Introduzione Da anni le Amministrazioni Comunali del Vimercatese sono impegnate a fianco delle Istituzioni Scolastiche nella realizzazione e promozione di iniziative volte a favorire una scelta consapevole della scuola superiore da parte degli alunni che concludono il percorso del 1° ciclo di istruzione. La rete TreVi, il Tavolo delle politiche scolastiche e il tavolo Orientarete, in particolare, hanno definito un articolato progetto di orientamento, condiviso su tutto il territorio, rivolto sia agli alunni che alle famiglie e ai docenti, in un’ottica di diffusione delle buone pratiche. Ricordiamo brevemente gli incontri annuali con esperti sulle tematiche relative al significato di una scelta responsabile e consapevole, al metodo di studio, al ruolo della famiglia e delle scuola e le serate informative dedicate ad illustrare l’offerta formativa della scuola superiore del Vimercatese, condotte con passione dagli stessi Dirigenti Scolastici e dai Docenti dei singoli istituti. Altro appuntamento annuale è rappresentato dalla “Giornata dell’orientamento”, che permette a tutte le scuole superiori, statali e paritarie, del territorio, di presentarsi insieme ai ragazzi e ai genitori attraverso l’allestimento di specifici stand informativi. Queste sono solo alcune delle iniziative messe in campo, alle quali vogliamo oggi aggiungere questa pubblicazione: una sorta di vademecum per affrontare, con gli strumenti giusti alla mano, l’esperienza dello studio alla scuola superiore. Nessuna ricetta miracolosa, ma tanti consigli utili che possono aiutare i ragazzi ad intraprendere con determinazione e profitto il nuovo cammino, che sarà certo impegnativo, ma anche stimolante e di grande crescita. GIUSEPPINA MAURI CARLA RIVA Dirigente I.C. Ornago Assessore alle Politiche Scolastiche Sovraterritoriali Presidente Rete TreVi Comune di Vimercate Due parole ai genitori Come è fatto e a cosa serve questo libretto I. Come studiare un testo - pag. 6 • Come non si studia un testo • Domande per scaldare i motori • Un attrezzo del lavoro: il vocabolario • Le cose da fare II. Come seguire una lezione - pag. 11 • Come non si segue una lezione • Domande per scaldare i motori • Un attrezzo del lavoro: le domande al docente • Le cose da fare III. Come produrre un testo scritto - pag. 15 • Come non si scrive • Domande per scaldare i motori • Un attrezzo del lavoro: il dizionario dei sinonimi e dei contrari • Le cose da fare IV. Come preparare e sostenere una verifica - pag. 19 • Come non si prepara una verifica • Domande per scaldare i motori • Un attrezzo del lavoro: il registratore • Le cose da fare V. Come fare una ricerca - pag 24 • Come non si fa una ricerca • Domande per scaldare i motori • Un attrezzo del lavoro: il Personal Computer • Le cose da fare VI. Come GODERSI LA SCUOLA - PAG. 28 Due parole ai genitori Gentili genitori, solo due parole per presentarvi questo volumetto che potrebbe essere utile ai vostri figli nel delicato passaggio alla scuola secondaria di II grado. I vostri ragazzi faranno il loro ingresso in una scuola nuova, nella quale saranno “i più piccoli” mentre quest’anno sono stati “i più grandi” nella secondaria di I grado; sul piano psicologico questo sarà per loro un fatto rilevante; saranno da mettere in conto piccole difficoltà, qualche paura e qualche ansia. Occorrerà stare loro vicini, soprattutto all’inizio, ma anche riuscire a lasciar loro l’autonomia della quale hanno bisogno e che la scuola sottolineerà sempre più con il passare dei mesi e degli anni. Soprattutto per quello che riguarda i compiti e i doveri scolastici, i ragazzi dovranno sempre più essere lasciati soli e il ruolo del genitore dovrà all’inizio essere quello di un discreto controllo per poi abbandonare anche questa attività perché la scuola diventerà sempre più una questione personale del ragazzo. In questo senso la scuola superiore aiuta i ragazzi e le ragazze a maturare; e in questo senso il ruolo del genitore che si “tira indietro” e si fa un po’ da parte è delicatissimo ed estremamente importante. Lasciate dunque che i ragazzi leggano e utilizzino questo libretto e state comunque loro accanto in modo discreto e non invadente nell’avventura di una nuova scuola che insieme alle difficoltà porterà entusiasmo, nuovi apprendimenti e una nuova maturità 4 Come è fatto e a cosa serve questo libretto Siamo arrivati a quelle che una volta si chiamavano “scuole superiori” e oggi “secondarie di II grado”. Abbiamo terminato un percorso importante, quello delle scuole “medie”, e stiamo per entrare in un nuovo ambiente. Che cosa ci verrà chiesto? Come dovremo studiare? Questo libretto vuole aiutarvi a capire qual è il tipo di studio che sarà necessario nel mondo della secondaria di II grado; uno studio più adulto, più impegnativo ma che potrà tranquillamente essere affrontato se si inizierà subito il percorso con la giusta grinta e con qualche accorgimento. Abbiamo pensato a un testo che si rivolga a voi come a persone sempre più autonome e vi proponga lo studio alla secondaria come una sfida da affrontare con energia e coraggio e anche un po’ di divertimento. Il testo presenta cinque capitoli, ognuno dei quali suddiviso in paragrafi. Per ogni argomento inizieremo a dire “Come non…” fare le cose, cioè elencheremo gli errori più comuni che i ragazzi e le ragazze rischiano di commettere studiando. Poi ci porremo “domande per scaldare i motori”, cioè parleremo di cosa fare “prima” di mettersi al lavoro; presenteremo poi per ogni capitolo un “attrezzo del lavoro”, ovvero un aiuto indispensabile per lo studio. Infine arriveremo al dunque: vi diremo “le cose da fare” e seguiremo passo dopo passo la attività di studio e di verifica per aiutarvi a rendere la vostra preparazione precisa e proficua, ma anche piacevole. Non ci resta che augurarvi buono studio e un in bocca al lupo perché la vostra esperienza della scuola secondaria di II grado possa essere positiva e, perché no, anche entusiasmante e divertente. 5 Come studiare un testo Come non si studia un testo 1. Come studiare un testo E’ giusto studiare a memoria? Dipende. Ci sono date e dati che devono essere memorizzati, nomi di persone e di luoghi che devono essere ricordati; quello che non ha senso è studiare a memoria lunghi brani di libri o addirittura interi capitoli senza capire quello che si sta studiando. I dati che si memorizzano servono come dei richiami, dei segnali stradali che ci rimandano a discorsi più complessi che dobbiamo essere in grado di svolgere; ricordare che Napoleone è morto il 5 maggio 1821 ha senso se poi ci serve per ricostruire con un nostro discorso ciò che è accaduto prima e ciò che è successo dopo quella data. Studiare sugli appunti può essere utile, soprattutto se si tratta di appunti presi in classe da noi; occorre sempre però tornare ai libri per confrontare i nostri appunti con il testo; potremmo anche esserci sbagliati a scrivere in aula quando l’insegnante spiegava. Studiare su appunti degli altri invece è quasi sempre poco utile perché ognuno prende appunti a modo proprio. Studiare saltando le pagine non ha senso perché significa studiare senza capire: se un concetto non è chiaro non si deve andare avanti lo stesso nello studio, per il semplice fatto che spesso quello che “viene dopo” in un testo presuppone la comprensione di quello che “viene prima”. Quando una pagina ci risulta difficile proviamo a capirla con l’aiuto del vocabolario o a chiamare qualche compagno di classe che può spiegarcela Domande per scaldare i motori La prima domanda che occorre porci davanti a un testo da studiare è perché devo studiare questo testo? La risposta più ovvia ma anche più sciocca è “perché me l’ha detto il professore”. Ma la nostra domanda ha un altro senso; significa chiederci per quale motivo ci è stato assegnato questo testo da studiare: come si inserisce nel programma, quale aggancio ha con gli altri argomenti che abbiamo appena studiato, cosa ci è stato spiegato prima di proporcelo. La domanda sul “perché” è fondamentale: se so per quale motivo l’insegnante mi ha assegnato queste pagine saprò anche come affrontarne lo studio in modo proficuo. La seconda domanda che dobbiamo porci è da dove viene questo testo? Occorre sapere anzitutto chi l’ha scritto, dove è collocato (in una antologia, in un manuale di scienze, in un libro di storia), a quale punto dell’indice è situato ecc. Dobbiamo cioè collocare il testo nel suo “ambiente” in modo da capire come affrontarlo. Occorre poi porsi altre domande: “Abbiamo letto altri testi dello stesso autore? Come possono aiutarci a capire questo?” “Abbiamo già affrontato testi di questo tipo –poesie, 6 Prima di metterci concretamente al lavoro occorre porci l’ultima domanda: come è strutturato questo testo? A volte ci si mette a studiare senza nemmeno contare le pagine che dobbiamo affrontare. Occorre invece compiere questa operazione: quanto è lungo il testo? Prevede capitoli, paragrafi, sottoparagrafi? Prevede schede di riflessione, verifiche dell’apprendimento, note (ricordiamoci che le note sono importantissime!)