LA SAGGIA VOCE
DELLA TRADIZIONE
Lunario:
nario:
- Lu dì dё l’Ascёnziò, sё piovё,
lu rà cala nu cantò, sё nёn piovё,
nё cala dò. (il giorno dell’Ascenzione, se piove, il grano si abbassa di un greppo, se non piove
di due.)
Relato:
- Se ti fermi ogni volta che un
cane abbaia, non finirai mai la
tua strada. (Proverbio arabo)
- Solo le persone superficiali
non giudicano dalle apparenze.
(Oscar Wilde)
Locuzioni imprecative ed
augurali:
- Puòzzё mёrì scriatё. (Possa
morire screato, annientato.)
Proverbi:
- Va’ chёn chi è mègghjiё dё te
e pàchёgghjiё li spesё.
(Accompagnati con chi è migliore di te e pagagli le spese. Pieno
di saggezza popolare. Il guadagno è superiore alla rimessa,
quando si frequenta la compagnia dei migliori.)
Modi di dire caratteristici:
- I’ sò tantё dё vòcca tònna.
(Sono di bocca rotonda, mangio
senza guardare troppo per il sottile.)
Aria fritta
Una questione totalmente priva di valore e di significato, ma
di cui si parla in modo serio e
pomposo. Ogni alimento, sembra più gustoso se è fritto, ma
l’aria rimarrebbe comunque inconsistente.
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pag. 4 aperta
Centr o Studi
“Francesco d’Appignano”
TORRE CAMPANARIA...
Continua da pag. 3
zamento della torre e dei
doni da offrirsi al vostro
miracoloso Sant’Antonio da Padova.
Le offerte fino ad ora sono arrivate sino a £ 4000
circa ed io m’appello nuovamente al vostro generoso
cuore acciocché l’ultimo mio sogno si realizzi non
a beneficio personale ma a solo scopo di bene per il
vostro Appignano e alla maggior gloria di Dio.
Tanto per norma.
Appignano de Tronto, gennaio 1928
D. Giovanni Di Benedetto”
Nello stampato si parla di una cifra di quattromila lire, destinata appunto alla realizzazione del “rialzamento della torre”.
In verità il 2 giugno 1928, dopo pochi giorni
dalla morte di don Di Benedetto, la sorella
Elisa inviava a monsignor Santarelli, eminente figura del clero ascolano e amico di
don Di Benedetto, una lettera:
“Reverendissimo mons. Santarelli – Curia Vescovile – Ascoli:
La ringrazio sentitamente delle nobili espressioni di
conforto rivoltemi nella triste circostanza della morte
del mio povero fratello mons. Giovanni Di Benenedetto […] Nell’occasione la avverto che
sono in possesso, fra
le altre carte – di
un libretto di Conto
Corrente lasciato dal
povero don Giovanni,
della Banca Agricola
Italiana – Filiale di
Ascoli n° 5178 del
7-9-1927 intestato
alla “Nuova Torre di
Sant’Angelo” contenente la somma di £
3374,60… le sarei
grato se ella volesse
cortesemente consigliarmi in merito”.
Non sono in grado di andare oltre
queste notizie e
cioè dove siano
andati a finire i
soldi, so solo che
la torre è rimasta
piccola di statura,
ma l’ho amata e
LA TORRE DELLA l’amo ancora perCHIESA DEI FRATI ché è stato uno dei
primi grandi oggetti ad essere stati fotografati dai miei avidi occhi. Dalla finestra della mia casa natale forse
le mie infantili, ingenue mani hanno tentato
di toccarla, afferrarla e per tanti anni le mie
orecchie non si sono mai stancate di udire il
suono di quei vivaci bronzi.
aperta
maggio 2013
Anno VIII - N°6
An
Gratuito
G tuit
Im
Impaginazione
gi zi
F. Albertini
Alb tini - e-mail:
ail: [email protected]
rt
NORCIA E LA SIBILLA
APPENNINICA
DON GIOVANNI DI BENEDETTO
L’Angolo di Caterina:
filastrocche
stornelli
fiabe
Aneddoti
una eccezionale pazienza
Circolava nel paese un esempio di
rara pazienza.
Moglie e marito. Questi si era messo
in testa l’idea di far perdere, prima o
poi, la calma alla propria consorte,
nota per la sua eccezionale pazienza.
