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Voci dal Sud
Anno VII° nr. 1 Gennaio 2011
w w w . s o s e d . eu
Voci dal sud
... ai quattro venti
Periodico di attualità, storia e cultura
Rassegna stampa dai mass media regionali
Anno VII° - n. 1 Gennaio
2011
OMAGG IO
Euro 1,55
L’imam Ahmed el Tayyeb ha attaccato molto
duramente Papa Benedetto XVI° che ha
chiesto rispetto per i Cristiani nel mondo e
che invece sono nel mirino di attacchi
sanguinosi.
Rispettare gli altri “Credo religiosi”
ma esigere il rispetto per il nostro
Voci dal Sud
... ai quattro venti
Periodico indipendente di Attualità, Storia
e Cultura
Rassegna stampa dai mass media
Reg. Tribunale di Palmi
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Foro competente: Palmi
S o m m a r i o Gennaio 2011
Editoriale:
di Franz Rodi Morabito
pag 5 - C
pag 6 - Il nuovo Sindaco, Elisabetta Tripodi, vara la Giunta
pag 7 - Il vecchio problema dei migrantes stagionali, mai risolto, anzi dimenticato, si ripresenta alla
ribalta peggiorato
pag 8 - Arrivano i container per i migranti ma i cittadini si ribellano: non vogliamo il ghetto
pag 9 - Agricoltori e migranti, volti della stessa crisi!
pag 10 - Adesso l’Olaf presenta il conto alla Regione Calabria!
pag 11 - La disastrosa situazione accomuna Napoli alla città della Piana
pag 13 - Rifiuti, un piano straordinario per recuperare il decoro perduto Oggi vertice dei sindaci
con l’obiettivo di «cercare soluzioni immediate» Nuove discariche per scongiurare emergenza
rifiuti
pag 14 - Gioia Tauro : il porto affonda?
pag 14 - I lavoratori chiedono unità fra i sindacati
pag 15 - Quella storia senza futuro di un’opera nata per caso
pag 16 - 1 morto, 500 feriti, 40 gravissimi, crollata una intera palazzina!
pag 18 -Rispetto degli altri Credo religiosi non significa solo averne noi verso gli altri, ma anche gli
altri verso di noi
pag 18 -Lo sfogo di Frattini: l’Unione europea intervenga in difesa della libertà religiosa
pag 20 - Minicar, un nuovo incidente scatena la polemica sulla loro sicurezza
pag 21 - RC Auto : il Governo vuole “calmierare” le tariffe
pag 22 - Le due Fiat decollano in Borsa - Ultimatum di Marchionne su Mirafiori
pag 24 - Il terrorista italiano, condannato all’ergastolo si rifugia in Brasile che nega l’estradizione
pag 24 - La vicenda giudiziaria di Cesare Battisti, superlatitante degli anni di piombo
... continua a pagina successiva
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Voci dal Sud
AnnoVII° nr. 1 Gennaio 2011
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pag 27 - Il Caporal Maggiore Fabbri “Inidonia perchè incinta” !
pag 29 - Le confessioni di un ladro di automobili!
pag 29 - La “Sicurpiana” notte e giorno vigila sui nostri sonni!
pag 30 - Il Capitano Francesco Patamia, figlio di Gioia Tauro!
pag 32 - Arkansas: Dopo la «pioggia» di merli, piovono i pesci! - Morti inspiegabili
pag 32 - Adesso anche in Italia ... piovono uccelli morti!
pag 33 - Bivongi ricorda padre Kosmas
pag 34 - Troppi morti “sotto i ferri” negli ospedali !
pag 35 - «Caro signor primario non mi ha ricoverato ed io oggi la ringrazio»
pag 36 - In Calabria commissariato anche il servizio veterinario dell’Asl
pag 37 - Criminalita’, intimidazioni anche contro il Dipartimento
pag 38 - Roma: Simonetta uccisa da Busco in via Poma
pag 39 - Ancona: Rossella Boffo scompare a maggio - Oggi l’ex amante si oppone al proseguimento delle indagini
pag 39 - La scheda identificativa di Rossella Boffo redatta dalla trasmissione TV “Chi l’ha
visto?”
pag 40 - Filippine, fotografa il suo assassino nell’istante in cui gli sta sparando
pag 41 - Il pescatore di cadaveri: un lavoro macabro ma molto richiesto
pag 42 - Da raccogliere arance a Rosarno all’Unical !
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Editoriale
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Predicare bene
... e razzolare male!
Fr a n z R o d i - M or a b i t o
Ormai sembra un vero motivo conduttore dire che dobbiamo rispettare i nostri fratelli
immigrati (anche irregolari) , che dobbiamo avere rispetto per le loro religioni, che debbono essere rispettate le Leggi degli altri Paesi, che il pensiero degli altri è comunque
degno di rispetto e via di seguito.
Insomma la parola “Rispetto” è divenuto un termine che parrebbe essere la chiave del vivere
e del convivere in maniera civile.
Concordo pienamente che abbiamo obbligo di rispettare i convincimenti, le religioni, idee
politiche e quant’altro dei nostri simili.
Tuttavia mi chiedo se questa norma debba essere unilaterale ed a senso unico dal momento
che constato che quando si tratta di essere NOI i detinatari del rispetto degli altri, tutto cade
nel nulla!
Noi rispettiamo la politica delle altre nazioni, ma la nostra politica, giusta o errata che sia,
non viene rispetata dagli altri e siamo oggetto di spregiudicate critiche.
Rispettiamo gli altri credo religiosi e consentiamo che sorgano sul nostro territorio le moschee, i vari luoghi di culto di altre religioni, gli usi e costumi di tutte le popolazioni del mondo
fino a giungere a consentire di infrangere precise Leggi dello Stato italiano come si fa con il
concedere che si possa andare in luoghi pubblici con il burka, quando non è assolutamente
consentito a noi italiani di frequentare gli stessi luoghi con il viso nascosto da un passamontagna
o da un foulard che ne nasconda i lineamenti.
In nome della libertà di culto tutti possono avere i loro riti religiosi ed i propri luoghi in cui
riunirsi e pregare senza dover subire insulti o offese, ma a noi cristiani non è concesso erigere
una chiesa nelle loro terre, riunirci in preghiera, professare i nostri riti nelle varie regioni del
Mondo ove la religione ufficiale è altra.
Tutti possono permettersi tutto, meno che noi!
Giungiamo finanche a permettere che si venga “in casa nostra” ad imporre di togliere il
Crocefisso dai luoghi pubblici.
Mi chiedo se fosse mai possibile per noi andare in India e chiedere di ammazzare le vacche
che invadono le strade o se volessimo imporre ai musulmani di pranzare con carne di maiale e
via di seguito!
Quando ci siamo fatti promotori di iniziative contro la pena di morte o lapidazione siamo stati
invitati fermamente a farci ... “i cavoletti nostri senza interferire negli affari interni loro” .
Alcuni anni addietro uno spot televisivo sulla Rai invitava i turisti a visitare l’Egitto, ma la
bella fanciulla che ci invitava dagli schermi televisivi aggiuneva molto seriamente “ricordate
però che dovete rispettare Leggi, usi e costumi vigenti in Egitto”.
In Italia tutti vengono e tutti pretendono di vivere come loro meglio aggrada, nessuno si
considera ospite, ma tutti sono pares inter pares con gli italiani!
Possibile che non abbiamo un sussulto di orgoglio? possibile che false ideologie politiche (ed
il continuo peregrinare fra i partiti anche di fazioni avverse sta a dimostrare che non sono reali
le convinzioni politiche) possano portare a perorare cause che non tengono nessun conto della
nostra dignità di Stato Sovrano?
Si abbia rispetto per tutti, ma si esigga il rispetto per noi.
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AnnoVII° nr. 1 Gennaio 2011
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Rosarno: post elezioni
Passato il turbinmio elettorale ...
Il nuovo Sindaco, Elisabetta
Tripodi, vara la Giunta
Entrano in consiglio Grace D’Agata, Andrea Il Grande, Filippo
Italiano, Giuseppe Papasidero e Domenica Varrà
Giuseppe Lacquaniti - Gazzetta del Sud
Rosarno - Il sindaco Elisabetta Tripodi ha nominato la Giunta municipale ed assegnato le relative deleghe.
La presentazione della squadra che
l’affiancherà nella gestione del Comune è avvenuta ieri pomeriggio nel corso di un incontro con la stampa.
A ricoprire l’incarico di assessore
sono stati chiamati: in rappresentanza del Pd, l’avv. Carmelo Cannatà (vice
Sindaco, contenzioso e affari legali),
Michele Fabrizio (manutenzione,
sport, commercio, Polizia municipale),
l’ing. Michele Brilli (pubblica istruzione, rapporti con gli enti, attività produttive); per la Sinistra per Rosarno, il
dott. Teodoro De Maria (lavori pubblici, promozione e valorizzazione prodotti agricoli locali); per
Agorà, Francesco Bonelli (politiche giovanili e innovazione tecnologica); per il Centro per Rosarno, l’arch. Domenico Scriva
(Urbanistica e agricoltura), unico esterno della compagine amministrativa.
I primi cinque Assessori sono consiglieri comunali, che però
cessano dalla funzione con effetto immediato.
Gli subentrano in Consiglio: Grace D’Agata, Andrea Il Grande
e Filippo Italiano (per il Pd); Giuseppe Papasidero (Sinistra per
Rosarno); Domenica Varrà (Agorà).
A completare l’organigramma sarà l’elezione del Presidente del
Consiglio comunale (già convocato per il 29 dicembre, ore 17,
presso l’Auditorium di via Umberto).
L’incarico dovrebbe essere affidato ad Antonio Bottiglieri della Sinistra per Rosarno.
«Per una questione di garbo istituzionale – ha dichiarato il
sindaco Tripodi – garantiremo all’opposizione la vice presidenza della massima assise cittadina».
Ha anche espresso la volontà di conferire deleghe speciali a
consiglieri comunali per favorire un loro maggiore coinvolgimento
nelle attività amministrative.
Nel presentare la Giunta comunale, la prima cittadina ha detto
che tutta la sua squadra è animata di buoni propositi e si è augurata di poter avviare una nuova fase nella storia della città, con
l’aiuto e la partecipazione dei cittadini, ma anche della stessa
opposizione «che, se sarà vigile e attenta, potrà costituire uno
stimolo per farci meglio operare e rilanciare l’immagine di una
Rosarno, distrutta in questi ultimi anni».
La Tripodi non ha nascosto le difficoltà che attendono l’amministrazione già nei primi cento giorni, soprattutto per quanto riguarda le entrate di
bilancio, che per il 2011 subiranno un
taglio di ben 480 mila euro a seguito
di mancati trasferimenti erariali.
Una circostanza che rende difficile far fronte alle spese correnti, senza
aumentare le tasse.
«Il nostro impegno è infatti quello di non toccare le aliquote a scapito dei cittadini, ma tagliare tutte
le spese inutili e superflue».
L’altro proposito della Tripodi è la
riorganizzazione della macchina amministrativa.
Per il Comando di Polizia Municipale, rimasto vuoto a seguito
della scadenza del rapporto di lavoro temporaneo del dott.
Cogliandro, «a cui va il nostro ringraziamento per il lavoro
svolto», il Sindaco ha promesso che entro gennaio si procederà
alla nomina del nuovo Comandante, che sarà scelto all’interno o
all’esterno dell’ente.
Altro problema da affrontare con determinazione è quello dei
migranti, ad oggi «visto esclusivamente come problema di ordine pubblico.
Se il loro numero rimarrà fermo sulle 800 unità – ha detto la
Tripodi – non dovremmo avere particolari difficoltà; se invece a
gennaio le presenze dovessero aumentare, c’è un tavolo presso
la Prefettura che stabilirà il da farsi per evitare esplosioni di
intolleranza o di violenza, come quelle del gennaio scorso».
Inoltre , «avremo particolare cura nello stabilire un rapporto proficuo con la Regione Calabria, grazie al quale riuscire a
portare a casa i 16 milioni di euro, assegnati al nostro Comune
dal Pisu, per la costruzione della Cittadella dello sport e del
Centro culturale da realizzare nell’ex Cinema Argo.
Mi auguro entro gennaio di potere firmare questa convenzione».
Ciascuno dei sei neoassessori è intervenuto per dichiarare la
comune volontà di lavorare nell’interesse della cittadinanza e di
offrire la massima collaborazione al Sindaco Tripodi per dare risposte concrete ad una città che ha bisogno dell’apporto consapevole di tutti, opposizione compresa, per uscire dal limbo in cui
si trova confinata.
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Anno VII° nr. 1 Gennaio 2011
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Rosarno ed i suoi problemi
Il vecchio problema dei migrantes stagionali,
mai risolto, anzi dimenticato, si ripresenta alla
ribalta peggiorato
Carmen Lacquaniti
Rosarno - Sono circa un migliaio i migranti africani presenti a Rosarno.
Secondo i dati forniti dalla Cgil, la metà sono riusciti a regolarizzare la loro posizione, l’altro 50% si
trovano in una condizione anomala.
Hanno fatto richiesta per il rilascio del permesso
di soggiorno, senza avere ancora ricevuto risposta.
Per Abramo, giovane proveniente dalla Guinea
Francese, dal 1996 presente a Rosarno per la raccolta stagionale degli
agrumi (lo abbiamo incontrato ieri nella mensa
aperta da Mamma Africa) il problema principale appunto è quello del
mancato rilascio dei permessi di soggiorno.
«Molti di noi hanno
fatto richiesta da molti
mesi ma ancora non
hanno ricevuto risposta.
Senza permesso nessuno ci fa lavorare, né
ci affitta le case.
Qui il problema – continua Abramo – non è
mangiare o vestirci, i
rosarnesi sono generosi,
ma noi abbiamo bisogno di lavorare perché
abbiamo famiglie da
mantenere.
Molti di noi non possono ritornare al loro
paese perché lì c’è la guerra. Ma non possiamo
vivere nemmeno così».
Se il numero dei migranti è fortemente diminuito
rispetto all’anno scorso, ai tempi della rivolta, lo si
deve alla crisi devastante che sta interessando il settore agrumicolo.
Le arance non riescono a spuntare prezzi superiori a 7 centesimi, mentre la richiesta di clementine
è calata sui mercati nazionali.
I frutti vengono raccolti a rilento e molti agricoltori
preferiscono lasciare il prodotto sugli alberi, essen-
do il costo della manodopera impiegata per la raccolta superiore al misero ricavo.
Mancando il lavoro, il problema è quello della sopravvivenza.
I giovani africani “regolari” vivono in gruppi di 5/6
in case prese in affitto nel centro cittadino. Chi di
loro riesce a spuntare qualche giornata lavorativa
mette la paga giornaliera (25/30 euro in media) a
disposizione del gruppo per le spese del fitto e per
mangiare.
Gli “irregolari” si rifugiano nei tuguri sparsi per
le campagne.
Norina Ventre (Mamma Africa) ci ha detto la
scorsa domenica sono
stati più di 200 i pasti distribuiti.
«Sono molte le associazioni locali, anche
dei paesi vicini, che mi
stanno dando una
mano.
È una cosa molto
grave che, sebbene questa situazione si protrae
da più di 20 anni, nessuno ha mai pensato di
realizzare a Rosarno
una qualche struttura
idonea a dare almeno
qualche risposta a questi sfortunati ragazzi».
Da Mamma Africa incontriamo il sindaco Elisabetta Tripodi.
Ci rassicura che entro breve sarà “picchettata” la
zona, nella Terza area industriale, dove sarà allestito
dalla Protezione Civile un centro di accoglienza temporaneo.
Per la Tripodi il problema principale è una profonda crisi che investe l’intero comprensorio: «Si è
riaperta la grossa piaga della emigrazione, in
quanto sono molti i rosarnesi che, per mancanza
di occupazione e di prospettive, sono costretti a
lasciare la città in cerca di una speranza al nord».
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Arrivano i container per i migranti ma i
cittadini si ribellano: non vogliamo il ghetto
Contestata la scelta dell’area - Il consigliereBorgese: prefabbricati vecchi e arrugginiti
Giuseppe Lacquaniti - Gazzetta del Sud
Rosarno - Sono arrivati nella mattinata di ieri i primi 6
Dopo circa un’ora, i manifestanti hanno deciso di togliecontainer, inviati dalla Protezione civile nazionale e regio- re il blocco, anche in virtù del comportamento dialogante
nale, per essere collocati nell’area della Terza zona indu- assunto dalle forze di polizia, preferendo trasferire la protestriale, dove saranno ospitati circa 150 migrantes.
sta sul piano politico, attraverso la raccolta di firme ed il
E sono già iniziate le prime pesanti contestazioni.
coinvolgimento della popolazione.
Un gruppo di uomini e donne delle contrade Testa dell’
Le maestranze della Provic hanno, quindi, avuto via libeAcqua e Bosco hanno inscenato una energica protesta, ra per collocare i 6 containers nell’area indicata, posta ai
bloccando per circa un’ora i camion che trasportavano i 6 margini della collinetta di Carozzo-Nolio (oltre metà divoraprefabbricati.
ta dalle ruspe per fare posto all’area industriale!), dove nei
A fondamento della proprimi del Novecento l’artesta, il rifiuto di vedere imcheologo Paolo Orsi rinvenSi sta per ripetere quanto
piantato – dicono – un
ne la necropoli di Medma.
avvenuto due anni addietro
ghetto, dove saranno conNella zona industriale si
quando furono spostati i
finati centinaia di giovani
sono recati i consiglieri coafricani, in un luogo non
munali d’opposizione Aldo
migrantes dall’ ex cartiera alla
assolutamente idoneo sul
Borgese, Mimmo Rizzo e
raffineria Esac dello Spartimento,
piano igienico-sanitario, e
Paolo Carrozza, che hanno
sito individuato e scelto dalle
senza nessuna autorità che
raccolto le lamentele dei citAutorità comunali, provinciali e
si assuma la responsabilità
tadini ed hanno voluto ispedella gestione del nucleo
zionare i containers.
regionali che si è rivelato poi di
abitativo.
Il dott. Borgese li ha troassoluto degrado e per la qualcosa
Attraverso una loro porvati «maleodoranti, sporchi,
i mass media di tutto il mondo
tavoce, la signora Sergio
arrugginiti, in condizioni tali
hanno
tacciato Rosarno di aver
Primerano, hanno espresso
da non potere ospitare perle loro lamentele al sindaco
sone se non a rischio della
“costretto” i migrantes a vivere in
Elisabetta Tripodi, recatasi
loro salute.
quella situazione di assoluto
sul posto per alcuni minuti
Assieme agli altri 3 condegrado!
per controllare nella prima
siglieri di minoranza (GiacoFra un anno ci tacceranno ancora
mattinata l’avvio dei lavomo Saccomanno, Rosanna
ri.
Careri, Tiberio Sorrenti)
di schiavismo?
«Non è stata questa amhanno chiesto l’immediata
ministrazione a scegliere
convocazione del Consiglio
questo sito – si è giustificata la prima cittadina – che già comunale, con annessa interpellanza al Sindaco, perché forera stato indicato ai primi di dicembre dalla commissio- nisca risposta scritta su quanto accaduto e sulle determine straordinaria. Eppure – incalza la sig.ra Primerano – il nazioni che l’amministrazione intende assumere in merito.
