BALLETTO NAZIONALE DELLA GEORGIA DEL POPOLO ce vo /la .hr dit w.e ww palcoscenico An no I • n. 3 • Martedì, 7 giugno 2005 Sipario UN CAFFÈ CON... Elvia Nacinovich Pagine 2-3 BREVI «Ivan de Zajc» Pagina 3 TEATRO DI: viaggio nel tempo Pagine 4-5 PALCO ESTATE Dal Mediterraneo alla Mitteleuropa Pagina 5 RIFLESSIONI Eternamente «Arlecchino» Pagina 6 LE RECENSIONI Teatro dialettale teatro contemporaneo Pagina 7 ESODO «La rosa dei tempi» Ricordi e speranze Pagina 7 CARNET PALCOSCENICO Il cartellone del mese Pagina 8 NOTES Giugno nelle CI Pagina 8 2 palcoscenico Martedì, 7 giugno 2005 UN CAFFÈ CON ... ELVIA NACINOVICH Teatro, tutta questione di fascino di Carla Rotta Non è un’intervista. A me non piace farle, per Elvia sono un inevitabile effetto collaterale della “professione attrice”. Del resto cosa mai si può ancora chiedere ad Elvia Nacinovich, sublime primadonna del Dramma Italiano, che già non le sia stato chiesto? Vuoi lungo gli anni di una bellissima carriera, vuoi nei generosi incontri con il pubblico nel trentennale di palcoscenico, un centinaio di ruoli. L’idea era quella di un’”autointervista”. Elvia che intervista Elvia. No, dai, meglio vederci e parlare., dice. Così ci vediamo. Al bar del Teatro Popolare Istriano a Pola, prima di “Maria Callas Master Class”. Starà con l’occhio attaccato all’orologio, penso, per correre in camerino a prepararsi o comunque per quel po’ di tempo che serve a rilassarsi prima che le luci in sala si spengano. Invece Elvia l’orologio non lo porta. Nemmeno io. Qualcosa in comune, dico: non ci frega niente del passare del tempo. E penso che lei, il tempo, l’ha sonoramente preso in giro. E che al “lavorare stanca” (l’ha detto Pavese: credere è dovere) potrebbe opporre un impertinente “lavorare mantiene giovani”. Comunque, torniamo all’inizio: cosa chiedere ad Elvia. Fatto salvo dell’indelicato “con chi ti piace lavorare” che più che amici fa guadagnare nemici. Metto le mani avanti: “Chiederti perché fai l’attrice sarebbe banale. Scontato”. Sorride. Guarda, me lo chiedono sempre. Beh, se è così, cominciamo… Perché fai l’attrice? Ti confesso che a me, la tua scelta allora era sembrata una bomba: nel mio immaginario aveva un che di peccaminoso…” Me lo chiedono sempre davvero e continuo a chiedermelo anch’io. E devo dire che ho dato e mi sono data risposte diverse in diverse stagioni. Alcune volte ho detto perché fare l’attrice è semplicemente il mestiere più bello del mondo e ci credo ancora. Perché era l’unico (e sottolinea “unico”, n.d.a.) mestiere, quando lo scelsi, che mi dava l’illusione di potermi rinnovare, morire e risorgere, perché con l’alibi di un personaggio potevo giocare a riplasmarmi, riplasmare me stessa per rendermi presentabile agli altri. Perché io, in effetti, così com’ero non mi piacevo. Comunque, un giorno ho detto anche a dei ragazzi - e non è uno scherzo - che ho scelto questo mestiere perché mi piaceva andare a teatro ma non sapevo mai che cosa mettermi per andarci, a teatro: saltando dall’altra parte ho risolto il problema, ci sono i costumisti che pensano per me. Insomma, sì, c’è un po’ di scherzo ma c’è anche verità in questo. E continuo, ti dico, a trovare risposte diverse. Spero di non trovare mai la risposta definitiva perché “definitiva” è una parola che mi mette panico. C’è qualche cosa che immancabilmente ti viene chiesta e che ti sta un po’ indigesta? Sì, posso dire, dopo tanti anni, che una domanda che non sopporto, che mi è stata fatta tante volte è “come ti sei calata nel personaggio”. Guarda, mi sembra sia una domanda irriverente nei confronti del personaggio che non è una cavità, non è un qualche cosa nel quale ci si cala, ci si immerge: è una cosa viva, pulsante. Io, magari mi darai della visionaria, io il personaggio lo vivo così, come un incontro con un’altra persona che ha una sua storia, un suo carattere, ha anche le battute, le frasi per raccontarsi. Io, di mio, devo offrire al personaggio il modo di darsi. E non tutti gli incontri sono uguali perché ci deve essere una sorta di reciproca fascinazione di queste due persone che decidono di fondersi. E’ un amore. Che può nascere a prima vista, può venire dopo un po’, può anche non nascere mai, magari può esistere come scontro. Perché ci sono dei caratteri che non si sopportano. Avviene, tra me e il personaggio, questa simbiosi. Caro personaggio, parliamo un po’ Come comunichi con questi personaggi, quanta affinità di carattere hai scoperto? Ci sono personaggi che si concedono più o meno facilmente, sentono che hanno bisogno di me per affrancarsi dalla carta, però non sempre si fidano. Questa Callas, devo dire la verità, è un personaggio con il quale ho faticato un po’. Non si è concessa subito. Ora che potrei godermela completamente, siamo quasi alla fine. Io non sono una persona che ha rimpianti, per carità! penso che la vita sia un viaggio e bisogna viaggiare leggeri, senza zavorra. Il rimpianto è una zavorra e non serve, però in questo caso c’è veramente un po’ di spiacere ad abbandonare questo personaggio nel quale ho investito tanto e viene su una sorta di ribellione. Vedi, non è giusto poter fare 112 repliche delle Baruffe (“Baruffe chiozzotte”, n.d.a.), per carità! è stata esperienza meravigliosa e molto gratificante perché siamo stati all’estero, ci siamo confrontati con un pubblico diverso, abbiamo regalato un sorriso, anzi più di un sorriso, e quando riesci a far questo già ti senti ripagato; ma d’altra parte anche questa Callas mi piacerebbe portarmela in giro un po’ di più: godermela un po’ di più io piuttosto che farla godere agli altri. Non vorrei che questa chiacchierata finisca con l’avere un tono così serioso, ma io me li porto appresso questi personaggi, e adesso, con Maria Callas, ho addosso questo bel po’ po’ di carattere che è abbastanza serio e del quale sento un po’ il peso. In scena senza buttare via niente Chi lasceresti a casa di questi personaggi? Qualcuno è scomodo? Più sono scomodi e più ti aiutano a scoprire te stessa. Io sono istriana, proprio fino al midollo, io non butto via niente. Mi diverto anche con personaggi che altri penserebbero minori, quindi non degni di troppa importanza e magari pensano “facciamoli tanto per fare”. Io no, se sono più piccoli ci godo a metterci qualcosa di più di mio. C’è qualche personaggio che in momenti diversi hai amato o odiato diversamente? Uno fatto magari dieci anni addietro e che adesso, riprendendo, leggi diversamente. Non ho avuto occasione di far intercorrere periodi così lunghi, comunque posso dire che i personaggi maturano, anche perché riprendendoli dopo un po’ di tempo sei costretto a studiarli di nuovo, perché è così che funziona la nostra memoria; siamo allenati a immagazzinare molto in poco tempo e dopo siamo costretti a cancellare. Però quando lo riprendi trovi delle cose, dei modi che non avevi preventivato, e allora il personaggio vive, cresce dentro di te. C’è qualche personaggio che vive con te, dentro di te “dopo”? Finita la tournée pensi? Ma forse… forse un po’. Ma proprio poco perché dobbiamo subito continuare e prenderne un altro, lasciarne uno e prenderne un altro. Più è stato bello e intenso il rapporto con il personaggio che lasci, più ti sta antipatico quello che viene dopo. Però è un momento. Bugia? No, meglio chiamarla finzione C’è la tentazione di rispondere, nel privato, come avrebbe o come ha fatto un personaggio che ha interpretato?” Sì, sì sono cose che avvengono frequentemente. Fai tuo un modo di pensare e in una situazione analoga reagisci con le parole già pronte confezionate per qualcun altro. Così sei mille personaggi in un momento! Beh, c’è questa schizofrenia. Una sana schizofrenia, perché è un gioco: è finzione e ne siamo coscienti. Ci si può fidare di un attore? Molta gente non si fida degli attori perché pensa che poi fingono anche fuori scena e invece no. Intanto nessuno ci paga gli straordinari e poi perché finzione non è bugia. Il nostro gioco è scoperto. Palesemente, mentiamo. Anzi no, fingiamo: fingiamo di fingere che non siamo quelli che vedete, ma in realtà, scavando trovi quel tuo, porti te stesso e quindi c’è sempre qualcosa di vero. Sono paradossi, lo so. Ma il teatro, paradossalmente, ti aiuta nella vita a sdrammatizzare, a non prenderti troppo sul serio e non prendersi troppo sul serio, non sarà tutto nella vita, ma aiuta molto. A questo punto posso dire che ridendo e scherzando, io e mio marito, che facciamo lo stesso mestiere, ci stiamo avviando alle nozze d’argento e senza quasi essercene accorti. Per carità, ci sono certi momenti… liti… fragilità di ognuno che vengono fuori, ma poi c’è sempre questa capacità di vedersi dal di fuori e quindi di sorridere. Grazie a dio abbiamo due figli che ci