DIRITTO TRIBUTARIO
Diritto tributario


Il diritto tributario è per definizione quel
settore dell’ordinamento che
disciplina i tributi.
Complesso di norme e principi che
presiedono all’istituzione e
all’attuazione del tributo.
Rientrano nel diritto tributario sia le
norme che disciplinano l’esercizio e i
limiti della potestà normativa
tributaria sia le norme che disciplinano
l’attuazione del prelievo attraverso
l’accertamento, la riscossione e via via
l’applicazione delle sanzioni e la tutela
contenziosa.
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
Nella disciplina di ogni tributo possiamo distinguere una
disciplina sostanziale (Diritto Tributario in senso
stretto) ed una disciplina (in senso assai lato) formale.
Diritto Tributario in senso stretto:
complesso di norme che, di un tributo, stabiliscono il
presupposto, le esenzioni, i soggetti passivi, la misura.
Diritto tributario in senso lato:
complesso di norme che disciplinano l’istituzione e
l’applicazione del tributo (accertamento, riscossione,
rimborsi), cui si accompagnano norme punitive e
processuali. (Tesauro)
Il diritto tributario è una branca del
diritto finanziario (complesso di
norme che regolano la raccolta, la
gestione e l’erogazione di mezzi
finanziari pubblici), che a sua volta è
parte del diritto amministrativo.
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
Il fenomeno finanziario è stato storicamente studiato
con:
Metodo economico (applicazione al fenomeno
finanziario dei principi dell’economia classica sugli
effetti economici delle imposte)
Metodo giuridico (dottrina tedesca): utilizzo
strumenti di indagine giuridici (in modo particolare
privatistici)
Metodo integrato (scuola di Pavia): studio dei
molteplici profili giuridici, economici, politici e tecnici
del fenomeno finanziario.
Attuale superamento dei suddetti
metodi e netta distinzione tra il
diritto tributario e la scienza delle
finanze.
Esclusione dallo studio del diritto
tributario di ogni elemento
metagiuridico.
Autonomia scientifica e
didattica del diritto tributario
La dottrina ha così individuato,
nell’ambito del diritto finanziario,
l’autonomo corpo di norme riferite alle
entrate coattive (imposte in virtù
della potestà di imperio) a carattere
contributivo: il diritto tributario.
Quindi, da un lato non si accoglie
l’impostazione per cui vi rientra tutta la
materia delle pubbliche entrate, ad
eccezione della gestione del denaro
pubblico (quest’ultima riservata alla
Contabilità di Stato), né all’opposto
quella tedesca per cui vi rientrerebbe
solo lo studio dell’imposta, in quanto
l’unica connotata da autoritatività allo
stato puro.
Oggi non si dubita più dell’autonomia
scientifica del diritto tributario, data
l’importanza del tributo nell’ambito
dell’ordinamento statuale e la possibilità di
individuare principi comuni che disciplinano
questo settore del diritto.
Principi comuni: principi costituzionali (in
primis art. 53 Cost.) e non, diretti a
disciplinare la ripartizione dei carichi pubblici,
contemperando l’interesse generale della
collettività all’acquisizione dell’entrata e quello
individuale all’integrità patrimoniale.
Affermata l’autonomia scientifica e didattica del diritto
tributario, se ne può affermare la diversità rispetto
alla scienza delle finanze, diretta a studiare le
leggi economiche che disciplinano il fenomeno
finanziario, che quindi è un prius rispetto allo studio
giuridico del tributo.
Il legislatore tributario vuole raggiungere con i suoi
interventi risultati economici, che derivano anche dal
tributo.
Pertanto scienza delle finanze e diritto tributario,
benché non siano due facce dello stesso fenomeno,
hanno punti di contatto, pur rimanendo due scienze
distinte.
Particolarismo del diritto
tributario
Parte della dottrina ha individuato il
particolarismo del diritto tributario, più che con
riferimento ad un nucleo di principi generali
comuni a questo settore dell’ordinamento,
sottolineandone la strumentalità (il diritto
tributario non realizzerebbe immediatamente fini
pubblici), nonché il rafforzamento dei poteri
amministrativi e l’importanza dei controlli.
Critica alla strumentalità come
carattere peculiare del diritto
tributario
Sia in altri settori dell’ordinamento che in
ambito tributario vi sono ipotesi di
prestazioni coattive meramente
finalizzate al prelievo ed altre che
uniscono ulteriori finalità al prelievo.
La strumentalità non è quindi
caratteristica esclusiva del diritto
tributario.
L’art. 23 Cost.: la nozione di
prestazione imposta
Nessuna prestazione personale o
patrimoniale può essere imposta se non
in base alla legge.


