Effects of Aging, Sex, and Physical Training on Cardiovascular
Responses to Exercise
Takeshi Ogawa, MD; Robert J. Spina, PhD; Wade H. Martin III, MD; Wendy M. Kohrt,
PhD;
Kenneth B. Schechtman, PhD; John O. Holloszy, MD; and Ali A. Ehsani, MD
(Circulation 1992;86:494-503)
Per studiare i meccanismi del declino della capacità di esercizio legato all’età abbiamo
misurato il consumo di ossigeno, la gettata cardiaca, la frequenza cardiaca ed altre risposte
cardiovascolari ad esercizi su treadmill submassimali e massimali in maschi e femmine sani
sedentari o allenati, giovani e anziani. Abbiamo stimato la massa magra da misure di peso
corporeo e densità. I risultati indicano che la riduzione del VO2max con l’età è in primo luogo
dovuta ad una diminuzione della gettata cardiaca massima. Questo effetto è dovuto sì ad
una riduzione della frequenza cardiaca, ma in misura maggiore ad una più piccola gettata
sistolica. La caduta del VO2max fra 25 e 65 anni nei sedentari dello stesso sesso è di circa il
40% (10% per decade). Tuttavia, la normalizzazione dei risultati per la massa magra riduce le
differenze fra anziani e giovani a 24%, 17% e 8% per il VO2max, la gettata cardiaca e la gettata
sistolica, rispettivamente.
La minor gettata sistolica negli anziani durante esercizio massimale si associa ad una più elevata
pressione arteriosa media nelle femmine e nei maschi sedentari. In questi gruppi, il lavoro per
sistole negli anziani era uguale o addirittura superiore a quello dei giovani. Gettata sistolica e
cardiaca all’esercizio massimale sono minori nelle femmine che nei maschi anche dopo
normalizzazione per il peso. La normalizzazione dei dati per massa magra elimina
completamente le differenze legate al sesso nei sedentari e le riduce sostanzialmente nei
soggetti allenati. È chiaro quindi che le differenze per sesso sono soprattutto dovute al più
elevato contenuto di grasso nelle femmine. Rimangono però differenze di genere riguardo ai
meccanismi che aumentano la capacità di esercizio in seguito ad allenamento. Le condizioni
fisiche (allenamento) hanno maggior effetto sulla gettata sistolica e cardiaca (meccanismo
centrale) e minor effetto sull’estrazione di ossigeno (differenza A-V = meccanismo periferico) nei
maschi piuttosto che nelle femmine. Queste differenze di genere sulla natura e l’entità degli
adattamenti sono particolarmente evidenti nei soggetti anziani.
Exercise as Cardiovascular Therapy
Roy J. Shephard, MD, PhD, DPE; Gary J. Balady, MD
Circulation 1999;99;963-972
Possibili meccanismi biologici per la riduzione dovuta all’esercizio della mortalità da tutte le
cause e da cause cardiache: Aspetti cardiovascolari
Riduzione della frequenza cardiaca a riposo e durante esercizio sottomassimale
Riduzione della pressione arteriosa a riposo e durante esercizio
Riduzione del consumo d’ossigeno miocardico durante esercizio sottomassimale
Espansione del volume plasmatico
Aumento della contrattilità miocardica
Aumento del tono venoso periferico
Modificazioni favorevoli del sistema fibrinolitico
Aumento della vasodilatazione endotelio dipendente
Aumento dell’espressione genica della sintetasi dell’ossido nitrico (NOS)
Aumento del tono del parasimpatico
Possibile aumento del flusso coronarico, della vascolarizzazione coronarica collaterale e della
densità capillare miocardica
Aspetti metabolici
Riduzione dell’obesità
Aumento della tolleranza al glucosio
Miglioramento del profilo lipidico
Aspetti comportamentali
Minore propensione al fumo
Riduzione dello stress
Riduzione a breve termine dell’appetito
The anti-inflammatory effect of exercise: its role in diabetes and
cardiovascular disease control
Bente Klarlund Pedersen1
Essays in Biochemistry volume 42 2006
È ben noto il ruolo dell’infiammazione nella patogenesi dell’aterosclerosi. L’infiammazione gioca
un ruolo fondamentale nell’insulino resistenza.