Sindaco, contattata da noi l’altro ieri perché scegliesse
Per il capogruppo del Patto di Solidarietà Saccomanno
un’area più idonea, ci aveva garantito che avrebbe preso «i containers vanno bene se sistemati in un contesto com3 giorni di tempo per darci una risposta.
plessivo che consenta di dare assistenza, servizi igienici
Invece stamattina ci siamo trovati questa bella sorpre- ed alla persona adeguati, nel rispetto della dignità umasa davanti alle nostre case».
na.
Chi non nasconde la propria rabbia è Michelangelo
Quella località, abitata da decine di nuclei familiari,
Panetta della contrada Bosco, candidato alle ultime elezio- non deve diventare un ghetto, in sostituzione dell’ex
ni comunali nella lista del Pd, che dice «di non essere d’ac- Rognetta.
cordo nel modo più assoluto che nell’area industriale
Su questo siamo accanto ai migranti, che devono essecreiamo dei ghetti, né per i negri né per nessun altro.
re inseriti in un percorso di integrazione e di lavoro legaL’area industriale serve per creare sviluppo e lavoro. le, ma comprendiamo le ragioni dei cittadini che pretenMi sono messo in contatto con alcuni Amministratori, dono garanzie affinché il luogo non venga trasformato in
ma mi hanno risposto che avevano altro da fare».
un lager.
Contestato dai manifestanti l’assessore Michele Brilli.
Saremo quindi a difesa degli interessi della popolazioSul posto sono immediatamente intervenuti Carabinieri ne – ha concluso Saccomanno – stimolando l’amministrae Polizia, che, coadiuvati dalla Polizia Municipale, non han- zione a svolgere un percorso lineare e corretto».
no avuto nessun problema nell’assicurare l’ordine pubblico.
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Agricoltori e migranti, volti della
stessa crisi!
Giuseppe Lacquaniti - Gazzetta del Sud
Invadono Piazza Valarioti in un tripudio di bandiere della
Cgil, i circa trecento migranti, che, nell’anniversario della
rivolta del gennaio 2010, si radunano per dare vita ad una
manifestazione pacifica, ma di chiara rivendicazione dei diritti loro negati.
«Tutto è cambiato, ma nulla è cambiato», è lo slogan
scelto dalla Rete Radici e dalla Cgil della Piana, che hanno
organizzato l’evento.
Una frase azzeccata che sintetizza chiaramente lo stato
d’animo dei giovani africani, cacciati dalle loro terre d’origine dalla guerra, dalla carestia, dalle epidemie, e scaraventati in un altro Sud del mondo a vivere nel “limbo della
disperazione”, in tuguri fatiscenti, da fantasmi senza diritti
e senza dignità.
In un anno da quei disgraziati avvenimenti del gennaio
2010, che hanno fatto saltare la miscela esplosiva accumulata nell’involucro della disperazione e della dannazione,
nulla o quasi è stato fatto.
Chi aveva competenza e mezzi per risolvere una gravissima emergenza umanitaria si è defilato.
In molti si sono lavati la coscienza, scaricando le colpe
interamente sulla popolazione rosarnese – che pure si trascina dietro malesseri ancestrali difficilmente sradicabili,
ma si è mostrata sempre ospitale verso lo “straniero” –
mentre i rappresentanti delle Nazioni Unite e le delegazioni
del Parlamento Europeo, dopo aver manifestato di persona
lo sdegno per le condizioni in cui per anni erano stati costretti a vivere i migranti, rientrati nelle torri d’avorio delle
rispettive istituzioni, hanno completamente rimosso la questione dalle loro coscienze.
Ad assistere all’arrivo dei migranti in Piazza Valarioti,
ieri, c’era il solito gruppetto di pensionati che staziona davanti l’ufficio postale.
Nei loro lapidari commenti, resi in stretto dialetto, si manifesta lo stato d’animo della quasi totalità della popolazione.
«Dove dovete andare! – dicono rivolgendosi ai migranti
e scuotendo il capo – qua non c’è lavoro per nessuno.
Non vedete che le arance marciscono per terra
(“sì‘mpurrinu nterra”)”.
Per voi e per noi c’è disperazione, la colpa è di quelli
che si sono arricchiti con le arance (“s’arricchiru ca
‘rangi”) e hanno fatto il deserto attorno».
Non sono lontani i tempi in cui gli agrumi avevano un
altro valore, ma soprattutto un altro “peso” visto che il
meccanismo proporzionava la quantità ai contributi che si
ottenevano dalla Comunità europea.
Nella fase di preparazione del corteo non più di una decina sono i rosarnesi che si fanno vivi (tra cui l’ex sindaco
socialista Antonio Alessi), a parte la delegazione di giovani
del Liceo scientifico, con in testa la combattiva preside
Mariarosaria Russo.
«Non potevamo non essere presenti ad una così importante manifestazione – dice ai giornalisti – noi che siamo
abituati a convivere con i giovani migranti, ospitandoli
tutti i giorni nella nostra scuola per i corsi di
alfabetizzazione e di mediazione linguistica».
Una giovane liceale ci chiede: «Perché ieri sera in Piazza Duomo alla Festa della Mondialità c’era tantissima
gente ed oggi invece i rosarnesi sono assenti?».
Il sindaco Elisabetta Tripodi è stata in Piazza Valarioti per
pochi minuti, poi, scusandosi con i giornalisti, ha detto di
avere impegni inderogabili in Municipio.
Il tema è lo stesso: lavorare al piano elaborato dalla Protezione civile regionale mirato alla realizzazione di un campo attrezzato con 20 containers nella Terza zona industriale, dove alloggiare circa 120 migranti (n.d.r.: e gli altri 680
che si stima siano presenti sul territorio rosarnese?).
Non abbiamo notato la presenza di Consiglieri comunali
(eccetto Giuseppe Papasidero), né di Autorità civili e religiose (n.d.r.: forse non si prevedeva la presenta delle
telivisioni?); inspiegabilmente era assente anche Mamma
Africa (n.d.r.: e questo francamente meraviglia perchè tutti
ormai conosciamo quanto Mamma Africa, Norina Ventre,
sia presente al fianco dei migrantes, prescincendo da ogni
forma di visibilità personale).
Un rosarnese, invece, sempre presente in occasione di
manifestazioni per la rivendicazione dei diritti umanitari è
l’ex sindaco Peppe Lavorato. «Una grande giornata di
lotta che vede uniti rosarnesi e braccianti africani – commenta – per rivendicare il rispetto dei diritti dei lavoratori qualunque sia il colore della pelle, e nelle condizioni
particolari di Rosarno il diritto sacrosanto degli africani
neri ad essere rispettati.
Mentre i governanti nazionali – prosegue Lavorato –
hanno lasciato il paese e gli agricoltori alla mercé delle
ruberie e delle speculazioni che li hanno affamati; la
‘ndrangheta impone i prezzi ed aggrava la condizione
degli agricoltori, solo i migranti neri, lavorando da mattina a sera, per salari miseri, permettendo la raccolta dei
frutti, hanno dimostrato di essere loro gli amici più veri
della popolazione rosarnese».
Per il Vicario diocesano don Pino De Masi, rappresentante di Libera, l’associazione che ha in gestione nella Piana terreni agricoli confiscati alla mafia, è molto importante
la manifestazione organizzata da Rete Radici e dalla Cgil,
«perché i protagonisti sono i migranti, che in un clima di
non violenza e non più teso, assieme ai cittadini di
Rosarno e della Piana, rivendicano uguali diritti per tutti».
Sappiamo che questo problema va inserito in un contesto più grande, che è quello della crisi dell’agricoltura in
questo comprensorio.
Due problemi collegati che se non risolti potrebbero
creare ulteriori conflittualità.
L’augurio è che si intervenga su questi due versanti, e
delle politiche agricole e soprattutto nel dare uguali diritti e dignità ai migranti, da considerare non come un
problema di ordine pubblico, ma una ricchezza per creare quella “convivialità delle differenze” di cui parlava
don Tonino Bello».
Voci dal Sud
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Adesso l’Olaf presenta il conto
alla Regione Calabria!
Si dovrà restituire 57 milioni di euro all’Unione Europea per una cattiva gestione
dei fondi comunitari e falle nei sistemi di controllo
Bruno Gemelli - Calabria Ora
CATANZARO - Venerdì 14 gennaio si terrà una
riunione presso la sede del Dipartimento 3 (Programmazione Nazionale e Comunitaria) della Regione
Calabria a Catanzaro per esaminare il fascicolo inviato da Olaf riguardante l’indagine sulla misura 1.2
del Por Calabria 2000-2006.
Intanto ricordiamo cos’è l’Olaf.
Acronimo francese che sta per “Office européen
de Lutte Anti-Fraude” è l’Ufficio europeo per la
lotta antifrode.
Fu istituito dalla Commissione Europea (Commissione Prodi) con decisione n. 352 del 28 aprile 1999,
con l’obiettivo di contrastare le frodi, la corruzione
e qualsiasi attività illecita lesiva degli interessi finanziari
della Comunità europea.
Il Direttore Generale attuale (a interim dopo la
morte di Franz-Hermann Brüner) è l’inglese Nicholas
J. Ilett.
Ricordiamo altresì che la misura 1.2 sostiene, attraverso l’avvio e l’operatività delle Autorità di Ambito territoriale ottimale (Ato), l’implementazione del
servizio idrico integrato e il suo miglioramento in termini di efficacia, efficienza e risparmio della risorsa,
anche attraverso la riduzione delle perdite nelle reti,
e nell’ottica della salvaguardia della salute umana e
dell’ambiente.
Quasi nulla di quanto immaginato dal regolamento
comunitario, nella fattispecie, è stato applicato.
Al contrario ci sono state indagini giudiziarie da
parte delle Procure della Repubblica di Catanzaro e
Paola e della Corte dei Conti – sezione regionale di
controllo per la Regione Calabria.
Ora la commissione Olaf, che nei mesi passati è
venuta in Calabria, assistita dal Comando operativo
dei Carabinieri di Catanzaro, presenta il conto alla
Regione Calabria che deve restituire all’Unione europea 57 milioni di euro quali contributi elargiti alla
data del 28 aprile 2009 e provenienti dal Fesr (acronimo di Fondo europeo per lo sviluppo regionale).
Accanto al danno causato Olaf segnala il danno
evitato pari a 24,4 milioni di euro provenienti dal
medesimo Fesr.
Le risorse del Fesr, ricordiamo, servono principalmente a cofinanziare: gli investimenti produttivi che
rendono possibile la creazione o il mantenimento e
l’occupazione; le infrastrutture; le iniziative di sviluppo locale e le attività delle piccole e medie imprese.
La storia, nel suo addentellato politico, si pone a
cavallo della gestione delle giunte Chiaravalloti e
Loiero.
Poi, però, c’è anche la continuità burocratica tant’è che in qualche corridoio della Regione si parla di
presenze persistenti ancora oggi.
La sintesi di questa vicenda rimanda al 2007
allorché, a seguito della analisi delle informazioni ricevute nell’ambito delle attività di monitoraggio delle indagini giudiziarie condotte dalla Procura della
Repubblica di Catanzaro, l’Olaf apriva un’indagine
amministrativa esterna al fine di appurare la legittimità dei contributi comunitari utilizzati per il
cofinanziamento dei progetti della misura 1.2 del Por
Calabria 2000-2006 assegnati per il primo periodo
di attuazione delle azioni c) e d) all’Ufficio del commissario delegato per l’emergenza ambientale nel territorio calabrese.
Nel corso dell’indagine Olaf ha riscontrato gravi
irregolarità amministrative. In particolare le seguenti:
la mancata osservanza delle norme relative agli apparati pubblici dovuta all’utilizzo di deroghe non
applicabili a progetti inerenti la programmazione comunitaria; l’assenza di una contabilità analitica specie in presenza di progetti generatori di risorse e finanziati da sussidi provenienti da molteplici fonti di
finanziamento; la mancata osservanza delle norme
sulla pubblicità per i progetti comunitari; gli enormi
ritardi nell’ultimazione dei lavori e nei collaudi delle
opere costruite; il mancato trasferimento nei tempi
previsti delle competenze relative al settore della
depurazione agli enti ordinariamente competenti;
l’esiguo numero di controlli effettuati e la mancanza
di segregazione delle funzioni fra ente controllato ed
ente controllore.
Tali violazioni, secondo Olaf, non consentono - si
legge nel rapporto - «di considerare le spese dei
progetti gestiti dall’Ufficio del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel territorio
calabrese eleggibili al finanziamento comunitario».
Da qui il recupero dei 57 milioni di euro.
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Rosarno: E’ ormai emergengenza per i rifuiti
La disastrosa situazione accomuna Napoli
alla città della Piana
La beffa dell’inceneritore alle porte della città. L’opposizione:
subito un consiglio comunale straordinario
Giuseppe Lacquaniti - Gazzetta del Sud
Rosarno - Cresce l’allarme tra la popolazione a causa dei
Rifiuti, un piano straordinario per
cumuli di rifiuti che di giorno in giorno vanno aumentando
recuperare il decoro perduto Oggi vertice
nel centro cittadino e nelle periferie.
La raccolta della spazzatura è entrata da alcune settimane
dei sindaci con l’obiettivo di «cercare
in una fase di alta criticità, dovuta ad una situazione
soluzioni immediate»
emergenziale che investe l’intera regione (la chiusura delle
discariche di Pianopoli e Rossano), per cui Piana Ambiente
Rosarno - Procede a marce forzate l’opera di rinon è nelle condizioni di smaltire il quantitativo quotidiano di
mozione dei cumuli di spazzatura da parte delle maRsu prodotto dalle famiglie e dalle aziende.
Nel periodo delle feste la situazione si presenta ancora più estranze di Piana Ambiente, sotto la supervisione
grave, essendo più consistente il quantitativo di prodotti
smaltiti, con il risultato che maggiore è la mole di rifiuti che si dell’assessore Michele Fabrizio, che conta di ripulire la città entro la giornata odierna.
va ad accumulare per le strade e nelle piazze.
All’odore nauseabondo che si sprigiona dai depositi di
«In due giorni – ci ha detto Fabrizio – abbiamo
immondizia, si aggiunge il fumo acre che ammorba l’aria, prodotto dagli incendi dei cassonetti, appiccati da gente poco provveduto a rimuovere i rifiuti in quasi tutto il
responsabile, che non si rende conto che la spazzatura bru- perimetro urbano, compresa la Stazione e via Naciata sprigiona gas tossici, tra cui diossina.
Numerosi cittadini si sono rivolti a noi, pregandoci di rap- zionale, per essere smaltiti nel termovalorizzatore.
presentare attraverso il giornale la loro forte preoccupazione,
Entro oggi la squadra di Piana Ambiente, a
per una situazione che comporta gravi rischi per la salute,
cui
va il ringraziamento mio e di tutta l’amminisoprattutto dei bambini e degli anziani.
Il Sindaco Elisabetta Tripodi ha invitato la popolazione, strazione per l’impegno profuso, completerà il laanche attraverso manifesti murali, a collaborare per fare fronte all’emergenza, garantendo da parte dell’Amministrazione voro straordinario ripulendo le ultime zone pericomunale il massimo impegno per tentare di risolvere una feriche.
vicenda di cui la città di Rosarno non ha responsabilità.
Poi bisogna operare a livello regionale perché
La Tripodi ci ha detto di non essere riuscita, in questi giortutto
rientri nell’ordinario e quanto accaduto
ni, a parlare direttamente con il Commissario per l’emergenza
rifiuti, il governatore Scopelliti, che il 29 dicembre ha disposto durante queste feste natalizie non abbia più a riper 2 settimane il conferimento nella discarica di Casignana
dei rifiuti di 13 cittadine della provincia di Reggio, tra le quali petersi».
non vi è purtroppo Rosarno.
Intanto, è prevista presso il Municipio di Rosarno
Lo stesso Sindaco, in mattinata, si propone di chiedere al
prefetto Varratta l’istituzione di un tavolo aperto a enti, socie- l’assemblea intercomunale di “Città degli Ulivi”, contà ed organismi interessati, per affrontare la questione con la vocata “in via straordinaria ed urgente” dal presidovuta tempestività. A rendersi interprete dello stato di grave dente avv. Rocco Domenico Ceravolo, primo cittadisagio attraversato dalla città, è anche l’opposizione
consiliare, che – come rilevato dal dott. Aldo Borgese, dino di Laureana di Borrello, per concordare la stracapogruppo del Patto di Solidarietà – intende dare voce a tegia unitaria da mettere in atto per far fronte all’emertutti quei cittadini che ritengono inammissibile il fatto che pur
dovendo subire la presenza di un megainceneritore, posto genza rifiuti nei comuni pianigiani, «da settimane inalle porte della città, i rifiuti non vengano smaltiti, anzi vengo- vasi dall’immondizia».
no accatastati in ogni angolo, riproducendo una situazione
L’obiettivo dei sindaci della Piana è quello «di sconsimile a quella di Napoli, dove mancano gli inceneritori. «Non
possiamo consentire – ha rimarcato l’avv. Giacomo giurare drammatiche situazioni e cercare soluzioni
Saccomanno, capogruppo de la “Città del Sole” – che l’inceneritore di contrada Bosco funzioni 24 ore su 24, appestando immediate», di concerto con il Commissario per
l’aria, per bruciare la spazzatura di tutta la Calabria, men- l’emergenza rifiuti, il governatore Scopelliti.
tre i nostri rifiuti rimangono accatastati nelle strade, con il
Infatti crescente è l’allarme tra le popolazioni prepericolo di epidemie e gravi malattie per la popolazione.
Con un’interpellanza chiederemo al Sindaco Tripodi di for- occupate che piccoli e medi centri urbani – peraltro
nirci un quadro dettagliato della situazione che sta crean- serviti da un megatermovalorizzatore - possano esdo allarme tra l’intera cittadinanza, e quali sono le strategie che l’amministrazione intende porre in essere a salva- sere afflitti dagli stessi problemi di smaltimento riguardia della salute e dell’ambiente. Nel contempo chiede- guardanti una metropoli come Napoli. Se si consiremo l’immediata convocazione del Consiglio comunale».
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dera che l’intera popolaversamente abili ed agli anzione della Piana, sparsa su
ziani».
