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Articolo del 1909
sul clown
Sandro [Alexander Leschan]
Traduzione in italiano di Mariëtta Stapper
Commenti di Paolo Piccardo e del Curatore del sito
Aprile 2012
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Fonte
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Traduzione
Storia della vita di un clown
C’è la fiera ad Alkmaar.
E il giornale “De Alkmaarsche Courant” ha interrogato il clown Sandro in un circo ambulante.
Il giornale racconta:
Nel circo luminoso e semivuoto, mentre si sentiva il colpo del frustino, e la traccia di uno zoccolo di cavallo
contro il bordo del maneggio, e mentre si sentivano le grida degli ammaestratori e i fantini che facevano le prove,
stamattina il clown Sandro ci ha raccontato con calma e in un olandese stentato la sua vita.
Si potrebbe dire una vita meravigliosa quella di quest’uomo, a cui già da ragazzo è stato concesso di avere la
segatura sotto i piedi e che ora, da adulto, non ha altro di meglio che concludere: «Se ritornassi, se dovessi
scegliere di nuovo, desidererei ancora essere clown».
Di famiglia Alexandre [sic] Leschan, cosi è il suo nome, non è artista.
Lui è di buona famiglia: suo padre era ufficiale dell’artiglieria a Budapest, così lui racconta e ne dà prova
presentandoci il suo atto di nascita.
A lui, quand’era ancora fanciullo, sono stati offerti, casualmente ma spesso, dei biglietti gratuiti e il circo
Wulff lo affascinava talmente che, a soli dieci anni e con un’energia straordinaria, desiderava diventare artista.
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Nessuno, nulla, né minaccia né imposizione, potevano distoglierlo dal suo fermo proposito. Egli voleva e doveva
a tutti i costi [realizzare il suo sogno].
Allora il suo babbo l’ha lasciato andare, nella speranza che la vita dura di un bambino che desiderava
diventare artista sarebbe stato il migliore rimedio per fargli cambiare idea. Ma il rimedio fallì: il periodo
d’istruzione iniziò ed è continuato con entusiasmo. Molto presto Bourbonnel diventò il suo maestro.
Bourbonnel, di cui il clown Busto del circo Carré (1) diceva qualche anno fa: «Er war ein Vater für uns» (2). Ed
è davvero notevole che ambedue gli alunni – Busto iniziò la sua carriera prima di Sandro – non solo hanno fatto
grandi progressi nel loro campo e hanno ricevuto grandissima stima dal pubblico, ma entrambi, in se stessi,
portavano pure in comune le passioni individuali del loro maestro: ambedue sono cacciatori e pescatori
appassionati! Sandro non pareggia l’erudizione di Busto. Egli, ad esempio, non conosce né il latino né il greco, e
non si dedica alla pittura né alla botanica, ma Sandro condivide con Busto un grande amore per la natura. Inoltre
Sandro ama alla follia andare in moto e in macchina e ci presenta le sue patenti e prove di targa: in genere i
clown portano tutto il loro archivio in tasca.
Il contratto d’apprendista di Sandro scadeva quando compì i 18 anni. A questa età uno inizia a esplorare il
mondo, ma per lui era diverso: quasi tutti gli angoli dell’Europa gli erano già familiari e non gli erano estranei
neppure quelli dell’America. Da acrobata e da trapezista lui eseguiva numeri di alta qualità e dotato dalla natura
di una forza di espressione e di umorismo, si sentiva attratto in particolare dalla professione di clown. Nel circo
Libot gli fu offerta l’occasione d’interpretare il ruolo di clown e venne fuori che non si era sbagliato: dovunque si
presentasse, il suo successo era immenso. Lui è rimasto nel circo per 13 anni e la proprietaria intanto è diventata
la sua suocera. Lui ha due figlie, una di 8 anni e una di 10 anni, e mentre racconta, la sua faccia rispecchia uno
splendore di fierezza paterna – quella faccia che rassomiglia in tutto a quella di Louis Bouwmeester (3) – e mentre
i suoi occhi vivaci scintillano dice: «Accidenti, quelle ragazze hanno nel sangue la vocazione dell’artista».
Ma subito dopo sparisce lo splendore e lo scintillio, quando viene a parlare della moglie. Un anno fa, il 15
agosto, lei è deceduta. Ahimè, che brutto periodo! Lei era ricoverata nell’ospedale di Gand e lui dava
rappresentazioni a den Bosch.
Lei non guariva – soffriva di tisi ai polmoni – e lui continuava a dare rappresentazioni, sempre
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rappresentazioni. Fu un sabato, la sera alle nove e mezza, che arrivò il telegramma annunziante la sua scomparsa,
ma nel circo si continuava a sentire le risate per il clown “divertente”. Sabato e domenica, lui fece ridere a
crepapelle gli spettatori numerosi come sempre... «Diamine, è incredibile ma non avevo altra scelta, non potevo
piantare in asso mia suocera».
