di Fino Clotilde la biografia milanese San Giovanni di Dio I N S E RT O Gennaio • Marzo 2012 FATE BENE FRATELLI San Giovanni di Dio: la biografia milanese II Introduzione Un anno fa il Superiore Generale dell’Ordine dava seguito ad una decisione del Capitolo Generale di celebrare un anno Giubilare della Famiglia di San Giovanni di Dio, terminato il giorno 8 marzo 2012. In questo stesso anno ricordiamo il decimo anniversario della morte del “profeta” dell’Umanizzazione fra Pierluigi Marchesi, superiore Generale per dodici anni dopo essere stato, da giovanissimo religioso, a fianco di un altro grande superiore Generale quale è stato fra Mosè Bonardi. In questo anno ricorre il centesimo anno dalla nascita di fra Mosè Bonardi, originario di Passirano, in quel di Brescia, e Superiore Generale dal 1953 al 1959, che lasciò una impronta indelebile nella storia dell’Ordine. A questi insigni religiosi non possiamo non affiancare gli ultimi Superiori Generali ancora viventi e cioè fra Pascual Piles e fra Donatus Forkan. Il primo per la sua saggezza e paternità di guida nella fraternità, il secondo per avere sviluppato il senso di Famiglia di San Giovanni di Dio in seno a tutto l’Ordine e in tutte le latitudini in cui è presente con le sue opere apostoliche. Giunge quindi opportuno questo studio comparativo delle biografie di San Giovanni di Dio che la professoressa Fino Clotilde, storica di Lodi, ci offre con il suo studio ben articolato, ben documentato e che aggiunge un ulteriore motivo di approfondimento nella storia del nostro Santo Fondatore San Giovanni di Dio. Il riferimento agli ultimi Superiori Generali si giustifica dal fatto che senza la loro opera incisiva e i fondamentali richiami ai valori dell’Ospitalità probabilmente anche questa ricaduta culturale non avrebbe avuto la possibilità di esprimersi. Rimando quindi con grande soddisfazione il lettore ad appropriarsi dei contenuti di questo studio che pubblichiamo, come San Giovanni di Dio: la biografia milanese, in questo primo numero della nostra rivista del 2012, in concomitanza con la festa liturgica di San Giovanni di Dio che cade, appunto, il giorno 8 marzo. Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 Marco Fabello o.h. San Giovanni di Dio: la biografia milanese La biografia milanese di San Giovanni di Dio Intervento della professoressa Clotilde Fino alla conferenza “LA SANTITÀ DI UN FOLLE” Quando fra Anselmo Parma del centro “Sacro Cuore” di San Colombano al Lambro (Mi) mi propose una conferenza su San Giovanni di Dio sulla base della biografia di Francisco de Castro, obbiettai che molto era già stato scritto e detto da insigni studiosi dell’Ordine dei Fatebenefratelli su quest’opera: io non avrei potuto aggiungere nulla sull’argomento. Proposi di presentare una biografia poco conosciuta, scritta da un italiano del Seicento e frequentatore delle colline di San Colombano, perché amico di Francesco de Lemene. Studiando questo poeta lodigiano, avevo appreso, infatti, che il suo biografo, il gesuita milanese Tommaso Ceva, o Tomaso come si usava nel 600 aveva scritto anche su San Giovanni di Dio. L’avevo appreso dalla “Bibliotheca Scriptorum Mediolanensium”, un ricco ed erudito repertorio di opere e autori, uscito a Milano nel 1745, curato da Filippo Argelati. Tuttavia non avevo mai letto questa biografia, né se ne erano occupati gli studiosi più recenti del Ceva, come Felice Milani, che nel 2009 pubblicò una nuova edizione del ”Jesus Puer”, un poema in latino sull’infanzia di Gesù. Fra Anselmo fu perplesso, ma cercò nella biblioteca dell’Istituto e trovò un libro del 1838, pubblicato da Bernardoni a Milano, che recava nel frontespizio: T. Ceva, Vita e miracoli del sempre ammirabile S. Giovanni di Dio, fondatore del Sacro Ordine dell’ospitalità de’ Padri Fatebenefratelli. Il libro proveniva dal Collegio Sant’Am- Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 III di San Colombano al Lambro 18 novembre 2011 San Giovanni di Dio: la biografia milanese brogio di Porlezza. Quando terminai la lettura fui io perplessa a mia volta, perché lessi registrati miracoli del Santo avvenuti nel 1737, cioè nell’anno della morte del Ceva. Secondo le notizie fornite dall’Argelati la data di pubblicazione della biografia cevana era il 1691, quindi quello che avevo tra le mani non poteva essere il testo originale. Era stata apportata un’aggiunta successiva. Oltre ai miracoli potevano essere state introdotte altre variazioni da ignoti curatori, modifiche che era necessario individuare per conoscere la redazione autentica del Ceva. IV Una ricerca bibliografica È iniziata così una laboriosa, ma fortunata ricerca. Con la questione del testo era importante risolvere il problema delle fonti e delle motivazioni. L’edizione ottocentesca del Bernardoni non aveva prefazione, né dedica, quindi bisognava scoprire come e perché il Ceva, gesuita milanese, avesse scritto la biografia di un santo spagnolo di un altro Ordine. La data di pubblicazione, 1691, suggeriva la coincidenza della canonizzazione. Il 16 ottobre 1690, infatti, Papa Alessandro VIII, di famiglia Ottoboni, aveva elevato agli onori degli altari il fondatore dell’ordine dei Fatebenefratelli. Altra coincidenza era suggerita dall’amicizia tra Francesco de Lemene e il cardinale Pietro Ottoboni, cardinal nipote o “cardinal padrone” dell’omonimo pontefice. Per il suo teatro di Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 corte a Roma, Pietro Ottoboni teneva corrispondenza con il poeta lodigiano che gli forniva testi e pareri su drammi sacri composti dal cardinale stesso. Le ipotesi però dovevano essere confermate da testimonianze scritte. La ricerca è arrivata a buon fine, grazie alla collaborazione delle biblioteche nazionali e alla cortese consulenza di fra Giuseppe Magliozzi o.h., Superiore a Manila, che ha fornito prezioso materiale. L’Argelati, oltre alla data di pubblicazione, informa, sui luoghi delle stampe, cioè Milano e Genova. Di Milano viene indicata anche la stamperia, cioè quella di Carlo Giuseppe Quinto che nel 1692, cioè l’anno successivo, pubblicò le “Poesie diverse” di Francesco de Lemene. Dalle due città è iniziata la ricerca, estesa anche ad altre biblioteche nazionali che avevano accolto il fondo librario di Ordini religiosi soppressi, come la Biblioteca Passerini Landi di Piacenza, che conserva due edizioni ottocentesche. A Milano, a Venezia, a Roma, e altrove erano reperibili edizioni dal 1750 in poi, recanti tutte le aggiunte sui miracoli. La pazienza è stata aiutata dalla fortuna nella professionalità della dott.ssa Marina Verdini della Biblioteca “Berio” di Genova. Questa nel comunicare che non esisteva nel patrimonio della biblioteca genovese la biografia richiesta di Tommaso Ceva, aggiungeva che risultava una biografia anonima di San Giovanni di Dio nel Fondo Brignole Sale, donato dalla nobile famiglia locale. Conoscevo la corrispondenza tra il gesuita Tommaso Ceva e il gesuita Anton Giulio Brignole Sale, sempre a proposito del Lemene, e chiesi sollecitamente e speranzosamente all’operatore della biblioteca la digitilizzazione del frontespizio e dell’incipit. I moderni mezzi telematici sono di grande e rapido aiuto, così scoprii che quella segnalata era l’edizione genovese del 1691, menzionata dall’Argelati. L’anonimo autore dedicava l’opera alla Madonna della Misericordia, sotto la cui protezione metteva la città di Genova. Non era l’edizione milanese desiderata, ma forniva il titolo originale che permise di ricercare l’opera, non sotto il nome dell’autore Ceva, ma sotto il solo titolo, cioè Vita di San Giovanni di Dio, Padre de’ Poveri, e Fondatore della Religione de’ Padri Fate bene Fratelli, descritta da un divoto del medesimo Santo. L’edizione fu trovata alla Biblioteca “Augusta” di Perugia, che conserva la biografia stampata a Milano da Carlo Giuseppe Quinto nel 1691 e dedicata a Sua Eccellenza la Marchesa Teresa Visconti (vedi frontespizio in copertina). Le edizioni registrate sotto il nome di Tommaso Ceva erano quelle uscite dopo la sua morte; quelle curate da lui erano uscite anonime, com’era uso, in segno di umiltà. Il nome che doveva comparire era solo quello del santo. Il gran Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 V San Giovanni di Dio: la biografia milanese San Giovanni di Dio: la biografia milanese numero di edizioni, a nome di Tommaso Ceva, nel Settecento e nell’Ottocento, con appendice di preghiere per settenari e novene, è indicativo della diffusione dell’opera in Italia