Capitolo 6 Economie di scala, concorrenza imperfetta e commercio internazionale Corso tenuto da Sergio de Nardis Economia internazionale: teoria e politica del commercio internazionale di Paul R. Krugman e Maurice Obstfeld, terza edizione italiana a cura di Rodolfo Helg Organizzazione del capitolo Introduzione Economie di scala a commercio internazionale: uno sguardo preliminare Economie di scala e struttura di mercato La teoria della concorrenza imperfetta Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Dumping La teoria delle economie esterne Economie esterne e commercio internazionale Sommario Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-2 Introduzione Nei modelli tradizionali (Ricardo; Heckscher-Ohlin) i paesi commerciano perchè sono tra loro diversi; la diversità è fonte di vantaggi (e svantaggi) comparati; i paesi si specializzano nelle industrie in cui hanno vantaggi comparati. Due ragioni fondamentali alla base delle diversità tra paesi: • perché presentano differenti tecnologie (Ricardo) • perchè presentano differenti dotazioni di fattori produttivi (mpiegati con diversa intensità nelle varie industrie; Heckscher-Ohlin) Per le teorie tradizionali se non sono riscontrabili differenze, non sussistono motivi di scambio. In realtà si osservano intensi flussi commerciali anche tra paesi molto simili. Le nuove teorie del commercio internazionale evidenziano che scambio e specializzazione possono emergere, indipendentemente dall’esistenza di vantaggi comparati, se le industrie operano con economie di scala Nelle nuove teorie l’esistenza di economie di scala rende vantaggioso per ciascun paese concentrarsi nella produzione di una gamma limitata di beni, realizzarli così in modo più efficiente, esportarli contro l’importazione di quelli che non produce: le economie di scala spingono anche paesi perfettamente identici a intraprendere scambi commerciali tra loro Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-3 Economie di scala e commercio internazionale : uno sguardo preliminare I modelli tradizionali di commercio internazionale basati sui vantaggi comparati ipotizzano rendimenti di scala costanti e concorrenza perfetta: • all’aumentare della quantità di tutti i fattori impiegati nella produzione di un bene, l’output di quello stesso bene aumenta proporzionalmente; ogni impresa è price taker perchè prende il prezzo di mercato come dato, non potendo influire su esso variando la quantità offerta Nella realtà molti settori sono caratterizzati dalla presenza di economie di scala (che si indicano anche come rendimenti crescenti) • La produzione è tanto più efficiente, quanto maggiore è la scala di produzione Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-4 Economie di scala e commercio internazionale : uno sguardo preliminare In presenza di rendimenti di scala crescenti: • il livello di produzione aumenta in misura più che proporzionale rispetto all’aumento nell’impiego di tutti i fattori: la produzione dipende dall’impiego di capitale e lavoro, nel caso di rendimenti costanti il raddoppio del capitale e del lavoro conduce al raddoppio della produzione; con rendimenti crescenti, il raddoppio di capitale e lavoro comporta un aumento più che doppio della produzione (es. autoveicoli, petrolchimico, ecc.) • i costi medi (costi per unità) decrescono all’aumentare delle dimensioni di mercato. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-5 Economie di scala e commercio internazionale : uno sguardo preliminare Tabella 6-1: relazione tra input e output in un settore ipotetico Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-6 Economie di scala e commercio internazionale : uno sguardo preliminare Si intuisce perchè le economie di scala spingono allo scambio internazionale. Due paesi A e B dotati della stessa tecnolgia nella produzione del bene C. Inizialmente ciascun paese produce 10 unità di bene, impiegando ciascuno 15 unità di lavoro: nel mondo vengono offerte 20 unità di bene con l’impiego di 30 unità di lavoro In realtà lo stesso risultato (produzione di 20 unità di bene) potrebbe essere ottenuto in modo molto più efficiente se la produzione si concentrasse in uno dei due paesi, A o B. In questo caso 20 unità di bene C si otterrebbero solo con 25 unità di lavoro Il commercio internazionale rende possibile ciò. Infatti, il paese che concentra la produzione di C al suo interno dovrà sottrarre lavoro ad altri settori, rinunciando a produrre all’interno determinati beni e importandoli dall’estero. L’opposto vale per il paese che perde la produzione di C ; esso potrà impiegare il lavoro liberato dalla produzione di C nella produzione di altri beni che esporterà in cambio di C Quindi il commercio internazionale consente a ciascun paese di produrre una gamma limitata di beni, traendo vantaggio dall’esistenza di economie di scala. I consumatori, ovunque si trovino, sono avvantaggiati dalla possibilità di acquistare beni meno costosi (grazie allo sfruttamento delle economi di scala); inoltre, il commercio internazionale tende ad accrescere la varietà di beni a disposizione dei consumatori, aumentando vieppiù il loro benessere Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-7 Economie di scala e struttura di mercato Importante distinzione: le economie di scala possono essere: • Esterne all’impresa, ma interne all’industria – Il costo unitario dipende dalle dimensioni dell’industira, ma non necessariamente da quelle delle singole imprese – Un settore consiste tipicamente di tante piccole imprese ed è perfettamente concorrenziale – Ciascuna piccola impresa trae un vantaggio del fare parte di su settore di grande dimensione (logica distretto industriale) • Interne – Il costo unitario dipende dalle dimensioni della singola impresa, ma non necessariamente da quelle del settore nel suo complesso – La struttura di mercato è imperfettamente concorrenziale nel senso che le imprese possono modificare il prezzo di vendita variando la propria offerta; le imprese grandi hanno un vantaggio di costo sulle imprese piccole • Entrambi i tipi di economie di scala sono cause importanti di commercio internazionale Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-8 La teoria della concorrenza imperfetta Concorrenza imperfetta • Le imprese sono consapevoli di poter influenzare il prezzo dei loro prodotti; il prezzo non è un dato esogeno all’impresa come nella concorrenza perfetta – sanno che possono vendere di più soltanto riducendo il loro prezzo • Ogni impresa si considera come “price setter”, che può • governare, in una certa misura, il prezzo del suo prodotto, piuttosto che come “price taker” La struttura di mercato di concorrenza imperfetta più semplice è quella di monopolio puro, un mercato nel quale esiste un’unica impresa che non subisce concorrenza alcuna e che può variare quindi il prezzo senza porsi il problema del comportamento dei concorrenti Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-9 La teoria della concorrenza imperfetta Monopolio: una breve trattazione • Ricavo marginale – L’impresa fronteggia una curva di domanda D inclinata negativamente che coincide con il ricavo unitario; la pendenza negativa della curva di domanda indica che l’impresa può aumentare la quantità venduta solo abbassando il prezzo – La curva del ricavo marginale MR indica invece ill ricavo extra che un’impresa guadagna dalla vendita di un’unità addizionale. Mentre in concorrenza perfetta MR = D = Prezzo costante, in monopolio il ricavo marginale è sempre inferiore al ricavo unitario/prezzo talché la curva MR giace sempre sotto la curva di domanda, D – Per vendere un’unità addizionale di prodotto un’impresa deve ridurre il prezzo di tutte le unità vendute già in precedenza (non solo dell’unità al margine) Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-10 La teoria della concorrenza imperfetta Figura 6-1: fissazione del prezzo e decisioni di produzione del monopolista Costo, C, e prezzo, P Profitti del monopolista PM AC AC MC D MR QM Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Quantità, Q Slide 6-11 La teoria della concorrenza imperfetta • Ricavo marginale e prezzo – Il ricavo marginale è sempre inferiore al prezzo. – La relazione tra ricavo marginale e prezzo dipende da due elementi: – la quantità di prodotto l’impresa sta già vendendo – l’inclinazione della curva di domanda » Ci informa su quanto il monopolista deve ridurre il suo prezzo per vendere un’unità in più di prodotto. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-12 La teoria della concorrenza imperfetta – Assumiamo che la curva di domanda di fronte all’impresa sia lineare: Q=A–BxP (6-1) Si riscriva ponendo P a sinistra P = A/B – Q/B Il ricavo totale è P x Q = (A/B) x Q – Q2/B Il ricavo marginale (derivata di PQ rispetto a Q) è MR = A/B – 2 x Q/B Poichè A = Q +B x P, Il ricavo marginale MR è riscrivibile come: MR = P – Q/B o P – MR = Q/B (6-2) • Quando Q = 0, MR=P; al crescere di Q, la differenza tra P e MR aumenta. Quando B=infinito P=MR (concorrenza perfetta); la distanza tra P e MR cresce al diminuire di B (pendenza della curva di domanda) • Costi medi e marginali – Il costo medio (AC) è il costo totale diviso per la quantità prodotta – Il costo marginale (MC) è il costo sostenuto dall’impresa per produrre un’unità addizionale Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-13 La teoria della concorrenza imperfetta – Quando i costi medi sono decrescenti nell’output vul dire che ci sono economie di scala: quanto più si produce tanto minore è il costo per unità di output, – Con costi medi decrescenti, il costo marginale è sempre inferiore al costo medio. – Supponiamo che i costi, C, di un’impresa assumano la forma : C=F+cxQ (6-3) – Questa è una funzione di costo lineare, con una parte fissa (F) e una parte variabile (c x Q) in funzione della quantità prodotta – Il costo fisso in una funzione di costo lineare