A Francesco Obinu «La nobile gara» L’istruzione popolare nel Regno di Sardegna da Bogino a Boncompagni (-) Prefazione di Giovanni Vigo Copyright © MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: ottobre Indice Prefazione di Giovanni Vigo Introduzione Capitolo I La scuola di latinità .. Le scuole per pochi, – .. La riforma scolastica del ministro Bogino (–), – .. I progetti per le scuole di latinità negli anni del ministero Bogino, – .. L’istruzione inferiore e gli studi universitari, . Capitolo II Le scuole parrocchiali .. La scuola del parroco, – .. Un oggetto poco studiato, – .. L’impegno vescovile per la scuola parrocchiale, – .. La mappa delle scuole parrocchiali settecentesche, – .. Importanza delle scuole parrocchiali, . Capitolo III La scuola normale feliciana .. Il progetto, – .. L’editto istitutivo e il regolamento, – .. Diffusione territoriale e numero degli alunni, – .. Il problema del finanziamento, – .. Maestri impreparati, – .. L’istruzione femminile, – .. L’Istituto sassarese delle Figlie di Maria, . Capitolo IV La scuola elementare .. L’analfabetismo nel Regno alla metà dell’Ottocento, – Indice .. La “fusione perfetta” e l’estensione alla Sardegna della legislazione scolastica piemontese, – .. Lo sviluppo della scuola popolare, – .. Cambia la classe magistrale, – .. Condizioni organizzative e materiali della scuola popolare, – .. La scuola per l’infanzia, . Conclusioni Indice dei nomi Prefazione di Giovanni V Nel Carlo Cipolla pubblicò un libretto destinato ad influenzare durevolmente gli studi di storia della scuola. Literacy and Development in the West si poneva un obiettivo ambizioso: tracciare un profilo del declino dell’analfabetismo nel mondo occidentale e mettere in luce il contributo dell’istruzione di base allo sviluppo economico facendo risaltare, nel contempo, le cause che frenavano la sua diffusione a partire dai fattori socio–economici che a suo avviso erano stati troppo trascurati. Non che in precedenza gli storici della scuola avessero del tutto dimenticato questi aspetti. Basti pensare ai pionieristici lavori di Dina Bertoni Jovine. Ma la maggior parte degli studiosi era più incline a valorizzare i risvolti pedagogici lasciando sullo sfondo il resto. Per fissare lo sguardo sugli aspetti meno consueti ci voleva uno storico sensibile alla cultura umanistica ma altrettanto attento alle variabili economiche e sociali. Una spinta in tal senso era venuta dal discorso di apertura tenuto nel da Theodore W. Schultz all’assemblea annuale della American Economic Association. Sebbene l’economista americano avesse avuto illustri predecessori — Adam Smith, Friedrich List, Alfred Marshall, tanto per fare qualche nome — mai, prima di allora, si erano dedicate tante energie per celebrare le virtù della scuola nel processo di sviluppo economico. Era nata la economics of education, una disciplina destinata ad una fortuna effimera ma sufficiente per influenzare anche gli studi storici. Quel che accadeva sotto gli occhi di tutti negli anni più rigogliosi del dopoguerra non poteva essere accaduto, sia pure in forme diverse, anche nel passato? Cipolla era uno degli studiosi meglio attrezzati per rispondere a questa domanda. Prefazione di Giovanni Vigo Da allora in poi la storia della scuola è diventata una disciplina di maggior respiro, caratterizzata da uno sguardo sempre più attento ai molteplici intrecci con le istituzioni politiche, la religione, l’economia, le esigenze del mondo del lavoro, il desiderio di apprendere, le aspirazioni di ascesa sociale e così via. Un orientamento che anche nel nostro paese ha messo solide radici a partire dalla storia dell’istruzione negli Stati preunitari, una premessa necessaria per capire quel che era accaduto, o non accaduto, dopo il . Con La “nobile gara” Francesco Obinu si è posto in questa nuova prospettiva concentrando le sue ricerche sul Regno sabaudo e, in particolare, sulla Sardegna nel secolo cruciale che va dalla metà del Settecento alla metà dell’Ottocento, quando la legge Boncompagni inaugurò una nuova storia culminata, nel , con la legge Casati che ha costituito la struttura portante del sistema scolastico italiano fino alla riforma Gentile. Dopo il — l’anno della riforma promossa dal Ministro per gli Affari di Sardegna Giovanni Battista Bogino — le vicende della scuola isolana hanno seguito, sia pure con molti scarti, le sorti di quelle del Regno. La disputa, allora corrente un po’ ovunque, sulla scelta di privilegiare le scuole di latinità che aprivano le porte all’istruzione superiore, oppure le scuole dell’alfabetizzazione destinate ai fanciulli che lasciavano le loro aule dopo aver imparato a leggere e scrivere, si risolse a favore delle seconde. Ma prima di ottenere questo risultato trascorsero molti decenni pieni di conflitti, di inerzie, di successi parziali ora