settentrionale e centrale, cioè nella Provincia LombardoVeneta e Romana. VI L’edizione milanese L’edizione milanese di Carlo Giuseppe Quinto consta di 183 pagine e comprende nove capitoli senza illustrazioni. Non è dedicata alla Madonna, ma a una donna terrena della nobiltà milanese, la marchesa Teresa Serra Visconti. La dedica chiarisce l’occasione e le motivazioni del libro. È un instant book scritto rapidamente per far conoscere la vita del “nostro” San Giovanni di Dio, novellamente registrato nel Catalogo de’ Santi”. La dedica porta la data del primo gennaio 1691, cioè 321 anni fa. Giovanni Ciudad, consacrato “di Dio”, era stato proclamato santo nell’ottobre precedente. Il libretto è un omaggio augurale per il nuovo anno alla persona “di pregi sublimi di virtù e di sangue”, omaggio offerto dal Priore e dai Religiosi del Convento Ospedale milanese dell’Ara Coeli. Questi desiderano che il santo entri anche nella casa della benefattrice milanese, come è entrato in vita povero e umile in quella di Personaggi grandi spagnoli (nel lessico del seicento con “personaggi grandi” vengono indicati i nobili importanti). Il Priore del ConventoOspedale di Santa Maria dell’Ara Coeli a Milano nel Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 1690 è fra Angelico Orsini. I Fatebenefratelli sono nella sede milanese da un secolo. Fu infatti l’arcivescovo San Carlo Borromeo che volle l’Ordine dei frati ospitalieri nella sua città. L’esperienza della peste del 1567 gli aveva mostrato la necessità di un’assistenza più umana agli ammalati poveri e bisognosi e aveva chiesto al Padre Pietro Soriano, che dalla Spagna era venuto in Italia ed aveva fondato gli ospedali di Roma e Perugia, di organizzarne uno anche a Milano. Vennero avviati i contatti, ma il Borromeo non vide il compimento del suo desiderio, perché morì nel 1584. Fu il suo successore Gaspare Visconti a favorire l’insediamento dei Fatebenefratelli nella zona di Porta Nuova, in una proprietà che era stata degli Umiliati (Collegio Longone). Anche il Soriano morì nel 1584, il 18 agosto, poco dopo aver fondato la comunità di Perugia. A Milano aveva portato con sé il viennese fra Melchiorre Buenaventura, che divenne il primo priore del convento, costituto nel 1587 nell’ospedale dedicato a San Giovanni Evangelista. Quando nel 1592 venne eretta la chiesa al cui altare fu collocata l’immagine di Santa Maria dell’Ara Coeli, il convento ospedale assunse il suo nome. L’icona della Madonna, altare del Cielo, la più conosciuta, è quella venerata nella chiesa romana sul Campidoglio, affidata da papa Innocenzo IV ai Francescani nel 1246. Il convento milanese fu sede del Provinciale e del Noviziato. Il convento-ospedale dell’Ara Coeli cessò nel 1888. L’edificio fu distrutto nel 1927. Sorgeva a Milano vicino alla chiesa di San Marco e oggi la strada porta ancora il nome di Via Fatebenefratelli. Nel 1690 non solo l’Ordine dei Fatebenefratelli vede la gloria del fondatore, ma tutta la Cristianità vive un periodo glorioso per la vittoria sui Turchi, fermati a Vienna nel 1683 nella loro espansione in Europa. Roma, centro della Cristianità, si crea un’immagine di visibile decoro con l’opera di artisti ed architetti che realizzano chiese e palazzi. La basilica di San Pietro, voluta grandiosa da papa Alessandro VII secondo il progetto del Bernini, viene completata da Carlo Fontana che pubblica nel 1692 “il Tempio Vaticano”, una relazione sull’opera architettonica. La letteratura religiosa vede una fioritura rigogliosa. Per citare i due soli autori lombardi, sopra ricordati, Ceva e Lemene, il primo compose oratori e drammi a soggetto sacro, dando al teatro, genere in auge nel tempo per l’intrattenimento delle corti, carattere divulgativo con funzione morale. Il secondo pubblicò nel 1684 “Dio. Sonetti ed Hinni”, un’opera in poesia, ispirata alla Summa di San Tommaso, e nel 1690 “Il Rosario”, 15 sonetti sui misteri e 150 madrigali come avemarie, tutti sul tema della rosa. Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 VII San Giovanni di Dio: la biografia milanese VIII San Giovanni di Dio: la biografia milanese Nel 1608 Paolo V aveva diviso la religione de’ Fatebenefratelli (eretta da Sisto V nel 1586 con facoltà di professione con quattro voti perpetui di obbedienza, castità, povertà e ospitalità) in due Congregazioni, d’Italia e di Spagna, con rispettivi Padri Generali. Nel 1685 la Congregazione d’Italia contava 128 conventi ospedali, in cui si avevano 2865 letti e si curavano annualmente circa 67.000 infermi. La Congregazione di Spagna poi, che comprendeva il Portogallo e gli stabilimenti spagnoli e portoghesi di oltremare, contava 134 conventi-spedali che avevano circa 4028 letti, in cui si curavano 46.000 malati. [I dati sono nell’edizione milanese del 1846 della Vita di S. Giovanni di Dio, fondatore dell’ordine ospitaliere de’ Padri de Fatebenefratelli, coi tipi ditta Boniardi-Pogliani, Contrada S. Marcellino, pag.158]. Quindi la canonizzazione nel 1690 di Giovanni di Dio, il fondatore, avviene in un momento di affermazione e di espansione dell’Ordine. Le edizioni della biografia del Ceva, successive al 1691 e numerose, testimoniano la devozione per il santo anche sotto il regno napoleonico e il governo austriaco del Lombardo-Veneto. Le edizioni ottocentesche sono infatti milanesi e venete. Un’edizione, citata sopra, del 1846 annota che “In questo nostro stato Lombardo-Veneto, che una volta sotto il nome di Provincia di Sant’Ambrogio di Lombardia comprendeva gli ospedali militari della Repubblica veneta, sebbene presentemente sia imminente la fondazione di altri conventi ospedali, non se ne hanno in attività che cinque, Milano, Lodi, Venezia, Padova, Brescia”. Il convento ospedale milanese dell’Ara Coeli nel 1690 attraversa momenti di difficoltà per il protrarsi di cause legali intentate al fine di invalidare l’acquisto degli stabili dell’origine. La divulgazione delle opere e della santità del fondatore dell’Ordine era opportuna per la qualificazione dell’istituzione all’interno della città e per la promozione del consenso. L’esempio di San Giovanni di Dio veniva proposto anche alla devozione dei religiosi, ai quali il priore generale Tomaso Bonelli nella visita canonica del 1685 raccomandava il rispetto delle regole. “Essendo consueto nell’està che li Religiosi di questa famiglia sogliono la mattina al segno del campanello alzarsi da letto, et andar à dirittura nell’infermeria per il servitio della medesima e secondo la sollecitudine, ò tiepidezza di ciascuno nell’operare, vengono ad arrivarci alcuni prima, altri dopo, e perché per ben cominciare l’opere, bisogna indirizzarle direttamente a Dio, ordiniamo che la mattina al segno della campana li Religiosi debbano radunarsi nel coro, ed ivi recitar Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 San Giovanni di Dio: la biografia milanese l’esercitio cotidiano, e farvi oratione secondo il prescritto delle nostre Regole, e poi unitamente tutti a due a due portarsi salmeggiando nell’Infermeria, et ivi faranno quanto spetta di servitio à poveri’Infermi, e dopo udiranno tutti unitamente la S.ta Messa che si celebrerà in essa infermeria, che vogliamo si cominci immediatamente finito il servitio de’ poveri, per il commodo di tutti. [Gianfranco Radice-Celestino Mapelli o.h., I Fatebenefratelli, Storia della Provincia Lombardo Veneta di S. Ambrogio dell’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio, Cernusco sul Naviglio 1976, Vol. II, pag. 5.] La biografia di un santo spagnolo nella Milano spagnola viene richiesta dal priore e dai religiosi al gesuita Tommaso Ceva, intellettuale di fama. Un nome e un personaggio di elevato profilo nella vita culturale e sociale della città e la celebrazione di una figura glorificata nella vita della chiesa avrebbero onorato il convento milanese e i governanti spagnoli. Tommaso Ceva nacque a Milano il 17 dicembre 1648 e fu battezzato il 21, giorno della festa di San Tommaso. Entrò nella Compagnia di Gesù nel 1663 e rimase nel Collegio milanese di Brera dal 1675 alla morte che avvenne il 3 febbraio 1737. Definito dall’Argelati, “splendore della società di Gesù insieme al fratello Cristoforo”, fu insigne matematico. Fu un intellettuale versatile di grande ingegno a Milano, spagnola della seconda metà del Seicento e asburgica dei primi decenni del settecento. Fu animatore dell’Arcadia (dal 1718) e di altri circoli culturali, ammirato da governanti e dotti del suo tempo, come il Muratori, il Maggi. Il marchese di Leganes, governatore dello stato di Milano dal 1691 al 1698 andava a trovare il padre Ceva a Brera e compose un corso di matematica, pubblicato anonimo per Pandolfo Malatesta nel 1693. A quest’opera sono premessi componimenti vari tra cui sonetti del Maggi e del Lemene. Un’accurata biografia di Tommaso Ceva è l’introduzione di Felice Milani nell’edizione della traduzione di Jesus Puer, per Ugo Guanda, 2009, già citata. Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 IX L’autore milanese San Giovanni di Dio: la biografia milanese Al marchese di Leganes il Ceva dedicò le Sylvae, una ventina di componimenti in versi latini. Nel Collegio gesuitico di Brera rimase sino alla morte, avvenuta all’età di 88 anni nel 1737. Vi aveva insegnato per trent’anni retorica e matematica. Come biografo scrisse anche del vescovo di Bergamo Luigi Ruzini (vita stampata a Venezia da Recurti nel 1712 e a Milano nello stesso anno per Pandolfo Malatesta) e dell’imperatrice Maddalena Teresa d’Austria. Come letterato, compose poemi e trattati, poesie e drammi, saggi di critica letteraria. Come scienziato, scrisse dissertazioni filosofico-matematiche, apprezzate e pubblicate più volte. X La destinataria milanese L’iniziativa editoriale promozionale del convento milanese dei Fatebenefratelli viene completata con l’omaggio a una nobildonna dell’importanza della marchesa Teresa Serra Visconti. La dedica di un’opera di argomento devozionale a una dama non è inusuale. È elogiativo nei confronti della destinataria, a cui si riconoscono le virtù della pietà religiosa e della grandezza d’animo. Anche il Lemene dedica il suo “Rosario” alla regina Eleonora d’Austria. Teresa Serra Visconti è personaggio di rilievo nella vita culturale milanese, ma soprattutto appartiene a casate illustri. Con i Visconti, in particolare, i Fatebenefratelli di Milano hanno legami specifici: Gaspare Visconti è il vescovo della fondazione, Luisa Visconti è la proprietaria della casa di Granata, dove morì San Giovanni di Dio. Ma già l’appartenenza alla famiglia d’origine, Serra, per Teresa è titolo di grande onore. Suo padre, il marchese Carlo Francesco Serra, stimato Maestro di Campo di Filippo IV, era destinato al governo di Milano in successione al conte di Fuensaldagna. La morte in mare durante un assalto dei Turchi Barbareschi, mentre accompagnava Don Giovanni d’Austria in viaggio verso le Fiandre, aveva troncato la brillante carriera del valoroso comandante. Per riconoscenza il re, provvedendo a sistemare la vedova e i figli, aveva assegnato una ricca dote alla figlia Teresa che sposò Cesare Visconti, marchese di Cislago. Ancora il poeta Francesco de Lemene nel sonetto dedicato alla marchesa Teresa Serra Visconti tesse l’elogio della nobiltà della sua condizione. Un altro poeta milanese, Carlo Maria Maggi, amico del Lemene e del Ceva, fa di lei la sua musa ispiratrice, con lo pseudonimo di Eurilla. Eurilla è il nome dell’Accademia da lei fondata nel 1671 e riservata alle donne, con l’intendimento di aprire nuove strade alla letteratura. Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 San Giovanni di Dio: la biografia milanese DEDICA ALLA MARCHESA TERESA SERRA VISCONTI Rechiamo a Vostra Eccellenza, con l’augurio felice dell’anno nuovo, la Vita del nostro S. Giovanni di Dio, novellamente registrato nel Catalogo de’ Santi. Egli quando vivea, tutto che umile e povero, ebbe sempre l’adito aperto nelle case di Personaggi grandi, a’ quali era singolarmente accetto per la sua carità, e tratto affabilissimo. Onde siamo sicuri che sarà ricevuto altresì nella sua con pari gradimento, e vi entrerà con titolo particolare, per essere sempre aperta (mercè la pietà di V.E.) a poveri che vi concorrono. Non è qui luogo di rammemorare gli altri pregi sublimi di virtù e di sangue, che l’adornano. Soltanto la pregheremo, che, essendo ella dotata da Dio di quel fino accorgimento, e vivacissimo ingegno che tutti sanno, si compiaccia nondimeno gradire la semplicità dello stile, con cui si è giudicato di esporre al pubblico le azioni di questo Santo. Dalla cui intercessione imploriamo a Vostra Eccellenza e a tutta la sua casa ogni felicità. Dal Convento e Hospitale di S. Maria d’Ara Coeli primo Genaro 1691 di V. Eccellenza Umilissimo e divotissimo servitore Il Priore e Religiosi di detto Convento e Ospedale Il Convento Ospedale di Santa Maria dell’Ara Coeli a Milano Nel 1691 La dedica alla nobildonna milanese è contingente e specifica dell’edizione milanese. Come già detto, la contemporanea genovese ha altra dedicataria e le edizioni successive, anche quella di Lucca del 1712 non ha dediche, solo la premessa “Al lettore”. Le fonti della biografia Come di rito, nella premessa al lettore l’autore comunica le informazioni che ritiene importanti per chiarire gli intenti del suo lavoro. Esordisce precisando che l’occasione della sua opera è la canonizzazione del Santo e che le fonti sono due biografie spagnole uscite precedentemente in Spagna e tradotte in Italia, quella di Francesco de Castro e di Antonio de Govea. Egli perciò si pone come tradut- Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XI Illustrissima, ed Eccellentissima Signora. XII San Giovanni di Dio: la biografia milanese tore e divulgatore in stile più conciso e semplice. È verosimile che il Ceva abbia tradotto direttamente dall’originale le opere spagnole, perché come suddito dello stato di Milano del Regno di Spagna ne conosceva la lingua, che usava per composizioni poetiche, come gli amici Maggi e Lemene. Gli autori e le opere della letteratura spagnola, soprattutto di teatro, facevano parte della cultura letteraria milanese. È probabile che lo scrittore gesuita abbia conosciuto le traduzioni italiane antecendenti al 1690. La biografia di Francesco Castro era stata tradotta in italiano e pubblicata a Roma nel 1587 da Francesco Bordini, della Congregazione dell’Oratorio, uno dei primi discepoli di San Filippo Neri. Il Bordini romano di nascita, fu letterato e poeta, teologo e giurista. Dopo avere avuto incarichi nella Curia Romana, fu vescovo di Cavaillon in Francia e di Avignone, dove morì nel 1609. In Spagna erano uscite due biografie nei primi decenni del Seicento: una a Burgos nel 1617 del fatebenefratello Dionisio Celi, e l’altra a Madrid nel 1621 del vescovo agostiniano Antonio de Govea, vescovo di Cirene, visitatore apostolico in Persia, del consiglio di S.M. e suo predicatore per la corona di Portogallo. Il titolo del libro è “Vita, morte, e miracoli, del b. Gio. di Dio fundatore della religione de padri Fate Bene Fratelli”. Quest’ultima era la più diffusa. Nel 1675 era arrivata alla sesta edizione. In Italia, nello stato spagnolo meridionale, era stata tradotta l’edizione del 1624 da Bernardo Pandolfo, sacerdote dell’Ordine, pubblicata nel 1631 a Napoli per Lazzaro Scoriggio. A Palermo nel 1666 era uscita la traduzione di Ilarione Perdicaro e Notarbartolo per Agostino Bossio dal titolo “Cronologiche notizie della vita, morte, e miracoli del B. Giouanni di Dio fondatore della religione di coloro, che curano gl’infermi chiamati fate ben fratelli”. Per la conoscenza delle stampe spagnole non mancavano al Ceva i contatti con Madrid, tramite i nobili milanesi che vi erano chiamati a corte, alla sede del governo centrale, con incarichi di prestigio per gli stretti rapporti che la capitale manteneva con Milano. La corona di Spagna teneva relazioni amichevoli con i notabili delle città suddite. Oltre alle fonti, nella premessa viene rivelato l’intento encomiastico dell’opera: non solo il santo è presentato come “uno dei più rari e cospicui esemplari di Carità che abbia avuto la Santa Chiesa”, ma anche l’Ordine da lui fondato è definito “tanto benefico al mondo”. L’autore, però ,si attribuisce solo un intento edificante: suscitare in tutti la carità verso il prossimo, tanto raccomandata da Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 San Giovanni di Dio: la biografia milanese XIII nostro Signore Gesù Cristo nel suo vangelo. Il carattere divulgativo è esplicitato dalla brevità del testo, mirata a non annoiare il lettore, senza sminuire l’importanza delle azioni del santo. La prosa cevana scorre piana in linguaggio chiaro ed essenziale, in linea con la formazione scientifica e la mentalità matematica dello scrittore. “La vita di San Giovanni di Dio, succintamente descritta in questi fogli è cavata dalle più fondate notizie che si trovino nelle due vite compilate in lingua spagnuola da Francesco di Castro, Rettore