L’art. 23 Cost. individua:
prestazioni personali imposte
prestazioni patrimoniali imposte
Prestazioni personali imposte
Si sostanziano in attività comportanti
l’esplicazione di energie fisiche ed
intellettuali con conseguente limitazione
per il privato della possibilità per il
privato della possibilità di determinare
liberamente la destinazione delle
energie medesime.
Esempi



Sevizio militare/servizio civile
Gratuito patrocinio per gli avvocati
Obbligo di comparire in giudizio come
testimone
Secondo la giurisprudenza della Corte
costituzionale non è rilevante che la
prestazione sia suscettibile di valutazione
economica.
Prestazioni patrimoniali
imposte
Rilevano per la loro attitudine a produrre una
decurtazione del patrimonio privato.
La decurtazione patrimoniale può discendere
tanto dalla perdita di un diritto reale o di un
diritto di credito quanto dalla nascita di
un’obbligazione avente ad oggetto anche
beni diversi dal denaro.
Requisiti prestazioni
patrimoniali imposte


Coattività
Decurtazione patrimoniale
Coattività
La disciplina del rapporto Ente-soggetto
è autoritativa, ossia discende da un atto
dell’autorità: non è cioè lasciata alla
libera determinazione delle parti.
Decurtazione patrimoniale
Le prestazioni patrimoniali imposte
determinano una diminuzione del
patrimonio del privato.
La dottrina e la giurisprudenza della Corte
costituzionale hanno individuato nella
attitudine ad incidere sul patrimonio del
privato la ratio della norma. Tale funzione
può concorrere con altre, ma non può essere
meramente strumentale alla realizzazione di
finalità ulteriori.
Le sanzioni pecuniarie
Sono prestazioni patrimoniali
imposte in quanto il risultato ultimo
perseguito dalla norma sanzionatoria
consiste nella decurtazione del
patrimonio del soggetto.
La loro disciplina è assorbita da quella
più garantistica dell’art. 25 Cost.
Espropriazione per pubblica
utilità


Non è prestazione patrimoniale imposta
in quanto, pur producendo effetti ablatori sul
patrimonio del privato:
non è destinata al suo depauperamento
ma a sostituire in esso beni o diritti con
l’equivalente in denaro o altri beni per
realizzare un rilevante interesse pubblico
Essa trova copertura costituzionale negli artt.
41 ss. Cost.

La Corte costituzionale considera prestazioni
imposte anche i corrispettivi di fonte
contrattuale, in tutti i casi in cui vi siano profili
autoritativi nella disciplina delle contrapposte
prestazioni ed, in particolare, quando il
corrispettivo è fissato unilateralmente (in
regime di monopolio) ed al privato è rimessa
la sola libertà formale (astratta) di richiedere
o non richiedere la prestazione, rinunciando
al soddisfacimento di un bisogno essenziale.
… segue

Si tratta di prestazioni non imposte con
atto autoritativo (prestazioni imposte
in senso formale), ma la cui disciplina
presenta profili di autoritatività
(imposizioni in senso sostanziale).
(… segue) Esempi:




Tariffe telefoniche
Tariffe elettriche
Tariffe dell’assicurazione obbligatoria
delle auto
Etc.
Tributi
Tutti i tributi sono prestazioni imposte.
Essi sono preordinati al riparto delle spese
pubbliche tra i consociati e, in quanto attuati
tramite assetti autoritativi, comportano, oltre
all’applicazione dell’art. 53 Cost., anche
l’applicazione della disciplina costituzionale
propria delle prestazioni imposte (art. 23
Cost).
Le prestazioni imposte non sono solo
tributi.
La nozione di tributo
Nel linguaggio comune, i termini “tributo”,
“imposta”, “tassa” e “contributo”, sono usati
