Trimestrale - Dir. resp. Luciano Foglietta - Red. C.so Mazzini, 65 - FORLÌ - tel. 0543/35929 - Reg. Tribunale Forlì n. 568 del 18/3/1980 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Forlì - Stampa FILOGRAF LITOGRAFIA s.r.l. Iscr. Registro Nazionale della Stampa n. 06027 del 30/10/1997 - Codice di Impresa 08013. In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Forlì per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. l’informatore N° 86 marzo 2011 - NUOVA SERIE Indice ✔ Editoriale.............................................................................................................................................pag. 3 ✔ Sostenere l’Istituto Oncologico Romagnolo ....................................................................................pag. 4 ✔ Anteprima: Festa della Mamma 2011 ...............................................................................................pag. 5 ✔ L’IRST e lo IOR incontrano il Presidente Giorgio Napolitano ..........................................................pag. 6 ✔ Tumori cutanei: un ponte con l’Australia – La medaglia IOR al prof. Soyer Una nave in ricordo di Daniele ..........................................................................................................pag. 8 ✔ Quando una paziente racconta …”Il Mondo degli Altri”................................................................pag. 9 ✔ Gruppo di sostegno psiconcologico per donne operate al seno a Cattolica.................................pag.12 ✔ Essere Volontari: un percorso per crescere ......................................................................................pag.13 ✔ Nuove prospettive per la diagnosi precoce dei tumori colorettali................................................pag.15 ✔ Nuovo Citofluorimetro per l’IRST di Meldola grazie a CIA e IOR ...................................................pag.17 ✔ Commercianti Indipendenti Associati e IOR: un esempio di collaborazione ................................pag.19 ✔ Anteprima “Lo Stadio della Città”: l’A.C. Cesena dedica una partita del campionato di serie A allo IOR ...................................................................pag.21 ✔ “Rosso di Sera …” ..............................................................................................................................pag.22 ✔ A Natale abbiamo ricevuto i vostri regali ........................................................................................pag.28 ✔ “Semplicemente” grazie! ..................................................................................................................pag.29 ✔ Le Bomboniere solidali IOR ...............................................................................................................pag.30 ✔ Rosetti Marino e IOR: uniti nella lotta contro il cancro in Romagna .............................................pag.31 Desideri ricevere informazioni sulle manifestazioni, sui progetti e, in generale, sulle attività dell’Istituto Oncologico Romagnolo? RICEVI A CASA LA TUA COPIA DELL’INFORMATORE IOR! Manda una e-mail con il tuo indirizzo a [email protected] oppure telefona allo 0543 35929 (Sede IOR di Forlì). www.ior-forli.it 2 n. 86 marzo 2011 Le Sedi dell’Istituto Oncologico Romagnolo forlì: corso mazzini, 65 - tel. 0543 35929 - [email protected] meldola (c/o IRST): via p. maroncelli, 40 - tel. 0543 739110 - [email protected] cesena: via uberti, 14/a-c - tel. 0547 24616 - [email protected] ravenna: via salara, 36/38 - tel. 0544 34299 - [email protected] faenza: c.so mazzini, 153 - tel. 0546 661505 - [email protected] lugo: via tellarini, 96 - tel. 0545 32033 - [email protected] rimini: c.so d’augusto, 213 - tel. 0541 29822 - [email protected] riccione: piazza matteotti, 5 - tel. 0541 606060 - [email protected] l’informatore EDITORIALE Cari Lettori, ci sembra quantomeno doveroso aprire questa edizione dell’Informatore con un cenno sul XXIV Convegno annuale dei Volontari IOR dando voce ai veri protagonisti di questa splendida giornata di incontro e condivisione. È facile comprendere come sia complicato, in fase di svolgimento di un evento così grande, valutarne la validità, la congruità con gli obiettivi iniziali, la soddisfazione di chi vi partecipa. Proprio per questo durante il Convegno abbiamo pensato di distribuire ai partecipanti dei questionari di valutazione. È partendo da questi che vogliamo cercare, attraverso questo editoriale, di riassumere e raggruppare i giudizi espressi da ognuno di loro. Ci sono giunti oltre 50 questionari, alcuni estremamente positivi, altri sottolineanti criticità, espresse però sempre in maniera educata e costruttiva e sullo sfondo di una grande fiducia riposta nel nostro modo di lavorare. Procedendo con l’analisi dei questionari, possiamo rilevare una prima distinzione tra commenti espressi sull’organizzazione del Convegno in senso stretto e commenti riguardanti le attività dello IOR in generale. Per quanto concerne il Convegno, possiamo essere fieri del fatto che ci sono stati giudizi estremamente positivi. Citiamo solo alcune osservazioni e, magari, qualcuno vi si riconoscerà! “Bel Convegno, giovane e meno tecnico degli altri”; “Bell’idea, quella del testimonial”; “E’ importante che il Volontario parli delle proprie esperienze”; “Convegno organizzato benissimo”. Se ne potrebbero citare molte altre, ma non cambierebbe il senso: si legge in queste parole estrema soddisfazione per l’organizzazione generale, per l’efficacia degli interventi dei relatori, considerati brevi, focalizzati e capaci di mantenere l’attenzione del pubblico. Parlando invece delle opinioni espresse in merito alla più generale attività dello IOR, c’è una forte richiesta di coinvolgimento dei giovani, il desiderio di renderli protagonisti di nuove iniziative e attività. Abbiamo notato, inoltre, una domanda di rafforzamento delle campagne di prevenzione dei tumori e di educazione agli stili di vita. A questo proposito citiamo solo alcune delle tante campagne che abbiamo realizzato e che continuiamo con grande entusiasmo ad implementare: il Progetto “Scuole Libere dal Fumo”, “Paesaggi di Prevenzione” oppure “Prevenzione Oncologica”. Alcuni questionari, inoltre, si sono fatti portavoce di una richiesta di istituzione del “servizio trasporto malati”, già attivo nella sede di Faenza, anche in altri punti. È con grande piacere che, confermando il nostro impegno in tal senso, segnaliamo l’estensione del servizio anche a Cervia e ci stiamo impegnando affinché si possa istituire anche nella provincia di Rimini. Abbiamo riscontrato, infine, una volontà di sentire e vedere il nome dello IOR e il lavoro dei suoi Volontari più spesso, sui giornali, sulle radio: insomma più pubblicità. Scontato dire in proposito, che i costi di operazioni di questo tipo sono più che notevoli. Quello che cerchiamo di fare è trovare un equilibrio tra esigenze di promozione e contenimento dei costi. Ovviamente cercheremo di impegnarci in tal senso, coscienti e orgogliosi del fatto che, chi ci richiede più pubblicità, lo fa perché convinto della validità del nostro operato. La Redazione l’informatore n. 86 marzo 2011 3 COME SI SOSTIENE LO IOR Per alimentare la complessa attività dell’Istituto e dare un serio impulso alla lotta contro il cancro, la partecipazione della popolazione Romagnola è fondamentale! Si può contribuire alla lotta contro il cancro La trasparenza per lo IOR è un aspetto fondamentale: i in molti modi: nostri bilanci, infatti, sono disponibili a chiunque ne faccia 1. con un’offerta in denaro a qualunque titolo (adesione annuale o in memoria); richiesta. Per semplicità, riassumiamo con questa semplice 2. con lasciti o donazioni; immagine come lo IOR impiega le offerte raccolte 3. devolvendo i proventi di eventi/manifestazioni; dalla popolazione romagnola: 4. aderendo alle nostre occasioni speciali (bomboniere, strenne natalizie, ecc.); 5. aderendo alle nostre iniziative dedicate alle aziende; 6. collaborando come Volontario; 7. destinando il tuo 5 per mille allo IOR: 20% 8% C.F. 00893140400, riquadro “Sostegno del Volontariato...” Per avere ulteriori informazioni è possibile telefonare allo 0543 35929 o consultare il nostro sito www.ior-forli.it 72% alla Ricerca, all’Assistenza e alle Cure Palliative COME DIVENTARE VOLONTARI L’Istituto Oncologico Romagnolo si regge sulla collaborazione e l’opera di molti Volontari. Per diventare un Volontario IOR contatta la Sede IOR a te più vicina (Forlì, Cesena, Ravenna, Faenza, Lugo, Rimini, Riccione o Meldola) o invia una e-mail a [email protected] 4 n. 86 marzo 2011 l’informatore FESTA DELLA MAMMA 7 - 8 MAGGIO 2011 Anche quest’anno l’Istituto Oncologico Romagnolo sarà presente nelle principali piazze della Romagna con le Azalee. Un gesto concreto col quale puoi aiutare la Ricerca e far crescere la Speranza. Sul prossimo numero dell’Informatore l’elenco dei luoghi, delle vie e delle piazze in cui troverete le Azalee dello IOR! l’informatore n. 86 marzo 2011 5 L’IRST E LO IOR INCONTRANO IL PRESIDENTE GIORGIO NAPOLITANO Venerdì 7 gennaio una delegazione dell’Istituto di Meldola ha incontrato il Presidente della Repubblica, in visita a Forlì per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia Foto di gruppo per i rappresentanti IRST-IOR che hanno accolto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano il 7 gennaio scorso. Nel corso della sua visita a Forlì, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, il Presidente della Repubblica ha ricevuto una delegazione dell’Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei di Tumori di Meldola. All’incontro in Prefettura, a Forlì, hanno partecipato tutti i Soci IRST, insieme al Direttore Generale Mario Tubertini, al Direttore Sanitario Mattia Altini, al Presidente del Consiglio d’Amministrazione Roberto Pinza, al Direttore Scientifico Dino Amadori e a Muller Fabbri, giovane ricercatore insignito nel 2009 del prestigioso “Kimmel Scholar Award”. In rappresentanza dell’Istituto Oncologico Romagno- 6 n. 86 marzo 2011 l’informatore lo hanno partecipato Sergio Mazzi, Presidente IOR, e Vincenzo Erroi, Direttore IOR. L’Istituto di Meldola, all’avanguardia nella cura e ricerca sul cancro, è perno della rete Hub & Spoke che contraddistingue l’oncologia romagnola, e, sin dalla sua nascita, si è caratterizzato per un approccio organizzato e integrale alla malattia neoplastica. Attualmente, è in attesa del riconoscimento in Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico. Di tutto questo e delle prospettive future dell’istituto si è parlato nell’incontro col Presidente Giorgio Napolitano, che è rimasto favorevolmente colpito nel riscontrare, nel Il Direttore Scientifico IRST, Dino Amadori, e il Presidente IRST, Roberto Pinza, assieme al Presidente della Repubblica. cuore dell’Italia, la presenza di un centro all’avananno, l’importanza della ricerca scientifica per costruire guardia come l’IRST. Il Presidente