Monica M.G.L. Valentini
Il richiamo del silenzio
DELLA STESSA AUTRICE:
Cristalli
La spada bianca
Il condottiero
Il richiamo del silenzio
Principe delle tenebre
Agemina
L’ombra della ginestra
Come convivere con uno sport sconosciuto
Roma vista da me
E il mondo non fu più lo stesso…
ISBN 978-1-4461-0602-0
© 1991 MGL VALENTINI
Tutti i diritti riservati
Copertina: MGL Valentini
Grafica: Marco Licio Fabi
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Questo romanzo è di pura fantasia. Qualsiasi riferimento a cose, nomi,
persone o fatti, è totalmente casuale.
In ricordo di Americo e di Emilio
Roma, 1983
Arricciò il naso all’immagine riflessa nello specchio e si girò su un lato,
poi sull’altro per osservarsi meglio. La giacca ricamata era di una taglia
più grande, ma la grossa cinta legata in vita, stretta da una fibbia grande
e ingombrante, riusciva a nascondere l’imperfezione. I pantaloni
andavano bene, erano larghi a sufficienza e terminavano dentro un paio
di stivali anch’essi larghi e morbidi, con un fiocchetto all’altezza della
caviglia e un tacco di almeno cinque centimetri. In quel modo sembrava
più alto e la cosa non gli dispiacque.
Con un piccolo sbuffo si girò verso la scrivania appoggiata alla parete
dove era posato il cappello a larghe tese, arricchito da un vistoso
pennacchio, e allungò la mano per prenderlo. Lo rigirò per trovare il verso
giusto, quindi se lo mise in testa, leggermente calato sulle ventitré. Con
disappunto il cappello e la parrucca scivolarono a terra e sospirando si
chinò per raccoglierli.
-Sei pronto?La domanda lo colse impreparato e chiese di rimando:
-E tu?Dall’altra parte della porta chiusa si udì una vocina in risposta:
-Non ancora, ma manca poco.Tiziano sorrise e si concentrò di nuovo sulla figura che gli rimandava
lo specchio sull’anta del suo armadio. Riposizionò la parrucca dai lunghi
e voluminosi boccoli color delle castagne e indossò nuovamente il
cappello piumato, sperando che si mantenessero entrambi sulla testa
senza cadere di nuovo. Quando si rese conto che non li avrebbe più
persi, legò la spada in vita, indossò il mantello e si guardò per l’ennesima
volta. Atteggiando la bocca a un sorriso provò a fare un salamelecco, con
il risultato che scoppiò a ridere alla goffaggine.
-Gesù…- mormorò divertito.
Toccò un boccolo che gli scendeva sul petto da efebo e decise che,
per somigliare in tutto e per tutto a un moschettiere, avrebbe dovuto
disegnarsi un paio di baffi con il pizzetto.
In quell’istante la porta del bagnetto si aprì e ne uscì fuori una
bellissima Alice nel Paese delle Meraviglie. Tiziano si voltò di scatto e
sgranò gli occhi alla vista del suo amico travestito da donna.
-Non dirmi che è questo il tuo costume…-Che domanda idiota fai?- ribatté questi andandogli vicino per mirarsi
nello specchio. -Ovvio che sia il mio costume, altrimenti per quale oscuro
motivo lo avrei indossato?Tiziano esitò, mentre sbirciava il suo compagno di classe nel tipico
costume azzurro di Alice, dal corpino aderente, la cinta bianca stretta in
vita e la gonna larga come la corolla di un fiore che circondava le gambe.
Lo vide sistemarsi meglio il fiocco tra i capelli e subito dopo prese
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coscienza del fatto che avesse anche messo l’ombretto sulle palpebre e il
rossetto sulle labbra, sembrando una ragazza a tutti gli effetti.
-Ti sei… truccato!- esclamò quasi scandalizzato.
-Ovvio.- rispose con tono piatto. -Continui a fare domande e
constatazioni inutili.-Ma… non era sufficiente il vestito?L’altro non replicò: si limitò a sbirciarlo attraverso lo specchio con aria
critica, prima di scuotere la testa con condiscendenza. Si girò, andò in
bagno per rovistare tra le cose che aveva portato per truccarsi, prese la
matita nera e tornò in camera, ordinando all’amico di sedersi. Tiziano
ubbidì e in silenzio lasciò che l’altro gli disegnasse baffi e pizzetto, e
quando fu pronto si guardò allo specchio: era esattamente quello che
aveva pensato di fare per avere un’aria più matura.
-In questo modo i tuoi quattordici anni non si noteranno.-Già, mentre tu ne dimostri ancor meno.-In effetti,- rispose annuendo compiaciuto, -sembro una bambina… Ma
guai a te,- minacciò menando il dito per l’aria, -se mi chiamerai con il mio
nome: oggi sarò per tutti Alice nel Paese delle Meraviglie, solo Alice.-Scherzi?- rise.
L’altro restrinse appena gli occhi truccati e replicò tagliente:
-No, affatto.Tiziano aprì la bocca per ribattere, quando ci ripensò notando lo
sguardo intimidatorio dell’amico. Con un’alzata di spalle si girò verso la
scrivania per prendere coriandoli e stelle filanti e, porgendole all’altro,
accettò:
-Ok, Alice allora.Questi parve rasserenarsi e tornò a guardarsi un’ultima volta allo
specchio sull’anta dell’armadio della camera di Tiziano e, con un vezzo
della mano, portò indietro una ciocca dei suoi capelli biondi. Aveva optato
per il costume di Alice proprio perché avrebbe evitato di indossare la
parrucca bionda e con un orgoglioso sospiro sfiorò un serpentello dorato
che gli lambiva le spalle.
Tiziano rimase a fissarlo con aria perplessa, domandandosi che fine
avesse fatto il suo timido e introverso compagno di banco, l’unico che
durante la ricreazione non uscisse dall’aula e che, potendo, preferiva la
compagnia delle ragazze ai rozzi modi di fare dei maschi. L’idea di
andare a festeggiare il carnevale travestiti lo aveva entusiasmato e si
erano dati appuntamento a casa di Tiziano per prepararsi e uscire a
divertirsi.
-Quando ti vedrà Alex gli prenderà un colpo. Ammesso che ti riconosca.aggiunse con una smorfia.
Alice sorrise e si lasciò andare a una piroetta su se stesso, prima di
imprecare e chinarsi per tirare su le calze bianche che, essendo un po’
larghe, gli erano lentamente scivolate lungo le gambe, formando
antiestetiche pieghe intorno alle caviglie. Tiziano sogghignò mentre lo
vedeva barcamenarsi per tirarle su e infierì:
-Non sei abituato, eh?8
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-Smettila.- lo rimbrottò. -Devo solo ricordarmi di comportarmi da donna e
non da uomo, tutto qui.-Tutto qui?- ripeté incredulo. -Mi sembri matto…-Matta.- lo corresse. -Sono Alice, ricorda.Tiziano inarcò le sopracciglia, scosse la testa, indicò i cappotti posati
sul letto e fece cenno di andare.
-Dopo di lei, principessa.- lo beffeggiò provando a fare un inchino.
-Sei sempre il solito stronzo.- lo rimbeccò alzando il mento e uscendo
dalla camera.
L’altro lo seguì continuando a ridere e sul corridoio si imbatterono in
una figura diafana che stancamente si avviava verso la propria camera.
Alice si fermò di colpo e Tiziano gli andò a sbattere addosso, imprecando
a denti stretti:
-Ma che cazzo…-Silvia…- sussurrò l’amico fissando la ragazza che avanzava verso di
loro con aria distratta.
Tiziano sbirciò la sorella maggiore e quando lei li vide si arrestò un
secondo, fissando gli occhi di Alice, come per accertarsi che fosse lui,
quindi li salutò appena con un cenno della mano prima di eclissarsi nella
propria camera.
-Be’? Sei rimasto pietrificato?- borbottò Tiziano dando una gomitata
all’amico
A quelle parole Alice si riscosse e subito dopo sorrise, preparandosi al
pomeriggio di divertimento che li attendeva.
~
Tiziano vide Alessandro fuori della fermata della metro di Flaminio e
gli fece cenno con la mano per farsi riconoscere in mezzo alla folla. Il
ragazzo aggrottò le sopracciglia e bofonchiò qualcosa di poco cortese in
direzione dell’amico e appena Tiziano terminò di salire le scale della
metro lo apostrofò a bruciapelo:
-Ma che cazzo hai fatto?L’interpellato si guardò intorno, notando il tramestio di gente che
andava e veniva, metà della quale mascherata per festeggiare il
carnevale e ribatté indispettito:
-Fatto cosa?Alessandro incrociò le braccia al petto, spostò il peso del corpo su
una gamba e lo squadrò da capo a piedi, con aria disgustata.
-Ti sei mascherato.- biascicò.
-Quale acume!- lo sfotté acido.
L’altro sbuffò e subito dopo si accese una sigaretta, spostando
l’attenzione sulla ragazzina bionda, minuta, che si era fermata alle spalle
di Tiziano. La degnò appena di uno sguardo, quindi si rassegnò ad
attendere la metro successiva, appoggiandosi al muretto dove altri
ragazzi si erano dati appuntamento. Tiziano scambiò un’occhiata con
Alice, quindi si rivolse all’amico domandando:
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-Cosa stiamo aspettando?-L’unico che manca all’appello. Lo sapevo che quel coglione avrebbe
tardato.- commentò stizzito dopo aver guardato l’ora.
Alice sgranò gli occhi e con una mossa repentina si piantò davanti ad
Alessandro, le mani sui fianchi e gli occhi che mandavano scintille.
-Il coglione qui sei solo tu!- l’apostrofò con durezza.
Alessandro stava per ribattere, quando rimase a bocca aperta a
fissare l’amico come se lo vedesse per la prima volta, sotto lo sguardo
divertito di Tiziano.
-Ma…-Alice.- lo prevenne. -Oggi sono Alice e basta.-Alice?-Alice.- confermò. -O se preferisci all’inglese: Elis, come Alice Cooper.Alessandro lanciò un’occhiata attonita a Tiziano e vederlo divertito lo
irritò oltremodo. Non era colpa sua se il loro amico fosse così carino da
apparire come una vera ragazza e lui era caduto nell’inganno come un
imberbe. Con un gesto stizzito si girò e si avviò verso Piazza del Popolo,
seguito dai due amici che a stento trattenevano le risate.
La gente che incontravano si divertiva a lanciargli contro coriandoli e
stelle filanti e loro rispondevano all’attacco con le stesse armi, felici della
giornata di sole che splendeva in quel rigido inverno romano. C’erano
tantissimi bambini, imbacuccati nei più svariati costumi, accompagnati dai
genitori che li esibivano con orgoglio, ignari che al piccolo poco
interessava se indossasse un abito normale o un costume carnevalesco.
Lungo Via del Corso la folla comminava a rilento, i più grandi
sfoggiando costumi ricercati, i giovani con costumi alla buona o con una
semplice maschera sul viso, ma tutti pronti a divertirsi e a dimenticare per
un giorno i problemi che incombevano. Gruppi di ragazzi si facevano la
guerra con le bombolette di schiuma e con le uova, con il risultato che
molti si ritrovarono ben presto in condizioni pietose. I postulanti che
vivevano a ridosso delle decine di chiese che sorgevano maestose lungo
la strada continuavano a chiedere l’obolo facendo leva sul momento di
gioia, mentre le persone più anziane si fermavano a guardare con
disapprovazione le scorribande dei giovani che si rincorrevano tra la folla
dando spintoni e sporcando i passanti con i loro scherzi poco ortodossi.
-Guarda quelli!L’intero gruppo di ragazzine si girò e rimase a fissare due trampolieri
che camminavano tra la folla ad altezza vertiginosa, dispensando
coriandoli con generosità e Melissa, una del gruppo, li fissò a bocca
aperta, domandandosi come riuscissero a non cadere.
-Deve essere difficilissimo.Sentendo dare voce ai propri pensieri, si girò verso l’amica che aveva
parlato e domandò:
-Tu riusciresti a farlo?-No, direi proprio di no.- rispose Isa continuando ad ammirare i
trampolieri anche dopo che le avevano superate.
-Andiamo, seguiamoli!- propose una del gruppo.
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Con entusiasmo accettarono e tallonarono i trampolieri per un pezzo
di strada, fino al crocevia con Via dei Condotti, dove si fermarono per
decidere se proseguire o deviare e arrivare a Piazza di Spagna. Per un
po’ rimasero incerte sul da farsi, qualcuna che indicava un posto,
qualcuna un altro, e infine Melissa e Isa, stanche del tentennamento,
decisero di testa loro e imboccarono Via dei Condotti. Un paio di amiche
le seguirono, le altre le persero di vista in mezzo alla calca di gente.
Quando giunsero a Piazza di Spagna furono investite da altri gruppi di
giovani e di turisti che affollavano la piazza e la scalinata di Trinità dei
Monti e, stanche del lungo camminare, si misero sedute sul bordo della
fontana.
-Le altre sono sparite.- notò una delle amiche.
-Pazienza. Le ritroveremo domani a scuola.- rispose l’altra.
-Reggimi i coriandoli.- disse Isa porgendo il sacchetto.
Melissa ubbidì e l’amica, con le mani libere, sistemò la parrucca che
le pendeva da un lato. Aver optato per un costume da fata turchina
l’aveva rimpianto subito, perché l’abito lungo le impacciava i movimenti,
mentre la parrucca, sormontata da un cappello a cono con le stelline
gialle, le scivolava sempre di lato. Per avere le mani libere aveva messo
la bacchetta magica dentro la cinta legata in vita, ma ogni tanto era
costretta a riposizionare la parrucca, maledicendo il momento in cui
aveva scelto quella maschera. Melissa, invece, si era accontentata di un
pratico costume da Minnie e le due orecchie grosse erano incollate a un
cerchietto che portava in testa e non le procurava noie. L’unica cosa
bizzarra era che Melissa si fosse dipinta la punta del naso di nero e
avesse disegnato alcuni baffi sottili ai lati del volto, per sembrare ancor
più un roditore.
-La prossima volta mi vesto da Topolino.- disse riprendendosi i coriandoli.
Melissa la sbirciò e stava per ribattere, quando un ragazzo, per
sedersi, la urtò e per poco non la fece finire gambe all’aria.
-Ehi, ma che maniere!- esclamò indignata.
L’interpellato la fissò, la sigaretta che pendeva da un angolo della
bocca, l’aria disgustata e ribatté seccato:
-Non posso neppure sedermi?-Ci sono modi e modi.-Quante storie…-Quanti maleducati ci sono in giro!Il battibecco richiamò l’attenzione di Isa e delle altre due amiche, che
fissarono il nuovo venuto con evidente disapprovazione.
-Scusatelo.- s’intromise un ragazzo vestito da moschettiere, con il tono
più ragionevole del mondo. -È mascherato da prepotente e si sente in
obbligo di mostrare a tutti la sua tenuta originale.-Ma falla finita!- ruggì Alessandro dandogli una spinta.
Tiziano rise e Melissa rimase incantata a fissare quel volto bruttino e
spigoloso, dove il naso adunco sovrastava una bocca sottile, il mento
sfuggente era ancora privo di barba e le guance erano appena accennate
sotto gli zigomi leggermente sporgenti. E tuttavia, se il volto non era
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granché, i suoi occhi erano qualcosa di incredibile: avevano un colore
bizzarro, simile all’ametista e Melissa rimase incantata a guardare quello
strano essere.
Fu una gomitata di Isa a riportarla al presente, la quale ammiccava
alla figura accanto a D’Artagnan: una bellissima Alice nel Paese delle
Meraviglie.
-C’è posto per tutti, basta stringersi un po’.- suggerì Alice mettendo con
noncuranza una mano sulla gamba di Tiziano.
-Sì, giusto.- convenne questi facendo cenno ad Alessandro di spostarsi
per far spazio agli altri.
Il ragazzo sbuffò spazientito, mentre borbottava qualcosa riguardo al
fatto di dover fare da balia a due imberbi e si concentrò sulla ragazza che
aveva letteralmente investito per sedersi.
-Sei Topolino?- domandò.
-No, sono Minnie, non lo vedi?Alessandro socchiuse gli occhi e la squadrò da capo a piedi,
liquidando il diverbio notando:
-Sempre un topo sei, no?Melissa aprì la bocca per protestare, ma ci ripensò e si girò verso le
proprie amiche, intente a tirare coriandoli e stelle filanti ai bambini che
passavano lì vicino.
-Sei proprio un idiota.- commentò Tiziano scuotendo appena la testa.
Alessandro alzò le spalle con indifferenza e si frugò nelle tasche del
giubbotto, alla ricerca delle cartine. Sotto lo sguardo allibito dei due amici
si mise a rollare uno spinello, stando bene attento a non perdere neppure
un briciolo di fumo e Tiziano si guardò intorno preoccupato.
-Ma che cazzo fai?- sibilò a denti stretti. -Qui è pieno di caramba e di
madama.-Tranquillo, non mi vedrà nessuno. Guarda che casino di gente che c’è.-Io ti vedo.-Aho, ma che cazzo vuoi?- sbraitò accendendo la canna.
Tiziano e Alice si scambiarono un’occhiata allarmata, domandandosi
se il loro amico non fosse impazzito. Non era un segreto che Alessandro,
di due anni più grande di loro, facesse uso di marijuana e di hashish,
però si era sempre guardato bene dal farlo alla luce del giorno; ora, vuoi
per la folla, vuoi per l’aria di allegria che si respirava, non si fece scrupoli
nel dichiarare al mondo intero che faceva uso di stupefacenti.
-Sta’ zitto e tira.- disse porgendo lo spinello a Tiziano.
Questi lo fissò inorridendo e balbettò:
-No, io…-Da’ qua.- s’intromise Alice afferrando la canna
Ne aspirò una prima boccata, poi una seconda, quindi la restituì al
mittente con una smorfia.
-È come una sigaretta.- concluse.
Alessandro corrugò le sopracciglia e stava per ribattere, quando
Tiziano gli strappò di mano lo spinello e ne fumò un po’.
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-Ah, ma bene!- esclamò il sedicenne annuendo compiaciuto. -Tenetela
pure, ne preparo un’altra.Così come per la prima, si accinse ad armeggiare sotto gli occhi di
Melissa e Isa, richiamate dai loro battibecchi.
-Bu’!!!- urlò Alessandro sotto il naso di Melissa.
Questa sobbalzò, finendo addosso a Isa, e istintivamente portò una
mano sul cuore, indemoniato per lo spavento.
-Ma… che zotico!- esclamò per nascondere la paura provata.
-Non farci caso.- la rassicurò Tiziano con un gesto della mano. -È fatto
così.-È fatto male.- sentenziò Isa perentoria.
-Oh!!! La fatina si è arrabbiata!- la turlupinò Alessandro, soffiandole il
fumo sul viso.
Isa si indispettì e senza pensarci oltre estrasse la bacchetta magica
dalla cinta e gliela abbatté sulla testa, lasciandolo allibito. Alice scoppiò a
ridere e Tiziano la seguì a ruota, mentre Melissa si alzava di scatto e,
afferrando l’amica per un braccio, la trascinava via, ignorando
volutamente i suoi epiteti contro Alessandro. Anche le altre due amiche si
alzarono e se ne andarono, preferendo mettere le distanze da quei tipi
poco raccomandabili.
-Stronzo.- sussurrò Tiziano mentre vedeva le ragazzine sparire,
inghiottite dalla folla.
-Hai pure da ridire?!- esclamò l’altro sbigottito, tenendo una mano sulla
testa dove la bacchetta lo aveva colpito.
Tiziano lo guardò e si rese conto che, per la prima volta in vita sua,
l’amico aveva trovato chi gli teneva testa, insensibile al suo fascino di
bello e dannato e con un sorriso offrì il volto ai raggi del sole che
lentamente si abbassava all’orizzonte, allungando le ombre, ricordando
che la giornata di divertimenti non era infinita.
~
-No, dico, ma hai visto i suoi occhi?- insistette Melissa agitandosi sul
sedile dell’autobus che caracollava verso casa.
Isa sospirò e con un gesto stanco della mano tolse la parrucca e il
cappello a cono, lasciando liberi i capelli rossi come il fuoco.
-Sì, li ho visti, però lui è bruttino.- rispose guardando fuori del finestrino.
Non capiva come quel ragazzetto insignificante, basso e dinoccolato
avesse fatto colpo sulla sua amica, in genere molto cauta con l’altro
sesso, molto riservata, e tutto quel miagolare per un tipo di cui neppure
conosceva il nome per lei era assurdo, pura follia.
-Sì,- ammise Melissa a malincuore, -un po’ bruttino lo è, però è stato
gentile.L’altra sbuffò spazientita e sbirciò le persone presenti sul mezzo,
alcune mascherate come loro, altre no, quindi ruppe gli indugi e
passando una mano tra i capelli sentenziò con tono ieratico:
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-Non vorrei deluderti, ma il tuo D’Artagnan era accompagnato dalla
fidanzata.-Fidanzata?-Certo, Alice nel Paese delle Meraviglie.- spiegò alzando gli occhi al cielo,
come se stesse parlando a un infante.
Melissa esitò, ripensando alla bellezza bionda che accompagnava
silenziosa i due ragazzi e notò:
-Poteva essere la fidanzata del cafone.-No, no. Ho visto come fosse abituata a toccare il tuo D’Artagnan e sono
più che sicura che stessero insieme.A quel ragionamento senza una piega Melissa esitò per una frazione
di secondo, quindi chinò la testa rassegnata e si morse le labbra,
fissando le poche stelle filanti che le erano rimaste e che teneva ancora
in mano. Isa aveva ragione: si stava comportando da idiota e non era da
lei. E non conosceva neppure il suo nome!
Con un tardivo guizzo di orgoglio rialzò la testa, facendo ondeggiare i
ricci corvini e fissò i palazzi che scorrevano sotto i suoi occhi come mostri
mastodontici, tutti uguali, tutti casermoni di periferia che si stagliavano
contro i lampioni che illuminavano la strada, tutti a ridosso dell’unica via
di comunicazione. In quell’istante prese coscienza che odiava la gente
che ci viveva, odiava il perbenismo di facciata, odiava i suoi tredici anni e
sognò di crescere in fretta per poter andar via da lì e cominciare una vita
migliore dove non avrebbe più assistito alle furibonde litigate dei suoi
genitori e alle giornaliere e brutali sbronze del padre.
-Tutto ok?- s’informò Isa con aria preoccupata, sbirciandola di sottecchi.
Melissa inspirò a fondo e, imitando il gesto dell’amica, tolse dalla testa
il cerchietto con le orecchie, rigirandolo tra le dita.
-Sì, tutto ok.- rispose mestamente, incurvando le spalle.
Isa le prese una mano e la costrinse a guardarla. Si conoscevano da
troppi anni per non capirsi al volo e fu sufficiente un’occhiata per dirsi
tutto il male e la sofferenza che vivevano in due famiglie speculari, dove
la violenza era all’ordine del giorno, e che entrambe non sopportavano
più.
-Quest’anno abbiamo gli esami di terza media… Io intendo cercarmi
lavoro, così me ne andrò di casa.- confidò.
Melissa la studiò a lungo, come se fosse impazzita, come se quelle
parole, buttate lì con una certa noncuranza, non fossero state il riflesso
dei suoi pensieri più reconditi e stava per obiettare, quando gli occhi
limpidi dell’amica, che la sondavano fin dentro l’animo, le fecero chinare
la testa in segno di accettazione. Il lavoro sarebbe stato cento volte
migliore che stare in casa e continuare a subire in silenzio e, se fossero
riuscite a trovarsi un appartamento, sarebbero potute andare a vivere da
sole, senza più incubi di urla, botte, violenze gratuite e corse al pronto
soccorso.
Con un sorriso annuì e Isa sorrise a sua volta, fiduciosa.
~
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Era sera inoltrata e il freddo si faceva sentire con maggior insistenza
quando decisero che fosse giunto il momento di rientrare. Si erano
divertiti come non gli capitava da tempo, tanto da non curarsi delle ore
liete che scorrevano e solo quando si erano accorti che la gente
diminuiva lungo l’affollata Via del Corso avevano preso coscienza che,
molto probabilmente, l’ora di cena era passata da un pezzo e che i
rispettivi genitori sarebbero stati in ansia per loro.
-Non senti freddo alle gambe?- s’informò Tiziano fissando il proprio alito
che si condensava.
Alice chinò la testa per osservarsi mentre camminava verso la metro,
quindi la scosse e rispose:
-No. Non immaginavo che le calze delle donne tenessero così caldo.-Ma che dici?- s’intromise Alessandro accendendosi l’ennesima sigaretta.
-Dico che, di qualsiasi cosa siano fatte, le calze tengono più caldo dei
pantaloni.- spiegò.
-Tu non stai bene.- accusò picchiandosi l’indice sulla tempia, in un gesto
più che eloquente.
-Stai bene tu!- lo rimbeccò con un gesto di stizza.
Tiziano si mise in mezzo e li separò, conoscendoli troppo bene per
non sapere che il diverbio sarebbe sfociato in qualcosa di più difficile da
gestire ed esclamò:
-Ok, ok! Accidenti a quando non sto zitto. Ora basta, mi sembrate cane e
gatto.-È lui che si è bevuto il cervello, guarda come va in giro vestito!- ribatté
Alessandro con disgusto, indicando l’amico in abiti femminili.
Questi serrò i denti per non rispondere a tono e allungò il passo per
sbrigarsi a raggiungere la metro e mettere più distanza possibile tra loro.
Mentre attraversavano Piazza del Popolo ancora piena di gente che
imperterrita continuava a divertirsi, incrociarono un gruppo di ragazzi che
bivaccava intorno alla fontana, illuminata da piccoli fari che avevano lo
scopo di far risaltare l’obelisco e Alessandro restrinse gli occhi prima di
esclamare felice:
-Ma guarda chi c’è! L’Indiano!Claudio, uno della comitiva, soprannominato Indiano per qualche
oscura ragione, lo riconobbe e chiamò:
-Ehi, Alex! Dove stai andando?-Verso casa.- rispose l’interpellato indicando la fermata della metro.
Claudio lo raggiunse e lo prese per un braccio, costringendolo a
fermarsi, prestando una superficiale attenzione a Tiziano e Alice rimasti a
distanza.
-E i due mocciosi?- domandò divertito, inarcando un sopracciglio
Alessandro sogghignò all’appellativo e, gettando il mozzicone di
sigaretta a terra, rispose:
-Amici.-Tranquilli?- s’informò con un gesto della testa.
-Per ora.15
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Fece loro cenno di avvicinarsi, mentre il gruppetto li studiava con
superficialità, come se neppure li considerasse degni di attenzione,
intento a fumare spinelli con consumata naturalezza.
-Lui è Indiano,- presentò, -mentre lui è Tiziano e lui…-Alice.- lo prevenne con fermezza.
Claudio aggrottò la fronte sorpreso e all’evanescente luce della
fontana studiò il volto androgino del ragazzino, la pelle di porcellana e gli
occhi grandi e limpidi e scosse la testa divertito.
-Sei un lui?-Oggi sono Alice.- ripeté ostinato.
Claudio scambiò un’occhiata con Alessandro e questi liquidò la
faccenda con un semplice:
-Non farci caso.Il gesto che seguì quelle parole fece avvampare Alice e indispettire
Tiziano, il quale fece un passo avanti e si piantò davanti ad Alessandro,
intimando:
-Adesso basta. Lo hai preso in giro fin troppo per oggi.-Ah!!! Andiamo bene!- esclamò Claudio soffocando una risata. -Il prode
D’Artagnan che corre in soccorso della damigella!Il commento fece esplodere l’ilarità generale dei ragazzi che
bivaccavano intorno alla fontana e per un lungo attimo Tiziano e Alice
rimasero incerti sul da farsi, fin quando scambiarono un’occhiata e
girarono sui tacchi per avviarsi verso la metro. Fu Alessandro, tra una
risata e l’altra, a bloccarli e a riportarli in mezzo al gruppo, mentre
Claudio cercava di rabbonirli offrendo loro uno spinello.
-Ecco, noi non…- balbettò Tiziano incerto.
-Su, su.- lo esortò con tono conciliante. -Poche storie. Siamo partiti con il
piede sbagliato, ma dopo che vi sarete fumati questa starete meglio.Titubante, prese la canna e iniziò a fumarla dividendola con Alice e
solo dopo, quando si accorsero che nessuno più li prendeva in giro,
iniziarono a rilassarsi e a godersi la compagnia.
-Fatti vedere un po’.- disse Claudio mettendo una mano sulla spalla di
Tiziano e costringendolo a guardare la luce all’interno della fontana.
-Mio Dio… Ma che razza di occhi hai?- esclamò incredulo.
Il ragazzo piegò le labbra in un pallido sorriso, troppo avvezzo a
quell’osservazione e rispose beffardo:
-Sono uno scherzo della natura.-Sono lenti a contatto?-No, sono i miei occhi.- ribatté infastidito.
A quel punto tutti si interessarono e iniziarono a guardarlo meglio,
come se fosse stato un animale raro, una cavia da laboratorio,
alternando commenti idioti a battutine pesanti e irriverenti. Tiziano
sopportò per un po’, alla fine si spazientì e tornò accanto ad Alice, il
quale si era messo seduto sul bordo della fontana e con i piedi si
divertiva a formare mucchietti di coriandoli per terra. Ce ne erano
talmente tanti che gli spazzini avrebbero avuto un bel da fare a ripulire
tutto.
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Molta gente continuava ad affollare la piazza, ma il freddo e le tenebre
stavano avendo la meglio e tutti si affrettavano a tornare al tepore di casa.
-Guarda che bello.- ammiccò Alice.
Tiziano seguì l’indice che indicava un gatto dal lucente pelo bianco e
dagli occhi verdi che passeggiava con lenta eleganza in mezzo ai rifiuti
gettati con noncuranza per terra, e sorrise.
-Forse è il caso di andare.- continuò Alice con un sospiro.
L’amico annuì e si girò verso Alessandro, il quale confabulava con
Claudio, mentre gli altri sembravano degli zombie gettati alla rinfusa
intorno a uno dei quattro leoni che ornavano la fontana e l’obelisco e che
gli ricordavano pericolosamente sua sorella Silvia.
-Noi andiamo.- annunciò, togliendosi cappello e parrucca con gesto
stanco.
Gli spioventi capelli corvini gli circondarono il volto, facendo risaltare
ancor più gli occhi ametista, rendendolo simile a un alieno. Claudio lo
spiò, pensando vagamente che metteva paura, con quel volto bruttino, il
corpo basso e sottile come un giunco, e una strana sensazione di gelo gli
attraversò le vene.
-Aspettate, la serata è ancora giovane.- tentò di trattenerli Alessandro.
-Domani dobbiamo andare a scuola.- intervenne Alice alzandosi e
lisciandosi una piega sulla gonna.
-La scuola può aspettare.- rispose Claudio allungando la mano e
mostrando il palmo.
Tiziano e Alice sbirciarono le due pasticche, quindi tornarono a fissare
Claudio con una muta domanda negli occhi, Questi sogghignò, si guardò
intorno per accertarsi che nessuno prestasse loro attenzione e domandò:
-Che musica ascoltate?-Che c’entra?- rimandò Tiziano senza capire.
-E rispondi, cazzo!Con una smorfia passò una mano tra i capelli ed elencò:
-Black Sabbath, AC/DC, Deep Purple, David Bowie, Led Zeppelin...-Ok, ok!- lo fermò. -Mai ascoltato i Beatles?Tiziano alzò le spalle, ammettendo:
-Chi non li ha mai ascoltati?-Bene. Ti dice nulla Lucy in the Sky with Diamonds?-E allora?- sbuffò spazientito, incrociando le braccia al petto.
Claudio sorrise e scambiò un’occhiata d’intesa con Alessandro, il quale
sogghignava divertito.
-È questa.- disse ammiccando alle pasticche.
Quando si rese conto che non aveva ancora capito, scosse la testa e
spiegò come se avesse dinanzi un imberbe:
-LSD: Lucy in the Sky with Diamonds. Con questa ti fai un trip da sballo.Tiziano e Alice non si mossero, tuttavia avvertirono con fastidiosa
insistenza gli occhi di tutti puntati su di loro, che li sondavano per vedere
cosa avrebbero fatto.
-Non dirmi che te la fai sotto!- lo sfotté Claudio con un ghigno satanico,
allungando la mano sfidandolo apertamente.
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©MGL VALENTINI
-Lascia stare, non perdere tempo con i poppanti.- intervenne uno del
gruppo con mal celato disprezzo.
Con gesto repentino Alice agguantò una pasticca, cogliendo tutti di
sorpresa, e la ingoiò, mentre tutto intorno calò un silenzio innaturale, in
attesa che anche l’altro seguisse l’esempio.
-Ma che cazzo fai?- mormorò Tiziano afferrandolo per un braccio e
scuotendolo.
Alice si liberò con uno strattone e si girò ad affrontare Claudio,
scimmiottandolo:
-Un trip da sballo! Con questa ti fai un trip da sballo! Qui non succede
niente di niente, altro che trip da sballo!Continuando a borbottare tornò a sedersi sul bordo della fontana,
mentre Tiziano prendeva coraggio e afferrava l’altra pasticca, buttandola
giù in gola. Quindi raggiunse l’amico e si mise seduto accanto a lui,
mentre Claudio ed Alessandro sogghignavano scambiandosi cenni
d’intesa e rimanevano in paziente attesa degli effetti dell’acido.
-Tutte stronzate.- continuò a bofonchiare Alice. -Avremmo fatto meglio a
tornare a casa, i miei genitori mi avranno dato per disperso.-Anche i miei, probabilmente.Ad un tratto, come una staffilata improvvisa, Alice sbandò e si
aggrappò alla fontana per non cadere, la testa che iniziò a girargli
vertiginosamente e le pupille che si dilatarono come palloni, accecandolo.
Tiziano lo prese per un braccio, preoccupato, ma subito dopo iniziò a
sudare freddo, a sentirsi male e si trattenne lo stomaco, dimenticandosi
dell’amico. All’improvviso le luci della fontana gli parvero come enormi
occhi gialli che dalle tenebre balzavano fuori minacciosi, le bocche dei
leoni che si piegavano in un ghigno terribile prima di spalancarsi per
dilaniarlo, mentre i piccioni accovacciati sulle teste dei leoni diventavano
dei draghi che spiegavano le ali nell’atto di spiccare il volo, e l’urlo gli
morì in gola, mentre con le mani si parava il volto per difendersi da quelle
immagini tremende che gli vorticavano intorno, pronte ad aggredirlo. Con
enorme sforzo di volontà si costrinse a guardare Alice e capì, dalla sua
espressione, che stava nelle sue stesse condizioni, solo che lo sentì
mormorare:
-Questo è il paradiso…Paradiso? si ripeté incredulo, trattenendosi la testa e lo stomaco nello
sforzo di non vomitare. Forse intendeva l’inferno e si è sbagliato.
-Allora? Come procede il trip?Tiziano alzò con fatica lo sguardo su Claudio e dopo averlo
riconosciuto replicò:
-Merda…-Ok, ho capito: ti sei beccato il trip dell’orrore. Be’, capita.- concluse con
indifferenza.
Il ragazzo lo mandò al diavolo con un gesto della mano, la testa che
gli scoppiava, come se una motosega gli perforasse le orecchie, lo
stomaco che stava per mostrare tutto quello che aveva ingurgitato.
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Non seppe per quanto tempo rimase in stato di semi incoscienza;
sapeva solo che, quando iniziò a riprendersi, il sole stava per fare
capolino dopo una nottata fredda e rugiadosa. Si sentiva completamente
ghiacciato, intirizzito in ogni parte del corpo e con uno sforzo sovrumano
si portò seduto, appoggiando la schiena contro il bordo della fontana.
Portò la mano alla fronte raggelata e sospirò. Qualcuno, pietosamente, lo
aveva coperto con un giornale per permettergli di superare la nottata ma,
nonostante l’accortezza, sentiva le ossa a pezzi. Provò a scaldarsi le
mani e si accorse che anche Alice era caduto e stava riverso sui
sampietrini, ricoperto anche lui da un giornale. Allungò la mano per
toccarlo e lo sentì mugugnare qualcosa di inintelligibile.
-Ehi…- chiamò con voce flebile.
Alice si portò faticosamente seduto e si strofinò gli occhi, dimentico
del trucco. Il risultato fu che si impiastricciò il volto e Tiziano gli fece
cenno di pulirsi con l’acqua della fontana. L’amico ubbidì e in quel
momento si accorse che gli altri non c’erano più, che li avevano lasciati lì,
nella totale indifferenza, a rischiare l’assideramento.
-Che stronzi…- mormorò rabbrividendo di freddo.
Anche Tiziano si girò e, a parte qualche barbone riverso lungo gli
edifici e le chiese, la piazza era pressoché deserta, rischiarata dai
lampioni che presto avrebbero lasciato il loro compito al sole.
-Mio Dio…- gemette provando a mettersi in piedi.
Barcollò sulle gambe e passò le mani sul volto per svegliarsi.
-È gelida.Il commento di Alice lo fece sospirare e guardò il volto paonazzo
dell’amico, dove le labbra, la sera prima rosse e brillanti, erano violacee e
prossime alla congestione. Tremava, un tremito convulso che non
riusciva a frenare e Tiziano imprecò sommessamente, prendendo
coscienza solo in quell’istante che anche lui era scosso da tremiti
incontrollabili. Si avvicinò ad Alice, gli passò un braccio intorno alle spalle
e con gentilezza lo esortò a muoversi verso la metro.
Erano rimasti fuori tutta la notte, si trovavano in condizioni pietose,
quasi congelati, e il rientro a casa non si prospettava dei più piacevoli.
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PARTE PRIMA
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1
Roma, 1988
L’aria frizzantina dell’inverno appena conclusosi rendeva le giornate
piacevoli, in attesa del caldo afoso che ogni estate avrebbe portato con
sé e i romani affollavano le vie del centro con la frenesia di chi era stato
troppo tempo chiuso in casa per sfuggire al freddo e che ora voleva
godersi i meritati pomeriggi assolati.
Melissa e Isa giravano nei vari reparti dei grandi magazzini,
osservando i capi di abbigliamento e scegliendone alcuni da provare nei
camerini, commentando con vivacità l’arrivo della primavera.
-E questa qui?- domandò Isa mostrando una gonna corta di lino dal color
giallo pallido.
-Sì, può andare.- accondiscese Melissa, continuando a frugare tra la roba
esposta.
L’occhio le cadde su un paio di sandali bianchi, dal tacco alto e si
chinò per prenderli ed osservarli meglio.
-Questi mi piacciono.- commentò.
Isa la scrutò accigliandosi e subito la rimproverò:
-Quelli no, lo sai.-Sì, lo so, però mi piacciono.- insistette puerile.
L’amica, con le braccia cariche di indumenti da provare, si guardò
intorno con aria furtiva e quando si accorse che nessuno prestava loro
attenzione, tirò un calcio negli stinchi di Melissa. Questa sobbalzò e si
girò di scatto, pronta a rimproverarla, ma quando vide l’espressione
furibonda dell’altra, si apprestò a rimettere a posto i sandali, borbottando
in sordina contro di lei.
-Non fare l’idiota.- la redarguì Isa.
-Mi hai fatto male.-Ti ho solo sfiorato.- ribatté Isa facendole cenno di avviarsi verso l’intimo.
Indispettita, Melissa le diede le spalle e si mise ad osservare reggiseni
e slip di ogni taglia e forma, imitata da alcune donne che commentavano i
perizoma esposti. Un vigilante passò lì vicino, lanciando uno sguardo
meditabondo nella loro direzione e Isa si avvicinò prontamente all’amica,
sorridendo.
-Pensi che a Sabrina possa piacere quel reggiseno?Melissa corrugò le sopracciglia e la fissò con aria interrogativa, prima
di capire e rispondere con tono squillante:
-Direi di sì, è proprio la sua taglia.-Allora prendilo, glielo regaliamo per il compleanno.23
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Melissa lo aggiunse all’altra roba già presa e azzardò un’occhiata alle
proprie spalle: il vigilante si stava allontanando e con un sospiro di
sollievo scambiò un’occhiata con l’amica.
-Ok, direi che possiamo dirigerci ai camerini di prova.Isa annuì e si misero in fila, in attesa del loro turno, continuando a
cicalecciare sulla primavera e sull’attore all’ultimo grido, per il solo
beneficio delle donne presenti in attesa come loro di poter provare gli
indumenti. Quando riuscirono a entrare, entrambe si spogliarono e
iniziarono a indossare la roba presa, stando bene attente a scegliere solo
gli indumenti che non si sarebbero notati sotto i loro vestiti. Così, quando
ebbero terminato, si ritrovarono ognuna con sei paia di slip, quattro paia
di reggiseni, con tre T-shirt e una gonna che indossarono sotto i propri
abiti.
Prima di uscire dal camerino, Melissa controllò l’aspetto di Isa, le
sistemò una T-shirt che si intravedeva sotto il maglione e l’amica fece
altrettanto. Con calma riportarono le cose inutili al loro posto, tenendo
solo un reggiseno che pagarono alla cassa, il fantomatico regalo per
un’amica.
-Solo questo?- domandò la cassiera.
-Sì.- rispose Melissa con un sorriso solare.
Isa provvide a pagare e nell’uscire passarono dinanzi a un vigilante
che le squadrò da capo a piedi. Con estrema calma si diressero verso il
motorino parcheggiato lì vicino, misero in moto e partirono, e solo dopo
un po’ scoppiarono a ridere, lasciando scivolare via la tensione.
-Dici che lo ha capito?- urlò Isa nell’orecchio di Melissa che guidava.
-Non lo so e non me ne frega niente.Con i capelli al vento, infagottate come astronauti, svicolarono nel
traffico caotico del centro, dirigendosi verso la periferia, loro ritrovo
abituale. Ad un semaforo rosso una vettura le affiancò e l’uomo alla guida
lanciò loro una cupida occhiata di apprezzamento prima di dire:
-Ehi, siete carine.Le due amiche lo degnarono appena della loro attenzione e lui
continuò imperterrito:
-Che ne dite di appartarci?-Che ne dici di andare a ‘fanculo?- ringhiò Melissa dando gas e partendo
a razzo.
-Che bestia schifosa.- commentò Isa girandosi indietro per controllare
che non le seguisse.
-Uomini.- sputò Melissa con disprezzo.
A un certo punto lasciarono la strada principale e si diressero verso
un prato di periferia bellissimo, con alcuni resti di indubbia epoca romana,
dove le domeniche la gente faceva il picnic con i bambini e giocava a
pallone e dove, sul limitare dell’appezzamento, sorgeva una costruzione
fatiscente, a due piani, nota a tutti gli sbandati come “Il Palazzo”.
Melissa spense il motorino e con Isa si inoltrò lungo una delle stradine
acciottolate del prato, dirigendosi verso il Palazzo, notando gli alberi di
mimosa sbocciati e carichi del loro pungente profumo.
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-Uno di questi giorni verrò qui solo per godermi la bellezza della
primavera.- annunciò.
-Sì, sì.- borbottò Isa, allungando il passo con insofferenza.
Melissa la guardò e capì. Allora si affrettò e quando arrivarono a
destinazione salutarono alcuni ragazzi che bivaccavano al pianoterra e
salirono al primo piano per spogliarsi degli indumenti rubati. Quando
ebbero finito, raccolsero il tutto e tornarono giù, mentre il tanfo di piscio,
sterco e vomito le investiva con una violenza stomachevole. Uno dei
ragazzi stava urinando senza ritegno addosso al muro, reggendosi a
mala pena sulle gambe, mentre gli altri due erano addossati alla parete
opposta, gli spinelli che pendevano dalle labbra e gli occhi socchiusi di
chi avrebbe bisogno di dormire ma non ci riesce.
-Dov’è Alex?- s’informò Melissa.
-E che ne so?- biascicò uno, lasciandosi scivolare lungo il muro per finire
seduto a terra, in mezzo a centinaia di mozziconi di sigarette, canne,
fazzoletti e siringhe.
-Sta arrivando.- rispose con noncuranza quello che urinava.
Con indifferenza si volse, mostrando senza riserbo il pene flaccido
prima di rivestirsi con gesti lenti e pacati e barcollare fino al tramezzo di
fronte, affrescato con frasi oscene.
-Sei sicuro?-Certo.Melissa scambiò un’occhiata con Isa e insieme uscirono per respirare
aria pulita. Con evidente pazienza si rassegnarono ad attendere,
sedendosi su una panchina che aveva visto giorni migliori, con le stecche
di legno mezzo rotte e le poche rimaste tempestate di frasi volgari e
disegni indecenti. Isa iniziò a massaggiarsi le reni, mentre Melissa
controllava l’orologio per rendersi conto di che ora fosse. Poco oltre una
ragazza si stava lamentando di un cliente, accusandolo di averla
violentata e di non averle neppure lasciato i soldi per la dose; un'altra si
accarezzava il ventre rigonfio, dove dormiva una creatura che sarebbe
venuta alla luce tra poco tempo e che dalla madre aveva assorbito chili di
eroina e di cocaina.
Un ragazzo stava raccontando che un cliente si era innamorato di lui
e lui ne approfittava per spillargli sempre più soldi, in modo da non
rimanere mai senza dose; un altro raccontava che mentre stava rubando
uno stereo da una macchina a momenti lo linciavano ed era stato
fortunato a cavarsela solo con un occhio nero e gonfio.
Al Palazzo non si parlava d'altro: del resto gli avventori non avevano
altri interessi al di fuori degli stupefacenti.
-Alla stazione di clienti ne trovi a bizzeffe. E non devi poi neppure andare
lontano per acquistare una spada.- informò un attempato eroinomane
annuendo in continuazione.
-Vero. Ma lì gira pure molta madama e ci sono gli etilici che rompono le
palle.-Quelli mi fanno proprio schifo: ubriachi dalla mattina alla mattina dopo.-E tu? Non sei un bucomane strafatto dalla mattina alla mattina dopo?25
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-Vaffanculo!-Ehi! Donatella si sta sentendo male!Quel grido inatteso e gracchiante richiamò l'attenzione generale e tutti
si avvicinarono alla ragazza che si contorceva dal dolore, in preda a una
brutta crisi epatica.
-Bisogna portarla in ospedale, è gialla come un limone.-Con cosa?-Vado a prendere la macchina, faccio in cinque minuti.La ragazza si dimenava e si lamentava e Isa e Melissa rimasero a
guardarla, buttata per terra come uno straccio, senza poter far niente,
pienamente consapevoli della loro impotenza. Quando, infine, i suoi amici
riuscirono a condurla di corsa all'ospedale più vicino, tutti rimasero in
silenzio, chiedendosi a chi sarebbe toccato la volta successiva.
-Devo mettere miscela al motorino.- avvisò Melissa con aria distratta.
-Dopo.Sbirciò l’amica in evidente crisi di astinenza e sbuffò, maledicendo
Alessandro e quello che per loro rappresentava. Con tenerezza allungò il
braccio e circondò le spalle di Isa, incoraggiandola:
-Ora arriva.-Accidenti a lui! Sapeva che saremmo venute!-Sì, lo sa ed è per questo che verrà.-Che stronzo!Rimasero in silenzio per un po’, ascoltando in sottofondo una radio
che mandava musica da discoteca, fin quando videro arrivare lungo la
stradina del prato Alessandro in compagnia di Claudio. Melissa e Isa si
alzarono e attesero spazientite.
-Ciao bellezze.- salutò Alessandro con un cenno della mano.
-Datti una mossa, stronzo!- lo rimbeccò Isa, pallida come un cadavere.
Lui la studiò appena, con superficialità, come se si trattasse di un
insetto fastidioso, godendo dei suoi dolori e lentamente annuì,
accendendo una sigaretta con esasperata lentezza.
-Bene, bene. Cosa avete portato oggi?- domandò infine.
-Vestiario.- rispose Melissa trattenendo la rabbia.
Claudio si avvicinò a Isa, la squadrò con il desiderio negli occhi e
propose:
-Ti pago la dose se scopi con me.-Fottiti.- rispose lei a denti stretti.
Il ragazzo sogghignò passando un dito sulla guancia della ragazza e
subito dopo entrò nel Palazzo, mormorando:
-Prima o poi…-Non lo sopporto più.- commentò Melissa con disprezzo. -Ti ronza
sempre intorno con le sue solite proposte vomitevoli.Alessandro non rispose; si limitò a farle cenno e lei mostrò la roba
rubata, con tanto di cartellino ancora attaccato. Lui la prese, la esaminò
mentre fumava con noncuranza la sigaretta, e senza aprire bocca frugò
in una tasca del giubbotto per tirarne fuori un sacchettino. Lo aprì e ne
prese tre dosi già confezionate.
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-Eh, no, bello mio.- lo fermò Melissa agguantandogli il braccio. -Questa
roba vale almeno quattro quartini.-Tre.-Quattro.-Allora te li puoi tenere.- concluse restituendole gli indumenti.
Melissa rimase a fissare i vestiti trafugati, ripensando ai rischi corsi e
per un attimo ebbe l’impulso omicida di prendere il collo di Alessandro e
di stringere fino a fargli strabuzzare gli occhi lascivi che aveva.
-Ehi!- esclamò Isa per richiamare l’attenzione, sempre più preda della
crisi.
Melissa sospirò, passò una mano sul volto e richiamò Alessandro,
accettando il baratto. Appena ebbero le dosi rientrarono nel Palazzo e
salirono al piano superiore, avvicinandosi all’unica sedia fatiscente che
fungeva da piano di appoggio. Entrambe tirarono fuori siringa, cucchiaio,
limone e accendino e si prepararono a bucare. Isa imprecò più volte
contro il tremito che le impediva di fare le cose con calma e Melissa alla
fine le diede una mano a riempire la siringa. Isa usò la cintura dei
pantaloni come laccio emostatico e continuando a bestemmiare contro i
dolori dell’astinenza cercò la vena. Quando ci riuscì, si iniettò il quartino,
tappò meticolosamente la siringa e si lasciò andare contro la parete,
godendosi il viaggio. Melissa la guardò ancora un attimo, quindi distolse
gli occhi dall’immagine riflessa di se stessa che le offriva l’amica e con
calma bucò, sospirando beata.
Per un lungo momento rimasero in silenzio, ascoltando i ragazzi di
sotto che parlottavano e si insultavano, poi, quando recuperarono le forze,
si rimisero in piedi e senza una parola se ne andarono, consapevoli che il
giorno dopo sarebbero tornate per un’altra dose che le avrebbe condotte
sempre più nel baratro.
~
Melissa spense il motorino nei pressi di Villa Borghese e con Isa si
incamminò verso il luogo di ritrovo dei loro compagni di classe. Ormai
non mancava molto agli esami di stato, tuttavia ogni pomeriggio si
riunivano per trascorrere un po’ di tempo senza pensare alla scuola e ai
compiti.
-Quell’Indiano mi fa veramente schifo.- iniziò Isa tirando indietro i capelli.
-La prossima volta che mi propone una cosa del genere gli tiro un calcio
nelle palle così la smette.Melissa inspirò a fondo il profumo degli alberi in fiore, mentre
camminava con le mani in tasca dei pantaloni e offriva il volto ai tiepidi
raggi solari.
-Non calcolarlo.- suggerì con un’alzata di spalle. -È rimasta una dose per
domani.- ricordò.
Isa annuì e si morse le labbra, restringendo gli occhi.
-La tieni tu?-Come vuoi.27
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Melissa iniziò subito a pensare a dove nasconderla, non volendo che
sua madre la scoprisse. Da quando i suoi genitori si erano separati le
cose avevano iniziato ad andare meglio e anche se non navigavano
nell’oro potevano dirsi benestanti, grazie al lavoro che svolgeva sua
madre. Con la scusa di prendere ripetizioni in alcune materie scolastiche,
i soldi li aveva sempre e, comunque, la madre non glieli negava mai, a
causa dei sensi di colpa che nutriva nei confronti della figlia: averla
costretta a vivere per tanti anni con un padre violento e alcolizzato la
faceva sentir male, a maggior ragione ora che vivevano più tranquille,
senza più l’incubo delle percosse. Ma quella tranquillità per Melissa era
giunta troppo tardi: aveva già intrapreso la strada senza via di fuga che
era l’eroina, seguita a ruota da Isa, la quale continuava a vivere con i
genitori che non facevano altro che litigare furiosamente. Ogni tanto si
rifugiava da Melissa e trascorreva con lei la notte per non essere
costretta a sentire le urla e gli insulti, muta testimone di una reiterata
violenza in seno alla famiglia. A diciotto anni si era ritrovata senza più
lacrime, senza più speranze e con un solo pensiero fisso in testa: la
siringa di eroina e cocaina, la sua “palla veloce”.
-Eccoli.- ammiccò Melissa.
Isa guardò i loro compagni addossati a una panchina, lungo una delle
strade che serpeggiavano all’interno della villa, e fece loro un cenno di
saluto con la testa.
Stavano parlando di attori, di squadre di calcio, di telefilm e di partite,
mentre fumavano una sigaretta dietro l’altra per darsi un’aria più matura.
Una ragazza ne offrì a Isa e lei rifiutò dicendo:
-No, grazie, il fumo fa male.A quelle parole Melissa la fissò in tralice e per poco non scoppiò a
ridere.
-Cristo santo,- insistette la ragazza, -ti conosco da cinque anni e continui
a fare la puritana?L’interpellata piegò le labbra in un sorriso gelido e rispose
candidamente:
-Già.-Ci sarà il concerto di Vasco tra un paio di mesi: ci andiamo?- propose
uno dei ragazzi mentre si divertiva a palleggiare.
-Io vengo.- si aggregò uno rubandogli il pallone.
-Aho, stronzo! Ridammelo!-Vieni a prendertelo!- rise l’altro allontanandosi.
-Sempre i soliti scemi.- commentò una ragazza scuotendo la testa.
Isa e Melissa sedettero sullo schienale della panchina e rimasero in
silenzio, seguendo i vari discorsi senza interessarsi a nessuno in
particolare. Si erano ormai rese conto che vivevano in due mondi diversi
e che questi due mondi, che un tempo avevano avuto un effimero punto
di incontro, ora correvano paralleli senza più alcuna possibilità di
incrociarsi. Quella consapevolezza le metteva a disagio, facendole
sentire due pesci fuor d’acqua quando stavano con i compagni di scuola
e, se da un lato non vedevano l’ora di lasciarli, dall’altro continuavano
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imperterrite a ricercare la loro compagnia per credersi migliori di quanto
fossero. Ed ogni volta tornavano a casa con l’amaro in bocca, prendendo
nota che il baratro non si sarebbe mai più richiuso.
Quando non ressero più i loro discorsi da normali adolescenti,
salutarono e se ne andarono, in silenzio e meditabonde.
-Posso dormire da te?- domandò Isa in un sussurro.
-Sì.Come due sopravvissute ripresero il motorino e tornarono verso casa,
ripromettendosi per l’ennesima volta di non frequentare più i loro
compagni di classe.
~
“Sequestrati a Roma dieci chili di eroina pura proveniente dalla Colombia
in un blitz della Guardia di Finanza…”
Tiziano si irrigidì e corse ad alzare il volume della radio. Ascoltò in
silenzio la notizia che non gli parlava solo del sequestro, ma che, tra le
righe, lo informava che ora l’eroina rimasta sarebbe andata a ruba e che
gli spacciatori l’avrebbero venduta al doppio del valore, se non addirittura
al triplo. E se la penuria persisteva, il costo sarebbe decuplicato.
-Merda!- imprecò.
Girò intorno al tavolo della cucina e aprì il cassetto che avrebbe
dovuto contenere le tovaglie ma che invece era rifugio di siringhe già
pronte per essere usate. Le contò: sei.
-Merda!- ripeté guardandosi intorno.
Aprì i pochi sportelli della cucina, perfino il forno; spostò tutta la roba,
trovò un pezzo di hashish, ma niente eroina né cocaina. Passò una mano
tra i capelli e li tirò indietro, mordendosi le labbra. A passo sostenuto si
diresse nella camera da letto, rovistò tra gli scarsi indumenti, sotto i
materassi e nell’armadio, senza avere maggior fortuna e lo stesso fece
nel minuscolo bagno. Quando si rassegnò all’evidenza, imprecò, indossò
il giubbotto jeans e uscì di casa. Salì sul Suzuki Samurai, l’unica cosa
che suo padre gli aveva permesso di prendere con sé quando era andato
via di casa un anno prima, e fece il giro dei pusher del quartiere. Con
sgomento si rese conto che sembravano spariti tutti, come se il blitz li
avesse evaporati insieme all’eroina sequestrata e quando chiese lumi a
un paio di tossici che trovò in un vicolo, pronti a inocularsi uno strano
miscuglio che lui non riconobbe, e non seppero dargli notizie, con
rabbiosa rassegnazione si avviò verso il Palazzo. Parcheggiò il
fuoristrada e si inoltrò nel prato, le mani nelle tasche dei jeans neri, gli
occhiali scuri sul naso per nascondere il colore degli occhi. Dover
ricorrere ad Alessandro lo disgustava, ma in quel frangente non poteva
farne a meno. Non sapeva neppure se l’avrebbe trovato, talmente di rado
e con insofferenza si recava al Palazzo.
Mentre si avvicinava, ignorando volutamente la bellezza dei ruderi
romani, si accorse che Alessandro c’era ed era in compagnia di una
ragazza che, con una minigonna mozzafiato, mostrava generosamente le
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gambe lunghe e affusolate. Con un’imprecazione accelerò il passo e
quando lo spacciatore lo vide gli fece un cenno, costringendo la ragazza
a voltarsi.
-Ogni volta che ti vedo mi sembra di incontrare la morte.- lo salutò
Alessandro reprimendo un brivido.
Tiziano lo mandò al diavolo e chiese a bruciapelo:
-Quanta ne hai?-Aho, ma che avete le fregole?- borbottò accendendosi una sigaretta.
-Hai sentito il notiziario?- ringhiò spazientito, mettendo le mani sui fianchi.
-No, però so tutto.-E allora fai meno lo stronzo e tirala fuori!- intimò.
Alessandro ghignò e rispose:
-Non ci sei solo tu, Morte.-Non me ne frega un cazzo degli altri!- urlò avventandoglisi contro. -Mi è
stata sufficiente una volta andare a rota per sapere con certezza che non
voglio ripetere l’esperienza!A quel punto la ragazza, lasciata in disparte, provò a intervenire,
dicendo con affabilità:
-Guarda che non c’è bi…-Sta’ zitta, tu!- la liquidò Tiziano senza tante cerimonie, senza degnarsi
neppure di girarsi a guardarla, troppo intento a fronteggiare Alessandro.
Lei si irrigidì e stava per ribattere aspramente, quando aprì la borsetta
e tirò fuori alcune bustine, sventolandogliele sotto il naso con pacata aria
di superiorità. Alessandro sorrise divertito alla faccia che fece Tiziano e
gettò via il mozzicone per godersi la scena. Questi deglutì, spostando lo
sguardo dall’eroina alla ragazza e fece mentalmente un rapido calcolo di
quante dosi fossero. Quindi, più calmo, provò a sorridere conciliante, ma
lei, impietosa, rimise il tutto dentro la borsa e rimase in attesa, a braccia
conserte, lo sguardo cupo, il mento alzato a mo’ di sfida. Il ragazzo si
inumidì le labbra sottili, schioccò la lingua e mormorò:
-Be’… scusa, Alice.Lei esitò, mentre Alessandro continuava a sogghignare divertito,
iniziando a rollarsi una canna.
