Le "Tajate"
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Domenica 01 Maggio 2011 19:18 - Ultimo aggiornamento Domenica 01 Maggio 2011 19:43
Ringrazio Giuliano Ciriolo, direttore editoriale della presente rivista, che mi ha dato l'opportunità
di parlare in questo numero delle "Tajate"; in altre parole, delle cave esauste di conci di tufo che
si trovano nel territorio di Acquarica del Capo (Le), come pure in altri paesi del Salento. "Tajate
" è il termine popolare usato dai salentini per indicare, per l'appunto, il luogo dove si tagliava la
roccia: la cava.
Quello delle cave, inteso come tema ambientale, è stato sollevato con la presentazione del
libretto "Tajate" avvenuta il 23 ottobre 2010 presso il Castello Medievale di Acquarica del Capo.
Parlarne in questa sede è senz'altro cosa utile e, come afferma lo stesso direttore Ciriolo,
cosa rara
se consideriamo le poche volte in cui quest'argomento è stato considerato un bene culturale.
Fino ad oggi le cave sono state tenute in considerazione unicamente allo scopo di usarle come
discariche presso cui conferire la spazzatura di trenta, quaranta comuni a danno di quei paesi
limitrofi alle discariche stesse, condannati a subirne i danni.
Altre volte sono state prese di mira per proporre progetti di centrali fotovoltaiche insieme a
campi da gioco, strutture per la ristorazione...e così via.
Noi invece ci teniamo a parlare delle cave non per quello che potrebbero diventare ma
per quello che già sono
: un'opera d'arte di rara bellezza costruita dall'uomo e dalla natura e pregna di un importante
significato storico-culturale.
Un territorio quindi degno di essere tutelato per quello che è e che rappresenta, bisognoso
quindi di essere difeso da qualsiasi uso improprio che possa stravolgere la sua stessa identità.
Quello che s'intende sopratutto far conoscere delle "tajate" è una peculiarità di cui pochi si sono
resi consapevoli: quella della sua rara bellezza.
Bellezza che, nel libretto "Tajate", si è voluta evidenziare ricorrendo soprattutto all'impiego
dell'immagine fotografica che, meglio di qualsiasi altro mezzo, è riuscita a esprimere "la faccia"
nuda e cruda di quel meraviglioso paesaggio dove si estraevano e si estraggono ancora oggi i
mattoni di pietra.
I centri storici del Salento devono in parte il proprio fascino alla pietra con cui sono stati
costruiti: quella appunto della "tajara".
Esse sono l'impronta di quei centri storici: un'architettura al negativo, dove gli spazi vuoti
corrispondono agli spazi pieni di chissà quale cattedrale, torre costiera, masseria, castello,
palazzo o casa... ma quanti piezzi de ddhe cave /quante case de ddhi piezzi, scrive il poeta
acquaricese Carlo Stasi nella sua poesia Alle cave.
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Le "tajate" sono il ventre della terra svuotato della sua sostanza...
un grembo di roccia tanto selvaggio quanto bello.
Ovviamente non di sola bellezza si pregiano le nostre "tajate".
Le loro muraglie "scolpite" dalle mani dell'uomo, i labirinti disegnati dalle scheletriche pareti
sopravvissute, gli immensi vuoti intervallati da quei giganteschi pilastri di roccia, oltre a
soddisfare l'occhio, hanno da raccontarci una loro storia se solo noi gli porgessimo l'orecchio.
Ci raccontano la vita di generazioni di "cavatufi", spremuti, con l'uso del piccone, delle loro forze
per "domare" la viva roccia. Ci parlano di fabbri e del fuoco con cui essi hanno appuntito il ferro
perché potesse ferire la pietra..., di muli sfiancati dalla fatica di tirare i traini carichi di conci,
d'ingegnosi carpentieri che costruivano quei robusti traini con l'uso di pialle e asce... e di tante
altre storie evocate dal paesaggio delle "tajate".
Vero è che la
nostra non sarebbe vita se la privassimo dei sogni.
Uno di quelli cui ci tengo e che vorrei si avverasse, è vedere la "tajata" ripulita, con percorsi
pedonali che consentano di raggiungere i punti di vista più spettacolari, staccionate di legno sui
tratti di percorso pericoloso, una maggiore cura per la macchia mediterranea già esistente e il
rimboschimento della stessa là dove il terreno lo richiede.
Dopo aver fatto queste semplici cose, si potrebbe, volendo, predisporre alcuni spazi per
spettacoli di diverso tipo, allestire in un luogo coperto una mostra permanente, con attrezzi di
lavoro, mezzi di trasporto, foto e quanto sarà necessario per documentare la vita della "tajata"...
Essa diventerebbe così
un museo apert
o, senza il bisogno di stravolgere minimamente la sua natura, la sua identità, la sua originale
bellezza.
Le "tajate" ora sono ancora lì. In silenzio, senza che nessuno se ne accorga, cemento e
catrame continuano a colare, in qualche loro angolo nascosto, sulla loro immagine,
nell'attesa che qualcuno corra per soccorrerle.
di Mario Ricchiuto
tratto da Progetto Salento n.19
Il libro del Prof. Mario Ricchiuto, pubblicato con il patrocinio del Comune di Acquarica del Capo,
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non solo testimonia l'importanza dell'industria del tufo nell'economia di Acquarica del Capo ma
assume anche un valore culturale, sociologico, antropologico degno di essere inserito nell'alveo
delle iniziative sul recupero e la valorizzazione della nostra storia, della nostra identità, delle
nostre tradizioni. Un giusto e degno riconoscimento, un "Monumento" appunto, alle cave, ai tufi,
alla pietra. Queste opere fanno certamente bene alla memoria, alla comunità, al territorio.