Napolitano ha eviun futuro alle giovani generazioni. denziato come l’istituto sia un ottimo esempio di integrazione tra pubblico e privato, rilevando l’importanza di incrementare queste realtà a livello nazionale. Il Presidente ha parlato, inoltre, del mondo del volontariato, sottolineando come in quest’area territoriale vi sia una presenza forte e fondamentale, non solo per il sostegno economico alla ricerca, ma anche per le dimostrazioni di grande sensibilità civica e solidarietà sociale. Il Presidente ha ascoltato con interesse le parole dell’avvocato Pinza e del professor Amadori e si è ripromesso di visitare l’Istituto ribadendo, come già nel suo messaggio di fine Il Presidente IOR, Sergio Mazzi, assieme al Presidente Napolitano. l’informatore n. 86 marzo 2011 7 TUMORI CUTANEI: UN PONTE CON L’AUSTRALIA Medaglia IOR al prof. Peter Soyer dell’Università del Queensland daglia dello IOR per aver contribuito alla ricerca per A fine novembre il prof. Peter Soyer, direttore del la diagnosi precoce del melanoma e per lo sviluppo deldipartimento di Dermatologia dell’Università del la telemedicina. Queensland di Brisbane, assieme ad un gruppo di dermatologi australiani, ha incontrato a Ravenna il gruppo di diagnosi precoce del Melanoma IOR/IRST, diretto dal dott. Ignazio Stanganelli. L’incontro è stata l’occasione per discutere sulle applicazioni e sull’espansione che la microscopia in epiluminescenza, sia con la tecnica semplificata (dermoscopia) che digitale (epiluminescenza digitale), ha avuto nel corso dell’ultimo decennio per la diagnosi precoce del melanoma. Si è inoltre parlato del futuro della ricerca in oncologia cutanea ed in particolare sullo sviluppo della telemedicina e della microscopia laser confocale, con particolare enfasi sull’implementazione di un progetto integrato di ricerca e sviluppo tecnologico sulla microscopia confocale, che vedrà coinvolte l’Unità Operativa IOR/IRST con l’Università del Queensland. Al prof Soyer, che è uno dei pionieri della La consegna, da parte del dott. Stanganelli, della medaglia IOR al prof. Soyer, microscopia in epiluminescenza a livello indirettore del dipartimento di Dermatologia dell’Università del Queensland di Brisbane. ternazionale, è stata consegnata la me- Cerimonia di presentazione della Fast Support Intervention Vessel UNA NAVE IN RICORDO DI DANIELE Desideriamo in questa pagina ringraziare sentitamente la Bambini Srl, azienda operante nel settore dei trasporti marittimi, per un’importante gesto di solidarietà: il 23 gennaio scorso, infatti, in occasione della cerimonia di presentazione della nuova unità navale “Blue Daddy”, dedicata al ricordo del loro collega Daniele Montanari, la Bambini Srl ha deciso di so- Gentili Signori, Cari amici, La Bambini srl desidera ringraziarVi per avere partecipato alla cerimonia di presentazione della 8! 1" - 4 ! 86 7 4 8- " - 5 94 ) 5 ! 94 - & & 4 ! 9' 7 - 4 8- " 94 4 ' 7 - 7 - 4 & 9& 6 + - 7 - 4 - 5 4 06 + 10& 14 & 95 4 + 15 5 92- 4 9& 4 - , 6 + 14 - 86 95 94 187 - 8- 06 4 4& 64 - & & /4 ' + 1, # - 0' 14 # 09, - 7 ! 0- , 987 94 6 5 4 4 , - 226 14 4 - 86 95 94 - 4 ' " 15 7 14 & 6 9+ 6 4 - 886 4 & 6 4 9' # 906 98% - 4 5 - " 10- 7 6 " - 4 - 5 5 - 4 ) - , ( 6 86 4 ' 05 4 + 184 6 , # 9281/ 4 # - ' ' 6 1894 94 & 9& 6 % 6 189 4 7 ! 7 7 6 4 + 18' 90" - 814 895 5 - 86 , - 4 ! 84 06 + 10& 14 6 8& 95 9( 6 5 94 & 95 5 - 4 ' ! - 4 # 90' 18- 4 * 9' 6 ' 7 98% - 4 ' 7 9' ' - 4 & 6 4 ! 9' 7 - 4 ! 86 7 4 8- " - 5 94 ' 6 4 - 006 + + 6 ' + 94 & 6 4 ! 84 ' 6 286 6 + - 7 14 # - 07 6 + 15 - 09/ 4 06 + 10& - 8& 1+ 6 4 + 94 8184 9' 6 ' 7 94 89' ' ! 84 ( ! 6 1 4 94 89' ' ! 8- 4 817 7 9 4 + 1' 4 # 01 18& 6 4 & - 4 ' # 9289094 5 - 4 7 0- + + 6 - 4 5 ! , 6 81' - 4 + 94 - 5 + ! 894 # 90' 1894 5 - ' + 6 - 814 895 4 # - ' ' - 226 14 & 95 5 - 4 5 1014 # 09' 98% - 4 895 5 - 4 81' 7 0- 4 " 6 7 - 4 7 90098- 4 ' ' 1+ 6 - 8& 1' 6 4 - 5 4 & 9' 6 & 906 14 9' # 09' ' 14 & - 5 5 - 4 , - & 06 8- 4 & 95 5 9" 987 1/ 4 : 6 1" - 88- 4 - 6 - / 4 6 & - 8% - 7 - 4 & 6 4 - 86 95 9/ 4 94 - 5 4 6 894 & 6 4 ' ! 2295 5 - 094 - 8+ 104 # 6 4 6 5 4 " - 5 1094 & 6 4 ! 9' 7 - 4 26 108- 7 - / 4 5 - 4 ) - , ( 6 86 4 ' 05 4 - 4 & 9+ 6 ' 14 & 6 4 1 06 094 ! 84 29' 7 14 + 18+ 097 14 & 6 4 ' 15 6 & - 06 97 / 4 & 9' 7 6 8- 8& 14 ! 84 + 187 06 ( ! 7 14 - 4 ' 1' 7 92814 & 95 5 ' 7 6 7 ! 7 14 8+ 15 126 + 14 1, - 2815 1 4 4 ! 2! 06 4 & 6 4 ! 8- 4 ' 9098- 4 94 5 ! 82- 4 8- " 6 2- % 6 1894 - 5 5 - 4 ) 5 ! 94 - 06 8- 4 & 6 4 - " 988- / 4 4 : 988- 6 14 - & & 4 4 stenere con un generoso contributo le attività istituzionali dell’Istituto Oncologico Romagnolo. 8 n. 86 marzo 2011 l’informatore www.ior-forli.it www.bambinisrl.it Quando una paziente racconta… “Il mondo degli altri” Un’intervista del Gruppo IDA a Patrizia Bagnolini Patrizia Bagnolini “Il mondo degli altri. Diario Racconto” Società Editrice Il Ponte Vecchio – 2009 Parte del ricavato di questo libro aiuta lo IOR nel sostegno dei programmi di ricerca per la lotta contro il cancro e nello sviluppo dei programmi assistenziali legati alle Cure Palliative. “Il mondo degli altri”, quello dei “non ammalati”, vissuto, raccontato e affidato alle pagine di un diario-racconto scritto da Patrizia Bagnolini, donna operata al seno qualche tempo fa. Come non confrontarsi allora con il coraggio di chi ha voluto condividere in un libro il proprio mondo interiore, nel percorso travagliato dalla diagnosi agli interventi? Così è nata l’idea, all’interno dei progetti promossi dal Gruppo IDA di Forlì (dove IDA sta per Informazione, Dialogo, Aiuto – supporto per donne operate al seno), di intervistare l’autrice e aprire l’incontro a tutte le donne operate anche non appartenenti al Gruppo, ma che potevano essere interessate ad ascoltare l’esperienza di Patrizia e confrontarla con i vissuti personali. L’autrice, tramite l’intervista predisposta da alcune Volontarie IDA, ha presentato il suo cammino individuale che, pur mostrando inizialmente alcune caratteristiche comuni a quello di altre donne, si è differenziato, strada facendo, in maniera netta ed originale. Dopo un breve periodo iniziale, in cui hanno prevalso l’inquietudine, la rabbia, il patimento, e l’angoscia, è subentrata in Patrizia una fase di riflessione caratterizzata da una lucida razionalità e dalla voglia di uscire dal “tunnel” del cancro. Allora Patrizia ha sentito il bisogno di non tenere più dentro di sè la sua “diversità”; questa doveva essere raccontata, perché lei potesse ritornare a far parte di nuovo del “mondo degli altri”; ha così concentrato il suo interesse per la vita su aspetti che le sono sempre stati cari come la campagna, il mondo della natura e, ovviamente, su sè stessa, sulla sua femminilità, che doveva essere “ricostruita”. In questo modo è riuscita a superare lo sconvolgimento, controllando le ansie e le paure. A parere del Gruppo IDA la lettura del diario- racconto “Il Mondo degli altri”, potrebbe essere utile alle neo operate al seno come aiuto per affrontare tutte le problematiche correlate. Il desiderio di rimanere legati alla vita, “al mondo degli altri”, può farci riscoprire, anche nella semplicità del quotidiano e dell’ambiente che ci circonda, tutto quello che maggiormente amiamo e apprezziamo, pur con le limitazioni dell’intervento. “Ho imparato sulla mia pelle che per non sentirsi diversi basta raccontare la tua diversità e già questa non esiste più. In fondo tutti siamo diversi l’uno dall’altro, anche le persone più simili come i gemelli hanno caratteristiche caratteriali differenti, che li distinguono l’uno dall’altro. L’unica cosa che ci unisce tutti è che siamo umani e mortali”. Che cosa intendeva dire esattamente con questa affermazione? Patrizia: “La diversità arricchisce la nostra società, con altre persone ho condiviso il cancro. Non ero più nel gruppo di persone che non l’avevano. In questo frangente ho provato un sentimento di ribellione ed ho capito che, se avessi nascosto la malattia, ciò avrebbe significato che avrei provato vergogna della malattia stessa. Il fatto di essere ammalati non deve spaventare, perché anche l’ammalato ha la propria dignità da sostenere. Mi è capitato di essere rifiutata da persone con cui precedentemente avevo un certo dialogo, ho avuto la sensazione che queste avessero paura di “ essere contagiate dalla mia sofferenza”. La sofferenza può fare paura; una diagnosi importante contempla la sofferenza e talvolta anche i parenti non sanno come farvi fronte. Ma le persone malate hanno bisogno di parole semplici, di vicinanza, non di frasi costruite o di chissà cosa.” Intervengono alcune signore e Volontarie sul tema della paura della sofferenza. Qualcuna dice che ci sono persone che si sentono stressate solo a sentir parlare di sofferenza, qualche altra dice che questo atteggiamento non è una colpa, ma piuttosto un modo di vivere forse proiettato nell’illusione di un futuro infi- l’informatore n. 86 marzo 2011 9 nito, oppure può dipendere dalla paura che venga “trasmessa” la sofferenza stessa. “…ho cominciato anche a fare un po’ di ginnastica ed esercizi yoga senza sforzarmi, ma, anche se impercettibili, ne vedo i benefici, perché devo amare e curare questo corpo martoriato e imperfetto che in questa vita è l’unico disponibile!” (pag.62) Potrebbe spiegarci qual era il suo stato d’animo iniziale e come è riuscita a reagire alle prime sensazioni? Patrizia: “Ricordando gli interventi, penso di essere stata fortunata. I primi giorni in cui vedevo il seno martoriato, cercavo di ricacciarne le immagini. Nell’attimo in cui ho provato la sensazione di rabbia, l’ho subito ricacciata. Ho cominciato a guardare fuori da me stessa, alla natura, a ciò che stava capitando attorno a me, agli altri. Mi sono letteralmente “ buttata” nella natura ed in questa ho riscoperto sensazioni che mi facevano stare bene. Guardando ed apprezzando quello che stava fuori, ho cominciato ad amare di più il mio corpo con oli e massaggi. Mi piace molto essere donna, vorrei rinascere donna, mi piace piacermi, ma amare il proprio corpo significa in primo luogo accettarlo, amare anche la propria mente, ciò che si vede attorno, comprese le sensazioni olfattive come gli odori ed i profumi. Il nostro corpo è tutto indispensabile, per questo ho cominciato ad amare anche le protesi al silicone e ciò è avvenuto quando ho sentito che non ero solo un corpo sofferente, ma anche un essere umano più completo, che amava la natura e si proiettavo verso gli altri”. “…non so, ma in quell’istante, seduta lì in un bar d’ospedale, con due signore quasi 10 sconosciute, ma amiche di sventura, mi sono sentita guarita. Stavo bene, ero viva, ho provato una sensazione strana come se nella stanza fossa comparsa la maniglia sulla porta; ora potevo uscire e rientrare a mio piacere, facevo sempre parte del mondo degli “altri”, non avevo paura” (pag. 48).” Nel passaggio dal mondo dei sani a quello dei malati, che cosa ha fatto la differenza nel darsi la possibilità di vivere sia la sensazione