Gliene combinava di tutti i colori, ma
inutilmente.
Un giorno d’estate, dopo la fatica
della mietitura, giunse ad appiccare il
fuoco ad una bica.
La consorte, senza scomporsi , si avvicinò per scaldarsi, e disse:
“ Scì cuntiéntё, maritё mié; lu
fuòchё é buonё l’istatё e li mmёrnё!”
(“sii contento, marito mio; il fuoco è
buono d’estate e d’inverno!”)
Centr o Studi
“Francesco d’Appignano”
di Cristoforo Albertini
N
ell’antichità, l’Appennino
umbro-marchigiano era il punto di
convergenza di numerosi culti religiosi. Le origini di
alcune di quelle
credenze
sono
perse nella notte
dei tempi. Noi comunque sappiamo
per certo che all’epoca della fondazione di Roma, la
popolazione locale
praticava una versione modificata di
un culto celtico. In
LA DEA CIBELE
seguito alla distruzione
di Cuma, la Sibilla cumana, la più famosa profetessa dell’antico mondo romano, perse favore con
le popolazioni italiche, a vantaggio della Sibilla
appenninica, in connessione col culto di Cibele.
Questa nuova profetessa risiedeva in una caverna
sulla sponda del Lago di Pilato, appena sotto la
vetta di una desolata montagna, nell’Appennino
umbro-marchigiano. Quel laghetto (ora in fase
di prosciugamento) si guadagnò quel nome, in
connessione con una famosa leggenda medievale,
estranea al nostro assunto e quindi la passiamo.
A noi tuttavia sono pervenute delle informazioni,
storicamente fondate, che nel primo secolo della
nostra era, molti pellegrini venivano da lontano
a onorare la dea Cibele e a consultare la sua Sibilla. Alcuni riti magici, connessi con quei culti
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APOLLO E
LA SIBILLA
CUMANA
IL MISTERO DELLA
“BORSA”...
APPIGNANO 1563: NEL CONVENTO DI SAN
FRANCESCO SI INDAGA SU UNA BORSA PIENA
DI DENARO...
di Emidio Santoni
I
seguaci di San Francesco hanno per secoli segnato la storia di
Appignano. Figure di francescani più o meno note hanno accompagnato, confortato, sostenuto con la loro presenza, con
la loro dedizione il vivere
della nostra gente. Certo tra i frati appignanesi
spicca la grande personalità di fra Francesco
Rossi, professore all’inizio del secolo XIV all’università di Parigi. Segni
della passata presenza
francescana permangono ancora nel paese. Basti ricordare il reliquiario
della Croce Santa espres-
IL CONVENTO FRANCESCANO NEL ‘600 - FABIANI
http://www.comune.appignanodeltronto.ap.it/page/144/apertamente.html
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UNA TORRE CAMPANARIA
DA “SOGNO”
Le sfide campanarie di un tempo e il miraggio
di una torre più maestosa della chiesa dei Frati
di Emidio Santoni
N
oi parrocchiani di San Michele Arcangelo, un tempo,
soffrivamo nell’osservare
il nostro campanile modestamente
sviluppato e quasi avviluppato tra i
tetti delle case. Una umiliazione rispetto alla slanciata, superba mole
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Da oggi, “ApertaMente”, il giornalino a cura del “Centro Studi Francesco d’Appignano” è online, potete leggerlo e
scaricarlo direttamente (a colori) dal sito del Comune di Appignano... Sono presenti tutti i numeri dal 2011
N°92
filastrocche - stornelli - fiabe
Rubrica a cura di
Caterina Corradetti a pagina 4
LA SAGGIA
VOCE DELLA
TRADIZIONE
Rubrica a cura di
Marino Stipa a pagina 4
pag. 2 aperta
MISTERO “BORSA” sione della loro de-
pag. 3
Centr o Studi
“Francesco d’Appignano”
Ascolana alla presenza dei rappresentanti in un pitale dello stesso dove si vedeva esseContinua da pag. 1
vozione, sulle orme legali del convento del castello di Appignano re una grande quantità di denaro. Lo stesso
frate Ciccone raccolse la
del poverello di Assisi,
borsa e la sistemò entro
al Cristo sofferente. In
detto pitale e la ripose
secondo luogo per gli
tra i panni dello stesso
anziani, dopo più di due
fra battista; la detta
secoli dall’allontanamendonna Bellozia e donna
to dei frati dal convento
Margherita dissero allo
di Appignano, la chiesa
stesso fra Battista che
di San Michele Arcanagiva malamente a tegelo è la chiesa dei frati.