E dopo egli può seppellire sua moglie. Lui avrebbe voluto volentieri prendere delle ferie, «ma questo non
esiste nel nostro mestiere: se hai delle ferie, guai, perché perdi il tuo impiego; oppure, se sei malato, puoi
mancare una sola volta e basta».
E cosi lui ritorna subito a fare i suoi salti strani, a far sentire il suo chiasso comico, i suoi scherzi divertenti. Il
ridi pagliaccio, sul tuo amore infranto (4) non è tanto inverosimile, a quanto pare. Anche le persone del circo sono
esseri umani, hanno un’emotività e una sensibilità tali che spesso stupiscono; nel corpo esposto a dure prove si
trova sovente una tenerezza inaspettata.
Nella sua vita si manifesta un colpo di fortuna. Era il 1895.
Il suo contratto nell’Alhambra a Bruxelles scadeva un lunedì. Il mercoledì sarebbe partito assieme ad un suo
collega per Amburgo, da dove si dovevano imbarcare per recarsi in America a firmare un nuovo contratto di due
mesi. Il viaggio però venne rimandato dato che per ancora una settimana dovevano dare rappresentazioni a
Bruxelles, e... l’“Elbe” uscì dal porto senza di loro. Ci volle poco tempo per avere l’annuncio della terribile
tragedia: l’“Elbe” aveva fatto naufragio ed oltre 300 (5) persone erano affogate.
Sandro ha sempre avuto un buonissimo rapporto con suo padre, fino alla sua morte, avvenuta nel 1896. Invece
le sue sorelle e suo fratello non hanno voluto alcun contatto con Sandro, essendo egli solo un clown e facendo
una vita da zingaro. Lui se ne dispiace: avrebbe voluto altro, un buon rapporto con loro, ma teme che ormai non
si possa cambiare la situazione. E così, ora fa la sua strada da vedovo, abbastanza solo ma coraggioso e contento,
lavorando per le sue bimbe, una delle quali vive in Belgio e l’altra sta nel circo della suocera, a Nimega. Esse gli
danno regolarmente loro notizie, scrivendogli cartoline e lettere. Comunque lui lavora pure per se stesso e con
piacere. Non sarebbe capace di riposarsi. Se gli capitasse di rompersi le braccia, o le gambe, oppure le scapole,
gli dispiacerebbe soprattutto per non essere in grado di dare rappresentazioni!
Sempre lavorare, preferibilmente molto, e lasciarsi andare completamente, conquistare la simpatia degli
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spettatori, farsi rincuorare dall’applauso di ammiratori riconoscenti, oppure – quello che evidentemente non
capita in questi casi – ricevere un omaggio floreale; essere ingenuo e al tempo stesso spiritoso, essere maldestro
in modo scaltro, mostrarsi coraggioso nella follia. Oppure, in alto, sotto la tenda, lasciarsi andare nella deliziosa
sicurezza di afferrare la barra del trapezio sospeso al momento giusto, piegarsi in aria, attraversare il vuoto con
velocità pazzesca, come se andasse a motore in piena libertà.
E in tal modo il clown Sandro si sente affezionato al suo mestiere.
E se invecchia – ma si sente ancora giovane! – e non è più in grado di essere sospeso in aria, di muoversi con
velocità o saltare, lui spera di rimanere comunque [nel circo] come clown. Allora non potrà lavorare quasi tutta la
sera come fa adesso, ma fino a che potrà camminare e parlare, fino a che potrà sfoggiare il suo umorismo e la sua
capacità d’osservazione, fino a che potrà leggere Fliegende Blätter e “farce-boekskes” e finché potrà
ammaestrare animali, lui avrà spettatori, indosserà il suo vestito da clown, e camminerà sulla sabbia rastrellata.
Potrà dunque meravigliarci che il clown Sandro, dovunque vada, lasci sempre dietro di sé un nome da non
dimenticare, e potrà sorprenderci che tanti direttori di circo desiderino assumerlo per un contratto?
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N o t e
(1) In Olanda esistevano nel XIX secolo molti circhi non ambulanti. Uno era il circo Carré ad Amsterdam, diretto da Oscar Carré
(1846-1911).
(2) «Era un padre per noi».
(3) Louis Frederik Johannes Bouwmeester (1842-1925), famoso attore olandese.
(4) Ridi pagliaccio, sul tuo amore infranto: nota romanza dall’opera lirica I pagliacci (1892) di Ruggero Leoncavallo.
(5) Si veda su tale naufragio la nota in http://www.trio-lescano.it/pdf/Il_Piroscafo_Elbe.pdf.
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Commenti
1) Paolo Piccardo
Mi sono spesso lamentato della difficoltà di reperire informazioni storiche in Italia, dove anche la più
semplice ricerca trova ostacoli nella eccessiva burocrazia e nella “solerzia” di qualche funzionario che custodisce,
a quanto pare, segreti preziosissimi da occultare e difendere ad ogni costo. Per fortuna all’estero un ricercatore ha
vita molto più facile, e numerosi sono i siti ove si possono consultare giornali antichi, risalenti addirittura al ’600.