dello Spedal di Granata, e da Antonio di Govea,Vescovo di Cirene, giudicate le più autorevoli dall’eruditissimo Bollando, nel tomo primo de’ santi di Marzo, e da lui illustrate con diligenti osservazioni. Ho procurato, quanto mi hanno permesso le angustie del tempo, di stenderla con tal temperamento, che la brevità non offendesse le azioni del Santo, e la soverchia lunghezza non atte- Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XIV San Giovanni di Dio: la biografia milanese diasse il Lettore. Il mio fine è stato eccitare in tutti lo spirito della Carità verso il prossimo, tanto raccomandata da Gesù Cristo Signore nostro nel suo Santo vangelo, proponendone uno de’ più rari e segnalati esemplari, che abbia auto la Santa Chiesa; il che ho fatto con semplicità di stile, scegliendo tra le azioni e grazie miracolose di questo gran Limosiniere le più belle e le più singolari. Vedrai, Lettore, un uomo rozzo povero e semplice; ma di cuor magnanimo, d’indole generosa, d’animo forte, grazioso affabile, atto a guadagnarsi il cuor di tutti. Osserverai uno spirito guidato per mille strane avventure, e diversissimi impieghi di pastore, di soldato, e di mercante, convertitosi in un punto a Dio, fingersi pazzo per amor suo, e come tale voler essere curato in uno Spedale pubblico di Granata: quindi, dopo un divoto pellegrinaggio, ritornare nella medesima Città, in un nuovo e abiettissimo mestiere; e un uomo tale, in concetto sì pregiudicato, senza aver nulla al mondo risolversi in un istante di fondare uno Spedale, riuscirgli di trovar credito e denaro per mantenere una turba numerosissima d’Orfani abbandonati, di Donzelle in pericolo, di Pellegrini, Storpi, Infermi, e poveri, quanti a lui ricorrevano. Vedrai finalmente quanto possa in un cuore la forza della Cristiana Carità nel tolerare affronti, sofferire stenti, esporsi a rischi di morte, e far suoi propri tutti i disagi, le miserie, e disavventure del prossimo. Tutto ciò scorgerai chiaramente in questo gran santo, perseguitato per ciò dal Dimonio in cento strane forme, e al contrario favorito da Dio, e dalla sua Santa Madre con visite, ed altri favori segnalatissimi, conchiudendo le sue fatiche con una morte la più felice che desiderar si possa, accompagnata da stupendi miracoli con cui Iddio volle glorificare l’umiltà, la penitenza, povertà, e carità del suo servo. Ho voluto metterti innanzi agli occhi in questa prima pagina il ritratto in piccolo di questo Santo Padre de’ poveri e Fondatore d’un Ordine tanto benefico al Mondo, perché possa in una occhiata comprenderlo; ma ne formerai concetto molto maggiore, e più adeguato leggendo le sue azioni, virtù, morte, e miracoli, che ora vengo a descriverti”. [La trascrizione non è conservativa, cioè le parole sono trascritte secondo la grafia attuale e non del tempo, con l’eliminazione della h iniziale e l‘introduzione della consonante z.] Le vicende della vita sono narrate con una sintesi efficacissima. L’intento divulgativo è conseguito con un andamento narrativo favolistico, da tradizione popolare. Anche nell’opera sua più famosa “Jesus Puer”, un poema sull’infanzia di Gesù, composto sul modello dei poemi classici, l’elemento fantastico viene aggiunto al testo evangelico, in ossequio alla poetica tassiana Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 San Giovanni di Dio: la biografia milanese Un passo esemplificativo: l’episodio della melagrana Un esempio, che solo può rappresentare adeguatamente lo stile e i contenuti della biografia cevana, è quello dell’incontro di Giovanni con il fanciullo Gesù. È un episodio che non è narrato dal Castro, il quale si astiene da esporre interventi miracolosi, perché non era consentito per figure per cui non era ancora concluso il processo di beatificazione, anzi neppure iniziato. Si tratta di un passo sul periodo in cui Giovanni va a Granata come venditore ambulante di libri di devozione: «Colà dunque avviatosi con tutta la sua suppellettile al collo s’incontrò nel cammino in un fanciullo mal vestito e a piedi scalzi, che andava con pena e fatica. Il buon Giovanni, ch’era compassionevole verso tutti, non sofferendogli il cuore, si trasse le sue scarpe di corda, e di sua mano gliele pose nel miglior modo che seppe; ma il fanciullo mostrandogli che non potea camminare, per esser troppo grandi, gliele tornò. Di che scontento Giovanni, e maggiormente intenerito, gli disse: Fanciullo benedetto, se non vi servono le mie scarpe, servitevi delle mie spalle, e in così dire si abbassò e lo prese su gli omeri: ma a poco a poco se lo sentì così grave e pesante, che a gran fatica poteva muovere i passi. Onde arrivato ad una fonte tutto ansante gli disse: Figliuol mio, datemi licenza che beva un poco, perché in verità mi avete fatto sudare: ciò detto si abbassò perché scendesse, e postolo vicino ad un albero, se ne andò a bere. Ma nel medesimo tempo fu chiamato per nome, e, voltatosi a dietro vide che il fanciullo avea in mano un pomo granato aperto, con una croce nel mezzo, il quale con sembiante celeste gli disse. Giovanni di Dio Granata sarà la tua croce, e immantinente scomparve. Rimase Giovanni senza parola per lo stupore, indi ritornato in sé alzò gli occhi e le mani al Cielo, confuso di favor così grande, dolendosi senza fine di non aver saputo discernere il Figliuol di Dio da gli altri fanciulli: e conoscendo dalle parole dettegli qual fosse il voler divino, s’avviò co’ suoi libri a Granata; dove finalmente giunto prese in affitto un picciol ridotto alla porta Elvira, nel sito più frequentato della Città. Ivi alzò una tenda – è curiosa la traduzione di “tienda “con “tenda”, invece di “bottega”–, continuando a vendere e comperare, come avea cominciato in Gibilterra, fin che fu da Dio chiamato a guadagno Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XV classicista dell’educare con diletto. L’intento encomiastico è palesato dalla definizione dei Fatebenefratelli come “Ordine benefico al mondo”. XVI San Giovanni di Dio: la biografia milanese Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 maggiore, come nel seguente capo vedremo». Il passo riportato è alle pp.29-3, cap 1, edizione Quinto, Milano 1691; e alle pp. 19-20, cap 1, edizione Bernardoni, Milano 1838. In queste due edizioni il testo è identico, senza variazioni lessicali. Il Govea racconta lo stesso episodio con maggior dovizia di particolari in un intero capitolo riservato, il nono. Il Ceva lo colloca alla fine del primo capitolo dove ha sintetizzato le notizie di dieci capitoli del Govea. Il Castro non riporta questo episodio, perché la sua scelta è quella di raccontare solo i fatti verificati e di mettere in risalto le opere del fondatore. Il trasferimento e la sistemazione di Giovanni a Granata è infatti da lui così narrata: “Sembrandogli, però, molta fatica andare sempre col fagotto sulle spalle e di luogo in luogo, decise di recarsi a Granata e ivi di stabilire la sua dimora, e così fece: vi si recò all’età di 46 anni e prese casa ed aprì bottega a porta Elvira, dove rimase svolgendo il suo lavoro fino a quando a Nostro Signore si compiacque di chiamarlo per servirlo in altro migliore". [In verità Giovanni non aveva 46 anni, ma 43.] Il racconto dell’apparizione del Bambino Gesù, molto simile a quello della leggenda di San Cristoforo, è noto, perché ha dato origine al simbolo dell’Ordine, che è il frutto del melograno. È altrettanto noto che il nome “Fatebenefratelli” dell’Ordo Hospitalarius Sancti Johanni de Deo, sigla O.H, fu dato in Italia, perché nel questuare i frati ripetevano lo stesso ritornello del fondatore, come ricordano le terzine di una villanella, ossia una canzonetta in voga a Roma nel 1584 e riportata da Fra Giuseppe Magliozzi, o.h. in La Vita, gli scritti e la spiritualità di San Giovanni di Dio, Edizioni Fatebenefratelli. Roma 2009, pag. 51: Vanno per Roma con le sporte in collo certi gridando: Fate Ben Fratelli, per medicare gl’infermi poverelli. A questi non v’è donna tanto avara che non faccia limosina e non sia verso di loro liberale e pia. Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XVII San Giovanni di Dio: la biografia milanese San Giovanni di Dio: la biografia milanese Il Ceva tra Castro e Govea Il titolo delle biografia che riportano il nome di Tommaso Ceva è: Vita e mi- XVIII racoli del sempre ammirabile San Giovanni di Dio, fondatore del sacro ordine dell’ospitalità de’ padri Fatebenefratelli. È un titolo modificato, più vicino a quello dato dal Castro, che è storia della vita e delle sante opere di giovanni di dio. La differenza si coglie nell’intento celebrativo della figura, di una figura che sale agli onori degli altari. Il primo biografo intende risaltare la dedizione oblativa nell’esercizio eroico della carità, il Ceva sottolinea ed evidenzia la serie di interventi prodigiosi in un campo d’azione più ampio di quello delle guarigioni. Come indica il titolo, la biografia cevana segue lo schema classico della narrazione della vita e dei miracoli. La prima è presentata con i connotati della straordinarietà e i miracoli ne sono il corredo naturale. È lo schema delle vite degli uomini illustri, imperatori e condottieri, scritte da biografi latini che davano al racconto della vita la funzione celebrativa ed educativa, perché offriva esempi di virtù, proposti all’imitazione. Oggi le biografie di personaggi esemplari non sottolineano l’eccezionalità, ma la normalità delle vicende esistenziali. Una lettura dei testi del passato può quindi assumere un significato storico e morale per cogliere nel profilo agiografico i valori umani perennemente attuali. Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 Noi oggi vediamo l’insegnamento di San Giovanni di Dio messo in pratica dai religiosi dell’Ordine da lui fondato, che si applicano al servizio dei malati più difficili ed emarginati. “Noi vediamo”non in senso metaforico, ma veramente, perché lo constatiamo direttamente nella Casa di San Colombano. L’esempio offerto all’imitazione è quello dell’assistenza attenta ai bisogni sociali, con dedizione amorevole e disinteressata. “Vediamo“ invece nel contesto storico culturale del Seicento quali aspetti della vicenda umana e religiosa del santo fondatore vengono sottolineati da Tommaso Ceva: “Il Santo Limosiniere e Padre de poveri Giovanni, che fu poi cognominato di Dio, nacque nell’anno di nostra salute 1495, in Monte-maggiore il Nuovo, terra di Portogallo, discosta da Evora cinque leghe, governando quel regno Don Giovanni II. Suo padre si chiamò Andrea Ciudad, uomo più virtuoso che ricco, ed ebbe per consorte donna di pari onestà di costumi, il di cui nome è rimasto in oblivione. Abitavano amendue in una parte del Borgo detta la strada Verde, in una picciola e povera casa, che poi da questo gran Servo di Dio fu resa celebre per le molte grazie e miracoli che ivi successero dopo la sua morte”. Questo è l’incipit che riassume efficacemente la parabola di vita con le notizie essenziali:luogo e data di nascita, origini umili della famiglia onesta, santità confermata dai miracoli dopo la morte. I prodigi premonitori del suo futuro sono quelli consueti e tipici: apparizione di una colonna di fuoco sul tetto della casa paterna, il suono autonomo delle campane della chiesa del battesimo. Segni di favore speciale della sorte del neonato. Le prime vicende non sono però favorevoli, perché Giovanni viene allontanato dalla famiglia all’insaputa dei genitori e fatto pastorello alle dipendenze di un padrone. Cresciuto sano e robusto si arruola come soldato nella guerra contro la Francia. Il mestiere di soldato e di Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XIX San Giovanni di Dio: la biografia milanese XX San Giovanni di Dio: la biografia milanese Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 pastore si avvicenderanno nell’età giovanile con viaggi e spostamenti continui in Spagna, oltre i Pirenei e in Africa. Prima della fondazione dell’ospedale a Granata le vicende del suo fondatore sono caratterizzate da irrequietudine, desiderio di avventura, eccessi oblativi che rasentano forme autolesionistiche nello slancio incondizionato e sconfinato di dedizione per il prossimo. Quella di Giovanni Ciudad è una figura che anche nel contesto e nello sfondo di situazioni irrazionali del suo tempo appare border line. Questa valutazione prettamente moderna non viene colta dall’autore secentesco che non coglie una malattia della mente e dell’anima, ma una straordinaria espressione di carità, che porta al sacrificio di sé, all’annullamento di sé per meglio comprendere e aiutare i miseri e gli infermi. Il Ceva per i devoti italiani sembra perseguire l’intento di dare tutte le informazioni possibili per la conoscenza del Santo e per la valorizzazione della sua esemplare testimonianza di carità. Numerosi sono perciò gli episodi minuziosamente elencati di generoso e risolutivo intervento in casi di necessità, non solo di malatta. La felice conclusione ha sempre i tratti dell’eccezionalità e dell’intervento divino. L’amore per il prossimo, emanazione dell’amore di Dio, è sempre sostenuto dalla totale fiducia nella Provvidenza. Come nei drammi per la rappresentazione scenica i Gesuiti introducono soggetti sacri per la divulgazione e l’edificazione, così nelle biografie di personaggi virtuosi vengono rintracciati esempi di imitazione. La biografia dell’amico poeta lodigiano Francesco de Lemene, che Tommaso Ceva scrisse, reca nel titolo “Memorie di alcune virtù del Signor Conte Francesco de Lemene” Lo spagnolo Francisco de Castro, che è il primo biografo di Giovanni di Dio e scrive alcuni anni dopo la morte del Santo, avvenuta nel 1550, inizia il racconto della vita dal 1538, anno della permanenza a Granata. Dedica la sua opera all’arcivescovo della città, Don Giovanni Mendez de Salvatierra e si rivolge al cristiano lettore. Per la realtà religiosa e sociale della Granata del tempo l’aggettivazione è necessaria. Quello che per la popolazione milanese è genericamente “il lettore” per la città di Granata, dove sino al 1492 perdurava il dominio arabo musulmano, la presenza di cristiani, vecchi e nuovi, cioè i convertiti, doveva essere sottolineata e distinta. È al “cristiano lettore” che il Castro (come poi il Govea), si rivolge con questo avvertimento: «La maggior difficoltà che si presenta a chi per la prima volta vuol dare alla luce una storia veritiera, è quella di appurare e risuscitare la verità che col passare del tempo è stata sepolta e messa in oblio. Cosa che è successa a me in quest’opera, poiché sebbene sia trascorso poco Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XXI San Giovanni di Dio: la biografia milanese XXII San Giovanni di Dio: la biografia milanese tempo da quando Giovanni di Dio passò da questa vita e vivevano ancora molti di quelli che lo conobbero, essendo però mancato chi mettesse in iscritto le cose essenziali della sua vita, ed essendo egli stato uomo silenzioso, che poche volte parlava di cose che non riguardassero la carità e il soccorso dei poveri, non abbiamo notizia di molte cose che appartengono a questa storia, di molte cose, cioè notevoli, che gli accaddero dopo la vocazione avuta da Dio delle quali coloro che lo conobbero ci danno solo congetture, ma non relazione certa, in modo da poterla scrivere... Pertanto, ciò che si riporterà è quello che si è potuto sapere con molta certezza e verità....» (Riporto il testo curato da p. Gabriele Russotto, edizione Fatebenefratelli 1989, pag. 32). La fonte certa delle notizie è, infatti, un compagno di viaggio che seguì Giovanni in tutte le sue peregrinazioni. L’autore non mancò tuttavia di ascoltare la testimonianza di persone di credito che ebbero contatti con lui e riportò solo notizie accertate, trascurando quelle non verificate. Concluse, infatti, con la convinzione che «È meglio che rimanga molto da dire, piuttosto che dire cose che non si abbiano per molto certe». Il Castro, come scrive padre Gabriele Russotto, non indulge a facili entusiasmi panegiristici ed omette fatti miracolosi, senza negarli. L’intento del primo biografo spagnolo è dichiaratamente quello di testimoniare la verità, la verità che è alla base dell’indagine storica, e la narrazione si svolge sulla traccia dei risultati della ricerca testimoniale. Anche i biografi più recenti come Juan Felix Bellido (“Giovanni di Dio folle per amore”, Città Nuova Editrice, Roma 1995. traduzione di Giuseppe Pessa) nella sua ricostruzione delle vicende esistenziali di Giovanni Ciudade, a cui il vescovo di Tuy, don Sebastian Ramirez de Fonleal, cambiò il nome in Giovanni di Dio, seguono puntualmente il Castro. Se il Ceva vuole sottolineare la grandezza del profilo umano e la generosità delle sue azioni, il Castro si preoccupa di dimostrare che entrambi, l’uomo e le sue azioni, furono veramente straordinari, incredibili, ma veri. Nella parte assegnata ai miracoli il Ceva si ispira evidentemente al Govea che scrive una biografia per sostenere la pratica di beatificazione in corso a Roma, pratica raccomandata