-Ce n’è ancora,- informò infine Alice con un gesto della mano, -solo che
non vuole darmela.Tiziano si girò a fissare Alessandro e con aria minacciosa gli si
avvicinò, dominandolo come un falco. Non era più il quattordicenne
sbarbato e smaliziato alto quanto un soldo di cacio: ora le parti si erano
invertite e la sua altezza incuteva sempre una certa soggezione, a
maggior ragione perché era perennemente vestito di nero ed era magro
come un chiodo. Per questo lo avevano soprannominato Morte e a lui
non dispiaceva.
Con gesti misurati prese il portafoglio, rovistò all’interno e gli mise
sotto il naso un centone, senza bisogno di aprir bocca. Alessandro seguì
il profumo dei soldi e borbottò:
-Senti, Morte, non posso darla tutta a voi due, gli altri…-Ancora gli altri?- ringhiò mostrando i denti.
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©MGL VALENTINI
Il pusher gettò un’occhiata verso il prato, per accertarsi che non
sopraggiungesse nessuno, quindi gli fece cenno di seguirlo all’interno del
Palazzo.
-Io lì non c’entro.- gli ricordò secco.
Con un’alzata di spalle il ragazzo sparì all’interno e lui si girò verso
Alice, rimasta in silenzio vicino alla panchina. Si stava osservando
distrattamente le unghie laccate di rosa, il peso del corpo su una sola
gamba, i capelli lasciati sciolti lungo le spalle e con un sospiro spiegò:
-Ho saputo del blitz mentre ero in macchina con un cliente e mi sono fatta
portare direttamente qui.Tiziano annuì e passò una mano tra i capelli sporchi.
-Dovresti lavarti: puzzi.- infierì Alice accendendosi una canna.
-Sta’ zitta, Cristo!Lei sorrise e con eleganza si mise seduta sulla panchina, lasciando
che il sole le scaldasse il volto truccato. Tiziano la studiò e controvoglia
dovette ammettere che aveva ragione: non si lavava da una settimana e
forse era il caso che iniziasse a prendersi cura maggiormente del proprio
aspetto se non voleva sembrare a tutti gli effetti un tossico.
Alessandro uscì dall’edificio, si fece consegnare i soldi e gli diede un
paio di bustine; subito dopo li vide andar via, silenziosi e assorti, e con
una scrollata di spalle rientrò nel Palazzo.
~
Lasciò che il getto d’acqua della doccia lo rimettesse a nuovo e per un
po’ si crogiolò nel dolce far niente nel tepore del bagno, mentre dallo
stereo in cucina giungevano le note di Master of Puppets. Sentì Alice fare
eco alla voce baritonale di James Hetfield e sorrise al suo inglese
stentato.
Con un sospiro uscì dalla vasca grande quanto una doccia, si avvolse
nell’accappatoio e, senza curarsi dei capelli che gocciolavano
impietosamente, uscì dal bagno e si affacciò in cucina. L’amica cantava
tenendo il ritmo con la testa, mentre armeggiava tra i fornelli per
preparare un piatto di pasta.
Tiziano aprì il cassetto del tavolo, prese una siringa e stava per
allontanarsi, quando Alice lo vide e si scurì in volto. Menando per l’aria il
mestolo, lo accusò:
-Stai bagnando il pavimento.-Sì, lo so. Ora ripulisco.- rispose con disinteresse.
Alice sbuffò, imprecò e lo mandò al diavolo, ben sapendo che sarebbe
toccato a lei asciugare per terra. Quasi per ripicca si beò di annunciare
con tono giulivo:
-Stasera c’è riunione in discoteca.A quelle parole Tiziano si bloccò e tornò sui propri passi, fissandola
con astio.
-Riunione?- ripeté con sarcasmo. -Lo sai, vero, che è solo un eufemismo
per ritrovarci tutti insieme e bucare una volta di troppo?31
©MGL VALENTINI
-Sì,- rispose alzando le spalle, -e per scoprire quanti sono schiattati.Tiziano ringhiò qualcosa di incomprensibile e fece un passo in avanti,
fino a toccare il tavolo al centro della stanza, dove a mala pena potevano
sedere quattro persone.
-Sai bene come la penso su queste riunioni.- le ricordò con tono duro.
Lei annuì, mormorando con tono piatto:
-Sì, lo so. Quando vedi tanti sballati insieme a ballare e bucare ti senti un
verme, perché vedi il riflesso di te stesso. Vedi la merda che sei diventato
e ti rode perché non sai come fare a tornare a galla.-Perfetto.- sentenziò scandendo bene le sillabe.
Lei si concentrò sulla pasta che bolliva e dopo un secondo disse:
-E tu sai bene che io ci andrò.Tiziano rigirò la siringa tra le dita, aprì la bocca per dire qualcosa,
quindi la richiuse e tornò in bagno, mentre Alice sorrideva tra sé e sé,
sicura che non l’avrebbe mai lasciata andare da sola.
~
Tiziano picchiettava con impazienza sul volante del Suzuki, mentre lo
stereo gli teneva compagnia mandando le note di Heaven and Hell. Era
da un po’ che aspettava e iniziava a innervosirsi.
Gettò un’occhiata intorno e alla tenue luce dei lampioni prese nota dei
gatti e dei cani randagi che giravano in cerca di cibo, dei gruppi di
teppistelli di quartiere che scorrazzavano compiendo atti di vandalismo,
degli sbandati come lui che si trascinavano lungo il marciapiede in cerca
di una dose, dei palazzoni popolari dove la gente urlava, litigava, si
accoltellava senza ritegno e sospirò tristemente. Era finito a vivere in uno
dei peggiori quartieri periferici della capitale, probabilmente il più
malfamato, ma era stato lì che aveva trovato quel buco di appartamento
che pagava due lire e che aveva diviso con Alice. Una cucina minuscola,
il necessario per far entrare un tavolino con quattro sedie malridotte e un
piano cottura sempre sporco, un frigorifero perennemente vuoto e
qualche pensile con gli sportelli rotti; un bagno di due metri quadrati,
dove la mini vasca era la cosa più ingombrante, e una camera da letto
dove entravano a mala pena un armadio e i due lettini, quello suo e
quello di Alice. Ma era la loro tana e ne andava fiero. Suo padre non lo
aveva certo aiutato quando era andato via di casa, mentre sua madre gli
aveva dato un po’ di soldi, quel tanto da poter iniziare una vita tutta sua.
Aveva anche trovato lavoro presso un distributore di benzina, un
lavoraccio che pagava poco e che lui arrotondava dando ripetizioni di
italiano e storia ai ragazzi delle medie. Aveva visto con i propri occhi gli
altri suoi coetanei finire peggio di lui, sempre buttati sulle strade, senza
un soldo in tasca, pronti a commettere qualsiasi delitto pur di racimolare
un quartino e aveva giurato che non sarebbe mai arrivato a quei livelli.
Aveva ancora una dignità da difendere.
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©MGL VALENTINI
La portiera si aprì all’improvviso, distogliendolo dalle proprie amare
riflessioni e fissò Alice che entrava e si osservava allo specchietto per
controllare il trucco.
-Come sto?- domandò sfiorandosi l’occhio con un dito.
Tiziano la studiò e si soffermò sul seno appena accentuato da un
reggiseno imbottito, sui capelli raccolti a coda di cavallo con alcuni
ciuffetti volutamente lasciati liberi per incorniciare l’ovale del volto e
sospirò, rispondendo:
-Come sempre: divinamente.-Allora possiamo andare.- concesse con un sorriso.
Il ragazzo mise in moto e partì in direzione della discoteca.
Da cinque anni ormai, da quel famigerato martedì grasso, aveva
rinunciato a rivedere il suo amico in paludamenti maschili: da allora il suo
vecchio compagno di classe era diventato Alice per tutti, palesando
senza mezzi termini la sua omosessualità. Quello che più colpiva, però,
era che non sembrava un travestito: la pelle candida, i capelli chiari, il
corpo esile, il pomo d’Adamo quasi invisibile, il tono di voce dolce e i
modi discreti, niente affatto esasperati di molti travestiti, lo facevano
apparire come una vera donna, per giunta splendida. Grazie alle cure
che dedicava al suo corpo, poi, non si notava neppure che fosse un
tossico e questo l’avvantaggiava con i clienti. Per Alice l'unico modo di
fare soldi era prostituirsi e guadagnava bene con la cerchia ristretta di
clienti fissi, alcuni dei quali era costretta a portare a casa e in quelle
occasioni Tiziano veniva letteralmente buttato fuori per lasciare il campo
libero.
-Quante spade abbiamo?- s’informò Alice.
-Due.La ragazza piegò le labbra in un sorriso e commentò:
-Non vuoi strafare, vero?Tiziano non rispose: si concentrò sulla guida, mentre Ronnie James
Dio continuava a cantare attraverso lo stereo.
Quando giunsero al locale, individuarono subito Alessandro e Claudio
nei pressi dell’entrata, pronti ad adescare nuovi clienti con il miraggio di
vendere loro il paradiso in terra. Si limitarono a fare un lieve cenno di
saluto con la testa prima di superare il cordone dei buttafuori, seguiti dai
commenti salaci di Claudio rivolti ad Alice.
-Lascia stare.- intimò la ragazza a Tiziano, il quale si era girato per
andare ad affrontarlo una volta per tutte. -Non vale la tua attenzione.Questi restrinse gli occhi, fissando l’altro come se avesse voluto
incenerirlo, ricevendo in cambio uno sguardo che era una evidente
provocazione e con un grugnito poco elegante desistette solo perché
Alice lo aveva afferrato per un braccio per trascinarlo via, e come entrò
nel locale fece una smorfia alla musica che il DJ mandava a tutto volume
per far ballare i ragazzi. Non gli era mai piaciuta, non la capiva e per quel
motivo odiava le discoteche, senza contare che non sapeva ballare e che
trascorreva tutto il tempo seduto su uno dei salottini a sorbirsi le
stupidaggini che sentiva uscire dalla bocca degli altri. Alice, invece, si
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metteva a ballare per tutto il tempo e si lasciava corteggiare
sfacciatamente da tutti i ragazzi che l’avvicinavano, senza mai andare
oltre, perché aveva imparato a proprie spese quanto potesse essere
crudele l’uomo alla scoperta che la donna adescata fosse del suo stesso
sesso.
Alessandro raggiunse Tiziano sul salottino e si lasciò cadere a peso
morto, sospirando e fissando Alice che si dimenava in pista.
-Non posso crederci che sia…- e lasciò la frase in sospeso, scuotendo la
testa.
Tiziano grugnì qualcosa, quindi lo avvertì a muso duro:
-Se sento ancora una volta quello stronzo dell’Indiano rivolgersi così ad
Alice, lo ammazzo.-L’Indiano è fatto così, lo sai, ma non è cattivo.L’altro lo fulminò con un’occhiataccia e subito dopo si alzò per andare
a prendersi qualcosa da bere. Si rendeva conto di essere insopportabile,
gli capitava ogni volta che era costretto a quegli squallidi ritrovi, dove
vedeva a stretto contatto ragazzi normali e tossici e quella sottile
differenza lo infastidiva, gli rammentava la vita normale alla quale aveva
rinunciato per farne una sempre sull’orlo del precipizio. Fintanto che
riusciva a mantenere un aspetto pulito e a bucare solo due volte al giorno,
allora poteva provare a condurre una parvenza di vita regolare; se invece
avesse continuato a frequentare quei ritrovi, che avevano come unico
scopo quello di bucare una volta di troppo, si sarebbe ritrovato a fare la
fine di coloro che avevano bisogno di farsi almeno ogni due ore per non
andare in astinenza. E allora non sarebbe più riuscito a mantenere il
controllo. Già essere andato al Palazzo gli aveva fatto capire che era
pronto a fare il passo più lungo della gamba pur di avere una dose e
questa sua debolezza non riusciva a perdonarsela.
Tornò al salottino con un drink e trovò Alessandro in compagnia di
due ragazze dall’aspetto pulito. Ecco le prossime vittime, pensò con
disgusto, riprendendo il suo posto.
-Ehi, Morte, ti presento due amiche.- iniziò Alessandro. -Lei è Melissa e
lei Isa.Le due ragazze abbozzarono un sorriso e la rossa, che rispondeva al
nome di Isa, commentò pungente:
-Morte? Quale estrema arroganza…!Lui la degnò di attenzione solo per un attimo, prendendo nota
dell’errore in cui era caduto: le due presunte vittime erano già avvezze
all’eroina. Stava per ribattere, quando si accorse dello strano sguardo di
Melissa che lo mise sul chi va là. Sembrava come se avesse appena
riconosciuto qualcuno, più precisamente lui, e la situazione lo irrigidì
oltremodo, anche perché era certo di non averla mai incontrata prima.
Per non risultare subito antipatico e scortese, si limitò a sorseggiare in
silenzio la bevanda e subito si maledisse: avrebbe fatto meglio a
prendere il suo solito latte e menta.
In quel momento sopraggiunse Claudio e Tiziano non mancò di notare
l’astio apparso immediatamente negli occhi delle due ragazze. A quanto
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pareva si trovavano sulla stessa lunghezza d’onda, almeno per quanto
riguardava Claudio e quella percezione gli piacque, facendogli sembrare
più simpatiche le nuove arrivate.
-Chi vuole ballare?Isa e Melissa declinarono volentieri l’offerta e Tiziano sogghignò tra sé
e sé nel vederlo fare una smorfia prima di gettarsi nella mischia da solo.
-Qual è il tuo vero nome?- volle sapere Melissa fissandolo negli occhi
attentamente.
-E saperlo ti cambierebbe qualcosa?- rimandò acido.
Lei si irrigidì, impreparata a quella risposta maleducata e non riuscì a
replicare, memore di un lontano giorno a Piazza di Spagna. Se lo
ricordava più gentile, non così burbero e freddo e la scoperta la infastidì.
-Tiziano.- si presentò poi, mestamente, rendendosi conto che lei non
aveva colpa del proprio disagio.
-Be’, meglio di Morte!- rise.
Lui annuì vagamente e terminò di bere, iniziando a chiedersi che fine
avesse fatto Alice. Scrutò la pista, riconoscendo alcuni tossici che
ballavano strafatti, gomito a gomito con ragazzi puliti, e si domandò
quanti fossero sopravvissuti dall’ultimo raduno.
-Carlo è andato.- annunciò Claudio tornando al salottino, dando voce al
pensiero di Tiziano.
-Carlo?- ripeté Alessandro allibito. -Ma se gli ho venduto la roba proprio
l’altro giorno…-Ieri sera.- spiegò mettendosi seduto accanto a Isa. -Lo hanno trovato
stecchito, con l’ago in vena.-Un vostro amico?- domandò Melissa.
-Sì.- rispose Alessandro con tono mesto.
Tiziano lo studiò con attenzione, celando un evidente stupore e con
sarcasmo pensò che, tutto sommato, forse un cuore ce l’aveva anche lui.
In quell’istante Alice emerse dalla pista, con il volto accaldato, gli
occhi splendenti, il sorriso sulle labbra e si sedette accanto a Tiziano,
fissando con curiosità le nuove arrivate. Queste ricambiarono lo sguardo,
domandandosi chi fosse e a Melissa non sfuggì come toccasse Tiziano
con una certa familiarità.
-Chi hai visto?- s’informò Alessandro accendendosi una canna.
-Diversi bucomani, quasi tutti quelli dell’altra volta.- rispose scansando un
riccio che le ricadeva ribelle sul volto. -Vado a prendere da bere.- disse
rivolta a Tiziano.
Lui la fermò e le chiese cosa preferisse, prima di andare al bar per
fuggire da lì e Alice ne approfittò per concentrarsi sulle due ragazze. Si
accorse di come la moretta avesse seguito Tiziano con lo sguardo e con
noncuranza si presentò:
-Ciao, io sono Alice.-Io Melissa.Isa si accorse in ritardo di dover dire qualcosa, quando prese
coscienza che le due ragazze la fissavano in attesa di qualcosa e con le
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gote rubiconde, consapevole di essere rimasta incollata a fissare la
nuova arrivata, si presentò in un mormorio sommesso.
-Hai un bel colore di capelli.- le disse Alice.
-Ah… sì, peccato per le lentiggini.-Sono belle anche quelle.- asserì con un sorriso.
Isa si irrigidì, scombussolata per qualcosa che non riusciva a
focalizzare e ringraziò il ritorno tempestivo di Tiziano con latte e menta.
Approfittò dell’attimo per alzarsi e con insofferenza si rivolse a Melissa,
dicendo:
-Vado a ballare.L’amica la vide sparire sulla pista e dopo un po’ salutò e la raggiunse,
lasciandosi trasportare dalla musica e dall’ebbrezza di aver finalmente
conosciuto il suo D’Artagnan.
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-Non ne ho più.- ripeté Alessandro esasperato.
-Questo non è possibile.- gemette Melissa seguendolo all’interno del
Palazzo.
Il solito gruppo di tossici bivaccava in mezzo alla puzza di piscio e
sterco, dividendo lo spazio con i piccioni e i loro escrementi e la ragazza
storse il naso al tanfo e alle mosche che regnavano sovrane. Dopo tutto
quel tempo, ancora non riusciva ad abituarsi.
-Alex, ti prego, ne abbiamo bisogno.- insistette querula.
-Ed io ti ripeto che non ne ho più!- sbottò allargando le braccia. -È finita.
Finita, lo capisci? E dobbiamo ringraziare la fottuta spia che ha fatto la
soffiata ai finanzieri.-Che vuoi dire?-Che non so quando ne avrò altra.Con occhi sgranati dall’orrore alla prospettiva di rimanere senza
sostentamento, si girò verso il gruppetto di eroinomani raccolto in un
angolo del Palazzo, sporco e segnato da anni di abuso di stupefacenti, e
deglutì per darsi coraggio. Si morse le labbra e si avvicinò, fissando i loro
corpi emaciati, maleodoranti, gli occhi cerchiati di rosso, i denti mancanti
e chiese con un gemito:
-Avete da vendermi qualcosa?Uno degli interpellati la sbirciò dall’alto in basso, prendendo nota del
suo aspetto ancora pulito, pensando che presto sarebbe diventata come
lui e scosse la testa con aria stanca.
-Neppure un po’ di fumo?- insistette caparbia, negli occhi la speranza mai
morta.
-No. Quello che abbiamo ce lo teniamo stretto.-Posso pagarti.- perseverò sull’orlo della disperazione.
L’altro non rispose: continuò a fissarla con sguardo vacuo, come se
neppure fosse lì e lei alla fine chinò la testa, tornando scornata accanto
ad Alessandro, intendo a rollare uno spinello.
-Dimmi almeno dove posso trovarla.-Non ne ho idea.-Che schifoso bastardo…- sibilò tra i denti.
Lui sogghignò e alzò le spalle, lasciando capire che la cosa non lo
toccava minimamente, divertendosi a soffiarle il fumo sul viso. Melissa
strinse i pugni e in quel momento, provvidenziale più che mai, sentì Isa
che la chiamava. Lanciò un’occhiataccia al ragazzo, quindi uscì con
stizza dal Palazzo, avvicinandosi all’amica per metterla al corrente della
situazione. Per un po’ confabularono tra loro, mentre il sole calava
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all’orizzonte, tinteggiando i muri dell’edificio di un bel rosso acceso,
rendendolo migliore di quanto fosse.
-Cerchiamola altrove.- propose Isa. -Roma è piena di pusher.-Sì, ok.Attraversarono il prato e tornarono al motorino, mettendosi a
setacciare tutti i luoghi in cui sapevano c’erano spacciatori, eppure quei
pochi che riuscirono a contattare diedero la stessa risposta di
Alessandro: l’eroina era nuovamente sparita da Roma per colpa di una
retata.
Nella forsennata ricerca di una dose, si accorsero che molti altri
tossici si trovavano nelle loro stesse condizioni, alcuni più disperati di altri
che vomitavano in continuazione, e comunque tutti alla ricerca di un
quartino da iniettarsi in vena per lenire i dolori, pronti a vendere l’anima al
diavolo se fosse stato necessario.
Era ormai notte inoltrata quando si rassegnarono a rientrare a casa,
sul volto il terrore di come superare la crisi che sarebbe arrivata a breve e
di cui già avvertivano i primi sintomi.
-Posso rimanere da te?- domandò Isa stringendosi nelle braccia. -Stare a
rota e sentire i miei che si massacrano di botte non è certo il massimo in
queste condizioni. Potrei anche arrivare a uccidere.L’amica annuì e in silenzio parcheggiarono il motorino e salirono a
casa. La madre di Melissa aveva già apparecchiato e stava finendo di
preparare la cena, quando loro entrarono, nell’aria il buon profumo di
cucinato.
-È questa l’ora?- sbraitò girando il sugo nella pentola.
Le due ragazze non risposero e la donna si girò, sospirando alla vista
del terzo incomodo. Notò l’aria stanca di entrambe e con un sorriso le
invitò a prendere posto a tavola, dicendo:
-Isa, dovrai accontentarti: non avevo previsto che ci saresti stata anche
tu.-Grazie, va benissimo anche solo un po’ di pasta. Lei è sempre così
gentile…-Per me è un piacere, sei cresciuta qui ed io ti considero come una figlia,
lo sai.Lei annuì con un sorriso di circostanza e si mise seduta, mentre
l’amica aggiungeva un coperto. Mangiarono cercando di tenere viva una
conversazione in realtà morta fin dal principio, con la madre di Melissa
che s’informava sulla scuola, sulle ripetizioni e sugli imminenti esami di
stato.
-Hai già deciso cosa farai dopo?Isa sbirciò di sottecchi l’amica, sperando che mettesse termine a
quell’agonia e con un sospiro diniegò.
-Dovresti pensarci, sai?-Ci penserò.-Bene. Che frutta preferisci?- domandò alzandosi e avvicinandosi al
frigorifero.
-Sto bene così, grazie.- si affrettò a rispondere.
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-Sì, noi andiamo a riposare.- s’intromise Melissa prendendo la palla al
balzo, facendo cenno all’altra di seguirla.
La donna provò a trattenerle, ma loro si chiusero in camera e si
lasciarono cadere sui letti. Per un lungo momento rimasero in silenzio,
fissando il soffitto bianco dove pendeva un lampadario con le pale, unico
refrigerio durante la calura estiva, quindi Melissa allungò la mano per
prendere il telecomando sul comodino e sintonizzare il televisore su
Videomusic. Rimasero in silenzio ad ascoltare un po’ di musica, fingendo
interesse per i video trasmessi, fin quando Isa si alzò e frugò nelle tasche
del giubbotto per recuperare l’ultima canna a disposizione.
-Che fai?- domandò Melissa.
-Indovina.-Sei matta?- sussurrò raggiungendola e bloccandola. -Se mia madre se
ne accorge…-Apri la finestra, così il fumo andrà via.-No, aspetta.- disse fissando a occhi sgranati lo spinello, la bocca secca.Potrebbe essere la nostra ultima risorsa…Isa stava per ribattere, quando la vicinanza dell’altra la colpì come un
pugno nello stomaco, inebriandola ed obliandola con il suo profumo e
lentamente annuì, posando con lentezza lo spinello sul comodino prima
di domandare:
-Hai alternative alla scimmia?L’altra aprì la bocca senza riuscire ad articolare alcun suono, lo
sguardo sul disperato e Isa approfittò dell’attimo per prenderla per la
nuca e costringerla a baciarla. La sorpresa colse Melissa impreparata e
solo dopo il primo attimo di smarrimento riuscì a darle una spinta per
allontanarla, gli occhi sgranati e il cuore che le batteva indemoniato.
-Che… cazzo fai?- sussurrò allibita, passando una mano tremante tra i
ricci neri.
-Secondo te?- replicò insofferente, iniziando a togliersi la maglia.
Melissa rabbrividì, scuotendo la testa senza rendersene conto,
incapace di fare un solo gesto per fermarla, obnubilata dalla mancanza di
eroina. Isa sorrise al suo imbarazzo e senza darle il tempo di pensare
l’abbracciò e tornò a baciarla, vincendo la poca resistenza.
-Siamo pazze…- sussurrò Melissa dopo un po’, tenendole il volto tra le
mani, fissando per la prima volta con consapevolezza gli occhi verdi
dell’altra.
-Sì, però sembra un ottimo diversivo al problema.- rispose Isa insinuando
la mano sotto il maglione.
Melissa avvampò quando sentì che le accarezzava il seno e con un
gemito la strinse a sé, dimentica dell’astinenza e di tutto il mondo esterno.
~
Il trillo della sveglia gli perforò il timpano e con un’imprecazione
allungò il braccio per mettere termine a quella tortura. Si concesse il
lusso di restare ancora qualche minuto a crogiolarsi nel letto, quindi
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sospirò sentendo sopraggiungere i dolori dell’astinenza e con un gemito
si portò seduto. Prese la testa tra le mani e lo sguardo gli cadde sul letto
di fronte, dove dormiva Alice. Ogni volta che faceva il turno di mattina la
invidiava perché poteva dormire, ma il suo lavoro era importante, lo
faceva sentire normale, e non poteva permettersi il lusso di mancare o di
fare tardi.
Con uno sbadiglio si alzò, fece due passi e inciampò in qualcosa
buttato disordinatamente a terra: gli stivali di Alice. Un conato improvviso
di vomito l'assalì e corse in bagno appena in tempo. Inspirò a fondo, si
pulì la bocca e stropicciandosi gli occhi si mirò allo specchio. Toccò il
volto dove una peluria scura si allungava nella speranza di divenire barba
e con un sospiro si lavò il viso assonnato. Quindi si diresse in cucina,
preparò il solito bicchiere di latte che era tutta la sua colazione e mentre
lo sorseggiava lo sguardo gli cadde sulla foto attaccata alla parete: lui e
Alice a Villa d’Este, accanto a una delle innumerevoli fontane. Guardare
quella foto gli faceva sempre uno strano effetto: era l’ultima immagine di
Alice in abiti maschili. Erano ancora felici all’epoca e i loro sorrisi erano lì
a testimoniarlo, ignari che pochi giorni dopo, durante il carnevale,
avrebbero intrapreso la strada infinita dell’orrore.
Con un brivido si riscosse, terminò di bere il latte e, come seconda
colazione, aprì il cassetto e tirò fuori siringa e laccio. Bucò e subito dopo i
dolori passarono come per magia, facendolo tornare a vivere
normalmente. Con calma ripulì la siringa, la tappò e la ripose per usarla
di nuovo; quindi si diresse in bagno per lavarsi, vestirsi e legare i capelli a
coda. Prima di uscire mise la divisa in una borsa e dopo aver lanciato
un’ultima occhiata ad Alice, si chiuse la porta alle spalle.
~
Era stanco e non vedeva l’ora di tornare a casa per potersi fare un
quartino e buttarsi sul letto. Aveva trascorso la giornata a riempire
serbatoi di macchine, moto e camion, a pulire decine di vetri, a
controllare l’olio e le gomme e non ne poteva più.
Salì a piedi i due piani e aprì la porta un istante prima di venire
letteralmente investito e gettato da parte da un energumeno che non ci
pensò due volte a mandarlo al diavolo e proseguire impettito per la sua
strada. Tiziano inarcò le sopracciglia, non capendo cosa stesse
succedendo, ma appena dalla camera gli giunse il pianto di Alice, girò sui
tacchi e si precipitò sulle scale, raggiungendo l’uomo nell’androne del
palazzo. Lo ghermì a un braccio e nell’istante in cui quello si girava, lo
colpì con un pugno in faccia, con tale violenza che si fece male alla mano.
L’uomo barcollò e roteò gli occhi allibito, prima di sentire il secondo
pugno allo stomaco. Si piegò in due dal dolore, annaspando per cercare
l’aria venuta meno, ma Tiziano lo afferrò per il giubbotto e lo scosse
rudemente, prima di agguantarlo per il collo e tenerlo attaccato al muro,
sibilandogli in faccia, minaccioso come una tempesta:
-Se ti rivedo avvicinarti ad Alice ti ammazzo!40
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-Che… cazzo…-Hai capito, schifoso pezzo di merda?- urlò continuando a strattonarlo e a
fargli sbattere la testa contro la parete.
Il tramestio fu tale che una delle porte dei tre appartamenti a piano
terra si aprì e una signora di mezza età fece capolino nell’androne per
vedere cosa stesse succedendo e il ragazzo l’aggredì urlando:
-Richiudi quella cazzo di porta!La donna allibì sgranando gli occhi, fece il segno della croce e subito
ubbidì, lasciando che si ammazzassero tra loro, rifugiandosi nella
preghiera.
L’uomo provò a liberarsi, ma Tiziano non mollò la presa e solo quando
lo vide annuire inspirò a fondo per recuperare il controllo.
-Ti ammazzo, ricordalo!- promise prima di sputargli addosso.
L’altro si toccò la guancia colpita e il labbro sanguinante e gli gridò
dietro:
-Te la prendi troppo, scemo! È solo una mignotta!A quelle parole si girò di scatto e gli sferrò un calcio negli stinchi,
facendolo cadere a terra e subito dopo gliene sferrò un secondo nelle
reni, facendolo urlare di dolore.
-Non lo ripetere mai più, schifoso succhiacazzi!L’uomo si aggrappò alla parete per sorreggersi e a tentoni raggiunse il
portone per andarsene, mentre Tiziano tornava a casa facendo gli scalini
due a due. Raggiunse Alice in camera e la vide con un occhio gonfio per
un pugno ricevuto e imprecando le si avvicinò, vincendo la sua ritrosia.
-Cosa ti ha fatto?Lei tirò su con il naso, poi lo soffiò in un fazzoletto e cercò di darsi un
contegno, coprendosi con la vestaglia. Tiziano notò che era strappata in
più parti e bestemmiando l’abbracciò, mormorando:
-No, non me lo dire. Sappi che non lo vedrai mai più.Lei annuì lasciandosi cullare come una bambina e sentì di nuovo le
lacrime pungerle gli occhi.
-Aspetta, ti porto un bicchiere d’acqua.-No, non lo voglio. Io…Si sciolse dall’abbraccio e alzò lo sguardo su di lui, sentendo l’occhio
dolerle per il colpo ricevuto e mestamente continuò:
-Mi spiace che tu abbia assistito.-Non dirlo neppure per scherzo. Mi rammarico solo di non essere giunto
prima. Era un cliente nuovo, vero? Non l’avevo mai visto in passato.-Sì, uno nuovo. Mi sono fidata, ma…-Niente ma, tanto non lo vedrai più.- ripeté accarezzandole i capelli. -Dai,
vediamo di mettere un po’ di ghiaccio su quell’occhio. A proposito, ce
l’abbiamo il ghiaccio?- domandò andando in cucina.
Alice lo seguì continuando a tirare su con il naso e si mise seduta al
tavolo, mentre lo guardava armeggiare dentro il freezer. Lo vide prendere
un coltello e grattare le pareti piene di ghiaccio per racimolare la brina e
avvolgerla in un pezzo di stoffa e scosse appena la testa. Sopportò
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pazientemente che le appoggiasse l’involucro sull’occhio e strinse i denti
per non urlare al contatto con il gelo.
-Vedrai che dopo starai meglio.- le assicurò con un sorriso.
-Tu non stai bene, invece.- rispose tirando fuori una siringa dal cassetto e
porgendogliela.
Tiziano sciolse i capelli che sul lavoro teneva sempre legati e si lasciò
cadere sulla sedia, inspirando a fondo. Sotto lo sguardo vigile di Alice tirò
su la manica del maglione e bucò, riprendendo a vivere meglio. In
silenzio osservò l’amica, la vestaglia che a mala pena copriva il petto
piatto, i lunghi ricci biondi come il miele che le circondavano il volto dolce
e delicato, le mani affusolate dalle unghie laccate di bianco e si chiese
come avesse fatto madre natura a sbagliare in modo così evidente.
Alice si accorse dell’esame cui era sottoposta e provò a sorridere.
-Non sapremo mai perché.- gli disse. -Come non sapremo mai il perché
del colore dei tuoi occhi.Tiziano si sorprese della facilità con cui aveva letto nei suoi pensieri e
d’istinto girò lo sguardo sulla foto, prima di borbottare qualcosa e sparire
in bagno.
~
Isa alzò il volto al cielo e chiuse gli occhi, lasciando che il sole la
scaldasse, mentre sentiva che il metadone stava a poco a poco lenendo i
dolori dell’astinenza. Seduta sulla panchina accanto a lei, Melissa
armeggiava per iniettarsi anche lei l’oppioide e poter tornare a vivere.
Avevano marinato la scuola per andare alla ricerca disperata di una
dose, scosse da tremiti convulsi, da dolori muscolari e da un continuo
senso di nausea, e solo per miracolo avevano incontrato una ragazza
che aveva suggerito di andare all’ospedale per farsi dare il metadone.
Non avevano messo tempo in mezzo e con il motorino si erano dirette al
più vicino nosocomio, finendo al pronto soccorso, dove, tra suppliche
varie, alla fine avevano ottenuto l’agognato sostituto dell’eroina.
Ora, sedute su una panchina dell’ospedale, circondate da gatti e da
tossici che si trascinavano come derelitti, ricominciarono a vivere e a
rendersi conto di quello che accadeva loro intorno.
-Dio…- gemette Isa prendendosi la testa tra le mani. -Mai più…Melissa inspirò a fondo, le membra rilassate che riuscivano a
percepire il tiepido calore del sole, la mente chiusa a tutto, tranne al
benessere che la pervadeva. Finalmente l’incubo era terminato. Almeno
fino alla prossima astinenza. Come un lampo improvviso ricordò la
nottata trascorsa e azzardò un’occhiata in direzione dell’amica, intenta a
commiserarsi. Osservò i giochi di luce che il sole rifletteva sui suoi capelli
rossi, sbirciò le sue spalle esili e ossute e sospirò.
-Che, avete del fumo?Entrambe alzarono la testa sorprese e fissarono il ragazzino in piedi
davanti a loro che mendicava un po’ di veleno.
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©MGL VALENTINI
-E pensi che se ne avessimo lo daremmo a te?- rispose Isa acida,
raddrizzando la schiena.
Quello corrugò le sopracciglia e con un profluvio di imprecazioni se ne
andò, mentre Melissa spiava l’amica come se fosse impazzita. Lei si
accorse dell’esame e con insofferenza si alzò dalla panchina, mettendo
le mani in tasca dei jeans e allontanandosi di qualche passo. Dietro uno
degli edifici vide una volante della polizia parcheggiata e poco oltre due
agenti che parlottavano tra loro e la sola visuale la fece impallidire. Tornò
accanto all’amica e con un gesto vago della mano suggerì:
-Dovremmo muoverci.Melissa annuì e si alzò, comprendendo che non potevano permettersi
di rimanere ancora senza una dose. Lentamente si avviarono verso il
motorino parcheggiato dinanzi all’entrata principale e in silenzio partirono
in direzione del Palazzo. Seduta dietro Melissa che guidava, Isa lasciò
che i capelli dell’amica, smossi dal vento, le accarezzassero il volto, che il
suo odore le riempisse le narici e con noncuranza le posò la mano sulla
spalla, stringendo appena. Melissa si irrigidì al tocco, tuttavia non si
oppose e continuò a concentrarsi sulla guida, destreggiandosi nel traffico
caotico dell’Urbe.
Quando giunsero in prossimità del prato, parcheggiarono e si
inoltrarono sulla stradina acciottolata, accorgendosi della presenza di
tante persone che accompagnavano i loro cani a fare i bisogni mattutini.
Per lo più giovani che facevano capannello, mentre i loro fidi amici
giocavano tra loro rincorrendosi, felici di potersi sgranchire le zampe e
Isa rimase a guardarli affascinata.
-Guarda quello che bello.- disse ammiccando a un husky.
Melissa lo guardò e annuì, ricordando un giorno lontano quando,
piccole eppure consapevoli del loro amore per gli animali, avevano
fantasticato sulla loro vita futura insieme a cani e gatti. Chinò la testa,
constatando con amarezza che non riuscivano a prendersi cura di loro,
figurarsi di un animale. Prese una mano dell’altra e la costrinse a
muoversi.
In prossimità del Palazzo videro Alessandro e Claudio circondati da
un nutrito gruppo di tossici che reclamavano le loro dosi quotidiane e si
avvicinarono quel tanto da ascoltare mantenendo una debita distanza. Gli
animi infervorati erano dovuti alla mancanza di eroina e Alessandro non
sapeva più come contenere la loro disperazione.
-Non possiamo continuare così, lo sai.-Già, ci devi dare la roba, altrimenti…-È da ieri che sto male, Cristo!-Quello stronzo si è fregato la mia ultima spada!-Io con questa pancia dove vado? Eh? Dove vado?- insistette una
ragazza in avanzato stato di gravidanza, indicando il ventre rigonfio.
-Aho!- urlò Alessandro cercando di far tacete tutti. -Guardate che anche
io sto male, sto proprio come voi, che cazzo vi credete? È da ieri che non
buco e non ho idea di quando lo farò di nuovo! Quindi smettete di
rompermi i coglioni, non vi sopporto più!43
©MGL VALENTINI
A quelle parole tutti smorzarono i toni e si guardarono con aria
smarrita e terrorizzata al contempo, non sapendo cosa fare.
-Dovete accontentarvi del metadone, come sto facendo io.- concluse
Alessandro girandosi verso Claudio, ritenendo chiusa la discussione.
Melissa e Isa guardarono e ascoltarono in silenzio il gruppetto di
sbandati che mendicava una dose, soprattutto la ragazza incinta, che si
mordeva le unghie delle mani in continuazione. Come loro, avevano
momentaneamente placato i dolori dell’astinenza con il metadone, ma
terminato l’effetto si sarebbero ritrovati di nuovo a dover lenire gli spasimi
dell’astinenza per mancanza di veleno.
-Pensi che il bambino gradisca la scimmia?- mormorò Isa fissando il
pancione.
Melissa rifletté un attimo, ribattendo:
-E tu pensi che gradisca la roba?L’altra scosse la testa e con disprezzo commentò:
-Come si fa a far del male a una creatura?A quel punto Melissa si girò per guardarla, osservando il suo volto
dalle guance paffute dell’adolescente e le fece notare:
-Anche noi eravamo creature quando quello stronzo ci ha fregato.- e
ammiccò verso Alessandro.
Isa annuì mestamente, ripensando a quando, due anni prima, un
gruppo di amici aveva fatto loro conoscere Alessandro e Claudio,
introducendole in quel tunnel senza uscita che era lo spinello prima e la
siringa dopo. Era stata una lenta quanto inesorabile discesa verso l’Ade e
si reputavano fortunate, perché ancora bucavano una sola volta al giorno.
Ma non sarebbe durato a lungo: già adesso si rendevano conto che una
sola dose non riusciva più a coprire l’arco della giornata e presto
avrebbero dovuto bucare con più frequenza. La prospettiva di diventare
delle sopravvissute come quel gruppetto davanti al Palazzo le inorridiva,
pur tuttavia avevano imparato come funzionasse: prima atterrivano al
pensiero del buco, quindi all’idea di bucare una volta la settimana, poi
una al giorno ed ora non si sarebbero meravigliate se avessero sceso
l’ennesimo scalino verso gli inferi.
-Andiamo via.- mormorò Isa girandosi di scatto.
Melissa esitò, quindi la seguì e in silenzio si avviarono verso il
motorino, pensando a come rimediare il quartino altrove.
~
Videro i loro compagni di classe sulla solita panchina a Villa Borghese
e li raggiunsero con aria stanca.
-Che fine avete fatto?- domandò Francesca, una delle ragazze. -Bello
fare sega, eh?-Già, mentre noi sopportavamo la lezione infinita di italiano.- rincarò
Giulia, la più carina della classe e la più vanitosa, che si studiava
pigramente allo specchietto. -Accidenti, il rossetto è quasi andato.gemette puerile.
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L’occhiata che le lanciò Isa era fin troppo eloquente e Melissa
intervenne subito, rispondendo:
-Ieri sera abbiamo bevuto troppo e stamane eravamo distrutte.Uno dei ragazzi la studiò attentamente e stava per dire la sua, quando
uno dei compagni di classe lo invitò a dare due calci al pallone per
allontanarsi dai pettegolezzi delle donne che lui non comprendeva e mal
sopportava e si allontanò tenendosi la propria opinione.
-Vuoi?Isa fissò il pacchetto di sigarette, offerto dalla solita amica che non
capiva e replicò acida:
-Tu devi essere di coccio, Cristo. Ti ho ripetuto mille volte che non fumo.L’altra la degnò appena di uno sguardo e alzò le spalle con
indifferenza, riprendendo la discussione su alcuni attori con il gruppo di
ragazze sedute sull’erba accanto alla panchina.
Melissa mise una mano sulla spalla di Isa e la guardò con
comprensione, lasciandole capire di non prendersela, perché la loro
compagna non sarebbe cambiata. Isa annuì appena e si concentrò sui
bambini che giocavano a pallone o andavano sui pattini, oppure in
bicicletta, seguiti dai genitori che non li perdevano d’occhio. Poco oltre
c’erano coppiette sdraiate sull’erba, indifferenti al tramestio di gente,
mentre un uomo sbarcava il lunario facendo fare giri su un carretto
trainato da due pony non più giovani; sul limitare della villa che si
affacciava su Piazza del Popolo stazionavano auto d’epoca e potenti
Ferrari nella solita mostra annuale. Tutto intorno era uno sbocciare di
primavera che invogliava a mettere via i giubbotti per rimanere in
maniche di camicia e all’improvviso sentì la voglia di un gelato.
-Ma sul serio preferisci quel tipo d’uomo?- esclamò Francesca toccandosi
i fluenti capelli biondi di cui andava fiera e, di conseguenza, sentendosi in
dovere di guardare le altre dall’alto in basso.
La domanda riportò Isa al gruppo di amiche che discutevano sedute
sulla panchina e si interessò all’argomento.
-Perché, ti fa schifo?- ribatté Giulia, passandosi il rossetto sulle labbra.
-Tu devi esserti bevuta il cervello!- rincarò Francesca. -Possibile che ti
piacciano gli uomini maturi, con la pancia e la chierica?-E allora? Sono quelli che hanno i soldi, non lo sai? Non so che farmene
di uno sbarbatello che non ha una lira in tasca.-E tu… scoperesti con un essere che potrebbe essere tuo padre?esclamò inorridendo.
-E tu no, se ti facesse vivere nel lusso?- ribatté acida.
Isa e Melissa si scambiarono un’occhiata di incredulo disgusto,
quando videro Giulia aprire la borsetta, tirare fuori il portafoglio e
mostrare tre pezzi da centomila lire.
-Ecco: questo è il suo ultimo regalo.- annunciò gonfiando il petto.
Le ragazze rimasero a bocca aperta per l’implicita rivelazione e lei
sorrise come se fosse stata una diva holliwoodiana, ricontrollando il
make-up per l’ennesima volta. Con aria civettuola sistemò i capelli
debitamente gonfiati e laccati e le altre non riuscirono a trovare le parole
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©MGL VALENTINI
per replicare. Alla fine fu Melissa che prese coraggio e diede voce ai
pensieri di tutte, domandando:
-Ti vedi con un uomo maturo?-Sì.-E da quanto va avanti questa storia?-Circa sei mesi.-E chi è il… l’uomo?- domandò, correggendosi all’ultimo perché stava per
appellarlo “pedofilo”.
-Uno che ha i soldi.-Questo era chiaro ed evidente, ma chi è lui?Giulia si irrigidì sotto quella sfilza di domande e si rese conto che
anche le altre erano lì in fervente attesa della risposta, mentre i ragazzi
continuavano a giocare a pallone poco oltre, ignari e indifferenti della
discussione.
-È uno grande, sposato, ma in procinto di separarsi dalla moglie.Per un lungo istante nessuna aprì bocca, sentendosi delle nullità in
confronto all’amica che aveva osato fare il grande passo e una azzardò:
-Tu… ci hai scopato sul serio?-Certo, bella, che ti credi?-E… com’è stato? Cioè… che avete fatto? Come è successo?Giulia si illuminò in volto, notando che le altre erano all’oscuro, e con
aria da maestrina spiegò a grandi linee come era successo e cosa fosse
avvenuto, godendo all’espressione estasiata delle compagne.
-E ti sposerà?- domandò Francesca con gli occhi sgranati.
-Certo. Appena mi diplomo ci sposeremo.-E la moglie?-Oh, con lei non va d’accordo e per questo sta chiedendo il divorzio.liquidò con un cenno vago della mano.
Melissa fece una smorfia e Isa sogghignò divertita, ripetendo con
sarcasmo:
-Non va d’accordo con la moglie, eh?Giulia si indispettì a quel tono e fissandola negli occhi ribatté:
-Sì, è così. Mi ha assicurato che sta divorziando e che ci sposeremo
quanto prima.Isa mise le mani nelle tasche dei jeans e si chinò in avanti per
sussurrarle sul volto:
-Quanto sei idiota.Lo schiaffo di Giulia arrivò come una staffilata, la colpì sulla guancia e
l’offesa si alzò di scatto dalla panchina, fronteggiando Isa con alterigia.
-Almeno io ho un uomo che mi ama e mi riempie di doni. Tu non hai
nessuno e mai ce l’avrai con il tuo caratteraccio e con il tuo evidente
disprezzo per la vita.Quelle parole la colpirono più dello schiaffo ricevuto e Isa impallidì,
mentre le altre si scambiavano occhiate preoccupate. Melissa si morse le
labbra, impedendosi di intervenire e l’amica alla fine raddrizzò le spalle e
piegò le labbra in un pallido sorriso, prima di girarsi e andarsene. Alcune
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compagne provarono a fermarla richiamandola, ma lei non le ascoltò e
alla fine Melissa la raggiunse, cercando di incoraggiarla dicendo:
-Giulia è solo una puttana.L’altra non rispose; continuò a camminare imperterrita con le mani in
tasca e lo sguardo fisso a terra.
-Ti fa male la guancia?- domandò Melissa preoccupata, notando le
cinque dita rimaste a ricordo.
-No.-Se può consolarti, la pensavamo tutte come te, persino quel “Pallone
gonfiato” di Francesca.A quel punto Isa non resse più, si girò, l’afferrò per un braccio e con
occhi fiammeggianti sibilò:
-Falla finita, cazzo!Melissa aprì la bocca per protestare, ma lo stupore fu maggiore del
raziocinio e non riuscì ad articolare alcun suono.
Isa inspirò a fondo per recuperare il controllo, passò una mano tra i
capelli e senza aggiungere altro riprese a camminare in direzione del
motorino.
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3
Tiziano sbirciò la ragazzina che eseguiva l’esercizio di grammatica
italiana con evidente svogliatezza e si domandò come mai ultimamente
non si applicasse più come all’inizio. Le dava ripetizioni due volte a
settimana da circa tre mesi, tuttavia nelle ultime sedute si era reso conto
che perdeva tempo, cincischiava, preferendo indirizzare il discorso su
altre cose piuttosto che sullo studio e si era chiesto se fosse lui a non
essere più in grado di insegnare.
-Qualcosa non va, Loredana?- domandò premuroso.
Lei sbuffò, infastidita perché continuava a chiamarla con il nome
intero quando avrebbe preferito il più intimo Lory, e con stizza posò la
penna, scansò il quaderno e si girò a guardarlo.
-Posso avere qualcosa da bere?Tiziano annuì e si alzò per prendere un bicchiere d’acqua che poggiò
sul tavolo della cucina. Lei lo guardò e chiese quasi con disprezzo:
-Solo acqua?-Non ho altro.-Neppure una birra?-No. Però ho del latte, se preferisci.Lei spalancò la bocca allibita e ribatté sferzante:
-Il latte è per i poppanti.Tiziano la sbirciò, prendendo nota del suo corpo formoso che mentiva
sulla giovane età, ricordando che era una studentessa del terzo anno di
medie e domandò:
-E tu saresti troppo grande per il latte?Loredana roteò gli occhi, come se stesse discutendo con un fanciullo
e puntando l’indice sul tavolo rispose:
-Lo vuoi capire o no che ho tredici anni e che non sono più una
bambina?Il ragazzo si trattenne in tempo dal ridere per non offenderla e si
rimise seduto con modi pacati, indicando il bicchiere.
-Allora l’acqua va bene.Lei sbuffò e alla fine capitolò, bevendo un sorso.
-Vivi solo?La domanda di carattere personale lo colse impreparato ed esitò
prima di rimandare:
-Perché lo vuoi sapere?Lei alzò le spalle e spiegò con infinita pazienza:
-Da quando vengo qui non ti ho mai visto in compagnia di qualcuno.48
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Tiziano avvertì il campanello di allarme rintoccargli nel cervello
quando si accorse dello sguardo languido dell’allieva, che sorrideva per
mascherare l’interesse.
-No, non vivo solo.- rispose prendendo in mano il quaderno per
controllare gli esercizi svolti.
-Vivi con il tuo amico?- insistette ammiccando alla foto attaccata alla
parete.
Stava per annuire, quando l’istinto di sopravvivenza gli fece
rispondere:
-No, con Alice.-Tua sorella?-No… la mia fidanzata.- rispose con tono sostenuto. -Adesso basta,
bisogna continuare con gli esercizi.- tagliò corto, infastidito.
La delusione nello sguardo di lei fu evidente e quasi con stizza riprese
in mano il quaderno che lui le porgeva e si rimise svogliatamente a
scrivere. Tiziano stava per tirare un sospiro di sollievo, quando lei tornò
alla carica con una certa caparbietà:
-È mora o bionda?-Fa’ gli esercizi.- intimò alzandosi e facendo qualche passo per la stanza,
sentendo il bisogno acuto di farsi una canna.
Quella ragazza iniziava a esasperarlo e se avesse continuato così le
avrebbe chiesto di non venire più, che non le avrebbe più dato ripetizioni.
Le ultime sedute si erano rivelate di una difficoltà estrema ed ogni volta
che avvertiva il nervosismo crescere, cresceva di pari passo la necessità
di fumare per ritrovare la tranquillità.
-Perché sei così teso?- osservò con un certo acume.
Lui si morse le labbra e contò fino a dieci prima di rispondere con tutta
la calma che riuscì a trovare:
-Sono solo un po’ stanco. Finisci gli esercizi, l’ora sta per scadere.- e
dentro di sé ringraziò Dio per quello.
Loredana piegò le labbra in un sorriso beffardo e senza aggiungere
altro si accinse a completare il compito, mostrandolo per la correzione.
Tiziano prese il quaderno e senza rimettersi seduto si accinse a
sottolineare tutte le inesattezze. Alla fine, scuotendo la testa, fece notare:
-Oggi non sei stata attenta. Ci sono troppi errori.-E che mi frega?Lui alzò gli occhi dal quaderno e la fissò con sguardo cupo.
-Che vuol dire? Sei qui per imparare.-Imparerò.- ribatté alzandosi e riprendendo quaderno, libro e penna.
Lasciò i soldi sul tavolo e con un sorriso malizioso salutò,
promettendo di tornare la settimana successiva. Lui la vide andar via con
movenze volutamente provocanti e con un sospiro prese i soldi, aprì il
cassetto e tirò fuori una siringa, preferendola allo spinello.
~
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©MGL VALENTINI
Alice lo guardò chinando appena la testa di lato e subito dopo liquidò
la faccenda con un semplice:
-Le passerà.Si accinse a preparare la moka per prendere un caffè, mentre Tiziano
accendeva una canna e con noncuranza posava i piedi sul tavolo.
-Lo spero. In caso contrario sarò costretto a non farla venire più.mormorò osservando il fumo salire al soffitto.
Alice legò i capelli a coda e si mise seduta, fissando i piedi dell’altro
con faccia scura.
-Mettiti composto.- intimò.
Tiziano inarcò un sopracciglio e sbuffando si portò seduto in maniera
corretta, domandando:
-Cosa si mangia stasera?-Minestrina.-Che bellezza…- bofonchiò.
Eppure sapeva che ultimamente faticava a digerire roba solida e le
ultime volte aveva vomitato tutto, con sommo disgusto di Alice.
-Senti…A quel tono, Tiziano la sbirciò attraverso il fumo e notò come il trucco
celasse l’occhio ancora un po’ pesto per il pugno ricevuto e la vide
avvicinarsi al piano cottura e rovistare tra le cose posate alla rinfusa,
vicino al fuoco dove c’era la moka. Tirò fuori una busta da lettera e gliela
porse, rimettendosi seduta in attesa del caffè. Il ragazzo la prese, la rigirò
e sgranò gli occhi.
-Chi l’ha portata?- volle sapere, allarmato.
-Tuo padre.-Quando?-Ieri. No, l’altro ieri.- si corresse meditabonda.
-E quanto ti ci voleva per mostrarmela?- sbraitò mordace.
Alice si indispettì e alzando il braccio per indicare il piano cottura
ribatté acre:
-Era lì, potresti anche degnarti di guardare, ogni tanto!Tiziano passò una mano tra i capelli, tenne lo spinello in bocca e con
mani tremanti aprì la busta. Alice lo seguì con lo sguardo e commentò
divertita:
-A quanto pare la Patria reclama i tuoi muscoli!L’altro la fulminò con un’occhiataccia e lesse la chiamata alle armi che
gentilmente gli inviava il Ministero.
-Cazzo…- mormorò. -Mi tocca passare la visita.Passò una mano sugli occhi, come a voler essere certo di quanto
leggesse, quindi tornò a concentrarsi sulla cartolina e lo sguardo gli
cadde sull’affrancatura. Subito dopo alzò lo sguardo attonito su Alice e
balbettò:
-Ma… è vecchia di mesi…Lei prese in mano busta e lettera, controllò e infine restituì il tutto con
un’alzata di spalle, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia.
-Vuol dire che sei in ritardo.- commentò serafica.
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Tiziano rilesse con più attenzione e deglutì, rendendosi conto che i tre
giorni li avrebbe dovuti fare almeno un anno prima.
-Merda… E ora?-Che ti frega? Mica sono venuti a prenderti con la forza.Tiziano rifletté, rigirò la cartolina tra le dita, la lanciò sul tavolo con
indifferenza e annuì vagamente, aspirando il fumo e tornando a
concentrarsi sulle volute che si alzavano al soffitto.
-Fai pure la spiritosa, tanto toccherà anche a te, dove scappi?Alice si scurì in volto, rabbrividì all’eventualità e solo il borbottio della
caffettiera le impedì di rispondergli male. Si alzò e si avvicinò al piano
cottura, versò il caffè nelle tazzine e tornò al tavolo, porgendone una
all’amico.
-C’è già dentro lo zucchero?-No, è amaro come te.- borbottò. -Lo sai, vero, che io non posso andare
sotto le armi.Tiziano si alzò per prendere lo zucchero che l’amica aveva omesso e
nel frattempo spense la canna, prima di rispondere:
-Ti rammento che sei un uomo, caso mai l’avessi dimenticato.Lei si irrigidì, alzò il mento e raddrizzando la schiena si puntò l’indice
contro, esclamando:
-Ti sembro un uomo, eh?Tiziano bevve il caffè e la studiò attentamente, non volendo ferirla ma
neppure essere un ipocrita, al pari di uno struzzo che mette la testa sotto
terra e con movimenti stanchi si rimise seduto, prima di dire:
-No, non lo sembri; malgrado ciò lo sei. E sulla tua carta d’identità è
stampigliata una bella M maiuscola.Alice balzò in piedi, il volto tirato da una rabbiosa impotenza e con
occhi fiammeggianti replicò:
-E tu sei uno stronzo con la S maiuscola!Con stizza girò intorno al tavolo e andò a chiudersi in camera,
sbattendo la porta alle proprie spalle.
Tiziano sospirò e passò una mano sugli occhi arrossati dalla
mancanza di sonno, dalla congiuntivite e dalle troppe canne fumate,
chiedendosi cosa sarebbe accaduto. In teoria risultava un disertore,
oppure un renitente, non avrebbe saputo bene cosa. Non gli costava
nulla andare a passare la visita, convinto che sarebbe stato riformato
appena avuto in mano i risultati delle analisi, ma avrebbero capito il suo
ritardo?
In quel momento ripensò a suo padre: non era riuscito a portargli in
tempo la cartolina, così come non era mai riuscito a capirlo e questa
ulteriore conferma alla sua inettitudine allo svolgimento della patria
potestà glielo faceva odiare ancor di più. Anziché aiutarlo a uscire dai
guai gliene procurava altri. Era capace solo a fare il colonnello in
caserma, pago dell’esercizio del comando su altri, mentre in casa era un
inetto. Lo aveva fatto apposta a portargli in ritardo la chiamata alle armi?
A quel punto, per quanto lo riguardava, lo stato poteva attendere in
eterno che si presentasse.
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Con un gran senso di nausea si alzò e aprì la porta della camera,
trovando Alice riversa sul letto. La degnò appena di uno sguardo,
consapevole di non averle detto nulla di diverso dalla realtà, quindi si
gettò a peso morto sul proprio letto e chiuse gli occhi e la mente a tutti i
problemi.
~
Tamburellò nervosamente le dita sul tavolo, sbirciando le bollette
come fossero state ragni velenosi e con un gemito si alzò per andare ad
accendere lo stereo. La voce squillante di Axl Rose riempì la stanza e
ascoltò in silenzio le note di Welcome to the Jungle.
Come era possibile che i soldi non bastassero più per pagare tutto?
Quel mese avrebbe dovuto rinnovare l’assicurazione del Suzuki, ed era
praticamente impossibile. Inoltre doveva provvedere al pagamento di
corrente e gas e già aveva saltato le ultime bollette, con il rischio di
rimanere al buio, senza acqua calda per lavarsi né gas per cucinare.
Dove troverò i soldi necessari per far fronte a queste spese? si domandò
tornando a sedere al tavolo.
Per un attimo il pensiero corse a sua madre e sospirò. L’aveva
chiamata da una cabina telefonica e aveva preso appuntamento con lei a
un bar lontano da casa, per evitare occhi e orecchie indiscrete, come
faceva ogni qualvolta aveva bisogno di lei. Si era recato all’appuntamento
dopo aver ricevuto la cartolina, per capire cosa fosse successo e la
donna, dinanzi a un aperitivo a base di prosecco e salatini, gli aveva
spiegato che suo padre aveva da tempo sistemato le cose, sia per lui che
per Alice, sotto insistenza della madre di quest’ultima quando era giunta
la chiamata alle armi un anno prima. Ma aveva anche sottolineato che
sarebbe stata l’ultima cosa che suo padre avrebbe fatto per lui, a meno
che non avesse deciso di smettere di bucare e disintossicarsi per tornare
una persona normale. Aveva inoltre aggiunto che procurarsi il naloxone
stava diventando sempre più difficile e presto avrebbe rinunciato a fargli
quel favore. In pratica doveva iniziare a cavarsela da solo.
Alice entrò in quel momento in cucina, l’aria assonnata, il babydoll che
evidenziava le sue gambe lunghe e tornite, i capelli arruffati che le
incorniciavano il volto pallido, e Tiziano tornò bruscamente al presente.
-Cos’è?- domandò la nuova venuta ammiccando allo stereo.
-Un nuovo gruppo.- rispose vagamente, lo sguardo sempre fisso sulle
bollette.
Alice prese il latte dal frigorifero e lo versò in un bicchiere, mettendosi
seduta al tavolo, fissando l’amico con risentimento.
