La decolonizzazione CANADA REGNO PAESI UNITO BASSI FRANCIA PORTOGALLO GIORDANIA LIBANO IRAQ GIORDANIA MAROCCO QATAR COSTA DEI PIRATI OMAN CESE ICA GUINEA SP. AF R GUYANA FR. AFRICA OCCID. FRANCESE GAMBIA GUINEA PORT. COSTA SIERRA LEONE D’ORO NIGERIA LIBERIA TOGO GUYANA BRIT. GUYANA OL. LIBIA SOMALIA FR. INDIA BIRMANIA VIETNAM CAMBOGIA DEL NORD HADRAMAUT MALESIA INDONESIA MADAGASCAR MO ZAM BIC O TANGANICA AFRICA DEL BECIUANIA SUD-OVEST FILIPPINE SOMALIA BR. UGANDA KENYA ANGOLA FEDERAZIONE D. RHODESIA E NIASSA VIETNAM DEL SUD OS LA HONDURAS ALGERIA EQU AT. F RA N RIO DE ORO IST AN SPAGNA PAK STATI UNITI AUSTRALIA UNIONE SUDAFRICANA NUOVA ZELANDA Gran Bretagna Francia Stati Uniti Spagna Portogallo Olanda I domini coloniali nel 1945 12.1 I popoli coloniali verso la libertà Significato e importanza della «decolonizzazione» Negli anni Venti e Trenta del Novecento molte tensioni minarono la stabilità degli imperi coloniali. Nei popoli di Asia e Africa crebbe l’insofferenza verso la sottomissione politica e lo sfruttamento economico di cui erano vittime. E aumentò il desiderio di liberarsi dal giogo delle potenze europee e creare nuovi Stati nazionali. Lo scoppio della Seconda guerra mondiale accelerò enormemente questo proces- so. Dopo la sua conclusione ebbe così inizio un lungo cammino che portò alla dissoluzione degli imperi e all’indipendenza delle colonie. Questo cammino si completò, per la gran parte di Asia e Africa, tra 1945 e 1975. Si svolse pacificamente in numerose occasioni, ma terribili spargimenti di sangue non furono risparmiati. Nell’insieme esso prese il nome di «decolonizzazione», termine che appunto indica la trasformazione in Stati indipendenti dei territori coloniali assoggettati dalle potenze europee tra il XVI secolo e i primi decenni del XX secolo. Per la sua vastità e le conseguenze politiche, sociali ed economiche, la decolonizzazione è considerata uno degli elementi fondamentali della storia mondiale del Novecento. La Seconda guerra mondiale e il risveglio delle colonie La debolezza degli imperi e la forza di USA e URSS Durante la Seconda guerra mondiale, le potenze europee impegnate nel conflitto mobilitarono i popoli assoggettati. Molti giovani dei paesi coloniali furono infatti reclutati negli eserciti europei (in particolare Francia e Inghilterra); e chi non venne arruolato fu costretto a uno sforzo eccezionale per produrre grandi quantità di materie prime e merci indispensabili allo sforzo bellico della potenza coloniale. Un aiuto determinante che permise al Regno Unito di resistere all’assalto nazista. Anche il Giappone ebbe involontariamente un ruolo fondamentale nell’avviare il processo di decolonizzazione. Durante la guerra, al motto: «L’Asia agli asiatici», sottrasse alle potenze coloniali europee l’intero sud-est asiatico: questo slogan e la creazione della cosiddetta «sfera di coprosperità asiatica» erano tuttavia puramente strumentali. Il Giappone infatti sottomise e sfruttò brutalmente ai fini bellici le ricchezze della regione e i suoi abitanti. Ma il dominio nipponico ebbe l’effetto di risvegliare il desiderio di indipendenza dei politici, degli intellettuali e dei borghesi locali, che videro la possibilità di autogovernarsi. Terminata la guerra, i popoli coloniali pretesero un riconoscimento per il ruolo svolto e non accettarono di restare in condizione di sottomissione. Erano soprattutto i funzionari amministrativi educati all’occidentale e le nascenti borghesie e classi imprenditrici locali a volere un deciso cambiamento della situazione e la conquista della piena indipendenza per la loro nazione. Nell’avvio del processo di decolonizzazione pesò molto anche un terzo fattore, legato alle stesse potenze coloniali. Francia, Regno Unito, Olanda, Belgio, Italia si trovavano alla fine della guerra in uno stato di profonda debolezza: vincitori e vinti erano accomunati da gravi difficoltà economiche e politiche. Bisognava ricostruire l’Europa e mancavano le risorse necessarie al controllo e alla gestione delle colonie: mantenere un impero coloniale, sfruttandone direttamente le ricchezze andava ormai oltre le capacità anche di paesi grandi e forti come Francia e Regno Unito. Vi fu infine un ultimo elemento, forse il più importante di tutti. Dalla Seconda guerra mondiale emersero due nuove superpotenze: Stati Uniti e Unione Sovietica. Né l’una né l’altra avevano imperi coloniali da difendere. Inoltre, da sempre gli Stati Uniti sostenevano il principio dell’autodeterminazione dei popoli, ribadito anche nella Carta Atlantica del 1941 e sottoscritto da Churchill per stringere a sé il gigante democratico americano. Le potenze coloniali non trovarono quindi nei due nuovi protagonisti politici e militari del pianeta un sostegno alle loro pretese imperiali. Anzi, come abbiamo visto a riguardo delle guerre di Corea e Vietnam, fu proprio nei territori sottoposti in passato al controllo coloniale che Stati Uniti e Unione Sovietica giocarono la loro rivalità per il dominio del mondo, e lo fecero appoggiando forze politiche locali. 1945 sfera di coprosperità: progetto, elaborato dal Giappone, che prevedeva la costituzione di un’unione di paesi asiatici al fine di espellere le potenze occidentali dall’Asia. Fu in realtà uno strumento atto ad affermare gli interessi dell’imperialismo giapponese. Indù e Musulmani festeggiano l’indipendenza dell’India, 21 agosto 1947, Bombay. © Loescher Editore – Torino 242 p. 312 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 243 3 12 Il mondo diviso dalla Guerra fredda 12.2 La decolonizzazione in Asia L’indipendenza dell’India e del Pakistan Durante gli anni Trenta, gli inglesi cercarono in India una difficile mediazione tra gli interessi dell’impero e il desiderio di autogoverno della popolazione locale. La concessione di maggiori autonomie alle province del subcontinente non soddisfece però il bisogno di indipendenza degli indiani. Essi parteciparono alla Seconda guerra mondiale come