nere denari in quel luoI documenti d’archivio
go. Il frate non rispose
testimoniano un attaccanulla. Le donne se ne
mento filiale del popolo
andarono e non videro
di Appignano alla vita
niente altro e il giorno
dei francescani al pun10 novembre fra Battito che dopo la soppressta fu trovato morto.
sione del convento nel
10 novembre
1653, dal nostro paese
Il reverendo fra Cicpartì la supplica al Concone da Castignano fu
siglio degli Anziani di
Ascoli per riaverli in Appi- P.GIUSEPPE FORIERI, P. ANGELO TRUCCHIA E P. GIOVANNI MARINELLI interrogato a richiesta
dello stesso frate Bartolognano. Ed essi tornarono
nel 1673 ad amare, servire il popolo con e di frate Natorio di Castignano, di fra- meo. Egli raccontò ciò che era accaduto; nel
lo stesso spirito di dedizione del loro santo te Paolo di Montefiore e di frate Francesco mentre che prendeva il coltello, come sopra,
fondatore. Tante le vocazioni di frati nati di Appignano sui soldi e altre cose del de- per tagliare il pane cadde in terra quella che
in Appignano! Fino ad ora ne ho rintrac- funto frate Battista di Piero di Appignano volgarmente in Appignano si chiama saccociati una sessantina. Ricordo i due ultimi visti da loro quando visitarono detto frate cia dello stesso fra Battista e allora lo stesso
deceduti: padre Gaspare Stipa (1915-2006) Battista mentre era malato; donna Bello- frate Battista disse: “Chё cosa mёstёchetё,
raffinato compositore ed organista e pa- zia moglie di Catalini Filipponi e donna laggiù cё sta la borsa mia!”. Frate Ciccone
dre Giovanni Marinelli (1914-2000) a cui Margherita moglie di Filippo Marcantoni disse di averla vista e raccolse la detta borsa
l’Amministrazione comunale di Ancona di Appignano dissero e rivelarono che essen- e la sistemò tra i panni e la tonaca del detto
ha dedicato uno spazio al centro della cit- do andate a visitare lo stesso frate Battista Battista; circa la sua morte disse che il giortà. Ed ora il racconto di un fatto avvenu- malato avevano visto nella stanza da let- no prima di mattino, decimo giorno del preto nel convento, tramandatoci dal notaio to del detto frate Battista che frate Ciccone sente mese di novembre, due ore circa prima
Luca Papa. Ambientato nella residenza di Castignano voleva prendere il coltello di dell’alba, egli andò nella cella di fra Battista
francescana rovinata nel fosso dei pioppi fra Battista esistente sopra la cassa vicino e lo interrogò sul suo stato di salute; quelall’inizio del Settecento odora assai poco di ai panni dello stesso ammalato con il quale lo rispondendo disse che lui era migliorato.
francescanesimo: protagonista è una borsa voleva tagliare il pane per darlo da man- Dopo la messa fu chiamato da frate Rocco
piena di quattrini che il guardiano difende giare al detto frate; dai detti panni di fra e quando lui andò in camera di fra Battista
Battista cadde in terra una borsa sistemata lo trovò morto.
nel letto di morte come sua proprietà.
Nel detto giorno (10 novembre) fra
Siamo nel Cinquecento e la crisi dei
Rocco di Marco di Appignano, altro
valori morali e religiosi investiva patestimone esaminato sopra la detta
pato e ordini religiosi. Crisi ben argiborsa, testimoniò che lui vide quannata da una severa riforma cattolica
do il detto frate Ciccone volle pigliare
con la nascita di nuovi carismi eccleil coltello di detto Frate Battista e
siali primo fra tutti quello dei gesuiti
intese cascare non so che in terra; il
di Sant’ignazio.
