L’INTERVISTA La politica fra gioventù, esperienza e tante StoriAE da raccontare Nicola Pini presidente di un’associazione universitaria patrocinata da J-F. Bergier Pietro Filippini 5 novembre 2008: è storia. Certamente è storia perché è passato, perché è successo, ma anche perché qualcosa di davvero storico è successo. Successo cosa? Forse di primo acchito non ci si ricorda la data precisa, ma quel fatidico giorno Barack Hussein Obama è diventato il primo presidente di colore degli Stati Uniti d’America. E fin qui, nessuna novità. Eppure lo stesso giorno pure a Losanna si è scritta una pagina di storia, proprio nel vero senso del termine. Il 5 novembre Nicola Pini. L’associazione parte già con il “peso” di una data così importante. Quali sono gli obiettivi di StoriAE? Si può dire che il 5 novembre 2008 sia stato il giorno del trionfo delle minoranze: un afro-americano alla testa degli Stati Uniti e allo stesso tempo – con le dovute proporzioni, naturalmente – un ticinese alla testa di un’associazione studentesca in terra vodese, in barba al mito che vuole i ticinesi sempre e solo fra di loro... L’associazione ha principalmente tre scopi: tessere una ragnatela di legami tra gli studenti, gli assistenti e i professori attraverso l’organizzazione di aperitivi, cene, tavole rotonde e conferenze; legami da estendere, possibilmente, pure ad altre categorie professionali (ricercatori, giornalisti, insegnanti) in quanto la storia è un mestiere, certo, ma la professione bisogna “trovarsela”, se non addirittura “crearsela”. Il secondo obiettivo, non meno importante, è quello di partecipare al consiglio di sezione dell’unità di storia per difendere i diritti degli studenti e inoltrare determinate rivendicazioni. L’ultimo punto si basa sulla promozione della “égalité des chances” fra uomini e donne all’interno dell’università. Dopo la “storica” assemblea costituente del 5 novembre, il l8 dicembre c’è stata la prima conferenza organizzata dall’associazione. Ospite d’onore – nonché padrino dell’associazione –, Jean-Francois Bergier. Come mai la scelta è caduta su questo personaggio molto noto soprattutto in Svizzera? Perché – penso di poterlo affermare serenamente – è lo storico svizzero per eccellenza. Conosciutissimo in Svizzera per aver presieduto la commissione indipendente di esperti sulla seconda guerra mondiale, Bergier gode di un certo prestigio pure a livello internazionale: è stato, ad Lo storico Jean-Francois Bergier 2008 il ticinese Nicola Pini è diventato presidente della prima associazione di studenti di storia dell’università vodese, denominata StoriAE (con “AE” che sta per “Association des Étudiants” e si pronuncia “Storie” oppure “Storiae” a dipendenza delle preferenze latine). Nicola Pini oltre ai suoi studi di master in storia, è impegnato politicamente come vicepresidente dei Giovani Liberali Radicali Ticinesi e membro del comitato direttivo dei giovani a livello svizzero. all’incirca mezzo migliaio di asilanti che dovevano essere rinviati nei loro paesi. Come scordarsi, inoltre, il suo contributo, attraverso un agile libretto, alla discussione sulla votazione del 1992 riguardante il rapporto tra Svizzera ed Europa… Nicola Pini, neopresidente StoriAE, prima associazione degli studenti di storia a Losanna esempio, presidente dell’associazione internazionale di storia economica. È inoltre un ricercatore trasversale che, fedele al concetto di “lunga durata” forgiato dal suo maestro Fernand Braudel, con i suoi studi ha attraversato le varie epoche storiche (medievale, moderna e contemporanea). Queste sono le ragioni ufficiali, mentre per quelle “ufficiose” non posso nascondere la grande ammirazione personale verso di lui e forse – anche se non potrei dirlo – la volontà da Perché questo atteggiamento distaccato da parte dei politici? Non mi sembra che Bergier abbia mai dato una vera risposta, anche se in un’intervista ipotizzò che sia mancato l’interesse della classe politica, stufata dall’argomento e, forse, impaurita da eventuali ripercussioni sull’immagine mitica della Svizzera durante il secondo conflitto mondiale. Non alla popolazione ma al politico, dunque, si manifestò una certa paura di riaprire una ferita come quella dello scandalo La storia non è solo una scienza dell’erudizione fine a se stessa, ma un utile mezzo al servizio del presente parte di un liberale-radicale di spostare un po’ più al centro la sezione di storia di Losanna, molto profilata a sinistra. Si è accennato alla celebre commissione Bergier. Lui stesso durante la conferenza si è detto parecchio deluso per le reazioni dei politici per come è stato preso in considerazione questo rapporto. Mi è infatti parso di scorrere una certa tristezza nella sua voce quando affermava che il rapporto pubblicato nel 2002 ha dato luogo a un certo dibattito pubblico e scientifico, ma non ha portato a una discussione politica: le camere hanno infatti rifiutato di discutere i risultati nell’ambito di una seduta plenaria. Quando si è portato al consiglio federale il rapporto, inoltre, nessun ministro ha voluto chinarsi