di “normale” sia di “malata” ? Patrizia: “Questo attimo lo ricorderò sempre. Avevo fatto la seconda mastectomia. Dal momento in cui mi hanno dato la notizia, mi sono detta: vivo adesso, domani ci pensiamo, cercavo di godere ogni attimo del presente. In quel momento non vedevo il futuro, ma vivevo solo l’attimo presente giorno per giorno.” Patrizia, si è mai più riappropriata della sua vita “di prima”? Patrizia: “La quotidianità è rimasta, ma l’atteggiamento mentale è cambiato ed è subentrato un po’ di “sano egoismo”. Quando sono stanca dico no alle richieste, resto di più con me stessa”. Al centro, Patrizia Bagnolini, in un momento del suo incontro col Gruppo IDA. n. 86 marzo 2011 l’informatore Questa esperienza l’ha arricchita? Patrizia: “Assolutamente sì. Mi godo l’attimo, mi soffermo di più, apprezzo di più quello che ho e quello che sono. Assaporo di più la natura, sento molto forte il contatto con essa perché sono nata in campagna”. La stesura di questo diario-racconto ha cambiato qualcosa nel suo rapporto con la malattia? Patrizia: “Ho aperto il computer ed ho cominciato a scrivere. Avrei dovuto scrivere una e-mail ed invece ho dato spazio alle Gruppo IDA emozioni. Ho letteralmente svuotato tutte le paure da me stessa, le ho lasciate ai fogli. Mi sono affidata ai medici per la malattia, alla scrittura ho lasciato le paure, la rabbia, il dolore, il soffocamento, affidando ad esse la speranza. Tirar fuori la propria calma, sbroglia la matassa del filo spinato. Il fatto di raccontare mi ha reso più leggero il peso, mi ha permesso di liberarmi di tutti i sentimenti ed emozioni contraddittorie, dolorose, ingombranti”. Pensa che questo diario-racconto possa cambiare qualcosa in chi vive la malattia ed in caso affermativo, quale effetto vorrebbe che producesse? Cosa vorrebbe che succedesse agli altri? Patrizia: “Ho fatto leggere questo libro sia a persone sane che malate. Circa l’80% delle persone malate ha condiviso e ha detto che ho avuto coraggio. Un giorno, dopo essere stata in ospedale per un controllo, il chirurgo che mi aveva operata ed aveva letto il libro, mi ha riferito che aveva regalato il mio diarioracconto ad una ragazza di trentadue anni che rifiutava l’intervento, pur avendo un tumore di dimensioni abbastanza importanti. Il giorno dopo lo stesso medico mi ha telefonato riferendomi che la ragazza aveva accettato di sottoporsi all’intervento; era entrata in ambulatorio, pronunciando proprio queste parole: “se lei ce l’ha fatta, potrò farcela anch’io”. Se ho scritto il libro anche solo per lei, ciò può avere avuto un senso”. “I medici che l’hanno curata, hanno letto il libro e quale riscontro le hanno dato?” Patrizia: “I medici l’hanno letto e condiviso. Ho avu- to la fortuna di avere un amico medico il quale mi ha chiesto che cosa avesse fatto per me. Gli ho risposto: “Tu nei miei confronti non sei stato né troppo drammatico, né mi hai dato certezze, né speranze, ma un supporto emotivo quando mi dicevi di non preoccuparmi, che tutto era “normale”. La presenza dei medici è in genere serena, anche se non sono psicologi. Sanno come gestire questa malattia, cercano di rassicurarti, non illudendo, né disilludendo. I medici ed i paramedici hanno cercato di fare emergere gli aspetti positivi. Bisogna affidarsi a queste persone, loro sono medici e ti devono curare, ma il malato deve essere un bravo paziente. E’servito molto a loro questo libro, soprattutto per comprendere il punto di vista del paziente”. “Oggi scriverebbe qualcosa di diverso dall’esperienza narrata nel libro?” Patrizia: “Le emozioni provate in quel momento, raccontate oggi, avrebbero un altro significato, una sfumatura diversa, sfocata, forse più rosea. Quando ho iniziato a scrivere era passata solo un settimana dall’intervento. Nel prossimo libro vorrei parlare di tutte le persone incontrate nelle varie fasi di questa esperienza”. Il Gruppo Ida e tutte le partecipanti desiderano ringraziare di cuore Patrizia per il coraggio mostrato nel raccontarsi pubblicamente, condividendo le proprie esperienze. Non solo: cogliamo l’occasione per suggerirle di iniziare il suo prossimo libro con la frase che ha concluso questo diario: “La vita rinasce ogni giorno, non avere paura di viverla, comunque essa sia”. l’informatore n. 86 marzo 2011 11 Psiconcologia IOR GRUPPO DI SOSTEGNO PSICOLOGICO PER DONNE OPERATE AL SENO A CATTOLICA Proseguono presso il Day Hospital Oncologico L’intervento chirurgico al seno, di qualunque entità dell’Ospedale Civile Cervesi di Cattolica gli in- sia, conservativo o radicale, può alterare l’immagine contri di sostegno psicologico per donne ope- corporea della donna e comportare ripercussioni ne- rate al seno. gative sulla sua identità, autostima, integrità corporea, sessualità, costituendo una minaccia al ruolo di Gli incontri sono condotti dalla psicoterapeuta e si ri- coppia, a quello familiare e sociale. volgono alle donne operate di carcinoma al seno, che accedono al gruppo previo colloquio individuale E’ stato scelto il gruppo quale modalità terapeutica con la dott.ssa Maura Muccini. Gli incontri, iniziati il in quanto esso funge da contenitore, favorisce la es- 13 gennaio scorso, sono otto con cadenza settimanale, plicitazione e condivisione delle diverse esperienze, seguiti da 3 follow up distribuiti nel corso dell’anno. il rispecchiamento della diagnosi e della sintomato- Sono costituiti da una parte teorico informativa, che logia, permettendo di comunicare apertamente il pro- costituisce la base dalla quale le pazienti prendono prio vissuto interiore, i propri sentimenti, quali rab- spunto per esplicitare la propria esperienza personale. bia, disperazione, ansia, depressione, conseguenti al cambiamento corporeo e all’iter terapeutico. Questi incontri hanno lo scopo di offrire loro un sostegno globale e l’opportunità di affrontare gli Il gruppo offre uno spazio in cui le pazienti possono aspetti emozionali legati al percorso terapeutico. apprendere strumenti idonei per raggiungere un positivo spirito combattivo, acquisendo strategie in grado di aiutarle ad integrare la malattia nella propria esperienza di vita, riacquistando fiducia in se stesse, nel buon esito delle terapie e nella capacità di fare progetti e scoprire nuovi valori. Ulteriori obiettivi consistono nell’aiutare le pazienti a mantenere il distress emotivo, ansia e depressione, entro limiti ragionevoli, permettere loro di mantenere un senso di valore personale, migliorando le relazioni e la comunicazione con le persone significative, soprattutto con i familiari, oltre Ospedale Civile Cervesi di Cattolica. 12 n. 86 marzo 2011 l’informatore che con l’equipe curante. Psiconcologia IOR ESSERE VOLONTARI: un percorso per crescere a cura del Gruppo di Lavoro in Psiconcologia dello IOR L’ingresso dei volontari in Oncologia coincide con una trasformazione culturale in campo scientifico, fondata da un lato sulla ricerca relativa al dolore e al suo trattamento e, dall’altro, sullo sviluppo del movimento Hospice nelle cure palliative, avvenuto in Gran Bretagna negli anni ‘60-’70. Tale movimento, che ha influenzato successivamente diversi altri Paesi, inclusa l’Italia, ha alla sua base il concetto che i malati in fase avanzata di malattia e inguaribili non rappresentano l’emblema della sconfitta della medicina, ma persone che hanno il diritto di essere curate secondo un’assistenza globale, fisica, psicologica e sociale, per conservare fino alla fine la migliore qualità di vita possibile. In quest’ottica, la cura del malato diventa “prendersi cura” e sempre più gruppi di volontari, specificamente formati, si sono integrati nelle attività degli altri professionisti, medici, infermieri, psicologi e assistenti sociali. Il volontariato è diventato così una risposta critica e costruttiva al bisogno di umanizzazione della società, introducendo flessibilità e aiuti sempre più personalizzati nelle Istituzioni. Impegnarsi come volontario in campo La copertina dell’ultimo libretto redatto dal Gruppo di Lavoro in Psiconcologia IOR. oncologico può essere definito, quindi, come un modo per relazionarsi agli “Chi è oggi il Volontario? È colui che offre spontaaltri con un alto senso di responsabilità civile, al fine neamente e gratuitamente ad altri la sua intelligendi contribuire al cambiamento di società e istituzioni. za, la sua cultura, il suo tempo e la sua amicizia; non Oggi il volontariato in oncologia rappresenta una risolo occasionalmente ma in modo costante, non con sorsa irrinunciabile, come movimento associativo e l’atteggiamento del benefattore ma della persona che come strumento al servizio delle persone ammalate e condivide un disagio” (R. Titmuss, 1971) a fianco delle istituzioni. l’informatore n. 86 marzo 2011 13 È chiaro che diventare volontario non è una scelta casuale, ma una vera e propria scelta di vita consapevole e puntuale, alimentata da alte motivazioni e dal desiderio di appartenere ad una organizzazione che abbia i concetti suddetti come propria filosofia. In questo lo IOR da sempre considera prioritario alimentare costantemente la motivazione al volontariato e potenziare il volontariato all’interno della sua organizzazione. Questo perché il volontariato IOR è inteso non come intervento riparatore di eventuali lacune istituzionali, ma come vero e proprio valore aggiunto, che si traduce in relazione umana, attenzione e solidarietà. COME DIVENTARE VOLONTARIO IOR Per tali ragioni il Gruppo di Lavoro in Psiconcologia IOR ha considerato fondamentale, all’interno del proprio lavoro di preparazione di materiale informativo, coinciso con la diffusione dei libretti La risposta della IOR ai bisogni psicologici dei malati e dei loro familiari e Vivere la malattia: Capire per affrontare, sviluppare un terzo strumento dal titolo “Essere Volontari: Un percorso per Crescere”. Il libretto è interamente dedicato ai volontari, partendo dal presupposto che anima la filosofia dello IOR, che considera come obiettivi fondamentali l’“umanizzazione” dell’assistenza e il raggiungimento di una migliore qualità di vita sia del malato che dei suoi familiari. Poiché i volontari rappresentano la forza e la risorsa più preziosa dello IOR che operano tra le otto sedi e gli innumerevoli punti IOR sparsi sul territorio romagnolo, il libretto ha l’obiettivo di mettere a fuoco le motivazioni per favorire l’impegno del volontario all’interno dello IOR. Nel libretto viene specificato come diversi siano i modi e le vie per diventare un volontario IOR e far emergere quel significato profondo che nasce dalla conoscenza di sé in relazione al ruolo che si è scelto di svolgere. In particolare, la partecipazione a specifici corsi di formazione tenuti da medici, infermieri e psicologhe presso le diverse Sedi dello IOR, permette al futuro volontario di familiarizzarsi con le tre dimensioni che co- 14 n. 86 marzo 2011 l’informatore stituiscono il senso stesso del volontariato: 1) il sapere, ossia il