che avendo inteso detto frate BattiUna scena quella del piccolo convensta, si levò in collera e disse: “Chё
to di Appignano dal sapore drammagià mёstёchetё, laggiù cё sta la borsa
ticamente boccaccesco, con due donmia!”; poi il medesimo frate Battista
ne che vanno a trovare il guardiano
gli disse di aver cura di quell’altra
del convento morente e gli rimproveborsa ma non gli disse in che luogo
rano il possesso del denaro. L’episostesse, ma nemmeno lui lo domandò.
dio non deve indurci ad un giudizio
Circa la sua morte testimoniò che
negativo sull’operato dei francescani
lui innanzi l’alba gli detto a bere
in Appignano perché essi furono parlo sciroppo e poi se ne andò. Ci riticolarmente sensibili ad avvertire le
tornò due altre volte, lo chiamo, ma
situazioni di disagio sociale, quando
non ebbe risposta. Egli se ne andò
fame, carestia, peste misero a dura
con Dio pensando che fra Battista
prova la vita della nostra comunità.
dormisse. Avendo lui detto l’ultima
Notaio Luca Papa: 11 novembre 1563
messa andò a visitare l’ammalato e
“Le infrascritte donne furono esaminate a
lo chiamò e allora si accorse che era
richiesta di frate Bartolomeo Fattori di Acmorto.”
quaviva al presente custode della custodia
PADRE GASPARE STIPA
aperta
Centr o Studi
“Francesco d’Appignano”
Norcia e la Sibilla App... atavici, erano scrizioni in latino incise sulla roccia, presContinua da pag. 1
ancora parte so l’entrata della sua caverna, al presente
del
folclore crollata e inaccessibile. Una di queste scritlocale un paio di secoli addietro. Il rito te informava il visitatore che Virgilio, il
della divinazione continuava ancora a poeta mantovano, aveva visitato la caverna
essere praticato, come lo era quello del- della Sibilla per apprendere le arti magila chiromanzia. Infatti, nel sedicesimo che; l’altra, che Cecco d’Ascoli, il matemasecolo, quando un chiromante di quei tico, aveva fatto la stessa cosa. Ora, nessun
giorni fu esaminato da un inquisitore,
mistero sulla
accusato di magia, il veggente
prima inscrigli citò Esodo, XIII, 9, in sua
zione: Cecco
difesa: «Sarà per te segno sulne parla nel
la tua mano e il ricordo fra i
Commentatuoi occhi, perché la legge del
rio sul tratSignore sia sulla tua bocca.»
tato di AlL’inquisitore accolse quel suo
cabizio, in
argomento come valido e lo
connessione
dichiarò innocente.
col suo racMolto presto nell’alto Meconto,
su
dioevo, Norcia, una piccola
come Vircomunità, alla base di quelgilio avrebla montagna, era già famosa
be liberato
come un centro per lo svilupNapoli da
po e la pratica delle arti magiuna terribile
che. Maghi e chiromanti apinvasione di
prendisti venivano a Norcia
mosconi. Al
da tutti gli angoli dell’Impero
dire di Cecoccidentale ad apprendere le
co, il poeta
LA SIBILLA CHE LEGGE
basiche nozioni di quelle arti.
mantovano
Al termine del corso, il graduanavrebbe scoldo saliva alla caverna della Sibilla a com- pito l’immagine di quell’insetto su una
piere il rito d’induzione nel culto. Prima pietra, mentre era sotto l’influsso dell’Acdi entrare nella caverna, si purificava quario. L’enigma è sulla seconda: attravernelle frigide acque del laghetto. Una vol- so i secoli, nessuno è riuscito a stabilirne
ta ammesso nel sancta santorum della l’origine o a trovarne qualche spiegazione.
