la Parola prima delle parole Domenica, 8 aprile 2007 diocesi milano7 Domenica di Pasqua. Nel Vangelo di oggi (Gv 20,11-18) risuona l’annuncio della Risurrezione; l’evangelista racconta il cammino della Maddalena dal pianto alla gioia e alla missione. Nella Pasqua si manifesta la gratuità dell’amore di Dio che vince la morte, dissolve la paura e, superando ogni nostra aspettativa, ci rigenera interiormente. Le altre letture: At 1,1-8; Salmo 117; 1 Cor 15,310. Vangelo della Messa vespertina: Lc 24,13-35. NOTIZIE DALLA CHIESA AMBROSIANA a cura di ITL via Antonio da Recanate 1, Milano tel. 02 67131650, fax 02 66983961 [email protected] 7 Un riflessione sul mistero della Pasqua a partire da alcune suggestioni suscitate dal recente pellegrinaggio diocesano in Terra Santa. Nei Vespri al Getsemani, dall’Arcivescovo il richiamo all’amore di Cristo come «fonte di consolazione e forza di incoraggiamento» La celebrazione della Pasqua non può essere un fatto ripetitivo, di carattere puramente cronologico, dopo la quale la vita riprende a scorrere come prima. Stare in comunità, evitare lo sconfinamento in false consolazioni anche di tipo religioso: sono buoni atteggiamenti tipicamente pasquali Pasqua ... è vita! DI MONS. LUIGI MANGANINI * M i piace l’idea di meditare con voi il mistero della Pasqua a partire da alcune suggestioni suscitate dal recente pellegrinaggio diocesano in Terra Santa, e in particolare dagli interventi dei cardinali Dionigi Tettamanzi e Carlo Maria Martini nei Vespri quaresimali di venerdì 16 marzo presso la Basilica del Getsemani. Nell’intervento del Cardinale Arcivescovo, uno dei punti più significativi è stato il richiamo all’amore di Cristo come «fonte e di consolazione e forza di incoraggiamento per gli Apostoli e per tutti i discepoli che seguono Gesù sulla strada della croce». Prosegue l’Arcivescovo: «Luca, riportando le parole di Gesù ’Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove’ probabilmente osserva i cristiani della sua comunità, sottoposti alla persecuzione: davvero i discepoli di Gesù continuano a rimanere con lui nelle sue prove e lo seguono sino al martirio come ormai, ai suoi tempi, hanno già fatto tutti gli Apostoli. È forse per questo che di fronte alla sua comunità Luca non ricorda che nel Getsemani i discepoli sono tutti fuggiti. Il cammino della croce è destinato ad accomunare Gesù e i suoi discepoli» (D. Tettamanzi, «Li amò sino alla fine», Meditazione nei Vespri ambrosiani del Terzo venerdì di Quaresima, Gerusalemme, Basilica del Getsemani, 16 marzo 2007). La celebrazione della Pasqua non può essere un fatto ripetitivo, di carattere puramente cronologico, dopo la quale la vita riprendere a scorrere come prima. Deve diventare «fonte di consolazione e forza di incoraggiamento». Stiamo vivendo un momento estremamente promettente, ma nello stesso tempo denso di problematiche di grande spessore. Gli stessi eventi politici sottopongono le nostre comunità alla ricerca dell’unità in un contesto dove unilaterali accentuazioni rischiano di rendere faticosa la vita comunitaria e la stessa Celebrazione eucaristica. Si tratta di una prova che richiede da una parte grande fedeltà al Vangelo, e nello stesso tempo, grande attenzione ai problemi, ai disagi, alle angosce della gente del nostro tempo e del nostro territorio, in un contesto di comunione con i nostri Vescovi. Potremmo dire che quella di quest’anno è una Pasqua della perseveranza. Stare in comunità, superare la tentazione della fuga, credere che la sposa di Cristo ha bisogno del Celebrazioni con l’Arcivescovo OGGI 8.30 Opera - Casa di reclusione Celebrazione Eucaristica 11.00 Duomo Solenne Pontificale di Pasqua 16.00 Duomo Secondi Vespri nostro contributo, evitare lo sconfinamento in false consolazioni anche di tipo religioso, sono tutti atteggiamenti tipicamente pasquali. Non a caso celebriamo la Pasqua nel