fedeli alleati di Londra e al termine delle ostilità Gandhi, universalmente noto come Mahatma, cioè «Grande Anima», il Partito del congresso e l’opinione pubblica indiana ripresero con più vigore di prima la lotta per il distacco dal Regno Unito. La piena autonomia venne finalmente raggiunta il 15 agosto 1947, quando il governo inglese, guidato dal laburista Clement Attlee, stabilì con l’Indian Independence Act la divisione del subcontinente indiano in due nuovi e distinti Stati indipendenti. Il primo era l’Unione Indiana, che copriva la parte maggiore del territorio del subcontinente ed era abitato da una popolazione a maggioranza induista. Il secondo era il Pakistan, a maggioranza musulmana. La gioia La divisione dell’India C I N A AFGHANISTAN Lahore PAK I STA N Delhi NEPAL BHUTAN Varanasi Karachi Bangla Desh (Indipendente dal 1971) Ahmadabad U N ION E I N DIA N A Mar Bombay Hyderabad G o l fo d el Arabico Bangalore BIRMANIA B e n g a la Madras Unione indiana nel 1947 Pakistan nel 1947 CEYLON O c e a n o I n d i a n o di Gandhi e di tutto il popolo indiano per l’ottenimento dell’indipendenza fu però macchiata in quei giorni da terribili fatti di sangue. Le tensioni e le violenze religiose, una costante della millenaria convivenza tra etnie spesso diversissime tra loro, originarono imponenti migrazioni. Milioni di induisti si spostarono verso l’Unione Indiana e milioni di musulmani emigrarono verso il Pakistan: i morti di questi movimenti furono circa 200.000. Lo stesso Gandhi, che aveva fatto della non violenza il centro della sua battaglia politica e che si era detto contrario alla divisione del subcontinente in Stati diversi, morì per mano di un estremista indù, il 30 gennaio 1948. Il compito di guidare l’Unione Indiana spettò da quel giorno a Jawaharlal Nehru, capo del Partito del congresso e convinto sostenitore della necessità di modernizzare il più rapidamente possibile il paese. La vittoria di Mao e dei comunisti cinesi Dal 1912 la Cina era una Repubblica con un ordinamento simile a quello degli Stati occidentali, ma i dissidi tra nazionalisti e comunisti, che nei primi anni Venti avevano stretto un’alleanza anticoloniale, rendevano altamente instabile il quadro politico cinese. Nel 1925 la guida del Kuomintang (il Partito nazionale del popolo) e dello Stato cinese era stata assunta da Chiang Kai-shek, fiero oppositore del comunismo, e nel giro di due anni i contrasti tra i nazionalisti e i comunisti di Mao Tse-tung si erano tramutati in una sanguinosa guerra civile. Tuttavia, a partire dal 1937 la necessità di affrontare l’invasione giapponese costrinse i cinesi a unire le forze: il Kuomintang e il Partito comunista si allearono dunque per combattere il comune nemico. Al termine della Seconda guerra mondiale, dopo che i giapponesi furono cacciati, le ostilità tra Chiang Kai-shek e Mao Tse-tung ripresero. Il primo godeva del sostegno degli Stati Uniti, voleva costruire uno Stato di tipo capitalista, e contava su un esercito molto forte. Mao era invece appoggiato dall’Unione Sovietica, lottava per l’edificazione di uno Stato socialista e appariva favorito dalla stretta alleanza con la parte più numerosa della popolazione cinese: i contadini. La nuova guerra civile fu combattuta con La lotta antigiapponese e la rivoluzione comunista cinese UNIONE SOVIETICA UNIONE SOVIETICA Zone comuniste nel 1946 Zone comuniste nel luglio del 1948 Zone comuniste nel dicembre 1949 Harbin MONGOLIA Pechino CO R E A G IAPPON E Canton COREA Seoul Tsinan Nanchino Wenchow Macao Pechino Xinsiang Tokio C I N A Hankow Manciur ia Regioni rimaste sotto il controllo nazionalista agli inizi del 1950 Seoul Tsinan Harbin Zone comuniste agli inizi del 1950 Manciuria Taiwan Hong Kong Lanzhou Tibet (Conquistato nel 1950) NEPAL INDIA C I N A Wenchow BHUTAN PAKISTAN ORIENT. L’Impero giapponese nel 1905 Territori occupati tra il 1905 e il 1933 Territori occupati tra il 1937 e il 1941 ferocia e non si contarono massacri e violenze indiscriminate a danno della popolazione, sull’uno e sull’altro fronte. A prevalere furono i comunisti di Mao, proprio grazie al sostegno ottenuto nelle campagne. Occupate l’una dopo l’altra la Manciuria, la Cina centro-settentrionale e l’importante città di Nanchino, i comunisti accerchiarono e sconfissero i nazionalisti, fino ad annunciare a Pechino la nascita della Repubblica popolare cinese. Era il 1o ottobre 1949, e il passaggio al comunismo dell’immenso paese asiatico colpì in maniera straordinaria l’opinione pubblica mondiale. Mao stabilì subito stretti legami con Mosca e avviò uno straordinario sforzo di modernizzazione del Manifesto di propaganda maoista con l’effigie di Mao e sotto lavoratori, contadini, militari, con il Libretto Rosso in un’atmosfera festosa. Taiwan Canton BIRMANIA Shanghai Nanchino Hankow Macao INDOCINA FRANCESE Hong Kong Hainan SIAM paese, prima di tutto attraverso la riforma agraria, che premiava le masse contadine e le sottraeva, mediante l’esproprio e la redistribuzione delle terre, al peso di un feudalesimo millenario. A Chiang Kai-shek e il suo esercito si rifugiarono sull’isola di Taiwan dove proclamarono la nascita della Repubblica nazionalista cinese, posta sotto la protezione statunitense. Per volere degli Stati Uniti, al nuovo e piccolo Stato venne anche assegnato il seggio nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (seggio riservato alla Cina in quanto potenza vincitrice della Seconda guerra mondiale). La divisione tra le due Cine dura ancora oggi. 1945 Album p. 254 Il Generale cinese Chiang Kai-shek accanto a Mao Tse-tung, 27 settembre 1945. © Loescher Editore – Torino 244 La decolonizzazione © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 245 12 Il mondo diviso dalla Guerra fredda S I A Batavia L’espulsione dei francesi dall’Indocina Prima pagina di «Paris Match», 1-8 maggio 1954, dedicata alla disfatta francese a Dien Bien Phu, nel Vietnam del Nord. Al termine della guerra mondiale, sconfitto