: una lettura spoglia delle
disquisizioni teoriche della gente
intellettualmente complicata, ma
pregnante di vita e d’impegno concreto con il cammino verso la realizzazione del Regno di Dio nella
storia umana. Donne che incarnano la profezia di Gesù sull’immagine biblica della Regina del Sud(Mt.
12,42). Donne che interpellano, oggi più che mai, la coscienza di un
Occidente opulento, ma insensibile ai drammi che vivono milioni di
donne dei paesi poveri.
Quando dalla croce Gesù ha affidato l’umanità a questa donna, Maria (“Donna, ecco tuo figlio!” Gv.
19,26), sapeva bene che poteva fare
affidamento sul ruolo di sua Madre nel mondo. E allora eccola rendersi presente in tutti i continenti,
nelle situazioni di maggior sofferenza (schiavitù, guerre, miseria…)
per dire a tutti, come a Guadalupe:
«Non sono qui io, che sono tua Madre? di che altro hai paura?».
Notizie
Centro Missionario di Belluno-Feltre
Hanno collaborato a questo numero: don Luigi Canal,
don Ezio Del Favero, Mario Bottegal, Josè Soccal,
Chiara Zavarise, Debra Coletti, suor Edvige Carocari.
Foto di Josè Soccal.
Redazione c/o: Centro Missionario Belluno-Feltre
Piazza Piloni, 11 - 32100 Belluno – Tel. 0437 940594
[email protected]
www.centromissionario.diocesi.it
Direttore di redazione don Luigi Canal
Responsabile ai sensi di legge don Lorenzo Dell’Andrea
Stampa Tipografia Piave Srl - Belluno
Iscrizione al Tribunale di Belluno n. 1/2009
5
La condizione della donna
nel mondo di oggi
C
Raccolto da Ezio Del Favero
Ci soffermiamo brevemente sulla condizione femminile nel mondo tra secolare oppressione, nuovi
vincoli, aperture e ampia emancipazione.
Indubbiamente la vita delle donne oggigiorno è molto diversa da
quella immutabile delle loro antenate e non solo nell’Occidente sviluppato: le donne stanno facendo
passi avanti anche in Sudamerica
ed in Estremo Oriente e cercano
di mantenere le loro conquiste nei
difficili periodi che vivono la Russia e l’Europa orientale.
Invece, in zone come il Medio
Oriente, l’Africa e il subcontinente
indiano la loro condizione è ancora difficile e la parità un sogno, in
certi paesi come l’Afghanistan e
l’Iran i loro diritti erano maggiormente tutelati nei decenni passati.
In ogni caso bisogna far attenzione: l’emancipazione, in paesi come
il Marocco e la Malesia, è innegabile, ma riguarda solo le donne colte
ed urbanizzate, mentre nelle campagne la secolare inferiorità continua, così come l’incredibile carico
di lavoro che il genere femminile
sopporta da sempre. Quindi il pianeta delle donne non è uniforme.
Ancor oggi la maggioranza delle
donne vede continuamente calpestati i propri diritti o, ancor peggio,
La donna nel mondo
non ha mai sospettato di averne.
***
Analizziamo lo studio delle Nazioni Unite, datato 2010, sulla condizione della donna nel mondo. Il
quadro tracciato dal Dipartimento
di Economia e degli Affari Sociali è
davvero poco consolante.
Sul fronte dell’educazione sono
stati fatti progressi, benché lenti
ed irregolari, dell’alfabetizzazione
delle donne adulte rispetto agli
uomini in tutto il mondo. Ma le
donne sono ancora nettamente
in svantaggio: ben due terzi degli
analfabeti nel mondo, 774 milioni,
sono donne. Questo rapporto è
rimasto inalterato negli ultimi due
decenni e il divario è presente nella maggior parte delle regioni del
mondo. La tabella che segue riporta il numero di analfabeti donna rispetto agli uomini in vari paesi del
mondo, nel 1990 e nel 2007.
Sul fronte del lavoro, le donne
sono più occupate degli uomini,
52% contro 48%. Ma il numero di
donne che occupa posti di potere
è sensibilmente inferiore. Sebbene
negli anni le donne siano entrate
in settori di lavoro tradizionalmente a prevalenza maschile, il loro
6
livello di rappresentanza in impie- Il grafico mostra la differenza di
ghi caratterizzati da status, potere ore dedicate alla cura della casa:
e autorità è significativamente mi- in Italia un uomo dedica in media
nore rispetto agli uomini. Ci sono 2 ore al giorno alle faccende dorelativamente poche donne tra i mestiche contro le 6 di una donna,
legislatori, alti funzionari e dirigen- uno scarto che ci colloca come fati. Il rapporto invece si inverte nel nalino di coda in Europa e al livello
mercato del lavoro degli operatori del Pakistan.
commerciali, operai, assemblatori,
impiegati, professioniIn politica le donne
sti e venditori. In tutta
scontano ancor più lo
Europa, le donne guasquilibrio tra i sessi,
Le donne spendagnano circa il 20%
che persiste in tutto
dono almeno il
in meno degli uomini.
il mondo. Le donne
doppio del temcontinuano ad essere
po, rispetto agli
Il carico sociale è
sottorappresentate nei
uomini, in lavoro
invece in gran parte
parlamenti nazionali,
domestico.
sulle spalle delle dondove in media solo il
ne, che si ritrovano
17 per cento dei posti
a lavorare più degli
è occupato da donne.
uomini e contemporaneamente a Meno di un ministro su cinque e
dover sopportare la maggior par- meno di un capo di stato su dieci
te delle responsabilità per la casa: è donna. Il grafico mostra la diffela cura dei bambini e degli altri renza percentuale di rappresentamembri della famiglia, la prepara- tività tra uomini e donne nelle liste
zione dei pasti e i lavori domesti- elettorali. Con la sorpresa che in
ci. In tutte le regioni del mondo Africa si candida il 20% di donne in
le donne spendono almeno il dop- più rispetto agli uomini, mentre in
pio del tempo, rispetto agli uomini, Europa e nelle regioni più svilupin lavoro domestico non retribuito. pate i candidati donna sono il 10%
“
“
7
in meno, sempre rispetto
alla controparte maschile.
Le statistiche indicano
che la violenza contro le
donne è un fenomeno
universale e che le forme
di violenza sono ad ampio
spettro: fisica, sessuale,
psicologica ed economica. Con l’aggravante che
gli episodi di violenza
accadono sia in casa che
fuori. Il problema della
mutilazione genitale femminile è in diminuzione,
ma ancora drammaticamente presente nei paesi
meno sviluppati.
L’accesso alle pari opportunità per la donna resta una chimera planetaria. È il caso, quindi, di continuare
a riflettere, discutere e divulgare le
tematiche inerenti alla condizione
della donna. Donna che, oggi, è
sfruttata, sottopagata, discriminata
sessualmente e oggetto di stalking.
La donna nel mondo
Una donna che torna dalla maternità sconta una severissima penalità sul lavoro. La donna subisce
violenza, il suo corpo è usato come
veicolo di marketing e come merce
di scambio per il potere…
8
I posti peggiori per una donna
N
Raccolto da Josè Soccal
Nascere donna in…
grande canale di informazione nel
mondo arabo, Al Jazeera. Dietro a
questa facciata c’è una realtà differente.
Le donne in Medio Oriente e nei
paesi arabi tuttora vengono trattate come dei paria (oppressi). Vivono segregate in casa e dipendono
totalmente dalla volontà di mariti,
padri e fratelli, che hanno avuto
un’unica fortuna: quella di nascere uomini. In Arabia Saudita non
possono nemmeno guidare le loro
macchine e per sposarsi hanno
sempre bisogno della benedizione
Il posto peggiore per una donna?
Probabilmente è il Medio Oriente.
Nonostante la primavera araba, le
rivoluzioni di piazza e il nobel della
pace a tre donne, tra cui una giovane blogger yemenita, Tawakkul
Karman, la condizione delle donne
nei Paesi arabi e in Medio Oriente
resta orribile.
Non bisogna farsi condizionare dalle donne che seppur velate,
discutono di politica in tv o che
conducono i telegiornali nel più
9
di un “superiore”, solitamente un
uomo di famiglia che si comporta
da vero e proprio “guardiano”, anche se sarebbe meglio dire “carceriere”.
In Egitto le mutilazioni genitali
sono all’ordine del giorno per la
generazione di donne precedente a quella di Piazza Tahrir (quindi
parliamo di mamme e nonne tra i
50 e i 60 anni). E anche le ragazze
che, con gli uomini e come gli uomini sono scese in Piazza rischiando la vita per scacciare l’ultimo
faraone Hosni Mubarak, sono poi
state sottoposte all’umiliazione dei
test per la verginità, somministrati
nelle carceri del Cairo.
Se si guarda al Global Gender
La donna nel mondo
Gap Report del World Economic
Forum (forum che annualmente
misura la disparità di genere ne
mondo), nei primi 100 Paesi non
ce ne è nemmeno uno arabo. Poveri o ricchi che siano, sono tutti
contraddistinti da un sentimento
comune: l’odio verso il femminile, l’odio verso le donne. Anche il
Marocco, spesso additato come
Paese-modello per le sue leggi di
famiglia definite “progressiste”, è
al 129esimo posto nella classifica
stilata dal World Economic Forum.
Eppure, secondo gli analisti occidentali il Marocco rappresenta un
perfetto esempio di come un Paese
musulmano possa integrarsi all’interno di una società moderna. Un
10
vengono uccise appena nascono,
appena il loro corpicino nudo testimonia la loro condanna a morte: l’essere femmine. Molte donne
che sono incinte vengono arrestate e vengono costrette ad abortire, dopo vengono sterilizzate; le
madri che si rifiutano di perdere le
loro bambine vengono minacciate
In India l’infanzia per le bimbe dalla polizia finché non vengono
convinte ad abortire.
è un lusso, in poche
Alcuni medici di proarrivano ai sei anni di
fessione vengono invita. La nascita non
Vengono minaccaricati di uccidere le
prevede sempre l’acciate finché non
neonate sotto la prescoglienza. Molte mavengono convinte
sione del governo cidri, infatti, si ritrovano
ad abortire.
nese. Spesso nei quarad abbandonarle pritieri poveri della Cina
ma di portarle a casa.
la gente cammina per
Il sesso sbagliato può
comportare l’assassinio della pic- strada cieca, non vedendo i cadacola dinanzi agli occhi della donna verini nudi gettati sui marciapiedi
per mano dei familiari. Si sceglie come dei piccoli gattini morti. Dal
l’abbandono affidandosi alle mani governo cinese verranno registradel destino, sperando nella sua te come morti da polmoniti e crisi
clemenza e nell’arrivo di persone respiratorie. Le famiglie spesso si
che abbiano il coraggio di crescere fanno aiutare nell’infanticidio dai
governi locali; per loro inviare un
la giovane creatura.
rapporto di avvenuta morte è motiIn Cina, nel 1979, venne emanata vo di grande orgoglio. Significa che
una legge per risolvere il problema stanno mettendo in atto le regole,
della sovrappopolazione: “Legge stanno rispettando la legge.
eugenetica e protezione salute”.
Questa legge prevede un duro re- Mortalità materna
gime di controllo delle nascite; una
Ogni anno più di mezzo milione
coppia in Cina deve avere un solo
figlio, e avere una femmina è con- di donne muore per complicaziosiderata quasi una maledizione, ni legate alla gravidanza o al parto.
una sciagura, perché per una fami- Altri 10 milioni patiscono lesioni,
glia cinese avere una sola femmina malattie e infezioni che possono
significa vedere la propria dinastia provocare sofferenze per tutto
estinguersi. In Cina spariscono l’arco della vita. Su 536.000 decesoggi oltre due milioni di bambine, si materni stimati nel 2005, il 99%
dato è esemplificativo della realtà
marocchina: secondo il ministero
di Giustizia di Rabat, nel 2010 in
Marocco hanno convolato a nozze
41.098 ragazze minorenni. Segno
che la “pratica” di dare in sposa le
bambine a uomini spesso molto
più grandi, è ancora molto in voga.
“
“
11
sono avvenuti in Paesi in via di sviluppo, di cui l’84% concentrati in
Africa Subsahariana (265.000, circa
la metà di quelli totali) e Asia meridionale (187.000, 1/3 del totale).
Quasi due terzi di tutti i decessi
materni, inoltre, sono avvenuti in
appena 10 Stati, con l’India che registra di gran lunga il maggior numero di casi: 117.000, pari al 22%
del totale mondiale.
La donna nel mondo
Il paese in cui è più pericoloso
partorire è il Niger, dove il rischio
di mortalità materna è di 1 su 7, con
un divario abissale rispetto al paese dove è più basso, l’Irlanda (1 su
47.600).
Il “rischio di mortalità materna”
misura la probabilità di morte che
una donna corre nell’arco della vita
per eventi connessi alla gravidanza
e al parto e tiene conto dei tassi di
mortalità materna (probabilità di
morire per numero di parti: stima il
numero annuo di decessi materni
per gravidanza e parto ogni 100.000
nati vivi) e dei tassi di fertilità (probabile numero di parti per donna
in età fertile). Nei paesi con alti tassi di fertilità il rischio di mortalità
sarà quindi più alto di quelli con
tassi di fertilità minori.
Tra i paesi industrializzati, il più
alto tasso di rischio di mortalità
materna si registra in Estonia (1 su
2.900), il secondo negli Stati Uniti
(1 su 4.800) - ben al di sopra della
media dei Paesi industrializzati (1
su 8.000).
A livello di aree geografiche, circa il 30% di tutti i decessi materni
avviene nell’Africa occidentale e
centrale - dove nel 2005 sono morte 162.000 donne per cause legate
alla gravidanza o al parto - ed un
altro 20% in Africa orientale e meridionale (103.000 casi), mentre più
di un terzo dei 536.000 decessi materni del 2005 sono avvenuti nell’Asia meridionale (187.000), la cifra
più elevata in assoluto tra tutte le
regioni considerate.
La regione che comprende l’Eu-
12
ropa Centro-orientale e la Comunità degli Stati Indipendenti (ex
URSS) ha i livelli più bassi di mortalità materna del mondo in via di
sviluppo, con 2.600 decessi registrati nel 2005.
L’istruzione delle donne e delle
bambine può contribuire alla riduzione della mortalità materna. Se in
possesso delle conoscenze su salute riproduttiva, sessualità e HIV/
AIDS, le donne possono prendere
decisioni consapevoli in merito.
La mortalità materna può essere
ridotta anche grazie a una maggiore conoscenza delle pratiche di assistenza sanitaria, a un più ampio
ricorso ai servizi sanitari durante la
gravidanza e il parto, a un’alimen-
tazione migliore e a un distanziamento delle gravidanze, tutti fattori favoriti da una maggiore istruzione delle ragazze.
Donne e povertà
Le donne sono svantaggiate in
diversi aspetti della vita sociale ed
economica, soltanto in termini di
aspettativa di vita esse superano gli
uomini. Spesso il disagio consiste
in una vera e propria violazione
dei diritti delle donne, con pratiche quali l’obbligo del controllo di
gravidanza o le molestie sessuali.
La diffusa pratica del lavoro non
retribuito, effettuato soprattutto in
ambito femminile, rende difficile
13
un equo sviluppo economico.
Secondo alcuni studi, sussisterebbe anche nei paesi più sviluppati una sostanziale disparità di
trattamento tra i sessi, calcolata
attraverso gli indicatori della parità
di opportunità tra uomini e donne,
ovvero: il « tetto di cristallo», il divario del reddito ed il numero di
donne che vivono nella povertà.
Questi indici riportano una povertà maggiore delle donne, tanto che
ci si chiede se le stesse siano più
povere degli uomini o se tra i poveri ci siano più donne che uomini.
I dati forniscono elementi che
confermano tali analisi: infatti, le
donne costituiscono il 70% dei poveri del mondo e hanno, in media,
il 90% dello stipendio di un uomo
a parità di lavoro, educazione e
formazione. Il numero delle donne presenti sul mercato del lavoro,
La donna nel mondo
siano esse occupate o in cerca di
occupazione, è 1/3 della forza-lavoro riconosciuta, ma il lavoro effettivamente svolto dalle donne a
livello mondiale, rappresenta i 2/3
del totale.
Donne e istruzione
Sono 58 milioni in tutto il mondo le bambine e le ragazze che
non hanno accesso all’istruzione,
58 milioni di persone che potrebbero cambiare i loro paesi e non
avranno la possibilità di farlo. Alcuni dei paesi più poveri stanno
facendo grandi passi avanti nel
diritto all’istruzione femminile,
tuttavia secondo il primo rapporto sui progressi nell’educazione
delle ragazze, reso noto dall’organizzazione internazionale Save
the Children, il numero di donne
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che non vanno a scuola è altissimo. miglioramenti in vari settori e più
Il dossier - contenuto nel sesto Rap- alti standard di vita nei prossimi 10
porto sullo stato delle madri nel anni. “Una forte volontà politica e
mondo - è una disamina dei Paesi investimenti strategici hanno molin via di sviluppo sulla base della to a che fare col successo o il fallicrescita, negli ultimi dieci anni, del mento nell’educazione delle bamnumero di iscrizioni a scuola e del- bine”, prosegue Ungaro.
la permanenza a scuola di bambine
e adolescenti. “L’educazione delle
Tra i maggiori ostacoli all’edubambine è la leva del cambiamen- cazione femminile ci sarebbero
to delle sorti di un paese - ha com- la discriminazione di genere; la
mentato Filippo Ungaro, portavoce preoccupazione dei genitori per
di Save the Children Italia - Alme- la sicurezza delle bambine; l’Aids;
no 103 milioni di bamla mancanza di persobini (di cui 58 milioni
nale e materiale scobambine) nella fascia
lastico; l’impossibilità
L’ e d u c a z i o n e
di età dell’istruzione
di pagare le rette (che
delle bambine è
primaria non vanno a
andrebbero abolite) e
la leva del cambiascuola”.
limitazioni di ordine
mento.
Dal rapporto emerreligioso e culturale.
ge che dei 71 Paesi in
Le strategie usate dai
via di sviluppo presi
paesi per superare
in esame, Bolivia, Kenya, Came- questi ostacoli vanno da vaste e rarun e Bangladesh hanno realizza- dicali riforme dei sistemi scolastici
to i maggiori progressi nel settore al coinvolgimento di organizzaziodell’educazione femminile mentre ni internazionali, soprattutto nelle
Iraq, Ruanda, Malawi ed Eritrea - a aree rurali, fino alla promozione di
causa di fattori quali guerra, Aids e un sistema scolastico alternativo
rapida crescita della popolazione - per le ragazzine colpite da Aids,
sono agli ultimi posti.
guerre e disastri naturali.
Il dossier si appella ai governi
Per il futuro, il dossier individua dei paesi ricchi affinché sosten11 paesi in via di sviluppo “ad alta gano di più i programmi di eduprobabilità di successo” - tra cui cazione globale nell’ambito del
Bolivia, Cuba, Egitto, Messico e summit del G8, che si terrà il giuVietnam - dai quali ci si attendono gno prossimo.