? Vi sono illustrazioni? In caso vi siano, le didascalie, cioè le brevi frasettine che stanno al di sotto delle immagini, sono importanti: ci spiegano per quale motivo l’autore ha deciso di mettere in quel punto proprio quella immagine. Ci sono grafici nel testo? Sappiamo leggerli? Una volta analizzato il “vestito” con il quale il testo si presenta, è tempo di porsi la domanda fondamentale: “Ho tempo ed energie per studiare tutto in una volta sola? O è meglio studiare i primi due paragrafi, poi fare una pausa e affrontare il terzo?” Occorre cioè suddividere la fatica da fare in piccoli pezzi, per poterla affrontare in modo proficuo e non troppo stancante. E’ una capacità che si sviluppa con l’esercizio, e che è la stessa che si mette in atto in ogni azione: se devo svuotare un magazzino devo sapere se avrò da spostare venti casse da dieci chili l’una o cinque casse da quaranta chili. Anche se il peso totale è lo stesso, l’organizzazione del lavoro e i tempi di riposo saranno del tutto differenti. Ovviamente sarebbe molto meglio compiere questa operazione non il giorno prima della verifica ma immediatamente dopo l’assegnazione del compito in modo da potersi organizzare. 7 1. Come studiare un testo racconti, saggi ecc.– e come li abbiamo studiati?” “Quali difficoltà abbiamo incontrato finora studiando su questo manuale? ”. Sembrerà sciocco ma molto spesso i ragazzi non ricordano il titolo e l’autore del testo che hanno letto: sarebbe anche utile capirne la nazionalità e l’epoca nel quale è stato scritto. Inoltre dobbiamo capire a chi si rivolge l’autore: stiamo studiando un testo che è stato scritto per la scuola (il manuale di matematica) oppure una poesia o un racconto che era rivolto a un pubblico generico? Cosa vuole comunicarci chi sta scrivendo? Perché ha scritto questo testo? Per rispondere a un altro testo, per fare una polemica, per divertimento, per esporre una teoria, per incitare qualcuno a fare qualcosa? Si tratta di una parte di un testo più ampio? Normalmente gli insegnanti assegnano un testo da studiare dopo averlo in qualche modo spiegato o inquadrato: come mi è stato presentato questo testo? è allora la domanda da porci a questo punto. C’è stata una spiegazione, un’ introduzione, un inquadramento del testo all’interno del programma? Magari quando il docente ha spiegato queste cose eravamo assenti; riusciamo a procurarci lo stesso queste informazioni tramite un compagno? Può darsi che il docente ci abbia assegnato il testo senza spiegarcelo, magari per mettere alla prova le nostre capacità: in questo caso dobbiamo chiederci quali informazioni precedenti abbiamo (lezioni passate, altri testi studiati) per aiutarci nel lavoro. Un attrezzo del lavoro: il vocabolario 1. Come studiare un testo Lo sappiamo bene che esiste Wikipedia. Ma il vocabolario è un attrezzo di lavoro comunque utilissimo. Anzitutto perché possiamo usarlo anche in classe in una verifica, ma soprattutto perché allena la mente a una operazione di ricerca che ci servirà anche nelle altre materie. Cercare una parola nel vocabolario ci abitua a un ordine mentale, a una disciplina del pensiero che sarà molto utile anche in matematica, tanto per fare un esempio. E’ vero che davanti a una parola di cui non si conosce il significato si può essere tentati di lasciar perdere, di andare avanti comunque per non perdere tempo: a parte il fatto che alla fine il tempo perso sarà doppio perché rischieremmo di capire molto poco di quello che segue, questo è un caso di pigrizia mentale che rischiamo di pagare cara in tutto il nostro percorso scolastico. Anzitutto occorre ricordare una cosa che potrebbe essere scontata: sul vocabolario le parole sono elencate in ordine alfabetico! Il che non è così semplice come sembra perché se è ovvio che “barca” viene dopo “albero”, non è così immediato ricordare che “prototipo” viene prima di “protozoo”. Un gioco potrebbe aiutarci nell’esercitarci: una persona pensa una parola e le altre cercano di indovinarla dicendo a caso un termine, rispetto al quale il primo giocatore dice se la sua parola viene prima o dopo nell’ordine alfabetico Ad esempio, se ho pensato “gatto” e un concorrente dice “casa” risponderò “dopo”; se dice “volpe” risponderò “prima”. Man mano che ci si avvicina alla parola scelta, si coglie la difficoltà dell’ordine alfabetico! Occorre esercizio dunque anche per usare il vocabolario (e anche in senso fisico; quando si cerca una parola, se si usano le paroline riportate in alto a destra e a sinistra nelle pagine, si sfoglia il vocabolario senza aprirlo ogni volta del tutto e dunque senza rovinarlo!). Le cose da fare Dove ci troviamo quando studiamo? A casa nostra? Nella nostra cameretta? In cucina mentre la mamma fa la torta e il fratellino urla? In biblioteca? Anzitutto occorrerebbe studiare in una situazione di tranquillità, possibilmente di silenzio o con una musica non troppo rumorosa di sottofondo; in un ambiente rumoroso è meglio sentire una musica in cuffia (magari non proprio l’heavy metal!) piuttosto che essere distratti dai rumori che non controlliamo. In generale però sarebbe utile trovare il nostro posto per studiare, sempre quello: il nostro angolo, con le nostre cose a disposizione (l’astuccio, il diario, il vocabolario, un sacchetto di patatine, perché no); cerchiamo anche di metterci comodi, magari non proprio sdraiati sul letto a rischio di abbiocco, ma comunque in una situazione sufficientemente rilassante; via le cinture strette, le scarpe che fanno male ai piedi (beh, magari in biblioteca evitiamo questo passaggio!), meglio una felpa, qualcosa di comodo, stiamo al caldo l’inverno e al fresco d’estate: insomma, rilassiamoci. 8 La seconda lettura è indispensabile: nemmeno un genio può pensare di memorizzare un testo leggendolo una sola volta. E’ opportuno, nella seconda lettura, sottolineare o evidenziare le informazioni importanti: si può usare la matita, il pennarello, l’evidenziatore, i diversi colori, la cosa importante è che siano sottolineate solamente le informazioni che riteniamo importanti. C’è chi sottolinea tutto in una pagina: equivale a non sottolineare nulla. L’operazione di sottolineatura è una responsabilità che ci prendiamo; scegliamo di considerare alcune informazioni come importanti e altre come trascurabili; è l’aspetto più adulto e maturo dello studio, perché non abbiamo più bisogno, in questa fase, dell’insegnante, ma siamo autonomi. Mentre sottolineiamo possiamo, se lo vogliamo, appuntare qualcosa, per esempio una data, il significato di una parola, un concetto o un nome; lo possiamo fare a margine della pagina o su un foglio o addirittura su un quaderno. Prendere appunti quando si legge o addirittura fare un breve riassunto del paragrafo è un’operazione molto utile per la successiva attività di memorizzazione. E’ arrivato il momento del raccolto, o della vendemmia: il nostro testo è cambiato, è colorato, sottolineato, evidenziato: è già un po’ “nostro”. Occorre ora memorizzare. Non si tratta di una operazione così difficile come sembra, soprattutto se abbiamo svolto in modo preciso i passaggi precedenti. Adesso le 20 pagine da studiare si sono ridotte, sono ordinate, abbiamo scelto cosa scartare e cosa ricordare, abbiamo già qualche schema che ci siamo fatti durante la lettura; il tutto si è ristretto, non pensiamo più “ma come diavolo farò a ricordare tutta questa roba?”. E la memoria? Anzitutto occorrerebbe parlare di “memorie” perché ogni persona ha il suo modo di ricordare: chi ha una memoria visiva ricorderà i colori dell’evidenziatore e la disposizione dei paragrafi, chi ha una memoria uditiva potrà registrare la lettura ad alta voce del testo e riascoltarsi, un ragazzo che aveva una memoria uditiva ha provato a mettere in musica “A Silvia” di Leopardi per 9 1. Come studiare un testo Dobbiamo fare una telefonata urgente? Facciamola adesso, ma poi spegniamo il cellulare. C’è chi studia subito dopo mangiato, chi ha bisogno di un po’ di tempo per smaltire il pranzo… E’ comunque il nostro corpo che deve studiare, non solo la mente: se abbiamo sete beviamo, se abbiamo appetito sgranocchiamo qualcosa: è come prepararsi per un allenamento atletico. Stiamo per compiere un’ operazione importante, cerchiamo di renderla anche piacevole… Eccoci di fronte al testo da studiare. Sembra banale ma la prima cosa da fare è leggere e non è detto che questa operazione sia così scontata. E’ qui che capiamo se l’ambiente che ci siamo scelti per studiare è adatto oppure no. C’è chi legge ad alta voce e chi legge “mentalmente”, non esiste in questo caso una regola, la cosa importante è capire quello che si legge. I segni di interpunzione (virgole, due punti, punti e virgola, così come i capoversi –ovvero ogni volta che si va “a capo”-.) sono i nostri aiutanti perché ci aiutano a dare un ritmo alla lettura. Siamo alla prima lettura: non preoccupiamoci di memorizzare, per ora, ma solamente di capire di che cosa si sta parlando. Leggiamo concentrandoci e iniziando a familiarizzare con il testo, il suo linguaggio, i concetti che esprime. 