mixtape 1 4 mixtape mixtape 5 6 mixtape mixtape 7 8 mixtape mixtape 9 mixtape newsletter C’è speranza. Quest’estate di recessione economica ci dà speranza. Tornare ad apprezzare il gelato da due euro che si scoglie sulla lingua, slabbrare la t-shirt di quel concerto degli Strokes fino a farla diventare una bandana, sfondare le Adidas gazzelle, tanto così sono ancora più hip. Surfare sui divani dei propri amici, lontani e vicini, per permettersi i sedili scomodissimi della easyfuck*ngjet. Il mondo sta cambiando, intorno a noi, ma questa non è mai stata una novità. E allora imbracciamo il cambiamento, come un mitra, e crediamo negli strani percorsi che la vita ci propone. È con questa filosofia che il MIXTEAM ha impacchettato per voi sullo stesso nastro (MIXTAPE GAMMA) storie differenti e complementari tra loro, dal mondo all’Italia e ritorno. Siamo andati in Qatar, a capire cosa si nasconde dietro lo sponsor del Barcellona e perché robo-Monti si vanta delle strette di mani scambiate con l’emiro Khalifa. Abbiamo parlato con chi vuole partecipare a una rivoluzione fatta di proiettili e respiri affannati, in Siria, ma si ritrova le mine sotto casa, piazzate anzitempo dai soldati israeliani. Ci siamo ritrovati in una marea arancione tra i canali di Amsterdam, in cui crisi e alcool vanno d’amore e d’accordo durante la Festa della Regina. Abbiamo intervistato gli autori di startup cucite con ago e filo nel centro di Milano, che senza paura stanno realizzando i propri sogni. In Visual, Laura Bagnera ci ha mostrato cosa ha trovato sotto i sediolini dei propri sogni. In Tapes, vi raccontiamo cos’è che cambia tra le file dei musicisti made in Italy, con nuovi colpi di mix (Death in Plains) e schizzi geniali dei classici (Afterhours). Pause reality. Let’s mix it. Il Mixteam 10 mixtape mixtape 11 Fabrizio De Rosa : Scappato di casa alla tenera età di 19 anni, De Rosa è il reporter dall’occhio lesto che nessuno si vorrebbe mai trovare di fronte. Sempre pronto ad essere lanciato in orbita da compagnie low cost, non ammetterebbe mai di essere un radical chic. Roberto Strino : È il più rilevante critico musicale della zona ospedaliera di Napoli. L’unico videogame a cui gioca è Puzzle Bubble. È intrappolato in una crepa dimensionale dalla quale può scappare solo dormendo o masturbandosi. Il suo sogno è di vivere in una sit com degli anni ‘90. Elena Roda : Nonostante sia nata a 5 km dalla Svizzera e nel cuore di Manzoni (Como), Elena costruisce ponti tra il mondo occidentale e quello arabo con la sua penna. Giornalista internazionale, quando parla del Golan spesso specifica che non si tratta di un gelato Magnum a edizione limitata. Stranamente non ha mai avvistato il mostro del lago di Como, George Clooney. Sabrina De Mercurio : Amante del bello, (e di Leme Cam), Sabrina è una fotografa/stylist professionista che passa le giornate sui set fashionisti milanese. Crede nella moda sostenibile, ha un debole per il Medio Oriente e il succo alla rosa canina. Non uscirebbe mai di casa senza i suoi boccoli da yiddish. Laura Bagnera : Nata e cresciuta a Palermo, trascorre le sue giornate a Milano, disegnando, dormendo e raccontando i sogni che fa. Nei suoi disegni penetra la musica che la culla. Non le piacciono un sacco di cose, tra cui, per ora, il caldo. Martina Petrelli : Esteta del design ragionato, Martina ha speso l’ultimo anno a rielaborare il concetto di archivio in chiave dittatoriale e ad accarezzare conigli. Ha vissuto più o meno in tutti paesi che partecipano ai Mondiali di calcio con la sua compagna inseparabile, una borsa-monolite grigia che ripara il suo Mac come se fosse l’armatura di Pegasus. È la madre spirituale e visuale di MIXTAPE BETA. VIEWS..................................17 STORIES..............................21 VISUAL................................50 TAPES..................................56 Views STORIES VISUAL TAPES la strada della peggio gioventu'. 17 Doha : la terra promessa e' deserta. 23 after padania. 58 depressione postcolonialismo #1. 18 golan : RIVOLUZIONE, MINE E FACEBOOK. 32 Things found under car seats - Everybody loses something. 50 la festa della regina : paura, delirio e crisi economica ad amsterdam. 37 milano chiama eco-fashion. 43 the canadian tree. 60 intervista a death in plains. 63 move to the mountains. 65 LA strada della peggio gioventu' fabrizio de rosa Finito Berlusconi, siamo rimasti con i cerini in mano. Sono finiti i girotondi, le petizioni online, le intercettazioni (quasi). Lo scandalo. Quanto era semplice, identificarsi sotto quella bandiera rossa, la bandiera degli anti. Per ribellarsi bastava guardare Santoro posare l’indice sulle labbra. Oggi devi leggerti l’Economist e litigare con i turisti in tedesco. Bastava ritrovarsi tra le rime dei Cani. Finito Berlusconi, c’è rimasto il futuro dilaniato della generazione di Dragonball. La Peggio Gioventù. Tra Bruxelles, Parigi, Berlino e Roma, mandando qualche sms a Madrid e Atene (perennemente in fiamme) si gioca quel che ne sarà dei giovani europei. Senza Muccino che bussa al citofono. La disoccupazione giovanile ha toccato il 22% in tutta l’UE. In Italia ci distinguiamo con un bel 35% (+6% rispetto all’anno scorso). I Peggio Giovani italiani sono una Beat Generation senza Vietnam e acidi da ingoiare. Il Messiah Jack Kerouac descriveva i suoi contemporanei attraverso un fil rouge, il battito del cuore, the beat. Assente. Anzi no, lento. Schiacciato dalla seconda guerra mondiale e dalle paranoie comuniste, un cuore a sangue freddo, tradito e minacciato dai Mad Men americani e la loro gelatina ammazza-ideologie. Un 16 mixtape sangue che i Peggio Giovani del Bel Paese conoscono molto bene, accarezzato sotto pelle come i troppi esami sul libretto. L’università finisce e ci si ritrova su un precipizio. Il vuoto delle mancate opportunità made in Italy. L’ansia. Da cittadini italiani ed europei viviamo in un mondo di incertezze. Ma anche di possibilità. Bisogna guardare all’Europa per quello che è : casa nostra. E ascoltare più attentamente a quello che si dice nelle sale del Parlamento Europeo. Proprio in questa sede già nel 2010 era stata pubblicata una risoluzione in cui si chiedeva alla Commissione una maggiore attenzione nei confronti dei giovani disoccupati europei. Secondo il modello austriaco (molto simile a quello danese e tedesco) un giovane che rimane disoccupato per più di 4 mesi deve essere indirizzato dallo Stato verso un’occupazione (lavoro o stage) retribuita per almeno sei mesi, in modo da facilitarne l’ingresso nel mondo del lavoro (questo sconosciuto). Insomma, il diritto al lavoro (retribuito) esiste ancora da qualche parte e la Commissione Europea ha deciso di spalmarlo per tutto il vecchio continente, specialmente presso gli 8 paesi meno virtuosi in fatto di politiche giovanili : Grecia, Irlanda, Italia, Let- tonia, Lituania, Portogallo, Slovacchia e Spagna. Per la fine del 2012 questi stati membri dovranno investire i fondi strutturali rimanenti del periodo 2007-2013 per riscattare la Peggio Gioventù europea. Così finanziamenti per progetti EU regionali, borse di mobilità per studenti e giovani laureati, saranno distribuiti a pioggia (82 miliardi, in totale) in tutta Europa. In Italia, il Monti-bot ha calcolato che fondi per 8 miliardi sono disponibili per circa 128mila Peggio Giovani italiani, “molti dei quali al Sud”. Ed è proprio dal Sud, da Napoli, che mi torna in mente un murales screpolato letto tra i vicoli del centro storico : “Il futuro non è scritto”. Specialmente su Google, dove il futuro si produce ogni giorno, come la pasta a Gragnano, tramite le dozzine di bandi aperti disponibili per chi ha fame di vivere il proprio On the Road, dentro o fuori i confini nazionali. Peggio Gioventù, allacciati le cinture, si parte. mixtape 17 DEPRESSIONE POST-COLONIALISMO #1 ROBERTO STRINO Come in una polaroid sbiadita, ecco la mia nuca ciondolare tra file di magliette monocromatiche a prezzo di favore. Chi ha girato mercatini e grandi magazzini scavando nei cumuli di merce da campionario può capire lo straniamento di trovare tutto ciò che si è sempre desiderato stretto in un punto che fa sembrare ogni capo privo di esperienza e personalità. La camicia a quadri per 10euro che ti fa assomigliare alla tua ultima band indie folk preferita adesso non ti riesce più a distinguere dal tamarro che l’ha trovata di moda. Adesso il trend sei tu, che ti facevi sottile per scivolare sulle pareti e sgattaiolare via dal flusso di persone che non capivano, che ascoltavano Christina Aguilera e idolatravano gli short pants sbagliati. Entrando da H&M non è stato l’assortimento di merce che mi ha steso. Sono state le casse che pompavano, sulla massa di scialbi potenziali acquirenti, il nuovo singolo dei Real Estate, e poi Class Actress. Mi avvicino al commesso che ha la pettinatura male interpretata del mohicano. Gli chiedo se quella che sto sentendo è una radio. Lui mi risponde avvilito che è un cd di merda standard per tutti i negozi della catena, e che lui non ne può più di questa musica. 