www.archeofoligno.it
RCHEO
FOLIGNO
N OTIZIARIO
BIMESTRALE DI
C ULTURA
DELL ’A RCHEO C LUB D ’I TALIA SEDE DI
F OLIGNO
N. 2
MARZO - APRILE 08
Spedizione in A.P. art. 1. com. 2/C D.L. 3
n° 353/2003 - DCB/Umbria
Arco di Traiano
Rilievo dell’arco di Traiano a Benevento:
particolari (soffitto del gocciolatoio, profilo per la metà della faccia del capitello dell’arco),
1770 -Biblioteca Comunale, Fondo Piermarini
I disegni dell’arco di Trajano (1766, incisi da Carlo Nolli e pubblicati nel 1770) vengono
collegati “agli interessi personali” di ricerca del Piermarini e sono visti “quale conclusione
dell’esperienza romana”
Profilo biografico di Giuseppe Piermarini
Notizie tratte dal catalogo
“Giuseppe Piermarini e il suo tempo” Electa Editrice, Milano 1983
ARCHEO FOLIGNO
Notiziario bimestrale di Cultura
dell’ArcheoClub d’Italia
sede di Foligno
Autorizzazione
Tribunale di Perugia
n. 10/2003 del 07-02-2003
Direttore responsabile
Marco Morosini
Coordinamento di redazione
Carla Glingler
Grafica: EDICIT
di Giampiero Badiali
Stampa: GRAFICHE FLAMINIA S.R.L.
Zona industriale
Sant’Eraclio - 06034 Foligno (PG)
Hanno prestato la loro opera per la
stesura del N°2 del bimestre
Marzo - Aprile 2008:
L. Bertoglio, F. Bettoni, E. Cecconelli,
L. Cicioni, T. Giri, C. Glingler,
E. Marchionni, A. Picuti, R. Tavazzi
SEGRETERIA
Via Nobili 4 - 06034 Foligno
Aperta il giovedì dalle ore 16,30 alle
ore 17,30 a partire dal 27 -09-07.
In qualunque giorno si può fare riferimento ai
N°: 0742.351601 0742.379634 - 339.6826526
IMPORTANTE
Le conferenze avranno luogo presso
l’Università 3a Età – via Oberdan 123
Anni:1734-1756
Giuseppe Giorgio Pietro Baldassarre Piermarini nasce a Foligno il 18 luglio
1734 da Pietro e Crispolda Ubaldini. Il cappellano Francesco Polinori lo battezza
il 19 seguente, nella “cura” di Santa Maria Maddalena; gli sono padrino e madrina
Nicola Jacobilli e Chiara Stefanucci.
Sono questi gli unici dati storici relativi all’architetto in questa prima fase della
sua vita. Tutto quanto si dice sugli anni dell’infanzia e della giovinezza a Foligno è
il frutto di una tradizione costruita sulla scorta di Erasmo Fabri-Scarpellini (Discorso intorno alla vita ed alle opere di Giuseppe Piermarini, 1844).
Questi, “concittadino” e “parente” - come lo definisce sommariamente M. Faloci Pulignani nella prefazione alla riedizione del Discorso (1908) - avrà certamente raccolto le narrazioni orali circolanti nella sua famiglia senza tuttavia esibire
documenti materiali che provassero la sua narrazione biografica. Un certo umore
agiografico di Enrico Filippini, nel secolo successivo, completerà l’opera di costruzione induttiva e deduttiva, ma non storico-documentaria, della vita folignate del
“valente” architetto (cfr. E Filippini, Giuseppe Piermarini nella vita e nelle opere,
1936).
1756-1765
La tradizione biografica distingue, per il Nostro, due periodi di studentato a
Roma, uno tra il 1756 e il 1757 - alla scuola di Paolo Posi, Carlo Murena e soprattutto Luigi Vanvitelli - e un altro tra il 1763 e il 1764…. C’è anche un versante
folignate di questo periodo che, nella “peritia” (1764?) per il restauro del Palazzo
delle Canoniche trova la manifestazione di un intervento progettuale di non grande
significato ma di certa attribuzione.
1765-1769
Tra il 1765 e il 1769 Piermarini è a Napoli … Il Filippini, diversamente dai
precedenti, procede con maggiori cautele, soprattutto sulla questione del rapporto
di Piermarini con la “fabrica” della reggia di Caserta. Tuttavia con avventata sicurezza attribuisce al folignate un ruolo di “sopraintendente” ai lavori che non ebbe.
L’inevitabile confronto di Giuseppe con il cantiere, secondo Mazzenga e Tedde, va
considerato “esperienza esclusivamente didattica (…) mediazione solo conoscitiva
(…) ma illuminante per la comprensione della complessa articolazione di linguaggio e di riferimenti, della sintassi vanvitelliana”
continua nel prossimo numero
Fabio Bettoni
DIETRO LE QUINTE
ARCHEOCLUB
D’ITALIA
SEDE DI FOLIGNO
Mi sembra giusto e doveroso cominciare il discorso parlando del rinnovo delle
cariche sociali nazionali avvenuto con le votazioni del 16 Dicembre 2007.