-Io stavo dormendo.Tiziano inarcò un sopracciglio, poi capì che si riferiva allo stereo
acceso e non si preoccupò di rispondere.
-Ci servono i soldi.- disse invece.
-Ma se ieri abbiamo fatto rifornimento di pere…52
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-Per le bollette, l’assicurazione, il fitto e chi più ne ha più ne metta.spiegò con uno sbuffo.
La ragazza sbatté gli occhi e solo allora si accorse delle carte sparse
sul tavolo e di Tiziano che picchiettava con le dita per scaricare la
tensione.
-Ok, mi è rimasto qualcosa, vado a controllare.- e tornò in camera per
rovistare tra la sua roba.
Quando riapparve in cucina, Tiziano aveva già preso una siringa e si
apprestava a bucare, la sua colazione quotidiana. Alice mise i soldi sul
tavolo, ma sbirciando gli importi delle bollette si rese subito conto che
non sarebbero stati sufficienti.
-Tu quanto hai?- s’informò.
Tiziano non rispose: si iniettò in vena l’eroina e lasciò che il flash lo
abbagliasse, ottenebrando ogni problema. Alice sospirò e guardò l’ora:
era presto per andare a fare marchette e, comunque, la domenica era
sempre difficile rimediare clienti, perché la maggior parte trascorreva la
giornata con la famiglia a far credere di essere una persona normale e
moralmente corretta.
-Ultimamente i viados portano via molti clienti.- annunciò con amarezza. Nell’ultima settimana ne ho persi due: la concorrenza ha prezzi
stracciati.Osservò Tiziano, l’ago ancora in vena e l’aria beota, perso in un
mondo tutto suo e con un gesto vago della mano constatò:
-Non mi ascolti nemmeno.-Sì, ti ascolto.- ribatté trascinando le parole. - Tu sei di gran lunga più
bella di quei viados.Lei piegò le labbra e in un guizzo di vanità cercò di dare ordine ai
capelli ribelli.
-Grazie. I tuoi complimenti sono un evento raro.-E solo ed esclusivamente per te.- aggiunse indicandola con l’indice.
Alice sorrise compiaciuta e subito dopo aprì il cassetto per prendere la
sua dose.
-Facciamo una passeggiata?- propose Tiziano andando a pulire la siringa
per riporla.
-Perché no? L’unico piacere della domenica è che possiamo stare un po’
più insieme.Il ragazzo annuì e senza più degnare di uno sguardo le bollette andò
a prepararsi. Come al solito indossò i suoi indumenti neri e mise gli
occhiali scuri, rimanendo in paziente attesa di Alice. Nel frattempo
continuò ad ascoltare i Guns ‘n’ Roses, annuendo al loro sound delicato,
peraltro incisivo, fin quando decise che fosse ora di dare pace alle
proprie orecchie. Rovistò tra le cassette e tirò fuori Ride the Lightning,
rimanendo in oblio dell’indiavolata Fight Fire With Fire.
-Andiamo.- annunciò Alice uscendo finalmente dal bagno.
-Proprio ora che ho cambiato?- borbottò spegnendo lo stereo.
-Sei sempre il solito rompipalle.- lo rimbeccò lei prendendo la borsetta.
Tiziano la seguì e mentre scendevano le scale domandò:
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-Dove andiamo di bello?Alice mise gli occhiali per ripararsi dalla luce del sole, appoggiò la
mano sulla maniglia del portone del palazzo e rispose semplicemente:
-Al Verano.Il ragazzo deglutì e si bloccò nell’androne, fissando l’amica senza
riuscire a parlare. Dopo un lungo attimo, lei sospirò, lasciò la maniglia e
gli andò vicino, facendogli notare:
-Non potrai far finta di nulla in eterno.-No.- tagliò corto.
-Perché non vuoi accettare la realtà?-Perché non c’è nulla da accettare: non c’è più e basta.Alice aggrottò le sopracciglia e tolse gli occhiali per fissarlo meglio in
volto, prima di sfidarlo:
-Bene. Allora andrò da sola.Si rigirò e uscì impettita dal palazzo, mentre Tiziano rimaneva
immobile ai piedi delle scale, senza sapere cosa fare. Si morse le labbra
e iniziò a bestemmiare senza ritegno, prima di seguire l’amica. La
raggiunse lungo il marciapiede e la prese per un braccio, indicandole il
Suzuki. Allora Alice tornò indietro e per tutto il tragitto non aprirono bocca,
ognuno arroccato sul proprio punto di vista. Quando giunsero al cimitero
la ragazza comprò i fiori e, sempre in religioso silenzio, si incamminò
lungo uno dei viali, seguita come un’ombra da un preoccupato Tiziano.
Erano entrambi scossi, entrambi chiusi in un dolore uguale eppure
diverso e benedirono la quiete e il cinguettio degli uccelli che ricordava
che quello era un luogo di pace e di meditazione. Videro altre persone
girare tra le lapidi del cimitero monumentale, dove erano seppelliti fianco
a fianco nomi illustri e semplici persone, a ricordo che nell’abbraccio della
Nera Signora tutti erano uguali, e si diressero verso una lapide ricoperta
di fiori freschi. Alice si fermò e fissò la miniatura che riproduceva il volto
di Silvia, la sorella di Tiziano, morta cinque anni prima di overdose.
Inspirò a fondo il profumo dei fiori, dei cipressi e della resina sulla
corteccia degli alberi e si girò, accorgendosi che l’amico si era fermato
qualche passo indietro. Si studiarono per un lungo attimo, quindi Alice si
chinò e sistemò il mazzo di fiori in un vaso e d’istinto allungò le dita per
sfiorare il volto di Silvia. Quindi si raddrizzò e recitò una preghiera
sottovoce. Un ragno uscì fuori da un buco e camminò spedito lungo la
lapide per eclissarsi in un altro buco, timoroso di essere visto. Alice
sospirò tristemente e si avvicinò a Tiziano. Lo trovò più pallido del solito e
stava per dire qualcosa, quando lui la prevenne notando:
-Sei impallidita.Si irrigidì per non mostrare i propri sentimenti e provò a sorridere
ribattendo:
-Mai quanto te. Sei uguale a Joey Ramone.L’altro rimase un attimo in silenzio, quindi sogghignò e chiese:
-Era un complimento?-Dipende dai punti di vista.- rispose lei con una smorfia, prendendolo a
braccetto. -Andiamo, tra non molto dovrò andare a lavorare.54
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Tiziano sbirciò un’ultima volta la tomba e con il cuore a pezzi girò le
spalle alla sorella.
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Iniziava a fare caldo, ma lui continuava imperterrito a portare la divisa
a maniche lunghe per evitare che si vedessero le braccia livide per i
ripetuti buchi. Una delle vene, poi, stava andando in trombosi ed era
rigida e gonfia. E, comunque, tra caldo e freddo non avvertiva più grande
differenza.
Una macchina si fermò per fare benzina e lui si avvicinò toccandosi la
visiera del cappello da baseball che usava solo sul posto di lavoro.
-Il pieno, per favore.Annuì e si accinse a esaudire la richiesta, mentre con il pensiero
ritornava sempre fastidiosamente alla visita al cimitero e alla forte
emozione provata. Da quando Silvia era morta, non era mai andato a
trovarla, perché il dolore era ancora troppo vivo; eppure dovette
ammettere che senza l’ostinazione di Alice non sarebbe mai riuscito a
compiere quel gesto. Era riuscita in qualche modo a sbloccarlo, sebbene
gli sfuggisse il motivo che avesse spinto la sua amica a quel passo.
Riconsegnò le chiavi all’automobilista e ritirò i soldi, inserendoli nel
portafoglio gonfio che ogni giorno il proprietario del distributore gli dava in
consegna. Distolse subito lo sguardo per non cadere nella tentazione di
rubarli e si girò verso la colonnina della miscela. Due ragazze su un
motorino lo attendevano e lo fissavano con evidente sorpresa. Solo dopo
che le ebbe inquadrate bene le riconobbe: le due tossiche al raduno in
discoteca.
-Ciao.- salutò Melissa con un sorriso. -Sul serio lavori qui?-Ciao. No, a dire il vero sono di passaggio…- rispose sarcastico.
-Ok, ho fatto una domanda stupida.- concesse ridendo.
-Ciao.- salutò rivolto a Isa.
Questa rispose con un cenno della testa e Tiziano si accorse che
entrambe avevano gli occhi arrossati e l’aria distrutta.
-Quanta miscela?- domandò prendendo la pompa.
-Cinquemila.- rispose Melissa aprendo il tappo del serbatoio. -Senti…Lui la guardò con aria interrogativa e la ragazza prese coraggio e
domandò:
-Ci sarai domani sera al nuovo raduno?-Fosse per me no, ma Alice non mancherà sicuro.-Già.- intervenne Isa con noncuranza. -Come sta la tua splendida
ragazza?Melissa le sferrò una gomitata nel fianco e sorrise a Tiziano con aria
innocente.
-Non è la mia ragazza.- rispose mettendo la miscela nel motorino.
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Le altre spalancarono la bocca, incredule, e un lampo di speranza
guizzò negli occhi neri di Melissa, quando ripeté per essere certa di aver
capito bene:
-Non è la tua ragazza?-No.-Non dirci che è tua sorella perché non ci crediamo neppure un po’!intervenne Isa ridendo.
Lui restrinse gli occhi e le fissò da dietro le lenti scure, prima di
ribattere acido:
-E a voi che cazzo ve ne frega?Le due ragazze ammutolirono e si resero conto di essersi spinte
troppo oltre con domande personali rivolte a uno che conoscevano a
mala pena.
-Sì, hai ragione.- ammise Melissa pagando. -È solo che lo abbiamo dato
per scontato quando vi abbiamo visto insieme.Lui non rispose: si limitò a notare come i ricci corvini della ragazza
riflettessero di azzurro sotto il sole, esattamente come i suoi. Prese nota
anche della sua pelle chiara, non olivastra come la sua, degli zigomi
pronunciati e del naso aquilino che le donava un tocco di aristocrazia.
-Allora ci vediamo domani sera.- salutò lei mettendo in moto.
Lui annuì appena e le vide andar via, sparendo nel traffico caotico di
Roma. Era la prima volta che gli capitava di osservare una ragazza più
del dovuto, ammettendo che, sebbene non fosse una rara bellezza,
possedeva un certo fascino che lo aveva suo malgrado colpito.
Con una scrollata di spalle si girò e tornò al lavoro.
~
-Ce l’avete fatta, Cristo!- li accolse Alessandro all’entrata della discoteca.
Tiziano non si degnò di rispondere, come al solito contrario a quelle
riunioni e arrabbiato con se stesso per non essere in grado di dire di no.
Alice, al contrario, conciliante come sempre, gli rivolse un sorriso radioso
ed entrò nel locale, pronta a buttarsi in pista.
L’interno era affollato e pieno di fumo, con ragazzi che ballavano, altri
che bevevano, altri che cercavano di rimorchiare, altri ancora che si
eclissavano in bagno per bucare o sniffare. Le luci psichedeliche erano
un perenne fastidio per la retina, sebbene sotto l’effetto di stupefacenti
risultassero sublimi o mostruose, a seconda della reazione.
Tiziano raggiunse uno dei divani, già occupato da una coppia che si
scambiava effusioni, e si accomodò lasciando vagare lo sguardo per il
locale. Individuò subito i tossici che si mescolavano ai ragazzi normali,
alcuni che provavano a ballare, altri seduti su divanetti, fin quando
intravide Isa e Melissa in compagnia di Claudio, sedute a un tavolino
poco oltre. Osservò i loro volti distratti e insofferenti alla presenza del
ragazzo e sogghignò. Girò lo sguardo e vide Alice ballare circondata da
un gruppo di ragazzi che le stavano letteralmente sbavando dietro e non
li biasimò: quella sera aveva superato se stessa, apparendo in tutto il suo
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fulgore. Il suo innato fascino, accomunato alla sua bellezza, la rendeva
una ragazza invidiata dalle donne e ammirata dagli uomini. Come ci
riuscisse, per lui era e rimaneva un mistero.
Pigramente si alzò, lasciando la coppia in effusioni, portandosi dietro
la borsetta che Alice gli aveva lasciato in custodia e si avvicinò al tavolino,
salutando le due ragazze e Claudio. Melissa si illuminò come se avesse
appena visto il Redentore in persona, la qual cosa a lui non sfuggì,
mentre Isa gettava un’occhiata intorno, probabilmente alla ricerca di
qualcuno.
-Ciao, Morte.- salutò Claudio, la canna che gli pendeva dalle labbra.
Lui accennò un gesto con la testa e sedette su una sedia, mentre Isa
ammiccava alla borsetta, chiedendo caustica:
-È tua o di Alice?Tiziano inarcò un sopracciglio e con noncuranza posò la borsetta sul
tavolino, rispondendo mordace:
-Mi diletto ad andare in giro come una checca.Claudio scoppiò a ridere, infastidendo le due ragazze che non ci
trovarono nulla di spiritoso in quelle parole.
-Dov’è?- domandò Melissa.
-Dove vuoi che sia?- rimandò.
Si girarono tutti verso la pista e la videro ballare trascinata dalla
musica, indifferente a tutto quello che le accadeva intorno, totalmente
assorbita dal proprio benessere.
-È brava a ballare.- commentò Isa senza riuscire a staccarle gli occhi di
dosso.
-Sì, lo è sempre stata.- confermò Tiziano.
-Dio, che le farei se non sapessi…- mormorò Claudio con la bava alla
bocca.
Melissa recepì qualcosa di strano in quelle parole e distolse gli occhi
dalla ballerina per posarli sul pusher totalmente assorbito dalla visuale di
Alice che si dimenava sulla pista.
-Se non sapessi cosa?- domandò curiosa.
A quell’osservazione anche Isa si interessò, mentre Tiziano si
lasciava andare contro lo schienale della sedia, pregustando l’attimo che
sarebbe seguito.
-Allora?- insistette Melissa interessata.
-Allora che?- bofonchiò Claudio spegnendo lo spinello.
-Stavi parlando di Alice. Cosa le faresti?-Me la scoperei in tutti i modi possibili, Cristo! Guarda che sventola, che
gambe…-Già.- mormorò Tiziano con aria sorniona, mettendo termine agli
apprezzamenti.
L’altro si agitò sulla sedia e con una smorfia gli domandò:
-Cazzo, ma a te non viene mai la voglia…Lui sogghignò e si accorse che le due ragazze seguivano lo scambio
di battute con evidente coinvolgimento e, fissando volutamente Melissa,
rispose:
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-Non mi interessano gli uomini.Le vide rimanere un attimo immobili, la mente che faticava a registrare
quelle parole e subito dopo sussultare attonite, girandosi di scatto verso
Alice.
-E ci vivi pure insieme…- insistette Claudio scuotendo la testa.
-Lei… è un lui?- semplificò Melissa a bocca aperta per lo stupore.
Al cenno affermativo di Tiziano, Claudio borbottò:
-Ma non poteva nascere donna, Cristo?-In modo da diventare il suo pappa?- ribatté infastidito.
-Be’, almeno mi toglievo lo sfizio.- sibilò con sguardo vagheggiante.
Tiziano si allungò sul tavolino per avvicinarsi di più all’altro e ribatté:
-E invece lo sfizio non te lo togli.-E tu?- strillò alterato. -Te lo sei tolto lo sfizio?-Vaffanculo.- gli sibilò in faccia.
Irritato, Claudio si alzò e se ne andò, seguito dallo sguardo divertito
del ragazzo, il quale si riappoggiò contro lo schienale della sedia, prima
di rendersi conto di essere oggetto di estrema considerazione.
-Be’?- borbottò infastidito.
Melissa e Isa si scossero e per un lungo momento nessuno aprì
bocca, fin quando Isa domandò se gradissero qualcosa al bar e si eclissò
tra la folla. Rimasti soli, il ragazzo si concentrò sul volto dall’espressione
ancora confusa di Melissa e notò come le gote le si fossero arrossate,
rendendola più carina del solito.
-Scusa, devo ancora capacitarmi.- ammise.
-Non potevi sapere.-E neppure immaginare.- aggiunse amaramente. -È così bella che toglie
il respiro. Un insulto a noi donne.-È bellissima, concesso, ma non insulta nessuno.- la corresse.
Lei alzò le spalle e azzardò uno sguardo dubbioso verso Alice. Quindi,
rompendo gli indugi, domandò a bruciapelo:
-A carnevale ti sei mai mascherato da D’Artagnan?L’interpellato rimase un attimo in silenzio, memore di un giorno che
aveva cambiato il corso della sua vita in modo drastico e che avrebbe
voluto cancellare dai propri ricordi e inspirando a lungo rispose:
-Sì, perché?Melissa sorrise speranzosa e appoggiò le braccia sul tavolino,
avvicinandosi un po’ di più.
-Ricordi Piazza di Spagna, due ragazze mascherate da Minnie e da fata
turchina?Rifletté, tornando sgradevolmente indietro nel tempo, quindi scosse la
testa, rammentando solo la droga e la nottata trascorsa all’addiaccio con
Alice, rischiando il congelamento, e la sfuriata di suo padre al rientro a
casa e l’abbraccio confortevole di Silvia.
-Eravamo tutti seduti alla fontana, Alex mi ha investita pur di sedersi e tu
eri vestito da moschettiere, accompagnato da Alice nel Pa… Alice!esclamò, portando la mano alla fronte.
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Tiziano non riuscì a seguire il filo logico di quel discorso e scuotendo
la testa iniziò a grattarsi i polpacci, primo sintomo di astinenza.
Isa scelse quel momento per tornare, portando le birre che posò sul
tavolino e si accorse subito dell’espressione strana di Melissa. Questa la
mise al corrente delle ultime novità e lei sgranò gli occhi incredula.
-Era… lei? Lui?- balbettò confusa. -Insomma, era quell’Alice?-Sì, vero Morte?- domandò Melissa cercando conferma.
Tiziano annuì, ma per quanti sforzi facesse, non riusciva a
rammentare le due ragazze incontrate quel giorno. Quello che lo colpì, fu
che loro ricordassero benissimo quel fugace incontro, come se fosse
avvenuto solo il giorno prima.
-Per questo si chiama Alice?- domandò Isa.
-Sì.-E il suo vero nome?Tiziano grattò i polpacci, prese la birra e ne mandò giù un lungo sorso
per dissetarsi, storcendo la bocca al sapore dell’alcool, prima di
rispondere serafico:
-Me lo sono dimenticato.Isa capì e non insistette.
In quel momento Alessandro si avvicinò con un gruppetto di tossici,
tutti più o meno con un bel po’ di stupefacenti in corpo, tanto che
traballavano e si sostenevano a vicenda, e propose di andare tutti
insieme il giorno dopo alla pineta di Ostia, per un ulteriore raduno.
-Noi siamo già d’accordo: ci vediamo domani all’ora di pranzo e ce ne
andiamo a fare un bel picnic di spade.- spiegò.
-No.- rispose Tiziano categorico.
L’altro sorrise, essendosi aspettato una simile risposta e si girò verso
le due ragazze. Queste scossero la testa e a quel punto intervenne un
ragazzo con l’aria elettrizzata, evidentemente sotto effetto di cocaina, e
con gli occhi sbarrati profetizzò:
-Domani, alla pineta, faremo una grande festa, porteremo la birra e lo
stereo, così ascolteremo anche la musica e potremo ballare e lasciarci
andare, liberi, senza freni inibitori…-Sì, come baccanti.- borbottò Tiziano disgustato.
-Se non vuoi venire non ti costringeremo: stiamo facendo il giro per
vedere chi si aggrega.- riprese Alessandro con un sorriso sardonico.
-Si dà il caso che debba lavorare.-Ok. L’importante è che venga Alice.-Non verrà.-Sì.-No.-Ha già accettato.- gli spiattellò in faccia con goduria.
A quel punto Tiziano si irrigidì e si girò verso la pista, fissando l’amica
con astio e con un’imprecazione si alzò e la raggiunse a passo sostenuto.
Lei lo vide arrivare, stupita che avesse deciso di ballare, ma quando vide
la sua espressione uscì dalla pista e gli andò incontro, mettendoglisi
davanti.
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-È successo qualcosa?-Hai detto ad Alex che domani vai a Ostia?Lei esitò e lanciò una rapida occhiata al tavolino dove erano
concentrati il gruppetto di tossici e le due ragazze e lentamente annuì.
Tiziano imprecò di nuovo passando nervosamente una mano tra i capelli,
maledicendo l’astinenza che avanzava e che lo rendeva nervoso
oltremodo.
-Ci andrai da sola.- puntualizzò. -Io devo lavorare.-Lo so che devi lavorare, però avevo pensato che potevi prenderti un
giorno di ferie.-Un altro?- sbraitò. -Se continuo così mi licenziano e poi voglio vedere
come ci paghiamo le spade e l’appartamento!Alice lo prese per un braccio e lo portò in disparte, scansando i
giovani perbene che affollavano il locale e che erano lì solo per divertirsi.
-Stai a rota, vero?- domandò, ma era più un’affermazione.
-Questo non ha nulla a che vedere con domani.- asserì categorico.
-Va bene, andrò da sola. Ho bisogno di divagarmi un po’.Con un sorriso accattivante lo studiò piegando graziosamente la testa
di lato e subito dopo gli si avvicinò per posargli un bacio sulla guancia.
-Me la caverò.- promise e tornò in pista.
Tiziano serrò i pugni e con stizza tornò al tavolino, prese la borsetta di
Alice dove c’erano le siringhe e senza dire una sola parola si eclissò in
bagno.
~
Il Suzuki sfrecciava veloce lungo la Cristoforo Colombo, la capote
abbassata e l’aria che sferzava i volti e sbatteva i capelli, mentre le note
di Seek and Destroy si disperdevano portate dal vento.
Alice, con vezzo tipicamente femminile, cercava di sistemarsi i capelli
a ogni semaforo rosso, sotto lo sguardo divertito di Isa e Melissa che
sedevano sui sedili posteriori. Anche quel giorno avevano marinato la
scuola, al pari di Tiziano che aveva ceduto e si era dato malato pur di
non lasciare Alice da sola. Non si era mai più fidato di Alessandro dalla
sera di carnevale e non voleva che la sua amica si ritrovasse da sola ad
affrontarlo, a maggior ragione se era in compagnia di Claudio. Così, alla
fine, aveva capitolato e si erano ritrovati tutti al Palazzo e da lì, con tre
macchine, si stavano dirigendo alla pineta.
L’estate era ormai alle porte, le scuole avrebbero chiuso i battenti tra
non molto e la gente si riversava sulla Colombo pur di giungere al litorale
e godersi il primo sole. Sembrava che l’intera città si stesse trasferendo
al mare e un lungo serpentone di macchine, motorini e biciclette intasava
la grande arteria che giungeva fino alla spiaggia e che intersecava la
pineta. Ad ogni semaforo rosso i motori ruggivano in impaziente attesa e
quando scattava il verde balzavano in avanti come leoni per poi
incolonnarsi al semaforo successivo, logorando i nervi.
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Quando arrivarono a destinazione, irritati dal traffico e già prossimi
all’astinenza, cercarono un posto appartato, mentre uno del gruppo
posava lo stereo portatile sul terreno e lo accendeva, lasciando che la
musica li accompagnasse in quella che loro avevano ribattezzato festa.
Alice distese a terra una coperta, in modo da dare l’opportunità a tutti e
dodici di potersi sedere, mentre gli altri tiravano fuori le bottiglie di birra e
le distribuivano.
-Non ero mai stata qui. Questi alberi sono veramente alti.- notò una
ragazza con il naso per aria. -Che alberi sono?-Ma che ti frega? Se ci troviamo in una pineta, saranno pini.-Ma no, saranno… saranno abeti.- ribatté un altro con aria ispirata.
-Abeti?- ripeté la ragazza poco convinta.
-Ti va di cercare i pinoli?- invitò uno del gruppo.
Insieme si allontanarono guardando per terra alla ricerca di pigne
cadute, mentre Claudio si lasciava cadere sulla coperta e commentava:
-Altro che pinoli! Io mi farei subito una pera, una bella palla veloce.-Se ti fai già da adesso, dopo che farai?- lo rimproverò uno aprendosi
una birra.
L’altro arricciò il naso e si guardò intorno, posando lo sguardo lascivo
su Isa.
-Bene, allora proponiamo alternative.La ragazza si girò dall’altra parte e si avvicinò ad Alice, intenta a
ritoccarsi i capelli allo specchietto del Suzuki. Istintivamente si osservò e
si accorse che anche i propri erano un groviglio di nodi causati dal vento
e si accinse a dar loro un aspetto più presentabile.
-Continuo a ripetere che hai un bellissimo colore.- iniziò Alice spiandola.
-Anche i tuoi sono belli. Sembrano naturali, è così?-Sì, anche se alle volte avrei preferito averli neri come Morte.-In quel caso sarebbe stato più arduo passare per una donna.Alice non rispose; si limitò a guardarla con curiosità mentre con
noncuranza si sistemava l’ennesimo riccio ribelle.
-Scusami, non volevo essere offensiva, ma solo esternare un dato di
fatto.- mormorò.
-Non preoccuparti. Sopporto di peggio.Isa la studiò a lungo, dal profilo perfetto agli occhi grandi dello stesso
colore del cielo limpido, dall’incarnato eburneo alle movenze pacate e
naturali e disse:
-Sei… bellissima. Quasi non ci credevo quando ho saputo la verità.-Grazie.-Mi ricordo quando eri vestita da Alice nel Paese delle Meraviglie.Lei si girò per prestarle attenzione, con una muta domanda nello
sguardo e Isa si morse le labbra prima di spiegare:
-A carnevale, mille anni fa, ci siamo incontrati. Tu stavi con Morte che era
mascherato da moschettiere ed io ero in compagnia di Melissa, vestita da
Minnie.-
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Alice rimase in silenzio, ricordando solo che quel giorno per lei era
iniziato il tracollo della sua vita, dallo spinello iniziale all’LSD, tutto in una
serata e che da allora non aveva più avuto pace.
-Ok, non ricordi.- sospirò Isa vagamente delusa.
-E tu come fai a rammentare?Lei scrollò le spalle e mise le mani sui fianchi, meditabonda. Alle sue
spalle giungevano i battibecchi dei tossici che non riuscivano a mettersi
d’accordo sul da farsi e che si litigavano un lembo di coperta e alla fine
rispose:
-Non lo so. Mi ricordo e basta.Alice sorrise e allungò la mano per toccarle i capelli, sentendoli
morbidi e sottili.
-Dovevi portare una parrucca, altrimenti non avrei dimenticato questo
rosso tiziano in contrasto con un verde smeraldo di occhi da cerbiatta.-Io… avevo la parrucca.- confessò con un tremito nella voce, impreparata
al complimento.
Alice annuì e le fece cenno di unirsi agli altri, ignara di avere, con quel
semplice tocco, turbato la ragazza più del dovuto.
-A quanto pare hanno fatto amicizia.- notò Tiziano ammiccando a Isa e
Alice vicino al Suzuki.
Melissa si girò e le vide parlottare mentre si ritoccavano i capelli, in
una silente sfida tra donne che sanno di essere belle e fanno di tutto per
mostrarlo.
-Isa non ha un carattere facile.- disse.
-Me ne sono accorto. Ma non ti credere: sotto quell’espressione gentile e
dolce, Alice è un osso duro e quando si mette in testa una cosa va avanti
come un treno.Melissa sogghignò, ripensando alla sera prima e gli fece eco:
-Me ne sono accorta.Tiziano sorrise annuendo e lei lo guardò a lungo, perdendosi nel suo
volto così maledettamente bruttino eppure dannatamente affascinante.
-Le vuoi molto bene, vero?-Certo.-Sei molto protettivo nei suoi confronti, un po’ come Isa lo è nei miei.Lui si agitò appena, infastidito quando si toccava la sfera personale,
eppure impossibilitato a rimanere in silenzio con lei.
-Io… Non voglio che soffra ancora.- raccontò mestamente. -Ricordo
come veniva maltrattata, picchiata e insultata quando ha cambiato vita.
Gli uomini sanno essere estremamente crudeli con chi è diverso.-Perché temono la diversità.A quel commento, buttato lì con noncuranza, Tiziano le prestò più
attenzione del solito e dopo un po’ le domandò:
-Tu non hai paura?-Perché dovrei?Il ragazzo rimase a studiarla a lungo, per rendersi conto se mentisse
oppure no, soffermandosi sui suoi occhi così scuri da sembrare una
pupilla abnorme e alla fine disse:
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-Quello stronzo dell’Indiano la trattò malissimo all’inizio e spesso l’ha fatta
piangere; però so che lo ha fatto solo per autodifesa, È invaghito di lei,
ma la sua coscienza gli impedisce di accettare l’idea.-È un omosessuale latente, lo si capisce da come si ostina a voler
attrarre l’attenzione femminile a ogni costo.Lui continuò a studiarla come se all’improvviso si fosse trovato davanti
una donna diversa e non la solita tossica in cerca solo del buco e quella
scoperta lo sorprese non poco.
-Tu… stai dando voce a dei pensieri che ho sempre avuto e che non
sono mai riuscito a concretizzare.- le disse.
Melissa sorrise e con il dito tracciò un segno invisibile sulla coperta,
nel tentativo di nascondere l’emozione.
-È un complimento o cosa?-Un complimento. Sicuro, è un complimento.- si affrettò a rispondere.
Allora lei lo guardò, le gote rosse per l’improvviso imbarazzo e subito
dopo chiese:
-Perché hai iniziato a bucare?Lui rimase un secondo in silenzio, ripensando alla propria scelta in
concomitanza con la morte di Silvia, lo sguardo rivolto alla coperta sopra
la quale era seduto, dove il tessuto ricamato formava un disegno regolare
e alla fine raccontò succintamente:
-Curiosità. Alex era quello che ci spronava perché era più grande. Sono
stronzate quelle che si dicono sui tossici: è stato spinto dalla situazione
familiare, è stato costretto dagli amici... Cazzate. Uno lo fa per provare e
ci rimane fregato. Siamo deboli rispetto agli altri, per questo siamo caduti
nella rete.La sbirciò di sottecchi, pensando di aver parlato anche troppo e
domandò:
-E tu?Melissa alzò le spalle, raccolse le ginocchia fin sotto il mento e
abbracciò le gambe prima di raccontare:
-Così, quando sono arrivata alle superiori. Prima il fumo, poi la sniffata e
infine il buco. Una discesa rapida verso la merda totale. E Isa dietro di
me. Volevamo provare, dimostrarci più grandi e mature rispetto ai nostri
coetanei e all'inizio tutti ci guardavano con un certo rispetto: avevamo
avvicinato la droga senza per questo morire, come ci raccontano i
genitori. Ci sentivamo importanti e trattavamo tutti con disprezzo perché
non avevano il coraggio di sfidare l'ero. Poi… Poi eccoci qui.Rimasero per un po’ in silenzio, imbarazzati per l’ammissione di
essere una nullità, nelle orecchie il tossire dei tossici accanto a loro, e
alla fine Melissa domandò:
-Posso guardare i tuoi occhi?Tiziano si sorprese a quella richiesta insolita e con un solo gesto tolse
gli occhiali scuri, osservandola a sua volta. Melissa poté così rivedere
quel color ametista alla luce del sole dopo cinque anni, accertandosi che
il ricordo non era una fantasia e sorrise scuotendo la testa.
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-Che stranezza…- commentò. -Però sono così belli e particolari che non
puoi passare inosservato.-In effetti sono la mia rovina.- ammise con una smorfia.
-È per questo che li nascondi dietro gli occhiali da sole?-Già. Fintanto che splende il sole è normale, ma prova a portarli quando il
cielo è plumbeo o piove a dirotto…Lei rise e si ritrovò d’accordo con lui, nello stesso istante in cui Isa e
Alice li raggiungevano sulla coperta. Tiziano offrì loro le birre e nel
frattempo tirava fuori dalla tasca dei jeans l’occorrente per preparare uno
spinello.
Poco più in là un paio di ragazzi si stava divertendo a dare due calci a
un pallone e Isa e Melissa ripensarono ai loro compagni di classe che da
un po’ non andavano più a trovare alla villa.
-Allora, belle bambine?- s’intromise Claudio girandosi su un fianco e
prestando loro attenzione.
-Ti sei già sparato una pera?- ribatté Alice senza riuscire a celare l’ironia.
-No, mia cara. Abbiamo deciso che tra un po’ ci mettiamo tutti insieme
sulla coperta e ci spariamo una spada in contemporanea, così il flash ci
avvolge tutti nello stesso istante. Una bella orgia di roba.-Avete deciso?- ripeté Tiziano inarcando un sopracciglio.
-Certo: io, Alex e gli altri.- rispose facendo gli occhi dolci a Melissa.
-Siamo sempre stati qui, perché non ci avete interpellati?- rispose acido.
Claudio fece un gesto vago con la mano, quasi esasperato e ribatté
con stizza:
-Perché sei sempre contrario a tutto, ecco perché! Sei l’unico cacacazzi
più cacacazzi che abbia incontrato!-Cos’è questa stronzata di bucare tutti insieme?- intervenne Isa a brutto
muso. -Decido io quando ho voglia di sballarmi, non lo decide nessun
altro, soprattutto uno come te.Tiziano sogghignò, contento di aver trovato un’alleata contro Claudio
e fissò il volto incredulo del ragazzo, steso e stravaccato come se si
fosse trovato su un triclinio e non su una coperta lacera e lercia.
-Non vuoi farlo?- domandò con voce stridula.
-Te lo ripeto, qualora fossi duro di comprendonio: decido io, non di certo
tu o quelli là.A quel punto Claudio si indispettì, bofonchiò qualcosa di molto poco
cortese e si rigirò verso gli altri, dando le spalle al quartetto coalizzato
contro di lui.
Alice mise una mano sulla spalla di Isa e questa la guardò, rimanendo
incantata dalla dolcezza che emanava il suo volto.
-Non avrei saputo far di meglio.-Non si merita altro.Alice annuì, ignorando volutamente lo sguardo della ragazza e
allungò la mano per prendere la canna che Tiziano stava fumando.
Questi la fissò in tralice e con stizza bofonchiò:
-Potevi fartene una, anziché fregarti la mia.-Cosa cambia?65
©MGL VALENTINI
Lui non rispose, ma scosse la testa; e tuttavia, quel semplice gesto
lasciò il segno nel cuore di Melissa che si rese conto della bontà d’animo
celata dietro gli abiti neri e gli occhiali scuri e con sgomento si rese conto
che non riusciva a distogliere l’attenzione da lui. Alice se ne accorse e
abbozzò un sorriso compiaciuta, chiudendo gli occhi e inspirando a fondo
l’odore della pineta. Lo stereo acceso impediva di ascoltarne i rumori,
soprattutto il melodioso cinguettio degli uccelli e questo la disturbò. Con
un sospiro spense lo spinello e rovistò nella borsetta per tirare fuori la
siringa.
-Prendi anche la mia.- esortò Tiziano.
Melissa e Isa li guardarono stupefatte e la prima domandò:
-Le preparate prima?-Sì, è più comodo.- rispose Alice porgendo la siringa all’amico. -Non devi
perdere tempo quando stai a rota e non rischi di rovinare tutto quanto per
colpa del tremito.-Cazzo…- sussurrò Isa sgranando gli occhi. -Allora vuol dire che avete
sempre a disposizione più di una dose…-Già. Mi è stato sufficiente una sola volta prendere la scimmia per far sì
che non ci ricada più.- spiegò Tiziano rabbrividendo al ricordo.
Le due ragazze annuirono vagamente, affascinate da quella semplice
intuizione e si scambiarono un’occhiata, ripensando a quando erano
state in astinenza coatta per mancanza di eroina su Roma. Se avessero
adottato un sistema simile, non sarebbero mai più rimaste senza e non
avrebbero mai più sofferto i dolori.
-Questa è una cosa intelligente.- commentò Melissa.
-Sì, ma pericolosa: rischi di cadere in tentazione.-E come gestite la cosa?Tiziano si picchiò l’indice sulla testa e rispose:
-Usando il cervello.Alice convenne e, dopo aver rovistato ancora nella borsetta, mostrò
una siringa dal contenuto diverso dalle altre e spiegò:
-Narcan.-Cosa?- mormorò Isa non capendo.
-È naloxone, l’unico che ti salva se vai in overdose.- rispose Tiziano con
tono piatto. -Da quando ne ho visto l’efficacia, ne porto sempre una dietro,
non si sa mai.Le due ragazze rimasero sempre più attonite e non trovarono parole
per eccepire al loro modo di gestire la dipendenza. In silenzio li
osservarono mentre bucavano e ripulivano le siringhe per riporle nella
borsetta. A quel punto Isa iniziò ad armeggiare con la propria, imitata
dall’amica che già avvertiva i primi dolori dell’astinenza, e dovettero
prendere coscienza entrambe che in effetti era più complicato prepararsi
seduta stante il tutto. Quando riuscirono a iniettarsi il loro quartino
iniziarono a stare meglio e, anziché buttare le siringhe, le tapparono e le
conservarono per poterle riusare dopo. Dopo un po’, quando il flash
iniziale diradò e furono tornati tutti piuttosto lucidi, videro che anche gli
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altri stavano mettendosi in cerchio per portare a termine quell’assurda
idea di bucare tutti insieme.
-Ma che cazzo stiamo a fare ancora qui?- borbottò Tiziano.
-Hai ragione.- l’appoggiò Isa.
Si guardarono tutti e quattro e senza aggiungere una sola parola si
alzarono, raccolsero la coperta e salutarono con un cenno gli altri,
rimontando sul Suzuki. Tiziano mise in modo e senza rimpianti si diresse
al Palazzo, dove Melissa aveva lasciato parcheggiato il motorino.
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Tiziano sospirò e sbirciò di sottecchi Loredana che cincischiava sul
compito. La scuola era ormai agli sgoccioli e lei doveva prepararsi per gli
esami, e tuttavia il solo pensiero non la sfiorava nemmeno lontanamente.
Se continuava così l’avrebbero respinta e lui si sentiva stupidamente in
colpa per quello che riteneva un personale fallimento.
Gettò un’occhiata all’orologio e si accorse che tra non molto sarebbe
tornata Alice. Era stato costretto a posticipare la lezione perché lei era
giunta con notevole ritardo ed ora era certo che, al rientro, Alice non
avrebbe avuto piacere nel non poter girare tranquillamente per casa.
Inoltre, aveva da un po’ iniziato a grattarsi i polpacci e a massaggiarsi le
reni, mentre la bocca gli si era seccata e doveva in continuazione
deglutire, e se non bucava avrebbe iniziato a tremare e ad avere dolorosi
crampi muscolari. Loredana posò la penna e si girò a guardarlo, notando
il pallore e l’agitazione che cercava di tenere sotto controllo.
-Ho finito.- annunciò con tono insofferente.
Tiziano prese il quaderno e sbattendo le palpebre più volte si apprestò
a correggere. Trovò molti errori grammaticali e di sintassi e stava per
redarguirla, quando giunse a leggere l’ultima riga che eludeva la traccia
del tema e si rivolgeva direttamente a lui. Alzò lo sguardo e fissò la
ragazzina stringendo gli occhi.
-Che cosa significa?- iniziò sulle sue, porgendo il quaderno.
Lei alzò le spalle con aria serafica e rispose:
-Quello che vedi scritto.-Fai la spiritosa?-No, la realista.- ribatté. -Lo vedo che hai bisogno di una pera, ho
un’amica che sta nelle tue stesse condizioni.-Ti sbagli e mi dispiace per la tua amica.- tagliò corto.
Lei sorrise e si avvicinò per osservarlo meglio in volto e scosse la
testa.
-No, non sbaglio.- fu la sentenza. -Anzi, se non ti è di disturbo, mentre ti
spari la spada mi daresti del fumo?A quel punto Tiziano si alzò dal tavolo, raccolse i quaderni e i libri di
Loredana e le disse:
-Puoi andare. Per oggi abbiamo finito.-Ho ancora dieci minuti.- ribatté lei sbirciando l’orologio.
-Recupereremo la prossima volta.- rispose categorico.
Lei mise tutto nello zainetto ma, anziché andarsene, fece un passo
verso il ragazzo e gli posò sfacciatamente una mano sul torace,
guardandolo senza più nascondere l’apprezzamento.
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-Perché continui a rimanere sulla difensiva?- sussurrò insinuando una
mano sotto la maglietta, dimostrando un’audacia prematura.
Lui le prese il polso e l’allontanò, sbirciando il cassetto del tavolo e
sperando che un fulmine incenerisse all’istante la sua allieva. Aveva
bisogno di farsi, ma fintanto che Loredana si ostinava a rimanere lì non
avrebbe potuto farlo. Fu in quell’attimo che sentì le chiavi nella toppa e
subito dopo Alice che entrava in casa. Questa si bloccò sulla soglia, non
capendo per quale oscuro motivo Tiziano tenesse quella ragazzina per
un polso e per quale motivo lei si trovasse ancora lì e con gesti misurati
richiuse la porta alle proprie spalle.
Per un lungo istante nessuno si mosse, saturando l’aria di una
tensione tangibile, Loredana che si irrigidiva alla vista della nuova
arrivata e Alice che valutava il da farsi.
-Ciao, cara.- salutò Tiziano, sollevato nel vederla.
Loredana si sciolse dalla presa e rimase a fissare la bellezza bionda
che entrava in casa, che si avvicinava con andatura felina, che posava la
borsetta sul tavolo e deglutì quando, con un mezzo sorriso sornione sulle
labbra, la vide passare un braccio intorno alla vita dell’amico, segno di
evidente possessività. Quindi la vide rivolgere gli occhi grandi verso di lei
in palese sfida e subito dopo lasciarsi andare contro il torace di Tiziano e
mettersi sulle punte dei piedi per posare le labbra su quelle del ragazzo.
Questi esitò prima di baciarla, comprendendo benissimo il gioco di Alice
e rendendosi conto che, dall’espressione di Loredana, stava anche
funzionando.
-Ciao, io sono Alice.- si presentò poi con tono stucchevole, sbattendo gli
occhioni truccati. -La fidanzata di Tiziano.Loredana strinse i denti, consapevole di non poter competere con una
donna simile e in un sussurro si presentò a sua volta prima di lasciare i
soldi sul tavolo e andarsene, evidentemente scornata. A quel punto
Tiziano tirò un sospiro di sollievo e si sciolse dall’abbraccio di Alice per
andare a prendere una siringa.
-Perché era ancora qui?- domandò lei togliendosi le scarpe e lasciandole
con incuria in mezzo alla stanza.
-È arrivata tardi. Grazie per quello che hai fatto.-Non ho fatto granché, però ora non ti ronzerà più intorno.- rispose
legandosi i capelli a coda di cavallo. -La prossima volta scegline una
maggiorenne, non ci sarò sempre io a tirarti fuori dai guai.Lui non l’ascoltò neppure, intento a iniettarsi il quartino per placare la
crisi che da troppo sopportava. Alice sorrise, bevve un sorso di latte e
iniziò a spogliarsi, lasciando tutto per terra. Infine, quando rimase con
mutandine e reggiseno imbottito, si chiuse in bagno per farsi la doccia,
mentre Tiziano riemergeva dal flash, toglieva la siringa dalla vena e
fissava gli indumenti sparsi a terra.
-E poi dici a me!- bofonchiò alzandosi dalla sedia. -Tutte le volte è la
stessa storia.-Pensaci tu, grazie.- si udì in risposta, prima di sentire lo scroscio
dell’acqua.
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Con un singulto il ragazzo pulì la siringa al lavandino e la ripose nel
cassetto e solo allora si rese conto di quante dosi fossero rimaste.
-Cazzo.- mormorò.
Rovistò meglio, ma non trovò che due siringhe piene e bestemmiando
si accostò alla porta del bagno.
-Ehi, Alice.- chiamò.
-Sì?-Devo uscire a rimediare la roba.- annunciò.
Seguì un attimo di silenzio, quindi la ragazza chiese:
-Che vuol dire?-Che stiamo a secco.L’acqua della doccia si chiuse e Alice gli ordinò di entrare. Tiziano
ubbidì e dopo averle dato un’occhiata di sfuggita mostrò le due siringhe.
-Merda…- sussurrò lei piena di schiuma, le mani sui fianchi. -Ok, ho un
po’ di soldi nella borsetta.Tiziano tornò in cucina dove Alice aveva lasciato tutto, trovò la
borsetta gettata alla rinfusa insieme ai vestiti e contò i soldi nel
portafoglio. Non erano tanti, ma sommati ai suoi poteva rimediare quattro
dosi.
-Prendo tutto quello che abbiamo.- avvisò.
-Ok, non tardare.- rispose lei riprendendo a lavarsi.
Tiziano sospirò e uscì in cerca di uno spacciatore qualsiasi. Sapeva
che il suo abituale a quell’ora non l’avrebbe trovato e con le mani nelle
tasche dei jeans si mise in cerca.
Il sole era tramontano da poco, tuttavia c’era ancora luce e tanta
gente che affollava i marciapiedi, chi per tornare a casa, chi per
incontrarsi con gli amici e con nostalgia ripensò a quando, ragazzino, con
Alice usciva per andare a fare una passeggiata e comprare un gelato o
un pezzo di pizza e trascorrere il pomeriggio a parlare di calciatori, di
motorini e di film. Qualche volta Alice commentava il passaggio di un bel
ragazzo e lui la prendeva in giro, facendole notare di rimando una bella
donna, cercando di farle capire che alcuni attributi femminili non li
avrebbe mai trovati in un uomo. Vanamente.
Appoggiato al muro di un edificio, in compagnia di alcune ragazze,
uno dei pusher cercava di sbarcare il lunario vendendo marijuana e
hashish a chi glielo chiedeva. Tiziano lo conosceva di vista e sapeva che
smerciava ben altro oltre il semplice fumo, ma fu una delle ragazze ad
attrarre la sua attenzione. Riconobbe prima lo zainetto, poi la fisionomia e
rimase incerto se fermarsi o andare avanti. Presentarsi allo spacciatore
significava ammettere dinanzi a Loredana di essere un tossico, tuttavia
rinunciare avrebbe significato lo spettro di rimanere senza dosi. E le
aveva appena detto che non si faceva…
Lo spacciatore lo vide e gli fece un cenno con la testa, facendo girare
incuriosite le ragazze che lo circondavano. Loredana lo riconobbe e
subito portò alle labbra lo spinello che stava fumando, sogghignando
divertita. Tiziano non proferì parola: si avvicinò al ragazzo, gli mise in
mano i soldi, prese la roba che lui gli porgeva e se ne andò, ritornando
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sui propri passi. Alle sue spalle udì la risatina sarcastica di Loredana che
si mise a scimmiottarlo con le sue amiche, spiegando loro chi fosse, ma
lui l’ignorò, contento solo di essere riuscito a trovare le dosi necessarie
fino all’indomani.
~
Melissa mostrò il tesserino alla signora un po’ scettica e confermò con
tono innocente:
-La nostra associazione è rinomata e cammina di pari passo con l’AIRC,
vede il logo?- insistette evidenziandolo con l’indice. -Se contribuisce con
una libera offerta la ricerca le sarà riconoscente in eterno.-Significa che questa ricerca aiuta i malati di cancro?- s’informò meglio la
donna.
-Sì, in un certo senso. Non l’aiuta nel vero senso della parola, tuttavia
può far sì che altri non si ammalino.- spiegò con pazienza. -La
prevenzione è alla base di tutto, come ben sa.La signora continuava a osservare il tesserino con occhio critico,
cercando la truffa, ma Melissa era tranquilla perché sapeva che il
tesserino era valido, avendolo sottratto a sua madre. L’unica truffa, era
che i soldi finivano nelle sue tasche, più precisamente nelle sue vene, e
non in quelle della ricerca. Alla fine la donna capitolò e lasciò una piccola
donazione, sentendo l’anima in pace con se stessa per aver contribuito a
un’opera pia.
Anche Isa, pochi metri più in là, mostrava lo stesso tesserino,
invitando i passanti ad aiutare i malati di cancro, il suo cancro che erano
l’eroina e la cocaina.
D’estate, essendo semivestite, era impossibile rubare nei grandi
magazzini e da un paio d’anni avevano sperimentato quanto i romani
fossero sensibili riguardo la solidarietà verso coloro che reputavano
meno fortunati. Che poi, le meno fortunate fossero loro, era un mero
cavillo. L’unico inconveniente era che dovevano stare sempre all’erta se
vedevano sbucare un vigile o la polizia e, nel caso, far finta di nulla e
allontanarsi celermente.
Melissa contò i soldi, sommò quelli dell’amica e disse:
-Tre spade.-Bene. Allora andiamo.Presero il motorino e sotto il sole cocente di Roma si avviarono verso
il Palazzo, sperando di trovarci Alessandro e di non dover attendere
troppo. Con sorpresa videro l’amico in compagnia di Tiziano e Alice, che
discuteva con loro piuttosto vivacemente.
-Non posso farci nulla.- stava dicendo in tono sostenuto. -Non è colpa
mia.Le due ragazze si avvicinarono in silenzio, non volendo disturbare e
senza averne l'intenzione ascoltarono un pezzo di conversazione.
-Non posso farlo.- ribatté Tiziano categorico.
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-E allora fottiti.- tagliò corto Alessandro con un gesto secco della mano. Niente soldi, niente ero.-Sai benissimo che appena li avrò ti pagherò.L’altro scosse la testa, mentre dall’interno del Palazzo si udivano i
tossici che parlavano e litigavano tra loro, facendo scappare persino un
gatto, mentre frotte di mosche giravano indisturbate, producendo un
ronzio in sordina, costante e snervante.
-Te lo ripeto, cazzone: niente soldi niente roba.- ripeté Alessandro
spietato.
-Che maledetto bastardo…- sibilò Tiziano passando una mano tra i
capelli.
-Ciao.- salutò Isa palesando il loro arrivo.
Il ragazzo e Alice si girarono e risposero impercettibilmente al saluto,
tornando poi a concentrarsi sul pusher.
-Dammi tempo fino a stasera.- insistette Tiziano.
Ma l’altro scosse di nuovo la testa ed entrò nel Palazzo, crudele e
inflessibile come un qualsiasi spacciatore.
Isa si avvicinò ad Alice e la trovò stranamente seria e taciturna e con
un cenno della mano la invitò a sedersi sulla panchina, mentre Melissa e
Tiziano si allontanavano di qualche passo.
-Cosa succede?- domandò con le sopracciglia aggrottate.
Alice sospirò, sbatté le palpebre debitamente truccate e rispose:
-Morte è stato licenziato.Isa guardò verso il ragazzo, rendendosi conto dell’aria distrutta e
disperata dipinta sul suo volto e domandò:
-Ha perso il lavoro al distributore?-Già.-E perché? Cos’è successo?Alice accese una canna, fece qualche tiro, quindi la passò alla
ragazza.
-Sembra che il proprietario si sia accorto che si buchi. Non chiedermi
come ma è così. Licenziamento in tronco, con il ricatto di non farsi più
vedere o avrebbe sporto denuncia di furto.-Che stronzo rotto in culo!- ringhiò con stizza. -Ma lui ha rubato?-Scherzi? Magari lo avesse fatto… È un tossico anomalo.-Allora è doppiamente bastardo!-Puoi dirlo forte.- rispose lei riprendendo la canna che le passava la
ragazza. -Purtroppo il problema ora è un altro.L’altra la guardò negli occhi, improvvisamente malinconici e per un
attimo transitò nella sua mente l’immagine di un ragazzino mascherato
da Alice nel Paese delle Meraviglie e il cuore le perse un battito.
-Morte non sa come rimediare i soldi e nessun pusher ti fa credito.
L’unica nostra speranza è lo stronzo di Alex che si dice nostro amico.spiegò. -Eppure, il solo consiglio che ha saputo dargli per rimediare
denaro, è stato quello di spacciare.Gettò via lo spinello e si girò a guardare Isa, pallida e tremante.
-Stai male.- notò. -Ti conviene bucare prima che ti prendi la scimmia.72
©MGL VALENTINI
-Sì… Mi accompagni dentro?- chiese ammiccando al Palazzo.
Alice sbirciò Tiziano e Melissa che parlavano poco più in là e
annuendo si alzò dalla panchina. Insieme a Isa salì al primo piano,
ignorando volutamente i tossici che bivaccavano all’entrata e attese che
l’altra si preparasse la siringa e si iniettasse il quartino, guardandosi
intorno. Era da tanto che non metteva piede lì dentro, da quando Claudio
l’aveva schernita dinanzi a tutti, trattandola a male parole e prendendola
a schiaffi, giungendo a strapparle la maglietta per costringerla a mostrare
un seno che non aveva.
Chiuse gli occhi al ricordo, pensando che da allora in tanti avevano
provato a farle del male e qualcuno ci era anche riuscito, però alla fine
aveva imparato a difendersi, soprattutto con i clienti. Sentì la mano di Isa
sulla spalla e riaprì gli occhi, tornando al presente.
-Meglio, eh?- mormorò critica, osservandola.
Lei annuì e insieme uscirono dal Palazzo, tornando da Tiziano e
Melissa. Il ragazzo stava spiegando che mai si sarebbe abbassato a
spacciare morte per i bambini, ma non sapeva trovare alternative.
Melissa lo guardava quasi con adorazione, come se stesse ascoltando
un eroe e Alice sorrise a quella visione.
-Qualcosa troverò, in un modo o nell’altro rimedierò i soldi.-Potresti rubare nei grandi magazzini.- suggerì Melissa. -Io e Isa lo
facciamo e ce la siamo sempre cavata.-Sì, potrei. Nel frattempo… Sì, nel frattempo potrei vendere tutto il
superfluo.-C’è ben poco di superfluo da noi.- commentò Alice amaramente.
-Qualcosa troverò. Intanto ci sarebbe il Suzuki…-No, quello no!La veemenza di Alice lo lasciò di stucco e subito dopo replicò acido:
-E perché no?-È l’unica cosa che ci rimane.-Sì, ed è anche una cosa dannatamente costosa da mantenere!-Vendi lo stereo con tutte le cassette.- suggerì.
Tiziano inarcò le sopracciglia, quindi annuì.
-Lo farò.- assicurò. -Anzi, se proprio mi ci vedo costretto, una volta
venduto tutto mi metterò a fare marchette.Le ragazze sgranarono gli occhi a quell’affermazione e Alice
istintivamente lo schiaffeggiò, lasciando tutti esterrefatti.
-Stronzo!- urlò. -Non ripeterlo mai più!-Cosa?- sbraitò di rimando, toccandosi la guancia colpita. -Fare
marchette? E perché non dovrei? Hai paura che ti possa fregare i
clienti?Melissa a quel punto intervenne e si mise in mezzo, fissando il volto
tirato di Tiziano, le labbra serrate dall’ira, comprendendo la sua
impotenza dinanzi alla svolta subita dalla sua già difficile vita.
-Vedrai che ci sarà un altro modo.- gli disse conciliante.
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Ma il ragazzo ormai era talmente sconvolto e in preda all’ansia che
diede una spinta a Melissa e se ne andò a passo sostenuto, mandando
tutti al diavolo. Alice inspirò a fondo e portò una mano alla fronte.
-Ok, mi spiace per la scenata, voi non c’entrate nulla.- si scusò mesta.
Isa e Melissa annuirono, mentre seguivano con lo sguardo la figura in
nero che si allontanava lungo il prato e in silenzio entrarono nel Palazzo
per comprare le dosi e quando uscirono Alice non c’era più.
~
Entrò in casa un attimo prima che iniziasse a piovere, uno di quei
violenti eppur brevi temporali estivi che hanno come unico scopo di fare
alzare l’umidità e la prima cosa che fece fu di togliersi i sandali dal tacco
alto. Si era aspettata di trovare Tiziano in cucina, ad ascoltare lo stereo,
invece si udivano solo i tuoni fuori della finestra aperta e i soliti strepiti dei
vicini. Anche la porta del bagno era aperta, quindi l’amico non era
neppure lì. Probabilmente non era ancora rientrato a casa e stava
smaltendo la rabbia altrove.
Prese un po’ di latte per dissetarsi e controllò negli scaffali se ci fosse
rimasta un po’ di pastina per preparare la minestra: sicuramente il
deserto era più affollato di quanto non lo fossero i loro pensili. Trovò un
pacco di pasta che rigirò tra le mani, meditabonda, quindi con un sorriso
lo aprì e lo rovesciò sul tavolo. Con un cucchiaio iniziò a spezzettarla, in
modo tale da renderla simile alla pastina e quando terminò la raccolse e
la rimise nella busta, pronta per essere usata. E anche per quella sera la
cena era assicurata.
Si avvicinò alla finestra, annusò l’aria che sapeva di pioggia e subito
dopo si diresse in camera per togliersi i vestiti sudati. Lì, steso sul letto
posto dietro la porta, trovò Tiziano.
-Ti è passata l’arrabbiatura?- domandò sfilandosi la minigonna.
Non ottenne risposta e si girò per osservarlo.
-Dormi?Gli si avvicinò e impallidì visibilmente: Tiziano aveva ancora l’ago in
vena, la siringa che si era riempita di sangue e il suo volto era cinereo. Lo
scosse e lo sentì freddo come il marmo.
-Oh, Cristo!- urlò sgranando gli occhi e raddrizzando di scatto la schiena,
portando una mano sulla bocca. -Che cazzo hai fatto? Che cazzo hai
fatto?Corse in cucina, rovistò spasmodicamente nel cassetto, le dita che
tremavano, fin quando trovò la siringa di narcan, l’unica diversa dalle
altre, sperando di essere ancora in tempo. Si precipitò in camera, tolse la
siringa dal braccio dell’amico, cercò una vena tastando e picchiettando,
ignorando il tremito convulso che la scuoteva da capo a piedi, mentre il
cuore le andava a tremila e sobbalzava ad ogni tuono. Alla fine, dopo
ripetute bestemmie, riuscì a centrare una venuzza, gli iniettò il medicinale,
poi, disperata, iniziò a colpirgli il petto con i pugni, chiamandolo a gran
voce per riportarlo nel mondo dei vivi.
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-Svegliati, cazzo! Svegliati!- urlava con le lacrime agli occhi.
Continuò a tempestargli il petto di pugni, determinata anche a
rompergli qualche costola, fin quando, con un singulto, Tiziano tossì e lei
si fermò un secondo, per accertarsi che stesse bene, prima di assestargli
due ceffoni in volto, scoppiando a piangere.
-Stronzo! Stronzo! Mi hai fatto morire di paura!- urlò coprendosi il viso
con le mani.
Tiziano tossì più volte, si chinò in avanti per vomitare fuori del letto e a
rilento ricominciò a vivere, portandosi faticosamente seduto, tenendosi la
testa tra le mani e pulendosi la bocca.
-Cazzo…- sussurrò flebile.
-Stronzo!- urlò ancora Alice, dandogli una spinta, facendolo ricadere a
peso morto sul letto. -Che motivo c’era? Eh? Che cazzo di motivo c’era?-Ehi… calma… Non posso neppure decidere di farla finita?-No, perdio! Tu non la fai finita!- e gli assestò l’ennesimo cazzotto sul
torace.