conoscere le caratteristiche dello IOR, i servizi erogati e le sue modalità organizzative, possedere alcuni concetti relativi alle malattie tumorali, alla epidemiologia e alle azioni preventive, all’iter diagnostico e terapeutico, incluse la terapia del dolore e le cure palliative; 2) il saper fare, svolgendo il proprio ruolo nel settore in cui è destinato a operare con impegno e serietà e 3) il saper essere utilizzando le competenze nell’ascolto e nella comunicazione, maturando una sempre maggiore consapevolezza di sé rispetto al proprio ruolo di volontario, e riconoscendo l’importanza di una formazione continua durante le attività. Il primo passo di tale percorso formativo è il colloquio con la figura psicologica dello IOR, colloquio atto a verificare la disponibilità e le attitudini del volontario. Nel corso di formazione vengono poi affrontati diversi temi, tra cui la storia, la nascita, gli sviluppi, i progetti e il volontariato all’interno dello IOR, le malattie oncologiche e i luoghi di cura, gli aspetti psicosociali del malato e della sua famiglia, l’accoglienza e la relazione d’aiuto, oltre a tematiche di etica e di spiritualità. Diversi sono i modi in cui i volontari possono esprimere il loro altruismo e la loro motivazione, tra cui i volontari interni all’organizzazione come supporto alle attività di ufficio e alla preparazione di materiale e oggetti per la raccolta di fondi; i volontari presenti nelle manifestazioni, che partecipano all’organizzazione e garantiscono la presenza nelle diverse iniziative dello IOR; i volontari in Ospedale che forniscono informazioni e accoglienza e svolgono compiti di segreteria; i volontari di compagnia e di ascolto, pronti ad aiutare il malato in ospedale, a domicilio e in Hospice a vivere con minor disagio la sua condizione, assolvendo alle incombenze quotidiane, fornendo ascolto e supporto morale e materiale al malato e alla sua famiglia. Nuovi strumenti informativi ed educazionali verranno sviluppati dal Gruppo di Lavoro in Psico-Oncologia dello IOR nei prossimi mesi al fine di migliorare la diffusione della cultura psicologica e psicosociale nel contesto oncologico. NUOVE PROSPETTIVE PER LA DIAGNOSI PRECOCE DEI TUMORI COLORETTALI A cura del dott. Daniele Calistri Responsabile Diagnostica Molecolare Laboratorio di Bioscienze IRST È purtroppo noto che i tumori del colon sono la seconda causa di morte per tumore. La sopravvivenza a questo tumore è infatti direttamente legata alla gravità della malattia al momento della diagnosi. Tutti i pazienti cui viene asportato chirurgicamente una lesione molto piccola ed ancora non diffusa sopravvivono. Al contrario, la sopravvivenza scende drasticamente con l’aumentare della gravità e la diffusione della malattia al momento della diagnosi. E’ quindi evidente come una diagnosi precoce sia fondamentale per poter aumentare l’indice di sopravvivenza per questa neoplasia. Il “test del sangue occulto nelle feci” (FOBT) rappresenta ancora oggi la procedura non invasiva più comunemente utilizzata nei programmi di screening per la diagnosi precoce del carcinoma del colon. Que- corre ancora troppo di frequente a indagini dia- sta metodologia è sicuramente un valido sistema di gnostiche invasive come la colonscopia. analisi poiché è grado di ridurre la mortalità dal 10% In questi anni si sono sempre più approfondite le co- al 30% circa, a fronte di una notevole semplicità di noscenze sulle modificazioni molecolari correlate con esecuzione e di bassi costi. lo sviluppo di questa neoplasia. Questo ha portato Il principio su cui si basa questo test è legato al fat- i ricercatori a studiare se era possibile sviluppare nuo- to che le neoplasie intestinali tendono a sanguina- vi metodi ancora più efficaci del FOBT per diagno- re nel lume intestinale: questo sanguinamento, an- sticare precocemente i tumori colorettali. che se di lieve entità e spesso non notato dal paziente, Dobbiamo considerare che ogni giorno esfoliano nel- può essere rilevato attraverso il test di ricerca del san- le feci un alto numero di cellule del colon. Questo ha gue occulto nelle feci. I vantaggi principali di questo spinto gli scienziati a verificare se era possibile met- tipo di test sono la scarsa o nulla invasività e i costi tere a punto nuovi test molecolari in grado di indi- non elevati di esecuzione. Il principale problema è viduare i pazienti con neoplasia attraverso l’identi- però legato al fatto che l’entità del sanguinamento ficazione di alterazioni genetiche presenti nel DNA è variabile ed è inoltre accertato che non è un fe- estratto da queste cellule di esfoliazione. Tali meto- nomeno continuo. Per questo motivo, la reale spe- diche avrebbero il vantaggio di essere molto sensi- cificità e sensibilità del test lascia troppi spazi d’in- bili e specifiche, anche in considerazione del fatto che determinatezza nell’individuazione dei tumori, so- l’esfoliazione cellulare, contrariamente al sangui- prattutto delle forme più precoci, per le quali si ri- namento, non è intermittente e quindi meno sog- l’informatore n. 86 marzo 2011 15 getto all’errore diagnostico dovuto al momento laborazione con Diatech Pharmacogenetics che ha del prelievo del campione biologico come nel caso permesso lo sviluppo di un kit commerciale basato del FOBT. su questa metodica, che standardizza e semplifica la Anche nei laboratori dell’IRST di Meldola, grazie al procedura, ottimizzando i tempi e abbattendo i co- supporto dell’Istituto Oncologico Romagnolo, si è af- sti dell’analisi, per un impiego su larga scala. Al mo- frontato questo problema e, in questi anni, è stato mento questo nuovo test è in fase di validazione e, portato avanti un complesso programma di ricerca se confermerà i risultati dei precedenti studi, sarà pos- che ha già portato a importanti pubblicazioni su pre- sibile rendere disponibile a tutti un test molecolare stigiose riviste scientifiche internazionali. Grazie a che combina una elevata accuratezza diagnostica con questi studi, è stato sviluppato e brevettato in am- costi comunque contenuti. bito europeo, dal sottoscritto e dalla Dr.ssa Rengucci e sempre grazie all’apporto dello IOR, un sistema Un importante problema che preclude fortemente di analisi denominato “Fluorescence Long DNA” (FL- l’applicazione routinaria dei test molecolare è, infatti, DNA) basato sulla caratterizzazione di frammenti di legato al loro costo spesso eccessivo. L’unico kit mo- DNA genomico estratto da piccole quantità di feci. lecolare per la diagnosi precoce dei tumori coloret- La possibilità di analizzare anche piccole quantità di tali commercialmente disponibile, il PreGene Plus svi- DNA è oggi possibile poiché sono disponibili inno- luppato dalla ditta americana EXACT Sciences Cor- vative strumentazioni, principalmente alcune “bi- poration, è molto costoso e quindi difficilmente pro- lance” del tutto speciali, in grado di analizzare e ponibile per programmi di screening su larga scala. quantificare anche piccole quantità di DNA, che pos- Questo nuovo sistema sarà invece in grado di ab- sono aiutare il ricercatore in questo tipo di analisi. battere i costi andando ben al di sotto di quelli del- Grazie alla combinazione di queste tecnologie e al- l’attuale test americano grazie anche all’ingegne- l’identificazione di alcuni dei parametri molecolari più rizzazione del nuovo metodo di analisi che ne otti- significativi per individuare i tumori colorettali, è sta- mizzerà i costi di produzione. Inoltre, tali costi si po- to possibile sviluppare questo nuovo test e dimostrare trebbero ridurre ulteriormente in funzione della sua come questo sia un valido sistema non invasivo di dia- diffusione sul mercato. gnosi precoce dei tumori colorettali. Negli studi, condotti dal Laboratorio di Bioscienze dell’IRST è stato L’obiettivo finale, visti i costi contenuti del test e la dimostrato come questa metodica sia in grado di possibilità di essere effettuato in modo semplice e non identificare circa l’80% dei pazienti con neoplasia, evi- invasivo, è quello di affiancare o possibilmente di so- tando, allo stesso tempo, la maggior parte dei risul- stituire le metodiche attualmente in uso, migliorando tati falsamente positivi. la qualità e l’accuratezza dei programmi di prevenzione oncologica per i tumori del colon-retto. Da que- Per traferire questi importanti risultati dal laboratorio sto ne potrebbero derivare notevoli vantaggi eco- di ricerca alla pratica clinica, permettendone la dif- nomici, in termini di prevenzione, per tutto il Siste- fusione e la fruibilità da parte di tutti i pazienti che ma Sanitario Nazionale. ne volessero fare richiesta, è stata attivata una col- 16 n. 86 marzo 2011 l’informatore NUOVO CITOFLUORIMETRO PER L’IRST DI MELDOLA GRAZIE A CIA-CONAD E IOR Il nuovo Citofluorimetro donato da CIA - Conad allo IOR è stato collocato presso l’Istituto Tumori della Romagna (IRST) ed inaugurato lo scorso 25 febbraio. Commercianti Indipendenti Associati ha scelto di donare un nuovo Citofluorimetro “CyFlow Space” del valore di 138.000 euro all’Istituto Oncologico Romagnolo. Il citofluorimetro è stato installato presso l’IRST di Meldola nel Laboratorio di Bioscienze e contribuirà a dare una svolta innovativa all’attività di ricerca dell’Istituto. L’Inaugurazione è avvenuta venerdì 25 febbraio, in occasione della Conferenza Stampa tenutasi presso la Sala Tison dell’IRST, in presenza degli organi di stampa e dei rappresentanti di IOR, IRST e CIA. La volontà di CIA di rinnovare il proprio impegno sociale nel territorio romagnolo ha trovato realizzazione nella legge sulla destinazione alle Onlus dei premi non ritirati nei Concorsi indetti dalle imprese. Ciò ha permesso a CIA di donare allo IOR un’attrezzatura di un valore corrispondente ai premi non ritirati del Concorso “Vinci con la Spesa” 2010 e cioè, il Citofluorimetro. Il macchinario verrà utilizzato nell’ambito della Citofluorimetria, una metodica che permette, attraverso l’uso di una luce laser e rilevatori ottici, di valutare diversi parametri fisici, chimici e funzionali di un grup- Il citofluorimetro CyFlow Space donato da CIA-CONAD. po di cellule, raccogliendo un segnale fluorescente che viene poi convertito in segnale elettronico e rappresentato in un grafico. Ciò è utile per comprendere la natura e i meccanismi di sopravvivenza delle cellule prese in esame, specie se di origine tumorale, e dei possibili meccanismi d’azione dei farmaci chemioterapici tradizionali. Attualmente, il settore di Citometria e Farmacocinetica del Laboratorio di Bioscienze, insieme ai medici onco-ematologi e ai colleghi del gruppo di Farmacologia Preclinica e di Osteoncologia dell’IRST, sta avviando una serie di progetti di ricerca comuni che si avvarranno in modo fondamentale delle possibilità tecniche offerte da questa attrezzatura. Tali programmi comprendono lo studio e l’arricchimento di cellule tumorali circolanti da pazienti con malattia metastatica, di