Dalla Newsletter della Presidente neoeletta, Dott.ssa Clelia Arduini, i soci hanno potuto
prendere atto della configurazione degli organismi centrali e delle linee principali del programma che verrà meglio illustrato nel Notiziario nazionale del bimestre Marzo-Aprile
2008.
Intanto penso sia fondamentale che la Sede di Foligno possa far giungere la sua voce attraverso due rappresentanti: Andrea Casale nel Collegio dei Revisori dei Conti e la sottoscritta
nel Consiglio Nazionale. A coloro che hanno espresso con il voto la propria fiducia giungano i nostri ringraziamenti.
Entrando nel merito delle deleghe affidate dalla Presidente Nazionale ad alcuni Consiglieri,
informo che dovrò curare il settore della “formazione del personale della scuola” in quanto
alla sede di Foligno è stato riconosciuto il merito di aver prodotto la documentazione che ha
permesso all’Archeoclub d’Italia di essere accreditato dal Ministero della Pubblica Istruzione come “Ente formatore” con decreto 10/10/2005.
Il settore è difficile perché ci si deve confrontare con una realtà scolastica soggetta a continue mutazioni d’indirizzo progettuale di fronte alle quali molto spesso s’ingenera nei Dirigenti e nei Docenti, già oberati da impegni interni e bersagliati da una gamma troppo
ampia di proposte esterne, un comprensibile stato d’animo di diffidenza e di rifiuto. Quello
che l’Archeoclub fa per rapportarsi con la Scuola di oggi deriva da intuizioni di carattere
sperimentale locale (Fabriano, Pisa, Foligno…), pertanto, per offrire un supporto formativo
qualificato, è necessario uscire dal particolarismo agevolando la comunicazione tra le Sedi
e creando un canale informativo con gli Uffici scolastici regionali e con lo stesso Ministero
della Pubblica Istruzione. Per questo specifico scopo sarà realizzata a breve nel nostro sito
(wwwarcheofoligno.it) una sezione intitolata “Formazione nazionale” in diretto collegamento con il sito nazionale (wwwarcheoclubitalia.it) dove saranno pubblicate notizie utili
e note orientative.
Sono sicura che la Presidente, energica e volitiva, ed il Consiglio Nazionale, in cui spiccano
diversi elementi giovani, garantiranno l’appoggio necessario.
Tornando ad acque più familiari e conosciute, cioè alla nostra città dove il giorno
16 febbraio u.s. è stato solennemente inaugurato l’anno celebrativo del secondo centenario
della morte dell’Imperial Regio Architetto Giuseppe Piermarini, l’Archeoclub ha risposto
all’appello del Sindaco con alcune iniziative:
1. saranno dedicate all’opera del Piermarini le copertine del Notiziario ArcheoFoligno N°
2 – 3 – 4 – 5. I disegni saranno scelti in virtù dei riferimenti al mondo dell’arte classica
e dell’archeologia;
2. sarà programmato per l’autunno 2008 un incontro importante sul tema “L’antico attraverso i secoli dal Cinquecento al Settecento” (in via di definizione);
3. sarà organizzata una Mostra didattica (eventuale) con i prodotti delle scuole che risponderanno all’invito.
Il programma culturale Ottobre 2008/Maggio 2009 sarà impostato tenendo conto dell’andamento cronologico del percorso seguito fin qui che si chiude a Maggio con la conferenza
“Medioevo al tramonto. Una famiglia ricca e potente di Foligno: i De Comitibus”.
Il Comitato Scientifico cercherà di conciliare il Cinquecento, logica prosecuzione del nostro viaggio attraverso il tempo, con il Settecento, secolo del Piermarini, ponendo l’accento
proprio sull’influsso che l’antichità ha esercitato sugli uomini di epoche diverse al punto da
costituire fonte d’ispirazione per rinnovate espressioni d’arte.
Chiudo rivolgendo un saluto particolare di benvenuto ai nuovi soci ed invito coloro che ancora non avessero rinnovato la tessera ad iscriversi (subito!) perché la crescita
di un’Associazione è motivo di gioia e di gratificazione per chi dedica tanto tempo e tante
energie al volontariato, ma è soprattutto elemento di forza in sede d’incontro e di confronto
con gli Organismi nazionali.
A voi tutti giungano il mio pensiero affettuoso, gli auguri di Buona Pasqua e la raccomandazione di essere presenti alle conferenze prossime venture!