al pontefice dalla regina Isabella di Spagna. Come precisa nella premessa, il vescovo agostiniano Antonio de Govea viene sollecitato dalla corte del re del Portogallo a scrivere sulla vita dello straordinario figlio di quella terra. L’opera del Govea del 1621 viene stampata a Madrid dal Giunti nel 1624 col titolo”Vida y muerte del bendito Padre Iuan de Dios Fundador de la Orden de la hospitalidad de los pobres enfermos al ex.mo s.d.Duarte marques de Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 Frechilla”. Fu ristampata più volte. Dopo la beatificazione del 1630, Giovanni di Dio, “el bendito padre”, viene indicato come “el santo padre Juan de Dios”. Il titolo della sesta edizione del 1675 è “Historia de la vida y muerte del glorioso San Juan de Dios, Patriarca y fundador de la religion de la hospidalidad de los pobres enfemos”. E un‘edizione uscita sempre a Madrid per Roque Rico de Miranda e dedicata, al generale dell’Ordine, Fra Francisco de san Antonio. Attingendo a questa fonte il Ceva omette particolari incomprensibili o estranei al “suo” lettore milanese. Non precisa, parlando della famiglia di Giovanni Ciudad, che è di”sangre limpia y buena”. La purezza dell’origine era un requisito importante nella mescolanza di ebrei, arabi, mozarabi che costituiva la popolazione del regno spagnolo cristiano unificato dopo la cacciata dei Mori da Granata. Il certificato della “limpieza de sangre” divenne indispensabile per una qualificazione sociale. Sulla biografia del Govea, che fu quella più conosciuta nel Seicento, il Ceva opera tagli sui commenti elogiativi e sull’enfatica celebrazione delle virtù e della carità del Santo. Effettua una sintesi completa in linguaggio semplice e colloquiale, privo di ornamenti retorici. La sua narrazione scorre agile e piana. La fedeltà al testo goveano è riscontrabile nell’episodio del Bambino Gesù che offre il frutto del melograno. Nel confronto appare chiaro come il gesuita milanese abbia eseguito una puntuale traduzione. Il passo che riportiamo è tratto Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XXIII San Giovanni di Dio: la biografia milanese San Giovanni di Dio: la biografia milanese dall’edizione del Govea del 1624, dal capitolo IX, pp.21-24. [Nell’edizione del 1674 il titolo del IX capitolo è Como el Niño Iesus apareciò a Nuestro Padre San Juan de Dios (pp.38-40)]. La trascrizione è conservativa. Tra parentesi la variante dell'edizione del 1674. XXIV COMO EL NIÑO IESUS APARECIÓ à Juan de Diós y le declaró ser su voluntad, que se fuesse servir à Granada Andava nuestro bendito Iuan (Padre San Juan de Dios) de lugar en lugar, en la comarca de Gibraltar, buscando à Dios para sí, y compradores para sus libros, à buen seguro que le halle; porque si este es el mismo que dixo de sí: Que se dexò hallar de los que no le buscavan; como se esconderà de los ojos de quien le busca? Hallole nuestro Iuan (Santo), y no le conocio, porque le vio en figura de Niño, con vestido de poco precio, para enseñar a despreciar la vanidad de los traxes del mundo: tenìa los pies descalços, para eneseñarle, como auia de andar de alli adelante. Bien merecia nuestro Juan que se llamase de Dios, y que le pareciesse nel nombre quien le parecia en las entrañas: eran tales las de este santo varon, que jamas vio necessitad, que no le enterneciesse, y deseasse remediar: mirò al Niño los pies desçalcos y quitose los alpargates, y se los dio: mostraua el Niño no poder caminar con ellos, por ser grandes, y se los bolvio, no para que los traxesse, sino para que los guardasse para otros pobres necesitados. Quedò descontento Juan (nuestro Padre), viendo otra vez los pies desçalcos al Niño, y lastimavase en pensar que los lastimava con la aspereza del camino, y assì le dixo: Niño bendito, y hermano, sino sirven mis alpargates, servios de mis ombros, que mas justo serà que lleue en ellos lo que a Dios tanto costò, que libros, que tan poco valen. Y porque no eran ofrecimientos, baxò la cerviz para que el Niño subiesse, y el lo hizo. Empecò Juan (nuestro venturoso caminante) à caminar (à proseguir su camino), con aquella suave carga, que con ser siempre ligera, entonces le parecio pessada, y de industria se le hazia tal, para que se acostumbrasse à llevar los pobres à su Hospital, de los quales muchos, no solo le auìà de ser pessados, sino tambien ingratos: cansauasse Juan con el pesso, que no conocia, y sudava con la carga. Bien creo que el piadoso Niño, que tan cerca llevava las manos de su frente, las acomodaria à limpiar el sudor que por ella le salìa. Haze creible este favor otro semejante, que no tengo por menor, porque fue mas conocido, y es, que en su postrera enfermedad vino la Reyna de los Angeles à visitarle, y con sus virginales manos le limpiò el sudor, que la calentura le causaua. Admiren y embidien este fauor los que conocen la grandeza del, y sepan de quan buena gana los concederà esta Senora à los grandes, y à los sabios, si se disponen à merecerlos, pues es Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 tan liberal que no los niega à nadie. A poco espacio del camino llegaron à una fuente, y dixo Juan (nuestro Padre San Juan de Dios): Niño bendito dadme licencia para beuer un poco de agua, que me aueis hecho sudar, inclinandose para que el Niño baxasse, le puso junto à un arbol, y fue a bever; el Niño le diò vozes, à las quales boluiendo el bendito Juan (nuestro Padre) los ojos, vio que le enseñava una Granada abierta, y en ella una Cruz, y le dixo: Juan de Dios, Granada serà tu Cruz, y diziendo esto, dessaparecio. Quedò ( el Santo) todo sin sentido, y al cabo de rato, boluiendo en sí, miraua al Cielo, dando vozes, ora con admiraciòn, ora con lagrimas, y à si mismo se reñìa, porque no conociò la diferencia que auia de aquel à los otros niños, confundiase de ver, que siendo èl indigno de todo fauor. los recibia tan señalados de la liberal mano de Dios, y entendiò que su divina voluntad era servirse del en Granada, y à ella caminò, queriendo realçar con la prompitud de la obediencia la poquedad del servicio, y assì se partio al momento con sola la compañia de sus librillos, y con una voluntad muy deliberada de emplearse en las ocasiones, que le inspirasse de su servicio, y como el desseo le apresurava, en pocos dias llegò a Granada, y determinando vivir en ella de assiento, alquilò una pequena casilla a la puerta Elvira y en ella puso su pobre tienda, continuando el oficio de vender, y comprar libros, con el zelo que en Gibraltar auia empeçado, y en èl perseverò. hasta que Dios le llamò para otro mas opulento, y de mayor ganancia. La traduzione del Ceva mira all’essenziale e tralascia quello che non lo è. Il suo testo omette particolari secondari e mantiene intatto il significato,pur essendo più breve. Il testo goveano tradotto integralmente si può leggere così: Camminava il nostro benedetto Giovanni ("il nostro padre San Giovanni di Dio” nelle edizioni dopo la beatificazione), nella regione di Gibilterra di luogo in luogo, cercando Dio per sé e compratori per i suoi libri, nella certezza di trovarlo, perché se è lo stesso che disse di sé che si sarebbe lasciato trovare da chi non lo cercava, come si sarebbe nascosto agli occhi di chi lo cerca? Lo trovò il nostro Giovanni e non lo riconobbe, perché lo vide in figura di Bambino con vestito di poco prezzo per insegnare a disprezzare la vanità degli abiti del mondo. Aveva i piedi scalzi per insegnargli come avrebbe dovuto camminare da quel momento in poi. Ben meritava il nostro Giovanni che si chiamasse di Dio e che gli somigliasse nel nome chi gli assomigliava nell’animo. Era tale quello di questo sant’uomo che mai vide necessità che non lo intenerisse e volesse soccorrere. Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XXV San Giovanni di Dio: la biografia milanese XXVI San Giovanni di Dio: la biografia milanese Guardò i piedi scalzi del bambino e si levò le calzature di corda e gliele diede. Il Bambino mostrò che non poteva camminare con quelle, per essere grandi e gliele restituì perché le conservasse per altri poveri, più anziani e in maggior necessità. Rimase scontento Giovanni, vedendo un’altra volta i piedi scalzi del Bambino e gli rincresceva per l’asprezza della strada, e così gli parlò: “Bambino benedetto, fratello, se non servono le mie calzature di corda, servitevi delle mie spalle, che sarà più giusto che porti sopra di loro quello che costò tanto a Dio, che libri che valgono tanto poco”. E poiché non erano complimenti abbassò la nuca affinché il Bambino salisse ed egli salì. Incominciò a camminare Giovanni con quel soave carico, che per essere sempre leggero, tuttavia gli sembrò pesante, e appositamente diventava tale, affinché si abituasse a portare i poveri al suo Ospedale. Molti di questi non solo sarebbero stati pesanti, ma anche molto ingrati. Si stancava Giovanni con il peso che non conosceva e sudava con il carico. Credo che il pietoso Bambino che così vicino portava le mani alla sua fronte, le usava per asciugare il sudore che usciva da quella. Rende credibile questo favore un altro simile, che non stimo inferiore, perché fu più conosciuto, cioè che nella sua ultima malattia venne la Regina degli Angeli a visitarlo e con le sue mani verginali gli deterse il sudore che la febbre gli causava. Ammirino e invidiino questo favore coloro che conoscono la grandezza di lui, e sappiano quanto volentieri li concederà questa Signora ai grandi e ai sapienti, se si dispongono a meritarli, poiché è tano liberale che non li nega a nessuno. Dopo poca lenta strada arrivarono a una fonte e Giovanni disse: Bambino benedetto, datemi il permesso per bere un poco d’acqua, poiché m’avete fatto sudare. Inchinandosi perché il Bambino scendesse, lo pose vicino a un albero e se ne andò a bere. Il Bambino parlò e il benedetto Giovanni volgendo lo sguardo vide che gli mostrava una Granata aperta e in essa una croce. Il Bambino gli disse "Giovanni di Dio Granada sarà la tua croce" e dicendo questo, scomparve. Rimase il benedetto Giovanni privo di sensi, e, tornato in sé dopo un pezzo, guardava il Cielo, gridando ora con ammirazione, ora con lacrime, si rammaricava con se stesso, perché non aveva conosciuto la differenza che c’era tra quello e gli altri bambini: si confondeva di vedere che, essendo egli indegno di ogni favore, li riceveva tanto notevoli dalla mano liberale di Dio, e comprese che la divina volontà era servirsi di lui in Granata. Si avviò verso quella, cercando di realizzare con la prontezza dell’obbedienza la pochezza del servizio. Partì all’istante con la sola compagnia dei suoi libretti e con la volontà determinata di impegnarsi nelle Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 San Giovanni di Dio: la biografia milanese L’edizione milanese del Quinto comprende nove capitoli e 183 pagine, con un frontespizio di sole parole, l’edizione del 1624 del Govea con frontespizio decorato di fregi e di figure, comprende 42 capitoli nel primo libro e 21 nel secondo, oltre un XXII capitolo sugli sviluppi successivi alla morte di Giovanni di Dio, in 223 pagine. Il Ceva tratta esclusivamente la vita e le opere del Santo. La biografia del Govea fa memoria delle case della Religione nelle varie province, segue gli sviluppi dell’Ordine ospitaliero con i successori del fondatore, registra i documenti del papa Urbano VIII (la lettera alla regina Isabella del 1624). Le edizioni successive aggiungono il breve del 1630 con cui il pontefice Urbano VIII dichiara beato Giovanni di Dio, riportano le lettere del santo a personaggi insigni del suo tempo. L’elenco dei miracoli è l’argomento più ampiamente trattato da entrambi i biografi e verrà messo in evidenza anche nel titolo delle varie edizioni del Ceva, uscite dopo la sua morte. Anzi in queste vengono aggiunte segnalazioni di miracoli che l’autore non poteva conoscere, perché datati al 1737, cioè dopo la pubblicazione della sua opera e quando non era più in vita. Le edizioni della biografia di Tommaso Ceva In Italia la biografia del Ceva ebbe larga diffusione. Già quando era in vita l’autore uscì una stampa a Genova per Casamara, contemporanea a quella di Milano nel 1691. A Lucca ne uscì una nel 1712 presso Pellegrino Frediani, conservata attualmente nella biblioteca Laurenziana di Firenze. Nel 1714 uscì a Milano per Malatesta un‘edizione riveduta dall’autore. Era conservata nella Biblioteca milanese di Brera, ma fu scartata. Nel Settecento, ma soprattutto nell’Ottocento furono numerose le stampe che uscirono nella Provincia Lombardo-Veneta, sia durante il regno napoleonico, sia durante la dominazione austriaca. La prima stampa uscita dopo la morte dello scrittore gesuita, conosciuta, è quella romana presso i fratelli Pagliarini nel 1750. L’opera porta il nome di Tommaso Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XXVII occasioni di servizio che gli si ispirasse. Siccome il desiderio lo spronava, in pochi giorni arrivò a Granada. Deciso a stabilirsi in quella, affittò una casetta alla porta Elvira e in essa pose la sua povera bottega, continuando il mestiere di vendere e comprare libri, con lo zelo che aveva incominciato a Gibilterra. Perseverò in questa attività, finché Dio lo chiamò a un mestiere più ricco e di maggior guadagno. San Giovanni di Dio: la biografia milanese Ceva come autore e titola: Vita e miracoli del sempre ammirabile San Giovanni di XXVIII Dio fondatore del Sagro Ordine dell’Ospitalità de’ Padri Fate-bene-Fratelli, scritta dal p. Tommaso Ceva della Compagnia di Gesù, e dedicata al medesimo santo da due religiosi del suo ordine in Roma: nella stamperia de’ fratelli Pagliarini, 1750. È un titolo che pone l’attenzione sui miracoli e presenta le aggiunte di un ignoto e invisibile curatore. Solo il confronto con l’edizione del 1691 consente di individuare la parte inserita nel testo. Questa dei miracoli datati al 1737 è l’unica modifica sostanziale, non molto lunga, e presente in tutte le edizioni successive. Occupa lo spazio di una pagina e inizia con: «Alla presente Vita del glorioso e sempre ammirabile Padre de’ poveri S. Giovanni di Dio, s’aggiungono, o divoto Lettore, due segnalati miracoli operati dall’Altissimo per sua intercessione. Successe il primo nella città di Roano in Francia il di 31 Marzo dell’anno 1736 a beneficio di una donna di anni 40 nomata Anna Elisabetta Labert, la quale, ritrovandosi in un luogo fuori della città, ricevè da un cavallo un calcio nel ginocchio destro che le slogò affatto la rotella. La curò il cerusico di quel paese, ma con tale infelice esito, che, giusta il parere di altri valenti professori chiamati alla cura, si era reso affatto incurabile il suo male. Due anni pertanto fu costretta la meschina giacere in letto inferma senza potere né alzarsi, né tampoco mettersi a sedere nello stesso letto, tanto eccessivo era il dolore che soffriva. Raccomandavasi ella a Dio ed alla B. Vergine; ma consigliata di ricorrere altresì al gran Padre degli infermi S. Giovanni di Dio, quasi dispettosamente rispose: Io nol farò, perché non ho mai sentito parlare di questo Santo, oltre che mi son raccomandata alla B. Vergine ed a tutti i Santi del Paradiso, e Iddio non ha voluto esaudirmi; laonde conosco ch’egli è di suo piacere ch’io sopporti questo male per isconto dei miei peccati. Ma poi le furono più premurosamente rinnovate le istanze affinché si valesse di un tal mezzo, assicurandola che così recuperata avrebbe la già disperata salute. Promise allora la sventurata di ciò fare, come di fatti nel sopraccennato giorno si pose ad effettuare fervorosamente la promessa. Nel bel della notte addormentatasi le parve sentir una voce che l’avvisava di continuare il suo riscorso al Santo, e risvegliata prese questo sogno come un avvertimento del Cielo; quindi piucché mai calorose riprese le sue orazioni, nel fervore delle quali riaddormentata, se lo vide innanzi agli occhi in abito di Religioso, esortandola a raccomandarsi a Dio, e nel medesimo istante toccandole le parti offese con grande ma momentanea sua pena, le aggiustò la gamba e la parte superiore della coscia destra, sicché tutt’in un tempo risveglia- Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 tasi trovossi a sedere nel letto libera da ogni dolore, e con istupore universale perfettamente guarita». «Avvenne l’altro su principio del mese di Agosto dell’anno 1737 nel luogo di S. Martino Diocesi di Cremona, ove ammalatisi di febbre continua due fratelli, chiamati Girolamo e Pietr’Antonio Ferrari, s’erano talmente aggravati, che nel breve spazio di quattro giorni Girolamo non poteva, senza grande molestia, veder la luce; l’altro di quando in quando già delirava, né poteva prender riposo. Sorpreso da questo infelice avvenimento Francesco Ferrari loro padre, che non aveva il modo di prestare ai figli quell’assistenza che richiedeva il pericoloso lor male, portossi a Cremona, al fine di procurare loro qualche ricovero nell’Ospedale di S. Giovanni di Dio. Fece ivi ricorso a quel Padre Priore, il quale trovandosi lo Spedale