come sinonimi.
Nel linguaggio giuridico, invece, imposte,
tasse e contributi sono figure distinte, che
rientrano nella più ampia nozione di tributo
(nell’ambito della quale alcuni autori
ricomprendono anche il monopolio fiscale).
Al fine di inquadrare compiutamente le
categorie in oggetto, è pertanto necessario
definire prioritariamente il concetto di tributo.
Il tributo
Il tributo può esser qualificato come
una prestazione patrimoniale
imposta atta a determinare il
concorso di tutti al finanziamento
della spesa pubblica.
Si tratta, pertanto, di un’entrata
acquisita iure imperii (Viotto), o coattiva
(Gaffuri), o autoritativa (Fantozzi), ossia
un’entrata la cui obbligatorietà è
“imposta” con un atto dell’autorità (il
tributo si risolve sempre in
un’obbligazione nascente dalla legge),
senza che vi sia il concorso della
volontà dell’obbligato.
La coattività consente di distinguere il tributo
dalle entrate di diritto privato, ma non da
altre entrate di diritto pubblico (ad esempio,
le sanzioni pecuniarie). A tale ultimo fine è,
altresì, necessario considerare la finalità del
prelievo realizzato attraverso il tributo, che
consiste, come già si è detto, nel concorso
alla spesa pubblica, così come formalizzato
dall’art. 53 della Costituzione.
Va, tuttavia, evidenziato che alcuni
autori (Falsitta) preferiscono non
considerare la finalità del concorso
(elemento teleologico o funzionale)
quale tratto essenziale del tributo.
Va preliminarmente rilevato che, essendo tutti i tributi
caratterizzati dalla autoritatività, la dottrina più
recente ha ritenuto di fondare la classificazione degli
stessi sul diverso atteggiarsi del presupposto di
fatto (fatto o insieme di fatti manifestativi di capacità
contributiva, al verificarsi dei quali si rende dovuto il
tributo), volto a rilevare l’assenza o la presenza di
una particolare attività del privato o dell’ente pubblico
ovvero l’assenza o la presenza di un vantaggio
speciale per il soggetto passivo. La classificazione
dei tributi si risolve, in definitiva, nella
classificazione dei relativi presupposti.
L’imposta
L’imposta è il tributo per eccellenza, che racchiude in
sé i tratti essenziali di tutti i tributi.
Essa può essere definita come una prestazione
coattiva dovuta dal soggetto passivo in base
ad un presupposto di fatto che escluda
l’esistenza di una relazione specifica con una
determinata attività dell’ente pubblico riferita
al soggetto passivo o dalla quale questi possa
trarre vantaggio.
Nelle imposte difetta qualsiasi
rapporto specifico di prestazione e
di controprestazione, manca
l’individualità del bisogno e del servizio,
è assente qualsiasi richiesta specifica
del contribuente.
L’imposta può essere considerata la
manifestazione più ampia del
potere di supremazia dello Stato,
che trova i propri limiti solamente nei
principi contenuti negli artt. 23 e 53
della Costituzione.
Così come definita, l’imposta consiste in
uno strumento di prelievo neutro e
generico, in quanto non riferito
necessariamente a determinate
categorie di soggetti o a settori di
attività.
Nelle prime ed oramai superate elaborazioni
dei giuristi, influenzate dalle teorie
economiche e dagli studi di scienza delle
finanze, le definizioni di imposta e di
tassa riflettevano la distinzione tra
spese pubbliche indivisibili e spese
pubbliche divisibili, sicché le entrate volte
a finanziare le prime erano dette imposte, le
entrate volte a finanziare le seconde erano
dette tasse.
Classificazione delle imposte