La Presidente
Carla Glingler
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ARCHEO FOLIGNO
Al via le celebrazioni
per il secondo centenario
della morte di Giuseppe Piermarini
Elisabetta Marchionni
L
e iniziative in programma per celebrare il grande architetto di Foligno si sono aperte con l’evento
di sabato 16 febbraio, svoltosi all’Auditorium San Domenico. Un convegno, con l’intervento del
Sindaco Manlio Marini, del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, Francesco Scoppola, dell’Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Vittorio Sgarbi, e
dell’Assessore alla Cultura della Regione dell’Umbria, Silvano Rometti. Poi, tre preziosi interventi tratti dallo studio accurato dei relatori Marcello Fagiolo, sul tema “Effimero e teatro
tra barocco e neoclassico”, Marisa Tabarrini, sul soggetto “Giuseppe Piermarini, il mestiere
dell’architetto” e Paolo Portoghesi, sull’argomento “Giuseppe Piermarini, architetto della
Scala di Milano”. Infine un concerto, eseguito dal Quartetto Savinio, da un’idea di Sandro
Cappelletto: “La notte delle dissonanze”, a cura dell’Associazione Amici della Musica
di Foligno.
Le manifestazioni vedono la stretta collaborazione del Comune di Foligno con il
Comune di Milano e con quello di Monza. Dopo un triennio, infatti, le iniziative
si concluderanno a Milano e, in attesa del decreto governativo per la costituzione del Comitato Nazionale per le celebrazioni piermariniane, è prevista una
mostra per raccontare la personalità e le opere del Piermarini e la pubblicazione in edizione critica dei due taccuini di appunti appartenuti al celebre
architetto.
Giuseppe Piermarini (1734 -1808), uno dei più brillanti esempi del
neoclassicismo europeo, dopo un’iniziale formazione nella città natale, lavora a Roma e successivamente a Napoli, collaborando,
tra il 1765 e il 1769, con il Vanvitelli alla Reggia di Caserta. In
quest’ultimo anno si trasferisce a Milano. Nel 1776 ottiene la
cattedra di architettura all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Viene incaricato dal governo austriaco di realizzare la residenza cittadina dell’arciduca Ferdinando d’AsburgoEste, riadattando il Palazzo Regio Ducale nei pressi del
Duomo, e una residenza nella campagna di Monza.
Inizialmente progettata come luogo di villeggiatura, la dimora diviene per volontà dell’arciduca
un vero e proprio palazzo di corte e di rappresentanza, dalle soluzioni sobrie e dall’organizzazione degli spazi funzionale e attenta
alle esigenze abitative.
In quest’ultima impresa Piermarini interpreta alla perfezione la razionalità
neoclassica in un contesto suburbano. È proprio la facciata di Villa
Reale a Monza, progettata per
la corte asburgica tra il 1777
ed il 1870, ad essere raffigurata sul francobollo
commemorativo emesso
ARCHEO FOLIGNO
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dalle Poste Italiane, con un annullo speciale a Foligno, nel giorno stesso della ricorrenza della morte del grande architetto,
il 18 febbraio. Il bozzettista ed incisore è Antonio Ciaburro, dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.
All’opera del Piermarini si deve inoltre la valorizzazione delle aree intorno a Porta Orientale a Milano, la sistemazione
dei giardini pubblici, gli apparati per le nozze dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo con Beatrice d’Este, l’apparato per
le esequie dell’Imperatrice Maria Teresa, gli apparati per la festa della Federazione.
La sua opera universalmente conosciuta è il sontuoso tempio della lirica milanese: il Teatro alla Scala, che l’architetto
folignate realizza nel triennio 1776-1778. Un edificio di foggia neoclassica, che lascia però trasparire il recupero di
un linguaggio morfologico rinascimentale. Paolo Portoghesi, architetto, storico e critico di fama internazionale,
ha definito il Teatro alla Scala uno dei momenti più alti dell’architettura in Italia. Anzi, nessun teatro in Europa
rappresenta tanto bene come un monumento possa raggiungere un tale equilibrio con il tessuto urbano.
L’espressione individuale dell’architetto diviene allora capacità interpretativa del paese nel senso umano
(anche Palazzo Trinci a Foligno, dice Portoghesi, non è isolabile dal contesto urbano ed è esempio di
straordinaria connessione tra edificio e architettura circostante). Punto di arrivo del teatro all’italiana,
il Teatro alla Scala è luogo dello spettacolo e della società, in cui lo spazio domina sulla ripartizione
dei palchi.
È la società nel momento dell’incontro, la piazza che si sublima in un’area interna, l’apice
dell’opera d’arte che interpreta una funzione collettiva e spirituale. L’architettura del Teatro
alla Scala avvicina lo spettatore e lo avvolge, un po’ come il coinvolgimento decritto da Stendhal quando parla dell’inizio di un’architettura romantica: quella che si protende verso le
persone che entrano e verso le carrozze che arrivano, in sintonia con l’ambiente e con una
dimensione interiore che si riflette nell’immaginario architettonico. Oggi dell’edificio
originario, dopo i successivi interventi, resta la facciata, ristrutturata ad opera del
Botta, e l’impianto generale.