“
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15
Donne al potere nel mondo
D
Raccolto da Ezio Del Favero
Di 349 Capi di Stato e di Governo
in carica al 1° gennaio 2012 solo 24
erano donne (il 6,8%). Sebbene il
numero delle donne al potere aumenta di un’unità rispetto al 1 gennaio 2011, continua a rappresentare un fatto purtroppo marginale.
Solo due paesi al mondo, la Danimarca e l’Australia (lo scorso anno
erano Finlandia e Australia), al 1°
gennaio 2012, avevano sia il Capo
di Stato che il Capo di Governo
donne.
Kosor
- Presidente Federale Svizzera, Micheline Calmy-Rey
- Primo Ministro Slovacchia, Iveta
Radicova
- Primo Ministro Danimarca, Helle
Thorning-Schmidt
Centramerica
Sono 4 le donne in Centroamerica (come lo scorso anno), ovvero:
- Governatore Generale Saint Lucia, Perlette Louisy
- Governatore Generale Antigua e
Barbuda, Louise Lack-Tack
- Presidente Costa Rica, Laura
Chinchilla
- Primo Ministro Trinidad e Tobago, Kamla Persad-Bissessar
Europa
L’Europa è il continente dove si
trovano il maggior numero di donne (10) (erano 11 lo scorso anno) a
Capo di Stato o di Governo. Esse sono, in
ordine di anzianità alla
Di 349 Capi di Sta- Sudamerica
carica:
to
e di Governo in Due anche in Sud- Regina Elisabetta II
carica
al 1° gennaio America (era 1 lo scord’Inghilterra (Regno
2012
solo
24 erano so anno).
Unito)
donne
(il
6,8%)
- Presidente Argentina,
- Regina Margherita II
Cristina Kirchner
di Danimarca
- Presidente Brasile,
- Regina Beatrice d’OSilma Rousseff
landa
- Presidente Finlandia, Tarja HaloAsia
nen
Tre (erano 2 lo scorso anno) le
- Cancelliere Germania, Angela
donne alla guida di paesi dell’Asia:
Merkel
- Primo Ministro Islanda, Johanna - Presidente India, Pratibha Patil
Sigurdardottir
- Primo Ministro Bangladesh,
- Primo Ministro Croazia, Jadranka
Sheikh Wajed (nella foto)
“
“
La donna nel mondo
16
una sola la donna a Capo di Stato
(erano 2 nel 2010):
- Presidente Lituania, Dalia Grybauskaite (nella foto a pag. 18).
***
Le dieci donne
che da più tempo
detengono
il potere nel mondo:
1° - Regina Elisabetta d’Inghilterra
(dal 1952), secondo posto assoluto dopo il Re di Thailandia
2° - Regina Margherita di Danimarca (dal 1972), quinta assoluta
3° - Beatrice d’Olanda (dal 1980),
quattordicesima assoluta
4° - Governatrice di St. Lucia, Perlette C. Louisy (dal 1997)
5° - Presidente della Finlandia, Tarja Halonen (dal 2000)
Sheikh Wajed
- Primo Ministro Thailandia, Yingluck Shinawatra
Oceania
In Oceania sono 2 (come lo scorso anno) le donne che guidano
Governi o Stati:
- Governatore Generale Australia,
Bryce Quentin (nella foto)
- Primo Ministro Australia, Julia Gillard
Africa
Due anche in Africa, (era una lo
scorso anno):
- Presidente della Liberia, Ellen
Johnson-Sirleaf
- Primo Ministro del Mali, Cissè
Mariam Sidibè
Ex Unione Sovietica
Infine, nei Paesi dell’Ex-URSS è
Bryce Quentin
17
“
6° - Cancelliera di
politica che conta,
Germania, Ansia ancora un fatto
gela Merkel (dal
residuale.
Centroamerica,
2005)
Ad oggi solo 76,
Europa e Sud Ame7° - Presidente deldei 193 paesi indirica sono le aree del
la Liberia, Ellen
pendenti del mondo
pianeta dove si sono
Johnson Sirleaf
(il 39%), sono stati
avute (o si hanno)
(dal 2006)
governati almeno un
più donne alla guida
8° - Governatrice di
giorno da una donna
di uno stato.
Antigua e Barbunella loro storia.
da, Loiuse LakeCentroamerica
Tack (dal 2007)
(60%), Europa (59%)
9° - Presidente India, Pratibha Pa- e Sud America (58%) sono le aree
til (dal 2007)
del pianeta dove si sono avute (o si
10° - Presidente Argentina, Cristina hanno) più donne alla guida di uno
Kirchner (dal 2007)
stato. Dietro di loro, l’ex-Unione
Sovietica (40%), l’Asia (35%) e l’AQuesti numeri confermano an- frica (28%). Fanalino di coda il Mecora una volta come la rappresen- dio Oriente che, su 13 stati sovrani,
tanza femminile nel mondo della solo uno (Israele), ha avuto almeno
una donna al potere.
Questo dato del Medio-Oriente
non deve farci indurre in facili conclusioni. Vi sono grandi paesi musulmani come il Pakistan che sono
stati governati più volte da donne,
di contro vi sono grandi democrazie come gli Stati Uniti e l’Italia che
non hanno mai avuto una donna a
capo del governo o dello Stato.
“
Dalia Gry-bauskaite
La donna nel mondo
18
Violenza contro le donne
L
Raccolto da Ezio Del Favero
La violenza contro le donne è
una violenza di genere riconosciuta oggi dalla comunità internazionale come una violazione fondamentale dei diritti umani.
Alcune forme si trovano in molte
culture (stupro, violenza domestica, incesto), altre sono specifiche
di alcuni contesti (mutilazioni sessuali, omicidi a causa della dote,
ecc.).
Spesso la violenza contro le donne è una combinazione di diversi
tipi di violenze; un esempio è rappresentato dalla violenza domestica dove intervengono generalmente violenza fisica, psicologica,
sessuale, economica e a volte spirituale.
Violenze diverse possono essere fra loro connesse; la violenza
contro le/i figlie/i, ad esempio, è
spesso accompagnata da violenza
domestica contro la madre.
La posizione degli uomini e delle
donne rispetto a questo fenomeno
non è equivalente: le donne figurano molto più spesso come vittime e gli uomini come responsabili;
alcune forme di violenza vengono
agite quasi esclusivamente sulle
donne (stupro).
La violenza può assumere forme
diverse, accadere in molti contesti
e relazioni.
La violenza contro le donne esiste, è
diffusa e non appare
affatto in diminuzione. Le donne sono
vittime di diverse
forme di violenza:
nella quotidianità,
nella vita domestica
e in circostanze particolari come “lo stupro di guerra”.
La violenza contro
le donne è un crimine, ma continua ad
essere considerata
dagli individui, dalle
19
istituzioni sociali e dagli Stati come
una questione privata, si circoscrive nella sfera privata un crimine di
ordine pubblico.
La violenza contro le donne è un
fenomeno molto esteso. “Secondo
il rapporto di Sheila Henderson,
presentato al Comitato per l’eguaglianza tra donne e uomini presso
il Consiglio d’Europa (Lienderson,
1997), almeno una donna su cinque subisce nel corso della sua vita
uno stupro o un tentativo di stupro; una su quattro fa l’esperienza
di essere maltrattata da un partner
o ex partner; quasi tutte le donne
hanno subito una o più molestie
di tipo sessuale: telefonate oscene,
esibizionismi, molestie sul lavoro e
così via”. (P. Romito, La violenza di
genere su donne e minori, Franco
Angeli 2000).
Le donne subiscono violenza dagli uomini. Non tutti gli uomini naturalmente usano violenza contro
le donne ma si tratta comunque di
“violenza di genere” cioè violenza
di uomini contro donne e bambine. Gli uomini usano per lo più la
violenza per mantenere o rafforzare il loro potere nei riguardi delle
donne o per bloccare un regresso
di questo potere. La violenza di
genere è rimasta a lungo invisibile: avveniva nell’ombra in quanto
coincideva con i valori dominanti,
le tradizioni e le leggi a tal punto
da rendere il fenomeno un fatto
naturale, comune, normale!
La violenza contro le donne
come priorità sociale e sanitaria
(di Antonella Graziadei, Enrico Materia)
«Siate il cambiamento che vorreste vedere nel mondo» diceva
Ghandi.
La violenza contro le donne è un
problema molto diffuso con gravi
conseguenze sociali e sulla salute
La donna nel mondo
fisica e psichica delle donne. Si ripercuote per generazioni. E impone un cambiamento.
Miriam, Sonia, Maria, Grazia,
Rossana, Rosalia, Anna, Teresa,
Roberta, Shanaz Begum, Eleonora,
20
sono alcuni nomi di donne uccise non la conoscono o in tanti casi
negli ultimi mesi da mariti, fidan- non la riconoscono.
zati, compagni.
Per affrontare alla radice il proEleonora aveva solo 16 anni ed blema è necessario che il tema
è stata ammazzata con tre colpi di della violenza di genere sia insepistola, stava andando in bicicletta rito nelle agende dei Governi, che
a trovare la nonna.
ci sia un’assunzione di responA sedici anni il futuro ti sorride, sabilità da parte di tutte le Istituvivi la vita con spensieratezza, so- zioni. Quando una donna viene
gni l’amore, ti fidi degli altri, credi picchiata, strangolata, accoltellata,
a chi dice di amarti.
acidificata, bruciata, lo Stato, l’inLa vita di Eleonora e i suoi sogni tera collettività, è colpevole.
sono stati bruciati da tre proiettili.
A conferma di ciò va ricordato
E mentre i quotidiani, la tv e la quanto emerso nel corso della
radio dedicano tempo, parole, prima Conferenza Internazionale
dibattiti, servizi al
sulla violenza contro
campionato di calcio,
le donne nell’ambiinterrogandosi sulla
to della Presidenza
A sedici anni
qualità dell’arbitragItaliana del G8 nel
il futuro ti sorrigio o sul giocatore
2009. In quella sede
de, vivi la vita con
più in forma, il tema
è stata affermata la
spensieratezza, sodella violenza contro
necessità di educare
gni l’amore, ti fidi
le donne è trattato dai
tutte le società ai vadegli altri, credi a
media, tranne poche
lori dell’uguaglianza
chi dice di amarti.
eccezioni, con supersenza distinzione di
ficialità e approssima“sesso, religione, razzione come se non ci
za, lingua, opinioni
riguardasse, come se
politiche, condizioni
la vita di Eleonora, la vita di tutte personali e sociali e di creare una
le altre donne umiliate, picchiate, grande alleanza tra tutti i Governi
maltrattate, uccise da uomini vio- e la società civile per porre fine a
lenti fosse un problema lontano ogni forma di violenza contro le
da noi, dalla nostra società.
donne”.
“
“
La violenza contro le donne è un
problema globale e come tale deve
essere affrontato; è un problema
degli uomini che agiscono con
violenza e degli uomini che non
sono violenti; delle donne vittime di violenza che con coraggio
la denunciano e delle donne che
L’OMS considera la violenza di
genere come una priorità per la sanità pubblica e una violazione dei
diritti umani: un problema troppo
spesso ignorato o sottostimato,
anche perché una delle forme più
comuni di violenza è quella domestica.
21
L’OMS definisce la violenza
come “l’uso intenzionale di forza
fisica o di potere, minacciato o
messo in atto… che causa o che
ha un’alta probabilità di causare
lesioni, morte, danno psicologico,
difficoltà nello sviluppo o deprivazione”. Molte le forme di violenza subite dalle donne: l’abuso
sessuale, fisico ed emozionale da
parte del partner intimo o di altri
membri della famiglia, la persecuzione (stalking), le molestie sessuali o l’abuso da parte di figure
d’autorità, la tratta per lavoro forzato o sessuale, nonché le pratiche tradizionali come matrimoni
imposti o di bambine, mutilazioni
genitali femminili, delitti d’onore,
e gli abusi sessuali sistematici in
La donna nel mondo
situazioni di guerra.
Come dimostra lo studio dell’OMS sulla salute delle donne e
la violenza domestica condotto in
10 paesi, tra il 15% (in Giappone) e
il 71% (Etiopia rurale) delle donne
hanno subito violenza fisica o sessuale da parte del marito o di un
partner.
L’ISTAT riporta che in Italia, nel
2006, quasi sette milioni di donne
– tra i 16 e i 70 anni – sono state
vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita. Il sommerso è elevatissimo ed è consistente anche la quota di donne
che non parla con nessuno delle
violenze subite. Ciò accade perché la donna anche se vittima si
sente in colpa e ha difficoltà a ri-
22
conoscere la violenza subita come
L’OMS enumera i fattori indivireato.
duali, familiari, della comunità e
Le conseguenze sulla salute del- della società che accrescono il
la violenza di genere sono gravi e rischio di violenza contro le donpoco conosciute, nonostante esi- ne: bassa posizione socioeconosta un’estesa letteratura sul tema.
mica e istruzione; dipendenza da
Tra le morti da violenza contro sostanze; cattivo funzionamento
le donne vanno annoverati i de- della famiglia; marcata disegualitti d’onore (5.000 l’anno in tutto glianza di genere nella comunità
il mondo), i suicidi, gli infanticidi e scarsa coesione sociale; società
di femmine e le morcon norme che confeti materne da aborto
riscono insufficiente
insicuro. In Italia, un
autonomia alle donne
La prevenzione
omicidio su quattro
e restrizioni sul divordella violenza doavviene in famiglia
zio.
vrebbe prevedere
e il 70% delle vittiLa prevenzione delinterventi che aume sono donne. Gli
la
violenza dovrebbe
mentino l’istru“omicidi passionali”,
prevedere
interventi
zione.
sempre più frequenti,
che aumentino l’istruesprimono il “declino
zione e le opportunità
dell’impero patriarper le donne e le racale” e, antropologicamente, non gazze, e che riducano le diseguasi discostano dalla lapidazione glianze di genere. Nonché prodell’adultera prevista da alcune le- grammi per i ragazzi che crescono
gislazioni arretrate. Il modo spes- in famiglie con violenza domestiso giustificatorio in cui i media ca, in quanto vi è un rischio magriportano le notizie degli omicidi: giore che diventino adulti violenti.
Il sistema sanitario dovrebbe im“accecato dalla gelosia…”, “con il
diavolo in corpo…”, “dopo la lite pegnarsi meglio e di più per ridurlei lo lascia e lui la uccide…” tradi- re le conseguenze della violenza di
sce la radicata solidarietà maschile genere, sia sul piano assistenziale
che organizzativo.
a difesa del potere di genere.
“
“
23
Contro lo sfruttamento delle donne
Lettera aperta della Comunità Rut
(fonte NotiCum - Marzo 2011)
Caserta, 27 gennaio 2011
«Se verrete a conoscere chiaramente che sono in pericolo la salvezza e l’onestà delle figliole, non
dovrete per niente consentire, né
sopportare, né aver riguardo alcuno, se non potrete provvedere voi,
ricorrete alle madri principali e,
senza riguardo alcuno, siate insistenti, anche importune e fastidiose»
(S. Angela Merici)
D
Da anni, insieme a tre mie consorelle (suore Orsoline del S. Cuore
di Maria), sono impegnata in un
territorio a dire di molti “senza speranza”. Un territorio, quello caser-
La donna nel mondo
tano, sempre più in ginocchio per
il suo grave degrado ambientale,
sociale e culturale, dove anche la
piaga dello sfruttamento sessuale,
perpetrato a danno di tante giovani donne migranti, è assai presente con i suoi segni di violenza e di
vera schiavitù.
Come donna, come consacrata,
provocata dal Vangelo di Gesù che
parla di liberazione e di speranza,
insieme alle mie consorelle ho scelto di farmi presenza amica accanto
a queste giovani donne straniere,
spesso minorenni, per offrire loro
il vino della speranza, il pane della vita e il profumo della dignità.
Oggi, osservando il volto di Susan
chinarsi e illuminarsi nel volto del
suo
piccolo
Francis, scelto
e accolto con
amore, ripensando alla sua
storia, una tra
le tante storie
accolte, la quale ancora bambina (16 anni) si
è trovata sulle
nostre strade
come
merce
da comprare,
da violare e da
usare da parte
di tanti uomini
24
italiani, sono stata assalita da un re Erode, il Battista gridò con tutsentimento di profonda vergogna, ta la sua voce: “non ti è lecito, non
ma anche di rabbia.
ti è lecito!” Anch’io oggi, anche a
Ho sentito il bisogno, come don- nome di Susan, sento di alzare la
na, come consacrata e come citta- mia voce e dire ai nostri potenti,
dina italiana, di chiedere perdono a agli Erodi di turno, non ti è lecito!
Susan per l’indecoroso spettacolo Non ti è lecito offendere e umiliare
a cui tutti, in questi giorni, stiamo la bellezza della donna; non ti è leassistendo. E non solo a Susan, ma cito trasformare le relazioni in meranche alle tante donne che hanno ce di scambio guidate da interessi
trovato aiuto e liberazione e alle e denaro; e soprattutto oggi non ti
tante, troppe, donne ancora schia- è lecito soffocare il cammino dei
ve sulle nostre strade. Ma anche ai giovani nei loro desideri di autennumerosi volontari e ai tanti giova- ticità, di bellezza, di trasparenza, di
ni che insieme a noi religiose cre- onesta; tutto questo è il tradimendono nel valore della
to del Vangelo, della
persona, in particolare
vita e della speranza!
Numerosi volondella donna, riconoMa davanti a quetari e ai tanti giovasciuta e rispettata nella
sto spettacolo una
ni credono nel vasua dignità e libertà.
domanda mi rode
lore della persona,
Sono
sconcertata
dentro: dove sono gli
in particolare della
nell’assistere come da
uomini, dove sono i
donna.
“ville del potere” almaschi? Poche sono
cuni
rappresentanti
le loro voci, anche dei
del governo, eletti per
credenti, che si alzacercare e fare unicamente il bene no chiare e forti. Nei loro silenzi
per il nostro Paese, soprattutto in c’è ancora troppa omertà, nascoun momento di così grave crisi, of- sta compiacenza e forse sottile
fendano, umilino e deturpino l’im- invidia. Credo che dentro questo
magine della donna. Inquieta nel mondo maschile, dove le relazioni
vedere esercitare un potere in ma- e i rapporti sono spesso esercitati
niera così sfacciata e arrogante che nel segno del potere, c’è un granriduce la donna a merce e dove fiu- de bisogno di liberazione.
mi di denaro e di promesse intrecE allora grazie a te Susan, sorella
ciano corpi trasformati in oggetti di e amica, per aver dato voce alla mia
godimento.
e nostra indignazione, ora posso,
Di fronte a tale e tanto spettacolo come donna consacrata e come
l’indignazione è grande!
cittadina, guardarti negli occhi e
Come non andare con la mente insieme al piccolo Francis respiraall’immagine di un altro “palazzo re il profumo della dignità e della
del potere” dove circa 2000 anni fa libertà.
Suor Rita e sorelle comunità Rut
al potente di turno, incarnato nel
“
“
25
Donne occidentali...
di Debra Coletti
“
«… Negli occhi
hanno gli aeroplani
per volare ad alta quota
dove si respira l’aria.
E la vita non è vuota…».