Ringrazio, pertanto, l'Autore per l'impegno profuso e per la delicatezza della sua "narrazione
fotografica", in cui ha raccontato una vita umana aspra e dura, ancora viva nella mente dei
cittadini di Acquarica del Capo. Sono onorato dell'opportunità di essere testimone di questo
lodevole contributo alla memoria locale, consapevole di un importante lascito della nostra
generazione a quelle che verranno.
Francesco FERRARO, Sindaco di Acquarica
Un libro, un sogno di Giuliano Cirilio
La pubblicazione del Libro "Monumento ai cavatufi di Acquarica del Capo. Le Tajate",
scritto dal prof.
Mario Ricchiuto
, è un'eccezionale contributo alla conoscenza storica e alla valorizzazione di luoghi che
nell'immaginario collettivo, purtroppo, vengono spesso considerati sinonimo di aree
abbandonate, degradate, ricettacoli di rifiuti di ogni genere, discariche (autorizzate o abusive).
E' un'ulteriore e per certi aspetti originaria testimonianza del percorso che la comunità di
Acquarica del Capo e il Salento tutto hanno fatto per giungere ai nostri giorni. Leggere questo
libro è come sfogliare le foto di un album di famiglia, dove l'ambiente umano e il paesaggio
diventano un tuttuno e parlano la stessa lingua.
L'Autore sogna di vedere un giorno restituita a quei luoghi la loro dignità e si rivolge agli
amministratori locali, auspicando che essi "
oltre ad aggiungere bellezze, spesso mal riuscite, nel paesaggio urbano, recuperassero quelle
già esistenti delle tajate, che non possono essere demolite per costruire edifici industriali, né si
possono prostituire per essere ricoperte con i vetri dei pannelli fotovoltaici
".
Noi di "Progetto Salento", oltre a ringraziare il prof. Ricchiuto per la collaborazione e per
l'accoglienza che ci ha riservato ospitandoci nella sua modesta e affascinante residenza,
vorremmo per quanto possibile incoraggiarlo. Il sindaco di Acquarica del Capo, dr.
Francesco Ferraro
, ci ha riferito che due anni fa è stato firmato un
Accordo di Programma
con la Regione Puglia, la Provincia di Lecce e il comune di Taurisano, per regolare in modo
sinergico tutte le problematiche che ruotano intorno alla valorizzazione delle "Tajate". Allo scopo
ci sono già stati vari incontri, a Lecce e a Bari, intorno a "tavoli tecnici". L'ostacolo maggiore da
superare riguarda la "proprietà" delle cave. Le Tajate si trovano infatti all'interno di proprietà
private, il che complica non poco ogni ipotesi di soluzione e di sistemazione dell'intera area ai
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fini turistico-culturali. L'amministrazione comunale di Acquarica del Capo ha intenzione di
valorizzare soprattutto le
Tajate più antiche
. Per questo – ci ha assicurato il sindaco – è stato conferito incarico ad un esperto perché "
prosegua lo studio del prof. Ricchiuto e arrivi a delle conclusioni da proporre poi all'attenzione
della Sovrintendenza ai Beni Culturali
".
Quindi qualcosa si muove, caro professore, lentamente secondo tradizione italiana, ma si
muove. Certamente servono fondi, impegno, pianificazione. Ma, a nostro parere, occorre
anzitutto un
riconoscimento istituzionale
delle Tajate, elevandole nei fatti a sito di interesse culturale e paesaggistico, luogo storico, uno
dei tanti "
tesoretti
" del Salento disseminati sul territorio e a rischio di sopravvivenza.
Pensiamo tuttavia che non tutto si può e di debba delegare alla politica, ai Palazzi, alla
burocrazia. Senza una "
rivoluzione culturale
" dal basso, senza una scossa ideologica che svegli i salentini dal loro torpore, dall'assurda
convinzione che il "
Salento da cartolina
" sia immortale, che le bellezze che hanno reso celebre la nostra terra in tutto il mondo siano
eterne, scontate e gratuite, senza una adeguata sensibilità e impegno civile la superficialità e
l'incuria saranno destinati a prevalere su tutto.
C'è da sperare nelle nuove generazioni?
Si, ma queste hanno bisogno di testimonianze positive e credibili, di campagne di informazione
capaci di sviluppare in loro un sentimento di orgoglio e un rispetto tali da renderli sentinelle
attente e severe della propria terra e del proprio paese. Dalle nuove generazioni soprattutto ci
attendiamo, anche attraverso "
Progetto Salento
", segnalazioni e denunce di luoghi e monumenti storici, come le Tajate di Acquarica del Capo,
da sottrarre al degrado e all'abbandono.
Piccoli gesti
per richiamare l'attenzione di tutti i soggetti e gli enti preposti alla loro salvaguardia, in modo che
nessuno possa avere più vuoti di memoria o alibi per dire "
non sapevo
".
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