BALLETTO NAZIONALE DELLA GEORGIA
DEL POPOLO
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• n. 3
• Martedì, 7 giugno 2005
Sipario
UN CAFFÈ CON...
Elvia Nacinovich
Pagine 2-3
BREVI
«Ivan de Zajc»
Pagina 3
TEATRO
DI: viaggio nel tempo
Pagine 4-5
PALCO ESTATE
Dal Mediterraneo
alla Mitteleuropa
Pagina 5
RIFLESSIONI
Eternamente «Arlecchino»
Pagina 6
LE RECENSIONI
Teatro dialettale
teatro contemporaneo
Pagina 7
ESODO
«La rosa dei tempi»
Ricordi e speranze
Pagina 7
CARNET PALCOSCENICO
Il cartellone del mese
Pagina 8
NOTES
Giugno nelle CI
Pagina 8
2 palcoscenico
Martedì, 7 giugno 2005
UN CAFFÈ CON ... ELVIA NACINOVICH
Teatro, tutta questione di fascino
di Carla Rotta
Non è un’intervista. A me non
piace farle, per Elvia sono un
inevitabile effetto collaterale della
“professione attrice”. Del resto cosa
mai si può ancora chiedere ad Elvia
Nacinovich, sublime primadonna
del Dramma Italiano, che già non
le sia stato chiesto? Vuoi lungo gli
anni di una bellissima carriera, vuoi
nei generosi incontri con il pubblico
nel trentennale di palcoscenico,
un centinaio di ruoli. L’idea era
quella di un’”autointervista”.
Elvia che intervista Elvia. No,
dai, meglio vederci e parlare., dice.
Così ci vediamo. Al bar del Teatro
Popolare Istriano a Pola, prima di
“Maria Callas Master Class”. Starà
con l’occhio attaccato all’orologio,
penso, per correre in camerino a
prepararsi o comunque per quel
po’ di tempo che serve a rilassarsi
prima che le luci in sala si spengano.
Invece Elvia l’orologio non lo porta.
Nemmeno io. Qualcosa in comune,
dico: non ci frega niente del passare
del tempo. E penso che lei, il tempo,
l’ha sonoramente preso in giro. E
che al “lavorare stanca” (l’ha detto
Pavese: credere è dovere) potrebbe
opporre un impertinente “lavorare
mantiene giovani”. Comunque,
torniamo all’inizio: cosa chiedere
ad Elvia. Fatto salvo dell’indelicato
“con chi ti piace lavorare” che più
che amici fa guadagnare nemici.
Metto le mani avanti: “Chiederti
perché fai l’attrice sarebbe banale.
Scontato”. Sorride. Guarda, me
lo chiedono sempre. Beh, se è così,
cominciamo…
Perché fai l’attrice? Ti confesso che a
me, la tua scelta allora era sembrata una
bomba: nel mio immaginario aveva un che
di peccaminoso…”
Me lo chiedono sempre davvero e continuo a chiedermelo anch’io. E devo dire
che ho dato e mi sono data risposte diverse in diverse stagioni. Alcune volte ho detto perché fare l’attrice è semplicemente il
mestiere più bello del mondo e ci credo ancora. Perché era l’unico (e sottolinea “unico”, n.d.a.) mestiere, quando lo scelsi, che
mi dava l’illusione di potermi rinnovare,
morire e risorgere, perché con l’alibi di un
personaggio potevo giocare a riplasmarmi,
riplasmare me stessa per rendermi presentabile agli altri. Perché io, in effetti, così com’ero non mi piacevo. Comunque, un giorno ho detto anche a dei ragazzi - e non è uno
scherzo - che ho scelto questo mestiere perché mi piaceva andare a teatro ma non sapevo mai che cosa mettermi per andarci, a
teatro: saltando dall’altra parte ho risolto il
problema, ci sono i costumisti che pensano
per me. Insomma, sì, c’è un po’ di scherzo
ma c’è anche verità in questo. E continuo,
ti dico, a trovare risposte diverse. Spero di
non trovare mai la risposta definitiva perché “definitiva” è una parola che mi mette panico.
C’è qualche cosa che immancabilmente ti viene chiesta e che ti sta un po’ indigesta?
Sì, posso dire, dopo tanti anni, che una
domanda che non sopporto, che mi è stata fatta tante volte è “come ti sei calata nel
personaggio”. Guarda, mi sembra sia una
domanda irriverente nei confronti del personaggio che non è una cavità, non è un
qualche cosa nel quale ci si cala, ci si immerge: è una cosa viva, pulsante. Io, magari mi darai della visionaria, io il personaggio lo vivo così, come un incontro con
un’altra persona che ha una sua storia, un
suo carattere, ha anche le battute, le frasi
per raccontarsi. Io, di mio, devo offrire al
personaggio il modo di darsi. E non tutti gli
incontri sono uguali perché ci deve essere
una sorta di reciproca fascinazione di queste due persone che decidono di fondersi. E’
un amore. Che può nascere a prima vista,
può venire dopo un po’, può anche non nascere mai, magari può esistere come scontro. Perché ci sono dei caratteri che non si
sopportano. Avviene, tra me e il personaggio, questa simbiosi.
Caro personaggio,
parliamo un po’
Come comunichi con questi personaggi, quanta affinità di carattere hai scoperto?
Ci sono personaggi che si concedono più
o meno facilmente, sentono che hanno bisogno di me per affrancarsi dalla carta, però
non sempre si fidano. Questa Callas, devo
dire la verità, è un personaggio con il quale
ho faticato un po’. Non si è concessa subito. Ora che potrei godermela completamente, siamo quasi alla fine. Io non sono una
persona che ha rimpianti, per carità! penso
che la vita sia un viaggio e bisogna viaggiare leggeri, senza zavorra. Il rimpianto è una
zavorra e non serve, però in questo caso c’è
veramente un po’ di spiacere ad abbandonare questo personaggio nel quale ho investito tanto e viene su una sorta di ribellione.
Vedi, non è giusto poter fare 112 repliche
delle Baruffe (“Baruffe chiozzotte”, n.d.a.),
per carità! è stata esperienza meravigliosa
e molto gratificante perché siamo stati all’estero, ci siamo confrontati con un pubblico diverso, abbiamo regalato un sorriso,
anzi più di un sorriso, e quando riesci a far
questo già ti senti ripagato; ma d’altra parte anche questa Callas mi piacerebbe portarmela in giro un po’ di più: godermela un
po’ di più io piuttosto che farla godere agli
altri. Non vorrei che questa chiacchierata
finisca con l’avere un tono così serioso, ma
io me li porto appresso questi personaggi, e
adesso, con Maria Callas, ho addosso questo bel po’ po’ di carattere che è abbastanza
serio e del quale sento un po’ il peso.
In scena senza
buttare via niente
Chi lasceresti a casa di questi personaggi? Qualcuno è scomodo?
Più sono scomodi e più ti aiutano a scoprire te stessa. Io sono istriana, proprio fino
al midollo, io non butto via niente. Mi diverto anche con personaggi che altri penserebbero minori, quindi non degni di troppa
importanza e magari pensano “facciamoli
tanto per fare”. Io no, se sono più piccoli ci
godo a metterci qualcosa di più di mio.
C’è qualche personaggio che in momenti diversi hai amato o odiato diversamente? Uno fatto magari dieci anni addietro e che adesso, riprendendo, leggi diversamente.
Non ho avuto occasione di far intercorrere periodi così lunghi, comunque posso
dire che i personaggi maturano, anche perché riprendendoli dopo un po’ di tempo sei
costretto a studiarli di nuovo, perché è così
che funziona la nostra memoria; siamo allenati a immagazzinare molto in poco tempo e dopo siamo costretti a cancellare. Però
quando lo riprendi trovi delle cose, dei modi
che non avevi preventivato, e allora il personaggio vive, cresce dentro di te.
C’è qualche personaggio che vive con
te, dentro di te “dopo”?
Finita la tournée pensi? Ma forse… forse un po’. Ma proprio poco perché dobbiamo subito continuare e prenderne un altro,
lasciarne uno e prenderne un altro. Più è
stato bello e intenso il rapporto con il personaggio che lasci, più ti sta antipatico
quello che viene dopo. Però è un momento.
Bugia? No, meglio
chiamarla finzione
C’è la tentazione di rispondere, nel
privato, come avrebbe o come ha fatto un
personaggio che ha interpretato?”
Sì, sì sono cose che avvengono frequentemente. Fai tuo un modo di pensare e in
una situazione analoga reagisci con le parole già pronte confezionate per qualcun
altro.
Così sei mille personaggi in un momento!
Beh, c’è questa schizofrenia. Una sana
schizofrenia, perché è un gioco: è finzione
e ne siamo coscienti.
Ci si può fidare di un attore?
Molta gente non si fida degli attori perché pensa che poi fingono anche fuori scena e invece no. Intanto nessuno ci paga
gli straordinari e poi perché finzione non
è bugia. Il nostro gioco è scoperto. Palesemente, mentiamo. Anzi no, fingiamo:
fingiamo di fingere che non siamo quelli
che vedete, ma in realtà, scavando trovi
quel tuo, porti te stesso e quindi c’è sempre qualcosa di vero. Sono paradossi, lo
so. Ma il teatro, paradossalmente, ti aiuta
nella vita a sdrammatizzare, a non prenderti troppo sul serio e non prendersi troppo sul serio, non sarà tutto nella vita, ma
aiuta molto. A questo punto posso dire che
ridendo e scherzando, io e mio marito, che
facciamo lo stesso mestiere, ci stiamo avviando alle nozze d’argento e senza quasi
essercene accorti. Per carità, ci sono certi momenti… liti… fragilità di ognuno che
vengono fuori, ma poi c’è sempre questa
capacità di vedersi dal di fuori e quindi di
sorridere.
Grazie a dio abbiamo due figli che ci
hanno allevati bene.
E che come i figli di oggi aspettano
che siano mamma e papà, una volta educati, ad andarsene di casa?