“
La donna nel mondo
Zucchero
“
«Donna sei acqua
e sei fiamma
donna paura, donna allegria
donna saggezza, donna follia
e a volte nuvola sei...».
“
S
«Scusa il ritardo… sono appena
arrivata dal lavoro! Ma te guarda!
Ho la maglia macchiata! Saraaaa!!!
Inizia a fare i compiti! Scusa, se mi
dai un attimo metto a nanna Luca
così poi sono tutta per te! Guarda
che disordine… Chi ha lasciato le
scarpe in sala?! Ops… aspetta che
rispondo al telefono… ».
Donne…
Indaffarate, sempre di corsa, con
mille pensieri per la testa, donne
tutto-fare, con il tempo contato e
che non è mai abbastanza!
Donne che si rimettono continuamente in gioco, donne forti,
con storie più o meno difficili alle
spalle, donne che nonostante abbiano mille cose da fare trovano il
tempo di farne mille e una, donne
che non sanno dire di no, che sorridono, piangono, si arrabbiano,
che sanno chiedere scusa.
Donne che cercano il successo,
Branduardi
che vogliono sentirsi realizzate,
che sanno di poter dare tanto. Che
vogliono tanto!
Spesso, quella dell’ambizione, è
una critica che ci viene rivolta… Io
invece la trovo una cosa bellissima.
Ambizione non significa soltanto
brama di potere, ma è anche aspirare a un miglioramento, voler essere migliori per se stessi e per gli
altri. Non è stupendo poter SCEGLIERE?! Scegliere di poter essere
ciò che si vuole veramente?! Nella
nostra società, in crisi, dove se non
hai i soldi spesso non sei nessuno,
dove si fa fatica ad arrivare alla fine
del mese, dove il solo fatto di essere donna a volte ti penalizza, noi
POSSIAMO essere ciò che scegliamo di essere. So che può sembrare un controsenso, ma, anche se
dovendo lottare e non senza un
po’ di fatica, noi possiamo ancora
sognare.
Oscar Wild diceva: «Fornite alle
donne occasioni adeguate e le
26
che nessuno fermerà!».
Neri per caso
“
donne potranno fare tutto!, e secondo me, non aveva tutti i torti!
Mi guardo intorno cercando, ingenuamente, di trovare un aggettivo, una caratteristica che accomuni
noi, donne occidentali. Dalla mia
finestra osservo: chi porta scarpe
da ginnastica, chi stivali fino al ginocchio, chi ha i tacchi più o meno
alti, jeans, minigonne, tuta, leggins,
calze, maglie più o meno accollate,
corte, lunghe, nere, bianche, colorate… Capelli raccolti, lunghi, corti, ricci, lisci… Borse più o meno
grandi, con dentro di tutto!
Mi rendo conto che è impossibile. Ed è questo poter essere “diverse” la nostra ricchezza. Perché
questa diversità garantisce anche
la nostra singolarità, ci permette
di poter essere noi stesse in un
mondo dove questo non sempre
è scontato e dove spesso si punta
all’omologazione. E noi, questo diritto, lo dobbiamo difendere.
Donne…
«…siamo così! È difficile spiegare…».
27
“
«Le donne lo sanno
che niente è perduto
che il cielo è leggero
però non è vuoto
le donne lo sanno
le donne l’han sempre saputo.
… Vogliono ballare un po’ di più
vogliono sentir girar la testa
vogliono sentire un po’ di più
un po’ di più …».
“
“
«…sono treni in corsa
Ligabue
La donna in Albania
S
di suor Edvige Carocari
Sono da 10 anni missionaria in
Albania e sono felice di essere qui
tra questa gente! Le prime suore sono venute qui nel 1907, poi
dopo il rientro in Italia nel tempo
del regime comunista siamo ritornate nel 1991. In modo particolare
chiamate dalla situazione in cui
vivevano le donne e le giovani in
questa terra.
Ci sono poche città tra cui la capitale, Tirana, urbanizzate, il resto
della superficie della nazione è costituita da villaggi e quindi un ambiente rurale, dove le donne quasi
sempre sono sottomesse al marito
o alla famiglia di lui.
Personalmente sono vissuta due
anni a Scutari, erano i primi anni
della mia esperienza missionaria,
dal 2004 vivo a Tirana nella capitale, che molti dicono una “città
sviluppata” alla stregua di un’altra
città europea… non è così, a prima vista può sembrare quando si
passeggia per le vie principali della
capitale, perché si vedono palazzi,
vetrine con le più grandi firme,
macchine di un certo tipo, le più
moderne… ma se appena ti inoltri
dietro l’angolo di un palazzo puoi
trovare la povertà morale, culturale… le donne lavorano, sacrificano
tanto della loro vita, molte volte
sono loro che mantengono i figli
con un lavoro anche mal retribuito
La donna nel mondo
e senza contratto regolare… tante
volte il marito non c’è, oppure c’è,
ma come se non ci fosse, fa uso di
alcool, abusa sulla propria moglie
e pure sui propri figli/e…!
Capita di trovare donne vedove
in giovane età, purtroppo anche
donne in carcere per omicidio…
non ce la facevano più nel sopportare la violenza del marito e allora…
Le mamme con i loro figli non
hanno ideali, manca loro un po’
di speranza, che le motivi a vivere,
dalla società non sono considerati,
sono emarginati!
Le famiglie di cui sto parlando
vivono a Tirana, ma sono di origine dei paesi lontani per lo più del
nord-Albania, villaggi dispersi nelle montagne… sono scese in città
pensando di trovare l’“America”
invece si trovano a vivere una situazione ancora più triste di prima! Al villaggio avevano una casa,
un pezzo di terra un orto, delle
galline, una capretta, l’essenziale
per vivere! Mentre qui a Tirana
si stabilizzano molte volte su un
terreno abusivamente, senza documenti… magari non sono nemmeno iscritti all’anagrafe… senza
possibilità di assistenza sanitaria...
Noi suore cerchiamo di sostenere queste donne che a volte non
sanno come fare con i propri figli,
28
soprattutto nell’educazione! Offriamo loro la possibilità di studiare, di frequentare il nostro Centro,
il doposcuola e il sostegno scolastico, le attività del tempo libero,
sport… con molta fatica riusciamo
a motivare i ragazzi al valore dello studio, anche i più grandi! Nel
momento in cui ci riusciamo per
noi è una grande vittoria! La cultura e l’educazione cambieranno il
mondo!
A Tirana c’è di tutto, è la città delle grandi contraddizioni. Queste
donne con i loro figli faticano ad
inserirsi nel sociale, sono esclusi,
sono i migrati alla capitale. I disagi che vivono questi ragazzi tra i
compagni non sono proprio presi
in considerazione dalle insegnanti delle scuole! Noi cerchiamo di
dare loro fiducia, che si sentano in
un ambiente che li accoglie e per
noi è pure una sfida l’integrazione
tra loro e gli altri.
Accogliamo anche delle giovani
studenti che vengono a Tirana per
lo studio universitario, sono giovani
donne che fino a
ieri si trovavano di
fronte a un mondo rurale, ora iniziano loro a fare
le scelte, iniziano
a gestirsi la vita, a
noi l’impegno di
accompagnarle in
questo cammino,
fare in modo che valorizzino l’opportunità dello studio che la loro
famiglia con tanto sacrificio offre
loro. Sono ragazze cristiane e con
loro facciamo anche un certo cammino di fede.
Tirana inebria le persone e le
giovani devono avere convinzioni
ben salde per poter superare varie
difficoltà che incontrano nel loro
quotidiano.
«Se educhi un uomo educhi una
persona, se educhi una donna
educhi una famiglia intera» è proprio così!
Io credo e sono pienamente convinta che la cultura e l’educazione
sono le schede vincenti, anche per
le nostre giovani donne dell’Albania e per il futuro migliore di questa nostra società. Continuiamo a
vivere la missione così con questa
speranza!
29
Donne
in Africa
La donna nel mondo
30
Donna al potere in Africa
U
Un passato numero di “Nigrizia”
– mensile dell’Africa e del Mondo
nero – sottopone ai lettori un argomento stimolante: “Africa, cioè
donna”.
Tralasciando l’introduzione nella
quale si evidenziano soprattutto le
statistiche e la situazione generale,
racchiusa quest’ultima nel sotto titolo che recita testualmente, “pur
penalizzata dal peso della tradizione e dei ruoli sociali, la donna
africana è sempre più protagonista; regge l’economia informale,
gestisce la famiglia, s’impone gradualmente negli spazi maschili”,
vengono presentati, nel proseguimento della relazione,
le biografie e gli impegni di
un consistente numero di
loro, provenienti da tutti gli
stati del Continente. Troviamo quindi rappresentanze
che vanno dal Marocco all’Algeria, dalla Nigeria al Kenia e
via. I nomi, di queste signore,
sono ignoti ai più sebbene il
loro pensiero e il loro impegno sarebbero meritevoli di
maggior conoscenza, anche
per i risultati che stanno ottenendo e per le cariche che
sono riuscite a conquistare
nei vari campi. Dovendo fare
una scelta ho dovuto pescare nel mucchio. Pur sapendo
che ognuna sarebbe meritevole della vostra maggior at-
tenzione, riporterò quanto ci dice
Leonora Miano, camerunese oggi
trentottenne, scrittrice: “Ho avuto degli ostacoli fin dall’inizio con
il mio romanzo d’esordio “L’interieur de la nuit” (titolo in italiano
“Notte dentro”) per i temi da me
affrontati. Se avessi scritto altro
non avrei avuto discriminazioni ma
così… Del resto non penso che la
donna ora sia veramente liberata;
quando si vede il corpo femminile
usato per la pubblicità ci si rende
conto che le donne sono considerate soprattutto come oggetti
carini, non certo come soggetti
31
Africa
pensanti. Il femminile e il maschile
dovrebbero armonizzarsi ma l’ordine patriarcale la fa da padrone
perciò bisognerà ristabilire il giusto equilibrio. Potrò essere accusata di femminismo ed è anche vero
ma se gli uomini sono rinchiusi in
un’immagine di mascolinità, costituita dalle culture, bisogna farli
uscire. Se mi dicono, però, di fare
loro la guerra dico No, come dico
C
No al continuare a piangerci addosso considerandoci eterne vittime. Dobbiamo ricercare giustizia
e libertà senza odio trovando un
equilibrio in modo che ciascuno
si possa realizzare. Abbiamo bisogno gli uni delle altre”. È un’utopia? Credo proprio di no. Le cose
lentamente stanno andando per il
giusto verso.
Mario Bottegal
Crescono le figure di riferimento trona è andata al nome indicato
femminili all´interno della società dagli Stati Uniti. Resta agli atti però
Capi di Stato, economiste, premi che quel candidato era una donNobel: vincono sfidando i pregiu- na, un´africana: la nigeriana Ngozi
dizi.
Okonjo-Iweala, ministro delle FiIn Africa è l´ora delle matriarche. nanze del suo Paese. Non sarà preDonne leader, donne che coman- sidente della World Bank, ma resta
dano, figure di riferimento della una delle personalità politiche più
società. Donne di potere, anche.
potenti del continente.
In Liberia è stata rieletta per un
Perfino tra i Tuareg, la cui cultura
secondo mandato di
tradizionale è considesei anni la presidente
rata tra le più patriarcaEllen Johnson Sirleaf,
li e maschiliste d’AfriDonne leader,
prima africana della
ca, spicca – unica dondonne che costoria a capo di uno
na – la figura di Nina
mandano, figure
Stato.
Wallet Intalou, bella e
di riferimento delIn Malawi le si affiera dirigente del Mola società.
fianca adesso Joyce
vimento di liberazione
Banda, succeduta al
nazionale
dell’Azapresidente Muthariwad, che ha proclaka, stroncato da un infarto. Il mese mato di recente una repubblica
scorso, con una mossa anch´essa indipendente nel nord del Mali. In
senza precedenti storici, i Paesi in questo periodo, riferisce un´inviata
via di sviluppo hanno presentato di Le Monde da Nouakchott, la caun loro candidato alla presidenza pitale mauritana, la casa di Nina è
della Banca Mondiale. L´iniziativa un crocevia di nazionalisti Tuareg
ha avuto vita breve e ancora una e diplomatici europei. Lei tesse le
volta, secondo tradizione, la pol- fila. È una donna celebre e chiac-
“
“
La donna nel mondo
32
chierata, alla quale sono stati
attribuiti in passato numerosi
amanti altolocati: tra di essi il
libico Gheddafi, illazione che
Nina smentisce con sdegno.
Non manca, in questo pantheon femminile africano,
l´alloro del Nobel per la Pace.
Nel 2011 ha incoronato tre
donne, due delle quali – oltre alla yemenita Tawakkul
Karman (nella foto) – sono
africane: Johnson Sirleaf e
Leymah Gbowee, militante
pacifista, anche lei liberiana. Erano state precedute
nel 2004 dalla keniana Wangari Maathai, recentemente
scomparsa.
Tawakkul Karman
cani: sono le donne – e le ragazze
– a raccogliere la legna, a trasportare l´acqua, a cucinare, ad accudire i
piccoli. Senza il lavoro delle donne
l´Africa si fermerebbe.
La nostra visione dell´Africa fa
molta fatica ad emanciparsi dagli
stereotipi; ma quando si tratta di
donne questi luoghi comuni sono
a loro volta confusi e
Non è quindi sorcontraddittori. Sappiaprendente
che persomo infatti che quasi
Senza il lavone
come
Johnson
Sirovunque nella società
ro delle donne
leaf,
Joyce
Banda
o
le
africana la donna è rel´Africa si fermealtre
si
siano
distinte
legata in una posizione
rebbe.
negli anni all´interno
subalterna, subordinadelle loro società,
ta, sottomessa, anche
come attiviste, militanse un po´ ovunque c´è
ti,
professioniste;
ma quello che è
chi si ribella contro questo stato di
straordinario
è
che
siano riuscite a
cose. Ma sappiamo anche che la
primeggiare,
ad
assurgere
a posidonna è la forza trainante della sozioni
di
eminenza
assoluta.
È stata,
cietà e dell´economia, che il lavoro
per
ciascuna
di
loro,
una
battaglia.
agricolo è quasi sempre affidato a
lei, così come il piccolo commer- Contro pregiudizi, mariti violenti,
cio, così come la sussistenza delle superiori che ne hanno sfruttato il
famiglie rurali, che costituiscono la carisma tentando poi di ricacciarstragrande maggioranza degli afri- le nell’anonimato della sconfitta;
“
“
33
Africa
e anche contro la solitudine e le per le sconvolgenti vicende politidebolezze personali; contro la de- che della Liberia, segnate a partire
vastante fatica di essere insieme dal 1989 da due devastanti guerre
buone madri e protagoniste della civili; sia per la storia personale
scena pubblica; contro l´impegno della protagonista e della sua lotta
di doversi sempre diper sfuggire alla sorte
mostrare
all´altezza
che la voleva confinata
“malgrado” il fatto di
per sempre nel ruolo
Un vecchio sagessere donne.
sacrificale di moglie e
gio predisse che
I lettori italiani handi madre: sposa a 17
un giorno sarebno a disposizione da
anni, madre di quattro
be stata grande.
pochi giorni l´automaschi prima di combiografia della capofipierne 23.
la di questa piccola ma
Racconta la Sirleaf
illustre, e crescente, schiera di ma- che quando era nata da pochi giortriarche: Un giorno sarai grande, di ni “un vecchio saggio” predisse
Ellen Johnson Sirleaf (traduzione che un giorno “sarebbe stata grandall´inglese di Francesco Regalzi, de”. L´aneddoto rimase oggetto
Add editore).
di scherzi e di battute nel lessico
È un libro nel quale si avverte, famigliare per anni, quando nulqui e là, che è stato scritto con fi- la lasciava presagire il luminoso
nalità politiche da una leader che destino di Ellen. Eppure il vecchio
esercita tuttora responsabilità di saggio aveva visto giusto.
statista: è, in certi passaggi, apoloMorale: donne africane, la vostra
getico. Ma nell’insieme è un libro fortuna dipende da voi.
Pietro Veronese
che si divora come un romanzo, sia
“
“
La donna nel mondo
34
Il Nobel per la Pace 2011
assegnato a tre donne
T
Tre donne, due delle quali africane, hanno ricevuto il premio Nobel
per la pace 2011 “per la loro lotta
non violenta a favore del processo di costruzione della pace”: Ellen Johnson Sirleaf, presidentessa
della Liberia, la sua concittadina
Leymah Gbowee, avvocato impegnato per i diritti femminili premiate insieme all’attivista yemenita
Tawakkul Karman.
La commissione norvegese si è
augurata che l’assegnazione del
premio alle tre esponenti femminili, di cui due africane , “aiuti a porre
fine all’oppressione delle donne,
che ancora esiste in molti Paesi, e
a realizzare “il grande potenziale”
che le donne possono rappresentare per la pace e la democrazia.
Ellen Johnson-Sirleaf, attuale
presidente della Liberia e prima
donna a rivestire questo incarico
nel continente africano, era uno
dei nomi più probabili girati per
l’assegnazione del riconoscimento. È stata premiata insieme alla sua
connazionale Leymah Gbowee,
pacifista e avvocato, che ha mobilizzato le donne africane contro la
guerra civile che ha sconvolto per
anni la Liberia. Con loro divide il riconoscimento una rappresentante
della “primavera araba”, l’attivista
yemenita Karman, volto della protesta yemenita contro il regime di
Ali Abdullah Saleh. “Tawakkul - ha
spiegato la Commissione - ha svolto un ruolo primario nella battaglia
per la pace e la democrazia in Yemen”.
Johnson-Sirleaf (nella foto), arrivata al potere nel 2005, è impegnata
nella ricostruzione del suo paese devastato da 14 anni di guerra
civile, che ha causato la morte di
250.000 persone. Di formazione
economista, con un Master in public administration conseguito ad
Harvard nel 1971, Johnson-Sirleaf
parte in esilio a Nairobi, in Kenya,
nel 1980, dopo il rovesciamento
dell’allora presidente William Tolbert. Torna in patria solo nel 1985,
per partecipare alle elezioni del
senato della Liberia, ma quando
accusa pubblicamente il regime
militare, è condannata a dieci anni
di prigione. Rilasciata dopo poco
tempo, si trasferisce a Washington
e torna in Liberia solo nel 1997 nel
ruolo di economista, lavorando
per la Banca mondiale e per la Citibank in Africa.
Corre per la prima volta alle presidenziali contro Charles Taylor nel
1997, ma raggiunge solo il 10 per
cento dei voti, contro il 75 per cento di Taylor, che poi l’accusa di tra-
35
Africa
Johnson-Sirleaf
dimento. Dopo la sua vittoria alle
elezioni del 2005, Johnson-Sirleaf
pronuncia uno storico discorso
alle camere riunite del Congresso
degli Stati Uniti, chiedendo il supporto americano per aiutare il suo
paese a “divenire un faro splendente, un esempio per l’Africa e
per il mondo di cosa può ottenere
l’amore per la libertà”. JohnsonSirleaf è madre di quattro figli (due
vivono negli Usa e due in Liberia) e
ha sei nipoti, alcuni dei quali vivono ad Atlanta.