determina l’emergere di economia di scala: quanto più si produce, aumento di Q, tanto più si riduce il costo per unità di output – c è il costo marginale – Il costo medio dell’impresa è dato da: AC = C/Q = F/Q + c (6-4) si riduce all’aumentare di Q; il costo marginale c è inferiore (si trova sotto) al costo Slide 6-14 medio AC Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 La teoria della concorrenza imperfetta Figura 6-2: costi medi versus costi marginali Costi per unità 6 5 4 3 2 Costi medi 1 Costi marginali 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 Output Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-15 La teoria della concorrenza imperfetta La massimizzazione del profitto per il monopolista si ha con una produzione in corrispondenza della quale il ricavo marginale uguaglia il costo marginale. In questo punto il prezzo supera il costo medio e l’impresa guadagna profitti di monopolio (extra-profitti) MR = costo marginale: P – Q/B = c; P=Q/B + c In situazione di monopolio, gli extra-profitti persistono nel lungo periodo (nessun concorrente può contenderli) Il monopolio puro è un caso particolare; normalmente gli extraprofitti attraggono concorrenti; altre strutture di mercato prevedono questa possibilità: oligopolio e conocrrenza monopolistica Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-16 La teoria della concorrenza imperfetta Figura 6-1: fissazione del prezzo e decisioni di produzione del monopolista Costo, C, e prezzo, P Profitti del monopolista PM AC AC MC D MR QM Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Quantità, Q Slide 6-17 La teoria della concorrenza imperfetta Oligopolio – Economie di scala interne generano una struttura di mercato oligopolistica – Ci sono molteplici imprese, ognuna delle quali è abbastanza grande da influenzare i prezzi, ma nessuna gode di un monopolio incontestato – Le interazioni strategiche tra oligopolisti sono rilevanti e complicano notevolmente l’analisi – Ogni impresa decide le sue azioni, tenendo presente non solo la risposta dei consumatori, ma anche come tale decisione possa influenzare le azioni della rivale: interdipendenza delle decisioni e comportamenti strategici, collusivi o meno, rendono l’analisi molto complessa Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-18 La teoria della concorrenza imperfetta • Concorrenza monopolistica – Caso particolare di oligopolio che consente una notevole semplificazione dell’analisi – Due assunzioni centrali hanno lo scopo di aggirare il problema dell’interdipendenza: – Si assume che ogni impresa sia in grado di differenziare i suoi prodotti dalle rivali; ciò comporta che ciascuna impresa goda di un certo potere di monopolio nel suo particolare prodotto ed è quindi in una certa misura isolata dai competitori – Si assume che ogni impresa consideri come dati i prezzi praticati dalle rivali; essa quindi ignora l’impatto che la sua politica di prezzo potrà avere sulle politiche di prezzo delle altre imprese; quindi anche se ciascuna impresa si confornta con dei competitori essa si comporta come una monopolista Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-19 La teoria della concorrenza imperfetta • Esistono settori di concorrenza monopolistica nel mondo reale? – Alcune industrie costituiscono delle ragionevoli approssimazioni (ad esempio, il settore automobilistico in Europa) – Il pregio fondamentale del modello di concorrenza monopolistica non è il realismo, ma la semplicità che consente di studiare i meccanismi che governano la specializzazione con economie di scala. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-20 La teoria della concorrenza imperfetta • Assunzioni del modello – Immaginiamo un’industria costituita da un certo numero di imprese; ciascuna impresa produce un bene differenziato dalle altre – In generale ci si può attendere che un’impresa: – venderà di più, quanto maggiore è la domanda complessiva che si rivolge al settore di cui fa parte l’impresa e quanto maggiore è il prezzo praticato dalle altre imprese rivali presenti nell’industria – venderà di meno, quanto maggiore è il numero di imprese presenti nel settore e quanto maggiore è il prezzo da essa stessa praticato Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-21 La teoria della concorrenza imperfetta – Una particolare funzione di domanda con queste proprietà è: Q = S x [1/n – b x (P – P)] (6-5) in cui: – Q rappresenta le vendite dell’impresa – S rappresenta le vendite totali di settore – n è il numero di imprese presenti nel settore – b è un termine costante che rappresenta la sensibilità delle vendite di un’impresa al prezzo da essa praticato – P è il prezzo praticato dall’impresa stessa –P è il prezzo medio praticato dalle imprese rivali Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-22 La teoria della concorrenza imperfetta • Equilibrio di mercato – Un’impresa che pratica un prezzo uguale a quello medio dell’industria avrà domanda