il Giappone, la Francia tentò di recuperare la proprie colonie in Indocina. Qui si trovò però di fronte un ostacolo inaspettato. Nel settembre 1945, al ritiro dei giapponesi, il capo comunista Ho Chi Minh proclamò nel Nord del Vietnam la Repubblica democratica vietnamita, con capitale Hanoi. Contando sulla propria superiorità negli armamenti, i francesi tentarono immediatamente di riprendere il controllo delle regioni perdute. Ma Ho Chi Minh e il generale Vo Ngujen Giap lanciarono la «guerra di tutto il popolo», allo scopo di coinvolgere i vietnamiti nella lotta contro la potenza coloniale. I successi europei durarono poco: i comunisti guadagnarono rapidamente consensi nelle campagne e nelle città e diventò sempre più difficile per i francesi stanare dalla giungla un nemico che si affidava alla guerriglia. Libertà per il Sud-est dell’Asia Negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, l’intero Sud-est asiatico fu teatro di scontri tra i popoli delle colonie e le truppe inviate dalle potenze imperiali. Abbiamo detto di India, Pakistan, Cambogia, Laos e Vietnam. Oltre a questi Stati conquistarono l’indipendenza le Filippine nel 1946, la Birmania nel 1948, l’Indonesia nel 1949 e la Malesia nel 1957. In tutti questi paesi, alla battaglia per la libertà si intrecciarono e fecero seguito sanguinose lotte interne tra nazionalisti e comunisti, che però – contrariamente a quanto avvenuto in Cina, Vietnam del Nord e Corea del Nord – furono sconfitti e poi repressi con durezza. Particolarmente grave fu quanto si verificò nel 1965 in Indonesia, dove un collaboratore del presidente Sukarno, il generale Suharto, ordinò l’eliminazione di circa 500.000 comunisti, o presunti tali, accusandoli di essere responsabili di un tentato colpo di Stato. In questi paesi si affermarono dunque governi conservatori o addirittura guidati dai militari, che in nome della pacificazione civile limitarono grandemente le libertà dei cittadini. Lo stesso accadde in Thailandia, l’unico fra gli Stati della regione ad aver sempre mantenuto l’indipendenza. Lo Stato di Israele (1947-1949) Divisione ONU della Palestina nel 1947 Stato arabo Damasco Stato ebraico LIBANO Israele dopo la guerra del 1948 Damasco Occupazione giordana della Cisgiordania LIBANO Territorio internazionale Tiro SIRIA Mare Haifa Tel Aviv-Giaffa Gaza Nablus Gerusalemme Hebron Tel Aviv-Giaffa Amman Mar Morto 1945 Nablus I S R AE LE Ashqelon Gerusalemme Hebron Gaza Be’er Sheva Be’er Sheva G IO R DA N I A Amman Mar Morto G I O R DA N I A EGIT TO EGIT TO David Ben Gurion legge la proclamazione dello Stato di Israele,14 maggio 1948, Tel Aviv. Elat Aqaba © Loescher Editore – Torino 246 Haifa Mediterraneo Mediterraneo Ashqelon SIRIA Mare Giordano E a N 1949 n O i D t Indiano N s I Oceano e Kuala Lumpur M A L E S I A 1957 l Meridionale a 1946 P Saigon F I LI P PI N E Mar Cinese Giordano CAMBOGIA 1954 Phnom Penh a Manila VIETNAM DEL SUD 1954 n SIAM i Pacifico Al termine della Seconda guerra mondiale crebbe l’emigrazione ebraica verso la Palestina, già incoraggiata dal Regno Unito negli anni Venti e Trenta prendendo spunto dalla cosiddetta «dichiarazione Balfour» del novembre 1917. Il ministro degli Esteri britannico Arthur Balfour aveva infatti espresso verso la fine della Prima guerra mondiale il consenso del suo governo alla creazione di una comunità ebraica in Palestina, salvo il rispetto dovuto alle popolazioni non ebraiche che già vi erano insediate. Inoltre, questo territorio, già facente parte dell’Impero ottomano, al termine della Grande guerra era stato affidato a Londra con la formula del mandato. A favore del processo migratorio giocarono dopo il 1945 soprattutto due elementi. Da un lato, lo sterminio di milioni di ebrei per mano dei nazisti persuase l’opinione pubblica internazionale della necessità di dare agli ebrei di tutto il mondo un territorio su t Vientiane Rangoon Oceano VIETNAM DEL NORD 1954 La nascita dello Stato d’Israele cui fondare un proprio Stato. Dall’altro, gli Stati Uniti si schierarono apertamente per la creazione di uno Stato ebraico, fortemente interessati ad avere un forte alleato in una regione estremamente ricca di petrolio. Il problema non era tuttavia di facile soluzione. Nella seconda metà degli anni Quaranta vivevano in Palestina circa 500.000 ebrei e 1,2 milioni di arabi. Il Regno Unito era favorevole alla creazione di un solo Stato, abitato insieme da ebrei e arabi, ma un accordo per la convivenza pacifica tra i due popoli sembrò impossibile da ottenere all’ONU; nel novembre 1947 proprio le Nazioni Unite proposero allora la fondazione in terra palestinese di due Stati distinti, uno arabo e uno ebraico. Non si arrivò però ad alcuna soluzione diplomatica e il destino della regione venne deciso dalle armi. Nella primavera 1948 il mandato di Londra sull’area terminò. Il 14 maggio, alla vigilia del ritiro dei soldati britannici, David Ben Gurion, leader ebraico, proclamò unilateralmente la nascita dello Stato d’Israele. [Testimonianze documento 5, p. 318] I paesi arabi vicini reagirono mobilitando gli eserciti: si mossero insieme Egitto, Giordania, Libano, Siria e Iraq. Scoppiò allora una s LAOS 1954 Oriente La decolonizzazione e Hanoi BIRMANIA 1948 12.3 Il groviglio del Medio l C I N A La guerra si protrasse per diversi anni e divenne sempre più dura, mentre sulla scena internazionale cresceva l’opposizione tra comunismo e capitalismo. Niente riuscì a salvare i possedimenti francesi. Nel maggio 1954 cadde la guarnigione di Dien Bien Phu, l’ultima delle piazzeforti conservate nel Nord del Vietnam da Parigi. La notizia della disfatta si diffuse immediatamente tra tutti i popoli di Asia e Africa: era infatti la prima volta che un movimento indipendentista sconfiggeva in battaglia un esercito europeo. I colloqui di pace tra i francesi e Ho Chi Minh si tennero a Ginevra. Nel luglio 1954, i popoli dell’Indocina raggiunsero la libertà. Nacquero quattro nuovi Stati: la Cambogia, il