18 mixtape C’è qualcuno che ha pensato a me. Ha pensato che gli analfabeti non se la sarebbero cavata con la crisi, quindi i soldi da spillare sarebbero stati nelle mie tasche. Nelle tasche di chi ha giocato a giochi di ruolo, smanettato su computer, amato serie fantascientifiche e puntato tutto su band che si sono rivelate la nuova faccia della musica dell’inizio del millennio. E’ tutto lì, per tutti, svuotato del potenziale sovversivo. Comprabile senza il percorso di conquista. Alla fine, dopo che abbiamo predicato tanto in giro, Dio ci ha puniti esaudendo il nostro desiderio di vedere il mondo uguale a noi. E ha rivelato il nostro peccato, la nostra vanità che si è sempre espressa nella volontà di non essere uguali agli altri. Abbiamo solo avuto la fortuna di stare dalla parte della qualità. Il deprimente doposbornia dell’esaltazione da conquista coesiste con la soddisfazione data dalla verifica di aver sempre posseduto una conoscenza sofisticata emanata dal magazine o dal sito web più giusto e di nicchia. Adesso non riesco più a ridere davanti alle battute di The Big Bang Theory. Punch Line standard e un target preciso : il vecchio me. mixtape 19 20 mixtape mixtape 21 Doha : la terra promessa e' deserta FABRIZIO DE ROSA Volare sull’Iraq ed atterrare su una pista di sabbia, mentre il sole si ferma a metà a strada, visibile come un occhio di bue con della margarina sopra. Rotondo. Benvenuti in Qatar, dice un cartellone scintillante. Benvenuti in una nazione che ha le proprie radici nel futuro. Il Qatar è un minuscolo stato tra l’Arabia Saudita e l’Iran, un piccolo ducato ante-litteram, governato dalla dinastia Al Thani, al potere dal 1850. Nel 1995 un colpo di stato soft da parte di Hamad bin Khalifa Al Thani ai danni del padre Khalifa bin Hamad Al Thani ha posto le basi dello stato moderno che è oggi il Qatar. Apri le sue guide e ti rendi conto che la più grande attrazione dello stato mediorientale deve ancora nascere, uno stadio da 60.000 posti alla periferia della capitale, Doha. Il grattacielo di Al Jazeera, emittente finanziata dall’ emiro Khalifa, è il simbolo dell’indipendenza e del progresso culturale che abbraccia la penisola desertica. Si staglia, modesto, nel mezzo di hotel a 5 stelle e grattacieli rinfrangenti con neon incorporati, un incrocio tra il pianeta della sabbia di Star Wars e Mordor, la terra degli orchi del Signore degli Anelli. Il Qatar si è guadagnato le copertine dei media globali grazie 22 mixtape alla costante presenza di Khalifa e famiglia (a rotazione, ha 23 figli e 3 mogli) nei salotti della politica internazionale. E da divani vellutati ha lanciato appelli accolti (intervenire in Libia) o meno (fermare l’eccidio di civili in Siria con un contingente arabo). “ L’emiro del Qatar è certamente un tipo molto influente – ha detto di lui Barack Obama, a margine di una sessione di strette di mano con Khalifa – ed è un grandissimo promotore della democrazia nei paesi arabi. Eppure, nel suo paese non c’è traccia di processi democratici”. Nel paese con il reddito pro-capite più elevato al mondo (all’incirca 145,000 dollari) la democrazia è un optional. Doha, l'incrocio tra il pianeta di sabbia di Star Wars e Mordor. Le fortune dello stato mediorientale sono segnate dalla scoperta del gas liquido nei primi anni novanta. Dopo il golpe pacifico, Khalifa ha consolidato la sua leadership istituendo un piano di sfruttamento delle risorse sommerse dalle dune qatariane. Oggi il Qatar è il più grande esportatore mondiale di gas liquido nel mondo e la sua economia cresce come il pizzetto di un adolescente procace : + 15% nel 2011 e + 19% del 2012. Addirittura, in proporzione, più di India e Cina. “Ma se continuano a esportare così, le risorse finiranno in una quindicina d’anni” mi rivela un businessman man inglese interessato alle vicende della regione. In un paese in cui il 90% del cibo è importato e l’acqua corrente è ottenuta a seguito di un costoso processo di desalinizzazione, le finanziarie delle prossime decadi del paese arabo sono già argomento di dibattito nel palazzo reale. Ed è proprio per questa ragione che il serioso emiro del Qatar ha stilato un booklet, Qatar National Vision 2030, dove si proietta una nazione che, seppure senza le risorse naturali di oggi, possa essere all’avanguardia e protagonista. Progetto sponsorizzato, letteralmente, dalle icone del Qatar, l’emiro Khalifa e il suo figlio prediletto, il principe Tamim bin Hamad, trentenne erede al trono della dinastia Al Thani. I due membri della famiglia reale sono ritratti un po’ come la Madonna nelle città d’arte italiane ad ogni angolo di strada, stampati sui gadget più vari, dall’orologio, alla sciarpa, passando al cappellino che si illumina e mouse-pad 3d. Arabic pop art made in China. I soldi non bastano per ac- quistare il Colosseo o la Tour Eiffel, ma sono abbastanza a pagare il Barcellona per far correre Messi con una maglietta a righe con su scritto Qatar e convincere i delegati della FIFA ad organizzare il mondiale di calcio all’ombra degli emiri nel 2022. In un paese dove d’estate ci sono in media piu’ di 50°. “La temperatura che conta – spiega Wolfgang Kessling, project manager del team Qatar World Cup 2022 – è solo quella percepita. Negli stadi che stiamo costruendo ci saranno tubature d’acqua fredda all’interno e pannelli solari malleabili a basso impatto ambientale. Le nuvole artificiali faranno il resto e l’esperienza del mondiale qatariano sarà molto simile a quella di Usa ‘94”. Che, dicono i ben informati, fu al limite della sopravvivenza per i giocatori ed il pubblico (chiedete al codino di Robi Baggio). Il Mondiale sarà di scena tra dieci anni ma negozi specializzati già sorgono ad ogni angolo del mercato centrale di Doha per la " Guardare una donna musulmana negli occhi, e' paragonabile ad un pizzico sul sedere in Europa " produzione di coppe del mondo che differiscono dall’originale solo perché ad alzarle non ci sono né Zidane né Cannavaro, ma occidentali in sovrappeso. Quei turisti e businessman che camminano incuriositi alla ricerca di uno sisha e di deliziosi dolcetti mediorientali, evitando di incrociare lo sguardo di donne coperte da vesti nere che lasciano intravedere solo gli occhi. “Guardare una donna musulmana negli occhi, è paragonabile ad un pizzico sul sedere in Europa” mi dice Rita, originaria del Kosovo, in Qatar per una conferenza. Molti uomini baffuti la scrutano ed io mi sento imbarazzato per lei. Gli uomini arabi non sorridono mai, si dice perché questo è il loro costume. Lei, bionda ed occhi verdi, è una dei tanti opinion leader che per una ragione o per l’altra capitano di passare una settimana Una riproduzione della Coppa del Mondo presso il mercato centrale di Doha. nella capitale. Il governo qatariano, in collaborazione con fondazioni satellite, attrae decine di organizzazioni no profit (UN inculsa) ogni anno, offrendo hotel a cinque stelle, trasporti, attività di divertimento (gettonatissimi i giri in cammello, le scampagnate in gip sulle dune e sport acquatici sul Golfo Persico) e persino alcol ( qui è proibito ovunque tranne che nei bar degli hotel dove solo occidentali e pochi altri eletti sono accetti). In ritorno, queste organizzazioni distribuiscono gadget con il marchio del Qatar stampato in bella mostra, mentre i profili Facebook e gli account Twitter degli invitati sono bombardati da spot entusiasmanti : “Il Qatar non smette mai di stupirmi” è una filastrocca che ho sentito esclamare spesso, anche dalle mie labbra. Gli emiri amano la cultura ma non cosi' tanto