cellule trattate con farmaci di nuova generazione, la raccolta di sottopopolazioni linfocitarie, la selezione di cellule tumorali da metastasi ossee e lo studio del microambiente tumorale e delle interazioni tra cellule neoplastiche e cellule sane nella leucemia mieloide acuta. Fino ad ora il Laboratorio di Bioscienze dell’IRST si è avvalso di uno strumento donatogli dallo IOR nel 1996, il quale, per 15 anni, si è rivelato essenziale per la normale attività di laboratorio. Questo strumento è ormai Un momento della conferenza stampa. l’informatore n. 86 marzo 2011 17 Da sinistra: dott. Wainer Zoli (Direttore Laboratorio di Bioscienze dell'IRST), dott. Luca Panzavolta (Amministratore Delegato CIA-Conad), dott. Vincenzo Erroi (Direttore IOR), dott. Vladimiro Cecchini (Amministratore Delegato CIA-Conad), dott. Mattia Altini (Responsabile Innovazione e Sviluppo IRST), prof. Dino Amadori (Direttore Scientifico IRST), dott. Francesco Fabbri (Ricercatore Laboratorio di Bioscienze IRST). divenuto obsoleto e non più in grado di sostenere le cologica nei nostri territori. Il citofluorimetro, un im- crescenti necessità del laboratorio. La donazione di CIA- portante strumento diagnostico per l’analisi e la mi- Conad è quindi arrivata in un momento di particola- surazione dei parametri chimico-fisici delle cellule, è re bisogno di innovazione negli strumenti utilizzati per l’ultimo di una serie di strumenti che abbiamo messo le ricerche biologiche del laboratorio. a disposizione dello IOR e delle strutture associate per L’Istituto Oncologico Romagnolo, grato per la gene- la lotta ai tumori. In realtà stiamo già definendo con rosità del gesto di CIA, ha così posizionato, come ri- lo IOR e l’IRST un ambizioso progetto di ricerca in me- chiesto, il citofluorimetro all’IRST, che ha così acquisi- moria del nostro compianto Amministratore Delega- to un’importante strumentazione necessaria a porta- to, Brasini Vitaliano, che presenteremo ai nostri soci re avanti i propri progetti di ricerca. ed alla collettività nel corso della nostra prossima assemblea di bilancio. Per quanto ci riguarda non man- “Il nostro sostegno allo IOR risale all’inizio degli anni cheremo di continuare a sostenere l’attività dello IOR, ’90 - commenta l’Amministratore Delegato di CIA convinti come siamo che anche il nostro “contributo” Dott. Luca Panzavolta - Il nostro legame con il ter- possa concorrere alla sconfitta di un nemico così te- ritorio e la pregevole azione dello IOR non potevano mibile”. che divenire un sodalizio duraturo avente un obiettivo comune: migliorare la cura e la prevenzione on- 18 n. 86 marzo 2011 l’informatore COMMERCIANTI INDIPENDENTI ASSOCIATI E IOR: UN ESEMPIO DI COLLABORAZIONE Come ben sapranno i nostri lettori, l’Istituto Oncologico Romagnolo è un’organizzazione in grado di operare principalmente grazie alla sensibilità e generosità della popolazione romagnola che, da oltre 30 anni, sostiene le sue attività istituzionali. Tale coscienza risiede anche in molte realtà imprenditoriali e, proprio in queste pagine, desideriamo ringraziare e coinvolgere un’azienda da molti anni vicina allo IOR tramite diverse iniziative che si sono susseguite nel tempo: stiamo parlando di Commercianti Indipendenti Associati (CIA). Ecco alcuni dei Progetti sostenuti negli anni da Commercianti Indipendenti Associati. Il Progetto “Insieme per la Ricerca”, che ha sensibilizzato i consumatori a partecipare con una donazione individuale per la realizzazione dell’IRST di Meldola, scegliendo i prodotti Almaverde Bio che aderivano all’iniziativa. Il Progetto “Mattone su Mattone”, realizzato da CIA con importanti partners industriali per la creazione dell’Istituto Tumori della Romagna di Meldola, che fu avviato nel marzo 2006 per una durata complessiva di due anni: furono così devoluti ben 200.000 euro a favore della neonata struttura. Conosciamo meglio dunque questa realtà assieme al dott. Luca Panzavolta, Amministratore Delegato di Commercianti Indipendenti Associati. Gentile dott. Panzavolta, può descriverci brevemente chi è “Commercianti Indipendenti Associati”? Commercianti Indipendenti Associati è una cooperativa fra dettaglianti con oltre 50 anni di vita, presente e operante in 4 Regioni, facente parte a livello nazionale del sistema Conad. I 204 punti vendita associati alla Cooperativa, aventi insegna Margherita, Conad e Conad Leclerc, hanno sviluppato nel 2010 un fatturato di oltre 1,1 miliardi di euro mentre complessivamente, fra soci e dipendenti, gli occupati sono circa 4.800. La nostra Cooperativa fornisce ai propri associati le merci che poi sono poste in vendita al dettaglio oltre ai servizi necessari, quali: marketing, assistenza tecnica, gestionale e contabile, supporto finanziario, ecc. Quali sono i valori che caratterizzano la vostra Cooperativa? Assoluta attenzione ai bisogni dei consumatori, sia nell’offrire loro la massima convenienza possibile, sia nel selezionare per loro i prodotti aventi la qualità migliore. Essendo una cooperativa a mutualità assoluta lavoriamo esclusivamente con i nostri soci, ai quali attraverso la continua ricerca dell’efficienza siamo in grado di fornire merci e servizi a prezzi tali da consentire loro di svolgere appieno la politica consumerista che Conad ha intrapreso già da diversi anni; in sintesi: massimo sforzo verso i nostri soci affinché, tramite loro, venga trasferito ai clienti dell’insegna con la margherita la migliore qualità al prezzo più basso del mercato. Che importanza date alla Responsabilità Sociale d’Impresa? Molta. Da sempre le nostre politiche imprenditoriali sono improntate al rispetto dei lavoratori quali primo strumento dei nostri risultati, allo sforzo di favorire le produzioni rispettose dell’ambiente e delle comunità, alla consapevolezza che una parte degli utili prodot- l’informatore n. 86 marzo 2011 19 ti nella nostra attività d’impresa vada redistribuita sul territorio grazie al quale questi utili si sono determinati. zione dell’Irst, sintetizza in sé quanto di buono fatto in questi anni. Credo vada dato atto allo Ior di aver vinto una sfida sul cui esito pochi avrebbero scommesso. Qual è il vostro rapporto con il territorio in cui siete presenti? Come si è consolidato nel tempo il vostro rapporto con lo IOR? Ad esempio, recentemente, avete donato allo IOR un’attrezzatura ospedaliera che verrà installata all’IRST di Meldola: un Citofluorimetro del valore di 138.000 euro. La nostra Cooperativa, così come i suoi soci, è fortemente legata al proprio territorio d’insediamento. D’altronde non solo non potremmo trasferire la nostra attività altrove ma, anzi, i nostri imprenditori sanno benissimo che i loro clienti fanno parte della comunità in cui loro stessi vivono, i nostri clienti sono i nostri concittadini. Perciò la responsabilità sociale per noi di Conad è un dato di fatto, dovuto al nostro essere cooperativa e all’essere imprenditori nello stesso territorio in cui viviamo. Da qui lo sforzo economico da sempre profuso nel sostenere le iniziative sociali, sportive e culturali del nostro territorio di insediamento. Cosa ha spinto C.I.A. ad impegnarsi a fianco dello IOR? Coerentemente a quanto prima affermato, abbiamo visto nello Ior uno strumento particolarmente efficace nell’utilizzo delle risorse raccolte, capace di sviluppare un’azione meritoria nel campo della salute ed in particolare nella lotta contro quello che è considerato il male del secolo. Il tumore purtroppo può colpire chiunque; per questo riteniamo indispensabile lo sforzo che lo Ior da oltre trenta anni porta avanti e per questo siamo al suo fianco in questa battaglia che dobbiamo e possiamo vincere. La salute è il bene più prezioso; una alimentazione sana è un valido ausilio per mantenersi sani e per noi commercianti di alimenti il binomio con chi si occupa di difendere la salute è naturale. Da quanto tempo sostenete lo IOR? C’è un progetto, tra quelli sostenuti, che l’ha coinvolta particolarmente? Il nostro sostegno allo Ior risale all’inizio degli anni ’90. Elencare tutti i progetti sviluppati grazie anche al nostro contributo sarebbe lungo, credo però che “Mattone su Mattone” (che ho anche seguito personalmente) li rappresenti tutti. Lo sforzo economico profuso ed il coinvolgimento dei nostri consumatori e di alcuni importanti fornitori nel sostegno alla realizza- 20 n. 86 marzo 2011 l’informatore Il nostro legame con il territorio e la pregevole azione dello Ior non potevano non divenire un sodalizio duraturo avente un obiettivo comune: migliorare la prevenzione e la cura in oncologia nei nostri territori. Il citofluorimetro, un importante strumento diagnostico per l’analisi e la misurazione dei parametri chimico-fisici delle cellule è l’ultimo di una serie di strumenti che abbiamo messo a disposizione dello Ior e delle strutture associate per la lotta ai tumori. In realtà stiamo anche già definendo con lo Ior e l’IRST un ambizioso progetto di ricerca in memoria del nostro compianto Amministratore Delegato,Vitaliano Brasini, che presenteremo ai nostri soci ed alla collettività nel corso della nostra prossima assemblea di bilancio. Ritenete che anche il vostro universo relazionale, ad esempio Fornitori e Clienti, sia orientato all’impegno sociale nella misura in cui lo siete voi? Il sistema cooperativo del nostro territorio si è distinto in questi anni per la forte sensibilità dimostrata nel sostegno all’attività dello Ior; a questo nostro impegno si sono anche aggiunti alcuni nostri fornitori che di buon grado hanno accolto il nostro invito a sostenere le iniziative sviluppate nonché, naturalmente, i nostri clienti attenti alle attività in questo ambito. La preoccupazione che abbiamo è che la perdurante crisi economica e le restrizioni di bilancio in cui tutti ci dibattiamo possano inaridire questa meritoria attività. Per quanto ci riguarda non mancheremo di continuare a sostenere l’attività dello Ior, convinti come siamo che anche il nostro piccolo “mattone” possa contribuire alla sconfitta di un nemico così temibile. LO STADIO DELLA CITTÀ 1 maggio 2011, ore 15.00 Stadio Dino Manuzzi di Cesena CESENA – INTER A seguito del progetto promosso dall’A.C. Cesena, “Dino Manuzzi, lo Stadio della Città”, che ha come obiettivo principale quello di sostenere le Associazioni di Volontariato del cesenate, il prossimo primo maggio la partita di Campionato di Serie A Cesena - Inter sarà dedicata all’Istituto Oncologico Romagnolo Onlus. I Volontari IOR saranno presenti all’ingresso dello stadio con materiale informativo sulle attività dell’Istituto da distribuire a tutti i tifosi. PARTECIPATE NUMEROSI! Il calciatore Fabio Caserta, testimonial IOR nell’ambito del progetto “Lo Stadio della Città”. l’informatore n. 86 marzo 2011 21 ROSSO DI SERA... Dopo il successo riscosso nel numero di dicembre, siamo lieti di pubblicare in queste pagine dell’Informatore il secondo racconto della Rubrica “Rosso di Sera”, a cura del dott. Francesco