Introduzione
Da anni le Amministrazioni Comunali del Vimercatese sono impegnate a fianco delle Istituzioni Scolastiche nella realizzazione e promozione di iniziative volte a favorire una scelta
consapevole della scuola superiore da parte degli alunni che concludono il percorso del 1°
ciclo di istruzione.
La rete TreVi, il Tavolo delle politiche scolastiche e il tavolo Orientarete, in particolare, hanno definito un articolato progetto di orientamento, condiviso su tutto il territorio, rivolto
sia agli alunni che alle famiglie e ai docenti, in un’ottica di diffusione delle buone pratiche.
Ricordiamo brevemente gli incontri annuali con esperti sulle tematiche relative al significato
di una scelta responsabile e consapevole, al metodo di studio, al ruolo della famiglia e delle
scuola e le serate informative dedicate ad illustrare l’offerta formativa della scuola superiore
del Vimercatese, condotte con passione dagli stessi Dirigenti Scolastici e dai Docenti dei
singoli istituti.
Altro appuntamento annuale è rappresentato dalla “Giornata dell’orientamento”, che permette a tutte le scuole superiori, statali e paritarie, del territorio, di presentarsi insieme ai
ragazzi e ai genitori attraverso l’allestimento di specifici stand informativi.
Queste sono solo alcune delle iniziative messe in campo, alle quali vogliamo oggi aggiungere
questa pubblicazione: una sorta di vademecum per affrontare, con gli strumenti giusti alla
mano, l’esperienza dello studio alla scuola superiore. Nessuna ricetta miracolosa, ma tanti
consigli utili che possono aiutare i ragazzi ad intraprendere con determinazione e profitto
il nuovo cammino, che sarà certo impegnativo, ma anche stimolante e di grande crescita.
GIUSEPPINA MAURI CARLA RIVA
Dirigente I.C. Ornago
Assessore alle Politiche Scolastiche Sovraterritoriali
Presidente Rete TreVi
Comune di Vimercate
Due parole ai genitori
Come è fatto e a cosa serve questo libretto
I. Come studiare un testo - pag. 6
• Come non si studia un testo
• Domande per scaldare i motori
• Un attrezzo del lavoro: il vocabolario
• Le cose da fare
II. Come seguire una lezione - pag. 11
• Come non si segue una lezione
• Domande per scaldare i motori
• Un attrezzo del lavoro: le domande al docente
• Le cose da fare
III. Come produrre un testo scritto - pag. 15
• Come non si scrive
• Domande per scaldare i motori
• Un attrezzo del lavoro:
il dizionario dei sinonimi e dei contrari
• Le cose da fare
IV. Come preparare
e sostenere una verifica - pag. 19
• Come non si prepara una verifica
• Domande per scaldare i motori
• Un attrezzo del lavoro: il registratore
• Le cose da fare
V. Come fare una ricerca - pag 24
• Come non si fa una ricerca
• Domande per scaldare i motori
• Un attrezzo del lavoro: il Personal Computer
• Le cose da fare
VI. Come GODERSI LA SCUOLA - PAG. 28
Due parole ai genitori
Gentili genitori,
solo due parole per presentarvi questo volumetto che potrebbe essere utile
ai vostri figli nel delicato passaggio alla scuola secondaria di II grado. I vostri
ragazzi faranno il loro ingresso in una scuola nuova, nella quale saranno “i
più piccoli” mentre quest’anno sono stati “i più grandi” nella secondaria di I
grado; sul piano psicologico questo sarà per loro un fatto rilevante; saranno
da mettere in conto piccole difficoltà, qualche paura e qualche ansia.
Occorrerà stare loro vicini, soprattutto all’inizio, ma anche riuscire a lasciar
loro l’autonomia della quale hanno bisogno e che la scuola sottolineerà
sempre più con il passare dei mesi e degli anni.
Soprattutto per quello che riguarda i compiti e i doveri scolastici, i ragazzi
dovranno sempre più essere lasciati soli e il ruolo del genitore dovrà all’inizio
essere quello di un discreto controllo per poi abbandonare anche questa
attività perché la scuola diventerà sempre più una questione personale del
ragazzo.
In questo senso la scuola superiore aiuta i ragazzi e le ragazze a maturare;
e in questo senso il ruolo del genitore che si “tira indietro” e si fa un po’ da
parte è delicatissimo ed estremamente importante.
Lasciate dunque che i ragazzi leggano e utilizzino questo libretto e state
comunque loro accanto in modo discreto e non invadente nell’avventura
di una nuova scuola che insieme alle difficoltà porterà entusiasmo, nuovi
apprendimenti e una nuova maturità
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Come è fatto
e a cosa serve questo
libretto
Siamo arrivati a quelle che una volta si chiamavano “scuole superiori” e
oggi “secondarie di II grado”. Abbiamo terminato un percorso importante,
quello delle scuole “medie”, e stiamo per entrare in un nuovo ambiente.
Che cosa ci verrà chiesto? Come dovremo studiare? Questo libretto vuole
aiutarvi a capire qual è il tipo di studio che sarà necessario nel mondo della
secondaria di II grado; uno studio più adulto, più impegnativo ma che potrà
tranquillamente essere affrontato se si inizierà subito il percorso con la
giusta grinta e con qualche accorgimento.
Abbiamo pensato a un testo che si rivolga a voi come a persone sempre
più autonome e vi proponga lo studio alla secondaria come una sfida da
affrontare con energia e coraggio e anche un po’ di divertimento.
Il testo presenta cinque capitoli, ognuno dei quali suddiviso in paragrafi.
Per ogni argomento inizieremo a dire “Come non…” fare le cose, cioè
elencheremo gli errori più comuni che i ragazzi e le ragazze rischiano di
commettere studiando. Poi ci porremo “domande per scaldare i motori”,
cioè parleremo di cosa fare “prima” di mettersi al lavoro; presenteremo poi
per ogni capitolo un “attrezzo del lavoro”, ovvero un aiuto indispensabile
per lo studio. Infine arriveremo al dunque: vi diremo “le cose da fare” e
seguiremo passo dopo passo la attività di studio e di verifica per aiutarvi
a rendere la vostra preparazione precisa e proficua, ma anche piacevole.
Non ci resta che augurarvi buono studio e un in bocca al lupo perché la
vostra esperienza della scuola secondaria di II grado possa essere positiva
e, perché no, anche entusiasmante e divertente.
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Come studiare
un testo
Come non si studia un testo
1. Come studiare un testo
E’ giusto studiare a memoria? Dipende. Ci sono date e dati che devono essere
memorizzati, nomi di persone e di luoghi che devono essere ricordati; quello che non ha
senso è studiare a memoria lunghi brani di libri o addirittura interi capitoli senza capire
quello che si sta studiando. I dati che si memorizzano servono come dei richiami, dei
segnali stradali che ci rimandano a discorsi più complessi che dobbiamo essere in grado di
svolgere; ricordare che Napoleone è morto il 5 maggio 1821 ha senso se poi ci serve per
ricostruire con un nostro discorso ciò che è accaduto prima e ciò che è successo dopo
quella data.
Studiare sugli appunti può essere utile, soprattutto se si tratta di appunti presi in classe
da noi; occorre sempre però tornare ai libri per confrontare i nostri appunti con il testo;
potremmo anche esserci sbagliati a scrivere in aula quando l’insegnante spiegava. Studiare
su appunti degli altri invece è quasi sempre poco utile perché ognuno prende appunti a
modo proprio.
Studiare saltando le pagine non ha senso perché significa studiare senza capire: se un
concetto non è chiaro non si deve andare avanti lo stesso nello studio, per il semplice fatto
che spesso quello che “viene dopo” in un testo presuppone la comprensione di quello
che “viene prima”. Quando una pagina ci risulta difficile proviamo a capirla con l’aiuto del
vocabolario o a chiamare qualche compagno di classe che può spiegarcela
Domande per scaldare i motori
La prima domanda che occorre porci davanti a un testo da studiare è perché devo
studiare questo testo? La risposta più ovvia ma anche più sciocca è “perché me l’ha
detto il professore”. Ma la nostra domanda ha un altro senso; significa chiederci per quale
motivo ci è stato assegnato questo testo da studiare: come si inserisce nel programma,
quale aggancio ha con gli altri argomenti che abbiamo appena studiato, cosa ci è stato
spiegato prima di proporcelo. La domanda sul “perché” è fondamentale: se so per quale
motivo l’insegnante mi ha assegnato queste pagine saprò anche come affrontarne lo studio
in modo proficuo.
La seconda domanda che dobbiamo porci è da dove viene questo testo? Occorre
sapere anzitutto chi l’ha scritto, dove è collocato (in una antologia, in un manuale di scienze,
in un libro di storia), a quale punto dell’indice è situato ecc.
Dobbiamo cioè collocare il testo nel suo “ambiente” in modo da capire come affrontarlo.
Occorre poi porsi altre domande: “Abbiamo letto altri testi dello stesso autore? Come
possono aiutarci a capire questo?” “Abbiamo già affrontato testi di questo tipo –poesie,
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Prima di metterci concretamente al lavoro occorre porci l’ultima domanda: come è
strutturato questo testo? A volte ci si mette a studiare senza nemmeno contare le
pagine che dobbiamo affrontare. Occorre invece compiere questa operazione: quanto
è lungo il testo? Prevede capitoli, paragrafi, sottoparagrafi? Prevede schede di riflessione,
verifiche dell’apprendimento, note (ricordiamoci che le note sono importantissime!)? Vi
sono illustrazioni? In caso vi siano, le didascalie, cioè le brevi frasettine che stanno al di
sotto delle immagini, sono importanti: ci spiegano per quale motivo l’autore ha deciso
di mettere in quel punto proprio quella immagine. Ci sono grafici nel testo? Sappiamo
leggerli? Una volta analizzato il “vestito” con il quale il testo si presenta, è tempo di porsi la
domanda fondamentale: “Ho tempo ed energie per studiare tutto in una volta sola?