approfonditamente su di esso; solo Ruth Dreifuss – sua vecchia studentessa, peraltro – l’ha preso come “lettura estiva”. Una certa indifferenza del mondo politico, dunque, che ha causato una triste amarezza a Bergier e a tutti i membri della commissione. sull’oro nazista, richiusa con il risarcimento delle banche. Personalmente metterei l’accento sulla tempistica differente: il lavoro minuzioso dello storico ha richiesto anni di lavoro, mentre nel mondo politico, dissoltosi il polverone iniziale, forse non si è poi più sentito il bisogno di “pulire” la coscienza della Svizzera, temendo la riapertura del proverbiale “vaso di pandora”. Con la nomina di presidente della commissione che ha redatto il rapporto, e non essendo un politico, si può dire che Bergier sia l’esempio di un ruolo sociale che uno storico può ricoprire nella vita politica. Bergier è un caso esemplare dell’utilità dello storico e, più in generale, della storia nella vita politica. Non solo per la nomina alla presidenza della commissione, giunta un po’ a sorpresa non essendo uno specialista del periodo, ma soprattutto per gli interventi su altri temi, anche attuali, come quello della politica d’asilo nel canton Vaud che l’ha visto impegnarsi per aiutare Uno storico che interviene su un tema come quello dell’Europa: come ha motivato la sua idea che la Svizzera faccia sostanzialmente già parte dell’Europa? Secondo Bergier – un ricercatore della lunga durata che ha lavorato soprattutto sulla storia delle alpi – è storicamente impossibile staccare la Svizzera dal contesto europeo: da un punto di vista strettamente storico, infatti, la Svizzera si è formata grazie, con e nell’Europa. Ha deciso di impegnarsi per la lotta in favore all’adesione allo spazio economico europeo nel 1992 perchè gli sembrava che le motivazioni sia a favore sia contro fossero decisamente a corto raggio, a corto termine; riteneva che le argomentazioni fondamentali non erano formulate sulla lunga durata, non erano state proiettate in avanti e quindi ha voluto partecipare dando il suo contributo da storico, quindi con delle motivazioni prese da un’altra angolazione. Per tornare a Nicola Pini, studente universitario e politico in erba. La storia dove si situa nel contesto politico? La storia non è solo una scienza dell’erudizione fine a se stessa, ma un utile mezzo al servizio del presente. La prima cosa che s’insegna all’università è che la storia è il passato rapportato al presente: credo che Bergier sia un esempio brillante del ruolo dello storico che porta elementi complementari per facilitare e in qualche modo suggerire una scelta che può essere anche politica. In breve, credo che ogni ricerca storica sia un servizio alla società. D’altronde, come mi ripete sempre una cara persona, ”chi non consoce la storia è condannato a ripeterla”! Opinione Liberale venerdì 13 febbraio 2009 9 Rapporto Bergier: la vittoria del silenzio Fulvio Pelli. Quale fu la reazione da Berna alla presentazione del rapporto? Bergier si è detto piuttosto deluso per la “non-reazione” dei politici, come spiega questo atteggiamento? Il cosiddetto “rapporto Bergier”, pubblicato nel 2002, ha ricostruito i rapporti della Svizzera con il nazionalsocialismo tedesco mettendo in evidenza un pezzo di storia del nostro paese che non le fa molto onore. Esso ha permesso di fare chiarezza su fatti in quegli anni oggetto di aspre critiche interne ed internazionali, non sempre oggettive. In tal senso ha permesso di globalmente ridimensionare la portata degli errori commessi dalla politica e dall’economia svizzera negli anni trenta e quaranta, ma li ha naturalmente anche confermati per quello che oggettivamente furono. Rilevo in particolare le constatazioni relative alla non indispensabile stretta collaborazione economica con la Germania nazista ed alla caratterizzazione antisemita della politica d’asilo impostata dal Dipartimento federale di Giustizia e Polizia. Faccio parte dei pochi politici che si sono occupati intensamente del voluminoso rapporto Bergier, studiandolo e riferendone in alcune occasioni pubbliche: ricordo una volta a Lugano ed un’altra al salone del libro di Torino, sempre alla presenza dell’autore e accanto a personalità del mondo della cultura. La gran parte del mondo politico reagì allora alle ricostruzioni del rapporto in modo emotivo: la destra nazionalista difendendo acriticamente la memoria dei protagonisti di quel difficile periodo storico ed il buon nome del nostro paese, la sinistra invece attaccando i personaggi e le aziende di allora, in particolare le banche, quasi non fossero trascorsi quei cinquant’anni che dividono i fatti di attualità da quelli di competenza della Storia. Molti politici tacquero, disinteressandosi oppure confidando che il silenzio potesse cancellare quei fatti spiacevoli. Forse sono questi ultimi ad averla spuntata: nuove attualità hanno fatto presto dimenticare il rapporto Bergier e con esso la Storia. Ma essa non può essere cancellata: per nostra fortuna rimane viva nel tempo e a disposizione quale insegnamento per le nuove generazioni.