1I. Come seguire una lezione 1. Come studiare un testo impararla come fosse una canzone. Qui ognuno ha il suo metodo e deve scoprirlo facendo esperimenti; la cosa importante è che l’attività di sottolineatura ci ha aiutato a capire che non si può ricordare tutto e dunque ha selezionato per noi le informazioni importanti da tenere a mente. Una operazione che troppo spesso ci si dimentica di compiere ma che è importantissima per uno studio maturo è confrontare il testo che abbiamo letto con altri testi che abbiamo studiato in precedenza: quale rapporto c’è tra questa poesia e altre dello stesso autore? E rispetto a poesie di altri autori dello stesso periodo? Se in un testo sono citati due commenti di due autori differenti occorre confrontarli. L’operazione di confronto è indispensabile anche se non viene richiesta esplicitamente dal professore, perché ci aiuta meglio a capire il testo: è dalle differenze che si giunge a capire realmente quello che un testo sostiene e la sua originalità. Dillo con parole tue”: giustamente gli insegnanti ci chiedono questa prestazione quando verificano la nostra preparazione. E’ difficile ovviamente fare proprie le parole degli altri: ripetere è l’operazione che fa capire che il testo è diventato veramente “nostro”. C’è chi ripete ad alta voce e chi ripete mentalmente, c’è chi si registra per riascoltarsi, c’è chi approfitta del confronto con altri compagni di classe. Tutto va bene, purché si capisca che in questo passaggio in un certo senso iniziamo a prendere le distanze dal testo; il che significa anzitutto che il libro e gli appunti devono sparire, e che occorre anche dire se siamo o meno d’accordo con quanto studiato, con la posizione dell’autore. Il testo è diventato nostro e possiamo fare ciò che vogliamo: sapere ripetere alla scuola secondaria superiore significa sapere dare un giudizio su quanto si è studiato, giudizio che però è impossibile se lo studio non è stato svolto con precisione e profondità. COME SEGUIRE UNA LEZIONE Come non si segue una lezione Va bene, in classe ci si distrae, è una cosa umana: e del resto nessun adulto è in grado di mantenere lo stesso stato di concentrazione per 5 ore consecutive. Occorre allora selezionare i momenti in cui si mette per qualche minuto il cervello in standby e senza disturbare gli altri ci si riposa un po’. Il momento peggiore per staccare i contatti è ovviamente la spiegazione, ma per esempio l’interrogazione orale di un compagno è importante quasi quanto la spiegazione: lo sanno bene gli studenti universitari che vanno ad assistere agli esami dei loro compagni per capire che cosa chiede il docente. Occorre allora capire che quando un compagno è interrogato possiamo utilizzare la sua interrogazione per verificare la nostra preparazione (“Come avrei risposto io a questa domanda?” “Accidenti, questo è un errore che avrei commesso anch’io”). La distrazione in questo caso è una occasione persa. Alle scuole primarie la maestra dettava, alle secondarie il professore spiega. 10 Entrare in ritardo? Uscire prima? A scuola lo si può fare con la giustificazione dei genitori. Ma al cinema entrare in ritardo significa non capire bene la trama e uscire prima significa perdere il meglio del film. Cerchiamo di intendere una lezione come una specie di momento teatrale e cinematografico, che deve essere seguito per intero per poterlo apprezzare. Per questo motivo la cosa che fa più arrabbiare gli insegnanti è quando un ragazzo chiede di andare in bagno a metà di una spiegazione: è vero che, come rispondono i ragazzi, “quando scappa, scappa”, ma la maturità di uno studente è anche quella di gestire il proprio corpo durante una mattinata di scuola. E se si vuole uscire solo per fare un giretto (cosa possibile, per carità!), lo si faccia non a metà di una spiegazione o di una esperienza didattica perché oltre al rischio di non capire, si trasmette una immagine di sé non proprio positiva. Occorre fare silenzio mentre il professore spiega o interroga o mentre c’è in corso una esperienza didattica? Verrebbe da rispondere di sì. Ma c’è silenzio e silenzio; c’è il silenzio della classe che ascolta e cerca di capire e c’è il silenzio di 25 ragazzi che hanno messo il volto sullo screen saver e fanno semplicemente finta di ascoltare. Ma il silenzio assoluto in un’ora di lezione è sempre triste se non è interrotto da domande, richieste di spiegazione, interventi che aiutano il docente a riorganizzare la sua lezione, chiariscono i dubbi eventuali e rendono anche più piacevole e meno pesante la lezione. Occorre superare la timidezza e non andare mai a casa da una lezione con una domanda in tasca. Domande per scaldare i motori La prima cosa che occorre fare, e che spesso gli insegnanti stessi fanno, è chiedersi che cosa abbiamo detto ieri? Occorre però, man mano che si procede nella carriera scolastica, imparare da soli a connettere le lezioni tra loro e a cogliere il filo rosso, la logica che collega la lezione di oggi a quella di ieri. La maturità di uno studente nella scuola secondaria sta proprio nel non aspettare che sia il docente a fare il “riassunto delle puntate precedenti” ma nell’essere in grado di capire cosa c’entra ciò che stiamo spiegando o sperimentando oggi con quanto è accaduto la settimana scorsa; inoltre, una capacità ulteriore consiste nel trovare il rapporto (se esiste) tra quanto stiamo studiando in storia e quanto abbiamo detto nell’ora precedente in scienze. Qual è l’argomento della lezione. Ogni lezione ha un argomento fondamentale, attorno al quale ruotano gli esempi, i testi, gli esperimenti proposti. Ovviamente un argomento può necessitare di più lezioni per esaurirsi, ma occorre sempre che lo studente sia in grado di tornare a casa rispondendo alla domanda “di che cosa esattamente 11 1I. Come seguire una lezione La differenza è importante. Ormai gli insegnanti ci considerano abbastanza maturi da poter seguire un discorso senza essere del tutto passivi come in un dettato (infatti il dettato ora si usa nelle lingue straniere, nelle quali la nostra conoscenza della lingua non è così perfetta da permetterci di seguire del tutto un discorso). Gli appunti che prendiamo a lezione non sono dunque “dettatura” ma qualcosa di più importante, che vedremo più sotto. si è parlato oggi?” come se si dovesse mettere un titolo alla lezione oppure, per fare un esempio dal web se si dovessero apporre i tags. Se un mio amico mi dice che ieri la Juve ha vinto due a zero mi sta dando una notizia oggettiva. Ma se mi dice “finalmente la Juve è tornata a vincere” o “quei ladri di bianconeri hanno rubato ancora” mi sta dando una interpretazione del dato. Che Napoleone sia morto il 5 maggio 1821 è un dato chiaro e oggettivo; ma chi era questo personaggio? 1I. Come seguire una lezione Una specie di dittatore o il liberatore dei popoli europei? E cosa è accaduto dopo la sua morte? Possiamo dire che l’Europa ha finalmente ritrovato l’ordine e la disciplina oppure che è caduta nell’autoritarismo? Ogni lezione ci deve portare a chiederci qual è il punto di vista del docente, sapendo che un punto di vista è sempre presente e non è possibile raccontare e insegnare nulla essendo assolutamente oggettivi. Una volta capito qual è il punto di vista del docente (o quali sono i punti di vista, anche contrapposti, dei testi che ci ha proposto), dobbiamo capire che non si tratta di qualcosa da accettare passivamente ma da discutere e da provare anche a criticare. Non parliamo solo di un punto di vista politico o ideologico ma anche di un metodo; verso le ultime classi della scuola secondaria saremo in grado di capire “quale matematica”, “quale geometria” ci presentano i docenti, scegliendo tra numerose differenti matematiche o geometrie e diversi metodi per insegnarle. Infine, soprattutto nella nostra epoca multimediale, è importante chiederci quali sono gli strumenti che il docente sta usando? Sta solamente parlando? Sta leggendo ? Sta facendoci fare un esperimento o lo sta compiendo in prima persona (si tratta di due cose completamente diverse)? Sta usando filmati, canzoni, immagini? Sta usando un PC, un proiettore, altri strumenti tecnologici. E la domanda successiva, la più importante per ciascuno di noi è: da quali strumenti io imparo meglio? Riesco a seguire meglio lezioni pratiche o teoriche? Imparo meglio qualcosa se la sento, la vedo o la tocco? Preferisco stare un’ora in laboratorio o un’ora in un’aula a leggere un testo? In questo modo, partendo dagli stili di insegnamento dei docenti (e la scuola migliore è quella nella quale i professori hanno differenti stili, differenti metodi - anche opposti per insegnare) potrò negli anni costruire il mio stile di apprendimento personale, che mi servirà per la continuazione degli studi o per l’ingresso nel mondo del lavoro. Ovviamente, se avrò capito che preferisco lezioni pratiche alle teoriche, non dovrò concludere che durante le spiegazioni è meglio che stia in bagno, ma al contrario saprò che in quel caso dovrò fare più fatica e dunque stare maggiormente attento. Un attrezzo del lavoro: le domande al docente Una persona può essere molto timida e avere qualche problema a porre domande: ma il ruolo dello studente nella secondaria di II grado è un ruolo attivo, e fare i conti con la propria timidezza fa parte dei compiti dei ragazzi che iniziano questo percorso. 