A quel punto Tiziano si rialzò, l’afferrò per le braccia per impedirle di
riempirlo di botte e l’abbracciò, cercando di confortarla. Lei resistette un
po’, giusto per accontentare il proprio orgoglio, quindi si lasciò andare
contro di lui e pianse come una bambina. Tiziano le accarezzò i capelli, le
mormorò parole rassicuranti, mentre riacquistava forza e vitalità e dopo
un po’ le chiese:
-Va meglio?Lei annui tirando su con il naso, il volto una maschera per colpa delle
lacrime che avevano sciolto il trucco e Tiziano le mormorò dolcemente:
-Grazie.-Non… rifarlo… mai più!- intimò singhiozzando, mentre ascoltava il suo
cuore battere regolare.
-Non lo rifarò.-Per i soldi… non devi preoccuparti: lavorerò anche per te, raddoppierò i
clienti e… e tu nel frattempo cercherai un altro lavoro.-Bene, noto con piacere che hai pianificato tutto.Lei alzò la testa dal suo torace e lo fissò in volto, ancora pallido per la
morte appena sfiorata, mentre la pioggia picchiettava contro le serrande,
segnando il ritmo del tempo con un intercalare sempre uguale.
-Io sono nulla senza di te.- confessò in un sussurro. -Tu sei il mio unico
fratello e se ti perdessi perderei tutto.Tiziano rimase immobile, il pensiero improvvisamente rivolto a Silvia,
e annuendo provò a sorridere, mentre ammetteva a sua volta:
-Hai ragione. Anche io ho solo te e non vorrei mai che ti accadesse
qualcosa. Ho avuto un attimo di sconforto e… mi spiace, ho pensato solo
a me stesso. Non accadrà più, te lo prometto, a costo di andare a
mendicare fuori delle chiese.Alice chiuse gli occhi e riappoggiò la testa sul suo torace, rimanendo
in ascolto del suo cuore che batteva regolare, rannicchiata sul letto,
stretta a lui come un naufrago alla zattera e Tiziano le accarezzò i capelli,
poggiando la testa contro la parete e chiudendo la mente a tutto,
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consapevole solo di essere ancora vivo e di udire il dolce suono della
pioggia.
~
L’estate romana era al culmine e l’Urbe si era letteralmente svuotata
di tutti i vacanzieri che si erano spostati in lidi più freschi. Solo le cicale
erano le vere padrone della città e cantavano a tutte le ore, liete dell’afa e
della forte umidità.
Tiziano parcheggiò il Suzuki e si avviò sulla stradina acciottolata che
si dispiegava lungo il prato, osservando di sfuggita un paio di cani a
passeggio con i rispettivi padroni. Improvvisamente, con la coda
dell’occhio, vide qualcosa sbucare dal lato del sentiero e tagliargli la
strada con inattesa velocità. Si immobilizzò con il fiato sospeso e lasciò
che il serpente sparisse nell’erba indisturbato. Era la prima volta che gli
capitava di imbattersi in un simile animale e non avrebbe mai detto che
un rettile di notevoli dimensioni potesse andarsene in giro indisturbato
per i prati romani.
Con cautela riprese a camminare, continuando a sbirciare i lati del
sentiero e quando giunse al Palazzo ci trovò Isa e Melissa. Avevano da
poco terminato di sostenere gli esami di stato, ultimo scoglio per poter
usufruire di un diploma per un eventuale lavoro, un possibile riscatto da
quella vita inumana e subito erano tornate a rimediare le dosi per placare
la crisi.
-Finito gli esami?- domandò per gentilezza.
-Sì, oggi ci sono stati gli orali.- rispose Isa fumando uno spinello. -Ora la
scuola può anche andare a ‘fanculo.-E Alex?- domandò dopo aver sbirciato i tossici accanto all’edificio.
-Dovrebbe arrivare tra poco.- rispose Melissa.
Con occhio critico lo studiò e prese nota dei pantaloni e della
maglietta a maniche lunghe, rigorosamente neri, che evidenziavano in
maggior misura il suo corpo emaciato. Ultimamente aveva perso qualche
chilo e se continuava così ci sarebbero rimaste solo le ossa.
-Stai bene?- domandò premurosa.
-Sì.- rispose insofferente.
-Alice?- s’informò Isa guardando nel parco.
-A fare marchette.-Sta arrivando.- annunciò Melissa ammiccando ad Alessandro.
Era in compagnia di Claudio, entrambi strafatti, l’andatura traballante
e l’aria da ebete, gli occhi rossi di congiuntivite, e talmente maleodoranti
che gli altri storsero il naso appena li ebbero vicino.
-Ehi…- salutò Claudio allungando la mano per accarezzare il volto di Isa.
Questa schivò il tocco, orripilata alla sola idea di venire toccata e lui
aggrottò le sopracciglia, offeso.
-Che c’è, bellezza, non ti piaccio? Non ti alletta l’idea di farci una scopata
insieme? A me sì, e parecchio pure…- biascicò.
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Lei si guardò bene dal raccogliere la provocazione, girandogli le spalle
e Melissa intervenne, mostrando i soldi per le dosi. Lui si schiarì la gola e
li contò per prendere tempo, sebbene con una sola occhiata avesse già
intuito l’entità.
-Due.- annunciò.
-Come due? Solo due?- ripeté Melissa attonita.
-Eh… I prezzi sono aumentati.-Stronzate. Questi valgono quattro spade, lo so bene e lo sai anche tu.Claudio ghignò, tossì e tirò su con il naso, girandosi poi verso
Alessandro. Questi annui facendo un passo avanti e, dopo aver sbirciato
le banconote, confermò implacabile:
-Due.A quel punto intervenne Tiziano, mostrando la catenina d’oro che
aveva strappato dal collo di una signora e domandò:
-Vuoi dire che questa non vale almeno tre spade?Alessandro guardò la merce con occhio critico, consapevole del
valore come se l’avesse appena messa sul bilancino, contando cinque
quartini abbondanti, e rispose:
-No, bello mio: questa ne vale due.-Due?- ripeté scurendosi in volto.
-Già.A quel punto Tiziano rimise con calma la catenina nella tasca dei
jeans, con l’aria rassegnata del perdente e Alessandro stava per dirgli
qualcosa, quando con mossa fulminea l’altro l’afferrò per la T-shirt,
strattonandolo rudemente, sibilandogli in faccia:
-Non mi freghi, bastardo! So bene quanto vale, figlio di puttana che non
sei altro! Tu ora mi dai cinque spade, come ne darai quattro a loro.-Ehi, ehi!- esclamò l’altro allarmato, cercando di liberarsi. -Che cazzo ti
prende?-Ti gonfio di botte se non tiri fuori la roba!- minacciò. -Sapevo che eri il
peggior pezzo di merda sul mercato, ma ora stai toccando il fondo!-Sì!- rispose infuriato, mettendo le mani su quelle del ragazzo che lo
tratteneva per la maglietta. -E lo sai perché? Eh? Lo sai, brutto stronzo?
Perché ora sei costretto a venire da me, quando per anni mi hai evitato,
tu con quella troia di Alice!Gli sputò addosso e Tiziano lasciò la presa dopo avergli dato una
spinta, facendolo barcollare sulle gambe malferme. Isa e Melissa
rimasero in silenzio, non capendo quell’astio tra loro, mentre Claudio
continuava a ghignare come una iena.
Tiziano inspirò a fondo, osservando lo sputo sulla propria maglietta e
con noncuranza afferrò un lembo della T-shirt di Alessandro e si pulì.
-Ehi, stronzo!- lo redarguì questi.
L’interpellato non rispose ma il pugno parlò per lui e Alessandro volò a
terra con la mandibola dolorante. Claudio smise di ghignare, sbatté gli
occhi incredulo e si avventò contro Tiziano, il quale incassò il pugno
sentendo il cervello scoppiargli in mille stelle luminose. D’istinto rispose
con un gancio e l’avversario seguì l’amico a terra, gemendo per il dolore.
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-Grande!- esclamò Isa divertita, gli occhi che le brillavano di eccitazione.
Melissa si avvicinò a Tiziano e lo guardò per accertarsi che non
avesse nulla di rotto e lui le fece cenno che andava tutto bene.
-Dammi i tuoi soldi.- le ordinò.
La ragazza esitò, quindi si fidò e ubbidì. Lui li prese e li mise insieme
alla catenina; si chinò sui due ragazzi increduli e doloranti stesi a terra e
frugò nelle tasche di Alessandro, scatenando una lieve protesta che
ignorò. Tirò fuori due sacchetti di eroina, ne controllò il contenuto
scuotendoli, tenne solo quello che conteneva la quantità di una decina di
dosi e l’altro, insieme alla catenina e ai soldi, lo buttò con spregio
addosso allo spacciatore. Quindi, inspirando con soddisfazione, fece
cenno alle ragazze di seguirlo.
-Bastardo…- mugugnò Alessandro rimettendosi faticosamente in piedi.
Lui si girò e lo mandò a quel paese con un semplice gesto della mano,
sentendosi quasi in pace con se stesso dopo tanto tempo.
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-Così, questa è la tua tana.- commentò Isa entrando in cucina.
Tiziano le invitò con un cenno a sedersi e posò la bustina di eroina sul
tavolo. Isa sbirciò la foto attaccata alla parete prima di occupare posto su
una sedia, mentre Melissa prendeva nota dell’aspetto fatiscente della
stanza e, plausibilmente, del resto della casa; le mattonelle rotte,
l’intonaco alle pareti e al soffitto che si staccava, una semplice lampadina
appesa al filo della corrente e pensò alla propria casa, così sempre in
ordine e pulita che quasi si vergognava. Allungò lo sguardo oltre la
cucina per curiosare verso l’entrata del bagno e della camera,
accorgendosi che anche lì le cose non erano migliori. Se tutta la casa
arrivava ad avere trenta metri quadrati era grasso che colava.
-Volete da bere?- offrì Tiziano aprendo il frigorifero mezzo vuoto.
-Una birra.- chiese Isa e Melissa si accodò.
Lui pose due lattine sul tavolo e per sé riempì un bicchiere di latte. Le
due ragazze lo studiarono perplesse e lui spiegò succinto:
-Il latte fa bene.Melissa scoppiò a ridere e indicando l’amica disse:
-Come te: il fumo fa male!L’interpellata alzò le spalle e rispose:
-Le sigarette fanno male, lo sanno tutti.-Già!- esclamò il ragazzo ridendo e alzando il bicchiere. -E il latte fa
bene!L’ilarità li contagiò tutti e tre e per un po’ scherzarono sulle proprie
manie, scoprendosi incredibilmente autoironici, fin quando Melissa
domandò:
-Come mai tra voi e Alex c’è tanto odio?Tiziano bevve un sorso di latte e la guardò negli occhi neri come la
pece, prima di raccontare:
-Lui è stato quello che ci ha introdotti in questa merda totale. Lui e
l’Indiano ci hanno lasciati strafatti a Piazza del Popolo per l’intera notte, in
pieno inverno, senza preoccuparsi se saremmo morti assiderati.Le ragazze sgranarono gli occhi e lo fissarono allibite, stentando a
credere a una storia simile.
-Come può aver fatto una cosa così meschina?- mormorò Melissa. -Dice
di essere vostro amico…-Eravamo amici, prima che iniziasse tutto.Isa si alzò dalla sedia, vinta dalla curiosità, e lentamente si avvicinò
alla foto attaccata alla parete per guardarla meglio e riconobbe Tiziano
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abbracciato a un altro ragazzo dai capelli biondi legati a coda. Restrinse
gli occhi e subito dopo li sgranò, riconoscendo Alice in abiti maschili.
-Cazzo…- commentò. -Uomo o donna è comunque bella.Tiziano e Melissa la osservarono e il primo spiegò:
-L’ultima foto di Alice vestita da uomo. Poco prima di quel famoso
carnevale e della più famosa nottata all’addiaccio.-Quel giorno? Quando ci siamo visti la prima volta?-Così dite.- commentò grattandosi la nuca.
Melissa annuì, quindi si alzò per andare a prendere visione della foto,
accorgendosi che a quel tempo i due amici erano alti uguali e disse:
-Sì, si riconosce. Era bella anche così.Tiziano piegò le labbra in un sorriso, aprendo la bustina per dividere le
dosi e raccontò brevemente:
-A quell’età era circondata da ragazze che facevano di tutto per attrarre
la sua attenzione, ma lei era sempre schiva e riservata e cercava di
eluderle. Poi, un bel giorno, mi ha confessato che le piaceva un nostro
compagno di classe e da quel momento è stato un susseguirsi di amici
con i quali intesseva una relazione che invariabilmente finiva poco dopo.Melissa guardò ancora una volta la foto, quindi tornò al tavolo per
dargli una mano a fare le porzioni e quella strana intimità le scaldò il
cuore.
-Questo… vuol dire che non è mai stata con una donna?- s’informò Isa
non riuscendo a staccarsi dalla foto.
-Scherzi?- rise Tiziano. -Un misogino al confronto è uno che ama le
donne!-Misogino…- ripeté Melissa meditabonda, guardandolo dritto negli occhi.
-Per essere un bucomane hai un linguaggio fuori del comune.Lui fece una smorfia e tornò a concentrarsi sulle dosi, spiegando:
-Un po’ di spicci li rimedio dando ripetizioni di italiano e storia. Una volta,
mille anni fa, ero il più bravo della classe…Lei rimase annichilita sulla sedia, domandandosi chi fosse in realtà il
ragazzo che le sedeva di fronte e che divideva con consumata abitudine
la polverina scura. Lo vide preparare le siringhe con meticolosità e riporle
nel cassetto e preparare anche le loro in un atto di cortesia e si disse che
non era quello il suo posto, in mezzo ai tossici.
-Perché?- domandò.
Lui alzò gli occhi e con un gesto della mano rispose con semplicità:
-Così le avete già pronte.-No, non intendevo le nostre siringhe. Perché ti buchi? Tu non sei come
Alex o Indiano o come gli altri del Palazzo, sei diverso.Tiziano aggrottò le sopracciglia, lanciò un’occhiata a Isa ancora
davanti alla foto, e tornò a studiare attentamente la ragazza che aveva di
fronte, sentendosi a disagio sotto quell’esame.
-Hai bevuto troppa birra o ti sei spappolata il cervello a forza di canne e
buchi.- commentò lapidario.
-No, so quello che dico: tu sei diverso, non dovevi far parte di questo
mondo schifoso.80
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-Certo! Infatti vivo in una reggia!- ribatté sarcastico, appoggiandosi allo
schienale della sedia e allargando le braccia. -Come ho fatto a non
accorgermene?-È una sognatrice, lasciala fare.- s’intromise Isa ancora dinanzi alla foto.
Melissa le rivolse una smorfia e Tiziano la studiò a lungo,
accorgendosi che da una parte ne aveva timore perché sembrava
leggergli dentro, dall’altra gradiva la sua compagnia e questo,
paradossalmente, gli incuteva ancor più paura. Per un lungo attimo i loro
sguardi si incrociarono, rimanendo incatenati come due magneti di poli
opposti, fino quando lei arrossì e chinò appena la testa.
In quell’istante Alice rientrò in casa e si bloccò sullo stipite della porta,
impreparata a quella visita.
-Ciao.- salutò Isa allegramente.
-Ciao.- rispose lei richiudendo la porta alle spalle. -Che sorpresa.ammise e il tono era piuttosto seccato.
Tiziano le spiegò con poche parole cosa fosse successo al Palazzo e
la necessità di dividere l’eroina a casa e Alice lo guardò a lungo.
-Ti fa male?- domandò preoccupata, indicando la mandibola.
-No, non più di tanto. Sono stato fortunato perché quei due stronzi erano
strafatti e non si reggevano sulle gambe.- la rassicurò.
Lei abbozzò un sorriso e prese il latte per bere. Isa le si avvicinò
senza dire nulla e Alice la sbirciò di sottecchi. Terminò di bere e si scusò
con loro prima di chiudersi in camera.
-È successo qualcosa?- domandò Melissa.
Tiziano scosse la testa, ben sapendo che l’amica amava togliersi i
vestiti appena metteva piede in casa e che a tal proposito non gradiva le
sorprese. Prese le quattro siringhe che aveva preparato per loro e le
porse a Melissa, la quale capì e fece cenno a Isa di andare.
-Bene. Allora grazie per tutto quello che hai fatto per noi.- salutò.
-Non ho fatto nulla.Sul pianerottolo di casa si rigirò, mentre l’amica aveva già iniziato a
scendere le scale e domandò con la speranza nel tono e negli occhi:
-Domani ti rivedrò?Quella proposta lo sorprese, ma subito dopo sorrise lusingato e
rispose:
-Se vuoi…Lei si illuminò, mentre sentiva lo stomaco chiudersi in una morsa
asfissiante e si precipitò a dire:
-Al Palazzo? Stessa ora di oggi?-Ok.Con un sorriso smagliante fece un cenno di saluto e seguì Isa lungo le
scale, mentre Tiziano richiudeva la porta e rimaneva a fissare la sedia
dove era stata seduta lei.
~
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Tiziano scese nella metro di Termini, la crisi che avanzava e lui che
non aveva neppure un pezzo di fumo per placare i dolori.
Era stato tutto il giorno sugli scalini di S. Maria Maggiore a mendicare,
sperando che i turisti lasciassero l’obolo a chi ritenevano meno fortunato
di loro ed era riuscito a tirare su un gruzzoletto niente male che gli
avrebbe assicurato almeno due quartini e si era deciso a tornare a casa
appena aveva iniziato ad avvertire i primi sintomi dell’astinenza.
Ciò che aveva imparato in quella giornata era che i mendicanti come
lui il più delle volte erano ignorati, come se neppure esistessero, come se
fossero un insulto alla vista, oppure venivano fatti bersaglio dei commenti
volgari e pesanti dei ragazzi o di sberleffi dei bambini. Per non parlare
della prelazione sul posto strategico dove mettersi, quasi ogni scalino
fosse di proprietà esclusiva di un altro pezzente. Ma quello che più gli
aveva fatto andare il sangue al cervello, era stato il momento in cui si era
alzato per tornare a casa, sentendo la crisi avvicinarsi e in un secondo si
era visto circondato da zingari che chiedevano l’obolo sebbene
ostentassero collane d’oro grosse come catene, al pari di un boss
mafioso e, tra chiacchiere e spinte, si era visto rubare tutto quello che era
riuscito a rimediare stando per ore sotto il sole cocente. Come una furia
si era gettato all’inseguimento, ma i dolori e la sveltezza dei rom
l’avevano costretto a rinunciare e imprecando si era diretto a Termini, la
crisi che gli faceva dare di matto, obnubilandogli il cervello.
Istintivamente, mentre era in esagitata attesa della metro, iniziò a
passare tra la folla accalcata sulla banchina per chiedere qualche spiccio,
con il solo risultato che la gente lo scansava appena lo vedeva
avvicinarsi. Cazzo, mica sono un appestato, pensò disperato, passando
una mano tra i capelli sudati e sporchi, riprendendo a chiedere soldi.
Quando la metro arrivò fu costretto a rimanere in piedi e serrando i
denti iniziò a tenere la mente impegnata in qualcosa per non sentire i
dolori alle reni che lo piegavano in due. Se solo si fosse portato il
walkman avrebbe potuto ascoltare musica, ma non aveva mai visto un
mendicante con le cuffiette alle orecchie.
Si reggeva a mala pena sulle gambe, sopraffatto dai dolori e a ogni
scossone del treno finiva addosso alla persona che aveva di lato, fin
quando riuscì ad arrivare in un angolo della carrozza dove lentamente si
lasciò cadere a terra, nell’indifferenza generale. Stava talmente male che
sudava e tramava e davanti agli occhi vedeva solo siringhe pronte per
essere iniettate in vena. Quando infine riuscì ad arrivare a casa, era già
buio e Alice era visibilmente preoccupata.
Così come erano preoccupate Melissa e Isa che lo avevano atteso al
Palazzo inutilmente. Al tramonto, con le speranze ridotte al lumicino, Isa
si alzò dalla panchina e guardò l’amica.
-Ormai non verrà più.- disse con tono piatto e stanco.
-Può aver avuto un contrattempo.La ragazza incrociò le braccia al petto e sbuffò spazientita.
-Lo hai detto anche un’ora fa.- ricordò insofferente.
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Melissa chiuse gli occhi e si morse le labbra, consapevole che l’altra
aveva ragione, eppure impossibilitata a credere che Tiziano avesse
mancato all’appuntamento di proposito. Con un gemito si alzò, tornando
a guardare la stradina acciottolata che serpeggiava per il parco, nella
vana speranza di vedere avanzare una figura vestita di nero, ma quando
anche l’ultimo barlume si spense con la luce del sole, con Isa si avviò
mestamente verso il motorino.
~
-Sono cinque giorni che ti rifiuti di venire al Palazzo.- le ricordò Isa
porgendole la siringa.
-Non mi va di andarci.- rispose lei stringendo il laccio intorno al braccio,
pronta a bucare.
L’amica vide gli ematomi, le vene in trombosi e capì che non potevano
più permettersi di andare in giro sbracciate, a meno di denunciare il loro
stato di tossiche. Melissa imprecò quando bucò la vena e l’ago si inceppò,
come se si fosse otturato, e con rabbia spinse lo stantuffo con forza,
rompendo nuovamente il vaso sanguigno, prima di lasciarsi andare al
viaggio. Isa sbatté le palpebre e si grattò il naso, quindi le tolse l’ago e il
laccio, preparandosi a sua volta a bucare.
Entrambe sul letto di Melissa, rimasero a lungo in silenzio, gli occhi
chiusi, abbandonate a loro stesse, consapevoli di aver usato le ultime
dosi. In quei giorni era stata Isa l’addetta al rifornimento, andando da sola
da Alessandro e raggiungendo poi l’amica a casa sua per preparare
insieme le siringhe come aveva loro insegnato Tiziano per non perdere
tempo, ma ora era stanca di quella ripicca puerile. Se Melissa era
arrabbiata con Tiziano, ebbene, l’avrebbe costretta ad affrontare la realtà
una volta per tutte.
-Ok, ora andiamo.- annunciò alzandosi stancamente dal letto.
Lei riaprì gli occhi e la sbirciò mentre la vedeva aggiustarsi la
maglietta e rimettere le scarpe.
-Andiamo dove?-Al Palazzo. Ci serve l’ero.-Vai tu.Isa corrugò le sopracciglia, terminò di allacciarsi le scarpe e si
avvicinò con sguardo minaccioso.
-Oggi mi accompagni.- intimò.
-No.-Guarda che in questi giorni Morte non l’ho mai visto, dunque non ci sarà
neppure oggi. E poi,- aggiunse insinuante, scansandole un riccio dal
volto, -se ti ostini a volermi nel tuo letto, mi vedrò costretta a rifare sesso
con te. Quella volta non fu male, non trovi?Melissa si irrigidì e la fissò a lungo in quegli occhi smeraldini che la
scrutavano con evidente apprezzamento.
-Ok, andiamo.- accettò alzandosi dal letto.
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Isa sorrise sotto i baffi e raddrizzò la schiena, consapevole di aver
giocato sporco ma il fine giustificava i mezzi.
~
Alessandro aveva come al solito urlato e inveito contro di loro, che
reputava colluse con Tiziano per quanto era successo e aveva
centellinato le dosi, ribadendo che il prezzo era aumentato. E loro, non
potendo farne a meno, accettarono tutto passivamente, incapaci di
reagire.
Stavano tornando verso il motorino, quando si accorsero che Tiziano
le aspettava appoggiato al Suzuki. Melissa sentì il cuore perderle un
colpo prima di partire indemoniato e avvertì l’erubescenza sulle gote dal
calore che sentì dilagare fino alla radice dei capelli. Lentamente rallentò e
lui se ne accorse, perché mosse alcuni passi verso di lei. Isa osservò uno,
poi l’altra e si tirò in disparte, consapevole di essere di troppo.
A quel punto Melissa si fermò, gli occhi sgranati fissi su di lui e Tiziano
avanzò con più coraggio e quando stava per raggiungerla, lei fece
qualche passo indietro, costringendolo ad accelerare per afferrarla e
serrarla in un forte abbraccio. Per un lungo istante rimasero così,
entrambi sorpresi e quando lui si staccò, la tenne per le braccia, come se
avesse avuto paura di perderla.
-Scusa. Scusa per aver mancato all’appuntamento.- mormorò.
Lei rimase in silenzio, non sapendo cosa fare, ricordando l’umiliazione
della vana attesa e Tiziano fece scivolare dolcemente le mani lungo le
sue braccia in una languida carezza.
-Tu… sei la cosa più bella che mi sia capitata da cinque anni a questa
parte.- ammise in un sussurro.
Quella inattesa confessione la lasciò di stucco e aprì la bocca per dire
qualcosa, senza sapere cosa, completamente assorbita in un mondo
diverso da quello vissuto fino allora, un mondo dove esisteva anche la
dolcezza, mentre sentiva il suo cuore scoppiarle nel petto per la forte
emozione. Tiziano approfittò di quell’attimo per passarle una mano dietro
la nuca e costringerla a baciarlo. Lei resistette per un secondo, poi si
lasciò stringere a lui, ricambiando il bacio con trasporto.
Isa sorrise, scuotendo la testa e incrociò le braccia al petto,
tamburellando il piede per terra. Era felice per l’amica, perché era riuscita
a coronare il suo sogno di adolescente e perché, soprattutto, aveva
trovato qualcuno che mostrava di volerle bene, in quel loro mondo senza
illusioni, dove l‘egoismo e l’indifferenza imperavano. Chiuse gli occhi e
offrì il volto ai caldi raggi solari, concedendosi il lusso di sognare per un
lungo attimo.
~
Melissa parcheggiò il motorino accanto al Suzuki e insieme a Isa si
avviò verso il Palazzo, mentre il frinire incessante delle cicale riempiva le
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orecchie, inframmezzato all’abbaiare dei cani che si rincorrevano
giocando.
Quando le vide, Tiziano sorrise e Melissa lo salutò offrendogli le
labbra.
-Ehi, ehi!- esclamò Alessandro notando il gesto. -Cos’è questa novità?-Fatti i cazzi tuoi.- lo rimbeccò Alice con durezza.
L’interpellato fece una smorfia e Isa si avvicinò ad Alice, felice di
trovarla lì. Questa la sorprese posandole due baci sulle guance come
saluto, lasciandola inebetita, con le gote in fiamme e il cuore che
sembrava improvvisamente impazzito.
-Ci… ciao.- balbettò confusa.
-Come sei carina oggi.- si complimentò Alice con un sorriso. -Dovresti
truccarti più spesso per dare risalto ai tuoi lineamenti dolci.L’altra arrossì ancor più, provando a dire qualcosa, senza riuscirci e la
ragazza continuò con i suggerimenti:
-Io proverei a mettere l’ombretto diversamente e a sottolineare l’occhio
con una matita nera.-Ha parlato l’esperta.- bofonchiò Alessandro con disprezzo, sputando per
terra.
Alice aggrottò le sopracciglia e stava per replicare, quando Isa la
prevenne avventandosi contro il ragazzo:
-Chiudi quella bocca di merda che ti ritrovi!-Aho, e che avrò detto mai?- si difese stizzito con un brusco gesto delle
braccia.
-L’hai offesa, stronzo!-Offesa lei?! Ma se ho solo detto la verità!Alice intervenne e si mise in mezzo, per evitare che la situazione
degenerasse e con fermezza agguantò Isa per un braccio e la trascinò
via, ignorando di proposito le sue proteste e i rimbrotti di Alessandro.
Raggiunsero Melissa e Tiziano lungo il prato, che passeggiavano
abbracciati come due normali adolescenti, ignari del mondo esterno,
pregni solo della reciproca vicinanza. Alice li osservò senza riuscire a
nascondere una certa soddisfazione, quindi si volse verso la ragazza che
le camminava al fianco e disse:
-Grazie per avermi difesa, anche se non c’era bisogno: da tempo ho
imparato a farlo da sola.Isa mise le mani in tasca dei jeans e tirò un calcio a un rametto di
albero caduto a terra, prima di rispondere:
-Difenderti contro quello stronzo è stata una vera soddisfazione.-Sì, ho notato la tua foga.- disse sorridendo. -Hai un bel caratterino, non
c’è che dire.Isa si girò a guardarla e con un mezzo sorriso ammise:
-Ho dovuto imparare anche io a difendermi da sola.Alice annuì e iniziò a massaggiarsi le reni, avvertendo la crisi invadere
il suo corpo e con un sospiro rovistò nella borsetta per controllare di
avere la siringa.
-Devo farmi.- disse.
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-Non al Palazzo, spero! Lo stronzo di Alex…-Vieni.La prese per mano e insieme raggiunsero Tiziano e Melissa che
tubavano come piccioni, immersi in un bellissimo angolo di prato dove
convivevano in un rigoglio naturale papaveri e spighe, con lo sfondo
suggestivo dei ruderi romani, dove lucertole dal manto verde brillante si
affacciavano per fare rifornimento di calore.
-Non voglio interrompere l’idillio più di tanto,- iniziò Alice allegramente, ma avrei bisogno delle chiavi del Suzuki.Tiziano frugò nelle tasche con un gesto automatico e gliele porse,
notando solo all’ultimo la mano nella mano delle due ragazze che si
allontanavano lungo il sentiero acciottolato. Per un istante fissò la figura
di Alice come se non credesse ai propri occhi e le seguì con lo sguardo
fino al fuoristrada, esclamando infine:
-Ehi, si tengono per mano!-E allora?- rispose Melissa reclamando la sua totale attenzione. -Tra
donne è normale, non siamo orsi come voi.-Però Alice non…Melissa gli tappò la bocca con un bacio, mentre le due amiche
salivano sul Suzuki e Alice si preparava a bucare.
-Qualcuno ti può vedere.- l’avvisò Isa osservandosi intorno.
-Peggio per loro.- fu la lapidaria risposta dettata dall’urgenza del
momento.
Tirò su la manica della maglietta, legò il braccio e tastò in cerca di una
vena. Quando iniettò il fix si lasciò andare contro lo schienale del sedile e
chiuse gli occhi, sentendosi meglio. Isa la osservò, così incredibilmente
donna che quasi stentava a immaginarla in modo diverso e disse:
-Ho visto la foto che ritrae te e Morte.Alice riaprì gli occhi, tolse la siringa con gesti lenti e stanchi e la rimise
in borsa, prima di posare lo sguardo su di lei.
-La mia vita precedente.- ammise.
-Eri un ragazzo bellissimo.-Così dicono.Isa sospirò e si morse le labbra.
-Sarebbe interessante vederti senza trucco e con abiti maschili.Alice corrugò le sopracciglia e scosse la testa, rispondendo con tono
sostenuto:
-Io sono quella che vedi e non torno indietro.-Lo so. Era solo una curiosità.-Be’, vedi di fartela passare.Il tono brusco sorprese entrambe e per un attimo evitarono di
guardarsi, fin quando Alice fece un gesto vago con la mano, chiedendo
scusa per il tono.
-Non devi farlo, sono io la stupida.- mormorò Isa chinando appena la
testa.
L’altra rimase in silenzio per un po’, quindi si mise seduta più
comodamente e disse:
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-Mi spiace. Non potrò mai essere quello che speri.Isa arrossì per l’ennesima volta e lei continuò conciliante:
-Però potremmo essere amiche. Tu sei molto carina e certamente
troverai un ragazzo che ti vorrà bene, uno con i pantaloni.- aggiunse con
un sorriso.
-Non mi interessano gli uomini.A quella rivelazione, annunciata con tono inequivocabile, Alice la
studiò attentamente, prestandole più attenzione del solito e quando Isa
alzò lo sguardo, vi lesse tutta la battaglia che dilaniava la sua mente e il
suo corpo e che le ricordò dolorosamente la propria.
-Sei sicura?-Io… Sì, credo di sì.-Non tutti gli uomini sono mostri.-Quelli che ho conosciuto io sì. A parte Morte.-Ah, sì, lui è un caso a parte.- concesse con un gesto lezioso della mano.
-Ma ti assicuro che non è il solo.- aggiunse con un sorriso.
Isa scosse la testa, strinse le mani a pugno e stava per ribattere,
quando un’ombra si materializzò al finestrino alle spalle di Alice e quello
che vide la fece impallidire visibilmente.
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Tiziano fermò Melissa che stava per precipitarsi verso il Suzuki e le
disse:
-Meglio di no.-Ma che cazzo dici?- esclamò allibita. -Le lasci da sole?-Tu li hai i documenti?Melissa esitò e lui fece un gesto eloquente con la mano, continuando:
-Ecco, lo vedi? Se andiamo lì, arresteranno anche noi e al gabbio ci
finiamo in quattro, mentre così possiamo andare a casa, prendere i
documenti e andare al commissariato per tirarle fuori.-Ma loro…-Alice sa cavarsela, non temere. Non è la prima volta che ha a che fare
con la madama.- la tranquillizzò.
Poco persuasa, la ragazza rimase immobile a osservare la scena da
lontano, preoccupata per quello che sarebbe potuto accadere, lei e la sua
amica per niente avvezze ai poliziotti. Continuava a vedere i due uomini
in divisa che rimanevano accanto al fuoristrada, la volante parcheggiata
dietro e si domandò cosa si stessero dicendo. La capote rialzata del
Suzuki non permetteva di guardare le occupanti e di capire se si
trovassero in difficoltà oppure no, e lei, con gli occhi sgranati e in preda
alla crisi che stava dilagando, rimaneva inerme, inchiodata a terra,
accanto a Tiziano, il quale studiava la scena celando l’apprensione. Cosa
stavano aspettando? Era da troppo che parlottavano senza che nessuno
si muovesse e la cosa iniziava a preoccuparlo. Poi, all’improvviso, i due
poliziotti si mossero e Alice scese dal Suzuki, sorridendo con aria
civettuola.
A distanza di sicurezza dalla strada, lui e l’amica si sfiorarono con lo
sguardo con una muta domanda, quindi tornarono a concentrarsi sulla
ragazza che seguì i due agenti sulla volante, la quale partì immettendosi
sulla via principale. Solo allora Tiziano e Melissa corsero verso il
fuoristrada, mentre Isa ne usciva e si piegava in due per vomitare.
-Mio Dio, cos’è successo?- esclamò Melissa preoccupata.
-Dove hanno portato Alice?- chiese Tiziano.
L’interpellata inspirò a fondo, pulendosi la bocca sulla manica della
maglietta e si lasciò andare contro il fuoristrada, l’espressione orripilata.
-Datemi una canna, ne ho bisogno.-Ok, te la preparo, ma tu dicci cos’è successo.- insistette Melissa,
iniziando a preparare le cartine.
-Loro… Loro volevano che mostrassimo i documenti, ma non ce li
avevamo.88
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-Questo l’avevo supposto.- l’interruppe Tiziano con insofferenza.
Isa lo fulminò con un’occhiataccia e subito dopo prese lo spinello che
le porgeva l’amica e iniziò a fumare, cercando di rilassarsi. Con pazienza
gli altri attesero e alla fine la ragazza continuò:
-Volevano i nostri documenti, il libretto del Suzuki, sapere chi ne fosse il
proprietario e dove fosse… Insomma, ho temuto che ci scambiassero per
due ladre di macchine. Si sono accorti che eravamo fatte e alla fine
volevano portarci al commissariato. Allora…Sospirò, sentendo salire un altro conato di vomito; passò una mano
tra i capelli sporchi e continuò:
-Non mi era mai capitato di vedere come ci si vende e Alice li ha convinti
a lasciarci in pace… andando con loro.-Lei è…- mormorò Tiziano.
Melissa sgranò gli occhi, mentre si massaggiava le reni per placare i
dolori e per un attimo nessuno riuscì ad articolare alcuna parola.
-Mi hanno fatto schifo.- ammise Isa in un flebile sussurro. -Vedere le loro
facce… Quegli occhi lascivi che…Alzò lo sguardo su Tiziano e continuò con la fronte aggrottata:
-Come fa Alice? Con quale coraggio fa marchette?-Con il coraggio della disperazione.- rispose laconico.
-Che esseri schifosi…- mormorò Melissa montando sul fuoristrada per
prepararsi a bucare.
Tiziano gettò lo sguardo lungo la strada dove era sparita la volante,
portandosi via la sua amica e sperò che Alice sapesse il fatto suo.
-Cosa facciamo?- domandò Isa
-Aspettiamo. La riporteranno qui.La ragazza annuì, la mente che le rimandava in continuazione le
immagini di quell’incontro casuale che l’aveva investita come uno
tsunami, che avrebbe voluto cancellare e che non ci riusciva. Riviveva la
riluttanza di uno dei due poliziotti a infrangere la legge, l’altro che
vagheggiava Alice e lei che si offriva come se nulla fosse, come se il
lampo di paura saettato nei suoi occhi non fosse mai sfrecciato. E lei che
aveva provato a fermarla posandole la mano sulla spalla, ricevendo in
cambio un sorriso di commiato.
Portò la mano sugli occhi, come a voler scacciare quelle immagini e si
rassegnò ad attendere insieme agli altri.
~
Tiziano incrociò le braccia al petto e seguì con lo sguardo Melissa che
prendeva il motorino e si dirigeva alla più vicina cabina telefonica per
avvisare la madre che tardava.
Era buio e l’ora di cena era passata da un pezzo e gli stessi tossici del
Palazzo si erano dispersi, andando a bivaccare e rubare in luoghi più
centrali dove c’era più vita notturna.
-E tu non avvisi i tuoi genitori?- s’informò Tiziano.
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Isa alzò le spalle, mise le mani nelle tasche dei jeans e scosse la
testa, rispondendo con una smorfia:
-Non c’è bisogno. Probabilmente non si accorgeranno neppure se sono
in casa o no.Il ragazzo aggrottò le sopracciglia e la studiò attentamente, come non
aveva mai fatto prima, prendendo nota di quanto fosse carina e di come
sarebbe potuta essere se si fosse presa maggior cura di sé.
-Che vuoi dire?-Semplicemente che se ne fregano di quello che faccio, che se ne fottono
della mia stessa esistenza. L’unica loro occupazione è darsele di santa
ragione, rompersi le ossa e affogare i problemi nell’alcool.- spiegò con
una superficialità che velava il disprezzo.
Tiziano rimase in silenzio, ripensando alla rigidità di suo padre e
all’inettitudine della madre che non era mai riuscita a imporsi sull’uomo
che aveva sposato, mettendo in secondo piano i figli e con un sospiro tirò
un calcio a un sasso.
-Perché non tornano?- gemette la ragazza mordendosi le labbra.
Lui non seppe cosa rispondere e nel frattempo vide ricomparire
Melissa. La guardò parcheggiare il motorino e raggiungerli senza dire
nulla. Per un lungo attimo nessuno si mosse; le tenebre che li
avvolgevano e i pochi lampioni, che ancora resistevano agli atti di
vandalismo, non riuscivano a dipanarle, rendendo il prato un paesaggio
surreale e misterioso, con i ruderi che sembravano mostri scuri.
In silenzio, quasi di comune accordo, montarono sul fuoristrada e
presero le siringhe, pronti a bucare per placare i dolori che si facevano
sentire sempre più incisivi. Se fino all’inizio dell’estate erano riusciti a
mantenere il ritmo di una o due dosi al giorno, ora si rendevano conto
che riuscivano a evitare le crisi solo bucandosi più volte e questo stato di
cose li stava cambiando, li stava trascinando nel vortice del non ritorno,
alienandoli sempre più dalla via normale.
Seduta in solitudine sul sedile posteriore, Isa osservava Tiziano e
Melissa che, dopo il flash, se ne stavano vicini, testa contro testa e per
una frazione di secondo provò a immaginare la bionda testa di Alice
contro la sua, in un connubio molto caro ai romani. Con un sospiro
distolse lo sguardo e fissò i fari delle autovetture che passavano in
lontananza, lungo la strada principale e si domandò per l’ennesima volta
dove fosse Alice. Erano trascorse ore da quando i poliziotti l’avevano
portata via e non riusciva a immaginare tutto quel tempo senza notizie.
Poi, come se un richiamo l’avesse costretta a guardare meglio, si
accorse della figura che avanzava trascinandosi lungo il marciapiede e
prima ancora di riconoscerla il suo cuore aveva iniziato a battere forte.
-Eccola!- urlò.
Tiziano e Melissa sobbalzarono e si guardarono intorno, mentre Isa
indicava frenetica con la mano. Scesero tutti dal Suzuki e le andarono
incontro, sollevati dopo le estenuanti ore di attesa, ma mentre si
avvicinavano, Tiziano capì che qualcosa non andava e bestemmiando a
bassa voce si mise a correre. In due falcate la raggiunse, l’abbracciò per
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celarla alla visuale e lei gli si aggrappò, cinerea, il volto stravolto e
tumefatto, e con un grugnito l’amico la prese in braccio, sotto lo sguardo
terreo delle ragazze. Con la forza della rabbia riuscì a portarla fino al
fuoristrada e qui, stringendo i denti, la rimise in piedi, chiedendo:
-Sei venuta da sola?-No, mi hanno scaricata poco lontano da qui.- rispose flebile.
-Ce la fai?-Non proprio…- ammise appoggiandosi al Suzuki.
Isa e Melissa li avevano seguiti in silenzio, senza sapere cosa fare né
cosa pensare, scosse per quello che stavano vedendo e di cui erano
testimoni e Alice ne se accorse.
-Portami a casa…- supplicò.
Tiziano allungò la mano per accarezzarle il volto dolcemente e
sussurrò:
-Non preferisci che ti porti al pronto soccorso?Lei scosse la testa arruffata e rispose:
-Mi ci hanno portato loro. Portami a casa…Allora Tiziano serrò i denti e i pugni per la rabbia che era
impossibilitato a esternare e l’aiutò a salire sui sedili posteriori del
fuoristrada per farla stare distesa, quindi si rivolse alle ragazze e le
guardò senza riuscire a dire nulla. Isa era pallida come un lenzuolo,
Melissa inorridita e ambedue annuirono, comprendendo la necessità di
rimanere soli.
-Ci vediamo domani.- salutò Melissa.
Tiziano le si avvicinò, la baciò, quindi montò sul Suzuki e partì.
~
Tiziano aprì la porta di casa e si fece da parte per farle entrare,
mentre Isa domandava subito come stesse Alice. Lui fece una smorfia e
con un cenno della mano le invitò a sedere al tavolo, rispondendo:
-Un po’ meglio.-Quei due… bastardi figli di puttana l’hanno… l’hanno…- e la frase le
morì in gola con un singulto.
-Diciamo che non sono stati delicati.- rispose sentendosi ancora ribollire
dall’ira.
-Li ha denunciati?-No.A quella inattesa risposta Isa avvampò e picchiando un pugno sul
tavolo esclamò:
-Perché no, cazzo?Tiziano le mise una mano sul braccio, fissando i suoi occhi che
mandavano scintille e domandò:
-Ci tieni a lei?-Certo!- rispose di getto e subito dopo arrossì come una scolaretta.
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Il ragazzo rimase un secondo sorpreso, impreparato a quella
imprevista rivelazione, quindi abbozzò un sorriso dando un nome a
quell’erubescenza che denunciava i suoi sentimenti per Alice e consigliò:
-Se veramente ci tieni, allora lascia le cose così. Abbiamo tutto da
perdere mettendoci contro le istituzioni.-Ma… ma loro l’hanno…-Sì, picchiata e stuprata, e nonostante ciò è viva e posso assicurarti che
non è la prima volta.Isa rimase annichilita, incredula dinanzi a quella scoperta e tuttavia
impossibilitata a capire quella remissività che reputava assurda, senza
senso.
-Cosa abbiamo da perdere?- insistette testarda.
-Quel poco che ci rimane della nostra libertà e della nostra dignità che
loro si ostinano a voler annullare.-Libertà? Dignità?- ripeté con tono che rasentava l’isterismo, ritirando il
braccio. -Ma di cosa parli? Non vedi come siamo ridotti? Non abbiamo
proprio più nulla da perdere, credimi ed io posso testimoniare, le loro
facce me le ricordo bene.-Abbiamo ancora tutto questo!- ringhiò Tiziano allargando le braccia. Abbiamo soprattutto la nostra libertà!-Libertà?! Libertà?!-Basta così.- intervenne Melissa con voce autorevole. -Dubito che Alice
abbia piacere a sentirvi litigare in questo modo.Tiziano e Isa si fissarono negli occhi, fronteggiandosi come cane e
gatto, e alla fine il ragazzo scrollò le spalle e si alzò per offrire qualcosa
da bere, preferendo sorvolare. Mentre sorseggiavano le birre e il latte, in
religioso e arroccato silenzio, Tiziano iniziò a rollare uno spinello che
passò a Melissa.
In sottofondo lo stereo mandava le note di Back in Black, mentre dalla
finestra giungevano gli echi di un temporale che si avvicinava con il suo
carico di pioggia e vento. Sebbene l’estate volgesse al termine, l’aria
capitolina era ancora molto calda e una stemperata sarebbe stata accolta
con immenso sollievo.
Tiziano si alzò, si avvicinò a Melissa e le accarezzò i capelli, prima di
chinarsi a baciarla.
-Devo andare a rimediare soldi.- le annunciò. -Ma non voglio lasciare
Alice da sola.-Rimango io con lei.- si offrì Isa prontamente.
Lui la sbirciò un attimo, domandandosi se avesse intuito bene i
sentimenti che aveva involontariamente dimostrato, quindi tornò a
osservare Melissa e questa si alzò, dicendo:
-Anche noi dobbiamo rimediare soldi.Il ragazzo annuì e un secondo dopo sparì in camera da letto per
avvisare l’amica. Alice stava ancora dormendo e si svegliò solo quando
lui la scosse delicatamente, facendola sussultare. Non tanto il dolore,
quanto il ricordo delle ore trascorse con i suoi aguzzini le fece sgranare
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gli occhi, uno dei quali gonfio per il pugno preso, e gettare le braccia in
avanti a mo’ di difesa, e si rilassò solo quando lo riconobbe.
-Morte…Lui provò a sorridere e si mise seduto accanto a lei, sentendo il cuore
chiuso in una morsa a vederla ridotta in quello stato e premuroso
domandò:
-Come stai?-Dolorante, grazie.Tiziano sospirò, ripensando alla nottata trascorsa, al pianto e ai gemiti
sommessi di lei e le accarezzò i capelli sparsi sul cuscino, cercando di
darle un minimo di conforto.
-Oggi starai meglio, vedrai.-Lo spero.-Ce la fai a stare in piedi?-Non lo so.-Ok, prova.Lei sospirò rassegnata e con grande fatica si portò seduta sul fianco,
stringendo i denti per sopportare il dolore. Con l’aiuto di Tiziano riuscì a
tirarsi in piedi, ma ebbe un capogiro e barcollò sulle gambe. Lui la
sorresse e sostenne fin quando non fu certo che stesse bene, quindi la
lasciò.
-Di là ci sono Isa e Melissa.- avvisò.
Alice si scurì in volto e istintivamente replicò acida:
-Che cazzo sono venute a fare?Tiziano la guardò a lungo con biasimo, e lei si morse le labbra,
chinando appena la testa.
-Scusa. Non volevo essere scortese.- mormorò poi.
-Lo so e capisco come ti senti. Sono preoccupate per te.-Sto bene, sono un fiore, non si nota?- borbottò sarcastica.
L’altro la guardò con condiscendenza e Alice esitò. Si toccò i capelli
arruffati, il volto gonfio per le botte ricevute, sentendo forte il dolore
intorno all’occhio tumefatto, che non riusciva ad aprire, e sospirò
tristemente:
-Non voglio che mi vedano così. Non sono una bella visione.-No, in effetti, però loro non ci faranno caso.- la rassicurò.
-Dovrebbero essere cieche.- bofonchiò di rimando.
-Ti hanno già visto ieri sera, o ti sei dimenticata? - ribatté acido, mettendo
le mani sui fianchi.
Lei aprì la bocca e la richiuse di botto, facendo un gesto esasperato
con la mano e alla fine capitolò.
-Va bene. Però ora accompagnami in bagno, prima che mi si lacerino i
punti.Tiziano l’aiutò a indossare una vestaglia, la sorresse, stando attento a
non farle male e quando aprirono la porta si accorsero che Isa e Melissa
erano ancora sedute al tavolo ma con lo sguardo fisso sulla camera da
letto, in attesa di sapere come stesse. Alice svoltò subito a sinistra per
sparire alla visuale e chiudersi in bagno, e poco dopo Tiziano raggiunse
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le ragazze in cucina. In un silenzio che urlava più di mille parole, solo lo
stereo aveva il coraggio di continuare a cantare, come per distendere la
tensione creatasi, mentre i tuoni sottolineavano il momento cupo.
-Bene.- annunciò con voce piatta. -Appena lei è pronta noi andiamo.Melissa annuì e si girò a guardare Isa, pallida e visibilmente scossa.
Da quel poco che gli aveva raccontato, Tiziano immaginò che per lei non
doveva essere facile rivivere anche lì la stessa situazione che aveva in
famiglia, le ricorrenti botte e le corse all’ospedale e per quel motivo le
chiese:
-Sei sicura di voler restare?L’interpellata annuì e quando sentirono Alice tornare in camera, il
ragazzo la raggiunse e le annunciò che usciva con Melissa per rimediare
i soldi per le dosi e che Isa rimaneva per farle compagnia.
-Non ho bisogno di nessuno.- replicò acida, stendendosi di nuovo sul
letto.
Tiziano sospirò cercando di nascondere l’esasperazione e spiegò
succintamente:
-Ci serve l’ero e da sola, in queste condizioni, non ti lascio.-Abbiamo già finito la scorta?- domandò preoccupata, facendo una
smorfia per ingoiare l’urlo salitole in gola.
Con più attenzione cercò una posizione meno dolorosa, rendendosi
conto che ogni parte del proprio corpo gemeva in silenzio per le sevizie
ricevute e che sarebbe occorso almeno un altro giorno per poter stare un
pochino meglio.
Un tuono più forte degli altri annunciò l’imminente pioggia, facendo
rabbrividire Alice, e Tiziano andò a chiudere la finestra per non far
entrare l‘acqua.
-Devo rimediare i soldi anche per te, lo sai.- rispose mestamente.
Lei chiuse gli occhi e non replicò, consapevole di non poter battere il
marciapiede fin quando non si fosse ristabilita e resa più presentabile e
questa sua momentanea impotenza la faceva stare peggio della violenza
subita, perché costringeva l’amico a cercare il denaro per lei.
Il ragazzo si avvicinò alla porta e prima di lasciarla sola salutò:
-Ci vediamo stasera.~
Si svegliò in preda ai dolori dell’astinenza e solo in quel momento si
rese conto di essersi riaddormentata dopo che Tiziano era uscito. Del
resto, dopo aver trascorso una nottata insonne e dopo aver ingoiato due
pasticche di roipnol, era più che normale che fosse finalmente scivolata
tra le amorevoli braccia di Morfeo. La pioggia che batteva contro i vetri
aveva un ritmo cadenzato che conciliava il sonno e forse anche per quel
motivo si era appisolata.
Ora, tuttavia, l’urgenza era di farsi una dose e con enorme dispendio
di energie riuscì a rimettersi in piedi. Lentamente si avvicinò alla porta e
l’aprì, entrando in cucina. Rimase a fissare Isa che dormiva riversa sul
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tavolo, mentre lo stereo continuava a mandare canzoni degli AC/DC in
sordina. Perché non capivano che voleva stare sola per potersi leccare le
ferite lontana da occhi indiscreti? Cerando di non far rumore aprì il
cassetto del tavolo per prendere una siringa, ma il movimento fece alzare
di scatto la testa di Isa. Sbatté gli occhi più volte prima di focalizzare la
persona che aveva davanti e Alice abbozzò un sorriso di saluto,
continuando ad armeggiare con siringa e laccio rimanendo in piedi. La
ragazza deglutì nel vedere il suo torso nudo pieno di lividi ed ecchimosi,
magro da poter contare le costole, il volto gonfio circondato dai lunghi
ricci biondi e si rese conto che, per la prima volta, aveva davanti a sé la
versione maschile di Alice.
-Ti aiuto.- si offrì alzandosi.
-No, grazie. Faccio da sola.- replicò sollevando la mano a mo’ di scudo.
Per un attimo si guardarono negli occhi e Alice inspirò a fondo prima
di spiegare con più dolcezza:
-Non permetto a nessuno di bucarmi. Solo Morte può farlo.-Solo di lui ti fidi, giusto?-Giusto.La vide armeggiare con lo stantuffo bloccato e solo dopo un po’ riuscì
a iniettarsi la dose, barcollando sulle gambe per la forza del flash. Isa
corse a sostenerla e Alice si aggrappò a lei, sentendo le gambe cederle
sotto l’effetto dell’eroina. Come se avesse intuito, Isa le sfilò l’ago dalla
vena e sciolse il laccio, quindi la riaccompagnò in camera, prendendo
nota del semplice fatto che, nonostante la magrezza, fosse piuttosto
pesante e l’aiutò a stendersi, rimanendo in contemplazione di quello
strano essere che le era entrato nel sangue più della droga. Si mise
seduta sul letto di Tiziano, addossando la schiena contro la parete e
raccolse le gambe al petto, appoggiando il mento sulle ginocchia. Dopo
qualche minuto Alice riaprì gli occhi e si accorse della presenza estranea
nella stanza.
-Grazie per avermi riportata qui.-Stavi per cadere come una pera cotta.- disse per allentare la tensione.
-Già.Istintivamente cercò il lenzuolo per coprirsi e Isa capì che non voleva
mostrare i segni della violenza.
-Ci sono abituata.- le disse mestamente. -I miei genitori finiscono spesso
al pronto soccorso con le ossa rotte. È il loro sport abituale quello di
picchiarsi fino al limite.Alice aggrottò le sopracciglia ma non replicò. Che razza di genitori
aveva? Come si poteva vivere accanto a una persona violenta? E farci
vivere una figlia?
-La mia è pudicizia.- mentì.
Isa accettò la risposta con un sorriso e rimase in ascolto della pioggia,
lasciandosi cullare da quel suono uguale e cadenzato. L’ora del pranzo
era trascorsa da un pezzo, eppure non aveva fame e, comunque fosse,
non sarebbe riuscita a ingoiare nulla, talmente si sentiva tesa.
-Posso…- iniziò incerta.
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Alice inarcò un sopracciglio e la vide mordersi le labbra prima di
riprendere:
-Posso… stendermi vicino a te?Quella richiesta la fece involontariamente rabbrividire e per non
offenderla dovette tenere a freno la lingua e non pronunciare l’acre
risposta che le era salita alle labbra.
-E… Perché?- domandò a sua volta, cercando di prendere tempo.
-Non… c’è un motivo.Allora rimani dove sei, urlò la sua mente.
-Forse è meglio di no, gli ematomi mi fanno ancora male.- rispose con
tono pacato.
-Sì, immagino.Rimasero in silenzio, mentre lo stereo si spegneva automaticamente,
lasciando la casa avvolta nel silenzio più totale. Poi, come se non
sopportasse più quella situazione, Isa si alzò e tornò in cucina, aprendo il
frigorifero e prendendo una birra.
Alice tirò un sospiro di sollievo e lentamente si appisolò, sperando che
Tiziano tornasse presto.
~
Isa stava ai fornelli a preparare la pasta per la cena, quando loro
tornarono. Erano bagnati come pulcini dopo essere stati tutto il giorno
sotto la pioggia a scippare borsette e a chiedere l’obolo e solo quando
furono certi di poter comprare almeno una dose a testa erano andati al
Palazzo, dove Alessandro li aveva accolti con pesante sarcasmo. Si era
sparsa la voce dei due poliziotti che avevano arrestato Alice e sia lui che
Claudio ci erano andati giù pesanti nei commenti salaci, ignari delle reali
condizioni della ragazza. Loro non avevano aperto bocca, evitando di far
degenerare la situazione già tesa di per sé e maledicendoli mentalmente
se ne erano tornati a casa.
-Come sta?- s’informò subito Tiziano, posando la bustina sul tavolo.
-Ha dormito per gran parte del giorno.- rispose Isa.
Il ragazzo entrò in camera per controllare di persona come stesse e la
trovò che russava lievemente. Se continuava a dormire voleva dire che i
dolori andavano attenuandosi, o almeno il roipnol l’aiutava, e questo non
poteva che rincuorarlo. Ritornò in cucina e osservò Melissa che tremava
per il freddo.
-Vieni.- la invitò.
Lei lo seguì in bagno e Tiziano le consigliò di fare una doccia calda,
mostrandole l’asciugamano e il fono, assicurandole che le avrebbe
prestato un vestito di Alice. Melissa annuì, ma quando lui stava per
lasciarla sola, lo prese per un braccio e lo costrinse a fermarsi.
-Anche tu sei bagnato e stai tremando per il freddo.- gli fece notare. Faremo la doccia insieme.Il ragazzo esitò, incerto se accettare o meno l’offerta, visto che aveva
gli abiti zuppi incollati al corpo e che il freddo gli era entrato nelle ossa, e
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quella titubanza fece sì che Melissa decidesse per lui, tirandolo a sé
abbracciandolo.
-Lo so cosa pensi.- lo prevenne. -Non abbiamo ancora mai fatto l’amore
ed ora ti propongo di fare la doccia insieme.Tiziano le accarezzò la testa bagnata e ci tenne a precisare:
-Ok. Ma se ancora non siamo mai stati insieme è solo perché l’ero mi
porta via tutte le energie e non ho la forza di fare l’amore.-Lo so.-Sia ben chiaro che non è colpa tua, io ti desidero anche troppo, solo
che…-Lo so.- ripeté lei passandogli le braccia dietro il collo per costringerlo a
chinarsi e baciarla.
A quel punto Tiziano non si fece pregare e mentre la baciava iniziava
a spogliarla, desideroso di vederla in costume adamitico, sentendo sotto
le dita la morbidezza della sua pelle. Lei fece altrettanto e quando
rimasero nudi si guardarono, entrambi troppo magri e con le braccia e le
caviglie tumefatte per i continui e ripetuti buchi, le vene martoriate in
perenne trombosi e con un sorriso entrarono nella vasca. L’acqua calda li
aiutò a sciogliere i muscoli contratti dal freddo e Melissa posò le mani sul
torace di Tiziano, chiedendo:
-Hai mai avuto una ragazza?-Una storia, intendi?-Sì.-No, solo scopate passeggere.-Io non sono mai stata con nessuno.Lui le accarezzò il volto, colto alla sprovvista da quella confessione, e
Melissa scosse la testa, correggendosi in un sussurro:
-No, a dire il vero una volta sono stata con Isa.Tiziano la guardò sgranando gli occhi e lei spiegò il motivo che le
aveva spinte a quel rapporto che aveva comunque sorpreso entrambe.
-Ah, bene.- commentò lui sorridendo. -Devo temere una rivale?-No, lei ha ben altro per la testa.-Ossia?- domandò vago, iniziando ad accarezzarle il seno.
A Melissa sfuggì un gemito e chiudendo gli occhi si lasciò andare per
assaporare quel momento, rabbrividendo al suo tocco lieve.
In seguito non ci fu più spazio per le parole, ma solo la gioia di una
scoperta inebriante.
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PARTE SECONDA
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Roma, 1989
Le luci psichedeliche della discoteca lo innervosivano come sempre,
al pari del tipo di musica che reputava monotona, la base uguale per ogni
presunta o supposta canzone. E, tuttavia, non riusciva a dire di no a
quegli incontri, a quei ritrovi buoni solo per sballare una volta di troppo.
Ultimamente, poi, le cose erano peggiorate.