Imposte
Imposte
Imposte
Imposte
dirette o indirette
personali o reali
proporzionali o progressive
istantanee o periodiche
La tassa
La tassa può essere definita come una
prestazione coattiva dovuta
all’ente pubblico a fronte
dell’espletamento di una attività
concernente in modo specifico il
soggetto obbligato al suo
pagamento, sebbene non richiesta dal
medesimo o addirittura non vantaggiosa
per lo stesso.
Alcune tasse, infatti, sono versate a
fronte di un’attività pubblica provocata
ma non richiesta dal soggetto passivo e
i cui effetti non costituiscono un vero
beneficio per quest’ultimo (ad esempio,
la tassa giudiziaria dovuta da chi ha
subito un processo penale).
Il presupposto della tassa si caratterizza
sempre per il fatto di comprendere lo
svolgimento di una attività della pubblica
amministrazione specificamente riferibile al
contribuente (assetto para-commutativo
della tassa), mentre il presupposto di fatto
dell’imposta è un evento cui sono estranei
l’ente e l’attività pubblica (ad esempio, il
conseguimento di un reddito, il possesso di
un bene, etc.).
Ciò distingue l’imposta dalla tassa.
La definizione della nozione di tassa è
sempre stata questione complessa, in
quanto la tassa è un istituto di
confine, che presenta, in pratica, labili
tratti di distinzione rispetto ad altri
proventi di diritto pubblico di natura non
tributaria (tariffe, canoni) o ai
corrispettivi di diritto privato.
La distinzione tra prezzo, tariffa, canone
e tassa non si fonda sulla natura del
servizio offerto, bensì sul regime
giuridico dell’entrata: se l’entrata è
contraddistinta dalla coattività (ossia nasce da
un’obbligazione imposta dalla legge), è una
tassa; se ha base contrattuale, ha natura
privatistica ed è qualificabile come
corrispettivo.
La distinzione tra tassa e corrispettivo
non è di poco conto: i corrispettivi di
diritto privato sono assoggettabili ad
imposta, le tasse no.
La distinzione tra imposta e tassa rileva ai fini
dell’applicazione dei principi costituzionali: la
giurisprudenza della Corte costituzionale
mentre include le tasse, riconoscendone la
natura coattiva, tra le prestazioni imposte cui
si applica la riserva di legge dell’art. 23 Cost.,
esclude l’operatività dell’art. 53 Cost. in
riferimento alle stesse, ritenendo che l’assetto
quasi commutativo caratterizzante la tassa ne
precluda l’attitudine al riparto in chiave
solidaristica dei carichi pubblici.
La dottrina, al contrario, fa rientrare la
tassa nella sfera di applicazione dell’art.
53 Cost., sottolineando come il
presupposto della stessa sia un fatto
indice di capacità contributiva, che vale
a rendere idonea la tassa al concorso
alle pubbliche spese.
Il contributo
Il contributo è quella categoria di tributo che si
ricollega ad un particolare vantaggio
economico (ad esempio, l’incremento di valore degli
immobili) conseguito dal contribuente per
effetto dell’esecuzione di un’opera pubblica
destinata, di per sé, alla collettività in modo
indistinto (ad esempio, contributo di miglioria),
ovvero ad una maggiore spesa provocata dal
contribuente all’ente pubblico (ad esempio,
contributi integrativi di utenza stradale).
Anche questa definizione è costruita
intorno al presupposto, che consiste
non solo nell’arricchimento del soggetto
passivo (come nel caso dell’imposta),
ma anche nel fatto che tale
arricchimento deriva dall’esecuzione di
un’opera pubblica.
La dottrina qualifica il contributo come
tributo causale - contrapponendolo così
al tributo acausale per eccellenza
(l’imposta) - alla luce del fatto che
l’indice di capacità contributiva è
rappresentato dallo specifico vantaggio
che al soggetto passivo deriva
dall’espletamento di una attività
pubblica.
Venuti meno i contributi di miglioria, i
contributi di fognatura e i contributi integrativi
di utenza stradale, l’unica ipotesi di contributo
in senso proprio attualmente vigente, a
parere della dottrina, nel nostro ordinamento,
è costituita dal contributo di
urbanizzazione, dovuto a fronte dell’utilità
economica che il costruttore ritrae dall’attività
edilizia per cui viene rilasciata la concessione.
Parte della dottrina ritiene che la figura
del contributo non abbia rilevanza
autonoma nel diritto tributario, in
quanto riconducibile alternativamente
alle categorie dell’imposta o della tassa
(Falsitta).
Monopolio fiscale
Il monopolio è definito dalla scienza
economica come quella situazione in cui un
solo soggetto si trova a potere produrre,
importare o vendere beni o prestare servizi:
ne discende, ordinariamente, la possibilità per
il monopolista di pretendere un prezzo
superiore a quello che potrebbe ottenere in
regime di libera concorrenza.
Questa situazione può derivare:
 da ragioni di mercato (il monopolista ne ha
estromesso tutti i concorrenti) o da altre
ragioni tecniche (monopolio di fatto)
 può derivare dalla disciplina normativa che
riserva ad un solo soggetto una data attività
economica (monopolio di diritto).
Tra i diversi monopoli di diritto si
annoverano i monopoli fiscali, che si
caratterizzano per la loro finalità di
procurare all'ente pubblico un'entrata
destinata a far fronte ai carichi pubblici
e dunque di natura tributaria.
La dottrina e la giurisprudenza più
recenti hanno negato la natura
necessariamente tributaria del
monopolio fiscale e riconosciuto che la
sua struttura giuridica si presta ad
essere collegata a meccanismi di
prelievo operanti sia nell'ambito del
diritto privato che del diritto pubblico.
La normativa comunitaria costituisce oggi l'unica area
di rilevanza della nozione di monopolio fiscale.
Dall'applicazione del Trattato istitutivo della Comunità
europea è derivata la drastica riduzione dei monopoli
di diritto nei diversi paesi.
E’ tuttavia prevista dallo stesso Trattato una deroga
alla regola della libera concorrenza in favore delle
imprese incaricate della gestione di servizi di
interesse economico generale o «aventi carattere di
monopolio fiscale» purché non vengano compromessi
interessi della Comunità.
I monopoli fiscali oggi rimasti in vigore
che rilevano ai fini della normativa
comunitaria sono dunque quello dei
tabacchi e quello del gioco del lotto.
IL PRINCIPIO DI CAPACITÀ
CONTRIBUTIVA (ART. 53,
COMMA 1, COST.)
Riparto dei carichi pubblici:
evoluzione storica
Ogni collettività organizzata deve individuare
regole per il riparto degli oneri relativi alla
soddisfazione degli interessi comuni e,
una volta raggiunto un certo grado di
articolazione strutturale, per l’acquisizione dei
mezzi necessari alla erogazione di beni e
servizi funzionali all’esistenza della
collettività medesima.
Partecipazione ai carichi pubblici:
due ordini di problemi


