L’età matura:
diritti di cittadinanza e anziano vitale
Riva del Garda, 5 ottobre 2001
Nadio Delai: Le due “istantanee” scattate al mondo anziano attraverso il
Rapporto di Ricerca Essere Anziano Oggi - Liberare la forza dell’età matura,
presentato questa mattina, si riferiscono per un verso, alla capacità dei senior di
generare risorse economiche, mentre dall’altro esprimono una domanda di
politiche e di servizi più idonee al loro essere anziani vitali. Il dibattito di questo
pomeriggio, attraverso le testimonianze dirette di amministratori di Enti locali,
vuole approfondire proprio questo aspetto, per comprendere se i futuri
orientamenti della politica tengono davvero conto delle differenze tra gli
“anziani vitali” e gli anziani fragili e non autosufficienti.
Il fascicolo Promuovere i servizi per l’anziano vitale, che integra il Rapporto
Essere Anziano Oggi e dal quale muoviamo per aprire questa discussione,
contiene due serie di domande, rivolte a circa cinquanta amministratori pubblici
di Regioni, Province e Comuni.
Nella prima serie, sono riportate alcune delle domande che negli ultimi due
rapporti realizzati per 50&Più Fenacom, sono state rivolte agli anziani: come vi
comportate, come consumate, di quale reddito godete, qual è il vostro stato di
salute, ecc… Quindi, ho chiesto agli amministratori di esprimersi su come, a
loro avviso, avevano risposto gli anziani, per comprendere se il modo in cui
percepiscono la condizione anziana è vicino alla realtà.
La seconda serie è composta dalle domande che ho rivolto agli amministratori:
fate politica per gli anziani vitali? Se sì, in che modo? E così via.
Citerò qualche numero, perché possiate capire meglio. Ho chiesto: per quanti
anziani il reddito familiare (non quello individuale) è inferiore a 1.700.000 lire
al mese? Dalle risposte alla stessa domanda, precedentemente rivolta agli
anziani, era emerso che solo il 31% di loro era al di sotto di quella cifra. Gli
amministratori, invece, hanno risposto che circa il 60% della popolazione
anziana percepisce un reddito inferiore al 1.700.000 lire mensili.
Quindi, c’è uno scostamento tra realtà e percezione relativamente alle condizioni
economiche degli anziani, confermata anche dal 40% di anziani che ha
dichiarato di avere un reddito familiare superiore a 2.300.000 lire nette al mese
mentre, secondo gli amministratori, soltanto il 10-11% degli anziani è di sopra
di questa soglia.
Forse questa errata percezione della realtà può essere spiegata dal fatto che, di
solito, alle porte degli amministratori bussano gli anziani bisognosi, quelli deboli
e fragili. E’ pur vero, però, che quanti si occupano di politica devono sapere che
esiste sia l’anziano vitale che quello bisognoso.
Ancora, alla domanda “quanti anziani vivono soli?”, le indagini precedenti
individuavano una percentuale del 24%, mentre per gli amministratori vive da
solo il 40-45% degli anziani. Un ultimo esempio: “quanti sono gli anziani che
chiedono una politica di promozione in grado di aiutarli a studiare, a lavorare, a
fare volontariato?”, risposta degli anziani: 9 su 10! Le risposte degli
amministratori, invece, danno percentuali molto più basse, facendo emergere
una sottovalutazione delle potenzialità e della consapevolezza dell’anziano nel
voler condurre una vita più attiva.
Oggi, allora, sarà importante sentire direttamente dagli interessati qual è in
concreto la loro esperienza, perché il gruppo di circa cinquanta amministratori
intervistati è stato generoso di dettagli circa le esperienze da loro maturate… che
ho elencato nel rapporto. Ora mi auguro che siano altrettanto generosi nella loro
esposizione, così tutti potremo trarre vantaggio dal sapere che è possibile
adottare politiche che si occupino sia degli anziani bisognosi che di quelli vitali.
Roberto Galullo: Partiamo dalle Regioni, perché si parla sempre più di un’Italia
che diventa federale, quindi di un decentramento di competenze e di funzioni. Se
questo è vero, le Regioni hanno il compito fondamentale di programmare… Qui
abbiamo i rappresentanti della Regione Piemonte, della Regione Marche e del
Veneto. Cerchiamo, quindi, di capire cosa fanno queste Amministrazioni per
andare incontro alle richieste degli anziani di essere vitali, di sentirsi ancora
utilmente coinvolti nella collettività.
Mariangela Cotto è Assessore alle Politiche Sociali della Regione Piemonte,
dove sono in corso le interessanti iniziative che ora ci illustrerà.