I detti popolari sono la
un territorio vastissimo, è
Su tutte le questioni igiesaggezza dei popoli, ma qui
venti volte minore di quelnico-sanitarie evidenziate,
la partenopea, trovare una
pare essere platealmente
gli interpellanti chiedono al
soluzione che eviti una caSindaco «una risposta scritdisattezzo quello che recita
tastrofe ambientale non
ta, in tempi brevissimi, sullo
“Prima i denti e poi i parenti”
dovrebbe risultare tanto
stato della situazione preciche sta a significare che prima
difficoltosa.
sata, sui provvedimenti che
di
tutto
si
debbno
sistemare
i
Nel frattempo, sei conlo stesso intende assumere,
fatti propri e poi quelli degli
siglieri di minoranza – Aldo
sulle strategie e comportaBorgese, Paolo Carrozza,
altri a noi prossimi.
menti che l’amministrazione
Rosanna
Careri,
comunale pensa di adottare
Rosarno/Gioia Tauro hanno un
Domenico Rizzo, Giacomo
a difesa della salute dei citinceneritore che accoglie Rfu
Saccomanno,Tiberio
tadini e dell’ambiente».
da tutta la Calabria, MA non
Sorrenti – hanno presenLa questione rifiuti è il priha
spazio
per
quelli
di
Rosarno
tato in Municipio un’intermo banco di prova per la
e Gioia che rischiano di morire
pellanza al sindaco Triponuova amministrazione codi, accompagnata da forsoffocati dalle immondizie!
munale, guidata da Elisabetmale richiesta al presidenta Tripodi.
te Antonio
Il sindaco
Bottiglieri di
non ha perso
convocazione tempo e da su«in tempi brevisbito ha fatto
simi - del Consentire la sua
siglio comunale,
voce, rivendiper discutere i
cando il diritto
problemi relativi
dei cittadini ad
alle questioni
avere un paeigienico-sanitase in condiziorie determinate
ni decorose.
dagli ingenti
La reazione
quantitativi di ridella Tripodi ha
fiuti ammassati
ottenuto una
per giorni in ogni
prima risposta.
angolo della citMa ora octà (oltre a rifiuti
corre mettere
di diversa natura accumulati nelle strade interpoderali le carte sul tavolo per scongiurare nuove emergene nelle periferie).
ze. Sarebbe l’ennesima beffa per una comunità che
I sei consiglieri comunali vogliono aprire uno già sopporta i “fumi” dell’inceneritore.
squarcio sul «mancato monitoraggio e controllo periodico delle scorie e gas immessi nell’aria dal
termovalorizzatore, elemento di turbativa per la salute dei cittadini e dello stesso ambiente».
Tra i problemi rappresentati anche quello riguardante la sede della Guardia Medica, che non risulta
«sicuramente, a norma di legge sia per l’angustità
dei locali, che per la mancanza di separazione tra
questi, oltre che per la presenza di evidenti barriere
architettoniche, che ne impediscono l’accesso ai di-
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Nuove discariche per
scongiurare emergenza rifiuti
Attilio Sergio - Gazzetta del Sud
POLISTENA - Si è svolto, presso la Regione Calabria,
l’incontro tra l’assessore all’Ambiente Francesco Pugliano
ed una delegazione di sindaci della Piana di Gioia Tauro
facenti parte dell’associazione “Città degli Ulivi”. La delegazione dei primi cittadini guidata dal presidente del Comitato Giuseppe Zampogna (sindaco di Scido), era composta
dal vice presidente dell’assemblea dell’associazione Mario
Masso (sindaco di San Pietro di Caridà), da Sandro Cannatà
(sindaco di Cittanova) e da Salvatore Vinci (sindaco di Serrata).
I sindaci hanno rappresentato tutte le istanze emerse
durante l’ultima assemblea, a partire dalla richiesta di priorità nel conferimento dei rifiuti solidi urbani al
termovalorizzatore di Gioia Tauro.
Inoltre, la possibilità di controllo per quanto riguarda il
conferimento al termovalorizzatore mediante un Comitato
di sindaci, in modo che l’attività della Veolia sia improntata
al massimo della trasparenza onde sgomberare il campo da
qualsiasi insinuazione.
Altra richiesta, riguarda la necessità di interventi atti a
migliorare la situazione rifiuti nella Piana e nella Calabria. I
sindaci hanno infine chiesto nuove procedure di finanziamento ai Comuni per poter iniziare la raccolta differenziata
porta a porta.
L’assessore Pugliano ha voluto ribadire la sua totale disponibilità a venire incontro alle varie esigenze. Ha poi tranquillizzato i sindaci della Piana, in quanto ha escluso che
presso il termovalorizzatore di Gioia Tauro siano mai arrivati rifiuti provenienti dalla Campania.
Riguardo alla recente emergenza rifiuti nel comprensorio,
Pugliano ha fatto presente che il problema è stato causato
dalla chiusura, da parte delle autorità giudiziarie, delle discariche di Rossano e Pianopoli.
Anche questo frutto di un “sistema rifiuti” che in Calabria
è sicuramente molto debole e, comunque, affonda le radici
nel tempo.
Allo stato, per superare l’emergenza, si è ridotto il numero dei Comuni che conferiscono a Gioia Tauro (da 31 a 26),
dirottando 100 tonnellate al giorno presso altro sito.
L’assessore regionale ha inoltre assicurato che si sta
lavorando all’individuazione di discariche di servizio.
Nel giro di 8 mesi dovrebbe entrare in funzione la discarica di Melicuccà. Inoltre, di concerto con la provincia di
Reggio Calabria, si sta lavorando per porre in essere altra
discarica per il conferimento degli scarti dell’inceneritore.
I sindaci si sono dichiarati disponibili a collaborare, precisando però, che il territorio della Piana e quello complessivo della provincia di Reggio Calabria, devono avere priorità all’utilizzo delle discariche e degli stabilimenti esistenti
sul territorio.
Incomprensibile
“scollamento” fra
i massimi vertici
della Regione e
gli altri poteri
ragionali.
Scopelliti ha
dichiarata la
disponibilità di
Pianopoli ad
accogliere i rifiuti
campani, ma
invece la
discarica viene
addirittura
sequestrata dalla
Magistratura!
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il porto di Gioia Tauro è al capolinea ?
Gioia Tauro : il porto affonda?
Dopo il clamoroso fermo le prospettive restano comunque precarie - Centinaia di
lavoratori per lunghe 30 ore in cassa integrazione per mancanza di navi - Cosa
succede al più grande porto di transhipment del Mediterraneo?
Francesco Russo - Calabria Ora
Il porto di Gioia Tauro si rimette in moto, ma le prospettive per il futuro rimangono estremamente precarie.
Dopo il clamoroso fermo di 30 ore disposto dalla sera di
sabato dal terminalista Mct per assenza di navi in arrivo,
dall’una di ieri notte le attività sono regolarmente riprese
come annunciato dall’azienda.
Ma la preoccupazione e il disagio per la temporanea chiusura, primo caso assoluto nella storia dello scalo, rimangono tutte.
Non tanto, o non solo, per il rilevante danno d’immagine già denunciato “a caldo” dal presidente dell’autorità
portuale Giovanni Grimaldi, ma anche e soprattutto per
l’effettivo stato di salute di un porto che, in teoria, resta
punto di riferimento per il mercato marittimo mondiale,
ma che nella realtà continua a perdere colpi e credibilità
rispetto agli emergenti concorrenti del Mediterraneo, e in
particolare del Nord Africa.
Lo sanno bene gli stessi dipendenti Mct, che con la
contestuale mobilitazione di sabato pomeriggio hanno
lanciato il loro grido di dolore sia alla politica nazionale e
regionale che al livello imprenditoriale.
Una manifestazione spontanea, quella inscenata dalle
maestranze all’ingresso del porto, ma prontamente sostenuta dal livello sindacale seppure con le consuete spaccature tra gli autonomi del Sul e i sindacati confederali.
Le segreterie trasportistiche di Cgil, Cisl, Uil e Ugl intanto, guardano già all’incontro con la dirigenza dell’Mct
che si terrà il prossimo 12 gennaio presso la sede reggina
di Confindustria provinciale.
«Un incontro che avevamo richiesto dal mese di giugno - denuncia Peppe Rizzo della Uil Trasporti - quando
era cominciata la cassa integrazione a rotazione che
ha coinvolto per tredici settimane 900 lavoratori».
Le parti sociali denunciano dunque il non rispetto delle relazioni sindacali da parte di Mct, ma non solo.
«C’è una gestione dirigenziale pessima - prosegue
Rizzo - cosa che non avviene con lo stesso gruppo in
altri porti italiani, dove si registra addirittura un incremento dei traffici».
E poi le responsabilità della politica.
«Nella situazione di Gioia - aggiunge il segretario
confederale della Cgil Piana Nino Calogero - incidono in
maniera pesante alcune scelte del governo nazionale
come la mancata proroga dell’autonomia finanziaria
per l’autorità portuale, che non consentirà più quelle
agevolazioni sulle tasse di ancoraggio che avevano permesso di tamponare gli effetti della crisi mondiale.
Mentre preoccupa, a livello strategico, la scelta di
investire su altri porti italiani, come quello di Trieste.
Gli investimenti su Gioia, intanto, rimangono sulla
carta, come nel caso dei 458 milioni promessi dalla
Regione nell’ambito dell’Accordo di programma quadro firmato a fine settembre con il governo nazionale».
Ancora una volta, dunque, l’impressione di fondo è
che «manchi la volontà politica, e industriale, di far
decollare il porto di Gioia».
Tornando invece all’incontro del 12, è il segretario pro-
vinciale della Fit-Cisl, Nino Sigilli, ad annunciare un’azione
decisa nei confronti del terminalista Mct: «Non accetteremo neppure un’ora di cassa integrazione sulla chiusura
temporanea, decisa peraltro unilateralmente, e soprattutto la dirigenza ci dovrà dire la verità su quali sono le
sue intenzioni su Gioia, visto che già si vocifera di un
possibile passaggio di consegne all’attuale cliente Msc».
I lavoratori chiedono
unità fra i sindacati
Proseguono le divisioni tra gli
autonomi del Sul e le sigle dei
Fr.Ru
- Calabria Ora
confederali
GIOIA TAURO - «Noi l’allarme sulle minori movimentazioni di Msc lo avevamo
lanciato, ma al solito non siamo stati ascoltati». A precisarlo, dopo la clamorosa chiusura del porto per trenta ore consecutive, è
Carmelo Cozza, segretario regionale del Sul
(sindacato unitario lavoratori).
Tradotto: mentre i lavoratori scendono spontaneamente in piazza per protestare contro la
chiusura temporanea del porto, non si placano le “ruggini” tra gli autonomi e i quattro sindacati confederali Cgil, Cisl, Uil e Ugl.
Prese di distanza reciproche che si leggono
tra le righe nei rispettivi comunicati, come
quando il segretario nazionale del Sul, Pronestì,
parla di «sfiducia nei lavoratori in quel sindacato che fino ad oggi ha nascosto la verità ed i pericoli a cui si sta andando incontro», con chiaro riferimento ai sindacati confederali; o come quando, dall’altra parte, questi ultimi non mancano di ricordare la maggiore rappresentatività di 800 lavoratori, la
stragrande maggioranza.
La vera notizia è proprio la manifestazione
spontanea dei lavoratori che scenderanno in
piazza senza alcuna bandiera
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il porto di Gioia Tauro è al capolinea ?
Quella storia senza futuro di
un’opera nata per caso
Bruno Gemelli - Calabria Ora
COSENZA - La crisi del porto di Gioia Tauro mette i anni, e anche, bisogno dirlo, a causa degli imprenditori che
brividi.
hanno messo per primi la bandiera, cercando di custodire
E’ come se, di punto in bianco, chiudesse l’autostrada. gelosamente la prerogativa di avere l’esclusiva commerciaIntendiamoci: non si possono mettere a confronto le.
un’esperienza positiva, qual è il porto del transhipment, e
Legittima per certi aspetti, ma anche penalizzante per
una negativa, qual è l’A3. L’accostamento deriva dal fatto l’intera area giacché il porto guardava e guarda solo il mare
che in 40 anni di vita
che porta sì ricchezza,
regionale, dopo la costrucaspita se porta ricchezza,
zione dell’autostrada,
ma volge le spalle allo sviAll’epoca della costruzione del porto
l’unica opera rilevante fatluppo a terra.
circolava voce che fosse la Nato a volere
ta nella nostra regione è
Intorno all’area portuale
un porto sicuro.
stata la portualità gioiese.
si sono dette tante cose, i
Infatti essa aveva una importante base a
Con una differenza:
vari governi regionali hanGambarie d’Aspromonte e gravitava sul
l’autostrada è arrivata su
no pensato tanti progetti,
porto di Reggio Calabria.
impulso della politica – di
dall’interporto alla logistica,
Tuttavia l’ubicazione del porto di
Giacomo Mancini che la
dal rigassificatore alla piaReggio posto in un “canale” (lo Stretto
stra del freddo, dal nodo fersostenne sino in fondo –
di Messina) lo rendeva molto pericoloso
roviario al coinvolgimento
mentre il porto di Gioia
vulnerabile e neutralizzabile.
dell’area industriale.
Tauro è nato per caso.
Realizzata la nuova struttura la Nato
Un insieme di misure proDiciamo meglio che il
ebbe i suoi insediamenti nell’area
duttive per creare una ricsito nacque per un’intuiportuale di Gioia Tauro. Ma ... dismessa
chezza diretta e indotta da
zione dell’armatore genola base Nato di Gambarie, il porto
far ricadere su tutto il terrivese Angelo Ravano che
dovette cercare nuove utilizzazioni per
torio regionale. Da qui l’afcostruì dal nulla Contship,
cui intevenne Ravano e la sua Contship
fanno dei politici di turno
il colosso della portualità.
che hanno promesso senza
Ravano creò nella lanmantenere granché, anche
da desolata e profumata di
agrumeti un porto in cui far attraccare le grandi navi giramon- perché, tranne il periodo di Prodi, Palazzo Chigi non ha
do, smistando poi il loro carico sulle piccole feeder incari- difeso più di tanto la realtà di Gioia Tauro.
Mentre la politica calabrese (e nazionale) ha cercato,
cate della redistribuzione.
Il porto, dopo il fallimento dell’ipotesi del V° Centro si- qualche volta con lodevole slancio, altre volte con disarderurgico, era stato realizzato lo stesso a supporto di una mante sciatteria, di curare questa realtà senza, però piantacentrale a carbone che i calabresi respinsero attraverso una re paletti fermi e innalzare il tasso di diversificazione delle
produzioni.
prolungata lotta.
In questa sorta di limbo sono sopraggiunti due elementi:
Con Ravano il porto di Gioia Tauro visse la sua favola.
Centro d’eccellenza con le più grandi navi container che il transhipment, la cui esclusiva era appannaggio del
Medcenter Container Terminal (Mct), veniva integrato daltagliano il globo intersecando il porto calabrese.
E così, anno dopo anno, la Medcenter Container Terminal l’arrivo di un’altra società: la Msc di Gianluigi Aponte.
Da quel momento la Contship Italia, che controlla la Mct,
ha inanellato record in volumi di traffico.
All’interno dell’area portuale sono state costruite quat- ha cominciato a disincentivare in Calabria e investire su
tro caserme per mettere al riparo il sito dalla cupidigia Tangeri che è il principale nemico di Gioia Tauro.
A questo si è aggiunta una crisi globale del settore come
’ndranghetista.
La protezione in larga parte è riuscita e sono state nume- descritto da Baltic Dry Index: un complesso indice dell’anrose le operazioni di contrasto ai traffici illeciti (soprattutto damento dei costi del trasporto marittimo e dei noli che
trasportano materie prime.
coca e merce contraffatta) celati dentro i container.
Negli ultimi quattro mesi il valore di questo indicatore si
Dietro i successi del porto c’è stata una classe politica
che ha arrancato, annunciando progetti improbabili, non è pressoché dimezzato nonostante Gioia Tauro abbia chiuper il disciplinare dei suoi contenuti, ma per la mancanza di so il 2010 con volumi leggermente inferiori a quello del 2009.
forza contrattuale con i governi che si sono succeduti negli
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Siamo a ncora un popolo civile?
Auguri di una vita migliore o di ... “miglior vita” ?
1 morto, 500 feriti, 40 gravissimi,
crollata una intera palazzina!
A Rosarno (Reggio Calabria) sfiorata la tragedia: un proiettile vagante di carabina
a lunga gittata perfora i vetri di un balcone e, dopo avere attraversato l’intera
camera da letto, si conficca in un armadio mandando in frantumi lo specchio
Secondo prime informazioni fornite dal 118 di Napoli,
ROMA - Inutili gli appelli alla prudenza.
Il bilancio delle vittime dei botti di fine anno conta un sarebbero due i feriti: un uomo, Salvatore T, 30 anni, con
ustioni di secondo grado in prognosi riservata e un bimmorto e 500 feriti, di cui 44 gravi.
Tra i feriti i minori di 12 anni sono 68 e 59 quelli tra i 12 e bo di 8 anni, Enrico N., che se l’è cavata con una prognosi
di 7 giorni per una ferita lacero-contusa alla coscia: il
i 18 anni.
La regione più colpita, secondo i dati delle forze dell’or- piccolo è gia stato dimesso dai sanitari del Santobono di
Napoli.
dine, è la Campania dove
Turista miracolato a
un uomo è morto a causa
Proviamo ad immaginare cosa
Napoli. Un turista, Darco
di un proiettile vagante.
avremmo detto e cosa si sarebbe
S. di Moncalieri, in comSono 8, in tutta Italia, le
pagnia della fidanzata è
scatenato emotivamente
persone ferite a causa delstato ferito alla tempia da
l’uso sconsiderato di armi
nell’immaginario collettivo se
un colpo vagante di arma.
da fuoco.
questo tremendo bilancio fosse stato
Giunto in ospedale l’uoI ferimenti con armi da
mo - che compirà 29 anni
fuoco sono avvenuti tre in
causato da un terremoto,una
il 22 aprile - è stato sottoCampania, uno in
sommossa, un attentato un gesto
posto a Tac: il proiettile
Calabria, uno in Sicilia,
era ritenuto nelle cavità
inconsulto di qualcuno!
uno in Sardegna, uno in
nasali.
Puglia e uno in Veneto.
Non è accettabile per un popolo
D’improvviso Darco ha
I feriti con prognosi sucivile che possa avvenire una
starnutito e il proiettile è
periore a 40 giorni sono
stato espulso dal naso!
44 mentre quelli meno
strage SOLO per festeggiare il
Catania: 30 feriti di cui
gravi 454.
capodanno!
sei gravi. Trenta persone
Tra i bambini feriti uno,
ferite, sei delle quali in
Possibile che non ci si renda conto
a Milano, è stato colpito
maniera grave: tre di loro,
al basso ventre da un peche gioiere non deve divenire
un 35nne e due 20enni
tardo lanciato da un uomo
dolore per se stessi e per gli altri e
hanno subito, ciascuno,
che è poi fuggito.
l’amputazione totale di
In Calabria, invece,
solo perchè si è voluto trasgredire.
una mano nel centro
una bambina di 8 anni è
Dobbiamo credere allora che
grandi ustionati delstata colpita ad un ocl’ospedale Cannizzaro
quando ci si commuove per eventi
chio.
dove sono ricoverati.
Prima notte dell’anno
dolorosi, che comunque generano
Bari: cinese perde
nel terrore in provincia di
risultati infinitamente inferiori, sia
un’occhio. Sono 13 i feriNapoli: a Crispano un
ti, tre dei quali in modo
uomo, Carmine Cannillo,
tutta una ipocrita finzione da parte
grave, per i botti di fine
39 anni, è stato ucciso da
nostra!
anno nel Barese.
un proiettile vagante.
A Modugno un cittadiA Volla, per lo scoppio
no cinese di 42 anni ha
di un grosso petardo
perso un occhio per
esplode una caldaia in
una palazzina di 6 piani in via Pietro Nenni facendo crol- l’esplosione di un petardo che stava maneggiando nella
sua abitazione.
lare un’intera ala di una palazzina.
