Anteprima Estratta dall' Appunto di Storia
contemporanea
Università : Università La Sapienza
Facoltà : Sc.Comunicazione
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COLORE = INIZIO COLORE = FINALITA’ COLORE = CONCLUSIONE INTRODUZIONE om
Il Partito comunista italiano è sempre stato una presenza costante e determinante nella storia di Italia del XX secolo. Dal momento della sua nascita e fino alla sua scomparsa infatti il Pci è stato un Partito che, nel bene o nel male, ha lasciato il segno in tutti i maggiori avvenimenti della storia italiana. Durante il Fascismo è stato l’unico partito ad essere presente clandestinamente in Italia e a cercare di opporsi, seppure con mezzi molto limitati, ad un Regime che altrimenti, dentro i confini nazionali, sarebbe stato incontrastato. Inoltre non può essere messo in discussione da nessuno il ruolo egemone del Pci sulle altre forze antifasciste durante la Resistenza. Ed infine, per oltre quaranta anni il Pci e la Dc sono stati i protagonisti principali di quella democrazia italiana che, sebbene con ruoli diversi, hanno contribuito entrambi a fondare e a far crescere. AB
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Il 21 gennaio del 1921 nel teatro S.Marco di Livorno nacque il Partito Comunista d’Italia sezione italiana della III Internazionale. Il luogo che avrebbe dato i natali a quello che in futuro sarebbe diventato il più grande ed importante partito comunista dell’Europa occidentale, era stato utilizzato durante la guerra appena conclusa come deposito e si presentava, come ricordò Terracini, come un luogo angusto, senza luce, privo di sedie e di panche, con finestre senza vetri ed il tetto sfondato. Coloro che costituirono il Pci furono una minoranza dei delegati del XVII Congresso del Psi, che si tenne in quei giorni a Livorno in un altro teatro, il Goldoni. Il Congresso socialista aveva appena rifiutato, con solo un quarto di voti contrari, come previsto nelle 21 condizioni per l’adesione all’Internazionale Comunista, di espellere i membri della corrente riformista del Partito. La minoranza, che rappresentava 58.783 iscritti su 216.337, e che abbandonò il Goldoni riunendosi al S.Marco, era costituita dal gruppo “astensionista” che faceva capo a Bordiga, futuro primo leader del nuovo Partito, dal gruppo dell’Ordine Nuovo[3] di Gramsci, Togliatti, Terracini e Tasca, dalla corrente massimalista di Marabini e Graziadei e dalla stragrande maggioranza della Federazione giovanile socialista (Fgs)[4]. Questi gruppi oltre a dichiarare la nascita del nuovo partito elessero anche un primo Comitato Centrale[5], nel quale erano ben visibili i rapporti di forze interni. Le cause che provocarono la scissione del Psi vanno ricercate in primo luogo oltre i confini italiani. Infatti erano diventate fortissime le pressioni del nuovo centro mondiale della politica comunista, la Terza Internazionale, che era nata a Mosca nel 1919 e che, essendo certa della possibilità di esportare in tutta Europa il proprio modello vincente, con le 21 condizioni che poneva per l’adesione alla stessa, chiedeva, oltre che l’epurazione delle correnti riformiste, l’assunzione del nome comunista in luogo di quello socialista. Ma se è indubbio che la Rivoluzione d’Ottobre facesse da catalizzatore, in tutti i paesi, per i settori più rivoluzionari dei partiti operai, allo stesso tempo non possono essere dimenticate le particolarità del Psi, che si era già caratterizzato per un proprio atteggiamento autonomo durante la I Guerra Mondiale, quando diversamente dagli altri partiti socialisti europei che appoggiarono le rispettive borghesie, lanciò la parola d’ordine “né aderire né sabotare”. PROBLEMI ABCtribe.com - [Pagina 3]
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Nel maggio del 1921 si tennero le elezioni politiche e i comunisti si presentarono con una lista autonoma che raccolse solo 300.000 voti e 15 Deputati; il Psi, invece, conservò quasi intatta la propria forza elettorale riportando 1.600.000 voti (122 seggi). Questo appuntamento fu contrassegnato da azioni di disturbo da parte dei fascisti che cercarono di non far votare molti socialisti e comunisti. Contro il dilagare dello squadrismo fascista nacquero gli “Arditi del popolo”, movimento che si dichiarava “apolitico”, ma di cui facevano parte molti socialisti e alcuni comunisti. La linea molto settaria del Pci di Bordiga, che vietò ai suoi iscritti di partecipare al