hanno allevati bene. E che come i figli di oggi aspettano che siano mamma e papà, una volta educati, ad andarsene di casa? No, noi stiamo ancora bene insieme, nel senso che continuano a fare le vacanze con noi, dividiamo le stesse letture anche. Quando uno scopre un autore nuovo, porta il libro…Ci si diverte, ecco. Ma quando senti la magia ... Come si riesce a conciliare Personaggio e Lavoro? Non bisogna trascurare il fatto che, questo lavoro, non sei da solo a farlo. Ci sono vari rapporti, tante persone insieme, la sensibilità, l’intelligenza di tante persone che contribuisce a far lievitare questa torta, e quando tutti danno il meglio non c’è ancora mai una garanzia: va a finire che manca quel qualcosa. Ma quando succede che la torta lievita alla perfezione, ad un certo punto ti senti in uno stato di grazia. Succede veramente il miracolo. Il personaggio lievita da solo, ti escono espressioni e toni che non sapevi di avere, non avevi preventivato e lo vedi negli occhi del pubblico (senza il quale non è possibile immaginare nessuna forma di spettacolo: il pubblico ha la sua responsabilità). Vedi che l’illusione si è trasformata in fascinazione. Magia pura. Ecco, questo ti ripaga. Ci sono anche scontri, a volte violenti, nel teatro, essendo la materia plasmabile e indefinita, non è possibile riuscire a dimostrare a uno o all’altro che non va fatto così, Però per quei momenti di magia… merita. Merita davvero. Povero regista, si perde il meglio! Hai firmato anche qualche regia. Ci pensi? Sì ho fatto anche regia per spettacoli per ragazzi, ma così, da attrice, dal mio punto di vista, sono convinta che il regista si perde la parte più bella del lavoro perché quando si alza il sipario e c’è il pubblico in sala, lui sparisce. Invece noi attori è lì che incominciamo. E c’è un’altra cate- palcoscenico 3 Martedì, 7 giugno 2005 goria che non capisco. Ecco, io non riesco a immaginare uno che da piccolo sognasse di fare il critico teatrale. Perché? Va bene che è là per “criticare” il tuo lavoro, però è un mestiere… Perché… perché… non posso immaginarlo. Non posso immaginare nemmeno che uno da piccolo sogni di fare il giornalista sportivo. Secondo me, uno da piccolo deve voler fare il calciatore. L’attore. Secondo me, quella del critico è una professione di ripiego. Non capisco come da piccolo uno decida “io criticherò quello che fanno gli altri.” Sbaglierò. Non lo invidio. Anche se è autorizzato a parlare male di me. Non ci sono buoni e cattivi Un personaggio che non vorresti che mai e poi mai ti venisse offerto di interpretare. No, non credo che esiste. Può riuscire più o meno bene, ma non c’è personaggio che vorrei evitare. I ruoli che mi mettono un po’ in crisi sono quelli che prevedono una certa avvenenza… quando questo personaggio deve essere una bella donna. Grazie a dio adesso me ne sono liberata, perché ormai l’età mi mette fuori e non è finta modestia. Ma no, un personaggio così non esiste. Uno, allora, che sogni ardentemente ti venga proposto No, nemmeno così posso scegliere. Non si possono fare tante cose in una volta perché uno è fedele.Uno alla volta per carità!Adesso un desiderio mio sarebbe di non abbandonare il personaggio che sto facendo. Anche perché so che sarà difficile trovarne uno altrettanto sostanzioso. Perché la Callas è personaggio sostanzioso. Bello. Tosto. A differenza di altri personaggi immaginati e immaginari, Maria Callas è personaggio “vero”: è più difficile, o se vuoi impegnativo, interpretare un personaggio che non esiste e che puoi creare tu o convivere con un personaggio che è stato persona. Oltre alla Callas, di “vera” ho fatto anche Elisabetta d’Inghilterra. Naturalmente esiste una preparazione perché anche questo gioco teatrale ha delle regole che vanno rispettate. Anche se sembra tutto facile, fluido, c’è un percorso da fare. Può essere più o meno semplice ma comunque è laborioso. Per questo personaggio, per la Callas, mi sono preparata tantissimo, e siccome esiste un…mah! non vorrei chiamarlo destino, è troppo forte, ma, diciamo, una serie di coincidenze, io, da quando ho saputo che dovevo fare la Callas… accendevo il televisore e c’era un documentario sulla Callas… andavo dalla parrucchiera e sulle riviste trovavo biografie della Callas… Le leggevi? Si, certo! Assolutamente sì. Come mi ero preparata su Elisabetta. Devi farlo con anticipo, non puoi farlo all’ultimo momento, deve sedimentare. Quando non hai coordinate precise, tipo “è nata il… era alta…” tutte queste cose di un personaggio te le devi creare. E’ più facile crearlo o leggerlo e indossarlo? Ho volutamente trascurato, anzi ho evitato di somigliarle fisicamente anche perché nella concezione registica esiste un altro personaggio che è in scena che assomiglia fisicamente molto di più alla Callas e quindi il regista la usa per altre cose. Io ho voluto assolutamente distanziarmi perché non mi metto neanche in gara se non ho chance di vincere. Sarebbe assurdo mettersi in gara fisicamente e allora ho pensato che avrei potuto rappresentare benissimo il carattere, lo spirito di questa donna. E allora, a questo punto diventava plausibile anche una Callas con i capelli corti e gli occhi verdi. Tanto non c’è nessuno che se ne sia lamentato. Forse diventa una sfida più grande ancora. Pubblico prima di tutto Cinema o teatro? Il cinema non mi vuole. C’è poco da fare. Ho fatto un film. Io adesso potrei anche fingere di fare la snob dire che “cinema, per carità sono attrice di teatro!”. Comunque sono due cose diverse. Ho fatto televisione ma con molta più fatica, perché mentre il pubblico vivo mi aiuta e sento un’energia positiva che da questo arriva. Non mi sento spiata dal pubblico mentre invece da questo occhio meccanico che sta lì, mi sento proprio spiata. Mi viene voglia di nascondermi, di negarmi a questo occhio. Mi spia e non è un buon rapporto. Com’è cambiato il pubblico?. E’ cambiato. E’ sempre uguale ed è sempre diverso. Adesso, nei quindici giorni che siamo stati a Milano, tutte le sere nello stesso teatro, c’era il pubblico più diverso, ma sempre milanesi; e reagivano ogni sera diversamente. Ridevano in posti diversi. Il teatro è una cosa molto delicata e varia, eppoi decidono gli altri quello che è di moda, ma io non farei differenza nel pubblico; ormai se c’è la globalizzazione è proprio a livelli di pubblico. Vedono le stesse cose. Sei pubblico? Io? Sì, sì. Sono sempre pubblico. Lo sono prima di tutto. Quando leggo un testo lo vedo come pubblico. Cosa ti costa maggior sopportazione? Eh, quando qualcuno ti vuole imporre le cose in virtù della sua forza gerarchica e non della sua intelligenza. L’imposizione. Comunque, ritengo che noi, qui, siamo ancora dei privilegiati perché il teatro che si fa, la posizione degli attori nei teatri in Croazia, concede all’attore una sua dignità. Quindi non siamo costretti a subire queste cose. Un attore all’estero che deve cercare un lavoro, che deve lavorare per sopravvivere è costretto per forza a dei compromessi e anche a ricevere più batoste: non può reagire subito e dire me ne vado. Invece qui si discute e si arriva ad una conclusione. Non succede il “lo fai perché te lo dico io se no te ne vai”. E di questo privilegio sono perfettamente conscia, anche perché altrimenti, col carattere che avevo, specialmente quando ero giovane ed ero di un timido incredibile, bussare alle porte sarebbe stato difficilissimo. Col carattere che ho oggi, poi, non mi lascio dire niente perché con gli anni c’è mancanza di tolleranza… sai è una lotta dura per sopravvivere. Adesso ti spiego uno degli allenamenti che sto facendo. Allora: siccome io ancora riesco a meravigliarmi per la meraviglia, l’unicità di un tramonto, mi sto convincendo, mi sto “allenando” a vivere così, nella loro unicità anche gli esseri umani che qualche volta sarei tentata di mandare a quel paese. E’ un po’ difficile, ma mi sto allenando. Le cose che di me non vi ho detto Sono più le persone che ti piacciono per la loro unicità o quelle che per lo stesso motivo (tanto non ne incontri un altro così) sopporti? E’ difficile che io faccia questi calcoli, perché ormai ho un tale grado di impulsività: scatto, parto e dico quello che devo senza pensare “tanto non ci vediamo più, tra un’ora te ne vai”. Però mi sto allenando a scoprire questa unicità. E’ dura? Eh… Dipende dal momento e dipende anche dal personaggio che interpreto. Se faccio un personaggio sereno e tranquillo, aiuta. Maria Callas, no. Perché ha un carattere effettivamente… come diceva Pertini? Un uomo di carattere non può avere un buon carattere. Così è il personaggio (sorride). Sono una gran chiacchierona, vero? La gioia di giornalisti. Se vuoi aggiungere altro… Ma non so. Io tra cinque minuti mi morderò