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Inutili sono risultati i tentativi dei medici del PolicliniSono quattordici le persone ferite in modo lieve in
co di Bari per salvargli l’occhio.
Calabria a causa dei botti sparati per festeggiare l’arriSempre al Policlinico è ricoverato un ragazzo di 17 vo dell’anno nuovo. A Lungro (Cosenza) una bambina di
anni al quale lo scoppio di un petardo ha provocato l’am- otto anni è stata ferita ad un occhio.
putazione di tre dita della mano sinistra.
A Lametia Terme un uomo è stato colpito di striscio
Milano: grave bambino di 11 anni. Undici feriti, tra alla nuca da un colpo di pistola.
cui un bambino che ha riportato una grave lesione, è il
Ha perso due dita della mano destra il 20enne di
bilancio dei botti di fine anno nel capoluogo lombardo. Sambuceto, F.M., che nella nottata si è recato al pronto
L’episodio più grave è avvenuto prima di mezzanotte soccorso dell’ospedale di Pescara.
in via Ricciarelli, nella zona ovest di Milano, quando,
All’origine del grave incidente i consueti botti di fine
alle 23,45, un bambino di 11 anni stava festeggiando per anno.
strada con i genitori e diversi altri amici sotto il palazzo
Roma, chirurgo del Cto: una Caporetto. «Quest’anno
Stare nella propria camera da letto e rischiare di morire perchè alle 18,30 una
pallottola entra dalla finestra e percorre ad altezza d’uomo l’intera area della stanza
come avvenuto a Rosarno, ha dell’inconcepibile!
Lo specchio frantumato dalla pallottola
in cui vivono.
Un uomo, che poi è scappato, ha gettato un petardo
che ha colpito il ragazzino al basso ventre, esplodendo e
procurandogli delle gravi lesioni alla zona inguinale.
Il ragazzino è stato ricoverato all’ospedale Buzzi.
Sono 24 le persone rimaste ferite a causa dei botti di
Capodanno a Salerno ed in provincia e che hanno dovuto far ricorso alle cure dei sanitari.
Il ferito più grave è ricoverato in prognosi riservata
all’ospedale di Mercato San Severino.
E’ un 38enne che ha riportato ferite lacero contuse ad
una mano a causa dello scoppio di un petardo con sospetta lesione delle falange di due dita.
Nel capoluogo sono 7 i feriti, tra cui un ragazzino romeno di 12 anni che ha riportato lo sfacelo traumatico
della mano sinistra.
Il ragazzo che ha raccontato di aver rinvenuto un petardo per strada, esplosogli improvvisamente in mano.
Bologna: amputata mano a quarantenne. Un uomo di
quarant’anni ha riportato l’amputazione di una mano a
causa dell’esplosione di un petardo a Castiglione dei
Pepoli, sull’Appennino bolognese.
Il foro d’ingresso prodoto dalla pallottola
nel vetro della finestra ad una altezza di
circa 1 metro e 60 cm (altezza della testa
di un uomo!)
per le conseguenze dei botti a Capodanno è stata una
caporetto, a differenza dello scorso anno».
Lo afferma il dottor Dante Palombi del centro chirurgia della mano dell’ospedale Cto di Roma. «Il caso più
grave - ha raccontato il chirurgo - è quello di un giovane
di 28 anni di Albano che l’ampiezza e la profondità delle
lesioni riportate rischia di perdere una mano».
Oltre 200 interventi dei vigili del fuoco: è questo il
bilancio della centrale operativa dei pompieri dopo la
notte di San Silvestro, a Roma.
È di 14 feriti, nelle Marche, fra cui un bambino di 7
anni ustionato ad una mano e due ragazzi di 13 e 16 anni,
il primo bilancio degli incidenti legati ai botti di Capodanno nelle Marche.
I più gravi sono un tredicenne di Arcevia, medicato in
ospedale a Senigallia per una ferita ad un occhio causata dallo scoppio di un petardo (20 giorni di prognosi), e
un giovane di 25 anni di Offida (Ascoli Piceno), vittima
di un incidente analogo.
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Rispetto degli altri Credo religiosi non
significa averne solo per gli altri, ma
anche gli altri verso noi
Aspro ed irriguardoso attacco al Papa dall’imam di Al Azhar
Fausto Galzelli - Gazzetta del Sud
IL CAIRO - Il giorno dopo il sanguinoso attentato di
Alessandria cresce in Egitto la collera dei copti, che sono
scesi in strada anche nella capitale ingaggiando scontri
con la polizia e hanno cercato di dare l’assalto all’auto del
grande Imam di Al Azhar – una delle massime autorità religiose islamiche del Paese – che si era recato a porgere le
condoglianze al patriarca copto Shenuda III.
Proprio dal grande Imam – che è nominato dal presidente
Hosni Mubarak – è giunto ieri un aspro attacco a Benedetto XVI: riferendosi alle parole del Pontefice sulla necessità
di difendere i cristiani, Ahmed el Tayyeb le ha definite un
«intervento inaccettabile negli affari dell’Egitto».
Perché il Papa «non ha chiesto la protezione dei
musulmani quando venivano massacrati in Irak?» ha poi
chiesto, denunciando «una visione sbilanciata su
musulmani e cristiani che rischiano di essere uccisi in
tutto il mondo».
L’intervento di sheikh El Azhar è giunto in una giornata
di acuite tensioni.
Migliaia di copti sono scesi in strada al Cairo e hanno
occupato quasi un chilometro di lungo Nilo: scandendo
slogan contro la «mancanza di polizia», invitando alla «vendetta» e reclamando «l’uguaglianza con i musulmani», hanno cercato di sfondare il cordone della polizia vicino al
ministero degli Esteri.
Negli scontri dieci manifestanti sono rimasti feriti.
I cristiani, che sono fra il 6 e il 10% dei circa 80 milioni di
egiziani appaiono sempre più esasperati: molti, rilevano fonti
egiziane, non hanno gradito che inquirenti e politici abbiano subito cercato di addossare a esterni la responsabilità
dell’attentato, come ieri hanno detto anche il Ministero dell’Interno e lo stesso presidente Mubarak.
Ieri la TV satellitare Al Jazira, che ha dato la notizia dei 17
arresti per l’attentato (21 morti) ha riferito che gli investigatori egiziani seguono ora la pista di «un gruppo radicale
locale» ma «guidato dall’estero».
Sulla strage grava infatti l’ombra di al Qaida, la cui ala
irachena aveva minacciato all’inizio dello scorso novembre
di colpire la comunità copta a causa di una intricata vicenda con al centro due cristiane che sarebbero state «tenute
prigioniere» in monasteri perchè convertitesi all’Islam.
Intanto, anche in vista del prossimo Natale ortodosso il
7 gennaio, è stata rafforzata la sicurezza intorno alle chiese.
Un anno fa in alto Egitto otto cristiani furono falciati a
colpi d’arma da fuoco all’uscita di una chiesa proprio la
notte di Natale.
Lo sfogo di Frattini: l’Unione
europea intervenga in difesa
della libertà religiosa
Cristina Ferrulli
ROMA - Il giorno dopo la strage di Alessandria
d’Egitto, l’Italia fa sentire la sua voce affinché l’Unione Europea intervenga in difesa della libertà religiosa e prenda posizione contro l’escalation di violenza
che colpisce i cristiani.
Il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha chiesto
una discussione politica al prossimo Consiglio dei
Ministri degli esteri dell’Unione europea del 31 gennaio e a suo sostegno il Pd annuncia una mozione
per chiedere l’intervento in Aula del titolare della
Farnesina «affinché il governo abbia un forte appoggio nelle iniziative urgenti da prendere». Sgomenta e
preoccupa la politica l’attentato che, nella notte di
Capodanno, ha provocato la morte di 21 cristiani
copti in Egitto.
Un’escalation di violenza che, sostiene Frattini, va
fermata senza «alcuna ambiguità nella lotta a chi
mette in discussione con minacce, attentati, stragi
libertà fondamentali come quella di culto».
E, al di là degli impegni dei singoli stati, è fondamentale che scenda in campo l’Unione Europea che,
incalza il Ministro degli Esteri, «ha posto la primazia
dei diritti individuali alla base dei suoi principi
costituzionali, deve essere in prima linea in questa battaglia».
Una richiesta, dunque, che arriva dal Governo italiano ma anche dagli Eurodeputati di maggioranza e
dell’opposizione.
Le delegazioni Pdl e Pd hanno presentato una ri-
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soluzione comune, a firma Mario Mauro (Pdl) e possiamo consentire che venga violato in modo
Gianni Pittella (Pd) a Strasburgo e chiedono «al- sistematico.
l’Alto rappresentante della politica estera delDunque nelle prossime ore presenteremo anl’Unione, Catherine Ashton, di intervenire per far che una mozione in Parlamento affinché il governo abbia un forte sostegno nelle iniziative
urgenti da prendere».
“Bisogna fermare con ogni mezzo i tanti
pogrom che stanno minacciando i cristiani in tutto il medio oriente”, lo dichiara Gianni Vernetti di
Alleanza per l’Italia.
L’obiettivo del terrorismo di matrice islamista
– afferma Vernetti – è quello di cacciare dalle terre del medio oriente le comunità cristiane che
da duemila anni le popolano.
In Irak, come in Egitto vengono colpiti civili
inermi spesso durante una funzione religiosa.
Ritengo gravissimo – conclude Vernetti – il silenzio dell’Europa: dov’è finita la signora
Ashton?
Non si può tacere di fronte a crimini che rischiano di cambiare l’intera geografica del medio oriente con un possibile esodo in massa dei
cristiani».
sentire la voce dell’Europa, con azioni concrete
Dal canto suo, la presidente della Regione Lazio,
e non solo con enunciazioni di principio».
Renata Polverini,ha dichiarato: «La Regione Lazio
Iniziativa che trova appoggio bipartisan anche da- è pronta a sostenere iniziative in difesa della crigli europarlamentari confluiti nel Fli.
stianità in risposta al feroce attentato che in EgitMa è possibile che l’Italia si muova anche auto- to ha provocato la morte di tanti fedeli.
nomamente dall’Ue.
Ci rivolgiamo al mondo religioso e laico perFrattini auspica che il Parlamento si riunisca pre- ché con le istituzioni, in uno spirito unitario, si
sto per avere un mandato forte nell’impegno al ter- faccia sentire forte la voce e il sostegno a tutti i
rorismo religioso.
cristiani che nel mondo ancora vengono perseAl Senato il presidente dei senatori Pdl Maurizio guitati.
Gasparri chiederà che «sulle incredibili persecuLa strage in Egitto – ha aggiunto Polverini – è
zioni, che i cristiani stanno subendo in varie par- una ferita dolorosa e profonda per tutta la coti del mondo, il Parlamento italiano torni a pro- munità cristiana.
nunciarsi al più presto».
Dobbiamo chiedere con forza da Roma e dal
E i cattolici del Pd annunciano una mozione per Lazio che si ponga fine all’intolleranza e alla viosostenere la battaglia del Governo italiano.
lenza nel nome della pace, del dialogo e del ri«La libertà religiosa è – afferma Giuseppe spetto della libertà religiosa».
Fioroni – un diritto fondamentale dell’uomo e non
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S i c u r e z z a
s u l l e
s t r a d e
Minicar, un nuovo incidente scatena
la polemica sulla loro sicurezza
Roberta Guidi - Gazzetta del Sud
ROMA - Ancora un incidente a bordo di una minicar.
Ad essere coinvolte sono state questa volta due ragazze
di 15 e 16 anni che ieri notte, a Roma, sono rimaste ferite a
seguito di uno scontro con una Opel, guidata da un uomo
di 50 anni.
Per questo incidente la Procura della Repubblica svolgerà accertamenti.
La minicar sulla quale viaggiavano le due minorenni è
andata distrutta è le due giovani sono state trasportate in
ospedale: a riportare conseguenze più gravi, la ragazza di
16 anni, ricoverata in prognosi riservata al Sandro Pertini.
La ragazzina di 15 anni, invece, è stata portata in codice
giallo all’Umberto I°.
Ferito in modo lieve il conducente dell’altra auto.
A prestare i primi soccorsi è stata un’infermiera che si
trovava in un locale vicino al luogo dell’incidente, il cui
intervento è stato determinante per portare in salvo la
ragazza rimasta ferita in maniera più grave.
Le minorenni, sbalzate dall’auto, sono state trovate distese sull’asfalto.
La microcar è praticamente andata in pezzi: a seguito
dell’impatto, il motore è finito su uno spartitraffico, dopo
aver danneggiato anche tre auto in sosta.
Da tempo gli inquirenti di piazzale Clodio stanno esaminando le conseguenze degli incidenti in cui siano coinvolte le auto predilette dai minorenni e da chi deve fare i conti,
specie nelle grandi città, con i parcheggi.
Per questo motivo è stato aperto un fascicolo processuale
dai PM Laura Condemi e Lina Cusano, per il momento contro ignoti, riguardante i sistemi di sicurezza e le modalità di
omologazione delle minicar e il loro rispetto da parte delle
case produttrici.
A sollecitare un accertamento a 360 gradi sono stati i
risultati di due consulenze tecniche disposte in seguito ad
altrettanti incidenti in cui sono morti due minorenni: in entrambi i casi i mezzi – è la versione degli esperti – erano privi
dei più elementari, e necessari, sistemi di sicurezza.
Non accetta la criminalizzazione delle minicar Stefano
Casalini, presidente del Gruppo Quadricicli di Confindustria Ancma: «Proprio per Roma, Confindustria Ancma
ha preparato già da 5 mesi un protocollo di sicurezza per
le Minicar ma, purtroppo, il Comune ne ha sempre rinviato la firma».
- Troppo veloci,
- Troppo leggere,
- La carrozzeria in
lastica offre poca
protezione
- Per guidarle si
dovrebbe essere in
possesso di una
patente
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RC Auto : il Governo vuole
“calmierare” le tariffe
La liberalizzazione del settore avrebbe dovuto portare ad un
vantaggio per gli automobilisti, invece le compagnie hanno fatto
cartello in proprio favore ed in danno dell’utenza!
n. a. - Gazzetta del Sud
ROMA - I prezzi dell’Rc Auto sono «inammissibili» e il governo intende agire in fretta per arrivare a
una «sensibile riduzione».
Parola del Ministro dello Sviluppo economico,
Paolo Romani, che dopo l’incontro con Ania e Isvap,
individua in una proposta di legge che giace in Parlamento il veicolo giusto per centrare l’obiettivo,
agendo soprattutto attraverso il contrasto delle frodi.
L’incontro con l’associazione che riunisce le compagnie assicuratrici e con l’Autorità di settore era
stato sollecitato dallo stesso Romani dopo che
l’Isvap, la scorsa settimana, aveva scritto una lettera
a Governo e Parlamento proponendo un pacchetto
di misure messe a punto per arrivare a una riduzione
delle tariffe del 15-18% nel medio periodo.
Tra le proposte, il trattamento delle macro e micro
lesioni e il contrasto alle frodi, ritenute una vera e
propria piaga.
«Il governo – ha spiegato Romani al termine del
tavolo – ritiene inammissibile che il costo medio
dell’Rc Auto sia di 400 euro, contro i 200 del resto d’Europa, per questo sono stati stabiliti alcuni punti su cui lavorare» per una riduzione sensibile che vada nella direzione descritta dall’Isvap.
Lo strumento individuato per intervenire con rapidità è una proposta di legge che è già in commissione Finanze: si tratta della proposta 2699-ter, che è il
risultato di una serie di accorpamenti di altri progetti
di legge (che vedono tra i firmatari anche esponenti
dell’opposizione) e che prevede l’”istituzione di un
sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo”. Il governo, ha annunciato Romani, potrebbe «avallarla come governo, in accordo con le
opposizioni, per fare un ragionamento complessivo».
Per questo il ministro incontrerà la prossima settimana i Parlamentari che lavorano alla proposta.
E’ inconcepibile
che una tassa
imposta dalle
Leggi dello Stato
sia poi lasciata ad
libidum di società
private per la
quantificazione.
Quantomeno lo
Stato abbia una
propria
compagnia
calmieratrice che
potrà essere
scelta o meno
dagli utenti
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E c o n o m i a
L’ AD del lingotto: «siamo capaci di produrre vetture anche senza la Fiom»
Le due Fiat decollano in Borsa
Ultimatum di Marchionne su Mirafiori
Ultimatum di Marchionne su Mirafiori - “Fiat Industrial” ha chiuso in crescita del
3,05%, Fiat spa al 4,91%, miglior titolo del paniere
MILANO - I dati sulle immatricolazioni delle auto
restano negativi nel 2010 ma la Fiat, con il nuovo
assetto societario, è comunque partita bene in Borsa.
E’ stato infatti positivo il debutto in Piazza Affari di
Fiat Industrial, la società scissa da Fiat spa che raggruppa le attività nei camion (Iveco), macchine agricole e movimento terra (Cnh): il titolo ha chiuso le
contrattazioni del primo giorno di quotazione in crescita del 3,05% a 9 euro netti.
Ancora meglio ha fatto Fiat spa, che è salito del
4,91% a 7,02 euro segnalandosi come il miglior
titolo del paniere principale della Borsa di Milano.
Il listino generale di Piazza Affari ha chiuso in crescita dell’1,30% e sono stati forti i titoli dell’auto in
tutta Europa, spinti da Porsche, salita di circa il 15%
dopo che negli Stati Uniti è stata rigettata una causa da due miliardi di dollari contro la casa tedesca.
NEL 2010 LE IMMATRICOLAZIONI SCESE DEL 16,73% Restano invece negativi i dati sulle immatricolazioni: nel 2010 quelle di Fiat Group Automobiles in
Italia sono scese del 16,73% a 589.195 unità, contro le 707.591 unità del 2009. Nel solo mese di dicembre, invece, le vendite del gruppo torinese hanno subìto una flessione del 26,43% a 38.668 immatricolazioni, contro le 52.562 del dicembre 2009. A
novembre FGA aveva immatricolato 41.376 unità,
subendo un calo del 26% rispetto allo stesso mese
del 2009.
ALLA BORSA PIACE LA FIAT “DIVISA”
di Giacomo Ferrari
L’APERTURA - Fiat Spa aveva avviato le quotazioni a Piazza Affari scambiando a 6,95 euro per azione.
La parte Industrial del Gruppo del Lingotto in apertura era invece a 9,025 euro.
Buoni gli scambi, con volumi per 5,3 milioni di pezzi
su entrambi i titoli.
Entrambi i titoli hanno subìto uno stop dopo l’apertura per eccesso di volatilità, per poi riprendere le
quotazioni.
Ma oltre al giorno della Fiat è stato anche il giorno
dell’AD del Lingotto Sergio Marchionne che nel suo
discorso in Borsa ha chiarito: «Se non passa il referendum salta l’investimento di Mirafiori».
MIRAFIORI - «Se il referendum di Mirafiori ha proseguito - raggiungerà il 51% andremo avanti
con il nostro progetto.
La gente si deve impegnare a fare le cose.
La Fiat non ha lasciato fuori nessuno - ha detto
ancora Marchionne - se qualcuno ha deciso di non
firmare, non significa che io abbia lasciato fuori
qualcuno.