Mariangela Cotto: Quando ho ricevuto le deleghe da parte del Presidente della
Regione Piemonte, Enzo Ghigo, i miei collaboratori mi hanno detto: “Ricordi
che si parla sempre e soltanto di anziani non autosufficienti, ma questi sono solo
l’8%! Il 92% di essi sta bene e gode di ottima salute; allora, è necessario
condurre politiche in grado di favorire proprio la cittadinanza attiva, politiche
che sappiano far tesoro della loro esperienza”.
Abbiamo subito pensato di indirizzarci verso le attività di volontariato. La nostra
Regione, unica in Italia, ha realizzato un accordo con l’Inps grazie al quale,
quando l’Istituto invia il libretto di pensione al cittadino che lascia il lavoro,
allega anche il messaggio: “Il volontariato ha bisogno anche di te. Informati”.
Quindi, diamo gli indirizzi delle otto province piemontesi che collaborano con la
Regione Piemonte e forniscono informazioni circa le associazioni di
volontariato già esistenti e su quanto è possibile fare.
Ancora una iniziativa in collaborazione con l’Inps: consultando i loro archivi,
abbiamo individuato i pensionati residenti in Piemonte ma con un passato di
lavoro svolto all’estero; a queste persone abbiamo chiesto di andare nelle scuole
per raccontare la loro esperienza di lavoratori migranti, la loro storia di
sofferenza ma anche di grande affermazione. Ora stiamo ricevendo molte schede
di adesione, mentre le scuole hanno già dichiarato la disponibilità ad accoglierli.
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Qualche anziano, però, ci ha detto che vorrebbe un piccolo riconoscimento…
allora abbiamo approvato un disegno di legge, attualmente all’esame del
Consiglio Regionale, per favorire il servizio civile dei pensionati. E’ un disegno
di legge che offre uno strumento legislativo ai Comuni i quali, dietro ricompense
di carattere formativo, turistico o culturale, possono avvalersi dell’esperienza
degli anziani mettendola a disposizione dei più giovani, secondo un progetto che
innanzitutto coinvolge il Comune, ma che può coinvolgere tante altre
associazioni presenti sul territorio. Faccio un esempio: un Sindaco della
provincia di Asti si sta avvalendo di due giocatori di tamburello per insegnare
questo gioco ai bambini del proprio paese; compenserà i due pensionati con un
abbonamento a un quotidiano o al Teatro Regio, o magari con lo sconto su un
soggiorno marino. Queste sono iniziative concrete che vanno ad affiancarsi alle
altre - come l’Università della Terza Età - di cui il Piemonte è molto ricco.
Roberto Galullo: Questo disegno di legge, quindi, prevede un riconoscimento
non economico all’anziano che si metterà a disposizione dei Comuni.
Mariangela Cotto: Sì, anche perché un riconoscimento economico crea molti
problemi dal punto di vista fiscale, previdenziale… questa ci è sembrata una
soluzione adottabile.
Roberto Galullo: Una precisazione: tra la Regione e l’Inps, chi si incarica di
inviare all’anziano la richiesta di disponibilità per fare volontariato?
Mariangela Cotto: Chi spedisce la cartolina è l’Inps. In occasione dell’invio del
libretto di pensione, i suoi impiegati inseriscono nella busta anche la cartolina
firmata dai responsabili dell’Istituto di Previdenza, della Regione Piemonte e del
Comitato di Gestione per il Volontariato; mentre sul retro la cartolina riporta
l’indirizzo e il numero telefonico dell’Amministrazione provinciale.
Roberto Galullo: Nel vostro caso c’è una buona collaborazione tra livelli di
governo locale e istituzioni pubbliche come l’Inps.
Vi ricordo che il filo che deve unire la tavola rotonda è dato dalle “esperienze
concrete”, cioè dalle testimonianze di come stanno operando gli Enti locali per
far sentire l’anziano parte attiva nella società. Antonio De Poli è Assessore alle
Politiche Sociali della Regione Veneto.
Antonio De Poli: Già un anno fa, proprio qui a Riva del Garda, si descriveva la
terza età come risorsa e da questo presupposto noi del Veneto siamo partiti, ma
includendo anche la famiglia. Perché tanto la famiglia quanto gli anziani sono
beni preziosi di cui la società non può privarsi. Consapevoli di questo, la
settimana scorsa abbiamo inserito nel riparto dei fondi un capitolo riguardante
proprio la risorsa famiglia e la risorsa anziano. Ho detto fondi, quindi sto
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parlando di cose concrete, anche se ancora non posso dire in cosa consisterà
questa concretezza, perché costituisce il tema su cui stiamo attualmente
dibattendo. Potremmo orientarci nel turismo sociale, in situazioni di
integrazione intergenerazionale, oppure potremmo inserire gli anziani nelle
nostre aziende, perché si occupino della formazione dei giovani.