una citta' multiculturale. Ma svegliarsi, mangiare e andare a dormire in questi circuiti di conferenze internazionali è come vivere dentro una biglia, senza poter guardare oltre il vetro, appannato dalla sabbia. Quando lo spolveri con il mixtape 23 pugno, Doha ti appare per quello che è : una ghost town. La capitale sembra appartenere ad un futuro distopico non troppo lontano, l’evoluzione di una New York mediorientale abbandonata in fretta e furia dopo l’attacco di un manipolo di maestri d’arti marziali. Ken Shiro e compagnia bella. Palazzoni rifrangenti e altri in costruzione si accalcano tra loro nel centro della città, un po’ come cartoni di latte da riciclare. Non piove da un anno, ma i prati sono sempre verdi, giardinieri incappucciati spargono erba fresca sulle aiuole. Importata chissà da dove. La gente dov’è ? Nel 1949 11.000 qatariani vivevano nel paese, poche centinaia nell’area di Doha, ai tempi centro specializzato nella raccolta di perle. Poi nel dopo guerra qualcosa è cambiato. Torri di Sauron hanno cominciato a spuntare nel deserto, e poi la scoperta del gas liquido condita dalla visione dell’emiro Khalifa. Creare l’antiDubai. Da qui il bisogno di importare operai, cuochi, tassisti. Uno stato in via di sviluppo che attrae emigranti in cerca di sviluppo, dal Nepal, dalle Filippine, dall’India, dall’Etiopia e chi più ne ha più ne metta. Così il Qatar nel 2012 conta 1.7 milioni di abitanti, di cui l’80% sono immigrati. Lavoratori, senza cittadinanza, perché c’è solo un modo per ottenerla, sposare un cittadino qatariano. Gli emiri amano la cultura ma non così tanto una città mul24 mixtape Gli immigrati li riconosci subito, gli unici a non indossare abiti tradizionali, incravattati come sardine, accalcati in bus senza aria condizionata. ticulturale, tanto da riservare posti letto gratuiti ai propri lavoratori in “campi da lavoro” ai margini delle città. Gli immigrati li riconosci subito, gli unici a non indossare abiti tradizionali, incravattati come sardine, accalcati in bus senza aria condizionata. Eppure hanno spesso un sorriso stampato sulle labbra. La scelta di venire in Qatar è loro, il salario è buono, e gli permette di fare una vita da re quando, almeno per un mese all’anno, tornano nel paese natio. “Mi piace il Qatar ? Certo che mi piace – dice Nabil, cameriere nepalese da Qatar da due anniè pieno di soldi. Ma oltre quello, il tempo è orribile, si lavora e basta”. Il sorriso cala quando gli si chiede di casa. Lo stesso avviene con quegli imprenditori dalle guance piene che si barricano dentro hotel dove all’ingresso è necessario il passaporto e si paga un’ Heneiken 12 dollari. “Il Qatar sarà il prossimo paradiso fiscale, ma casa mia mi manca” mi rivela Meidera, originaria del Portogallo, fondatrice di una società per consulenza finanziaria con sede a Doha. “Mi mancano le piccole cose. Mi manca il fornaio sotto casa mia, i suoi bambini. In Qatar non se ne vedono per strada”. Medeira fa parte di un vero e proprio esercito di immigrati qualificatissimi che decidono di saltare su un aereo, attraversare le nuvole irachene per ingrossare il proprio portafoglio mettendosi a disposizione di organizzazioni profit e no-profit che il tocco dorato e gassoso della dinastia Al Thani fa sbocciare. Il restante 15% della popolazione, i qatariani storici, si confondono con gli altri immigrati del golfo, dell’Oman, degli Emirati Arabi Uniti. “Non puoi distinguerli fino a che salgono in macchina – mi dice Steven, imprenditore americano che vive qui da cinque anni. Da fuori tutti hanno un vestito bianco, limpido, poi salgono in macchina e vedi chi ha la Maserati”. I qatariani sono seri, con baffi inchiodati sotto al naso, camminano per strada sfiorandosi, mentre alle donne è proibito ogni contatto fisico. Ma oltre le apparenze c’è una società che è aggrappata solo ai propri abiti, e che a furia di cover stories conquistate sull’Economist ha imparato ad accogliere il mondo occidentale, anche con i suoi pantaloncini infedeli. Del resto mancano appena dieci anni alla Coppa del Mondo. Vista del centro di Doha dal 60esimo piano del Kempiski Hotel. Il vento proveniente dal deserto impolvera continuamente i finestroni. mixtape 25 Grattacielo in costruzione nella zona occidentale di Doha. 26 mixtape mixtape 27 Due orologi targati dai volti dell’emiro Khalifa (a destra) e il principe Tamim (a sinistra). Il loro prezzo oscilla dai 130 ai 110 rial (30-25 euro). 28 mixtape mixtape 29 Vista da Katara, centro di conferenze internazionali nella zona settentrionale di Doha. 30 mixtape mixtape 31 GOLAN : RIVOLUZIONE, MINE E FACEBOOK elena roda Sabato mattina. Altipiani del Golan. A pochi chilometri di distanza, al di là della rete che delimita il ‘no trespassing point’ c’è Damasco. Lì la gente è per le strade a manifestare contro il regime di Assad. Lì, oltre la rete, la guerra, quella vera, fa stragi, ogni giorno. Qui tutto è diverso. Siamo seduti a Oud El Na’ na’ caffè, uno di quei luoghi di ritrovo che, dicono da queste parti, sono malvisti dai capi religiosi. Uno di loro butta un occhio dentro e affretta il passo scuotendo la testa. Questa aria di cospirazione lo infastidisce, lo mette di cattivo umore. Questo è il luogo di ritrovo di chi la rivoluzione la può fare solo attraverso Facebook e Twitter. Sono qui i giovani e meno giovani che dal Golan guardano alla Siria e con il pensiero sono in piazza a manifestare contro quel regime che i capi religiosi e i più conservatori sostengono e che loro vorrebbero vedere caduto, una volta per tutte, per provare, dicono, quell’aria di democrazia tanto agognata. Tra loro e la Siria c' e' una rete, alta e spessa, e una striscia di terra minata. 32 mixtape Tra loro e la Siria c’è una rete, alta e spessa, e una striscia di terra minata. Qui, lo scorso giugno, una ventina di siriani sono morti, uccisi dalle mine e dal fuoco israeliano. Stavano manifestando contro l’occupazione israeliana del Golan che dal 1967 divide chi qui abita da genitori, fratelli e cugini in Siria. La rivoluzione ha riacceso le speranze in quelli che inseguono il sogno di poter un giorno buttare giù quella rete e tornare ad essere siriani, a tutti gli effetti. Per il mondo sono ‘residenti in Israele’ ma non hanno nazionalità. Da quando Israele ha occupato il Golan, hanno perso la cittadinanza siriana e negli anni Ottanta hanno rifiutato quella israeliana. “Siamo undefined”, dice Aamer, 21 anni. ‘Undefined’, come il nome del bar dove i ragazzi si ritrovano la sera. Per bere un cocktail o un bicchiere di vino, in un luogo dove bere alcool è contro la religione. Ma loro sono ‘undefined’ e gli ‘undefined’ non hanno regole fisse. Con gli amici la sera ballano sulle note delle hit americane, in famiglia parlano e mangiano arabo, le loro auto hanno targa israeliana. Qui, in questa piccola isola araba ricca di acqua, gli israeliani coltivano la terra e sciano sul monte Hermon, l’unico ski resort d’Israele. La bandiera israeliana capeggia sugli edifici pubblici e sulla vedetta al confine, quella siriana invece è bandita. Gli abitanti del Golan, circa 20.000, in Siria non possono entrare se non con speciali permessi per brevi periodi o per studiare all’università. Chi invece il confine lo attraversa sono le mele che vengono prodotte qui e vendute in Siria grazie all’aiuto della Croce Rossa Internazionale. Il confine si apre così per alcune settimane all’anno ma solo per le mele. Una volta passati i camion si richiude, gli uomini quel confine non lo possono varcare. Il popolo degli undefined, targhe israeliane e tweets siriani. Così non resta che guardare alla Siria attraverso i social network per restare informati e esprimere la propria solidarietà a chi, al di là della rete, è in piazza a protestare. All’inizio della rivoluzione l’Oud El Na’ na’ caffè ha messo a disposizione un muro bianco per raccogliere pensieri, disegni, idee sulla protesta in Siria. Un po’ come il muro di Facebook, dicono qui. Un posto per condividere, chiedere e rispondere. C’è chi su quel muro, reale e non virtuale, ha scritto ‘Non sono mio’, prendendo a prestito le parole del poeta palestinese Mahmoud Darwish. Un ‘non sono mio’ che parla di libertà sottratta, dell’altro, degli altri che decidono per te. I giovani del Golan attraverso il Web vogliono far sentire la loro voce e dire : non siamo nelle strade a protestare ma ci siamo con il pensiero, dall’altra parte della rete. Come Shefaa, 26 anni, giornalista e blogger. Attraverso internet mantiene i contatti con un gruppo di giovani rivoluzionari e li aiuta a far circolare notizie fuori dai confini siriani. O come Randa che fa l’artista e attraverso le sue sculture rappresenta la rivoluzione Il Muro presso Oud El Na’na’ cafè. Il villaggio di Majdal Shams (sopra). in Siria da un punto di vista inedito, “quello dei soldati siriani che uccidono chi protesta ma sono obbligati a farlo”, racconta. “Io voglio rappresentare il loro dolore”, ci dice “perché anche loro sono essere umani e meritano la nostra comprensione”. mixtape 33 La rete di confine tra Golan e Siria. 