12 Quali domande porre al docente durante la spiegazione? Ovviamente non si possono dettare regole fisse ma possiamo segnalare alcune tipologie di domanda. Le più ovvie sono le domande di chiarimento, quando non si è capito un passaggio: l’importante è che si precisi che cosa non si è capito e non si dica “non ho capito niente” (una giustificazione che spesso si usa per il mancato studio “non ho studiato perché non ho capito” e che fa giustamente arrabbiare i professori); ci sono poi le domande di definizione, quando si chiede al docente di definire in modo preciso una parola; in questo caso è bene appuntarsi su un quaderno o un blocco la definizione data perché potrà servire nelle verifiche. Sono ovviamente molto positive le domande di approfondimento, quando cioè si chiede al docente di dare maggiori particolari su un passaggio o un concetto: occorre però tenere presente che a volte il professore potrebbe non rispondere alla domanda perché ciò gli farebbe perdere il filo del discorso e potrebbe dunque rimandare la risposta a un momento successivo. Particolarmente importanti sono le domande di collegamento, che mettono in relazione quello che si sta ascoltando con una lezione precedente, un autore con un altro, un esperimento con una esperienza precedente: il docente capisce così che i ragazzi stanno già cogliendo quei paralleli e quei passaggi che verranno poi chiesti in sede di verifica. Infine le domande di anticipazione, quelle cioè che chiedono di anticipare appunto un passaggio successivo del discorso (anche se spesso non trovano risposta perché il docente preferisce sempre andare per gradi) dimostrano sempre attenzione e intelligenza da parte dell’allievo. Man mano che si prosegue negli studi l’ora di lezione diventa sempre più impegnativa, e sempre meno il professore dovrebbe intervenire per richiamare l’attenzione che dovrebbe essere scontata. Seguire il filo è la prima cosa da fare durante una lezione: a scuola capita di distrarsi, capita agli insegnanti, figuriamoci se può non capitare ai ragazzi. La cosa importante è che non capiti troppo spesso e che si corra subito ai ripari: non c’è da vergognarsi a chiedere al docente di ripetere un concetto perché si è perso il filo del ragionamento, e se questo costa un piccolo rimprovero sarà sempre meglio che perdere tutto il senso della lezione. La lezione ha una sua logica, quello che viene “dopo” approfondisce quello che viene “prima”, e occorre mantenere alto il livello dell’attenzione; non esiste telecomando per cambiare canale (“purtroppo!” commenterà qualcuno) per cui occorre seguire la lezione come se fosse un film; se si perde una scena non si capisce il finale. Ricostruire la logica della lezione servirà poi quando prepareremo la verifica per avere un filo conduttore. Ogni insegnante alterna momenti di spiegazione teorica a esempi concreti, storie, anche battute di spirito per tenere alta l’attenzione; occorre però capire a cosa servono gli esempi che sono appunto esempi, e non costituiscono l’essenziale di una lezione. Se il docente ha fatto una battuta per spiegare qualcosa o introdurre un discorso, ricordare 13 1I. Come seguire una lezione Le cose da fare la battuta può servirmi come promemoria, ma non deve sostituire il ricordo di quanto poi è stato spiegato. Per fare un esempio, se si dice che Napoleone a S. Elena era deluso come l’Italia eliminata dai campionati del Mondo di Calcio, ricordare l’esempio potrebbe servire per capire lo stato d’animo di Napoleone, ma sarebbe sbagliato riportare lo stesso esempio in una verifica (magari dimenticando il nome del personaggio a cui si riferiva!). Prendere appunti durante una lezione è importante ma si tratta di una pratica molto difficile e che si costruisce con gli anni; inizialmente occorre imparare ad ascoltare e magari fissare sul blocco degli appunti qualche data o qualche nome. Per i nomi stranieri o comunque difficili, se il professore non li ha scritti alla lavagna, è sempre bene, una volta a casa, cercarli su un’enciclopedia (magari anche evitando di chiedere in classe “come si scrive?”). Solo quando si sarà abbastanza pratici si potranno prendere appunti precisi su ciò che il docente dice ricordando che gli appunti non devono (né possono) mai riportare tutte le parole del professore ma devono essere molto sintetici. Ognuno ha il suo modo di prendere appunti, per cui a prima vista questi ultimi potranno apparire disordinati; non è un problema purché ci si ricordi di riordinarli il giorno stesso o al massimo il giorno successivo, altrimenti si rischia di non ricordare più a che cosa si riferisce ad esempio una abbreviazione. 1I. Come seguie una lezione Infine, anche per i timidi è importante sapere ascoltare le domande altrui: se è vero che man mano che si cresce il comportamento da tenere a lezione è sempre meno passivo, è anche vero che le domande dei ragazzi più disinvolti ci aiutano comunque a capire meglio e magari ci danno lo spunto e il coraggio per porne a nostra volta. Occorre sempre ricordare che la lezione non la fa il docente ma tutta la classe. 14 Come produrre un testo scritto Come non si scrive Il tema! Per decenni è stato il nemico di tanti studenti e l’amico intimo di tanti altri. La pagina bianca: una specie di maledizione o qualcosa che attende con ansia la nostra penna per iniziare a vivere? Comunque lo si intenda, il gesto dello scrivere un testo, tema o relazione che sia, è importantissimo e non è mai facile. Anzitutto la scrittura manuale è faticosa: i personal computer ci hanno disabituato a scrivere per cui l’attività di scrittura che dura per due o anche tre ore è stancante; occorre allenarsi, come se si trattasse di una gara atletica, per cui sarebbe utile che i compiti venissero svolti a mano e non si lasciasse tutto nella tastiera del computer. Ma che cosa è un testo scritto a scuola? Un testo non è un geroglifico: la scrittura disordinata, illeggibile, piena di cancellature è mancanza di rispetto prima di tutto per se stessi e per le cose che si hanno da dire: presentare un testo scritto male dal punto di vista grafico equivale a presentarsi a scuola con il colletto della camicia unto. Se vogliamo che il nostro testo sia valutato dal professore dobbiamo fare in modo che si capisca, che sia leggibile (niente è più irritante per un docente che non riuscire a capire cosa scrive un suo allievo per colpa della grafia). La grafia si può migliorare, anche da adulti. Un testo non è un SMS: la scrittura abbreviata può andare bene per i messaggini telefonici e le mail, ma in un testo scolastico non possiamo scrivere “Xchè”, “TVTTB”, ecc.. La lingua italiana ha un suo codice e determinate regole che occorre rispettare; e anche il professore di chimica può e deve correggere gli errori di grammatica e di sintassi, perché l’italiano è la lingua che utilizziamo in tutte le materie per comunicare e per imparare. Inoltre ricordiamo che per ora la lettera “k” non è entrata a far parte della lingua italiana, perciò scrivere “ke” è un errore. Un testo non è un romanzo: il dono della sintesi è importante per poter produrre testi che non siano troppo lunghi ma al contempo dicano tutto ciò che c’è da dire a proposito dell’argomento trattato; occorre sforzarsi anche di scrivere capoversi brevi ma non necessariamente brevissimi; ci aiuta in questo per esempio l’uso del punto e virgola che ci permette di spezzare un pensiero senza necessariamente andare “a capo”. 15 III. Come produrre un testo scritto Un testo non è un diario: la scrittura personale è una cosa, la scrittura pubblica è un’altra questione. Questo significa che occorre usare i termini e le espressioni che siano adatte al tipo di testo richiesto; sul nostro diario personale possiamo usare tutte le espressioni possibili ma se scriviamo una relazione di scienze dovremo usare il codice scientifico, se scriviamo un testo argomentativo dovremo seguire le regole dell’argomentazione ecc.. Un testo non è (solo) la propria opinione: se scrivo che i gatti abbaiano non sto sostenendo una mia opinione, sto dicendo una sciocchezza, e non posso pretendere che l’errore non sia sottolineato dal docente; occorre imparare quella che è (o dovrebbe essere) la prima regola dei giornalisti: i fatti devono essere distinti dalle opinioni, e se un professore ha il dovere di rispettare le nostre opinioni ha anche quello di correggerci se esponiamo un fatto in modo errato. Domande per scaldare i motori III. Come produrre un testo scritto Che cosa voglio dire in questo testo? La prima domanda da porsi è come sempre quella che sembra più scontata, ma non è affatto così. A volte si inizia un tema sull’Infinto di Leopardi e si finisce a parlare del proprio gatto; le divagazioni, cioè gli spostamenti da un argomento all’altro, sono fastidiose e fanno anche pensare che non si conosca l’argomento di cui si sta parlando. Occorre allora allenarsi a centrare il bersaglio, e questo è possibile soprattutto nei questionari a domande aperte (cioè non quelli a crocette): in quel caso la domanda ci traccia la strada e dobbiamo seguirla fino in fondo ma non uscirne. Se la domanda è “parla della fotosintesi clorofilliana” dobbiamo parlare solo di questo dicendo tutto quello che sappiamo, ma unicamente su quel tema. A chi lo devo dire e perché? Sembra ovvio che il tema lo scrivo per il professore. Ma è del tutto vero? In realtà sto scrivendo anche per me stesso, per autovalutarmi, per capire se ho realmente capito quello che ho studiato. Certo, il testo dovrà leggerlo il docente e dunque dovrò sforzarmi di scrivere in modo leggibile; ma può essere anche utile pensare che il testo sia letto da qualcuno che non conosce l’argomento: è un ottimo esercizio per insegnarci a definire sempre i termini che introduciamo. Quali basi sostengono il mio testo? Ho scritto nel tema che la pena di morte è applicata in Cina e negli Stati Uniti. Dove l’ho scoperto? Ogni affermazione va argomentata, possibilmente citando le fonti dalla quale l’ho tratta. Anche qui occorre distinguere tra i fatti e le opinioni: se scrivo che l’Inter è la mia squadra preferita non occorre argomentare nulla, ma se dico che negli ultimi due anni l’Inter ha segnato più goal del Milan devo sempre citare la fonte (e prima di tutto essere del tutto sicuro di quello che scrivo, dunque controllare). Quali sono le differenti posizioni sull’argomento? Abbiamo detto che la pena di morte è applicata in Cina e negli USA. Ci saranno posizioni che sostengono questa scelta e posizioni che la contestano; occorre presentarle entrambe, in modo il più possibile “neutrale” e soprattutto stando molto attenti a dare spazio alla posizione che non condividiamo (è umano essere tentati di sottovalutare le ragioni di chi non la pensa come noi: umano ma scorretto); anche qui occorre cercare di elencare le fonti dalle quali provengono le nostre informazioni. Quali sono le mie idee personali sull’argomento? Adesso, e solo adesso, possiamo esprimere la nostra opinione. Che un adolescente abbia proprie idee su argomenti anche scottanti e attuali è un’ottima cosa e la scuola lo apprezza; solo che, mentre in una discussione 16 tra amici ognuno può dire tranquillamente ciò che pensa, a scuola, in un testo scritto, chi scrive deve prima dimostrare di conoscere a fondo l’argomento e solo successivamente esprimersi. Il che vuol dire che dobbiamo dimostrare di avere considerato tutti i lati della questione e poi dire per quale motivo ne scegliamo uno e sosteniamo le sue (e nostre) ragioni “Cosa”, “persona”, “fatto”, “gente”: tutti termini che giustamente i professori non vogliono incontrare nei testi scritti. La lingua italiana per fortuna è ricchissima e ci permette di utilizzare i sinonimi per arricchire le nostre produzioni scritte. Un testo simile al seguente: “Il ragazzo incontrò altri ragazzi; come tutti i ragazzi parlarono di ragazze, e il ragazzo disse che aveva visto poco prima una ragazza molto carina accompagnata dal suo ragazzo” non è ammissibile dalla penna di uno studente (da un ragazzo!) di scuola secondaria. E’ forse una esagerazione ma spesso testi del genere vengono prodotti: allora il dizionario dei sinonimi e dei contrari ci può aiutare soprattutto nell’abitudine di cercare parole alternative a quelle che usiamo sempre; anche se non bisogna esagerare nell’originalità; per esempio la parola “fanciullo” è un termine del tutto antiquato e non avrebbe molto senso in un testo scolastico. L’aiuto che il dizionario dei sinonimi e dei contrari ci offre non è solamente nel cercare il sinonimo per una determinata parola ma nell’allenarci a non fermarci al primo termine che ci viene in mente, andando alla ricerca di altri modi per esprimerci. Le cose da fare Passiamo alla scrittura vera e propria. Quando si scrive un testo la prima cosa da fare è introdurre il discorso: iniziare a scrivere in modo troppo diretto rischia di produrre un testo troppo brusco, ma anche le lunghe introduzioni hanno un difetto, quello di far pensare che non sappiamo che cosa dire. Occorre allora una breve introduzione: se dobbiamo commentare una poesia parliamo rapidamente dell’autore e del suo tempo, se dobbiamo scrivere una relazione su un esperimento descriviamo le premesse ecc. Pensiamo cioè di far entrare gradualmente il lettore dentro il nostro discorso, senza però rischiare di farlo perdere. Spesso si può introdurre un testo con quello che tecnicamente si chiama “esergo” cioè un brano di una poesia, di una canzone, di un racconto che ci serve per creare l’atmosfera, per far intuire da che parte vogliamo condurre il lettore. 17 III. Come produrre un testo scritto Un attrezzo del lavoro: il dizionario dei sinonimi e dei contrari Ogni affermazione che facciamo nel nostro scritto deve essere giustificata e spiegata. Saper argomentare è forse l’aspetto più importante per produrre un buon lavoro. Ciò significa spiegare sempre i termini che introduciamo, presentare le cause e gli effetti dei fenomeni che descriviamo, rivolgersi al lettore come se quest’ultimo non sapesse nulla dell’argomento e noi dovessimo condurlo per mano per farglielo capire. III. Come produrre un testo scritto Un aspetto del testo scritto è la capacità di descrivere l’oggetto di cui stiamo parlando; una buona descrizione deve sapere mostrare un oggetto anche a chi non l’ha mai visto; qui le parole sono un sostituto della telecamera o della macchina fotografica. Cerchiamo di non dare mai nulla per scontato, di descrivere sinteticamente ogni parte dell’oggetto, ogni fase del fenomeno, ogni aspetto dell’idea che stiamo presentando. Scendiamo nei particolari quando è necessario e rispondiamo alle domande più semplici ma molto importanti: “come è fatto?” “a che cosa serve?” “come funziona?” “che origini ha?”. Soprattutto stiamo attenti a non cadere in uno degli errori più comuni, cioè di usare una parola per descrivere la parola stessa, un concetto per descrivere il concetto medesimo per esempio scrivendo “il tramonto è quando il sole tramonta” o “la lealtà è la caratteristica delle persone leali” Molto spesso la traccia che il docente ci fornisce ci chiede di confrontare due o più oggetti, idee ecc. E molto spesso gli studenti ai quali si chiede di confrontare per esempio una rosa con un garofano, prima descrivono la rosa, poi il garofano ma non operano un confronto; occorre certo descrivere separatamente i due oggetti ma poi è necessario dire per esempio che la rosa è più profumata del garofano, che i petali del secondo sono più piccoli, che la prima è diffusa in certe aree geografiche e la seconda in altre. Operare un confronto significa usare frasi che comprendono espressioni del tipo: “più di…” “meno di-…” “uguale a…” ecc… Abbiamo detto sopra che solo dopo avere esposto in modo oggettivo i fatti possiamo fornire la nostra opinione: questo significa criticare, una parola che non ha significato negativo (una critica di un film può essere molto positiva) ma si riferisce appunto al fatto che, sulla base delle descrizioni e dei confronti prima operati, posso dare un mio parere. Dunque ora potrò dire che preferisco la rosa al garofano perché è più profumata: il mio giudizio si basa su un dato oggettivo che ho appena dimostrato e dunque è un giudizio più forte e più saldo, anche se ovviamente il mio compagno di banco può usare gli stessi dati per fornire il giudizio opposto: proprio perché è più profumata del garofano a lui la rosa non piace perché i profumi forti gli danno fastidio. Spesso i testi scritti finiscono improvvisamente, come se a chi scrive fosse caduta di mano la penna. Occorre invece imparare a concludere cioè a tirare le somme, magari ricapitolando brevissimamente quanto si è scritto e trovando il modo per dire l’ultima parola, l’ultimo commento o parere personale. Ricordiamoci sempre che le prime e le ultime righe di uno scritto sono quelle che rimangono maggiormente in mente a chi legge, per cui occorre mettere molta attenzione nell’introduzione e nella conclusione. Anche in questo caso è possibile riportare un breve brano letterario o frase di canzone come nel caso dell’introduzione, per concludere in modo un po’ poetico e brillante. 18 Come preparare e sostenere una verifica Come non si prepara una verifica La prima cosa da evitare quando ci si prepara per una verifica è pensare di risparmiare tempo; le scorciatoie non servono mai a nulla, nemmeno a passare il singolo esame, perché solo ciò che si è realmente appreso in modo serio e critico riesce ad essere ricordato e richiamato alla mente nel momento dell’esame o della verifica, quando si è emozionati, il tempo sembra sempre insufficiente, la memoria rischia di tradire. La tentazione di copiare esiste probabilmente da quando è stata inventata la scuola; questo non significa che copiare sia giusto o sensato, ma occorre comunque stabilire alcune differenze. Che un ragazzo durante una verifica tenga un libro sotto il banco per sentirsi sicuro durante la verifica, che addirittura sbirci per cercare una data o un nome che al momento sfugge alla mente, non è cosa giusta e corretta ma può anche capitare; ma le microfotocopie di interi capitoli nascosti nell’astuccio, i messaggi SMS scambiati durante la verifica, interi capitoli di libri copiati da cima a fondo: questi sono comportamenti non solo scorretti ma addirittura stupidi, e soprattutto che violano la regola fondamentale della scuola; chi mette in atto queste pratiche potrà forse strappare una squallidissima sufficienza ma non sarà mai messo di fronte ai propri limiti, compito che è il principale tra quelli che spettano alla scuola. Abbiamo provato a vedere due verifiche della quali l’una era copiata dall’altra in modo così totale che anche i nomi degli studenti erano identici: che idea ci si può fare, in questo caso, 19 IV. Come preparare e sostenere una verifica III. Come produrre un testo scritto Infine occorre compiere l’operazione che troppo spesso si dimentica, cioè rileggere. Una prima rilettura avviene quando dobbiamo riscrivere in “bella” (e consigliamo sempre sia di scrivere un testo prima in una “brutta copia” sia di consegnare al docente questa prima copia per un eventuale confronto). Una seconda rilettura dovrebbe avvenire quando la “bella copia” è terminata. Sarebbe ottima cosa lasciare passare un po’ di tempo tra la conclusione di uno scritto e l’ultima rilettura (magari anche un paio d’ore nel caso di compiti a casa) in modo da “prendere le distanze” dal proprio testo. Può essere utile rileggere ad alta voce o ovviamente far leggere il testo a un’altra persona chiedendole di farci notare i passaggi poco chiari o gli eventuali errori: in questo caso non innamoriamoci troppo del testo e cerchiamo di correggerci. Una rilettura in più non fa mai male: ricordiamoci che uno scritto è come un bambino, non basta farlo nascere, occorre anche fornirgli le giuste cure finché non starà in piedi da solo, ovvero finché non sarà in grado di affrontare il giudizio dell’insegnante. del copiatore? Copiare in questo modo è come voler giocare a calcio usando le mani: tanto vale non andare a scuola, allora. In una verifica