Roberto Galullo: A questo punto mi pare di dover sottolineare due cose: la
prima è l’indicazione che proviene dalla Regione Piemonte, dove l’inserimento
degli anziani e degli emigranti nelle scuole disegna un percorso di educazione
civica; la seconda, proveniente dalla Regione Veneto e altrettanto interessante,
suggerisce l’inserimento degli anziani nel mondo della produzione, disegnando
così un percorso economico-produttivo.
Una domanda, che rivolgo a entrambi gli assessori: in termini di denaro, quanto
erogate alle Province e ai Comuni per le politiche sociali? E soprattutto:
l’impegno su questo versante è crescente?
Mariangela Cotto: Sì, è crescente. Il Piemonte aveva già 187 miliardi in
bilancio, ai quali si aggiungono 65 miliardi e 800 milioni: la parte finanziaria
prevista dalla nuova legge 328.
Roberto Galullo: Che sul bilancio regionale, in percentuale, vogliono dire?
Mariangela Cotto: Poco, è la Sanità a fare la parte del leone.
Antonio De Poli: Sì, la Sanità fa la parte del leone e di questo occorre sempre
tener conto. Nella Regione Veneto, la spesa sanitaria si avvicina ai 9.000
miliardi, quella destinata alle Politiche Sociali è più o meno dell’8%, quindi di
900 miliardi circa, ai quali sono da aggiungere i 180 miliardi del fondo sociale a
cui mi riferivo poco fa. Il problema vero è quello di riuscire a raggiungere un
equilibrio su tutto il territorio nazionale, regione per regione: se sapremo farlo
potremo garantire agli anziani, da una parte, e dall’altra all’intera società, i
necessari livelli assistenziali minimi e, quindi, una migliore qualità della vita.
La discussione che vede impegnati noi assessori alle Politiche Sociali con i
colleghi della Sanità, non riguarda il denaro - che pure è molto importante - ma
la prevenzione. La strutturazione e l’organizzazione del territorio devono aver
inizio dall’individuo e dalla famiglia; il medico generico, ad esempio, deve
tornare ad essere il medico di famiglia, quello che segue concretamente la
persona sino all’eventuale ricovero in ospedale, cioè al momento finale di un
percorso.
Roberto Galullo: Grazie Assessore. Ci sono stati illustrati i percorsi di
educazione civica ed economico-produttiva che sono in fase di compimento
nelle regioni Piemonte e Veneto. Ora diamo la parola al consigliere della
Regione Marche, Umberto Trenta, che ci parlerà di un terzo possibile percorso,
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quello della crescita anche culturale dell’anziano.
Umberto Trenta: Nella Regione Marche, che conta un milione e 350 mila
abitanti, il dibattito che riguarda gli anziani è molto vivo. Prima di parlarvene,
però, devo premettere che, rappresentando l’opposizione, non posso contare su
un capitolo di spesa e su una risorsa finanziaria da destinare al mio progetto.
L’oggetto della proposta di legge che il 9 ottobre sarà discussa nel Consiglio
regionale riguarda la crescita culturale degli anziani e il modo con cui si possono
mettere a profitto le loro risorse intellettuali. Nel nostro progetto, l’anziano
costituisce il tutor che, come Università della Terza età, è inserito in un piano
interdisciplinare e internazionale di educazione culturale. Perché il disegno
possa passare alla fase di concretizzazione, la Regione Marche destinerà un
miliardo.
Immaginate un progetto di livello internazionale, con una sede, un’associazione,
una università e la collaborazione di tutor anziani che intellettualmente
opereranno per la crescita, in Europa, di individui già laureati: questo significa
che l’anziano potrà essere parte attiva di un grande processo formativo.
Noi ragioniamo in termini pratici e di bilancio: abbiamo dovuto chiedere a
fondazioni, banche, istituzioni, enti e privati la costituzione di un fondo, perché
non tutti gli anziani sono vitali e dispongono di buone risorse economiche: ve
n’è una fascia che può contare soltanto su risorse appena sufficienti al proprio
sostentamento e ha bisogno di essere finanziata.
Tutti gli anziani, però, per non essere emarginati dal sistema sociale, debbono
riappropriarsi dei diritti che competono loro. Ed è per questo che le associazioni
di categoria come 50&Più Fenacom sono importanti: esse rappresentano un
grande numero di cittadini anziani e quindi dispongono del valore contrattuale
che potrà introdurre la terza età in progetti come quello che ho appena citato.
Chiederò a 50&Più Fenacom di entrare nei dettagli di questa proposta di legge
che, mi auguro, in tutti i Consigli Regionali d’Italia possa presto diventare testo
unico di una legge più vasta.
