all’opera — 15 Alla Fenice la nuova regia dell’opera mozartiana S arà Damiano M ichieletto, affermato regista ve- dunque per una via diversa, in grado di scandagliare con profondità la psicologia dei personaggi senza dare loro un’etichetta». Nella figura di Don Giovanni, che passa la propria vita a sedurre e catalogare donne, si è talvolta voluto vedere – anche se quest’ipotesi non è mai stata sostenuta da alcun documento storico – una proiezione dello stesso Mozart, anch’egli grande seduttore (si ricordi, a tal proposito, l’Amadeus del 1984 di Miloš Forman). A interpretare questo celebre protagonista si alterneranno sul palco della Fenice, durante le numerose repliche, Markus Werba e Simone Alberghini; a dar vita e voce a Leporello saranno Alex Esposito e Simone Del Savio; Aleksandra Kurzak ed Elena Monti si caleranno nei panni di Donna Anna, mentre Carmela Remigio e Maria Pia Piscitel- neziano, diplomato presso la Scuola d’Arte Drammatica «Paolo Grassi» di Milano, a curare la messinscena del Don Giovanni di Mozart, che debutterà al Teatro La Fenice di Venezia il 18 maggio (con repliche fino al 30) e la cui prima verrà trasmessa in diretta da Radio Tre Rai a partire dalle ore 19. Quest’opera mozartiana, nella sua intensità drammatica, rappresenta il lavoro teatrale maggiormente moderno del Genio di Salisburgo, e probabilmente il più frequentato e amato dal grande pubblico a livello internazionale. Certo anche grazie al suo luciferino protagonista, nobile dissoluto e amante delle donne, dalla passionalità prorompente e vitalistica, che non teme nemmeno di misurarsi con uno spirito vendicativo proveniente dall’oltretomba, ma che – coerente sino in fondo col proprio stile di vita – accetta di venir trascinato all’inferno pur di non abiurare alla propria filosofia tanto edonistica quanto scettica. « L’opera lirica è una invenzione geniale», dice Michieletto, «che racconta una storia e per farlo in modo più intenso ed emozionante trasforma le proprie parole in melodia, in canto. Ognuno di noi, ne sono certo, ha una canzone che lo ha fatto piangere... È il potere della musica. E quindi ecco spiegato tutto il suo fascino. Oggi l’opera lirica deve definire con più coraggio e direi anche con più disinvoltura un suo linguaggio contemporaneo, guardando agli esempi più illuminanti del recente passato» (da «nonsolocinema.com»). Venezia – Teatro La Fenice In una recente intervista a cura 18, 19, 20, 21, 25, 26, 27, 28 maggio, ore 19.00 di Enrico Bettinello per il «Gior22, 23, 29, 30 maggio, ore 15.30 nale della Musica», Michieletto Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart dramma giocoso in due atti spiega che per quel che riguarlibretto di Lorenzo Da Ponte da più direttamente il Don Giomaestro concertatore e direttore Antonello Manacorda vanni, all’inizio era partito «con regia Damiano Michieletto l’idea di ambientare quest’opescene Paolo Fantin ra al giorno d’oggi, ma sarebbe costumi Carla Teti stata una strada fin troppo fanuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice cile e quasi scontata. Ho optato in coproduzione con il Festival Mozart di La Coruña all’opera Un «Don Giovanni» per Damiano Michieletto li vestiranno quelli di Donna Elvira; Don Ottavio sarà infine impersonato da Marlin Miller e Leonardo Cortellazzi. Sul podio Antonello Manacorda. (i.p.) ◼ In alto: bozzetto di scena del Don Giovanni secondo Damiano Michieletto. Sopra: una scena tratta dal film Amadeus di Miloš Forman (1984). 16 — all’opera L ’ Arena di Franco Zeffirelli Anche un'inedita «Turandot» al Festival lirico 2010 all’opera I Woolf? di Edward Albee (1953), di Dopo la caduta di Arthur Miller (1964) e della Lupa di Verga (1965, protagonista Anna Magnani). A differenza di altri registi del nostro tempo, Zeffirelli pensa, progetta e realizza su vasta scala e sempre nell’ambito della grande produzione: ciò lo porta ad avvicinarsi frequentemente al melodramma, soprattutto italiano, a cominciare dalla Traviata di Verdi, messa in scena varie volte, anche se l’edizione rimasta più famosa (con la vicenda rivissuta in flash-back) è quella con la Callas all’Opera