Individuazione di criteri di riparto razionali
ed equi (problemi di giustizia distributiva)
Problemi di attribuzione e controllo di
poteri di supremazia sui consociati (la
maggiore complessità ed articolazione
organizzativa richiede l’intervento di apposite
strutture deputate all’acquisizione, gestione
ed erogazione dei mezzi necessari allo
svolgimento di attività di interesse generale)
I criteri di riparto dipendono
dall’assetto politico-sociale, dal
livello di articolazione della
società considerata.
Criteri di riparto



Carichi pubblici addossati a soggetti estranei
alla collettività (bottino dei vincitori, taglie,
lavoro coatto imposto ai vinti)
Criteri di ripartizione semplici, basati
sull’esistenza della persona o della famiglia
(capitazione o focatico)
Contribuzioni spontanee da parte di singoli o
gruppi sociali in occasione di guerre, calamità
naturali, grandi opere pubbliche
Stato moderno: nuovi criteri di
riparto



Stato moderno (nuove dimensioni e
amministrazione centralizzata):
cambiano i rapporti tra individuo e collettività e
sorgono nuove esigenze di regolarità e
certezza del gettito
si passa dalla contribuzione spontanea e
occasionale a sistemi basati sulla coattività
del prelievo
il potere di imporre i tributi diviene espressione
della sovranità dell’ente
Passaggio dai criteri della
corrispettività e del beneficio
(criteri commutativi della misura della
partecipazione dei consociati alle spese
pubbliche) a criteri più complessi, basati
sulla individuazione della ricchezza,
della potenzialità economica e su
principi solidaristici collegati
all’appartenenza alla collettività.
Criteri di riparto dei carichi pubblici
confluiti nella Costituzione repubblicana:
evoluzione dottrinale
Teorie degli economisti classici:
anche ai rapporti pubblicistici tra
cittadini e Stato potevano essere
applicati gli schemi privatistici.
La partecipazione alle pubbliche spese
poteva determinarsi applicando schemi
commutativi di diritto privato.


Nacquero:
la teoria della corrispettività: diretta a
misurare il concorso del privato alle
prestazioni pubbliche divisibili, a lui
direttamente riferibili
la teoria del beneficio: diretta a misurare la
partecipazione del privato alle prestazioni
pubbliche indivisibili, in ragione del godimento
delle prestazioni stesse
Teoria della causa impositionis:
Scuola di Pavia (Griziotti)
Il limite alla partecipazione ai carichi
pubblici del soggetto passivo è
rappresentato dalla sua capacità
contribuiva, intesa quale indice dei
vantaggi generali e particolari che a lui
derivano dall’appartenenza al consorzio
sociale (criterio del vantaggio o del
beneficio)
Metodo giuridico
Da questa costruzione di tipo contrattuale
(tipica degli schemi concettuali di stampo
economico, riflesso della cultura liberale
dell’epoca) si passa alla concezione
pubblicistica della dottrina tedesca, che
informava i rapporti fiscali a principi di più
marcato autoritarismo, accentuando l’aspetto
contributivo fondato sul potere di supremazia
dell’ente pubblico espresso dalla legge.
Sicché il tributo trovava giustificazione
esclusivamente nella sovranità dello
Stato.
Questa evoluzione dottrinale
influenzò il legislatore
costituente italiano.
Statuto albertino (1848): art.
25
I regnicoli contribuiscono indistintamente
nella proporzione dei loro averi ai carichi dello
Stato.
Si è ritenuto che questo articolo fosse il
portato delle teorie di origine francese, che
ponevano alla base dei criteri di ripartizione
dei carichi pubblici il principio di uguaglianza
(negazione delle differenziazioni di classe),
nonché dei principi dell’economia classica
(concezione corrispettiva).
Statuto albertino (1848): art.
25
L’idea di fondo era che le prestazioni di
servizi pubblici indivisibili
avvantaggiassero maggiormente i
possidenti, i quali erano chiamati a
concorrere ai carichi pubblici in
proporzione dei loro averi (patrimonio).
Lavori preparatori della
Costituzione
La Corte di cassazione propose l’introduzione
di un limite sostanziale al potere impositivo,
che fu ravvisato nella capacità
contributiva, formula che escludeva
relazioni di corrispettività fra l’obbligazione
tributaria e la prestazioni di servizi pubblici
indivisibili e che precludeva ogni forma di
imposizione che pregiudicasse “la possibilità
di vita dell’economia individuale”.
Ci si allontana dal concetto di
capacità contributiva accolto
dalla scuola di Pavia.
Ezio Vanoni (redattore del Rapporto
della Commissione economica
all’Assemblea costituente), valorizzò la
proposta della Cassazione sottolineando
che il dovere della partecipazione di
tutti ai carichi pubblici doveva
considerarsi una conseguenza della
loro appartenenza alla collettività
organizzata.
La formula della capacità contributiva,
nata in contrapposizione alla regola del
beneficio, proprio per questo, fu
considerata, dai fautori della teoria
economica, una scatola vuota.
Assemblea costituente

Si è sottolineata l’attitudine della norma
ad escludere dall’imposta il c.d. minimo
vitale

Si è aggiunto il riferimento alla
progressività dell’imposizione (art. 53,
comma 2)
Art. 53 Cost. (Titolo IV dei
Rapporti politici)
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva (comma 1).
Il sistema tributario è informato a criteri
di progressività (comma 2).
Prime interpretazioni
(svalutative)


Mera riaffermazione della competenza
del legislatore ordinario
nell’individuazione degli indici e dei
criteri di riparto
Norma meramente programmatica
La Corte costituzionale affermò la
possibilità di dichiarare l’illegittimità
delle norme di legge per contrasto con
qualsiasi disposizione costituzionale,
anche se programmatica.
Sicché, prese avvio un processo di
rivalutazione dell’art. 53.
Art. 53, comma 1