le dita per non aver approfittato di questa occasione per dire qualcosa di essenziale che mi è sfuggito in questo momento. Mi succede regolarmente. Dopo tutte le conferenze stampa, le promozioni per il lavoro… succede che arrivo lì e stentatamente riesco a dire due parole e quando ho finito so benissimo quello che avrei voluto dire. Qualcosa da farci proprio una bella figura, brillante, intelligente. Tutte mi vengono dopo! Era il caso di accettare l’autointervista. Parlare o scrivere, comunque mi verrebbero dopo le cose da dire. E mi sarei morsa anch’io le dita, poi, per le domande che non ho fatto e mi sono venute dopo. Ma lei era già Maria Callas. Stupenda e vera. Con i capelli corti e gli occhi verdi. E questa Callas, alla Callas, di sicuro sarebbe piaciuta. BREVI “Ivan de Zajc” fuori casa DI: «La maratona» a Zara Il 6 e il 7 giugno, la Compagnia del Dramma Italiano di Fiume porta “La maratona di New York” di Edoardo Erba a Zara. Palcoscenico d’eccezione, per entrambe le serate (inizio ore 20,30), la chiesa di S. Domenico. Evento eccezionale con una pièce eccezionale messa in scena nell’Off Zajc all’inizio della stagione e che ha riscosso grandi favori di pubblico e di critica. Una chicca per il pubblico zaratino in genere e per la comunità italiana di Zara e Spalato (per gli spalatini è stato organizzato il trasporto: un’occasione da non perdere la presenza così vicina del DI). Palcoscenico superlativo: Bruno Nacinovich e Mirko Soldano, impeccabili nei ruoli di Steve e Mario. Altrettanto superlativo il resto che fa spettacolo: firma la regia di “Maratona”, Neva Rošić; scenografia, videoproiezione e luci di Deni Šesnic apprezzato (anche all’estero, con megaprogetti) lightdesigner; musiche di Bruno Nacinovich. Training e movimento scenico affidati a Žak Branko Valenta. Maratona tra sogno e realtà: una corsa, sulla scena, lunga un’ora. Corsa irreale in un tempo-non tempo, dialogo brillante, espressività tagliente (Neva Rošić) per un teatro diverso e accattivante. Una partenza light, quasi da disimpegno, per affrontare, lungo il percorso, situazioni che diventano drammatiche. Allo “Sterijino pozorje” «Jazz», ponte a Novi Sad Lo “Zajc” a Novi Sad, allo “Sterijino pozorje” che è stato Festival del Teatro Jugoslavo raccogliendo il meglio della drammaturgia dell’ex Jugoslavia. Nell’ultima quindicina d’anni, la presenza è stata circoscritta agli autori di Serbia e Montenegro con la presenza, in qualità di ospiti, di Compagnie provenienti da Stati dell’ex Federativa. L’edizione di quest’anno è la cinquantesima. La Compagnia dell’”Ivan Zajc” si è presentata a fine maggio (29 per la precisione) sulla scena “Jovan Đorđević” quale parte del progetto “Mostovi kulture” (Ponti culturali) nato su iniziativa dell’IATC (Associazione Internazionale dei critici Teatrali). “Jazz” nasce su testo a firma di Filip Šovagović (drammaturgo e attore, figlio d’arte), nell’ambito del programma “Project Refugees” della Convenzione Teatrale Europea: la prima, all’edizione 2004 delle “Notti estive fiumane”. Firma la regia Ivica Buljan. In scena Bosnimir Ličanin, Zoran Prodanović Prlja, Zrinka Kolak Fabijan, Damir Orlić, Luka Peroš, Ana Kvrgić, Zdenko Jelčić, Zdenko Botić, Davor Jureško, Sabina Salamon, Andreja Blagojević, Predrag Sikimić e Jakov Gotovac Borčić. Pezzo di difficile collocazione, “Jazz”: ha canto, recita, ballo… dovendo inquadrarlo, lo si potrebbe comunque inserire nel genere musicale. Nel 2004 ha avuto la nomination al Premio del Teatro Croato per la migliore rappresentazione e la miglior regia; ha avuto la messinscena al festival “Ex Ponto” di Lubiana (Slovenia), alle “Giornate di Marulić” (2005), tornerà all’edizione di quest’anno delle “Notti” a Fiume; nel 2006 sarà al Wienner Festwochen di Vienna e al Thèatre d’Esch di Lussemburgo. 4 palcoscenico Martedì, 7 giugno 2005 Martedì, 7 giugno 2005 TEATRO Per chi il teatro lo ama e per chi deve ancora conoscerlo: 60 anni di storia della “nostra” Compagnia (3 e fine) Dramma Italiano: viaggio nel tempo di Nensi Giachin Marsetić La mancanza di attori e la precarietà dei ingaggiare collaboratori esterni, sia dilettanti mezzi finanziari portarono la compagnia sul- che attori professionisti dall’Italia. l’orlo della sopravvivenza. Per la prima volta La stagione 1986/87 il Dramma Italiano senella sua storia il Dramma Italiano fu costretto a gnò un traguardo tutt’altro che trascurabile: eralimitare notevolmente il numero delle produzio- no passati ben 40 anni dalla sua fondazione. Per ni. Così, nella stagione 1981/82 furono solo due l’occasione fu proposta per la terza volta la comi lavori presentati: “La cantatrice calva” e “Deli- media goldoniana “Le baruffe chiozzotte”. Il rio a due” di Ionesco (scelta dettata dal basso nu- cartellone prevedeva inoltre il “Cristobal y Permero di attori necessari per l’allestimento). limplino” di Lorca, “Voranc” di Zajc e “Rumori Il 27 novembre 1981 fu riaperto, dopo undi- fuori scena” di Frayn. ci lunghi anni, il teatro “Ivan Zajc” anche se fu Per la stagione 1987/88 la scelta cadde su solo a partire dalla stagione 1982/83 che iniziò “Woyzeck” di Büchner, “Purga di bebè” di il regolare susseguirsi di spettacoli nella Casa Feydeau e “Leggenda di Carnevale” di FranceMadre. sco Macedonio, con il quale la compagnia parMargherita Gilić fu nominata direttore del tecipò alla rassegna “Invito a teatro 1988” che si Dramma Italiano e si trovò subito a dover fare i tenne al “Teatro Cristallo” di Trieste. L’ultima conti con una crisi più dura del previsto. Fin dai fatica della stagione era il “Don Giovanni dei primi giorni del suo mandato, cercò di prendere teatri” di Garbato, che non ottenne il successo dei contatti con Firenze per l’assunzione di nuo- sperato. vi attori e registi. La situazione diventò però anL’inizio della stagione 1988/89 non prometcora più preoccupante con il pensionamento di teva niente di buono. Questa volta erano ben Raniero Brumini ed Olga Novak che coincisero tre i problemi da superare. Dopo la decisione con l’assenza, per motivi di salute, della Braico. di Ester Fantov (Segalla), attrice del Dramma Il Dramma stava vivendo una fase molto Italiano che per alcuni anni aveva assunto andelicata di ristrutturazione, resa ancora più dif- che il compito di facente funzioni di direttore ficile da anni di incuria per quella che avrebbe della compagnia, di dedicarsi esclusivamente dovuto costituire una lungimirante politica di alla recitazione, il DI era rimasto senza un dipianificazione strutturale della compagnia. Era rettore. Inoltre il numero degli attori era sceso chiaro che la creazione di una compagnia omo- ad otto, mentre il capitolo “finanziamenti” congenea e anche di buon livello qualitativo non sa- tinuava a rappresentare una spina nel fianco per rebbe stata una cosa semplice e immediata. Nel il complesso. La cifra che veniva stanziata dal frattempo la compagnia continuava a servirsi Governo non era sufficiente per la compagnia della collaborazione di registi Italiani (Mace- che cercava di affermarsi sia a livello nazionadonio, Maffioli, Ferrari, Gagnarli) e jugoslavi le che in Italia. (Soldatović, Štimac, Paunovski). Nelle stagioni che seguirono furono presentati testi di Beaumarchais, Dacia Maraini, De Ghelderode, Havel, Coward, Slade, Dumas. Per la prima volta, nel 1984, il Dramma Italiano portò in scena una commedia musicale “Il giorno della tartaruga” di Giovannini-Mogul, che ottenne un grandissimo successo di pubblico. Sempre in questa stagione fu inserito nel programma anche uno spettacolo per bambini, “Eva e il verbo” di Terron. Nel 1985 Maria Braico-Stifanic, Elvia Nacinovich e Ester Fantov (Segalla), le tre protagoniste di “Mela” di Dacia Maraini, parteciparono all’Incontro dei teatri dell’Alpe Adria, tenutosi a Gorizia e Nova Gorica dal 17 al 26 gennaio 1985. La stagione 1984/85 si concluse con l’attivo di 56 spettacoli, per un totale di 7.428 spettatori. All’inizio della stagione 1985/ 86 Ester Fantov (Segalla) fu nominata responsabile della compagnia. Per l’apertura della stagione fu scelto uno dei più famosi lavori di Pirandello, “Sei personaggi in cerca d’autore”, diretto da Nino Mangano. Lo spettacolo ottenne subito un grandissimo successo, al punto che si decise di candidarlo al “Festival per le scene piccole e sperimentali” (MES) di 1999/2000, “Shakespeare ed Elisabetta” di M. Gavran con Elvia e Bruno Nacinovich Sarajevo, una fra le manifestazioni più importanti della Jugoslavia di allora. Una giuria di esperti aveva il compito di Per compensare la mancanza di attori, la divalutare tutti gli spettacoli. La scelta non dove- rezione della compagnia cercò più volte una colva essere molto facile visto che, fra più di cen- laborazione con le scuole