Dati recenti dimostrano che l’attività fisica induce un aumento dei livelli sistemici di una serie di
citochine con proprietà anti infiammatorie.
Posto che il muscolo scheletrico è l’organo più grande del corpo, la scoperte che durante la
contrazione il muscolo diventa un organo produttore di citochine apre una nuova prospettiva: il
muscolo scheletrico è un organo endocrino che contraendosi stimola la produzione e la
liberazione di citochine, che possono influenzare il metabolismo e modificare la produzione di
citochine in altri tessuti ed organi.
La dimostrazione dell’effetto benefico dell’allenamento fisico in pazienti coronaropatici è molto
solida. Poche ricerche hanno esaminato l’effetto del solo allenamento sulla prevenzione del
diabete in soggetti con ridotta tolleranza glucidica, ma è chiaro che la combinazione di
allenamento e modifiche alimentari ha effetto benefico
L’effetto benefico dell’allenamento in pazienti con diabete di tipo 2 è molto ben documentato ed
è internazionalmente riconosciuto che l’allenamento fisico costituisce una delle tre pietre miliari
per il trattamento del diabete, insieme alla dieta e all’intervento farmacologico.
I fattori dell’infiammazione cronica di basso livello e i suoi legami con patologie croniche
La risposta infiammatoria locale si accompagna ad effetti sistemici, noti come la risposta della
fase acuta. Tale risposta comprende la produzione di una gran numero di proteine della fase
acuta prodotte dal fegato, come la CRP (proteina reattiva C), e può essere simulata con
l’iniezione di citochine. L’infiammazione cronica sistemica di basso livello è un termine che
indica una condizione in cui vi è un aumento di 2 - 3 volte della concentrazione sistemica di TNFα, IL-1, IL-6, IL-1ra, sTNF-R e CRP; il TNF-α è prodotto soprattutto nel tessuto adiposo
Il nesso fra infiammazione, resistenza insulinica ed aterosclerosi
L’invecchiamento è contrassegnato dall’aumento dei livelli plasmatici di TNF-α, IL-6, IL-1ra, sTNFR e CRP. Alte concentrazioni di TNF-α si associano a demenza e aterosclerosi. Inoltre in molte
malattie aumentano i livelli di IL-6. Si trovano concentrazioni aumentate di TNF-α e IL-6 in
soggetti obesi, nei fumatori e nei diabetici di tipo 2.
È stato dimostrato che alti livelli plasmatici di IL-6 sono buoni predittori di mortalità da ogni
causa e da cause cardiovascolari. Ancora, si è visto in molti studi che le concentrazioni
plasmatiche di IL-6 e TNF-α sono buoni predittori dell’infarto miocardico e che il livello di CRP è
un predittore di malattie cardiache migliore della concentrazione della lipoproteina del
colesterolo a bassa densità
È sempre più chiaro che il TNF- ha un ruolo diretto nella sindrome metabolica.
Molti dati indicano che l’IL-6 aumenta la captazione di glucosio nei miociti. Molti studi
dimostrano che l’IL-6 aumenta la lipolisi e l’ossidazione dei grassi. L’IL-6 è un potente
modulatore del metabolismo dei grassi nell’uomo: aumenta la lipolisi e l’ossidazione dei grassi
senza provocare ipertriacilglicerolemia.
La risposta delle citochine all’esercizio è diversa da quella provocata da gravi infezioni. Il fatto
che le citochine proinfiammatorie classiche TNF- e IL-1 in genere non aumentino con l’esercizio
indica che la cascata delle citochine stimolata dall’esercizio è profondamente diversa da quella
stimolata dalle infezioni. La prima citochina immessa in circolo dall’esercizio è particolarmente la
IL-6: la sua concentrazione aumenta in modo esponenziale (fino a 100 volte) in risposta
all’esercizio e si riduce durante il riposo. Un forte aumento dei livelli di IL-6 circolante dopo
esercizio senza danni muscolari è un reperto costante. L’aumento di IL-6 nell’esercizio è
esponenziale ed è legato all’intensità e alla durata dell’esercizio, alla massa dei muscoli
impegnati e allo stato di allenamento
In un esperimento giovani sani compirono un esercizio di estensione del ginocchio al 50% della
rispettiva potenza massimale per tre ore. Questo esercizio aumentava la frequenza cardiaca
abbastanza poco (da 113 a 122 battiti.min-1), ma faceva aumentare di 16 volte l’mRNA dell’IL-6,
di 20 volte la concentrazione plasmatica di IL-6 e aumentava molto la liberazione di IL-6 dai
muscoli impegnati. Applicando lo stesso modello a soggetti anziani non allenati la liberazione dai
muscoli attivi di IL-6 a parità di carico era addirittura maggiore.