occorre dire quello che il docente vuole sentirsi dire? A parte il fatto che non sappiamo mai che cosa l’altra persona voglia veramente e che nessun docente apprezza il modo di ripetere che si definisce “a pappagallo”, occorre capire che ripetere esattamente quello che abbiamo letto o che il professore ha spiegato è segno di un mancato studio. Ovviamente quando si tratta di formule matematiche occorre sapere a memoria quanto si è studiato, ma anche in questo caso i vari passaggi sono apprezzati dal docente se provengono da un ragionamento piuttosto che da uno studio mnemonico. Man mano che si proseguirà negli studi della secondaria di II grado sarà sempre più apprezzato lo studio critico e la capacità di rielaborare quanto studiato o quanto detto a lezione dal docente. IV. Come preparare e sostenere una verifica Domande per scaldare i motori Domani ho una verifica: la prima domanda da pormi è: a che punto del percorso viene questo esame? Prima di tutto la domanda va posta a proposito del programma: la verifica riguarda tutto il programma o solamente una parte? C’è qualcosa negli argomenti precedenti che non ho capito e che potrebbe aiutarmi a studiare meglio l’argomento attuale? Poi dobbiamo ben capire a che punto dell’anno scolastico ci troviamo: è la prima verifica? E’ la terza? Siamo in prossimità degli scrutini? E’ l’ultima verifica di giugno? E cosa ci giochiamo? Il debito? Il “nove”? Chiarire questo punto può aiutarci a iniziare lo studio in modo più sereno. Sempre sulla scia della storia passata occorre poi chiedersi: come sono andati gli esami precedenti? Sono stati sufficienti o insufficienti? Quali difficoltà abbiamo incontrato? Possiamo prevedere che questa verifica sarà più facile o più difficile? Che cosa è cambiato da allora? Se sono stato interrogato a ottobre, magari fino ad oggi (17 gennaio!) non ho più aperto il libro confidando sulla fortuna; oppure ho sempre studiato in maniera magari superficiale; o ancora sono sempre stato preparato perché c’era la possibilità di una verifica a sorpresa. Non si tratta di sentirsi in colpa se non si apre il libro da tre mesi ma di capire che questo fatto renderà la preparazione per l’esame o la verifica un po’ (molto) più difficile, anche se non impossibile. E’ necessario chiedere sempre al docente quali sono stati i propri errori e i propri punti deboli quando ci viene restituita una verifica o ci viene assegnato un voto, così da poter rispondere a queste domande la volta successiva. Che cosa voglio imparare? E’ evidente che nessun esame ci troverà preparati al 100%, ci sarà sempre, per quanto potremo studiare, una zona d’ombra, un piccolo buco nero, la domanda che non prevedevamo, l’argomento che non riusciamo a digerire: occorre allora capire, tra i tanti argomenti e sottoargomenti da studiare, quale sia indispensabile conoscere al 100%, quale al 90%, quale al 75%: si tratta già di uno studio critico. Ricordiamo che un nostro amico studiò a memoria per una interrogazione di chimica i lunghissimi nomi di venti molecole, ma non ricordò la definizione di molecola; prese una grave insufficienza, resa ancora più grave dal fatto che, pur essendosi impegnato moltissimo aveva speso il suo 20 tempo e i suoi sforzi nella direzione sbagliata (per questo motivo spesso i professori rifiutano la giustificazione “Ma io mi sono impegnato” di fronte a una valutazione negativa). Quale voto voglio prendere? Anche questa domanda mostra la maturità dello studente; la capacità di autovalutarsi non vuole assolutamente significare che vogliamo sostituirci al professore nel dare i voti ma che sempre più, crescendo, riusciamo ad essere i giudici di noi stessi, come il campione che sa benissimo di avere commesso una infrazione prima che l’arbitro fischi (e anche se non dovesse fischiare). Occorre allora essere del tutto onesti: quale voto riuscirò a prendere domani? E una volta ottenuto il voto, se dovesse essere più basso di quanto abbiamo pensato, prima di contestare il docente pensiamo un attimo ai motivi che ci hanno portato a immaginare un certo risultato; e se dovesse essere più alto del previsto, proviamo ad avere un po’ più di autostima. Mi emozionerò? Avrò paura? In tutte le situazioni nelle quali siamo in qualche modo messi alla prova, la cosa peggiore non è avere paura ma pensare di essere al di sopra delle emozioni. E’ ovvio che un esame particolarmente importante, una verifica in una disciplina che magari non è proprio il nostro forte, l’interrogazione decisiva per ottenere la sufficienza finale sono tutte situazioni che possono causare tensione nervosa ed emozione. Non bisogna avere paura delle emozioni ma imparare ad affrontarle: può darsi che un insegnante piuttosto severo ci incuta timore, in questo non c’è assolutamente nulla di cui vergognarsi; la cosa realmente importante è cercare di abbassare la tensione, rilassandosi prima della lezione, parlando con qualche amico, pensando ad altro. Un esercizio utile potrebbe essere ripensare a una verifica precedente che sia andata bene o comunque a una situazione nella quale ci siamo sentiti messi alla prova (anche nel campo sportivo, per esempio) e poi abbiamo superato l’ostacolo. Ma non possiamo mai tagliare via le emozioni dalla nostra vita: esse fanno parte di noi, anche quelle negative, e la paura delle verifiche può essere controllata ma, se non è così forte da diventare paralizzante, può addirittura essere lo stimolo a fare sempre meglio. 21 IV. Come preparare e sostenere una verifica Quali sono i miei punti deboli? E i miei punti forti? Questa domanda richiede molta onestà e una grande capacità di autocritica: cosa mi viene meglio e cosa peggio? Per esempio; vado meglio nello scritto o nell’orale? E’ evidente che sapendolo affronterò la verifica con uno stato d’animo diverso se si tratta di un mio punto di forza o di debolezza: ricordiamo che qualunque genio ha i suoi punti deboli e che anche chi sta passando il momento peggiore a scuola ha le sue carte da giocare. Per quanto riguarda poi la verifica specifica di domani: che cosa so bene, che cosa so in parte, che cosa non mi resta in mente? E’ come per una gara atletica: se so che un certo gesto tecnico è il mio forte lo affronterò con decisione e serenità, se so che sono debole in un’altra caratteristica, quando mi si presenterà l’occasione la affronterò con concentrazione maggiore perché saprò che maggiore è la possibilità di sbagliare. Se abbiamo risposto onestamente a questa domanda, siamo allora pronti per la domanda successiva: Un attrezzo del lavoro: il registratore Registrare la propria voce mentre si ripete la lezione è un esercizio utile ovviamente per preparare le verifiche orali. Riascoltarsi significa anzitutto capire se si stanno ripetendo le nozioni in modo corretto (e dunque ci si registra a libro chiuso e ci si riascolta aprendo il libro e verificando la correttezza di quanto si è detto). Ma questo strumento serve soprattutto per migliorare la forma della propria esposizione orale, che è importante almeno quanto il contenuto. Dunque, riascoltando la propria voce occorre farsi domande relative al modo di esporre. Le frasi sono per caso troppo lunghe al punto che si rischia di perdere il filo? O magari sono troppo brevi così che l’esposizione rischia di sembrare “a scatti”, senza un discorso coerente? Ci sono pause troppo lunghe? Ci sono elementi del discorso che fanno pensare al fatto che stiamo prendendo tempo perché non sappiamo cosa rispondere (“cioè”, “praticamente”, “ehm”…); la voce è sufficientemente alta? E’ un esercizio che spesso viene svolto dagli attori, soprattutto quelli giovani e all’inizio della loro carriera; il registratore infatti ci restituisce la nostra voce come se fosse estranea (e spesso infatti non ci piace sentirla) e ci aiuta a distaccarci da noi stessi per trovare meglio i nostri errori. IV. Come preparare e sostenere una verifica Le cose da fare Sembrerà una banalità, ma la prima cosa da fare per preparare una verifica è studiare; il percorso della scuola secondaria è lungo e difficile, e le scorciatoie, le copiature o i colpi di fortuna possono salvare una interrogazione ma alla lunga si pagano. L’edificio della scuola secondaria si costruisce piano per piano e troppo spesso ragazzi che nel biennio avevano studiacchiato si sono ritrovati poi nel triennio privi delle basi necessarie per poter continuare proficuamente gli studi Nel caso si stia sostenendo un esame orale la prima cosa da fare è ascoltare le domande poste dal docente: troppo spesso infatti gli studenti non rispondono alla domanda posta loro ma a quello che credono che il docente abbia chiesto, forse perché sono convinti che quel determinato insegnante chieda “sempre le stesse cose” o solo perché l’emozione non permette loro di concentrarsi sulla domanda. Una verifica orale non è un gioco a quiz, per cui dopo che il docente ha posto la domanda ci si può prendere il tempo di qualche secondo per ripetersela mentalmente cercando di capire che cosa esattamente il professore vuole sapere. La correttezza espositiva è ovviamente fondamentale: sbagliare un congiuntivo in una verifica orale di fisica è un errore grave perché la lingua italiana è il veicolo che noi usiamo per tutte le discipline, ed è sciocco dire al docente di fisica che lui non deve correggere gli errori di italiano! Essere corretti quando si espone significa anzitutto definire i termini del discorso (quando si parla di cellula per la prima volta è opportuno definire che cosa sia la cellula) cercando di essere particolareggiati ma non pedanti (in una interrogazione di letteratura ha senso dire “Alessandro Manzoni”, non “il letterato comasco Manzoni autore dei Promessi Sposi”); ogni disciplina ha di volta in volta, man mano che la si approfondisce, elementi che devono essere definiti e altri che devono essere dati per scontati. 