O è meglio studiare i primi due paragrafi, poi fare una pausa e affrontare il terzo?” Occorre
cioè suddividere la fatica da fare in piccoli pezzi, per poterla affrontare in modo proficuo
e non troppo stancante. E’ una capacità che si sviluppa con l’esercizio, e che è la stessa
che si mette in atto in ogni azione: se devo svuotare un magazzino devo sapere se avrò
da spostare venti casse da dieci chili l’una o cinque casse da quaranta chili. Anche se il
peso totale è lo stesso, l’organizzazione del lavoro e i tempi di riposo saranno del tutto
differenti. Ovviamente sarebbe molto meglio compiere questa operazione non il giorno
prima della verifica ma immediatamente dopo l’assegnazione del compito in modo da
potersi organizzare.
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1. Come studiare un testo
racconti, saggi ecc.– e come li abbiamo studiati?” “Quali difficoltà
abbiamo incontrato finora studiando su questo manuale? ”. Sembrerà
sciocco ma molto spesso i ragazzi non ricordano il titolo e l’autore del
testo che hanno letto: sarebbe anche utile capirne la nazionalità e l’epoca nel
quale è stato scritto. Inoltre dobbiamo capire a chi si rivolge l’autore: stiamo
studiando un testo che è stato scritto per la scuola (il manuale di matematica)
oppure una poesia o un racconto che era rivolto a un pubblico generico? Cosa vuole
comunicarci chi sta scrivendo? Perché ha scritto questo testo?
Per rispondere a un altro testo, per fare una polemica, per divertimento, per esporre una
teoria, per incitare qualcuno a fare qualcosa? Si tratta di una parte di un testo più ampio?
Normalmente gli insegnanti assegnano un testo da studiare dopo averlo in qualche
modo spiegato o inquadrato: come mi è stato presentato questo testo? è allora
la domanda da porci a questo punto. C’è stata una spiegazione, un’ introduzione, un
inquadramento del testo all’interno del programma? Magari quando il docente ha spiegato
queste cose eravamo assenti; riusciamo a procurarci lo stesso queste informazioni tramite
un compagno?
Può darsi che il docente ci abbia assegnato il testo senza spiegarcelo, magari per mettere alla
prova le nostre capacità: in questo caso dobbiamo chiederci quali informazioni precedenti
abbiamo (lezioni passate, altri testi studiati) per aiutarci nel lavoro.
Un attrezzo del lavoro:
il vocabolario
1. Come studiare un testo
Lo sappiamo bene che esiste Wikipedia. Ma il vocabolario è un attrezzo di lavoro comunque
utilissimo. Anzitutto perché possiamo usarlo anche in classe in una verifica, ma soprattutto
perché allena la mente a una operazione di ricerca che ci servirà anche nelle altre materie.
Cercare una parola nel vocabolario ci abitua a un ordine mentale, a una disciplina del
pensiero che sarà molto utile anche in matematica, tanto per fare un esempio.
E’ vero che davanti a una parola di cui non si conosce il significato si può essere tentati di
lasciar perdere, di andare avanti comunque per non perdere tempo: a parte il fatto che alla
fine il tempo perso sarà doppio perché rischieremmo di capire molto poco di quello che
segue, questo è un caso di pigrizia mentale che rischiamo di pagare cara in tutto il nostro
percorso scolastico.
Anzitutto occorre ricordare una cosa che potrebbe essere scontata: sul vocabolario
le parole sono elencate in ordine alfabetico! Il che non è così semplice come sembra
perché se è ovvio che “barca” viene dopo “albero”, non è così immediato ricordare che
“prototipo” viene prima di “protozoo”.
Un gioco potrebbe aiutarci nell’esercitarci: una persona pensa una parola e le altre cercano
di indovinarla dicendo a caso un termine, rispetto al quale il primo giocatore dice se la
sua parola viene prima o dopo nell’ordine alfabetico Ad esempio, se ho pensato “gatto” e
un concorrente dice “casa” risponderò “dopo”; se dice “volpe” risponderò “prima”. Man
mano che ci si avvicina alla parola scelta, si coglie la difficoltà dell’ordine alfabetico! Occorre
esercizio dunque anche per usare il vocabolario (e anche in senso fisico; quando si cerca
una parola, se si usano le paroline riportate in alto a destra e a sinistra nelle pagine, si sfoglia
il vocabolario senza aprirlo ogni volta del tutto e dunque senza rovinarlo!).
Le cose da fare
Dove ci troviamo quando studiamo? A casa nostra? Nella nostra cameretta? In cucina
mentre la mamma fa la torta e il fratellino urla? In biblioteca? Anzitutto occorrerebbe
studiare in una situazione di tranquillità, possibilmente di silenzio o con una musica non
troppo rumorosa di sottofondo; in un ambiente rumoroso è meglio sentire una musica
in cuffia (magari non proprio l’heavy metal!) piuttosto che essere distratti dai rumori che
non controlliamo. In generale però sarebbe utile trovare il nostro posto per studiare,
sempre quello: il nostro angolo, con le nostre cose a disposizione (l’astuccio, il diario, il
vocabolario, un sacchetto di patatine, perché no); cerchiamo anche di metterci comodi,
magari non proprio sdraiati sul letto a rischio di abbiocco, ma comunque in una situazione
sufficientemente rilassante; via le cinture strette, le scarpe che fanno male ai piedi (beh,
magari in biblioteca evitiamo questo passaggio!), meglio una felpa, qualcosa di comodo,
stiamo al caldo l’inverno e al fresco d’estate: insomma, rilassiamoci.
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La seconda lettura è indispensabile: nemmeno un genio può pensare di memorizzare un
testo leggendolo una sola volta.
E’ opportuno, nella seconda lettura, sottolineare o evidenziare le informazioni
importanti: si può usare la matita, il pennarello, l’evidenziatore, i diversi colori, la cosa
importante è che siano sottolineate solamente le informazioni che riteniamo importanti.
C’è chi sottolinea tutto in una pagina: equivale a non sottolineare nulla. L’operazione di
sottolineatura è una responsabilità che ci prendiamo; scegliamo di considerare alcune
informazioni come importanti e altre come trascurabili; è l’aspetto più adulto e maturo
dello studio, perché non abbiamo più bisogno, in questa fase, dell’insegnante, ma siamo
autonomi.
Mentre sottolineiamo possiamo, se lo vogliamo, appuntare qualcosa, per esempio una
data, il significato di una parola, un concetto o un nome; lo possiamo fare a margine della
pagina o su un foglio o addirittura su un quaderno. Prendere appunti quando si legge
o addirittura fare un breve riassunto del paragrafo è un’operazione molto utile per la
successiva attività di memorizzazione.
E’ arrivato il momento del raccolto, o della vendemmia: il nostro testo è cambiato, è
colorato, sottolineato, evidenziato: è già un po’ “nostro”. Occorre ora memorizzare.
Non si tratta di una operazione così difficile come sembra, soprattutto se abbiamo svolto
in modo preciso i passaggi precedenti. Adesso le 20 pagine da studiare si sono ridotte,
sono ordinate, abbiamo scelto cosa scartare e cosa ricordare, abbiamo già qualche schema
che ci siamo fatti durante la lettura; il tutto si è ristretto, non pensiamo più “ma come
diavolo farò a ricordare tutta questa roba?”. E la memoria? Anzitutto occorrerebbe parlare
di “memorie” perché ogni persona ha il suo modo di ricordare: chi ha una memoria visiva
ricorderà i colori dell’evidenziatore e la disposizione dei paragrafi, chi ha una memoria
uditiva potrà registrare la lettura ad alta voce del testo e riascoltarsi, un ragazzo che
aveva una memoria uditiva ha provato a mettere in musica “A Silvia” di Leopardi per
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1. Come studiare un testo
Dobbiamo fare una telefonata urgente? Facciamola adesso, ma poi
spegniamo il cellulare. C’è chi studia subito dopo mangiato, chi ha
bisogno di un po’ di tempo per smaltire il pranzo… E’ comunque il nostro
corpo che deve studiare, non solo la mente: se abbiamo sete beviamo, se
abbiamo appetito sgranocchiamo qualcosa:
è come prepararsi per un allenamento atletico. Stiamo per compiere un’
operazione importante, cerchiamo di renderla anche piacevole…
Eccoci di fronte al testo da studiare. Sembra banale ma la prima cosa da fare è
leggere e non è detto che questa operazione sia così scontata. E’ qui che capiamo se
l’ambiente che ci siamo scelti per studiare è adatto oppure no. C’è chi legge ad alta voce e
chi legge “mentalmente”, non esiste in questo caso una regola, la cosa importante è capire
quello che si legge. I segni di interpunzione (virgole, due punti, punti e virgola, così come i
capoversi –ovvero ogni volta che si va “a capo”-.) sono i nostri aiutanti perché ci aiutano a
dare un ritmo alla lettura. Siamo alla prima lettura: non preoccupiamoci di memorizzare,
per ora, ma solamente di capire di che cosa si sta parlando. Leggiamo concentrandoci e
iniziando a familiarizzare con il testo, il suo linguaggio, i concetti che esprime.
1I. Come seguire una lezione
1. Come studiare un testo
impararla come fosse una canzone. Qui ognuno ha il suo metodo e deve scoprirlo facendo
esperimenti; la cosa importante è che l’attività di sottolineatura ci ha aiutato a capire che
non si può ricordare tutto e dunque ha selezionato per noi le informazioni importanti da
tenere a mente.