contesto dei cinquanta giorni, quasi ad assimilare fino in fondo lo spirito di Gesù morto e risorto e quindi educarci a uno stile di perseveranza nel segno della costanza, fino al compimento. Sul tema del compimento ci ha intrattenuti, sempre nei vesperi celebrati al Getsemani il 16 marzo 2007, il Cardinale Carlo Maria «Cristo come albero di vita», opera di Alessandro Nastasio. «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Martini. Egli infatti ci ha detto che «la vita cristiana è conflitto, è lotta, una lotta continua contro il mistero del male, sia che lo intendiamo personificato nella figura di Satana, sia che lo intendiamo come simbolo di tutte le iniquità, di tutte le tentazioni, di tutte le violenze, di tutte le incredulità che ci circondano e che sono dentro di noi». La vita nella Chiesa e anche nell’attuale società è tutt’altro che tranquilla. È giusto che celebriamo la Pasqua con questa consapevolezza e chiediamo alla grazia pasquale di attrezzarci per questa lotta che Dionigi Tettamanzi: «La prova è un momento difficile, faticoso, estenuante, ma riempito dalla consolazione e dalla forza di Gesù crocifisso» Carlo Maria Martini: «Preghiamo per non entrare in tentazione, perché l’umanità riceva la grazia di combattere contro il male, perché tutti possano con Gesù arrivare alla pienezza della vittoria» Non è un caso che celebriamo la Pasqua nel contesto di cinquanta giorni, quasi ad assimilare fino in fondo lo spirito di Gesù morto e risorto, quindi per educarci a uno stile di perseveranza nel segno della costanza Il compimento liturgico della Pasqua è la Pentecoste: la comunità dopo aver preso sul serio la celebrazione della prova del Signore, riceve il dono del suo Spirito Messa Crismale: un parroco rilegge l’omelia del Cardinale DI DON NANDO P GATTI * reti liberi, perché sempre pronti a partire in una Chiesa che si sente missionaria. Questo lo stile del presbitero che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha richiamato, presiedendo in Duomo la Messa crismale del Giovedì santo, nella sua omelia sul tema: «La giornata dell’evangelizzatore in un mondo che cambia». L’Arcivescovo ha invitato tutti i presbiteri della diocesi a contemplare il ministero di Gesù. Infatti, chi è l’evangelizzatore a cui il sacerdote deve ispirarsi se non lo stesso Gesù nella sua missione? La vera sorgente della missione del prete, del suo «pellegrinaggio presbiterale», è la stessa missione del Verbo incarnato: «l’amore di Dio». Il Cardinale ha poi richiamato la potenza della Parola che conferisce novità e autorevolezza al nostro annuncio ed è veramente efficace solo se prima ha attraversato il cuore e lo spirito di chi annuncia, ha «non diminuisce con il passare degli anni, se mai tende a farsi più drammatica, più forte, perché tocca le cose ultime, le cose più profonde della vita» (C. M. Martini, «Il combattimento di Gesù», Meditazione nei Vespri ambrosiani del Terzo venerdì di Quaresima, Gerusalemme, Basilica del Getsemani, 16 marzo 2007). Se questa è la Pasqua, la sua celebrazione nell’arco dei cinquanta giorni richiede una sapienza celebrativa che superi la prassi tendente ad accantonare le esigenze di questo tempo forte in nome di altre urgenze pastorali di tipo devozionale. Dobbiamo recuperare l’esempio di S. Ambrogio che dopo la Pasqua richiamava non solo i neofiti, ma tutti i fedeli a ricordare e a rivivere tutto il mistero liturgico che avevano celebrato durante la notte pasquale. Per noi significa ritornare nella predicazione e nella liturgia sul mistero pasquale in tutta la sua pienezza, cioè sulla passione, morte, discesa agli inferi, resurrezione; significa vivere il tempo pasquale in riferimento continuo al tema della prova, di cui è intessuta la nostra vita personale, ecclesiale e sociale. In altre parole significa fare della Pasqua il lievito della nostra vita secolare. Il compimento