34 mixtape mixtape 35 LA FESTA DELLA REGINA : PAURA, DELIRIO E CRISI ECONOMICA AD AMSTERDAM FABRIZIO DE ROSA Amsterdam non è la capitale della ganja, della prostituzione e dell’amore libero. Nemmeno se ci sei stato e l’hai vista nuda e maledetta con i tuoi occhi, accarezzando i suoi fianchi umidi, i canali, ed incrociando gli sguardi di prostitute e cigni nel Red Light District. Amsterdam è l’ombelico dell’Europa, punto di contatto tra le economie di successo bagnate dal mar Baltico, la cultura centro-europea e le decine di multinazionali americane stanziate nelle vicinanze dell’aeroporto di Schipol. Amsterdam è tutto questo, più le biciclette. Per 364 giorni l’anno. Poi arriva il 30 aprile, la città si veste d’arancio, scende dalla bicicletta e sale su centinaia di barche intasando i canali, ubriacandosi senza ritegno. Questo giorno ha un nome ben preciso e se lo direte agli olandesi gli si illumineranno gli occhi, “Koninginnedag” (pronuncia Konikdahg) : La Festa della Regina. Creato ad hoc nel 1885, svolge ancora la stessa funzione dei tempi color seppia, rafforzare l’identità olandese esaltando una delle icone olandesi, la sempre presente Regina. La festa si è tramandata di generazione in generazione ed oggi, la regina 36 mixtape Beatrix, è la terza reale a celebrare l’evento. Il protocollo vuole che la regina visiti una città dei Paesi Bassi l’anno, inaugurando i festeggiamenti. Dov’è la regina oggi ? “Il 30 aprile è solo una scusa per bere e festeggiare, chi se ne frega della Regina” mi dice Willem, trent’anni e fondatore di un’azienda IT. Che, tra le altre cose, indossa in bella mostra una spilla della regina Whilelmina, la prima ad inagurare il Koninginnedag. Oggi, gli olandesi hanno bisogno più che mai di una “festa della regina”. Il secondogenito di Beatrix, il principe Friso, è in stato vegetativo dopo essere stato travolto da una valanga in Belgio mentre sciava. L’Olanda è entrata in recessione (Pil -2% nella primavera 2012 rispetto all’anno precedente) come la maggior parte dei membri EU. Ciliegina sulla torta, il paese non ha un governo in pianta stabile. Saranno felici i ganja lovers, il disegno di legge per limitare l’acquisto di marjuana da parte di turisti è congelato dall’instabilità politica. Il grande protagonista delle crisi di governo è il Bossi olandese, Geert Wilders, che si è tirato fuori dalla coalizione di governo, un po’ come fece il Che Guevara di noi altri, Bertinotti, nel 1997, facendo cadere il governo Prodi. “La crisi di governo ? I politici sono dei pagliacci, per me politica è solo pagare le tasse, poi se la vedano loro a risolvere i problemi” mi urla Jan, d’arancione vestito e con due mezze pinte di Grolsch tra le mani. Geert Wilders ha racimolato ben 1 milione e mezzo di voti e 24 posti in parlamento nel 2010 a suon di affermazioni come “Io non odio i mu- Le spille che ritraggono la Regina Wilhelmina (1880 – 1962) sono gettonatissime. mixtape 37 I canali del quartiere chic di Jordaan sono le arterie principali della festa. 38 mixtape mixtape 39 sulmani, odio l’Islam” e “il Corano è come il Mein Kampf”. Insomma un amico di Borghezio, ma ben più magro e pericoloso di lui, definito dal governo inglese come una “minaccia per la società”. Oggi Geert è tornato sulle prime pagine sul De Telegraaf grazie ai suoi strepiti su Twitter (è seguito da 188.000 persone). Il terzo partito d’Olanda, il Freedom Party, non accetta una nuova finanziaria che limiti il potere d’acquisto dei propri elettori. Bum, governo spappolato e il primo ministro costretto riconsegnare il mandato alla regina. Alla maggior parte degli olandesi, brilli e dal passo incerto, della crisi di governo e della recessione non frega niente. Alla maggior parte degli olandesi, brilli e dal passo incerto, della crisi di governo e della recessione non frega niente. O almeno cosi’ sembra. “Crisi di governo ? Vedo solo una crisi arancione” mi dice Richard, 42 anni, scollegando di proposito il cervello. I fiumi arancioni che si riversano nelle arterie della città (specialmente nella zona di Jordaan, ad ovest di piazza Dam) scorrono a singhiozzo. Quando vedo una ragazza bionda da copertina di Vogue ballare su 40 mixtape un porticciolo nei pressi di un dj-set improvvisato, non posso evitare di chiederle cosa pensa di Wilders. “Non capisco niente di politica” si gira lei, smorfiosa. Chiedere di politica e crisi economica, durante la Festa della Regina, è paragonabile a mettere a palla “Meno male che Silvio c’è” durante un concerto degli Afterhours. Mai come oggi, olandesi e stranieri sbandati, che vedono in Amsterdam una specie di Las Vegas sull’acqua, sono figli dello stesso Dio. Per un gruppo di studenti exchange capitanati da Jessie, americana di 22 anni ed un’ambizione per il devastarsi ad ogni angolo d’Europa prima di ritornare nella natia Nebraska, il Queen’s Day è come Natale. Cosi’ armati di preservativi, patate (“Metti caso che questa patata voglia divertirsi” mi confida) e decine di birre scendono per strada confondendosi con le altre maglie arancioni e flirtando con macchine della polizia. Per rendere la giornata fruttuosa, Connie, canadese 19enne autrice in patria di workshop di come reagire contro i bulli, stila una lista di cose da fare “Salire su una barca, rubare una barca arancione, pomiciare con uomo calvo, ballare con un uomo nudo, pisciare in pubblico…” e così via. Pomiciare con un omaccione calvo è stato più facile del previsto, ma come saltare su una barca ? Il segreto sta nello stesso livello di ubriacatura del passeggero (clandestino) e del nostromo. Jessie e compagni non credono ai loro occhi quando si ritrovano su un barcone che ospita panchine di legno. Ce l’hanno fatta. Da lì guardano Amsterdam da una prospettiva mai vista, dal cuore del canale. Si siedono sulle panche e brindano all’impresa. Splash. Cadono nel canale, profondo tre metri e sul cui fondale, leggende tramandano, c’è un cimitero di bicilette. La barca è in realtà una piattaforma su cui, nottetempo, sono state legate alle meno peggio delle panchine di legno rubate in periferia. Gli olandesi accettano il caos di buon grado perché di fatto questo giorno è visto “come le ventiquattro ore in cui puoi fare il cazzo che vuoi”. Si può bere per strada (è bandito per legge), le attività non emettono scontrini, ogni cittadino può ospitare una bancarella e vendere di tutto, i bambini scendono per strada e suonano chitarre e batterie. “Questo è il giorno in cui i nostri ragazzi possono finalmente mostrare quello che hanno imparato nel corso dell’anno, a tutta la comunità” mi dice Johannes, 60 anni, pensionato. E racimolare qualche spic- ciolo. “Quand’ero bambina vendevo per strada i miei giocattoli, era tutto un gioco” mi dice Nikki, segretaria universitaria. “Non è la fiera del baratto – rivela Indre, studentessa lituana di lungo corso nelle università olandesi – tutt’altro. Questa è l’occasione per gli olandesi di levarsi dalle proprie soffitte gli oggetti più improbabili. Ed è l’unico giorno in cui possono farlo perché solo oggi non hanno bisogno di una licenza per vendere. I bambini diventano artisti di strada, per loro è un gioco, ma la verità è che questo è un popolo di commercianti. Sin da bambini, sanno vendersi e sanno vendere”. In effetti, sono stati gli olandesi a inventare il mercato azionario. Chiedere di politica e crisi economica, durante la Festa della Regina, e' paragonabile a mettere a palla "Meno male che Silvio c'e'" durante un concerto degli Afterhours. La giornata finisce con un tramonto lunghissimo, studenti