Una operazione che troppo spesso ci si dimentica di compiere ma che è importantissima
per uno studio maturo è confrontare il testo che abbiamo letto con altri testi che
abbiamo studiato in precedenza: quale rapporto c’è tra questa poesia e altre dello stesso
autore? E rispetto a poesie di altri autori dello stesso periodo? Se in un testo sono citati
due commenti di due autori differenti occorre confrontarli. L’operazione di confronto è
indispensabile anche se non viene richiesta esplicitamente dal professore, perché ci aiuta
meglio a capire il testo: è dalle differenze che si giunge a capire realmente quello che un
testo sostiene e la sua originalità.
Dillo con parole tue”: giustamente gli insegnanti ci chiedono questa prestazione quando
verificano la nostra preparazione. E’ difficile ovviamente fare proprie le parole degli altri:
ripetere è l’operazione che fa capire che il testo è diventato veramente “nostro”.
C’è chi ripete ad alta voce e chi ripete mentalmente, c’è chi si registra per riascoltarsi, c’è
chi approfitta del confronto con altri compagni di classe. Tutto va bene, purché si capisca
che in questo passaggio in un certo senso iniziamo a prendere le distanze dal testo; il
che significa anzitutto che il libro e gli appunti devono sparire, e che occorre anche dire
se siamo o meno d’accordo con quanto studiato, con la posizione dell’autore. Il testo è
diventato nostro e possiamo fare ciò che vogliamo: sapere ripetere alla scuola secondaria
superiore significa sapere dare un giudizio su quanto si è studiato, giudizio che però è
impossibile se lo studio non è stato svolto con precisione e profondità.
COME SEGUIRE UNA LEZIONE
Come non si segue una lezione
Va bene, in classe ci si distrae, è una cosa umana: e del resto nessun adulto è in grado di
mantenere lo stesso stato di concentrazione per 5 ore consecutive.
Occorre allora selezionare i momenti in cui si mette per qualche minuto il cervello in standby e senza disturbare gli altri ci si riposa un po’. Il momento peggiore per staccare i contatti
è ovviamente la spiegazione, ma per esempio l’interrogazione orale di un compagno è
importante quasi quanto la spiegazione: lo sanno bene gli studenti universitari che vanno
ad assistere agli esami dei loro compagni per capire che cosa chiede il docente.
Occorre allora capire che quando un compagno è interrogato possiamo utilizzare la sua
interrogazione per verificare la nostra preparazione (“Come avrei risposto io a questa
domanda?” “Accidenti, questo è un errore che avrei commesso anch’io”). La distrazione in
questo caso è una occasione persa. Alle scuole primarie la maestra dettava, alle secondarie
il professore spiega.
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Entrare in ritardo? Uscire prima? A scuola lo si può fare con la giustificazione dei
genitori. Ma al cinema entrare in ritardo significa non capire bene la trama e uscire prima
significa perdere il meglio del film. Cerchiamo di intendere una lezione come una specie
di momento teatrale e cinematografico, che deve essere seguito per intero per poterlo
apprezzare.
Per questo motivo la cosa che fa più arrabbiare gli insegnanti è quando un ragazzo chiede
di andare in bagno a metà di una spiegazione: è vero che, come rispondono i ragazzi,
“quando scappa, scappa”, ma la maturità di uno studente è anche quella di gestire il proprio
corpo durante una mattinata di scuola. E se si vuole uscire solo per fare un giretto (cosa
possibile, per carità!), lo si faccia non a metà di una spiegazione o di una esperienza didattica
perché oltre al rischio di non capire, si trasmette una immagine di sé non proprio positiva.
Occorre fare silenzio mentre il professore spiega o interroga o mentre c’è in corso una
esperienza didattica? Verrebbe da rispondere di sì. Ma c’è silenzio e silenzio; c’è il silenzio
della classe che ascolta e cerca di capire e c’è il silenzio di 25 ragazzi che hanno messo il
volto sullo screen saver e fanno semplicemente finta di ascoltare. Ma il silenzio assoluto in
un’ora di lezione è sempre triste se non è interrotto da domande, richieste di spiegazione,
interventi che aiutano il docente a riorganizzare la sua lezione, chiariscono i dubbi eventuali
e rendono anche più piacevole e meno pesante la lezione. Occorre superare la timidezza
e non andare mai a casa da una lezione con una domanda in tasca.
Domande per scaldare i motori
La prima cosa che occorre fare, e che spesso gli insegnanti stessi fanno, è chiedersi che
cosa abbiamo detto ieri? Occorre però, man mano che si procede nella carriera
scolastica, imparare da soli a connettere le lezioni tra loro e a cogliere il filo rosso, la
logica che collega la lezione di oggi a quella di ieri. La maturità di uno studente nella scuola
secondaria sta proprio nel non aspettare che sia il docente a fare il “riassunto delle puntate
precedenti” ma nell’essere in grado di capire cosa c’entra ciò che stiamo spiegando o
sperimentando oggi con quanto è accaduto la settimana scorsa; inoltre, una capacità
ulteriore consiste nel trovare il rapporto (se esiste) tra quanto stiamo studiando in storia
e quanto abbiamo detto nell’ora precedente in scienze.
Qual è l’argomento della lezione. Ogni lezione ha un argomento fondamentale,
attorno al quale ruotano gli esempi, i testi, gli esperimenti proposti. Ovviamente
un argomento può necessitare di più lezioni per esaurirsi, ma occorre sempre che lo
studente sia in grado di tornare a casa rispondendo alla domanda “di che cosa esattamente
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1I. Come seguire una lezione
La differenza è importante. Ormai gli insegnanti ci considerano
abbastanza maturi da poter seguire un discorso senza essere del
tutto passivi come in un dettato (infatti il dettato ora si usa nelle lingue
straniere, nelle quali la nostra conoscenza della lingua non è così perfetta
da permetterci di seguire del tutto un discorso). Gli appunti che prendiamo
a lezione non sono dunque “dettatura” ma qualcosa di più importante, che
vedremo più sotto.
si è parlato oggi?” come se si dovesse mettere un titolo alla lezione oppure, per fare un
esempio dal web se si dovessero apporre i tags. Se un mio amico mi dice che ieri la Juve
ha vinto due a zero mi sta dando una notizia oggettiva. Ma se mi dice “finalmente la Juve
è tornata a vincere” o “quei ladri di bianconeri hanno rubato ancora” mi sta dando una
interpretazione del dato. Che Napoleone sia morto il 5 maggio 1821 è un dato chiaro e
oggettivo; ma chi era questo personaggio?
1I. Come seguire una lezione
Una specie di dittatore o il liberatore dei popoli europei? E cosa è accaduto dopo la sua
morte? Possiamo dire che l’Europa ha finalmente ritrovato l’ordine e la disciplina oppure
che è caduta nell’autoritarismo? Ogni lezione ci deve portare a chiederci qual è il punto
di vista del docente, sapendo che un punto di vista è sempre presente e non è possibile
raccontare e insegnare nulla essendo assolutamente oggettivi. Una volta capito qual è il
punto di vista del docente (o quali sono i punti di vista, anche contrapposti, dei testi che ci
ha proposto), dobbiamo capire che non si tratta di qualcosa da accettare passivamente ma
da discutere e da provare anche a criticare. Non parliamo solo di un punto di vista politico
o ideologico ma anche di un metodo; verso le ultime classi della scuola secondaria saremo
in grado di capire “quale matematica”, “quale geometria” ci presentano i docenti, scegliendo
tra numerose differenti matematiche o geometrie e diversi metodi per insegnarle.
Infine, soprattutto nella nostra epoca multimediale, è importante chiederci quali sono
gli strumenti che il docente sta usando? Sta solamente parlando? Sta leggendo ?
Sta facendoci fare un esperimento o lo sta compiendo in prima persona (si tratta di due
cose completamente diverse)? Sta usando filmati, canzoni, immagini? Sta usando un PC,
un proiettore, altri strumenti tecnologici. E la domanda successiva, la più importante per
ciascuno di noi è: da quali strumenti io imparo meglio?
Riesco a seguire meglio lezioni pratiche o teoriche? Imparo meglio qualcosa se la sento,
la vedo o la tocco? Preferisco stare un’ora in laboratorio o un’ora in un’aula a leggere un
testo? In questo modo, partendo dagli stili di insegnamento dei docenti (e la scuola migliore
è quella nella quale i professori hanno differenti stili, differenti metodi - anche opposti per insegnare) potrò negli anni costruire il mio stile di apprendimento personale, che mi
servirà per la continuazione degli studi o per l’ingresso nel mondo del lavoro. Ovviamente,
se avrò capito che preferisco lezioni pratiche alle teoriche, non dovrò concludere che
durante le spiegazioni è meglio che stia in bagno, ma al contrario saprò che in quel caso
dovrò fare più fatica e dunque stare maggiormente attento.
Un attrezzo del lavoro:
le domande al docente
Una persona può essere molto timida e avere qualche problema a porre domande: ma
il ruolo dello studente nella secondaria di II grado è un ruolo attivo, e fare i conti con la
propria timidezza fa parte dei compiti dei ragazzi che iniziano questo percorso.
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Quali domande porre al docente durante la spiegazione?
Ovviamente non si possono dettare regole fisse ma possiamo segnalare
alcune tipologie di domanda. Le più ovvie sono le domande di chiarimento,
quando non si è capito un passaggio: l’importante è che si precisi che cosa
non si è capito e non si dica “non ho capito niente” (una giustificazione che
spesso si usa per il mancato studio “non ho studiato perché non ho capito” e
che fa giustamente arrabbiare i professori); ci sono poi le domande di definizione,
quando si chiede al docente di definire in modo preciso una parola; in questo caso è
bene appuntarsi su un quaderno o un blocco la definizione data perché potrà servire
nelle verifiche.