italiane. Venne propoto spettacoli, solo sedici potevano venir ammes- sto di istituire un indirizzo d’educazione scenisi al Festival. La compagnia fiumana superò le co-teatrale presso le Scuole Superiori, ma inutilselezioni ed ebbe l’occasione di partecipare alla mente. Fra mille difficoltà, la compagnia riuscì manifestazione e farsi conoscere ed apprezzare comunque ad allestire quattro prime: “Chi non a livello nazionale. Le critiche furono molto po- muore non ha dignità” di Stojanović, che venne sitive e al regista Nino Mangano fu assegnato il rappresentata anche a Zagabria, Lubiana, Novi riconoscimento più ambito, la Corona d’oro per Sad e Zara; “Trigamo o la spartizione” di Chiala regia. Lo stesso anno Nereo Scaglia (parteci- ra; “La finta ammalata” di Goldoni e “La granpazione straordinaria la sua, perché si era ritirato de rabbia di Philipp Hotz” di Frisch, riproposta dalle scene quasi sei anni prima) vinse il premio l’anno seguente assieme a La morsa, atto unico “1° maggio”, uno fra i più importanti riconosci- di Pirandello, in uno spettacolo dal titolo “Gelomenti in Croazia, per la sua interpretazione in sia, gelosia”. “Sei personaggi in cerca d’autore”. Nel 1989 la compagnia organizzò un conNonostante la compagnia fosse riuscita a cat- corso a premi tra gli alunni delle scuole italiaturare all’attenzione dei critici e del pubblico na- ne. I ragazzi furono invitati a preparare in brezionale, i suoi problemi non scomparvero: il D.I. ve tempo una scena tratta da “La locandiera” era ridotto ormai a dieci attori. Fu solo grazie ai di Goldoni per la quale dovevano disegnare e mezzi forniti dall’UIIF e UPT che fu possibile realizzare sia i costumi che la scenografia. Sem- pre nel 1989 Nino Mangano, regista e docente presso l’Accademia d’arte drammatica di Urbino, da molti anni “mentore” e collaboratore del Dramma Italiano, fu nominato direttore artistico della compagnia. La stagione 1988/89 si concluse con un bilancio di 55 spettacoli rappresentati (cinque in più rispetto all’anno precedente) per un totale di 5.197 spettatori (l’anno prima erano stati 3.547); 46 invece erano le matinée allestite (50 quelle della stagione precedente). Nuove prospettive Il 1990 è stato un anno denso di attività ed anche di successi per il Dramma Italiano. Nel mese di aprile la compagnia organizzò a Fiume, in collaborazione con l’UIIF e l’UPT, la manifestazione “Settimana d’autore”, inaugurata con “Settimo: ruba un po’ meno” di Dario Fo, testo allestito proprio dalla compagnia fiumana. Seguirono “Tamara, la femme d’or” di Mario Moretti con la regia di Don Lurio, presentato dal Teatro IT di Roma e “Miseria bella” di Peppino de Filippo, proposto dalla Compagnia dell’Atto di Roma. Era la prima volta che il Dramma si faceva promotore di una manifestazione artistico-culturale di questo livello. Visto il successo ottenuto, si era deciso da trasformarla in un appuntamento annuale. Sempre nel ‘90, alla compagnia di prosa venne assegnato il Premio IDI (ossia dell’Istituto del Dramma Italiano di Roma) per l’attività svolta dall’istituzione fiumana a favore della drammaturgia italiana. Nella stagione 1989/90 i lavori presentati erano quattro. Oltre al già menzionato testo di Fo, il cartellone prevedeva la “Casina”, commedia di Plauto, e uno spettacolo dal titolo “Gelosia, gelosia” che comprendeva due atti unici, “La morsa” di Pirandello e “La grande rabbia di Philipp Hotz” di Frisch, presentato in anteprima 1982/83, “I rusteghi” di Carlo Goldoni con Nereo Scaglia e Bruno Petrali ra). L’affluenza del pubblico, com’era prevedibile, si era però ridotta sensibilmente. Per il Dramma Italiano che disponeva solamente di otto attori, divenne quasi impossibile l’ingaggio di attori e registi provenienti dall’Italia. Furono comunque allestiti tre spettacoli abbastanza buoni dal punto di vista qualitativo: “L’inventore del cavallo”, omaggio all’umorista italiano Achille Campanile, “Medea Apatrida” di Georgijevski e “Cuore di cane di Bulgakov” Finisce il nostro viaggio nel tempo sul percorso del Dramma Italiano. La nostra è voluta essere una riflessione su quelli che sono stati i primi sessant’anni, spesso tribolati (ma è forse nei momenti peggiori che si riesce a tirare fuori il meglio di sé), della storia della nostra Compagnia. Una sintesi di quello che è stato per capire l’ieri e poter alla fine della stagione precedente. Il numero di produzioni annuali stava subendo un ulteriore taglio rispetto al passato: salvo rare eccezioni, le prime stagionali erano scese a tre. Quanto agli spettacoli prodotti nella stagione successiva, la compagnia decise di mettere in scena l’”Antigone di Creonte” di Miro Gavran, giovane drammaturgo croato i cui lavori saranno in futuro molto presenti nel cartellone del Dramma Italiano, “Colorato d’ombra” di Velitti e l’”Anconitana” del Ruzante. Con il testo del commediografo padovano, si era conclusa la stagione 1990/91. Una stagione segnata da successi ma anche da notevoli difficoltà (causa la situazione politica), non ultima il rinvio della seconda edizione della settimana d’autore (prevista dal giorno 13 al 19 maggio 1991) che avrebbe dovuto portare a Zara, a Fiume ed in Istria alcuni esempi del giovane teatro italiano con la partecipazione di compagnie provenienti da Roma e Milano. Da Zagabria, infatti, arrivavano segnali preoccupanti. La riforma politico-economica in atto non aveva risparmiato neanche i teatri stabili che fino a quel momento erano vissuti grazie alle sovvenzioni statali. Ma un problema ben più grave stava per incombere, la guerra. Sono stati anni molto difficili per tutto il Paese: la crisi economica si era ripercossa su tutti i tipi di attività e in primo luogo sulla cultura. In tutta la Croazia erano solo tre i teatri che avevano continuato con la propria attività: il teatro della capitale, quello di Fiume e di Pola (zone che non furono colpite direttamente dalla guer- Il 1993 fu un anno molto sofferto da tutte le sezioni dello Zajc. I finanziamenti del governo non arrivavano e l’affluenza del pubblico non era molto incoraggiante. Nel mese di ottobre, Rosalia Massarotto divenne la nuova direttrice del Dramma Italiano e, al suo fianco, Nino Mangano ricopriva il ruolo di consulente artistico. Fra le diverse produzioni stagionali proposte in questi anni, vanno ricordati i successi ottenuti da “Sior Todero Brontolon” di Goldoni adesso proseguire, assieme, Compagnia e Pubblico, sul percorso che entrambi ci attende. Da una parte l’impegno della Famiglia DI, dall’altra i nostri applausi, (perché no?) le nostre critiche, ma percorso da fare insieme, perché quando il Palco guarda la Platea e la Platea il Palco sia guardarsi allo specchio. Auguri! (con adattamento di Mario Moretti). Con la stagione 1992/93 iniziò una proficua collaborazione del Dramma Italiano con il Teatro Sociale di Rovigo. Cinque attori della compagnia fiumana (Elvia e Bruno Nacinovich, Giulio Marini, Ester Vrancich (Segalla), Rossana Grdadolnik) presero parte alla messinscena della commedia “Il thesoro” di Groto, coprodotto dalle due compagnie. Dopo una serie di repliche in Italia, il lavoro fu proposto anche al pubblico fiumano, che l’accolse con grande interesse. In questi anni il Dramma Italiano avanzò la proposta per una sua autonomia, sia amministrativa che logistica, dallo Zajc. Quest’iniziativa si dimostrò però molto più complessa e costosa del previsto e la compagnia decise di continuare a far parte dello Zajc, ma non per questo di rinunciare ad allargare il suo “raggio d’azione”. Nel 1992 al Dramma fu conferito un premio dall’A.G.I.S. (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) “per l’essenziale e qualificato contributo realizzato nel corso della sua attività all’evoluzione del teatro di prosa, sia nella sua dimensione organizzativa che in quella imprenditoriale, affermando il civile messaggio del teatro alle comunità dell’Istria e Dalmazia, anche quale importante momento di dialogo con la popolazione jugoslava”. Questo riconoscimento, assieme a quello del 1990 (assegnato dall’IDI), andava a dimostrare che la compagnia aveva iniziato a farsi conoscere e apprezzare anche oltre i confini territoriali. (stagione 1992/93), “Il malato immaginario” di Moliere (1993/94) e “La frontiera” di de Chiara (1994/95), tratto dal romanzo omonimo di Vegliani. Accanto a spettacoli che non avevano ottenuto tutto il successo desiderato, come “Provaci ancora Sam” di W. Allen o “Generali a merenda” di Vian, ce ne furono altri di altissimo livello come “Maria Stuarda” di Dacia Maraini (1995/96), presentata con grandissimo successo al Festival croato delle piccole scene e in Toscana. La stagione 1996/97 segnava un traguardo importante per la compagnia. Ricorrevano