internazionali, turisti e cittadini olandesi partecipano a un’atmosfera di fratellanza post-alcolica facendo la fila per urinare su piastroni gialli di plastica. Jessie e Connie, inzuppate completamente, hanno rinunciato a ballare con un uomo nudo. Amsterdam è ubriaca fradicia. Da domani tornerà ad essere l’ombelico d’Europa. Le lattine che galleggiano nei canali saranno rimosse, la spazzatura raccolta, l’urina slavata dalle strade. Come, qualcuno si augura, i tweet di Geert Wilders. Delirio arancione tra passanti (sopra), edifici (al centro) e statuette di plastica (pagina seguente). La “to do list” di Jessie e Connie (a sinistra). mixtape 41 ECO-MILANO CHIAMA FASHION BUISNESS SABRINA de mercurio Eppur si muove. La Peggio Gioventù italiana, quella della disoccupazione endemica e delle opportunità negate, supera il muro dell’indifferenza innalzato dalla crisi economica, facendosi imprenditrice di se stessa. A Milano, centro propulsore della moda internazionale, un gruppo di giovani con background molto diversi tra loro, ha creato degli spazi d’incontro, in cui è possibile acquistare abiti vintage ed eco-friendly, scoprire nuovi designers, partecipare ad aperitivi, dj set e presentazioni di nuove collezioni, in collaborazione con stilisti, grafici e videoartisti. Sfidando i i sampietrini meneghini ho scoperto quattro meravigliose realtà metropolitane, poliedriche, vivaci e green oriented. Spazi ricchi di opportunità per chi li progetta e di stimoli per chi ne usufruisce. 42 mixtape mixtape 43 MEET2BIZ : Incontrarsi per fare eco-business Alzaia Naviglio Grande 14 www.meet2bizshop.com Incedo a passi tremanti per la Ripa di Porta Ticinese, sfidando a viso aperto il gelo dell’inverno milanese, e solo ora capisco cosa intendesse dire Nada cantando “Ma che freddo fa…” – con le sue note ancora calde (almeno loro) nelle orecchie, mi accingo ad entrare da Meet2Biz, dove mi accoglie Silvia Bentivoglio, la giovane e sorridente proprietaria dello shop. MIXTAPE : Puoi descrivermi lo spazio in cui ci troviamo ? Silvia Bentivoglio : “È un ambiente polifunzionale, che si presenta come un concept store basato sul concetto di sostenibilità ed accessibilità (qui vige una price policy precisa, per la quale la media dei costi deve mantenersi bassa ed avvicinarsi a tutte le fasce d’età), ma riveste anche il ruolo di showroom, offrendo in più servizi di creazione e gestione ai marchi di giovani designers, e di social platform, grazie ad eventi e dj set tematici”. MX : Facciamo un passo indietro, torniamo al “the day before” l’inizio del tuo progetto : raccontaci cosa ti ha spinto ad 44 mixtape iniziare questo percorso. S : “E’ stato un percorso molto naturale. Una tesi sul vintage, pubbliche relazioni, un mulino di 400 mq dove ho cominciato ad organizzare mostre, live, sfilate e poi lavori per agenzie, tour operator – il tutto in completa autonomia, base fondamentale per muoversi fra creatività, economia e giovani talenti. Devo però ringraziare i miei soci Luca e Claudia, che mi hanno aiutato a convogliare le mie mille esperienze in quello che oggi è Meet2Biz”. MX : Cosa consiglieresti ad un ragazzo che volesse intraprendere un iter professionale simile al tuo ? S : “È indispensabile l’umiltà, mettersi sempre in discussione, saper ideare qualcosa di nuovo (riprodurre le idee altrui non funziona a lungo termine e non fa la differenza necessaria per andare avanti), infine trovare una “via laterale” per fronteggiare le difficoltà : per me i problemi costituiscono uno stimolo, una possibilità… altrimenti non potrei fare questo lavoro”. MX : Quali obiettivi senti di aver raggiunto e quali sfide ti si prospettano ? S : “Credo di aver creato un punto di riferimento per le collezioni degli artisti e gli eventi interattivi (un mix di moda, design e fotografia) legati a periodi particolari dell’anno, in rispondenza delle varie fashion & design weeks, ma soprattutto di dare visibilità e sostegno a brands emergenti che utilizzano materiali di qualità e dalla filiera controllata, rispettando il loro iter professionale e tutelandone l’artigianalità. Un esempio su tutti è Moku. Mi auguro di continuare su questa strada, mantenendo la mia indipendenza e quella delle persone con cui collaboro”. MX : Il tuo mantra ? S : “Il nome del progetto : Meet2Biz, ovvero incontrarsi per fare business. Da soli non si fa nulla, perché le relazioni che si costruiscono valgono spesso più dell’incasso immediato. Credo poi di avere nel dna il verso di una canzone dei Casino Royale, “The Future”, che dice : “Ogni stop è un altro start”. Silvia Bentivoglio e Luca Cecchi (responsabile eventi speciali) insieme a Claudia Pedroni, assente ingiustificata nella foto (responsabile produzione e coordinamento generale) formano il team di Meet2Biz. LAUNDRY : TO BE RE-USE Via Vigevano 20 www.l-a-u-n-d-r-y.com “Weee ! Accomodati dove vuoi !”. Marco Russo, socio del Laundry, mi fa sentire subito a casa. Forse parte del merito va anche alle innumerevoli lavatrici che definiscono lo spazio intorno a noi, donandogli un’allure domestica. Ci rilassiamo attorno ad un tavolino, aspettando David Beltram, l’art director, che, sentendosi nominato, appare pronto sulla soglia, munito di caffè americano e di un accento squisitamente straniero, per l’esattezza colombiano. Riunitosi il team, possiamo impostare il programma dei lavaggi. MIXTAPE : Puoi descrivermi lo spazio in cui ci troviamo ? Marco Russo (socio dell’attività) & David Beltram (art director) : “È una piattaforma di lavoro libera, dove si offrono le materie prime e gli spazi ai giovani professionisti (designers, grafici, cool hunters, musicisti), per migliorare in toto il concept store, sulla base di un equo scambio di competenze all’insegna dell’ecosostenibilità e di una filiera produttiva a basso impatto ambientale. Qui puoi lavare i vestiti e partecipare attivamente al contesto, interagendo con esso attraverso le tue abilità creative. Si ospitano mostre, dj set, collezioni di giovani stilisti ed anche una linea di t-shirt creata ad hoc per lo store da diversi artisti”. MX : Facciamo un passo indietro… torniamo al “the day before” l’inizio del vostro progetto : raccontaci cosa vi ha spinto ad iniziare questo percorso. M : “In realtà il progetto ha pochi mesi di vita ma moltissime specificità, che chiamiamo “lavaggi” e che possono declinarsi in musicali, visivi etc… All’inizio avevamo un altro socio, andato via per motivi personali – gli è subentrato David, che, con la sua verve, sta riorganizzando le attività ri-creative del Laundry, curandosi in particolar modo di ridimensionare la superficie dedicata al vintage puro ed ampliare la serie di abiti second hand, con una stilizzazione tout court per accontentare i clienti più esigenti”. MX : Quali obiettivi sentite di aver raggiunto e quali sfide vi si prospettano ? M&D : “Creare abiti con stoffe vintage e dar loro nuova vita, utilizzare le materie prime che già esistono senza creare ulteriori sprechi, fornire un prodotto che non sia costato un sacrificio al pianeta, ma che abbia arricchito umanamente noi che lo produciamo e gli artisti che di volta in volta contribuiscono al nostro progetto, ci sembra già un bel traguardo. Siamo inoltre molto fieri di annunciare la nostra prossima collaborazione con la designer Marta Bettiga, per la nuova linea di t-shirts dello shop e altri eventi. Seguiteci sulla nostra pagina facebook o sul sito !”. MX : Cosa consiglieresti ad un ragazzo che volesse intraprendere un iter professionale simile al vostro ? M : “A chiunque voglia intraprendere un’attività imprenditoriale, posso solo consigliare di non mollare mai, ma se le sue azioni sono permeate dalla passione di sicuro non mollerà !”