La Fiat ha bisogno di libertà gestionale e non
può essere condizionata da accordi che non hanno più senso la Fiat è capace di produrre vetture
con o senza la Fiom» ha chiosato l’AD del Lingotto.
FIOM - Un’affermazione quest’ultima che provocava la reazione immediata della Fiom: «La Fiat è
capace di produrre vetture con o senza la Fiom ...
certo, anche senza la Fim e la Uilm, perchè le vetture le fanno i lavoratori»; così replica il segretario
generale dei metalmeccanici della Cgil, Maurizio
Landini, alle parole dell’amministratore delegato del
Lingotto, Sergio Marchionne.
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«Ma ai lavoratori si stanno limitando i diritti»,
aggiunge Landini, rivolgendosi quindi a Marchionne:
«Pensa davvero che le sue fabbriche possano funzionare senza consenso?
Pensa che l’intelligenza delle persone è a comando, è sotto ricatto?
Questa è una gestione autoritaria e
antidemocratica».
PIANO - Ma l’AD del Lingotto non ha toccato
solo i temi del rapporto con i sindacati.
«È veramente offensivo il fatto che bisogna vedere i punti
specifici del piano di Fabbrica
Italia, ha aggiunto Marchionne a
chi gli chiedeva chiarimenti sul
suo progetto, non ho chiesto allo
Stato, ai sindacati di finanziare niente - ha proseguito il manager - è la Fiat che sta andando in giro per il mondo a raccogliere i finanziamenti necessari per portare avanti il piano.
Andate in giro, voi e i sindacati, a raccogliere i soldi.
Chiedere a Fiat di svelare i dettagli del piano ha quindi rincarato
Marchionne - lo trovo ridicolo.
Vogliono vedere il resto degli investimenti?
Ma che scherziamo?
Sono appena tornato
dal Brasile, dove ho
inaugurato con l’ex presidente Lula una fabbrica a Pernambuco - ha ricordato -, non si sarebbe
mai permesso qualcuno
in Brasile di farsi dare i
dettagli dell’investimento: non lo fa nessun altro
paese del mondo.
Smettiamola di comportarci da provinciali - ha
poi affermato -, quando serviranno gli altri 18 miliardi del piano li metteremo».
VALORIZZAZIONE - «Abbiamo il dovere di
stare al passo coi tempi e di valorizzare tutte le
nostre attività, ha spiegato ancora Marchionne, di
fronte alle grandi trasformazioni in atto nel mercato - ha detto ancora - non potevamo più continuare a tenere insieme settori che non hanno nessuna caratteristica economica e industriale in comune.
Questo è un momento molto importante per la
Fiat, perchè rappresenta allo stesso tempo un punto di arrivo e un punto di partenza».
Il risultato della gestione ordinaria di Fiat Industrial
«aumenterà in modo significativo, con un target
di 3,3 miliardi di euro nel 2014.
L’ebitda industriale passerà da circa 1,4 miliardi
a 4,1 miliardi nel 2014” ha aggiunto Marchionne.
Il Presidente di Fiat Industrial ha spiegato che la
scissione del gruppo Fiat è stata decisa «per rispondere a una logica di crescita di autonomia e di
efficienza.
L’identità di un’azienda non sta in una ragione
sociale, sta nelle persone che ci lavorano, in un
preciso momento e con precisi obiettivi».
CHRYSLER
Marchionne ha poi spiegato che Fiat potrebbe salire al 51% di Chrysler già
nel 2011, possibilità che
sarebbe più concreta con
la quotazione in borsa del
gruppo americano nel
corso dell’anno.
«Sì, ci stiamo pensando, ci pensiamo sempre
anche nel 2011, ha detto Marchionne, se
Chrysler andrà in borsa nel 2011 dovremo pensare a una accelerazione dell’opzione per l’aumento della partecipazione in Chrysler», ha aggiunto Marchionne.
L’accordo siglato da Fiat prevede una opzione per
salire al 51% di Chrysler da esercitare tra il 2013 e il
2016.
L’intesa prevede anche che Fiat possa salire al 51%
prima del periodo, sempre che il gruppo abbia pagato
tutto il debito che ha con il Governo americano.
RAPPORTI CON CONFINDUSTRIA L’uscita da Confindustria di Fiat, «la vedo come possibile, ma non probabile, ha detto Marchionne, Fiat
non può continuare - ha aggiunto - ad essere condizionata».
Marchionne
afferma categorico:
Se al referendum
non avremo il 51%,
la FIAT è pronta ad
investire all’estero!
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Il terrorista italiano, condannato
all’ergastolo si rifugia in Brasile
che nega l’estradizione
La nuova Presidente, Rousseff, non commenta la decisione del suo predecessore Lula, ma il suo ministro l’ avalla
Gazzetta del Sud
BRASILIA - Primo giorno di lavoro per la nuova Presidente del Brasile, Dilma Rousseff, che non si è pronunciata
sul diniego all’estradizione in Italia di Cesare Battisti deciso dal suo predecessore Lula, misura che è invece stata
avallata in pieno dal suo ministro alla giustizia, Josè Cardozo.
Dopo la festa per l’insediamento, la Rousseff si è subito
messa al lavoro incontrando diversi leader e personalità
internazionali.
La vicenda giudiziaria di
Cesare Battisti,
superlatitante degli anni
di piombo
Roberto Martinelli
A seguito dell’annuncio di Lula, l’ultimo dell’anno, di
lasciare l’ex terrorista rosso in territorio brasiliano (libero!),
e del successivo cortocircuito diplomatico Roma-Brasilia,
Dilma ieri non ha detto una parola sul caso.
Ma il “dossier Battisti” rimane tra le inevitabili priorità
del suo governo, come dimostrano le dichiarazioni fatte da
alcuni suoi ministri e consulenti.
A parlare è stato per esempio il Ministro della Giustizia
Josè Cardozo, il quale ha assicurato di “non aver alcun
dubbio” sul fatto che Lula abbia fatto il giusto.
«Ha agito in stretta consonanza con il nostro diritto e
con quanto aveva manifestato il Supremo Tribunal
Federal», ha detto Cardozo, precisando di essersi convinto di ciò «dopo aver letto il parere dell’ Avvocatura generale dello Stato», che giorni fa aveva consigliato Lula di
lasciare Battisti in Brasile.
E d’altra parte, fanno notare fonti locali, l’Avvocato generale Luis Inacio Lucena Adams è stato confermato nell’
incarico dalla Rousseff.
Il Ministro degli esteri Antonio Patriota ha da parte sua
sottolineato di aver apprezzato la presenza dell’ambasciatore italiano ad un incontro organizzato ieri in onore a Dilma
al Ministero degli esteri: «È stata, ha rilevato, una manifestazione di desiderio dei due paesi per proseguire i propri rapporti ed enfatizzare le convergenze e un’agenda
costruttiva».
Stessa posizione anche da parte di Marco Aurelio Garcia,
“super-consulente” di Brasilia per gli affari esteri, sia con
Lula sia con la Rousseff.
Garcia ha allo stesso tempo precisato di non essere «preoccupato» da un eventuale ricorso di Roma presso la Corte
internazionale di giustizia dell’Aja.
Ricordate la vicenda di Cesare Battisti?
La sua vicenda giudiziaria ha tenuto banco per
mesi sulle cronache non solo italiane.
L’ex leader dei Proletari Armati per il Comunismo, uno dei superlatitanti degli anni di piombo fuggito dall’Italia e rifugiato in Francia, fu arrestato a
Parigi ed era in procinto di essere estradato in Italia
per scontare i diversi ergastoli a lui inflitti dalla giustizia italiana.
Cesare Battisti, infatti, è stato condannato con
sentenze definitive all’ergastolo e ad un periodo di
isolamento diurno, oltre che per banda armata, rapine, armi, gambizzazioni, per ben quattro omicidi:
in due di essi (omicidio del maresciallo degli allora
Agenti di Custodia Antonio Santoro, Udine 6 giugno 1978; omicidio dell’agente Andrea Campagna,
Milano 19 aprile 1979), egli sparò materialmente in
testa o alle spalle delle vittime; per un terzo (Lino
Sabbadin, macellaio, ucciso aMestre il 16 febbraio
1979) partecipò materialmente facendo da copertura armata al killer Diego Giacomini; per il quarto
(Pieluigi Torregiani, Milano 16 febbraio 1979) fu
condannato come co-ideatore e co-organizzatore.
Gli omicidi Sabbadin e Torregiani, infatti, furono
compiuti a distanza di un’ ora l’uno dall’altro, nello
stesso giorno (16 febbraio 1979, appunto, a pochi
giorni dagli omicidi di Guido Rossa ed Emilio
Alessandrini), perché responsabili, secondo “la giustizia proletaria”, di avere reagito a rapine che avevano subito poco tempo prima.
Furono uccisi perché mai avrebbero dovuto reagire ai proletari costretti alle rapine per sopravvivere.
La stessa organizzazione (Proletari Armati per il
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Comunismo, Pac), di cui Battisti era uno dei capì,
organizzò i due omicidi in contemporanea per darvi
maggior risalto: un gruppo agì a Mestre (tra essi
Battisti), un altro a Milano.
Battisti, dunque, avrebbe dovuto essere estradato
in Italia per finire nelle patrie galere e scontare le
giuste pene inflittegli per i suoi agghiaccianti omicidi.
Sennonché, nel marzo 2004 la Chambre
d’Instruction della corte d’Appello ha accolto la richiesta di rilascio avanzata dai legali dell’italiano rifugiato dal 1990 in Francia, ritenendo i magistrati
parigini che vi fosse il pericolo di fuga dell’assassino.
Di fatto, Cesare Battisti è latitante perché ha lasciato la Francia.
Il terrorista manca all’appello ‘’almeno da sabato
14 agosto 2004, data della sua ultima firma al servizio di controllo giudiziario di Parigi”.
Una vergogna: a un terrorista assassino, giudicato
colpevole con sentenze passate in giudicato, è stato
permesso di fuggire e non pagare per gli omicidi
commessi!
Come appartenenti alle Forze dell’Ordine e cittadini dell’Europa non possiamo che rimanere
esterefatti ed amareggiati di fronte alla campagna di
opinione che, in Francia, è stata scatenata intorno
alla vicenda.
Ne sono stati protagonisti non solo e non tanto i
latitanti italiani che vivono in Francia ormai da molti
anni, ma giornali autorevoli (Le Monde in testa), la
lobby degli scrittori di sinistra (molto potente Oltralpe) ed una vasta area di “intellettuali”, di politici e di
amministratori locali: tutti costoro hanno sostenuto
che la condanna di Cesare Battisti fu frutto dell’azione
della magistratura italiana italiana allineata alle logiche emergenziali dell’epoca, che quella sentenza è
figlia di una giustizia applicata senza rispetto per le
garanzie dei cittadini e che la cattura dell’estradando
- dipinto più o meno come un eroe senza macchia e
senza paura - è un favore che il governo francese
avrebbe inteso rendere al governo Berlusconi.
Per chi ha vissuto quegli anni operando nel settore
del terrorismo, vedendo i colleghi e tanti cittadini inermi cadere sotto il piombo delle Br, di Prima Linea e
di altri gruppi di folli criminali, queste giornate di ‘revisione storica’ del recente passato del nostro Paese sono deludenti e tristi: sembra di essere tornati
indietro di 20/25 anni e di rivedere e risentire quanti
(tra loro, persino alcuni magistrati stessi!) accusavano la magistratura di derive autoritarie ed
antidemocratiche.
Da qualche tempo è uscito nelle librerie francesi
un libro («Génération Battisti», edizioni Plon) del
giornalista Guillaume Perrault che denuncia i pregiudizi e gli abbagli della sinistra francese e l’arroganza
dei sessantottini sul caso del terrorista italiano chiamato Battisti.
Lo hanno descritto molto bene Massimo Nava
sul Corriere della Sera e Daniele Zappalà su Avvenire.
Come un turista della politica, il giovane cronista
si avventura in un mondo esotico e sconosciuto, dove
le categorie del pensiero e della morale comune rispondono a logiche diverse e gli ideali ad un sogno
rivoluzionario incompiuto (il Sessantotto), a un trauma della società civile (l’affare Dreyfus), a un riflesso culturale (il Jean Valjean dei Miserabili ).
È un mondo di ciechi che vedono un’altra realtà,
d’intelligenti che spiegano senza capire, di politici che
agiscono senza sapere, di parole che hanno un altro
significato, di bugie così radicate e convinte da sembrare persino oneste.
Questo mondo è la Francia del 2004, dove un
caso di estradizione - persino banale nella sua dimensione giudiziaria (un ex terrorista ricercato e condannato per quattro omicidi) - è diventato affaire
politico, disputa intellettuale, lacerante questione etica fra due sinistre, quella francese (contraria all’estradizione) e quella italiana (favorevole).
Nei panni dell’esploratore che prova a capire il
proprio Paese e che conclude il viaggio con tante
scuse agli amici italiani, Guillaume Perrault, giornalista del Figaro, ripercorre l’affaire Battisti, l’ex terrorista rifugiato in Francia, protetto da un’interpretazione disinvolta della cosiddetta «dottrina
Mitterrand» - l’impegno dell’ex presidente a dare
ospitalità ai ricercati dalla giustizia italiana negli anni
di piombo - reclamato dal governo Berlusconi e
datosi alla fuga dopo la sentenza della magistratura
francese che riconobbe la legittimità della richiesta
di estradizione.
Cesare Battisti, evaso dal carcere e arrivato in
Francia negli anni Novanta, non è un terrorista qualsiasi, collocabile in quella linea d’ombra che divide
le responsabilità penali dal ravvedimento e dalla liquidazione morale di anni vissuti pericolosamente.
È « anche» uno scrittore di successo, libri gialli
pubblicati dalla prestigiosa Gallimard. È «anche»,
senza dubbio, un uomo che ha cambiato vita e che
in Francia ha messo su famiglia. È « anche», a suo
modo, lo specchio deformato delle passioni e dei
sogni di una generazione che ha rinnegato gli atti senza
fare i conti con le motivazioni degli atti stessi.
Perciò è più difficile accettare di vederlo in ma-
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nette, rispondere alla domanda di giustizia delle vittime, sottomettersi ad una resa dei conti comunque
tardiva.
Meglio rispolverare lo spirito rivoluzionario della
giovinezza, innescare campagne di solidarietà, manifestare e cantare davanti al carcere dove l’«eroe»
appare con il pugno al cielo. E soprattutto, confinare la coscienza civile italiana, la lotta popolare al terrorismo (sconfitto dalla gente e non da una svolta
autoritaria, come si crede a Parigi) e il lavoro dei
giudici in una minestra ideologica che mescola anni
di piombo e Berlusconi, leggi speciali e derive democratiche.
Così, nel corto circuito della memoria e della politica, si compie - come scrive Perrault - la farsa tragica in cui si agitano scrittori e intellettuali del calibro
di Philippe Sollers, Daniel Pennac, Bernard-Henri
Lévy e politici di primo piano come il sindaco di
Parigi, che mette Battisti «sotto la protezione della
città», o come il segretario socialista Hollande, che
va a trovare l’ex terrorista in carcere.
Si mobilitano sindacati, circoli culturali, associazioni, movimenti.
Il coro di solidarietà è quasi unanime sulla stampa,
con qualche voce isolata sul Figaro e un tardivo ravvedimento da parte di Le Monde.
Secondo l’attenta ricostruzione di Perrault, circolano anche menzogne deliberate, interpretazioni di
comodo dei processi (come la falsa tesi che Battisti
sarebbe stato condannato solo sulla base della testimonianza di pentiti), pregiudizi sulla «dottrina
Mitterrand» (che non disse mai di voler ospitare terroristi macchiatisi di fatti di sangue).
Ma in generale - più delle falsificazioni di comodo
- pesano l’ignoranza della vicenda giudiziaria e una
lettura ideologica e romantica.
Le polemiche che il giornalista riapre non riguardano tanto la manipolazione di alcuni, ma la buona
fede di molti, ovvero l’adesione acritica ad un caso
giudiziario trasformato in caso di coscienza.
«Non difendo Battisti, ma la giustizia, l’Italia,
l’Europa», scrive ad esempio Bernard-Henri Lévy.
Nelle raccolte di firme e nelle dichiarazioni pubbliche di solidarietà, Battisti-Dreyfus sembra dunque la vittima di tre svolte autoritarie combinate fra
loro in epoche diverse: l’Italia «cilena» degli anni
Settanta, l’Italia di Caselli e Berlusconi e la Francia
di Chirac e Sarkozy che rinnega quella di Sartre e
Mitterrand. Il tutto con la beffa finale, perché Battisti-Dreyfus saluta i compagni della rive gauche in pena
per lui, elude abilmente i poliziotti che lo seguono
sulla metropolitana e sparisce. «Così forse sono
contenti tutti, l’imbarazzo è risolto, ma l’accumulo di negligenze resta inspiegabile», annota
Perrault.
Il cronista-esploratore è naturalmente convinto
della colpevolezza di Battisti, della correttezza formale della magistratura italiana e dell’analisi della
nostra sinistra sul caso, ma non è questa la parte più
stimolante della sua esplorazione.
Perrault si spinge con coraggio e disincanto nel
territorio francese del «politicamente corretto», nei
meandri delle false coscienze di una generazione che
ha come riferimento identitario «l’aver fatto il
Sessantotto» e che ha conquistato posti di potere e
responsabilità in tutti gli ambiti della società senza
metabolizzare il proprio bagaglio ideologico.
Al di là del caso Battisti, i risultati sono l’arroganza di chi si sente depositario di verità, il protagonismo
narcisista, la delegittimazione di chi la pensa diversamente, la presunzione di dar lezioni di morale e
cultura a tutti, il professionismo della petizione, la
supponenza nazionalistica di rappresentare l’«unica»
patria dei diritti dell’uomo.
Vizi e atteggiamenti che mortificano il riformismo
e il rinnovamento pragmatico della sinistra francese.
«Non potendo fare la rivoluzione nel proprio
Paese, si continua a sognarla altrove.
Continua ad esistere il bisogno di provare a se
stessi di essere sempre di sinistra e di non essersi
allontanati da un ideale», nota nella prefazione un
lucidissimo e anziano intellettuale socialista: Gilles
Martinet, ex ambasciatore in Italia.
«L’abbaglio è colossale e continua», insiste
Perrault, il quale nota con amara ironia che il primo
a raccontarlo, fra le righe di vicende autobiografiche, è proprio Cesare Battisti.
Bastava leggere i suoi romanzi di successo.
C’è da augurarsi che presto il libro venga tradotto
anche in Italia, dove non sono mancati – anche qui!
– gli omologhi italiani di quella classe di intellettuali
(sic!) e di esponenti del politically correct francese
che hanno ‘santificato’ Cesare Battisti e mortificato
la memoria delle persone da lui uccise e i ricordo dei
familiari e degli amici.
Gentaglia alla quale va, naturalmente, il mio disprezzo assoluto.
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L’esercito discrimina le donne !
Il Caporal Maggiore Fabbri
“Inidonia perchè incinta” !