di Dallas nella stagione 1957-1958. E proprio l’amatissima Callas è la protagonista del suo film Callas Forever, del 2002, dedicato agli ultimi anni di vita della Divina. È l’enorme amore per la lirica a portare Zeffirelli presso i massimi teatri europei e americani, dal Metropolitan di New York (Don Giovanni, Otello, Traviata, Tosca, Turandot) allo Staatsoper di Vienna (Bohème e Carmen), dal Co- l debutto di Franco Zeffirelli in Arena risale al 1995, quando riscosse un enorme successo con l’allestimento della Carmen di Bizet. Qualche anno dopo, nel 2001, venne acclamato anche il suo Trovatore, che andò esaurito in tutte le rappresentazioni. Un nuovo impoente allestimento dell’Aida inaugurò poi il Festival lirico del 2002, mentre una riuscita Madama Butterfly, nel 2004, segnò il debutto del maestro fiorentino in quest’opera pucciniana. Nell’estate areniana del 2006 si occupa ancora delle scene e della regia di Aida, Butterfly e Carmen, per la quale nel 2009 firma una nuova scenografia. E quest’anno, ancora una volta, l’ottantesimo Festival lirico lo vede assoluto protagonista per regia e scene di tutte le opere in cartellone: Aida, Carmen, Il Trovatore, Madama Butterfly e un nuovo allestimento di Turandot. Nato a Firenze, dopo gli studi di architettura, tra gli anni quaranta e cinquanta Zeffirelli è assistente di importanti registi quali Antonioni, De Sica, Rossellini e Visconti, che lo vuole anche scenografo dei suoi storici allestimenti, a cominciare da quello di Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams. Spaziando in vari campi – teatro, cinema, opera Verona – Arena lirica, televisione – la sua attività si espli18 giugno, ore 21.15 cita con immutato successo. 1, 16, 24, 30 luglio, ore 21.15 Turandot La sua fama si impone in particolare all’estero, soprattutto in America. Ci19, 25 giugno, ore 21.15 fra di Zeffirelli è indubbiamente la spet3, 8, 13, 18, 22, 25, 31 luglio, ore 21.15 tacolarità, già presente fin dai suoi pri8, 10, 15, 17, 22, 29 agosto, ore 21.00 mi allestimenti shakespeariani in Gran Aida Bretagna (Otello, 1961; Romeo and Juliet, 1961; Hamlet, 1963, tutti spettacoli che 26 giugno, ore 21.15 avrebbe più tardi portato anche sullo 2, 9, 14, 17, 21, 28 luglio, ore 21.15 6 agosto, ore 21.00 schermo), improntati a un sicuro domiMadama Butterfly nio del movimento scenico e assai curati nell’aspetto esteriore (scene, costu10, 15, 20, 23, 29 luglio, ore 21.15 mi, luci). 12, 18, 21, 24, 27, ore 21.00 Questo senso della spettacolarità deCarmen termina in genere le sue scelte, anche quando deve affrontare un testo moder- 7, 11, 14, 19, 25, 28 agosto, ore 21.00 no. È il caso di Chi ha paura di Virginia Il Trovatore vent Garden di Londra (Lucia di Lammermoor, Tosca, Rigoletto) all’Opéra di Parigi (Norma e Traviata) e naturalmente alla Scala di Milano, dove rimane celebre una sua messinscena della Bohème più volte ripresa, nonché il dittico composto da Cavalleria rusticana e Pagliacci (1981), e la Turandot (1983). Alla Scala avviene anche il suo incontro con il mondo del balletto: si tratta del Lago dei cigni (1984), étoile Carla Fracci. Memorabili sono anche le realizzazioni cinematografiche di alcune opere: si pensi alla Traviata del 1982 con Teresa Stratas, Placido Domingo e Cornel McNeill, e all’Otello dell’86, ancora con Domingo, Katia Ricciarelli e Justino Diaz. (i.p.) ◼ La Carmen di Bizet secondo Franco Zeffirelli (Arena di Verona, agosto 2008). Il «Don Pasquale» di Donizetti secondo Francesco Bellotto Un allestimento minimalista per l’Olimpico di Vicenza A di Arianna Silvestrini ndrà in scena dal 7 all’11 giugno all’Olimpico di Vi- si ritrova con tutt’altro genere di mogliettina, tenta goffamente di non farla uscire di casa, accade qualcosa di straordinario. Sofronia, la moglie, gli appioppa un ceffone in faccia. È uno schiaffo molto serio, che getta nella disperazione il protagonista e che cambia completamente il registro dell’opera da giocoso in malinconico. Non è il primo nella storia della lirica, ma questo è uno schiaffo serissimo in un’opera comica. Lo schiaffo rende Don Pasquale “troppo vittima”, per