Laos, il Vietnam del Nord (comunista) e il Vietnam del Sud (conservatore), appoggiato dagli Stati Uniti. La mancata unificazione dei due Vietnam, divisi dalla linea dell’armistizio all’altezza del 17° parallelo, portava con sé l’annuncio di nuove guerre, che sarebbero poi puntualmente arrivate. a L’Indocina e il Sud-est asiatico P 3 Elat Aqaba © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 247 3 12 Il mondo diviso dalla Guerra fredda guerra che durò fino al principio del 1949 e si concluse con il netto successo di Israele, accerchiato da ogni lato ma militarmente meglio addestrato ed equipaggiato. Il nuovo Stato ebraico si impossessò non solo del territorio previsto per esso dal piano ONU, ma anche di parte dei territori riservati agli arabi, annettendo inoltre metà della città di Gerusalemme, città santa per ebrei e arabi. Circa 700.000 palestinesi furono costretti ad abbandonare le proprie case e rifugiarsi nei campi profughi di Gaza, Giordania e Libano. Era l’inizio di un drammatico scontro tra popoli destinato a protrarsi fino ai nostri giorni. scià: dall’antico persiano shah che significa «imperatore». Nei millenni passati, lo scià esercitava sul popolo il potere di un monarca assoluto e quello di capo religioso e guida spirituale. Indipendenza e nazionalismi dei popoli mediorientali Alla dissoluzione dell’Impero ottomano, dopo la Prima guerra mondiale, il Medio Oriente era stato affidato a Francia e Regno Unito con il sistema dei mandati. Qui il processo di decolonizzazione prese avvio più rapidamente che in altre aree del mondo. Londra concesse l’indipendenza all’Arabia Saudita e all’Iraq già negli anni Trenta. Al termine della Seconda guerra mondiale, anche la Giordania divenne uno Stato autonomo. E contemporaneamente la Francia lasciò la Siria e il Libano. Già nel 1945 questi paesi si associarono, a difesa degli interessi dei popoli islamici della regione, nella nuova Lega Araba. Erano tuttavia governati per lo più da monarchie autoritarie, soffrivano di povertà Gamal Abdel Nasser. e arretratezza sociale, di una forte Il Medio Oriente T U R C H I A Alessandretta Cipro SIRIA (R.U.) PERSIA ri Tig (Indipendente dal 1946) Mar Mediterrane o LIBANO Beirut (Ind. dal 1946) Damasco Eufra Baghdad te PALESTINA (Mandato britannico) Gerusalemme Il Cairo I R A Q Amman (Indipendente dal 1932) TRANSGIORDANIA (Indipendente dal 1946) KUWAIT (Protettorato britannico) E G I T TO A R A B I A instabilità politica, ed erano percorsi da un acceso sentimento di appartenenza alla nazionalità araba. Questi regimi si ponevano principalmente due obiettivi: il primo era la modernizzazione dell’economia e della società; il secondo era proprio l’affermazione della identità e degli interessi arabi, spinti da un nazionalismo fomentato oltre misura dalla sconfitta subita contro Israele. Lo Stato ebraico aveva infatti travolto una coalizione di egiziani, siriani, iracheni, giordani e libanesi, per i quali l’inaspettata sconfitta costituì un autentico trauma. Proprio a questo nazionalismo cercarono di appoggiarsi, in competizione reciproca, Stati Uniti e Unione Sovietica. Gli Stati Uniti riuscirono a condurre nella propria sfera d’influenza l’Arabia Saudita, la Giordania e l’Iran. In quest’ultimo paese l’intromissione straniera fu particolarmente evidente: nel 1953, infatti, i servizi segreti statunitensi organizzarono un colpo di Stato che rovesciò il governo legittimo, colpevole di aver nazionalizzato le attività estrattive a svantaggio delle compagnie petrolifere occidentali, e portò al potere lo scià Reza Pahlavi. Nell’area d’influenza dell’Unione Sovietica entrarono invece l’Iraq, la Siria e soprattutto l’Egitto, le cui vicende furono al centro di una nuova e pericolosa crisi internazionale. La crisi di Suez e il tramonto della potenza europea L’Egitto era formalmente indipendente dal 1922, ma appariva ancora sottoposto all’influenza del Regno Unito, che manteneva strettamente il controllo del Canale di Suez. La situazione cambiò nel 1952, quando il potere fu assunto con un colpo di Stato dal generale Gamal Abdel Nasser, che impose un regime di tipo socialista. Nasser distribuì le terre ai contadini, nazionalizzò le attività economiche più rilevanti, promosse la modernizzazione del paese e adottò una politica estera equidistante tra blocco occidentale e blocco orientale. I rapporti già tesi tra il nuovo Egitto e Londra precipitarono nel 1956. Nasser si vide rifiutare da Stati Uniti e Unione Sovietica i prestiti necessari alla costruzione della grande diga di Assuan, indispensabile per accrescere la produzione egiziana di energia elettrica e incrementare l’area agricola nel meridione del paese. Reagì allora nazionalizzando il Re Idris. Ad Algeri si celebra la vittoria contro la Francia, 3 Luglio 1962. canale al fine di reperire dal suo sfruttamento le risorse necessarie alla costruzione della diga. Il Regno Unito non poteva tollerare la perdita di una via commerciale così importante e rispose militarmente, in accordo con Francia e Israele. Alla fine di ottobre truppe di Tel Aviv occuparono la penisola del Sinai, mentre soldati francesi e inglesi venivano paracadutati nella zona del Canale. L’attacco aveva per obiettivo la sconfitta e la caduta di Nasser, ma dovette essere bruscamente interrotto per l’opposizione dell’Unione Sovietica, che minacciò di intervenire a fianco dell’Egitto. Anche gli Stati Uniti si mostrarono di conseguenza contrari all’impresa. Londra e Parigi, isolate internazionalmente, dovettero ritirare i loro uomini. Il fallimento dell’impresa anglo-francese diede al mondo il segnale del definitivo tramonto della potenza di Regno Unito e Francia e rese evidente che i destini della politica internazionale erano decisi da Washington e Mosca. Inoltre fece di Nasser l’uomo più popolare e il paladino dell’intero mondo arabo: fu egli infatti, da allora e per parecchi anni, a incarnarne con il suo carisma le rivendicazioni. L’Egitto nasseriano divenne inoltre da quel momento un fedele alleato dell’Unione Sovietica. La crisi di Suez diede infine un nuovo e decisivo impulso alla decolonizzazione di Asia e Africa. 