Sono ovviamente molto positive le domande di approfondimento, quando cioè si chiede al
docente di dare maggiori particolari su un passaggio o un concetto: occorre però tenere
presente che a volte il professore potrebbe non rispondere alla domanda perché ciò gli
farebbe perdere il filo del discorso e potrebbe dunque rimandare la risposta a un momento
successivo. Particolarmente importanti sono le domande di collegamento, che mettono in
relazione quello che si sta ascoltando con una lezione precedente, un autore con un altro,
un esperimento con una esperienza precedente: il docente capisce così che i ragazzi stanno
già cogliendo quei paralleli e quei passaggi che verranno poi chiesti in sede di verifica. Infine
le domande di anticipazione, quelle cioè che chiedono di anticipare appunto un passaggio
successivo del discorso (anche se spesso non trovano risposta perché il docente preferisce
sempre andare per gradi) dimostrano sempre attenzione e intelligenza da parte dell’allievo.
Man mano che si prosegue negli studi l’ora di lezione diventa sempre più impegnativa,
e sempre meno il professore dovrebbe intervenire per richiamare l’attenzione che
dovrebbe essere scontata. Seguire il filo è la prima cosa da fare durante una lezione: a
scuola capita di distrarsi, capita agli insegnanti, figuriamoci se può non capitare ai ragazzi.
La cosa importante è che non capiti troppo spesso e che si corra subito ai ripari: non c’è
da vergognarsi a chiedere al docente di ripetere un concetto perché si è perso il filo del
ragionamento, e se questo costa un piccolo rimprovero sarà sempre meglio che perdere
tutto il senso della lezione.
La lezione ha una sua logica, quello che viene “dopo” approfondisce quello che viene
“prima”, e occorre mantenere alto il livello dell’attenzione; non esiste telecomando per
cambiare canale (“purtroppo!” commenterà qualcuno) per cui occorre seguire la lezione
come se fosse un film; se si perde una scena non si capisce il finale. Ricostruire la logica della
lezione servirà poi quando prepareremo la verifica per avere un filo conduttore.
Ogni insegnante alterna momenti di spiegazione teorica a esempi concreti, storie, anche
battute di spirito per tenere alta l’attenzione; occorre però capire a cosa servono gli
esempi che sono appunto esempi, e non costituiscono l’essenziale di una lezione. Se il
docente ha fatto una battuta per spiegare qualcosa o introdurre un discorso, ricordare
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1I. Come seguire una lezione
Le cose da fare
la battuta può servirmi come promemoria, ma non deve sostituire il ricordo di quanto
poi è stato spiegato. Per fare un esempio, se si dice che Napoleone a S. Elena era deluso
come l’Italia eliminata dai campionati del Mondo di Calcio, ricordare l’esempio potrebbe
servire per capire lo stato d’animo di Napoleone, ma sarebbe sbagliato riportare lo stesso
esempio in una verifica (magari dimenticando il nome del personaggio a cui si riferiva!).
Prendere appunti durante una lezione è importante ma si tratta di una pratica molto
difficile e che si costruisce con gli anni; inizialmente occorre imparare ad ascoltare e
magari fissare sul blocco degli appunti qualche data o qualche nome. Per i nomi stranieri
o comunque difficili, se il professore non li ha scritti alla lavagna, è sempre bene, una volta
a casa, cercarli su un’enciclopedia (magari anche evitando di chiedere in classe “come si
scrive?”). Solo quando si sarà abbastanza pratici si potranno prendere appunti precisi su
ciò che il docente dice ricordando che gli appunti non devono (né possono) mai riportare
tutte le parole del professore ma devono essere molto sintetici. Ognuno ha il suo modo
di prendere appunti, per cui a prima vista questi ultimi potranno apparire disordinati; non
è un problema purché ci si ricordi di riordinarli il giorno stesso o al massimo il giorno
successivo, altrimenti si rischia di non ricordare più a che cosa si riferisce ad esempio una
abbreviazione.
1I. Come seguie una lezione
Infine, anche per i timidi è importante sapere ascoltare le domande altrui: se è
vero che man mano che si cresce il comportamento da tenere a lezione è sempre meno
passivo, è anche vero che le domande dei ragazzi più disinvolti ci aiutano comunque a
capire meglio e magari ci danno lo spunto e il coraggio per porne a nostra volta. Occorre
sempre ricordare che la lezione non la fa il docente ma tutta la classe.
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Come produrre
un testo scritto
Come non si scrive
Il tema! Per decenni è stato il nemico di tanti studenti e l’amico intimo di tanti altri. La
pagina bianca: una specie di maledizione o qualcosa che attende con ansia la nostra penna
per iniziare a vivere? Comunque lo si intenda, il gesto dello scrivere un testo, tema o
relazione che sia, è importantissimo e non è mai facile. Anzitutto la scrittura manuale è
faticosa: i personal computer ci hanno disabituato a scrivere per cui l’attività di scrittura che
dura per due o anche tre ore è stancante; occorre allenarsi, come se si trattasse di una gara
atletica, per cui sarebbe utile che i compiti venissero svolti a mano e non si lasciasse tutto
nella tastiera del computer. Ma che cosa è un testo scritto a scuola?
Un testo non è un geroglifico: la scrittura disordinata, illeggibile, piena di cancellature
è mancanza di rispetto prima di tutto per se stessi e per le cose che si hanno da dire:
presentare un testo scritto male dal punto di vista grafico equivale a presentarsi a scuola
con il colletto della camicia unto. Se vogliamo che il nostro testo sia valutato dal professore
dobbiamo fare in modo che si capisca, che sia leggibile (niente è più irritante per un
docente che non riuscire a capire cosa scrive un suo allievo per colpa della grafia). La grafia
si può migliorare, anche da adulti.
Un testo non è un SMS: la scrittura abbreviata può andare bene per i messaggini
telefonici e le mail, ma in un testo scolastico non possiamo scrivere “Xchè”, “TVTTB”, ecc..
La lingua italiana ha un suo codice e determinate regole che occorre rispettare; e anche il
professore di chimica può e deve correggere gli errori di grammatica e di sintassi, perché
l’italiano è la lingua che utilizziamo in tutte le materie per comunicare e per imparare.
Inoltre ricordiamo che per ora la lettera “k” non è entrata a far parte della lingua italiana,
perciò scrivere “ke” è un errore.
Un testo non è un romanzo: il dono della sintesi è importante per poter produrre
testi che non siano troppo lunghi ma al contempo dicano tutto ciò che c’è da dire a
proposito dell’argomento trattato; occorre sforzarsi anche di scrivere capoversi brevi ma
non necessariamente brevissimi; ci aiuta in questo per esempio l’uso del punto e virgola
che ci permette di spezzare un pensiero senza necessariamente andare “a capo”.
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III. Come produrre un testo scritto
Un testo non è un diario: la scrittura personale è una cosa, la scrittura pubblica è un’altra
questione. Questo significa che occorre usare i termini e le espressioni che siano adatte
al tipo di testo richiesto; sul nostro diario personale possiamo usare tutte le espressioni
possibili ma se scriviamo una relazione di scienze dovremo usare il codice scientifico, se
scriviamo un testo argomentativo dovremo seguire le regole dell’argomentazione ecc..
Un testo non è (solo) la propria opinione: se scrivo che i gatti abbaiano non sto
sostenendo una mia opinione, sto dicendo una sciocchezza, e non posso pretendere che
l’errore non sia sottolineato dal docente; occorre imparare quella che è (o dovrebbe essere)
la prima regola dei giornalisti: i fatti devono essere distinti dalle opinioni, e se un professore
ha il dovere di rispettare le nostre opinioni ha anche quello di correggerci se esponiamo un
fatto in modo errato.
Domande per scaldare i motori
III. Come produrre un testo scritto
Che cosa voglio dire in questo testo? La prima domanda da porsi è come sempre
quella che sembra più scontata, ma non è affatto così. A volte si inizia un tema sull’Infinto
di Leopardi e si finisce a parlare del proprio gatto; le divagazioni, cioè gli spostamenti da un
argomento all’altro, sono fastidiose e fanno anche pensare che non si conosca l’argomento
di cui si sta parlando. Occorre allora allenarsi a centrare il bersaglio, e questo è possibile
soprattutto nei questionari a domande aperte (cioè non quelli a crocette): in quel caso la
domanda ci traccia la strada e dobbiamo seguirla fino in fondo ma non uscirne.
Se la domanda è “parla della fotosintesi clorofilliana” dobbiamo parlare solo di questo
dicendo tutto quello che sappiamo, ma unicamente su quel tema.
A chi lo devo dire e perché? Sembra ovvio che il tema lo scrivo per il professore. Ma
è del tutto vero? In realtà sto scrivendo anche per me stesso, per autovalutarmi, per capire
se ho realmente capito quello che ho studiato. Certo, il testo dovrà leggerlo il docente e
dunque dovrò sforzarmi di scrivere in modo leggibile; ma può essere anche utile pensare
che il testo sia letto da qualcuno che non conosce l’argomento: è un ottimo esercizio per
insegnarci a definire sempre i termini che introduciamo.
Quali basi sostengono il mio testo? Ho scritto nel tema che la pena di morte è
applicata in Cina e negli Stati Uniti. Dove l’ho scoperto? Ogni affermazione va argomentata,
possibilmente citando le fonti dalla quale l’ho tratta. Anche qui occorre distinguere tra i fatti
e le opinioni: se scrivo che l’Inter è la mia squadra preferita non occorre argomentare nulla,
ma se dico che negli ultimi due anni l’Inter ha segnato più goal del Milan devo sempre citare
la fonte (e prima di tutto essere del tutto sicuro di quello che scrivo, dunque controllare).