. MX : Il vostro mantra ? M : “RE-USE. Il riuso è alla base di tutto ciò che è Laundry, la sua anima. La location è re-use, il prodotto è re-use, la comunicazione è re-use. Noi siamo re-use. Abbiamo creato uno scenario in cui l’individuo si fa collettività, in un complesso gioco di specchi riflessi, dove ognuno dona visibilità all’altro”. Marco Russo e Francesco Marconi (soci Laundry) mixtape 45 PARTICELLE COMPLEMENTARI : Riciclo, accessibilità, sostenibilità e condivisione Via Pollaiuolo, 3 Isola www.fridaisola Inserendomi in un susseguirsi di strade, stradine e viottoli nel bel quartiere di Isola, giungo in un cortile dall’aria decisamente europea : è difficile spiegare l’atmosfera che vi si respira all’ interno, ma dà la netta sensazione che sia frutto di un progetto affettivo, di un’ architettura sentimentale. Mi dirigo sulla sinistra, salgo una scaletta di ferro ed arrivo allo shop, dove mi aspetta Stefania Fulghesu, che tenterà di spiegarmi la formula di questa affascinante teoria che prende il nome di Particelle Complementari. MIXTAPE : Puoi descrivermi lo spazio in cui ci troviamo ? Stefania Fulghesu (responsabile dello store) : “Particelle nasce come progetto, prima ancora che come shop, per rispondere ad alcune istanze : conoscere il contenuto etico dei prodotti che acquistiamo e indossiamo, per selezionare brands e articoli sostenibili al di fuori dei circuiti (rispettabilissimi) dell’equosolidale. La nostra “formula“ si basa su questi principi : riciclo, accessibilità, sostenibilità e condivisione, valori che si rispecchiano nella struttura effettiva dell’eco-shop, la cui superficie è egualmente ripartita in tre aree principali : vintage, brands emergenti e reparto eco46 mixtape logico, con detersivi alla spina e prodotti da toeletta vegani”. MX : Facciamo un passo indietro… torniamo al “the day before” l’inizio del vostro progetto : raccontaci cosa vi ha spinto ad iniziare questo percorso. S : “Il progetto è il risultato di una maturazione personale, una reazione verso un sistema moda “usa e getta” e le sue logiche insane : volevamo fornire un’alternativa pratica al solito negozio, offrendo trasparenza sul percorso dell’abito, dalla sua produzione all’arrivo in store. La nostra musa ispiratrice è stata la nostra ex-socia Monica, esperta in discipline ambientali”. MX : Quali obiettivi sentite di aver raggiunto e quali sfide vi si prospettano ? S : “Sentiamo di aver creato un luogo non di consumo fine a se stesso ma di condivisione – non è un caso che sia stato aperto all’interno del Frida, storico locale milanese, il cui slogan è : “Non volevamo un bar come tanti ma un bar per tanti”. Il nostro obiettivo è di offrire una scelta concreta, accessibile, con una media dei costi molto bassa e quindi sostenibile per la maggior parte delle persone. Noi lo consideriamo un laboratorio di idee “in progress”, un viatico per il riuso, l’autoproduzione e la distribuzione di beni di uso comune”. MX : Cosa consiglieresti ad un ragazzo che volesse intraprendere un iter professionale simile al vostro ? S : “Di non aspettarsi risultati immediati, perché in Italia la moda etica non è ancora una realtà acquisita e consolidata : è necessario impegnarsi nel fare informazione e nel sollecitare il mutamento delle nostre abitudini di consumo”. MX : Il vostro mantra ? “In realtà sono due aforismi : “Attento a ciò che scegli di desiderare, potresti ottenerlo” e “Vuoi far ridere Dio ? Raccontagli i tuoi piani !” Stefania Fulghesu e una collaboratrice SERENDEEPITY : Passioni personali e combinazioni multisensoriali www.serendeepity.net La sostanziale capacità di incappare in una serie di eventi e situazioni che ti portano alla scoperta di qualcosa, mentre ne stai cercando un’altra : ecco cosa si avverte entrando da Serendeepity, dove una sequenza di note, avvalorata dalla presenza di Nicola Mazzetti e Cristian Croce alla consolle, ti accoglie all’ingresso e invita a proseguire all’interno, come in un club. MIXTAPE : Puoi descrivermi lo spazio in cui ci troviamo ? Nicola Mazzett & Cristian Croce : “È l’ambiente dove possiamo condividere col mondo le nostre passioni, un luogo d’incontro, un perpetuo emotion sharing, grazie ai nostri dj set pomeridiani e alle numerose partecipazioni agli eventi artistici della città. Qui puoi associare diversi interessi creando delle combinazioni multisensoriali (vista, tatto, udito), in un contesto da living room, ultimamente arricchito da una nuova sezione dedicata ai libri, frutto del nostro recente inserimento nel circuito Interno 4, un progetto di librerie settorializzate nei centri storici delle città”. MX : Facciamo un passo indietro… torniamo al “the day before” l’inizio del vostro progetto : raccontaci cosa vi ha spinto ad iniziare questo percorso. N&C : “La spinta è chiaramente legata alla passione, pura passione. Quando ci siamo buttati in quest’impresa, lo abbiamo fatto con quella dose di entusiasmo e incoscienza necessari per intraprendere un cammino che sulla carta nessun commercialista consiglierebbe !” MX : Quali obiettivi sentite di aver raggiunto e quali sfide vi si prospettano ? N&C : “Vi sono miriadi di idee, poi alcune riusciamo ad attuarle ed altre no. Il nostro obiettivo è la perseveranza, il continuo impegno a portare avanti i nostri progetti perché sentiamo che è giusto, non saprei come spiegarlo altrimenti. Il momento è difficile per tutti, ma la sfida ci dà ancora più motivazione. Un evento a cui partecipiamo da più anni è Il Salone del Mobile, in occasione del quale utilizziamo lo spazio esterno allo store per la presentazione di nuovi artisti e designers.” MX : Cosa consigliereste ad un ragazzo che volesse intraprendere un iter professionale simile al vostro ? N&C : “Tutto questo lavoro si basa su passione, zelo e tenacia : sono gli elementi base senza i quali non si può iniziare un cammino del genere, considerate inoltre le difficoltà del momento”. MX : Il vostro mantra ? “Vinile, vinile, vinile, vinile, vinile, vinile…” Nicola Mazzetti, Cristian Croce e Francesca Vituccio (soci di Serendeepity). mixtape 47 GLOSSARIO Sviluppo Sostenibile “Lo sviluppo sostenibile è un concetto molto semplice. Significa garantire una migliore qualità della vita per tutti, nel presente e per le generazioni future.”- Opportunities for Change, Department of the Environment, Transport and the Regions, 1998. Moda Sostenibile S’intende il sistema per il quale i prodotti vengono creati ponendo massima attenzione alla provenienza delle materie prime (che possono bollarsi della certificazione di agricoltura biologica , essere materiale di recupero o fibre naturali etc…) e alla produzione stessa, rispettando la dignità dei lavoratori e avvalendosi di processi (industriali o artigianali) sostenibili, dunque sopportabili dalla Terra. Eco Friendly Indica quella gamma di prodotti che non necessariamente utilizzano fibre derivanti da agricoltura biologica ma rientrano in un sistema produttivo rispettoso dell’ambiente. Re-use Vuol dire rendere del materiale già utilizzato ”nuovamente utile” per lo stesso scopo per cui è stato realizzato o per un nuovo fine. Eco Shop Fa riferimento alla tipologia di negozi specializzata nel commercio di prodotti ecologici, alcuni dei quali possono rientrare in una categoria più vasta, come quella del concept store, dove vanno ad integrarsi e interagire diversi settori (abbigliamento, alimentare, editoria…), aventi in comune una politica di base sensibile all’ambiente. 48 mixtape mixtape 49 Things found under car seats Everybody loses something 3 LAURA BAGNERA mixtape 51 7 52 mixtape 8 mixtape 53 11 www.cargocollective.com/laurabagnera www.arthousecoop.com “The Sketchbook Project” è una biblioteca itinerante di libri d’artista. Il progetto è stato creato dal collettivo newyorchese ArtHouse Coop e fino ad ora hanno partecipato 30 mila persone di 94 nazionalità diverse, e i loro Schetchbooks saranno esposti in un tour internazionale di gallerie d’arte. 54 mixtape a cura di Roberto strino 56 mixtape mixtape 57 after padania Io prima degli album degli Afterhours ho le ‘sensazioni’, come le madri che sanno già il colore degli occhi del figlio che sguscerà fuori dalle loro gambe. E il movimento mediatico degli ultimi giorni mi ha fatto sentire come le quattordicenni che per la prima volta entrano in una discoteca vestite da salami che vogliono tornare al macello. Mentre Padania degli AfteR sta per uscire dal tendone della produzione, la Lega Nord è in ginocchio per un terremoto con epicentro all’interno del partito. La gente beve il cocktail a base di scandalo+giornalismo ed il cielo di primavera è grigio brillante, come un pavone dalla coda nera. Il singolo La Tempesta è In Arrivo ha l’alone profetico, ma nei casolari in mezzo alla pianura non avranno sentito niente, occupati a contare soldi. Mentre ascolto in anteprima i pezzi penso all’affresco sociale, che ormai