movimento, impedì il crescere di quell’esperienza, che fallì miseramente. Nel 1922 il II Congresso del Pci, che si tenne a Roma, confermò la linea di Bordiga, fondata sulla esclusione di qualsiasi tipo di accordo con i socialisti, e questo provocò, anche a causa della scissione dell’ala riformista del Psi, i primi attriti con l’Internazionale, la quale pose con forza il tema della riunificazione con il Psi di Serrati. Intanto il Fascismo con la “marcia su Roma” dell’ottobre 1922 si insediò, con il silenzio assenso della Corona, al potere e Antonio Gramsci si rese conto che la politica di Bordiga, che aveva condotto all’isolamento del Partito andava superata. Il Pci, infatti, si trovava in quel momento in rottura sia con l’Internazionale comunista, che avrebbe dovuto rappresentare il punto di riferimento per qualsiasi partito comunista, sia con le altre forze, di sinistra, italiane. Fu in questo contesto che Gramsci cominciò a lavorare per un cambio di maggioranza all’interno del Partito e, con l’indispensabile aiuto di altri importanti dirigenti del Partito, quali Togliatti, Terracini, Scoccimarro e, in un secondo momento, Ruggero Grieco, oltre che con l’appoggio dell’Internazionale, fondò il gruppo, cosiddetto “di centro”, che si contrapponeva alla “destra” di Tasca e soprattutto alla “sinistra” di Bordiga. Bordiga ebbe ancora la maggioranza con 41 delegati su 67 alla Conferenza organizzativa, tenuta clandestinamente in un albergo di Como nell’aprile del 1924, ma il peso politico del centro era in crescita se si considera che il Pci, alle elezioni politiche del 1924, si presentò con un’unica lista con quelli che nel Psi si rivedevano nelle posizioni della Terza Internazionale. Alla fine del 1923 vi era stato, infatti, l’avvicinamento, che culminò nell’agosto del 1924 nell’entrata nel Pci, di numerosi e validi dirigenti del Psi, denominati appunto “terzini” per la loro vicinanza alla linea politica della III Internazionale, e che erano rimasti nel loro partito ai tempi della scissione di Livorno. Tra questi i più importanti furono il vecchio leader del Psi Serrati e il sindacalista di Cerignola Giuseppe Di Vittorio. Alle elezioni del 1924, che furono tenute con la legge Acerbo ribattezzata “legge truffa” che assicurava i due terzi dei deputati ai fascisti, il Partito comunista, nonostante i ristretti margini d’agibilità politica, ottenne un discreto risultato conseguendo 268.000 voti e 19 Deputati eletti. Se si considera che il Psi perse oltre la metà dei consensi crollando con poco più di mezzo milione di voti al 8.2%, si può affermare che quelle elezioni registrarono una sostanziale tenuta di una forza, il Pci, che sebbene settaria, era caratterizzata da una importante motivazione dei propri militanti, che nonostante le prime persecuzioni della dittatura fascista, che nel 1922 aveva fatto arrestare i tre quarti dei segretari di Federazione oltre che allo stesso Bordiga, continuavano a svolgere attività politica e a credere nel Partito. Ma i crimini del Fascismo erano solo all’inizio e l’escalation di cieca violenza culminò con l’assassinio di Matteotti, il deputato socialista che aveva denunciato in Parlamento i brogli delle ultime elezioni. Il conseguente sdegno generale mise un po’ in crisi il nuovo regime ed il Pci ebbe maggiori e nuovi margini di manovra che si concretizzarono con un consistente miglioramento nell’organizzazione del Partito testimoniato dall’aumento del numero degli iscritti che da 9.000 del 1923 passarono a 18.000 del 1924 e a 25.000 nel 1925. Soprattutto la “bolscevizzazione” del Partito, parola d’ordine lanciata nel V Congresso dell’Internazionale Comunista, e con essa l’organizzazione capillare del Partito basata sulla sostituzione ABCtribe.com - [Pagina 4]
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1. Può il Fascismo essere definito un regi
Risposta:
No. Il Fascismo è stato un regime che potremmo definire 'di totalitarismo imperfetto'.
Vi erano autorità esterne al regime, che ostacolavano in vari modi la sua azione totalitaria verso le
masse, la quale veniva comunque pers
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2. La politica economica di Cavour,
la guerra in Vietnam,
la
Risposta:
Per Cavour: la sua impostazione liberista e i principali interventi riguardo vie di comunicazione, canali.
Per la guerra in Vietnam situazione pre-intervento americano (Usa),
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