Roberto Galullo: Passiamo ora dalle Regioni ai Comuni, cioè ad un livello più
vicino ai cittadini perché, al di là di ogni nuovo disegno costituzionale dello
Stato - federalismo regionale o quant’altro - il cittadino, soprattutto nei piccoli
centri che rappresentano il 70% del territorio italiano, ha rapporti diretti con il
Sindaco. Abbiamo qui gli amministratori di alcuni Comuni, cerchiamo di capire
da loro quali sono le politiche che hanno adottato o che intendono adottare per
far sì che il cittadino anziano sia una parte attiva.
La prima a prendere la parola è Maria Letizia De Torre, Assessore alle Politiche
Sociali del Comune di Trento alla quale, oltre a chiedere quali politiche mette in
campo la sua amministrazione, chiederei anche di togliermi una curiosità: la
Provincia - nel suo caso, quella di Trento - costituisce un ostacolo al vostro
lavoro o il pungolo che vi spinge a un maggiore impegno?
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Maria Letizia De Torre: Come lei ha detto, nei piccoli Comuni ci si rivolge al
Sindaco per ogni cosa. Questo ha un preciso significato: vuol dire che è proprio
nei Comuni che si può costruire qualcosa di diverso da quanto possono fare gli
altri livelli locali amministrativi; si può costituire, cioè, la “comunità
municipale”. E questo è l’aspetto a cui vorrei dare evidenza. A Trento, infatti, è
proprio nella costituzione della comunità locale che tutte le persone, anziani
compresi, vengono coinvolte.
Vorrei esporre ciò che stiamo facendo: noi dell’Amministrazione di Trento - non
soltanto dei Servizi Sociali, ma di tutte le politiche della città - dopo aver
avvertito l’esigenza di fermarci per una riflessione, ci siamo riuniti per lavorare
su un progetto di “visione sociale” della città. A questo lavoro di pianificazione
hanno partecipato tutti, anche molte persone anziane, e insieme abbiamo rivisto
le politiche della città: l’urbanistica, i lavori pubblici, la cultura… ciò ha dato
risalto, e ragione, a quanto sinora si è affermato qui: le persone di cinquanta e
più anni non sono povere, sole e bisognose di servizi, sono invece attive e
presenti di fatto nella comunità. Su 19mila anziani con più di 65 anni, diecimila
frequentano i circoli a loro dedicati e parlano con noi amministratori, oltre che
dei loro bisogni specifici, anche di ciò che funziona e di ciò che non funziona, di
come si potrebbe migliorare la vita della comunità… magari a cominciare dal
loro quartiere o dal loro condominio. Questo coinvolgimento, questa
responsabilità Comune è stata il nostro risultato più interessante.
Roberto Galullo: Può portarci qualche esempio di coinvolgimento diretto nelle
vostre politiche?
Maria Letizia De Torre: Le azioni non sono soltanto a livello di scelte
amministrative; le politiche per gli anziani vitali vengono attuate da tanti
soggetti diversi: abbiamo circoli di pensionati, ad esempio, che organizzano
turismo sociale, corsi di formazione e riunioni informative importantissime,
perché quando il cittadino è informato, ha gli strumenti necessari per risolvere
da sé molte situazioni… abbiamo l’Università della Terza età. Vogliamo
realizzare politiche che permettano a tutti, anche se malati, di restare nella
propria abitazione o nel proprio ambiente, e in questo sono coinvolte molte
persone che hanno superato i cinquanta o sessant’anni. Vogliamo svolgere un
intenso lavoro intergenerazionale, con gli anziani che si recano nelle scuole per
trasmettere ai giovani le proprie conoscenze.
Ormai le Amministrazioni stanno capendo che le politiche da adottare non sono
soltanto quelle relative ai servizi per disabili ma quelle che porteranno la città ad
essere vissuta da tutti, quindi anche dagli anziani. Stiamo rivedendo il Piano
Regolatore e studiando percorsi da poter compiere passeggiando, percorsi non
ideati a tavolino, ma stabiliti seguendo i suggerimenti della popolazione e le loro
richieste. Cerchiamo, insomma, di portare la città a misura d’uomo.