Leymah Gbowee, avvocato, è una
militante pacifista e nonviolenta che ha contribuito a mettere
La donna nel mondo
fine alle guerre civili che hanno
dilaniato il suo paese. Minuta, di
carnagione chiara (per questo è
soprannominata “rossa”), la Gbowee ha da poco pubblicato la sua
autobiografia, “Mighty be our powers: how sisterhood, prayer, and
sex changed a nation at war”. Tra
le iniziative più note dell’attivista,
di etnia kpellè, nota anche come
la “guerriera della pace”, va ricordato “lo sciopero del sesso”, un’iniziativa che costrinse il regime
di Charles Taylor ad ammetterla al
tavolo delle trattative per la pace.
Ad appena 32 anni, esattamente
come quelli del potere del presi-
36
dente yemenita Ali Abdallah Saleh, sott’occhio un articolo, riguardanl’attivista yemenita Tawakkul Kar- te la proposta di conferire il Nobel
man ha tre figli e molto coraggio: per la pace dell’anno scorso (2011)
in poco tempo è divenuta la leader alle donne d’Africa. L’autrice è una
della protesta femminile contro il missionaria comboniana africaregime yemenita. Giornalista e fon- na di nome Elisa Kidanè. Il titolo
datrice dell’associazione “giorna- dell’articolo è già un invito a legliste senza catene” è militante nel gerlo: Se lo meritano! Senza tante
partito islamico e conservatore Al metafore in esso viene affermato,
Islah, primo gruppo di opposizio- fin dall’inizio, che la donna è la
ne. Nel gennaio di quest’anno era spina dorsale dell’Africa. Riporto
stata arrestata dalle autorità yeme- fedelmente: «da sempre reggono
nite, costrette poi a rilasciarla sot- sulle proprie spalle il continente.
to la pressione delle
(…) Ogni giorno, mimanifestazioni in suo
lioni di mani femminili
sostegno, che hanno
sorreggono, accarezzaOgni
giorno,
portato in strada mino, cullano l’umanità
milioni di mani
gliaia di persone.
ferita dei loro popoli».
femminili sorreg«È un premio per
Continuando nell’artigono, accarezzame, ma soprattutcolo si evince che non
no, cullano l’umato per tutte le donera per niente scontanità ferita
ne dello Yemen”, ha
to che il premio fosse
commentato a caldo
dato a loro in quanto:
con gioia Karman, che
«nonostante il loro
ha dedicato la vittoria
ruolo
determinante
ai militanti della primavera araba. A nella compagine storica, economilei sono andate le felicitazioni via ca e sociale, le donne sono ancora
twitter del ciber-attivista egiziano relegate nei villaggi, sottomesse
Waël Ghonim, icona della rivo- alla mentalità patriarcale, rassegnaluzione Facebook citato spesso te alla miseria e all’ignoranza».
come possibile candidato al preAlla fine hanno vinto, grazie alla
mio: “Come arabo sono fiero di determinazione delle più decise e
questa vittoria meritata”, ha scritto all’appoggio internazionale il Nosu twitter, aggiungendo che “il no- bel è stato assegnato proprio ad
stro vero premio è che i nostri Pae- esse. Una delle vincitrici è stata
si siano più democratici e rispetto- Ellen Johnson Sirleaf presidente
si dei diritti umani».
della Liberia dal 2005. È giunta a
questa carica dopo anni d’intenso
***
impegno, durante il quale ha patito innumerevoli persecuzioni, che
Sfogliando un vecchio numero l’hanno vista anche in carcere e in
del Mensile Nigrizia mi è capitato esilio. È stata denominata “Signora
“
“
37
Africa
di ferro” per avere con grande im- tivi che l’hanno generata. Nonopegno preso in mano la ricostru- stante tutte le penalizzazioni date
zione del suo paese dopo 14 anni dalla tradizione e dai ruoli sociali,
di guerra civile, estrela donna africana sta
mamente cruenta, che
prendendosi il proprio
ha lasciato sul terreno
spazio anche quello
Storie che nesben 250.000 morti.
tradizionalmente masun telegiornale
Storie da raccontaschile.
racconta perché
re, comunque, ce ne
Leggo in un altro nusembrano “minisarebbero a volontà.
mero alcune statistime”.
Storie che nessun teche: le donne rapprelegiornale
racconta
sentano il 70% della
perché sembrano “miforza agricola, produnime”: «storie di doncono l’80% delle derne contadine, di semplici mamme, rate alimentari e ne gestiscono la
di avvocatesse che sfidano i regimi vendita per il 90% però la percenper difendere altre donne, di eroi- tuale di donne salariate nei settori
ne pronte ad organizzare disobbe- non agricoli è tra le più basse del
dienze politiche per chiedere pane mondo, solo 8,5%.
e avere giustizia o a creare coopeConsola il fatto che il cammino è
rative e infrastrutture per non la- lento ma c’è e siamo fiduciosi che
sciar morire il paese».
in un futuro, abbastanza prossimo,
È facile e soprattutto comodo ci saranno dei grossi cambiamenti.
pubblicare la miseria altrui, anche Speriamo.
in prima pagina e tacere sui moMario Bottegal
“
“
La donna nel mondo
38
Donna, Sorella mia
Suor Lucia Zerbo, missionaria in Etiopia, ha lavorato nella missione dai
Gumuz. Vi riportiamo un suo scritto nato dall’incontro con le giovani, di
quella etnia, che ancora sono oggetto di scambio, e che spesso scelgono
il suicidio piuttosto che sottomettersi alle scelte della famiglia.
Donna, Sorella mia
Donna Sorella mia
Neonata, bimba, adolescente, maritata,
o dalle canizie pronunciate.
Pace a te Sorella mia nella tua realtà!
Donna Sorella mia
Prima che t’incontrassi, mi avevano parlato di te.
Mi avevano detto che sei:
oggetto di scambio per i tuoi fratelli,
spalle irrobustite dal duro lavoro quotidiano,
Tu riscatto per risolvere una faida
A volte non senza lo spreco del tuo sangue.
Donna Sorella mia
Poi ti ho incontrata
Ho potuto fissare i tuoi occhi
Vedere la sofferenza sul tuo viso
Ho sentito il tuo silenzio come un forte grido di aiuto
Ho visto la tua solitudine
quando tutti quelli che credevi ti amassero
decidevano della tua vita
senza pensare alla tua dignità, alla tua libertà.
E tu,
Sorella mia,
Non avendo possibilità di parola
Decidevi di uscire dallo scenario della vita
Scegliendo una parola definitiva. La morte.
Donna Sorella mia
è tempo che tu sappia una cosa...
39
Africa
Qualcuno ha udito il tuo grido
Ha visto la tua sofferenza
Ha capito il tuo diritto negato
E ha già dato la vita per te.
Il suo nome è
Dio Amore
Donna Sorella mia
Credi
Spera
E continua ad amare
Come solo tu sai fare.
Pace a te Sorella mia.
Altra poesia
Qualunque sia la tua condizione di vita,
pensa a te e ai tuoi cari,
ma non lasciarti imprigionare
nell’angusta cerchia
della tua piccola famiglia.
Una volta per tutte
adotta la famiglia umana.
Bada a non sentirti estraneo al mondo:
sii un essere umano in mezzo agli altri.
Nessun problema,
di qualunque popolo,
ti sia indifferente.
Vibra con le gioie e le speranze
di ogni gruppo umano.
Fa’ tue le sofferenze e le umiliazioni
dei tuoi fratelli di umanità.
Vivi a scala mondiale
o, meglio ancora, universale.
Cancella dal tuo vocabolario le parole:
nemico, inimicizia, odio
risentimento, rancore...
Nei tuoi pensieri,
nel tuo desiderio e nelle tue azioni
sforzati di essere,
e di esserlo veramente,
Helder Camara
magnanimo. La donna nel mondo
40
Annalena di Dio
La vita silenziosa tra i poveri
della “giardiniera di uomini”
A
di Maria Teresa Battistini
(Fonte NotiCum - Inserto) - Amava firmarsi nelle lettere agli amici
più intimi “Annalena di Dio”.
Per questo, in vita e in morte ha
voluto essere ‘nessuno’ sullo scenario del mondo, libera di appartenere a tutti gli uomini al di là di
ogni razza e di ogni credo, ma soprattutto libera di appartenere alla
schiera dei poveri, dei senza nome,
di quelli che non contano se non
agli occhi di Dio. Alla luce di questa
vocazione primigenia alla povertà,
dobbiamo interpretare la sobrietà
dello stile di vita, le sue scelte concrete di servizio, la sua preghiera,
la sua spiritualità del deserto. Non
ancora ventenne, folgorata dalla
vita e dal messaggio di Gandhi, sottomette il suo corpo alla rinuncia
a tutto ciò che non è strettamente
necessario: poche ore di sonno, un
cibo povero, abiti modesti, discrezione e misura nelle parole, uso
attento del tempo senza distrazioni, senza dissipazioni. Sarà questa
volontaria e deliberata restrizione
dei bisogni sia fisici che intellettuali che le permetterà di innamorarsi
dell’uomo ferito. A 19 anni gli orfani del brefotrofio di Forlì, le donne
di strada, i disabili sono i suoi primi
evangelizzatori: “bruciarono in un
incendio d’amore il mio cuore senza saperlo”, scrive. Fa suo il motto
di don Milani, “I care” (mi sta a
cuore) e aspira solo ad incarnarsi
da povera nel solco di un popolo
povero per essere come loro e con
loro in una vita di comunione e di
condivisione.
Sogna l’India ma parte per l’Africa: per 35 anni, con rarissime visite
in Italia, resterà fedele al suo manipolo di diseredati fondando ambulatori, ospedali e scuole con un’incredibile capacità organizzativa
che la faceva pensare in grande,
progettare in grande, senza misura
nella sua lotta quotidiana, titanica
per la liberazione integrale della
sua gente dalla malattia, dall’emarginazione e dalla violenza, per farli
fiorire ad una vita degna di creature fatte ad immagine di Dio. Donna
di azione, Annalena, “giardiniera di
uomini”: di giorno si spezza come
pane di guarigione per centinaia se
non migliaia di malati e come ostia
di riconciliazione per gli spiriti bellicosi di gente che non conosce né
41
Africa
amore, né perdono. Di notte anche
solo per poche ore si ritira nella
sua camera come un monaco nella
sua cella.
Nella storia del popolo di Israele,
nelle parole dei profeti, di Gesù e
dei salmi legge in controluce la sua
storia. Dallo Spirito di quella storia sacra viene rafforzata nelle sue
scelte di servizio e riconsegnata
ogni mattino alla grazia e alla maledizione di quella terra e di quel
popolo incredibile a cui vuole rimanere fedele sino alla morte, perché “essere uomini significa essere
responsabili per sempre”.
Dal 1984, l’anno del massacro di
Wagalla e la cacciata dal Kenya, la
sua è ancora una storia di grandi
realizzazioni ma anche di persecuzioni, minacce, ricatti. La sua vocazione alla povertà si ridefinisce
in una chiamata alla nonviolenza
intesa nel senso religioso gandhiano, come la Verità che è Dio stesso,
è l’energia della divinità dentro di
noi. Anche a Borama la giardiniera
di uomini si trova costretta a misurarsi con una realtà umana ancora
più dura, ostile, violenta. La persecuzione, le minacce di morte si
moltiplicano; i salmi dello scherno
divengono la sua preghiera quotidiana.
Non si arrende, continua il suo
servizio con coraggio, senza paura
per la sua vita accanto a quei malati
che la comunità vorrebbe allontanare come appestati e maledetti.
Annalena non ha cercato il martirio, ha solo inteso vivere la logica sacrificale dell’amore più forte
La donna nel mondo
dell’odio e della paura. «Vorrei che
ciascuno di quelli che amo imparasse a vedere la morte con molta più semplicità. Morire è come
vivere. Camminare consiste tanto
nell’alzare il piede che nel posarlo… io debbo essere con loro, vivere e morire con loro. Potessi io
vivere e morire d’amore. Mi sarà
dato?».
Profilo di Annalena Tonelli
Innamorata dell’uomo ferito
Nasce a Forlì il 2 aprile 1943, secondogenita di cinque fratelli,
studia legge ed è presidente della
Fuci. Dopo la laurea, a 26 anni parte
per l’Africa. Nel 1970 è a Wajir, un
villaggio nel deserto del nord est
del Kenya fra tribù nomadi mussulmane dove, con alcune compagne,
può “gridare il Vangelo con la vita”
42
in una piccola fraternità di servizio di minacce e ricatti, affida i suoi
e di preghiera sulla scia di Charles progetti alla Caritas italiana nella
de Foucauld.
persona della dottoressa GrazielDopo i primi anni di insegna- la Fumagalli che dopo pochi mesi
mento si dedica ai malati di tu- verrà uccisa. Annalena decide di
bercolosi e nel 1976 il governo del tornare ai suoi “brandelli di umaniKenya le affida un progetto pilota tà ferita”: nel 1996 è a Borama nel
per il controllo e la cura della tu- Somaliland, stato indipendente a
bercolosi che l’Oms nel 1978 riter- nord-ovest della Somalia. Riattiva
rà di diffondere in tutti i paesi del l’ospedale, organizza scuole di alTerzo Mondo.
fabetizzazione, scuole per ciechi,
Nel 1985 viene espulsa dal Kenya sordomuti, dà l’avvio ad una camper aver ostacolato e
pagna di sensibilizzacontribuito a denunzione contro le muticiare un’operazione
lazioni genitali femmiAnnalena decimilitare che si arresta
nili.
de di tornare ai
ai primi mille morti ma
Nel 2001 è chiamata
suoi “brandelli di
avrebbe portato allo
in
Vaticano dal Pontiumanità ferita”
sterminio un’intera trificio Consiglio per la
bù di 50.000 uomini.
pastorale della Salute
Ritorna in Italia e la
per dare la sua testipiccola fraternità si disperde per monianza in rappresentanza del
sempre.
mondo del volontariato. Nell’apriNel 1987 va in Somalia, un paese le 2003 a Ginevra le viene conferito
devastato dalla guerra civile in pie- dall’Alto Commissariato Onu per i
no caos istituzionale e in mano ai rifugiati il premio Nansen. Tre mesi
signori della guerra. Dà vita a centri dopo, domenica 5 ottobre, appena
nutrizionali, sfama migliaia di pro- terminato il giro tra i malati viene
fughi, crea ospedali e scuole per colpita a morte. Annalena entra
i tubercolosi. Costretta nel 1995 a direttamente nella Vita dalla porta
lasciare Merca sotto la pressione della sua Africa amata.
“
“
43
Africa
Le suore di Casablanca
Comunità di religiose
che sanno farsi vere testimoni di un Dio
che ama, in terra d’islam
L
di padre Renato Zilio
Le Piccole sorelle di Gesù
Il quartiere di rue Jaâfar si presenta povero, popolare, trascurato.
Già da lontano, tuttavia, una piccola siepe che cinge il pianterreno di
un abitato vi attira: è tutta fiorita,
crea un altro clima, anzi, si fa messaggio. Povertà e bellezza possono
abitare insieme. Ed è qui che abitano anche loro, le Piccole sorelle di
Gesù. Nate nel deserto dell’Algeria
come un dono di Dio - quando il
deserto sa farsi fecondo - ne portano sempre le caratteristiche quasi i
cromosomi di un carisma: semplicità, essenzialità, preghiera e fraternità. Sono distribuite in piccole
comunità nel Marocco, ben radicate in mezzo alla gente, seppure
di tante nazionalità parlano arabo
come tutti e vivono il mistero di
Nazareth in terra d’Islam. Oltre la
contemplazione e la fratellanza
universale, ereditate da Charles de
Foucauld.
L’Islam non è un’ideologia, vi dicono, ma sono persone che esse
incontrano ed amano quotidianamente. E questo traspare in ogni
occasione: la vicina di casa secca
La donna nel mondo
il suo miglio sulla loro terrazza altrimenti sparirebbe, un’altra invece i suoi panni, per non perderli,
e poi la piccola sorella, ultima arrivata, desiderosa di fare un duro
lavoro di strada... cioè la pulizia del
quartiere, per conoscere la gente.
Il senso del servizio nelle piccole
cose le rende grandi. Indimenticabili testimoni di Dio queste Piccole
sorelle!
Le Clarisse
In un altro quartiere vivono le
Clarisse. Un muro alto, bianco,
che sembra di recente costruzione, nessuna iscrizione fuori come
già facessero parte dell’invisibile:
è il monastero delle suore messicane. Ma sarà anche una scoperta
sorprendente: appena varcata la
soglia, una badessa messicana vi
accoglie con un sorriso dolce e spirituale e poi sedendovi, come per
un cenno segreto, altre sei si metteranno a sedervisi accanto. Una vi
porterà un piccolo vassoio con una
bibita e qualche biscotto, un’altra
vi sorprenderà con un flash per
una foto-ricordo, una terza vi pre-
44
senterà il libro d’oro
per raccogliere un
messaggio. In questo
monastero, oasi mistica di preghiera latinoamericana, sarete accolti come un re.
“Il nostro impegno
è la preghiera vissuta
in questo Paese con
i voti di castità, povertà, obbedienza e
clausura!”. Queste
“donne che pregano” sono una grazia
per i cristiani, ma anche testimoni di Dio per il popolo musulmano che le sfiora. Sono
segno, in fondo, dell’importanza
vitale della presenza di Dio nell’esistenza di un essere umano. Volate qui da altro mondo venticinque
anni fa, esse non temono la solitudine, ma piuttosto dimenticare
il privilegio del sogno di Chiara
d’Assisi: essere preghiera in terra
musulmana.
Le suore di Madre Teresa
In un altro quartiere vi sorprenderà una bella chiesa gotica con le
sue altissime guglie, diventata stranamente una moschea. A due passi da qui, le suore di Madre Teresa.
Verrà ad aprirvi una giovane con
un bimbo tra le braccia e poi un’altra con un pancione, un’altra ancora... sono venticinque ragazzemadri accolte qui con i loro piccoli.
Vivono come in una grande famiglia, imparano a stare insieme,
a trovare un piccolo lavoro, a far
crescere il loro bambino. Ad affrontare una vita, in fondo, che per
la società musulmana è una vergogna e una maledizione. Ma per le
suore di Madre Teresa sono proprio loro, in fondo, a pronunciare
quelle parole scritte in grande in
cappella accanto al Cristo crocifisso: “I thirst”. Hanno sete di dignità.
Una religiosa vi spiegherà, poi, il
lungo cammino di riconciliazione
con le rispettive famiglie, quando
la mamma della ragazza si presenterà forse un giorno per vedere il
bambino... Oppure vi dirà quando
recentemente, rimandata a casa
dall’ospedale, una ragazza partoriva dalle suore mezz’ora prima
della Messa, portando, poi, in cappella il neonato per una benedizione. “Ogni vita è sacra, un dono di
Dio: oggi qui l’abbiamo veramente
compreso!”.