22 Per quello che riguarda l’esame scritto, anche qui (anzi: soprattutto qui) occorre saper leggere le domande in modo da analizzarle capendo che cosa realmente ci viene chiesto; se la domanda è “Nella battaglia di Austerlitz Napoleone utilizzò una particolare strategia militare: illustratela”, una risposta che utilizza dieci righe su quindici a parlare dei preparativi della battaglia e del suo esito è una risposta insufficiente, perché il fulcro della domanda riguarda la strategia di Napoleone: occorrerà certo introdurre la battaglia ma poi concentrarsi sul punto specifico. In questo senso le risposte alle domande di un compito scritto devono essere anzitutto risposte pertinenti, ossia devono essere come frecce che vanno a colpire il centro del bersaglio (la domanda) senza perdere tempo in periferia; poi devono essere risposte complete perché se la domanda ci chiede quali sono le 7 classi spettrali delle stelle dobbiamo elencarne proprio 7 (attenzione: è ovvio che è preferibile una risposta che ne elenchi 6 piuttosto che una non-risposta; e in questo caso, come nel caso dell’esame orale, quando non si conosce una risposta o una parte della risposta è molto più corretto e più apprezzato dai docenti ammetterlo immediatamente piuttosto che arrampicarsi sugli specchi!). Infine, ovviamente, devono essere risposte corrette dal punto di vista grammaticale e sintattico (occorre rendersi conto che la risposta “Napoleone ha vinto a Waterloo” e la risposta “Napoleone a perso a Waterloo” sono entrambe gravemente errate, sia pure a diverso titolo e in diverso modo). Sono sempre molto apprezzate dai docenti le risposte che hanno il coraggio di esporre opinioni personali, anche differenti da quelle dei professori, ma occorre sempre tenere presenti almeno alcune regole: le parti personali delle risposte (le opinioni) devono essere distinte dall’esposizione dei fatti; le opinioni vanno sempre motivate e argomentate, come abbiamo scritto sopra; occorre sempre essere “sobri” nell’esprimere il proprio pensiero, perché formulare il proprio pensiero non è la stessa cosa che fare il tifo allo stadio. 23 IV. Come preparare e sostenere una verifica E’ importante anche nell’esposizione orale saper introdurre il discorso in modo magari da collegarsi con la risposta a una domanda precedente e soprattutto sapere concludere il discorso perché molto spesso le risposte dei ragazzi si interrompono improvvisamente e sembrano monche, come se fossero state studiate a memoria (anche se è ovvio che una definizione scientifica va studiata mnemonicamente). I docenti apprezzano particolarmente la capacità di argomentare dimostrata dai ragazzi; ma che cosa vuole dire argomentare? Facciamo un esempio: se io dico che preferisco l’Inter al Milan non sono tenuto a dimostrare proprio nulla perché sto parlando di una mia emozione e di una mia passione, ma se dico che quest’anno l’Inter è più forte del Milan sono tenuto a dimostrarlo, confrontando le tattiche, analizzando i giocatori ruolo per ruolo, rileggendo i risultati e la classifica ecc.. Un conto è parlare dei nostri gusti, un altro è presentare una situazione così come si presenta oggettivamente, e in questo caso occorre sapere dimostrare tutto quello che si sta dicendo. Infine, è soprattutto nella verifica orale che occorre sapere gestire l’emozione, abituandosi non solo alla interrogazione dal banco, più rassicurante, ma soprattutto a quella alla cattedra o alla lavagna, che ci espone davanti a tutta la classe e che sarà sempre più il modello di verifica orale che incontreremo, fino all’esame di maturità. IV. Come preparare e sostenere una verifica La gestione dell’emozione è estremamente importante anche per quello che riguarda l’esame scritto, e in questo caso la si può tenere a bada attraverso una attività che troppo spesso viene trascurata da chi affronta una verifica scritta, cioè la gestione del tempo: molto spesso, in una verifica composta da 6 domande alle quali rispondere in un’ora, capita di utilizzare 40 minuti per la prima risposta e poi scoprire che restano solamente 20 minuti per le altre 5 e per rileggere o addirittura trascrivere in bella copia. L’orologio è allora il nostro migliore alleato: non basta certamente suddividere matematicamente il numero dei minuti per il numero delle domande: se sappiamo già che la domanda numero 3 è per noi particolarmente difficoltosa, possiamo tranquillamente prevedere qualche minuto in più. Ma la cosa importante è essere severissimi con se stessi e quando il tempo per la risposta sta per scadere occorre imparare a chiudere. La stessa cosa vale per il calcolo del tempo che ci vorrà per trascrivere un tema in bella copia: calcolare i tempi serve per rassicurare e per far sembrare il compito un po’ meno difficile. Come fare una ricerca V. Come fare una ricerc Come non si fa una ricerca Una ricerca è (o dovrebbe essere) un approfondimento personale di un argomento, condotto su materiale non scolastico e dunque non sui libri di testo utilizzati a scuola. Le ricerche più interessanti sono quelle che prevedono di effettuare interviste, fotografie, disegni dal vero, analisi di materiali di archivio ecc.. Ma vi sono anche ricerche apparentemente più semplici che ci mettono di fronte ad approfondimenti di argomenti specifici (la cellula, la storia della battaglia di Stalingrado) e che purtroppo spesso danno origine a risultati decisamente scadenti. Uso e abuso di internet Il web è un grande archivio, ma può anche trasformarsi in una grande discarica. Se utilizziamo Internet per sostituirlo al lavoro di ricerca (per capirci: se ci limitiamo a un taglia-e-incolla o se scriviamo un appello su Yahoo Answers promettendo 10 punti a chi svolge la ricerca per noi!) forse possiamo anche farla franca ma certamente non impariamo nulla. Se impariamo invece a cercare nei siti specifici, a navigare in modo intelligente, non solo impareremo qualcosa a proposito dell’oggetto della ricerca ma anche a proposito del web e delle sue risorse. Impareremo che esistono siti generali, siti specifici, siti amatoriali e siti per specialisti, e capiremo quali tra questi sono realmente utili per il nostro compito. Anche il web però ha i suoi limiti. Ci si potrebbe chiedere: “Se posso usare Wikipedia perché mai dovrei usare un dizionario?”. La risposta è ovvia: perché il dizionario insegna a cercare le parole utilizzando l’ordine alfabetico, una competenza molto importante e per nulla scontata, come abbiamo già detto sopra. 24 Uso e abuso della biblioteca “Mi dia qualcosa sulla storia greca”. Anche la biblioteca è uno strumento che occorre sapere usare se non vogliamo che la nostra ricerca sia solamente una copiatura, magari fatta in gruppo, con una persona che detta e gli altri che scrivono. Recarsi in biblioteca per una ricerca significa anzitutto imparare a orientarsi tra gli scaffali per comprendere come sono disposti i libri e dove cercare ciò che ci serve; inizialmente il personale della biblioteca può aiutarci in questo compito. E’ però ovvio che una ricerca seria non verrà mai svolta utilizzando una sola fonte, per cui occorrerà cercare differenti testi e saperli confrontare. Sarà anche opportuno evitare il più possibile di usare le enciclopedie, o almeno non farne l’unica fonte per la nostra ricerca. Se per esporre la nostra ricerca scegliamo di avvalerci di slides occorrerà che queste non siano semplicemente delle diapositive piene di testo da leggere ad alta voce ma contengano qualche immagine ed eventualmente una breve sintesi di un discorso che poi dovremo fare a voce (altrimenti faremo sorgere il dubbio che stiamo utilizzando le slides semplicemente come sostituto della nostra memoria o addirittura della nostra preparazione). Uso e abuso delle interviste Anche le interviste possono essere molto utili per una ricerca. Occorre però anzitutto scegliere con attenzione i destinatari delle interviste (chi ha senso intervistare per l’argomento che intendiamo trattare?), poi la metodologia da utilizzare (scegliamo interviste orali o scritte?). Le domande delle interviste dovranno essere brevi e chiare, non eccessivamente numerose; potrebbe essere utile anche fornire all’intervistato un determinato tempo o spazio massimo per le risposte in modo da non avere testi troppo lunghi e dispersivi. Che cosa ce ne facciamo delle interviste? Non ha senso trascriverle integralmente e limitarsi a questa operazione: occorre commentarle, magari raggruppando in più capitoli i diversi argomenti trattati, ad esempio confrontando come le diverse persone intervistate hanno risposto alla prima domanda ecc.. E infine occorre sempre trarre conclusioni dalle interviste, in modo da rendere chiaro il motivo per cui si è scelto di impostare la nostra ricerca con questa tecnica. 