L’effetto dell’IL-6 liberata dai muscoli attivi consiste in un’azione di tipo ormonale che mobilizza
substrati extracellulari e aumenta l’apporto di substrati ai muscoli durante l’esercizio; vi è inoltre
un importante effetto antiinfiammatorio.
L’effetto anti infiammatorio dell’esercizio acuto e dell’allenamento regolare
Studi longitudinali dimostrano che l’allenamento regolare riduce i livelli di CRP e indicano che
l’attività fisica può sopprimere l’infiammazione cronica di basso livello. Per studiare questa
possibilità, abbiamo creato un modello di “infiammazione di basso livello” iniettando basse dosi
di endotossina di Escherichia coli a volontari sani, che erano stati a riposo oppure avevano fatto
esercizio prima della somministrazione dell’endotossina. Nei soggetti a riposo, l’endotossina ha
fatto aumentare di 2-3 volte la concentrazione plasmatica di TNF-, mentre in quelli che
avevano fatto tre ore di esercizio al cicloergometro e avevano ricevuto la tossina a 2,5 ore la
risposta del TNF- era completamente abolita. L’effetto a lungo termine dell’esercizio sulla
progressione delle malattie può essere attribuito alla risposta anti infiammatoria stimolata
dall’esercizio acuto, che è in parte dovuta all’IL-6 di origine muscolare. Questi effetti anti
infiammatori dell’esercizio possono proteggere dall’insulino resistenza dovuta al TNF.
Si suppone quindi che fattori derivanti dalla contrazione muscolare, le cosiddette miochine,
possano essere responsabili dei benefici per la salute legati all’esercizio e che esse giochino ruoli
importanti per la protezione contro malattie legate all’infiammazione di basso livello, come le
malattie cardiovascolari e il diabete di tipo 2.
Does Exercise Reduce Inflammation? Physical Activity and C-Reactive
Protein
Among U.S. Adults
Earl S. Ford
EPIDEMIOLOGY September 2002, Vol. 13 No. 5
In conclusione, i risultati di quesito studio mostrano che c’è un’associazione inversa fra attività
fisica e concentrazione di proteina C reattiva; questo indica che l’attività fisica può attenuare
l’infiammazione. Definire i meccanismi precisi attraverso cui l’attività fisica influenza i processi
infiammatori contribuirà a meglio comprendere alcuni dei benefici dell’attività fisica.
Ulteriori studi sui rapporti fra intensità, durata e tipo di attività fisica ed infiammazione potranno
approfondire i meccanismi attraverso cui l’attività fisica influenza l’infiammazione
http://www.arthritis.org/index.php
Un esercizio regolare e moderato ha numerosi effetti benefici per le persone con l’artrite.
Innanzitutto, l’esercizio riduce il dolore articolare e la rigidità, rinforza i muscoli intorno alle
articolazioni aumenta la flessibilità e la resistenza. Riduce l’infiammazione alla base dell’artrite e
condizioni analoghe e riduce il rischio di complicanze croniche. Migliora la salute in generale e la
fitness aumentando l’energia, migliorando il sonno, controllando il peso , riducendo la
depressione e aumentando l’autostima. Inoltre, l’esercizio tiene lontani altri rischi per la salute,
come l’osteoporosi e le cardiopatie.
L’osteoartrite (OA) è caratterizzata dalla distruzione della cartilagine , la parte dell’articolazione
che fa da cuscinetto fra le terminazioni ossee e permette i movimenti. Con il deterioramento
della cartilagine, le ossa cominciano a sfregare le une contro le altre: questo provoca rigidità e
dolore, che rendono difficile usare l’articolazione. L’osteoartrite può anche rovinare i legamenti i
menischi e i muscoli. Alla lunga l’OA porta alla sostituzione protesica dell’articolazione.