per il suo prodotto pari a 1/n x S (la domanda che si rivolge all’industria diviso il numero delle imprese); la domanda che si rivolge alla singola impresa sarà inferiore o maggiore di 1/n x S a seconda che il prezzo praticato dall’impresa è superiore o maggiore a quello medio dell’industria – Per semplicità si assume che le vendite totali dell’industria, pari a S, non siano influenzate dal prezzo medio praticato nell’industria; quindi ciascuna imporesa può guadagnare clienti solo a spese delle altre imprese presenti in quell’industria (non da altre industrie; ne deriva che S è una misura dell’ampiezza “data” del mercato – Tutte le imprese presenti nel settore sono simmetriche – Funzione di domanda e funzione di costo sono identiche per tutte le imprese; ipotesi semplificatrice che consente di “ridurre” la descrizione dell’industria alla determinazione del numero di imprese e del prezzo medio (uguale per tutte) – Il metodo per la determinazione del numero di imprese e del prezzo medio praticato prevede tre passaggi: – deriviamo la relazione di dipendenza tra numero di imprese e costo medio dell’impresa rappresentativa – deriviamo la relazione di dipendenza tra numero d’imprese e prezzo praticato da ogni impresa Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-23 – deriviamo il numero d’imprese di equilibrio ed il prezzo medio praticato La teoria della concorrenza imperfetta • Numero di imprese e costo medio – Qual è la relazione di dipendenza tra numero d’imprese e costo medio? – Data la simmetria,P = P, l’equazione (6-5) implica Q = S/n e l’equazione (6-4) mostra che il costo medio dipende inversamente dal livello di produzione di un’impresa. – Concludiamo che il costo medio dipende dalle dimensioni di mercato e dal numero d’imprese nel settore: AC = F/Q + c = n x F/S + c (6-6) – Maggiore è il numero d’imprese, maggiore è il costo medio (perchè quanto più imprese ci sono, tanto meno ciascuna di esse produce) Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-24 La teoria della concorrenza imperfetta • Il numero di imprese e prezzo – Il prezzo praticato dall’impresa rappresentativa dipende dal numero di imprese presenti nel settore – Maggiore è il numero di imprese, maggiore è la concorrenza e quindi minore è il prezzo – Nel modello di concorrenza monopolistica, si assume che le imprese considerino il prezzo praticato dalle rivali come dato – Se ogni impresa tratta il prezzo delle altre come dato, possiamo riscrivere la curva di domanda (6-5) nella forma: Q = (S/n + S x b x P) – S x b x P (6-7) Il termine in parentesi è una costante, il termine S x b indica come varia la domanda al variare del prezzo Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-25 La teoria della concorrenza imperfetta – Imprese che massimizzano i profitti fissano il ricavo marginale pari al loro costo marginale, c – Ciò determina una relazione negativa tra prezzo e numero di imprese presenti sul mercato, data dalla curva PP: P = c + 1/(b x n) (6-10) – Maggiore è il numero di imprese presenti nel settore, minore è il prezzo praticato da ogni singola impresa Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-26 La teoria della concorrenza imperfetta Figura 6-3: l’equilibrio in un mercato di concorrenza monopolistica Costo C, e prezzo, P CC AC3 P1 E P2, AC2 AC1 P3 PP n1 Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 n2 n3 Numero di imprese, n Slide 6-27 La teoria della concorrenza imperfetta • Numero di imprese di equilibrio – La curva decrescente PP mostra che maggiore è il numero di imprese, minore è il prezzo praticato dalla singola impresa – Maggiore è il numero di imprese, più intensa è la concorrenza subita dalla singola impresa – La curva crescente CC mostra che maggiore è il numero di imprese, maggiore è il costo medio di ogni impresa – Se aumenta il numero di imprese, ogni impresa vende meno per cui non è in grado di ridurre molto i suoi costi medi – Le due curve si intersecano in E con n2 imprese; n2 rappresenta il numero di imprese nell’industria cui corrisponde un profitto zero; cioè quando si hanno n2 imprese il prezzo che massimizza il loro profitto, P2, è esattamente uguale al loro costo medio. Questa è una posizione di equilibrio: se si hanno n1 imprese P1>AC1, ci sono exra-profitti; l’opposto avviene quando il numero di imprese è n3 Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-28 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Il modello di concorrenza monopolistica può essere impiegato per mostrare come il commercio internazionale conduca a: • un prezzo medio inferiore, grazie alle economie di scala • la disponibilità di una maggiore varietà di beni a causa della differenziazione di prodotto • importazioni ed esportazioni all’interno dello stesso settore (commercio intra-industriale) Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-29 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Effetti dell’aumento delle dimensioni