Lui e Melissa facevano coppia fissa già da alcuni mesi e la cosa non
gli dispiaceva per nulla, se non fosse stato per la difficoltà sempre
maggiore che aveva nel far l’amore con lei. L’eroina lo reclamava in
maniera esclusiva per sé, gelosa del suo amore per la ragazza, mentre la
cocaina non riusciva più a dargli l’impulso necessario. Ultimamente, poi,
eiaculava all’improvviso, nei momenti meno opportuni, e questo lo
prostrava sempre più, mentre le gengive avevano iniziato a sanguinare
ed erano sempre rosse. Come se non bastasse, era costretto a fare
sempre più ricorso al roipnol per poter dormire, cosa che gli riusciva con
maggior difficoltà a causa dell’aumento delle dosi di cocaina. Gli occhi,
poi, venivano colpiti sempre più spesso da congiuntivite… E tutto per
colpa di quel maledetto buco. Se prima riusciva a sbocconcellare
qualcosa, ora si limitava al latte e allo yogurt, le uniche cose che riusciva
a tenere nello stomaco. Se poi tentava di ingurgitare cibo solido il più
delle volte vomitava e deperiva ogni giorno che passava, al pari di Alice e
di Isa e Melissa. Erano diventati quattro cadaveri che avevano solo una
parvenza di umanità, sebbene Alice fosse l’unica a mantenere un certo
decoro, continuando a vestire bene e truccarsi per causa di forza
maggiore.
Erano giunti a dover bucare ogni cinque ore se non volevano cadere
preda della terribile crisi di astinenza e in quelle condizioni rimediare soldi
era sempre più difficile. Il cerchio si era chiuso, al pari del cane che si
morde la coda e la sola idea di tentare di uscirne fuori era scartata a
priori per evitare i dolori atroci causati dalla mancanza di droga.
Melissa lo raggiunse sul divanetto insieme a Isa e a lui fu sufficiente
un’occhiata per capire che si erano appena fatte e quanta roba avevano
in corpo.
-Ciao, bellezza.- salutò baciando la sua ragazza.
Lei gli circondò il collo con le braccia, mentre Isa si lasciava andare
sul divano, gli occhi chiusi, la musica che la stordiva e sospirò: aveva la
sua dose in vena e tutto andava bene.
Melissa toccò il volto di Tiziano e lo redarguì dolcemente:
-Neppure oggi ti sei fatto la barba.101
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Lui sorrise, pensando che il termine fosse un po’ troppo ampolloso per
i suoi quattro peli e annuì appena, difendendosi:
-No, troppa fatica.-Hai visto nessuno?- domandò con tono trascinato, girando lo sguardo
per il locale pieno di ragazzi.
Tiziano fece un gesto vago con la mano e mormorò:
-I soliti bucomani.-Allora siamo ancora tutti vivi.- constatò con noncuranza.
-E questa la chiami vita?Melissa appoggiò la testa nell’incavo della spalla del ragazzo e con la
mano gli accarezzò il petto coperto dal maglione.
-È quella che ci siamo scelti di vivere.Lui non rispose e con lo sguardo cercò Alice sulla pista. La vide
ballare, trascinata dalla musica, così bella e sensuale che, come al solito,
i ragazzi la circondavano sbavandole dietro.
-State all’erta.- annunciò Claudio arrivando all’improvviso seguito da
Alessandro.
-All’erta?- ripeté Tiziano pensando di aver udito male.
I due arrivati si sedettero pesantemente sul divano, strappando Isa al
suo dormiveglia, la quale bofonchiò qualcosa di irripetibile prima di
mandarli a quel paese senza troppe cerimonie.
-Gira crack.- spiegò Alessandro ignorandola.
-Quella merda?-Già, quella merda che ti spedisce al Creatore.Tiziano li osservò, anche loro estremamente deperiti, le gengive rosse
e sanguinanti, l’aria stralunata di chi è perennemente in sballo, i vestiti
sporchi e strappati, i capelli unti attaccati al cranio e pensò che, tutto
sommato, quei due se la passavano peggio di loro quattro.
-Sai bene che non ne facciamo uso.- commentò liquidando la faccenda.
-Lo so, ma i pusher sono molto abili nel loro mestiere. Stanotte ci
saranno parecchi morti.- profetizzò con aria ispirata.
-Ehi, lo sapete chi è schiattato?- s’intromise Claudio senza ritegno per chi
stava parlando. -La bucomane che aveva partorito.-Quella che quest’estate aveva il pancione?- domandò Melissa
sgranando gli occhi.
-Sì, proprio lei. Prima il figlio, morto intirizzito dal freddo, e ieri lei. Via,
andati.- e soffiò sulle dita, come se stesse parlando di oggetti e non di
persone.
Il cinismo la ferì, soprattutto se pensava al bambino, quella creatura
innocente nata in un mondo che non gli apparteneva. Notò che anche Isa
e Tiziano avevano storto la bocca, ciò nonostante non commentarono per
non innescare una violenta polemica.
-Ma come cazzo fa ad essere sempre così bella?- ringhiò Alessandro
fissando Alice. -Non sembra neppure una bucomane.-Cosa che, di certo, non si può dire di te.- lo punzecchiò Tiziano con un
sogghigno, grattandosi distrattamente un braccio.
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-E tu? Tu ti sei guardato?- lo rimbeccò Claudio con veemenza,
intervenendo a favore dell’amico.
-Io non mi nascondo.L’altro restrinse gli occhi e stava per ribattere, quando Alessandro gli
diede una gomitata ammiccando a due ragazzini che si guardavano
intorno. Tiziano se ne accorse e borbottò tutta la sua contrarietà a quel
modo di fare soldi sulla pelle degli altri. Alessandro lo sentì, si chinò fino
ad arrivargli davanti al volto e sibilò stizzito:
-Ma dove credi di andare, eh? Prima o poi lo farai anche tu se vorrai la
tua dose.-No, mai.-Lo farai, lo farai.- ripeté raddrizzandosi e allontanandosi con Claudio per
raggiungere i due ragazzini.
Tiziano li seguì con lo sguardo, come se avesse voluto incenerirli
all’istante e Isa diede voce ai suoi pensieri, intervenendo con tono duro:
-Che essere schifoso. Non poteva schiattare lui anziché quel povero
bambino?-La giustizia divina il più delle volte è fallace.- mormorò Tiziano
scuotendo la testa.
-Sì… ma prima o poi arriva…- sussurrò la ragazza come se parlasse a se
stessa.
Rimasero in silenzio, osservando i ballerini sulla pista che si agitavano
e le cubiste che attiravano l’attenzione dimenandosi con i loro partner
maschili, sfoggiando costumi vistosi per far sognare gli adolescenti che le
guardavano a occhi sgranati. Solo i tossici le osservavano di sfuggita, più
interessati a rimediare stupefacenti che compagne per un’avventura.
-Guarda chi si vede!Isa sobbalzò e si girò di scatto a quel trillo improvviso, riconoscendo
Francesca, una loro compagna di classe che lei e Melissa incontravano a
Villa Borghese nei pomeriggi di svago. Per una frazione di secondo
rimase a bocca aperta per l’irruzione e sbatté le palpebre prima di
scuotersi e salutare con voce piatta:
-Ciao.La ragazza, sorridente per la sorpresa, parve non accorgersi della
risposta fredda, perché si girò per presentarle il suo ragazzo, un tipo
aitante, il classico palestrato, con due occhietti tondi che scrutavano fin
dentro l’anima.
-Lui è Paolo, il mio fidanzato.- cinguettò.
-Piacere, Isa.- si presentò avvertendo un fastidioso brivido lungo la
schiena.
-Il piacere è mio. Francesca parla spesso dei suoi compagni di classe e
praticamente vi conosco già tutti di nome.-Spero ne parli bene.- aggiunse con un sorriso derisorio.
-Sì, sempre.- confermò smielato.
Isa restrinse gli occhi, catalogando il tipo tra le persone meno
raccomandabili che le fosse capitato di incontrare negli ultimi anni, a
dispetto del suo aspetto pulito e dei modi impeccabili che ostentava. E
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©MGL VALENTINI
dire che di gente strana ne aveva conosciuta…
-Ma c’è anche Melissa!- esclamò Francesca quando la scorse dietro la
mole di Tiziano.
In breve, dopo le dovute presentazioni, si unirono a loro sul divanetto
e iniziarono a parlare della scuola e dei vari tentativi di trovare lavoro,
mentre Isa si dimenticava di Paolo e riviveva gli anni trascorsi dietro i
banchi di scuola, costretta a convivere con l’egocentrismo della ragazza,
tanto che l’aveva soprannominata “Pallone gonfiato”.
-Sono incerta se iscrivermi all’università o buttarmi nel mondo dei
salariati.- stava dicendo Francesca, con la mano all’altezza della bocca,
in posa filosofica.
-Non è un po’ tardi per l’università?- domandò Isa inarcando le
sopracciglia.
-Già… In effetti mi sono presa un anno sabbatico per riflettere e lo sto
tuttora facendo. Sai, quando non hai bisogno di lavorare puoi permetterti
di riflettere sul futuro. È importante.-Già.- biascicò.
-E voi cosa fate?Ci buchiamo, pensò Isa e sorridendo rispose scimmiottandola:
-Oh, niente. Ci siamo prese un anno sabbatico per riflettere.Tiziano sogghignò al tono serio e impostato e Melissa gli sferrò una
gomitata nelle costole, mentre la compagna di classe riprendeva a dire:
-Paolo invece lavora in banca.-Che bello.- rispose Isa non riuscendo a celare il sarcasmo.
Francesca continuò a parlare con vivacità, l’aria civettuola da oca
giuliva che aveva sempre ostentato come fosse un vanto, evidente
atteggiamento da primadonna, mentre Isa si rendeva conto sempre più
spesso delle occhiate che Paolo rivolgeva a Tiziano. Questi, intento a
coccolare Melissa, non se ne era ancora accorto ma a lei non sfuggì
l’apprezzamento che lesse negli occhietti tondi del ragazzo. Per un
secondo osservò Francesca, il suo modo di porsi sempre al centro
dell’attenzione e di vantarsi dei suoi capelli biondo naturale che tutte le
invidiavano e si domandò se, tutto sommato, la giustizia divina esistesse.
Non le era neppure sfuggito il connubio Paolo e Francesca di dantesca
memoria e il pensiero che la sua compagna di classe avesse trovato un
fidanzato non proprio eterosessuale le dava una gioia indescrivibile.
Come una vendetta gustata a distanza.
-Avete intenzione di sposarvi?- domandò all’improvviso, studiando
attentamente le reazioni.
Quella di lei fu di sorpresa, che celò subito dietro un sorriso solare,
rispondendo:
-Be’, ancora è presto, ma sicuramente sì, magari tra un anno o due al
massimo. Sai, meglio non mettere troppo tempo in mezzo.- aggiunse con
aria complice.
La reazione di lui fu di inorridire al solo pensiero e abbozzò un sorriso
di circostanza per nascondere l’apprensione. Isa sogghignò divertita e
Melissa la fissò come se fosse impazzita d’un colpo.
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-Siete davvero una bella coppia… affiatata.- si complimentò con tono
convinto.
-Grazie, ce lo dicono tutti.- rispose lei aggrappandosi al braccio del
fidanzato con aria svenevole.
In quel momento, come un fulmine a ciel sereno, Alice li raggiunse e
si mise seduta accanto a Isa, la quale, con somma soddisfazione, la
presentò ai nuovi arrivati con un sorriso a cinquanta denti. Il volto
improvvisamente pallido e tirato di Francesca la mandò in visibilio,
immaginando la sua invidia nel constatare che esisteva al mondo
qualcuno più bello e affascinante di lei e con noncuranza mise la mano
su un braccio di Alice.
-Stasera non balli?- domandò la ragazza con il volto accaldato dalla
danza.
Isa la guardò a lungo, ancora più bella con le gote scarlatte e rispose:
-Sì, mi stavo solo riposando un poco. Prendo da bere e poi andiamo. Il
solito?-Sì, grazie.- rispose Alice sorridendole.
Isa si alzò e andò al bar per prendere una birra per sé e latte e menta
per l’amica, e mentre attendeva le ordinazioni osservava verso il divano,
felice di essersi indirettamente presa una rivincita sul “Pallone gonfiato”.
Per cinque lunghi anni era stata costretta a sentirla elogiarsi senza falsa
modestia, ignorando le ragazze meno carine della classe, come se
neppure esistessero ed ora, finalmente, con somma gioia la vedeva
impallidire a confronto con la bellezza statuaria di Alice. Con una certa
soddisfazione prese le bibite dal bancone e una la consegnò all’amica,
mettendosi poi seduta per sorseggiare la birra, notando uno sguardo
nuovo in Paolo. Si stava domandando chi fosse Alice, ne era certa e si
rese conto che, se avesse intuito la verità, ci sarebbe rimasta piuttosto
male. Non voleva che la guardasse allo stesso modo in cui sbirciava
Tiziano. Stavano parlando del più e del meno, come vecchi amici e
avevano lasciato Francesca in silenzio, evento più unico che raro. Fu
Melissa che alla fine si mise a parlare con lei, domandando se avesse
mantenuto rapporti con gli altri compagni di classe. Isa gliene fu grata e
rimase in ascolto delle stupidaggini che si raccontavano, fin quando Alice
terminò il suo latte e menta e si girò a guardarla.
-Io vado.- annunciò ammiccando alla pista da ballo. -Vieni?Isa annuì, fece un cenno di saluto e seguì l’amica con un sorriso
beota sul volto.
-Cos’hai da ridere?- s’informò Alice curiosa.
-Oh, una cosa mia, niente di importante.- minimizzò.
-Il fidanzato della tua amica è gay.-Sì, lo so. L’ho capito da come guardava Morte.-Ah, bene!- rise.
-Sto imparando, come vedi.Iniziarono a ballare a modo loro, estraniandosi dal resto dei danzatori,
in coppia, con movenze sensuali, sfiorandosi con il corpo,
accarezzandosi lievemente e quel loro gioco, che durava da alcuni mesi,
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era l’unico momento in cui Isa riusciva ad avere un lieve contatto con la
persona che aveva imparato ad amare in silenzio e che non l’avrebbe
mai ricambiata.
-Sono meravigliose.- commentò Tiziano osservandole.
-Sì, vero.- l’appoggiò Paolo irretito dalle loro movenze provocatorie.
-Sono oscene. Sembrano lesbiche.- commentò Francesca con evidente
disgusto, sedendo rigida come se avesse appena ingoiato un manico di
scopa.
Melissa sorrise e si accoccolò contro Tiziano, guardando in faccia la
ristretta mentalità della compagna di classe. Se avesse saputo tutta la
verità sarebbe fuggita lontano mille miglia, per mantenere integra la falsa
moralità di cui faceva virtù. E, ciò nonostante, incapace di distogliere lo
sguardo dalle due ballerine che avevano calamitato l’attenzione generale.
-Hai saputo di Giulia?- domandò all’improvviso, girandosi per non
guardare.
Melissa scosse la testa e lei continuò:
-Si è sposata con quel vecchio. L’ha detto e l’ha fatto. Ma ci pensi?
Rabbrividisco alla sola idea. Quando l’ho raccontato a Paolo si è stupito
quanto me.Melissa sbirciò di sottecchi il ragazzo e lo sorprese a fissare in modo
inequivocabile Tiziano, il quale aveva infine preso coscienza della
morbosa attenzione dell’altro e si divertiva sotto i baffi.
-Non stento a crederlo.- commentò Melissa trattenendo il sorriso.
L’interessato si sentì in dovere di annuire e Tiziano gli chiese:
-In quale banca lavori?-A quella in Via Nazionale.-Se ci capito verrò a salutarti.- buttò lì.
Lui si illuminò in volto e gonfiando il petto muscoloso rispose:
-Niente mi farebbe più piacere: gli amici di Francesca sono i miei amici.-Già.- biascicò beffardo.
Melissa dovette dargli un’altra gomitata per farlo smettere e lui ne
approfittò per chinarsi verso di lei e baciarla.
-Lasciami divertire un po’.- le sussurrò dolcemente sulle labbra.
-Sono gelosa, lo sai.- rispose lei ridendo.
Lui arricciò il naso e notò:
-Allora vuol dire che mi ami.-Questo lo dici tu: non mi sono ancora bevuta il cervello.Tiziano sorrise e ricominciò a stuzzicare Paolo, pensando che era la
prima volta, in tutti quegli anni che andava alle riunioni, in cui non si stava
pentendo di essere intervenuto. Quella strana coppia era da prendere in
giro in ogni occasione e in qualsiasi istante, così ipocritamente perfetta
da risultare una fonte inesauribile di spunti per divertirsi. E lui lo fece per
tutta la durata della sera, facendo ridere anche Melissa.
~
106
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Arrivò al prato che era buio, sebbene fosse solo pomeriggio inoltrato,
con il bavero del giubbotto rialzato e una sciarpa nera che gli copriva
mezzo volto. Non sentiva particolarmente freddo, anche se l’aria
invernale era carica di umidità che penetrava nelle ossa, e si rassegnò
all’evidenza che stava diventando un vegetale. Le stagioni non facevano
più la differenza: ormai caldo e freddo erano solo un ricordo sbiadito dal
tempo e dalle troppe dosi di eroina.
I lampioni illuminavano poco e male, ma quando arrivò davanti al
Palazzo si rese conto subito che qualcosa non andava. La puzza
perenne di piscio, sterco e vomito la faceva da padrona, come sempre,
accompagnata da frotte di mosche e da centinaia di siringhe lasciate per
terra a mo’ di concime; eppure qualcosa di diverso c’era. Non si
sentivano i soliti tossici che parlavano e discutevano di droga, clienti e
polizia, ma solo un rumore sommesso, come se qualcuno piangesse o si
lamentasse.
-Alex?- chiamò circospetto.
Nessuno rispose e chiamò di nuovo, sperando di trovare il pusher per
prendere la roba e tornare a casa.
-Morte, vieni dentro.- si udì infine in risposta in tono sommesso.
Con le mani in tasca e l’alito che si condensava per il freddo pungente,
Tiziano esitò e si guardò intorno.
-Morte, vieni a darmi una mano… Indiano è qui, è morto e… ed io non so
che fare…La prima reazione di sorpresa fu subito soppiantata da un ghigno di
soddisfazione che lo fece sentire improvvisamente bene come non
ricordava da anni e, dopo aver deglutito, rispose con imperturbabilità:
-Lo sai che lì dentro non entro.-Se ne sono andati tutti e… lui è morto, è qui…-Se è morto è inutile che entri, non ti pare?- commentò con gelida logica.
-Mi vuoi aiutare o no, brutto stronzo?- sbraitò Alessandro disperato.
Tiziano ragionò alacremente: se gli avesse risposto picche lui avrebbe
alzato il prezzo delle dosi; se l’avesse aiutato non ci avrebbe guadagnato
nulla, se non il disprezzo per se stesso. Per un attimo non seppe cosa
fare e nella mente saettò l’immagine di Piazza del Popolo in quel famoso
carnevale.
-È davvero morto?- chiese.
-Sì, perdio! Stecchito. Una dose tagliata male presa da uno stronzo.Tiziano esitò, domandandosi per quale motivo Claudio avesse
comprato eroina altrove e non dal suo amico e con un sospiro suggerì:
-Prova a chiamare la pula.In risposta si udì un borbottio inintelligibile e dopo poco Alessandro
apparve sull’entrata dell’edificio. Nonostante la poca luce che giungeva
dai lampioni lungo la strada acciottolata, era evidente quanto fosse
sconvolto, gli occhi iniettati di sangue, la bava alla bocca e un tremito
convulso per tutto il corpo e Tiziano ne ebbe quasi timore.
-Io lo so perché non vuoi aiutarmi!- lo accusò con tono stridulo,
menandogli l’indice sotto il naso. -Ti stai vendicando di quella notte.107
©MGL VALENTINI
L’interpellato non rispose e tirò fuori i soldi mettendoglieli davanti agli
occhi, facendogli capire che voleva i quartini e null’altro.
-Non mi ascolti, eh?- insistette pulendosi la bocca dopo aver sputato per
terra. -Non te ne frega un cazzo che sia schiattato, vero?-Ti sto pagando: dammi la roba.-E credi che in questo momento io possa pensare a spacciare?- strillò
inviperito, una vena del collo che si era gonfiata a dismisura. -Con il mio
amico morto?A quel punto Tiziano perse la pazienza e con stizza lo afferrò per il
bavero del giubbotto e lo scosse rudemente, sibilando:
-So bene di che pasta sei fatto, brutto figlio di puttana! Non mi inganni
con il tuo pianto da coccodrillo e non riuscirai a farmi sentire in colpa.
Dammi la roba o me la prendo da solo.Alessandro provò a liberarsi, senza riuscirci e con un singulto frugò in
tasca dei jeans, tirando fuori quattro dosi. Tiziano le prese, pensando
vagamente che un tempo non molto lontano sarebbero state sufficienti
per un giorno intero, mentre ora bastavano a coprire solo poche ore.
Fissò Alessandro negli occhi, mostrandogli tutto il disprezzo che covava,
quindi gli diede una spinta per lasciarlo andare e il ragazzo barcollò prima
di finire gambe all’aria.
-Bastardo rotto in culo…- gemette cercando di rialzarsi.
Tiziano si girò, fece due passi, quindi voltò appena la testa e
indicando il Palazzo sentenziò:
-Uno stronzo di meno.~
-Sono qui.- annunciò Alice appena udì la porta chiudersi.
Tiziano la raggiunse e la trovò in vasca, sommersa dalla schiuma, le
ginocchia piegate che svettavano come picchi di montagne oltre le nubi, i
capelli raccolti sulla testa e le spalle che lambivano l'acqua.
-Niente doccia, oggi?- disse sorridendo.
-Allora? Quanto?-Quattro spade.Alice sorrise e tirò fuori dell'acqua un braccio dalle vene nere.
-Ti prego...- sussurrò debolmente. -Tra un po' mi consumo i reni a forza
di massaggiarli.-Le reni.- corresse senza rendersene conto.
Tornò in cucina e sedette al tavolo, iniziando a preparare la siringa
con movimenti meccanici. Riscaldò l'eroina sul cucchiaio dopo averla
diluita con il limone e quando fu pronto tornò dall'amica. Le tastò il
braccio in cerca di una vena sana e infilò l'ago, iniettando la dose. Quindi
pensò a se stesso e quando iniziò a stare meglio preparò le altre siringhe
e le ripose nel cassetto. Raggiunse di nuovo Alice e si sedette sul bordo
della minuscola vasca, annunciando:
-L’Indiano è andato.108
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La ragazza lo guardò incredula e lui piegò le labbra in un sorriso
gelido.
-Andato.- ripeté con una certa soddisfazione.
-Bene. Uno di meno.- commentò infine Alice, riprendendo a lavarsi.
Tiziano annuì e, visto che non accennava ad andarsene, lei chinò di
lato la testa con una muta domanda negli occhi.
-Stavo pensando,- iniziò lui con tono ragionevole, -che abbiamo venduto
tutto, non c'è rimasto niente in casa, a parte l'indispensabile. L'unica cosa
vendibile è il Suzuki.-No!-E perché mai, santo cielo?- sbottò, già preparato a quella negazione. -La
benzina costa.-Ho detto di no. In fondo non paghi niente per mantenerlo: né
assicurazione né bollo. Niente. Un po' di benzina non è la fine del
mondo.-Ma con i soldi che risparmieremmo...-No! Sei sordo, perdio? No!- urlò stizzita, raddrizzando la schiena e
fissandolo con occhi che mandavano scintille.
-Ehi, si può sapere perché ti scaldi tanto? In fondo è mio…-È l’unica cosa che ci rimane; non voglio che lo vendi.- ripeté cocciuta.
Si alzò senza neppure sciacquarsi la schiuma di dosso, uscì dalla
vasca e si avvolse in un asciugamano sporco prima di dirigersi in camera
per vestirsi, seguita da un attonito Tiziano.
-Di grazia, mi spiegheresti per quale motivo non vuoi che venda…-No!!- gli urlò in faccia, facendolo irrigidire. -E non voglio più discuterne!Il ragazzo scosse la testa, incapace di capire quell’accanita resistenza
e alla fine capitolò, non aggiungendo altro per non litigare con lei. Rimase
a osservarla mentre si rivestiva, come se dalle sue movenze avesse
potuto trovare la chiave di volta per svelare l’arcano di quella tenace
presa di posizione, fin quando sentì suonare alla porta.
-Chi sarà?- domandò.
-Certo, se resti lì a fissarmi non lo saprai mai.- lo rimbeccò Alice
indispettita, indossando una camicia.
Alzò le mani arrendendosi e con aria annoiata andò ad aprire.
-Ehi...- mormorò sorpreso.
-Ciao.- mormorò Melissa entrando con Isa.
Tiziano sorrise, le passò un braccio intorno alla vita e si chinò per
baciarla, mentre Isa si sedeva al tavolo della cucina. Alice uscì dalla
camera con un paio di jeans e una camicia sblusata che nascondeva la
mancanza del reggiseno imbottito, i capelli raccolti e qualche riccio che
ricadeva ribelle sulle spalle.
-Ciao.- salutò con un sorriso.
Isa e Melissa la guardarono e si resero conto che era la prima volta
che la vedevano in abbigliamento unisex, priva di trucco e, ciò
nonostante, comunque bella e questo le lasciò interdette e incredule,
giungendo alla conclusione che con Alice la natura aveva commesso un
terribile errore.
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-Sapete l’ultima?- iniziò Tiziano mentre prendeva birra e latte dal
frigorifero. -L’Indiano è andato. Morto. Stecchito.Le due ragazze rimasero ammutolite, come se avessero avuto
bisogno di tempo per assimilare la notizia, quindi Isa sogghignò e con
una certa soddisfazione commentò lapidaria:
-Uno stronzo di meno.-Quello che ho detto anche io.- convenne Tiziano soddisfatto.
-E Alex?- domandò Melissa. -Come l’ha presa?-Direi piuttosto male.- rispose con indifferenza. -La verità,- ammise, -è
che non me ne frega un cazzo, né di Alex né dell’Indiano.Quelle parole gelide, crudeli, che mostravano la sua implacabile
risolutezza, rimasero sospese nell’aria e si resero conto che, in finale,
non importava neppure a loro che Claudio fosse morto, come se ormai
null’altro avesse rilevanza se non la dose e come rimediarla. E di questo
finirono per parlare, di come fare per alzare i soldi necessari,
dimenticandosi della morte di un amico.
-Perché non provi a fare il Pony Express? Non è difficile.- suggerì
Melissa.
-No. Non ce la farei a fare avanti e indietro per Roma tutto il giorno. Non
ne ho la forza. Senza contare che non ho il motorino ma un ingombrante
4WD e che non sono un tipo affidabile, tanto meno raccomandabile.-Il motorino potrei prestartelo io.- si offrì testarda.
-No, lascia perdere. Finché dura, continuerò a rubare.-Una volta mi dicesti che davi ripetizioni.- osservò.
-Sì, una volta, mille anni fa. Chi vuoi che venga a regalare soldi a un
bucomane senza imparare niente? Avevo un’allieva, ma l’ho mandata
via.-Perché?-Perché si era presa una sbandata e continuava a venire solo per cercare
di rimorchiarmi. Sai bene che se stai a contatto con un tossico prima o
poi cadi nella rete. Non ho voluto ucciderla.La ragazza sorrise e lo abbracciò, mentre Isa e Alice li guardavano
trasecolando, inarcando le sopracciglia incredule.
-Che sognatori…- borbottò Isa senza cattiveria, poggiando il gomito sul
tavolo e posando la testa sulla mano.
-Sì, sono due esseri alquanto strani.- convenne Alice prendendo una
pasticca di roipnol e ingoiandola.
Isa la sbirciò e istintivamente allungò la mano per metterle un riccio
ribelle dietro l’orecchio. L’altra si irrigidì appena eppure la lasciò fare, e in
quella frazione di secondo l’immagine di Silvia le transitò nella mente,
facendole chiudere gli occhi e avvertire una fitta al cuore. Con un sospiro
si alzò dal tavolo, mentre Tiziano e Melissa si eclissavano in camera da
letto e si morse le labbra, pensando che doveva prepararsi se voleva
uscire a fare marchette. Si voltò verso Isa, che la fissava con aria strana
e per un attimo rimase incerta sul da fare.
-Qualcosa non va?- domandò.
L’interpellata scosse la testa lentamente e rispose:
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-Nulla, a parte il fatto che inizio a odiarmi.-Odiarti?-Sì,- sussurrò, -mi odio perché amo un uomo che è una donna.Alice rimase con il fiato sospeso, impreparata a quella confessione
senza peli sulla lingua e deglutì imbarazzata. Isa si alzò dalla sedia, tirò
indietro i capelli e riprese il giubbotto, avvicinandosi alla porta di casa.
Mise la mano sulla maniglia e prima di uscire si girò verso Alice, irrigidita
davanti alla cucina a gas. Per un istante i loro sguardi si incrociarono,
rivelando il terrore di una e la rassegnazione dell’altra e non ci fu bisogno
di aggiungere altro.
~
Alice entrò nell’androne del palazzo, si appoggiò alla parete e con
mano tremante riaprì la busta, tirando fuori il foglio. Lesse di nuovo,
ripensando alle parole del medico che le spiegava come avrebbe dovuto
comportarsi per continuare a fare una vita normale e la terapia a cui si
sarebbe dovuta sottoporre, ciò nondimeno in quel lasso di tempo riuscì a
focalizzare solo quell’unica parolina che risaltava come una sentenza di
morte: positivo.
La porta dell’appartamento a pianoterra si aprì e ne uscì la vecchietta
che tempo prima Tiziano aveva trattato in malo modo.
-Oh, buongiorno, mia cara.- salutò riconoscendola.
-Buongiorno.- rispose lei rimettendo via il foglio e provando a sorridere.
A testa bassa salì le scale a due a due e quando fu dinanzi alla porta
di casa inspirò a fondo ed entrò. La cucina era vuota, segno che Tiziano
era già uscito a rimediare soldi e quella solitudine la rincuorò: aveva
bisogno di tempo per assimilare il colpo. Posò la borsa sul tavolo, si tolse
gli stivali lasciandoli per terra e prese la busta per andare a nasconderla
in camera. Sgranò gli occhi alla vista di Tiziano sul letto che stava
sbadigliando e si arrestò in mezzo alla stanza, celando la busta dietro la
schiena, sperando di essere stata abbastanza veloce.
-Ciao. Sei uscita?- domandò il ragazzo strofinandosi gli occhi.
-Io… sì.Lui si alzò con gesti pacati, sentendo forte il senso di nausea e
inspirando a fondo si toccò lo stomaco ribelle, sperando che passasse.
Deglutì e con una mano tirò indietro i capelli, ma il malessere persistette
e solo dopo aver tossito gli parve di stare meglio.
-Cazzo…- mormorò pulendosi la bocca. -Cos’hai dietro la schiena?Alice impallidì, esitò facendo un passo indietro, serrò le labbra in
attesa di una improbabile via di fuga che non sopraggiunse, quindi espirò
e senza più cercare di nascondersi mostrò la busta. Tiziano inarcò le
sopracciglia senza capire e automaticamente la prese, leggendo
stampigliato sopra il nome di un nosocomio.
-Cos’è?-Il risultato dell’esame che ho fatto.-Quale esame?111
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La ragazza si morse le labbra, fece un gesto esasperato con le
braccia e sbottò dicendo:
-Stai tranquillo, me ne andrò via il prima possibile.-Ma… che cazzo stai dicendo?- borbottò insospettito. -Stai dando di
matto o ti è flippato il cervello?-No, ho bisogno di farmi una spada di coca.Si girò per andare in cucina, ma lui fu più veloce, l’acciuffò per un
braccio per trattenerla, chinò appena di lato la testa per fissarla negli
occhi e rispose categorico:
-Niente da fare, dolcezza. In corpo hai già mezzo grammo di ero, non te
ne andrai in rianimazione.-Ne ho bisogno.Tiziano scosse la testa risoluto e domandò:
-Che hai? Che ti succede?-Lasciami andare a prendere una dose.- supplicò.
-No, non lascerò che ti uccida. Parla, poi ti sentirai meglio.-Meglio?- ripeté sarcastica, cercando di liberare il braccio dalla presa di
Tiziano. -Certo, come no…Il ragazzo si rabbuiò in volto, non avendola mai vista in quelle
condizioni e scansandole i capelli dal volto le chiese con dolcezza:
-Non vuoi parlare e dividere il tuo fardello con me?-Questo no, sarebbe troppo crudele.-Perché?-Sieropositiva.Tiziano rimase impietrito a fissarla negli occhi, come se gli avessero
appena comunicato la propria sentenza di morte e lei continuò con tono
mesto:
-Me ne andrò, non ti preoccupare; se rimango c’è il rischio che possa
contagiarti ed è chiaro che mi sei troppo caro perché possa accettare una
simile responsabilità.-Come… cosa… Sei certa?-Hai la risposta nelle tue mani.Lui abbassò lo sguardo sulla busta che ancora teneva tra le dita,
accorgendosi che aveva iniziato a tremare, quindi tornò a fissare il volto
pallido dell’amica.
-C'è tempo prima che la malattia esploda.- spiegò lei con tono piatto. Potrebbe non avvenire subito, come potrebbe scoppiare domani. Sono
come una mina vagante che se tocca qualcosa la contagia.Improvvisamente Tiziano gettò a terra la busta e con mossa repentina
abbracciò la ragazza, tenendola stretta a sé, come se avesse avuto
paura di perderla in quell’istante.
-Non sei malata, non ancora. E se anche lo diventassi, questa è casa tua,
nessun'altra. Quindi fammi il piacere di non uscirtene mai più con queste
cazzate.- concluse risoluto.
Alice sussultò, avvertendo l’affetto con il quale lui la circondava e la
faceva sentire protetta e con le lacrime agli occhi si staccò per guardarlo
e per accarezzargli il volto.
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-Ok.- le disse lui rassicurante, asciugandole le lacrime con il dorso della
mano. -Abbiamo imparato a convivere con le pere, impareremo a
convivere con quest'altro mostro.Lei scosse la testa, mordendosi le labbra e mormorò:
-Non è la stessa cosa.-Sì che lo è.-Io non potrò più avere clienti, lo capisci? Non me la sento di contagiare
degli innocenti, va contro i miei principi.-Chiaro.-È chiaro anche che senza clienti non ci saranno più soldi.-Chiaro.-E senza soldi niente spade.-Chiaro, un assioma ineccepibile.Alice roteò gli occhi al cielo esasperata, si allontanò bruscamente da
lui, non sapendo più come spiegargli che le cose sarebbero cambiate in
maniera drastica e domandò:
-E allora?-E allora troveremo una via d'uscita.-Non esiste!- esclamò lasciando esplodere la rassegnazione, allargando
le braccia in un gesto esasperato.
-Cercheremo un lavoro.Alice rimase a bocca aperta, fissandolo negli occhi come se fosse
impazzito e infine sentenziò mettendo fine alla discussione:
-Hai flippato.-No.-Sì, invece. Chi pensi sia così scemo da dare lavoro a due sballati come
noi? Un pazzo. Giusto un pazzo.Tiziano non rispose. Chinò la testa, sapendo bene di stare bluffando;
tuttavia si augurava di riuscire a sollevare il morale dell'amica, nella
speranza che non si deprimesse oltremisura e non commettesse follie.
-Un modo lo troveremo, sta' tranquilla.-Non mi preoccupo. Com'è che dici, Morte? Life is death.-Sì, la vita è morte.-Amen.-
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Rimini, 1989
Alice si tolse le scarpe e sospirò al fresco della sabbia. Si avvicinò
all'acqua e ci immerse i piedi, sentendola piacevolmente calda.
Tiziano la guardò un attimo, quindi alzò gli occhi al cielo stellato e si
sdraiò sulla sabbia dorata, ignorando il venticello freddo che sferzava il
litorale romagnolo. Era l’ora di cena e c’era ancora gente sul lungomare
che passeggiava o andava in bicicletta, ma nessuno scendeva sulla
spiaggia e loro si stavano godendo quell’attimo di beata solitudine.
-Quante spade abbiamo ancora?- domandò Alice raggiungendolo.
-Sei.-Sei... Io me ne faccio una.Si avvicinò al Suzuki parcheggiato sul lungomare, che dal giorno
prima fungeva da casa, aprì il cruscotto, prese due siringhe e il laccio e
tornò dall'amico. Con calma tolse il giubbotto, alzò la manica del
maglione, strinse il laccio e si iniettò la dose, chiudendo gli occhi al flash
che la stordì. Quando si sentì meglio si girò verso Tiziano, gli prese il
braccio e senza che lui protestasse gli inoculò la dose. Quindi, come se
niente fosse, iniziò a giocare con la sabbia, afferrandone una manciata e
lasciandola scivolare tra le dita lunghe e magre.
Passò un po' di tempo senza che nessuno aprisse bocca, le luci dei
lampioni del lungomare che illuminavano solo un tratto di spiaggia, i
gabbiani che passeggiavano sul bagnasciuga lasciando l’orma delle loro
zampette, poi Tiziano chiese:
-Perché l'hai fatto?-Te la saresti fatta comunque. Lo vedo quando ne hai bisogno. E poi non
mi va di essere in sballo da sola.-Come ti senti?-Ok. L'aria di Rimini mi ha rimesso a nuovo.-Se vuoi possiamo stabilirci qui. Cerchiamo un buco decente e piantiamo
radici.Lei scosse appena la testa, ripensando al viaggio intrapreso il giorno
prima per fuggire da qualcosa che neppure loro conoscevano,
trascorrendo la notte nel Suzuki e rispose:
-No. Preferisco tornare a Roma. Melissa… L’hai avvertita che saremmo
venuti qui?-No. Non ci ho pensato.- ammise, avvertendo rimorso per la mancanza.
Alice prese una nuova manciata di sabbia, la lasciò scivolare via
percependone il freddo tra le dita, quindi sospirò e confessò in un
sussurro:
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©MGL VALENTINI
-Isa è innamorata di me.Tiziano si mise su un fianco e studiò a lungo il suo profilo perfetto,
stagliato contro il mare scuro e pieno di luci argentate provenienti dal
riverbero della luna che si affacciava sulle onde, circondato da alcuni ricci
ribelli che danzavano lungo le gote prive di barba. Sentendosi osservata
lei si girò e socchiuse gli occhi truccati e dal magnetico sguardo azzurro.
-Hai sentito cosa ho detto?-Sì e non mi meraviglio.Lei abbozzò un sorriso pallido e notò:
-Alle volte mi fissi come se fossi un'aliena.-Ti guardo perché sei bella.-Lo credi sul serio?-Certo, e mi rode sapere che...Si bloccò, ben sapendo che non gradiva essere riconosciuta per
quello che era.
-Puoi dirlo: un uomo. Lo concedo esclusivamente a te perché sei il solo
che mi abbia accettato per quella che sono e non sono. A volte mi chiedo
perché hai acconsentito a vivere insieme a un travestito, sopportando
tutte le maldicenze e gli insulti della gente.Tiziano si scurì in volto e con stizza spiegò:
-Perché sono un bucomane. E perché di quello che dice la gente non me
ne fotte un cazzo.-Cos’ho fatto per meritarmi un amico simile?- mormorò dolcemente,
tornando a giocare con la sabbia.
-Ehi, Alice, non cadermi in paranoia, ti prego.- sbottò insofferente.
La ragazza non l’ascoltò, troppo presa a rigirare per la testa un’idea
pazzesca che accarezzava da quando erano partiti da Roma. Tiziano se
ne accorse e si tirò su a sedere, chiedendo circospetto:
-A cosa pensi?-A qualcosa di bellissimo.-Ossia?Lei rise, si alzò e tornò vicino al fuoristrada, prendendo le ultime
quattro siringhe.
-Guarda,- disse porgendogliene due, -queste sono le ultime pere che
abbiamo. Perché aspettare?-Che significa: perché aspettare?- domandò allarmato.
-Facciamole subito.-Sei impazzita?!- esclamò indicando le dosi. -In ogni siringa c’è mezzo
grammo.-E allora? Ci facciamo un bel trip, di quelli consistenti.-Consistenti in overdose!- sbottò. -No, non se ne parla.-Un grammo non ci manderà al Creatore.- insistette caparbia.
Tiziano passò una mano tra gli spioventi capelli corvini e replicò:
-Già, e quello che ci siamo appena sparati? Te ne sei dimenticata?Alice sfoderò il suo più bel sorriso e fece brillare le siringhe contro la
luce delle stelle, rimanendo in contemplazione del liquido che avrebbe
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©MGL VALENTINI
messo termine alla sua vita una volta per tutte, liberandola da quella
lenta e triste agonia.
-Hai paura?- insinuò con dolcezza.
-Io… No, non ho paura, ma non voglio crepare così.-Perché crepare? Non ci accadrà nulla, stanne certo.-Due grammi in corpo ti spediscono al diavolo!Con un’alzata di spalle, finse di arrendersi al suo ragionamento e
rispose:
-Non prendertela, Morte. Era una proposta eccitante, però se non vuoi
lascerò stare.Si rialzò e si allontanò di qualche passo, ma anziché tornare al Suzuki
sedette sulla sabbia, unendo le piante dei piedi. Infilò gli aghi nelle vene
delle caviglie e prese una siringa per mano, pronta a spingere gli stantuffi.
-Aspetta!- urlò Tiziano precipitandosi accanto a lei, appena si accorse di
quello che stava facendo.
Si iniettò le dosi prima che lui riuscisse a bloccarla e subito dopo un
tremito convulso le scosse il corpo e provò a urlare quando sentì il cuore
scoppiare in mille pezzi. Sgranò gli occhi, con le pupille che a momenti si
rimpicciolivano e altri diventavano ventose enormi e fissò l’amico prima di
svenire.
~
Non fa effetto, Cristo! pensò disperato. Il narcan non sta facendo
effetto! E lei sta morendo!
Le toccò un braccio e lo sentì freddo, rigido, cadaverico. Le alzò la
maglia e spostò il reggiseno imbottito, appoggiando l'orecchio sul suo
cuore: batteva pianissimo, come un'eco lontana e irraggiungibile. Il
respiro era appena accennato e con un gemito la guardò in faccia.
-Occorre aiuto?Sobbalzò, non essendosi accorto dell’arrivo di due ragazzi e con un
grugnito rispose:
-No, è tutto sotto controllo.-Sei certo? La tua amica non mi pare che stia…-Fatti i cazzi tuoi!- urlò sull’orlo della disperazione.
I due ragazzi scossero la testa ed esitando ripresero a passeggiare
sul bagnasciuga, mormorando qualcosa di poco carino contro i tossici.
Tiziano si accertò che si fossero allontanati e che non ci fosse nessun
altro nei paraggi, prima di tornare a concentrarsi sull’amica. Coraggio,
Alice, fatti forza! Non lasciarti cullare dal coma! Esci fuori, coraggio! Iniziò
a farle un massaggio cardiaco, contando, imprecando e bestemmiando a
denti stretti e in quel momento il corpo di Alice sussultò. Tornò immobile
per un attimo, quindi iniziò a tossire e Tiziano sospirò, tornando a vivere.
-Sì, tossisci. Se ci riesci, prova a vomitare.- mormorò dolcemente.
Come se avesse voluto ubbidirgli, lei si rigirò sulla sabbia e iniziò a
dare di stomaco, mentre il respiro tornava normale e i battiti cardiaci
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aumentavano. Lentamente le membra si intiepidirono e persero la rigidità
del coma e Alice tornò a vivere.
Si mise seduta con la velocità di un bradipo e rabbrividì al freddo della
notte.
-Volevi provare la mia bravura di medico?- scherzò Tiziano per spezzare
la tensione che l'aveva tenuto agghiacciato. -Sei stata fortunata: avevo il
narcan con me.-Avresti fatto meglio a lasciarmi morire.- rispose abulica.
Lo schiaffo arrivò come una staffilata che le fece rigirare la testa e
rimase a fissare Tiziano annichilita: non aveva mai alzato le mani su di lei,
o su qualsiasi persona che non se lo meritasse.
-Non lo ridire e non riprovarci mai più, stronza!- la redarguì.
Si alzò di scatto, si tolse il giubbotto, la maglia e i jeans, ignorando il
vento freddo e si buttò in acqua, iniziando a nuotare verso il largo. Nuotò
fino allo stremo delle forze, quindi fece il morto e rimase a fissare le stelle
brillanti sopra il mare.
Si lasciò cullare dolcemente dall'acqua calma e calda, in netto
contrasto con il freddo invernale, e provò a immaginare una vita senza
Alice. Impossibile. Erano cresciuti insieme, si erano fatti la prima canna
insieme, insieme si erano fatti il primo buco, si erano salvati la vita
vicendevolmente; insieme si erano divertiti, avevano sofferto, avevano
studiato; si capivano senza bisogno di parlare e Alice era l'unica a
potergli bucare il braccio: non lo permetteva a nessuno; e lui bucava lei.
Si fidavano solo di loro stessi, mentre avevano imparato a diffidare di tutti.
Senza Alice non poteva vivere; e Alice non poteva vivere senza di lui. Si
completavano a vicenda e si odiavano a vicenda, vedendo nell'altro il
riflesso di se stesso, la nullità che ciascuno era diventato.
Con stizza riprese a nuotare verso riva e raggiunse l'amica seduta
sulla sabbia, grondando acqua come un pulcino e lei fissò ridendo i suoi
boxer gocciolare impietosamente.
-Sei tutto scemo.-Senti chi parla!- ringhiò rivestendosi frettolosamente prima di prendersi
un malanno.
Le sedette accanto e notò che si era rimessa il giubbotto e si era
sistemata i capelli e il trucco, apparendo di nuovo in tutto il suo fulgore.
-Cristo...- mormorò incredulo. -Ma come cazzo fai? Due minuti fa stavi
schiodando di brutto e ora... A momenti sei più bella di prima.-Voglio essere bella anche nella morte. Io riuscirò a sconfiggerla.-Quasi ti credo.- sussurrò.
Lei rise e gli toccò i capelli bagnati.
-Tu, invece, farai sempre schifo.-Grazie! Ehi...Si mise in ginocchio, seduto sui talloni, la prese per le spalle e la
guardò attentamente, per accertarsi che lei lo degnasse di attenzione,
prima di continuare:
-Dobbiamo decidere, Alice; non possiamo seguitare così.-Io avevo preso la mia decisione mezz'ora fa.- sottolineò acre.
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-Quella non è la soluzione migliore, non iniziare! Te la senti di smettere?
Smettere sul serio.-Per cosa? Per dover poi ricominciare a combattere un'altra battaglia
invincibile? No, grazie. La mia fine è già segnata, tanto vale crepare di
overdose.-Non sparare cazzate, Cristo!- sbottò scuotendola per farla rinsavire. -È
probabile che prima che ti ammali sul serio arriveranno a trovare il modo
di sconfiggere questo virus di merda. E allora potrai vivere.Alice mise le mani sulle sue braccia per farlo smettere, sentendo la
testa scoppiarle, e borbottò:
-Ci credi sul serio? Io no.-Di quello che credi tu me ne sbatto!- esclamò stizzito. -Non voglio vederti
in queste condizioni, Cristo! Da adesso faremo come dico io e tu prova a
ribattere che ti stronco!-Che fai? Ti scaldi?- esclamò con voce strozzata. -La vita è mia e ne
faccio quello che cazzo mi pare! E se ho voglia di schiodare lo faccio,
senza dover rendere conto a te!-E allora crepa! Ma non sotto i miei occhi! Non voglio sensi di colpa!Lei lo fissò a lungo e Tiziano si morse le labbra quando si accorse che
stava piangendo. Esitò un attimo, bofonchiando qualcosa di inintelligibile,
passò una mano tra i capelli ancora bagnati e cedendo al suo buon cuore
sorrise, allargando le braccia. Alice non se lo fece ripetere e si lasciò
andare contro di lui, sfogandosi in un pianto liberatorio.
-Ehi, così ti rovinerai il trucco.- notò sorridendo.
Lei sbatté gli occhi umidi e tirò su col naso, rimanendo in ascolto del
cuore dell'amico che batteva con una cadenza ritmata leggermente
rallentata.
-Sono sempre io a piangere sulla tua spalla.- mormorò. -Sei sempre
disponibile quando ho bisogno di te. Io, invece, non sono riuscita mai a
confortarti, a darti una spalla su cui sfogarti.-Non è vero. Sei l'unica alla quale affiderei la mia vita a occhi chiusi e lo
sai bene.Alice si sciolse dall'abbraccio e lo fissò negli occhi constatando:
-Allora sono importante.-Sicuro che lo sei. Quindi vedi di farla finita col fare la scema e decidi di
vivere.- ribatté rimettendosi pigramente in piedi.
Con fare elegante e un mezzo inchino le offrì la mano e lei la prese
alzandosi. Salirono sul Suzuki e ingoiarono una manciata di sonniferi per
poter riposare e dopo aver steso i sedili Alice si girò verso di lui, dicendo:
-Grazie. Sei un amico.-Cerca di dormire. Domani torniamo a casa.-Ti voglio bene, Morte.- e con un sorriso si rannicchiò sul sedile.
Roma, 1989
-È l'unica soluzione.- ripeté Alessandro esasperato.
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-No, perdio!- esplose Tiziano con stizza. -Non lo farò mai, non mi
abbasserò mai a tanto!-A costo di scoppiare?- ribatté l'altro sogghignando, portando lo spinello
alle labbra ostentando strafottenza.
Il ragazzo inspirò a fondo e chinò appena la testa, osservando di
sfuggita i fazzoletti sporchi, i preservativi e le siringhe che circondavano il
Palazzo, gettate dai tossici nel corso dei mesi, se non addirittura degli
anni.
-Non scoppierò, stanne certo. In un modo o nell'altro troverò la grana
senza dover giungere così in basso.-Preferisci andare a fare marchette?- insinuò alzando il mento come a
volerlo sfidare.
-No, cazzo!-E allora devi spacciare!- concluse ringhiando stizzito.
-No!- rimarcò con veemenza.
Alessandro sbuffò innervosito e gettò via la canna, in mezzo alle
siringhe, ai fazzoletti e alle cicche di sigarette.
-Chissà perché, quando hai bisogno ti ricordi di Alex… Ma quando c’era
da aiutarmi con l’Indiano non hai mosso un dito!- gli urlò in faccia.
Tiziano rimase impassibile, fissandolo con astio da dietro le lenti scure
e ripeté:
-Non mi abbasserò a tanto come hai fatto tu.-Ma chi credi di essere, eh? Ma chi cazzo ti credi di essere? Ti sei
guardato?- lo sfotté indicandolo con la mano. -Nessuno ti darà mai un
lavoro così conciato; guardati: sei un cadavere.-Sei vivo tu!- lo apostrofò.
-Io però non ho bisogno di lavorare, non ho bisogno di farmi il culo!Tiziano si avvicinò pericolosamente e gli sibilò in faccia:
-Non voglio diventare un pezzo di merda come te.-E allora fottiti!-Vaffanculo!Girò sui tacchi e si allontanò dal Palazzo, inoltrandosi lungo il prato,
mentre udiva Alessandro gridargli dietro con mosse oscene:
-Ehi, Morte! Melissa ti sta cercando dappertutto! Ormai te la sei legata al
dito migliore!Chiuse un attimo gli occhi, quindi salì sul Suzuki e con stizza partì
come un razzo, continuando a maledire il pusher. Spacciare? No, non si
sarebbe mai abbassato a tanto, a costo di scoppiare. Non voleva
contribuire a uccidere ragazzi e ragazze giovanissimi. Lui ne sapeva
qualcosa, l'aveva sperimentato sulla propria pelle e non voleva creare
nuovi cadaveri ambulanti.
Si fermò in un vicolo cieco e bucò per la terza volta da quella mattina:
ed era appena metà pomeriggio. Ormai non lo faceva più per il gusto di
sentire l'effetto dell'eroina o della cocaina: non sentiva più niente, il suo
corpo non registrava alcunché. Avvertiva solo i dolori dell'astinenza e per
placarli bucava. Essere sballato era il suo modo di continuare a vivere in
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©MGL VALENTINI
una parvenza di normalità e più passava il tempo, più aveva bisogno di
farsi: ormai viveva in funzione della siringa.
Lui e Alice avevano due sole possibilità e lo sapeva. E tuttavia non
voleva accettare nessuna delle due: entrare in comunità per
disintossicarsi, o continuare a bucare e spacciare per rimediare i soldi.
Non c'era altra via. Si rendeva conto che, a breve, rubare non sarebbe
più bastato per soddisfare il loro quantitativo giornaliero e questa
consapevolezza lo angustiava.
Merda! Merda! imprecò con stizza. Inserì la retromarcia e tornò a casa
con aria cupa.
Alice lo vide entrare come un diavolo mentre si stava facendo una
dose e sobbalzando per poco non rovinava la roba. Spinse lo stantuffo,
ripulì le macchie di sangue sul tavolo e lo fissò attentamente.
-Cos'hai?- chiese preoccupata.
-Ho deciso: da domani smetto.- annunciò mettendosi seduto accanto a lei.
-Stasera mi voglio fare l'ultima pera colossale e da domani chiudo.-Vai in comunità?-No. Lo farò da solo.La ragazza lo guardò in tralice, scosse la testa e mormorò:
-Non ce la farai.-Sì, se tu mi aiuti.- disse mettendole la mano sul braccio.
-Io?- ripeté sbattendo più volte le palpebre.
-Mi barricherò in casa e tu provvederai affinché non tenti di scappare. Ce
la farò, Alice. E quando io ne sarò fuori, farò uscire anche te.-Lo credi sul serio?- domandò celando lo scetticismo.
-Ce la farò.- ripeté cocciuto.
Lei rimase un lungo attimo in silenzio, sondandolo come se si
trovasse dinanzi un perfetto sconosciuto, quindi acconsentì:
-Ok, come vuoi. Stasera il mio letto lo metterò in cucina così ti barricherai
in camera. Contento?Tiziano restrinse gli occhi e ritirò la mano, alzandosi lentamente in
piedi, fissandola con aria truce.
-Stai sfottendo?- grugnì con stizza.
-Per carità!- esclamò alzando le mani. -Voglio solo aiutarti. Hai visto mai
che ci riesci sul serio?-Stanne certa.Lei trattenne una risata e Tiziano la fulminò con un'occhiataccia,
mandandola al diavolo.
-Melissa lo sa?Lui scosse la testa e si lasciò andare sulla sedia, prostrato. Per un
lungo attimo rimasero in silenzio, non sapendo cosa dire, fin quando
Tiziano rialzò di scatto la testa e tirò indietro i capelli, dicendo:
-S. Patrignano.-S. Patrignano?-Sì. Non è facile entrarci, ma una volta che stai lì, di sicuro ne esci pulito.
Cosa ne dici?120
©MGL VALENTINI
Alice lo fissò trasecolando, non riuscendo a capire se scherzava o
parlava sul serio e scoppiò a ridere.
-Che c'è di divertente?- sbottò Tiziano con stizza.
-La tua faccia: sembri serio.-E lo sono, perdio!- urlò picchiando un pugno sul tavolo. -Sono serissimo!
Di questa vita ne ho piene le palle!Alice smise di botto di ridere e passò una mano in mezzo ai ricci
biondi, mentre lo sguardo le cadeva sulla fotografia attaccata alla parete.
-Come idea è ottima.- disse. -Sono certa che ce la farai.-Tu vieni con me.-No. Per me è diverso.-Diverso un corno! Cristo, Alice, non ti sopporto quando ti piangi
addosso!-Ed io non sopporto la tua fottuta aria paterna!- gridò balzando in piedi,
facendo rovesciare la sedia che cadde con un tonfo sordo. -Pretendi
sempre di dirmi quello che devo e non devo fare! Sono maggiorenne e
vaccinata e della mia vita faccio quello che cazzo mi pare e piace!-Ok! Per me va benissimo!Con furia si alzò e si diresse verso la porta, spalancandola di colpo,
finendo quasi addosso a Melissa. Si fissarono un attimo attoniti, quindi la
ragazza l'afferrò per un braccio e con aria sconvolta esclamò:
-Ti prego! Ti prego, Isa sta in coma! Non riesco a svegliarla! Non so a chi
rivolgermi e non so che fare! Non sapevo neppure se ti avessi trovato!
Aiutami, ti prego!Tiziano impallidì e si girò verso Alice, immobile al centro della stanza.
Si fissarono capendosi al volo, poi, esasperato, Tiziano se ne andò
insieme a Melissa.
-Dove si trova?- domandò salendo sul fuoristrada.
-Al Palazzo. Sta al Palazzo. Non c'è nessuno con lei.- rispose agitata. Appena l'ho vista in quelle condizioni ho provato a scuoterla, ma non c'è
stato niente da fare.-Eri con lei quando ha bucato?-No.Esitò un attimo e le chiese di aprire il cassettino del cruscotto per
controllare che ci fosse il narcan. Lei ubbidì e prese una siringa dal colore
del contenuto diverso dalle altre e gliela mostrò.
-Questa?-Sì. Ce ne sono altre?-No.-Cazzo. Dovrò rimediarlo di nuovo.- grugnì prendendo una curva
piuttosto allegramente. -Cosa pensi sia accaduto a Isa?Melissa si guardò le mani aggrappate al maniglione davanti a sé per
non venire sballottata e rispose:
-Non lo so. Da un po' di tempo si è stranita. Ho provato a farla parlare,
ma si è sempre rifiutata di affrontare l'argomento. No,- aggiunse iniziando
a capire dove lui volesse arrivare, -non credo l'abbia fatto apposta a
spararsi un'overdose. Non posso crederlo.121
©MGL VALENTINI
-Io penso il contrario.- replicò frenando bruscamente in prossimità del
prato.
Lei si girò a guardarlo e corrugò le sopracciglia.
-Cosa sai?-Quello che mi ha detto Alice.- rispose afferrando la siringa, scendendo e
avviandosi verso il Palazzo.
-E che ti ha detto Alice?- insistette lei seguendolo con il fiato corto.
Lui non l’ascoltò, perso in proprie elucubrazioni e quando si ritrovò
dinanzi all’edificio esitò. Inspirò a fondo e per la prima volta dopo tanti
anni entrò, rivivendo il momento atroce del suo primo buco insieme ad
Alice, con Alessandro e Claudio che sghignazzavano al loro malessere.
Chiuse un attimo gli occhi per farsi coraggio e varcò la soglia, ignorando
il tanfo nauseabondo. Vide subito Isa riversa accanto alla parete,
apparentemente priva di vita e le si avvicinò, inginocchiandosi per
toccarla: era gelida come un cadavere.
-Cristo!- imprecò sommessamente.
Si preparò per farle l'iniezione di narcan, mentre Melissa lo studiava
da lontano, inchiodata dalla paura. Lo vide auscultarle il cuore e scuoterla
e un attimo dopo la ragazza riaprì gli occhi, ancora intontita.
-Coraggio, svegliati!- urlò Tiziano tirandole uno schiaffo.
Isa sussultò e gemette, portando la mano sulla gota colpita, fissandolo
negli occhi.
-Che... Che cazzo fai?-Ti sto riportando in vita, scema.- replicò acido. -Ti senti bene? I polmoni
sono liberi?-Sì, io... Non ho più quel peso insopportabile, ma...Si girò di scatto dall'altra parte e iniziò a vomitare, mentre Tiziano
sospirava di sollievo.