No, noi stiamo ancora bene insieme,
nel senso che continuano a fare le vacanze
con noi, dividiamo le stesse letture anche.
Quando uno scopre un autore nuovo, porta il libro…Ci si diverte, ecco.
Ma quando senti la magia ...
Come si riesce a conciliare Personaggio e Lavoro?
Non bisogna trascurare il fatto che,
questo lavoro, non sei da solo a farlo. Ci
sono vari rapporti, tante persone insieme,
la sensibilità, l’intelligenza di tante persone che contribuisce a far lievitare questa
torta, e quando tutti danno il meglio non
c’è ancora mai una garanzia: va a finire
che manca quel qualcosa. Ma quando succede che la torta lievita alla perfezione, ad
un certo punto ti senti in uno stato di grazia. Succede veramente il miracolo. Il personaggio lievita da solo, ti escono espressioni e toni che non sapevi di avere, non
avevi preventivato e lo vedi negli occhi del
pubblico (senza il quale non è possibile
immaginare nessuna forma di spettacolo:
il pubblico ha la sua responsabilità). Vedi
che l’illusione si è trasformata in fascinazione. Magia pura. Ecco, questo ti ripaga.
Ci sono anche scontri, a volte violenti, nel
teatro, essendo la materia plasmabile e indefinita, non è possibile riuscire a dimostrare a uno o all’altro che non va fatto
così, Però per quei momenti di magia…
merita. Merita davvero.
Povero regista,
si perde il meglio!
Hai firmato anche qualche regia. Ci
pensi?
Sì ho fatto anche regia per spettacoli
per ragazzi, ma così, da attrice, dal mio
punto di vista, sono convinta che il regista
si perde la parte più bella del lavoro perché quando si alza il sipario e c’è il pubblico in sala, lui sparisce. Invece noi attori
è lì che incominciamo. E c’è un’altra cate-
palcoscenico 3
Martedì, 7 giugno 2005
goria che non capisco. Ecco, io non riesco
a immaginare uno che da piccolo sognasse
di fare il critico teatrale.
Perché? Va bene che è là per “criticare” il tuo lavoro, però è un mestiere…
Perché… perché… non posso immaginarlo. Non posso immaginare nemmeno
che uno da piccolo sogni di fare il giornalista sportivo. Secondo me, uno da piccolo deve voler fare il calciatore. L’attore. Secondo me, quella del critico è una
professione di ripiego. Non capisco come
da piccolo uno decida “io criticherò quello che fanno gli altri.” Sbaglierò. Non lo
invidio. Anche se è autorizzato a parlare
male di me.
Non ci sono
buoni e cattivi
Un personaggio che non vorresti che
mai e poi mai ti venisse offerto di interpretare.
No, non credo che esiste. Può riuscire
più o meno bene, ma non c’è personaggio
che vorrei evitare. I ruoli che mi mettono
un po’ in crisi sono quelli che prevedono una certa avvenenza… quando questo
personaggio deve essere una bella donna.
Grazie a dio adesso me ne sono liberata,
perché ormai l’età mi mette fuori e non
è finta modestia. Ma no, un personaggio
così non esiste.
Uno, allora, che sogni ardentemente ti
venga proposto
No, nemmeno così posso scegliere.
Non si possono fare tante cose in una volta perché uno è fedele.Uno alla volta per
carità!Adesso un desiderio mio sarebbe di
non abbandonare il personaggio che sto
facendo. Anche perché so che sarà difficile
trovarne uno altrettanto sostanzioso. Perché la Callas è personaggio sostanzioso.
Bello. Tosto.
A differenza di altri personaggi immaginati e immaginari, Maria Callas è
personaggio “vero”: è più difficile, o se
vuoi impegnativo, interpretare un personaggio che non esiste e che puoi creare
tu o convivere con un personaggio che è
stato persona.
Oltre alla Callas, di “vera” ho fatto anche Elisabetta d’Inghilterra. Naturalmente esiste una preparazione perché anche
questo gioco teatrale ha delle regole che
vanno rispettate. Anche se sembra tutto facile, fluido, c’è un percorso da fare. Può
essere più o meno semplice ma comunque
è laborioso. Per questo personaggio, per
la Callas, mi sono preparata tantissimo, e
siccome esiste un…mah! non vorrei chiamarlo destino, è troppo forte, ma, diciamo,
una serie di coincidenze, io, da quando ho
saputo che dovevo fare la Callas… accendevo il televisore e c’era un documentario
sulla Callas… andavo dalla parrucchiera
e sulle riviste trovavo biografie della Callas…
Le leggevi?
Si, certo! Assolutamente sì. Come mi
ero preparata su Elisabetta. Devi farlo
con anticipo, non puoi farlo all’ultimo momento, deve sedimentare. Quando non hai
coordinate precise, tipo “è nata il… era
alta…” tutte queste cose di un personaggio te le devi creare.
E’ più facile crearlo o leggerlo e indossarlo?
Ho volutamente trascurato, anzi ho evitato di somigliarle fisicamente anche perché nella concezione registica esiste un altro personaggio che è in scena che assomiglia fisicamente molto di più alla Callas e
quindi il regista la usa per altre cose. Io ho
voluto assolutamente distanziarmi perché
non mi metto neanche in gara se non ho
chance di vincere. Sarebbe assurdo mettersi in gara fisicamente e allora ho pensato che avrei potuto rappresentare benissimo il carattere, lo spirito di questa donna.
E allora, a questo punto diventava plausibile anche una Callas con i capelli corti e
gli occhi verdi. Tanto non c’è nessuno che
se ne sia lamentato. Forse diventa una sfida più grande ancora.
Pubblico prima di tutto
Cinema o teatro?
Il cinema non mi vuole. C’è poco da
fare. Ho fatto un film. Io adesso potrei anche fingere di fare la snob dire che “cinema, per carità sono attrice di teatro!”. Comunque sono due cose diverse. Ho fatto televisione ma con molta più fatica, perché
mentre il pubblico vivo mi aiuta e sento
un’energia positiva che da questo arriva.
Non mi sento spiata dal pubblico mentre
invece da questo occhio meccanico che sta
lì, mi sento proprio spiata. Mi viene voglia
di nascondermi, di negarmi a questo occhio. Mi spia e non è un buon rapporto.
Com’è cambiato il pubblico?.
E’ cambiato. E’ sempre uguale ed è
sempre diverso. Adesso, nei quindici giorni che siamo stati a Milano, tutte le sere
nello stesso teatro, c’era il pubblico più
diverso, ma sempre milanesi; e reagivano
ogni sera diversamente. Ridevano in posti
diversi. Il teatro è una cosa molto delicata
e varia, eppoi decidono gli altri quello che
è di moda, ma io non farei differenza nel
pubblico; ormai se c’è la globalizzazione
è proprio a livelli di pubblico. Vedono le
stesse cose.
Sei pubblico?
Io? Sì, sì. Sono sempre pubblico. Lo
sono prima di tutto. Quando leggo un testo
lo vedo come pubblico.
Cosa ti costa maggior sopportazione?
Eh, quando qualcuno ti vuole imporre
le cose in virtù della sua forza gerarchica
e non della sua intelligenza. L’imposizione. Comunque, ritengo che noi, qui, siamo ancora dei privilegiati perché il teatro
che si fa, la posizione degli attori nei teatri in Croazia, concede all’attore una sua
dignità. Quindi non siamo costretti a subire queste cose. Un attore all’estero che
deve cercare un lavoro, che deve lavorare per sopravvivere è costretto per forza
a dei compromessi e anche a ricevere più
batoste: non può reagire subito e dire me
ne vado. Invece qui si discute e si arriva
ad una conclusione. Non succede il “lo fai
perché te lo dico io se no te ne vai”. E di
questo privilegio sono perfettamente conscia, anche perché altrimenti, col carattere che avevo, specialmente quando ero
giovane ed ero di un timido incredibile,
bussare alle porte sarebbe stato difficilissimo. Col carattere che ho oggi, poi, non
mi lascio dire niente perché con gli anni
c’è mancanza di tolleranza… sai è una lotta dura per sopravvivere. Adesso ti spiego
uno degli allenamenti che sto facendo. Allora: siccome io ancora riesco a meravigliarmi per la meraviglia, l’unicità di un
tramonto, mi sto convincendo, mi sto “allenando” a vivere così, nella loro unicità
anche gli esseri umani che qualche volta
sarei tentata di mandare a quel paese. E’
un po’ difficile, ma mi sto allenando.
Le cose che di me
non vi ho detto
Sono più le persone che ti piacciono
per la loro unicità o quelle che per lo stesso motivo (tanto non ne incontri un altro
così) sopporti?
E’ difficile che io faccia questi calcoli,
perché ormai ho un tale grado di impulsività: scatto, parto e dico quello che devo
senza pensare “tanto non ci vediamo più,
tra un’ora te ne vai”. Però mi sto allenando a scoprire questa unicità.
E’ dura?
Eh… Dipende dal momento e dipende
anche dal personaggio che interpreto. Se
faccio un personaggio sereno e tranquillo,
aiuta. Maria Callas, no. Perché ha un carattere effettivamente… come diceva Pertini? Un uomo di carattere non può avere
un buon carattere. Così è il personaggio
(sorride). Sono una gran chiacchierona,
vero?
La gioia di giornalisti. Se vuoi aggiungere altro…
Ma non so. Io tra cinque minuti mi
morderò le dita per non aver approfittato di questa occasione per dire qualcosa
di essenziale che mi è sfuggito in questo
momento. Mi succede regolarmente. Dopo
tutte le conferenze stampa, le promozioni
per il lavoro… succede che arrivo lì e stentatamente riesco a dire due parole e quando ho finito so benissimo quello che avrei
voluto dire. Qualcosa da farci proprio una
bella figura, brillante, intelligente. Tutte
mi vengono dopo!
Era il caso di accettare l’autointervista.
Parlare o scrivere, comunque mi verrebbero dopo le cose da dire.