liturgico della Pasqua, cioè la Pentecoste, in questo modo non arriverà all’improvviso, quasi fosse una solennità a se stante, ma come compimento del cammino di una comunità che, avendo preso sul serio la celebrazione della prova del suo Signore, riceve il dono del suo Spirito quale unica garanzia per non fuggire e portare il proprio cammino alla sua meta finale. In questo senso ci aiutano le conclusioni alle meditazioni sopra citate dei due Arcivescovi: «La prova è un momento difficile, faticoso, estenuante, ma riempito dalla consolazione e dalla forza di Gesù crocifisso» (D. Tettamanzi), e «preghiamo per non entrare in tentazione, perché l’umanità riceva la grazia e la forza di combattere contro il male, contro la violenza, contro la superficialità, contro ciò che offusca e confonde la vita degli uomini e perché tutti possano con Gesù arrivare alla pienezza della vittoria» (C. M. Martini). La prova, quindi, non è un momento di passaggio, ma accompagna l’esistenza della Chiesa e del discepolo. Pasqua e prova sono intimamente e costantemente legate. * Vicario episcopale per l’evangelizzazione e i sacramenti L’Arcivescovo in Duomo in una celebrazione del Triduo pasquale giudicato e purificato la sua vita. Da qui il richiamo alla preghiera, essenziale nella vita dell’evangelizzatore, e al bisogno di conversione, per imitare sempre più lo stile di vita di Gesù. Sulle vie che si aprono in questi tempi alla Chiesa milanese, l’Arcivescovo si mette «in ascolto dello Spirito e di quanti collaborano con lui» per cercare qualche nuova soluzione inerente il servizio alla Parola di Dio in un mondo che cambia e lo stile di vita del presbitero, sia nella sua fase iniziale di introduzione nel presbiterio, che nella stagione di consolidata esperienza pastorale. Oltre a quello della «novità», l’altro «principio» su cui ruota l’omelia è la «libertà del presbitero». Come il «messaggio nuovo» di Gesù genera «uno stile libero» nel proporsi come «Maestro» e «rivelatore dell’amore di Dio», così deve essere per il presbitero: la sua opera evangelizzatrice deve saper generare «la novità di vita», in se stesso e in coloro ai quali si rivolge, mostrando la propria disponibilità a servire senza condizioni Colui che lo manda, cioè il Cristo. Si capisce allora come «“la consacrazione” con l’olio santo dell’ordinazione sacerdotale» non coincide con una «sistemazione pastorale» nella Chiesa, quanto invece nella «disponibilità totale e costante a chi nella Chiesa ti ha costituito prete», rendendoti parte della sua pienezza sacerdotale. L’Arcivescovo la chiama «conversione pastorale allo stile missionario» che, prima di essere frutto delle capacità e iniziative di noi preti, è sicuramente dono dello Spirito da chiedere nella preghiera personale ed ecclesiale. Sì, anche noi preti abbiamo bisogno di fare Pasqua, «come cristiani e come evangelizzatori»: sono forse questi auguri, che ci rivolge il Cardinale, un po’ impegnativi per noi ambrosiani, così spesso laboriosi per i laici al punto tale da far fatica a fermarci un po’ per pensare anche a noi stessi, al nostro ministero, che è il senso del nostro essere «discepoli e testimoni» del Crocifisso risorto. * parroco, Brivio (Lc) in diocesi. Novità per i preti novelli omelia dell’Arcivescovo nella Messa crismale del Giovedì santo, sul tema «La giornata dell’evangelizzatore in un mondo che cambia», è pubblicata in un libretto nella collana del «Magistero dell’Arcivescovo» (Centro Ambrosiano). Il volume comprende anche una Appendice dal titolo «Nuove modalità di avvio nel ministero presbiterale». Partendo da una domanda «fondamentale» - «Qual è la figura di presbitero diocesano che lo Spirito richiede per la nostra Chiesa di oggi e di domani?» - il documento spiega, sulla base delle «nuove scelte pastorali», come avverrà in Diocesi la destinazione e la formazione dei preti novelli. L’