12.4 La decolonizzazione in Africa La guerra d’Algeria Le lotte per l’indipendenza si svilupparono in Africa più tardi che in Asia. Ebbero però anche qui un carattere impetuoso e nel giro di pochi anni portarono alla libertà l’intero continente, che ancora nel 1945 appariva quasi completamente in mano agli europei. Nell’Africa mediterranea, abitata da popoli arabi di religione islamica, si svolsero gli eventi più drammatici. L’ex colonia italiana di Libia divenne indipendente nel 1951, sotto la guida del re Idris, mentre i domini francesi di Marocco e Tunisia ottennero l’autogoverno nel 1956 senza eccessive difficoltà perché erano semplici protettorati. Assai più contrastate furono invece le vicende dell’Algeria che era una vera e propria colonia francese. Questo paese era assoggettato a Parigi dal 1830 e veniva sentito da molti francesi come parte integrante del territorio nazionale. Qui vivevano e lavoravano un milione di francesi, i pieds noirs , decisi – in difesa di interessi economici e posizioni sociali consolidate – a resistere a ogni costo alla volontà di indipendenza degli otto milioni di arabi. © Loescher Editore – Torino 248 1945 La decolonizzazione pieds noirs: l’espressione «piedi neri» veniva usata dall’esercito francese, dopo la Seconda guerra mondiale, per indicare le reclute nate in Algeria del Nord. Dopo il conflitto d’Algeria, diventò il soprannome di tutti i francesi che rimpatriavano dalle ex colonie di Algeria, Marocco e Tunisia. © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 249 3 12 Il mondo diviso dalla Guerra fredda Il conflitto era inevitabile. Scoppiato nel 1954, vide contrapposte le truppe inviate dall’Europa e il Fronte di liberazione nazionale algerino, che praticava la guerriglia. Lo scontro fu feroce, entrambe le parti si macchiarono di terribili atrocità contro i civili inermi. I morti furono 35.000 da parte francese e ben 400.000 da parte algerina. La guerra ebbe pesanti ripercussioni in Francia, dove una notevole parte dell’opinione pubblica era ormai nettamente contraria alla conservazione del possedimento d’oltremare: le tensioni politiche innescate dal conflitto causarono addirittura la caduta nel 1958 della Quarta Repubblica e la nascita della Quinta Repubblica, guidata da Charles De Gaulle. Fu proprio lui, chiamato al potere per conservare con tutti i mezzi la colonia, a rendersi conto dell’impossibilità di stroncare la rivolta. Nel luglio 1962, un referendum sancì in Francia a larga maggioranza la concessione dell’indipendenza all’Algeria, che ebbe così finalmente la tanto attesa indipendenza. La fine del colonialismo nell’Africa subsahariana Dopo la metà degli anni Cinquanta, i movimenti indipendentisti fecero valere le proprie richieste anche nell’Africa subsahariana. A quell’epoca, i governi dei paesi europei avevano ormai decisamente imboccato la via che portava all’abbandono delle colo- nie. Mantenerle appariva troppo costoso, in termini economici e umani. Molti popoli dell’Africa subsahariana ottennero quindi la libertà senza doversi impegnare in sanguinose guerre. La prima colonia britannica della regione ad affrancarsi fu il Ghana, nel 1957. La prima delle colonie francesi a ottenere l’indipendenza fu la Guinea, nel 1958. Nel 1960 nacquero ben 17 nuovi Stati, fra cui la Nigeria, il Congo, la Mauritania e la Somalia, che si trovava sotto mandato dell’Italia dalla fine del conflitto mondiale. Nel 1962 fu la volta dell’Uganda e nel 1964 della Tanzania. L’Etiopia, dal canto suo, era indipendente dal 1941, quando gli occupanti italiani erano stati cacciati dagli inglesi, e ad Addis Abeba fu federata l’Eritrea, anch’essa ex colonia di Roma. Altrove non mancarono tensioni e momenti di acuta crisi, soprattutto dove i coloni bianchi apparivano decisi a resistere e conservare i propri privilegi. Accadde per esempio in Kenya, dove la società segreta dei Mau Mau condusse a partire dal 1952 una lunga battaglia contro gli occupanti britannici: il paese ottenne l’indipendenza solo nel 1963. Il Portogallo non concesse la libertà ad Angola e Mozambico fino al 1975. In Rhodesia, staccatasi dalla corona britannica nel 1965, il governo dei bianchi introdusse la segregazione razziale ai danni della popolazione di colore, che riuscì ad assumere il controllo dello Stato solo nel 1980. Al termine di questa dura lotta, la Rhodesia Baldovino, re del Belgio, in visita in Congo ancora colonia nel 1960, ormai alla fine del predominio europeo in Africa. L’Africa subsahariana TUNISIA 1956 MAROCCO 1956 ALGERIA LIBIA 1962 SAHARA SPAGNOLO CAPO VERDE 1975 MAURITANIA MALI 1960 SENEGAL 1960 1960 1922 NIGER 1960 CIAD GIBUTI SUDAN 1960 ALTO VOLTA 1960 EGITTO 1951 divisa tra Marocco e Mauritania 1975 1977 1956 NIGERIA ETIOPIA 1941 REP. CENTRAFRICANA SOMALIA 1960 CAMERUN 1960 1960 UGANDA KENYA 1962 CONGO 1963 ZAIRE RUANDA GABON 1960(ex Congo Belga) 1962 1960 BENIN 1960 TOGO 1960 GHANA 1957 COSTA D’AVORIO 1960 LIBERIA 1822 GUINEA 1958 GUINEA BISSAU 1974 GAMBIA 1965 1960 ANGOLA 1975 1975 prima del 1957 1958-1960 TANGANICA secessione dallo Zaire 1960-63 ZAMBIA 1964 SEICELLE 1961 1976 TANZANIA BURUNDI MALAWI COMORE 1964 1962 1975 1964 MOZAMBICO MADAGASCAR SAO TOMÉ E PRINCIPE Indipendenza degli stati africani 1960 KATANGA NAMIBIA BOTSWANA 1966 1960 1975 1989 MAURIZIO 1968 ZIMBABWE GUINEA EQUAT. 