E mi sarei morsa anch’io le dita, poi,
per le domande che non ho fatto e mi sono
venute dopo. Ma lei era già Maria Callas.
Stupenda e vera. Con i capelli corti e gli
occhi verdi. E questa Callas, alla Callas, di
sicuro sarebbe piaciuta.
BREVI
“Ivan de Zajc” fuori casa
DI: «La maratona» a Zara
Il 6 e il 7 giugno, la Compagnia
del Dramma Italiano di Fiume porta
“La maratona di New York” di Edoardo Erba a Zara. Palcoscenico d’eccezione, per entrambe le serate (inizio
ore 20,30), la chiesa di S. Domenico.
Evento eccezionale con una pièce eccezionale messa in scena nell’Off Zajc
all’inizio della stagione e che ha riscosso grandi favori di pubblico e di critica. Una chicca per il pubblico zaratino
in genere e per la comunità italiana di
Zara e Spalato (per gli spalatini è stato organizzato il trasporto: un’occasione da non perdere la presenza così vicina del DI).
Palcoscenico superlativo: Bruno Nacinovich e Mirko Soldano, impeccabili
nei ruoli di Steve e Mario. Altrettanto superlativo il resto che fa spettacolo: firma la regia di “Maratona”, Neva
Rošić; scenografia, videoproiezione e
luci di Deni Šesnic apprezzato (anche
all’estero, con megaprogetti) lightdesigner; musiche di Bruno Nacinovich.
Training e movimento scenico affidati a
Žak Branko Valenta.
Maratona tra sogno e realtà: una corsa, sulla scena, lunga un’ora. Corsa irreale in un tempo-non tempo, dialogo
brillante, espressività tagliente (Neva
Rošić) per un teatro diverso e accattivante. Una partenza light, quasi da disimpegno, per affrontare, lungo il percorso, situazioni che diventano drammatiche.
Allo “Sterijino pozorje”
«Jazz», ponte a Novi Sad
Lo “Zajc” a Novi Sad, allo “Sterijino pozorje” che è stato Festival del Teatro Jugoslavo raccogliendo il meglio della
drammaturgia dell’ex Jugoslavia. Nell’ultima quindicina d’anni, la presenza è stata
circoscritta agli autori di Serbia e Montenegro con la presenza, in qualità di ospiti, di Compagnie provenienti da Stati dell’ex Federativa. L’edizione di quest’anno
è la cinquantesima. La Compagnia dell’”Ivan Zajc” si è presentata a fine maggio
(29 per la precisione) sulla scena “Jovan
Đorđević” quale parte del progetto “Mostovi kulture” (Ponti culturali) nato su iniziativa dell’IATC (Associazione Internazionale dei critici Teatrali). “Jazz” nasce
su testo a firma di Filip Šovagović (drammaturgo e attore, figlio d’arte), nell’ambito del programma “Project Refugees” della Convenzione Teatrale Europea: la prima, all’edizione 2004 delle “Notti estive
fiumane”.
Firma la regia Ivica Buljan. In
scena Bosnimir Ličanin, Zoran
Prodanović Prlja, Zrinka Kolak Fabijan, Damir Orlić, Luka Peroš, Ana
Kvrgić, Zdenko Jelčić, Zdenko Botić,
Davor Jureško, Sabina Salamon, Andreja Blagojević, Predrag Sikimić e
Jakov Gotovac Borčić.
Pezzo di difficile collocazione,
“Jazz”: ha canto, recita, ballo… dovendo inquadrarlo, lo si potrebbe comunque inserire nel genere musicale.
Nel 2004 ha avuto la nomination al
Premio del Teatro Croato per la migliore rappresentazione e la miglior regia; ha avuto la messinscena al festival
“Ex Ponto” di Lubiana (Slovenia), alle
“Giornate di Marulić” (2005), tornerà
all’edizione di quest’anno delle “Notti” a Fiume; nel 2006 sarà al Wienner Festwochen di Vienna e al Thèatre
d’Esch di Lussemburgo.
4
palcoscenico
Martedì, 7 giugno 2005
Martedì, 7 giugno 2005
TEATRO Per chi il teatro lo ama e per chi deve ancora conoscerlo: 60 anni di storia della “nostra” Compagnia (3 e fine)
Dramma Italiano: viaggio nel tempo
di Nensi Giachin Marsetić
La mancanza di attori e la precarietà dei ingaggiare collaboratori esterni, sia dilettanti
mezzi finanziari portarono la compagnia sul- che attori professionisti dall’Italia.
l’orlo della sopravvivenza. Per la prima volta
La stagione 1986/87 il Dramma Italiano senella sua storia il Dramma Italiano fu costretto a gnò un traguardo tutt’altro che trascurabile: eralimitare notevolmente il numero delle produzio- no passati ben 40 anni dalla sua fondazione. Per
ni. Così, nella stagione 1981/82 furono solo due l’occasione fu proposta per la terza volta la comi lavori presentati: “La cantatrice calva” e “Deli- media goldoniana “Le baruffe chiozzotte”. Il
rio a due” di Ionesco (scelta dettata dal basso nu- cartellone prevedeva inoltre il “Cristobal y Permero di attori necessari per l’allestimento).
limplino” di Lorca, “Voranc” di Zajc e “Rumori
Il 27 novembre 1981 fu riaperto, dopo undi- fuori scena” di Frayn.
ci lunghi anni, il teatro “Ivan Zajc” anche se fu
Per la stagione 1987/88 la scelta cadde su
solo a partire dalla stagione 1982/83 che iniziò “Woyzeck” di Büchner, “Purga di bebè” di
il regolare susseguirsi di spettacoli nella Casa Feydeau e “Leggenda di Carnevale” di FranceMadre.
sco Macedonio, con il quale la compagnia parMargherita Gilić fu nominata direttore del tecipò alla rassegna “Invito a teatro 1988” che si
Dramma Italiano e si trovò subito a dover fare i tenne al “Teatro Cristallo” di Trieste. L’ultima
conti con una crisi più dura del previsto. Fin dai fatica della stagione era il “Don Giovanni dei
primi giorni del suo mandato, cercò di prendere teatri” di Garbato, che non ottenne il successo
dei contatti con Firenze per l’assunzione di nuo- sperato.
vi attori e registi. La situazione diventò però anL’inizio della stagione 1988/89 non prometcora più preoccupante con il pensionamento di teva niente di buono. Questa volta erano ben
Raniero Brumini ed Olga Novak che coincisero tre i problemi da superare. Dopo la decisione
con l’assenza, per motivi di salute, della Braico. di Ester Fantov (Segalla), attrice del Dramma
Il Dramma stava vivendo una fase molto Italiano che per alcuni anni aveva assunto andelicata di ristrutturazione, resa ancora più dif- che il compito di facente funzioni di direttore
ficile da anni di incuria per quella che avrebbe della compagnia, di dedicarsi esclusivamente
dovuto costituire una lungimirante politica di alla recitazione, il DI era rimasto senza un dipianificazione strutturale della compagnia. Era rettore. Inoltre il numero degli attori era sceso
chiaro che la creazione di una compagnia omo- ad otto, mentre il capitolo “finanziamenti” congenea e anche di buon livello qualitativo non sa- tinuava a rappresentare una spina nel fianco per
rebbe stata una cosa semplice e immediata. Nel il complesso. La cifra che veniva stanziata dal
frattempo la compagnia continuava a servirsi Governo non era sufficiente per la compagnia
della collaborazione di registi Italiani (Mace- che cercava di affermarsi sia a livello nazionadonio, Maffioli, Ferrari, Gagnarli) e jugoslavi le che in Italia.
(Soldatović, Štimac, Paunovski).
Nelle stagioni che seguirono furono presentati testi di Beaumarchais,
Dacia Maraini, De Ghelderode, Havel, Coward, Slade, Dumas. Per la
prima volta, nel 1984, il Dramma Italiano portò in scena una commedia
musicale “Il giorno della tartaruga”
di Giovannini-Mogul, che ottenne
un grandissimo successo di pubblico.
Sempre in questa stagione fu inserito nel programma anche uno spettacolo per bambini, “Eva e il verbo” di
Terron.
Nel 1985 Maria Braico-Stifanic,
Elvia Nacinovich e Ester Fantov (Segalla), le tre protagoniste di “Mela”
di Dacia Maraini, parteciparono all’Incontro dei teatri dell’Alpe Adria,
tenutosi a Gorizia e Nova Gorica dal
17 al 26 gennaio 1985. La stagione
1984/85 si concluse con l’attivo di
56 spettacoli, per un totale di 7.428
spettatori.
All’inizio della stagione 1985/
86 Ester Fantov (Segalla) fu nominata responsabile della compagnia.
Per l’apertura della stagione fu scelto uno dei più famosi lavori di Pirandello, “Sei personaggi in cerca d’autore”, diretto da Nino Mangano. Lo
spettacolo ottenne subito un grandissimo successo, al punto che si decise
di candidarlo al “Festival per le scene piccole e sperimentali” (MES) di 1999/2000, “Shakespeare ed Elisabetta” di M. Gavran
con Elvia e Bruno Nacinovich
Sarajevo, una fra le manifestazioni
più importanti della Jugoslavia di allora. Una giuria di esperti aveva il compito di
Per compensare la mancanza di attori, la divalutare tutti gli spettacoli. La scelta non dove- rezione della compagnia cercò più volte una colva essere molto facile visto che, fra più di cen- laborazione con le scuole italiane. Venne propoto spettacoli, solo sedici potevano venir ammes- sto di istituire un indirizzo d’educazione scenisi al Festival. La compagnia fiumana superò le co-teatrale presso le Scuole Superiori, ma inutilselezioni ed ebbe l’occasione di partecipare alla mente. Fra mille difficoltà, la compagnia riuscì
manifestazione e farsi conoscere ed apprezzare comunque ad allestire quattro prime: “Chi non
a livello nazionale. Le critiche furono molto po- muore non ha dignità” di Stojanović, che venne
sitive e al regista Nino Mangano fu assegnato il rappresentata anche a Zagabria, Lubiana, Novi
riconoscimento più ambito, la Corona d’oro per Sad e Zara; “Trigamo o la spartizione” di Chiala regia. Lo stesso anno Nereo Scaglia (parteci- ra; “La finta ammalata” di Goldoni e “La granpazione straordinaria la sua, perché si era ritirato de rabbia di Philipp Hotz” di Frisch, riproposta
dalle scene quasi sei anni prima) vinse il premio l’anno seguente assieme a La morsa, atto unico
“1° maggio”, uno fra i più importanti riconosci- di Pirandello, in uno spettacolo dal titolo “Gelomenti in Croazia, per la sua interpretazione in sia, gelosia”.