Quali sono le differenti posizioni sull’argomento? Abbiamo detto che la pena di
morte è applicata in Cina e negli USA. Ci saranno posizioni che sostengono questa scelta e
posizioni che la contestano; occorre presentarle entrambe, in modo il più possibile “neutrale”
e soprattutto stando molto attenti a dare spazio alla posizione che non condividiamo (è
umano essere tentati di sottovalutare le ragioni di chi non la pensa come noi: umano ma
scorretto); anche qui occorre cercare di elencare le fonti dalle quali provengono le nostre
informazioni.
Quali sono le mie idee personali sull’argomento? Adesso, e solo adesso, possiamo
esprimere la nostra opinione. Che un adolescente abbia proprie idee su argomenti anche
scottanti e attuali è un’ottima cosa e la scuola lo apprezza; solo che, mentre in una discussione
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tra amici ognuno può dire tranquillamente ciò che pensa, a scuola,
in un testo scritto, chi scrive deve prima dimostrare di conoscere a
fondo l’argomento e solo successivamente esprimersi. Il che vuol dire che
dobbiamo dimostrare di avere considerato tutti i lati della questione e poi
dire per quale motivo ne scegliamo uno e sosteniamo le sue (e nostre) ragioni
“Cosa”, “persona”, “fatto”, “gente”: tutti termini che giustamente i professori non
vogliono incontrare nei testi scritti. La lingua italiana per fortuna è ricchissima e ci
permette di utilizzare i sinonimi per arricchire le nostre produzioni scritte. Un testo
simile al seguente: “Il ragazzo incontrò altri ragazzi; come tutti i ragazzi parlarono
di ragazze, e il ragazzo disse che aveva visto poco prima una ragazza molto carina
accompagnata dal suo ragazzo” non è ammissibile dalla penna di uno studente
(da un ragazzo!) di scuola secondaria. E’ forse una esagerazione ma spesso testi
del genere vengono prodotti: allora il dizionario dei sinonimi e dei contrari ci può
aiutare soprattutto nell’abitudine di cercare parole alternative a quelle che usiamo
sempre; anche se non bisogna esagerare nell’originalità; per esempio la parola
“fanciullo” è un termine del tutto antiquato e non avrebbe molto senso in un testo
scolastico.
L’aiuto che il dizionario dei sinonimi e dei contrari ci offre non è solamente nel
cercare il sinonimo per una determinata parola ma nell’allenarci a non fermarci
al primo termine che ci viene in mente, andando alla ricerca di altri modi per
esprimerci.
Le cose da fare
Passiamo alla scrittura vera e propria. Quando si scrive un testo la prima cosa da fare è
introdurre il discorso: iniziare a scrivere in modo troppo diretto rischia di produrre
un testo troppo brusco, ma anche le lunghe introduzioni hanno un difetto, quello di far
pensare che non sappiamo che cosa dire. Occorre allora una breve introduzione: se
dobbiamo commentare una poesia parliamo rapidamente dell’autore e del suo tempo,
se dobbiamo scrivere una relazione su un esperimento descriviamo le premesse ecc.
Pensiamo cioè di far entrare gradualmente il lettore dentro il nostro discorso, senza però
rischiare di farlo perdere. Spesso si può introdurre un testo con quello che tecnicamente
si chiama “esergo” cioè un brano di una poesia, di una canzone, di un racconto che ci serve
per creare l’atmosfera, per far intuire da che parte vogliamo condurre il lettore.
17
III. Come produrre un testo scritto
Un attrezzo del lavoro:
il dizionario dei sinonimi
e dei contrari
Ogni affermazione che facciamo nel nostro scritto deve essere giustificata e spiegata.
Saper argomentare è forse l’aspetto più importante per produrre un buon lavoro. Ciò
significa spiegare sempre i termini che introduciamo, presentare le cause e gli effetti dei
fenomeni che descriviamo, rivolgersi al lettore come se quest’ultimo non sapesse nulla
dell’argomento e noi dovessimo condurlo per mano per farglielo capire.
III. Come produrre un testo scritto
Un aspetto del testo scritto è la capacità di descrivere l’oggetto di cui stiamo parlando;
una buona descrizione deve sapere mostrare un oggetto anche a chi non l’ha mai visto; qui
le parole sono un sostituto della telecamera o della macchina fotografica. Cerchiamo di non
dare mai nulla per scontato, di descrivere sinteticamente ogni parte dell’oggetto, ogni fase
del fenomeno, ogni aspetto dell’idea che stiamo presentando. Scendiamo nei particolari
quando è necessario e rispondiamo alle domande più semplici ma molto importanti:
“come è fatto?” “a che cosa serve?” “come funziona?” “che origini ha?”. Soprattutto stiamo
attenti a non cadere in uno degli errori più comuni, cioè di usare una parola per descrivere
la parola stessa, un concetto per descrivere il concetto medesimo per esempio scrivendo
“il tramonto è quando il sole tramonta” o “la lealtà è la caratteristica delle persone leali”
Molto spesso la traccia che il docente ci fornisce ci chiede di confrontare due o più
oggetti, idee ecc. E molto spesso gli studenti ai quali si chiede di confrontare per esempio
una rosa con un garofano, prima descrivono la rosa, poi il garofano ma non operano un
confronto; occorre certo descrivere separatamente i due oggetti ma poi è necessario dire
per esempio che la rosa è più profumata del garofano, che i petali del secondo sono più
piccoli, che la prima è diffusa in certe aree geografiche e la seconda in altre.
Operare un confronto significa usare frasi che comprendono espressioni del tipo:
“più di…” “meno di-…” “uguale a…” ecc…
Abbiamo detto sopra che solo dopo avere esposto in modo oggettivo i fatti possiamo
fornire la nostra opinione: questo significa criticare, una parola che non ha significato
negativo (una critica di un film può essere molto positiva) ma si riferisce appunto al fatto
che, sulla base delle descrizioni e dei confronti prima operati, posso dare un mio parere.
Dunque ora potrò dire che preferisco la rosa al garofano perché è più profumata: il mio
giudizio si basa su un dato oggettivo che ho appena dimostrato e dunque è un giudizio più
forte e più saldo, anche se ovviamente il mio compagno di banco può usare gli stessi dati
per fornire il giudizio opposto: proprio perché è più profumata del garofano a lui la rosa
non piace perché i profumi forti gli danno fastidio.
Spesso i testi scritti finiscono improvvisamente, come se a chi scrive fosse caduta di
mano la penna. Occorre invece imparare a concludere cioè a tirare le somme, magari
ricapitolando brevissimamente quanto si è scritto e trovando il modo per dire l’ultima
parola, l’ultimo commento o parere personale. Ricordiamoci sempre che le prime e le
ultime righe di uno scritto sono quelle che rimangono maggiormente in mente a chi legge,
per cui occorre mettere molta attenzione nell’introduzione e nella conclusione. Anche in
questo caso è possibile riportare un breve brano letterario o frase di canzone come nel
caso dell’introduzione, per concludere in modo un po’ poetico e brillante.
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Come preparare
e sostenere una verifica
Come non si prepara una verifica
La prima cosa da evitare quando ci si prepara per una verifica è pensare di risparmiare
tempo; le scorciatoie non servono mai a nulla, nemmeno a passare il singolo esame,
perché solo ciò che si è realmente appreso in modo serio e critico riesce ad essere
ricordato e richiamato alla mente nel momento dell’esame o della verifica, quando si è
emozionati, il tempo sembra sempre insufficiente, la memoria rischia di tradire.
La tentazione di copiare esiste probabilmente da quando è stata inventata la scuola;
questo non significa che copiare sia giusto o sensato, ma occorre comunque stabilire
alcune differenze. Che un ragazzo durante una verifica tenga un libro sotto il banco per
sentirsi sicuro durante la verifica, che addirittura sbirci per cercare una data o un nome
che al momento sfugge alla mente, non è cosa giusta e corretta ma può anche capitare; ma
le microfotocopie di interi capitoli nascosti nell’astuccio, i messaggi SMS scambiati durante
la verifica, interi capitoli di libri copiati da cima a fondo: questi sono comportamenti non
solo scorretti ma addirittura stupidi, e soprattutto che violano la regola fondamentale
della scuola; chi mette in atto queste pratiche potrà forse strappare una squallidissima
sufficienza ma non sarà mai messo di fronte ai propri limiti, compito che è il principale tra
quelli che spettano alla scuola.
Abbiamo provato a vedere due verifiche della quali l’una era copiata dall’altra in modo così
totale che anche i nomi degli studenti erano identici: che idea ci si può fare, in questo caso,
19
IV. Come preparare e sostenere una verifica
III. Come produrre un testo scritto
Infine occorre compiere l’operazione che troppo spesso si dimentica, cioè
rileggere. Una prima rilettura avviene quando dobbiamo riscrivere in
“bella” (e consigliamo sempre sia di scrivere un testo prima in una “brutta
copia” sia di consegnare al docente questa prima copia per un eventuale confronto).
Una seconda rilettura dovrebbe avvenire quando la “bella copia” è terminata. Sarebbe
ottima cosa lasciare passare un po’ di tempo tra la conclusione di uno scritto e l’ultima
rilettura (magari anche un paio d’ore nel caso di compiti a casa) in modo da “prendere le
distanze” dal proprio testo.
Può essere utile rileggere ad alta voce o ovviamente far leggere il testo a un’altra persona
chiedendole di farci notare i passaggi poco chiari o gli eventuali errori: in questo caso non
innamoriamoci troppo del testo e cerchiamo di correggerci. Una rilettura in più non fa mai
male: ricordiamoci che uno scritto è come un bambino, non basta farlo nascere, occorre
anche fornirgli le giuste cure finché non starà in piedi da solo, ovvero finché non sarà in
grado di affrontare il giudizio dell’insegnante.
del copiatore? Copiare in questo modo è come voler giocare a calcio usando le mani: tanto
vale non andare a scuola, allora.