Altri teatri sono quello della Canobiana a Milano, il Teatro Nuovo di Mantova,
quelli di Crema e Monza. Sempre all’insegna di un particolare equilibrio formale fatto di razionalità, eleganza e misura, Piermarini progetta edifici pubblici
per il governo e l’amministrazione, edifici per l’istruzione e per l’assistenza,
ma anche residenze prestigiose: oltre alla Villa Ducale di Monza, realizza
Villa Borromeo a Cassano d’Adda, Villa Cubani a Desio e Villa Barbiano di Belgiojoso, dove ripropone le forme della Reggia di Caserta,
sebbene profondamente semplificate. Nel 1779 viene nominato Imperial Regio Architetto. Nel 1796, l’arrivo dei francesi determina
una stasi nella produzione architettonica milanese e Piermarini
preferisce lasciare Milano.
Nel 1798 torna infatti a Foligno, approntando il progetto per
la cappella del Sacramento nella chiesa di San Lorenzo a
Spello e realizzando interventi nel Duomo della sua città
natale. Muore nel 1808, lasciando un patrimonio di disegni unico al mondo conservato ora nella Biblioteca
Comunale di Foligno.
Interpretazione grafica di Tommaso
Giri (particolare).
Giuseppe Piermarini è visto
come “creatore di perfezione,
di ordine, di armonia” che
evoca il passato e realizza
nel Teatro alla Scala lo
“spirito apollineo” della
misura classica.
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ARCHEO FOLIGNO
Inaugurato
il Museo della Diocesi
di Foligno
Emanuela Cecconelli
N
el creare, custodire ed esporre un’opera d’arte sacra, l’uomo
comunica la propria fede. E la fede cristiana prende forma
manifestando un’esigenza di incarnazione continua, tramite
la realizzazione di manufatti il cui pieno valore si scopre coniugando
l’analisi delle qualità estetiche con lo studio del messaggio spirituale. Una tale consapevolezza sta alla base della volontà di creare il
museo della Diocesi di Foligno: non a caso la cerimonia di apertura,
tenutasi lo scorso 26 gennaio, si è svolta all’interno della Cattedrale,
in un’atmosfera di festa e alla presenza di una folta platea trepidante ed emozionata. Gli interventi sono stati coordinati da Rita Fanelli
Marini: dopo il saluto del Vescovo monsignor Arduino Bertoldo, del
Sindaco Manlio Marini e dell’Assessore Regionale per l’amministrazione e le risorse finanziarie Vincenzo Riommi, monsignor Giuseppe
Betori - Segretario Generale della CEI - ha sottolineato il fatto che la
produzione artistica della Chiesa affonda in una precisa radice di fede
e che per questa ragione l’impegno intorno ai beni culturali delle varie
diocesi italiane riveste una profonda importanza catechetica. Successivamente l’architetto Francesco Scoppola, direttore regionale per i
Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, ha spostato l’attenzione
sul fatto che la “convenienza” del creare un museo non va certo ricercata nell’immediato tornaconto economico, ma è piuttosto misurabile
nei termini di una scoperta delle proprie radici culturali. Infine, la curatrice scientifica del museo Giordana Benazzi ha descritto il percorso
della parte attualmente visitabile della struttura: l’antica statua lignea
di San Feliciano accoglie il visitatore come un vero e proprio “padrone
di casa” e introduce nello spazio, illuminato dal rosone della seconda
facciata del Duomo, dove si trova anche l’accesso al cavalcavia di
collegamento con Palazzo Trinci; qui sono esposti alcuni interessanti
reperti risalenti a varie fasi storiche del Duomo stesso.
Una sala è dedicata alla collezione Roscioli (1703), purtroppo in gran parte dispersa, ma che comprende i due busti di Bartolomeo e Diana Roscioli, opera della prestigiosa bottega di Gian Lorenzo Bernini, e la pregevole copia della nota Madonna di
Foligno di Raffaello, in passato assegnata ad uno dei più importanti allievi dell’Urbinate, Giulio Romano, e da Giordana Benazzi
ipoteticamente riferita al Cavalier d’Arpino. Una sezione del percorso è dedicata alla tele superstiti che decoravano gli altari cinquecenteschi del Duomo, fra le quali spiccano le opere di Ferraù Fenzoni, detto il Faenzone, di Ventura Salimbeni, di Cristoforo
Roncalli, detto il Pomarancio e di Noël Quillerier.
Fra i dipinti quattrocenteschi conservati nel museo si ricordano il tabernacolo, finora esposto nella sacrestia della Cattedrale,
realizzato nel 1463 da Nicolò Alunno in collaborazione con il suocero Pietro di Mazzaforte per la confraternita della Misericordia, e due preziosi dipinti di Bartolomeo di Tommaso: il famoso polittico di San Salvatore, del 1432, e un affresco staccato dalla
facciata della stessa chiesa collegiata di Foligno, rappresentante la Fuga in Egitto. Uno dei capolavori più affascinanti conservati
nel museo è senza dubbio la tela seicentesca raffigurante la Bottega di San Giuseppe, misteriosa opera proveniente dalla chiesa
di Serrone e attribuita ad un dotato pittore franco-fiammingo. Fra i manufatti provenienti dal territorio diocesano, rientrano anche
alcune interessanti sculture lignee, come la Madonna di Santa Maria Infraportas e il tabernacolo proveniente dall’eremo di Pale,
più volte trafugato e attualmente in stato frammentario, ma comunque di estremo interesse artistico ed iconografico. Completa il
percorso la suggestiva esposizione di croci astili realizzate fra il Trecento e il Cinquecento per le varie chiese della diocesi.