Carrozza, in servizio presso l’Unità Operativa di Oncologia di Faenza. Ci accompagnano ancora una volta nella lettura i disegni di Santina Alleruzzo, cara amica designer del dott. Carrozza. “Le parole segrete” di Francesco Carrozza La notte d’estate è serena. Nella campagna, nera e senza confini apparenti, in mezzo ad ulivi vecchi di secoli, un esercito di grilli frinisce appollaiato su fili d’erba ondeggianti, sotto il cielo trapuntato di stelle e luna. Non c’è neanche un alito di vento questa notte e l’una è già passata, da dieci minuti. Le luci delle roulotte sono ormai quasi tutte spente. Un piccolo villaggio ambulante con le luci spente nella notte. Rimane accesa solo la lampadina da venticinque watt della roulotte di Carol, il vecchio tuttofare del gruppo. Ma magari già dorme anche lui, con la sua lucina accesa, flebile dietro una tendina color panna grande appena da coprire l’oblò davanti al quale è stata posizionata. I generatori di corrente elettrica ronzano sommessi, accovacciati in mezzo agli arbusti. Una scia argentea solca un fazzoletto di cielo, ad Occidente. E’ una frazione di secondo, un briciolo. Ma è un tempo sufficiente per esprimere un desiderio. Adrian, che l’ha colta con lo sguardo, lo sa. E così chiude gli occhi. Si concentra. Poi, dal solito angolo genera-desideri del suo cervello gitano, quell’angolo che si attiva ogni volta che gli capita di guardare il cielo in una notte come questa, arriva silenziosa una richiesta. E’ sempre la solita, ma è come se ogni volta la scegliesse tra un’infinita quantità di sogni. Passano appena tre minuti. Ed ecco che il più grande desiderio di Adrian apre la portiera del camper davanti al quale sta seduto con le gambe incrociate da circa un’ora, scende silenzioso la scaletta e alla pallida luce della luna attraversa il piccolo spiazzo che li separa per sederglisi vicino. “Adoro la notte in estate”. Gli dice con un sussurro, sfiorandogli la spalla mentre gli si siede accanto. Adrian annuisce in silenzio, e la guarda. Due ombre che si guardano e si vedono appena, in mezzo al buio della notte tutt’intorno. Adrian non parla. Non può farlo, più o meno da quando aveva cinque anni. A quell’età scampò per miracolo all’incendio che divorò la sua baracca, nella periferia povera di Budapest, ma la paura che visse gli tranciò le corde vocali e gli rubò tutte le parole. I molti medici che lo avevano visitato avevano sempre detto che tut- 22 n. 86 marzo 2011 l’informatore to in lui era anatomicamente normale, che avrebbe potuto parlare e che, apparentemente, nessuna limitazione fisica o funzionale era stata mai registrata nel suo sistema nervoso. Magari si sarebbe sbloccato con il tempo e forse, si, un giorno avrebbero sentito di nuovo la sua voce. Tuttavia, quali che fossero i motivi, dal giorno dell’incendio, il ragazzo aveva sempre osservato il frastuono del mondo in silenzio. E presto il silenzio era divenuto il suo tratto comune, il particolare che lo avrebbe contraddistinto da ogni altra persona all’interno della sua famiglia.Il suo papà, Adrian, non lo aveva mai conosciuto, se non nei racconti lacunosi della madre, ma a quel tempo parole come egoista e vigliacco non dicevano quasi nulla alle sue orecchie innocenti. L’anno dopo, poi, anche la mamma lo avrebbe lasciato. Era la mattina di un giorno umido d’autunno, e Adrian avrebbe per sempre ricordato la fila di calzini ancora bagnati, appesi ad asciugare sopra la stufa a legna, nello scantinato del palazzo nel quale si erano trasferiti dopo l’incendio. Una fila di calzini colorati e bucherellati che ondeggiava mentre la porta del magazzino si chiudeva, sbattendo, mentre una donna spettinata e in lacrime scappava via da lui, promettendogli che sarebbe tornata presto, prima possibile, dopo avergli dato un bacio appiccicoso di rossetto stantìo sulla guancia sinistra. Era meglio così, per tutti e due, gli ripeteva mentre appoggiava la pesante valigia cremisi sulla soglia della porta, spingendola con il piede fuori dall’uscio. Sarebbe stata quella l’ul- tima immagine che Adrian avrebbe avuto di sua madre. Il bambino conosceva l’indirizzo dello zio David, ed era da lui che sarebbe dovuto andare. Quella mattina corse, corse e corse ancora, attraversando i marciapiedi scivolosi e i portici grondanti di pioggia dei caseggiati della periferia. Bussò alla porta dello zio e aspettò, bagnato e a faccia in su, che lui si affacciasse e lo vedesse per aprirgli. Un uomo barbuto e villoso lo scrutò da dietro una finestra opaca del secondo piano del palazzo nel quale abitava. La vita, con quel ragazzino, figlio di sua sorella –pensò l’uomo accigliato- non era stata per nulla gentile. A sei anni Adrian viaggiava già in lungo e in largo per l’Europa a bordo della roulotte di suo zio David, ammaestratore di cagnolini di un piccolo circo ungherese. Adesso aveva una nuova e colorata famiglia. Erano i primi anni ottanta, e, a quel tempo, il ragazzino credeva ancora che il mondo fosse popolato dai sogni e dalle illusioni che quasi ogni notte, puntuali, andavano in scena sotto il tendone del suo circo. Osservava gli altri bambini, alla biglietteria, ogni sera. Si impasticciavano le guance e i colletti delle camicie quadrettate di zucchero filato e facevano i capricci quando i loro papà li esortavano a smetterla di chiedere l’immancabile polaroid, mentre il clown li accomodava in sella al vecchio pony annoiato, in perenne posa all’interno del suo recinto di barre di ghisa. Sotto le luci lampeggianti delle insegne, l’anziana e svogliata bigliettaia staccava tagliandini senza alcun sorriso a rumorose famiglie che, almeno per una sera, sembravano felici. Dietro il suo pesante trucco e la messa in piega pacchiana, la donna non tradiva alcuna emozione, eppure dal biglietto che faceva scivolare nella buchetta sotto il vetro, sembrava promettesse ogni volta meraviglie incredibili a tutti coloro che fossero entrati nel grande tendone a strisce bianche e blu, cinquanta metri più avanti. In quei primi anni della sua rocambolesca vita, Adrian imparò il mestiere del circense: a sette anni riusciva a camminare sulle mani e a correre sul filo sospeso da terra; a otto faceva passare da una mano all’altra fino a quattro palline da tennis, tirandole su per aria e sapeva tenere in equilibrio sul naso svariati oggetti; di lì a poco -non aveva ancora compiuto nove anni- imparò a fare queste cose mentre stava seduto su un monociclo che riusciva a manovrare soltanto usando i pedali ai lati della ruota. Giovanissimo, pur mostrando più degli anni che realmente aveva, imparò ad andare in scena e a ricevere l’applauso dei paganti, ogni sera, ad ogni nuovo spettacolo. Imparò il sorriso di plastica che bisogna stamparsi sulla faccia quando la gente seduta sulle panche che guarda lo show si aspetta di vederti fare al termine del tuo numero. In quegli anni Adrian imparò, soprattutto, a cavarsela in quasi ogni circostanza. Nella tarda primavera del 1994 il circo di zio David finiva una tournee modestamente redditizia nel Nord-Est della Francia. Forse complice la strisciante crisi economica, gli spettacoli non avevano fatto registrare praticamente quasi mai il tutto esaurito. Artisti stanchi e belve feroci sonnolente ripetevano tutte le sere gli stessi rituali scenici, da- vanti a platee tiepide formate perlopiù da bambini capricciosi. Periodi di magra a volte potevano capitare. Per fortuna non sempre era così, la gente del circo lo sapeva, e anche quel tempo grigio sarebbe passato presto. Nei giorni che seguirono, la compagnia varcò i confini francesi e giunse in Italia. Fecero tappa in diverse piccole città del Piemonte e, dopo due settimane circa, cominciarono a puntare a sud. Una pioggerellina fredda li accarezzò al mattino della partenza, mentre il pigolio delle lamiere delle roulotte li accompagnava durante le solite lunghe operazioni di smontaggio del tendone e di tutto quello che fino alla sera prima era stato un circo. Ogni tanto dalle gabbie delle tigri si levava un guaito, forse di fame o forse di impazienza. Viaggiarono lungo una statale stretta e piena di buche, attraversando piccoli comuni annoiati e umidi di pioggia. Freda, la seconda moglie di zio David, guidava una vecchia Mercedes butterata, appartenuta già a qualche rigattiere amico di famiglia. Viaggiava incamminata alle altre roulotte, seguendone l’andatura e mai sorpassando. A bordo gracchiava la musica generata da altoparlanti di scarsa qualità, nella nebbia densa che si levava dalla sigaretta fumata dalla donna. Ogni tanto lo sguardo di Freda frugava nello specchietto retrovisore. Seduto sul sedile posteriore c’era Adrian, un giovane uomo dalle spalle larghe e i capelli castani arruffati e lunghi fino alle spalle. “Ma diglielo, no? Cioè, scusa, volevo dire scriviglielo, tesoro!” la voce di Freda sembrava provenire da dentro una lattina di birra vuota. Adrian pensò proprio così: questa donna ha una voce tremenda, come se parlasse veramente da dentro una lattina di birra vuota. “Ma mi ascolti Adrian?”, insistette la donna. Erano fermi ad un semaforo. La luce rossa degli stop accessi della roulotte davanti a loro veniva spezzata in mille particelle l’informatore n. 86 marzo 2011 23 bagnate dalle gocce che si raccoglievano sul parabrezza, tra un passaggio e l’altro di un tergicristallo svogliato. Tutto, quel giorno, sembrava svogliato. “Ci sei o no, tesoro?”. Freda continuava a cercare lo sguardo del ragazzo scrutando lo specchietto retrovisore. Finalmente lui annuì, dal sedile nel quale era sprofondato. “Come ti dico, Adrian, dovresti parlare a Caterina e dirle che ti piace! Lo sanno tutti, ormai, tesoro!”