Tempo fa stavo scorrendo un’emeroteca olandese in cerca di notizie sulle nostre beniamine ed ho pensato bene di
seguire le tracce di Alexander Leschan, che spesso avevo ritrovato menzionato col nome d’arte di “Sandro”. Ecco
che consultando http://kranten.kb.nl/ è emerso questo importante articolo, che la nostra amica Mariëtta ha tradotto
per noi in italiano.
Alexander è una persona che è stata bistrattata un po’ da tutti, tuttavia, leggendo la sua intervista, mi sono
intenerito e commosso. La sua figura è il perfetto stereotipo del “Pagliaccio”, nel senso melodrammatico del
termine. Il poveretto, costretto in scena mentre la moglie si spegne lentamente in un ospedale, il pensiero alle due
bimbe piccole e la fredda e tragica comunicazione del decesso via telegramma: è proprio il protagonista di un
libretto d’opera. Che brutto lavorare così! Ricordo che talvolta, durante la mia carriera di marittimo, ho visto
giungere telegrammi annuncianti lutti o, nel mio caso, la nascita di un figlio, mentre si era lontani e soli…
Nell’articolo vengono citati alcuni artisti di cui si trova ancora traccia. “Les Bourbonnels” erano una troupe
di acrobati piuttosto famosa alla fine dell’800, nella quale militò anche l’altro personaggio citato, Gregorio Busto,
un celebre acrobata prima e clown poi, che evidentemente mosse i primi passi con questo gruppo. È notevole che
il cronista del tempo sottolinei il fatto che Alexander parla un olandese stentato. Nella stesura originale il termine
“diamine” è citato in tedesco (Donnerwetter), segno che Sandro conosceva la lingua, e probabilmente la trasmise
alle figlie. Ciò ha senso. Il padre Adolf Leschan fu sottotenente di artiglieria nell’esercito austroungarico (vedere
p.e. Der Kamerad: militärisch-belletristisches Wochenblatt, 1866, vol. 5, pag. 317), ed è quindi pressoché certo
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che la lingua di casa Leschan fosse il tedesco. Stiamo cercando in profondità quelle che sono le origini della
famiglia, sono emerse tracce promettenti e confido di poterne parlare tra qualche tempo, con l’aiuto di Virgilio.
Cari amici, non siate quindi troppo severi col povero Sandro, e ricordate le parole di Canio:
Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto;
in una smorfia il singhiozzo e ’l dolor...
Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto!
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2) Il Curatore del sito
Da questo articolo (che è quasi una moderna intervista) emergono degli spunti biografici di notevole
rilevanza. Innanzi tutto fino al 1909 Alexander Leschan non pare aver subito alcun incidente grave facendo
l’acrobata; incidente che, secondo alcuni, sarebbe all’origine del suo passaggio dal vuoto alla pista, ossia dal
rischioso mestiere di trapezista a quello di clown. Virgilio osserva tuttavia che, se non abbiamo prove di sorta del
drammatico infortunio che Alexander avrebbe subito, si ipotizza verso il 1906, e che sembra confermato da certe
sue foto più tarde, non possiamo neppure escluderlo; inoltre c’è nell’articolo una frase («Se gli capitasse di
rompersi...») che suona indubbiamente alquanto sospetta. Quello che invece risulta assodato è che egli lavorò
come clown sin dall’inizio della sua carriera circense, a riprova del fatto che in gioventù fu addestrato, al pari di
Busto, sia come acrobata che come pagliaccio.
Ma c’è di più. L’articolo fa capire chiaramente che esibirsi come clown fu la vera grande passione di
Alexander, probabilmente favorita dalla sua bassa statura: non si trattò dunque di un mero ripiego accettato per
dura necessità, quando non poté più lavorare come trapezista, bensì di una vocazione genuina e irresistibile, il che
spiega il successo che il clown O’Gust Sandro ottenne ovunque.
Infine, se passiamo alla sfera del privato, vediamo che Alexander è descritto qui come un marito e un padre
responsabile ed affettuoso, del che non abbiamo motivo di dubitare. Tutto questo è in forte contrasto con le
notizie (o meglio dicerie) che girano da lunga pezza sul suo conto e si sono consolidate nel tempo: che fosse cioè
un arrivista di pochi scrupoli, un marito infedele, nonché un genitore assente e senza cuore. Non per nulla è così
che è stato presentato il padre delle sorelle Lescano nella recente fiction televisiva Le ragazze dello swing. Se
questo articolo del 1909 è veritiero, anche solo in parte (e perché mai non dovrebbe esserlo?), chi si è macchiato –
vuoi per imperdonabile disinformazione, vuoi per bieco calcolo opportunistico – di una tale ignobile
falsificazione della storia dovrebbe vergognarsi: dato e non concesso che certa gente sappia cos’è la vergogna e
dove stia di casa.
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Sandro [Alexander Leschan] - Ricordando il Trio Lescano