1968 1980 REP. SUDAFRICANA 1961-1970 1971-1976 1961 SWAZILAND 1968 LESOTHO 1966 dopo il 1976 venne ribattezzata Zimbabwe. Caso a sé fu infine quello dell’Unione Sudafricana, ex possedimento inglese autonomo dal 1910 per concessione di Londra. Il paese si proclamò pienamente indipendente dalla corona britannica nel 1961 con il nome di Repubblica Sudafricana o Sudafrica. Ma il potere era nelle mani di 5 milioni di bianchi, discendenti degli antichi coloni europei, che imposero l’apartheid a oltre 20 milioni di neri, escludendoli dalla vita politica, impedendo loro di spostarsi liberamente, vietando loro qualsiasi rapporto sociale o economico con i bianchi. Il regime di dura segregazione razziale, discriminazione e persecuzione cui fu sottoposta la maggioranza di colore del paese diede origine a un conflitto interno che si sarebbe risolto solo all’inizio degli anni Novanta. La difficile libertà delle ex colonie africane Nel corso di questo processo emersero molti leader di rilievo, preparati culturalmente, politicamente abili e capaci di dedicarsi con passione al proprio paese. Tra essi, notevoli furono Mohammed Ben Bella in Algeria, Sekou Touré in Guinea, Jomo Kenyatta in Kenya, Patrice Lumumba in Congo. Nessuno di loro riuscì però a portare a termine il disegno politico intrapreso. Emblematica è la vicenda di Lumumba. Il Congo, ribattezzato Zaire, fu abbandonato dai belgi nel 1960 in condizioni di povertà disperate. Il paese possedeva – e possiede tuttora – straordinarie risorse minerarie. L’esistenza del nuovo Stato fu quindi immediatamente minacciata dalla secessione © Loescher Editore – Torino 250 1945 La decolonizzazione apartheid: termine inglese che significa «segregazione razziale». Si tratta della separazione forzata tra due popoli, imposta per il colore della pelle, per la cultura e la storia di un popolo. I segregazionisti negarono alle vittime i più elementari diritti civili e politici e li confinarono in zone apposite, in modo che non vi fosse alcuna mescolanza tra i popoli. © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 251 3 12 Il mondo diviso dalla Guerra fredda della ricca provincia del Katanga, fomentata da mercenari al soldo delle compagnie estrattive occidentali. Lumumba fu catturato e ucciso dai ribelli; la pace tornò nello Zaire solo grazie all’intervento delle truppe inviate dall’ONU. Ma il potere venne conquistato dai militari, e la nascente democrazia dovette soccombere alla dittatura, appoggiata dalle potenze occidentali, del generale Mobutu, responsabile della morte di Lumumba. Un cammino simile toccò ad altri paesi africani. E in ciò essi furono accomunati a parecchi dei nuovi Stati asiatici. La decolonizzazione consegnò insomma ai popoli di questi due continenti la libertà, ma essa non significò automaticamente democrazia, sviluppo e benessere, perché si partiva da condizioni di arretratezza politica, sociale ed economica troppo gravi. Vedremo in seguito per quali complessi motivi l’indipendenza fu solo il primo passo di un lungo cammino oggi ancora da completare. [ I NODI DELLA STORIA p. 252] 1945-1975 Decolonizzazione 1947 Indipendenza dell’India e del Pakistan 1948 Nascita di Israele Patrice Lumumba. 1949 Mao Tse-tung fonda la Repubblica popolare cinese 1950-1994 Apartheid in Sudafrica I NODI DELLA STORIA Quali furono i risultati della decolonizzazione in Africa? Il processo di decolonizzazione dell’Africa subsahariana sembrò essere, a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, la grande promessa per un mondo uscito da non molto dal terribile secondo conflitto mondiale. Un continente per secoli dimenticato e, dalla fine dell’Ottocento, diventato terreno di conquista per le potenze imperiali europee, conosceva un nuovo inizio carico di aspettative positive. La realtà, invece, fu decisamente differente. I nuovi Stati africani nati dal dissolvimento dei vecchi imperi coloniali, conservarono quasi sempre confini ed estensioni innaturali, nate fondamentalmente dalla spartizione diplomatica di qualche decennio prima. Non si era tenuto conto delle particolarità etniche e delle matrici culturali differenti. Le nuove élites africane si erano formate, per lo meno in parte, negli anni tra le due guerre mondiali; alcuni dei loro esponenti avevano servito nell’esercito inglese e in quello della Francia libera in lotta con la Germania nazista. Avevano maturato un’idea positiva – ma un po’ astratta – della democrazia occidentale e la fiducia che il premio per il loro impegno sarebbe stato la libertà e l’indipendenza. Ma questa tardò ad arrivare e, quando finalmente fu concessa, la delusione cominciava già a essere molto significativa quasi quanto l’indifferenza della fascia più povera e meno istruita della popolazione. Le risorse economiche locali, cospicue soprattutto nel campo 252 © Loescher Editore – Torino minerario e in quello petrolifero, finirono per divenire merce di scambio per sempre più numerose forniture militari destinate ad alimentare guerre civili feroci, come quella che in Nigeria, nel 1967-1970, causò la morte di un numero altissimo (forse più di un milione) di persone. Le vecchie leadership, sempre più corrotte e necessitate a mantenere il proprio consenso con mezzi autoritari o comprando i capi tribali, alimentarono, oltre al conflitto ideologico, quello etnico. Nel 1994, la tragedia del Ruanda, dove in poco più di tre mesi circa un milione di appartenenti all’etnia tutsi fu assassinato da parte di membri della maggioranza hutu (ma anche molti «moderati» di quest’ultimo gruppo furono massacrati) avvenne, come in tanti altri conflitti africani, nella sostanziale indifferenza del mondo. L’Africa subsahariana, insomma, è l’unico continente del mondo a non avere conosciuto i miglioramenti economici della golden age successiva alla Seconda guerra mondiale. In compenso ha conosciuto direttamente gli effetti nefasti delle crisi più recenti. Il tenore di vita della maggioranza dei suoi abitanti è addirittura peggiorato dagli anni del colonialismo ad oggi. Alcuni timidi segnali di cambiamento (democratizzazione di alcune nazioni con l’introduzione del pluralismo politico, politiche di conciliazione etniche, segnali di dinamismo economico) pur se incoraggianti non sembrano in grado ancora di far parlare di un rinascimento africano. 