In una verifica occorre dire quello che il docente vuole sentirsi dire? A parte
il fatto che non sappiamo mai che cosa l’altra persona voglia veramente e che nessun
docente apprezza il modo di ripetere che si definisce “a pappagallo”, occorre capire che
ripetere esattamente quello che abbiamo letto o che il professore ha spiegato è segno di
un mancato studio.
Ovviamente quando si tratta di formule matematiche occorre sapere a memoria quanto
si è studiato, ma anche in questo caso i vari passaggi sono apprezzati dal docente se
provengono da un ragionamento piuttosto che da uno studio mnemonico. Man mano che
si proseguirà negli studi della secondaria di II grado sarà sempre più apprezzato lo studio
critico e la capacità di rielaborare quanto studiato o quanto detto a lezione dal docente.
IV. Come preparare e sostenere una verifica
Domande per scaldare i motori
Domani ho una verifica: la prima domanda da pormi è: a che punto del percorso
viene questo esame? Prima di tutto la domanda va posta a proposito del programma:
la verifica riguarda tutto il programma o solamente una parte? C’è qualcosa negli argomenti
precedenti che non ho capito e che potrebbe aiutarmi a studiare meglio l’argomento
attuale? Poi dobbiamo ben capire a che punto dell’anno scolastico ci troviamo: è la prima
verifica? E’ la terza? Siamo in prossimità degli scrutini? E’ l’ultima verifica di giugno? E cosa
ci giochiamo? Il debito? Il “nove”? Chiarire questo punto può aiutarci a iniziare lo studio in
modo più sereno.
Sempre sulla scia della storia passata occorre poi chiedersi: come sono andati gli esami
precedenti? Sono stati sufficienti o insufficienti? Quali difficoltà abbiamo incontrato?
Possiamo prevedere che questa verifica sarà più facile o più difficile? Che cosa è cambiato
da allora? Se sono stato interrogato a ottobre, magari fino ad oggi (17 gennaio!) non ho
più aperto il libro confidando sulla fortuna; oppure ho sempre studiato in maniera magari
superficiale; o ancora sono sempre stato preparato perché c’era la possibilità di una verifica
a sorpresa. Non si tratta di sentirsi in colpa se non si apre il libro da tre mesi ma di capire
che questo fatto renderà la preparazione per l’esame o la verifica un po’ (molto) più difficile,
anche se non impossibile. E’ necessario chiedere sempre al docente quali sono stati i propri
errori e i propri punti deboli quando ci viene restituita una verifica o ci viene assegnato un
voto, così da poter rispondere a queste domande la volta successiva.
Che cosa voglio imparare? E’ evidente che nessun esame ci troverà preparati al 100%,
ci sarà sempre, per quanto potremo studiare, una zona d’ombra, un piccolo buco nero, la
domanda che non prevedevamo, l’argomento che non riusciamo a digerire: occorre allora
capire, tra i tanti argomenti e sottoargomenti da studiare, quale sia indispensabile conoscere
al 100%, quale al 90%, quale al 75%: si tratta già di uno studio critico. Ricordiamo che un
nostro amico studiò a memoria per una interrogazione di chimica i lunghissimi nomi di
venti molecole, ma non ricordò la definizione di molecola; prese una grave insufficienza,
resa ancora più grave dal fatto che, pur essendosi impegnato moltissimo aveva speso il suo
20
tempo e i suoi sforzi nella direzione sbagliata (per questo motivo spesso
i professori rifiutano la giustificazione “Ma io mi sono impegnato” di fronte
a una valutazione negativa).
Quale voto voglio prendere? Anche questa domanda mostra la maturità dello
studente; la capacità di autovalutarsi non vuole assolutamente significare che vogliamo
sostituirci al professore nel dare i voti ma che sempre più, crescendo, riusciamo ad essere i
giudici di noi stessi, come il campione che sa benissimo di avere commesso una infrazione
prima che l’arbitro fischi (e anche se non dovesse fischiare). Occorre allora essere del tutto
onesti: quale voto riuscirò a prendere domani? E una volta ottenuto il voto, se dovesse
essere più basso di quanto abbiamo pensato, prima di contestare il docente pensiamo un
attimo ai motivi che ci hanno portato a immaginare un certo risultato; e se dovesse essere
più alto del previsto, proviamo ad avere un po’ più di autostima.
Mi emozionerò? Avrò paura? In tutte le situazioni nelle quali siamo in qualche modo
messi alla prova, la cosa peggiore non è avere paura ma pensare di essere al di sopra delle
emozioni. E’ ovvio che un esame particolarmente importante, una verifica in una disciplina
che magari non è proprio il nostro forte, l’interrogazione decisiva per ottenere la sufficienza
finale sono tutte situazioni che possono causare tensione nervosa ed emozione. Non
bisogna avere paura delle emozioni ma imparare ad affrontarle: può darsi che un insegnante
piuttosto severo ci incuta timore, in questo non c’è assolutamente nulla di cui vergognarsi;
la cosa realmente importante è cercare di abbassare la tensione, rilassandosi prima della
lezione, parlando con qualche amico, pensando ad altro.
Un esercizio utile potrebbe essere ripensare a una verifica precedente che sia andata bene
o comunque a una situazione nella quale ci siamo sentiti messi alla prova (anche nel campo
sportivo, per esempio) e poi abbiamo superato l’ostacolo. Ma non possiamo mai tagliare
via le emozioni dalla nostra vita: esse fanno parte di noi, anche quelle negative, e la paura
delle verifiche può essere controllata ma, se non è così forte da diventare paralizzante, può
addirittura essere lo stimolo a fare sempre meglio.
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IV. Come preparare e sostenere una verifica
Quali sono i miei punti deboli? E i miei punti forti? Questa domanda
richiede molta onestà e una grande capacità di autocritica: cosa mi viene meglio e cosa
peggio? Per esempio; vado meglio nello scritto o nell’orale? E’ evidente che sapendolo
affronterò la verifica con uno stato d’animo diverso se si tratta di un mio punto di forza
o di debolezza: ricordiamo che qualunque genio ha i suoi punti deboli e che anche chi sta
passando il momento peggiore a scuola ha le sue carte da giocare. Per quanto riguarda poi
la verifica specifica di domani: che cosa so bene, che cosa so in parte, che cosa non mi resta
in mente? E’ come per una gara atletica: se so che un certo gesto tecnico è il mio forte lo
affronterò con decisione e serenità, se so che sono debole in un’altra caratteristica, quando
mi si presenterà l’occasione la affronterò con concentrazione maggiore perché saprò che
maggiore è la possibilità di sbagliare. Se abbiamo risposto onestamente a questa domanda,
siamo allora pronti per la domanda successiva:
Un attrezzo del lavoro: il registratore
Registrare la propria voce mentre si ripete la lezione è un esercizio utile ovviamente per
preparare le verifiche orali. Riascoltarsi significa anzitutto capire se si stanno ripetendo le
nozioni in modo corretto (e dunque ci si registra a libro chiuso e ci si riascolta aprendo il libro
e verificando la correttezza di quanto si è detto). Ma questo strumento serve soprattutto
per migliorare la forma della propria esposizione orale, che è importante almeno quanto
il contenuto. Dunque, riascoltando la propria voce occorre farsi domande relative al modo
di esporre. Le frasi sono per caso troppo lunghe al punto che si rischia di perdere il filo?
O magari sono troppo brevi così che l’esposizione rischia di sembrare “a scatti”, senza un
discorso coerente? Ci sono pause troppo lunghe?
Ci sono elementi del discorso che fanno pensare al fatto che stiamo prendendo tempo perché
non sappiamo cosa rispondere (“cioè”, “praticamente”, “ehm”…); la voce è sufficientemente
alta? E’ un esercizio che spesso viene svolto dagli attori, soprattutto quelli giovani e all’inizio
della loro carriera; il registratore infatti ci restituisce la nostra voce come se fosse estranea
(e spesso infatti non ci piace sentirla) e ci aiuta a distaccarci da noi stessi per trovare meglio i
nostri errori.
IV. Come preparare e sostenere una verifica
Le cose da fare
Sembrerà una banalità, ma la prima cosa da fare per preparare una verifica è studiare; il
percorso della scuola secondaria è lungo e difficile, e le scorciatoie, le copiature o i colpi
di fortuna possono salvare una interrogazione ma alla lunga si pagano. L’edificio della scuola
secondaria si costruisce piano per piano e troppo spesso ragazzi che nel biennio avevano
studiacchiato si sono ritrovati poi nel triennio privi delle basi necessarie per poter continuare
proficuamente gli studi
Nel caso si stia sostenendo un esame orale la prima cosa da fare è ascoltare le domande
poste dal docente: troppo spesso infatti gli studenti non rispondono alla domanda posta
loro ma a quello che credono che il docente abbia chiesto, forse perché sono convinti che
quel determinato insegnante chieda “sempre le stesse cose” o solo perché l’emozione non
permette loro di concentrarsi sulla domanda. Una verifica orale non è un gioco a quiz, per cui
dopo che il docente ha posto la domanda ci si può prendere il tempo di qualche secondo per
ripetersela mentalmente cercando di capire che cosa esattamente il professore vuole sapere.