-Bene.- disse rivolto a Melissa. -È salva, ma fossi in te la terrei
costantemente d'occhio, perché la prossima volta potremmo giocarcela.-Io... Grazie.- disse buttandogli le braccia al collo.
A quel gesto spontaneo, lui la strinse a sé, sentendo l’irritazione
scivolargli via e con un sospiro le accarezzò la schiena dolcemente,
posandole piccoli baci sul collo, mentre lei si asciugava le lacrime di
paura.
-Che fine avete fatto tu e Alice?- gemette. -Ho avuto paura che fossi
morto, chiedevo in giro a tutti i bucomani se ti avessero visto, ma
nessuno sapeva dirmi che fine avessi fatto. Sono morta di paura.Tiziano le prese il volto a due mani e la baciò, prima di dire:
-Appena Isa si sarà rimessa, vorrei che passaste a casa, dobbiamo dirvi
una cosa.-Cosa?- domandò alzando la testa per guardarlo in volto.
-Non c’è fretta. Ora pensa a lei, poi ci vediamo a casa.Melissa tirò su con il naso e lo vide tornare al Suzuki con andatura
incerta, infagottato nel giubbotto che una volta gli stava bene e che ora
era diventato troppo grande.
122
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~
-Come stai?- s’informò Alice appena le vide.
Isa si trascinò fino alla sedia e ci si lasciò cadere sopra, mentre
Melissa correva a rifugiarsi tra le braccia di Tiziano, ancora scossa per
quello che era accaduto. Con il volto esangue e gli occhi rossi, Isa fece
una smorfia e rispose:
-Tu come credi che stia?-Male.-Quale acume…-Ok, non litigate, non è il momento.- intervenne Tiziano sciogliendosi
dall’abbraccio di Melissa. -Prendo da bere, così parliamo.Si sedettero al tavolo e Alice ingoiò una pasticca di roipnol, mentre Isa
preparava uno spinello, con movimenti lenti e incerti.
-Dove siete stati?- volle sapere Melissa sorseggiando la birra.
-A Rimini, a fare una passeggiata.Isa e Melissa lo fissarono, indispettite dal suo tono faceto e lui
insistette:
-Sì, siamo stati a Rimini. Alice aveva bisogno di cambiare aria.-Potevi anche avvisarmi.- lo rimbeccò Melissa.
-Hai ragione, ma è stata una decisione improvvisa.- ammise tornando
serio.
A quel punto Alice lasciò cadere pesantemente la mano sul tavolo e
sbottò:
-Inutile tergiversare: ho l’AIDS.Tiziano fece un gesto esasperato con la mano e scosse la testa,
disapprovando quel comportamento autodistruttivo. Le due ragazze
ammutolirono e la fissarono con aria incredula, irrigidite come se
avessero appena ricevuto una coltellata. Per un lungo attimo, che parve
un’eternità, nessuno si mosse; solo il fumo dello spinello osava muoversi
per raggiungere il soffitto, mentre le ragazze si accorgevano di non
sapere cosa dire.
-Più precisamente sono affetta da HIV, visto che la malattia non è ancora
conclamata.- spiegò sferzante, concentrandosi sulle proprie unghie
laccate di rosso.
-Come… come lo hai saputo?- domandò Isa più pallida di un cadavere.
-Ho fatto l’esame. Ultimamente non si fa che parlare di questo virus del
cazzo ed ho voluto sapere.Il silenzio che seguì quella spiegazione fu più eloquente di mille parole,
pesante come un macigno, e Melissa guardò Tiziano con una muta
domanda negli occhi. Lui scosse la testa e finì di bere il latte. Lentamente
Alice si alzò, posando lo sguardo su ognuno dei presenti e senza aprire
bocca si chiuse in camera, il cuore stretto in una morsa dolorosa.
Isa rimase a fissare il tavolo a occhi sgranati, senza vederlo realmente,
mentre Tiziano iniziava a spiegare che per loro adesso era un problema
trovare i soldi a sufficienza, visto che l’amica si rifiutava di fare marchette
nel timore di contagiare i clienti.
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-Cosa si sa di questa malattia?- s’informò Melissa.
Lui alzò le spalle e rispose lapidario:
-Che ci lasci le penne.-Sì, ma del contagio cosa si sa?-Ancora poco o nulla. Si dice sia la malattia dei bucomani, che si
contagiano passandosi le siringhe infette. Si pensa che anche solo
baciandosi si possa contrarre il virus. Di rapporti, poi, neppure a
parlarne.-Merda…-Puoi dirlo forte.A quel punto Isa si alzò, lasciò la canna a Melissa e bussò alla porta
della camera da letto prima di entrare. Trovò Alice accanto alla finestra
che osservava il palazzo di fronte, un casermone uguale a quello dove
vivevano, brutto e ingombrante, abitato da persone che il più delle volte
venivano ospitate nelle stazioni di polizia e le si avvicinò.
-Cosa vuoi?- domandò lei con tono stanco, senza degnarla di uno
sguardo.
Isa le posò una mano sulla spalla e le disse risoluta:
-Non ce ne frega un cazzo se hai l’HIV: sei una nostra amica e tale
rimarrai. Però non vogliamo vederti commiserarti.Alice serrò i denti, sospirò e si girò per affrontarla, le mani sui fianchi e
l’espressione contrariata.
-Sono stata a Rimini proprio per sollevarmi il morale. Ora quello che mi
preoccupa è come rimediare soldi.Isa abbozzò un sorriso e incrociò le braccia al petto, portando il peso
del corpo su una sola gamba.
-Bene. Questa è la donna che conosco.L’altra corrugò le sopracciglia e Isa continuò:
-Ho bisogno di qualcuno che mi insegni come truccarmi, io non so farlo
bene e devo assolutamente coprire i segni dello sballo se voglio
continuare a rubare passando inosservata.Alice aprì la bocca e la richiuse di scatto, trovando ineccepibile il suo
ragionamento, visto che lo condivideva appieno: se non si curava i clienti
non si avvicinavano e se non si avvicinavano non rimediava soldi. La
scrutò con occhio critico e le ricordò:
-Una volta ti avevo dato dei suggerimenti.-Sì, però ho bisogno che mi mostri come fare. Su mia madre sai bene
che non posso contare e Melissa non si trucca mai.L’altra sospirò, abbozzò un sorriso e annuì facendo cenno con la testa
di seguirla. Si chiusero in bagno, sotto lo sguardo attonito di Tiziano e
Melissa che le videro eclissarsi oltre la porta, e Alice le indicò di sedersi
sul bordo della vasca. Lei ubbidì, mentre l’amica prendeva l’occorrente
per truccarla e quasi si sentì morire quando Alice iniziò a toccarle il volto
con le mani per stendere il fondotinta. Nel frattempo si rese conto che le
stava spiegando come fare, ma lei neppure l’ascoltava, intenta a perdersi
nel suo viso così vicino al suo da poter notare la perfezione delle labbra
piene, il naso dritto con piccole lentiggini che da lontano non si vedevano,
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le pagliuzze dorate nei suoi occhi azzurri e le ciglia lunghe che gettavano
un’ombra sulle sue gote e pensò che sarebbe anche potuta morire in
quel preciso istante. Alice, nel frattempo, si muoveva veloce,
consapevole della propria bravura e quando terminò rimase a studiarla a
lungo, con occhio critico, annuendo compiaciuta.
-Ecco: così sei bellissima.- disse prendendole la mano per farla alzare. Guardati.Isa si avvicinò allo specchio e rimase immobile a osservare la
sconosciuta che la fissava di riflesso, senza ombra di occhiaie bensì
splendente di luce propria, e lentamente si sorprese a sorridere. Alice
apparve alle sue spalle e attraverso lo specchio disse:
-Allora?-Sei… bravissima. Posso venire da te a farmi truccare?-Quando vuoi.-Grazie.La ragazza fece un passo indietro e replicò dolcemente:
-Grazie a te.~
Tiziano seguitò a ripetere che non aveva più senso continuare a
morire lentamente senza fare almeno un tentativo per uscirne fuori,
adducendo ogni volta un motivo diverso per rendere la proposta
allettante. Alice, Melissa e Isa lo lasciavano parlare, e nel frattempo
seguitavano imperterrite a frequentare le riunioni in discoteca per avere
una scusa plausibile per bucare una volta di troppo. In una di quelle
riunioni, incontrarono nuovamente Francesca e Paolo e quest’ultimo fece
di tutto per attrarre l’attenzione di Tiziano, il quale, a un certo punto, si
scusò e uscì per prendere una boccata d’aria. Alice lo seguì, preoccupata
per la sua espressione cupa e domandò:
-Che intenzioni hai?-Me ne vado. Quel frocio di Paolo non lo sopporto più e sai bene che io
con questa musica non sono compatibile.-Vado ad avvisare Isa e Melissa. Aspettami che vengo con te.Mentre attendeva pazientemente, si accese uno spinello e si
appoggiò alla parete dello stabile, coprendosi mezzo volto con la sciarpa.
C’erano ancora ragazzi in attesa di poter entrare e che ridevano e
parlottavano sopportando il freddo della notte, mentre poco oltre un
gruppetto di tossici si dava da fare per comprare un po’ di pasticche e
dosi dai pusher appostati nei pressi del locale. Fu una di quelle ragazze
che attrasse la sua attenzione e guardò meglio, riconoscendo Loredana.
Dopo il primo istante di sorpresa rimase a fissarla con indifferenza,
scuotendo appena la testa quando si rese conto che aveva da un pezzo
superato gli spinelli per giungere al buco e si domandò se non avesse
potuto fare qualcosa di più per dissuaderla. In quell’istante lei voltò la
testa dalla sua parte e lui si girò per non farsi riconoscere.
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-Possiamo andare.- annunciò Alice raggiungendolo. -Melissa e Isa
rimangono ancora un po’ poi ci raggiungono a casa.Si avviarono verso il Suzuki e il ragazzo accese subito lo stereo,
alzando a tutto volume i Black Sabbath.
-Ora si ragiona.- mormorò socchiudendo gli occhi estasiato.
-Ma i Deep Purple no? I Led Zeppelin no?-Cos’hai contro i Black Sabbath?- ringhiò.
Lei scosse la testa e allungò la mano per aprire lo sportellino e
prendere una siringa e Tiziano la bloccò.
-Aspetta.-Non ce la faccio ad arrivare a casa, ne ho bisogno ora.-Ok. Dammi tempo di arrivare al Palazzo e poi buchiamo insieme. Una
spada micidiale, di quelle energiche.-E poi domani smetti.- commentò sarcastica, fissandolo negli occhi.
-Sì, e poi domani smetto.- ripeté indispettito.
Alice lo guardò con condiscendenza e scosse la testa.
Per il resto del tragitto rimasero in silenzio, sopportando i dolori e
grattando varie parti del corpo, ascoltando una canzone dietro l'altra e
non si meravigliarono, una volta arrivati, di trovare il Palazzo deserto:
erano tutti alla riunione. Rimasero nel fuoristrada e Tiziano tirò fuori una
siringa che aveva preparato quel pomeriggio, ammirandola come se
fosse stata un miracolo. La rigirò lentamente tra le dita, sfiorandola
appena, come se fosse stata il corpo morbido di una donna e abbozzò un
sorriso soddisfatto.
-Eccola la mia bomba: un grammo puro al 90%. Non ho avuto bisogno
neppure del limone per scioglierla.Alice fissò il liquido all’interno della siringa, poi guardò lui con aria
scettica.
-Sei certo che non ti spedirà al Creatore?-Sicurissimo.-E allora fai buon viaggio.Il ragazzo sorrise e prese il laccio. Mentre si preparava si accorse che
anche Alice si stava dando da fare per bucare e sghignazzò
mormorando:
-Addio, ero. Addio coca.Iniettò il fix e un flash pazzesco l'abbagliò per un istante, non trovando
neppure la forza di togliersi l'ago dalla vena. Per una frazione di secondo
si rese conto che l'amica perdeva troppo tempo intorno alla siringa e
quando si accorse che stava iniettandosi due dosi provò a bloccarla,
riuscendo solo a emettere un borbottio confuso.
Alice si girò verso di lui e gli si avvicinò sussurrando:
-Addio, Morte.Gli posò un bacio sulle labbra e si accasciò su di lui perdendo i sensi.
Tiziano provò a scuoterla, ma un istante dopo svenne.
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Aprì gli occhi lentamente, non riuscendo a capire cosa fosse successo,
tuttavia avvertì subito un malessere vago in tutto il corpo. L'orologio al
quarzo indicava le undici di mattina, ma non riuscì a fare il calcolo di
quante ore fosse rimasto incosciente. Qualcosa lo stava schiacciando,
l'avvertiva all'altezza del petto e con un grosso sforzo alzò un braccio per
cercare di liberarsi dal peso opprimente. Affondò le dita in una massa
voluminosa di capelli ricci e l'adrenalina gli salì alle stelle. A fatica riuscì a
sollevarsi sul sedile e abbassò lo sguardo sulla testa di Alice.
-Ehi, dolcezza... Svegliati, non fare stronzate...- sussurrò debolmente.
Ma lei non si muoveva e Tiziano allungò d'istinto una mano verso il
cruscotto per prendere una siringa. Al tatto riconobbe quella giusta,
afferrò un braccio dell'amica, tastò in cerca di una vena e iniettò il narcan,
sperando di essere ancora in tempo. Attese che il farmaco facesse il suo
effetto e nel frattempo cercò di recuperare tutte le facoltà, pulendosi alla
meglio dalla saliva che aveva perso. Si guardò allo specchietto e per
poco non gli prese un colpo: sembrava un morto redivivo e quello
spavento l'aiutò a riprendersi un po'. Sollevò Alice dal suo petto e la stese
sul sedile, chinandosi su di lei per vedere se fosse viva. Il cuore non si
sentiva, le membra erano gelide e rigide e provò a scuoterla. Quando si
rese conto che non reagiva e non usciva dal coma, mise in moto e partì
dirigendosi al più vicino ospedale, correndo come un pazzo in mezzo al
traffico caotico di Roma, la mano premuta sul clacson per far scansare le
vetture, in bocca una litania che alternava tutti i santi del calendario ai
turpiloqui più scurrili che avrebbero fatto arrossire uno scaricatore di
porto.
Il poliziotto all'entrata lo bloccò e lui si sporse dal finestrino,
balbettando concitato:
-Emergenza... L'accettazione donn... uomini... È in overdose...L’agente studiò prima lui, poi Alice, infine alzò la sbarra e Tiziano
schizzò dentro, sfiorando un paio di pedoni che lo maledissero, quindi
frenò bruscamente davanti al pronto soccorso. Si precipitò all'interno,
guardandosi intorno in mezzo alla bolgia di gente, artigliò poco
gentilmente per un braccio la prima infermiera che gli capitò davanti e
trascinandola di peso fuori del reparto disse esagitato:
-Una barella... Sta male… La mia amica sta morendo!Dopo il primo attimo di spavento, la ragazza si avvicinò al Suzuki e
sbirciò all’interno, rendendosi subito conto della gravità della situazione.
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In breve tempo giunsero i portantini, depositarono Alice sulla barella e
la dirottarono al reparto donne. Tiziano la seguì e prima che l'infermiera
gli chiudesse la porta in faccia riuscì a dirle:
-Ehi, Alice è un uomo... È sieropositiva...-Un uomo?-Sì... Ho provato a farle un'iniezione di narcan, però non è servito a
niente.La ragazza, a occhi sgranati per la sorpresa, corse a fermare i
portantini e in un attimo Alice fu dirottata all'accettazione uomini, sotto lo
sguardo attento di Tiziano. L'infermiera gli ordinò di aspettare fuori e
prima di lasciarlo chiese:
-Sicuro di sentirti bene?-Io... Sì, sto bene. Tu pensa a salvare Alice.-Ti raggiungo tra un po' per compilare la cartella. Aspettami qui.Spossato e al limite delle forze, si lasciò cadere su una sedia,
ignorando le occhiate di disgusto, paura e disprezzo che gli lanciava la
gente in attesa come lui e iniziò a ingoiare una pasticca dietro l'altra di
roipnol. Allungò le gambe, appoggiò la testa al muro e incrociò le braccia
al petto dopo essersi messo gli occhiali a specchio. Osservò le persone
intorno a sé dall'aria distrutta e con gli occhi rossi di pianto e sospirò.
C’era chi se la passava peggio di lui.
Quando l'infermiera riapparve facendogli cenno di seguirla, si alzò e si
ritrovò in una stanzetta asettica, piena di fascicoli, cartelle, garze,
siringhe, tubetti, provini, cotone, forbici e una marea di altre cose. Un
portantino stava sistemando alcuni flaconi in una vetrinetta e riconobbe il
metadone.
-Accomodati.- invitò la ragazza sedendosi a sua volta alla scrivania e
prendendo una cartella bianca. -Mi occorrono le generalità del tuo
amico.-Del mio amico?- ripeté senza capire, distogliendo l’attenzione dalla
vetrina di fronte a sé.
-Di... Alice.-Ah!- esclamò lasciandosi cadere sulla sedia. -Si chiama Alice, è nata nel
1969, ha iniziato a fumare nel 1983, a farsi nel 1985, ha contratto l'HIV, è
sifilitica, ha continue crisi epatiche...-Ehi, calma! Ok? Andiamo per ordine. Voglio sapere il suo vero nome.-Alice.-Il vero!-Alice.L'infermiera inspirò profondamente, ammonendosi di non perdere la
calma e ripeté picchiando l’indice sulla cartella:
-Io qui devo scrivere il suo vero nome, capisci?-Ed io ti ripeto che lei è Alice. Alice e basta.- ribatté Tiziano guardandosi
intorno.
-Ok. Alice, allora.- accettò rassegnata.
Il portantino gli lanciò un’occhiata di sbieco, senza dire nulla, mentre
un paio di dottori, con fonendoscopio intorno al collo, entrava parlottando
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di un paziente con poche speranze di sopravvivenza, ignorando
volutamente i presenti. Dopo averli squadrati e reputati inoffensivi,
Tiziano tornò a concentrarsi sull’infermiera e chiese preoccupato:
-Come sta?-Hai detto che è nato nel '69?- domandò la ragazza facendo finta di non
averlo udito.
-Come sta?-Le domande le faccio io! Ha vent’anni, vero?- sbottò esasperata,
pensando che quella mattina ne aveva già viste e sentite troppe per dar
retta pure a un tossico.
-Sì.-Cosa si inietta oltre all'eroina?-Cocaina.-Il tutto in quantità?-Non meno di due grammi al giorno.- rispose vagamente, fissando la
penna che correva veloce sulla cartella prendendo appunti.
-Da quando è in overdose?-Da ieri sera.-Perché non l'hai portato prima?Tiziano abbozzò un sorriso e si sporse sulla scrivania, alitandole in
faccia:
-Perché mi sono risvegliato solo un'ora fa dopo l'ultima colossale pera.L’infermiera si scansò istintivamente e domandò:
-E gli hai iniettato tu il naloxone?-Il narcan, sì.- rispose a detti stretti. -Ma a te che cazzo te ne frega?ribatté riappoggiandosi allo schienale della sedia.
-Devo sapere tutto di lui. Come ti procuri il naloxone?-Senza offesa, ma sono cazzi miei.L’infermiera picchiettò la penna sul tavolino e infine chiese:
-Quando ha saputo di essere sieropositivo?-Poco tempo fa.-Quanto?-Due mesi, tre, quattro, un anno, che differenza fa?- sbottò adirato.
-Genitori?- chiese esasperata, insofferente alla ritrosia di Tiziano e alla
puzza che emanava.
-No.-No, cosa? No, non li ha, oppure no, non li conosco?-No e basta.-Cosa fa per vivere?-Marchette.A quella risposta l'infermiera alzò rapidamente gli occhi dalla cartella e
lo scrutò a lungo. Tiziano si raddrizzò sotto quell’esame e sogghignando
disse:
-Hai capito male, dolcezza: io sono normale in tutti i sensi. Non me la
faccio con Alice.-Non ti ho chiesto niente. Dove abita?-Con me.129
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-Dove?-Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino.- rispose caustico. Insomma, mi vuoi dire come cazzo sta? A che ti servono queste
stronzate se dovete dimetterla?-Stavolta hai capito male tu: il... la tua amica la ricoveriamo perché non
esce dal coma. Hai capito?Tiziano la fissò trasecolando, sbatté le palpebre come per schiarirsi le
idee e ripeté:
-In coma? In coma? Non siete riusciti a svegliarla?-No. Quindi rispondi alle mie domande senza fare lo spiritoso. Domicilio?-In coma... È ancora in coma... Che significa? Morirà?-Non lo sappiamo.-Non lo sapete?-No. Dove abita?-A ’fanculo abita! Mi dici a che cazzo ti serve saperlo se poi lei morirà?urlò balzando in piedi e battendo i pugni sul tavolo con una violenza
dettata dalla paura.
La ragazza sobbalzò per lo spavento e lo guardò dritto in faccia,
mentre il portantino si avvicinava alla scrivania con aria cupa, pronto a
difendere l’infermiera e i due dottori si giravano allibiti a guardarlo.
-È inutile che ti scaldi.- cercò di placarlo con il tono più professionale che
riuscì a trovare. -Di là stanno facendo il possibile per salvarlo, quindi
calmati.-Voglio vederla.-Impossibile.-Voglio vederla!-Impossibile!Tiziano esitò un attimo, lasciò vagare lo sguardo sugli uomini presenti,
quindi sorrise e se ne andò come un diavolo. L’infermiera lo rincorse, ma
lui salì sul Suzuki e sparì così come era apparso.
~
Si fermò a Villa Pamphilj dopo aver girato in lungo e in largo tutta la
città, lo stereo al massimo dove urlava la voce graffiante di Dave
Mustaine e lentamente scese e si appoggiò al fuoristrada, fissando i pini
della villa che svettavano altissimi. Iniziava a sentire i primi dolori, ma si
era imposto di non bucare per mantenere l’impegno preso la sera prima;
senza l’aiuto di Alice, tuttavia, sarebbe stata dura.
Alzò gli occhi al cielo e scivolò a terra, appoggiandosi a una ruota,
raccogliendo le gambe fin sotto il mento e si dondolò per non pensare al
dolore. Ci siamo, sospirò tristemente. Eccoci alla resa dei conti. Avevi
ragione, Silvia: continuare a vivere così è solo un’atroce agonia; meglio
farla finita. E tu l’hai fatta finita sul serio, risparmiandoti questa merda
totale.
Per un attimo ripensò a sua sorella, così bella, così dolce, così piena
di vita, che l’eroina aveva portato via a soli diciassette anni. Lui l’aveva
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vista quel giorno di cinque anni prima, mentre preparava la siringa, chiusi
nella cameretta di lei, e l’aveva guardata senza dire niente, senza essere
in grado di fermarla, limitandosi ad ascoltare le sue parole senza
comprenderle. Le ultime.
-Quando questa ti prende, hai chiuso. Continuare a vivere così è solo
un’atroce agonia: meglio farla finita. Così risparmi tanti guai a chi ami e ti
vive accanto. Guarda, Tizy: con questa me ne vado, ma non pensare che
sia triste, perché da oggi io tornerò a vivere.L’aveva guardata senza capire, splendida in quel corpo emaciato
ancora acerbo eppure già devastato dalla droga, non ancora in grado di
comprendere pienamente l’amarezza nelle sue parole.
-Sì, con questa andrò dritta dritta a bussare alla porta del paradiso,
proprio come dice Bob. Non dimenticartelo mai, me lo prometti? E ricorda
che ti ho voluto bene. Tanto bene.L’aveva vista iniettarsi tutta la siringa, sussultare violentemente e
cadere riversa sul letto, con l’ago ancora in vena. Aveva urlato
spaventato ma nessuno era accorso perché nessuno era in casa e
l’ambulanza che aveva chiamato non era riuscita ad arrivare in tempo. E
Silvia era morta sotto i suoi occhi spalancati e inorriditi, occhi ancora
ingenui e innocenti…
Si alzò di scatto, il corpo scosso dal tremito dell’astinenza, la bocca
secca; salì sul fuoristrada e si lasciò andare contro il sedile, inspirando a
lungo. Quindi rovistò nel cassetto del cruscotto, scansando le siringhe e
tirò fuori una musicassetta. La inserì nello stereo e dalla voce di Bob
Dylan si levarono le dolci parole di Knockin’ on Heaven’s Door. Questa è
per te, Silvia, pensò socchiudendo gli occhi. Come vedi non ho
dimenticato. Spero tu riesca a udirla da lassù.
Allungò di nuovo una mano verso il cruscotto e prese una siringa,
infrangendo la promessa e preparandosi a bucare.
~
Melissa lo fissò annichilita, non riuscendo a credere che Alice fosse in
ospedale in coma e lo afferrò per un braccio, allontanandolo dal Palazzo
quel tanto per non farsi udire. Quando ritenne che erano sufficientemente
al riparo da orecchie indiscrete, alzò lo sguardo attonito su di lui e
balbettò:
-Ma... Ma tu hai salvato Isa...-Questa volta non ha funzionato.- gemette passando una mano sul viso
stanco e tirato. -Non so cosa sia successo, forse sono arrivato tardi. So
solo che... che ora sta lì.Melissa lo abbracciò, cercando di consolarlo come meglio poteva e
rimasero a lungo così, a una certa distanza dal Palazzo e nonostante
tutto sotto lo sguardo degli altri eroinomani che bivaccavano come al loro
solito.
-Isa è di sopra.- annunciò Melissa con tono mesto, staccandosi da lui. Bisogna avvisarla.131
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Tiziano inspirò a lungo e rimise gli occhiali, chinando la testa e dando
un calcio a un sasso.
-Ok. Glielo dici tu? Perché io non so come dirglielo.- ammise con un filo
di voce.
-Come?Fece una smorfia e mise le mani in tasca dei jeans, espirando per
osservare l’alito condensarsi e mormorò:
-Già. Come fai a dire a un'amica che la persona da lei amata sta
morendo?Melissa rimase per un attimo immobile, registrando in ritardo quelle
parole, e quando capì rimase annientata da quella notizia che le giunse
come un fulmine a ciel sereno, e fissò il ragazzo con totale attonimento.
Che Isa avesse avuto un debole per Alice lo aveva sempre saputo, ma
da qui a dire che ne fosse innamorata…
Tiziano sospirò e disse:
-Non fare quella faccia. Sembri scandalizzata.-E lo sono... Cioè... No, non lo sono... Oh, insomma! Io non immaginavo
certo che Isa fosse... fosse innamorata... Di Alice, poi! Cristo, ma è una
donna!Questa volta fu Tiziano a stupirsi e corresse:
-Non lo è.-Ma è come se lo fosse!-Mi sembra che tu possa essere l’ultima persona a poter sputare
sentenze, non ti pare?- replicò acido.
Melissa lo fissò a lungo, cercando di andare oltre le lenti scure che la
separavano dai suoi occhi, quindi scosse la testa e mormorò:
-Non è quello, è che… È che... mi sembra così assurdo... addirittura
innamorata…-Non lo è, visto che è accaduto. Melissa...All’improvviso la prese per le braccia e la strinse a sé, nascondendo il
viso tra i suoi capelli, sussurrando a fior di labbra:
-Ho paura per Alice. Se le dovesse capitare qualcosa, io... io non so cosa
farei.-Tu? Tu aver paura?- esclamò incredula.
Tiziano si staccò un po’ da lei e la fissò negli occhi, accarezzandole
una guancia delicatamente.
-Come fai ad essere così bella?-Non mi sembra il momento.-Hai ragione. È che devo dire qualcosa o do di matto.La ragazza scosse la testa e si morse le labbra, prima di entrare nel
Palazzo. Dopo poco ne uscì accompagnata da Isa che si era appena
iniettata la dose e che si reggeva a stento sulle gambe.
-Ti senti bene?- chiese Tiziano soppesandola con lo sguardo. -Non hai
una buona cera.-Neppure tu.- ribatté lei critica.
-Be’... Vieni, sediamoci sulla panchina.- invitò con un gesto della mano.
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Lei non si mosse e con un sorriso si girò verso l’amica, mormorando
con tono faceto:
-Ma cosa si è fumato?Melissa scosse la testa e con lo sguardo implorò Tiziano di parlare.
Lui esitò, non trovando il coraggio; aprì la bocca e ci ripensò, facendo la
figura dell’idiota, quindi imprecando sommessamente si buttò:
-Alice sta all'ospedale, in coma.Isa smise di sorridere, trattenne il fiato e lo fissò a lungo, non sapendo
cosa dire, impallidendo a vista d'occhio. Melissa le toccò un braccio,
temendo un collasso e lei si scosse, tornando a respirare a pieni polmoni.
Chinò la testa, verso la sporcizia che dilagava intorno all’edificio e che
richiamava insetti di ogni genere e tipo, nonché topi grossi come gatti,
mentre il sole splendeva senza calore sui suoi capelli rosso tiziano
raccolti a coda. Infine, inspirando, girò sui tacchi per tornare all’interno
del Palazzo, quando Tiziano la bloccò trattenendola per un braccio,
fissandola a lungo.
-Ehi, non fare cazzate.- l’ammonì con un brutto cipiglio. -Non ho nessuna
voglia di soccorrerti ancora, ok?-Sei sempre il solito gentile. Spiacente di deluderti, ma non ho voglia di
schiattare.-Non hai neppure voglia di piangere?-No.-Forse allora non meriti l’amore di Alice.-Fatti fottere, Morte!Gli diede una spinta e corse via, all’interno del Palazzo.
Melissa si girò verso Tiziano e domandò:
-Cosa facciamo?Lui scosse la testa e rispose:
-Non lo so.~
Riaprì gli occhi e la prima cosa che vide fu l'albero della flebo che
svettava come un gigante accanto al letto. Per un attimo le parve un
attaccapanni in ferro battuto, brutto e inguardabile, poi focalizzò la
bustina della fisiologica appesa e sospirò. Si guardò intorno e capì di
trovarsi in ospedale, in un reparto isolato. Tutto era così incolore e
asettico che le fece venir voglia di ridere e con un sospiro si alzò, si
stropicciò gli occhi sbadigliando e si staccò l'ago della flebo dal dorso
della mano. Un forte capogiro le fece chiudere gli occhi e crollò a peso
morto sul letto. A fatica si rimise seduta, sentendo i dolori dell’astinenza
squassarle il corpo e inspirò a fondo prima di alzarsi. Dal dorso della
mano fuoriusciva un filo di sangue e senza riflettere si pulì sul camice che
qualcuno le aveva fatto indossare al posto dei suoi abiti.
Barcollando e tremando, simile a un fantasma in quel lungo camice
bianco macchiato di rosso scuro, uscì dalla stanza e sbirciò nel corridoio
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deserto. Dove si era cacciato Morte? Perché solo lui poteva averla
condotta in quel reliquiario.
Un infermiere uscì da una delle stanze dell’astanteria, la vide e
allarmato le corse accanto, invitandola a rientrare dentro.
-Ma io...-Perché hai staccato la flebo?- la rimproverò. -Coraggio, rimettiti a letto.-Dov'è il mio amico?- chiese tornando nella stanza, sospinta dall’uomo.
-Quale amico?La ragazza si irrigidì, realizzando di essere sola in mezzo a
sconosciuti e con uno strattone si liberò dalla presa.
-Voglio uscire.-Stai scherzando?- rise l'infermiere.
-No. Dove sono i miei vestiti?-Non puoi andartene, sei appena uscito dal coma, ti reggi a mala pena
sulle gambe!-Da quanto tempo sto qui?-Da due ore.Adesso capiva perché stava sentendo i dolori: era dalla sera prima
che non bucava e coma o non coma doveva farsi di nuovo.
-Non posso restare qui.- ripeté girando lo sguardo intorno in cerca dei
suoi abiti
-E invece sì.-Mi procuri tu una spada al metadone?- chiese sarcastica.
Si avvicinò all'armadietto e iniziò a tirare fuori i vestiti, disponendoli sul
letto, sotto lo sguardo allibito dell’uomo, il quale stentava a credere che
quell’essere esile, più simile a una donna che a un uomo, potesse
reggersi in piedi visto lo stato in cui era arrivata.
-Non puoi fare una cosa del genere: sei ancora troppo debole.-Ah, sì?- commentò beffarda, iniziando a grattarsi alcune parti del corpo.
-Già.L'infermiere la prese per un braccio, consapevole della propria forza
fisica rispetto all’altra e cercò di trascinarla verso il letto, ma Alice si
attaccò all'albero della flebo e alzandolo a mo' di lancia minacciò:
-Se non mi lasci andare te lo spacco in testa!L’uomo sgranò gli occhi e prontamente mise avanti il braccio per
proteggersi, mentre esclamava:
-Sei impazzito? Cerca di ragionare...-Sto ragionando. Se non mi permetti di andarmene te lo tiro dietro e me
ne andrò lo stesso.L’altro studiò la sua espressione seria e risoluta e capì che avrebbe
posto in atto la minaccia pur di uscire e farsi una dose.
-Ok. Fai come vuoi.- disse lasciandola sola.
Alice rimase per un attimo immobile, quindi posò l'albero solo quando
fu certa che nessuno sarebbe tornato a infastidirla e iniziò a vestirsi con
gesti lenti. Aveva già indossato il reggiseno e la maglia e stava mettendo
le calze quando l'infermiere tornò accompagnato da un collega.
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-Cosa volete?- chiese allarmata, alzandosi di scatto dal letto, in posa
difensiva.
-Vorresti andartene, eh?- domandò il nuovo arrivato con tono ironico.
-Sicuro.-Come no.Fece un passo verso di lei, minaccioso, e Alice afferrò nuovamente
l’albero della flebo, pronta a difendersi come un cavaliere medievale. Con
l’ago si bucò una vena e lo mostrò ai due infermieri, brandendolo come
se fosse stato una spada, e senza nascondere la soddisfazione, sibilò
istigandoli:
-Coraggio. Vediamo quanto fegato avete.I due ragazzi si bloccarono impallidendo, consapevoli del rischio
mortale, e si lanciarono un’occhiata significativa.
-Ehi, non fare pazzie, ok?- disse uno mettendo le mani in avanti, a mo’ di
scudo.
-Non ne farò se mi lascerete andare.- rispose ragionevole.
-Vedi, non puoi andartene così e via. C’è un iter burocratico da seguire;
quindi sta’ calmo e non ti agitare.-Sono calmissima. Portatemi la cartella che la firmerò. Non ho intenzione
di rimanere un minuto di troppo qui dentro.Uno dei due infermieri fece cenno all’altro di uscire e si rivolse a lei
con un sorriso cordiale.
-Il mio collega è andato a prenderla. Ora, perché non posi quell’albero?-Tu prova a fare solo l’accenno di un passo che te lo lancio contro.minacciò senza tanti preamboli.
-No, non lo farai. Tu sei un tipo ragionevole, che capisce le situazioni.ribatté il ragazzo avvicinandosi.
Alice fece un passo indietro, iniziando a sudare e tremare per i dolori
che si facevano sempre più forti e deglutì, cercando di eliminare la
sensazione della gola secca. Ma più ingoiava saliva, più la bocca si
faceva asciutta e iniziò a imprecare mentalmente.
L’infermiere, intanto, avanzava cauto, tendendo una mano con fare
amichevole e lei lo fissò in cagnesco.
-Non ti avvicinare.- intimò.
-Voglio solo darti una mano, aiutarti. Me lo permetti?-Sicuro.All’improvviso agitò l’albero della flebo, trovando una forza di cui non
si sarebbe creduta capace, e l’abbatté sul ragazzo, colpendolo sopra la
spalla. Questi urlò e all’espressione pericolosa di Alice indietreggiò fino
alla porta, con gli occhi sgranati per la sorpresa.
-Sei impazzito?- strillò tenendosi la spalla dolorante.
-Voglio uscire di qui.-E ti faremo uscire, stanne certo! Cristo, non hai tutte le rotelle a posto.In quel momento tornò l’altro infermiere con la cartella e Alice vibrò
l’albero contro di lui, sfiorandogli la testa. Questi impallidì e fece un balzo
indietro, urlando per lo spavento.
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©MGL VALENTINI
Per un attimo nessuno si mosse e tutti e tre si studiarono in cagnesco,
non sapendo se fidarsi o meno. Alla fine il nuovo arrivato alzò una mano
in segno di resa e le mostrò i fogli, per farle capire che poteva andarsene.
-Tieni, firma qui.- disse.
Posò cauto cartella e penna sul letto e Alice firmò senza pensarci oltre,
continuando a brandire l’albero come la lancia di un cavaliere.
-Ora posso andarmene?-Sì, puoi levare le tende.Scettica, li fissò uno per uno, poi, quando vide che la stavano
lasciando sola, si rilassò e terminò di vestirsi. Nel corridoio un’infermiera
la bloccò e lei mostrò il foglio di dimissione. Allora questa le indicò l’uscita
e nel giro di due minuti si ritrovò all’aperto sotto il freddo sole
pomeridiano.
~
Tiziano e Melissa tornarono al Palazzo dopo aver fatto un giro a
scippare e rubare nei grandi magazzini, con l’aria di un condannato che
si rechi al patibolo. Un gruppetto di tossici fece loro un cenno con la
mano e questi risposero vagamente. Alessandro uscì dall’edifico e li
raggiunse, osservando gli indumenti che gli mostravano, assieme a una
catenina d’oro, criticando come al solito la scarsa quantità, quindi tirò
fuori una bustina e Tiziano la prese senza neppure provare a chiedere di
più.
-Che vi sta succedendo?- domandò Alessandro incuriosito da
quell’insolito comportamento. -Pare che state andando a un funerale.-Forse.- rispose Melissa con tono piatto.
-Immagino tu non lo sappia, ma Alice sta in coma all'ospedale.-Eh?- esclamò attonito.
-Ieri sera è andata in overdose e sta ancora in coma.-Ma che cazzo blateri, Morte?- rise Alessandro. -Ti sei bevuto il cervello?
Ti sei sparato una palla veloce di troppo?Tiziano serrò denti e pugni e sibilò:
-Stronzo!-Ehi, bello!- esclamò l’altro strattonandolo. -Guarda che Alice sta di sopra,
si è appena fatta.Tiziano lo fissò sbigottito e si liberò dandogli una spinta.
-Ma che dici?- intervenne Melissa incredula.
-Alice sta di sopra.- ripeté Alessandro con un’alzata di spalle, ritenendoli
impazziti o preda di qualche stupefacente sintetico.
Tiziano prese Melissa per un braccio ed entrò nel Palazzo, sbirciando
prima al pianterreno, quindi salì le scale per ispezionare il piano
superiore, in cerca di Alice, ancora poco persuaso. La vide seduta
accanto alla parete e sgranò gli occhi allibito, correndo da lei e
inginocchiandosi per fissarla in volto.
-E tu che cazzo fai qui? Ti ho lasciato in ospedale...136
©MGL VALENTINI
-Ed io sono uscita. Pensavi che sarei rimasta in eterno là dentro? Non
era un luogo divertente. Comunque ciao, è bello rivederti, Morte.-Allora è vero...- mormorò Melissa sedendo anche lei accanto alla
ragazza.
-Certo che è vero. Per uscire ho dovuto tirare l'albero della flebo contro
un infermiere, mi si sono rotte le calze e un’unghia, però ora sono qui e
sto da Dio.-Come?!- esclamò Tiziano incredulo. -Cos’hai fatto?Tra una risata e l'altra Alice spiegò quello che era successo nel
nosocomio e quando finì di raccontare Melissa si stava sganasciando dal
ridere, contagiando anche Tiziano. La tensione e la paura accumulata in
quelle ultime ore si sciolsero come neve al sole e Melissa si perse nel
sorriso di Tiziano, così solare e schietto che era una meraviglia
osservarlo.
-Sei tutta matta.- commentò il ragazzo fissandola. -Adesso come stai?-Benone. Ora che ho in corpo la mia pera sto a meraviglia.-Perché?-Perché cosa?-Perché l'hai fatto?-Life is death. Lo dici sempre.Tiziano scosse la testa rimanendo in contemplazione delle due
ragazze che sorridevano con aria complice, un raggio di sole che
penetrava dalla finestra rotta che le illuminava, rendendole eteree e in
quel momento sentì qualcuno salire le scale.
Un attimo dopo Isa fece capolino.
~
Isa puntò gli occhi in quelli di Alice, spostò il peso del corpo su una
gamba e mise le mani sui fianchi, commentando sarcastica:
-Così, ecco la rediviva.-Senti chi parla!- la rimbeccò Alice alzandosi per salutarla. -Se non
sbaglio hai rischiato anche tu di schiodare e hai salvato il culo solo grazie
a Morte.-Sei una stronza!- sibilò voltandosi per scendere le scale.
-Ehi!La fermò agguantandole un braccio e Isa provò a divincolarsi, prima di
gettarsi addosso a lei, baciandola all'improvviso. Alice sgranò gli occhi
inorridita, subendo quell’assalto imprevisto e solo dopo un po’ riuscì ad
allontanarla, come se avesse avuto la peste nera.
-Che... che cazzo stai facendo?- balbettò confusa, cercando di
mantenere le distanze, temendo di contagiarla.
-Ti sto dimostrando che sei una stronza. Anzi: uno stronzo! Mi hai fatto
morire di paura, tu e i tuoi tentativi del cazzo di farla finita!Alice inarcò le sopracciglia, girò lo sguardo verso Tiziano e Melissa,
ancora seduti addossati alla parete e cercò un aiuto da loro. Questi, però,
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©MGL VALENTINI
distolsero l’attenzione, lasciando capire che la cosa non era di loro
competenza e la ragazza tornò a concentrarsi su una furibonda Isa.
-Io… Mi spiace di averti fatto preoccupare, non era mia intenzione.-Cristo!- imprecò tirando indietro i capelli. -Io stavo in discoteca, a
divertirmi, a ballare e tu… tu…Le si incrinò la voce e mise una mano sulla bocca prima di scoppiare
in un pianto liberatorio. Alice trattenne il fiato, senza sapere cosa dire, e
quando provò a fare un passo avanti Isa la bloccò con la mano,
tenendola a distanza.
-Non… non ti avvicinare…- intimò tra un singulto e l’altro.
-Mi spiace.- ripeté e il suo tono tradiva il sincero dispiacere.
La ragazza annuì, si asciugò le lacrime sulla manica del giubbotto e
dopo aver tirato su con il naso si girò e se ne andò, persa in un dolore
personale che nessuno avrebbe potuto capire.
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©MGL VALENTINI
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Tiziano scese dall’autobus a Piazza della Repubblica, in prossimità di
Termini, le cuffie che lo isolavano dal mondo esterno e si guardò intorno,
in cerca di una probabile vittima. Il luogo non era dei migliori, in quanto
era sempre pieno di polizia e carabinieri, però la quantità di gente che
girava introno alla stazione era sempre notevole, tra autoctoni e turisti e
lui sapeva che bazzicando quelle parti avrebbe certamente rimediato
qualcosa. Iniziò a camminare con le mani in tasca, fissando da dietro le
lenti scure i volti delle persone che incrociava lungo il marciapiede, in
cerca di quella giusta, sperando di non doverci impiegare troppo tempo,
perché iniziava ad avvertire i primi dolori. Nonostante fosse arrivata la
primavera, con il suo carico di pollini e il primo sole tiepido, la gente
girava ancora con i giubbotti leggeri ed era difficile individuare a prima
vista una collanina o un bracciale e prima di avventarsi sulla vittima
voleva essere sicuro.
All’improvviso vide un paio di carabinieri camminare sul suo stesso
marciapiede e abbassando la testa deviò, imboccando una stradina
laterale. Doveva allontanarsi, non poteva rimanere troppo vicino a
Termini, rischiando di attrarre l’attenzione.
Camminò per un po’, lasciandosi avviluppare dalla musica, fin quando
si sentì improvvisamente strattonare per un braccio. Con un gesto
repentino si liberò e rimase a fissare il ragazzo che gli parlava ma che lui
non sentiva. Con un sospiro spense il walkman, tolse le cuffiette e piegò
le labbra in un sorriso tirato.
-Ascoltavi la musica, per questo non mi hai sentito.-Già.- rispose piatto, fissando gli occhietti di Paolo.
-Scommetto che stavi venendo a trovarmi.Per un attimo non capì di cosa stesse parlando, poi ricordò la falsa
promessa fatta in discoteca e con un sorriso da ebete rispose:
-Già!Mio Dio, non so dire altro? pensò, dandosi dell’idiota.
Paolo annuì compiaciuto, indicando con la mano un posto impossibile
a localizzare e spiegò:
-Sono uscito prima dal lavoro perché devo fare una commissione per
Francesca, non mi avresti trovato. Per fortuna ti ho incontrato e ti ho
riconosciuto.-Già.Chiuse gli occhi, dicendosi che era veramente un idiota e subito dopo
li sgranò, quando sentì Paolo prenderlo a braccetto e costringerlo a
camminare con lui. Per una frazione di secondo si sentì perso, con i
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dolori che fastidiosamente iniziavano a farsi sentire e l’impossibilità di
bucare, e dopo un po’ disse:
-Ah… Cosa… cosa devi fare per Francesca?-Una stupidaggine da donna.- liquidò con un gesto vago della mano. -Ti
vedo un po’ sul trasandato o sbaglio?- commentò sbirciando il suo volto
pallido circondato dai capelli sporchi.
No, non sbagli, pensò disperato. Non ce la faccio più a rimediare soldi
per me e per Alice.
-Sì… sono giorni convulsi.- rispose vagamente.
-Posso capirti. E Melissa?- s’informò con aria circospetta.
A rubare nei grandi magazzini, pensò e rispose serafico:
-Ah… Ad un colloquio di lavoro.-Allora speriamo che le vada bene!- esclamò stringendo il suo braccio.
Tiziano si irrigidì, consapevole di dove volesse andare a parare e
senza più ombra di sorriso si fermò e lo fissò alzando il mento,
dominandolo come un falco. Paolo poteva essere un palestrato dai
muscoli sviluppati, ma lui lo sovrastava di tutta la testa e quella posizione
di superiorità fisica non gli dispiacque.
-Senti, parliamoci chiaro: hai sbagliato persona. Io non sono come te.-No?- ripeté sarcastico, facendo cadere il velo della cordialità. -Io
scommetto di sì.Tiziano si liberò dalla presa e con tono duro constatò:
-Sei facile alle scommesse, ma questa l’hai persa.-E invece no.Con un sogghigno tirò fuori il portafoglio e glielo sventolò sotto il naso,
ostentando una sicurezza che fece vacillare quella dell’altro. Paolo si
guardò intorno, per accertarsi che nessuno li guardasse o li udisse e fece
un passo verso Tiziano, il quale fissava il portafoglio gonfio con manifesta
avidità.
-So come funziona,- sibilò sorridendo, -e posso pagarti bene. Ho capito
subito che sei un tipo ragionevole, che sa riconoscere un’occasione
quando gli capita. Ed io te ne sto offrendo una.- aggiunse agitando
appena il portafoglio.
Deglutendo a quella vista allettante, Tiziano sbatté le palpebre, lisciò
le mani sudate lungo i fianchi, fece un passo indietro e balbettò:
-Io… non…Paolo fece un ulteriore passo avanti e a quel punto Tiziano strinse i
pugni e si allontanò con aria disgustata. L’altro lo raggiunse e senza dire
niente gli mostrò cinque pezzi da centomila, costringendolo a rallentare.
Con la gola secca e con i dolori che si stavano facendo insopportabili,
Tiziano si inumidì le labbra e deglutì, pensando a come rubare i soldi e
sparire. La strada era abbastanza isolata, piena di verde e furtivamente
gettò un’occhiata verso i palazzi.
-No, non ci provare.- lo prevenne Paolo con tono duro, rimettendo via i
soldi. -Non ti conviene, lo sai ed io ti reputo abbastanza intelligente da
capire che ce ne sono altri, tanti altri.140
©MGL VALENTINI
A quel punto Tiziano alzò la mano e lo agguantò per la gola,
stringendo per vederlo annaspare fino a fargli strabuzzare gli occhi,
mentre il malcapitato provava a divincolarsi, senza riuscirci. Quando lo
vide paonazzo, allentò la presa e gli sussurrò in faccia:
-Tu chi cazzo sei?L’interpellato si agitò e lui lo lasciò andare, in attesa della risposta. Il
ragazzo inspirò a fondo, rinsanguando, e si massaggiò il collo indolenzito,
borbottando qualcosa di incomprensibile, prima di alzare lo sguardo su di
lui e dire:
-Immaginavo fossi un tipo esplosivo, di quelli che piacciono a me.-Vaffanculo!-Ok, vuoi sapere chi sono e ti accontento: Francesca per me è solo una
copertura, mi serve per celare la mia natura, come avrai ben capito. Lei
questo non lo sa e non lo saprà mai. Per il resto, ti basti sapere che ho
tanti soldi, ho tanti amici e siamo disposti a spenderli in modo…
originale.Tiziano avvertì un conato di vomito salirgli in gola e con espressione
confusa si guardò intorno, prendendo nota di un signore che passeggiava
in compagnia del suo cane.
-Originale?- ripeté per prendere tempo.
-Sì.-Io… devo andare.- annunciò non sopportando più la vista di quegli
occhietti che scrutavano l’anima.
Si girò di scatto e si allontanò, iniziando a tremare per i dolori, mentre
Paolo gli urlava dietro:
-Domani! Ti aspetto qui domani, alla stessa ora. Non te ne pentirai.~
Alice sbatté le palpebre incredula e si asciugò le mani prima di sedersi
al tavolo della cucina e fissare l’amico come se lo vedesse per la prima
volta.
-Non dire una sola parola.- l’ammonì Tiziano ingoiando una pasticca di
roipnol.
-Infatti, non se ne parla proprio!- esclamò con veemenza, picchiando
l’indice sul tavolo. -Tu non accetterai la proposta di quell’essere viscido!Tiziano si alzò e andò a prendersi il solito bicchiere di latte, notando
alcune merendine nel frigorifero. Incuriosito ne prese una e tornò a
sedersi, chiedendo:
-E queste?Alice non si degnò di rispondere, troppo scossa dal racconto appena
udito. In realtà, però, più che dal resoconto, era sconvolta da quello che
leggeva negli occhi dell’amico, qualcosa che le fece capire che stavano
toccando il fondo. Lo vide mangiare la merendina e gli ricordò caustica:
-Caso mai te ne fossi dimenticato, tu non sei gay.-
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©MGL VALENTINI
-Davvero mi dici?- la beffeggiò tra un boccone e l’altro. -Per fortuna ci sei
tu a ricordarmelo… Però, buone queste cose.- commentò rigirando tra le
dita la carta delle merendine.
Alice roteò gli occhi al cielo, pensando che fosse impazzito e con un
sospiro si alzò e si rimise a lavare i vestiti. Non avendo la lavatrice, era
costretta a lavarli a mano e quando lo faceva lavava anche quelli
dell’amico, con il risultato che trascorreva le ore con le mani nell’acqua a
causa della mole di vestiario da ripulire. Ultimamente si stancava con più
facilità ed ogni tanto si fermava per far riposare mani e braccia. I jeans
erano i più difficoltosi da trattare e in quelle occasioni sognava di avere
una lavatrice che andasse anche a manovella.
-Pensaci bene.- consigliò strizzando una maglia. -Una volta entrato non
ne esci più.-So quello che faccio.- rispose bevendo un sorso di latte.
-Melissa lo sa?Tiziano non rispose subito e quell’attimo di esitazione fece
sogghignare la ragazza.
-Bene, bene. Sento aria di bufera.-Lei non lo saprà. Non dovrà mai saperlo.- rimarcò con sguardo omicida.
-Io non dirò nulla, lo sai, ma caro mio lo verrà a sapere, credimi. Si sa
tutto nel nostro mondo, non lo hai ancora imparato?Il ragazzo si alzò di scatto dalla sedia e imprecò sommessamente,
passando una mano tra i capelli sporchi.
-Be’, conto di fare un po’ di grana e squagliarmi prima che sappia. Non
voglio certo scoparmelo, ma accontentarlo facendogli qualche sega.A quel punto Alice smise di lavare, girò su se stessa e gli si piantò
davanti, nello sguardo un’espressione di sfida che lo lasciò incuriosito più
che spaventato. La vide togliersi la maglia e il reggiseno con modi
insinuanti, come se stesse facendo uno spogliarello per lui solo,
sciogliere i capelli e ravvivarli per renderli voluminosi e infine sfilarsi la
gonna e le calze. In ultimo tolse gli slip e rimase nuda dinanzi a lui,
facendo un passo avanti con intenzioni inequivocabili. Tiziano deglutì
sgranando gli occhi e si irrigidì quando lei allungò la mano per insinuarla
sotto la sua maglia e accarezzargli il torace.
-Bene.- sussurrò amabilmente. -Vediamo se sei pronto.Il ragazzo impiegò un po’ per elaborare il concetto e si rese conto che
non riusciva a fare un solo gesto.
-Allora?- lo provocò lei con dolcezza, guardandolo dritto negli occhi. Sono qui, fammi quello che vuoi.Lui deglutì più volte, la gola secca che non accennava a tornare
normale, capendo di dover fare qualcosa e la sentì sussurrare:
-Non provi neppure a toccarmi? Eppure domani ti aspetterà una cosa
simile…Tiziano si morse le labbra, irrigidito; Alice si alzò sulle punte dei piedi
per posargli un bacio sul collo e lui inspirò a fondo, tentando di allungare
una mano per rispondere alle sue avances. Ma più si ripeteva di farlo,
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©MGL VALENTINI
meno il cervello recepiva l’ordine e alla fine, rassegnato e irritato con se
stesso, fece un passo indietro e ringhiò:
-Ok, perdio! Hai vinto tu! Non ci riesco, cazzo!Fece qualche passo per la cucina, continuando a borbottare
indistintamente, mentre Alice sorrideva e si rivestiva, consapevole che i
fatti fossero più eloquenti di mille parole e quando fu di nuovo
presentabile lo guardò e gli indicò di sedersi. Lui sbuffò, bofonchiò
qualcosa in sordina e ubbidì tamburellando nervosamente sul tavolo.
-Non ce la faccio più, Cristo!- ammise in un ruggito. -Dover pensare
anche alla tua parte di pere mi sta uccidendo!-Mi dispiace.-Quel pezzo di merda è imballato e potremmo avere soldi facili.-Ti ho appena dimostrato che non è così facile come pensi.- corresse con
tono ragionevole. -Però hai ragione: non posso continuare a vivere sulle
tue spalle. Dunque, domani verrò con te.Tiziano socchiuse gli occhi, smettendo di tamburellare nervosamente,
pensando di aver udito male e Alice continuò:
-Dicono che sia sufficiente usare il preservativo per non contagiare gli
altri.-Tu… riprendi a fare marchette?-Sì. È da un po’ che ci sto riflettendo e usando le dovute precauzioni non
dovrei far del male a nessuno. Inoltre, ora ci è capitata questa occasione
che è quasi una manna dal cielo e sarebbe da idioti non approfittarne.-Ma come, prima eri contraria…-Sono contraria che sia tu a far marchette. Io ci sono abituata, so come
trattare quei merdosi.-Non se ne parla: non ti lascio da sola. Non so cosa aspettarmi domani.Alice alzò le spalle con superficialità e rispose:
-Saranno i soliti ricconi che hanno bisogno di droga e sesso per
divertirsi.Lui girò appena la testa, guardandola con la coda dell’occhio e notò:
-Be’? Ora non mi infastidisci più con Melissa?-Oh, lo verrà a sapere, lo sai bene. Tanto vale che glielo dici tu, così
saprà che non sei tu a far marchette.-Ah, sì!- esclamò lasciandosi andare contro lo schienale della sedia. Vediamo se ho capito bene: le dirò che la amo tanto ma che da domani
inizierò a farmi i maschietti! Immagino già la sua felicità!Alice si alzò e tornò a concentrarsi sui panni da lavare, sorridendo tra
sé e sé.
-Non è stupida e capirà.- mormorò chiudendo il discorso.
Tiziano bofonchiò qualcosa di inintelligibile e senza aggiungere altro si
alzò e uscì.
~
Era ormai l’ora di cena quando, uscendo da un grande magazzino
dove erano riuscite a rubare un po’ di vestiario, Isa e Melissa furono
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©MGL VALENTINI
affiancate da una macchina. Il marciapiede era ancora affollato di gente e
commercianti che stavano chiudendo i locali e la vettura le seguì passo
passo.
-Quanto?- chiese il conducente sporgendosi dal finestrino, spogliandole
con gli occhi.
-Fottiti.- rispose Melissa tirando dritto.
Isa al contrario si fermò e fissò quel volto non troppo vecchio né
troppo viscido e istintivamente disse:
-Cinque bigliettoni.-Sei scema?-No, sono vergine.L'uomo la studiò attentamente, soppesandola con lo sguardo, mentre
Melissa impallidiva e con mossa repentina afferrava il braccio dell’amica
e la strattonava.
-Ma che cazzo fai? Sei impazzita?-Sta' zitta.- l'ammonì lei con insofferenza, liberandosi con uno strattone.
Quindi si chinò verso il finestrino e domandò con impazienza:
-Allora? Non ti sto fregando, sono vergine sul serio.-Quattro.-Cinque.-Ok. Salta su. Ma se non sei vergine…-Lo sono.Aprì la portiera senza pensarci troppo e montò in macchina, sotto lo
sguardo annichilito dell'amica.
~
-Ho provato a fermarla, ma non mi ha dato ascolto.- gemette scuotendo
la testa.
Tiziano si girò verso Alice, per scrutare la sua reazione, immobile e
pallida davanti ai fornelli e bestemmiò sommessamente.
-Quando è successo?- chiese.
-Non più di mezz'ora fa.-Cristo! Può aver incontrato un pazzo, uno schizzato... Cristo!-Cerca di calmarti.-Calmarmi?!- esclamò stizzito. -Lo sai quanti schifosi figli di puttana
esistono? Non oso immaginare quello che le può capitare! Stronza!
Stronza!Melissa e Alice si scambiarono un'occhiata, mentre Tiziano
continuava a imprecare contro Isa in un monologo tutto suo, a tratti
incomprensibile.
-Che facciamo?- chiese la ragazza preoccupata, rivolgendosi alla
persona che mostrava più ragionevolezza.
-Cercarla è inutile.- rispose Alice pensierosa. -Roma è enorme, potrebbe
essere ovunque.-Allora?-Allora aspettiamo.- rispose con evidente rassegnazione.
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-Io esco. Provo a cercarla.- decise Tiziano afferrando al volo il giubbotto
di jeans.
-Vengo con te.- aggiunse Melissa seguendolo.
Alice scosse la testa e quando uscirono si sedette al tavolo, aprì il
cassetto e prese una siringa. Legò il braccio ma prima di riuscire a
centrare una vena bucò un paio di volte, irritandosi. In un attimo la
nausea sparì, la bocca non fu più secca e i dolori svanirono e lei tornò a
vivere bene.
Lo sguardo le cadde sulla foto illuminata dalla fioca lampadina che
pendeva dal soffitto, si alzò, la staccò e la rigirò in mano, studiandosi a
lungo. D'un tratto la scaraventò per terra e si prese la testa tra le mani,
tornando indietro nel tempo. Cosa devo fare, Silvia? pensò tristemente.
Tu cosa faresti?