Esistono due tipi di OA: primaria e secondaria. L’osteoartrite primaria si associa normalmente
con l’età e il logoramento della vita. Più sei vecchio, più è probabile che tu abbia una qualche
grado di OA primaria. Però non viene a tutti, nemmeno a persone molto vecchie, proprio perché
l’OA è una malattia e non fa parte dei normali processi di invecchiamento. L’osteoartrite
secondaria, invece, si manifesta in genere più presto nella vita, per esempio almeno 10 anni
dopo un fatto specifico, come un incidente o l’obesità. All’interno dell’articolazione possono
verificarsi anche altri problemi perché il consumo della cartilagine riguarda tutte le componenti
dell’articolazione. Frammenti di osso o cartilagine possono nuotare nel liquido articolare e
provocare irritazione o dolore. Alle terminazioni ossee si possono sviluppare dei becchi, detti
osteofiti, che danneggiano i tessuti circostanti e provocano dolore. Nel liquido che bagna le
cartilagini può diventare insufficiente una particolare sostanza, che si chiama ialurone, e questo
riduce la capacità dell’articolazione di assorbire i traumi. Anche se l’infiammazione non è uno
dei sintomi principali dell’osteoartrite, si può presentare nei tessuti articolari in conseguenza al
danno cartilagineo.
Quali sono le cause dell’osteoartrite ?
Come in tanti altri casi, non vi è una causa specifica per l’OA. Molti sono i fattori coinvolti fra cui
eredità e stile di vita.
I geni:
È possibile che alcuni soggetti abbiano un difetto nel gene responsabile della produzione di
collagene, la proteina base della cartilagine. Questo difetto genico piuttosto raro porta alla
produzione di una cartilagine debole che si consuma dopo poche decadi di vita e l’OA può
comparire a 20 anni.
Altri aspetti genetici possono condurre a piccoli difetti nella giunzione fra ossa e articolazioni,
che fa consumare in fretta la cartilagine. Pure il problema ereditario noto come lassità articolare,
o doppie articolazioni, nel quale le articolazioni si muovono più del normale, può aumentare il
rischio di OA.
Che cos’è l’artrite reumatoide?
L’artrite reumatioide (RA) è una forma di artrite infiammatorie e una malattia autoimmune. Per
ragioni ancora non completamente note, nell’artrite reumatoide il sistema immunitario – che
dovrebbe proteggere la nostra salute aggredendo organismi estranei come virus e batteri – si
mette ad aggredire i propri tessuti, in questo caso le sinovie, quelle sottili membrane che
ricoprono le articolazioni. Di conseguenza si accumula liquido nello spazio articolare che provoca
dolore e uno stato infiammatorio sistemico, che riguarda cioè tutto il corpo.
L’artrite reumatoide è una malattia cronica, che non può essere curata. Nella maggior parte dei
pazienti con RA si verificano intense acutizzazioni dei sintomi (in inglese flares), mentre in alcuni
casi la malattia è continua e peggiore progressivamente. In altri casi, vi sono lunghi periodi di
remissione, completamente privi di sintomi e segni patologici. La pratica ha dimostrato che il
miglior approccio per mantenere la malattia in remissione ed evitare la distruzione delle
articolazioni, danni d’organo e disabilità, consiste in una diagnosi precoce e in un trattamento
aggressivo.
Che cos’è l’artrite reumatoide?
Un’attività fisica moderata praticata con regolarità contribuisce a diminuire la fatica, rinforzare
muscoli ed ossa, aumentare la flessibilità e migliora il senso di benessere. Una volta che i sintomi
siano sotto controllo, si può istituire un programma completo di allenamento comprendente
allungamenti per la flessibilità articolare e la conservazione dell’ampiezza dei movimenti,
allenamento di resistenza per rafforzare il sostegno alle articolazioni e esercizio aerobico per
effetti generali sulla salute il controllo del peso della forza muscolare e dei livelli energetici.
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