Precaria da 5 anni, non potrà partecipare al concorso per l’assunzione a tempo
indeterminato. Ricorre al Tar
Corriere della Sera
MILANO - Cinque anni di onorato servizio
da volontaria con le stellette.
Poi, quando finalmente stava arrivando l’occasione di stabilizzare il rapporto
di lavoro, la doccia fredda: esclusa dal concorso perché inidonea al
servizio militare.
Il tempo del concorso era arrivato mentre Valentina Fabri, primo
Caporal Maggiore dell’Esercito
Italiano, era incinta.
A denunciare la storia di
Valentina, anni da precaria e fuori
dal concorso perché in attesa del
primo figlio, è il portale di informazione indipendente per il
comparto sicurezza e difesa
(Grenet.it).
Il Caporal Maggiore Fabri, messa da parte la delusione, ha impugnato la decisione proponendo il
ricorso al Tar del Lazio.
La futura mamma tutto avrebbe
immaginato, dopo aver servito le
Forze Armate così a lungo come
precaria, con rafferme biennali,
fuorché di vedersi negata la possibilità di coronare il proprio sogno professionale e di affrontare con maggiore serenità l’arrivo del suo
primo figlio.
Il ricorso, spiega l’avvocato Giorgio Carta,
nasce dalla «chiara violazione dell’articolo
3 del D.M. 4 aprile 2000, numero 114, il sui
secondo comma dispone che lo stato di gravidanza costituisce impedimento all’accertamento temporaneo dell’idoneità».
N o n s o l o : « l ’ a l t ro
aspetto grottesco della
vicenda - aggiunge l’avvocato Carta - è che la commissione
medica
concorsuale
ha
reiteratamente rinviato
le visite previste avvertendo che lo stato di gravidanza sarebbe stato causa di inidoneità se si fosse protratto
oltre il termine finale del concorso.
Come se la ragazza potesse accelerare o
contrarre il tempo fisiologico della gestazione».
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I mali della società moderna: ladri ...
Le confessioni di un ladro di
automobili!
Emiliano Caretti - Yahoo News
Fuori in 60 secondi!
Secondo il famoso film con Nicholas Cage e Angelina
Il nostro ladro racconta poi che uno dei trucchi preferiti
Jolie questo è il tempo necessario per rubare un’auto, ma per riuscire a procurarsi un’auto è quello di recarsi negli
nella realtà a volte ci vuole anche molto meno!
autosaloni, oppure in officine con parcheggio esterno (maQuesto e molte altre cose abbiamo appreso da quanto gari a bordo strada), dove è facile trovare automobili in
un ex-ladro d’auto ha racvendita (o riparate) con le
contato al sito americano
chiavi già nel quadro struEdmunds.com.
menti e quindi in ... “pronOrmai è una vera e propria guerra fra i
Costui ci ha quindi conta consegna”!
possessori di auto e l’esercito di ladri
dotto nel losco mondo di
Ma se non si è così ford’auto.
chi ci lascia con l’amara
tunati? Non c’è problema,
sorpresa di un parcheggio
un buon ladro d’auto rieTuttavia anche nel proprio garage di casa,
vuoto al posto della nostra
sce a partire con la vostra
o nel cortile interno del vostro
amata vettura.
macchina anche senza chiacondominio, la vostra amata auto non è al
Tra le prima cose che il
vi!
sicuro.
nostro “amato” ladro ha riFino a qualche anno fa
Noi non crediamo esistano sistemi sicuri
velato ci sono le modalità
bastava “smanettare” sotal 100% per difendersi, ma per creare
con le quali era possibile
to il volante per far scattare la proverbiale scintilla e
rubare anche due auto al
difficoltà certamente ce ne sono tanti,
accendere il motore, ma
giorno.
buoni ed a prezzo accettabilissimo.
oggi?
Metodi molto meno comSe proprio non avete una Ferrari o una
La tecnologia ha reso
plicati di quanto si creda: la
Rolls Royce, come disse l’ex ladro “fate in
fortunatamente più raro
maggior parte dei furti avmodo che venga scelta un’altra vettura
questo fenomeno, come
viene infatti a causa della
più facile da prelevare”.
confermano anche i dati
distrazione di chi le auto le
delle Forze dell’Ordine.
possiede e che permette al
Quindi se secondo il noprimo malintenzionato “in
stro informatore fino alla fine degli anni ’90 potevano baattesa” di poter fare un “bel colpo”.
Ma quali sono gli errori più comuni? Beh, si possono stare anche solo un paio di forbici, i topi d’auto del 21°
avere gli antifurto tecnologicamente più avanzati o le solu- secolo sono invece dotati di scanner elettronici e dispositivi
zioni meccaniche più costose del mercato, ma se si lascia ultra-tecnologici, arrivando anche a preferire il furto dell’auto con il motore acceso e le chiavi inserite, anche solo l’auto “così com’è” magari tramite un camion, per poi poper andare a pagare la benzina al distributore o comperare il terla aprire con calma in un covo sicuro.
Come ci si può difendere? La regola d’oro si può sintetizgiornale, rubarvi l’auto sotto il naso sarà un gioco da bamzare con una semplice frase: “fare in modo che il ladro
bini...
Sulla stesso piano c’è il caso di chi lascia le chiavi di scelga un’altra auto”.
Per farlo va bene tutto, dai semplici accorgimenti di non
riserva all’interno dell’automobile, nascoste in qualche
scomparto più o meno segreto, pensando che “lì” siano al lasciare portiere e finestrini aperti, al non abbandonare in
bella vista oggetti costosi (o che possono sembrarlo!).
sicuro.
Fate anche attenzione che i fili o la centralina dell’antiNulla di più falso!
I ladri conoscono a menadito le auto e sanno altrettanto furto non siano visibili, così da non essere facilmente messi fuori uso.
bene dove sono tutti i vani e i cassetti!
Inoltre fate in modo di parcheggiare in posti potenzialOvviamente lo stesso discorso vale per i documenti di
possesso, il libretto di circolazione e il contratto d’assicu- mente “ricchi” di testimoni di un eventuale furto d’auto.
Evitate zone buie o l’angolo più remoto del parcheggio
razione: non lasciateli nell’auto!
Anche se può essere scomodo portarseli sempre dietro, del centro commerciale!
A volte bastano questi semplici accorgimenti per non
non lascerete a persone poco raccomandabili dei docufare della vostra auto un facile bersaglio!
menti sui quali c’è, tra l’altro, anche il vostro indirizzo.
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... ed anti ladri !
La “Sicurpiana” notte e giorno
vigila sui nostri sonni!
Mariasole
Quando apprendiamo dalla TV o leggiamo sui giornali di
una furto o di una rapina, tutti strabuzziamo gli occhi e pronunciamo la solita trita frase di circostaza, quasi uno slogan,
che dice “ a che punto siamo arrivati, non se
ne può più ” però tutti siamo fermamente convinti che possa succedere agli altri e non a noi.
Ed invece ... il nostro turno è dietro l’angolo
e non resta che attendere per divenire “la povera vittima”!
Lo so, leggendo tutti starete facendo gli scongiuri, ma vi assicuro che non bastano!
Mai come in questo campo vale la regola del
“meglio prevenire che curare”.
Prevenire, ma come? non è facile dal momento che chi vuole delinquere ha una mente sveglia e prolifica al cui confronto tutti noi siamo
dei neonati indifesi.
Stante il proliferare di episodi delittuosi ed il
conseguente sgomento delle persone, abbiamo voluto fare un giro per capire quale e quanti
metodi sicuri (o quasi) esistono per difendere
se stessi e le proprie cose dai ladri.
Per prima cosa abbiamo concluso che di metodi ce ne sono molti ed ormai abbastanza sicuri ma che non si deve mai abbassare la guardia
perchè ... il sinistro è dietro l’angolo.
In questa nostra ricerca siamo incappati in un organismo
che tutti abbiamo sempre sottovalutato: la sorveglianza armata continua da parte di personale specializzato, i cosiddetti
Vigilantes.
Una di queste splendide realtà ha sede proprio a Gioia
Tauro, ha egida sopratutto sulla Piana di Gioia/Rosarno e si
tratta della Sicurpiana.
Abbiamo contattato il giovane Direttore (ma vecchio di
esperienza in quanto proviene da altri corpi armati di vigilanza), il sig. Gino Muratori il quale, gentilmente, ci ha illustrato
sia i metodi di lavoro del suo Istituto che i margini di sicurezza
nonchè ... i costi (il chè non è da sottovalutare).
Dopo il lungo colloquio con lui e la visita presso la loro
centrale operativa abbiamo voluto confrontare il suo asserto
con le persone che sono assistite e protette da loro e vi assicuriamo che sono state tutte molto contente del servizio reso.
Ma cosa fanno “gli uomini” della Sicurpiana? in che campo svolgono la loro attività? come ci proteggono?
Presto detto! per prima cosa parliamo di protezione delle
case e dei cantieri e diciamo subito che anche se muniti di
efficenti impianti antifurto, questi sono pressocchè nulli se li
si interroga a distanza di ore o magare di giorni; il danno è
avvenuto e ce lo dobbiamo tenere!
Invece se associati alla organizzazione della Sicurpiana gli
antifurti sono in collegamento costante con la centrale operativa a mezzo di efficentissimi ponti radio per cui in tempo
reale, se scatta l’allarme, la centrale ne prende coscenza ed
invia una propria pattuglia e, a secondo dell’entità dell’evento, si collega con le centrale dei Carabinieri e della Polizia.
Spesso prima ancora che la vittima si accorga di essere
stata oggetto di “attenzioni” da parte di maleintenzionati le
pattuglie sono sul posto (come è avvenuto sere addietro ad
un associato di Rosarno che è stato svegliato alle 4 del matti-
Dalmonte
no ed invitato ad aprire la porta perchè la pattuglia era avanti
ai cancelli; lui non aveva nemmeno udito l’antifurto!).Inoltre il sistema di telecamere a circuito chiuso rileva inin-
terrottamente le immagini che trasmette in centrale e che vengono registrate a norma delle Leggi vigenti.
Altro campo in cui svolgono la loro preziosa opera è quella
del GPS (rilevatori satellitari) per automezzi e finanche per le
stesse persone fisiche che possono essere rilevate e
monitoraate addirittura con cadenza di 2 secondi!
La Sicurpiana oltre che da questo versante tirrenico della
Provincia di Reggio Calabria ha anche egida sul versante
Jonico; sono responsabili della sicurezza per enti di culto,
banche, ed importanti Istitutzioni pubbliche.
Quasi tutto il personale proviene dal vari corpi militari ed è
in continua espansione stante il crescere degli assistiti ed è in
costante aggiornamento professionale con corsi mirati.
E’ il primo Istituto di sorveglianza Armata di Gioia Tauro e
della Piana autorizzato dal Ministero.
Ma quanto costa tutto questo? non sarà per caso che
conviene più farsi rubare che proteggere?
No! nient’affatto! Un servizio di videosorveglianza e di
collegamento radio antifurto costa poco più di qualche caffè
al giorno, e le somme sono detraebili per intero dall’Irpef !
Ed allora come mai non ci abbiamo pensato prima? forse
perchè le soluzioni migliori sono spesso quelle cui ci si pensa
di meno!
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Calabresi con la “C” maiuscola
il Capitano Francesco Patamia,
figlio di Gioia Tauro!
Leggendario armatore, vissuto tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento
Pasquale Patamia - Laprimapagina .it
Gioia Tauro fu una Città che al mare ha sempre
donato tutta se stessa e, può vantare di aver vissuto
una delle più belle pagine di storia marinara, tra il
fine Ottocento fino a metà del Novecento.
E’ la storia della marineria velica gioiese, quella di
una grande flotta di bastimenti a vela, allora unico
mezzo di trasporto, che con i loro carichi di mercanzie varie, battevano i mari del Mediterraneo.
Nel 1870 l’ammiraglio London, esclamò: “In Italia, ci sono pochi marinai, e questi marinai sono
gioiesi”.
Erano i marinai di una volta quelli di lungo corso;
una razza marina che si stenta a credere sia esistita e
che fin dall’alba dei tempi si sono dedicati al mestiere di naviganti.
Un esempio di tale perizia è fornito dal Capitano
marittimo Francesco Patamia, prodigioso e audace marinaio che più volte mise a repentaglio la propria vita per salvare quella degli altri nel mare in
tempesta; come quella volta in cui salvò un intero
equipaggio di un cutter norvegese investito da una
forte burrasca la cui forza del vento ruppe l’albero
maestro e le strappò le vele come carta.
Il cutter era ormai alla deriva e non avendo più
governo era prossimo a flagellarsi sugli scogli di
Capo Vaticano se, non ci fosse stato l’intervento
del Capitano Patamia che, con sprezzo del pericolo, si gettò prima in acqua per salvare alcuni naufraghi da morte certa e poi al comando del bastimento
“Cigno” rimorchiò la nave norvegese portandola in
salvo e fuori dalla furia della tempesta.
Per questo eroico gesto venne insignito dal Re di
Svezia della medaglia d’oro e con ben tre di bronzo
dal Re d’Italia.
Francesco Patamia, nasceva a Bagnara il 24 luglio 1852.
A soli 16 anni, spinto da un’irresistibile vocazione
per la vita di mare, lascia la sua Bagnara per trasferirsi a Gioia Tauro, con in testa e nel cuore un sogno
da realizzare: dopo la gavetta da mozzo, diventare
Capitano Marittimo ed armare una flotta di velieri
per intraprendere il commercio marittimo.
Si fece costruire il suo primo veliero, chiamato
“Carmelina” con 50 tonnellate di stazza.
Un po’ di fortuna non mancò al Capitano, che gli
fu propizia ad incontrare un ricco quanto intraprendente commerciante gioiese, tale Albonico, con cui
strinse un contratto d’affari per il trasporto e il commercio del legname via mare, allora bastava una sola
stretta di mano per concludere un accordo.
Il sodalizio tra i due soci funzionò e gli affari
andarono a gonfie vele, al punto che alla “Carmelina”
ben presto si accoppiò un secondo veliero, più grande del primo, un cutter a tre alberi il “Vincenzino”,
stazzato 100 tonnellate.
E poi un terzo, un quarto ed un quinto di veliero,
fino a creare una grossa flotta fra le più potenti e
veloci del Mediterraneo in un crescendo di successi
al punto da suscitare l’invidia delle altre marinerie
italiane, specie quella sicula e campana.
La concorrenza agguerrita e spietata più che mai,
non potendo competere con la audacia e l’intraprendenza del Capitano Patamia, per osteggiarlo, un bel
giorno, anzi, una notte diede fuoco ad una delle
barche più belle della flotta, “il Cigno”.
Era un motoveliero che aveva installato due motori di sommergibile della seconda Guerra Mondiale, per cui non era affatto trascurabile il fatto faceva
35 nodi e ciò gli consentiva di fare le consegne più
veloci e regolari rispetto ad altri.
Ma il Capitano Patamia, non era certo il tipo di
uomo debole e che si faceva intimorire dagli attentati e/o complotti cui ordiva la concorrenza.
Negli anni successivi, per merito della sua determinazione e delle sue imprese conosciute in tutta
Europa, la flotta si potenziò sempre più e grazie a
ciò Gioia Tauro divenne per l’Italia il più importante
crocevia per il commercio ed il trasporto via mare.
L’impresa di Francesco Patamia aveva creato
enorme benessere sociale grazie all’occupazione diretta e derivante dall’indotto.
L’attività del Capitano Patamia e della flotta con-
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sisteva nel fatto di comprare prodotti locali di ogni
genere e sorta (olio d’oliva, e poi vino, sapone, carbone, agrumi) ma soprattutto olio di sansa dalla quale
veniva estratto il “furfarolo”, che oggi trova largo
impiego nella cosmesi, prodotto da due grosse industrie gioiesi la “Gaslini” e “l’Olca” e legname proveniente dal rigoglioso entroterra per poi trasportarli e commercializzarlo prevalentemente nella vicina Sicilia e in tutto il bacino del Mediterraneo.
I bastimenti della flotta oltre che da lui, erano
governati anche da suoi cinque figli, che con rara abilità, sulla sola base di calcoli astronomici e del sestante solcavano il mare senza requie sia nei giorni di
tempesta sia in quelli privi di vento.
Molto apprezzato era il bicchierino di rhum distribuito dal “vecchio”, si usava così chiamare il Capitano, al termine di una manovra impegnativa o sotto
l’imperversare della burrasca.
Mesi e mesi passati lontano da terra con intorno,
soltanto sconfinate distese di cielo e di mare.
Poi finalmente i velieri e i suoi marinai tornavano a
casa!
Gioia Tauro, allora landa paludosa che non possedeva ancora un porto, scendeva in festa!
Un mare di gente per abbracciare i loro cari,
ed molti altri solo per dare una mano alle operazioni di approdo, si avvicinavano sino a riva.
L’avventura, diventata leggenda di questo uomo
umile e coraggioso finisce quando viene colpito da
una lunga ed una infausta malattia che lo fa cessare
di vivere nel 1927 all’età di 75 anni nella sua casa di
Gioia Tauro.
Ma, lo spirito di quest’uomo s’incarnò e rivisse nel
corpo dei figli i quali, facendo leva sui ricordi del
padre, unirono la loro esperienza a quella di
altri capitani e armatori gioiesi, che si materializzò
dando corpo ad un’unica grande flotta, fra le più
grandi e le più potenti del Mediterraneo, che con i
suoi cento velieri fu fregiata come la più importante
e significative d’Italia.
Gioia Tauro crebbe e prosperò sempre di più grazie
all’attività marinara, che fra l’altro era anche la sua
principale fonte di economia.
Era il 1945 e per Gioia Tauro l’era velica stava
per giungere il “tramonto”.
I vecchi velieri furono surclassati dalle più moderne navi in ferro a propulsione meccanica e della
costruzione dei porti che altre marinerie, finanziate
da ricchi armatori, come i Lauro ed i Grimaldi di
Napoli, si erano intanto attrezzate.
Per i velieri e la marineria gioiese, dopo 50 anni di
proficua e gloriosa attività marittima era arrivato il
“canto del cigno”.
La “Carmelina”, il “Vincenzino, il “Vittoria madre”,
“l’Assunta”, il “San Ciro”, la “Rosanna”, la “Maria
di Portosalvo, il “San Giuseppe, il “San
Domenico” e molti altri ancora furono “tirati a secco” sulla spiaggia e lì abbandonati a marcire per sempre e delle loro avventure oggi, a distanza di moltissimi anni non rimane che poca cosa: il lontano ricordo
delle loro alberature e dei pennoni a punteggiare fittamente il cielo ed il relitto del “Francesco Padre”,
tutt’ora esposto al “Museo del mare” di
Civitavecchia.
Tra i Capitani e molti armatori si ricordano i nomi
dei più famosi e di cui a Gioia Tauro vivono ancora i
discendenti: Patamia, i fratelli Longo, Alessio, La
Capria i Costa, Vigliano, Pataffio, Purrone, Pipino,
Albonico. Albante, Dato e molti altri.
Tra i marinai si ricordano: Petitto, Cutrì, Taranti-
no, Di Maio, Barrese, Longo e d altri ancora.