“Sei personaggi in cerca d’autore”.
Nel 1989 la compagnia organizzò un conNonostante la compagnia fosse riuscita a cat- corso a premi tra gli alunni delle scuole italiaturare all’attenzione dei critici e del pubblico na- ne. I ragazzi furono invitati a preparare in brezionale, i suoi problemi non scomparvero: il D.I. ve tempo una scena tratta da “La locandiera”
era ridotto ormai a dieci attori. Fu solo grazie ai di Goldoni per la quale dovevano disegnare e
mezzi forniti dall’UIIF e UPT che fu possibile realizzare sia i costumi che la scenografia. Sem-
pre nel 1989 Nino Mangano, regista e docente
presso l’Accademia d’arte drammatica di Urbino, da molti anni “mentore” e collaboratore del
Dramma Italiano, fu nominato direttore artistico
della compagnia. La stagione 1988/89 si concluse con un bilancio di 55 spettacoli rappresentati
(cinque in più rispetto all’anno precedente) per
un totale di 5.197 spettatori (l’anno prima erano
stati 3.547); 46 invece erano le matinée allestite
(50 quelle della stagione precedente).
Nuove prospettive
Il 1990 è stato un anno denso di attività ed
anche di successi per il Dramma Italiano. Nel
mese di aprile la compagnia organizzò a Fiume,
in collaborazione con l’UIIF e l’UPT, la manifestazione “Settimana d’autore”, inaugurata con
“Settimo: ruba un po’ meno” di Dario Fo, testo
allestito proprio dalla compagnia fiumana. Seguirono “Tamara, la femme d’or” di Mario Moretti con la regia di Don Lurio, presentato dal
Teatro IT di Roma e “Miseria bella” di Peppino
de Filippo, proposto dalla Compagnia dell’Atto di Roma. Era la prima volta che il Dramma
si faceva promotore di una manifestazione artistico-culturale di questo livello. Visto il successo ottenuto, si era deciso da trasformarla in
un appuntamento annuale. Sempre nel ‘90, alla
compagnia di prosa venne assegnato il Premio
IDI (ossia dell’Istituto del Dramma Italiano di
Roma) per l’attività svolta dall’istituzione fiumana a favore della drammaturgia italiana.
Nella stagione 1989/90 i lavori presentati
erano quattro. Oltre al già menzionato testo di
Fo, il cartellone prevedeva la “Casina”, commedia di Plauto, e uno spettacolo dal titolo “Gelosia, gelosia” che comprendeva due atti unici,
“La morsa” di Pirandello e “La grande rabbia di
Philipp Hotz” di Frisch, presentato in anteprima
1982/83, “I rusteghi” di Carlo Goldoni con Nereo Scaglia e Bruno Petrali
ra). L’affluenza del pubblico, com’era prevedibile, si era però ridotta sensibilmente.
Per il Dramma Italiano che disponeva solamente di otto attori, divenne quasi impossibile l’ingaggio di attori e registi provenienti dall’Italia. Furono comunque allestiti tre spettacoli
abbastanza buoni dal punto di vista qualitativo:
“L’inventore del cavallo”, omaggio all’umorista
italiano Achille Campanile, “Medea Apatrida”
di Georgijevski e “Cuore di cane di Bulgakov”
Finisce il nostro viaggio nel tempo sul
percorso del Dramma Italiano. La nostra è voluta essere una riflessione su
quelli che sono stati i primi sessant’anni, spesso tribolati (ma è forse nei momenti peggiori che si riesce a tirare
fuori il meglio di sé), della storia della
nostra Compagnia. Una sintesi di quello
che è stato per capire l’ieri e poter
alla fine della stagione precedente. Il numero di
produzioni annuali stava subendo un ulteriore
taglio rispetto al passato: salvo rare eccezioni, le
prime stagionali erano scese a tre.
Quanto agli spettacoli prodotti nella stagione successiva, la compagnia decise di mettere in
scena l’”Antigone di Creonte” di Miro Gavran,
giovane drammaturgo croato i cui lavori saranno in futuro molto presenti nel cartellone del
Dramma Italiano, “Colorato d’ombra” di Velitti
e l’”Anconitana” del Ruzante.
Con il testo del commediografo padovano, si
era conclusa la stagione 1990/91. Una stagione
segnata da successi ma anche da notevoli difficoltà (causa la situazione politica), non ultima
il rinvio della seconda edizione della settimana d’autore (prevista dal giorno 13 al 19 maggio 1991) che avrebbe dovuto portare a Zara,
a Fiume ed in Istria alcuni esempi del giovane
teatro italiano con la partecipazione di compagnie provenienti da Roma e Milano. Da Zagabria, infatti, arrivavano segnali preoccupanti. La
riforma politico-economica in atto non aveva risparmiato neanche i teatri stabili che fino a quel
momento erano vissuti grazie alle sovvenzioni
statali. Ma un problema ben più grave stava per
incombere, la guerra.
Sono stati anni molto difficili per tutto il Paese: la crisi economica si era ripercossa su tutti i
tipi di attività e in primo luogo sulla cultura. In
tutta la Croazia erano solo tre i teatri che avevano continuato con la propria attività: il teatro
della capitale, quello di Fiume e di Pola (zone
che non furono colpite direttamente dalla guer-
Il 1993 fu un anno molto sofferto da tutte le
sezioni dello Zajc. I finanziamenti del governo
non arrivavano e l’affluenza del pubblico non
era molto incoraggiante. Nel mese di ottobre,
Rosalia Massarotto divenne la nuova direttrice del Dramma Italiano e, al suo fianco, Nino
Mangano ricopriva il ruolo di consulente artistico. Fra le diverse produzioni stagionali proposte in questi anni, vanno ricordati i successi
ottenuti da “Sior Todero Brontolon” di Goldoni
adesso proseguire, assieme, Compagnia
e Pubblico, sul percorso che entrambi
ci attende. Da una parte l’impegno
della Famiglia DI, dall’altra i nostri
applausi, (perché no?) le nostre critiche, ma percorso da fare insieme, perché quando il Palco guarda la Platea
e la Platea il Palco sia guardarsi allo
specchio. Auguri!
(con adattamento di Mario Moretti).
Con la stagione 1992/93 iniziò una proficua collaborazione del Dramma Italiano con
il Teatro Sociale di Rovigo. Cinque attori della compagnia fiumana (Elvia e Bruno Nacinovich, Giulio Marini, Ester Vrancich (Segalla),
Rossana Grdadolnik) presero parte alla messinscena della commedia “Il thesoro” di Groto, coprodotto dalle due compagnie. Dopo una serie
di repliche in Italia, il lavoro fu proposto anche
al pubblico fiumano, che l’accolse con grande
interesse.
In questi anni il Dramma Italiano avanzò
la proposta per una sua autonomia, sia amministrativa che logistica, dallo Zajc. Quest’iniziativa si dimostrò però molto più complessa
e costosa del previsto e la compagnia decise
di continuare a far parte dello Zajc, ma non per
questo di rinunciare ad allargare il suo “raggio
d’azione”.
Nel 1992 al Dramma fu conferito un premio
dall’A.G.I.S. (Associazione Generale Italiana
dello Spettacolo) “per l’essenziale e qualificato
contributo realizzato nel corso della sua attività
all’evoluzione del teatro di prosa, sia nella sua
dimensione organizzativa che in quella imprenditoriale, affermando il civile messaggio del teatro alle comunità dell’Istria e Dalmazia, anche
quale importante momento di dialogo con la popolazione jugoslava”. Questo riconoscimento,
assieme a quello del 1990 (assegnato dall’IDI),
andava a dimostrare che la compagnia aveva
iniziato a farsi conoscere e apprezzare anche oltre i confini territoriali.
(stagione 1992/93), “Il malato immaginario” di
Moliere (1993/94) e “La frontiera” di de Chiara (1994/95), tratto dal romanzo omonimo di
Vegliani. Accanto a spettacoli che non avevano ottenuto tutto il successo desiderato, come
“Provaci ancora Sam” di W. Allen o “Generali a merenda” di Vian, ce ne furono altri di altissimo livello come “Maria Stuarda” di Dacia
Maraini (1995/96), presentata con grandissimo
successo al Festival croato delle piccole scene
e in Toscana.
La stagione 1996/97 segnava un traguardo
importante per la compagnia. Ricorrevano i cinquant’anni dalla fondazione del Dramma Italiano, e come era ormai tradizione, per festeggiare il giubileo fu allestita una commedia di Goldoni (“Il campiello”). La stagione proseguì con
“Shakespeare & Elisabetta” di Gavran, immaginaria love story tra la matura regina d’Inghilterra e il giovane Shakespeare, e “Il berretto a sonagli” di Pirandello.
Nel 1997 ci fu un altro cambiamento nella
direzione della compagnia, che passò nelle mani
di Sandro Damiani. Fondamentale fu l’aiuto e
la disponibilità offerta da Mangano, soprattutto
per quanto riguarda i contatti con artisti italiani
di prestigio, oltre che per le sue regie e le consulenze artistiche.
Erano essenzialmente due gli obiettivi che
la compagnia doveva raggiungere: fare in modo
che gli italiani dell’area istro-quarnerina tornino
ad assistere in numerosi (oltre quel 3% che stava tanto stretto) agli spettacoli e trovare una sua
“ragion d’essere” in grado di garantire al DI uno
status unico nel panorama teatrale in cui opera. Doveva farsi cioè promotore di tre culture:
italiana, croata e slovena, senza dimenticare di
mettere in rilievo anche la creatività degli esponenti del Gruppo nazionale italiano.