45
(fonte NotiCum - Dicembre 2011)
CASABLANCA,
martedì, 16 agosto 2011
Africa
Donne
in Asia
La donna nel mondo
46
India - Guardando al cambiamento
N
di Giovanna Providenti
Nel parlamento indiano la presenza femminile è inferiore persino a quella dell’Italia (penultima in
Europa), in cui ci sono 134 donne
su 630 deputati, mentre in India
sono 59 su 543. Eppure molte e
interessanti lezioni ci arrivano da
questo subcontinente complesso
e ricco di contraddizioni, in cui il
2 luglio 2009 l’Alta Corte di New
Delhi ha finalmente riconosciuto
anticostituzionale il reato di omosessualità e in cui le donne sono
sia nei gradini più infimi della scala
sociale sia nei luoghi istituzionali
più importanti, da dove si rendono interpreti di progresso. È probabile che nell’Alta Corte di Delhi
ha avuto una qualche influenza
la presenza tra i giudici di donne
aperte come Leila Seth, oggi in
pensione, che era stata Chief Justice proprio nell’Alta Corte di Delhi
e che nella sua autobiografia “On
Balance” si dichiara favorevole ai
diritti degli omosessuali.
Parlando di donne al potere in
India vi sono almeno due cose che
non possono essere tralasciate:
1) In India quando le donne ricoprono ruoli decisionali, dal primo
ingranaggio del complesso sistema democratico indiano, come i
consigli di villaggio, fino alle cariche istituzionali più alte, le condizioni sociali della popolazione
migliorano;
2) la donna governatrice o presidente della repubblica o a capo
di un partito, da Indira Gandhi a
Pratibha Patil a Sonia Gandhi, sembrano aderire bene al simbolico
popolare indiano (del testo già
intriso di molto divino femminile)
ed essere benvolute dalla maggioranza di cittadini e cittadine.
Sonia Gandhi
Alle ultime elezioni di maggio
2009 si è riaffermato il partito di
coalizione governativa, United
Progressive Alliance, guidato da
Sonia Gandhi, grazie anche al carisma di questa donna nata e cresciuta in Italia prima di sposare,
nel 1968, Rajiv Gandhi, figlio della premiere Indira, e assassinato,
come la madre, mentre era primo
ministro. Oggi il primo ministro
riconfermato è Manmohan Singh,
sostenuto sia dalla presidente Pratibha Patil che da Sonia Gandhi, la
quale ha anche fortemente voluto la nomina alla presidenza della Lock Sabha (Camera Bassa) di
un’altra donna, appartenente alla
casta degli intoccabili: Meira Kumar, che nel precedente governo
di Singh, dal 2004 al 2009, era stata
membro del Ministero per la Giustizia Sociale e l’Empowerment e
quindi probabile responsabile dei
47
Asia
progressi sociali riportati dal rapporto dell’UNFPA.
Al momento presente dunque in
India ci sono tre cariche istituzionali importanti (presidenza della
repubblica, presidenza della Lock
Sabha e presidenza del partito
di coalizione governativa o UPA)
occupate da donne: Pratibha Patil, Meira Kumar e Sonia Gandhi.
Proviamo a vederle più da vicino,
sperando di non soffrire troppo al
confronto delle nostre quattro ministre, di cui due senza portafoglio
ed una ex soubrette senza precedente esperienza politica.
nendo in carcere con Indira Gandhi nel 1977, non è il suo unico
interesse. Nei primi anni Settanta
Pratibha Patil, insieme al marito
da cui ha avuto anche due figli, ha
fondato un centro educativo, Vidya
Bharati Shikshan Prasarak Mandal,
rivolto a dare opportunità formative alle persone più deboli socialmente. Inoltre Pamil ha fondato e
diretto strutture rivolte all’accoglienza e alla formazione universitaria delle donne, una cooperativa
per la produzione dello zucchero
e la Pratibha Women Cooperative
Bank che ha l’esplicito obiettivo
di rafforzare il potere
Pratibha Patil
delle donne.
Pratibha Patil, nata
Insediandosi nella
Per la prima
nel 1934 e appartepoltrona
presidenziavolta nella storia
nente alle fila del
le
Pamil,
non dimendell’India,
una
partito progressista
ticando
di
ringraziapersona appartedell’alleanza di sinire
Sonia
Gandhi
per
nente alla casta
stra, ha vinto le ultime
averla
sostenuta,
ha
degli ‘intoccabili’
elezioni presidenziaannunciato
di
volersi
è stata eletta preli tenutesi il 19 luglio
interessare della legge
sidente.
del 2007, superando il
sullo sviluppo agricoconservatore Bhairon
lo proposta dall’UPA e
Singh Shekhawat, che
del rafforzamento delera stato presidente nei cinque la presenza nei luoghi decisionali
anni precedenti. Per salire alla pre- delle donne, sostenendo proposte
sidenza della Repubblica Patil ha di legge mirate ad assicurare una
lasciato il suo posto di Governa- presenza del 50% di donne nei
tora del Rajasthan, che teneva dal consigli di villaggio ed aumentare
2004. Prima era stata, già dagli anni le “quote rosa”» in tutti gli organi
Sessanta, deputata nella Camera legislativi.
Bassa nazionale e nell’assemblea
legislativa del Maharashtra, dove Meira Kumar
era stata eletta poco dopo la lauAnche l’altra donna fortemente
rea in legge. Ma la carriera politica, sostenuta da Sonia Gandhi, Meivissuta per molti anni dalla parte ra Kumar, durante il suo discorso
dell’opposizione di sinistra, e fi- inaugurale in parlamento, non ha
“
“
La donna nel mondo
48
dimenticato di collegarsi alle
altre donne che l’hanno sostenuta e di ribadire il bisogno di riforme e atti concreti
rivolti a migliorare le condizioni sociali e il livello di istruzione delle donne che rimane
molto basso, anzi uno dei più
bassi di tutto il continente
asiatico, specialmente nelle
aree remote e nelle campagne. Meira Kumar, 64 anni,
membro della comunità dei
“dalits” (oppressi) considerati
al margine della società tanto
da essere esclusi dal mondo
del lavoro e dalle attività sociali, in passato impegnata in Sonia Gandhi
attività di assistenza umanitaria, dopo essere stata ambasciato- di informarvi che in questa15era a Madrid e a Londra, ha iniziato sima Lok Sabha, il numero delle
la carriera politica nel 1985, dive- donne è aumentato... Questi sono
nendo 5 volte deputato.
indicatori della presenza di un’auNel precedente governo aveva tentica intenzione di rendere la
collaborato nel Ministero della posizione delle donne più forte”.
giustizia sociale ed ora era già stata nominata ministro delle risorse
Che dire sulla ‘nostra’ Sonia Ganidriche da Singh. Nonostante il suo dhi? A settembre 2007 la rivista
curricula ha occupato le cronache americana Forbes la ha posiziodi tutti i giornali internazionali in nata al sesto posto nella classifica
quanto per la prima volta nella sto- delle donne più potenti del piaria dell’India, una persona appar- neta. Questa donna così potente,
tenente alla casta degli ‘intoccabili’ nata a Lusiana (VI) nel 1946 come
è stata eletta presidente del Parla- Edvige Antonia Albina Maino e
mento. Ma nel suo primo discorso cresciuta in un paese vicino Toriin Parlamento, la neo-presidente no, si è naturalizzata indiana nel
Kumar ha preferito rilevare il suo 1983, quindici anni dopo la sua
essere donna più che dalit: “Sono unione con Rajiv, per evitare che la
profondamente onorata di essere sua cittadinanza italiana potesse in
stata eletta la prima donna speaker qualche modo intralciare la politidi questa grande e vibrante demo- ca del marito. Dal 1998 è entrata in
crazia che noi abbiamo. Sono lieta politica, ma per favorire il dialogo
49
Asia
tra le varie comunità religiose ed panchayat (consiglio del villaggio)
etniche e contrastare le pulsioni composto di sole donne. La prima
nazionalistiche, ha rinunciato alla misura intrapresa è stata il divieto
poltrona di primo ministro. Oggi di fare uso di alcolici e del gutka,
detiene un ruolo fondamentale una sorta di tabacco profumato, il
nella vita politica indiana, fidando- cui uso è molto diffuso in India tra
si delle qualità delle donne e oc- gli uomini, anticipando la decisiocupandosi del loro empowerment ne del governo indiano che a sua
ai vari livelli della scala sociale. volta ne ha vietato l’uso in tutto
Soprattutto la italo-indiana leader il paese. Oltre a queste misure, il
di uno dei partiti di
Consiglio del villaggio
sinistra più importantutto al femminile, ha
ti del mondo sembra
intrapreso varie azioSpinte dalla nedavvero in grado di
ni per promuovere lo
cessità di un camfarsi amare da tutte/i
sviluppo, come aiutabiamento e del micittadine/i.
re gli abitanti ad apriglioramento delle
Del resto l’India è
re caseifici, ristoranti,
condizioni reali di
anche il luogo in cui
negozi di alimentari
se stesse e di tutta
esistono luoghi come
ed altre misure rivolte
la popolazione.
Kavathe Piran. Si tratta
a favorire l’occupaziodi un piccolo villaggio
ne giovanile.
dello stato del MahaDal livello più basso
rashtra, nella costa occidentale, del villaggio al livello della più alta
in passato conosciuto per essere carica istituzionale le donne indiaun paese di combattenti maschi in ne stanno venendo allo scoperto
cui le donne, dedicate quasi esclu- e non lo fanno in nome dell’uguasivamente alle cure della casa in glianza né mostrando di rincorreobbedienza ai mariti e padri, vive- re l’ottenimento di un qualcosa. Lo
vano in una situazione di inferio- fanno spinte dalla necessità di un
rità. Ma da qualche anno un grup- cambiamento e del miglioramento
po di 17 donne ha destituito i capi delle condizioni reali di se stesse e
del villaggio e istituito un nuovo di tutta la popolazione.
“
“
La donna nel mondo
50
Bangladesh
Donne al potere e
donne perseguitate
S
di Francesca Marino
Si sono concluse di recente,
dopo una delle campagne elettorali più violente e sanguinose
della storia recente, le elezioni in
Bangladesh. Caratterizzate dallo
scontro tra due candidati premier
di sesso femminile, sono terminate con l’elezione di Khaleda Zia,
vedova del defunto generale Ziaur-Rahman, alla testa di una coalizione di partiti fondamentalisti
filo islamici guidata dal Bangladesh
Nationalist Party (Bnp).
E gli effetti si sono immediatamente fatti sentire. La signora Zia,
difatti, è famosa, oltre che per i
suoi elegantissimi sari di chiffon
francese, per i metodi piuttosto
spicci che adopera in politica. Ne
sanno qualcosa le minoranze induiste che, nonostante le rassicurazioni ricevute, continuano a
essere bersagliate dagli attacchi
della maggioranza integralista. E
ne sanno qualcosa anche le donne bangladeshi, che temono un
ulteriore peggioramento delle loro
condizioni di vita. Il fatto che da
anni ormai due donne si alternino
alla carica di premier a Dhaka non
influisce difatti minimamente sulla
condizione femminile nel Paese
che, secondo un rapporto del Fondo per la popolazione delle Nazioni unite (Unfpa) è la peggiore del
subcontinente indiano.
Diritti politici impediti. In teoria,
difatti, alle donne è riservato per
legge il 30 per cento dei seggi in
Parlamento, nel maggio del 2000
una donna è stata eletta giudice
alla Corte suprema e sono state
51
Asia
aperte al sesso femminile le carrie- ze fisiche e psicologiche.
re nei gradi ausiliarii delle Forze arNonostante però le donne scenmate. In pratica, nel corso dell’ul- dano in piazza per manifestare
timo anno, la Commissione eletto- contro la violenza di cui sono vittirale ha più volte segnalato casi in me, e le attiviste per i diritti umani
cui alle donne veniva impedito di cerchino ormai da anni di richiaesercitare i loro diritti politici.
mare l’attenzione del governo sul
Lo scorso anno Sheikh Hasina, crescente numero dei casi di del’ex premier, si era appellata all’As- pressione e di suicidio al femmisociazione per la cooperazione nile, la situazione non accenna a
regionale (Saarc) perché fossero migliorare.
presi severi provvedimenti contro
Nell’ultimo anno circa 500 donil traffico di donne rapite per es- ne si sono suicidate a causa di disere ridotte in schiavitù o avviate spute coniugali, contese relative
alla prostituzione, ma aveva uffi- alla dote, stupri, malattie, povertà
cialmente protestato
e matrimoni forzati. Ci
contro un rapporto
sono state, inoltre, nuIl 47 per cento
del Dipartimento di
merose testimonianze
della popolazioStato americano per
di violenze perpetrate
ne femminile è
i diritti umani sostesulle donne arrestate,
vittima di stupri,
nendo che «non docon almeno tre casi di
omicidi e violenze
vrebbe essere basato
donne che sono state
fisiche e psicolosoltanto sui resoconti
stuprate dalla polizia.
giche.
dei giornali e di non
Infine, secondo uno
meglio identificate asstudio pubblicato sulsociazioni per i diritti
la rivista britannica
umani», e che i fatti citati non era- The Lancet, negli ultimi due anni
no stati accuratamente verificati. Il sarebbero morte di morte violenrapporto in questione, in accordo ta circa 30 mila donne tra i dieci e i
con tutti i dati resi pubblici dalle cinquant’anni: la metà per suicidio,
organizzazioni non governative e il 5 per cento per percosse; il 17 per
dalle associazioni umanitarie, so- cento per «incidente» domestico e
steneva difatti che in Bangladesh il rimanente 28 per cento per caupiù del 60 per cento delle donne se che non sono state chiarite dai
sposate è vittima di continue per- medici o dai rapporti di polizia.
cosse da parte del marito. Circa L’elezione di Khaleda Zia, che du200 mila donne ogni anno vengo- rante il suo precedente mandato
no inoltre aggredite e sfregiate con aveva permesso e giustificato la
l’acido solforico per gelosia o per condanna nei confronti della scritquestioni d’onore, mentre il 47 per trice femminista Tasleema Nasrin,
cento della popolazione femminile potrebbe peggiorare ulteriormenè vittima di stupri, omicidi e violen- te le cose.
“
“
La donna nel mondo
52
L
Il caso Asia Bibi
La vicenda risale al giugno 2009 apparse critiche. Secondo Haroon
quando ad Asia Bibi, una lavoratri- Barkat Masih, direttore internazioce agricola, viene chiesto di andare nale di Mf, Asia Bibi ha comunque
a prendere dell’acqua. A quel pun- espresso parole di perdono nei
to un gruppo di donne musulmane confronti dei suoi accusatori: “In
l’avrebbe respinta sostenendo che primo luogo vivevo frustrazione,
lei, in quanto cristiana, non avreb- rabbia, aggressività. Poi, grazie alla
be dovuto toccare il recipiente e si fede, dopo aver digiunato e pregasono quindi rivolte alle autorità so- to, le cose sono cambiate in me: ho
stenendo che lei nella discussione già perdonato chi mi ha accusato
di blasfemia. Questo è un capitoavrebbe offeso Maometto.
lo della mia vita che
Asia Bibi, picchiata,
voglio dimenticare”.
chiusa in uno stanLa donna ha quindi
zino, stuprata, infine
Ho già perdonaarrestata pochi giorni
espresso il desiderio
to chi mi ha accudopo nel villaggio di
di poter tornare alla
sato di blasfemia.
Ittanwalai, ha negato
sua famiglia.
le accuse e ha replicaNel 2012, secondo
alcune fonti, Qari Sato di essere perseguitata e discriminata a causa del suo lam, l’uomo che ha accusato Asia
credo religioso.
Bibi di blasfemia avrebbe dichiaOltre un anno dopo l’arresto, rato di essersi pentito di aver sporil giudice Naveed Iqbal emette la to la denuncia, che sarebbe stata
sentenza, nella quale esclude «to- basata su pregiudizi personali ed
talmente» la possibilità che Asia emozioni religiose esasperate di
Bibi sia accusata ingiustamente, ag- alcune donne del villaggio. L’uomo
giungendo inoltre che «non esisto- starebbe quindi pensando di non
no circostanze attenuanti» per lei.
portare avanti l’accusa ma sarebbe
La famiglia ha presentato ricorso comunque in difficoltà perché sotcontro la sentenza.
to pressione da parte di organizzaNel dicembre 2011 una delega- zioni fondamentaliste islamiche.
zione della Masihi Fundation (Mf),
ONG che si occupa dell’assistenza
***
legale e materiale di Asia Bibi, ha
Ginevra (AsiaNews, 14/03/2012) visitato la donna in carcere. Le sue
condizioni di igiene personale era- Al Consiglio per i Diritti Umani
no terribili e le sue condizioni di delle Nazioni Unite 50 attivisti
salute, sia fisica che psichica, sono e intellettuali hanno presentato
“
“
53
Asia
un appello a Islamabad, per la
liberazione della donna. I firmatari denunciano gli abusi perpetrati in base alla “legge nera” e
le pessime condizioni in carcere. Intanto a Lahore emerge un
nuovo caso: una 26enne denunciata perché si è rifiutata di convertirsi all’islam.
Nel giorno in cui in Pakistan
un’altra giovane donna viene accusata di blasfemia, alle Nazioni Unite
50 attivisti per i diritti umani e personalità politiche di primo piano
- fra cui un ex presidente dell’Assemblea Onu - lanciano una petizione al governo di Islamabad per
la liberazione di Asia Bibi. Cristiana
e madre di cinque figli, nel novemLa donna nel mondo
bre 2010 Asia è stata condannata a
morte in base alla “legge nera” ed è
in attesa della sentenza di appello,
rinchiusa in isolamento nel carcere femminile di Sheikhupura (nel
Punjab). Per la sua liberazione si
sono mobilitati anche il governatore del Punjab Salman Taseer e
Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze religiose: entrambi sono
stati assassinati lo scorso anno, per
mano degli estremisti islamici. Anche Benedetto XVI ha lanciato un
appello per la liberazione di Asia
Bibi, provata nel fisico e nel morale
dalla lunga prigionia.
Al Palazzo delle Nazioni di Ginevra in Svizzera, sede europea della
rappresentanza Onu, è in corso la
19ma sessione del Consiglio per i
54
Diritti Umani delle Nazioni Unite, rinchiusa la donna, che “può tocche si concluderà il 23 marzo pros- care le due pareti solo allungando
simo. La petizione è stata illustrata le braccia”.
ieri a oltre 400 attivisti per i diritti
Da ultimo, i firmatari evidenziaumani dalla giornalista di France no gli abusi commessi in base alla
24 Anne-Isabelle Tollet, autrice del “legge nera”, pretesto per colpire
libro “Blasfema”, in cui si racconta rivali in affari e minoranze etniche
la storia di Asia Bibi. Fra i firmata- e religiose. In conclusione, l’appelri del documento in cui si invoca lo al governo della Repubblica isla“l’urgente liberazione” della don- mica del Pakistan a “liberare Asia
na cristiana, vi sono anche Jan Ka- Bibi”.
van, presidente dell’Assemblea geIntanto in Pakistan un’altra gionerale Onu nel 2002-3;
vane donna cristial’attivista cinese Yang
na è stata accusata di
Jianli, prigioniera di
blasfemia. La polizia
La donna “può
coscienza e sopravdel distretto di Bahatoccare le due pavissuta al massacro
walnagar, a Lahore, ha
reti solo allungandi piazza Tiananmen;
incriminato la 26enne
do le braccia”.