pieno d’infermi, né potendo per allora pienamente contentare l’afflitto padre, avendo luogo solamente per uno, gli disse che intanto di vero cuore si raccomandasse al Santo Fondatore ed in lui confidasse. Erano li sei del suddetto mese, e mentre sconsolato il genitore ritornavasene a casa, pregava caldamente il Santo ché si compiacesse di soccorrerlo in quella sua disavventura. Ciò egli faceva viaggiando; ed il Santo, che già dal Cielo avea esaudite le sue preghiere, prevenne il suo arrivo a casa visibilmente, visitandolo in abito religioso con porsi accanto al letto dei figli, e toccando loro il polso, li animò dicendo: Che fate, figliuoli? Abbiate buona fede in Dio che vi darà buona salute. Ad ambedue adunque nel medesimo istante e nella stessa maniera comparve. Non conobbero però essi chi fosse il buon Religioso ch’era andato a visitarli, onde Girolamo chiamò la madre affinché gli dasse da bere; a cui ella risponde che non aveva veduta persona alcuna entrare, od uscire di quella stanza. All’altro poi dimandò il Santo se avea sete, e gli diede a bere dell’acqua fresca; dopo di che placidamente riposatisi ambedue per lo spazio di un quarto d’ora, s’alzarono dal letto liberi affatto di febbre e da ogni dolor di testa, ponendosi a mangiare, e consolandosi vicendevolmente della recuperata salute. Giunse poco dopo a casa il padre, e veggendo i figli a tavola li sgridò, dubitando di qualche loro sproposito, ma poi intesa la graziosa visita del religioso, ricordossi del ricorso fatto a S. Giovanni di Dio, a cui attribuì sì speciale grazia in sollievo dei figli, che già quasi davano a dubitare della lor vita. Onde assieme con i figli non mancò di render le dovute grazie all’Altissimo, ed al Santo liberatore. E ciò sia detto a maggior gloria di Dio, e conforto de’ fedeli, che ne’ loro bisogni, implorando con viva fede la protezione di sì gran Santo, sperimenteranno in sé stessi quanto sia pronta, efficace e Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XXIX San Giovanni di Dio: la biografia milanese XXX San Giovanni di Dio: la biografia milanese miracolosa la sua carità». Con il paragrafo seguente “Aggiungiamo ora a’ miracoli marcati, quello della fragranza comunicata dal Santo." riprende il testo del Ceva. Le variazioni lessicali o sintattiche sono lievi e rare. È una stampa sempre sobria, senza illustrazioni. Nel 1773 esce un’edizione a Bologna e a Roma per la stamperia San Tommaso d’Aquino. Le edizioni ottocentesche sono: due nel 1807 a Venezia, presso Domenico Draghi, e a Milano, presso Giacomo Pirola, una a Venezia nel 1829, presso la tipografia San Lazaro, una a Milano per Bernardoni nel 1838, un’altra, sempre per Bernardoni, ma senza data, con l’aggiunta del settenario e della novena del santo, una ancora a Milano nel 1846, una a Venezia nel 1865. La più interessante è l’edizione milanese del 1846 che esce col titolo nel frontespizio, senza il nome del Ceva come autore. Quest’edizione uscita per la ditta Boniardi Pogliani ha il titolo abbreviato “Vita di S. Giovanni di Dio fondatore dell’ordine ospitaliere de’ Padri de Fatebenefratelli”. È corredata da annotazioni di un anonimo che non ha certezza dell’autore e pone il Ceva come nome accreditato dall’opinione comune. Chi sia questo anonimo commentatore che pone in appendice cenni storici statistici e cura un apparato di note sulla religione dei Fatebenefratelli, non è documentato. È sicuramente un conoscitore della storia dell’ordine e potrebbe essere identificato con il padre Giovanni Maria Alfieri, molto attivo nel rinvigorire l’immagine e il prestigio dei Fatebenefratelli. Nel corpo del testo quello che si qualifica come “editore” apporta variazioni lessicali e aggiunge notizie storiche. Nell'aggiunta già menzionata sui miracoli inizia il paragrafo con “Chiuderemo le tante meraviglie operate da Dio in onor del suo servo Giovanni coi due seguenti miracoli ottenuti per sua intercessione. Successe il primo nella città di Roano in Francia il dì 31 marzo dell’anno 1736…" (edizione Boniardi Pogliani sopra citata, pag.149). "Avvenne l’altro miracolo sul principio del mese d’agosto dell’anno 1737 nel luogo di San Martino diocesi di Cremona, nella quale città esisteva fin dal 1603 un Convento-Spedale de’ Fate-bene-fratelli sotto il titolo della Santissima Incoronata..." (pag.150). Questa informazione attinente alla storia peculiare dell’ordine, assente nelle precedenti redazioni, supporta l’ipotesi di un fatebenefratello. La modifica,più scoperta in altre edizioni,viene qui meglio integrata in uno svolgimento di continuità, anche nella conclusione del passo che così recita: "Dalle cose fin qui narrate della vita e miracoli di S. Giovanni di Dio, potrà il pio lettore scorgere in primo luogo quanto sia vero ciò che dicevasi da principio Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 San Giovanni di Dio: la biografia milanese "Questa vita più diffusamente scritta in idioma spagnuolo dal Padre Antonio di Goea, Vescovo di Cirene e visitatore apostolico della Persia, stimata universalmente e solennemente approvata dall’Inquisizione, fu tradotta in italiano dal padre Emanuele d’Herrera, procuratore dell’ordine del Santo, e poi in varie parti rifatta e compendiata da un padre Gesuita creduto Tommaso Ceva. Or venne di nuovo confrontata e ricorretta sulla Vita Originale e sulle più antiche memorie che si hanno di sì amabile Santo: dalle quali ben si rileva come fin dai primi anni della sua preziosa morte, se lo assumevano a gara per Protettore non solo i poveri infermi ed afflitti d’ogni specie,ma anche i poveri peccatori le penitenti per le quali tanto s’adoperò,e perfino i soldati e i libraj, al cui ceto per un certo tempo appartenne e fece onore. Tutti quanti poi aspirano al caro amor di Maria Santissima e al di lei patrocinio; a Protettore ed esempio possono avere questo Santo per Maria sì tenero ed a Maria sì diletto,che dalla nascita alla morte ci presenta una successione continua di favori di dolce Madre,ai quali dopo Dio devesi senza dubbio quanto di eroico e di santo ammirasi in questa straordinaria vita." Appare evidente che l’editore commenta un’edizione già modificata, un’edizione, se non settecentesca, certo di primo ottocento. Questa edizione di Milano del 1846 è di 160 pagine, comprese le ultime tre dell’Appendice. Reca a fianco del frontespizio una figura di San Giovanni di Dio che asciuga un piede a Gesù, riconoscibile per il segno dei chiodi della Crocefissione, seduto all’interno di un camerone d’ospedale dalle pareti colonnate con la didascalia “A me Giovanni si fa tutto il bene che in nome mio ricevono i miei poveri”. Anche le stampe veneziane del 1807 e del 1829 presentano nell’antiporta una raffigurazione di Giovanni di Dio che lava i piedi a un infermo, il quale ha le sembianze di Gesù. Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012 XXXI della divozione del Santo per Maria Santissima:nato sotto i di lei auspici,quasi dalle fasce." (pag.153 dell’opera sopra citata). L’identità di un fatebenfratello italiano è sostenibile anche da altri elementi: mantiene la traduzione di “tenda” per “tienda”, invece di “bottega” nell’episodio del Bambino Gesù che appare a Giovanni. Sua è anche la precisazione che la denominazione “fatebenefratelli” è puramente italiana. L’anonimo autore delle note, inoltre, nel rilevare che nell’anno in cui in Spagna muore Giovanni di Dio, anno 1550, nasce in Abruzzo Camillo de Lellis, altro padre dei poveri e degli infermi, così scrive nell’“Avvertenza”. San Giovanni di Dio: la biografia milanese XXXII Fino Clotilde, nata a Roma il 27/11/1943 e residente a San Colombano al Lambro. Laureata in materie letterarie all’Università Cattolica di Milano nell’anno Accademico 1965/66, ha insegnato nelle scuole inferiori e superiori del Lodigiano. Gli ultimi venti anni nel Liceo Scientifico “Gandini” di Lodi. Lasciata la scuola, si è dedicata alle ricerche di storia locale su documenti di archivio. Fa parte della Società Storica Lodigiana. Su argomenti di storia locale ha pubblicato vari articoli su alcuni giornali del territorio. Ha partecipato a diversi convegni e nell’aprile 2004 a Lodi ha presentato l’epistolario inedito di Francesco de Lemene. A questo letterato lodigiano del Seicento ha rivolto particolare attenzione e interesse, tenendo conferenze e pubblicando diversi articoli. In copertina il frontespizio dell’edizione di Tommaso Ceva del 1691, pubblicata a Milano da Carlo Giuseppe Quinto Inserto Fatebenefratelli Gennaio • Marzo 2012