i cinquant’anni dalla fondazione del Dramma Italiano, e come era ormai tradizione, per festeggiare il giubileo fu allestita una commedia di Goldoni (“Il campiello”). La stagione proseguì con “Shakespeare & Elisabetta” di Gavran, immaginaria love story tra la matura regina d’Inghilterra e il giovane Shakespeare, e “Il berretto a sonagli” di Pirandello. Nel 1997 ci fu un altro cambiamento nella direzione della compagnia, che passò nelle mani di Sandro Damiani. Fondamentale fu l’aiuto e la disponibilità offerta da Mangano, soprattutto per quanto riguarda i contatti con artisti italiani di prestigio, oltre che per le sue regie e le consulenze artistiche. Erano essenzialmente due gli obiettivi che la compagnia doveva raggiungere: fare in modo che gli italiani dell’area istro-quarnerina tornino ad assistere in numerosi (oltre quel 3% che stava tanto stretto) agli spettacoli e trovare una sua “ragion d’essere” in grado di garantire al DI uno status unico nel panorama teatrale in cui opera. Doveva farsi cioè promotore di tre culture: italiana, croata e slovena, senza dimenticare di mettere in rilievo anche la creatività degli esponenti del Gruppo nazionale italiano. E’ proprio lungo questa strada che iniziò e continua tuttora a muoversi il Dramma Italiano. Fin dalla stagione 1997/98 si sono notati i primi cambiamenti nella scelta del repertorio. Le tre produzioni della nuova stagione sono state “Delikatessen” di Carpinteri-Faraguna, “Uomo in mare” di Ghigo de Chiara e “L’Assente” di Bruno Maier, tutti autori contemporanei e, allo stesso tempo, molto vicini alla nostra cultura. Nei cartelloni della compagnia trovano sempre più spesso spazio testi di autori croati (come Krleža, senza dubbio il più grande drammaturgo croato, o Gavran, o Držić), ma anche drammaturghi Italiani contemporanei (Moretti, de Chiara, Randazzo, Fo) o autori della minoranza italiana (Rota, Marchig, Nacinovich, Damiani). Molti spettacoli vengono allestiti in collaborazione con teatri italiani (ad es. “L’Assente” è stato coprodotto con La Contrada di Trieste, “Da Piedigrotta a Mahagonny” con la Compagnia Teatro IT di Roma, il “Michelangelo Buonarroti” con il Teatro d’Arte di Firenze-Arezzo). Tutto ciò, se da un lato ha contribuito a far conoscere il Dramma Italiano anche in Italia, dall’altra ha influito negativamente sulle tournée in Istria del Dramma Italiano. Infatti, la scenografia di questi spettacoli è spesso così elaborata da non poter essere adattata ai piccoli palcoscenici della penisola, escluso forse quello di Pola e Capodistria. pliche, una per le scuole ed una serale, per ogni produzione), è chiaro che l’unica soluzione è cercare di conquistare un pubblico più vasto, magari proprio quel pubblico che assiste agli altri 172/192 spettacoli. Se l’unico ostacolo è rappresentato dalla lingua italiana, i sottotitoli in croato potrebbero essere un modo per abbattere questa “barriera”. Sperimentato per la prima volta in occasione della prima di “Un bel dì vedremo”, il videoproiettore ha riscosso subito un grande successo fra il pubblico della maggioranza, come dimostrato dai 1.500 spettatori presenti alle cinque repliche (cosa che a Fiume non si vedeva dai tempi d’oro della compagnia). Nelle stagioni 1999/2000 e 2000/01 sono stati otto gli spettacoli prodotti dal Dramma: “Il guardiano dei porci”, spettacolo per ragazzi, tratto da una fiaba di Andersen adattata per le scene da Laura Marchig, “Da Piedigrotta a Mahagonny” di Moretti, “Delirio a due” di Ionesco, “La colpa è sempre del Diavolo” di Dario Fo; è stato ripreso “Shakespeare & Elisabetta” di Gavran (presentato già nella stagione 1996/97), seguito dalle prime di “Per il bene di tutti” di Randazzo, “Michelangelo Buonarroti” di Krleža ed infine “Album di famiglia” di Alessandro Damiani. Uno dei lavori più riusciti è stato, senza alcun dubbio, “La colpa è sempre del Diavolo” di Fo. L’allestimento è stato seguito con molto interesse sia dalla stampa italiana che croata, anche perché era da ventisei anni che il testo non veniva rappresentato. Per l’occasione, Dario Fo ha inviato alla compagnia i bozzetti dei costumi disegnati da lui stesso per la prima nel 1964. L’altra produzione molto seguita è stata “Michelangelo Buonarroti” di Krleža, presentato per la prima volta nella traduzione in lingua italiana e allestito anche a Caprese, paese che diede i natali al grande artista toscano. Nel 2001 al Dramma Italiano è stato assegnato il Premio Città di Fiume. Ma non basta. L’anno successivo, nel 2002, la compagnia viene insignita di un altro prestigioso riconoscimento: il premio Flaiano, assegnato “per il grande apporto nella divulgazione e la promozione del Teatro italiano all’estero”. E’ la prima volta che un premio del genere viene consegnato ad un’istituzione. Fino ad allora lo avevano ricevuto solo persone fisiche. Istituito nel 1974, il Flaiano è un riconoscimento molto particolare: viene infatti assegnato ad artisti ed operatori culturali di vari campi (teatro, cinema, televisione, poesia, prosa, giornalismo), quelli appunto nei quali si è distinto Ennio Flaiano. Basta fare anche solo alcuni dei nomi, in ambito teatrale, ai quali e’ stato assegnato il premio: Vittorio Gassman, Giorgio Strehler, Luca Ronconi, Gigi Proietti, Mariangela Melato, Ghigo de Chiara... Nelle ultimi anni la compagnia ha presentato in media tre prime a sta2000/01, “Michelangelo Buonarroti” di Krleža. gione. Da “Venditori di anime” di AlAl centro Giulio Marini berto Bassetti alle “Le fredde stelle del Gattopardo” di Lampedusa, alle “FarIn questi ultimi anni la compagnia italiana se” di Peppino De Filippo, “Le baruffe chiozha “puntato” su nuove città che, in cinquant’an- zotte”, “Così è (se vi pare)”, alla più recente ni, hanno ospitato raramente o mai il Dramma “Maratona di New York”. Nel 2004 il timoItaliano (“Un bel dì vedremo” è stato rappre- ne della compagnia passa nelle mani di Laura sentato a Lubiana, Zara, Ragusa; “Delikates- Marchig, nuova direttrice della compagnia. sen” a Spalato, Zara e Ragusa). Il complesso Dopo oltre cinquant’anni il Dramma Italiadi prosa ha partecipato anche a diversi festival no sta dimostrando di essere veramente all’alinternazionali: al “Mittelfest”, tenutosi a Civi- tezza di tanti altri teatri, anche se sembra ancodale del Friuli il 26 luglio 1998, ha presenta- ra alla ricerca o meglio alla conquista di un ruoto “L’Assente” di Maier; a Lesina ha portato lo definito all’interno della complessa realtà in “Shakespeare & Elisabetta”; al Festival di Ra- cui opera. Rimangono ancora aperte molte quegusa si è esibito con “Padron Maroje”, capola- stioni: gli attori sono sempre troppo pochi (tre o voro del drammaturgo raguseo Držić. quattro quelli su cui si può contare); il pubbliNel 1999 è stato acquistato un videoproiet- co “naturale” della compagnia, il Gruppo natore computerizzato per l’emissione di sottoti- zionale italiano, continua ad essere poco pretoli in croato. Se si prende in considerazione sente. Ma in quasi sessant’anni, tra alti e basil fatto che il Teatro Nazionale «Ivan pl. Zajc» si, il Dramma Italiano ha dimostrato di essere offre all’anno 180/200 spettacoli, e che le pre- in grado di superare ogni ostacolo a testa alta. senze del Dramma sono annualmente 8 (2 re- Sarà sicuramente così anche questa volta. 5 Palco estate Dal Mediterraneo alla Mitteleuropa Estate a teatro. A godersi le stelle, in ogni senso. Si prospettano ricche e variegate le “Notti estive fiumane” (per il TN “Ivan de Zajc”), edizione 2005, dall’apertura all’arrivederci all’anno prossimo: 33 giorni, meglio, notti, intense. Dal 23 giugno al 26 luglio, Fiume tutta sarà palcoscenico con performance dislocate in vari punti. Inaugurerà la manifestazione il teatro di strada “Avanti Display” di Londra (che ha avuto l’onore dell’inaugurazione del Teatro Nazionale di Londra) con una performance – Hydromania - che si svilupperà su tutto lo “Zajc”. Inaugurazione tipicamente mediterranea, chiusura dal sapore mitteleuropeo con valzer e tango in piazza della Risoluzione. E nel mezzo? Musica con Montserrat Caballe, Carmina Burana, Arsen Dedić e Gabi Novak…, teatro con prime. Ecco il programma: 23 giugno, ore 21,30 Parco dello “Zajc”, Hydromania con l’”Avanti Display”(nella foto) 24, 25, 26 e 27 giugno, ore 21,30 Cartiera, Marš. Pjesma nad pjesmama/Marcia di B.M.Koltès (“Zajc”, Novo Kazalište Zagabria, F. Ponto e Mini teater di Lubiana 30 giugno, 1, 2 e 4 luglio, ore 21,30 Piazza della Risoluzione, Così fan tutte, W.A.Mozart con l’Opera dello “Zajc” 6 luglio, ore 21 Casa di cultura Scala Beaufort, Teatro “Trafik”- Fiume 9 luglio, ore 21,30 Piazza della Risoluzione Zente refada di Giacinto Gallina (DI, Teatro Trieste) 10 luglio, ore 21 Casa di cultura, Arsen Dedić e Gabi Novak in concerto 11 luglio, ore 21 Torpedo, Carmina Burana di Carl Orff, Filarmonica di Fiume, Opera “Zajc” 12 e 13 luglio, ore 21,30 Facoltà di Filosofia, Jazz di F. Šovagović, TN “Zajc” 16 luglio, ore 21,30 Tersatto, Montserrat Caballè in concerto (nella foto) 18 luglio, ore 21,30 Piazza della Repubblica, Concerto “Androida” con Damir Urban, Putokazi, Milan Fras e altri 20, 21, 22 e 23 luglio, ore 21,30 Cantrida, porticciolo,Mirisi, zlato i tamjan/Oro, incenso e mirra di Slobodan Novak, TN “Zajc” 25 luglio, ore 21,30 Cartiera, Amleto di W. Shakespeare, TN “Zajc” 26 luglio, ore 21,30 Piazza della Risoluzione, Valzer, Tango, Opera e Balletto “Zajc” A scelta. 