Sibilla, eseguiva un lungo e complicato Nell’Acerba di Cecco ci sono alcune rerito, che aveva appreso durante l’ap- ferenze alle procedure di magia, connesse
prendistato. Come atto finale, invocava con la Sibilla appenninica.
la Dea di consacrare il suo Libro del Nel quindicesimo secolo, il cronista francomando col potere magico. A onor di cese Antoine de la Sale trascorse molti
verità, non tutti i cittadini medievali di anni esplorando i monti Sibillini e colleNorcia erano maghi e chiromanti; uno zionando i racconti di magia locali. Poi
di loro in particolare era san Benedetto, pubblicò quelle storie in un volume intiil fondatore dell’Ordine dei Benedettini. tolato: Le paradis de la reine Sybille. Quel
Fra le tante leggende e fatti inspiegabili libro ebbe un gran successo mediatico e fu
connessi con la Sibilla, c’erano due in- strumentale nel popolarizzare quelle mon-
tagne in tutta Europa. Fra l’altro,
la caverna della Sibilla appenninica divenne la meta di numerosi
protagonisti dei capolavori letterari pubblicati nei secoli susseguenti. Eccone alcuni: il protagonista di Guerin il meschino
salì a interpellare la Sibilla, per
ritrovare i suoi genitori. Merlino,
dell’Orlando furioso, ci venne a
consacrare il suo Libro del comando. Simone il mago, del Dittamondo, ci venne per lo stesso
motivo. L’artista Benvenuto Cellini ci venne per istruirsi nelle arti
magiche. Luigi Pulci ci venne a
raccogliere il materiale per il suo
Morgante. Quando il Pulci tornò
dalla sua escursione, raccontò di
essersi imbattuto nei pressi della
caverna in Cecco e di aver avuto
una piacevole conversazione con
lui. «Dove già l’ascolan Cecco mi
piacque», scrisse poi nel suo poema (CXXIV). Più tardi, il Pulci
pensò bene di smentire che quel
colloquio sia veramente avvenuto. Riflettendoci sopra, si rese
conto che la cattiva fama dell’impenitente eretico ascolano persisteva ancora nei suoi giorni e che
glorificarne la memoria sarebbe
stato rischioso.
Fra i tanti luminari del passato,
che s’inerpicarono sul versante
di quella desolata montagna per
visitare la caverna della Sibilla,
si contano anche il compositore
tedesco Richard Wagner e il poeta Johann Goethe. Alcuni critici letterari, infatti, sostengono
che Goethe si riferisca a Cecco,
nel suo Faust, quando racconta
come il Mago di Norcia scampò
la morte, avvalendosi del suo potere magico.
della torre di San
Giovanni (43,78
m.): un nano di
fronte ad un gigante, un David di contro a Golia.
Ed effettivamente, quando si suonava
a distesa, nelle ricorrenze festive ed
esplodeva la gara tra le due parrocchie
(San Pietro più modesto era tagliata
fuori), San Michele, almeno nella mia
memoria e sicuramente nel mio orgoglioso senso di appartenenza, risultava
vincente.
I bellicosi campanari della chiesa dei
frati con il loro campanone (15 quintali) riuscivano, non dico a mortificare,
ma almeno a tener a bada la superbia
della campana grande di San Giovan-
Sappiamo dai documenti che la
chiesa e il campanile sono stati
ricostruiti ex novo da un instancabile sacerdote, don Giovanni
Di Benedetto. Egli, forse, mal
sopportava la bassezza della sua
torre: la piccolezza di statura è
mal sopportata, e non poteva
calzare le mura con femminili
zatteroni, per cui, pochi mesi
prima di morire, aveva diffuso
il seguente volantino a stampa:
TORRE CAMPANARIA...
Continua da pag. 1
ni (9 quintali), imprigionata con il suono
dentro quattro mura della torre campanaria. Quali epiche sfide rintronavano
alle nostre orecchie: un vociare quasi
arrogante ed ininterrotto. La mia nostalgica memoria ricattura oggi quei lontani
suoni che apparivano sofferenti e malati
quando, in inverno, il vento della notte aveva accumulato nella parte esterna
dei bronzi una gobba di neve. Le campane della chiesa dei Frati, la mia chiesa, ora tacciono: un silenzio di morte!?
Non posso crederlo, non voglio crederlo. Esse torneranno a espandere nell’aria
il loro richiamo, la loro argentina voce.
Certo la minacciosa nuvola bianca carica
di grandine non ha più temuto l’arrivo di
quell’aggressivo, pugnace: don, don.
“Appignanesi
Ormai fa l’anno da che vi espressi
per la prima volta il desiderio vivissimo di abbellire sempre più il vostro
paese natale colla realizzazione di un
alta impresa qual è quella del rialContinua a pagina 4
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Apertamente Maggio 2013 - Comune di Appignano del Tronto