Ricordò il periodo in cui, appena tredicenne, si era innamorato di
Silvia, così dolce, splendida, perfetta quando era in sballo totale.
Sembrava una dea in miniatura e quasi non gli era sembrato vero
quando aveva accettato il suo discreto corteggiamento, lei, più grande di
tre anni, già donna rispetto a lui. Quando l'aveva baciata per la prima
volta gli era sembrato di toccare il cielo con un dito, benedetto da una
simile fortuna. Tiziano non può saperlo, ma il Suzuki era il nostro ritrovo
dove facevamo l’amore, tu ed io. Cosa devo fare, Silvia? si ripeté. Ho
amato solo te nella vita e ti amo ancora. Eri perfetta in tutto ed io ti
imitavo per poterti somigliare… Eri perfetta e splendida anche nella morte,
ricordi?
Chinò la testa e solo in quel momento si accorse della goccia caduta,
una lacrima che, scivolando dalla sua gota, era finita sul tavolo.
~
Alice aprì il frigorifero e gettò un’occhiata all’interno, alla ricerca di
qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti. Optò per uno yogurt e
una merendina e si mise seduta al tavolo. Dagli appartamenti limitrofi
giungevano rumori di ogni specie, toni di voce alterati e qualche
schiamazzo accompagnato dall’abbaiare dei cani e con un sospiro preferì
accendere lo stereo e ascoltare musica, al posto degli insulti della vicina.
Aveva appena terminato di mangiare, accompagnata dalle note dei
Black Sabbath, quando un improvviso conato di vomito la costrinse a
piegarsi in due e rigettare tutta la cena. Portò una mano alla fronte,
sentendola sudata e con rassegnazione si alzò per pulire. Un violento e
improvviso attacco di tosse per poco la stroncò e dovette rimettersi
seduta se non voleva rischiare di finire a terra. Quando il malessere
passò, si rese conto di essere sudata e priva di fiato, tanto che rimase a
lungo sulla sedia prima di provare a rialzarsi. Con un gemito si pulì la
bocca sulla manica della maglia, sentendo ancora il sapore nauseante
del vomito e lentamente si rialzò per andare a prendere qualcosa per
pulire per terra.
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Il campanello la costrinse ad andare ad aprire e si ritrovò davanti il
volto pallido di Isa. Si fissarono per un lungo attimo, prendendo
coscienza del malessere di entrambe e senza aprire bocca Alice la lasciò
entrare. Mentre l’amica si metteva seduta, lei provvide a pulire il
pavimento, sempre in compagnia dello stereo, l’unico che avesse
qualcosa da dire. Quando ebbe finito, si mise seduta davanti a Isa e la
studiò a lungo. Il pallore dava risalto al rosso dei capelli, mentre gli occhi
un po’ sgranati e un tremito sulle labbra denunciavano appieno
l’esperienza appena vissuta.
-Come stai?- s’informò affabile.
-Bene.-È stato… gentile?Isa abbassò lo sguardo sulle proprie mani posate sul tavolo e si
accorse di tenerle talmente strette che le nocche erano diventate bianche.
-Sì… Insomma… Non ho altre esperienze per poter fare un paragone.Alice si alzò e andò a prenderle una birra, sentendo il proprio stomaco
ancora sotto sopra. Quando tornò al tavolo, si accorse degli occhi umidi
dell’altra e con un sospiro si sedette e posò una mano sulle sue.
-Vuoi parlarne?- invitò con dolcezza.
Isa scosse la testa, bevve un sorso e tirò su con il naso, rispondendo
soltanto:
-Almeno ora ho un po’ di soldi.-Sì, certo, che svaniranno come neve al sole. Ma solo loro svaniranno,
perché la tua ferita rimarrà.Lei alzò lo sguardo e la studiò con espressione indecifrabile, prima di
ribattere un po’ alterata:
-E le tue? Quante ne porti ancora dentro?Alice non rispose, non ce n’era bisogno e con un sospiro ritirò la mano
e si mise in cerca del roipnol. Ne trovò una scatola dentro un barattolo
che avrebbe dovuto contenere sale e ne ingoiò un paio di pasticche.
-Dov’è Morte?- domandò Isa guardandosi attorno.
-Con Melissa a cercarti.-A cercarmi?-Sì. Erano piuttosto preoccupati.- spiegò con tono pacato, rimettendosi
seduta.
L’altra si morse le labbra e chiuse un attimo gli occhi. Fu un errore: in
un secondo rivide il momento in cui l’uomo l’aveva toccata, l’aveva
spogliata con una certa impazienza per… Deglutì spalancando gli occhi
per non rivivere l’orrore e il gemito le morì in gola, accorgendosi di avere
il fiato corto. Buttò in gola la birra, fissò Alice, concentrandosi sul suo
volto per allontanare i dolorosi e umilianti ricordi e dopo un po’ domandò
per cambiare discorso:
-Tu stai bene?-Sì, certo.- mentì con un sorriso che voleva essere rassicurante.
-Ok. Allora io vado.- annunciò alzandosi.
-Dove?Isa rifletté un attimo, quindi alzò le spalle e rispose con voce atona:
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-A casa.-A casa dai tuoi genitori che pensano solo a picchiarsi e bere?- aggiunse
alzandosi a sua volta.
-Sì. È l’unica casa che ho.- ammise in un sussurro.
A quel punto Alice le si avvicinò e la sorprese con un abbraccio,
tenendola stretta a sé e accarezzandole la testa dolcemente. Isa chiuse
gli occhi e scoppiò a piangere, aggrappandosi a lei come se fosse stata
una roccia e Alice le mormorò all’orecchio:
-Quando hai provato a confortarmi io ho rifiutato per paura: non voglio
ripetere lo stesso errore ora che tu ne hai bisogno.Rimasero abbracciate a lungo, i singhiozzi di Isa che gareggiavano
con la voce di Ozzy Osbourne e Alice che continuava ad accarezzarle la
testa, tenendola appoggiata nell’incavo della sua spalla. Quando, infine, i
singhiozzi terminarono, Isa si sciolse dal confortevole abbraccio e alzò gli
occhi su di lei, annuendo appena e asciugandosi il volto inondato dalle
lacrime. Tirò su con il naso e senza aggiungere altro si girò e se ne andò,
lasciando Alice chiusa nella sua solitudine.
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Tiziano si osservò intorno, ma non vide nessuno. Alice stava vicino al
muro di un palazzo in paziente attesa, seguendo con lo sguardo un
signore anziano che passeggiava con il suo cane. Le sarebbe piaciuto
avere un bel cane da coccolare, però sapeva che non sarebbe riuscita a
prendersene cura e non voleva far soffrire un povero animale. Con un
gesto vezzoso della mano tirò indietro i capelli e i braccialetti tintinnarono
dolcemente, richiamando l’attenzione di Tiziano.
-Tra dieci minuti ce ne andiamo.- gli disse categorica.
-E da quando decidi anche per me?- la rimbeccò lui incrociando le
braccia al petto.
-Da questo momento.-Sei patetica.-E tu uno scemo.-Lei cosa ci fa qui?La domanda li colse impreparati e si voltarono verso la strada, dove
una macchina si era accostata al marciapiede e dal finestrino del
passeggero si intravedeva il viso di Paolo che li fissava palesando lo
scontento.
Tiziano scese dal marciapiede e si avvicinò, chinandosi per sbirciare
l’uomo alla guida, un ragazzo poco più grande di lui, indubbiamente un
figlio di papà che si annoiava e cercava sempre maggiori stimoli. Posò il
braccio sul finestrino abbassato e sorridendo a Paolo rispose:
-Lei è una sorpresa.-Non era negli accordi.-Accordi? Se è per questo neppure lui era contemplato.- ribatté acido,
ammiccando al ragazzo.
Paolo strinse i denti, non sapendo che farsene di una donna e
presentò con modi sbrigativi:
-Lui è Vittorio, un mio carissimo amico.-Anche Alice è una mia carissima amica.-Sì, ma è una donna ed io ti avevo detto che…-È un lui.-…che le donne…Paolo sbatté le palpebre come per schiarirsi le idee e istintivamente
girò lo sguardo sulla ragazza rimasta accanto al muro. Osservò i suoi
ricci biondi accarezzarle le spalle e scendere fin quasi all’altezza della
vita, il volto truccato in maniera discreta, la maglietta aderente che
metteva in risalto il seno, la minigonna che copriva ben poco delle sue
gambe lunghe e perfette e ripeté confuso:
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-Un… lui?-Certo.Paolo si girò verso Vittorio, scambiando con questi un’occhiata rapida
e subito dopo fece cenno di salire. Tiziano raddrizzò la schiena e chiamò
l’amica e in silenzio si lasciarono condurre nell’appartamento di Vittorio.
~
Tiziano e Alice rigirarono tra le dita il bicchiere di whisky che Vittorio
aveva loro messo in mano, non sapendo che farci, visto che andavano a
latte e non ad alcool. Tuttavia, per non offendere l’anfitrione, avevano
accettato, evitando con cura di bere. Nel frattempo la ragazza si guardò
intorno, prendendo nota del lusso che affiorava da ogni angolo
dell’appartamento, mentre Paolo e il suo amico, in piedi accanto al
mobile bar, sorseggiavano un po’ del liquido ambrato, scambiandosi
alcune parole in sordina e in tanto occhieggiavano i due ragazzi seduti su
un costoso divano ad angolo.
-La tua casa è bellissima.- iniziò Alice con tono suadente per rompere il
ghiaccio.
-Grazie, è solo un piede à terre. In realtà abito altrove.- rispose Vittorio in
vena di chiacchierare.
-Nel nord, dato l’accento.- osservò con acume.
-Sì.-E come mai stai a Roma?-Per lavoro e per divertimento.- rispose staccandosi dal mobile e
sedendosi accanto alla ragazza. -Tu non bevi?- e ammiccò al bicchiere
che lei teneva in mano.
Alice abbassò lo sguardo sul whisky e lo fece ondeggiare per
prendere tempo, quindi rispose:
-In realtà non bevo.Vittorio sollevò un sopracciglio incuriosito e domandò:
-Non bevi… cosa?-Non bevo. Io amo il latte.L’altro rimase piacevolmente sorpreso e con naturalezza allungò il
braccio sullo schienale del divano, dietro le spalle di Alice e a Tiziano non
sfuggì l’occhiata di apprezzamento che vide nei suoi occhi, come non
mancò di registrare la noia ben dissimulata sul volto dell’amica. Non era
avvezza a tutto quel corteggiamento ipocrita e temeva che, perdendo
tempo, avrebbe iniziato a sentire i dolori dell’astinenza.
-I tuoi capelli sono bellissimi quando sono puliti. I tuoi occhi, poi…sussurrò Paolo all’orecchio di Tiziano.
Questi si irrigidì, non avendolo sentito arrivare e con un riflesso
incondizionato si allontanò, facendo quasi rovesciare il bicchiere. Si alzò
dal divano e, bofonchiando qualcosa di incomprensibile, si allontanò,
imitato da Paolo che lasciò soli Alice e Vittorio. Si avvicinò a Tiziano,
rifugiatosi accanto al mobile bar, sorridendo in modo inequivocabile.
-Ti mostro la stanza.- mormorò con un lieve cenno della testa.
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-No.- rispose categorico. -Prima gli accordi.Paolo restrinse gli occhi, quindi lanciò un’occhiata a Vittorio,
trovandolo inebetito dalla ragazza, e con un gesto spazientito tirò fuori il
portafoglio, dicendo:
-Trecento bastano.Prese tre pezzi da centomila e glieli mise in mano. Tiziano esitò,
consapevole che se avesse accettato non sarebbe più potuto tornare
indietro e con la gola secca disse:
-Io non scopo.L’altro lo fissò a lungo, impreparato a quella risposta e con ironia
domandò:
-E cosa faresti che valga tre bigliettoni?Tiziano deglutì e abbassò lo sguardo sui soldi che aveva sul palmo
della mano, avvertendo una scossa lungo tutto il braccio e con mestizia
rispose:
-Posso farti una sega.Paolo inarcò le sopracciglia incredulo e soffocò una risata per non
attirare l’attenzione degli altri seduti sul divano a tubare come piccioni.
-E… E per una sega dovrei pagarti tanto?-Per me è la prima volta, lo sai.-Ah! Ma certo!- lo turlupinò. -Vorresti farmi credere che tu e la tua
amica…A quell’insinuazione Tiziano alzò di scatto gli occhi su di lui e gli si
avventò contro, sibilando:
-Attento a quello che sputi, stronzo! Lei è un milione di volte migliore di
te.-Sì, come no!- sogghignò sarcastico, facendo un cenno vezzoso con la
mano.
A quel punto, nauseato da tutta la faccenda, il ragazzo fissò i soldi
che teneva ancora nel pugno e con spregio li gettò a terra, sibilando
stizzito:
-Sai bene cosa puoi farci.Quindi fece un passo verso Alice per portarla via da lì, quando l’altro
lo bloccò afferrandolo per un braccio. Lui si liberò con uno strattone,
come se si fosse scottato, e lo fissò con palese disprezzo. Alice e Vittorio
li guardarono incuriositi, distratti dal loro battibecco, fin quando si
accorsero che era solo una divergenza di opinioni.
-Paolo è sempre molto esuberante nelle richieste.- mormorò Vittorio
tornando a concentrarsi sulla ragazza.
Lei abbozzò un sorriso e sbirciò di sottecchi Tiziano, per accertarsi
che andasse tutto bene e quando si rese conto che aveva la situazione
sotto controllo tornò a ridere e scherzare con il proprio cliente.
-Ok.- accettò infine Paolo, nel tentativo di farlo ragionare. -Ok, ho
sbagliato.Tiziano restrinse gli occhi, cercando di trattenere la nausea e con
gesto spazientito tirò indietro i capelli, non sapendo cosa fare. Il richiamo
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dei soldi era fortissimo, impellente, e di questo anche Paolo era cosciente
e ne faceva leva; eppure lui si sentiva uno schifo.
-Ok,- riprese il ragazzo con tono conciliante, decidendo per lui, -mi
accontento di una sega, a patto che ti spogli e ti lasci toccare.Quella richiesta gli fece venire la bile in bocca e lanciò un’occhiata ad
Alice, in cerca di aiuto. Questa era intenta a sghignazzare con Vittorio,
presa da quel nuovo tipo di approccio e non si accorse di lui, della sua
silente e spasmodica richiesta di aiuto. Per un attimo si ritrovò in un
vicolo cieco, l’istinto che gli urlava di fuggire via, la ragione e il bisogno
impellente di una dose che gli suggerivano di accettare e quando tornò a
guardare Paolo capì che il suo destino era segnato.
~
Alice prese la siringa dallo sportello sul cruscotto del Suzuki, legò il
braccio e cercò una vena. La trovò al secondo tentativo e si iniettò la
dose, sentendo subito la bocca tornare normale e i dolori attenuarsi.
Quando fu in grado di ragionare, mise via la siringa, pulì gli schizzi di
sangue e si girò verso Tiziano, seduto al posto di guida con l’espressione
di un condannato a morte. Si erano fermati in una stradina, perché lui
aveva vomitato tutto il suo malessere tramutato in muco e bava ed ora
esitava a rimettere in moto e ripartire.
Con un gesto di affetto gli mise una mano sulla spalla, sentendolo
irrigidirsi, e suggerì:
-Guarda il lato positivo: abbiamo un bel po’ di grana.- e subito dopo
realizzò che erano le medesime parole usate da Isa.
Tiziano arricciò il naso, sentendo ancora la bocca piena di vomito e si
tenne la testa con una mano.
-È stato tanto difficile?-Sta’ zitta, perdio!- l’ammonì disgustato.
Lei sorrise e prima di ritirare la mano gli accarezzò una guancia,
facendolo sussultare con una veemenza inusuale.
-Ehi!- esclamò sorpresa. -Che succede?Tiziano la fissò in tralice, con sguardo omicida, ripensando alle mani
di Paolo su tutto il suo corpo, alla vergogna di trovarsi nudo dinanzi a lui,
alla sua bocca che… Un brivido lo scosse da capo a piedi e ruggì
disperato:
-Come cazzo fai, eh? Me lo spieghi?-Io sono gay e tu no.- spiegò lapidaria, sentendosi quasi offesa.
L’amico aprì la bocca per replicare ma la richiuse di scatto, sentendo
di nuovo un conato di vomito salirgli in gola e con stizza si allungò per
prendere una siringa. Con gesti spasmodici si iniettò la dose e subito
dopo si sentì meglio, ricominciando a respirare regolarmente.
Era notte fonda ormai e poca gente si azzardava a girare ancora per
le strade dei quartieri di periferia, dove vigeva un silente e non scritto
coprifuoco e loro, invece, erano ancora fuori casa, reduci della serata
trascorsa a casa di Vittorio.
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-Che schifo…- sussurrò Tiziano cercando di allontanare il ricordo della
sua prima prostituzione. -Mai più.Alice lo sbirciò di sottecchi e sogghignò tra sé e sé, reputando chiuso
il capitolo Paolo.
~
-Cos’hai?- domandò Melissa preoccupata.
Tiziano mise le mani in tasca e chinò appena la testa, sentendo i
dolori dell’astinenza dilagare nel suo corpo.
-Non ho nulla, sono solo un po’ stanco.- rispose con tono insofferente.
Lei si morse le labbra, l’intuito che le diceva che non era così, che
qualcosa c’era di diverso, ma non voleva risultare invadente e non
insistette. Era sicura che, prima o poi, lui avrebbe parlato e in
quell’occasione gli sarebbe stata di conforto.
-Dov’è Isa?- domandò Tiziano per cambiare discorso.
-È dentro a farsi.- rispose ammiccando al Palazzo. -E Alice?-A fare marchette.- rispose allontanandosi, non sopportando la vicinanza
di lei e degli altri tossici.
La primavera aveva portato con sé i primi caldi e anche i primi pollini
che svolazzavano per il prato, sfiorando i ruderi romani per poi posarsi a
terra con estrema delicatezza. Ogni tanto si udiva qualcuno starnutire a
causa delle allergie e Tiziano pensò con sarcasmo che gli mancava
essere allergico per non far difetto di nulla. Il suo fisico cadeva a pezzi, le
crisi epatiche non si contavano più e aveva imparato a convivere sia con
le epatiti che con le nefriti, sebbene paventasse un collasso di fegato e
reni da un minuto all’atro. Le gengive gli sanguinavano in continuazione,
come in continuazione eiaculava e aveva gli occhi perennemente rovinati
dalla congiuntivite. Inoltre aveva iniziato a tossire sempre più forte, a
respirare male ed ogni volta gli sembrava che il cuore e il petto gli si
spaccassero. Ormai viveva solo per procurarsi i soldi per la dose
giornaliera e ogni ora che passava precipitava sempre più nel baratro
della degradazione.
Si girò verso Melissa, rimasta sulla panchina davanti all’ingresso del
Palazzo e sospirò: come poteva avvicinarsi di nuovo a lei dopo quanto
era accaduto con Paolo? Lei era così bella, pura, per un certo verso
ancora innocente e il pensiero di poterla contaminare con il suo tocco gli
faceva venire il voltastomaco. Si accorse che lei lo guardava con aria
interrogativa, come se avesse subodorato qualcosa e per non dover dare
spiegazioni le fece un cenno di saluto e se ne andò, da perfetto codardo.
~
Si alzò dal letto e corse in bagno, in tempo per vomitare bava
biancastra, e con un gemito si appoggiò alla parete, passando una mano
in mezzo ai lunghi capelli neri. Gli occhi gli caddero sullo specchio e si
osservò in silenzio, lasciando scivolare lo sguardo dal pallore alla piega
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amara della bocca, dalle occhiaie agli occhi rossi di congiuntivite, dalla
magrezza all'aria distrutta e psicologicamente a terra. Non poteva
continuare così. L'eroina se lo stava mangiando a poco a poco,
inesorabilmente, pezzo per pezzo, lasciandogli solo il vago ricordo del
giovane che era stato. Non riusciva più neanche a guidare, neppure dopo
essersi fatto e questo gli dava ai nervi.
Iniziò a tossire violentemente e di nuovo vomitò. Mio Dio, pensò in un
barlume di lucidità, lasciandosi scivolare lungo la parete del bagno, sto
morendo di una lenta e dolorosa agonia.
Alice era nelle sue medesime condizioni, anzi peggio e ogni giorno
che passava per lei era un passo in avanti verso la fine. Il dispendio di
energie per sistemarsi e truccarsi la sfiniva sempre più e c’erano giorni in
cui non riusciva ad alzarsi dal letto, talmente era allo stremo, e in quelle
occasioni era Tiziano a bucarle il braccio per farla stare meglio. E,
comunque, entrambi avevano continuato a frequentare saltuariamente la
casa di Vittorio, riuscendo a mantenere nascosta la situazione, sia a
Melissa che a Isa. L’unico inconveniente alla continua frequentazione,
era una lotta continua che Tiziano era costretto a ingaggiare con Paolo
per tenerlo a una certa distanza, il quale non si stancava mai di chiedergli
sempre di più.
Isa e Melissa non erano arrivate a eguagliare il loro deperimento fisico
e riuscivano ancora a mantenere un certo decoro. La prima aveva iniziato
a prostituirsi e passava giornate intere sui marciapiedi, salendo su
macchine diverse alle quali Melissa prendeva il numero di targa: poteva
capitare che finisse tra le mani di un delinquente o di un mostro e dal
numero di targa potevano risalire al proprietario se le fosse accaduto
qualcosa. Melissa continuava a rubare e a vivere di espedienti,
consapevole della fortuna di avere una madre alle spalle che non le
lesinava soldi, sebbene non fossero mai sufficienti. In qualche
circostanza erano rimaste a dormire a casa di Tiziano e Alice, troppo
esauste e strafatte per riuscire a tornare a casa loro e in quelle occasioni
Melissa e Tiziano dormivano insieme, provando a fare l’amore senza
riuscirci e alla fine si accontentavano di scambiarsi baci ed effusioni varie.
No, non posso più andare avanti così, si ripeté per l'ennesima volta.
Devo decidermi a farla finita in un modo o nell'altro.
Tossì di nuovo e imprecò sommessamente, tornando in camera.
Sedette sul letto e rimase a fissare Alice che dormiva tranquilla. L'invidiò
un po' e ingoiò una manciata di sedativi, stendendosi e fissando il soffitto.
Rimase un attimo tranquillo, quindi si alzò e tornò in bagno denudandosi.
Entrò in vasca e si fece la doccia. Quasi come un automa si insaponò,
lavò la testa e ne uscì avvolgendosi in un accappatoio. Per un po'
asciugò i capelli col fono, poi si stancò e li lasciò umidi.
Andò a sedersi al tavolo di cucina e prese una siringa, bucando dopo
essere riuscito a centrare la venuzza di una caviglia. Dopo un po' si sentì
meglio e andò a prendersi un bicchiere di latte. Doveva svegliare Alice o
avrebbero di nuovo fatto tardi: Paolo e Vittorio li attendevano come al
solito.
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Come se l'avesse chiamata, la ragazza apparve sulla soglia della
camera e lui la studiò a lungo. Era sempre più emaciata, sempre più
pallida, sempre più distrutta. Nonostante ciò, truccandosi riusciva a
mascherare un po' il suo stato e appariva ancora molto bella.
-Ti sei fatto la doccia?- chiese sedendosi e prendendo automaticamente
una siringa.
-Sì. Si vede?-Fai lo spiritoso?- replicò bucandosi.
-Che ti succede? Ti sei alzata male?Alice chiuse gli occhi al flash e per un lungo attimo non rispose,
lasciando che i dolori placassero per tornare alla normalità.
-No. È che sono stufa di questa vita di merda: pere e clienti, clienti e
pere.- mormorò in una litania.
-Allora siamo in due. Forse è giunta l'ora di smettere.-Forse. Smettendo non ho niente da guadagnarci.-Ricominci?-A che ora ci aspettano?Tiziano capì che aveva volutamente cambiato discorso e rispose:
-Tra un po'.-Siamo in ritardo, vero?Il ragazzo abbozzò un sorriso e rispose:
-Come sempre.-Allora diamoci una mossa: mi sono sparata l’ultima spada che c’era nel
cassetto.Con riluttanza si alzarono e iniziarono a prepararsi.
~
Alice e Vittorio si erano eclissati nella loro camera, lasciando Tiziano e
Paolo seduti sul divano, in perenne lotta su come affrontare la serata.
-Perché cambiare le carte in tavola quando abbiamo trovato un giusto e
quanto mai soddisfacente equilibrio?- constatò Tiziano nella sua
impeccabile logica, sorseggiando il bicchiere di latte che ormai gli veniva
offerto al posto del whisky.
Paolo tamburellò nervosamente sul bracciolo del divano,
sottolineando con tono aspro:
-Perché sarà soddisfacente per te. Sono stufo di farmi fare seghe e di
farti pompini. Ti pago bene, ho atteso che ti abituassi all’idea, dunque ora
pretendo qualcosa di più.Tiziano si agitò un po’ e iniziò a sudare freddo, rendendosi conto in
maniera inequivocabile che avrebbe potuto temporeggiare ancora un po’,
ma che prima o poi lui avrebbe perso le staffe. E, nella situazione
disperata in cui versava, non poteva permettersi di perdere un cliente
simile, procrastinando all’infinito.
-Abbiamo già discusso di questo.- rispose infastidito.
-Un mese fa, certo.- convenne spazientito, frugando in tasca dei
pantaloni.
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-E cos’è intervenuto a cambiare le cose in questo ultimo mese?-Il tuo bisogno disperato e impellente di ero?- suggerì mettendogli sotto il
naso una bustina.
Tiziano non ebbe bisogno di controllare meglio per capire che si
trattava di cocaina e deglutendo fece un rapido calcolo di quante dosi
contenesse. Con la gola secca e il sudore che gli imperlava la fronte,
spostò lo sguardo sugli occhietti del ragazzo, temendo quello che ci
avrebbe letto. E Paolo piegò le labbra in un sorriso inequivocabile,
sussurrando divertito:
-Sorpresa!Tiziano chiuse un attimo gli occhi, fin troppo consapevole della propria
debolezza e Paolo aprì la bustina per prenderne un po’ e sniffarla davanti
a lui, in evidente provocazione. Quindi, con tono gelido, spiegò:
-Se la vuoi sai cosa fare.Attese una risposta che non venne e quando fu certo che non
avrebbe reagito, si avvicinò e lo baciò per saggiarne il livello di resa.
Tiziano non si sottrasse, la mente persa al momento in cui avrebbe avuto
tra le mani quel sacchetto e in un attimo di lucidità allungò la mano per
costringerlo ad allontanarsi, dicendo:
-Prima la roba.-Giusto. Facciamo così: metà ora e metà dopo.Il ragazzo lo vide alzarsi e sparire in una delle stanze
dell’appartamento e con terrore si guardò intorno, alla disperata ricerca di
una via d’uscita. Ma quando l’altro tornò, dandogli il sacchetto dimezzato,
lo prese maledicendosi e con un gemito soffocato lo seguì in camera.
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Isa scese quasi di corsa dalla macchina, elargendo gratuiti epiteti
all’uomo al volante, mentre questi sbraitava e l’appellava puttana e
quant’altro di peggio potesse trovare nella memoria.
Aveva il labbro sanguinante per il colpo ricevuto, ma quello era nulla
rispetto a quanto aveva dovuto lottare per evitare una violenza peggiore.
Fortuna per lei che si era resa subito conto di che tipo fosse la persona
che l’aveva caricata in macchina e appena preso atto che non intendeva
pagarla anticipatamente, gli aveva tirato un cazzotto in faccia e si era
precipitata ad aprire la portiera. Dopo il primo istante di sorpresa, lui
l’aveva afferrata per il collo e l’aveva strattonata, facendola quasi
soffocare, mentre la ricopriva di schiaffi e cazzotti con una furia che non
aveva mai visto, neppure nei suoi genitori. Senza pensarci troppo, mossa
solo dall’istinto di sopravvivenza, era riuscita ad afferrarlo tra le gambe e
a tirare con tutta la forza che aveva, costringendolo a lasciarla per
piegarsi in due dal dolore. In quell’attimo, mentre ancora annaspava in
cerca d’aria, era schizzata fuori, allontanandosi il più rapidamente
possibile.
Con le lacrime agli occhi si guardò intorno per rendersi conto a quale
altezza della Via Salaria si trovasse e alla luce degli sporadici lampioni si
accorse di non essere troppo lontana dall’aeroporto dell’Urbe, dove
Melissa l’attendeva. Avevano optato per la vicinanza all’aeroporto militare
in modo da non rimanere mai troppo isolate e per dare maggior sicurezza
a Melissa che annotava la targa della macchina che caricava la sua
amica e attendeva il suo ritorno. In genere si nascondeva in un cono
d’ombra, per non essere scambiata per una lucciola e ne usciva fuori
solo quando Isa tornava per accertarsi che stesse bene.
Con un sospiro si avviò verso la più vicina fermata d’autobus e si
accorse che la gonna si era strappata nella colluttazione. Si asciugò le
lacrime e cercò di tamponare il sangue che usciva dal labbro gonfio,
rendendosi conto che tremava non per l’astinenza bensì per la brutta
esperienza appena vissuta. In quel preciso istante si domandò come
facesse Alice a sopravvivere a quel mestiere. Dopo solo un mese lei non
resisteva più anche se, a parte l’ultimo cliente, non le era mai capitato
nulla di male. Certo, qualcuno ci provava ad andare oltre, ma era sempre
riuscita a tenere testa a tutti e di questo andava fiera.
Salì sull’autobus, notando subito l’occhiata che le lanciò il conducente.
Si guardò intorno e si domandò che fine avessero fatto i romani, visto che
i passeggeri erano prevalentemente stranieri. Si mise direttamente
dinanzi alla porta di uscita e dopo solo tre fermate scese davanti
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all’aeroporto. Si incamminò verso la piazzola, sapendo di trovarci l’amica
e Melissa, appena la vide, le andò incontro.
-Cos’è successo?- esclamò allarmata, alla vista del labbro spaccato e
gonfio e della gonna strappata.
-L’ultimo figlio di puttana voleva fregarmi.-Tu stai bene?-Sì. Andiamo via, stasera non ce la faccio più. E poi, non voglio mancare
alla riunione.Melissa annuì e in silenzio si avvicinarono al motorino parcheggiato
sul marciapiede, pronte per andare al Palazzo a fare rifornimento di
droga per la serata.
~
Tiziano e Alice giunsero con qualche minuto di ritardo e Alessandro li
salutò mostrando loro il sacchettino con la dose. Negli ultimi giorni si era
meravigliato non poco che pagassero senza fare storie e non portassero
più molta roba rubata da scambiare e la cosa aveva iniziato a innervosirlo
nonché a insospettirlo.
-Cosa combinate voi due?- domandò incassando i soldi.
-Ci buchiamo.- rispose Alice serafica.
-Cosa nascondete?- insistette trattenendola per un braccio.
Lei lo fissò restringendo gli occhi, infastidita, e con uno strattone si
liberò, entrando impettita nel locale. Tiziano la seguì in silenzio,
ignorando l’amico che cercava di scoprire il loro segreto, sentendosi
morire di vergogna. Melissa e Isa avevano insistito per andare a quel
raduno, Alice gli aveva fatto notare che la loro mancanza sarebbe parsa
ben più evidente che la loro presenza e con rassegnazione aveva
acconsentito ad andare. Paventava l’idea di poter trovare Paolo con
Francesca e si sentiva male al solo ricordo di come si fosse facilmente
venduto per una dose di cocaina. Socchiuse gli occhi per il fastidio che gli
procuravano le luci psichedeliche e con Alice cercò un salottino.
Incrociarono alcuni tossici, presero coscienza di chi ancora sopravviveva
e di chi non si fosse fatto vivo per qualche motivo e Alice si gettò in pista
appena si accorse che Isa stava già ballando. Lasciò la borsa a Tiziano e
con un sorriso raggiunse l’amica, accorgendosi del labbro spaccato e
tumido. Per superare il frastuono dei decibel le si avvicinò e le urlò
nell’orecchio:
-Cos’è successo?Lei alzò le spalle con noncuranza e spiegò in breve cosa fosse
accaduto. Alice scosse la testa e si mise a ballare, fin quando entrambe
si isolarono, iniziando a muoversi a modo loro, richiamando l’attenzione
dei presenti più delle cubiste.
Melissa sorrise a Tiziano e lui le sedette accanto, evitando di toccarla.
-Ultimamente sei strano.- lo accusò lei contrariata dal suo modo di fare
distaccato e freddo.
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Lui bofonchiò qualcosa che si perse nella musica e tirò indietro i
capelli, provando a guardarla senza sentirsi un verme.
-Scusa.- mormorò facendo un gesto con la mano.
Melissa si morse le labbra e dopo un po’ disse:
-Guarda che se sei stanco di me non hai che da dirlo.-Non dire stupidaggini! Non sono affatto stanco di te.-E allora perché mi eviti?Tiziano sbuffò spazientito e in quel momento iniziò a tossire,
diventando rosso per lo sforzo. Quando la crisi passò, era rimasto senza
fiato e gli occorse un po’ per riprendersi.
-Da quanto stai così?- domandò lei aggrottando le sopracciglia.
-Sto bene, sta’ tranquilla.- la rassicurò evitando di rispondere.
Melissa rimase a lungo in silenzio, osservandolo con più attenzione
del dovuto, accorgendosi che in realtà non stava bene affatto.
-Isa stasera è stata aggredita da un cliente.- annunciò per cambiare
discorso.
Lui socchiuse gli occhi e girò lo sguardo verso la pista per osservare
la ragazza che ballava con Alice. A quella distanza, tuttavia, e con tutti i
ragazzi che si dimenavano sotto le luci psichedeliche, era impossibile
capire se stesse bene.
-Ha il labbro spaccato da un pugno.- spiegò lei capendolo al volo.
Scosse la testa e inspirò a lungo, prima di domandare:
-Per il resto?-Sta bene, a parte lo spavento.Annuì vagamente e si girò a sbirciarla, desiderando serrarla tra le
braccia, ma timoroso di contaminarla con lo schifo che sentiva addosso.
-Vuoi una birra?- offrì.
-Sì, grazie.Si diresse al bar, iniziando ad avvertire i primi dolori dell’astinenza e
per l’ennesima volta si domandò cosa ci facesse lì. Più odiava quel posto
e tutto ciò che rappresentava, e più ci si ritrovava a trascorrere le nottate,
contando i tossici sopravvissuti e prendendo nota dei nuovi caduti in
quella trappola senza via di uscita.
Eppure sapeva che una via di uscita c’era: disintossicarsi e chiudere
con quella vita. Sebbene per farlo ci voleva coraggio, un coraggio
enorme. E doveva uscirne anche Melissa se volevano continuare a stare
insieme. E lui non voleva perderla. Come non voleva perdere Alice e, di
conseguenza, Isa.
Sospirò, pensando che l’idea di disintossicarsi in quattro era a dir
poco faraonica. Ma in quale altro modo riuscire a rimanere insieme? Lui
non ce la faceva più e continuare in quel modo lo avrebbe condotto ben
presto a far compagnia a Silvia e la prospettiva non lo allettava granché.
Pagò le bibite e tornò da Melissa, impallidendo alla vista di Francesca.
Si guardò intorno, alla ricerca di Paolo, ma non lo individuò e con cautela
si avvicinò al divanetto.
-Ciao.- salutò porgendo la birra a Melissa.
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-Ciao! È da un po’ che non ci si vede.- rispose la nuova arrivata con un
sorriso a cinquanta denti.
-Come mai sola?- s’informò guardingo.
-Non sono sola: c’è Paolo con me.- e indicò la pista.
Con occhi sgranati e un nodo in gola Tiziano si girò e vide il ragazzo
che ballava con Alice e Isa e per un secondo fu tentato di fuggire con le
ali ai piedi, denunciando apertamente la propria codardia. Fece un passo
indietro, quindi inspirò a fondo e lentamente si sedette sul divano, senza
sapere cosa fare, inchiodato dalla paura, rigirando il bicchiere di latte e
menta tra le mani e quel suo malessere non sfuggì a Melissa. Si accorse
che stava per dirgli qualcosa, quando Isa lasciò la pista con brutto cipiglio
e li raggiunse con un’occhiataccia che inchiodò Tiziano al divano.
-Andiamo!- ordinò a Melissa con tono che non ammetteva repliche.
Questa la fissò trasecolando, come se fosse impazzita e Francesca
disse:
-Ciao. Cos’hai fatto al labbro?L’interpellata non si degnò di rispondere, troppo intenta a fissare
Tiziano con evidente astio, il peso del corpo su un piede e le mani sui
fianchi, in posa di sfida.
-Che succede?- domandò Melissa guardando ora uno ora l’altro.
-Ma che ti è successo al labbro?- insistette Francesca pedante, ignara
della tensione creatasi.
-Cazzi miei!- rispose a denti stretti, fissandola torva.
Subito dopo, però, cambiò espressione, il volto le si illanguidì,
vagheggiando l’idea della rivincita a distanza di tempo. Tiziano si accorse
dello strano luccichio nei suoi occhi e si alzò di scatto, lasciando cadere il
bicchiere a terra con tutto il contenuto. Schizzi di latte e menta
macchiarono il vestito di Francesca, la quale inorridì come se avesse
appena intravisto uno yeti, mentre il ragazzo agguantava Isa per un
braccio e la trascinava via. Questa gli diede una spinta e si liberò,
sibilandogli in faccia:
-Potevi anche dirlo, brutto stronzo! Ti avrei apprezzato di più! Ma così, di
nascosto…-Smetti di fare l’isterica, non serve a nulla.Lei alzò il mento sfidandolo e domandò sprezzante:
-Lo dici tu a Melissa o devo pensarci io, vista la tua vigliaccheria?-Non saltare a conclusioni affrettate.-Affrettate?! Il verme mi ha appena fatto capire che tu e lui…A quel punto Tiziano fece un gesto nervoso con la mano e ribatté:
-Sai cosa c’è di nuovo? Vaffanculo!-‘Fanculo tu!Furioso con tutto e con tutti, soprattutto con se stesso, si girò e se ne
andò senza salutare, sentendo solo il bisogno impellente di respirare aria
pulita e di farsi una dose.
~
159
©MGL VALENTINI
Alice si affacciò al finestrino del Suzuki, dalla parte del passeggero, e
fissò il profilo di Tiziano in controluce. I neon delle insegne e i lampioni lo
incorniciavano come se avesse avuto un’aureola e con un sorriso disse:
-Siamo giunti in paradiso.-Non dire stronzate e sali.- l’ammonì senza nessuna voglia di scherzare.
La ragazza schioccò la lingua e gli fece notare:
-Ti stai comportando come un idiota.-Alice… non stressarmi.- minacciò con tono alterato.
Lei sollevò il mento e raddrizzò la schiena, gettando un’occhiata
intorno. Davanti al locale stazionavano molti ragazzi intenti a comprare
stupefacenti di ogni tipo e genere, alcuni non più tanto giovani, mentre
altri poco più che bambini e per un lungo attimo rimase a fissare
Alessandro che intascava soldi con aria celestiale.
Con un sospiro aprì lo sportello e stava per salire, quando una
ragazza si staccò dal gruppetto e si avvicinò, in evidente sballo. Alice
riconobbe Loredana e le fu sufficiente uno sguardo per capire quanta
roba avesse in corpo e istintivamente gettò un’occhiata a Tiziano, il quale
mostrava chiari segni di insofferenza. Lei si appoggiò al finestrino
abbassato barcollando un po’ sulle gambe e sorridendo al ragazzo disse:
-Volevo solo salutarti.Lui accennò un lieve movimento con la testa, mentre Alice esclamava:
-Chi si rivede!Loredana staccò a fatica gli occhi da Tiziano per posarli sulla ragazza
dall’altra parte del fuoristrada e mormorò:
-Già. State ancora insieme, vedo.-Ti dispiace?All’improvviso il volto di Loredana cambiò espressione e fissando
l’altra con occhi che avrebbero volentieri incenerito, strillò nella sua
direzione:
-Perché è morta la mia amica e non tu? Perché? Non potevi schiattare tu
al posto suo?Tiziano sussultò sentendosi urlare nelle orecchie e Alice impallidì
prima di sorridere e rispondere con sarcasmo:
-Scusa se la mia misera vita ti offende. La prossima volta ti renderò
felice.-Dovevi schiattare tu, non lei!-Salta su!- intimò Tiziano all’amica. -E tu falla finita o ti prendo a schiaffi.minacciò senza tanti preamboli.
Loredana lo guardò, tirando su con il naso, perdendosi in quegli occhi
ametista che avevano popolato i suoi sogni di adolescente e con un
gemito si allontanò, mentre Alice saliva sul Suzuki e Tiziano ingranava la
marcia per mettere fine a quella serata da incubo.
~
L’insistenza del campanello lo costrinse ad alzarsi dal letto e ad
andare ad aprire, maledicendo il momento in cui aveva deciso di
160
©MGL VALENTINI
partecipare alla riunione di quella sera. Alice era ancora in bagno a
struccarsi per prepararsi ad andare a letto e lui si era appena sdraiato,
agognando un sonno ristoratore.
Aprì e si ritrovò faccia a faccia con Isa e Melissa. Queste entrarono
senza chiedere il permesso e Tiziano notò subito che Melissa era furiosa
eppure curiosa, mentre Isa era solo furibonda.
-È vero?- l’apostrofò Melissa fissandolo dritto negli occhi.
-E sei venuta fin qui per questo?- ribatté infastidito. -Mi pare che il vostro
atteggiamento non lasci dubbi in proposito alla vostra ferma condanna.aggiunse sarcastico.
-È vero o no?- insistette caparbia.
In quel momento Alice uscì dal bagno e, dopo aver constatato con
una smorfia che erano le tre del mattino e che probabilmente non
sarebbe riuscita ad andare a dormire, si unì controvoglia all’allegra
compagnia. Le due ragazze la fissarono per un lungo attimo, vestita solo
di un paio di slip e i capelli sciolti che le danzavano intorno alla vita e Isa
non riuscì a rimanere indifferente a quella visuale.
-Visita di piacere?- domandò sedendosi al tavolo e prendendo una
siringa.
-Sta’ zitta!- grugnì Tiziano, mal sopportando la sua ironia.
-È vero?- domandò Melissa alla nuova arrivata, poggiando le mani sul
tavolo e avvicinando il volto al suo.
Alice si irrigidì e si scansò un po’, rispondendo:
-Vero cosa?-Che… che lui,- e lo accusò con l’indice della mano senza neppure
guardarlo, -e quell’essere viscido di Paolo si sbattono!-E se anche fosse?- rimandò con aria innocente.
Melissa strabuzzò gli occhi, Isa bofonchiò qualcosa di irripetibile
mettendosi seduta di fronte ad Alice e Tiziano iniziò a sbuffare, andando
a prendersi le pasticche di roipnol.
Con calma biblica Alice legò il braccio e cercò una vena sana,
trovandola sotto il pollice; infilò l’ago e bestemmiò quando si accorse che
si era tappato. Spinse lo stantuffo con forza, sotto lo sguardo dei presenti
e quando infine riuscì a inocularsi il liquido, cervello e cuore le
scoppiarono insieme, facendola barcollare sulla sedia.
Melissa raddrizzò la schiena e si girò ad affrontare Tiziano,
appoggiato con noncuranza al piano cottura. Gli si avvicinò con sguardo
omicida e con un sibilo domandò:
-Da quanto va avanti questa storia? Da quanto sono fessa?-Posso spiegare?-No, cazzo! Non c’è nulla da spiegare! Ti scopi quell’essere viscido!- urlò
inviperita, le mani strette a pugno.
-È successo una volta sola e mi ha dato un bel po’ di soldi!- sottolineò
irritato.
Lei scosse la testa, inarcò le sopracciglia inorridita e fece un passo
indietro, non riuscendo a staccare lo sguardo da lui. Tiziano lesse il
disgusto in quegli occhi neri come la pece, il disgusto che aveva preso il
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©MGL VALENTINI
posto dell’amore e quella scoperta fu peggiore di una coltellata al cuore.
Passò una mano sul volto e poi l’allungò verso di lei, in una silente
richiesta di ascolto che rimase inascoltata.
In quel momento Alice iniziò a tossire, richiamando l’attenzione
generale, spezzando per un attimo la tensione, e Isa si preoccupò
quando la vide divenire paonazza per mancanza di fiato. Quando, dopo
alcuni secolari minuti, la crisi passò, la ragazza si lasciò andare contro lo
schienale della sedia, gli occhi chiusi, la bocca aperta in cerca d’aria, il
respiro corto, il cuore che galoppava indemoniato e lentamente rinsanguò.
-Tu non stai bene.- commentò Isa con le sopracciglia aggrottate.
L’interpellata riaprì gli occhi e la guardò appena.
-Sto benissimo.- ribatté con un filo di voce.
A quel punto Tiziano si staccò dal piano cottura e si mise seduto al
tavolo, lasciando posare lo sguardo su ogni ragazza, prima di dire:
-Visto che siamo tutti qui, voglio parlare con voi di una cosa.-No, io me ne vado.- sentenziò Melissa avvicinandosi alla porta.
-Aspetta solo un attimo.-Non abbiamo più nulla da dirci.-Sì, ho capito, ma questo non ha niente a che fare con noi due.- precisò.
Lei esitò, la mano sulla maniglia della porta e quell’attimo fu
sufficiente a Tiziano per prendere coraggio e dire:
-Ci siamo mai fermati un minuto per riflettere e renderci conto di come
siamo diventati? Stasera, in discoteca, ho visto come siamo ridotti, pronti
a venderci per una spada, pronti a farci riempire di botte per una spada,
pronti a farci ammazzare per una spada.-Ma che cazzo stai blaterando?- borbottò Alice.
Lui le lanciò un’occhiataccia e riprese con fervore:
-So di chiedervi molto, tuttavia riflettete su questo: se decidessimo di
smettere, le nostre vite migliorerebbero.-Ma quale immane scoperta!- lo beffeggiò Alice con un cenno vago della
mano.
-Sei sicuro di stare bene?- domandò Isa. -Non è che ti sei flippato il
cervello a forza di palle veloci?Tiziano tamburellò con le dita sul tavolo, sotto lo sguardo attento delle
ragazze e un attimo dopo aprì il cassetto e tirò fuori le siringhe,
mettendole in bella mostra.
-Ecco. Queste sono qui, a disposizione. Se volete, potremmo spararcene
un paio a testa, sono pure al 90 per cento, e mettere fine a quest’agonia.-Hai deciso un suicidio collettivo?- borbottò Isa fissando le siringhe
umettandosi le labbra secche.
Il ragazzo scosse la testa e spiegò:
-Il suicidio è da codardi. Io vi propongo l’esatto contrario, di vivere. Un
tentativo. Un solo tentativo per disintossicarci.-No.- rispose Alice categorica. -Io non ho nulla da guadagnarci.Tiziano si agitò sulla sedia e la fissò in cagnesco.
-È questo il punto. Mettiamo che io riesca a uscirne fuori e voler seguitare
a stare con Melissa.162
©MGL VALENTINI
Lei fece una smorfia, incrociando le braccia al petto e lui continuò
imperterrito:
-Se lei seguitasse a sballarsi, prima o poi ci ricadrei anch’io. È
indispensabile farlo insieme se vogliamo continuare a stare uniti.Il silenzio che seguì quel lapidario ragionamento fu più eloquente di
mille parole e solo dopo un po’ Melissa sbottò indignata:
-Ma quale immane presunzione! Chi cazzo ti dice che vogliamo ancora
stare uniti?-Io non ho alcun legame.- precisò Isa posando per un attimo lo sguardo
su Alice.
-E invece sì.- la corresse Tiziano con rinnovato impeto. -Tu hai Melissa e
lei ha te, così come io ho Alice e viceversa. Inoltre, anche se in questo
momento mi sta sputando addosso tutta la sua rabbia, io ho Melissa e
spero con tutto il cuore che lei capisca il motivo che mi ha spinto a fare
un simile passo e per quale motivo, ancor più importante, stia qui a
prendermi i vostri insulti per farvi capire la necessità di smettere.Ancora una volta un silenzio attonito seguì le sue parole,
evidenziando le diverse reazioni: Tiziano era l’essenza della speranza,
Melissa quella del dubbio, Alice del rifiuto, mentre Isa sembrava una
sfinge. Erano tuttavia consapevoli della misera esistenza che
conducevano e che non sarebbero riusciti a tirare avanti ancora per
molto e la proposta, con le dosi in corpo, sembrava una cosa fattibile.
Lentamente Isa si alzò dal tavolo e si avvicinò a Melissa, dicendo con
semplicità:
-Ci penserò.-No, non dobbiamo pensarci, dobbiamo farlo.- corresse Tiziano alzandosi
a sua volta.
-Oh, senti!- sbottò lei apostrofandolo a muso duro. -Ti sono stata a
sentire, hai filosofeggiato con tutto l’uditorio, ora basta. Non sarai tu a
decidere per me.Lui la prese per un braccio e la strattonò sibilando:
-Preferisci che sia un cliente violento a farlo? Preferisci toccare di
persona il fondo per capire che è ora di risalire?Lei lo fissò a occhi sgranati, ripensando alla brutta esperienza vissuta
non più tardi di quella sera stessa e istintivamente si toccò il labbro gonfio.
Tiziano la lasciò andare e si girò a guardare Melissa, incerta sul da farsi.
-Non vedete come siamo ridotti?- riprese allargando le braccia
esasperato. -Siamo esattamente il riflesso di coloro che vedevamo un
anno fa e che giuravamo di non eguagliare mai. Tra un anno non
sapremo neppure chi siamo.L’esagerazione fece sorridere Alice, la quale si alzò dalla sedia e con
un gesto vago della mano salutò prima di andare a buttarsi sul letto,
ritenendo chiuso e quanto mai superfluo il discorso.
Melissa fissò Tiziano, rendendosi conto che aveva ragione ma che in
quel momento non riusciva a perdonargli quello che aveva fatto e con un
cenno della testa se ne andò, trascinandosi dietro Isa e lasciando Tiziano
da solo al centro della cucina.
163
©MGL VALENTINI
~
Le tastò la fronte e si accorse che scottava.
-Ci credo che non ti senti bene: hai la febbre.- disse con un sorriso.
Alice fece una smorfia e rispose:
-Sarà, ma io non sento nulla, a parte la debolezza.Provò ad alzarsi dal letto ma un violento attacco di tosse la costrinse a
rimettersi stesa, annaspando in cerca d’aria. Tiziano aggrottò le
sopracciglia, scurendosi in volto e si rese conto che non poteva
procrastinare il viaggio fino all’ospedale. Quando la crisi terminò, allungò
la mano per scansarle i capelli dal volto sudato e sospirò. Era dal giorno
precedente che stava male, si sentiva debole per la febbre alta, sebbene
continuasse a ripetere che non sentiva né freddo né caldo. Non avevano
un termometro, ciò nonostante Tiziano la sentiva scottare troppo e
suppose avesse più di trentanove. La cosa che gli sembrava più strana di
tutte, era che non si fosse rasata da due giorni e riusciva a intravedere,
per la prima volta, una vaga peluria bionda che, se anche lei avesse
voluto farsi crescere, non sarebbe stata all’altezza del compito al quale
era stata preposta. Ma questa era Alice, un lapalissiano errore della
natura.
-Ti spiace aprire la finestra?- chiese. -Mi sento soffocare.Tiziano si riscosse dalle proprie riflessioni e ubbidì, lasciando entrare
un raggio di sole che illuminò parte della stanza angusta. Con lui entrò
anche il polline e per un attimo rimase incantato a osservarlo nel
minuscolo spettro di luce, mentre si posava dolcemente sul pavimento.
Tornò accanto all’amica e lei provò a sorridergli, mormorando:
-Ok, così va meglio.-Ti porto da bere.-Sì, grazie. E visto che ci sei, portami una pera ché ne ho bisogno.Tiziano rise e d’istinto le scarmigliò affettuosamente i capelli,
lasciandola sorpresa per quel gesto intimo per lui inconsueto.
-Sta bene: ti spari una spada e poi ti porto in ospedale.- disse.
-Cosa?!- esclamò attonita.
-Hai capito benissimo, non fare la finta tonta.- ribatté sparendo in cucina.
Alice rimase in silenzio, terrorizzata alla sola idea e con un gemito
chiuse gli occhi, mentre l’immagine di Silvia si materializzava
all’improvviso davanti a sé. La guardò a lungo, così bella, così simile a
Tiziano, così dolce e con un singulto sussurrò:
-Sei proprio tu?-Sì.- rispose lei con un sorriso bellissimo.
-Oddio…- gemette spalancando gli occhi.
Ma Silvia era ancora lì, che lo guardava con affetto e lei fece uno
sforzo immane per tirarsi su dal letto per poterla toccare. E quando sentì
di nuovo la sua pelle morbida sotto i suoi polpastrelli, per poco non morì
d’infarto.
-Sei… qui con me…- balbettò incredula.
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©MGL VALENTINI
-Sì. Mi hai chiamato ed io sono venuta.-Tu…-Salvati, amore mio. Vivi più a lungo che puoi.Alice sussultò e serrò la presa, per timore che svanisse.
-Non lasciarmi…- supplicò. -Ti prego, non lasciarmi…-Ti starò sempre vicino, lo sai.Con le lacrime agli occhi, Alice provò a guardarla attraverso la patina
che, anche sbattendo le palpebre, non riusciva a eliminare e quando
Silvia cercò di liberarsi dalla sua presa, lei diniegò, scuotendo con
violenza la testa.
-Non ora, non è il momento.- le sussurrò Silvia con dolcezza.
-Ma io voglio stare con te, sono sei anni che aspetto questo momento…-Vuoi stare con me?!Il tono che denunciava appieno la sorpresa la fece irrigidire,
l’immagine di Silvia che svaniva come nebbia al sole e chinando la testa
chiuse gli occhi, pensando di stare impazzendo.
-No, Morte…- sussurrò debolmente, lasciandosi ricadere sul letto. -Non
mi riferivo a te.-Ah, bene!- rispose lui tirando un sospiro di sollievo.
Con delicatezza cercò una vena dell’amica che non fosse in trombosi
e le iniettò il fix, lasciando che la droga la cullasse nell’oblio. Quindi andò
a ripulire la siringa e quando le tornò accanto domandò:
-Con chi vorresti stare?Alice inspirò a fondo e anziché rispondere si girò su un fianco e
chiuse gli occhi, troppo esausta anche solo per sostenere un dialogo.
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©MGL VALENTINI
14
Tiziano corrugò le sopracciglia e si girò a fronteggiare Paolo,
domandando con irruenza:
-E lui chi è?-Lui è Corrado, un mio caro amico.- lo presentò con un cenno della mano.
-Gli ho tanto parlato di te che ha espresso il desiderio di conoscerti ed io
non mi sono potuto esimere.Tiziano aprì la bocca per protestare allo sguardo fin troppo eloquente
del nuovo venuto, ma Alice lo prevenne e di getto afferrò la mano che
Corrado stendeva per presentarsi.
-Gli amici di Paolo sono nostri amici, vero Morte?- e lo fissò con uno
sguardo che l’avrebbe incenerito se solo avesse osato dichiarare il
contrario.
-Morte?- ripeté Corrado rabbrividendo.
-È il suo soprannome.- spiegò lei lapidaria. -Paolo non te lo ha detto?-No, lui…-Non fa nulla.Con fermezza camuffata da gentilezza lo scortò fino al divano,
cercando di mettere più spazio possibile tra lui e Tiziano e in quel
momento si accorse dello strano sguardo di Vittorio. Si irrigidì per una
frazione di secondo, cogliendo il guizzo di gelosia negli occhi del ragazzo,
ma, come al solito, sorvolò sul problema e sedette con garbo tra lui e
Corrado, intavolando una conversazione piatta.
-A Vittorio non piacerà.- mormorò Paolo versandosi da bere dal mobile
bar all’angolo del salone.
-Alice non è di sua proprietà.- gli ricordò Tiziano sgarbato.
-No, ma non gli piacerà lo stesso. Ha perso la testa per lei.Tiziano si incupì, intravedendo problemi futuri, senza peraltro potervi
porre rimedio. Sorseggiò il latte, iniziando a massaggiarsi le reni per non
sentire troppo i dolori e Paolo ne approfittò per allungare la mano e
accarezzargli una guancia. Lui si scansò istintivamente e subito dopo si
morse le labbra, non potendo permettersi di fare lo schizzinoso. E non
protestò quando l’altro lo prese per mano e lo scortò fino alla loro camera.
Alice li seguì con lo sguardo e subito dopo sorrise a Vittorio che
reclamava la sua totale attenzione.
-Il tuo amico è… interessante.- commentò Corrado con il suo tono di
voce tipicamente da checca.
Alice sospirò, tornando a guardarlo e stava per rispondere, quando
Vittorio allungò la mano afferrandola per la nuca, costringendola a girarsi
verso di lui.
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-Andiamo.- le sussurrò insinuante. -Stasera sei superba e mi stai facendo
impazzire.Lei abbozzò un sorriso alla sua evidente gelosia e gli diede un buffetto
sulla guancia, sbirciandolo provocante.
-Lo hai mai fatto in tre?- domandò con un mezzo sorriso.
Vittorio esitò e lanciò un’occhiata a Corrado prima di rispondere:
-No.Alice gli passò la mano dietro la nuca per accarezzarlo e cercare di
farlo rilassare e lo trasse a sé per lasciarsi baciare. Vittorio l’abbracciò e
ricambiò il bacio con veemenza, quasi a voler sottolineare che lei fosse di
sua esclusiva proprietà e Alice si lasciò andare, cercando disperatamente
di non sentire i dolori che si facevano largo. Per evitare di perdere tempo
iniziò a spogliarsi lì sul divano, sotto lo sguardo bramoso di Corrado e nel
frattempo sbottonava i pantaloni di Vittorio, sperando di finire in fretta per
andarsene e potersi fare la sua dose. Come se avesse intuito, Vittorio
terminò di spogliarsi e subito dopo si accorse che Corrado stava facendo
altrettanto. Si studiarono per un attimo in cagnesco, guardinghi, poi il
richiamo di Alice fu più forte di ogni esitazione.
~
Scese dal Suzuki e si inoltrò lungo la stradina acciottolata, in mezzo al
polline che volteggiava come tanti fiocchi di neve per posarsi sui rossi
papaveri che ricoprivano il prato. Ormai l’estate era alle porte e il campo
era sempre più affollato di bambini che giocavano e le loro risa e i loro
gorgoglii echeggiavano nell’aria giungendo fino al Palazzo.
-Ehilà, Morte.- salutò Alessandro distrattamente.
Era intento a discutere con il solito gruppetto di tossici e Tiziano li
osservò a distanza, fissando nella mente i loro modi di fare, di parlare e
di porsi, arrendendosi poi all’evidenza che era diventato come loro, un
relitto ambulante. E più li guardava, più si sentiva male. Si lasciò cadere
sulla panchina infiorata da scritte oscene e lasciò che il sole gli scaldasse
il volto pallido e smunto, in attesa che il pusher si liberasse degli altri.
-Ciao.Aprì gli occhi e rimase immobile a fissare Isa, in piedi davanti
all’entrata del Palazzo.
-Che hai fatto ai capelli?- domandò orripilato.
-Li ho venduti.- rispose mettendosi seduta accanto a lui.