Christina fu presidente
Shamim, madre di
di New Hope Foundauna bambina di cintion; Vanee Meisinger,
que mesi, per “insulti
del Pan Pacific and Southeast Asia al profeta Maometto”. Il fatto è avWomen’s Association of Thailand.
venuto lo scorso 28 febbraio, ma è
L’appello ricorda il “crimine” emerso solo ieri mentre la giovane
commesso da Asia Bibi, ovvero è ancora sotto la custodia delle foraver bevuto un bicchiere d’acqua ze dell’ordine. Secondo la famiglia,
raccolta da un pozzo di proprietà Shamim è stata “ingiustamente acdi un musulmano. Da qui l’accusa cusata” perché avrebbe rifiutato
di aver “infettato” la fonte, poi la di convertirsi all’islam. La resistendiscussione con le altre donne e, za opposta ha spinto un gruppo
infine, l’incriminazione per aver di parenti - che di recente hanno
“insultato il profeta Maometto”. Il abbracciato la fede di Maometto
documento denuncia anche le in- - a denunciarla in base alla “legge
fime condizioni della cella in cui è nera”.
“
“
55
Asia
A
Aung San Suu Kyi
Aung San Suu Kyi (Yangon, 19 giugno 1945) è una politica birmana,
attiva da molti anni nella difesa dei
diritti umani sulla scena nazionale
del suo Paese, devastato da una pesante dittatura militare, imponendosi come leader del movimento
non-violento, tanto da meritare i
premi Rafto e Sakharov, prima di
essere insignita del premio Nobel
per la pace nel 1991. Nel 2007 l’ex
Premier inglese Gordon Brown ne
ha tratteggiato il ritratto nel suo volume Eight Portraits come modello
di coraggio civico per la libertà.
Biografia
Figlia del generale Aung San
(capo della fazione nazionalista del
Partito Comunista della Birmania,
di cui fu segretario dal ‘39 al ‘41) e
di Khin Kyi, la vita di Aung San Suu
Kyi è stata travagliata fino dai primi anni. Suo padre, uno dei principali esponenti politici birmani,
dopo aver negoziato l’indipendenza della nazione dal Regno Unito
nel 1947, fu infatti ucciso da alcuni
avversari politici nello stesso anno,
lasciando la bambina di appena
due anni, oltre che la moglie, e altri due figli, uno dei quali sarebbe
morto in un incidente.
Dopo la morte del marito, Khin
Kyi, divenne una delle figure politiche di maggior rilievo in Birmania,
tanto da diventare ambasciatrice in
La donna nel mondo
India nel 1960. Aung San Suu Kyi
fu sempre presente al fianco della
madre, la seguì ovunque, ed ebbe
la possibilità di frequentare le migliori scuole indiane e successivamente inglesi, tanto che nel 1967,
presso il St Hugh’s College di Oxford, conseguì la prestigiosa laurea in Filosofia, Scienze Politiche
ed Economia. Continuò poi i suoi
studi a New York e nel 1972 cominciò a lavorare per le Nazioni Unite,
e in quel periodo conobbe anche
uno studioso di cultura tibetana,
Micheal Aris, che l’anno successivo sarebbe diventato suo marito, e
padre dei suoi due figli, Alexander
e Kim.
Ritornò in Birmania nel 1988,
per accudire la madre gravemente
malata, e proprio in quegli anni il
generale Saw Maung prese il potere e instaurò il regime militare
che tuttora comanda in Myanmar.
Fortemente influenzata dagli insegnamenti del Mahatma Gandhi,
Aung San Suu Kyi sposò la causa
del suo paese in maniera nonviolenta e fondò la Lega Nazionale
per la Democrazia, il 27 settembre
1988. Neanche un anno dopo le
furono comminati gli arresti domiciliari, con la concessione che se
avesse voluto abbandonare il paese, lo avrebbe potuto fare; Aung
San Suu Kyi rifiutò la proposta del
regime.
56
Nel 1990 il regime militare decise
di chiamare il popolo alle elezioni,
e il risultato fu una schiacciante
vittoria della Lega Nazionale per la
Democrazia di Aung San Suu Kyi,
che sarebbe quindi diventata Primo Ministro; tuttavia i militari rigettarono il voto, e presero il potere con la forza, annullando il voto
popolare. L’anno successivo Aung
San Suu Kyi vinse il premio Nobel
per la Pace, ed usò i soldi del premio per costituire un sistema sanitario e di istruzione, a favore del
popolo birmano.
Gli arresti domiciliari le furono
revocati nel 1995, ma rimaneva comunque in uno stato di semi libertà, non poté mai lasciare il paese,
perché in tal caso le sarebbe stato
negato il ritorno in Myanmar, e anche ai suoi familiari non fu mai permesso di visitarla, neanche quando
al marito Michael fu diagnosticato
il cancro, che di lì a due anni, nel
1999, lo avrebbe ucciso, lasciandola vedova.
Nel 2002, a seguito di forti pressioni delle Nazioni Unite, ad
Aung San Suu Kyi fu riconosciuta
una maggiore libertà d’azione in
Myanmar, ma il 30 maggio 2003,
mentre era a bordo di un convoglio con numerosi sostenitori, un
gruppo di militari aprì il fuoco e
massacrò molte persone, e solo
grazie alla prontezza di riflessi del
suo autista, Ko Kyaw Soe Lin, riuscì a salvarsi, ma fu di nuovo messa agli arresti domiciliari. Da quel
momento, la salute di Aung San
Suu Kyi è andata progressivamente
peggiorando, tanto da richiedere
un intervento e vari ricoveri.
Il “caso” Aung San Suu Kyi ha
incominciato ad essere un argomento internazionale, tanto che
57
Asia
gli Stati Uniti d’America e l’Unione
Europea hanno fatto grosse pressioni sul governo del Myanmar per
la sua liberazione, ma gli arresti
domiciliari furono rinnovati per un
anno nel 2005 e ulteriormente rinnovati nel 2006 e nel 2007.
Per quanto sta facendo per la
causa del popolo birmano, alcune
prestigiose Università in Europa
e in America vogliono assegnarle
delle lauree Honoris Causa, per il
suo grande impegno civile, e per la
difesa dei diritti umani e della pace.
Il 9 novembre 2007, Aung San
Suu Kyi ha lasciato la sua abitazione dove era confinata agli arresti
domiciliari e ha incontrato il ministro nominato ad hoc dalla
giunta militare al potere per
il dialogo con l’opposizione, il ministro dei trasporti
Aung Kyi. Un dirigente della
Lega nazionale per la democrazia ha detto che Suu
Kyi ha anche incontrato tre
esponenti del suo partito,
che non incontrava da tre
anni.
Per il suo impegno a favore dei diritti umani il 6 maggio 2008 il Congresso degli
Stati Uniti le ha conferito la
sua massima onorificenza:
la Medaglia d’Onore.
ciliari attraversando il lago Inya.
Il 14 maggio la giunta militare ha
arrestato, e il 18 successivo ha processato, Aung San Suu Kyi per violazione degli arresti domiciliari. Il
termine dei domiciliari e la liberazione dell’attivista birmana dall’ultimo arresto sarebbero scaduti il
21 maggio. Secondo buona parte
della stampa internazionale e la
stessa Lega nazionale per la democrazia, l’impresa di Yethaw è stato
il pretesto fornito alla giunta militare per mettere fuori gioco Aung
San Suu Kyi prima di sottoporre il
popolo birmano alla votazione di
un referendum per l’approvazione di un testo costituzionale che,
di fatto, sancisce la continuazione
Il 3 maggio 2009 un mormone statunitense, John
William Yethaw, ha raggiunto a nuoto la casa in cui è
costretta agli arresti domiLa donna nel mondo
58
tare, detenere o ascoltare in Birmania l’album della band irlandese All
That You Can’t Leave Behind, in cui
è contenuto tale brano. La sanzione prevista è la reclusione da tre a
vent’anni. Nel 1997 il sassofonista
Wayne Shorter e il pianista Herbie
Hancock incisero sull’album “1+1”
un tema intitolato “Aung San Suu
Kyi” che vinse il Grammy Award
come Migliore composizione jazz.
Nel 2011 il popolare
Il 13 novembre 2010
regista francese Luc
Aung San Suu Kyi è
Besson ha diretto il
stata liberata. Il 1º apriIl
16
giugno
2012
film “The Lady” incenle 2012 ha ottenuto un
ha
ritirato
il
premio
trato sulla vita del preseggio al parlamento
Nobel
per
la
Pace.
mio Nobel birmano.
birmano. Nonostante
Il parlamento italiaciò la Birmania non è
no
e diversi Stati hanancora libera e il pasno
espresso
la loro sosato dittatoriale grava
lidarietà
nei
confronti
di
Aung San
ancora sulla nazione. Il 16 giugno
Suu
Kyi.
Molti
cantanti
e gruppi
2012 ha ritirato il premio Nobel per
musicali
hanno
espresso
la
loro sola Pace. Ora sta iniziando a visitare
lidarietà.
In
Francia,
un
film
di Luc
vari stati, dato che le è stato finalBesson
è
uscito
nel
2011,
The
Lady
mente concesso il permesso dal
L’amore
per
la
libertà.
Governo birmano. Andrà in Inghilterra dal figlio e in seguito anche in
Francia.
Bibliografia
- Aung San Suu Kyi, Liberi dalla
Progetti artistici dedicati
paura,
ed. Sperling & Kupfer, 2005
In tutto il mondo Aung San Suu
Aung
San Suu Kyi, Lettere dalKyi è diventata un’icona della nonla
mia
Birmania,
ed. Sperling &
violenza e pace, tanto che numeKupfer,
2007
rosi cantanti e gruppi musicali, tra
- Cecilia Brighi, Il pavone e i gecui Damien Rice, gli U2, i R.E.M. e
nerali.
Birmania: storie da un Paese
i Coldplay le hanno dedicato brani
in
gabbia,
ed. Baldini Castoldi Damusicali per sostenere la sua causa;
lai,
2006
nel 2003 le fu assegnato l’Europe- Carmen Lasorella, Verde e zafan Mtv Music Award. In particolar
ferano,
a voce alta per la Birmania,
modo, gli U2 le dedicano un brano
libro-intervista,
Bompiani, 2008.
intitolato Walk On (“Vai avanti”).
(Da Wikipedia)
Per questo motivo è illegale impordel potere dei militari sotto forme
civili, escludendo del tutto la Lega
nazionale per la democrazia.
L’11 giugno Aung San Suu Kyi
è stata nuovamente condannata,
questa volta a tre anni di lavori forzati per violazione della normativa
della sicurezza che sono stati commutati poi, dalla Giunta militare, in
18 mesi di arresti domiciliari.
“
“
59
Asia
Donne
in America Latina
La donna nel mondo
60
Donne al potere
in Centro e Sud America
Sono 4 le donne al potere in Centroamerica:
- Governatore Generale Saint Lucia, Perlette Louisy
- Governatore Generale Antigua e Barbuda,
Louise Lack-Tack
- Presidente Costa Rica, Laura Chinchilla
(vedi approfondimento)
- Primo Ministro Trinidad e Tobago, Kamla Persad-Bissessar
Sono 2 le donne al potere in Sud-America:
- Presidente Argentina, Cristina Kirchner
(vedi approfondimento)
- Presidente Brasile, Silma Rousseff
APPROFONDIMENTO
Laura Chinchilla
(Presidente del Costa Rica)
17
17/05/2010 - Aria di cambiamento è quella che si respira da due
settimane a questa parte dopo il
giuramento del Presidente Laura
Chinchilla, prima donna ad assumere il potere nella storia del Costa Rica. Dopo le affermazioni degli ultimi anni di Cristina Kirchner
in Argentina e di Michelle Bachelet
in Cile, l’insediamento della Chinchilla conferma un trend positivo
dell’aumento della partecipazione femminile in politica. Le sfide
per la nuova guida del Costa Rica,
però, sono molte.
NOVITÀ E CONTINUITÀ – Laura
Chinchilla, che durante le elezioni dello scorso febbraio ha battuto con il 47% dei voti Otton Solis
del Partito dell’azione civica (Pac)
e Otto Guevara del Movimento Libertario (MI), si aggiunge ad altre
quattro donne, tra queste l’argentina Cristina Fernandez de Kirchner
e la cilena Michelle Bachelet (in
passato era toccato ad Isabelita
Perón, sempre in Argentina, e a
Violeta Barrios de Chamorro in
Nicaragua), che sono riuscite a
imporsi nel panorama politico la-
61
America Latina
tinoamericano, tradizionalmente
dominato dagli uomini.
Un approccio moderato e aperto
al dialogo con le altre forze politiche è l’elemento principale della
linea scelta dal nuovo Presidente,
che intende mantenere una linea
di azione politica coerente con
quella del predecessore, il premio
Nobel per la pace Óscar Arias, il
quale ha deciso di ritirarsi dalla politica.
RIFORME E ANCORA RIFORME – Il Costa Rica, caratterizzato
storicamente da una lunga stabilità politica in una regione come
quella latinoamericana conosciuta
invece per l’instabilità politica ed
economica che si presentano ciclicamente, è uno dei paesi più prosperi dell’America centrale, con
un’economia basata sul turismo,
sui prodotti manifatturieri e sulle
esportazioni di prodotti agricoli
quali ananas e banane.
La donna nel mondo
Riforma fiscale e dell’apparato
burocratico e accelerazione della ripresa economica dopo la crisi
globale sono alcune delle questioni di cui si occuperà al più presto
la Presidente. Il suo scopo è anche
quello di superare le tensioni scaturite a seguito della firma del Trattato sul Libero Commercio (TLC)
siglato con gli Stati Uniti nel 2007,
durante il governo di Arias, e mostrato come simbolo dell’apertura
economica.
Laura Chinchilla ha affermato di
voler seguire la linea politica tracciata dal suo mentore Arias che ha
permesso a un piccolo paese come
il Costa Rica di 4,5 milioni di abitanti di essere il meno povero dell’America Centrale avendo assunto
sempre maggiore importanza in
politica estera.
La nuova amministrazione si
concentrerà anche sul miglioramento del sistema sanitario nazionale e ha promesso di creare
62
una rete di assistenza per anziani
e bambini. Riguardo all’economia
i punti principali su cui punterà il
nuovo esecutivo sono lo sviluppo
delle infrastrutture, l’istituzione di
un’imposta progressiva sui redditi
e soprattutto la creazione di nuovi
posti di lavoro in campo ambientale con l’iniziativa “empleos verdes”.
Al centro del suo programma vi
è l’impegno per una maggiore sostenibilità ambientale: difesa del
patrimonio naturale e riduzione
dei gas a effetto serra per rendere il Costa Rica la prima nazione a
carbon neutral nel mondo entro il
2030. Questo obiettivo ambizioso
significa che il Paese centramericano dovrebbe diventare il primo
Stato “ad emissioni zero”, obiettivo
da raggiungere non solo tramite
una drastica riduzione delle emissioni di CO2 ma anche acquistando
“certificati di emissione”, ovvero
contribuendo a finanziare progetti
per ridurre l’impatto ambientale in
altre zone del mondo.
COSA BOLLE IN PENTOLA – Criminalità, violenza e narcotraffico,
è la sfida più grande che il Costa
Rica, piccolo Stato che separa il
Nord dal Sud America, dovrà affrontare perché, come ha sostenuto il Presidente “il Centro America
potrebbe essere l’ultimo campo di
battaglia della guerra in corso tra
Colombia e Messico”.
Cento giorni è il periodo proposto dal nuovo governo per affrontare il problema che preoccupa di
più la popolazione: la sicurezza.
Durante questo lasso di tempo la
nuova amministrazione guidata
dalla Chinchilla analizzerà la questione elaborando una strategia,
63
America Latina
soprattutto per far fronte all’alto tasso di omicidi, aumentato in
maniera sensibile tra il 2007 e il
2009, basata su quattro punti: rafforzamento delle istituzioni, lotta
contro le impunità e la criminalità
organizzata e, infine, prevenzione
dei delitti.
Nonostante l’apertura al pluralismo di idee e la grande sensibilità
verso le questioni sociali e ambientali da sempre proclamate, la Presidente è stata definita fondamentalista e omofoba per alcuni atteggiamenti conservatori, quali l’op-
posizione alla legalizzazione della
pillola del giorno dopo, considerata una liberalizzazione dell’aborto,
e l’unione coniugale tra individui
dello stesso sesso.
In ogni caso l’elezione di un Presidente pacifista e ambientalista
come la Chinchilla può essere definito come un segno positivo di
grande cambiamento e apertura
per tutta la regione, dove i recenti
fatti dell’Honduras oppure il governo sandinista del Nicaragua hanno
sollevato alcuni dubbi sulla stabilità
democratica in America Centrale.
APPROFONDIMENTO
Cristina Fernández de Kirchner
(Presidente dell’Argentina)
B
di Valeria Risuglia
Biografia personale
Figlia di Eduardo Fernández e di
Ofelia Wilhelm, Cristina Fernández de Kirchner nacque a Ringuelet (provincia di Buenos Aires, La
Plata) il 19 febbraio 1953. Suo padre
era di discendenze spagnole, mentre la madre discendeva da una famiglia tedesca.
I suoi studi superiori si tennero presso La Plata, ove ottenne in
principio il diploma come perito
commerciale e, in seguito la laurea
presso la facoltà di scienze giuridiche e sociali. Sempre a La Plata,
nel 1973 iniziò la sua attività politica schierandosi nel “Frente de
Agrupaciones Eva Perón”, una or-
La donna nel mondo
ganizzazione studentesca facente
parte alle “Fuerzas Armadas Revolucionarias” che lo stesso anno si
annesse alla “Federación Universitaria por la Revolución Nacional”
creando la “Juventud Universitaria Peronista” dell’università di La
Plata. È qui dove conosce Nestor
Kirchner; dopo essere stati fidanzati per circa sei mesi, si sposarono
nel maggio 1975.
Il colpo di stato a María Estela
Martínez de Perón, con la conseguente presa di potere da parte
della dittatura militare, costrinse
la giovane coppia a trasferirsi nella
città natale del marito, Rio Gallegos nella provincia di Santa Cruz.
64
Questo in previsione di ciò che
sarebbe successo: molti dei compagni di lotte politiche e sociali dei
Kirchner rimasero coinvolti in persecuzioni ed omicidi da parte del
regime.
In Patagonia i due continuarono
la loro vita incentrata sull’ordinamento giuridico, formando uno
studio legale, in quanto entrambi
erano già avvocati. Nacquero due
figli: Máximo e Florencia Kirchner.