Questa città ha dimenticato un pezzo importante
della sua storia e non sarà mai abbastanza
riconosciuto quanto merito a beneficio del progresso e della civiltà abbia rivestito il servizio prestato
dalla marineria velica e dei valorosi marinai gioiesi.
Gioia Tauro avrebbe potuto conservare un reperto od un cimelio legato alla sua storia, alla sua gente
di mare: se solo tutti gli amministratori che si sono
succeduti in questi lunghi anni avessero avuto l’idea
di creare un “Museo della Marineria” ricordandosi
inoltre che, storie come queste dal sapore della saga,
rappresentano la “memoria”, la tradizione, le radici
e sono un patrimonio di incommensurabile valore
di una città.
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Arkansas: Dopo la «pioggia» di merli,
piovono i pesci! - Morti inspiegabili
Centomila esemplari senza vita galleggiano su un tratto di fiume lungo 30 km,
vicino alla cittadina di Ozark
Corsera.it - (Fonte: Adnkronos)
ASHINGTON - Dopo la «pioggia» di migliaia di uccelli morti, l’Arkansas sta vivendo un altro strano
fenomeno: la moria di circa 100.000 pesci.
Il nuovo fenomeno è accaduto nel fiume Arkansas, nei pressi di Ozark, una localitá del nord-ovest dello
Stato a 200 km da Beebe, la cittadini in cui si è verificata la moria di merli.
Colpita nel fiume è stata solo una specie, i pesci tamburo, i cui corpi sono stati ritrovati a galleggiare per
oltre 30 km del corso d’acqua.
I primi cadaveri sono stati trovati giovedì, da allora non hanno smesso di aumentare fino, appunto,
all’attuale quota di circa 100 mila esemplari.
AUTORITA’ AL LAVORO - Le autorità stanno ora cercando di capire che cosa abbia provocato la
moria.
«I pesci morti ricoprono le sponde del fiume per circa 32 chilometri vicino alla cittadina di Ozark
- ha spiegato Keith Stephens, della Commissione per gli animali selvatici e i pesci dell’Arkansas -. Se si
fosse trattato di un normale inquinante avrebbe colpito tutti i pesci, non un tipo solo».
IL CASO DEI MERLI - Intanto per ora rimane il mistero sulla «pioggia» di merli morti, 5.000 esemplari
in tutto secondo le ultime notizie. Alcuni esperti sostengono che i volatili potrebbero esser stati uccisi dal
tempo o dai fuochi d’artificio.
Molti dubitano che questa moria sia collegata con quella di pesci.
Adesso anche in Italia ... piovono
uccelli morti!
In Romagna, nelle campagne in provincia di
Ravenna, si è manifestato un inspiegabile fenomeno.
Migliaia di tortore morte sono “piovute” dal cielo
ed hanno infestato le campagne nel faentino oltre
che hanno ricoperto il suolo con un fitto strato di
cadaverini.
Anche qui le Autorità si sono attivate per capire le cause della imponente moria, ma ancora nessuna
ipoitesi che abbia una discreta dose di attendibilità si è riusciti a formulare.
Qualcuno sussurra possa essere legata alla famosa “Aviaria”, ma chiaramente le Autorità ufficiali, in
mancanza di dati attendibili, rifiutano ogni conclusione.
Oltre alla necessaria prudenza che gli Enti Ufficiali debbono adotare l’impressione è che si voglia giustamente evitare di seminare panico e preoccupazioni fra la popolazione.
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Bivongi ricorda padre Kosmas
La commemorazione per il monaco ortodosso che rifondò il monastero
Antonio Baldari
Avranno luogo giovedì 20 gennaio prossimo le celebrazioni di commemorazione, a Bivongi, di padre
Kosmas Papapetrou (nella foto), il monaco grecoortodosso spentosi all’età di 57 anni, intorno
a mezzogiorno della decorsa domenica 12 dicembre, nella sua cella
sulla sacra montagna
dell’Athos, in Grecia,
per delle cause ancora
tutte da accertare in via
definitiva, ancorché padre Kosmas sembrava
che patisse oltremodo
dei problemi di natura
cardiaca: non è una data
casuale
quella
soprariportata, in considerazione del fatto che
sarà trascorso, proprio
in quel giorno, il quarantesimo dalla sua “dormizione”, ovvero sia il
passaggio dalla terra alla
Patria Celeste, secondo
la secolare tradizione
dell’ortodossia che ricorda l’episodio riportato dai Vangeli
dell’Ascensione di Gesù
al cielo dopo quaranta
giorni dalla sua Resurrezione.
E così, proprio in memoria di padre Kosmas Aghiorita, nella Basilica del
Sacro Monastero di San Giovanni Theristis
bivongese, a partire dalle ore 17, dell’anzidetto
giovedì venti gennaio, prenderanno il via le celebrazioni delle “quaranta liturgie”, con l’ufficiatura funebre, che si perpetueranno fino a tutto il 28 febbraio
2011; alle ore 17.30, invece, nella sala convegni del
Centro anziani di Bivongi, si terrà un incontro incentrato sulla figura di padre Kosmas con la partecipazione dell’Amministrazione comunale guidata dal sindaco, Ernesto Riggio (n.d.r.: che ha recentemente
approvato l’intitolazione di una via in suo onore,
durante una seduta di Consiglio comunale), e di
coloro che, provenienti
dalla Grecia e dall’Italia,
si troveranno nella cittadina dell’Alto jonioreggino per commemorarne la memoria.
A tutt’oggi risultano
essere davvero tantissime le testimonianze ed i
messaggi di cordoglio
pervenuti in ricordo di
colui il quale è storicamente riconosciuto quale rifondatore del monastero di San Giovanni, in
Bivongi, dall’indiscusso
carisma e dalla mentalità
combattente che sviscerò sin dal 1994, anno
della sua venuta proprio
nella ridente cittadina
dell’entroterra reggino,
e fino al 2005
allorquando fu cacciato
in seguito ad una decisione sinodale “per avere riavanzato la richiesta che il monastero
dipendesse
direttamente
da
Costantinopoli” – tra le
motivazioni ufficiali del
suo allontanamento, sebbene padre Kosmas avesse
pure espresso dei giudizi non proprio “teneri”, per
così dire, sui suoi superiori di cui egli mal sopportava una certa indolenza ed il mancato sostegno al
Monastero.
Motivi per i quali si dovette registrare anche l’abbandono, nei tre anni successivi, di padre Gennadios
Dionisatys, successore di padre Kosmas, e di padre Nilos Vatopedinos, da cui poi il passaggio obbligato ai romeno-ortodossi, definitivamente sancito
il 18 luglio del 2008, con la visita del vescovo metropolita di Romania, Siluan Span.
Voci dal Sud
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AnnoVII° nr. 1 Gennaio 2011
w w w . s o s e d . eu
M a l a s a n i t à
Troppi morti “sotto i ferri” negli
ospedali !
laprimapagina.it
Dati drammatici stilati dalla Commissione Parlamentare
d’inchiesta sugli errori (meglio dire orrori) in campo sanitario.
Su 326 episodi di errori sanitari sull’intero territorio nazionale, 78 si sono verificati in Calabria e 59 volte sono finiti
con la morte del paziente.
Situazioni allarmanti anche in Sicilia, Lazio e Puglia.
Gli ultimi due sono neonati: una bimba di 28 giorni ed un
piccolo appena venuto alla luce con un parto cesareo.
Mancavano pochi giorni al 2011, quando in due ospedali di Cosenza si registravano gli ultimi casi di malasanità
dell’anno.
Ma è da molto più tempo che qui si muore per cattiva
assistenza, per gli ospedali fatiscenti, per la mancanza di
posti letto ed ambulanze.
Il primato della regione l’ha certificato, pochi giorni fa, la
Commissione d’inchiesta sugli errori sanitari, presieduta
da Leoluca Orlando.
Il territorio dal Pollino allo Stretto è quello dove, in Italia,
si muore di più per malasanità.
Poi ci sono la Sicilia (63 e 43) seguita da Lazio (32 e 19) e
Puglia (23 e 14).
Complessivamente, 326 casi contati in tutto il Paese dalla Commissione parlamentare che si occupa di errori e disavanzi nella sanità.
Settantotto di questi casi si sono registrati in Calabria e
cinquantanove hanno avuto come esito la morte del paziente.
Nello specifico, ci sarebbero stati sessantaquattro errori
sanitari, che in quarantanove casi avrebbero portato al decesso del paziente ed in altri quattordici ci sarebbero state
altre criticità o disfunzioni di diversa natura che in dieci
casi hanno avuto come esito il decesso del paziente.
Su queste segnalazioni, la Commissione parlamentare
d´inchiesta ha inoltrato una richiesta di relazione indirizzata al Presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti,
per avere informazioni volte a far luce sulle situazioni che
hanno determinato l’eventuale criticità segnalata.
Il dato nazionale complessivo vede una morte sospetta
ogni due giorni e di queste uno ogni quattro in Calabria.
Dati allarmanti che non fanno stare sereni proprio per
nulla i calabresi che si devono curare nella propria regione.
La Calabria è seconda in Italia per spesa pro capite sul
fronte sanitario, ma agli ultimi posti per la qualità dell’offerta nei servizi principali.
La Calabria primeggia per emigrazione sanitaria.
I calabresi spendono in media all’anno 3.110,2 euro pro
capite.
Praticamente si spende il triplo del Veneto.
Numeri allarmanti, soprattutto per le tasche dei contribuenti.
Con il varo del federalismo fiscale, la copertura integrale
del deficit sarà a totale carico delle singole Regioni.
In pratica, quei 3 mila e passa euro dovranno venir fuori
dalle tasche dei calabresi che non è che godano di buonissima salute negli altri settori.
La relazione della Commissione d’indagine “sulla qualità
dell’assistenza prestata dal servizio sanitario della Regione
Calabria”, datata 14 aprile 2008 era un elenco di situazioni
sconcertanti: in 36 ospedali calabresi (su 39) furono trovate irregolarità, oltre alla mancanza di una rete d’emergenza.
Per contro, abbondava in quasi tutti i nosocomi il personale amministrativo.
In un caso, quello della Azienda sanitaria provinciale di
Crotone, il prefetto Riccio scriveva così: “Su 1.980 dipendenti, 353 amministrativi sembrano veramente troppi, tanto più che l’incidenza delle strutture private è straordinariamente elevata: il numero degli esami di laboratorio
effettuati in ospedale è molto basso”.
Probabilmente con le stesse apparecchiature, e la stessa
dotazione organica si possono raddoppiare o triplicare i
fatturati (riducendo naturalmente i budget per i laboratori
privati) i quali invece, annotava il Prefetto, “complessivamente forniscono oltre 732.000 prestazioni l’anno”.
Gli ospedali della Piana di Gioia Tauro contano 1.758
dipendenti per 234 posti letto: 7,5 a letto, contro una media
nazionale di 2,9.
A Gioia Tauro in ospedale ci sono 26 cuochi, anche se i
pasti li porta una ditta esterna per soli 32 posti letto, in
teoria quasi un cuoco per ogni paziente.
Nell’Ospedale di Vibo Valentia, per 200 letti, lavorano
ben 115 medici, 220 infermieri, 16 ausiliari e 10 tecnici.
Del resto l’azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia
è stata recentemente commissariata per presunte infiltrazioni mafiose.
Su episodi di mala sanità indagano le Procure dell’intera
regione: Reggio Calabria, Locri, Palmi, Lamezia Terme, Vibo
Valentia, Catanzaro, Cosenza, Rossano e Paola. In Calabria
9 procure su 11 hanno aperto fascicoli per casi di presunta
malasanità.
Voci dal Sud
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Anno VII° nr. 1 Gennaio 2011
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M a l a s a n i t à
«Caro signor primario non mi ha ricoverato e io
oggi la ringrazio»
da Gazzetta del Sud del 3 gennaio 2011
Riceviamo e pubblichiamo una “lettera aperta” inviata dal signor Paolo Caminiti di Sant’Ilario dello Jonio al
primario del pronto soccorso dell’ospedale di Locri e, per conoscenza, al presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti
e al direttore sanitario dell’Asp di Reggio Calabria.
«Sono Paolo Caminiti, nato il 27-9-1931 a Sant’Ilario dello Ioniio e ivi residente in via A. Moro, 7;
autentico cittadino che ha sempre creduto nella sua Calabria, ma che ha vissuto, fin dalla sua istituzione con
Ente Regionale, quaranta anni di amare delusioni in tutti i settori e sotto ogni punto di vista.
«Ma veniamo all’ultima storia. Il 28 ottobre scorso, trascinato quasi di peso dai miei familiari, fui posto
su una lettiga del suo Pronto soccorso esibendo la richiesta di un ricovero urgente.
Ero in stato di incoscienza pressoché totale e con febbre alta (40°), ma nonostante gli esami del caso
dessero valori sensibilmente alterati, mi veniva rifiutato il ricovero, lasciando non poco sgomenti i miei
familiari che chiedevano di sapere, quantomeno, le ragioni.
«A suo modo lei ha cercato di spiegarle, e ha ribadito più fortemente l’inopportunità di quel ricovero,
mentre qualche sua collaboratrice invitava mio figlio a firmare una rinuncia del ricovero col pretesto di
dovervi tutelare tutti.
Non ha firmato e siamo andati via, come lei ci suggeriva e tra la rabbia, la delusione e lo sconforto si è
riusciti a trovare altra strada.
«Quella del nord, nonostante i rischi del viaggio per le gravi condizioni in cui versavo. In quel nord dove
le parole “professionalità” e “umanità” iniziano, più che meritatamente, con la lettera maiuscola.
«Lì fui ricoverato con diagnosi di colecistite acuta litiasica complicata da colangite e la presenza di
dolenzia in ipocondrio ex ed epigastrio nonché ai quadranti addominali inferiore; addome globoso, alvo
aperto a feci e gas.
«I valori degli esami ematochimici erano balzati ulteriormente, cito i principali: evidenziavano leucocitosi
neutrofila, aumento di transaminasi (GOT 11, GPT 96), gamma GT (128), fosfatasi alcalina (312), VES
(99), PCR (23,5) e ferritina (2487).
«L’ecografia addominale superiore evidenziava colecisti con pareti ispessite con presenza di calcolo di
circa 20 mm a livello dell’infundibolo.
«Questa la vera realtà, signor primario, su cui lei probabilmente riderà, ma ciò non mi meraviglia, specialmente se penso a un’altra triste storia vissuta in passato della mia famiglia presso lo stesso ospedale di
Locri, quando l’oculista “reperibile” si è reso irreperibile e mentre noi facevamo l’attesa ormai a notte
fonda, lui non è mai arrivato; però si è guadagnato, successivamente, la nomina a vice primario nonostante
una dettagliata denuncia presentata al commissariato di P.S. di Siderno, rimasta lettera morta.
«Tuttavia, da cocciuto cittadino, continuo a credere nella mia Calabria e nel suo “progetto politico”, ma
nel contempo spero che qualcuno, su fatti del genere, e non solo, incominci a riflettere seriamente.
«A lei, invece, signor primario, malgrado tutto, porgo i più sentiti ringraziamenti per non avermi ricoverato, poiché, visto l’andazzo, avrei fatto soltanto l’anticamera alla sala mortuaria. Grazie ancora.
«Rimango a disposizione per qualunque altro chiarimento e porgo i più distinti saluti».
Paolo Caminiti
Voci dal Sud
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AnnoVII° nr. 1 Gennaio 2011
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Malasanità anche in veterinaria
In Calabria commissariato anche
il servizio veterinario dell’ Asl
Il cittadino si chiede se non ci fossero professionisti adatti alla bisogna in loco
oppure se per loro, indigeni, non potesse risultare quasi impossibile fare il proprio
dovere per condizionamenti ambientali!
da Gazzetta del Sud
La veterinaria, servizio chiave per la zootecnia e,
di riflesso, per la salubrità degli alimenti di origine
animale, era l’unico settore
rimasto fuori dal generale
restyling della acuita aiauiese
previsto dal Piano di rientro.
Ma solo fino a pochi giorni fa.
Ora anche questo settore
è stato commissariato e ricade nella gestione straordinaria del commissario ad acta
per l’attuazione del Piano, il
governatore Giuseppe
Scopelliti, e dei due sub
commissari Navarria e Pezzi.
La decisione va ad incidere sugli enormi interessi che
gravitano sulla filiera zootecno-alimentare, dove, in
un territorio come quello calabrese, potrebbero essersi formate “incrostazioni” di vario genere.
Decisivi, nel determinare il commissariamento, i
rilievi del Ministero della Salute sullo stato del servizio in Calabria a fronte di norme comunitarie cogenti e vincolanti con adempimenti precisi che prevedono anche ispezioni dirette da parte della Uè.
Nei giorni scorsi sulla questione si è svolta una
riunione plenaria a Catanzaro tra dirigenti del Ministero della Salute venuti appositamente da Roma, i
responsabili dei servizi veterinari delle Asp calabresi
e i dirigenti del Dipartimento regionale alla sanità.
All’esito il Ministero ha inteso evidenziare con specifici rilievi la criticità in cui versa in Calabria l’intero
settore, tanto da ritenere di dover coinvolgere il presidente Scopelliti e l’intero Ufficio del commissario
ad acta nella gestione di un servizio finora escluso
dal regime commissariale.
Ciò vuol dire che anche la veterinaria è en
trata a pieno titolo nel Piano di rientro.
Questo comporterà un’attenzione mirata su tutto
il sistema per garantire al massimo il cittadi
no che sulla propria tavola vuole alimenti
tranquillamente commestibili perché sotto
posti, all’origine, al controllo degli organi pre
posti attraverso ispezioni capillari.
Fondamentale il ruolo che potrà avere in questo
senso il sub commissario Pezzi, già generale
della Guardia di Finanza.
Ricadere sotto lo ”scudo” del Piano di rientro significherà per la veterinaria essere coinvolta in
un’operazione
di
generale riassetto che dovrebbe sanare le cri
ticità evidenziate ampiamente dai funzionari
ministeriali, che hanno in programma pure un
incontro con il direttore generale Antonino Or
lando.¦
Voci dal Sud
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Anno VII° nr. 1 Gennaio 2011
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Malasanità anche in veterinaria
Criminalita’, intimidazioni anche
contro il Dipartimento
Sicurezza alimentare e sicurezza dei medici veterinari al centro del convegno
del 28 gennaio a Chiaravalle Centrale (Catanzaro), per fare il punto sulle azioni di
criminalità e di intimidazione ai danni della veterinaria pubblica.
Sul problema gli organizzatori intendono mantenere i riflettori accesi,
testimoniando la sensibilità dell’opinione pubblica veterinaria.
@nmvoggi.it - articolo attinto da Gazzetta del Sud
Il primo resoconto del Ministero della Salute sulle
attività dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza
degli operatori e sull’attività di
medicina veterinaria pubblica,
inviato alle Regioni il 18 dicembre scorso, conferma la necessità di un impegno civile a difesa della dignità professionale
del medico veterinario deputato ad azioni di sanità pubblica.
Il documento, firmato dal
Sottosegretario Francesca Martini- presentando finalità e composizione di questo organismo, istituito
nel luglio del 2009- evidenzia i temi oggetto di trattazione prioritaria da parte dell’Osservatorio, alla
luce della riunione del 21 ottobre 2010.