Tiziano osservò la testa quasi rasata e stava per ribattere, quando
vide Melissa uscire dall’edificio, anche lei priva di capelli. Per un lungo
attimo si fissarono, quindi la ragazza si avvicinò e fece un lieve cenno di
saluto con la testa.
-Ma… ma perché?- balbettò inorridito dinanzi a un simile scempio.
-Ci servono i soldi, caso mai te ne fossi dimenticato.- rispose Isa con
sarcasmo. -E poi andiamo incontro al caldo… I capelli ricresceranno.tagliò corto, non volendo parlare dell’argomento.
-Sì, ma…167
©MGL VALENTINI
Lasciò perdere, accorgendosi che era del tutto inutile discuterne,
anche perché il danno era fatto e si augurò solo che non ripetessero più il
folle gesto: sembravano appena uscite da un campo di concentramento e
la cosa non gli piaceva affatto.
-Alice?- domandò Isa preparandosi uno spinello.
-A casa.-Sta male?Tiziano inspirò a fondo e rispose:
-Bene non sta. E tuttavia tira avanti.In quel momento Alessandro si allontanò dai tossici con un gesto
stanco della mano e si avvicinò alla panchina, talmente sballato da
barcollare sulle gambe e Tiziano si accorse subito del livido intorno a un
occhio.
-Hai provato l’ebbrezza di fare da punching-ball?- sghignazzò.
-Fottiti.- rispose lui facendosi spazio per sedere.
Isa lo mandò al diavolo senza tanti scrupoli quando si vide
letteralmente buttare fuori della panchina e continuando un monologo
solo suo si avvicinò a Melissa.
-Tieni.- disse Tiziano porgendo i soldi.
Alessandro frugò stancamente in tasca dei jeans strappati e sporchi e
tirò fuori un paio di dosi.
-È tutto quello che mi è rimasto.- annunciò con tono piatto.
-Stai scherzando, vero?- mormorò allarmato.
-No, l’ho detto anche a quelli là, che non vogliono credermi.Tiziano sbatté più volte le palpebre, cercando disperatamente di
capire, lo fissò dritto negli occhi e minacciò:
-Devo farti nero anche quell’altro?-Oh, senti!- sbottò con un gesto stanco della mano. -L’ho finita. Fai quello
che vuoi, io non ne ho più fino a domani.-Fino a domani?!- esclamò trasecolando.
-Cos’è questa storia?- s’intromise Isa incrociando le braccia al petto.
Alessandro passò una mano tra i capelli prima di sputare sangue per
terra e si lasciò andare contro lo schienale della panchina, sbuffando
spazientito.
-È così. Fate quello che vi pare. Anche io sto con le pezze al culo e non
so dove rimediarne altra.-Stronzate. Non ci credo.- sibilò Tiziano afferrandolo per il colletto della Tshirt. -Ti conosco fin troppo bene per non essere più che certo che per te
l’hai tenuta da parte. Eccome se te la sei tenuta da parte! Sei sempre il
solito stronzo.L’interpellato si sciolse dalla presa e alzò le spalle, chiudendo gli occhi
esausto. Tiziano posò lo sguardo sulle due misere dosi che gli aveva
messo in mano e sussurrò a denti stretti:
-Merda…Tolse gli occhiali da sole e si massaggiò le tempie doloranti,
reprimendo l’impulso di prendere l’altro a pugni e con un sospiro alzò lo
sguardo sulle ragazze che avevano l’aria preoccupata di chi paventava la
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crisi. Le raggiunse rimettendosi gli occhiali e per un attimo rimasero in
silenzio, non sapendo cosa pensare di quella strana situazione.
-Venite con me.- disse infine Tiziano.
-Dove?- s’informò Melissa senza muoversi.
Lui sospirò e annuì chinando la testa, mettendo le mani in tasca.
-Vuoi la roba?- domandò.
Lei fece un gesto ovvio e lui continuò:
-Allora vieni con me.Isa lanciò un’occhiataccia in direzione di Melissa e si avvicinò a
Tiziano, grattandosi la testa e il collo dove ancora stazionavano i
rimasugli di capelli che causavano prurito.
-Lasciala stare; vengo io con te, non ho intenzione di scoppiare.- disse.
Lui esitò, accorgendosi che anche il gruppetto di tossici stava
confabulando alla ricerca di una soluzione al problema, quando,
all’improvviso, scoppiò l’inferno. Un tossico correva lungo la stradina e
urlava qualcosa di incomprensibile, menando in aria le braccia, mettendo
tutti sull’allerta e subito dopo si udirono urla da ogni parte, come un’eco
inaspettata. Tiziano socchiuse gli occhi, cercando di capire cosa stesse
accadendo e un secondo dopo si accorse che Alessandro era sparito
dalla panchina. La concomitanza dei due eventi lo insospettì. Fece cenno
alle ragazze di seguirlo e insieme si portarono alle spalle del Palazzo,
tentando di capirci qualcosa. I tossici continuavano a strillare, creando
più caos che altro, in un fuggi fuggi generale senza logica. Melissa fissò
Tiziano a occhi sgranati, perché le urla e gli strepiti si susseguivano e lui
l’abbracciò istintivamente.
-Ma che cazzo sta…- borbottò Isa e subito dopo si impietrì, quando
intravide la polizia farsi largo tra i tossici e far scattare le manette e i
manganelli.
-Via!- sussurrò Tiziano spaventato.
Tutti e tre fuggirono dalla parte opposta della stradina che conduceva
al Palazzo, accompagnati dagli strepiti e dai turpiloqui dei ragazzi che
venivano portati via con la forza, e dalle urla degli agenti. Tiziano azzardò
una rapida occhiata alle proprie spalle e quando si accorse che nessuno
li inseguiva, fece rallentare l’andatura e ordinò alle ragazze di far finta di
passeggiare.
-Ci vedranno.- protestò Isa.
-Sì, ma ascolta: da laggiù penseranno che siamo persone perbene. Se
continuiamo a correre daremo nell’occhio.- spiegò con il cuore in gola.
Passò un braccio sulle spalle ossute di Melissa e lei alzò la testa per
guardarlo, il respiro affannato per la corsa e per la paura, le gote
arrossate come non lo erano da tempo. Lui ne approfittò e si chinò per
baciarla, un rapido bacio, quasi timoroso e lei non protestò, consapevole
che più apparivano tranquilli più avevano possibilità di passare
inosservati.
Isa si voltò un attimo e si accorse che un paio di poliziotti era andato
oltre il Palazzo e si guardava intorno, in cerca di altri tossici.
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-Oddio, ci stanno cercando!- esclamò portando una mano al cuore, lo
sguardo terrorizzato.
-No!- corresse Tiziano per farla calmare. -Non stanno cercando noi. Non
stanno cercando noi!- ripeté scandendo le parole per convincerla.
Lei sbatté le palpebre, girò su se stessa senza sapere cosa fare,
quindi annuì, accorgendosi di tremare come una foglia. Tiziano allargò il
braccio libero invitandola a stringersi a lui e lei non se lo fece ripetere due
volte: si rannicchiò al pari di Melissa, nella mente il ricordo orrendo
dell’esperienza vissuta da Alice.
~
Riuscirono a tornare al Suzuki e al motorino solo dopo un bel po’ di
tempo, quando la retata si era conclusa e nel Palazzo regnava
incontrastato un insolito silenzio.
Senza commentare erano passati davanti ad Alessandro, il quale si
era sentito in diritto di riemergere dal nascondiglio dopo lo sventato
pericolo e li aveva fissati con sguardo alquanto attonito, come se non si
fosse aspettato di trovarli ancora lì. Ed era stata la sua espressione a far
scattare il tarlo del dubbio in Tiziano: e se fosse stato al corrente della
retata? E se fosse stato lui a fare la soffiata? Ma a che pro? si era
domandato. Di certo l’occhio nero e la mancanza di droga da smerciare
non erano un caso ed era sempre più certo che lui c’entrasse qualcosa.
E poi aveva visto con i propri occhi la polizia fare irruzione anche
all’interno del Palazzo: impossibile che non l’avessero visto. Loro si erano
salvati solo grazie al suo istinto, altrimenti a quest’ora si sarebbero
ritrovati al commissariato a ricevere un bel po’ di manganellate.
-Sei certo che sia stato lui?- domandò Isa scurendosi in volto.
-Non sono sicuro, ma conoscendolo…-Facendo ingabbiare i suoi clienti si è dato la zappa sui piedi.- commentò
poco persuasa.
Lui entrò nel Suzuki, prese una siringa e mentre si apprestava a
iniettarsi la dose, rispose:
-Sì, però non dimenticare l’occhio nero. Per come la vedo io, è stato
costretto oppure doveva pagare un debito. Comunque sia,- concluse
posando lo sguardo su entrambe, -resta di fatto uno stronzo di cui è bene
non fidarsi.Spinse lo stantuffo e subito cuore e cervello esplosero per lasciare
posto alla sensazione di illusorio benessere. Anche Isa e Melissa
approfittarono della presenza del fuoristrada per bucare all’interno senza
dare nell’occhio e solo dopo, quando riuscirono a recuperare la piena
facoltà mentale e motoria, salutarono Tiziano e, preso il motorino,
tornarono alle rispettive case.
~
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©MGL VALENTINI
Alice smise di truccarsi e si girò a guardarlo come se fosse impazzito.
Le aveva raccontato cosa fosse accaduto al prato e la sensazione che
aveva avuto riguardo Alessandro e lei posò le mani sul lavandino prima
di chinare la testa. I lunghi ricci biondi le incorniciarono il volto scavato e
provato dalla malattia e dal continuo abuso di stupefacenti e con un
sospiro ammise:
-Forse hai ragione.-Sulla sua reità?Lei sorrise a quel termine inconsueto e spiegò:
-Sul fatto che occorre smettere. Non possiamo continuare a vivere come
animali.Tiziano si mise seduto sul bordo della vasca e infossò la testa tra le
spalle, le braccia posate sulle gambe e le mani che penzolavano
all’interno delle cosce lunghe e magre. Si osservò le dita scheletriche e
sporche, con le unghie rotte e domandò cauto:
-Tu… saresti disposta a smettere?Alice chiuse un attimo gli occhi e rimandò:
-Isa e Melissa?-Sai bene come funziona: siamo legati da un filo invisibile agli occhi delle
persone normali, ma chiaro per noi. Se fallisce uno, falliamo tutti.-Bene. Allora dobbiamo essere tutti concordi.-Già.- mormorò sconsolato.
Alice si girò e gli mise le mani sulle spalle, costringendolo ad alzare la
testa per guardarla.
-Ok. Io sono disposta a prendermi la scimmia pur di farla finita e cercare
di vivere nel migliore dei modi gli ultimi anni che mi rimangono.Tiziano corrugò le sopracciglia, cercando di capire cosa le avesse
fatto cambiare idea e si sorprese di leggere la serenità in quegli occhi
azzurri come il mare.
-Be’, se tu sei disposta, Isa ti seguirebbe e Melissa seguirebbe Isa…-Sì, ci seguiamo tutti.- tagliò corto.
Si rigirò e tornò a truccarsi, lo stomaco e il cuore chiusi in una morsa.
Se era quello il suo destino, non si sarebbe tirata indietro.
~
Isa fu letteralmente scaraventata fuori della vettura e dopo due passi
in precario equilibrio cadde a terra, mentre il conducente riprendeva la
sua corsa nella totale indifferenza. La ragazza rimase per un po’ bocconi,
fin quando alzò la testa e si accorse che era nelle vicinanze
dell’aeroporto. Strinse i denti e si costrinse a rimettersi in piedi, ignorando
il dolore su tutto il corpo. Qualcosa di caldo le scivolò lungo le gambe e si
accorse di perdere sangue. Era il minimo, visto quanto le era accaduto;
anzi, si meravigliò che fosse ancora viva.
Quando Melissa la vide arrancare barcollando, uscì dal cono d’ombra
e le andò incontro, inorridendo a quella visuale. In due passi la raggiunse
e Isa si lasciò andare contro di lei, più morta che viva.
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©MGL VALENTINI
-Mio Dio… Che ti ha fatto quel porco?- mormorò inginocchiandosi
accanto a lei e abbracciandola.
L’interpellata alzò lo sguardo abulico su di lei e Melissa si accorse
delle lacrime, prima ancora del sangue e degli edemi. Scosse la testa e
l’abbracciò forte, piangendo con lei, sapendo di essere impotente, se non
tenere come una reliquia il numero di targa dell’uomo che l’aveva cariata
in macchina.
-Andiamo, ti porto in ospedale.- le disse asciugandosi gli occhi.
-No. Lì non mi darebbero la roba.-Non puoi restare così!- esclamò inorridita. -Stai… stai perdendo
sangue…- aggiunse fissando il liquido scuro sulle gambe dell’amica.
-Lo so. Passerà…-No, cazzo! Non passa!Isa raccolse le poche forze rimaste e l’agguantò per un braccio,
fissandola negli occhi implorando:
-Ti prego… Fammi una pera, sto troppo male.-Oddio… Oddio…-Fallo!Melissa si morse le labbra e si guardò intorno, in cerca di aiuto, ma
vide solo tossici, puttane e viados che pensavano agli affari loro e per un
secondo sbirciò l’entrata dell’aeroporto militare.
-Resisti solo un attimo.- disse all’amica.
Frugò nella borsa, tirò fuori la bustina, la siringa, il limone, il cucchiaio
e l’accendino e con calma preparò la dose, cercando di non tremare
troppo. Quando fu pronta tastò il braccio di Isa in cerca di una gobba che
le indicasse una vena e bucò. La vide inarcarsi e subito dopo rilassarsi e
quando fu certa che poteva lasciarla, corse verso l’entrata dell’aeroporto.
La sentinella la bloccò con brutto cipiglio, mentre lei cercava di
spiegargli che aveva bisogno urgente di un medico.
-Via, non vogliamo mignotte da queste parti.- rispose il piantone con
disprezzo.
Melissa gettò un’occhiata a Isa e rivolgendosi al milite disse:
-Guarda: la mia amica è stata stuprata e perde sangue. Ho bisogno di un
medico prima che muoia dissanguata.Il soldato alzò il braccio per allontanarla, eppure qualcosa negli occhi
di lei lo costrinse a gettare un’occhiata sul marciapiede e rimase incerto a
fissare la sagoma informe riversa a terra.
-Ma che…Melissa colse subito l’occasione e si precipitò a dire:
-Ti scongiuro, è la mia amica! Un medico!La sentinella esitò, girando lo sguardo dalla sagoma a lei e infine
acconsentì:
-Ok, portala qui.-Non posso!- gemette. -Non si regge in piedi, ha perso molto sangue!Lui aprì la bocca per replicare e la richiuse, facendole cenno di
aspettare. Melissa fece qualche passo lì intorno, non sapendo cosa fare,
stringendo le mani talmente forte che le nocche le erano diventate
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©MGL VALENTINI
bianche e alla fine tornò da Isa. Si inginocchiò e le sollevò la testa dai
capelli cortissimi e cercò di parlarle per tenerla lucida.
-Ora arriva il medico, sta’ tranquilla.- la rincuorò accarezzandole
dolcemente il volto tumefatto.
Lei aprì gli occhi e la guardò alla fioca luce dei lampioni, sussurrando
flebile:
-Non era solo… erano in quattro.-Quattro? Quattro?- ripeté come una litania, senza capire. -Era solo
quando sei salita in macchina, lo ricordo.-Sì… Lì, al buio, ne sono sbucati altri.-Oddio…-Alice… Voglio andare da lei.- supplicò, consapevole che solo l’amica
potesse capirla.
Melissa strinse i denti e fissò l’entrata dell’aeroporto, dove non si
vedeva nessuno. Ma che aspettava il medico? La richiesta in carta
bollata?
-Portami da lei…La preghiera le strinse il cuore in una morsa e gettò un’occhiata al
motorino.
-Ce la fai?- domandò incerta.
-Sì.Annuendo ripetutamente, Melissa l’aiutò ad alzarsi e con dolcezza la
sostenne avviandosi verso il motorino, senza neppure rendersi conto che
stava mentalmente impetrando Dio di aiutare la sua amica.
Alla fine si fermò, realizzando che non avrebbe potuto portarla in
nessun posto in quelle condizioni, e risoluta la dirottò verso l’entrata
dell’aeroporto.
-No…-Sì. Ti lascio qui al sicuro e vado a chiamare Morte. Non puoi salire sul
motorino in queste condizioni.-No…- gemette.
-Ti prego. Il medico si prenderà cura di te ed io tornerò subito, così potrai
tornare a casa sul Suzuki.Isa ciondolò la testa, troppo sfinita per protestare o ribellarsi e quando
vide l’uomo in camice bianco avanzare, non fece obiezioni e si consegnò
docilmente.
~
Suonò più volte alla porta, ma nessuno le aprì e alla fine, rassegnata,
frugò nella borsa, trovò un fazzoletto di carta e ci vergò sopra due righe.
Lo fece passare sotto lo stipite della porta e tornò al motorino, dirigendosi
al Palazzo. Una volta arrivata dovette prendere atto che Tiziano non si
trovava neppure lì e prima di tornare da Isa si fermò per farsi una dose,
sentendo i dolori farsi sempre più forti. Con calma tornò sulla Salaria,
parcheggiò sul marciapiede e corse all’entrata dell’aeroporto. Il piantone
la riconobbe e la fece passare, indicandole l’infermeria.
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©MGL VALENTINI
Qui trovò Isa su un lettino e finalmente, sotto la forte luce delle
lampade, riuscì a guardarla bene: era simile a una maschera grottesca e
teneva gli occhi chiusi non per scelta bensì per necessità. Le venne
voglia di piangere e si girò verso il medico. Questi le sorrise, spiegando
che era stato obbligato a metterle alcuni punti per bloccare l’emorragia e
che l’amica avrebbe dovuto riposare per alcuni giorni.
-Mi vedo costretto a denunciare questo stupro, lo capisci?- le disse infine.
-Sì, certo.Si frugò in tasca e tirò fuori il biglietto dove aveva annotato il numero
di targa e mordendosi le labbra lo consegnò all’uomo.
-Io ho questo.-Bene.- disse lui. -È già qualcosa. Siedi pure.- la invitò con un cenno
della mano.
Lei ubbidì, sentendosi sfinita, e il medico la studiò a lungo prima di
chiedere:
-Avrei bisogno delle generalità della tua amica.Melissa sbatté le palpebre, schioccò la lingua e con un cenno vago
della mano rispose:
-A dire il vero non è amica mia. L’ho trovata riversa sul marciapiede, non
so chi sia.L’uomo sospirò, accettando la bugia e mostrando il bigliettino con il
numero di targa dell’automobile, notò:
-Non sembra strano anche a te?Lei abbozzò un pallido sorriso all’evidente incongruenza e al puerile
tentativo di non rispondere alla domanda e il medico continuò con
dolcezza:
-Da quanto tempo vi fate?Melissa alzò le spalle e rispose:
-Che importa?-Anche tu batti la strada?-No.-E come ti rimedi la roba?-Rubo.-I tuoi genitori lo sanno?-Aho, ma che sei uno strizzacervelli o cosa?- sbottò, irritata da tutte
quelle domande.
-Sono un medico e voglio capire.-C’è ben poco da capire, mi pare. Hai già chiamato gli sbirri?- domandò
cambiando discorso.
Lui sospirò e rispose:
-Sì, saranno qui a momenti. La tua amica andrebbe portata in ospedale.
Io ho cercato di tamponare con quello che ho a disposizione, ma avrebbe
bisogno di una flebo.-Senti, denuncia il tutto, hai pure il numero di targa, noi però andiamo via
appena lei sarà in grado di farlo.Lui sorrise e si lisciò una piega del camice, rispondendo:
-Allora aspetterai un bel po’.174
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Melissa si agitò sulla sedia e lanciò un’occhiata a Isa, mezza morta
sul lettino. Cosa doveva fare? Aspettare o andarsene portandosi dietro
l’amica? Perché non era riuscita a trovare Tiziano? Dov’era? Con Paolo?
Passò una mano sul volto e si accorse di sudare. Guardò l’orologio
attaccato alla parete, alle spalle del medico, che segnava le due di notte
e all’improvviso il rumore che faceva scandendo i secondi le rimbombò
nelle orecchie per salire fino al cervello, come una tortura lenta eppure
inesorabile.
Si alzò e fece qualche passo per la stanza, cercando di non sentire il
classico odore di ospedale che aleggiava nonostante la finestra aperta,
mentre il medico annotava qualcosa su un registro e in quell’attimo udì il
trambusto fuori della stanza. Anche il medico se ne accorse e smise di
scrivere per andare a controllare. Aprì la porta e un istante dopo
qualcuno lo spintonò, facendogli perdere l’equilibrio e Melissa trattenne il
respiro e l’urlo salito in gola prima di riconoscere Tiziano.
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Alice l’aiutò a togliersi i vestiti, osservando quel corpo magrissimo
pieno di lividi ed escoriazioni e sospirò per non pensare a quando anche
lei era stata ridotta in quello stesso stato.
Senza fretta, con attenzione, Isa si stese sul letto e Alice la coprì con
il lenzuolo, domandano:
-Vuoi che ti porti dell’acqua?-No, grazie. Ho solo bisogno di una pera.Lei scosse la testa e sorrise rispondendo:
-Se speri che io ti mandi al Creatore, scordatelo. Lo vedo benissimo
quanta ne hai già in corpo.Isa sospirò profondamente e Alice le diede due pasticche di roipnol
per farla dormire. Quindi raggiunse Tiziano e Melissa in cucina e senza
dire nulla aprì il cassetto, prese una siringa e con calma si iniettò la dose,
sotto lo sguardo dei presenti.
-Come sta?- s’informò Melissa preoccupata.
-Una favola.- rispose sarcastica, sciogliendo il laccio emostatico mezzo
distrutto dal ripetuto uso e alzandosi per andare a pulire la siringa sotto
l’acqua.
Tiziano prese una mano di Melissa, seduta al tavolo di fronte a lui,
pallida e scossa per quello che era accaduto e la ragazza alzò i suoi
occhioni neri su di lui, apparentemente più grandi in contrasto con il volto
scavato.
-Se non mi avessi lasciato il messaggio, non sarei potuto intervenire.- le
disse.
-Dov’eri?- domandò e parve quasi un’accusa.
Lui sbatté le palpebre e dopo aver scambiato un’occhiata con Alice,
che si era rimessa seduta e lo guardava con condiscendenza, rispose:
-Da Paolo.Melissa si irrigidì e lui continuò:
-Lo sai bene che lo faccio solo per soldi. Ho rimediato cinque bigliettoni
solo stasera.Lei fece una smorfia, ma il calore della sua mano sulla propria la
costrinse a ragionare con la testa e non con il cuore. In fondo, se lei non
fosse riuscita a sopravvivere solo rubando, avrebbe fatto come lui. O
come Isa e Alice. All’improvviso si rese conto che, tra tutti, era l’unica
fortunata a non doversi prostituire e quella semplice constatazione le fece
capire che non poteva assolutamente permettersi di giudicare.
-Sì, lo so.- ammise infine e gli rivolse un sorriso come non faceva da
tempo.
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Lui capì e le strinse la mano, mentre Alice borbottava qualcosa di
incomprensibile sullo scempio perpetrato ai danni dei capelli delle
ragazze. Tiziano guardò Melissa a lungo, prendendo nota della sua
bellezza aristocratica e mormorò:
-Sei la sola cosa bella che mi sia capitata nella vita.-Grazie della considerazione.- bofonchiò Alice incrociando le braccia al
petto.
-Tu sei una cosa a parte.- la liquidò categorico.
Melissa sorrise alla ragazza imbronciata e le rivelò:
-Isa non voleva neppure farsi medicare: voleva solo che la portassi da
te.Alice rimase immobile, capendo perfettamente la richiesta di Isa, che
era ben diversa da come si immaginava Melissa; tuttavia colse la palla al
balzo per dire:
-Credi che se mi disintossicassi lei farebbe altrettanto?La ragazza sbatté più volte le palpebre, certa di aver udito male e si
girò verso Tiziano per avere una conferma. Questi annuì e
accarezzandole la mano spiegò:
-Io e Alice ne stavamo parlando giusto l’altro giorno. Ci siamo resi conto
che continuare così non ci porterà da nessuna parte. Anzi, ci condurrà
sottoterra. Noi vorremmo provare a uscirne e scoprire il mondo che c’è
fuori.Melissa non rispose subito: li guardò quasi con curiosità, come se
fossero due estranei e per un attimo pensò a una vita senza buco. Era
mai possibile? Era talmente avvezza a pensare in un’unica direzione che
provare a pensarla diversamente la terrorizzava e le dava le vertigini.
Eppure c’era stato un tempo in cui la sua vita era stata priva di buchi…
Tiziano notò la sua perplessità e le fece notare:
-Non abbiamo ancora toccato il fondo, nonostante quanto sia accaduto
stanotte. C’è la possiamo fare. Se staremo uniti ce la faremo.-Ma… io non voglio prendermi la scimmia, è doloroso…- gemette.
-Più di quanto abbia sofferto Isa in mano ai suoi aguzzini?Melissa esitò, accorgendosi di non riuscire a fermare il tremore alle
gambe e istintivamente passò una mano tra i capelli per tirarli indietro,
chiudendo gli occhi quando toccò il vuoto.
-Io… non lo so.- ammise. -Io ti ho conosciuto così… grazie allo sballo…Tiziano allungò il braccio e le accarezzò una guancia morbida,
rassicurandola:
-Mi avrai sempre accanto, non ti libererai di me tanto facilmente.Lei abbozzò un sorriso e lo fissò negli occhi, prima di chiedere:
-E se non ce la dovessimo fare?Lui fece un cenno stizzoso con la mano e rispose con tono fermo:
-Ce la faremo.-Dove trovi tutta questa sicurezza?-In noi. Tu ed io.Melissa si morse le labbra, sentendo di nuovo i dolori farsi largo e si
massaggiò le reni prima di iniziare a grattare i polpacci. Si girò verso
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Alice con una muta domanda negli occhi e questa sorrise, allargando le
braccia.
-Io starò accanto a Isa, te lo prometto.L’espressione che fece fu più eloquente di mille domande e Alice
scoppiò a ridere, confermando:
-Non lo dico per dire: le starò vicino sul serio.-Ne abbiamo già parlato.- le rammentò Tiziano. -Qui a Roma c’è una
comunità.-E tu credi che Alex ci lascerà andare così? Senza problemi?Lui fece un cenno con la testa e rispose:
-Sicuramente farà di tutto per trattenerci, per continuare a sballare sulle
nostre spalle, ma se siamo decisi dovrà rinunciare a noi.-E se ci venisse a cercare quando saremo puliti?-Io mi ero fatto l’idea di cambiare città.-Lasciare Roma?!- esclamò inorridita.
-Sì, vita nuova, casa nuova…Melissa riprese a massaggiarsi le reni, provando a sognare
un’esistenza parallela per ignorare i dolori, fatta solo di banalità e routine
quotidiana, quelle semplici cose che procuravano la felicità e il semplice
rispetto e nel frattempo cercava di ingoiare saliva per mandar via la
fastidiosa bocca riarsa.
-Ve bene.- accettò. -Quando lo faremo?-Appena Isa starà meglio. Domani o dopodomani.Lei annuì distrattamente e bagnandosi le labbra disse:
-Ok. Allora nel frattempo mi sparo tutte le spade che ho e poi… chiuso.Tiziano la fissò in tralice, pensando di dover ribadire il concetto di
disintossicazione, quando capì cosa intendesse e aprì il cassetto per
contare le dosi rimaste. Ce n’erano dieci, cinque per sé e cinque per
Alice e seppe già che non sarebbero state sufficienti per coprire due
giorni. Potevano a mala pena arrivare al giorno dopo e poi sarebbe
iniziata la crisi. L’unica che aveva vissuto era stata dura, tuttavia nulla a
confronto con quella che avrebbe patito ora, visto che le dosi erano
triplicate, se non di più.
Sarebbe stato difficile e doloroso, lo sapeva.
Vide Melissa tirare fuori della borsa tutto l’occorrente per bucare, sotto
lo sguardo attento di Alice e con un sospiro si accinse a bucare insieme a
lei per non essere in sballo da solo.
Alice si alzò per andare a controllare Isa e lanciò loro uno sguardo
che era più eloquente di mille parole.
~
Isa aprì gli occhi ancora gonfi e si accorse di essere dolorante in tutto
il corpo, non solo per la violenza subita, ma soprattutto a causa della crisi
di astinenza. Con grande sforzo provò ad alzarsi, sudando e tremando
incontrollabilmente, riconoscendo la casa di Alice, ma come si mise
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seduta spalancò la bocca per urlare dal dolore, senza riuscirci, e subito
dopo vomitò piegandosi in due.
Tiziano si svegliò, alzò a fatica la testa e la vide raggomitolata sul letto,
il tanfo nauseabondo del vomito a terra e sulle lenzuola. e con un sospiro
si sciolse dall’abbraccio di Melissa e si alzò. Si avvicinò alla ragazza e le
mise una mano sulla spalla, domandando premuroso:
-Tutto ok?Lei annuì appena e provò a girare la testa per guardarlo e Tiziano le
fece cenno di aspettare. Andò in cucina, dove Alice dormiva riversa sul
tavolo e prese una siringa delle sue dal cassetto. Tornò da Isa che
tremava come una foglia e con calma le prese un braccio per cercare
una vena. Non ne trovò e si concentrò sulla caviglia. Quando iniettò la
dose, lei si rilassò, il flash che le accecò il cervello, i dolori che sparirono
e la bocca che tornò umida e non più riarsa.
-Grazie, Morte.- mormorò.
Si mise seduto accanto a lei e la guardò in volto, non più bello ma
gonfio e tumefatto e per un attimo provò a immaginare Melissa al suo
posto. Rabbrividì involontariamente e schiarendosi la voce le disse:
-Ieri abbiamo parlato della nostra situazione.Lei sbatté le palpebre gonfie, senza capire e Tiziano le spiegò quanto
si erano detti e la ferma volontà di disintossicarsi. Lei non disse nulla;
rimase a fissarlo con aria stanca, come se non le fosse importato più di
nulla, tranne del benessere che le procurava avere la dose in corpo.
-Va bene.- accettò poi mestamente.
Lui sorrise e le accarezzò una guancia prima di tornare in cucina.
Prese una siringa e si preparò a fare colazione, mentre Alice si svegliava
stiracchiandosi. Tiziano la sbirciò e notò la macchia di sangue sul tavolo
e il rivolo che scendeva da un lato della bocca dell’amica.
-Ti sanguinano le gengive.- le comunicò.
Lei sbadigliò e si pulì con il dorso della mano, passando poi il palmo
sul tavolo per portare via la macchia. Con un sospiro si alzò, prese una
spugna dal lavandino e andò a pulire.
-Ultimo giorno?- domandò mentre prendeva una siringa.
-Già. Isa ha detto che ci sta, prova anche lei.-Che meraviglia…- mormorò non riuscendo a celare l’ironia.
Tiziano le lanciò un’occhiataccia e la vide armeggiare con la siringa,
cercando una vena in condizioni meno pessime tra tutte.
-Cazzo…- sussurrò tirando indietro i ricci con un gesto stizzito della mano.
Si alzò e andò in bagno. Attraverso lo specchio tastò una vena del
collo e con freddezza infilò l’ago, sentendo subito il flash esploderle nel
cervello. Barcollò e si resse al lavandino per non cadere a terra, mentre
la siringa scivolava via e dal collo le sgorgò il sangue, sporcando la Tshirt che indossava.
-Ma che cazzo ti dice il cervello?- borbottò Tiziano sorreggendola e
riportandola sulla sedia in cucina.
Lei si lasciò condurre docilmente, tenendo una mano sulla vena che
sanguinava, nel puerile tentativo di bloccare la fuoriuscita del liquido.
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-Sangue, sangue…- ripeté con un sogghigno.
Tiziano aggrottò le sopracciglia e scosse la testa, mentre lei
riprendeva:
-Meglio schiattare di overdose, AIDS o dissanguata?-Scema.- l’apostrofò.
-Illuso.- lo rimbeccò con stizza.
Tiziano non raccolse la provocazione e lentamente tornò in camera,
dove il tanfo di vomito era sempre più pungente. Andò ad aprire la
finestra e inspirò aria pulita, sentendosi avvolgere dal dolce calore del
sole.
-Cosa fai?- domandò Isa curiosa.
-Niente.- rispose tornandole vicino. -Come ti senti?-Male, ma non mi lamento: poteva andare peggio.Lui sorrise annuendo e sperò con tutto il cuore di riuscire a venirne
fuori.
~
Anziché disintossicarsi, iniziarono a bucare più di prima.
Isa tornò sul marciapiede, Melissa continuò a rubare e ad annotare le
targhe dei clienti dell’amica, mentre Tiziano e Alice ripresero a
frequentare Paolo e Vittorio. La maggiore disponibilità di soldi li portò ad
avere sempre più dosi a disposizione e, di conseguenza, sempre più
necessità di bucare per non cadere in crisi, giungendo a iniettarsi fino a
tre grammi in un solo giorno. La caduta libera verso l’Ade li portò a far
uso anche di crack e altri stupefacenti sintetici pur di placare il fabbisogno
giornaliero e quel cerchio senza uscita si riversava anche nei rapporti
interpersonali.
Melissa e Isa si erano definitivamente trasferite a casa di Tiziano e
Alice, vivendo praticamente accampati in un buco di appartamento che
sarebbe stato piccolo per una sola persona. Melissa dormiva nel lettino
con Tiziano, mentre Isa si era portata un materasso che aveva steso
sotto la finestra della camera. E, tuttavia, la convivenza e l’abuso di
sostanze stupefacenti li portava spesso ad avere diverbi tra loro, litigando
per poi tornare a fare pace appena la lucidità mentale lo permetteva. I
genitori di Isa non avevano alzato obiezioni quando lei se ne era andata,
rimarcando la loro totale indifferenza, mentre la madre di Melissa aveva
storto il naso, cedendo poi solo perché convinta che avesse trovato
lavoro e che andasse a dividere l’appartamento con una collega.
Sul volgere dell’autunno, troppo esausto di quel tipo di vita, Tiziano
propose nuovamente la disintossicazione per tutti e quattro. All’ombra del
Palazzo, sotto l’occhio vigile di Alessandro, Melissa, Isa e Alice lo
degnarono appena della loro attenzione, troppo prese dalla dose appena
iniettata.
-L’ho sempre detto che sei un sognatore.- commentò Alessandro
ammiccando alle ragazze.
-È un reato?- ringhiò infastidito.
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-No, ma loro non ti sentono neppure.Il ragazzo si agitò sulla panchina e infine lasciò cadere l’argomento,
non volendone parlare con lui. Da dietro le lenti scure osservò le tre
ragazze davanti all’entrata dell’edificio che parlottavano tra loro e si
domandò per la milionesima volta cosa avrebbe potuto fare per salvarle.
Alessandro si frugò in tasca dei jeans logori e tirò fuori una bustina,
ammirandone estasiato il contenuto. Con evidente soddisfazione la
dondolò davanti agli occhi di Tiziano per catturarne l’attenzione e questi
lo fissò con una muta domanda negli occhi. L’altro piegò le labbra in un
ghigno diabolico e fece sparire la bustina con una velocità
impressionante, avvicinandosi a lui per sussurrare:
-Roba buona. Un taglio nuovo che oggi proverò, così domani ti dirò
com’è il paradiso.-Risparmiami.- rispose con tono acido.
Alessandro mostrò i canini e ribatté:
-Lo so che vorresti sparartela tu, subito, te lo leggo in faccia, ma è mia.
Tu dovrai aspettare.Tiziano scosse la testa e tornò a concentrarsi sulle ragazze,
appoggiate alla parete del Palazzo, circondate dalle foglie gialle cadute
dagli alberi. Doveva arrendersi all’evidenza che non ce la faceva più a
sostenere il proprio fabbisogno giornaliero di droga e quello di Melissa.
Lei continuava a rubare, a vivere di espedienti, racimolando tutto quello
che poteva eppure non riusciva mai a raggiungere il necessario per
colmare il proprio bisogno e lui le passava parte della propria droga pur di
non vederla finire sul marciapiede. Era già orrendo così, dovendo
guardare impotente Isa ridotta a uno spaventapasseri, che non voleva
vedere la propria ragazza divenire uguale. E tuttavia non ce la faceva più.
Vendersi a Paolo non era stato più sufficiente e si era visto costretto ad
accettare anche Corrado come cliente pur di avere i soldi a sufficienza.
Ora, però, sembrava che quei soldi non bastassero mai e già si erano
affacciati altri due amici di Vittorio al ristretto cerchio.
Portò una mano alla fronte e si accorse di sudare. Strano, la gente
girava con i giubbotti e lui sudava. Lo sguardo gli cadde sulle gambe di
Alice, messe in bella mostra dalla minigonna e vide il livido lasciatole
dall’ultimo arrivato, un certo Fabio. Si era alterato per quel modo di
trattare la sua amica e subito si era avventato contro il nuovo arrivato,
quando lei lo aveva fermato prima che peggiorasse la situazione.
Di una cosa era certo: così facendo, accettando la proposta di Paolo,
era riuscito a togliere Alice dalla strada. In qualche modo, ora doveva
dare una mano a Isa, sempre più emaciata e sempre più imbambolata
dagli stupefacenti. Non sembrava più la ragazza conosciuta solo un anno
e mezzo prima. Il suo sguardo smeraldino si era spento, il sorriso
avvizzito; parlava solo di clienti e droga e neppure la vicinanza di Alice la
scuoteva più di tanto.
Un improvviso attacco di tosse lo piegò in due, calamitando gli occhi
dei presenti su di sé e si girò in tempo per vomitare, annaspando in cerca
d’aria. No, non poteva più continuare così.
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Si alzò lentamente e raggiunse le amiche, dicendo:
-Andiamo, torniamo a casa.-Vai tu, noi rimaniamo ancora un po’.- rispose Alice scansando un riccio
ribelle che le ricadeva sul volto.
-Perché tanta fretta, Morte?- disse Isa. -Noi stavamo pensando a un bel
passatempo.Lui inarcò un sopracciglio e replicò sarcastico:
-Non sapevo avessimo tempo da buttar via.-Sì, oggi sì.- intervenne Melissa con un sorriso, prendendolo per un
braccio. -Oggi facciamo festa.-Festa?Alice gli fece cenno con la testa e lui le andò dietro, con le ragazze al
seguito. Nella parte retrostante del Palazzo, accanto al muro, c’erano
quattro siringhe già pronte, posate per terra con cura, ricoperte da alcune
foglie gialle.
-Guarda: un trip perfetto.- gli disse.
Lui abbozzò un sorriso e si girò a guardare Isa e Melissa alle proprie
spalle, scoprendole eccitate. Evidentemente avevano da tempo
preparato tutto, cogliendolo di sorpresa per metterlo dinanzi al fatto
compiuto.
-Siete matte. Vi siete appena sparate una pera, con questa dite addio a
tutto.-Già!- esclamò Alice con occhi ridenti. -Un modo come un altro per
smettere, ti pare? Con questo, però, non soffri come un cane.- commentò
soddisfatta.
Tiziano fece un passo indietro, attonito, incapace di credere che
avessero organizzato una cosa simile e le fissò una a una, soffermandosi
a lungo su Melissa. Indicò le siringhe e mormorò:
-Vuoi sul serio farla finita così? Vuoi sul serio rinunciare a noi?Lei si morse le labbra, un tempo belle e morbide, ora screpolate e
secche e ribatté:
-Esiste sul serio un noi? Non facciamo altro che parlare di clienti e pere,
pere e clienti, tu ed io dormiamo insieme ma non ci sfioriamo neppure,
perché non abbiamo la forza e gli stimoli per stare insieme…-Ma proprio per questo insisto affinché ci disintossichiamo!- esclamò
prendendola per le braccia. -Proprio perché tengo a te voglio stare con te
in tutti i sensi!-Mi fai male.- gemette.
Tiziano si accorse di stringere troppo forte e allentò la presa,
continuando a fissarla negli occhi.
-Non schiatteremo, Morte.- intervenne Alice chinandosi a raccogliere le
siringhe. -Ci faranno fare solo un bel viaggetto.Il ragazzo abbandonò le braccia di Melissa e lasciò ricadere le proprie
lungo i fianchi, svuotato di ogni energia, domandandosi vagamente dove
stesse sbagliando. Vide le ragazze prendere ognuna una siringa e
dirigersi verso la porta del Palazzo e lui rimase immobile a fissare l’unica
siringa rimasta a terra. Si umettò le labbra e si chinò per prenderla,
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rimanendo a contemplare il liquido che conteneva. Girò l’angolo e vide
Melissa che lo attendeva davanti all’entrata e come un automa,
completamente abulico, la raggiunse e insieme salirono al piano
superiore per unirsi alle altre.
Alice e Isa erano elettrizzate all’idea dello sballo totale e di comune
accordo ingoiarono alcune pasticche di anfetamine, invitando gli altri a
fare altrettanto per poi mettersi seduti per terra a formare un cerchio.
-Ed ora…- iniziò Alice con una certa enfasi, rigirando davanti agli occhi la
propria siringa.
-Ehi, ehi!L’interruzione improvvisa li fece sussultare e si girarono verso le scale,
fissando Alessandro che si avvicinava con passo malfermo.
~
-E così volevate fare un’orgia di sballo, eh?- disse facendo cenno a
qualcuno dietro di sé.
In quel momento, dietro il pusher, sbucarono alcuni ragazzi
dall’aspetto trasandato, con i jeans logori e strappati in più parti, con
vistosi tatuaggi sugli avambracci e con le bandane in testa che coprivano
i capelli acconciati a rasta.
Tiziano si irrigidì, intuendo subito dalla loro espressione che qualcosa
di spiacevole sarebbe accaduto, ma non riuscì a pronunciare una sola
parola che quelli si avventarono su di loro, tranquillamente seduti a terra,
e senza troppe cerimonie iniziarono a prenderli a calci e pugni pur di
impossessarsi delle siringhe. Alice fu presa per i capelli, costretta ad
alzarsi e finire addosso al muro, l’aguzzino che le fece sbattere più volte
con violenza la testa contro la parete, ingiuriandola con frasi oscene, fino
a farla stramazzare a terra. Isa e Melissa provarono a fuggire, ma altri
due le afferrarono per il collo e le scaraventarono lontano, prima di
raggiungerle e neutralizzarle con un paio di pugni sferrati sul volto di
entrambe.
-Sì!- esclamò Alessandro, impossibilitato a mascherare il piacere che
provava nel vedere i vecchi amici subire i maltrattamenti. -Sì, così!Tiziano provò a ribellarsi, balzando in piedi, ma l’assalitore che si
ritrovò dinanzi gli sferrò un calcio negli stinchi e assestò un gancio che lo
fece barcollare prima di ricevere altri pungi e calci in tutto il corpo, fino a
crollare a terra.
Il raid fu talmente rapido e improvviso che gli assalitori ebbero la
meglio soprattutto per il fattore sorpresa e, seguiti come un’ombra da
Alessandro, una volta messi fuori gioco gli avversari si impossessarono
delle loro siringhe già pronte.
-Vedrete, è roba buona.- ripeté Alessandro cercando una vena dove
poter iniettare il liquido.
Un ragazzo dal volto butterato dall’acne lo fissò e minacciò con tono
grave:
-Se non è buona farai la fine dei tuoi amici.183
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-Sta’ tranquillo, gliel’ho venduta io.-Se questo dovrebbe tranquillizzarmi…Alessandro non gli rispose, troppo intento a iniettarsi la dose tagliata
in maniera diversa, completamente indifferente a tutto ciò che gli
accadeva intorno.
-Bastardo…- sussurrò Tiziano strisciando per terra, il sangue che gli
colava dalla bocca e gli lasciava un sapore dolciastro sulla lingua.
Mentre gli assalitori si facevano beffe di loro e del medesimo pusher,
lui si avvicinò lentamente alle ragazze, senza staccare gli occhi dagli
aggressori, tossendo sangue e bava, trattenendosi lo stomaco dolorante.
-Come stai?- mormorò a Melissa posandole una mano sulla schiena.
Questa lo fissò a occhi sgranati e subito dopo si girò verso gli altri per
accertarsi che non le avrebbero più fatto del male. Isa si pulì il viso dal
sangue che le colava dal naso e girò lo sguardo in cerca di Alice ancora
a terra immobile. A carponi la raggiunse e la scosse, ignorando gli
aggressori che si godevano il premio del raid.
-Alice…- chiamò in un sussurro, continuando a scuoterla.
Quando si accorse che non reagiva provò a girarla e vide il sangue
per terra, fuoriuscito da un taglio sulla tempia e sgranò gli occhi.
-Oddio…Le mise una mano su una vena del collo ed espirò sentendo il cuore
battere ancora e subito dopo iniziò a piangere sommessamente. Tiziano
le fece un cenno e lei rispose con un gesto rassicurante, asciugandosi le
lacrime con le mani.
-Chi… sono?- balbettò Melissa rattrappendosi contro la parete della
stanza, terrorizzata dall’improvvisa e inattesa violenza.
-Non lo so.- rispose Tiziano rimanendole vicino. -Ma so per certo che non
mi piacciono.Lei lo fissò a occhi sgranati e gemette:
-Mi scoppia la testa.Lui l’abbracciò, cercando di trasmetterle un minimo di sicurezza,
continuando a tenere sotto controllo i movimenti degli assalitori. Si erano
appena iniettati le dosi rubate, scimmiottati da Alessandro e se ne
stavano relativamente quieti, mentre il pusher si era steso a terra,
ignorando i vari escrementi, per godersi meglio il viaggio della nuova
polverina. Si girò verso Isa e Alice e vide la prima che cercava di
svegliare l’altra senza dare nell’occhio. Alice rimaneva sorda a ogni
sollecitazione, svenuta per la brutalità con la quale era tata sbattuta
contro la parete.
Poi, all’improvviso, uno degli aggressori disse qualcosa e tutti si
girarono verso Alessandro, immobile a terra, prima di fuggire via con le
ali ai piedi.
~
Rimasero con il fiato sospeso fino a quando si resero conto che gli
assalitori non sarebbero più tornati e Tiziano si alzò, pulendosi il sangue
dalla bocca, dolorante per le botte ricevute. Si avvicinò barcollando a Isa
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e Alice e controllò l’amica svenuta che aveva perso un bel po’ di sangue,
a giudicare dalla pozza per terra, sotto lo sguardo preoccupato di Isa.
-Perché non si sveglia?- domandò querula, asciugandosi le lacrime che
non smettevano di scendere.
-Ha dato almeno tre botte molto forti, forse ha un trauma cranico, non lo
so.La guardò, accorgendosi che si stava formando un grosso ematoma
intorno al setto nasale e che il sangue continuava a uscire e temette che
le avessero spaccato il setto.
-Perché?-Volevano la nostra roba.- rispose laconico.
-E c’era bisogno di massacrarci?-Con certa gente non si ragiona. Come ti senti?La ragazza fece un gesto vago con la mano e rispose:
-Fatico a respirare e tutto questo sangue non aiuta.Lui annuì e in quell’attimo Alice si mosse, attirando l’attenzione.
-Bene.- mormorò Tiziano.
Dalla finestra rotta si intravedeva il tramonto e il crepuscolo non
avrebbe tardato ad arrivare, avvolgendoli nell’anonimato delle tenebre, a
loro più congeniali del sole.
Melissa li raggiunse e posò una mano sulla spalla di Tiziano,
avvisando:
-Alex non si muove.-Era sballato perso.-Ha la bava.Tiziano si girò a fatica verso il pusher a terra e con un sospiro gli andò
vicino, osservandolo dall’alto in basso. Aveva ancora l’ago in vena, la
siringa si era riempita di sangue, mezzo girato su un fianco, bava
biancastra che gli era uscita dalla bocca e Tiziano sbatté le palpebre
prima di chinarsi e tastargli una vena del collo. Quindi gli sfilò la siringa
dal braccio e provò a guardarne il contenuto, ma il sangue aveva avuto il
sopravvento sul liquido, colorando tutto di rosso scuro e la lasciò cadere,
tornando accanto alle ragazze, domandando con tono tranquillo:
-Ce la fate?-Sì, abbastanza.- rispose Melissa.
-Come sta?- s’informò Isa ammiccando ad Alessandro.
-Andato. Schiattato.- commentò lapidario, con una insolita freddezza
nella voce.
Si guardarono sbigottite, mentre Alice cercava di ritrovare la lucidità
tenendosi la testa dolente tra le mani e Tiziano le si accucciò accanto,
sfiorandole la tempia sanguinante.
-Dobbiamo levare le tende. Ce la fai?- s’informò premuroso.
-Io… Sì, penso di sì.-Ok, ti aiuto.Le passò un braccio intorno alla vita e la rimise in piedi, accertandosi
che riuscisse a stare sulle proprie gambe e subito dopo la vide vacillare e
chinarsi per vomitare. La sorresse fin quando non si sentì meglio, quindi,
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lentamente, l’aiutò a scendere le scale, seguito dalle ragazze. Una volta
fuori del Palazzo si accorsero che l’oscurità aveva preso il sopravvento e
le luci dei lampioni erano già state accese per rischiarare le tenebre
incombenti e con calma si diressero verso il Suzuki, lasciandosi alle
spalle un pezzo della loro vita.
~
Si guardarono in silenzio, ognuno sul proprio letto a leccarsi le ferite,
consapevoli di essere giunti a una svolta della loro esistenza.
Tiziano aveva preso la palla al balzo per ribadire la necessità di
disintossicarsi per iniziare a vivere da persone civili; Melissa aveva
annuito, schierandosi dalla sua parte, mentre Alice e Isa si erano
trincerate dietro un no irremovibile.
Alla fine, dopo aver discusso per gran parte della serata, Isa si era
dovuta arrendere all’evidenza di avere il setto nasale rotto, mentre Alice
si era resa conto di dover fare qualcosa per placare il violento mal di
testa che le faceva dar di matto. A nulla era servito farsi una dose: il
dolore atroce persisteva e aumentava di intensità, lasciandola priva di
forze e di intelletto.
-Ti porto in ospedale.- disse Tiziano preoccupato.
-No. Io lì non ci vado. Meglio schiattare.- ribatté cocciuta.
Il sangue aveva smesso di uscire dalla ferita alla tempia e questo
poteva essere tanto un buono quanto un cattivo segno, ma nessuno di
loro avrebbe saputo dirlo. In quel momento un violento attacco di tosse la
costrinse a piegarsi in due e allungare il collo oltre il letto per vomitare
muco e sangue in quantità industriale. Gli altri si spaventarono,
soprattutto perché la tosse non si calmava e Alice stava diventando
cianotica. Tiziano scese dal letto e le si avvicinò, non sapendo cosa fare,
fino a quando lei perse i sensi e Isa lanciò uno strillo precipitandosi al suo
fianco.
-Devo portarla in ospedale.- dichiarò il ragazzo risoluto.
Si alzò dal letto, ma Melissa lo bloccò, afferrandolo per un braccio, gli
occhi imploranti. Lui stava per liberarsi con un gesto stizzito, quando si
rese conto del suo sguardo e per un lungo attimo esitò, fin quando la
ragazza disse:
-Lei ha detto di no.-La devo salvare!- ribatté attonito.
-Lei ha detto di no.- ripeté Melissa serrando la presa sul suo braccio,
negli occhi le lacrime.
-Non farlo, Morte.- s’intromise Isa con autorità.
Tiziano reagì con un moto di stizza, liberandosi della presa e
provando a replicare, in cuor suo consapevole di aver torto e tuttavia
impossibilitato ad accettarlo. Sicuramente si sarebbe ripresa, il malessere
era solo momentaneo, eppure sapeva che prima o poi si sarebbe dovuto
staccare da lei, per sempre. E quella consapevolezza gli lacerava il cuore,
perché in Alice rivedeva Silvia e in tal modo l’aveva amata e protetta.
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L’idea di dover perdere un’altra sorella lo angustiava. Perché l’avrebbe
persa, in un modo o nell’altro e doveva farsene una ragione.
Si morse le labbra gonfie e spaccate dai pugni presi e passò una
mano tra i capelli, imprecando sommessamente. In quell’istante Alice
riaprì gli occhi arrossati e Isa le sorrise.
-Meglio?- domandò premurosa.
L’interpellata annuì e provò a mettersi seduta, sentendosi debolissima.
La puzza del vomito era nauseabonda e Melissa andò ad aprire la
finestra prima di cercare uno straccio per pulire. Tiziano osservò Alice
con occhio critico, prendendo nota del trucco sfatto, dei ricci spettinati,
del reggiseno storto, delle guance scavate e di colpo le apparve per
quello che era realmente: un uomo non più in grado di reggere il
confronto con una donna e quella scoperta gli diede il colpo di grazia. Si
lasciò cadere sul letto, mentre Melissa tornava con uno straccio e un
secchio d’acqua e Isa accarezzava dolcemente i capelli di Alice,
spettinati e sporchi di sangue. Dalla finestra entrava il freddo pungente
dell’autunno inoltrato, accompagnato dai soliti rumori di quartiere, mentre
dal palazzo di fronte le luci accese negli appartamenti parevano tanti
occhi che splendevano nelle tenebre e che volevano sbirciare negli
alloggi dirimpettai.
-Io domani vado.- annunciò infine, alzandosi dal letto.
Se ne andò in cucina per prendere una siringa e con calma si preparò
a inoculare la dose, sentendo le ragazze in camera confabulare tra loro. Il
flash gli esplose nel cervello e per un attimo si sentì di nuovo in pace con
se stesso, privo di ogni problema, libero da tutto. Tuttavia fu solo un
effimero attimo, perché pochi minuti dopo tornò al presente fatto di puzzo,
di sangue, di vomito, di lotta perenne. Melissa era davanti a lui e lo
guardava con aria stanca, il volto gonfio e tumefatto per le botte ricevute.
-Cosa intendi fare?- domandò.
-Sei la portavoce?- ribatté sarcastico, ammiccando alla camera da letto.
Lei si mise seduta, sospirando, e portò le mani sul tavolo dicendo:
-Se intendi andare in comunità, io ti seguo.Lui rimase immobile, registrando un secondo in ritardo le sue parole e
quando realizzò il contenuto, piegò le labbra in un sorriso.
-Bene.- commentò soddisfatto.
-Loro rimangono qui.-Lo immaginavo.Melissa si sporse un poco sul tavolo e lo fissò dritto negli occhi, prima
di incalzare:
-Andiamo via subito, prima che ci ripensi.Tiziano sbatté le palpebre e la studiò a lungo, tentato dall’idea di
gettarsi tutto alle spalle e tuttavia restio ad abbandonare Alice e Isa.
Allungò le mani e prese quelle della ragazza, sentendole fredde come il
marmo e domandò:
-Vuoi lasciarle qui senza neppure tentare?-Ma non capisci che loro non vogliono? Se aspettiamo sarà la fine anche
per noi.187
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Il suo ragionamento era logico, freddo e distaccato, lo sapeva, eppure
non poteva accettarlo. Non era da lui
-Abbandoni la tua più cara amica?- insistette caparbio.
-Lo vuoi capire o no che io non abbandono nessuno? È lei che ha scelto,
al pari di Alice.- spiegò con pacatezza, come se stesse parlando a un
bambino.
Lui inspirò a fondo, ritirò le mani e le passò sul viso, poi sulla testa,
non sapendo cosa fare. A quel punto Melissa si alzò e gli andò vicino,
posandogli una mano sulla spalla e lui alzò il volto per guardarla, mentre
lei abbozzava un sorriso. Aprì il cassetto, prese tutte le siringhe e sotto lo
sguardo attonito di Tiziano le portò in camera, lasciandole alle amiche.
Queste la fissarono in silenzio e lei spiegò:
-Per la festa mancata.Con occhi scintillanti Isa prese le siringhe dalle mani di Melissa,
mentre Alice mormorava:
-Allora è fatta, ve ne andate.L’interpellata annuì e l’altra sorrise.
-Portalo via di qui.- sussurrò.
Isa si alzò dal letto e si gettò tra le braccia di Melissa, stringendola a
sé prima di dire:
-A presto.Melissa ricambiò l’abbraccio e in quell’istante Tiziano apparve sulla
soglia della porta, pallido come un cadavere, l’espressione degli occhi
vacua e Alice lo guardò un attimo prima di voltargli le spalle, dicendo:
-Quando te ne vai, portati via la foto, non voglio più vederla.Il ragazzo chinò appena la testa, mentre Melissa si scioglieva
dall’abbraccio per frugarsi in tasca dei jeans e prendere le chiavi del
motorino. Le mise in mano a Isa, annuendo appena e senza più
aggiungere nulla se ne andò, seguita da un mesto Tiziano e dallo
sguardo delle due ragazze.
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Roma, 1999
Melissa si stropicciò gli occhi assonnati e spense automaticamente la
sveglia sul comodino, sbadigliando subito dopo. Alzarsi tutte le mattine
alle sei per recarsi al lavoro era pesante, ma per fortuna stava per andare
in meritate ferie e in quel frangente nessuno e nulla l’avrebbe fatta
cadere giù dal letto all’alba. Dopo uno stressante anno lavorativo, aveva
bisogno di ricaricare le pile per poter affrontare al meglio un altro lungo
anno.
Andò in bagno e si lavò il viso, rimanendo poi in contemplazione del
proprio volto, ora più paffuto e più luminoso rispetto a quando si bucava.
Era stata dura, ciò nonostante alla fine era riuscita a venirne fuori e
tutto grazie a Tiziano che era stato irremovibile sulla loro
disintossicazione. Aveva sofferto e pagato tanto per la propria
superficialità e solo quando era riuscita a tornare a casa, pulita e piena di
voglia di ricominciare, aveva saputo che Alice e Isa avevano preferito
chiudere la loro vita con un unico buco di troppo, così come Tiziano,
uscito pulito dalla comunità, aveva accettato l’ultima siringa offerta da un
sedicente amico, convinto di poterla gestire. Invece l’aveva condotto
dritto all’inferno.
A distanza di dieci anni dalla laro scomparsa, lei si mirava ogni
mattina allo specchio, cercando nel proprio volto il viso dei suoi amici e
provando a immaginare come sarebbero stati se fossero riusciti a
sopravvivere, faticando ogni giorno di più a ricordare la loro fisionomia.
Sospirò, sfiorò una guancia rosea con la punta delle dita e si preparò
per un’altra giornata di lavoro.
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Sommario
Roma, 1983 ..................................................................................... 7
PARTE PRIMA ...................................................................................... 21
1 ....................................................................................................... 23
2 ....................................................................................................... 37
3 ....................................................................................................... 48
4 ....................................................................................................... 56
5 ....................................................................................................... 68
6 ....................................................................................................... 79
7 ....................................................................................................... 88
PARTE SECONDA ................................................................................ 99
8 ..................................................................................................... 101
9 ..................................................................................................... 114
10................................................................................................... 127
11................................................................................................... 139
12................................................................................................... 148
13................................................................................................... 156
14................................................................................................... 166
15................................................................................................... 176
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Un ringraziamento a Marco Licio Fabi, che con la sua fantasia elabora i
miei disegni per farli diventare delle meravigliose copertine e a Marcello
Gnani che ha corretto la stesura del romanzo.
Ringrazio inoltre, Manuela Cagnoni, che ha la pazienza e la costanza di
seguire ogni mia opera.
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Untitled - M.G.L. Valentini