E’ proprio lungo questa strada che iniziò e
continua tuttora a muoversi il Dramma Italiano.
Fin dalla stagione 1997/98 si sono notati i primi
cambiamenti nella scelta del repertorio. Le tre
produzioni della nuova stagione sono state “Delikatessen” di Carpinteri-Faraguna, “Uomo in
mare” di Ghigo de Chiara e “L’Assente” di Bruno Maier, tutti autori contemporanei e, allo stesso tempo, molto vicini alla nostra cultura. Nei
cartelloni della compagnia trovano sempre più
spesso spazio testi di autori croati (come Krleža,
senza dubbio il più grande drammaturgo croato, o Gavran, o Držić), ma anche drammaturghi Italiani contemporanei (Moretti, de Chiara,
Randazzo, Fo) o autori della minoranza italiana
(Rota, Marchig, Nacinovich, Damiani).
Molti spettacoli vengono allestiti in collaborazione con teatri italiani (ad es. “L’Assente”
è stato coprodotto con La Contrada di Trieste,
“Da Piedigrotta a Mahagonny” con la Compagnia Teatro IT di Roma, il “Michelangelo Buonarroti” con il Teatro d’Arte di Firenze-Arezzo).
Tutto ciò, se da un lato ha contribuito a far conoscere il Dramma Italiano anche in Italia, dall’altra ha influito negativamente sulle tournée in
Istria del Dramma Italiano. Infatti, la scenografia di questi spettacoli è spesso così elaborata da
non poter essere adattata ai piccoli palcoscenici
della penisola, escluso forse quello di Pola e Capodistria.
pliche, una per le scuole ed una serale, per ogni
produzione), è chiaro che l’unica soluzione è
cercare di conquistare un pubblico più vasto,
magari proprio quel pubblico che assiste agli
altri 172/192 spettacoli. Se l’unico ostacolo è
rappresentato dalla lingua italiana, i sottotitoli
in croato potrebbero essere un modo per abbattere questa “barriera”. Sperimentato per la prima volta in occasione della prima di “Un bel dì
vedremo”, il videoproiettore ha riscosso subito
un grande successo fra il pubblico della maggioranza, come dimostrato dai 1.500 spettatori
presenti alle cinque repliche (cosa che a Fiume non si vedeva dai tempi d’oro della compagnia).
Nelle stagioni 1999/2000 e 2000/01 sono
stati otto gli spettacoli prodotti dal Dramma:
“Il guardiano dei porci”, spettacolo per ragazzi, tratto da una fiaba di Andersen adattata per
le scene da Laura Marchig, “Da Piedigrotta a
Mahagonny” di Moretti, “Delirio a due” di Ionesco, “La colpa è sempre del Diavolo” di Dario Fo; è stato ripreso “Shakespeare & Elisabetta” di Gavran (presentato già nella stagione
1996/97), seguito dalle prime di “Per il bene
di tutti” di Randazzo, “Michelangelo Buonarroti” di Krleža ed infine “Album di famiglia” di
Alessandro Damiani. Uno dei lavori più riusciti
è stato, senza alcun dubbio, “La colpa è sempre
del Diavolo” di Fo. L’allestimento è stato seguito con molto interesse sia dalla stampa italiana
che croata, anche perché era da ventisei anni
che il testo non veniva rappresentato. Per l’occasione, Dario Fo ha inviato alla compagnia i
bozzetti dei costumi disegnati da lui stesso per
la prima nel 1964. L’altra produzione
molto seguita è stata “Michelangelo
Buonarroti” di Krleža, presentato per
la prima volta nella traduzione in lingua italiana e allestito anche a Caprese, paese che diede i natali al grande
artista toscano.
Nel 2001 al Dramma Italiano è
stato assegnato il Premio Città di
Fiume.
Ma non basta. L’anno successivo,
nel 2002, la compagnia viene insignita di un altro prestigioso riconoscimento: il premio Flaiano, assegnato “per il grande apporto nella divulgazione e la promozione del Teatro
italiano all’estero”. E’ la prima volta
che un premio del genere viene consegnato ad un’istituzione. Fino ad allora lo avevano ricevuto solo persone
fisiche. Istituito nel 1974, il Flaiano è
un riconoscimento molto particolare:
viene infatti assegnato ad artisti ed
operatori culturali di vari campi (teatro, cinema, televisione, poesia, prosa, giornalismo), quelli appunto nei
quali si è distinto Ennio Flaiano. Basta fare anche solo alcuni dei nomi,
in ambito teatrale, ai quali e’ stato assegnato il premio: Vittorio Gassman,
Giorgio Strehler, Luca Ronconi, Gigi
Proietti, Mariangela Melato, Ghigo
de Chiara...
Nelle ultimi anni la compagnia ha
presentato in media tre prime a sta2000/01, “Michelangelo Buonarroti” di Krleža.
gione. Da “Venditori di anime” di AlAl centro Giulio Marini
berto Bassetti alle “Le fredde stelle del
Gattopardo” di Lampedusa, alle “FarIn questi ultimi anni la compagnia italiana se” di Peppino De Filippo, “Le baruffe chiozha “puntato” su nuove città che, in cinquant’an- zotte”, “Così è (se vi pare)”, alla più recente
ni, hanno ospitato raramente o mai il Dramma “Maratona di New York”. Nel 2004 il timoItaliano (“Un bel dì vedremo” è stato rappre- ne della compagnia passa nelle mani di Laura
sentato a Lubiana, Zara, Ragusa; “Delikates- Marchig, nuova direttrice della compagnia.
sen” a Spalato, Zara e Ragusa). Il complesso
Dopo oltre cinquant’anni il Dramma Italiadi prosa ha partecipato anche a diversi festival no sta dimostrando di essere veramente all’alinternazionali: al “Mittelfest”, tenutosi a Civi- tezza di tanti altri teatri, anche se sembra ancodale del Friuli il 26 luglio 1998, ha presenta- ra alla ricerca o meglio alla conquista di un ruoto “L’Assente” di Maier; a Lesina ha portato lo definito all’interno della complessa realtà in
“Shakespeare & Elisabetta”; al Festival di Ra- cui opera. Rimangono ancora aperte molte quegusa si è esibito con “Padron Maroje”, capola- stioni: gli attori sono sempre troppo pochi (tre o
voro del drammaturgo raguseo Držić.
quattro quelli su cui si può contare); il pubbliNel 1999 è stato acquistato un videoproiet- co “naturale” della compagnia, il Gruppo natore computerizzato per l’emissione di sottoti- zionale italiano, continua ad essere poco pretoli in croato. Se si prende in considerazione sente. Ma in quasi sessant’anni, tra alti e basil fatto che il Teatro Nazionale «Ivan pl. Zajc» si, il Dramma Italiano ha dimostrato di essere
offre all’anno 180/200 spettacoli, e che le pre- in grado di superare ogni ostacolo a testa alta.
senze del Dramma sono annualmente 8 (2 re- Sarà sicuramente così anche questa volta.
5
Palco estate
Dal Mediterraneo
alla Mitteleuropa
Estate a teatro. A godersi le
stelle, in ogni senso. Si prospettano ricche e variegate le “Notti
estive fiumane” (per il TN “Ivan
de Zajc”), edizione 2005, dall’apertura all’arrivederci all’anno
prossimo: 33 giorni, meglio, notti, intense. Dal 23 giugno al 26 luglio, Fiume tutta sarà palcoscenico con performance dislocate in
vari punti.
Inaugurerà la manifestazione il
teatro di strada “Avanti Display”
di Londra (che ha avuto l’onore
dell’inaugurazione del Teatro Nazionale di Londra) con una performance – Hydromania - che si svilupperà su tutto lo “Zajc”. Inaugurazione tipicamente mediterranea,
chiusura dal sapore mitteleuropeo
con valzer e tango in piazza della
Risoluzione. E nel mezzo? Musica
con Montserrat Caballe, Carmina
Burana, Arsen Dedić e Gabi Novak…, teatro con prime. Ecco il
programma:
23 giugno, ore 21,30 Parco
dello “Zajc”, Hydromania con
l’”Avanti Display”(nella foto)
24, 25, 26 e 27 giugno, ore
21,30 Cartiera, Marš. Pjesma nad
pjesmama/Marcia di B.M.Koltès
(“Zajc”, Novo Kazalište Zagabria,
F. Ponto e Mini teater di Lubiana
30 giugno, 1, 2 e 4 luglio, ore
21,30 Piazza della Risoluzione,
Così fan tutte, W.A.Mozart con
l’Opera dello “Zajc”
6 luglio, ore 21 Casa di cultura Scala Beaufort, Teatro “Trafik”- Fiume
9 luglio, ore 21,30 Piazza della
Risoluzione Zente refada di Giacinto Gallina (DI, Teatro Trieste)
10 luglio, ore 21 Casa di cultura, Arsen Dedić e Gabi Novak
in concerto
11 luglio, ore 21 Torpedo, Carmina Burana di Carl Orff, Filarmonica di Fiume, Opera “Zajc”
12 e 13 luglio, ore 21,30 Facoltà di Filosofia, Jazz di F.
Šovagović, TN “Zajc”
16 luglio, ore 21,30 Tersatto,
Montserrat Caballè in concerto
(nella foto)
18 luglio, ore 21,30 Piazza della Repubblica, Concerto “Androida” con Damir Urban, Putokazi,
Milan Fras e altri
20, 21, 22 e 23 luglio, ore 21,30
Cantrida, porticciolo,Mirisi, zlato i
tamjan/Oro, incenso e mirra di
Slobodan Novak, TN “Zajc”
25 luglio, ore 21,30 Cartiera,
Amleto di W. Shakespeare, TN
“Zajc”
26 luglio, ore 21,30 Piazza
della Risoluzione, Valzer, Tango,
Opera e Balletto “Zajc”
A scelta.