dir così. È a questo punto che il pubblico parteggia per il cattivo. È una novità assoluta. Viene così gettata improvvisamente in un clima di romantica modernità una storia fino a quel momento dal gusto rossiniano, comico. Lo spettatore non arriva a odiare Don Pasquale, forse anche perché si tratta di un uomo invecchiato che per paura della morte decide di sposare una donna giovane e dare così continuità alla propria vita. È una storia tremendamente umana. In effetti, i veri temi di quest’opera sono il tempo e l’umana gara contro il tempo, argomenti molto affascinanti da mettere in scena. Ed ecco che l’Olimpico si presta molto bene a rappresentare il simbolo del tempo e del passato. Ho voluto divaricare questa forbice temporale tra teatro e opera: al centro del palco compaiono un piccolo gabinetto di studio, libroni impolverati, ritratti del Palladio alle pareti, strumenti di indagine, pennellini. È il piccolo ufficio di Don Pasquale, come se lui fosse il vero proprietario dell’Olimpico, come se avesse sempre abitato lì. I due giovani innamorati rappresentano invece la modernità, la vita, la diversità, persino la crudeltà del nuovo rispetto al passato e rispetto a tutto ciò che non è immediatezza. Ma è al personaggio Don Pasquale che Donizetti dedica la scrittura musicale più interessante dell’opera. Quando un personaggio diventa “proprietario” di momenti così intensi, spesso lì ci sono l’attenzione e l’interesse sentimentale del compositore. Del resto Donizetti ha vissuto moltissimo, ha girato il mondo, ha conosciuto ogni genere di situazione, portandosi appresso anche una serie di problemi fisici, tra cui la sifilide. Nel 1843 – anno del Don Pasquale – Donizetti aveva quarantasei anni, ma solo anagraficamente, e probabilmente cominciava a chiedersi dove risiedeva la saggezza». ◼ cenza il Don Pasquale di Donizetti secondo Francesco Bellotto, che ci ha raccontato la sua idea di regia. «L’idea scenica nasce dall’osservazione del forte contrasto tra lo splendido contenitore cinquecentesco che è l’Olimpico del Palladio e la struttura del Don Pasquale, tipicamente ottocentesca. La contraddizione tra le caratteristiche del teatro e quelle dell’opera poteva creare una notevole sinestesia, come se si trattasse di scegliere se rispettare il luogo oppure la partitura. Non potevamo ignorare questa cornice meravigliosa, ma allo stesso tempo c’era l’esigenza di rispettare anche le caratteristiche di ambientazione dell’opera di Donizetti, molto riconoscibili. Abbiamo scelto una terza via. Nel Don Pasquale, in effetti, sono già presenti tutti gli ingredienti e una scenografia di stampo tradizionale non era necessaria. Anziché cercare di eliminarlo o ridurlo, ho deciso di ampliare il contrasto puntando su un allestimento minimalista ed essenziale: l’Olimpico è parte stessa della scenografia. Il Don Pasquale è un capolavoro con un’orchestrazione tipicamente francese e con un soggetto che si rifà espressamente al Vaudeville di quel periodo. È un’opera di valore altissimo sia dal punto di vista musicale – con una scrittura raffinatissima firmata dal più grande compositore di quegli anni – sia per la grande operazione di modernizzazione romantica su soggetto comico. Nel decennio 18331843, Donizetti rovescia bellamente le convenzioni stilistiche di quel periodo, senza abbandonarle ma riscrivendole e portando le drammaturgie verso altri confini, con un’operazione analoga a quella compiuta da Giuseppe Verdi nel Falstaff. Un’altra novità introdotta da Donizetti riguarda la costruzioLa prima del Don Pasquale ne del ruolo del cattivo. Il personaggio di a Londra sulle pagine Don Pasquale rappresenta l’elemento opponente e, predell'Illustrated London News cisamente, il nemico dell’amore naturale tra i due giova(8 luglio 1843). ni innamorati. Ma invece di farcelo odiare o di renderlo ridicolo, Donizetti tenta un’altra straGaetano da. Quando Don Pasquale, esasperato, che Donizetti in pensava di aver sposato una giovane ragazVicenza – Teatro Olimpico una caricatura za appena uscita dal convento e che invece 7, 9, 11 maggio, ore 20.00 d'epoca. all’opera all’opera — 17