La correttezza espositiva è ovviamente fondamentale: sbagliare un congiuntivo in una
verifica orale di fisica è un errore grave perché la lingua italiana è il veicolo che noi usiamo per
tutte le discipline, ed è sciocco dire al docente di fisica che lui non deve correggere gli errori di
italiano! Essere corretti quando si espone significa anzitutto definire i termini del discorso
(quando si parla di cellula per la prima volta è opportuno definire che cosa sia la cellula)
cercando di essere particolareggiati ma non pedanti (in una interrogazione di letteratura ha
senso dire “Alessandro Manzoni”, non “il letterato comasco Manzoni autore dei Promessi
Sposi”); ogni disciplina ha di volta in volta, man mano che la si approfondisce, elementi che
devono essere definiti e altri che devono essere dati per scontati.
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Per quello che riguarda l’esame scritto, anche qui (anzi: soprattutto qui) occorre
saper leggere le domande in modo da analizzarle capendo che cosa realmente ci viene
chiesto; se la domanda è “Nella battaglia di Austerlitz Napoleone utilizzò una particolare
strategia militare: illustratela”, una risposta che utilizza dieci righe su quindici a parlare dei
preparativi della battaglia e del suo esito è una risposta insufficiente, perché il fulcro della
domanda riguarda la strategia di Napoleone: occorrerà certo introdurre la battaglia ma poi
concentrarsi sul punto specifico. In questo senso le risposte alle domande di un compito
scritto devono essere anzitutto risposte pertinenti, ossia devono essere come frecce
che vanno a colpire il centro del bersaglio (la domanda) senza perdere tempo in periferia;
poi devono essere risposte complete perché se la domanda ci chiede quali sono le
7 classi spettrali delle stelle dobbiamo elencarne proprio 7 (attenzione: è ovvio che è
preferibile una risposta che ne elenchi 6 piuttosto che una non-risposta; e in questo caso,
come nel caso dell’esame orale, quando non si conosce una risposta o una parte della
risposta è molto più corretto e più apprezzato dai docenti ammetterlo immediatamente
piuttosto che arrampicarsi sugli specchi!).
Infine, ovviamente, devono essere risposte corrette dal punto di vista grammaticale
e sintattico (occorre rendersi conto che la risposta “Napoleone ha vinto a Waterloo”
e la risposta “Napoleone a perso a Waterloo” sono entrambe gravemente errate, sia
pure a diverso titolo e in diverso modo). Sono sempre molto apprezzate dai docenti le
risposte che hanno il coraggio di esporre opinioni personali, anche differenti da quelle dei
professori, ma occorre sempre tenere presenti almeno alcune regole: le parti personali
delle risposte (le opinioni) devono essere distinte dall’esposizione dei fatti; le opinioni
vanno sempre motivate e argomentate, come abbiamo scritto sopra; occorre sempre
essere “sobri” nell’esprimere il proprio pensiero, perché formulare il proprio pensiero
non è la stessa cosa che fare il tifo allo stadio.
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IV. Come preparare e sostenere una verifica
E’ importante anche nell’esposizione orale saper introdurre il
discorso in modo magari da collegarsi con la risposta a una domanda
precedente e soprattutto sapere concludere il discorso perché molto
spesso le risposte dei ragazzi si interrompono improvvisamente e sembrano
monche, come se fossero state studiate a memoria (anche se è ovvio che
una definizione scientifica va studiata mnemonicamente). I docenti apprezzano
particolarmente la capacità di argomentare dimostrata dai ragazzi; ma che cosa
vuole dire argomentare? Facciamo un esempio: se io dico che preferisco l’Inter al Milan
non sono tenuto a dimostrare proprio nulla perché sto parlando di una mia emozione e
di una mia passione, ma se dico che quest’anno l’Inter è più forte del Milan sono tenuto a
dimostrarlo, confrontando le tattiche, analizzando i giocatori ruolo per ruolo, rileggendo
i risultati e la classifica ecc.. Un conto è parlare dei nostri gusti, un altro è presentare
una situazione così come si presenta oggettivamente, e in questo caso occorre sapere
dimostrare tutto quello che si sta dicendo. Infine, è soprattutto nella verifica orale che
occorre sapere gestire l’emozione, abituandosi non solo alla interrogazione dal banco, più
rassicurante, ma soprattutto a quella alla cattedra o alla lavagna, che ci espone davanti a
tutta la classe e che sarà sempre più il modello di verifica orale che incontreremo, fino
all’esame di maturità.
IV. Come preparare e sostenere una verifica
La gestione dell’emozione è estremamente importante anche per quello che riguarda
l’esame scritto, e in questo caso la si può tenere a bada attraverso una attività che troppo
spesso viene trascurata da chi affronta una verifica scritta, cioè la gestione del tempo:
molto spesso, in una verifica composta da 6 domande alle quali rispondere in un’ora,
capita di utilizzare 40 minuti per la prima risposta e poi scoprire che restano solamente 20
minuti per le altre 5 e per rileggere o addirittura trascrivere in bella copia.
L’orologio è allora il nostro migliore alleato: non basta certamente suddividere
matematicamente il numero dei minuti per il numero delle domande: se sappiamo già che
la domanda numero 3 è per noi particolarmente difficoltosa, possiamo tranquillamente
prevedere qualche minuto in più.
Ma la cosa importante è essere severissimi con se stessi e quando il tempo per la risposta
sta per scadere occorre imparare a chiudere.
La stessa cosa vale per il calcolo del tempo che ci vorrà per trascrivere un tema in bella
copia: calcolare i tempi serve per rassicurare e per far sembrare il compito un po’ meno
difficile.
Come fare una ricerca
V. Come fare una ricerc
Come non si fa una ricerca
Una ricerca è (o dovrebbe essere) un approfondimento personale di un argomento,
condotto su materiale non scolastico e dunque non sui libri di testo utilizzati a scuola.
Le ricerche più interessanti sono quelle che prevedono di effettuare interviste,
fotografie, disegni dal vero, analisi di materiali di archivio ecc.. Ma vi sono anche ricerche
apparentemente più semplici che ci mettono di fronte ad approfondimenti di argomenti
specifici (la cellula, la storia della battaglia di Stalingrado) e che purtroppo spesso danno
origine a risultati decisamente scadenti.
Uso e abuso di internet Il web è un grande archivio, ma può anche trasformarsi in una
grande discarica. Se utilizziamo Internet per sostituirlo al lavoro di ricerca (per capirci: se
ci limitiamo a un taglia-e-incolla o se scriviamo un appello su Yahoo Answers promettendo
10 punti a chi svolge la ricerca per noi!) forse possiamo anche farla franca ma certamente
non impariamo nulla. Se impariamo invece a cercare nei siti specifici, a navigare in modo
intelligente, non solo impareremo qualcosa a proposito dell’oggetto della ricerca ma anche
a proposito del web e delle sue risorse. Impareremo che esistono siti generali, siti specifici,
siti amatoriali e siti per specialisti, e capiremo quali tra questi sono realmente utili per il
nostro compito. Anche il web però ha i suoi limiti.
Ci si potrebbe chiedere: “Se posso usare Wikipedia perché mai dovrei usare un dizionario?”.
La risposta è ovvia: perché il dizionario insegna a cercare le parole utilizzando l’ordine
alfabetico, una competenza molto importante e per nulla scontata, come abbiamo già
detto sopra.
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Uso e abuso della biblioteca “Mi dia qualcosa sulla storia greca”.
Anche la biblioteca è uno strumento che occorre sapere usare se non
vogliamo che la nostra ricerca sia solamente una copiatura, magari fatta
in gruppo, con una persona che detta e gli altri che scrivono. Recarsi in
biblioteca per una ricerca significa anzitutto imparare a orientarsi tra gli scaffali
per comprendere come sono disposti i libri e dove cercare ciò che ci serve;
inizialmente il personale della biblioteca può aiutarci in questo compito. E’ però ovvio
che una ricerca seria non verrà mai svolta utilizzando una sola fonte, per cui occorrerà
cercare differenti testi e saperli confrontare. Sarà anche opportuno evitare il più possibile
di usare le enciclopedie, o almeno non farne l’unica fonte per la nostra ricerca.
Se per esporre la nostra ricerca scegliamo di avvalerci di slides occorrerà che queste non
siano semplicemente delle diapositive piene di testo da leggere ad alta voce ma contengano
qualche immagine ed eventualmente una breve sintesi di un discorso che poi dovremo fare
a voce (altrimenti faremo sorgere il dubbio che stiamo utilizzando le slides semplicemente
come sostituto della nostra memoria o addirittura della nostra preparazione).
Uso e abuso delle interviste Anche le interviste possono essere molto utili per una
ricerca. Occorre però anzitutto scegliere con attenzione i destinatari delle interviste (chi
ha senso intervistare per l’argomento che intendiamo trattare?), poi la metodologia da
utilizzare (scegliamo interviste orali o scritte?). Le domande delle interviste dovranno
essere brevi e chiare, non eccessivamente numerose; potrebbe essere utile anche fornire
all’intervistato un determinato tempo o spazio massimo per le risposte in modo da non
avere testi troppo lunghi e dispersivi.
Che cosa ce ne facciamo delle interviste? Non ha senso trascriverle integralmente e limitarsi
a questa operazione: occorre commentarle, magari raggruppando in più capitoli i diversi
argomenti trattati, ad esempio confrontando come le diverse persone intervistate hanno
risposto alla prima domanda ecc..
E infine occorre sempre trarre conclusioni dalle interviste, in modo da rendere chiaro il
motivo per cui si è scelto di impostare la nostra ricerca con questa tecnica.
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V. Come fare una ricerca
Uso e abuso delle immagini “Una immagine vale più di mille parole”.
Come tutti i luoghi comuni anche questo ha la sua parte di verità ma si presta ad essere
banalizzato se viene generalizzato. Certamente una ricerca può acquisire maggiore spessore
culturale ed essere più completa se viene corredata da immagini; ma anzitutto queste
ultime devono essere contestualizzate e commentate, perché non basta semplicemente
presentarle o incollarle nel testo della ricerca.