6 palcoscenico
Martedì, 7 giugno 2005
RIFLESSIONI Con il Piccolo Teatro di Milano
Eternamente «Arlecchino»
(servitore di due padroni)
di Gianfranco Miksa
Solo certe cose del mondo sono eterne, o meglio ancora,
costanti e di lunga durata. Libri, spartiti, monumenti e altre
cose, sono testimonianze dirette di fatti, avvenimenti e situazioni culturali, che vanno ad arricchire lo stato emozionale dell’individuo. Ma può uno spettacolo essere eterno?
Una riflessione d’obbligo: la registrazione audio/video di un
qualsiasi spettacolo, non è testimonianza fisica e neanche
lontanamente mitizzazione. Essa è per lo più uno strumento che raccoglie in sé i presupposti per una lettura didattica
e informativa.
Lo spettacolo “Arlecchino servitore di due padroni”,
dell’autore veneziano Carlo Goldoni e con la regia firmata
da Giorgio Strehler, ha tutte le caratteristiche per essere un
prodotto culturale eterno. Questo spettacolo è in scena dal
1947, con oltre 2000 rappresentazioni sui palcoscenici del
mondo. Un prodotto unico, molto esportato, messo in scena in oltre 50 Paesi. La sua peculiarità principale, quella più
avvincente, è che, dopo la scomparsa, nel 1997, di Giorgio
Strehler, lo spettacolo continua ad essere messo in scena con
la regia autentica del grande regista. Questo spettacolo, nella
sua lunga vita, ha visto due grandi interpreti dell’Arlecchino
Batocio; il primo protagonista dell’Arlecchino di Strehler è
stato Marcello Moretti che l’ha interpretato dal 1947 fino al
1961, anno della sua scomparsa. Moretti ha avuto un rapporto difficile con la Maschera, tanto da dipingersela sul volto.
L’anno seguente, 1962, il “Batocio” (una sorta di mestolo
multiuso, usato per girare la polenta, per condurre le vacche
al pascolo o ancora indispensabile “arma” nelle zuffe delle locande) passa a Ferruccio Soleri, l’attore italiano che in
Russia ha vinto la Maschera d’Oro e che è stato definito dal
pubblico giapponese “tesoro dell’umanità”.
Sarà Ferruccio Soleri il protagonista assoluto dell’Arlecchino, sarà Soleri a consacrare “Arlecchino servitore di due
padroni” spettacolo italiano più rappresentato nel mondo. Il
Servo di due padroni di Soleri è più realistico, più acrobatico, più ginnico; elementi indispensabili che danno una nuova impronta alla maschera. I suoi movimenti rapidi, il modo
di parlare cantando e il tono stridulo della voce divertono
chi lo segue.
Sotto le pezze, inganni, tradimenti
e una tardiva disperazione
Arlecchino rappresenta un servo in cerca di una vita
migliore. É ingenuo e credulone e per non mettersi nei
guai non esita ad ingannare, tradire, raccontare bugie e
fare dispetti. Poi si dispera e si consola con gran rapidità.
È un’attaccabrighe, perennemente affamato e alla continua ricerca, disperata, di cibo.
Questo stesso spettacolo è stato a Fiume nel lontano
1955. In quell’anno il direttore del Dramma Italiano era
il grande poeta Osvaldo Ramous, “a lui si deve la prima
apertura (oserei dire anche a livello nazionale dell’allora
Jugoslavia) verso altre forme di cultura al tempo ritenute occidentali, decadenti, contrarie alla politica culturale del Paese.
Lo ha fatto organizzando la prima tournée di una
Compagnia teatrale d’oltreconfine, appunto il Piccolo
Teatro di Milano che per l’occasione nel 1955 presentò
l’Arlecchino servitore di due padroni del grande commediografo italiano, Carlo Goldoni”, come già precedentemente rilevato da Gianna Mazzieri Sanković nel quotidiano “La voce del popolo”. Dunque a Ramous si deve
questo impegno d’apertura verso altre forme di cultura.
Un impegno molto deciso ma soprattutto coraggioso, vista la situazione con l’esodo in atto e l’atmosfera generale di anti italianità che si era creata.
Con questo spettacolo Strehler ha fatto un recupero
degli schemi tradizionali della Commedia dell’arte, dove
il maggiore interesse di lavoro del regista è lo sviluppo
del ritmo scenico. Dal 1952 ad oggi lo spettacolo “Arlecchino servitore di due padroni” ha visto dieci edizioni, ed
è mutato pian piano: una sorte d’evoluzione, arricchita
con oltre 50 anni d’esperienze.
L’”Arlecchino” del Piccolo oggi: una grandissima serata, ricca d’emozioni, dove più di tutti ha stupefatto e
sbalordito Ferruccio Soleri che con i suoi 76 anni fa acrobazie che molti giovani si sognerebbero appena di fare.
Ma Soleri E’ Arlecchino, e dunque .
RICORDI
Eugenio Marchig, una sera di mezzo secolo fa
Siamo riusciti a raggiungere,
telefonicamente, uno spettatore
DOC dello spettacolo del 1955, il
professor Eugenio Marchig che ci
ha raccontato delle impressioni
della rappresentazione d’allora.
Lei che ha visto lo spettacolo
“originale” del ’55, che cosa si ricorda di quella serata
Devo dire che andare a Teatro in
quel periodo era la cosa più bella che
si poteva fare la sera. Dico la cosa
più bella perché non c’era ancora la
TV e poi erano anni veramente infelici e tristi per tutta la Comunità Nazionale Italiana dell’Istroquarnerino. L’esodo era al massimo della sua
tragicità, la città si svuotava a vista
La locandina dello
spettacolo messo
in scena a
Fiume nel
1955 per
la regia di
Giorgio
Strehler
d’occhio. Era veramente molto triste.
Poi mi ricordo che nel 53, con i fatti
di Trieste, la città fu spogliata neanche in mezz’ora dalle sue insegne bilingui! Era cominciata una politica
di chiusura delle nostre scuole. Noi,
penso al gruppo etnico italiano, vivevamo così tagliati fuori dall’Italia, e
questa venuta del Piccolo Teatro di
Milano era stata una cosa molto piacevole, oserei dire straordinaria per
quel tempo ma soprattutto, per noi,
fondamentale, perché segnava l’inizio dei primi contatti con l’Italia.
Uno spettacolo visto cinquant’anni fa può lasciare dei ricordi ma non
delle forti impressioni, quello che mi
ricordo bene è che era uno spettaco-
lo di una dinamicità pazzesca, si vedeva subito che si trattava d’attori
eccezionali, la regia era poi un’altra
cosa, di un altro mondo, oserei dire.
La mobilità, in se stessa, degli attori
è quello che mi ha colpito fortemente. Il saper esprimere delle cose non
soltanto con la voce ma con il movimento del corpo, esprimere stati
d’animo opposti a quello che esprimeva la voce.
Com’era il pubblico?
Il teatro era pienissimo. La gente era in grado di apprezzare a fondo
le cose. Erano altri tempi, si usciva
molto, la gente andava a ballare, al
cinema e in teatro. Mi ricordo che lo
spettacolo ottenne grandi ovazioni.
palcoscenico 7
Martedì, 7 giugno 2005
LA RECENSIONE Teatro dialettale
ESODO
Chi non s’arrangia muore
di Carla Rotta
Un po’ per ridere, un po’ per scherzo,
ma sotto sotto, soprattutto per davvero: i
difetti elevati a virtù, le virtù declassate
a difetti. Cose spicciole delle quali ridere, quasi a volerle smitizzare. Ridere di
se stessi, a conti fatti. E non c’è migliore ironia dell’autoironia. Perché finito di
ridere, dentro, qualcosa, magari in dosi
minime, scotta. Carpinteri e Faraguna.
Ormai un trade mark delle cose di casa:
casa e cose d’inizio secolo di fine millennio, storie di mare, di strategie di vita,
guadagno, risparmio, in un gioco ad essere un po’ più furbi e sapersi arrangiare meglio degli altri per cadere sempre
in piedi.
Gli Amici della Contrada hanno portato in tournée in Istria (Pola e Pirano)
“Beato el Turco”, liberamente tratto dalle gustose Maldobrie di C&F. Occasione
per assaporare teatro che in dialetto parla
di questi luoghi e perciò più genuino, più
vicino, più comprensibile e condivisibile. Non un teatro dalle grandi pretese, più
semplicemente momenti distesi e distensivi: una frase, un modo di dire o di fare
può accendere qualche pensiero proprio
ed esaurito questo, si ritorna a navigare
per mare a bordo del “Pandora” assieme
al suo equipaggio un po’ così, guidati
dall’inossidabile comandante Bogdanovich. Bravo uomo di mare, ma quello che
gli viene proprio bene è il fufignar, dottrina di vita che ha messo più di un uomo
di mare nelle condizioni di guadagnare,
in pochi viaggi sulla linea del Levante,
soldi per farsi l’appartament(in)o. Non
tutto rose e fiori, il mondo dei guadagni paralleli. Perché ci sono intralci sulla
nave, perché bisogna fare i conti con un
Paese straniero con i suoi usi e costumi
(ma è proprio questi che fanno svegliare
l’affarista che dorme in ognuno dei Nostri), perché ad un certo punto ci si mette
anche la Dogana. E lo sa il cielo quanto
può essere complicata la burocrazia.
Parte il “Pandora”, naviglio che si
porta addosso un nome da disdetta (come
la mettiamo con la superstizione dei marinai?): parte con un passeggero in più.