di mercato • Il numero di imprese ed il prezzo praticato nel settore di • • • • concorrenza monopolistica sono influenzati dalle dimensioni del mercato Per vedere gli effetti del commercio internazionale si consideri la relazione CC (tra costo medio per l’impresa e numero di imprese) AC=F/Q + c= (F x n)/S + c L’integrazione internazionale comporta l’aumento di S con conseguente riduzione del costo medio per ogni dato numero di imprese n: si sposta a destra la CC La relazione PP, data da P= c +1/(b x n) non ha motivo di spostarsi nel piano Nuovo equilibrio in corrispondenza di : 1) più bassi costi medi; 2) maggior numero di imprese (e quindi di varietà di prodotto) Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-30 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Figura 6-4: effetti di ampliamento del mercato Costo, C, e prezzo, P CC1 CC2 1 P1 2 P2 PP n1 Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 n2 Numero di imprese, n Slide 6-31 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale I vantaggi di un mercato integrato: un esempio numerico • Il commercio internazionale consente la creazione di un mercato integrato che è più vasto dei singoli mercati domestici. – Diventa quindi possibile offrire ai consumatori una maggiore varietà di prodotti a prezzi inferiori. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-32 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale • Esempio: supponiamo che le automobili siano prodotte in condizioni di concorrenza monopolistica. – Assumiamo: – – – – b = 1/30.000 F = 750.000.000 $ c = 5.000 $ ci sono due paesi (Home H e Foreign F) che presentano gli stessi costi nella produzione di automobili – le vendite annuali di automobili sono 900.000 in H e 1,6 milioni in F Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-33 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Figura 6-5: equilibrio nel mercato delle automobili Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-34 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Figura 6-5: continua Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-35 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Figura 6-5: continua Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-36 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Tabella 6-2: esempio ipotetico dei vantaggi dall’integrazione dei mercati Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-37 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Economie di scala e vantaggi comparati • Assunzioni: – ci sono due paesi: A (relativamente abbondante in capitale) e B (relativamente abbondante di lavoro) – esistono due settori: manufatti (settore intensivo di capitale) e cibo (settore intensivo di lavoro) – nessun paese è in grado di produrre autonomamente l’intera gamma di beni manufatti a causa della presenza di economie di scala Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-38 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Figura 6-6: il commercio internazionale in assenza di rendimenti crescenti A (abbondante in capitale) Manufatti Cibo B (abbondante in lavoro) Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-39 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale • Se quello dei manufatti fosse un settore di concorrenza monopolistica, allora il commercio internazionale sarebbe formato da due componenti: – commercio intra-industriale – lo scambio di manufatti contro manufatti – commercio inter-industriale – lo scambio di manufatti contro beni alimentari Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-40 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Figura 6-7: il commercio internazionale con rendimenti crescenti e concorrenza monopolistica A (abbondante in capitale) Manufatti B (abbondante in lavoro) Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Cibo Commercio inter-industriale Commercio intra-industriale Slide 6-41 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale • Differenze principali tra commercio inter-industriale e intra-industriale: – il commercio inter-industriale riflette i vantaggi comparati, al contrario del commercio intra-industriale – la struttura del commercio intra-industriale non è prevedibile, mentre quella del commercio interindustriale è determinata dalle differenze tra paesi – l’importanza relativa di commercio intra- e interindustriale dipende da quanto sono simili i paesi Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-42 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale La rilevanza del commercio intra-industriale • Circa un quarto del commercio mondiale è di tipo intra-industriale. • Il commercio intra-industriale gioca un ruolo particolarmente importante nel commercio di beni manufatti tra paesi industrializzati, che rappresenta la componente predominante del commercio mondiale. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-43 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Tabella 6-3: indici del commercio intra-industriale per alcuni settori degli Stati Uniti, 1993 Chimica inorganica 0,99 Macchine generatrici d’energia 0,97 Meccanica elettrica 0,96 Chimica organica 0,91 Prodotti medicinali e farmaceutici 0,86 Macchine per l’ufficio 0,81 Telecomunicazioni 0,69 Veicoli su strada 0,65 Ferro e acciaio 0,43 Abbigliamento e accessori 0,27 Calzature 0,00 Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-44 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Tabella 6-4: indici del commercio intra-industriale per alcuni macro-settori e aree geografiche della Unione Europea – 1999 Beni manufatti Beni intensivi di capitale Beni intensivi di lavoro Beni intensivi di minerali Beni intensivi di agric. Stati Uniti 0.70 0.72 0.57 0.44 0.31 Giappone NIEs 0.40 0.40 0.34 0.49 0.07 0.50 0.51 0.46 0.39 0.24 ASEAN6 America Latina 0.34 0.48 0.35 0.53 0.40 0.22 0.22 0.38 0.16 0.18 Africa 0.27 0.26 0.33 0.14 0.29 Note: l’indicatore è stato calcolato a partire da una disaggregazione settoriale pari alle 3 cifre della classificazione SITC. NIEs = Newly Industrializing Economies (Hong Kong, Singapore, South Korea, Taiwan) ASEAN6 = sei paesi dell’Association of South-East Asian Nations (Brunei, Indonesia, Malaysia, Philippines, Singapore, Thailand). Fonte: NAPES http://napes.anu.edu.au/ Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-45 Concorrenza monopolistica e commercio internazionale Perché il commercio intra-industriale è rilevante • Il commercio intra-industriale consente ai paesi di avvantaggiarsi di mercati più vasti. – Lo studio del caso del North American Auto Pact (1964) indica che i vantaggi della creazione di un settore integrato tra due paesi possono essere sostanziali. • I vantaggi del commercio intra-industriale sono rilevanti quando le economie di scala sono intense e i prodotti altamente differenziati. – Per esempio, beni manufatti sofisticati. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-46 Dumping La teoria economica del dumping • Discriminazione di prezzo – La pratica di applicare prezzi differenziati in base al cliente che deve pagare • Dumping – La forma più comune di discriminazione di prezzo nell’ambito del commercio internazionale – Pratica secondo cui un’impresa vende i propri prodotti sui mercati esteri ad un prezzo più basso che sul mercato domestico Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-47 Dumping – E’ una della questioni di politica commerciale più controverse ed è spesso considerata come una pratica sleale. – Esempio: fino all’Aprile 2002, gli Stati Uniti applicavano misure anti-dumping su 265 prodotti provenienti da 40 paesi diversi • Il dumping può avere luogo solo se sono rispettate due condizioni: – settore di concorrenza imperfetta, sicchè le imprese hanno un certo potere di fissazione dei prezzi anzichè prenderli come dati – mercati interni ed esteri segmentati, talchè i residenti nazionali non possono acquistare a prezzi più convenienti i beni sul mercato estero • Date queste condizioni, un’impresa monopolistica può trovare conveniente praticare il dumping Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-48 Dumping • La scelta di praticare il dumping deriva dal fatto che l’impresa detiene normalmente quote più ampie sul mercato domestico che in quello estero. Ciò fa sì che l’elasticità al prezzo è più elevata sul mercato di esportazione che su quello interno. L’impresa può accrescere le proprie esportazioni abbassando il prezzo in una misura inferiore a quanto dovrebbe fare se volesse incrmentare le vendite interne. Le imprese hanno un minore potere di monopolio sul mercato estero e, quindi, un maggiore incentivo a tenere I prezzi all’eatero più bassi di quelli interni • Caso estremo: curva di domanda estera perfettamente elastica (da concorrenza perfetta) Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-49 Dumping Figura 6-8: Dumping Costo, C, e prezzo, P PDOM 3 MC PFOR 1 2 DFOR = MRFOR DDOM MRDOM QDOM QMONOPOLY Quantità prodotte e domandate, Q Vendite domestiche Esportazioni Produzione totale Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-50 Dumping Notazioni: • Il dumping non è una pratica priva di logica economica, se ci sono le condizioni (concorrenza imperfetta e segmentazione die mercati) che lo consentono • Essa è però vista in modo molto negativo; i paesi (USA; UE) adottano misure anti-dumping, applicando alle importazioni una tassa pari alla differenza tra il prezzo effettivo praticato dall’esportatore e quello che viene giudicato un prezzo “giusto”; ques’ultimo, in mancanza di infromazioni adeguate, viene calcolato molte volte in modo arbitrario Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-51 Dumping Dumping reciproco • Un monpolista nel paese H, uno nel paese F producono beni identici; hanno lo stesso costo marginale; fissano lo stesso prezzo; non c’è motivo di scambio • Se c’è possibilità di dumping, ogni impresa limita la quantità venduta nel