è diventato il presupposto e il punto di arrivo dei musicisti più impegnati del nostro paese, con la nuova sfumatura del calarsi nella soggettività, come un itinerario balzachiano trasudante di particolari, con il pathos contenuto dalla compostezza delle architetture che sostengono gli arrangiamenti. Ma accostando Padania agli 58 mixtape altri release “sociali” ci si sbaglia di grosso. Non c’è traccia di formalismi derivanti da qualche ideologia novecentesca. Il marcato carattere analitico che spesso ha trasceso la politica della band milanese, in questo passaggio storico si è rivelato un punto di forza, evitando di far cadere i testi nell’indulgenza o nel giudizio sommario. Alla fine di quest’anno ci sarà l’inevitabile verdetto che decreterà il migliore album italiano, e il primo tempo di questo 2012 ha avuto l’onore di accogliere la competizione silenziosa e ingombrante di tre colonne portanti della scena alternative, ovvero Offlaga Disco Pax, Il Teatro Degli Orrori e i già nominati Afterhours. Al terzo release ci sono arrivati anche il messianico Pierpaolo Capovilla e il suo Teatro superband, composto da pezzi dei SuperElasticBubblePlastic e OneDimensionalMan. Il loro esordo seguito dall’acclamato presunto capolavoro A Sangue Fred e il primo tempo di questo 2012 ha avuto l'onore di accogliere la competizione silenziosa e ingombrante di tre colonne portanti della scena alternativA. Qualche anno fa il cantastorie degli Offlaga, Max Collini, con il successo di Socialismo Tascabile si è aperto la pista di bardo sinistroide nell’era post-conversione di Giovanni Lindo Ferretti, con il suo raccontato monotonale su beat elettronici che procedevano impietosi come carri funebre. Balanite, il secondo Ora dalla mischia dovra' emergere chi ha raccontato meglio la contemporaneita'. capitolo della saga ODP, si è rivelato un classico bis sotto tono. Questi dati hanno reso il terzo lavoro, Gioco Di Società, un punto critico della loro storia, dove rischiano molta credibilità data la scelta di non aver cambiato modalità sonore, costringendo la loro commedia umana in allestimenti rumoristici sempre più minimali e privi di elementi analogici. sua complicata storia da risultare brutalmente categorico. do li ha fatti eleggere dall’ex pubblico dei MarleneKuntz come migliore, e forse unica vera, rock-band italiana. Tutto questo mette sul piatto tre individui dagli ego mastodontici, con le loro rispettive band. Il Mondo Nuovo dovrebbe essere la loro consacrazione, in cui hanno passato il microfono agli immigrati, che dipingono la penisola in modo così estraneo alla La pacatezza di Max Collini e la prorompenza di Pierpaolo Capovilla caratterizzano questi due personaggi agli antipodi che giocano la stessa partita, con Manuel Agnelli che entra nell’ulti- mo minuto da iena con la voglia di mordere ancora, e punta al cuore dei peccati di superbia del belpaese, la pianura più inquinata d’Europa. Le voci protagoniste in ogni brano di Padania appartengono alle anime che vagano nel purgatorio italiano degli anni della crisi socio-economica, la stessa che fa da sfondo alle figure di Gioco Di Società degli Offlaga e del Mondo Nuovo del Teatro, ma con il filtro di chi non è mai stato compassionevole nel giudicare gli esseri umani. Ora dalla mischia dovrà emergere chi ha raccontato meglio la contemporaneità, con il vantaggio di Collini e Capovilla di sembrare merce più fresca pur avendo la stessa età di Agnelli. mixtape 59 the canadian tree Il Canada è un immenso territorio dove tratti boschivi semi-inesplorati abbracciano grattacieli postguerra fredda con armonia innaturale. Il melting-pot e il benessere del subcontinente hanno generato correnti artistiche, che però non hanno goduto di quell’attenzione sfrenata della comunità globale costantemente attirata dall’auto-focus statunitense. La prima canzone, il primo artista o il primo album punk sono nozioni che si assorbono per osmosi in 60 mixtape qualsiasi ambiente musicofilo, ma delle rivoluzioni sonore avvenute all’ombra delle foglie d’acero arrivano solo vaghi frammenti. All’alba del ventunesimo secolo la Grande Mela aveva nella sua mano da poker la combo TheStrokes/Interpol (primi release rispettivamente nel 2001 e nel 2002), lasciando intendere che il revival del garage e del post-punk sarebbero stati un affare da major. Contro ogni aspettativa, nella metropoli di Toronto si andava a formare, All'alba del ventunesimo secolo la Grande Mela aveva nella sua mano da poker la combo The Strokes / Interpol. tra studenti d’arte e frequentatori di club underground, il primo nucleo della Arts&Craft, l’etichetta che ha dato un volto alla scena indie canadese nell’ultimo decennio, fiancheggiata da vecchie realtà come SubPop e Merge. Kevin Drew, dj rock sperimentale che agiva intorno al 2000 con l’alias K. C. Accidental, condividendo con l’amico Brendan Canning la passione per i Tortoise e il post-rock più avanguardistico, decide di autoprodurre un disco con ospiti del panorama folk nascente nella sua area, compresa la fidanzata Leslie Feist. Quello che ne risulta è Feel Good Lost, un’accozzaglia di ritmi acustici sghembi avviluppata nel fluido acido dell’elettronica pregna di bassi dub. Poi è la volta di You Forgot It In People, il loro secondo lp, capolavoro celebrato dall’ormai influente webzine Pitchfork, che viene subito ristampato l’anno successivo(2003) . Le conseguenze sono vendite al di là di ogni aspettativa, brani selezionati per colonne sonore (Half-Nelson, Scott Pilgrim Vs The World) e inviti a festival internazionali. Grazie alla fama acquisita come superband, i singoli componenti e le loro carriere soliste ricevono una svolta decisiva, ad esempio facendo ascendere Feist allo status di Storie d'amore con persone morte raccontate con la leggerezza easy rock nineties. cantautrice di culto, erede di Patty Smith. Band come Metric, Stars e Most Serene Republic interpretano questa nuova tendenza ad ibridare elementi apparentemente disarmonici tra loro, come un trampolino di lancio per scrivere canzoni mixtape 61 con tematiche canoniche, ma sotto una luce nuova. Storie d’amore con persone morte raccontate con la leggerezza easy rock nineties, glam mischiato a lo-fi e testi grotteschi, o liriche esistenzialiste su basi digitali piene di campionamenti nonsense. Queste realtà vengono celebrate da tutti i fanzinari, e viene utilizzato il termine Baroque Pop. Altra storia è invece quello che è successo a Montreal. Il polistrumentista Spencer Krug, che si divideva tra progetti come Frog Eyes, Swan Lake e Sunset Rubdown, utilizzava il rock psichedelico come tela su cui dipingere un suono teutonico e solenne, creando ballate piene di tastiere di stampo seventies e chitarrone da heavy metal epico anni 80. Un giorno gli venne chiesto da un promoter di mettere su una band per un concerto. Con sole due settimane di preavviso, il musicista chiamò in aiuto l’amico chitarrista Dan Boeckner (ex-Atlas Strategic, poi negli Handsome Furs insieme alla moglie scrittrice Alexei Perry) e il batterista Arlen Thompson (che aveva appena terminato la sessione di registrazione del brano Wake Up del primo lp degli ancora non popolari Arcade Fire). Decisero di chiamarsi Wolf Parade, ed il curriculum marcatamente art-rock di Boeckner e l’attitudine folk di Thompson, 62 mixtape miscelate con il songwriting di richiamo cavalleresco di Krug, donarono ai primi pezzi registrati in demo un carattere vitale e aggressivo, facendo pensare ad una versione alternativa della realtà in cui le corti dei secoli passati sono state invase da strumenti elettrici e sintetizzatori. una versione alternativa della realta' in cui le corti dei secoli passati sono state invase da strumenti elettrici e sintetizzatori. Di lì a poco si unirono alla ciurma anche il soundmanipulator Hadji Bakara (proveniente da un gruppo di dj chiamato Megasoid) e il chitarrista Dante DeCaro(a lui si attribuiscono i primi successi degli Hot Hot Heat, formazione che scimmiotta il brit-rock. Da un paio di anni Dante ha un nuovo progetto dreampop/folk, Johnny and the Moon). La testata Pitchfork, per la terza volta (aveva appena consacrato gli Arcade Fire), diede inizio alle fortune di una band made in Canada. Apologies to the Queen Mary, il loro album d’esordio, fu chiamato così per scusarsi formalmente della volta in cui la band, aprendo per i Flaming Lips sul vaporetto Queen Mary, sfasciò delle porte in preda all’ubriachezza e venne cacciata dal comandante. Il caso mischiato al talento e allo zampino di una fanzine diventata ammiraglia nel settore dell’informazione musicale, hanno premiato queste brillanti menti rielaboratrici del folk e portato tanti soldi alle etichette indipendenti. intervista a death in plains Viene dalla ultimamente prolifica scena di Pesaro, trapiantato a Milano per portare avanti i suoi progetti. Non se la tira e con le mani crea immagini e musica, a volte mixando il tutto. Dal fai-da-te alla professionalità accademica, Enrico Boccioletti aka DEATH IN PLAINs è una di quelle realtà nostrane che non mi fa invidiare l’estero. Mixtape : Secondo te si può campare di musica in Italia ?