Funzione solidaristica (Tutti sono tenuti a
concorrere alle spese pubbliche): tutela
dell’interesse della collettività al concorso di
tutti alle spese pubbliche
Funzione garantistica (in ragione della loro
capacità contributiva): tutela dell’interesse del
singolo al rispetto della propria capacità
contributiva (che funge da limite della
legittimità delle leggi ordinarie istitutive di
tributi)
La regola del concorso
L’art. 53 esprime la necessità del concorso
alle pubbliche spese per la sussistenza stessa
dello Stato in quanto collettività organizzata,
ciò in netto contrasto con il principio della
controprestazione e del beneficio.
Il tributo non è più considerato quale
corrispettivo del godimento di pubblici servizi,
ma come istituto che realizza una
condizione imprescindibile per la
esistenza della collettività: il riparto tra i
consociati dei carichi pubblici.
Carattere solidaristico del
concorso
In questa prospettiva si giustifica
l’inquadramento del dovere tributario
tra quelli dell’art. 2 Cost., che richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale.
Il dovere di concorrere alle spese
pubbliche non si configura come
limitazione di altre situazioni
costituzionalmente garantite, in
particolare quelle attinenti ai rapporti
economici, come la libertà dell’iniziativa
economica (art. 41 Cost.) o la proprietà
(art. 42 Cost.).
Questa ispirazione solidaristica dell’art.
53 è confermata dalla funzione
redistributiva sancita dal comma 2
dell’art. 53 (in armonia con l’art. 3
Cost.).
Generalità del concorso: la
formula tutti
Il carattere solidaristico è affermato
dalla generalità del concorso.
La formula tutti si ricollega al principio
di uguaglianza, già presente nell’art. 25
dello Statuto albertino e inteso nel
senso di pari efficacia della legge nei
confronti di tutti, senza distinzioni di
categorie o classi.
Tutti è formula più ampia di quella
contenuta nell’art. 25 dello Statuto
albertino (che faceva riferimento ai
regnicoli) e comprende tutti coloro
che entrano in contatto con
l’ordinamento dello Stato per la
soddisfazione di interessi di
diversa natura.
Su questa estensione riposa il principio
di territorialità del tributo (la legge
tributaria ha efficacia su tutto il
territorio dello Stato, salvo che essa
disponga diversamente).
Doverosità del concorso
Il carattere doveroso del concorso è espresso
dalla formula sono tenuti.
Per la dottrina maggioritaria ne discende la
limitazione del principio ai soli istituti che
realizzano assetti doverosi per i privati
(imposte).
Restano esclusi dalla applicazione dell’art. 53
assetti tributari non doverosi e quindi le
prestazioni para-commutative (tasse e
contributi).
La nozione di pubbliche spese


Criterio soggettivo (interpretazione in termini di
garanzia dell’art. 53): sono pubbliche solo le spese
dello Stato e degli enti pubblici (solo rispetto ad esse
si pone il problema della tutela del privato rispetto
all’esercizio dei poteri di supremazia)
Criterio oggettivo (art. 53 come criterio di riparto):
sono pubbliche tutte le spese che rispondono
all’interesse generale della collettività e che quindi
meritano di essere ripartite all’interno di questa (il
soggetto erogante il servizio può non avere natura
pubblica). Es. canone Rai (non si tratta di una spesa
pubblica perché riconducibile ad un soggetto
pubblico, ma in quanto soddisfa un interesse
generale). C. cost. 284/2002.
Principio di capacità contributiva:
ambito di applicazione
Corte costituzionale:
 Esclusione dall’art. 53 delle prestazioni aventi
carattere sanzionatorio (mancanza del
requisito solidaristico espresso dal concorso)
 Esclusione dall’art. 53 delle contribuzioni
relative a prestazioni di servizi il cui costo si
può determinare divisibilemente (C. cost.
30/1964; 23/1968; 96/2001) - Tasse


Inclusione delle imposte
Inclusione dei contributi, assimilati
strutturalmente alle imposte (es.
contributi di miglioria specifica tipica
espressione di nuova ricchezza, C.cost.
54/1980)
Esclusione delle tasse e sua
giustificazione


Le tasse non corrispondono ai criteri
solidaristici di cui l’art. 53 è espressione
La formula capacità contributiva è
storicamente connessa alla sola
ripartizione delle forme di finanziamento
di servizi indivisibili (imposte)
Esclusione delle tasse dall’applicazione
dell’art. 53: conseguenze
Eliminazione di qualsiasi possibilità di
controllo sulle scelte del legislatore
ordinario, che risulterebbe libero di
istituire qualsiasi forma di prelievo,
anche coattivo, purché correlato alla
prestazione di servizi pubblici divisibili.
Ambito di applicazione
secondo la dottrina