nell’una, ora nell’altra direzione. « Negli anni delle riforme boginiane, spiega Francesco Obinu, a fronte di tanto impegno in favore dell’istruzione inferiore e universitaria, nulla fu fatto per lo sviluppo dell’istruzione alfabetica, che era affidata esclusivamente all’impegno caritatevole dei parroci ». Una situazione che, proprio perché fondata sull’impegno personale, non garantiva né la continuità nel tempo né la ramificazione territoriale necessarie per sradicare l’analfabetismo. Come l’esperienza avrebbe poi dimostrato, la diffusione dell’alfabeto poteva essere perseguita solo con un sistema scolastico che prevedesse l’insediamento delle scuole anche nei Prefazione di Giovanni Vigo villaggi più piccoli o nelle singole parrocchie, come recitavano le norme approvate durante il regno di Carlo Felice, tra il e il . Ma come spesso accade, i principi fissati sulla carta si scontravano con la dura realtà fatta di una sorda opposizione alla scuola popolare, di risorse troppo misere, di un numero esiguo di insegnanti, di locali malsani e fatiscenti, condizioni alle quali si aggiungevano spesso l’ostilità delle famiglie restie a distogliere anche i più piccoli dal lavoro dei campi o dalle minute faccende domestiche. Il risultato fu che tra le riforme di Carlo Felice e la legge Boncompagni, la scuola sarda ebbe una vita precaria e la riduzione dell’analfabetismo fu quasi trascurabile come si evince dal censimento del secondo il quale solo il ,% della popolazione isolana sapeva leggere e scrivere, contro un meno sconfortante ,% del Piemonte e un più apprezzabile ,% della Savoia. L’unificazione amministrativa con gli Stati sabaudi sancita nel dicembre del , insieme alla legge Boncompagni, spianò la via alla crescita e al consolidamento della rete scolastica. Fra il e il il numero degli alunni aumentò del % e, cosa ancora più importante, incominciarono a mettere radici le scuole femminili in precedenza quasi inesistenti. Rispetto al resto del regno si trattava di un piccolo, timido passo, ma l’impressione che si ricava dal dibattito di quegli anni è che il ghiaccio fosse finalmente rotto. Tuttavia, per lasciarsi alla spalle il retaggio di secoli durante i quali la scuola popolare era considerata un lusso superfluo, un’economia arcaica, una condizione sociale in cui la domanda di istruzione era molto circoscritta, era necessario un lungo processo di crescita in grado di coinvolgere l’intera società. Con una meticolosa ricerca, con una limpida ricostruzione delle vicende, con una intelligente interpretazione dei fatti, Francesco Obinu ha dato un contributo importante alla storia della scuola, e alla sua storia tout-court, della Sardegna in un secolo cruciale per la modernizzazione dell’isola. Giovanni Vigo Introduzione La nobile gara destasi in questi ultimi anni nelle varie Provincie dello Stato, onde allargare e migliorare la istruzione del popolo, è certamente uno dei più confortevoli indizi di crescente incivilimento, ed una delle più sicure guarentigie di prosperità nazionale . Queste parole aprivano il resoconto sulla situazione dell’istruzione elementare nel Regno di Sardegna, curato dall’Ispettorato generale delle scuole primarie intorno alla metà del secolo. Sono parole che esprimono un convincimento preciso, che oggi non abbiamo difficoltà a riconoscere come valido e condivisibile. Eppure, la consapevolezza che l’istruzione di tutti i cittadini sia utile al progresso complessivo di una nazione, non è stata sempre presente ai governi e alle società europee. È vero anzi il contrario, perché a lungo, in età moderna, dominò l’idea che il tesoro delle conoscenze e delle competenze racchiuso nello scrigno dell’istruzione scolastica e universitaria, dovesse essere riservato ai pochi “destinati” a guidare i molti. In linea di massima (senza volere stabilire uno schema rigido, che non ammetta eccezioni), l’istruzione scolastica in età moderna fu accessibile agli uomini e alle donne di condizione sociale altolocata, sia pure secondo percorsi di studio differen. Statistica dell’Istruzione primaria negli Stati Sardi pel , Stamperia Reale, Torino , p. . . La presente nota comprende solo la letteratura sull’alfabetizzazione e la scolarizzazione europea tra e secolo, che si è tenuta a riferimento per la trattazione delle tematiche generali presentate in questa introduzione e richiamate nei capitoli successivi: G.P. B (a cura di), Il catechismo e la grammatica, , Istruzione e controllo sociale nell’area emiliana e romagnola nel ‘, il Mulino, Bologna ; G. V, Istruzione e sviluppo economico nell’età industriale, in La Storia, , Torino , , pp. –; R. C, Le pratiche della scrittura, in P. A, R. C (a cura di), La vita privata. Dal Rinascimento all’Illuminismo, Laterza, Roma–Bari , pp. –; H.J. G, Storia dell’alfabetizzazione occidentale, , L’età moderna, il Mulino,