. Il ragazzo rispose sbrigativamente con un movimento rapido della mano, come se stesse cercando di scacciare una mosca, che riassumeva il pensiero che voleva esprimere: si,va bene, ma lascia che siano solo fatti miei! Che tutti sapessero o sospettassero di lui e di Caterina non era un grosso problema. Il grosso e reale problema era che, in realtà, tra lui e Caterina non c’era stato ancora nulla. Non era capitato fino ad allora, e forse lo stesso Adrian aveva intimamente paura che potesse capitare senza che il suo cuore potesse reggerne l’urto. Si, perché era proprio come se il suo cuore precipitasse giù in fondo per una scalinata infinita, saltandogli nel petto ad ogni gradino sul quale rimbalzava, ogni volta che Caterina gli rivolgeva un sorriso o gli parlava o gli passava semplicemente accanto. D’altra parte che il ragazzo ne fosse perdutamente innamorato non era certo difficile notarlo, per chiunque avesse avuto modo di guardarlo negli occhi ogni singola volta che lui le si avvicinava. Si erano conosciuti nel circo, ovviamente. Anche Caterina, come Adrian e come molti altri avventurieri ambulanti che portano in giro la loro vita a bordo di una roulotte scalcagnata a vendere i loro talenti in giro per le strade del mondo, avrebbe potuto scrivere un libro traendo spunto dalla sua vita. E in quel libro non avrebbe raccontato certamente cose scontate. Adesso Caterina aveva diciotto anni compiuti, ed era una bellissima ragazza. Quantomeno, lo era senza dubbio per Adrian, che da circa un anno ormai non riusciva più a privarsene anche solo per una giornata intera. Caterina lavorava nel circo come acrobata. Tutte le sere, appesa a quel trapezio a dieci metri dal suolo, mentre volava da una presa all’altra, teneva prigioniero il fiato di centinaia di persone che la guardavano in silenzio e con il naso all’insù, negli interminabili otto minuti e mezzo del suo numero, prima che la tensione si sciogliesse in una fragorosoa e prolungata ovazione, quando lei e il suo partner -suo fratello Mattia- tornavano finalmente con i piedi sulla terra ferma, aggrappati a una grossa fune, con un sorriso scenico grande come il sole e allargando platealmente le braccia in una posa plastica che aveva il significato di ringraziare il pubblico per il generoso applauso che tributava loro. Ogni sera, quegli otto minuti e mezzo rappresentavano per il Adrian il momento cruciale di tutta la sua giornata, e forse di tutta la sua vita. Attendeva senza respirare e con la mente priva di ogni pensiero che Caterina compisse l’ultimo balzo e che Mattia l’afferrasse, in un perfetto sincronismo di mani che si intrecciano in quella frazione di secondo che sembra durare un tempo inconcepibile ed eterno. Il suo numero da giocoliere sarebbe andato in scena subito dopo quello di 24 n. 86 marzo 2011 l’informatore Caterina, separato solo da un brevissimo interludio di Pimpy il Clown, che avrebbe fatto sganasciare grandi e bambini simulando una tempestosa quanto imbarazzante crisi di flatulenza. Eppure Adrian, che avrebbe già dovuto essere pronto ancora da prima che Caterina andasse in scena, ogni volta non riusciva a immedesimarsi nella sua parte di spettacolo mai prima che la ragazza fosse già tornata dietro le quinte. Qualche volta gli era passata accanto, ancora sudata e con i brillantini scompigliati sul volto truccato, sorridendogli e augurandogli buona fortuna con un bacio profumato sulla guancia. Allora Adrian ricambiava il sorriso, anche se lei era già volata nel suo spogliatoio, e con quel sorriso disegnato sul volto entrava trionfante in scena. Le luci dei riflettori avrebbero lanciato ancora una volta i loro fasci colorati sulla pista, e sarebbe stato allora che Adrian avrebbe cominciato a sbalordire il pubblico pagante con oggetti di svariate forme e dimensioni lanciati in aria a ritmo frenetico, piatti tenuti in equilibrio su un bastone poggiato sulla punta del naso e altre mirabilie varie. L’auto di Freda proseguì caracollante per le successive tre ore. Dallo stereo della macchina adesso vibrava un blues di John Lee Hokeer. Adrian era disteso sul sedile posteriore e guardava il tettuccio con in bocca una matita, che faceva dondolare su e giù distrattamente muovendo le labbra. L’idea di scrivere qualcosa che parlasse di se e di farlo leggere il più presto possibile a Caterina gli era già venuta, molto prima che glielo blaterasse quella donna che adesso stava al volante, e lo infastidiva pensare che se lei lo avesse visto scrivere proprio adesso si sarebbe attribuita il merito di avergli suggerito quella soluzione. Tuttavia sentì che quello sarebbe stato il momento giusto per farlo, per imprigionare sulla carta quello che aveva dentro per Caterina, perché ancora una volta stava sentendo quella strana marea calda che gli montava dentro il cuore ogni volta che pensava a quella ragazza. Così, incurante dello sguardo compiaciuto di Freda che gli rimbalzava addosso dallo specchietto retrovisore, cominciò a scrivere. Dopo venti minuti, però, quando volle rileggere tutto quello che la sua matita aveva fino a quel momento scritto, scosse la testa, sbuffò e accartocciò il foglio sbrigativamente. Poi abbassò il finestrino e lo gettò in strada. “Non andava bene, tesoro?” La voce di Freda aveva un retrogusto misto di ironia e curiosità, come se stesse guardando un bambino giocare con la sabbia in riva al mare. Il ragazzo fece finta di non averla neanche sentita. Giunsero in Liguria, e nei pressi di Savona, una sera poco prima dell’ultimo spettacolo della giornata, Adrian si sentì finalmente pronto ad affrontare lo sguardo di Caterina, da vicino. Nella mano sudata aveva un foglio di carta piegato in due, uno di quei fogli da quaderno con gli anelli, che mostrava i segni dello strappo sul bordo sinistro. Era riuscito a scrivere quello che desiderava, trovando le parole giuste e la lucidità necessaria per metterle tutte insieme. Le sue parole segrete per Caterina occupavano poche scarne righe su un foglio sdrucito, ma era arrivato a loro dopo almeno tre notti quasi insonni e decine di pagine stracciate e buttate via. Aveva atteso tutto il giorno il momento propizio per approcciarla. E quel momento era arrivato, benedetto come un treno in ritardo che finalmente giunge in stazione in un giorno di vento e neve. Il rumore del getto d’acqua dell’idrante che imbeveva il terreno nei pressi del tendone sembrava lo scroscio di una piccola cascata, mentre con un barrito sommesso il giovane elefante indiano sembrava stesse ringraziando il suo ammaestratore del regalo che gli aveva appena fatto, portandogli la grossa cesta di arbusti e vegetali assortiti. Adrian pensò per un istante di non trovarsi in quel posto, a poche centinaia di metri da una rumorosa strada statale asfaltata, ma nella profondità di una giungla nascosta e irraggiungibile, un posto perfetto e magico quanto sarebbe bastato per dare a Caterina un segno tangibile dei suoi sentimenti per lei. Quando finalmente la ragazza sbucò silenziosa da dietro la roulotte dei costumi, facendosi strada tra i fili metallici e le corde che reggevano le tende delle varie casette ambulanti, Adrian sobbalzò. “Hey!”, fu il saluto sorridente di Caterina, al quale Adrian rispose con una mano sventolante a palmo aperto. Gli attimi che seguirono furono tutti loro. Adrian le diede il suo foglio e lei lo lesse. Sorrise. Lo rilesse, e sorrise ancora. Guardò in silenzio Adrian, mentre ripiegava il foglio appena ricevuto come un dono segreto, nascondendolo in una piega della manica del vestito. Il ragazzo non potè fare a meno di scivolare nei suoi occhi, di quel castano profondo e morbido che racchiude il calore e la magia di un bosco autunnale, e attorno ai lineamenti del suo volto, che sembravano essere stati tracciati da una mano sapiente che aveva indugiato intere notti sui dettagli e li aveva resi unici. L’elefante barriva e soffiava qualche metro più in là, probabilmente soddisfatto del suo pasto e pron- to a essere bardato per l’ennesima entrata in scena della sua avviata carriera circense, e lo scroscio dell’acqua era cessato, lasciando il posto al tramestio sommesso che caratterizza l’imminenza dell’inizio di ogni spettacolo. Caterina gli confidò che anche lei aveva atteso tutto il giorno di poter venire da lui, e gli sussurrò all’orecchio tante altre cose che sarebbero rimaste per sempre tra loro due. Dal pomeriggio in cui Adrian aveva dichiarato il suo amore a Caterina, scoprendo di essere corrisposto, erano appena passati due mesi. Nemmeno il tempo di rendersi conto di quanta felicità possa contenere il cuore di un essere umano. Da qualche giorno aveva cominciato a lamentare un dolore sordo alla gamba destra. Finiva gli allenamenti sempre stringendo i denti. Poi, una sera, il dolore al ginocchio divenne talmente forte, che suo fratello Mattia, ignorando i suoi dinieghi, si era deciso a portarla al Pronto Soccorso. In quel frangente la compagnia stava dando gli spettacoli in una città nei pressi di Ravenna. Era giunta un’estate appiccicosa, ed erano notti fatte di sudore e di zanzare. Quella sera Mattia partì alla volta dell’ospedale più vicino, guidando a bordo di una Panda incrostata di fango che aveva conosciuto tempi migliori ma che ancora non si arrendeva al tempo e all’usura. Al Pronto Soccorso Caterina attese l’esito di una lastra alla gamba. Un bambino con i pantaloncini corti e la maglietta a righe ancora sporca di lacrime e gelato, seduto nella sala d’aspetto a qualche sedia di distanza da lei, con una grossa fasciatura attorno ad un braccio, la indicò puntandole addosso platealmente l’indice, mentre richiamava l’attenzione della mamma. L’aveva riconosciuta. Si ricordava di averla vista volare la sera prima, da un’asticella all’altra, mentre tutto il pubblico tratteneva il fiato. Caterina si accorse di essere osservata dal giovane ammiratore. Abbozzò un sorriso verso il bambino, facendolo arrossire. In quel momento nemmeno immaginava l’avventura nella quale si sarebbe prestissimo trasformata la sua vita, fino ad allora fatta di complicate piroette appesa ad una altalena a quasi dieci metri da terra. Cominciò un girotondo di esami, in giro per vari ospedali. Albe grigie e pomeriggi imbevuti di ansia. Silenzi che parlano e parole che non dicono nulla. Biopsie di giorno e profumo di pop-corn unti la sera, sotto luci stroboscopiche colorate: passò così quel tempo incerto. Poi, alla fine, a Caterina venne diagnosticato un osteosarcoma, un tumore aggressivo non molto comune, che colpisce più di frequente le giovani ossa, e che nel suo caso aveva già coinvolto anche una parte della muscolatura a ridosso del ginocchio destro. Le avrebbero dovuto amputare la gamba, sperando che tanto potesse contribuire in qualche modo a salvarle la vita, insieme a svariati cicli di chemioterapia. A Caterina fu più o meno spiegato così. Il giorno che glielo dissero avrebbe potuto piangere per mille motivi, tutti validi. Paura, disperazione, frustrazione. Quello che però alla fine le fece sgorgare le lacrime fu la rabbia. b- Un improvviso, irrefrenabile, violento impulso di ra bia, che le partì dal profondo, da un posto tanto nasco- l’informatore n. 86 marzo 2011 25 sto del suo istinto da non esserle neanche noto. Si alzò di scatto dalla sedia, nello studio del chirurgo ortopedico che le aveva appena riassunto il suo programma di terapia. Diede un calcio alla sedia sulla quale sedeva. Mattia, seduto accanto a lei, in silenzio per tutto il colloquio, si alzò altrettanto fulmineamente e la abbracciò, contenendone i singhiozzi, baciandola sulla guancia ripetutamente e accarezzandogli i capelli. Furono secondi di una durata incalcolabile per chiunque avesse provato a contarli. Poi, come per rispondere ad una domanda che non era stata formulata, il ragazzo si voltò garbatamente verso il dottore ammutolito, continuando con le carezze e appoggiando la sua guancia destra sulla testa della sorella. “Piange perché non potrà più eseguire il nostro numero del circo, dottore.” Precisò Mattia. Il suo accento ne tradiva l’origine slava. “Perché non potrà più?”, provò a chiedere il dottore, che adesso limitava il più possibile le parole. “Provi a immaginare un acrobata senza una gamba, che vola a dieci metri di altezza, dottore. Mi dica, ne ha mai