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Roberto Galullo: Lei ha fatto riferimento a un aspetto che mi sembra molto
interessante: quello dell’informazione. Su “Il Sole 24 Ore”, sarà presto
pubblicata un’inchiesta che farà rumore, credo, perché rende noto un dato
incredibile: il 35% degli Italiani non sa che il Comune, la Provincia e la Regione
hanno un bilancio! Il 90% degli Italiani vorrebbe sapere come il Comune, la
Provincia e la Regione spendono le proprie risorse. Il titolo che ho dato
all’articolo, che è anche una sintesi del contenuto, è: “Enti locali-cittadini:
dialogo tra sordi”, perché i Comuni, le Province e le Regioni non riescono a
comunicare con i cittadini, a far loro sapere ciò che fanno. E questo è un dato
che dovrà far molto riflettere, perché non ci può essere coinvolgimento se non
c’è informazione.
L’Assessore De Torre ha anche fatto riferimento alle politiche abitative; passo la
parola, allora, a Maria Teresa Guarnieri, Assessore alle Politiche Sociali,
Abitative e Pari Opportunità del Comune di Parma. Conosciamo l’Emilia
Romagna - e i comuni di Parma e di Reggio Emilia - come un laboratorio di
nuove politiche; chiediamo all’Assessore Guarnieri quali lavori si stanno
eseguendo nel laboratorio a favore degli anziani.
Maria Teresa Guarnieri: Grazie per averci definito laboratorio, credo però che
la sperimentazione di politiche innovative per gli anziani sia già una realtà. Ho
sentito gli interventi dei miei colleghi, in modo particolare quello della collega
di Trento, a proposito della cittadinanza vitale, e ho pensato: nello specifico,
come possono agire i Comuni? Possono fare azioni positive per gli anziani
vitali, come l’Università della Terza età, che a Parma conta sulla frequenza di
circa 600 anziani; o come i corsi di attività motoria, che nella mia città sono
organizzati dal Comune in collaborazione con i Comitati di anziani e hanno la
frequenza di circa 700 anziani; o come la rassegna cinematografica che abbiano
iniziato quest’anno, nella quale proiettiamo film recenti ma seguendo filoni che
sono cari alle persone di una certa età, per far loro riscoprire il piacere di tornare
nei cinema. E quest’ultima è un’esperienza che sta trovando notevole riscontro.
Poco fa si è anche parlato di informazione. Credo anch’io che informazione sia
“potere”, in particolar modo per le persone in età matura, che così possono
conoscere i propri diritti, i servizi erogati e i criteri utili per poter accedere ai
servizi. Penso all’assistenza domiciliare, ad esempio, per la quale a Parma è
stata recentemente compiuta un’esperienza innovativa: l’averne modificato la
forma e la modalità di erogazione ci ha portato a diffonderne la notizia in diversi
modi, anche attraverso un numero verde che, appena attivato, ha ricevuto una
quantità di chiamate, soprattutto da parte di chi ignorava di poter usufruire di
questo servizio. Un’ulteriore conferma dell’importanza dell’informazione ci è
arrivata da una piccola esperienza - che credo sia un’espressione di cittadinanza
attiva - riguardante le politiche abitative; la stiamo conducendo per gran parte
con volontari anziani, che hanno aperto uno sportello di segretariato sociale
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attraverso il quale forniscono informazioni e tutela alle persone anziane, le
accompagnano e così facendo forniscono notizie ai servizi stessi circa le cose
che non funzionano bene o che possono essere migliorate.
Vorrei anche dire che per rendere effettiva la “cittadinanza degli anziani vitali”
uno dei compiti più importanti delle Istituzioni credo sia quello di prevenire,
cioè di far sì che gli anziani arrivino il più tardi possibile a situazioni di non
autosufficienza. A questo scopo, nel Comune di Parma stiamo realizzando il
progetto A casa sicuri, che consiste in una serie di alloggi protetti, dotati di
portineria, con un operatore presente giorno e notte; ma la maggior parte degli
anziani di Parma vive in case di proprietà, come fare per estendere anche a loro
la protezione? La risposta arriva dal creare un collegamento, tra le portinerie
delle nuove abitazioni e le altre, attraverso soluzioni informatiche o telematiche
che ci consentano di presidiare ogni casa. Pensiamo a congegni elettronici antiintrusione - perché la paura della microcriminalità è molto sentita e dà sicurezza
sapere di poter contare su qualcuno che da una postazione possa controllare la
casa - ma anche ad altri strumenti, magari a comando vocale, che alla semplice
parola “aiuto” facciano scattare l’allarme in una delle portinerie. L’idea è quella
di iniziare l’esperimento con 18 appartamenti per vedere se in seguito è possibile
estendere questo tipo di protezione nei diversi quartieri della città, naturalmente
con un processo di medio e lungo periodo.