Tutte le entrate pubbliche (interpretazione
troppo letterale ed ampia, che non tiene
conto dell’evoluzione storica) Maffezzoni
Tutti i tributi (sia per le imposte che per le
tasse vi è un momento di coattività e rispetto
a questo la necessità di determinare la
distribuzione del carico fiscale in funzione
della garanzia del privato) Micheli
Le sole imposte dirette (tesi restrittiva e
lontana dai lavori preparatori dell’Assemblea
costituente) La Rosa
Funzione garantistica: in ragione
della capacità contributiva

Divieto di introdurre tributi che non si
colleghino a una capacità contributiva
Capacità contributiva intesa come:
godimento di pubblici servizi
(Griziotti), in funzione del quale si
determina il concorso dei privati alle
spese pubbliche

Esplicitazione del principio di
uguaglianza (art. 3 Cost.)
Inizialmente inteso solo in senso
formale, poi anche sostanziale:
capacità contributiva come limite alla
discrezionalità del legislatore in
materia fiscale (C. cost. 289/1994).
Segue…
1.
2.
3.
Esclusione di imposizioni differenziate per
sesso, razza, religione, ecc.
Esclusione di criteri di riparto fondati sui
diritti della persona (C. cost. 131/1973 ha
ritenuto incostituzionali i tributi che
colpiscono la manifestazione del pensiero)
Tutela della integrità e dignità della persona
attraverso la detassazione del minimo vitale.

Forza economica: in tutti i sistemi
tributari moderni, gli indici di capacità
contributiva sono situazioni o fatti
economicamente rilevanti = indici di
forza o potenzialità economica, di
ricchezza in senso lato (C. cost.
156/2001).
Capacità contributiva intesa come potere di
comando sui beni e servizi ovvero come
dominio dei fattori della produzione (espresso
dalla esistenza di una attività organizzata).
Ricorrendo a questa accezione di capacità
contributiva la Corte cost. (sent. 156/2001)
ha giustificato il particolare presupposto
dell’IRAP.
Segue…
Il presupposto deve essere un fatto
economico (fatto manifestativo di forza
economica) indicativo della situazione
economica complessiva del
contribuente: capacità contributiva
riferita al soggetto (soggettiva)
piuttosto che al fatto presupposto del
tributo (oggettiva).
Indici classici di capacità
contributiva




Patrimonio
Reddito
Consumi
Trasferimenti di ricchezza
Capacità contributiva come limite alla
legittimità della norma impositrice
La Corte costituzionale ha distinto tra:
 Limite assoluto: impone al legislatore di scegliere
quali presupposti del tributo fatti manifestativi di
forza economica (effettiva ed attuale)
 Limite relativo: impone di ricostruire il principio
dell’art. 53 alla luce di tutti gli altri principi,
costituzionali e non, presenti nell’ordinamento nel
momento storico considerato; limite relativo come
giustificazione della diversa contribuzione imposta a
taluni consociati rispetto ad altri
Requisiti della capacità contributiva
intesa come limite assoluto:
effettività


Non imponibilità del minimo vitale
(complesso dei mezzi economici
necessari alla mera sopravvivenza)
Illegittimità di esenzioni puramente
simboliche che determinino di fatto la
tassazione di situazioni personali non
superiori al minimo vitale (C. cost.
97/1968; 151/1982)
Segue…



Legittimità degli incrementi nominali di ricchezza
(legittimità degli incrementi nominali del valore
monetario degli immobili ai fini Invim, C. cost.
126/1979)
Illegittimità delle presunzioni legali assolute (non
razionalmente giustificate e non fondate sulla
comune esperienza): presunzione di liberalità dei
trasferimenti immobiliari tra coniugi (C. cost.
41/1999)
Forfetizzazioni e determinazione catastale dei
redditi. Il sistema catastale è stato ritenuto
costituzionalmente legittimo (C. cost. 16/1965)
Requisiti della capacità contributiva
intesa come limite assoluto:
attualità


Tributi collegati a presupposti verificatisi
prima dell’entrata in vigore della norma
impositrice (tributi retroattivi)
Prelievi anticipati rispetto al verificarsi
del presupposto
Retroattività