Possiamo inserire immagini suggestive che servono per illustrare con una metafora quanto
stiamo dicendo anche se non è il caso di esagerare con questa tecnica che può alla lunga
diventare noiosa; ma quando inseriamo grafici oppure immagini che presentano esempi
relativi all’argomento che stiamo trattando, occorre sempre spiegare di che cosa si tratta
e qual è il rapporto dell’immagine con il testo. In questo caso è allora necessario che ogni
immagine abbia una didascalia, ovvero una breve scritta descrittiva o esplicativa.
Domande per scaldare i motori
Qual è l’argomento della ricerca? Può darsi che l’argomento sia stato assegnato
dal docente, ma se lo dobbiamo scegliere noi, occorre limitarsi. Una ricerca che abbia
come oggetto “L’Impero romano” o “Il mondo dei mammiferi” non ha alcun senso
perché l’argomento è incredibilmente ampio. Occorre scegliere un argomento che sia
sufficientemente limitato da poterlo affrontare nel breve spazio di una ricerca scolastica. Il
tema della ricerca poi deve ovviamente avere qualcosa a che fare con il programma della
disciplina al quale si riferisce. In caso di un argomento assegnato dall’insegnante occorre,
prima di iniziare a lavorarci, capire esattamente che cosa ci viene chiesto, analizzando la
traccia come per un tema scritto. Non è detto che l’argomento della ricerca sia qualcosa
che ci appassiona (anche se nel caso fosse una nostra scelta, un minimo interesse sarebbe
ovvio), ma comunque possiamo chiederci quali spunti di interesse vi troviamo, in modo da
svolgere la ricerca con la passione e la voglia necessarie.
V. Come fare una ricerca
Quanto tempo ho a disposizione? A costo di apparire noioso torniamo ad affrontare
il problema del tempo: se dovrò consegnare la ricerca domani avrò ovviamente meno
possibilità di svolgere un lavoro approfondito come se avessi un’ intera settimana a
disposizione. Ho il tempo per recarmi in biblioteca? Per leggere parte di un libro? Per
vedere un film? Dobbiamo imparare per prima cosa a selezionare le fonti per la nostra
ricerca in modo coerente con il tempo a disposizione per non riempirci la camera di
materiali che poi potremo analizzare solo con uno sguardo perché le scadenze saranno
diventate troppo pressanti.
Che cosa so dell’argomento? Può darsi che la mia ricerca riguardi un tema del tutto
nuovo per me, ma potrebbe invece accadere che io debba ricercare informazioni su un
tema attorno al quale possiedo già qualche informazione.
Quali sono allora le conoscenze che possiedo? Sono approfondite? Possono tornarmi utili?
Che cosa non so dell’argomento? Quali sono le lacune della mia conoscenza? Come
posso approfondirle? Solo sulla base della risposta a queste due domande posso passare
alla domanda fondamentale: di quale materiale necessito? Mi servono testi scritti,
testimonianze orali, materiale multimediale?
Quale tra questi materiali è maggiormente utile per l’argomento della ricerca, quale
posso procurarmi facilmente, quale sarò in grado poi di analizzare? E infine: dove trovo
il materiale? Sono in grado di procurarmelo in tempo utile? Saper rispondere in modo
preciso a tutte queste domande significa avere già svolto il 50% del lavoro di ricerca senza
avere ancora scritto neppure una riga.
Un attrezzo del lavoro:
il Personal Computer
Il PC è indubbiamente un utilissimo strumento di lavoro; un programma di videoscrittura
aiuta ad essere veloci, un database permette di archiviare e ordinare i dati in modo rapido
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ed efficace. Indubbiamente una ricerca scritta con il computer risulta
ordinata e appare più precisa; occorre però sempre ricordare che se
la forma è importante lo è anche il contenuto. Concentrarsi unicamente
sull’aspetto esteriore della ricerca rischia di essere una trappola. Ovviamente
la multimedialità permette di sbizzarrirsi a proposito della forma della nostra
ricerca, che può essere un montaggio di immagini, un video, un testo animato. La
cosa più importante è non fossilizzarsi su un unico modo di presentare le proprie
ricerche cercando invece ogni volta di rinnovarsi e di sperimentare linguaggi nuovi.
Se si è svolta una ricerca utilizzando prevalentemente un programma di archiviazione e
catalogazione di dati, la volta successiva si potrà realizzare un lavoro che affianchi immagini,
testo e musica, in modo che la nostra attività di ricerca ci porti anche a imparare nuove
metodologie. Impariamo anche però a non escludere del tutto l’uso di carta e penna; per
esempio quando si realizzano interviste o quando si prendono appunti durante la visita
a un determinato luogo. Occorre dunque sempre tenere presente che la multimedialità
ci ha soprattutto insegnato a sviluppare la nostra fantasia mescolando i linguaggi: ma per
raggiungere questo scopo occorre saper usare molto bene il computer, perché in caso
contrario una ricerca realizzata con il PC potrebbe essere più noiosa, scarsamente creativa
e inefficace di una pagina scritta in modo intelligente e creativo con la vecchia penna biro.
Analizzare il materiale. Diamo per scontata la prima fase, quella del reperimento del
materiale, perché ne abbiamo già parlato sopra: è allora giunto il momento di analizzare il
materiale che abbiamo raccolto. Anzitutto: è sufficiente? Oppure è eccessivo? Forse ci sono
doppioni da eliminare, per ridurre un po’ la mole. Potrebbe poi essere utile suddividere il
materiale in categorie. Se abbiamo svolto interviste sulla pena di morte iniziamo a crearci
tre categorie: “favorevoli”, “contrari” “incerti”. Se abbiamo raccolto dati sull’inquinamento
della nostra città suddividiamoli per zone. Se abbiamo differenti foto di opere d’arte
scegliamo di catalogarle per epoca, per autore, per tecnica ecc. Una buona suddivisione
del materiale è un passo importantissimo, al quale segue l’analisi vera e propria: come
leggiamo le interviste? Come analizziamo le immagini? Che cosa ci interessa di un grafico,
di un video, di una canzone?
Assemblare il materiale. Ora si tratta di “mettere insieme” fisicamente la nostra
ricerca. Dobbiamo decidere quale forma darle, quanto deve essere lunga, di quanti capitoli,
immagini, riprese, videate deve essere composta. E’ un vero e proprio lavoro di regia, che
deve riuscire a “far parlare” il materiale che abbiamo selezionato.
Ricordiamoci infatti che non esistono dati che “parlano” da soli ma che la modalità di
presentazione scelta è determinante per la chiarezza dell’esposizione. A proposito di
esposizione: è ovviamente opportuno preparare una esposizione orale del nostro lavoro,
qualunque sia il tipo di presentazione anche multimediale che abbiamo scelto. Ricordiamoci
anche che un’alternanza di immagini e testo può rendere interessante una ricerca ma anche
che utilizzare troppi diversi “codici” (scrittura, immagine, grafici, video) può far perdere il
filo a chi ci sta seguendo.
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V. Come fare una ricerca
Le cose da fare
Citare il materiale. Non possiamo mai commettere la disonestà di far
passare per nostre parole altrui. Occorre sempre attribuire il materiale che
stiamo analizzando alla fonte precisa dalla quale lo abbiamo tratto. Questo è
l’aspetto forse più importante di una buona ricerca. Occorre imparare a citare
con assoluta precisione: che si tratti di una frase da un libro (Paolo Rossi, “Il gioco del
pallone”, edizioni Sfera di cuoi, Vicenza, 1999 pag. 13), di una scena da un film (Profondo
rosso, regia di Dario Argento, 1978) di una canzone (Fabrizio de Andrè, “Fiume Sand
Creek”; dall’album “De Andrè”, 1979), di una frase che ci è stata detta in privato (Giovanni
Rossi, intervista privata), di un sito internet (da citare completamente, soprattutto quando
si tratta di una determinata pagina).
L’assoluta precisione nelle citazioni è indice di un lavoro di ricerca corretto e preciso.
Ricordiamoci la regola fondamentale: tutto ciò che mettiamo tra virgolette è parola di
qualcun altro e occorre citare la fonte, tutto ciò che appare fuori dalle virgolette è opera
nostra.
V. Come godersi la scuola
Criticare il materiale. Anche nel caso della ricerca vale la regola “fatti distinti dalle
opinioni”. Dopo avere analizzato, assemblato e citato il materiale possiamo finalmente dire
la nostra, manifestare il nostro parere, meglio ancora dando ragione o torto a uno o più tra
gli autori citati e spiegando i motivi del nostro accordo o disaccordo. Le conclusioni critiche
di una ricerca sono fondamentali perché fanno capire che attraverso l’attività di ricerca non
abbiamo semplicemente raccolto materiale ma ci siamo formati una nostra opinione che
ora può essere sostenuta con più forza proprio grazie al lavoro che abbiamo compiuto.
Come godersi la scuola
No, non stiamo scherzando. Alla fine di questo libretto vorremmo augurare a tutti voi
di vivere la scuola secondaria di II grado come una sfida piacevole, gradevole e anche
entusiasmante. La scuola ci mette alla prova, ci fa incontrare altri ragazzi, approfondisce
sempre più argomenti che possono anche essere estremamente interessanti, ci aiuta a
trovare la nostra strada e a capire quali siano le nostre passioni.
In questo senso la scuola può anche essere “goduta”, al di là della fatica. Del resto, se la
scuola secondaria di II grado vi porterà alla maggiore età e dunque all’età adulta, occorre
sempre ricordare che provare piacere in ciò che si fa è uno dei modi di essere adulti.
Dunque, buona sfida, buona scuola, buona avventura!
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LO STUDIO
IN TASCA
Come si studia
nella secondaria
di secondo
grado
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