6 palcoscenico Martedì, 7 giugno 2005 RIFLESSIONI Con il Piccolo Teatro di Milano Eternamente «Arlecchino» (servitore di due padroni) di Gianfranco Miksa Solo certe cose del mondo sono eterne, o meglio ancora, costanti e di lunga durata. Libri, spartiti, monumenti e altre cose, sono testimonianze dirette di fatti, avvenimenti e situazioni culturali, che vanno ad arricchire lo stato emozionale dell’individuo. Ma può uno spettacolo essere eterno? Una riflessione d’obbligo: la registrazione audio/video di un qualsiasi spettacolo, non è testimonianza fisica e neanche lontanamente mitizzazione. Essa è per lo più uno strumento che raccoglie in sé i presupposti per una lettura didattica e informativa. Lo spettacolo “Arlecchino servitore di due padroni”, dell’autore veneziano Carlo Goldoni e con la regia firmata da Giorgio Strehler, ha tutte le caratteristiche per essere un prodotto culturale eterno. Questo spettacolo è in scena dal 1947, con oltre 2000 rappresentazioni sui palcoscenici del mondo. Un prodotto unico, molto esportato, messo in scena in oltre 50 Paesi. La sua peculiarità principale, quella più avvincente, è che, dopo la scomparsa, nel 1997, di Giorgio Strehler, lo spettacolo continua ad essere messo in scena con la regia autentica del grande regista. Questo spettacolo, nella sua lunga vita, ha visto due grandi interpreti dell’Arlecchino Batocio; il primo protagonista dell’Arlecchino di Strehler è stato Marcello Moretti che l’ha interpretato dal 1947 fino al 1961, anno della sua scomparsa. Moretti ha avuto un rapporto difficile con la Maschera, tanto da dipingersela sul volto. L’anno seguente, 1962, il “Batocio” (una sorta di mestolo multiuso, usato per girare la polenta, per condurre le vacche al pascolo o ancora indispensabile “arma” nelle zuffe delle locande) passa a Ferruccio Soleri, l’attore italiano che in Russia ha vinto la Maschera d’Oro e che è stato definito dal pubblico giapponese “tesoro dell’umanità”. Sarà Ferruccio Soleri il protagonista assoluto dell’Arlecchino, sarà Soleri a consacrare “Arlecchino servitore di due padroni” spettacolo italiano più rappresentato nel mondo. Il Servo di due padroni di Soleri è più realistico, più acrobatico, più ginnico; elementi indispensabili che danno una nuova impronta alla maschera. I suoi movimenti rapidi, il modo di parlare cantando e il tono stridulo della voce divertono chi lo segue. Sotto le pezze, inganni, tradimenti e una tardiva disperazione Arlecchino rappresenta un servo in cerca di una vita migliore. É ingenuo e credulone e per non mettersi nei guai non esita ad ingannare, tradire, raccontare bugie e fare dispetti. Poi si dispera e si consola con gran rapidità. È un’attaccabrighe, perennemente affamato e alla continua ricerca, disperata, di cibo. Questo stesso spettacolo è stato a Fiume nel lontano 1955. In quell’anno il direttore del Dramma Italiano era il grande poeta Osvaldo Ramous, “a lui si deve la prima apertura (oserei dire anche a livello nazionale dell’allora Jugoslavia) verso altre forme di cultura al tempo ritenute occidentali, decadenti, contrarie alla politica culturale del Paese. Lo ha fatto organizzando la prima tournée di una Compagnia teatrale d’oltreconfine, appunto il Piccolo Teatro di Milano che per l’occasione nel 1955 presentò l’Arlecchino servitore di due padroni del grande commediografo italiano, Carlo Goldoni”, come già precedentemente rilevato da Gianna Mazzieri Sanković nel quotidiano “La voce del popolo”. Dunque a Ramous si deve questo impegno d’apertura verso altre forme di cultura. Un impegno molto deciso ma soprattutto coraggioso, vista la situazione con l’esodo in atto e l’atmosfera generale di anti italianità che si era creata. Con questo spettacolo Strehler ha fatto un recupero degli schemi tradizionali della Commedia dell’arte, dove il maggiore interesse di lavoro del regista è lo sviluppo del ritmo scenico. Dal 1952 ad oggi lo spettacolo “Arlecchino servitore di due padroni” ha visto dieci edizioni, ed è mutato pian piano: una sorte d’evoluzione, arricchita con oltre 50 anni d’esperienze. L’”Arlecchino” del Piccolo oggi: una grandissima serata, ricca d’emozioni, dove più di tutti ha stupefatto e sbalordito Ferruccio Soleri che con i suoi 76 anni fa acrobazie che molti giovani si sognerebbero appena di fare. Ma Soleri E’ Arlecchino, e dunque . RICORDI Eugenio Marchig, una sera di mezzo secolo fa Siamo riusciti a raggiungere, telefonicamente, uno spettatore DOC dello spettacolo del 1955, il professor Eugenio Marchig che ci ha raccontato delle impressioni della rappresentazione d’allora. Lei che ha visto lo spettacolo “originale” del ’55, che cosa si ricorda di quella serata Devo dire che andare a Teatro in quel periodo era la cosa più bella che si poteva fare la sera. Dico la cosa più bella perché non c’era ancora la TV e poi erano anni veramente infelici e tristi per tutta la Comunità Nazionale Italiana dell’Istroquarnerino. L’esodo era al massimo della sua tragicità, la città si svuotava a vista La locandina dello spettacolo messo in scena a Fiume nel 1955 per la regia di Giorgio Strehler d’occhio. Era veramente molto triste. Poi mi ricordo che nel 53, con i fatti di Trieste, la città fu spogliata neanche in mezz’ora dalle sue insegne bilingui! Era cominciata una politica di chiusura delle nostre scuole. Noi, penso al gruppo etnico italiano, vivevamo così tagliati fuori dall’Italia, e questa venuta del Piccolo Teatro di Milano era stata una cosa molto piacevole, oserei dire straordinaria per quel tempo ma soprattutto, per noi, fondamentale, perché segnava l’inizio dei primi contatti con l’Italia. Uno spettacolo visto cinquant’anni fa può lasciare dei ricordi ma non delle forti impressioni, quello che mi ricordo bene è che era uno spettaco- lo di una dinamicità pazzesca, si vedeva subito che si trattava d’attori eccezionali, la regia era poi un’altra cosa, di un altro mondo, oserei dire. La mobilità, in se stessa, degli attori è quello che mi ha colpito fortemente. Il saper esprimere delle cose non soltanto con la voce ma con il movimento del corpo, esprimere stati d’animo opposti a quello che esprimeva la voce. Com’era il pubblico? Il teatro era pienissimo. La gente era in grado di apprezzare a fondo le cose. Erano altri tempi, si usciva molto, la gente andava a ballare, al cinema e in teatro. Mi ricordo che lo spettacolo ottenne grandi ovazioni. palcoscenico 7 Martedì, 7 giugno 2005 LA RECENSIONE Teatro dialettale ESODO Chi non s’arrangia muore di Carla Rotta Un po’ per ridere, un po’ per scherzo, ma sotto sotto, soprattutto per davvero: i difetti elevati a virtù, le virtù declassate a difetti. Cose spicciole delle quali ridere, quasi a volerle smitizzare. Ridere di se stessi, a conti fatti. E non c’è migliore ironia dell’autoironia. Perché finito di ridere, dentro, qualcosa, magari in dosi minime, scotta. Carpinteri e Faraguna. Ormai un trade mark delle cose di casa: casa e cose d’inizio secolo di fine millennio, storie di mare, di strategie di vita, guadagno, risparmio, in un gioco ad essere un po’ più furbi e sapersi arrangiare meglio degli altri per cadere sempre in piedi. Gli Amici della Contrada hanno portato in tournée in Istria (Pola e Pirano) “Beato el Turco”, liberamente tratto dalle gustose Maldobrie di C&F. Occasione per assaporare teatro che in dialetto parla di questi luoghi e perciò più genuino, più vicino, più comprensibile e condivisibile. Non un teatro dalle grandi pretese, più semplicemente momenti distesi e distensivi: una frase, un modo di dire o di fare può accendere qualche pensiero proprio ed esaurito questo, si ritorna a navigare per mare a bordo del “Pandora” assieme al suo equipaggio un po’ così, guidati dall’inossidabile comandante Bogdanovich. Bravo uomo di mare, ma quello che gli viene proprio bene è il fufignar, dottrina di vita che ha messo più di un uomo di mare nelle condizioni di guadagnare, in pochi viaggi sulla linea del Levante, soldi per farsi l’appartament(in)o. Non tutto rose e fiori, il mondo dei guadagni paralleli. Perché