1952 Nasser sale al potere in Egitto 1954 Indipendenza dell’Indocina 1956 Nazionalizzazione del Canale di Suez La decolonizzazione 1 A partire dal 1945 si avvia la decolonizzazione, vale a dire la conquista dell’indipendenza da parte dei popoli fino ad allora sottomessi al dominio coloniale occidentale. Dopo la Seconda guerra mondiale, prese avvio il processo di decolonizzazione: la liberazione dei popoli sottomessi al dominio delle potenze occidentali. Queste le cause maggiori: il desiderio ormai invincibile di indipendenza che animava africani e asiatici; la rottura del sistema di potere coloniale operata in Asia dal Giappone, che durante la guerra spazzò via gli europei da tutto il Sud-est del continente; la debolezza di Francia, Regno Unito e delle altre potenze imperiali, ormai incapaci di mantenere domini tanto vasti del mondo; l’emergere delle superpotenze USA e URSS, contrarie al mantenimento delle colonie da parte degli europei e capaci di imporre il proprio punto di vista ad alleati e avversari. 2 In Asia, India, penisola indocinese e Indonesia ottengono la libertà, mentre in Cina trionfa la rivoluzione comunista guidata da Mao Tse-tung. I movimenti indipendentisti attecchirono in Asia prima che altrove. L’Unione Indiana, induista, e il Pakistan, musulmano, ottennero la libertà dagli inglesi nell’agosto 1947. In Indocina, dopo un’aspra lotta contro la Francia, nacquero nel 1954 Laos, Cambogia, Vietnam del Nord, comunista e alleato di URSS e Cina, e Vietnam del Sud, capitalista e alleato degli USA. L’Indonesia si svincolò dall’Olanda nel 1949. E indipendenti divennero anche Malesia, Birmania e Filippine. In Cina riprese la guerra civile tra nazionalisti e comunisti. Furono questi ultimi, guidati da Mao Tse-tung, a trionfare e creare nel 1949 la Repubblica popolare cinese, mentre i seguaci di Chiang Kai-shek fondarono sull’isola di Taiwan la Repubblica nazionalista cinese. 3 In Medio Oriente conquistano l’indipendenza molti popoli arabi, ma la nascita di Israele e l’esodo dei palestinesi creano una frattura ancora oggi non rimarginata. Particolarmente complicata apparve subito la situazione del Medio Oriente. Negli anni successivi alla guerra ottennero l’indipendenza la Siria, l’Iraq, la Giordania, l’Arabia Saudita e il Libano. In essi, come in Egitto, prese piede un forte movimento nazionalista arabo, che trovò subito un nemico mortale nel nuovo Stato d’Israele. Creato in Palestina da ebrei emigrati da tutto il mondo, Israele fu attaccato alla sua nascita nel 1948. L’esercito ebraico vinse, ma le divisioni che nacquero da quegli eventi durano ancora oggi. In particolare, ebbe allora origine il problema degli arabi palestinesi, costretti a fuggire dalla guerra e desiderosi a propria volta di una patria in cui vivere. Ulteriori tensioni sorsero nel 1956 alla nazionalizzazione del Canale di Suez da parte dell’Egitto, guidato dal regime socialista di Nasser: la nuova crisi si risolse con uno scacco bruciante per Regno Unito e Francia. 4 In Africa, la maggior parte dei popoli ottiene la libertà pacificamente, con l’eccezione degli algerini, mentre in Sudafrica si afferma il regime segregazionista dell’apartheid. In Africa le lotte per la liberazione dei popoli scoppiarono più tardi che in Asia, ma approdarono rapidamente agli stessi risultati. Furono le capitali imperiali a favorire spontaneamente la nascita di molti nuovi Stati, sia nell’Africa mediterranea che nell’Africa subsahariana. In alcuni casi il raggiungimento dell’indipendenza fu lungo e travagliato. Ricordiamo per esempio la sanguinosa guerra che oppose gli algerini alla Francia tra 1954 e 1962: provocò centinaia di migliaia di vittime e fu risolta infine dal ritiro dei francesi. Ricordiamo anche gli scontri tra coloni bianchi e maggioranza di colore in Kenya e Rhodesia: qui, solo dopo molti anni i popoli africani assunsero il governo del loro paese. In Sudafrica i bianchi imposero ai neri il duro regime della segregazione razziale, discriminandoli in ogni settore della vita sociale, politica ed economica. 1962 Indipendenza dell’Algeria © Loescher Editore – Torino 253 3 12 Il mondo diviso dalla Guerra fredda Le icone «rivoluzionarie» del Terzo Mondo in Europa La decolonizzazione «Che» Guevara e Fidel Castro Altri due emblemi della rivoluzione nel Terzo Mondo che si conquistarono vasta popolarità tra le giovani generazioni europee del Sessantotto furono i capi della Rivoluzione cubana, Fidel Castro ed Ernesto «Che» Guevara. In particolare, Guevara, dopo aver contribuito a organizzare la rivolta armata contro il regime filoamericano di Batista a Cuba, si impegnò in altri movimenti armati in Africa centrale e America Latina, soprattutto in Bolivia, dove fu ucciso il 9 ottobre 1967. La sua morte violenta proiettò il «Che» nella dimensione della leggenda «rivoluzionaria», tuttora perdurante. Nel corso del XX secolo, e soprattutto dopo il 1945, i più importanti processi rivoluzionari si spostarono dall’Europa al cosiddetto Terzo Mondo. Queste rivoluzioni, che furono ispirate, come loro più lontano modello, dalla Rivoluzione bolscevica del 1917, intrecciavano la lotta di emancipazione anticoloniale con l’aspirazione a un nuovo ordine politico-sociale, il nazionalismo con il socialismo. Tuttavia, le rivoluzioni cinese e cubana, algerina e vietnamita, riguardarono per certi aspetti anche l’Europa. Infatti, a queste rivoluzioni esotiche guardarono con passione le giovani generazioni europee occidentali protagoniste dei movimenti degli anni Sessanta e Settanta. Mao, «Che» Guevara e Fidel Castro, Ho Chi Minh divennero le icone del radicalismo giovanile, affascinato dalla lotta armata contro le potenze «capitaliste» e «imperialiste». Ernesto «Che» Guevara e Fidel Castro negli anni Sessanta a L’Avana. Manifesto di esaltazione del popolo cubano e dei suoi eroi. Poster di propaganda della Rivoluzione culturale cinese: Mao cammina nei campi circondato da un gruppo di felici contadini. Mao La più importante di tutte, per dimensioni e conseguenze, fu la Rivoluzione cinese del 1949, che trovò un fondamentale seguito nella Rivoluzione culturale tra 1966 e 1969. In quell’epoca in cui l’Unione Sovietica aveva perduto in larga parte la sua capacità di rappresentare la rivoluzione agli occhi delle giovani generazioni, il leader cinese Mao divenne l’immagine di un nuovo e più radicale movimento rivoluzionario. Chi guardava al modello cinese sperava in una rivoluzione non di operai, ma di contadini, che coinvolgesse non le fabbriche, ma le campagne. Il simbolo della Rivoluzione culturale fu il Libretto Rosso, antologia degli scritti e dei discorsi di Mao, largamente diffusa anche in Occidente. Manifesto di propaganda maoista con studenti cinesi che agitano il famoso Libretto Rosso. 