Fra le priorità figura “la predisposizione di strumenti adeguati all’effettuazione di un’approfondita
indagine conoscitiva, che consenta di acquisire informazioni sufficienti a definire la reale entità del fenomeno, tracciandone la mappatura sul territorio
nazionale”. I risultati saranno resi noti alle amministrazioni regionali “in modo da consentire l’attivazione dei controlli di competenza, l’inoltro delle
segnalazioni e l’attività di supporto ai direttori generali delle aziende sanitarie interessate”.
Durante la riunione del 21 ottobre i dirigenti del
Ministero della Salute hanno ricordatogli avvenimenti
a sfondo intimidatorio dei quali sono stati vittime i
direttori generali del Dipartimento per la Sanità Pubblica Veterinaria nel corso dell’intervento svoltosi
presso la Regione Calabria. Il Capo Dipartimento
Romano Marabelli ha suggerito di “distinguere i casi
di sistema dai casi singoli, i quali rappresentano attualmente la manifestazione di un’aggressività crescente, territorialmente diffusa ed estesa all’intera ca-
tena produttiva, dal piccolo macello al grande stabilimento”.
Quanto agli interventi “concretamente apprezzabili” l’Osservatorio ha condiviso “la necessità di riadattare taluni
aspetti
del
contesto
organizzativo dei servizi veterinari territoriali, con particolare riferimento all’azione individuale al conseguente isolamento istituzionale dei medici veterinari che effettuano attività ispettive”. Il Sottosegretario Martini
rappresenta quindi “la necessità di individuare, a livello territoriale, soluzioni organizzative in grado di
garantire l’esercizio integrato delle funzioni ispettive,
mediante l’affiancamento a cura del servizio veterinario dell’azienda sanitaria di appartenenza del medico veterinario, vittima di atti criminosi o intimidatori
con un’ulteriore unità di personale, in possesso della
medesima professionalità e appartenente al SSN”.
Il Sottosegretario Martini invita infine le Regioni a
“favorire la comunicazione e il coinvolgimento a tutti
i livelli delle Autorità competenti e sostenere all’interno dell’ambiente lavorativo il personale che ha
subito aggressioni e intimidazioni, migliorando il clima di sicurezza in cui il medesimo opera, attraverso
l’attivazione di meccanismi istituzionali di verifica e
di supporto”.
Un provvedimento a firma del Sottosegretario
Francesca Martini definirà la tipologia e gli scopi degli
interventi proposti dall’Osservatorio, a tutela dei
veterinari pubblici vittime di intimidazioni, sollecitandone la realizzazione da parte degli Assessorati regionali alla sanità.
Voci dal Sud
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AnnoVII° nr. 1 Gennaio 2011
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I Grandi Misteri
Roma: Simonetta uccisa da
Busco in via Poma
Il PM non pare avere più dubbi e si avvia verso la richiesta dell’ergastolo per il
fidanzato pro tempore
Cristiana Mangani - Il Messaggero
ROMA - «L’assenza di lesioni da difesa sul corpo di
Simonetta si spiega per il fatto che inizialmente non ha
respinto il rapporto sessuale, perché l’aggressore era
l’amato Raniero Busco».
Il Pubblico Ministero Ilaria Calò spiega con queste parole come mai la procura sia arrivata ad accusare l’ex fidanzato
della vittima.
È un passaggio delle prime quattro ore di requisitoria nel
processo che vede imputato Busco per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà.
Il Magistrato punta a chiarire il meccanismo per il quale
si è arrivati a escludere tutti gli altri protagonisti della vicenda.
E fa intendere che, per l’imputato, chiederà il massimo
della pena, forse addirittura l’ergastolo, perché - per l’accusa - «il suo temperamento, la sua propensione al litigio e
alla violenza, i maltrattamenti ai quali sottoponeva
Simonetta», sono indice di colpevolezza.
Nell’illustrare l’attività investigativa, il pm parla seguendo schemi precisi.
Elenca l’incredibile mole di indagini, accertamenti e intercettazioni effettuate per anni. Un lavoro enorme che il
PM Roberto Cavallone ha avviato nel 2004 e che lei ha
Una questione rilevante - ritiene la Calò - perché su
continuato fino alla richiesta di rinvio a giudizio.
Sulla porta dell’ufficio all’epoca sede degli Ostelli della questo punto la ragazza aveva mentito a Busco, lui era
convinto che assumesse la pillola».
Gioventù ...
C’è spazio, poi, per tutti quelli che avevano a che fare
Insiste, non sono stati rilevati «segni di forzatura né di
scasso, quindi Simonetta ha aperto volontariamente al con gli Ostelli della gioventù:
... da Salvatore Volponi, ex datore di lavoro, a Pietrino
suo aggressore».
Con lui si è appartata nell’unica stanza che «aveva le Vanacore, portiere dello stabile, che - secondo il PM - «fu il
tapparelle abbassate, si è tolta da sola le scarpe che in- primo a scoprire il cadavere ma pensò a un approccio
fatti sono state slacciate e non sfilate». Per questo - sotto- sessuale andato male e a qualcuno dell’Associazione coinvolto».
linea - «non sono state trovate tracce di colluttazione.
Aggiunge il magistrato che «non c’è mai stato alcun
Poi prosegue, da sola la vittima si è sbottonata il
fondato rischio processuale» per il portiere,
corpetto di pizzo che indossava.
... anche perché «le più avanzate tecnologie processuali
A un certo punto, però, la situazione è cambiata e l’approccio si è fatto più violento: l’aggressore morde la ra- lo hanno escluso con certezza.
Nonostante ciò, le pressioni subite hanno concorso
gazza al seno e lei - aggiunge il pm - prende il tagliacarte
nella sua decisione di suicidarsi».
dalla scrivania.
Le conclusioni sono previste per il 7 gennaio,
Lui glielo strappa dalle mani e le sferra un ceffone.
... intanto l’avvocato Paolo Loria, difensore di Busco,
Simonetta tramortita, cade a terra, dove viene colpita per
commenta: «Il PM ha ripetuto tutte le ipotesi raccolte in
29 volte.
Delineando il «filo rosso che conduce all’imputato» ... sede di istruttoria dibattimentale, ma nulla ha riscontri
Il pm illustra dodici dei diciotto punti su cui si basa la effettivi veri.
Su queste basi non si può certo arrivare alla condanna
sua requisitoria.
Tratta alcuni aspetti tecnici, tra i quali anche le caratteri- di una persona».
stiche della vittima, «... il suo carattere, la frequenza con
cui si cambiava gli abiti diverse volte al giorno, le sue
abitudini sessuali e in particolare il fatto che non assumesse anticoncezionali.
Voci dal Sud
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Anno VII° nr. 1 Gennaio 2011
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I Grandi Misteri
Ancona: Rossella Boffo scompare a
maggio - Oggi l’ex amante si oppone al
proseguimento delle indagini
Anna Maria Danese - Gazzetta del Sud
Si è presentato in tribunale ad Ancona con un giubbotto
di pelle su cui spiccava uno stemma con la scritta «Police
Department», vagamente stridente, e un berretto di lana
calzato sulla testa, silenzioso
come sempre.
Alvaro Binni, il tecnico della Questura di Ascoli indagato per l’omicidio di Rossella
Goffo, la funzionaria della Prefettura di Ancona con cui aveva avuto una relazione, ha
depositato con il suo legale l’opposizione alla richiesta di
proroga delle indagini presentata dal PM dorico Irene
Bilotta.
Ha schivato i giornalisti e se n’è andato con le mani
infilate nelle tasche.
Una “prova di normalità”, per il tecnico, sposato e padre
di quattro figli, offerta magari a chi pensava che il ritrovamento dello scheletro, forse della Goffo, sul Colle San Marco avrebbe portato al suo fermo, dopo le prove raccolte a
suo tempo dalla Squadra Mobile di Ancona da sempre convinta che la Goffo, scomparsa ai primi di maggio, fosse
ormai morta e che ad ucciderla fosse stato lui, stretto nell’angolo da una donna che stava mettendo a repentaglio la
stabilità della sua famiglia.
Rossella voleva andare a vivere con l’amante ad Ascoli,
e sembra che insieme avessero contattato diverse agenzie
immobiliari.
Il 4 maggio, quando i due si incontrano ad Ancona, lei
lascia l’auto in prefettura e svuota l’appartamento che divide con due ragazze, portando con sé trolley, lenzuola, beauty
case, pc e due cellulari.
Secondo gli investigatori, la donna era convinta di raggiungere Ascoli per sistemarsi qui con il tecnico, che invece le avrebbe teso una trappola per ucciderla.
L’indagato però insiste: non c’è il movente.
Ma c’è stato solo e sempre lui nel mirino degli inquirenti.
Binni viene subito sentito come persona informata sui
fatti, essendo stato tra gli ultimi a vedere Rossella viva.
L’inchiesta ha una prima svolta il 18 giugno, con una
vasta battuta nelle campagne dell’Ascolano, una zona da
cui il 5 maggio erano partite alcune telefonate a vuoto da
uno dei cellulari della donna.
La Procura di Ancona indaga Binni a piede libero per
omicidio volontario premeditato.
La scheda identificativa di
Rossella Boffo redatta dalla
trasmissione TV
“Chi l’ha visto?”
Sesso:F
Età:46 (al momento della scomparsa)
Statura:172
Occhi:castani
Capelli:neri
Segni particolari:Cicatrice sotto la clavicola
Scomparso da:Ancona
Data della scomparsa:05/05/2010
Data messa in onda:17/05/2010
Rossella Goffo 46 anni, sposata, funzionario della prefettura, due figli, vive col marito pediatra ad Adria (Rovigo).
Dal 2009 lavora alla
prefettura di Ancona,
città dove ha preso una
stanza in affitto in un
appartamento che condivide con due giovani donne, una giornalista e un architetto.
Rossella Goffo torna
ad Adria per il fine settimana.
Il 3 maggio verso le
17 è partita da Adria con la sua auto per raggiungere la città
in cui lavora.
Il marito l’ha sentita per l’ultima volta intorno alle 22 di
quel giorno, quando l’aveva chiamata al telefonino per assicurarsi che il viaggio fosse andato bene, come la moglie
gli ha confermato.
La mattina del 5 maggio è stata vista da alcuni colleghi
nei pressi del luogo di lavoro, nell’orario in cui solitamente
prende servizio.
Le coinquiline non erano a casa tra il 3 e il 5 maggio, ma
hanno riferito che dalla stanza la donna ha prelevato tutte
le sue cose.
L’auto di Rossella Goffo è stata trovata nel cortile della
Prefettura e all’interno sono stati rinvenuti alcuni oggetti
tra cui due paia di lenzuola, qualche capo di abbigliamento,
un’agendina rossa, una chiavetta USB ora al vaglio degli
inquirenti.
Voci dal Sud
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Notizie in breve o curiose
Filippine, fotografa il suo assassino
nell’istante in cui gli sta sparando
L’assassino viene ripreso nella foto dalla vittima proprio mentre spara il colpo
mortale per cui viene identificato e ubito arrestato!
Elmar Burchia - Corsera.it
Incredibile nelle Filippine! fotografa il suo assassino nell’istante in cui gli sta sparando.
L’ultimo scatto di Reynaldo Dagsa, politico
di 35 anni trucidato a Capodanno sulle strade
della capitale Manila.
I famigliari in posa, sorridenti e, alle loro
spalle, un giovane con la pistola spianata: è
l’ultimo scatto di Reynaldo Dagsa, politico
filippino, trucidato sulle strade della capitale.
Il consigliere comunale di Manila ha catturato su pellicola il volto del suo omicida che,
nel frattempo viene identificato è stato catturato.
Ecco il fatto:
Reynaldo Dagsa, membro del consiglio comunale di Barangay, a Manila, è stato ammazzato a colpi di pistola la notte di Capodanno.
Il 35enne politico era sceso in strada davanti
casa assieme alla moglie e le figlie.
Decide di scattare qualche foto ai famigliari,
ma da dietro una macchina parcheggiata spunta
un giovane a volto scoperto con una calibro
45 in mano.
È il suo assassino.
Vengono sparati diversi colpi; l’uomo muore sull’ambulanza che lo porta in ospedale.
Tuttavia, proprio grazie a quello scatto gli
inquirenti riescono a catturare l’omicida.
La foto trova infatti ampio spazio sulla prima pagina del Daily Inquirer, il giornale più venduto nel Paese.
E nel giro di poche ore arrivano decine di segnalazioni.
Lunedì la polizia ferma un sospetto.
Si tratta proprio dell’uomo che compare nella foto, un malvivente già noto alle forze dell’ordine.
Il presunto criminale, riferisce la stampa locale, sarebbe uscito su cauzione qualche giorno
prima dell’attentato.
Anche il movente pare chiaro, ha spiegato il capo della polizia, Jude Santos: l’uomo, Michael
Rollon, avrebbe voluto vendicarsi contro il consigliere che lo scorso anno aveva richiesto la
sua detenzione in carcere.
Voci dal Sud
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Anno VII° nr. 1 Gennaio 2011
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Notizie in breve o curiose
Mestieri strani nel mondo
Il pescatore di cadaveri: un lavoro
macabro ma molto richiesto
Yahoo News
Pescare cadaveri nel Fiume Giallo, in Cina, è una
pratica antica.
Ma se un tempo era un servizio alla comunità, oggi
c’è chi lo fa come lavoro e anche remunerativo.
MORTE PER ACQUA - Attraversata da due dei più lunghi e vasti corsi
d’acqua al mondo, il Fiume Giallo (settimo per lunghezza e secondo in Cina)
e lo Yangtze (terzo al mondo per lunghezza), la Cina è sempre dipesa da
questi fiumi.
Per il Celeste Impero erano la vita,
ma spesso anche la morte.
Un tempo i pescatori recuperavano
e restituivano alle famiglie i numerosi
cadaveri trovati nei fiumi. Era un atto
di carità che veniva ricompensato dalla sola gratitudine.
Oggi invece la pratica del ripescaggio
dei cadaveri è diventato un affare.
CONDIZIONI DISUMANE - La
Cina sta vivendo una trasformazione
economica e sociale straordinaria.
Spesso senza alcun rispetto per la vita umana dei
lavoratori, che muoiono per situazioni al limite del
sopportabile.
La Cina inoltre oggi è il Paese con il più alto tasso
mondiale di suicidi.
La maggior parte di queste morti sono da addebitarsi alle donne.
Il risultato è che nelle acque del Fiume Giallo si
incontrano di continuo dei cadaveri.
PESCATORE DI CADAVERI - Wei Xipeng,
55 anni, fa il pescatore di cadaveri.
Fino a qualche anno fa raccoglieva pere e altri
frutti, poi ha capito che pescare cadaveri era più
remunerativo.
Ma chi pensa a un cinico affarista, è meglio che
sappia la sua storia.
L’unico figlio di Xipeng annegò proprio in questo
fiume.
Ne cercò il corpo a lungo senza mai trovarlo.
Nel frattempo si imbatté in altri cadaveri.
“La gran parte sono di persone suicide, oppure
assassinate”.
Recupera dagli 80 ai cento cadaveri all’anno.
Il pagamento? Varia a seconda delle possibilità di
chi cerca il proprio caro.
A un contadino, Wei non chiederà più di 75 dollari. A un impiegato ne chiede 300 mentre se è una
ditta che sta cercando un corpo, allora si farà paga-
re anche 450 dollari.
Ci sono anche cadaveri che nessuno vuole: “La
maggior parte di questi appartiene a donne che
venivano dalle campagne, assassinate e gettate
nel fiume”.
Xipeng ha trovato l’angolino giusto per coltivare i
suoi affari.
Circa una ventina di chilometri a sud di Lanzhou
nella Cina nord occidentale una diga e una insenatura fanno sì che i cadaveri vengano in superficie.
Li raccoglie, poi li porta in un angolo del fiume
attrezzato e li lascia a galleggiare nell’acqua con i
volti all’in giù in modo che i loro connotati si preservino e i parenti possano riconoscerli.
Ma anche questo business, come Wei ha dichiarato alla CNN, ha i giorni contati. “La polizia mi
ha già multato diverse volte, a loro non piace
quello che faccio.
Non potrò più guadagnare quello che guadagno adesso”.
Voci dal Sud
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AnnoVII° nr. 1 Gennaio 2011
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Notizie in breve o curiose
Da raccogliere arance a Rosarno
all’Unical !
La parabola ascendente di Lazzaro: grazie allo Sprar ora studia Ingegneria
Tiziana Bagnato - Calabria Ora
LAMEZIA TERME Sono ancora nell’aria gli
echi degli spari contro gli immigrati di Rosarno, gli
occhi della disperazione, lo sfruttamento delle loro
braccia per ore e ore al giorno a costi irrisori.
Ogni tanto però capita di avere a che fare con
qualche storia a lieto fine.
Ogni tanto immigrazione fa rima con integrazione, anche quando alle spalle ci sono storie dai contorni cupi.
La storia di Lazzaro è uno di queste.
Uno dei casi di cui gli operatori del progetto Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati
(Sprar) di Lamezia vanno più orgogliosi.
Ventitrè anni, originario del Burkina Fasu, dopo
un anno di permanenza nel progetto, Lazzaro ora è
un brillante studente universitario iscritto alla facoltà
di Ingegneria Informatica dell’Università della
Calabria.
Parla perfettamente italiano, senza risparmiarsi vocaboli forbiti, ed è lui stesso a raccontare la sua storia a Calabria Ora seppure, premette, non può parlare dei motivi per cui è dovuto fuggire dal suo Paese e richiedere protezione nel nostro.
«Sono stato prima nel centro di accoglienza di
Crotone - racconta Lazzaro - nel Sant’Anna, con
richiesta di asilo politico e da lì, dopo che mi
hanno riconosciuto il diritto alla protezione
internazionale e ho chiesto di essere ancora seguito ed aiutato nell’integrazione, sono stato
mandato a Lamezia nel progetto Sprar.
Qui mi è capitato uno dei migliori Sprar in Italia - dice sorridendo - ho imparato l’italiano e poi
mi hanno fatto fare un tirocinio formativo a
Cosenza nell’Istituto Superiore Calabrese di Politica Internazionale dove mi occupavo di relazioni internazionali e di rapporti con le amba-
sciate straniere.
Per tutta la durata del mio soggiorno mi hanno aiutato nel mio obiettivo di iscrivermi all’Università.
Non è stato facile, ci è voluto tanto tempo ma
ci siamo riusciti».
Il progetto oltre ad offrire vitto e alloggio ad immigrati in attesa che venga loro riconosciuto lo status
di richiedenti asilo o rifugiati politici e, quindi, vengano dati loro i documenti per potere costruire una
vita nel nostro Paese, tenta di aiutarli a costruire un
percorso che tenga conto delle loro attitudini.
Nel caso di Lazzaro, appunto, si tratta di un percorso universitario.
«Oggi studio Ingegneria Informatica a Cosenza
- afferma orgoglioso - mi trovo benissimo e ho tutto
ciò di cui uno studente ha bisogno per guardare
avanti.
Vorrei restare in Calabria se le cose andranno
bene, ma sono consapevole che la vita è dura e
non solo in Calabria ma anche in Europa.
Vedremo cosa mi riserverà».
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