Durante la cerimonia di apertura si è più volte parlato della realizzazione di un sogno, e questo perché, insieme al museo del Comune allestito all’interno di Palazzo Trinci, al quale è strettamente legato, il museo diocesano rappresenta senza
dubbio un’importante conquista per la riscoperta del patrimonio artistico del territorio folignate: ci si augura pertanto che le
due strutture possano presto divenire parte di un percorso integrato, con la finalità di costituire una più completa ed organica
offerta culturale.
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ARCHEO FOLIGNO
“GLORIA e MALUM”
musica e danza del quattrocento a Palazzo Trinci con
l’ENSEMBLE MICROLOGUS e la COMPAGNIA DI DANZA ANTICA BELREGUARDO
Il 19 settembre 1887 Michele Faloci Pulignani offrì al “ch. sig. Dr. Rodolfo Renier” un omaggio del tutto particolare in occasione
delle sue nozze con “l’ottima Signorina Amalia Campostrini”.
Si trattava di un libretto che veniva presentato allo sposo come tributo di rispettosa amicizia con il titolo “Otto basse danze di M.
Guglielmo da Pesaro e di M. Domenico da Ferrara pubblicate da D. M. Faloci Pulignani” in Foligno nella tipografia di Pietro Sgariglia.
Le otto bassedanze - scriveva il Faloci Pulignani - “trovansi in un codicetto cartaceo del secolo XV, appartenente alla biblioteca del
Seminario Vescovile di Foligno segnato B, V, 14,…” Una sorta di “cimelio letterario” di appena sedici pagine vergate con una grafia
minuta dalla mano (probabile) del più famoso maestro di danza del ‘400, Guglielmo Ebreo da Pesaro.
Chi oggi volesse prendersi la briga di sfogliare il prezioso manoscritto lo troverebbe, rimesso in sesto da un recente restauro, sotto
la sigla D. I. 42.
Il perché Michele Faloci Pulignani avesse scelto un dono così curioso può trovare spiegazione nel fatto che tra gli eruditi del suo
tempo era segno di distinzione regalare rarità letterarie, meglio se inedite ed originali.
Non solo. Potremmo anche supporre che l’idea fosse venuta al nostro insigne studioso in quanto nel XV secolo le bassedanze erano composte per sposalizi e feste di corte “… E pui me atrovai a Camerino quando el signore messere Alixandro sposò madonna
Costanza… e fo facta bella festa…” (Paris, Bibliothèque Nazionale, f. ital. 476; Guglielmi Hebraei Pisauriensis, de pratica seu arte
tripudii vulgare opusculum, c. 72r.).
Dunque, con il codice D. I. 42 (già B, V, 14) entriamo in una ipotetica corte italiana del ‘400 dove erano praticati il ballo e la bassadanza di cui parlano i trattati conservati negli archivi e nelle biblioteche di città italiane e straniere (Firenze, Modena, Siena, Venezia,
Parigi, New York…) tra le quali occupa un posto di tutto rispetto la Biblioteca Jacobilli.
Chieko Ono, Direttrice della Compagnia di Danza Belreguardo afferma che “i Maestri
della danza di corte del Quattrocento codificarono, elaborarono ed elevarono le danze
a livello d’arte, creando e sviluppando non solo le coreografie, ma anche le teorie e
le musiche. Tali forme di espressione artistica racchiudono la bellezza di un passato
scomparso, che si svela e torna a vivere grazie al lungo lavoro di ricercatori specializzati”.
Ecco allora la straordinarietà dello spettacolo “Gloria e Malum. Gioia e dolore dei signori” che ripropone nel titolo due degli otto nomi delle bassedanze
del codice D. I. 42 di Foligno. Nell’interpretazione musicale, resa possibile
dallo studio comparato del codice 431 della Biblioteca Augusta di Perugia
con altre carte musicali dell’epoca, e nel ritmo dei passi, ora veloce ora
lento, si potrà leggere la storia dell’esaltazione e dell’affanno di una storia
d’amore, ma anche l’apoteosi e il tragico tramonto di una dinastia signorile
e, più in generale, l’intreccio di contrapposte sorti e vicende in ogni umana
esistenza.