254 © Loescher Editore – Torino Il fascino della lotta armata I movimenti radicali del Terzo Mondo furono composti soprattutto da guerriglieri, armati di kalashnikov, il fucile sovietico che all’epoca si diffuse ampiamente e divenne l’emblema del combattente per la libertà. Algerini, vietnamiti, palestinesi erano accomunati dalla scelta della violenza per combattere francesi, americani e israeliani. Molti giovani occidentali, soprattutto intellettuali ma non solo, furono sedotti dal fascino della lotta armata, che non di rado li spinse negli anni Settanta a sostenere la causa del terrorismo o ad abbracciarne la pratica in Europa occidentale, dall’Irlanda del Nord ai Paesi Baschi, dall’Italia alla Repubblica Federale Tedesca. Emblema dell’ETA, l’organizzazione terroristica basca. © Loescher Editore – Torino 255 12 Il mondo diviso dalla Guerra fredda ATTIVITÀ 3 Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 2 Osserva la cartina a p. 251 e ricava da essa (eventualmente aiutandoti anche con il testo) la cronologia della decolonizzazione dell’Africa; poi, servendoti della cartina a p. 242, ricava la cronologia in riferimento alle singole potenze imperialiste. Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi distingui con tre colori diversi gli eventi riconducibili all’Asia, quelli che riguardano il Medio Oriente e quelli che si riferiscono all’Africa. Infine scrivi tra parentesi, dove richiesto, il paese occupante e la modalità di decolonizzazione (pacifica o combattuta). 1 Nel Marocco e Tunisia conquistano l’indipendenza ( ) 2 Il 15 agosto il governo inglese stabilisce con l’Indian Independence Act la divisione del subcontinente indiano in due nuovi e distinti Stati indipendenti: l’Unione Indiana (a maggioranza induista) e il Pakistan (a maggioranza islamica) ( ) 3 Nel la Libia diventa indipendente ( ) 4 Nel il capo di Stato egiziano Nasser decide di nazionalizzare il canale di Suez; non potendo tollerare la perdita di una via commerciale così importante, il Regno Unito risponde militarmente, in accordo con Francia e Israele 5 Nel il Ghana ottiene l’indipendenza ( ) 6 Nel i popoli dell’Indocina raggiungono la libertà; nascono quattro nuovi Stati: la Cambogia, il Laos, il Vietnam del Nord (comunista) e il Vietnam del Sud (conservatore), appoggiato dagli Stati Uniti 7 Nella primavera del , allo scadere del mandato di Londra, il leader ebraico David Ben Gurion proclama unilateralmente la nascita dello Stato d’Israele 8 Nel il Sudafrica si proclama indipendente dalla corona britannica; tuttavia il potere è detenuto da 5 milioni di bianchi, che impongono l’apartheid a oltre 20 milioni di neri 9 Il 1° ottobre nasce la Repubblica popolare cinese, guidata dal partito comunista di Mao Tse-tung 10 Il 30 gennaio Gandhi, il capo del movimento d’indipendenza indiana, è assassinato da un estremista indù 11 Nel settembre il capo comunista Ho Chi Minh proclama nel Nord del Vietnam la Repubblica democratica vietnamita, con capitale Hanoi 12 Nel l’Algeria ottiene l’indipendenza, dopo un sanguinoso conflitto tra le truppe inviate dall’Europa e il Fronte di liberazione nazionale algerino ( ) Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo della decolonizzazione. 1 2 3 4 5 La decolonizzazione Strumentale Induista Modernizzazione Federare Prova a riflettere sul significato di «Quarta Repubblica» e «Quinta Repubblica» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega che cosa sancisce il passaggio dall’una all’altra. Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa alla decolonizzazione. Poi rispondi alle domande. I fattori che portano alla decolonizzazione Esplora il macrotema 3 Completa il testo. I problemi principali del Medio Oriente sono riconducibili alla questione palestinese che prende il via alla fine della Seconda guerra mondiale. Al termine del conflitto, infatti, cresce l’emigrazione ebraica verso la Palestina. A favore del processo migratorio, già incoraggiato dalla cosiddetta «dichiarazione (1) », giocano soprattutto due elementi: lo sterminio di milioni di ebrei per mano dei (2) , che persuade l’opinione pubblica internazionale della necessità di dare loro un (3) su cui fondare un proprio Stato; la volontà degli Stati Uniti di creare uno Stato ebraico, che avrebbe permesso di avere un forte alleato in una regione ricca di petrolio. Tuttavia il problema non è di facile soluzione, dal momento che nella seconda metà degli anni Quaranta in (4) vivono circa 500.000 ebrei e 1,2 milioni di arabi. Nel 1948, al termine del mandato di Londra, il leader ebraico David Ben Gurion proclama unilateralmente la nascita dello (5) d’Israele; i paesi arabi vicini (Egitto, Giordania, Libano, Siria e Iraq) reagiscono mobilitando gli eserciti. La guerra si conclude con il netto successo di (6) , che si impossessa anche di territori riservati agli arabi e costringe circa 700.000 palestinesi a rifugiarsi nei campi profughi di Gaza, Giordania e Libano. È l’inizio di un drammatico scontro destinato a protrarsi fino ai nostri giorni. 1 Perché USA e URSS appoggiano i processi di decolonizzazione? 2 Quali sono le rivendicazioni dei popoli colonizzati? Mostra quello che sai 7 256 © Loescher Editore – Torino Osserva l’immagine a p. 245 (a sinistra): qual è il suo valore simbolico? © Loescher Editore – Torino 257