Roberto Galullo: A Sergio Contrini, Assessore ai Servizi Sociali del Comune di
Pavia, vorrei chiedere del livello di concertazione, cioè dell’unione tra il
momento di gestione del governo politico e gli altri soggetti presenti sul
territorio. Probabilmente si potrebbe parlare delle associazioni - qui abbiamo
50&Più Fenacom, una associazione attivissima - si potrebbe parlare anche delle
associazioni degli industriali… cioè di tutti quei soggetti politici, economici e
sociali presenti sul territorio che debbono intervenire nel livello di
concertazione. A Pavia, per promuovere le politiche di cittadinanza attiva, vi
muovete secondo un livello di concertazione oppure il Comune deve fare tutto
da solo?
Sergio Contrini: Il Comune è costretto a confrontarsi con il territorio e con la
comunità. E’ arrivato a questo punto perché nel documento politico che ha dato
vita all’Amministrazione comunale e al Consiglio comunale, uno dei punti
nodali era la concertazione con le realtà presenti in città; tant’è che i cittadini
non sanno come viene amministrato il Comune né come vengono impegnate le
risorse.
Da alcuni anni abbiamo attivato un percorso di piena collaborazione con ogni
rappresentanza presente e operante in città - e quindi anche con le
organizzazioni sindacali dei pensionati e associazioni come 50&Più Fenacom - e
possiamo dire che l’80-90% delle iniziative rivolte alla popolazione anziana
viene attivata in accordo con le rappresentanze della terza età. Ad esempio, per
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l’ultima nostra iniziativa - che riguarda la formazione di informatori dell’euro stiamo operando con tutte le associazioni di promozioni sociali presenti in città,
con la cittadinanza attiva, con tutti i centro sociali… e stiamo anche dando
l’avvio a un corso che renda gli anziani protagonisti diretti al servizio degli altri
anziani per la formazione e l’informazione sull’euro.
Credo che questa sia un fatto importante, così come è importante la
realizzazione e l’autogestione, in collegamento con l’Amministrazione
comunale, di nove centri sociali autogestiti dagli anziani, sia dal punto di vista
del funzionamento che da quello delle proposte che gli stessi anziani rivolgono
al territorio. A Pavia abbiamo l’Università della Terza età, abbiamo le
associazioni e abbiamo anche anziani direttamente impegnati nella realizzazione
di alcuni progetti, uno riguarda l’attività motoria per gli anziani, un altro denominato Adotto un nonno – fa leva sulla disponibilità di alcuni anziani a
trascorrere parte della giornata insieme a loro coetanei. Sono momenti di
un’azione molto intensa che l’Amministrazione compie non solo in sede di
stesura di bilancio ma anche nel corso dell’anno, attraverso incontri periodici di
verifica. Questo rapporto richiede l’impegno di tutte le parti in causa; non è
accademia e spesso sulle cose da fare - in modo particolare sugli investimenti,
per i quali è ovvio che l’Amministrazione comunale porti le proprie sensazioni
iniziali - il confronto diventa molto attivo e vivace.
Da questo punto di vista, credo che l’esperienza di una città dall’elevata
percentuale di anziani (a Pavia costituiscono il 27% della popolazione), pur se
sicuramente da perfezionare, possa ricondursi a una intensa azione di
collegamento con tutte le associazioni. Certo, per tutto ciò occorre vi sia
consapevolezza, consapevolezza che tutta la comunità deve essere partecipe e
crescere insieme; consapevolezza, quindi, non soltanto del Sindaco o
dell’Assessore, ma dell’intero Consiglio comunale. Sul versante che riguarda la
sicurezza, ad esempio, sono stati attivati numerosi incontri con le forze
dell’ordine e stiamo pensando a un esperimento da condurre con gli anziani che,
dalle loro abitazioni e con la loro presenza, durante la giornata possono
presidiare alcuni luoghi ed essere di aiuto alla polizia municipale e alle altre
istituzioni alle quali è affidata la sicurezza del cittadino.
Da un’indagine da noi condotta, è emerso che il problema fondamentale degli
anziani non è economico o abitativo ma è dato dalla solitudine. Gli anziani
hanno bisogno di essere partecipi, di sentirsi impegnati nella comunità.
Roberto Galullo: Terminiamo gli interventi dei rappresentanti degli Enti locali
con Fulvio Lecciso, viceSindaco e Assessore alle Politiche Sociali del Comune
di Lecce: credo d’aver capito che c’è una forte attenzione da parte degli
amministratori regionali o comunali nei confronti degli anziani come parte
sociale attiva. A Lecce, che da qualche anno sta dando importanti segni di buona
amministrazione, quali sono le politiche sociali che state mettendo in campo?
Lecce può definirsi un laboratorio come accade per Parma, Trento e Pavia?