….. No sto scherzando, non ne posso più di sta cazzo di domanda. Death in Plains : (Ride).. mi solleva molto. MX : Fai roba elettronica fruibile da tutta la comunità internazionale hipster. Ti becco nelle playlist cazzute e dal profilo della tua carriera si può dire che stai spaccando. Quanto è aumentato il ritmo dei tuoi rapporti sessuali durante la tua ascesa ? DIP : Direi che sono rimasti quelli che avevo con la mia ragazza. Sono impegnato e cerco di mantenermi serio il più possibilie. Vado per la monogamia. MX : In ogni artista c’è un monomaniaco narcisista che a stento ammetterebbe di avere avuto influenze da altri. Sforzandoti, riusciresti ad ammettere di aver rubato consciamente da qualche altro musicista ? DIP : In realtà penso di aver rubato da un sacco di cose, e penso di farlo continuamente. Adesso se dovessi dire un nome in particolare la mia testa va ancora a pensare quando magari a 16anni amavo Amnesiac e Kid A dei Radiohead, però in realtà poi tutto quello che ho sentito su blog, mixtape o su cose che possono essermi arrivate, ho sicuramente copiato qualcosa che ho sentito e rimesso insieme, magari si sente e non si sente, in un certo senso il piccolo plagio quotidiano è continuo se fai musica, quindi penso proprio di sì. MX : Dai lavori video sembra che la tua direzione artistica sia meno decisa e che ti affidi mixtape 63 a delle strutture già definite da altri. Scegli volutamente canali mediatici già collaudati e adatti i pezzi o semplicemente la tua attenzione principalmente rivolta alla musica ti toglie tempo ad un’ipotetica sperimentazione visiva ? DIP : Diciamo che nell’ambito del video, quando lo faccio per me o per altri, i tempi sono abbastanza limitati, devo lavorare in tempi stretti e si rimane su qualcosa di un pochino più convenzionale. Non so forse sperimentazione visiva a livello video mi piacerebe farla ma non necessariamente legata alla musica che faccio. Se voglio fare video per DEATH IN PLAINs o per amici, vorrei che il centro fosse il pezzo, farei emergere il pezzo. Se dovessi partire dal video la musica sarebbe diversa. MX : I tuoi suoni mi avvolgono in un mantello di malinconia catartica e propulsiva dal punto di vista creativo, ovvero lo stupefacente preferito dalla post-adolescenza indie. L’ultima volta che ti ho ascoltato ho pensato “ci sarà una canzone che vuole suonata al suo funerale oppure si comporrebbe 64 mixtape la musica da solo per renderlo estatico come una scena di un film underground ?” DIP : Non so, una delle mie canzoni così non mi viene in mente (Ride). King Night dei Salem, al funerale facciamo una pacchianata dai ! Perché mi è piaciuto un sacco il disco quando è uscito. Però non dal vivo perché i parenti ci rimarrebbero male a vederli. MX : Se decidessero di utilizzare i tuoi pezzi come soundtrack di un videogioco arcade o di piattaforma, come vorresti che fosse il plot del videogame ? Io ci vedo un SuperMario ultracinquantenne che esce dalla comunità di riabilitazione e deve recuperare il figlio adottivo rapito da una sottocultura di lupi mannari capitanata da Steve Buscemi. Over and Above nella schermata iniziale. DIP : (Ride) Hai fatto la domanda e ti sei risposto da solo ! Soddisfa anche me. Approvo e se posso aggiungerei anche che mi piacerebbe musicare un ipotetico remake di Final Fantasy VII lavorando sui pezzi originali del videogame. Mi stimolerebbe anche se magari adesso però mi piace andare di più nell’astratto, nonostante ai miei amici piacciono di più le scelte melodiche degli inizi, appunto come Over and Above. MX : Se Ganesh ti apparisse di notte e ti chiedesse di non fare più musica senza volerti dare spiegazioni, tu gli daresti ascolto ? Avresti paura delle sue minacce ? DIP : (sospira) Avrei abbastanza paura di Ganesh probabilmente, però non so, penserei a una scappatoia per tentare di fregarlo, perché voler fare musica in maniera abbastanza estesa mi interessa molto, nonostante io sia stato in alcune band, per esempio nei Damien* che sono proprio amici, mi interessa comunque fare musica in senso esteso. La musica mi interessa e mi interesserà per un bel pezzo, anche se mi chedono perché suono poco live e faccio più video per band. Magari credono che ho perso interesse, a me interssa ancora, non mi interessa la routine uscitadisco-singolo-promozione, mi piace farlo in modo più libero, con tutti i mezzi che ci sono adesso. MOVE TO THE MOUNTAINS Quanto ci hanno insegnato in fatto di musica le serie televisive nell’ultimo decennio ? Da quando poi le persone sono lo stampino attorno al quale vengono costruite hanno cominciato a funzionare come last.fm, e dalle stagioni di Chuck ho potuto succhiare un bel po’ di band nuove, merito anche della curatrice del soundtrack, una ex studentessa della Berklee che non si è trattenuta neanche dal riempire Gossip Girl con una vagonata di hit indie-ane con una marcata predisposizione pop. Di solito i brani sono reperibili, per quanto le band in questione possano essere poco più che appena esistenti. Ma durante la quarta stagione di Chuck un riff di piano particolarmente catchy della formazione emergente Clock Opera è risultato introvabile in rete, e ha fatto impazzire l’utenza geek tanto da far spuntare fuori una pagina facebook intitolata “Clock Opera to release Move to The Mountains”. Il pezzo in questione ha tutto quello che serve per conquistare il cuore nerd di chi è cresciuto con tanto alternative da essere particolarmente felice nel sentire i Grizzly Bear durante gli spot, ma forzando un’analisi critica direi che usare una cellula di note arpeggiate da balletto francese in un loop su una strutura locomotiva minimale è segno di estro brillante, mentre il resto della canzone trova l’equilibrio tra l’emotività e il sequencing limpido. Il resto della storia dei Clock Opera è ancora da scrivere, ma le intenzioni della loro etichetta sono chiare, e un po’ mi piange il cuore a pensare che avranno lo stesso mercato dei Gomez. Noi siamo ancora in tempo per festeggiare l’approdo Noi siamo ancora in tempo per festeggiare l'approdo dell'elettronica con barba hipster all'overground. dell’elettronica con barba hipster all’overground che ha sciacquato via i Bloc Party. Il pezzo si è fatto aspettare ma c’è. Il debut album è uscito in questi giorni ed è molto da ballare o fingere di ballare. Per qualcuno che ha vissuto con cognizione questi anni il pezzo in questione sarà solo un commovente ricordo di come delle idee hanno cambiato forma per essere fruibili a tutti, ma la sostanza di chi le ha create è la stessa fragile sostanza di chi è cresciuto in un ambiente inospitale ai sentimenti evanescenti messi in repeat. mixtape 65 66 mixtape mixtape 67 MIXTAPE MAGAZINE WWW.MIXTAPE.IT [email protected] ESTATE 2012 NUMERO #GAMMA direttore FABRIZIO DE ROSA [email protected] caporedattore tapes ROBERTO STRINO [email protected] fondatori fabrizio de rosa & roberto strino io pe.it – Fabriz azine – mixta contatto fabrizio de rosa mixtape magazine it via nicotera 76 80132 – napoli italia berto Strino De Rosa & Ro PARTECIPAZIONI SPECIALI LAURA BAGNERA [email protected] [email protected] mixtape mag REDATTORI fabrizio de rosa roberto strino elena roda sabrina de mercurio MIXTAPE LOGO DANILO & fabrizio DE ROSA MIXTAPE GAMMA è stato rilasciato con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale IMMAGINE IN COPERTINA fabrizio de Rosa (2011) – Non opere derivate 3.0 Unported. 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