mercato nazionale e sposta le vendite su quello estero abbassandovi il prezzo rispetto a quanto praticato all’interno • Ogni impresa ha un incentivo a “saccheggiare” l’altro mercato, vendendo una quantità limitata a un prezzo più basso di quello nazionale, ma ancora superiore al costo marginale; tutto ciò genera flussi di commercio intraindustriale dello stesso bene nelle due direzioni • Aumenta il volume di scambi in beni che non sono perfettamente identici • Il suo effetto netto di benessere è ambiguo: – spreca risorse nel trasporto (effetto negativo) – genera una certa concorrenza (effetto positivo) Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-52 La teoria delle economie esterne Economie interne di scala: costo medio di produzione diminuisce al crescere della dimensione dell’azionda, indipendentemente dalla dimensione dell’industria Economi esterne di scala: costo medio di produzione diminuisce al crescere della dimensione dell’industria, anche se le singole aziende che compongono l’industria rìmangono piccole Economie esterne si hanno quando molte piccole aziende si concentrano, si agglomerano in un luogo. Ci sono tre ragioni principali per cui un gruppo di imprese geograficamente concentrate può essere più efficiente di un’impresa isolata: • fornitori specializzati • concentrazione del mercato del lavoro • spillover di conoscenza Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-53 La teoria delle economie esterne Fornitori specializzati • In molti settori, la produzione di beni e servizi e lo sviluppo di nuovi prodotti richiedono l’impiego di macchinari e servizi specializzati. • Un’impresa singola non costituisce un mercato sufficientemente ampio da garantire la profittabilità di un fornitore specializzato. – Un gruppo localizzato di imprese può risolvere questo problema, in quanto la presenza di numerose imprese crea un mercato sufficientemente ampio da incentivare la presenza di una vasta gamma di fornitori specializzati. – Il fenomeno è stato largamente documentato per il settore dei semi-conduttori a Silicon Valley. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-54 La teoria delle economie esterne Concentrazione del mercato del lavoro • Un distretto di imprese può generare una concentrazione del mercato del lavoro specializzato. • Ciò costituisce un vantaggio per: – produttori – corrono meno rischi di soffrire la carenza di manodopera specializzata – lavoratori – corrono meno rischi di rimanere disoccupati • Ulteriore vantaggio: coesione sociale e benefici che derivano da un ambiente fortemente omogeneo (distretti italiani) Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-55 La teoria delle economie esterne Spillover di conoscenza • La conoscenza è uno dei fattori produttivi più rilevanti nei settori altamente innovativi. • La conoscenza specializzata, cruciale per il successo in settori innovativi, deriva da: – ricerca e sviluppo – reverse engineering – scambio informale di informazioni e idee Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-56 La teoria delle economie esterne Esempi svariati di concentrazioni con economie esterne di scala • Silicon Valley, agglomerazione di imprese produttrici di • • • • • • semiconduttiri Route 128, Boston Massaschussets agglomerazione di imprese ad alta tecnologia Distretti industriali italiani: concentrazione di piccole imprese altamente competitive a Sassuolo (ceramiche), Prato (seta), Biella (lana) Storia di Dalton in Georgia: rete di aziende sparse nel raggio di 40 chilometri produce quasi il 90 per cento di tutta la moquette venduta nel mondo Svizzera che produce orologi Concentrazioni finanziarie di Londra e New York Industria cinematografica concentrata a Hollywood Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-57 La teoria delle economie esterne Economie esterne e rendimenti crescenti • Le economie esterne possono generare rendimenti crescenti di scala a livello dell’industria nazionale • Curva di offerta inclinata negativamente – Maggiore è la produzione a livello di settore, minore è il prezzo che le imprese desiderano applicare. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-58 La teoria delle economie esterne Economie esterne e struttura dei flussi commerciali • Un paese che possiede una vasta produzione in un determinato settore tenderà ad avere bassi costi di produzione; I costi bassi incoraggiano la concentrazione della produzione in quel paese; ciò abbassa ulteriormente i costi per l’esistenza di economie esterne di scala. Circolarità, meccanismo che si autorafforza; economi esterne di scala tendono a cristallizzare (confermare) l’esistente, qualunque ne sia la causa iniziale • I paesi che, per qualsiasi ragione, iniziano come grandi produttori in certi settori tendono a rimanere grandi produttori anche se poi appaino altri paesi che potenzialmente sono in grado di produrre quegli stessi beni a costi inferiori: ruolo dell’accidente storico che