La capacità contributiva deve sussistere nel
momento in cui si verifica il fatto assunto
come presupposto del tributo, ed è un limite
ai tributi retroattivi.
La retroattività delle norme impositrici è stata
giustificata dalla Corte cost. con la
presunzione di permanenza della
ricchezza nel patrimonio del soggetto,
dimostrata dalla brevità del termine
intercorso tra i due momenti.
Es. Incostituzionalità della norma che
disponeva l’applicazione retroattiva (un
decennio) dell’imposta sull’incremento
di valore delle aree fabbricabili (C. cost.
315/94).
La prevedibilità dell’imposizione da
parte del contribuente giustificherebbe
tributi introdotti posteriormente alla
realizzazione della ricchezza (C. cost.
315/1994).
Anticipazioni dell’imposta
Es. Legittimità degli acconti di imposta:
non definitività del prelievo, possibilità
del rimborso.
Capacità contributiva quale
limite relativo
Relativizzazione del sindacato sulla
sussistenza della capacità contributiva che
mira a ricostruire il principio dell’art. 53 alla
luce degli altri principi e valori riconosciuti
dall’ordinamento (congruità rispetto agli altri
principi presenti nell’ordinamento e non
arbitrarietà delle scelte del legislatore
nell’individuare alcuni, e non altri, indici di
capacità contributiva).
Il giudizio di razionalità, di coerenza della
norma impone un raffronto sistematico
con tutte le norme dell’ordinamento
(non con singole norme o singoli principi).
Il costante richiamo, da parte della Corte
cost., al principio di uguaglianza
dimostrerebbe che la nozione di capacità
contributiva va intesa come esigenza di
razionalità complessiva del sistema. (Fedele)
Per Fedele l’art. 53 non esprime un
valore da tutelare in via assoluta, ma
una finalità, una funzione (razionale
ripartizione fra i consociati dei carichi
pubblici), che giustifica il sindacato di
congruità della disciplina dettata dal
legislatore rispetto alla funzione
medesima.
Art. 53 e artt. 41 e 42 Cost.


Art. 41, comma 3: il legislatore deve determinare i
programmi opportuni affinché la attività economica
pubblica e privata possa essere indirizzata e
coordinata a fini sociali.
Il sistema tributario non dovrebbe mai alterare
l’equilibrio esistente tra fonti di produzione della
ricchezza in mano pubblica e in mano privata (tesi
non accolta dalla giurisprudenza e dalla dottrina
maggioritaria).
Art. 42, comma 3: il prelievo fiscale non può risolversi
in una espropriazione senza indennizzo.
La nozione di capacità contributiva
quale limite relativo consente di
estendere l’ambito di applicazione
dell’art. 53 ai tributi extrafiscali.
Si ammette che il tributo possa avere funzioni
non meramente neutrali (abbandono della c.d.
finanza neutrale) di ripartizione dei carichi
pubblici, ma anche di
incentivazione/disincentivazione di determinati
comportamenti dei consociati.
Deve comunque sussistere la potenzialità
economica in capo al soggetto e le finalità
extrafiscali devono coordinarsi con altri principi di
rango costituzionale (artt. 3; 4 comma 1; 9
comma 1; 31 comma 1, 42 comma 1, Cost.).
Esenzioni ed agevolazioni
fiscali
Se ne riconosce la legittimità ex art. 53.
Pur determinando una discriminazione
fra situazioni ugualmente rilevanti sotto
il profilo della capacità contributiva, non
sono considerate illegittime se e in
quanto sono dirette ad attuare finalità
ulteriori, riconosciute e tutelate
nell’ordinamento.
Incompatibilità della funzione
fiscale con altre funzioni
Non si considera ammissibile attribuire
al tributo finalità esclusivamente
sanzionatorie alla luce dell’art. 53,
stante la diversa funzione dei due
istituti.
Limite relativo ed interesse
fiscale
Attraverso la nozione di interesse fiscale,
inteso come valore rispetto al quale devono
coordinarsi tutti i principi fondamentali per il
diritto tributario, compreso quello di capacità
contributiva, la Corte cost. ha potuto
giustificare la costituzionalità di prelievi
straordinari finalizzati al risanamento della
finanza pubblica: prelievo straordinario del
6‰ sui depositi bancari (sent. 143/1995);
contributo straordinario per l’Europa.
Interesse fiscale e ragione
fiscale


Interesse fiscale: interesse ordinamentale di
rilevanza costituzionale alla giusta configurazione e
corretta attuazione del sistema tributario nelle sue
finalità di concorso alle pubbliche spese. Si tratta di
un interesse riferito allo Stato-comunità.
Ragione fiscale: interesse alla pronta realizzazione
del tributo, che giustifica criteri di semplicità e
speditezza (presunzioni; legittimità delle limitazione al
segreto bancario, C. cost. 51/1992). Si tratta di un
interesse riferito allo Stato-apparato.
Art. 53, co. 2, Cost.: Principio
di progressività
Il sistema tributario è informato a criteri
di progressività.
La progressività è una tecnica di
ripartizione del carico fiscale sui
consociati secondo un criterio di
incremento, in maniera più che
proporzionale, dell’imposta col crescere
della ricchezza.
Maggiore sacrificio per i ricchi in una
logica redistributiva.
… segue





Norma programmatica (di principio)
Fondamento economico (teoria dell’utilità marginale
decrescente)
Principio riferito al sistema tributario nel suo
complesso, non ai singoli tributi
Principio volto a realizzare l’uguaglianza sostanziale in
un assetto sociale ispirato ad una logica progressista
La norma ribadisce ed accentua l’impronta
solidaristica cui risulta ispirato il dovere di concorrere
alle spese pubbliche sulla scorta della capacità
contributiva
Il nostro sistema tributario è
effettivamente informato a criteri di
progressività?
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DIRITTO TRIBUTARIO - Università degli Studi di Foggia