ci sono intralci sulla nave, perché bisogna fare i conti con un Paese straniero con i suoi usi e costumi (ma è proprio questi che fanno svegliare l’affarista che dorme in ognuno dei Nostri), perché ad un certo punto ci si mette anche la Dogana. E lo sa il cielo quanto può essere complicata la burocrazia. Parte il “Pandora”, naviglio che si porta addosso un nome da disdetta (come la mettiamo con la superstizione dei marinai?): parte con un passeggero in più. Tale Aloisius Stanislaus Qualcosa che accanto all’altisonante nome si porta addosso un altrettanto altisonante incarico: Abate Mitrato di Cracovia. Un uomo di chiesa che la necessità di salvare la pelle farà gioire delle bestemmie dei marinai. Quando il mare è grosso, quando al largo, più che ragan è sion, i marinai che bestemmiano dicono la rabbia non la disperazione e lo sconforto. A questo punto si può stare tranquilli. Va male male, ma male davvero, quando questa rude gente di sale, si rivolge al Supremo Ente alla ricerca di aiuto: significa che da soli non ce la possono fare, che vie d’uscita a misura di umano intervento non ce ne sono. E sono radighi anche per l’Abate Mitrato di Cracovia: vuoi mettere che così, per puro caso, su, in Ditta, ci si distragga un attimo? Come dire: a morire si è preparati ma non si è pronti. Ed anche l’uomo di Dio, per ora, preferisce le certezze della vita terrena. Sono radighi anche per il buon Bogdanovich: deve buttare a mare il guadagno extra, le scarpe che acquista per poco a Trieste e vende non per poco in Turchia. Gabbando la Dogana e gonfiando le tasche proprie. Affari da carpe diem giacchè Kemal Pascià vorrebbe modernizzare nell’abbigliamento il suo popolo che basta vestir ala turca: via papuzze, fez e braghe turche. A questo punto,solo el sempio no se profita. Grattacapi finiti arrivati in Levante? Magari! Intanto, con la scusa che il “Pandora” ha la cella frigorifera (pensata per portare giù, a chi turco non è luganighe e porzina), Bogdanovich ha il compito di riportare a Lussino la salma di Bepin Giadrossich, buonanima che alla chiesa del paese ha lasciato la “sostanza” ma in cambio vuole riposare nel cimitero del paese. Passi un morto, ma due! Ci sarebbe, a dividere la stanza fredda con Bepin, anche un turco da tumulare a Metkovich o Mostar: fatti suoi e delle sue quattro mogli, anzi, vedove. Quindi, “in là” la noia di Sua Eminenza, “in qua” la noia di “due morti due” e “quattro vedove quattro”. Poi lo scambio delle bare tanto che a Metkovich riposa Bepin Giadrossich con le lacrime di quattro mogli che non ha mai visto ne conosciuto, a Lussino un turco. Roba da matti. Anzi, roba de prima de la guerra, dela prima Guera”. E conviene crederci, a queste cose: c’è la testimonianza, un po’ condita e colorita di Barba Checco, vecchio lupo di mare che adesso passa le giornate al porto a raccontare, a chi ha voglia di ascoltare e tempo da perdere, avventure un po’ vere un po’ inventate. Ma uomo di esperienza. Perché lui, il Levante, lo conosce. Ci ha fatto anche l’interprete. Di turco. Perché sapeva contare fino a dieci (in turco) e dire kapali.. LA RECENSIONE Teatro contemporaneo Pogon, Studio per una rappresentazione sacra di Rossana Poletti “Siamo tutti un codice a barre, merce d’acquisto”: è questo il primo messaggio che il regista e scrittore Marco Artusi trasmette ad una platea di quasi solo giovani, se non giovanissimi, presenti martedì 31 maggio al Teatro Stabile Sloveno di Trieste. Un attore muto appiccica a tutti gli spettatori un adesivo che contraddistingue i prodotti in vendita, il cosiddetto, appunto, codice a barre: va così in scena “Pogon”, studio per una rappresentazione sacra, liberamente ispirato alle “Baccanti” di Euripide, promosso dalla Casa della Musica di Trieste e dal Gruppo teatrale italosloveno Skysma, cofinanziato dall’Unione Europea, nell’ambito del programma INTERREG III/a, e dal Ministero per la Cultura della Repubblica di Slovenia. Quello che vediamo poi in scena è una breve riflessione sulla vita dell’uomo, partendo dalle origini, ai tempi moderni. La domanda che si pongono i redattori del testo drammaturgico ed il regista è che cosa sia cambiato nella vita dell’uomo dalla cellula primordiale ai giorni nostri. Quale sia stata la sua liberazione. Il sesso è stata la fonte di vita e di evoluzione nella complicata e casuale combinazione cellulare che ha dato vita alle mutazioni genetiche dell’umanità, creando una stirpe sempre più forte, ma il sesso, inteso oggi come puro piacere ed edonismo, ne sarà la sua morte. E dal bozzolo, materia di plastica nello spettacolo, da cui l’uomo nasce, sempre nella plastica e cioè nella sua negazione scompare. Nel sottofondo sottolinea questa riflessione una appropriata miscellanea di musica sacra e rock; sul soffitto immagini del tempo che fugge nella natura e della dimensione moderna descritta attraverso le metropoli, i cartoons e la tecnologia scientifica. Da cornice e da sfondo, il mito di Dioniso e di Agave, madre di Penteo, che nel mito greco sarà ucciso dalla propria madre, affinché la donna possa vivere e godere dell’amore sfrenato e mutevole di Dioniso. Sono sempre presenti, durante tutto lo spettacolo, le tre baccanti: danzatrici che dai cenni del tango, simbolo della passione, cedono ad una danza orientale, che richiama a riti e simboli ancestrali. Accompagneranno egregiamente la regina Agave nella sua danza d’amore per Dioniso, ricordando per alcuni attimi la stupenda danza erotica delle donne nella “Gatta Cenerentola” di De Simone. Lo spettacolo è uno studio che se approfondito, per i mezzi multimediali usati e il testo complesso ma intrigante, potrebbe trasformarsi in una vera occasione per il teatro contemporaneo. L’unica nota negativa da sottolineare è che a Trieste è ancora difficile pensare a cooperazione tra Italia e Slovenia, vista la scarsa risposta della città e dei suoi mezzi d’informazione; peccato perché le risorse ci sono ed è attraverso la cultura che spesso si trovano le strade della comprensione. «La rosa dei tempi» ricordi e speranze Serata speciale al Teatro Cristallo venerdì 10 giugno per la presentazione dello spettacolo intitolato LA ROSA DEI TEMPI. L’Esodo dal ricordo alla speranza, prodotto dal Centro di Documentazione Multimediale della Cultura Giuliana Istriana Fiumana e Dalmata e dall’Associazione Culturale amici della contrada. La manifestazione, realizzata nell’ambito del Convegno del CDM sulla Letteratura dell’Esodo, è una raccolta di pensieri e scritti sull’Istria e la Dalmazia che la giornalista-scrittrice Rosanna Turcinovich Giuricin ha composto intervallando alle sue considerazioni, quasi sotto forma di diario, una scelta di splendide pagine scritte su queste terre. Attraverso il filo della memoria, l’autrice ricorda chi rimase legato alla sua terra e al suo mare e chi invece se ne andò, come tanti altri, lasciando un mondo di arcaica civiltà che aveva già sedimentato i suoi riti e i suoi miti. Si intervallano ai ricordi della Giuricin, le pagine di Fulvio Anzellotti (Zara, addio!), Bruno Maier (Case a Capodistria), Fulvio Molinari (La cagnassa e altre storie istriane di mare), Paolo Santarcangeli (Il porto dell’aquila decapitata), Giani Stuparich (“Ricordi istriani”), Pier Antonio Quarantotti Gambini (Primavera a Trieste), Pier Paolo Pasolini (Il Caos), Anna Maria Mori (Bora). E tra una lettura e l’altra si snodano la testimonianza filmata di Licia Cossetto sulla triste vicenda di sua sorella Norma, diverse poesie (Il suolo ch’io calco, Esilio, Tutto di noi, Sempre pensai) del grande poeta fiumano Osvaldo Ramous, le testimonianze filmate o narrate di Guido Braini, capodistriano, oggi massimo rappresentante dei Giuliano-Dalmati di Toronto; di Roberto Opeka che, bambino, partì da Trieste per il Sudafrica; di Elsa e Loredana Reia, sorelle a Toronto, cresciute tra i ricordi dei genitori istriani; di Konrad Eisenbichler, professore che ha dedicato i suoi studi anche alla realtà giuliano-dalmata canadese; di Luisa Grisonich, giovane insegnante, figlia di esuli che vorrebbe rimanere in contatto con i suoi coetanei a Trieste e in Istria; di Livio Schiozzi, artista, insegnante, alla riscoperta di un’Istria piena di richiami. Autori famosi e gente comune, che rievocano, ognuno a suo modo, l’amore per questa terra. Ideato da Rosanna Turcinovich Giuricin, “LA ROSA DEI TEMPI. L’Esodo dal ricordo alla speranza” si avvale dell’interpretazione di Maria Grazia Plos e Maurizio Zacchigna, che saranno accompagnati dalle suggestive danze di Viviana Zinetti. Il videoallestimento è curato da Antonio Giacomin, le musiche originali sono di Carlo Moser, mentre le coreografie sono di Carolina Bagnati. La regia dello spettacolo è curata da Sabrina Morena, L’Esodo dal ricordo alla speranza”, realizzata dal Centro di Documentazione Multimediale della Cultura Giuliana Istriana Fiumana e Dalmata, grazie al contributo del MIBAC (L. 72/2001), e dall’Associazione Culturale amici della Contrada, sarà in scena al Teatro Cristallo venerdì 10 giugno alle ore 21.00. L’ingresso è libero. 