 Parabita e la Grotta
delle Veneri
 di Lorenzo Urso
La grotta delle Veneri è una delle
più importanti scoperte
paleolitiche salentine. Situata a
Parabita, città in provincia di
Lecce, dista due chilometri dalla
città e si trova all’interno di un
uliveto,sormontata da un cumulo
di terra in un'ampia cavità
naturale di origine carsica
 Conosciuta
precedentemente con il
nome di “Grotta Nicola
Fazzu”, cambia il nome
in ‘’ Grotta delle
Veneri’’ dal
ritrovamento delle due
statuine femminili
paleolitiche in osso. La
grotta si può dividere
generalmente in due
parti: la grotta riparointerna, formatasi col
passare nel tempo a
causa dei continui
arretramenti della
volta, e la parte esterna,
che a sua volta è
suddivisa in un tronco
centrale e in due
cunicoli.
 Successivamente si registrò l’
eccezionale scoperta di una
sepoltura del Paleolitico
Superiore databile tra i 35.000
e i 10.000 anni fa, purtroppo
intaccata dalle numerose
buche neolitiche scavate
probabilmente a scopo di
culto. Nonostante tale attività
abbia comportato
l’asportazione dei crani e degli
arti superiori dei defunti, fu
tuttavia possibile mettere in
luce i resti scheletrici di un
uomo e una donna della
specie Cro-Magnon e parte
del loro corredo funerario
costituito da un ciottolo e una
scheggia di selce tinti d’ocra e
29 canini di cervo forati. Fatto
eccezionale che connota i
depositi di Grotta delle Veneri
è stato il ritrovamento
durante le successive
campagne di scavo di oltre
400 manufatti d’ arte su pietra
e su frammenti d’osso.
 Le statuine, le cosiddette Veneri,
sono la testimonianza dei culti
antichi, i quali erano rivolti alla dea
madre, la quale veniva adorata
inizialmente in Oriente. In questo
periodo, le statue a bassorilievo
venivano realizzate con altro
materiale semplice, come avorio o
osso, difficilmente rinveniamo opere
di quell’epoca con altri materiali,
anche se si riscontrano opere
plasmate con pietra o argilla, più
difficili da lavorare. Degli esemplari
provenienti da Parabita, la statuina
più grande è ricavata dalla scheggia
ossea di bue o cavallo, non
rinveniamo lineamenti sul volto e il
mento è caratterizzato da due decise
incisioni.
 L’analisi dei numerosi
manufatti rinvenuti, lo
studio delle successioni di
industrie litiche riferibili alle
differenti fasi del Paleolitico
e degli oltre 18.000
frammenti ceramici
compresi tra una fase
avanzata del Neolitico antico
e la prima età del Bronzo (cui
si aggiungono anche reperti
d’età storica), hanno
permesso di ricostruire la
lunga storia delle
frequentazioni della cavità,
che appare uno dei più
significativi giacimenti
preistorici della Puglia.
 Fonti:
 WWW.BRINDISIWEB.IT
 WWW.SALENTU.COM
 WWW.JAPIGIA.COM
 WWW.SPAZIOALLASTORIA.COM
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