Tale Aloisius Stanislaus Qualcosa che
accanto all’altisonante nome si porta addosso un altrettanto altisonante incarico:
Abate Mitrato di Cracovia. Un uomo di
chiesa che la necessità di salvare la pelle farà gioire delle bestemmie dei marinai. Quando il mare è grosso, quando al
largo, più che ragan è sion, i marinai che
bestemmiano dicono la rabbia non la disperazione e lo sconforto. A questo punto si può stare tranquilli. Va male male,
ma male davvero, quando questa rude
gente di sale, si rivolge al Supremo Ente
alla ricerca di aiuto: significa che da soli
non ce la possono fare, che vie d’uscita
a misura di umano intervento non ce ne
sono. E sono radighi anche per l’Abate
Mitrato di Cracovia: vuoi mettere che
così, per puro caso, su, in Ditta, ci si distragga un attimo? Come dire: a morire
si è preparati ma non si è pronti. Ed anche l’uomo di Dio, per ora, preferisce le
certezze della vita terrena.
Sono radighi anche per il buon Bogdanovich: deve buttare a mare il guadagno extra, le scarpe che acquista per
poco a Trieste e vende non per poco in
Turchia. Gabbando la Dogana e gonfiando le tasche proprie. Affari da carpe diem
giacchè Kemal Pascià vorrebbe modernizzare nell’abbigliamento il suo popolo
che basta vestir ala turca: via papuzze,
fez e braghe turche. A questo punto,solo
el sempio no se profita. Grattacapi finiti
arrivati in Levante? Magari! Intanto, con
la scusa che il “Pandora” ha la cella frigorifera (pensata per portare giù, a chi
turco non è luganighe e porzina), Bogdanovich ha il compito di riportare a Lussino la salma di Bepin Giadrossich, buonanima che alla chiesa del paese ha lasciato
la “sostanza” ma in cambio vuole riposare nel cimitero del paese. Passi un morto,
ma due! Ci sarebbe, a dividere la stanza
fredda con Bepin, anche un turco da tumulare a Metkovich o Mostar: fatti suoi
e delle sue quattro mogli, anzi, vedove.
Quindi, “in là” la noia di Sua Eminenza, “in qua” la noia di “due morti due”
e “quattro vedove quattro”. Poi lo scambio delle bare tanto che a Metkovich riposa Bepin Giadrossich con le lacrime
di quattro mogli che non ha mai visto ne
conosciuto, a Lussino un turco. Roba da
matti. Anzi, roba de prima de la guerra,
dela prima Guera”.
E conviene crederci, a queste cose:
c’è la testimonianza, un po’ condita e colorita di Barba Checco, vecchio lupo di
mare che adesso passa le giornate al porto a raccontare, a chi ha voglia di ascoltare e tempo da perdere, avventure un
po’ vere un po’ inventate. Ma uomo di
esperienza. Perché lui, il Levante, lo conosce. Ci ha fatto anche l’interprete. Di
turco. Perché sapeva contare fino a dieci
(in turco) e dire kapali..
LA RECENSIONE Teatro contemporaneo
Pogon, Studio per una rappresentazione sacra
di Rossana Poletti
“Siamo tutti un codice a barre, merce d’acquisto”: è questo il
primo messaggio che il regista e scrittore Marco Artusi trasmette
ad una platea di quasi solo giovani, se non giovanissimi, presenti
martedì 31 maggio al Teatro Stabile Sloveno di Trieste. Un attore muto appiccica a tutti gli spettatori un adesivo che contraddistingue i prodotti in vendita, il cosiddetto, appunto, codice a
barre: va così in scena “Pogon”, studio per una rappresentazione
sacra, liberamente ispirato alle “Baccanti” di Euripide, promosso dalla Casa della Musica di Trieste e dal Gruppo teatrale italosloveno Skysma, cofinanziato dall’Unione Europea, nell’ambito
del programma INTERREG III/a, e dal Ministero per la Cultura
della Repubblica di Slovenia.
Quello che vediamo poi in scena è una breve riflessione sulla
vita dell’uomo, partendo dalle origini, ai tempi moderni. La domanda che si pongono i redattori del testo drammaturgico ed il
regista è che cosa sia cambiato nella vita dell’uomo dalla cellula primordiale ai giorni nostri. Quale sia stata la sua liberazione.
Il sesso è stata la fonte di vita e di evoluzione nella complicata
e casuale combinazione cellulare che ha dato vita alle mutazioni genetiche dell’umanità, creando una stirpe sempre più forte,
ma il sesso, inteso oggi come puro piacere ed edonismo, ne sarà
la sua morte. E dal bozzolo, materia di plastica nello spettacolo,
da cui l’uomo nasce, sempre nella plastica e cioè nella sua negazione scompare. Nel sottofondo sottolinea questa riflessione
una appropriata miscellanea di musica sacra e rock; sul soffitto
immagini del tempo che fugge nella natura e della dimensione
moderna descritta attraverso le metropoli, i cartoons e la tecnologia scientifica.
Da cornice e da sfondo, il mito di Dioniso e di Agave, madre
di Penteo, che nel mito greco sarà ucciso dalla propria madre, affinché la donna possa vivere e godere dell’amore sfrenato e mutevole di Dioniso. Sono sempre presenti, durante tutto lo spettacolo, le tre baccanti: danzatrici che dai cenni del tango, simbolo
della passione, cedono ad una danza orientale, che richiama a
riti e simboli ancestrali. Accompagneranno egregiamente la regina Agave nella sua danza d’amore per Dioniso, ricordando per
alcuni attimi la stupenda danza erotica delle donne nella “Gatta
Cenerentola” di De Simone.
Lo spettacolo è uno studio che se approfondito, per i mezzi
multimediali usati e il testo complesso ma intrigante, potrebbe
trasformarsi in una vera occasione per il teatro contemporaneo.
L’unica nota negativa da sottolineare è che a Trieste è ancora difficile pensare a cooperazione tra Italia e Slovenia, vista la scarsa risposta della città e dei suoi mezzi d’informazione; peccato
perché le risorse ci sono ed è attraverso la cultura che spesso si
trovano le strade della comprensione.
«La rosa dei tempi»
ricordi e speranze
Serata speciale al Teatro Cristallo venerdì 10 giugno per la
presentazione dello spettacolo intitolato LA ROSA DEI TEMPI.
L’Esodo dal ricordo alla speranza,
prodotto dal Centro di Documentazione Multimediale della Cultura Giuliana Istriana Fiumana e
Dalmata e dall’Associazione Culturale amici della contrada.
La manifestazione, realizzata nell’ambito del Convegno del
CDM sulla Letteratura dell’Esodo, è una raccolta di pensieri e
scritti sull’Istria e la Dalmazia
che la giornalista-scrittrice Rosanna Turcinovich Giuricin ha
composto intervallando alle sue
considerazioni, quasi sotto forma
di diario, una scelta di splendide pagine scritte su queste terre.
Attraverso il filo della memoria,
l’autrice ricorda chi rimase legato
alla sua terra e al suo mare e chi
invece se ne andò, come tanti altri, lasciando un mondo di arcaica
civiltà che aveva già sedimentato i
suoi riti e i suoi miti.
Si intervallano ai ricordi della Giuricin, le pagine di Fulvio
Anzellotti (Zara, addio!), Bruno
Maier (Case a Capodistria), Fulvio Molinari (La cagnassa e altre storie istriane di mare), Paolo
Santarcangeli (Il porto dell’aquila decapitata), Giani Stuparich
(“Ricordi istriani”), Pier Antonio
Quarantotti Gambini (Primavera
a Trieste), Pier Paolo Pasolini (Il
Caos), Anna Maria Mori (Bora).
E tra una lettura e l’altra si snodano la testimonianza filmata di
Licia Cossetto sulla triste vicenda di sua sorella Norma, diverse
poesie (Il suolo ch’io calco, Esilio, Tutto di noi, Sempre pensai)
del grande poeta fiumano Osvaldo
Ramous, le testimonianze filmate o narrate di Guido Braini, capodistriano, oggi massimo rappresentante dei Giuliano-Dalmati di Toronto; di Roberto Opeka
che, bambino, partì da Trieste per
il Sudafrica; di Elsa e Loredana
Reia, sorelle a Toronto, cresciute
tra i ricordi dei genitori istriani;
di Konrad Eisenbichler, professore che ha dedicato i suoi studi
anche alla realtà giuliano-dalmata canadese; di Luisa Grisonich,
giovane insegnante, figlia di esuli
che vorrebbe rimanere in contatto con i suoi coetanei a Trieste e
in Istria; di Livio Schiozzi, artista, insegnante, alla riscoperta di
un’Istria piena di richiami. Autori
famosi e gente comune, che rievocano, ognuno a suo modo, l’amore per questa terra.
Ideato da Rosanna Turcinovich
Giuricin, “LA ROSA DEI TEMPI.
L’Esodo dal ricordo alla speranza” si avvale dell’interpretazione
di Maria Grazia Plos e Maurizio
Zacchigna, che saranno accompagnati dalle suggestive danze di Viviana Zinetti. Il videoallestimento è curato da Antonio Giacomin,
le musiche originali sono di Carlo
Moser, mentre le coreografie sono
di Carolina Bagnati.
La regia dello spettacolo è curata da Sabrina Morena, L’Esodo
dal ricordo alla speranza”, realizzata dal Centro di Documentazione Multimediale della Cultura Giuliana Istriana Fiumana e
Dalmata, grazie al contributo del
MIBAC (L. 72/2001), e dall’Associazione Culturale amici della
Contrada, sarà in scena al Teatro
Cristallo venerdì 10 giugno alle
ore 21.00. L’ingresso è libero.
8 palcoscenico
Martedì, 7 giugno 2005
CARNET PALCOSCENICO rubriche a cura di Daniela Rotta Stoiljković
NOTES - Giugno nelle CI
INVITO A TEATRO
IN CROAZIA
CI BUIE
Teatro Nazionale Ivan de Zajc - Fiume
1, 2 e 3 giugno
ore 20; 4 giugno
ore 20,30 Bludi/
Peccati/Zozos di
Manfridi, commedia noire
dal 23 giugno al
26 luglio Notti estive fiumane
(vedi pag. 5)
7 giugno ore 19 la Filodrammatica della CI di
Buie in uscita a Cittanova (Casa del pensionato)
dove presenta la commedia “In quela casa de mati”
di Ruggero Paghi. Regia di Dolores Barnaba
CI CAPODISTRIA
18 giugno ore 23,30 al Lapidario del Museo regionale “Notte estiva dei musei” con la Compagnia
dei Folli (Il cavaliere errante), Teatro Pantakin (Il
principe moro), Skysma (Behind that history), Tripudiantes del Micrologus (musiche per feste antiche)
CI DIGNANO
23 giugno ore 19 serata sociale per salutare la vecchia sede. Partecipano i bambini dell’asilo, della
scuola e i Maxicantanti (Aljoša Marković). La serata si concluderà con il tradizionale fuoco di S.