determina il sentiero successivo – La Figura 6-9 illustra un caso in cui la struttura di specializzazione stabilita da un accidente storico è persistente Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-59 Economie esterne e commercio internazionale Figura 6-9: economie esterne e specializzazione Prezzo, costo (per orologio) C0 P1 1 ACSWISS 2 ACTHAI D Q1 Quantità prodotta e domandata di orologi Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-60 Economie esterne e commercio internazionale Commercio internazionale e benessere in presenza di economie esterne • Il commercio estero basato sulle economie esterne ha effetti sul benessere nazionale più ambigui del commercio estero basato sui vantaggi comparati o sulle economie di scala interne – Nella Figura 6-10 è mostrato un esempio di come un paese possa trovarsi in condizioni peggiori in presenza di commercio che non in sua assenza. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-61 Economie esterne e commercio internazionale Figura 6-10: caso in cui con le economie esterne c’è un incentivo alla chiusura commerciale ad adottare misure protettive a favore dell’industia nazionale Prezzo, costo (per orologio) C0 1 P1 P2 ACSWISS 2 ACTHAI DTHAI DWORLD Quantità domandata e prodotta di orologi Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-62 Economie esterne e commercio internazionale Rendimenti dinamici crescenti: una forma molto importante di rendimenti di economie esterne di scla deriva dall’accumulazione di conoscenza, attraverso l’accumulo di esperienza • Curva di apprendimento • • • – Pone in relazione i costi unitari con la produzione cumulata nel tempo (non con la dimensione delal produzione in un determinato istante, come nelle economie esterni di tipo statico) – E’ decrescente per l’effetto sui costi dell’esperienza guadagnata attraverso la produzione Rendimenti dinamici crescenti – Caso in cui i costi decrescono con la produzione cumulata nel tempo, invece che con il livello corrente di produzione Rendimenti dinamici crescenti: comportano lock-in di un vantaggio comparato iniziale; la specializzazione permane anche quando è venuto meno il vantaggio iniziale Economie di scala dinamiche giustificano il protezionismo. – La protezione temporanea di un settore consente di acquisire esperienza (argomento dell’industria nascente). Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-63 Economie esterne e commercio internazionale Figura 6-11: la curva di apprendimento Costo unitario C*0 Rendimenti dinamici crescenti C1 L L* QL Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Produzione cumulata Slide 6-64 Economie esterne e fenomeni di lock-in Le economie esterne (statiche e dinamiche) danno quindi lugo ai cosiddetti fenomeni di lock-in: un evento iniziale (cusato da effettivo vantaggio comparato o da un del tutto arbitrario accidente storico) si perpetua, attraverso meccanismi di rafforzamente cumulativo (positive feedback), dando luogo a esiti irreversibili (anche se è venuta meno la causa iniziale li ha provocati) Esempio di QWERTY(UIOP): un esito non più giustificato, ma che permane Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-65 Sommario Il commercio internazionale può derivare dalla presenza di rendimenti crescenti o di economie di scala, cioè dalla tendenza dei costi unitari a decrescere all’aumentare della scala di produzione. Le economie di scala possono essere interne o esterne. La presenza di economie di scala determina la rottura delle condizione di concorrenza perfetta. Il commercio internazionale in presenza di economie di scala deve essere analizzata mediante modelli di concorrenza imperfetta. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-66 Sommario In concorrenza monopolistica, un settore presenta un certo numero di imprese che producono beni differenziati. Il commercio intra-industriale avvantaggia i consumatori mediante la disponibilità di una gamma più ampia di prodotti e ad un prezzo inferiore. In generale, il commercio internazionale può essere scomposto in due tipologie: • commercio bi-direzionale in beni differenziati all’interno • di uno stesso settore (commercio intra-settoriale). commercio nel quale i beni di un settore vengono scambiati con quelli di un altro settore (commercio interindustriale). Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-67 Sommario Il dumping ha luogo quando un’impresa pratica sui mercati esteri un prezzo inferiore a quello praticato sul mercato domestico. Il dumping può avere luogo solo se sono rispettate due condizioni: • il settore deve essere imperfettamente concorrenziale • i mercati devono essere segmentati Economie di scala esterne rendono importante il ruolo di storia e accidenti nella determinazione della struttura dei flussi commerciali. Quando le economie esterne sono rilevanti, i paesi possono anche risultare danneggiati dal commercio internazionale. Copyright © ULRICO HOEPLI EDITORE S.p.A. 2003 Slide 6-68