visto uno?” L’abbandono delle scene da parte di Caterina fu l’inevitabile conseguenza dell’intervento che dovette subire. La ragazza visse il repentino distacco da quel mondo molto più dolorosamente della deprivazione anatomica che adesso portava addosso. Il suo arto inferiore destro era stato troncato diversi centimetri al di sopra del ginocchio, e adesso lo sostituiva una protesi plastificata. Furono giorni in cui la sua mente non ebbe nemmeno tempo di avere paura o timore per quello che gli avrebbe potuto riservare il futuro: ogni pensiero si frantumava attorno all’idea di aver perso per sempre la possibilità di volare insieme a suo fratello Mattia. Anche Adrian soffriva maledettamente per lei. Continuava a scriverle pensieri tutti i giorni, stampigliandoli sopra le pagine di un quaderno che era diventato il diario di entrambi. Si provava a ridere insieme, ma non era per niente facile. Le nuvole passarono, e passarono i paesaggi e le città, ad 26 n. 86 marzo 2011 l’informatore ogni nuova tappa del viaggio. Passarono piogge e sorrisi, lacrime e strade fatte di fango. Passarono pensieri tristi e tramonti. Passò, semplicemente, e come sempre accade, il tempo. Gettando un velo scuro di ansia e di timore sul volto di Adrian, il giorno del suo compleanno, Caterina, dopo aver soffiato sulle diciannove candeline che fumavano sulla sua torta alla frutta, disse che ci sarebbe stato solo un modo per farla sorridere in quella giornata, e in tutte quelle che sarebbero seguite. Era molto semplice: sarebbe voluta tornare, almeno per una volta ancora, lassù, dove era sempre stata. Sul trapezio. Voleva almeno provarci. Suo fratello Mattia, inizialmente riluttante ad assecondarne le richieste perchè profondamente convinto che potesse farsi male, alla fine aveva ceduto alle richieste monocordi della ragazza e, qualche giorno dopo -erano appena passati cinque mesi dall’amputazione della gamba- aveva acconsentito a portarla con se. Lui restava seduto sull’asticella metallica, e lei gli rimaneva semplicemente in braccio, tenendosi stretta a lui. In quel momento Caterina aveva pianto, ma stavolta le lacrime avevano avuto il sapore dolce della felicità e le stavano a ricordare che la vita le apparteneva ancora. Avevano compiuto semplicemente delle oscillazioni, avanti e indietro, avanti e indietro, per circa una ventina di minuti. Come su un’altalena per bambini, ma dieci metri più in alto. Da sotto li aveva accompagnati lo sguardo meravigliato e teso degli altri componenti della famiglia del circo, che si erano radunati in silenzio, e che adesso avevano il naso puntato all’insù e le bocche mute e semiaperte. C’era il nano Paul, con le sue bretelle colorate che indossava anche fuori scena, e Malika, la bionda platinata assistente del mago, con i bigodini ancora in testa. C’era lo stesso zio David, dietro i suoi baffi neri da mangiafuoco e gli occhi piccoli e torvi. E naturalmente, seduto da solo su una panca degli spalti, c’era Adrian con il cuore il gola. Così, nelle settimane successive a quel pomeriggio, la consapevolezza di Caterina circa le sue possibilità di recuperare la scena dello spettacolo si fecero via via più concrete, e dopo un po’ quel desiderio divenne così assillante da farla rimanere sveglia durante la notte. Dopo che le fu confezionata una nuova e più comoda protesi d’arto, Caterina volle riprendere gli allenamenti con il fratello. All’inizio le veniva quasi impossibile anche solo sedersi sulla sottile asticella del trapezio. Si aiutava goffamente con entrambe le braccia, reggendosi forte alle corde, come avrebbe fatto un bambino impaurito. Mattia non smetteva di guardarla negli occhi, senza abbassare mai il livello di concentrazione, seduto sull’altra asticella. Ogni tanto, nel silenzio del tendone vuoto, si sentiva la sua voce chiamare stentorea la sorella, mentre cominciavano le oscillazioni. In quel richiamo c’era tutto: l’esortazione a stare con gli occhi aperti, l’incoraggiamento a non mollare la presa alle corde, il ribadirle tutto il suo amore di fratello maggiore. Lunghe oscillazioni, apparentemente semplici agli occhi di un acrobata di mestiere, riportarono pian piano Caterina sempre più vicina al suo mondo di prima. Ogni due o tre giorni, aumentavano di qualche centimetro l’altezza e l’in- tensità del dondolio. Passò l’inverno, e quando giunse una nuova primavera, Caterina era tornata lassù in alto, a circa dieci metri dal suolo. La sua sicurezza nel muoversi sul trapezio era via via cresciuta, e ormai anche Mattia era tornato più sereno nel vederla lì con lui. Tra poco, sentiva, avrebbe potuto andare persino oltre. Avrebbero cominciato a riprovare i salti e le prese. La gamba-non gamba di Caterina, tuttavia, continuava a rappresentare un problema importante. Una volta, la protesi le era caduta da lassù, e in un’altra circostanza era stata la sua prontezza di riflessi a evitare che fosse lei stessa a cadere, dopo che il suo arto plastificato si era spostato dal punto di innesto sul moncone della gamba, a seguito di un piccolo movimento fasullo sull’asticella. Aveva chiuso gli occhi per un attimo ma non aveva avuto minimante paura di morire, se fosse caduta giù. Perché mai -pensò- si era sentita più vicina alla vita come lo era in quel momento. Adrian guarda gli allenamenti della ragazza, ogni pomeriggio. Fissa ogni singola oscillazione dei due fratelli, e sa ormai perfettamente cosa faranno l’istante dopo. Un’altra notte d’estate. Il mondo attorno è spento e riposa in un nido fatto di ombre rassicuranti. Domani un’altra piccola città li accoglierà, con il suo campo sportivo brullo che servirà da spiazzo per il loro tendone e da stalla per il vecchio dromedario che li segue da una vita. Adrian e Caterina hanno appena finito di far parlare i loro corpi tra loro nel linguaggio segreto della vita, e adesso giacciono nudi e sereni sul lettino di un camper, al buio. Dal finestrino si può contare una quantità quasi infinita di stelle. Il ragazzo pensa e ha un nodo in gola. Se solo potesse parlare, adesso vorrebbe dire alla ragazza che gli sta a fianco ti prego, non farlo! E’ una frazione di secondo, un battito di ciglia. Prima che lui possa cominciare a gesticolare per mimarle il suo pensiero Caterina prende la parola. “Lo so che hai paura che io non ce la possa fare, Adrian. E’ questo che mi vuoi dire? Di non insistere nell’idea di tentare di eseguire a tutti i costi il numero nello spettacolo di domani?” La sua voce tremava. Adrian temette di doverla vedere piangere, ma Caterina riuscì a trattenersi. “Immagino che potrà sembrare a tutti una follia o un capriccio…” prima che potesse proseguire la frase Adrian le prese entrambe le mani e le si avvicinò al volto, guardandola con ancora più intensità negli occhi e scuotendo decisamente la testa in senso di convinta negazione. Lui la capiva. Capiva quello che stava provando. E non l’avrebbe fermata. Ma non poteva esimersi dal tremare al solo pensiero che potesse farsi male. E che potesse perderla. La sera dopo il presentatore, in smoking dorato e cravattino rosso, annuncia trionfalmente il numero del grande ritorno di Caterina, la prima ragazza senza una gamba che si lancerà nel vuoto durante l’esecuzione di una doppia capriola avvitata, senza rete di protezione. Quando Caterina entra in scena, con la sua gamba meccanica e con il solito sorriso plastificato che non aveva dimenticato, Adrian vorrebbe tanto che il suo cuore fosse nel petto di qualcun altro, e che i pensieri che gli avvolgono la mente non appartenessero a lui. Poi il tamburo rulla, il silenzio scende greve sotto il tendone bianco e blu. Mattia penzola a testa in giù, tenendosi solo per gli incavi delle ginocchia, compiendo ampie traiettorie nel vuoto sopra la pista. Caterina è in piedi sull’altra asticella, oscillando esattamente nel verso opposto. Avanti e indietro, avanti e indietro, per interminabili secondi. Poi la ragazza, sorride ancora una volta teatralmente. E infine, al millesimo esatto, spicca il volo. Caterina vola. E’ il momento per cui valeva vivere l’intera vita. Non c’è più nessuna malattia, nessuna lacrima, nessuna notte. Adesso c’è solo lei. L’eternità sembra cristallizzarsi nell’attimo in cui spicca il volo. Vola con le braccia protese in avanti. Vola, portandosi dietro la sua goffa gamba finta. Vola, compiendo una, due, tre, quattro rotazioni su se stessa. Vola, per un tempo che sembra lungo come una vita intera. La gente del pubblico la osserva, nello spazio di un respiro, e a qualcuno sembra veramente di vedere volare una farfalla. E invece è Caterina, la ragazza del circo senza la gamba destra. La prima acrobata al mondo che compie il numero più spettacolare di sempre. Le luci colorate brillano. Il mondo rimane in silenzio. Tutto intorno, sotto la tenda, scintilla come in una favola impossibile da scrivere e da raccontare. Le scimmie aspettano di entrare in scena senza squittire e l’ippopotamo bruca da qualche parte. Il cuore gitano di Adrian sta traboccando di gioia. l’informatore n. 86 marzo 2011 27 A NATALE ABBIAMO RICEVUTO I VOSTRI REGALI L’Istituto Oncologico Romagnolo ringrazia tutti coloro che hanno risposto al suo mailing natalizio. A tutte le persone che hanno risposto, dimostrando profonda sensibilità verso le finalità dell’Istituto... A tutte le Aziende con i loro clienti, dipendenti e consulenti che hanno rinunciato ai consueti omaggi natalizi, aderendo all’iniziativa “strenne natalizie IOR”… A tutti coloro che hanno contribuito al finanziamento dei Programmi di Ricerca Scientifica, alle attività di Assistenza in campo oncologico e alle iniziative volte alla diffusione delle Cure Palliative promosse dall’Istituto Oncologico Romagnolo… GRAZIE! LE NOSTRE BOMBONIERE SOLIDALI L’Istituto Oncologico Romagnolo Coop. Soc. ONLUS offre la possibilità di aiutare tante persone che soffrono e che hanno bisogno di ognuno di noi, anche nelle nostre Occasioni speciali della Vita. Il Matrimonio, il Battesimo, la Comunione, la Cresima e la Laurea sono i momenti più felici che desideriamo condividere con chi più amiamo…quale modo migliore per celebrare l’AMORE e la GIOIA di un traguardo così importante e unico arricchendolo con un semplice gesto di solidarietà! Regala alle persone più care della Tua vita una Bomboniera Solidale dello IOR, donerai con una piccola offerta una grande e concreta speranza a chi vive la malattia oncologica, contribuendo a finanziare la ri- Le nostre Bomboniere vengono confezionate a mano, con cura e attenzione dai nostri Volontari, utilizzando materiali e confetti di prima qualità. cerca scientifica, l’assistenza e le cure palliative in campo oncologico. Per maggiori informazioni vieni a trovarci nella Sede IOR più vicina per visionare di persona il nostro campionario, oppure scarica il nostro catalogo on line sul nostro sito www.ior-forli.it per scegliere la pergamena o la bomboniera di Tuo gradimento. 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