Il 27 ottobre 2010 il suo compagno di vita, nonché presidente
dell’Unasur ed ex presidente della
Repubblica Argentina, si spense a
seguito di un arresto cardo-respiratorio non traumatico. Si tenne
un funerale di stato che ebbe seguito in tutto il continente con la
proclamazione di tre giorni di lutto nazionale in tutti i paesi facenti parte dell’UNASUR. Al funerale
furono presenti diversi presidenti
tra cui Chàvez, Evo Morales, Lula,
Corrèa e molte altre delegazioni
internazionali. Un bagno di folla
si riversò nelle strade, accerchiando la Casa Rosada per rendergli
l’ultimo omaggio. Venne allestito
un salone al suo interno aperto al
pubblico, e, durante il trasporto
del feretro, la gente poté accompagnarlo e restare vicino a lui e a sua
moglie, cosa mai vista dalla morte
di Eva Peron.
Il 28 dicembre 2011, attraverso
le parole del suo portavoce Alfredo Scoccimarro, viene dato l’annuncio shock che la presidente
Cristina Fernandez de Kirchner è
ammalata di cancro alla tiroide. Si
apprende quindi che, per consentire le cure necessarie, dal 4 al 24
gennaio 2012, la guida del Paese
passerà nelle mani del vice Amado
Boudou. Il 4 gennaio 2012 lo stesso
portavoce legge il bollettino medico, annunciando che l’operazione
di rimozione del tumore ha avuto
successo.
Biografia politica
Nel 1989 è eletta deputata provinciale di Santa Cruz, venendo confermata nel 1993.
Nel 1995 accede al Senato nazionale in rappresentanza di Santa
Cruz. Nel 1997 è deputata nazionale mentre, nel 2001, torna in Senato
per la stessa provincia.
Nelle elezioni legislative del 23
ottobre 2005 è eletta senatrice per
la provincia di Buenos Aires, guidando il Frente para la Victoria, una
costola del Partito Giustizialista.
Vince, per soli 26 voti, il confronto con Hilda González de Duhalde,
moglie dell’ex presidente Eduardo
Duhalde. È la prima Prima Signora,
nella storia argentina, ad aver avuto, e ad avere, una carriera politica
largamente indipendente da quella del marito.
Il 2 giugno 2007 il Capo di Gabinetto Alberto Fernández, affermò
che Kirchner non si sarebbe ripresentato alle successive elezioni del 28 ottobre, proponendo la
candidatura della moglie Cristina
Fernández de Kirchner, senatrice
del Frente para la Victoria-Provincia
de Buenos Aires.
Il 19 luglio il partito presentò la
65
America Latina
candidatura della senatrice Fernández de Kirchner per la presidenza.
Tale candidatura fu lanciata a La
Plata, città natale della first lady. Alcuni settori del Partito Giustizialista
hanno suscitato interesse ribadendo la volontà di candidare Kirchner.
La senatrice era molto nota sia nel
paese che all’estero per la difesa
dei diritti umani e per l’appoggio
ricevuto da altre donne progressiste impegnate in politica come
Michelle Bachelet, Presidente del
Cile, Hillary Clinton, senatrice USA,
Segolene Royal, ex candidata alla
elezioni presidenziali francesi del
2007.
Il 28 ottobre la candidata del
Fronte per la Vittoria vinse le elezioni con il 45,29% superando la
candidata della Coalición Cívica
(centrista) Elisa Carrió che ottenne
il 23,04%. Kirchner vinse in tutte le
province tranne nella Capitale Federale (dove Carrió prevalse con
il 37% contro il 22% di Kirchner),
nella Provincia di Córdoba (dove
vinse l’ex ministro dell’economia
Roberto Lavagna dell’Unione Civica Radicale) e nella Provincia di
San Luis (dove prevalse Adolfo Rodríguez Saá). Secondo i rilevamenti
demoscopici, nella vittoria di Cristina Fernandez alle presidenziali
fu rilevante l’apporto delle classi
meno agiate e dei lavoratori.
Il 10 dicembre 2007 successe a
suo marito, divenendo la seconda
donna eletta alla massima magistratura argentina e la prima eletta
per volontà popolare.
È un’attiva militante in favore dei
La donna nel mondo
diritti umani tanto nel suo paese
quanto nel continente latinoamericano. Sostiene con energia la ne-
cessità di un impegno attivo delle
donne in politica. Anche a tal fine
intrattiene contatti con la presidente cilena Michelle Bachelet,
con la senatrice statunitense Hillary Clinton e con la deputata francese Ségolène Royal. Il partito cercò
di organizzarsi per le elezioni legislative del 2009 al fine di recuperare
i voti perduti in quei mesi difficili
per il paese. Nel frattempo la presidentessa, attraverso un decreto
legge, anticipò le elezioni di quattro mesi. Questa scelta fu criticata
dall’opposizione, nonostante le
facesse comodo. Néstor Kirchner
si candidò assieme a Scioli come
deputato per la Provincia di Buenos
Aires affrontando Margarita Stolbizer della Coalizione Civica e De
Narvarez del peronismo dissidente
alleato con il movimento liberalconservatore Proposta Repubblicana del sindaco di Buenos Aires.
Kirchner fu in vantaggio in tutti i
sondaggi e affermò che, se il governo avesse perso quelle elezioni, l’Argentina avrebbe rischiato di
tornare alle stesse condizioni della
crisi economica del 2001.
Le elezioni videro dunque la vittoria del partito kirchnerista che
iniziò una forte opera di ricostruzione della provincia di Buenos Aires, con forti investimenti nel campo delle infrastrutture, delle energie rinnovabili e della produzione
industriale.
66
(da Wikipedia)
Bolivia - Le donne e
il coraggio della speranza
S
Storie raccolte da Vanessa Ghielmetti
«Siamo Rosemery, Maria, Celia e e delle nostre figlie che, speriamo,
Elizabeh. Siamo donne, madri e la- possano arrivare ben più in là di
voratrici. Viviamo in Bolivia. Siamo dove ci hanno condotto le forze ed
donne, madri e lavoratrici come il destino.
le altre quattro milioni che vivono
Abbiamo deciso di uscire dall’aqui, o che, chissà, ora lavorano in nonimato delle nostre strade polSpagna o a Bergamo, dove stanno verose e dei nostri quartieri di
tentando di trovare un futuro mi- fango per raccontarvi frammenti
gliore. Noi siamo rimaste qui, per- vergognosi di storie tremendaché questo è il nostro
mente qualunque, per
posto e perché non
scuotere il silenzio
vogliamo e, forse, non
dalla disperazione dei
Abbiamo cuori
possiamo lasciare i nogiorni grigi che molforti e corpi perstri figli.
te di noi hanno attracorsi da mille cicaAbbiamo visi normaversato, e per gridare
trici che nasconli, mani ed unghie forla nostra speranza.
diamo a noi stesse
ti perché con queste
Per farlo, abbiamo sfiper non tornare a
sole siamo spesso ridato vergogna e pusoffrire più.
maste aggrappate alla
dore, la vergogna di
vita, abbiamo sguardi
essere giudicate come
vuoti di lacrime, ma ancora capaci perdenti, il pudore di mettere a
di scrutare l’orizzonte e di sperare. nudo cicatrici imbarazzanti. Però
Abbiamo cuori forti, che non han- alla fine lo abbiamo fatto. E questo,
no paura della vita, sebbene que- non tanto per suscitare la vostra
sta abbia agitato molte volte i suoi pietà, o perché ci dedichiate un pafantasmi. Abbiamo cuori forti e teravegloria. Avevamo bisogno di
corpi percorsi da mille cicatrici che sentirci ascoltate, fosse solo per un
nascondiamo a noi stesse per non momento, e così ritrovare il calore
tornare a soffrire più.
smarrito della dignità. L’esperienza
Siamo donne di Bolivia, né più e di questo attimo già ci basta per anné meno delle altre, e nelle nostre dare avanti.
storie si possono ritrovare le imSiamo Rosemery, Maria, Celia, Elipronte di passi già compiuti e da zabeth. Siamo donne, madri e lavocompiere, quelli delle nostre madri ratrici. Viviamo a Cochabamaba...».
“
“
67
America Latina
Il mio nome è Rosemery
mire e alcuni vestiti. Tuttavia, io
Il mio nome è Rosemery Bena- volevo un lavoro, un lavoro vero
bides, ho 34 anni e sono originaria che mi permettesse di guadagnadi Oruro, la città del Carnevale, da re qualche soldo ed essere indicui me ne sono andata all’età di pendente.
19 anni con mia sorella, entrambe
Fu così che un giorno conobbi
alla ricerca di un lavoro. Così sia- la madrina di mio nipote, la quale
mo arrivate a Cochami invitò ad andare a
bamba dove attuallavorare per lei come
mente vivo, nel barrio
empleada (domestiCon la forza
di Villa Pagador, zona
ca). La casa era grande
della disperazioSud della città.
e già vi lavoravano alne corsi alla casa
Mia sorella venne
tre domestiche. Tutto
della mia Signovia da Oruro con tutandava per il meglio.
ra senza mai più
ta la sua famiglia, così
La domenica andavo
fare ritorno.
che mentre lavorava,
a visitare mia sorella
io restavo a casa per
e la sua famiglia e ducurare i suoi due figli
rante la settimana ree attendere alle faccende dome- stavo con la Signora per lavorare.
stiche, in cambio di un piatto calUna domenica, però, qualcodo, di un tetto sotto il quale dor- sa andò storto. Fu durante una di
queste visite alla famiglia di mia sorella, infatti, che mi trovai solo mio
cognato completamente ubriaco.
Approfittando del fatto che non
c’era nessuno in casa, questi mi
aggredì tentando di violentarmi.
A fatica riuscii a liberiamo di lui,
e con la forza della disperazione
corsi alla casa della mia Signora
senza mai più fare ritorno a quella
di mia sorella che, non vedendomi
tornare le domeniche successive,
venne a cercarmi al mio lavoro. Le
raccontai di quanto era successo
quella domenica pomeriggio e
dell’aggressione da parte di suo
marito, ma non mi volle credere.
Anzi, mi accusò di essere una bugiarda e cominciò a picchiarmi.
Solo l’intervento della Signora mi
salvò dalla violenza di mia sorella
“
“
La donna nel mondo
68
che non rividi mai più da quella una delle tante della periferia di
volta.
Cochabamba, dalle otto del matIl tempo passava e grazie al mio tino alle cinque del pomeriggio,
lavoro conobbi Ramiro, ovvero lasciando soli necessariamente i
colui che sarebbe diventato pre- miei bambini che non potevo affisto mio marito. Anche lui lavorava dare a nessuno, tanto meno ad un
infatti per la mia Signora, lavava le asilo visto che non avevo con che
auto e curava il giarpagare la retta.
dino. Con il suo conPurtroppo, il padrosenso, ci sposammo e
ne
della lavanderia
Mio
marito
nel giro di pochi anni
cominciò
a mettermi
amava i suoi fila famiglia crebbe gragli
occhi
addosso
ea
gli e mi rispetzie all’arrivo dei nostri
molestarmi,
approfittava.
4 figli.
tando del mio stato di
Entrambi lavoravavedova. Riuscii a remo duro e moltiplicaspingere i suoi assalti
vamo i nostri sforzi per comprare fino a quando un giorno, dopo
un piccolo lotto di terra e poter che tutti gli operai se ne erano
costruire la nostra casa. Mio ma- andati, mi aggredì violentemenrito aveva nel frattempo lasciato te, mettendomi le mani addosso
il vecchio lavoro e conduceva ora nel tentativo di avere un rapporto
i bus nella zona dove abitavamo.
Fu proprio un primo di gennaio
di alcuni anni fa che, andando al
lavoro la mattina molto presto, Ramiro venne assaltato da una ‘pandilla’, una banda di ragazzotti, e
freddato con un colpo di pistola.
Mi ritrovai così di colpo, vedova
e con quattro figli a carico, senza
nessun’altra entrata se non quella
del mio magro stipendio. E con in
più il dolore di una morte assurda
e violenta che ancora oggi aspetta
che la giustizia faccia il suo corso.
Mio marito amava i suoi figli e mi
rispettava.
Per far fronte alle enormi spese
che ogni giorno incombevano sopra le mie spalle, dovetti cambiare
posto di lavoro. Accettai di lavorare in una lavanderia di pantaloni,
“
“
69
America Latina
sessuale con me. Mi misi a gridare forte, tanto forte che una delle
mie compagne di lavoro venne in
mio soccorso, aiutandomi a fuggire. Lo denunciai, fiduciosa che la
giustizia mi avrebbe questa volta appoggiata. Non fu così, però.
Grazie al fatto che il padrone era
abbastanza ricco, poté comprarsi i
favori di giudici compiacenti. Tentò di accusarmi di furto e di farmi
passare come ladra e solo grazie
all’aiuto di un avvocato ho potuto dimostrare la mia innocenza.
Le spese legali, tuttavia, si sono
mangiate tutti i miei risparmi per
cui ho dovuto mettere in vendita
la mia casa.
Non avendo di che vivere, ho
portato i miei figli in campagna lasciandoli in custodia a mia madre
e me ne sono andata in Argentina
dove ho lavorato duro, duro per
due anni, abbastanza per risparmiare i soldi necessari a ritornare
a Cochabamba, recuperare i miei
La donna nel mondo
figli e ricominciare daccapo.
Ora lavoro come sarta in una
bottega e con quello che guadagno riesco a mandare avanti la famiglia. I miei figli hanno oggi 14,
12, 10 e 7 anni, tre sono maschi e
una è femmina. Vanno a scuola e
sebbene abbiano sofferto molto
per tutto ciò che è successo in
questi anni, soprattutto per la mia
assenza quando stavo in Argentina, sono bravi ragazzi. Io cerco di
fare di tutto per essere una buona
mamma ed un buon padre. Non
voglio risposarmi, ma semplicemente trovare un poco di tranquillità. E chissà, magari i soldi sufficienti a comprarmi una macchina da cucire così da poter lavorare
in casa e non lasciare mai più soli i
miei ragazzi.
Questa è la mia storia, la storia
di Rosemery, orureña di Cochabamba.
Per tutti sono Maria
Per tutti sono Maria.
E questo vi basti dato
che non voglio rivelare la
mia vera identità.
Ho 28 anni e vengo dalla
provincia Popoo di Oruro. Arrivai a Cochabamba quando avevo solo 14
anni e uscivo per la prima
volta dalla mia casa. Mi ci
portò una Signora come
succede a molte ragazze
della mia età che vengono vendute dalle proprie
famiglie alle signore della
città per diventare le loro
70
empleadas.
Quella che mi toccò in sorte non
era delle migliori: mi maltrattava,
a volte mi picchiava e mi lasciava
senza cibo, oppure mi faceva lavare i vestiti di notte, con l’acqua
gelida ed il freddo che taglia la
pelle. Dopo tre anni di questa vita,
conobbi Santiago, unica nota felice in mezzo a tanta durezza. Andammo a vivere insieme ed ebbi
tre figli.
All’inizio furono rose e fiori: lavorava come conducente di bus e
guadagnava abbastanza per permettermi di lasciare il lavoro ed
occuparmi della famiglia. Mi promise addirittura di sposarmi.
La felicità di quell’epoca durò,
tuttavia, ben poco. Le cose cominciarono a cambiare e a prendere
una brutta piega, infatti, quando
Santiago iniziò a bere. C’erano
notti che neppure tornava a casa
e giorni che era così ubriaco da
sfogare tutta la sua violenza su di
me. Mi picchiava e
violentava ripetutamente. Fui costretta
a ricominciare a lavorare perché anche i
soldi cominciavano a
mancare.
Un giorno, però,
tornò a casa più
ubriaco del solito e
mi picchiò davanti a
miei figli sino a farmi
perdere i sensi. Dovettero portarmi all’ospedale e solo per miracolo mi salvai. Nel
frattempo, lui era sparito e solo
grazie all’aiuto di una signora potei pagare l’ospedale.
Ora che Santiago non c’era più
(in un certo senso fu una liberazione) dovevo mandare avanti io
la famiglia e provvedere ai miei
3 figli di 12, 8 e 6 anni. Cominciai
così a lavorare come lavandaia,
passando di casa in casa ad offrire
i miei servizi.
Con il passare del tempo fu grazie a questo lavoro che conobbi
Flora, una vicina di casa, che sovente viaggiava in Cile per comprare ed importare caramelle, biscotti, cioccolatini e quei dolciumi
che si usa vendere nei chioschi,
all’uscita delle scuole. Conoscendo la mia situazione, mi propose
di mettermi in società con lei e di
mettere su un piccolo puesto, vale
a dire un chiosco all’angolo della
scuola elementare del mio barrio.
Da allora non ho mai mancato
un giorno, lavoro dal mattino sino
71
America Latina
alla sera, grazie ai tre turni. Come
succede in molti istituti scolastici
qui in Bolivia, funzionano tre turni
di lezioni, al mattino, al pomeriggio e alla sera per i bambini lavoratori.
Sono contenta e soddisfatta di
me: non guadagno moltissimo,
tra i 10 ed i 15 bolivianos al giorno
(circa 1 dollaro e mezzo, poco più
di 1 euro), ma questo mi basta per
pagare la mercanzia e l’affitto del
mio chiosco, e, soprattutto, per
mantenere i miei figli.
Mio marito, nel frattempo, si è
messo con un’altra dalla quale ha
avuto altri due figli e si è completamente dimenticato di noi e delle
nostre necessità. D’altronde non
ha mai riconosciuto i miei figli per
cui la legge, semmai valesse qualcosa, non ci dà nessuna mano.
Per arrotondare le entrate della
famiglia, mio figlio maggiore il sa-
bato e la domenica aiuta un signore a vendere bibite con il camion
e quello che riesce a guadagnare
ci serve per comprare il materiale
scolastico e qualche vestito.
Dopo tutto quello che ho passato, ora posso dire di vivere un po’
più tranquilla. Ho il mio lavoro,
riesco a tirare avanti la famiglia e
a garantire il minimo necessario a
miei figli e non ho più chi mi picchia e mi insulta come faceva mio
marito. Come sempre dico: se vogliamo, possiamo vivere meglio,
anche senza un uomo al fianco,
possiamo andare un po’ più in là.
Anche se questo costa grandi sacrifici.
Il mio sogno è di potere far crescere il mio piccolo chiosco e garantire un futuro ai miei figli. Se
lo meritano. Sono bravi ragazzi
e cerco di dare loro l’affetto che
non ho mai ricevuto. A volte riusciamo pure ad uscire insieme e ad andare a passeggiare
e questo mi fa stare
bene, tranquilla e
più sicura di me.
Celia Saturnina
Da Potosì
Mi chiamo Celia
Saturnina Juchagara
Lopez, meglio conosciuta come Celita
perché quell’altro
nome,
Saturnina,
non mi è mai piaciuto un granché. Sono
nata il 6 febbraio
La donna nel mondo
72
del 1967 in un piccolo paese della ha messo su famiglia, tutti gli altri
provincia Quijarro, dipartimento figli dipendono ancora da noi e
Potosi’, chiamato Rio Mulato per cinque di loro studiano.
via del fatto che lo attraversa un
Purtroppo, in questi mesi non
piccolo fiume dalle acque oscure sto lavorando visto che l’asilo
e traditrici.
dove prestavo servizio è in fase
Come tanti miei compaesani, di ristrutturazione. Guadagnavo
anch’io dovetti andarmene presto circa 350 bolivianos (50 dollari, 35
dal mio paese per cercare fortuna euro) al mese e con questo stialtrove, visto che là il lavoro è poco pendio pagavamo l’affitto di 200
ed il clima un inferbolivianos ed il gas.
no. A differenza degli
Mio marito lavora per
altri, però, io avevo
un’impresa di raccolAvevo l’urgenza
l’urgenza di sfamare
ta della spazzatura e
di sfamare i miei
i miei tre figli, rimasti
guadagna 850 boliviatre figli, rimasti
orfani ancora piccoli
nos che arrotondiamo
orfani ancora picdopo che mio marito
con qualche altro lacoli.
morì lasciandoci soli
voretto extra e saltuaad appena quattro
rio.
anni dal matrimonio.