8 palcoscenico Martedì, 7 giugno 2005 CARNET PALCOSCENICO rubriche a cura di Daniela Rotta Stoiljković NOTES - Giugno nelle CI INVITO A TEATRO IN CROAZIA CI BUIE Teatro Nazionale Ivan de Zajc - Fiume 1, 2 e 3 giugno ore 20; 4 giugno ore 20,30 Bludi/ Peccati/Zozos di Manfridi, commedia noire dal 23 giugno al 26 luglio Notti estive fiumane (vedi pag. 5) 7 giugno ore 19 la Filodrammatica della CI di Buie in uscita a Cittanova (Casa del pensionato) dove presenta la commedia “In quela casa de mati” di Ruggero Paghi. Regia di Dolores Barnaba CI CAPODISTRIA 18 giugno ore 23,30 al Lapidario del Museo regionale “Notte estiva dei musei” con la Compagnia dei Folli (Il cavaliere errante), Teatro Pantakin (Il principe moro), Skysma (Behind that history), Tripudiantes del Micrologus (musiche per feste antiche) CI DIGNANO 23 giugno ore 19 serata sociale per salutare la vecchia sede. Partecipano i bambini dell’asilo, della scuola e i Maxicantanti (Aljoša Marković). La serata si concluderà con il tradizionale fuoco di S. Giovanni in Piazza del Popolo Teatro cittadino - Pola CI FIUME 6 giugno ore 18 saggio di fine anno scolastico degli allievi del Centro Studi di Musica Classica, Sezione di Fiume, preparati da Lucia Malner, Roberto Haller, Fulvio Colombin e Ingrid Piškulić 8 giugno ore 20,30 concerto degli allievi della Scuola di musica “Ino Mirković” di Laurana 10 giugno ore 20 Jalta, Jalta di Grgić - Kabiljo, musical 9 giugno ore 18 concerto degli allievi della Scuola di musica “Ino Mirković” di Laurana CI “DANTE ALIGHIERI” ISOLA IN SLOVENIA Teatro cittadino - Capodistria 1 giugno ore 20; 2 giugno ore 18 Edipo Re di Sofocle 3 e 9 giugno ore 20; 10, 17 e 25 giugno ore 21, 26 giugno ore 22, 28 giugno ore 21 Agenzia di divorzi di A. Jelačin 4 giugno ore 11 Magia magia buff! di Natalia Sultanova e Ravil Sultanov 8 giugno ore 20 Margherita pag. 89 di L. Hubner 16 giugno ore 20 Lettere all’amico. A qualcuno importa di Seneca 24 giugno ore 22 Arsenico e vecchi merlettidi J. Kesserling IN ITALIA Madame Butterfly, bozzetto di scena di P. Bisleri TRIESTE OPERETTA AL RIDOTTO 10 giugno ore 18, Sala del Ridotto Zarzuela e colori di Spagna. Brani tratti dalle Zarzuele 16 giugno, ore 18, Sala del Ridotto Suoni dalla mitteleuropa. Musiche di C.M.Ziehrer, H.Schneider, J. Strauss, YoshitomoZimmer, R. Benatzky, R. Stolz, F. Kreisler, F. Lehar, J. Gade, C. Morena, F.D. Marchetti. Con l’”Innsbrucker Salonquintett” Politeama Rossetti - Trieste Ciclo: Fuori abbonamento 3 giugno ore 10 e 18 SALA BARTOLI Il pirata Testadura e i gioielli scomparsi di Andrea Andolina e Valentina Burolo; regia Andrea Andolina e Valentina Burolo La Contrada - Trieste TRIESTE IN SCENA/SERATE SVEVIANE 2, 3 e 4 giugno ore 17,30, Biblioteca civica di Piazza Hortis Itinerari sveviani 15,16 e 17 giugno ore 21, Piazza Hortis Gli Ulissidi 17 giugno ore 19 Sala delle vedute di Casa Tartini, saggio degli allievi del corso di chitarra classica e folk guidato da Vanja Pegan. CI POLA 8 giugno ore 18,30 spettacolo di fine anno scolastico degli alunni della SEI “G.Martinuzzi” 9 giugno ore 18 spettacolo di fine anno pedagogico dei bambini dell’istituzione prescolare “Rin Tin Tin” 11 giugno ore 20 concerto di fine stagione della “Lino Mariani”. Si esibiscono l’Orchestra mandolinistica, i Solisti e, il Gruppo vocale “Alta marea” diretto da Paola Strmotić. Ospite della serata il Coretto “Abracadabra” della CI di Sissano 15 giugno ore 12,30 spettacolo di fine anno scolastico degli studenti della SMSI “Dante Alighieri” CI ROVIGNO 3 giugno ore 20 Chiesa di S. Francesco, concerto del Trio Malipiero (pianoforte, violino, violoncello). In programma musiche di Beethoven e Brahms 9 giugno ore 18 serata letteraria con i giovani della “Dante” che hanno partecipato al concorso della Mailing List Histria dal tema “Le feste e le tradizioni popolari e religiose all’ombra del tuo campanile” 10 giugno ore 21 Chiesa di S. Francesco, concerto del Duo Kairos (pianoforte e violino). In programma musiche di Mozart, Brahms ed Elgar 16 giugno ore 20 al Centro invalidi “Dva topola” di Isola “La magia del canto”, serata canora con i Cantanti di musica leggera e i Minicantanti della “Dante” 18 giugno ore 20 al Teatro di Isola, “Tutti a teatro”, mini rassegna di prosa con la partecipazione della Filodrammatica Ragazzi della CI di Bertocchi, le Filodrammatiche delle CI di Matterada e di Salvore, nonché la Filodrammatica della “Dante” 16 giungo ore 17 spettacolo di fine anno della SEI “Bernardo Parentin” CI PIRANO STAGIONE LIRICA E DI BALLETTO 9, 10, 14, 15, 16 e 17 giugno ore 20,30; 11 giugno ore 17, 12 giugno ore 16 Madama Butterly Tragedia giapponese in 3 atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, musica di Giacomo Puccini 15 giugno ore 19 Sala delle vedute di Casa Tartini, saggio degli allievi del corso di pianoforte guidato da Milly Monica e degli allievi del corso di violino guidato da Lara Di Marino. Ospiti gli allievi del corso di pianoforte della Comunità degli Italiani di Momiano 5 giugno ore 17 al Teatro di Isola “In Piaseta”, rappresentazione scenica di Amina Dudine presentata dal Gruppo folk giovanile del sodalizio. Regia di Amina Dudine CI PARENZO Teatro lirico G.Verdi - Trieste 14 giugno ore 19 Sala delle vedute di Casa Tartini, saggio degli allievi del gruppo dei Minicantanti guidato da Dolores Barnaba 4 giugno ore 20,30 al Teatro Tartini incontro di cori “Se passi per di qua”. Si esibiscono il Gruppo corale di Carlino (Udine), il Gruppo corale “Fulvio Tomizza” di Umago, il Coro maschile di Camporosso (Tarvisio) e il Coro “Giuseppe Tartini” di Pirano 8 giugno ore 10,30 presso la Comunità locale di S.Lucia “Il pesciolino d’oro ovvero chi troppo vuole nulla stringe”, favola per bambini su musiche di Stefano Sacher e Daniel Stachowiak, con l’associazione “Serenade Ensamble”. Voci recitanti Susanna Bradassi, Donatella Stabile, Maurizio Tancovich. Direttore Stefano Sacher. 10 giugno ore 20 Sala delle vedute di Casa Tartini, concerto del duo Magnolato – Grandin (Vasco Magnolato – chitarra, Gianni Cuzzolin – flauto). In programma musiche di F. Shubert, F. Carulli, M. Giuliani, N. Paganini e A. Piazzola 12 giugno ore 20,30 al Teatro Tartini concerto “Cantando e suonando in riva al mar…”. Si esibiscono il trio Biba, Vlado e Ricky” di Rovigno, il gruppo mandolinistico “France Prešeren” di Dolina (Trieste), l’Orchestra a plettro di Breganze (Vicenza) e il gruppo mandolinistico “Serenate” di Pirano 15 giugno spettacolo di fine anno scolastico della SEI “Bernardo Benussi” 17 giugno ore 21 Chiesa di S. Francesco, concerto del duo Venturini – Martinelli (pianoforte e violoncello). Il programma musiche di Debussz, Beethoven e Prokofev 18 giugno ore 21 all’estivo della CI il Teatro Incontro presenta la commedia “Le cognate” di Michel Tremblay. Regia di Barbara Sinicco 22 giugno ore 21 all’estivo della CI “Voci di primavera”, concerto dei Minicantanti della SAC “Marco Garbin” 23 giugno ore 19 all’estivo della CI, “Addio ai grandi”, spettacolo di fine anno del Giardino d’infanzia “Naridola” di Rovigno. 24 giugno ore 21 Chiesa di S. Francesco, Concerto dell’ Helios Trio (pianoforte, violino e violoncello). In programma musiche di Beethoven, Ives e Shumann CI UMAGO 25 giugno concerto della SAC “Marco Garbin” della CI di Rovigno. CI VERTENEGLIO 12 giugno ore 18 al Teatro del sodalizio, 21.esima edizione della “Festa della Malvasia Istriana” organizzata dalla CI, dal Comune e dalla Pro Loco. Alla cerimonia di premiazione interverrà il Coro di Voci bianche della CI diretto dalla maestra Sabrina Stemberga Vidak. Seguirà una serata danzante sulle note del gruppo “Anelidi” nella piazza centrale di Verteneglio 23 giugno ore 19 al Teatro del sodalizio, concerto di fine anno scolastico degli allievi dei corsi di pianoforte e chitarra classica della sezione locale del Centro Studi di Musica Classica. Ospiti gli allievi del corso di chitarra della CI di Grisignana Il programma può subire modifiche Anno 1 / n. 3 7 giugno 2005 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ, supplementi a cura di Errol Superina, progetto editoriale di Silvio Forza edizione: PALCOSCENICO Redattore esecutivo: Carla Rotta / Art director: Daria Vlahov Horvat Redattore grafico: Tiziana Raspor Collaboratori: Nensi Giachin Marsetić, Gianfranco Miksa, Rossana Poletti, Daniela Rotta Stoiljković, Rosanna T. Giuricin Foto: Ivor Hreljanović, Dražen Šokčević