Nessuno spazio più della sala Sisto IV di Palazzo Trinci poteva creare una
ambientazione di maggiore suggestione scenografica: qui la Compagnia di Danza Antica Belreguardo e i musicisti dell’Ensemble Micrologus hanno effettuato
la registrazione di un CD concretizzando un percorso di ricerca e di elaborazione secondo il progetto ideato da Rodolfo Broegg nel 2004. Qui l’Archeoclub di Foligno, gli Amici della Musica di Foligno, il Comune di Foligno e
la Regione Umbria hanno voluto celebrare un evento di notevole spessore
culturale che fa rivivere il fasto di una corte raffinata dell’Italia centrale al
tramonto del Medioevo. Qui il 13 Marzo 2008 sarà possibile concedersi il raro godimento di una rappresentazione che riesce a coniugare in
perfetta armonia la storia letteraria, la storia del costume, la musica, la
danza e la poesia.
Carla Glingler
Antioco e Stratonice danzano durante le loro nozze,
particolare di cassone (metà del sec. XV), San Marino.
I MAESTRI
de la arte di ballare et danzare
Domenico da Piacenza o da Ferrara (probabilmente sua città
adottiva), attivo intorno alla metà del secolo XV, deve la sua importanza al primo trattato dell’arte coreografica di cui si abbia
notizia, che reca il titolo De arte saltandi et choreas ducendi. De
la arte di ballare et danzare. Non vi sono dati esaurienti che ci
permettano di ricostruire la sua vita, ma alcuni elementi si possono desumere dal confronto con le più documentate biografie
degli allievi. I più famosi furono Antonio Cornazzano e Guglielmo Ebreo da Pesaro. Anch’essi scrissero trattati sulla danza
e insieme con il loro maestro costituirono una sorta di scuola
di danza che ebbe nella corte di Alessandro Sforza a Pesaro il
punto di riferimento, ma in realtà itinerante nelle corti dell’Italia centro-settentrionale quali quella dei Varano a Camerino, dei
Montefeltro a Urbino, degli Este a Ferrara, oppure degli Sforza
a Milano e poi ancora Mantova, Padova, Pavia.
Mentre i trattati di Domenico da Piacenza e di Cornazzano ci
sono giunti in un’unica copia, quello di Guglielmo Ebreo, De
pratica seu arte tripudi vulgare opusculum, a conferma della
grande fama dell’autore, sopravvive in sette codici manoscritti e
tre frammenti, tra cui quello della biblioteca Jacobilli di Foligno,
trascritto e pubblicato da Michele Faloci Pulignani nel 1887. Il
trattato del coreografo pesarese è costituito da una prima parte di
carattere teorico e una seconda con la descrizione coreografica
di diverse bassedanze, alcune delle quali attribuite dallo stesso
autore a Domenico da Piacenza. Di tale opera, oltre all’edizione
di Francesco Zambrini del 1873, citata da Faloci, è stata pubblicata una nuova edizione da Barbara Sparti (Oxford 1993).
Roberto Tavazzi
Preposta de laula cioè malum
Quisti inpitj martirj qujsti toi afannj
questa aspera vita et questa fiama adciesa
che tiene tua folza per me si sospesa
con breue gaudi et infinitj engannj,
Queste lagreme crode et ingiostj dannj
che per amore amaro nel cor ten prese
queste large promesse et longie adtese
qujsti persi mal dj nocte ore et annj,
Credi tu che pieta sia maj da tanto
che rompa el freddo pectto ad me crudele
et porgatj mercie col vjso santo,
Ouer che lu tuo serujr cosi fedele
amor lu cropa sotto l’orato manto
et per non più uederme alsi le uele?
E’ il primo di “tre sonetti relativi alla seconda bassa danza intitolata “malum” che qui testualmente riproduciamo, malgrado la lezione scorretta con la quale furono
scritti. Tutti tre hanno il titolo che abbiamo conservato”.
(D.M. Faloci Pulignani)
Curiosita’ letterarie
Rodolfo Renier,
“fra i più distinti cultori della nostra storia letteraria” (M. Faloci Pulignani)
Rodolfo Renier (Treviso 1857- Torino 1915). Noto critico letterario, filologo e studioso, studiò ad Urbino con il Pascoli, a
Bologna fu allievo del Carducci, si laureò a Torino. Nel 1883
ottenne la cattedra di storia comparata delle letterature neolatine
presso l’Università di Torino. Fu uno dei principali esponenti di
quella corrente storico-erudita che si sviluppò, con l’affermazione del positivismo, nella seconda metà dell’800, caratterizzata
dallo studio severo delle fonti e degli archivi, dall’indagine filologica dei testi, dall’approfondimento critico del periodo storico
e dell’ambiente. Fondò nel 1883 (e diresse per trent’anni) con
Graf e con F. Novati il Giornale storico della letteratura italiana, che resta la sua opera maggiore. Come studioso di letteratura
trecentesca, R. preparò il testo critico delle liriche di Fazio degli
Uberti, di novelle inedite di G. Sercambi, di alcuni autori rinascimentali. Lasciò una copiosa produzione di opere, saggi, articoli,
tra i quali: un saggio su “La vita nuova”, libri su “il tipo estetico
della donna nel medioevo”, “I filelfo”, “Mantova ed Urbino”,
“La cultura e le relazioni letterarie di Isabella Gonzaga”, “Svaghi critici”, etc. Gli è dedicata una via a Torino. Quale sia stato
il punto di contatto con Faloci non è facile stabilirlo. Resta però
il fatto che Renier pubblicò nei primi numeri della sua rivista il
saggio di Faloci Le lettere e le arti alla corte dei Trinci di Foligno, suscitando qualche disappunto tra i colleghi letterati della
redazione intenti a discutere del rapporto tra storia e storia della
letteratura. Il Renier, scrivendo a Novati il 17 dicembre 1882,
definisce Faloci “bravissimo prete”.