Comprenderete che
Ci sposammo il giorno che compii con la famiglia numerosa che siail mio diciottesimo compleanno mo ed i figli che vanno ancora a
e a 22 già mi ritrovavo sola e con scuola, i soldi non bastano mai, e
la disperazione di tirare su i miei questo ancor più ora che io non
figli.
lavoro e a mio marito hanno diaPer fortuna, dopo due anni di gnosticato il mal di chagas, quello
miseria e patimenti, incontrai che piano piano ti mangia il feCiprian Perez, con il quale mi ri- gato, per cui avrebbe bisogno di
sposai ed ebbi altri quattro figli. un intervento al cuore. Nel barrio
È una buona persona e in questi dove abitiamo, le case sono quaquattordici anni di matrimonio si si tutte di barro, ovvero sono fatte
è rivelato un buon padre, non solo con mattonelle di fango, e la notte
per i figli che abbiamo avuto insie- gli insetti che procurano questa
me, ma anche per gli altri tre che infermità escono allo scoperto
ha voluto riconoscere.
per pungerci.
Ora la maggiore ha 21 anni e
Prego Dio di potere presto recusi chiama Jannette, poi vengono perare il mio lavoro all’asilo perJessica Abigail di 19, Jose Angel ché purtroppo ci aspettano tempi
Adrian di 17, Javier Antonio di 14, duri e in futuro mio marito non
Miriam Maria di 11, Mercedes di 9 potrà più lavorare come sta facene David Abraham che di anni ne do ora. Non voglio più ricadere
ha sette. A parte la maggiore che nella disperazione che ho cono-
“
“
73
America Latina
sciuto in passato e, soprattutto,
non voglio rinunciare a miei sogni, primo fra tutti che i miei figli
possano avere un futuro sicuro e
tranquillo, con un titolo in mano
ed un buon lavoro così da potere
sposarsi e mettere su famiglia.
continua, ma essendo io sola e
dovendo uscire di casa per lavorare, la piccola sta con i suoi fratelli,
Fernando di 9 anni e Maria Liz di 6,
i quali devono occuparsi di darle
da mangiare e di cambiarla quando rientrano dalla scuola e fino a
che non rincaso.
Sono operaia e mi chiamo Elizabeth
Avrei voluto affidare la mia Erika
Sono operaia e madre di tre a qualche istituto, soprattutto l’anbambini. Mi chiamo Elizabeth Mi- no scorso quando la sua salute è
chel e lavoro in una
peggiorata moltissimo
delle tante fabbriche
a causa della malnutridi jeans della periferia
zione, però in Bolivia
È
veramente
di Cochabamba. Aiuquesto non è possiduro potere tito a togliere i fili in ecbile perché la bambirare avanti e, socesso e se, tutto fila lina non è orfana e di
prattutto, dare ai
scio, presto cominceconseguenza io posmiei figli affetto e
rò a lavorare con una
so provvedere al suo
attenzione.
macchina Overlook
mantenimento.
di quelle che fanno gli
Per me è veramenocchielli per i bottoni.
te duro potere tirare
Grazie a questo lavoro guada- avanti e, soprattutto, dare ai miei
gno 525 bolivianos al mese (75 figli non solo un pane e un poco
dollari, 52 euro) e appena riesco di educazione, ma anche affetto e
a pagare l’affitto delle due stanze attenzione. Il tempo che mi rimache occupo con i miei tre figli e a ne quando torno a casa è poco e
pagare luce e acqua. Come avrete devo provvedere a tutto per cui
capito, sono jefa de hogar, vale a alla fine mi ritrovo stanchissima e
dire capo famiglia, da quando mio all’alba di un nuovo giorno di sfimarito se ne è andato in Brasile de.
per cercare un lavoro. Da là non
Per fortuna, ho il mio lavoro e la
è più tornato e non ci ha mai fat- salute mi permette di tirare avanto avere neppure un centesimo, ti. Presto, poi, Fernando potrebbe
anche quando la situazione qui darmi una mano, facendo qualche
era disperata. Purtroppo, infatti, lavoretto ed arrotondando lo stil’ultima dei miei figli, dopo un at- pendio per comprare pannolini e
tacco di meningite, è rimasta cie- medicinali per Erika.
ca, sorda e con danni celebrali irSono sicura che ce la farò.
reversibili. Avrebbe bisogno di un
Fonte NotiCum
appoggio ed un’assistenza medica
Settembre 2007
“
“
La donna nel mondo
74
Brasile - Donne e minori
schiavi di tutto e di tutti
La lotta di monsignor Azcona
contro i trafficanti
L
La sua è una storia di denuncia zoniche: molti bambini svengono
contro la grave situazione che vi- a scuola perché denutriti e per la
vono i minori e le donne nella sua mancanza di acqua potabile. Il cibo
diocesi. Il vescovo di Marajò, mon- che ricevono a scuola non basta,
signor Josè Luiz Azcona, missiona- anche perché spesso lo dividono
rio agostiniano spagnolo, alla gui- con i fratelli.
da di un territorio vastissimo nello
«Noi siamo schiavi di tutti e di
stato del Parà, la più grande isola tutto» ha affermato una ragazza di
fluviale del mondo, alla foce del 16 anni, in un reportage sul merRio delle Amazzoni, è già stato con- cato sessuale minorile, un servidannato a morte da un
zio televisivo che ha
gruppo di narcotraffatto molto scalpore
ficanti locali per aver
in Brasile, nel quale a
Molte bambine
denunciato non solo
telecamere nascoste
si stanno prostiil loro mercato di stugli autori hanno dotuendo in cambio
pefacenti, ma anche la
cumentato quanto sia
di cibo
vendita di esseri umadiffusa la vendita di
ni e di bambini per il
minori per prestaziocommercio d’organi,
ni sessuali. In questo
lo sfruttamento al lavoro, la prosti- servizio, un’adolescente era stata
tuzione. Minacce pesanti che han- mercanteggiata dalla madre per
no già portato all’uccisione di un 500 reais, circa 200 euro, mentre
suo collaboratore. «I casi di abuso una notte con la figlia di 10 anni era
e sfruttamento sessuale di don- offerta a 10 reais. «Bisogna creare
ne e bambini sono all’ordine del una nuova mentalità – sottolinea
giorno in tutta la regione – afferma mons. Azcona –: ogni donna deve
mons. Azcona –. Molte bambine si scoprire che ha una dignità e dei
stanno prostituendo in cambio di diritti da difendere. Non smetto di
cibo e spesso sono gli stessi geni- denunciare quello che accade nel
tori a indurle alla prostituzione». territorio, quello che le persone
La fame in tante province continua sono costrette a vivere. Nessuno
ad affliggere le popolazioni amaz- può ignorare l’esistenza di questa
“
“
75
America Latina
rete di avvio alla prostituzione di
donne e bambine, i media ne hanno parlato ampiamente, ma le istituzioni fanno finta di niente e nulla
stanno facendo per porre fine a
questo grave scandalo».
A dare ulteriore credito alla gravità crescente del fenomeno e di
altre forme di criminalità locale, dal
2008 il vescovo di Marajò è stato ufficialmente minacciato di morte e
attualmente sono tre i vescovi in
Amazzonia ad aver ricevuto questa
pesante intimidazione da parte dei
narcotrafficanti e dai poteri forti.
«La situazione si è aggravata in
questi mesi – sottolinea mons.
Azcona –. Mi hanno proposto di
prendermi la scorta. Possono difendermi così? E poi come posso
mettere a rischio la vita di persone che per dovere di difendermi
potrebbero morire con me? Ho
rifiutato, ma sono molto sereno.
Sento che la morte potrebbe arrivare in qualsiasi momento, in ogni
luogo, tra la gente come in mezzo
La donna nel mondo
alla foresta. Ma per grazia di Dio
non sono in angoscia. Chiedo solo
di pregare per me perché non sia
tanto vile da fuggire di fronte alla
morte né tanto presuntuoso da
sentirmi superiore e sfidarla».
76
Fonte NotiCum
Luglio/Agosto 2010
Ecuador - Suore di frontiera
con Indio, ragazze di strada
e “descapacitados”
di Ezio Del Favero
S
Suore Guadalupane
con gli Indios
Aprile 2012 - Incontriamo tre suorine indigene sul cortile di una “casera” a più di 2.500 metri di altitudine, sugli altopiani andini dell’Ecuador. Un maiale mezzo libero, un
orto con cavoli e patate, dei fiori,
una cucina piccola ma con tanti posti a sedere per gli ospiti anche improvvisi, un the non con le bustine
ma con le erbe medicinali dell’orto… e poi la stanza più bella, come
quella di una reggia: la cappellina
dove abita Gesù… Le suorine fanno parte della congregazione fondata dal nostro missionario don
Giuseppe Pedandola e approvata
dal Vaticano: le Hermanitas (suore) Guadalupane, che prendono il
nome dalla Madonna di Guadalupe, apparsa a un Indio, per lanciare
77
America Latina
messaggi agli Indios
e alla Chiesa Ufficiale. Attualmente
don Giuseppe opera come confessore
proprio nel santuario della Madonna
di Guadalupe a Città
del Messico. Le suorine Guadalupane
sono spesso via dalla casa “casera” madre, in mezzo agli
Indios Quechua (discendenti degli Incas), con i quali condividono la lingua, il lavoro, il cibo, la preghiera.
Le suorine sono donne Quechua
consacrate, che vivono la maggior
parte del loro tempo con la gente
sparsa per i paesini degli altopiani
delle Ande…
Suor Silvia
e le ragazze di strada
Siamo a Quito, la capitale dell’Ecuador. Suor Silvia dirige il “Cenit”
(Centro de la Niña Trabajadora –
Centro della bambina lavoratrice),
dove operano anche le consorelle
suor Lucia e suor Liliana. Il centro,
che spesso accoglie volontarie bellunesi e feltrine, si trova vicino ai
mercati più poveri della città. Le
suore, che fanno parte della congregazione del Buon Pastore, con
l’aiuto di volontari, si recano al
mercato e raccolgono i bambini
dai 3 ai 5 anni, dopo aver convinto le loro mamme, per fargli vivere
una specie di “asilo” in una stanza
del mercato. Quando saranno più
La donna nel mondo
grandi, soprattutto le bambine,
potranno andare a scuola nel loro
Centro e magari arrivare a conseguire un diploma, per esempio di
sartoria, riconosciuto dallo stato.
Le ragazze, tolte dalla strada e da
forme di violenza spesso inimmaginabili, al Cenit ricevono istruzione, cibo, cure, assistenza psicologica e possono fruire di doposcuola
e di laboratori di teatro, di cucina,
di bricolage… A chi è già troppo
grande per iniziare il percorso scolastico, le suore offrono corsi di
alfabetizzazione e di artigianato e
altre opportunità. Periodicamente
i responsabili del Cenit convocano
le famiglie delle ragazze per condividere, come sarebbe giusto, l’opera educativa…
Suor Teresita
e i discapacitados
Teresita è una suora ecuadoriana.
Omonima della più celebre Teresa
di Calcutta, come lei diventa “ribelle” per amore dei più poveri.
78
Chiede alla propria congregazione
di poter vivere in mezzo ai poveri
e si stabilisce in periferia, in una
casupola con un pezzo di terra e
qualche gallina. Lì accoglie qualche bambino disabile abbandonato. Arrivano i primi aiuti, anche da
Belluno.
Grazie al sostegno dei benefattori e all’opera dei primi volontari, la
casupola si allarga: qualche stanza
in più, un terreno più grande, un
cavallo terapeutico, un orto, un’infermeria, un salone tutto colorato,
una casetta “oasi” per gli ospiti di
passaggio e per qualche momento
di pace. Teresita ci mostra anche
il “cuore” della sua Comunità (da
lei chiamata “Fraternità del servo
sofferente”): una sedia di plastica
di fronte ad un tabernacolo: la sua
cappellina personale. Marisa, una
bambina autistica di 9 anni sempre
inquieta, non abbandona mai la
sua nuova mamma Teresita… Sergio, che grazie a Dio adesso cammina dopo essere stato incatenato
fin da piccolo perché “ritardato”, ci
fa da guida, fino nella stanza dove
si trovano dei bambini orfani e una
neonata paralizzata…
Oggi gli ospiti di Teresita sono
una quarantina, specialmente
bambini disabili, ma anche anziani
abbandonati, la cui sola prospettiva sarebbe stata quella di sfilare
davanti alle mense della caritas o
di chiedere l’elemosina alla porta
delle chiese… Prossimamente Teresita ospiterà 5 seminaristi che si
prepareranno al sacerdozio stando
con lei e con i suoi ospiti per qualche giorno, nella fraternità del Servo sofferente…
79
America Latina
Suor Teresita e
la Comunità del Servo Sofferente
Natabuela, 27 giugno 2012
Carissimi amici della diocesi di
Belluno-Feltre, pace e bene per voi
in Cristo Gesù che ci ama e ci unisce…
Sono le 2 di notte e tutto sembra
riposare in silenzio, tra infermi e moribondi.
Siamo stati colti dalla polmonite e
i più deboli stanno morendo.
Siamo 40, tra anziani, bambini e
malati mentali. Solo l’Amore, la pazienza del nostro Signore Crocifisso
ci sta aiutando a resistere a questa
croce tanto dolorosa che fa soffrire
i miei poveri fratelli e già sento che
pesa sulle mie deboli spalle. Impotente e in silenzio devo veder morire.
Non sapete quanto mi addolora
e mi commuove vedere Cristo sulla
croce, condividendo con me il suo
segreto e rivelandomi la sua forza in
tanta debolezza, attraverso le creature più povere e indifese, soffrendo
senza parlare, senza reclamare nulla.
In questo momento giunge alle
mie braccia una bambina autistica,
malata di mente, non ha più sonno,
sente che non la sto accompagnando a letto e si aggrappa al mio petto
mentre scrivo. Lei è una bambina
cresciuta senza amore, costretta con
una catena legata ad un albero, per
i fastidi che causava. Ha vissuto con
il cane, fuori casa, è sopravvissuta
mangiando la terra e la cacca sua e
del cane, totalmente denutrita. Non
parla, quando è arrivata qui, aveva
La donna nel mondo
convulsioni fino a 7 volte al giorno,
accompagnate da una tosse cronica; ogni volta che aveva queste crisi,
sanguinava dalle narici. Tutti avevano paura perché era troppo aggressiva, distruttiva, non voleva usare i
vestiti e fuggiva da ogni essere umano a tutta velocità. Sono 2 anni e 7
mesi che vive qui con noi, nel nostro
“reparto psichiatrico”, e ora è una
bambina molto amorevole e affettuosa. È un miracolo di Dio, attraverso la vergine di Guadalupe. Non mi
lascia più scrivere, è un po’ inquieta.
Vi racconto che, con l’aiuto economico vostro e dei fratelli che sono
solidali con la “Hermandad del Servo Sufriente”, abbiamo avviato una
nuova costruzione, grazie alla collaborazione di volontari, ed è venuta
molto bella. Così abbiamo potuto
sistemarci meglio, perché prima
eravamo ammassati tutti in una salacappella ad uso multiplo.
Monsignor Maggi (italiano), il nostro nuovo vescovo, ci ha visitato
due volte, altre mi ha chiamato per
parlarmi, e una volta mi ha invitato a
dare testimonianza in mezzo a moltissima gente e ad autorità di Imbabura…
In questo momento la piccola che
tengo in braccio ha avuto una convulsione.
Sono le 3 della mattina, vi saluto
affettuosamente, nella promessa
che non ci dimenticherete mai. Grazie per tutto, grazie a tutti gli amici
che pregano per noi e che collaborano. Che Dio vi benedica sempre.
Vi vogliamo molto bene!
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Teresa Riveira
RECENSIONI SUL TEMA
(REPERIBILI PRESSO GLI UFFICI
DEL CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO)
di Mario Bottegal
Domitila Barrios de Chungara, Moema Viezzer
Si me permiten hablar
Siglo XXI, 01/dic/1978
Moglie di un
minatore e madre
di sette figli, Domitila fu l’unica
donna della classe
operaia a partecipare alla “Tribuna”
dell’Anno Internazionale
della
Donna, tenutasi in
Messico nel 1975.
Così nacque l’idea di questa testimonianza, che contiene elementi per una analisi storica
profondamente innovativa, in quanto
esprime un’interpretazione dei fatti a
partire da una visione popolare.
Elisabeth Burgos
Mi chiamo Rigoberta Menchú
Giunti Editore, 1983
(Wikipedia) È la
biografia di Rigoberta Menchú Tum,
una giovane contadina india residente
in Guatemala.
Rigoberta, attraverso l’intermediazione dell’autrice
Elisabeth Burgos,
descrive la situazione tragica del popolo guatemalteco, oppresso ed ucciso
dai Conquistadores ladini.
Rigoberta ci offre uno scenario fatto di riti quotidiani, antiche credenze,
piccoli gesti simbolici che ricollegano
i guatemaltechi agli antichi Maya, loro
antenati.
La vita degli indigeni è incentrata
sul rispetto nei confronti della natura; l’alimentazione è fatta di ciò che si
coltiva, le abitazioni sono costruite di
arbusti e gli animali sono componenti
della famiglia. Il mais (la “milpa”) è alla
base dell’alimentazione guatemalteca;
d’altro canto il Popol Vuh (una sorta di
Bibbia per gli indigeni) dice che i maya
siano nati da palline di mais e acqua.
Ogni indigeno ha un Nahual, un alter
ego simbolico a cui il proprio destino
è legato. Ogni giorno dell’anno ha un
Nahual di riferimento; i più sfortunati
sono coloro che sono nati il martedì:
questo giorno ha per Nahual il toro,
che ha caratteristiche piuttosto colleriche.
La condivisione è un valore; ogni
comunità ha persone elette (i “nonnetti”) alle quali ci si può rivolgere per
qualsiasi problema. Da una parte, la
bellezza della natura, una vita intensa
fatta di lavoro e comunità, dall’altra la
drammatica lotta contro i ladini (meticci). Rigoberta ricorda il tempo in cui era
piccola e si recava con i genitori a lavorare nella finca (piantagione). Ricorda
la morte dei suoi fratelli (uno morto
per intossicazione e l’altro per denutrizione), e dei genitori (sua madre torturata, violentata e uccisa dall’esercito; il
padre nell’incendio dell’ambasciata di
Spagna). Rigoberta decide ad un certo
punto di prendere un impegno politico su di sé, all’interno di un sindacato
agricolo.
Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB BL
Ottobre 2012 - N. 19
La donna
nel mondo
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