Giovanni in Piazza del Popolo
Teatro cittadino - Pola
CI FIUME
6 giugno ore 18 saggio di fine anno scolastico degli allievi del Centro Studi di Musica Classica, Sezione di Fiume, preparati da Lucia Malner, Roberto Haller, Fulvio Colombin e Ingrid Piškulić
8 giugno ore 20,30 concerto degli allievi della
Scuola di musica “Ino Mirković” di Laurana
10 giugno ore 20 Jalta, Jalta di Grgić - Kabiljo, musical
9 giugno ore 18 concerto degli allievi della Scuola
di musica “Ino Mirković” di Laurana
CI “DANTE ALIGHIERI” ISOLA
IN SLOVENIA
Teatro cittadino - Capodistria
1 giugno ore 20; 2 giugno ore 18 Edipo Re di Sofocle
3 e 9 giugno ore 20; 10, 17 e 25 giugno ore 21, 26 giugno ore
22, 28 giugno ore 21 Agenzia di divorzi di A. Jelačin
4 giugno ore 11 Magia magia buff! di Natalia Sultanova e Ravil Sultanov
8 giugno ore 20 Margherita pag. 89 di L. Hubner
16 giugno ore 20 Lettere all’amico. A qualcuno importa di Seneca
24 giugno ore 22 Arsenico e vecchi merlettidi J. Kesserling
IN ITALIA
Madame Butterfly, bozzetto
di scena di P. Bisleri
TRIESTE OPERETTA
AL RIDOTTO
10 giugno ore 18, Sala del Ridotto Zarzuela e colori di Spagna.
Brani tratti dalle Zarzuele
16 giugno, ore 18, Sala del Ridotto Suoni dalla mitteleuropa.
Musiche di C.M.Ziehrer, H.Schneider, J. Strauss, YoshitomoZimmer, R. Benatzky, R. Stolz, F. Kreisler, F. Lehar, J. Gade, C.
Morena, F.D. Marchetti. Con l’”Innsbrucker Salonquintett”
Politeama Rossetti - Trieste
Ciclo: Fuori abbonamento
3 giugno ore 10 e 18 SALA BARTOLI
Il pirata Testadura e i
gioielli scomparsi di Andrea Andolina e Valentina
Burolo; regia Andrea Andolina e Valentina Burolo
La Contrada - Trieste
TRIESTE IN SCENA/SERATE SVEVIANE
2, 3 e 4 giugno ore 17,30, Biblioteca civica di Piazza Hortis
Itinerari sveviani
15,16 e 17 giugno ore 21, Piazza Hortis Gli Ulissidi
17 giugno ore 19 Sala delle vedute di Casa Tartini, saggio degli allievi del corso di chitarra classica e folk guidato da Vanja Pegan.
CI POLA
8 giugno ore 18,30 spettacolo di fine anno scolastico degli alunni della SEI “G.Martinuzzi”
9 giugno ore 18 spettacolo di fine anno pedagogico dei bambini dell’istituzione prescolare “Rin
Tin Tin”
11 giugno ore 20 concerto di fine stagione della
“Lino Mariani”. Si esibiscono l’Orchestra mandolinistica, i Solisti e, il Gruppo vocale “Alta marea” diretto da Paola Strmotić. Ospite della serata
il Coretto “Abracadabra” della CI di Sissano
15 giugno ore 12,30 spettacolo di fine anno scolastico degli studenti della SMSI “Dante Alighieri”
CI ROVIGNO
3 giugno ore 20 Chiesa di S. Francesco, concerto del Trio Malipiero (pianoforte, violino, violoncello). In programma musiche di Beethoven
e Brahms
9 giugno ore 18 serata letteraria con i giovani della “Dante” che hanno partecipato al concorso della
Mailing List Histria dal tema “Le feste e le tradizioni popolari e religiose all’ombra del tuo campanile”
10 giugno ore 21 Chiesa di S. Francesco, concerto del Duo Kairos (pianoforte e violino). In programma musiche di Mozart, Brahms ed Elgar
16 giugno ore 20 al Centro invalidi “Dva topola”
di Isola “La magia del canto”, serata canora con i
Cantanti di musica leggera e i Minicantanti della
“Dante”
18 giugno ore 20 al Teatro di Isola, “Tutti a teatro”, mini rassegna di prosa con la partecipazione
della Filodrammatica Ragazzi della CI di Bertocchi, le Filodrammatiche delle CI di Matterada e di
Salvore, nonché la Filodrammatica della “Dante”
16 giungo ore 17 spettacolo di fine anno della SEI
“Bernardo Parentin”
CI PIRANO
STAGIONE LIRICA
E DI BALLETTO
9, 10, 14, 15, 16 e 17 giugno
ore 20,30; 11 giugno ore 17,
12 giugno ore 16 Madama
Butterly
Tragedia giapponese in 3 atti
su libretto di Luigi Illica e
Giuseppe Giacosa, musica di
Giacomo Puccini
15 giugno ore 19 Sala delle vedute di Casa Tartini, saggio degli allievi del corso di pianoforte
guidato da Milly Monica e degli allievi del corso
di violino guidato da Lara Di Marino. Ospiti gli
allievi del corso di pianoforte della Comunità degli Italiani di Momiano
5 giugno ore 17 al Teatro di Isola “In Piaseta”, rappresentazione scenica di Amina Dudine presentata
dal Gruppo folk giovanile del sodalizio. Regia di
Amina Dudine
CI PARENZO
Teatro lirico G.Verdi - Trieste
14 giugno ore 19 Sala delle vedute di Casa Tartini, saggio degli allievi del gruppo dei Minicantanti guidato da Dolores Barnaba
4 giugno ore 20,30 al Teatro Tartini incontro di
cori “Se passi per di qua”. Si esibiscono il Gruppo
corale di Carlino (Udine), il Gruppo corale “Fulvio Tomizza” di Umago, il Coro maschile di Camporosso (Tarvisio) e il Coro “Giuseppe Tartini” di
Pirano
8 giugno ore 10,30 presso la Comunità locale di
S.Lucia “Il pesciolino d’oro ovvero chi troppo
vuole nulla stringe”, favola per bambini su musiche di Stefano Sacher e Daniel Stachowiak, con
l’associazione “Serenade Ensamble”. Voci recitanti Susanna Bradassi, Donatella Stabile, Maurizio
Tancovich. Direttore Stefano Sacher.
10 giugno ore 20 Sala delle vedute di Casa Tartini, concerto del duo Magnolato – Grandin (Vasco
Magnolato – chitarra, Gianni Cuzzolin – flauto). In
programma musiche di F. Shubert, F. Carulli, M.
Giuliani, N. Paganini e A. Piazzola
12 giugno ore 20,30 al Teatro Tartini concerto
“Cantando e suonando in riva al mar…”. Si esibiscono il trio Biba, Vlado e Ricky” di Rovigno,
il gruppo mandolinistico “France Prešeren” di
Dolina (Trieste), l’Orchestra a plettro di Breganze (Vicenza) e il gruppo mandolinistico “Serenate” di Pirano
15 giugno spettacolo di fine anno scolastico della
SEI “Bernardo Benussi”
17 giugno ore 21 Chiesa di S. Francesco, concerto del duo Venturini – Martinelli (pianoforte e
violoncello). Il programma musiche di Debussz,
Beethoven e Prokofev
18 giugno ore 21 all’estivo della CI il Teatro Incontro presenta la commedia “Le cognate” di Michel Tremblay. Regia di Barbara Sinicco
22 giugno ore 21 all’estivo della CI “Voci di primavera”, concerto dei Minicantanti della SAC
“Marco Garbin”
23 giugno ore 19 all’estivo della CI, “Addio
ai grandi”, spettacolo di fine anno del Giardino
d’infanzia “Naridola” di Rovigno.
24 giugno ore 21 Chiesa di S. Francesco, Concerto dell’ Helios Trio (pianoforte, violino e violoncello). In programma musiche di Beethoven,
Ives e Shumann
CI UMAGO
25 giugno concerto della SAC “Marco Garbin”
della CI di Rovigno.
CI VERTENEGLIO
12 giugno ore 18 al Teatro del sodalizio, 21.esima edizione della “Festa della Malvasia Istriana” organizzata dalla CI, dal Comune e dalla Pro
Loco. Alla cerimonia di premiazione interverrà il
Coro di Voci bianche della CI diretto dalla maestra Sabrina Stemberga Vidak. Seguirà una serata danzante sulle note del gruppo “Anelidi” nella
piazza centrale di Verteneglio
23 giugno ore 19 al Teatro del sodalizio, concerto di fine anno scolastico degli allievi dei corsi di
pianoforte e chitarra classica della sezione locale
del Centro Studi di Musica Classica. Ospiti gli allievi del corso di chitarra della CI di Grisignana
Il programma può subire modifiche
Anno 1 / n. 3 7 giugno 2005
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
IN PIÙ, supplementi a cura di Errol Superina, progetto editoriale di Silvio Forza
edizione: PALCOSCENICO
Redattore esecutivo: Carla Rotta / Art director: Daria Vlahov Horvat
Redattore grafico: Tiziana Raspor
Collaboratori: Nensi Giachin Marsetić, Gianfranco Miksa, Rossana Poletti,
Daniela Rotta Stoiljković, Rosanna T. Giuricin Foto: Ivor Hreljanović, Dražen Šokčević
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7. 6.2005 - EDIT Edizioni italiane