La Biblioteca Comunale di Foligno custodisce il carteggio tra il
Faloci e il Renier costituito da 64 lettere scritte a partire dal 1882
fino al 1912 (F. 315).
Roberto Tavazzi
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ARCHEO FOLIGNO
In mostra a Valtopina tessuti originali tra ’400 e ’500
e ricami moderni ispirati al Pinturicchio
G
iorgio Vasari stroncò senza apparenti esitazioni la figura di Bernardino di Betto, detto il Pintoricchio: “ebbe
nondimeno molto maggior nome che le sue opere non meritano”. Il suo giudizio
impietoso ha condizionato a lungo la critica, schiacciando l’artista
perugino fra i minori di un’epoca
che forse come poche altre ha conosciuto capolavori. Eppure anche il Vasari
non può tacere la fortuna di cui godette Pinturicchio che lavorò per i papi, i vescovi, i cardinali e i maggiori signori del suo tempo. L’esposizione allestita presso la Galleria Nazionale dell’Umbria
consente di vedere raccolte molte delle opere su tavola
del pittore e della sua cerchia, ma non può che rimandare
agli splendidi cicli di affreschi dove forse appare in modo
più netto il suo genio creativo. Non per nulla il percorso della
mostra conduce quasi naturalmente a Spello, alla Collegiata di
S. Maria Maggiore, con la cappella Baglioni, dove è possibile
girare, sospesi sopra l’altrettanto splendido pavimento uscito
dalla bottega derutese del Frate, per perdersi nei mille dettagli
che rendono straordinariamente vivi gli affreschi. Questo legame fra pittura e pavimenti in maiolica è solo uno dei segni che
conducono dal Pinturicchio alle cosiddette arti minori. In questo senso è affascinante il progetto espositivo che si snoda nelle
vicine stanze della Pinacoteca Comunale dove dettagli delle
sue opere e manufatti usciti dalle mani sapienti degli artigianiartisti contemporanei sono confrontati restituendo il sapore di
una quotidianità perduta. Sembra quasi di leggere l’attenzione
del figlio del cardatore di lana per quelle mani quasi sempre
anonime che rendevano splendidi gli abiti delle donne (e degli
uomini di Chiesa), che incastonavano gemme in aeree montature d’oro, che scolpivano paraste lignee o basi di leggii, che
modellavano vasi e incidevano il
metallo.
Nel quadro degli appuntamenti organizzati intorno alla mostra
dedicata a Pinturicchio, si segnala un
evento minore, ma che si inserisce spontaneamente in questo quadro. A Valtopina le ricamatrici della Scuola del Ricamo
hanno realizzato una serie di piccoli capolavori, ridisegnando con ago e filo alcuni
dettagli delle opere del Pintoricchio, con la
perizia sorprendente di un’arte che più che pedissequa restituzione, è sfida tecnica e reinvenzione. L’occasione vuole essere un omaggio ad un
artista che probabilmente nella bottega del padre
comprese il valore di un buon tessuto e che mostra
sempre nelle sue opere un’attenzione particolare
alle vesti, alle stoffe appese, alle tovaglie…. Con la stessa cura
raffigurò il telaio di Penelope nella scena del ritorno di Ulisse
oggi a Londra e il gruppo delle filatrici delle stanze Vaticane.
La natura settoriale del piccolo ma ricco Museo del Ricamo
e del Tessile ha consentito di entrare un po’ più nel dettaglio
dell’arte tessile del tempo del Pinturicchio con le sue manifestazioni locali, i suoi punti, le materie prime, raccogliendo
esperienze diverse e legandole con sapienza. E vi è un poco il
segno anche della nostra associazione e della mostra didattica
“Archeoclub e scuola”. In quella sede infatti, fra gli altri interessanti lavori realizzati dal Liceo Scientifico, erano stati esposti i risultati di una ricerca pluridisciplinare coordinata dalla
professoressa Pasqualoni sulle Tovaglie perugine, una parte
della quale viene riproposto in mostra. Una piccola eredità, ma
significativa, dei Segni Disegni e Figure che ci hanno accompagnato lo scorso anno.