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Fulvio Lecciso: Porto velocemente l’esperienza di Lecce, una città di oltre 100
mila abitanti, dei quali il 20% è costituito da anziani. Sono convinto che le
Istituzioni locali abbiano impegni ben precisi, tra i quali quello di operare scelte
coraggiose e realizzare interventi di autentica promozione sociale. Nel Sud, ma
forse non solo nel Sud, abbiamo dovuto affrontare molti problemi e quando si è
parlato di anziani lo abbiamo sempre fatto senza distinzioni nette tra anziano
vitale e anziano fragile. Soltanto oggi, davanti al nuovo scenario indotto dalle
aumentate speranze di vita, possiamo permetterci di rompere quell’aspetto lesivo
della dignità umana che è l’assistenzialismo; soltanto oggi possiamo ricorrere
alla partecipazione corale, emotiva, attenta.
Vi parlo non soltanto come Assessore alle Politiche Sociali, ma anche come
medico che da 25 anni opera a Lecce, e come uomo che ha avuto la grande
fortuna d’essere stato figlio di un papà centenario lucido, attivo e vitale sino a
poche ore prima di andarsene: un medico, anche lui, che a noi ha suggerito
atteggiamenti e filosofia di vita. Ho ricordato mio padre perché ho sentito spesso
parlare degli anziani con tono rassegnato o addirittura catastrofico; ho sentito
molte persone chiedersi quale futuro possiamo garantire ai nostri giovani considerando che la percentuale nazionale di ultra 65enni supera quella dei
ragazzi minori di 15 anni - quale futuro possiamo garantire loro, se dovranno
sopportare il peso di questo alto numero di anziani?
Ora, davanti a questo problema, gli anziani - nel 92-93% - vengono scoperti
come risorsa perché sono vitali, perché al contrario dell’essere di peso, con il
loro contributo possono aiutare la crescita sociale. Senza dilungarmi nel
descrivere ciò che l’Amministrazione comunale di Lecce ha fatto e continuerà a
fare a favore della terza età, posso dire di aver pensato alla creazione di
laboratori: i nostri centri sociali, cioè, non debbono essere solo luoghi dedicati
all’aggregazione, alla socializzazione, alle attività ludiche, debbono anche
diventare luoghi nei quali l’anziano possa creare; perché, come dice Rita Levi
Montalcini, si diventa vecchi quando si vuole, quando si decide di diventarlo,
quando si rinuncia alle proprie capacità creative. E gli anziani possono creare,
debbono farlo, e allora nei nostri laboratori, alcuni dei quali sono già attivi da tre
anni, si può fare giardinaggio, si può lavorare la cartapesta o la pietra leccese, si
possono fare attività teatrali o concorsi di poesia, di canto… si può dare loro la
possibilità di realizzare il sogno a cui in gioventù non hanno potuto dedicarsi.
Roberto Galullo: Prima di passare la parola al Presidente di 50&Più Fenacom,
Lanfranco Morganti, concluderei ascoltando il rappresentante di un livello
situato tra quello regionale e quello comunale: il livello provinciale. Rimaniamo
nel Sud con la Provincia di Foggia, rappresentata dall’Assessore alle Attività
Produttive Valentino Matteo, al quale chiediamo di illustrarci il patto territoriale
per il sociale: un’esperienza nuova di cui abbiamo sentito parlare spesso.
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Valentino Matteo: Il compito di un Ente come la Provincia è quello di
realizzare progetti sul territorio. Credo sia importante il suo ruolo di realtà
intermedia e colgo l’occasione per ringraziare il Presidente Morganti per aver
coinvolto l’Amministrazione provinciale di Foggia in questo importante
appuntamento che ci consente di presentarci in modo diverso, non come accade
spesso nei convegni, dove ogni relatore conclude con il proprio intervento, senza
avere la possibilità di un confronto vero e proprio. Questa di Gold Age, invece, è
un’occasione offerta agli Enti locali per presentare il lavoro che riescono a
svolgere sul territorio.
L’indagine condotta da Nadio Delai, dimostra che alcune risorse vengono spese
nel settore anziano della società; forse non sono tante, ma se riuscissimo a creare
le condizioni perché queste risorse possano essere coordinate, probabilmente
riusciremo a rendere all’anziano un ruolo di protagonista vero. Ciò è possibile, e
guardando in questa direzione, l’Amministrazione provinciale di Foggia ha
inteso promuovere alcuni patti territoriali che hanno dato risultati eccellenti.