25 V. Come fare una ricerca Uso e abuso delle immagini “Una immagine vale più di mille parole”. Come tutti i luoghi comuni anche questo ha la sua parte di verità ma si presta ad essere banalizzato se viene generalizzato. Certamente una ricerca può acquisire maggiore spessore culturale ed essere più completa se viene corredata da immagini; ma anzitutto queste ultime devono essere contestualizzate e commentate, perché non basta semplicemente presentarle o incollarle nel testo della ricerca. Possiamo inserire immagini suggestive che servono per illustrare con una metafora quanto stiamo dicendo anche se non è il caso di esagerare con questa tecnica che può alla lunga diventare noiosa; ma quando inseriamo grafici oppure immagini che presentano esempi relativi all’argomento che stiamo trattando, occorre sempre spiegare di che cosa si tratta e qual è il rapporto dell’immagine con il testo. In questo caso è allora necessario che ogni immagine abbia una didascalia, ovvero una breve scritta descrittiva o esplicativa. Domande per scaldare i motori Qual è l’argomento della ricerca? Può darsi che l’argomento sia stato assegnato dal docente, ma se lo dobbiamo scegliere noi, occorre limitarsi. Una ricerca che abbia come oggetto “L’Impero romano” o “Il mondo dei mammiferi” non ha alcun senso perché l’argomento è incredibilmente ampio. Occorre scegliere un argomento che sia sufficientemente limitato da poterlo affrontare nel breve spazio di una ricerca scolastica. Il tema della ricerca poi deve ovviamente avere qualcosa a che fare con il programma della disciplina al quale si riferisce. In caso di un argomento assegnato dall’insegnante occorre, prima di iniziare a lavorarci, capire esattamente che cosa ci viene chiesto, analizzando la traccia come per un tema scritto. Non è detto che l’argomento della ricerca sia qualcosa che ci appassiona (anche se nel caso fosse una nostra scelta, un minimo interesse sarebbe ovvio), ma comunque possiamo chiederci quali spunti di interesse vi troviamo, in modo da svolgere la ricerca con la passione e la voglia necessarie. V. Come fare una ricerca Quanto tempo ho a disposizione? A costo di apparire noioso torniamo ad affrontare il problema del tempo: se dovrò consegnare la ricerca domani avrò ovviamente meno possibilità di svolgere un lavoro approfondito come se avessi un’ intera settimana a disposizione. Ho il tempo per recarmi in biblioteca? Per leggere parte di un libro? Per vedere un film? Dobbiamo imparare per prima cosa a selezionare le fonti per la nostra ricerca in modo coerente con il tempo a disposizione per non riempirci la camera di materiali che poi potremo analizzare solo con uno sguardo perché le scadenze saranno diventate troppo pressanti. Che cosa so dell’argomento? Può darsi che la mia ricerca riguardi un tema del tutto nuovo per me, ma potrebbe invece accadere che io debba ricercare informazioni su un tema attorno al quale possiedo già qualche informazione. Quali sono allora le conoscenze che possiedo? Sono approfondite? Possono tornarmi utili? Che cosa non so dell’argomento? Quali sono le lacune della mia conoscenza? Come posso approfondirle? Solo sulla base della risposta a queste due domande posso passare alla domanda fondamentale: di quale materiale necessito? Mi servono testi scritti, testimonianze orali, materiale multimediale? Quale tra questi materiali è maggiormente utile per l’argomento della ricerca, quale posso procurarmi facilmente, quale sarò in grado poi di analizzare? E infine: dove trovo il materiale? Sono in grado di procurarmelo in tempo utile? Saper rispondere in modo preciso a tutte queste domande significa avere già svolto il 50% del lavoro di ricerca senza avere ancora scritto neppure una riga. Un attrezzo del lavoro: il Personal Computer Il PC è indubbiamente un utilissimo strumento di lavoro; un programma di videoscrittura aiuta ad essere veloci, un database permette di archiviare e ordinare i dati in modo rapido 26 ed efficace. Indubbiamente una ricerca scritta con il computer risulta ordinata e appare più precisa; occorre però sempre ricordare che se la forma è importante lo è anche il contenuto. Concentrarsi unicamente sull’aspetto esteriore della ricerca rischia di essere una trappola. Ovviamente la multimedialità permette di sbizzarrirsi a proposito della forma della nostra ricerca, che può essere un montaggio di immagini, un video, un testo animato. La cosa più importante è non fossilizzarsi su un unico modo di presentare le proprie ricerche cercando invece ogni volta di rinnovarsi e di sperimentare linguaggi nuovi. Se si è svolta una ricerca utilizzando prevalentemente un programma di archiviazione e catalogazione di dati, la volta successiva si potrà realizzare un lavoro che affianchi immagini, testo e musica, in modo che la nostra attività di ricerca ci porti anche a imparare nuove metodologie. Impariamo anche però a non escludere del tutto l’uso di carta e penna; per esempio quando si realizzano interviste o quando si prendono appunti durante la visita a un determinato luogo. Occorre dunque sempre tenere presente che la multimedialità ci ha soprattutto insegnato a sviluppare la nostra fantasia mescolando i linguaggi: ma per raggiungere questo scopo occorre saper usare molto bene il computer, perché in caso contrario una ricerca realizzata con il PC potrebbe essere più noiosa, scarsamente creativa e inefficace di una pagina scritta in modo intelligente e creativo con la vecchia penna biro. Analizzare il materiale. Diamo per scontata la prima fase, quella del reperimento del materiale, perché ne abbiamo già parlato sopra: è allora giunto il momento di analizzare il materiale che abbiamo raccolto. Anzitutto: è sufficiente? Oppure è eccessivo? Forse ci sono doppioni da eliminare, per ridurre un po’ la mole. Potrebbe poi essere utile suddividere il materiale in categorie. Se abbiamo svolto interviste sulla pena di morte iniziamo a crearci tre categorie: “favorevoli”, “contrari” “incerti”. Se abbiamo raccolto dati sull’inquinamento della nostra città suddividiamoli per zone. Se abbiamo differenti foto di opere d’arte scegliamo di catalogarle per epoca, per autore, per tecnica ecc. Una buona suddivisione del materiale è un passo importantissimo, al quale segue l’analisi vera e propria: come leggiamo le interviste? Come analizziamo le immagini? Che cosa ci interessa di un grafico, di un video, di una canzone? Assemblare il materiale. Ora si tratta di “mettere insieme” fisicamente la nostra ricerca. Dobbiamo decidere quale forma darle, quanto deve essere lunga, di quanti capitoli, immagini, riprese, videate deve essere composta. E’ un vero e proprio lavoro di regia, che deve riuscire a “far parlare” il materiale che abbiamo selezionato. Ricordiamoci infatti che non esistono dati che “parlano” da soli ma che la modalità di presentazione scelta è determinante per la chiarezza dell’esposizione. A proposito di esposizione: è ovviamente opportuno preparare una esposizione orale del nostro lavoro, qualunque sia il tipo di presentazione anche multimediale che abbiamo scelto. Ricordiamoci anche che un’alternanza di immagini e testo può rendere interessante una ricerca ma anche che utilizzare troppi diversi “codici” (scrittura, immagine, grafici, video) può far perdere il filo a chi ci sta seguendo. 27 V. Come fare una ricerca Le cose da fare Citare il materiale. Non possiamo mai commettere la disonestà di far passare per nostre parole altrui. Occorre sempre attribuire il materiale che stiamo analizzando alla fonte precisa dalla quale lo abbiamo tratto. Questo è l’aspetto forse più importante di una buona ricerca. Occorre imparare a citare con assoluta precisione: che si tratti di una frase da un libro (Paolo Rossi, “Il gioco del pallone”, edizioni Sfera di cuoi, Vicenza, 1999 pag. 13), di una scena da un film (Profondo rosso, regia di Dario Argento, 1978) di una canzone (Fabrizio de Andrè, “Fiume Sand Creek”; dall’album “De Andrè”, 1979), di una frase che ci è stata detta in privato (Giovanni Rossi, intervista privata), di un sito internet (da citare completamente, soprattutto quando si tratta di una determinata pagina). L’assoluta precisione nelle citazioni è indice di un lavoro di ricerca corretto e preciso. Ricordiamoci la regola fondamentale: tutto ciò che mettiamo tra virgolette è parola di qualcun altro e occorre citare la fonte, tutto ciò che appare fuori dalle virgolette è opera nostra. V. Come godersi la scuola Criticare il materiale. Anche nel caso della ricerca vale la regola “fatti distinti dalle opinioni”. Dopo avere analizzato, assemblato e citato il materiale possiamo finalmente dire la nostra, manifestare il nostro parere, meglio ancora dando ragione o torto a uno o più tra gli autori citati e spiegando i motivi del nostro accordo o disaccordo. Le conclusioni critiche di una ricerca sono fondamentali perché fanno capire che attraverso l’attività di ricerca non abbiamo semplicemente raccolto materiale ma ci siamo formati una nostra opinione che ora può essere sostenuta con più forza proprio grazie al lavoro che abbiamo compiuto. Come godersi la scuola No, non stiamo scherzando. Alla fine di questo libretto vorremmo augurare a tutti voi di vivere la scuola secondaria di II grado come una sfida piacevole, gradevole e anche entusiasmante. La scuola ci mette alla prova, ci fa incontrare altri ragazzi, approfondisce sempre più argomenti che possono anche essere estremamente interessanti, ci aiuta a trovare la nostra strada e a capire quali siano le nostre passioni. In questo senso la scuola può anche essere “goduta”, al di là della fatica. Del resto, se la scuola secondaria di II grado vi porterà alla maggiore età e dunque all’età adulta, occorre sempre ricordare che provare piacere in ciò che si fa è uno dei modi di essere adulti. Dunque, buona sfida, buona scuola, buona avventura! 28 LO STUDIO IN TASCA Come si studia nella secondaria di secondo grado