Da un anno - insieme ad altre province, come quella di Modena - stiamo
lavorando a un patto territoriale per il sociale, coinvolgendo innanzitutto le
associazioni di categoria, il mondo del volontariato, la cooperazione sociale, la
banca etica, l’università… con questi organi stiamo costruendo un progetto che
fa capo alla Legge n°328, ma stiamo anche vagliando, insieme ad altri Enti, la
possibilità di usufruire di finanziamenti comunitari. Ciò che manca, purtroppo, è
la capacità di attuare progetti utili al territorio, e in questo vi sono certamente le
responsabilità degli Enti locali, con i loro ritardi e i loro limiti. Ancora più
grande, quindi, dev’essere l’impegno delle associazioni di categoria nel
sollecitare gli Enti locali a fornire risposte concrete ai bisogni del territorio:
questo sarebbe un modo importante per rendere gli anziani partecipi e
protagonisti nelle politiche sociali.
Un’altra importante iniziativa consiste nella costituzione di una Consulta
provinciale. L’idea può non sembrare nuova, ma il suo funzionamento sarebbe
di supporto alle scelte operate dagli Enti locali. A Foggia abbiamo organizzato
una serie di giornate a tema dedicate alla terza età, coinvolgendo personalità di
spicco, come il notissimo geriatra Antonini e Gianna Schelotto, anch’ella molto
brava, e abbiamo ottenuto un riscontro tanto importante da indurci a ripetere
presto l’esperienza, probabilmente entro l’anno.
Intervento: Mi chiamo Giovanni Tenani, sono di Rovigo e collaboro al tavolo
di concertazione regionale cui ha accennato l’Assessore De Poli. Vorrei
ringraziarvi perché stiamo facendo un’esperienza esaltante: è la prima volta che
veniamo consultati prima della presentazione, in giunta, di un disegno di legge.
Roberto Galullo: Una testimonianza di questo tipo fa piacere. Di solito, contro
gli amministratori, ci si aspetta un lancio di pomodori… questa volta, invece, è
venuto un plauso.
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Intervento: Si è appena accennato alla Legge n°4 sui Servizi Sociali - e soltanto
incidentalmente, dall’Assessore De Poli - e non si è parlato del decreto del
Presidente della Repubblica inerente la programmazione strategica e partecipata
per il Piano del welfare per il biennio 2001-2003, cioè il Piano nazionale degli
interventi e dei servizi sociali che porta il sottotitolo: “libertà, responsabilità e
solidarietà nell’Italia delle autonomie”. Vorrei sapere se questa reticenza
dipende, almeno in parte, dalle difficoltà di realizzazione del piano su cui, tra
l’altro, qualche tempo fa “Il Sole 24Ore” ha pubblicato un articolo.
Roberto Galullo: Lasciando agli Assessori la possibilità di replicare, credo che
si possa rispondere in questo modo: l’esperimento tentato, e spero riuscito,
prevedeva una serie di interventi su fatti concreti, non su linee di programma o
programmazione di decreti, che lasciano il tempo che trovano e alle quali
avrebbe dovuto rispondere il ministro Maroni.
Antonio De Poli: E’ stato per privilegiare la sintesi che non siamo entrati nei
particolari dell’applicazione delle leggi; altrimenti avremmo potuto svolgere
molti temi, illustrare mille altre possibilità. Ogni Regione sta lavorando
sull’applicazione della legge su un piano di conseguenza: la Regione Piemonte
lo ha già fatto, noi del Veneto ne abbiamo uno e, in base alla legge-quadro,
stiamo pensando ad un nuovo piano di intervento alla persona… ognuno, nella
propria Regione, si è attivato secondo gli indirizzi per poter avere un contesto
omogeneo su tutto il territorio nazionale.
Roberto Galullo: Credo che l’Assessore De Poli abbia testimoniato l’impegno
delle Regioni nel dare seguito alla Legge n° 328. Qualcun altro vuole
intervenire?
Intervento: L’età degli anziani è piena di sorprese. La sorpresa che più mi ha
umiliato, proprio come anziano, è stata quella che ho ricevuto in Toscana: dopo
una vita di sacrifici, fatta soprattutto per costruirmi una casetta, mi è arrivata da
pagare una tassa sul cancello, perché è sul suolo pubblico.
Roberto Galullo: Quella, purtroppo, è una tassa comunale, quindi la responsabilità è del Comune. Peccato non aver il tempo per approfondire il tema da lei
implicitamente affrontato, quello delle agevolazioni fiscali con le quali si
potrebbero favorire gli anziani. Però c’è da dire che molti Comuni stanno
agendo in questo modo: basti pensare all’imposta comunale sugli immobili.
Sono molti i Comuni che proteggono gli anziani, ciascuno con una propria
delibera, con un proprio regolamento. Questo vuol dire che nei nostri Comuni
comincia ad esservi un minimo di sensibilità, forse ancora troppo poca, ma non
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dimentichiamo che i Comuni sono cambiati con la legge n°81/93 che ha dato
loro la responsabilità diretta, prima non erano un esempio di comportamento.
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