Lucia Bertoglio
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ARCHEO FOLIGNO
Giovanni Di Corraduccio
La Toponomastica e …
la Musa della Storia
Luciano Cicioni
S
ono sempre in via dei Trinci, sempre sulle due ruote, sempre sui pedali ed
ho incrociato, via Barbati, via Tignosi, Via Flavio, via Girolami. Arrivo
all’imbocco di un’altra traversa e leggo “Via Giovanni da Corraduccio”.
Avevo proposto tempo fa, ed insisto nel suggerimento, di far scrivere al di sotto
dei nomi delle vie una indicazione almeno sommaria sul tizio cui la strada è
intitolata.
Ma nel caso di Giovanni da Corraduccio, ci vuole qualche cosa di più: occorre
correggere anche il nome. E sì perché non si tratta di Giovanni “da” Corraduccio
ma di Giovanni “di” Corraduccio.
Quisquilie direte voi? Non credo.
E’ arcinoto che la preposizione “di” indica la paternità: Bartolomeo di Tommaso
è probabilmente figlio di un tal Tommaso, mentre la preposizione “da” indica
il luogo di provenienza: Leonardo “da” Vinci è un signore che proviene dal piccolo borgo nei pressi di Firenze. Venendo al nostro Giovanni, che non veniva
da Corraduccio, borgo dell’eugubino, ma dai lombi di un tale che si chiamava
Corraduccio, bisognava scrivere “Giovanni di Corraduccio” e non “Giovanni da
Corraduccio”
Chi si occupa della toponomastica dovrebbe essere meno superficiale ed usare
una maggiore attenzione. Dico questo perché sul lato opposto della via dei Trinci
vi è un’altra traversa intitolata al pittore Lattanzio (figlio di Niccolò Alunno)
che è indicato come “Lattanzio Niccolò” e non come effettivamente si chiamava
e cioè “Lattanzio di Niccolò”. Se sulla targa lo spazio non è sufficiente basta
scrivere solo “Lattanzio”. Credo che questi non siano oziosi puntigli. Provate a
leggere “Leonardo di Vinci” e vedrete se suona bene.
Giovanni, figlio di Corraduccio, pittore nato a Foligno intorno al 1370, attivo in
città, in Umbria e nelle Marche venne “scoperto” dall’archivista e bibliotecario
perugino Adamo Rossi. Questo studioso, tenace frugatore di archivi, in occasione di una sua visita a Fabriano nel 1872 rinvenne il contratto che l’artista (Iohannes Coradutii de Fulgineo) stipulò nel 1415 con certo Gregorio di Nicoluccio ed
aveva ad oggetto gli affreschi della cappella di Santa Croce nel duomo di quella
città marchigiana. Il compenso era fissato in trecento ducati con un acconto di
dieci a metà dell’opera ed il saldo alla verifica.
L’affresco “Marta in cucina” del monastero di S.
Accertata con certezza documentale la paternità di quelle pitture si pervenne
Anna, a seguito del rinvenimento di un documento
negli anni successivi alla attribuzione all’artista folignate di numerose altre opere
notarile del 1451, è oggi attribuito ad Andrea di Cagno o a Pietro di Mazzaforte.
a Foligno, Bevagna, Trevi, Montefalco, Giano, Camerino, Spoleto, Visso, Treia,
Cagli, Assisi.
Le notizie sulla sua vita sono scarsissime: sappiamo che visse tra il 1375 e il 1440, che aveva il soprannome di “Mazzaforte” e che
un suo figlio (Pietro di Mazzaforte appunto) pittore assai noto e quotato, era il suocero di Niccolò Alunno perché padre della di lui
moglie Caterina. Non ho il tempo e men che meno la competenza per intrattenere il lettore sull’arte del nostro Giovanni. Voglio solo
segnalare la copertina qui riprodotta. Si tratta del particolare di una straordinaria immagine in fresco che si trova nel monastero di
S. Anna a Foligno e che ha per tema “Marta in cucina”.
Il libro ha il titolo “Giovanni di Corraduccio” ed è un approfondito studio di Pietro Scalpellini, ricco di materiale fotografico e
documentario, edito nel 1973 a cura della casa editrice “EDICLIO” di Foligno. La Ediclio Srl era nata nel lontano 1972 ed i soci
fondatori erano Arnaldo Picuti, che per primo l’aveva ideata, Giovanni Carnevali e il sottoscritto. La sua attività, nel campo della
storia e dell’arte in Umbria, si protrasse per qualche anno con un catalogo ricco di diversi titoli, con grande diletto dei lettori e più
ancora dei soci le cui emunte finanze alla fine cedettero.
Si chiamava Ediclio dal nome della musa della storia.
Vedendo le tante belle iniziative di oggi abbiamo la presunzione di credere che almeno un seme allora lo gettammo.
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ARCHEO FOLIGNO
LUOGHI DI VITA RECLUSA
e DONNE MONACATE
Tra antico e moderno
Roberto Tavazzi
I
monasteri femminili risultano poco numerosi fino all’undicesimo secolo. Si discute se ciò corrisponda alla verità
storica o se sia semplicemente il risultato della carenza di
carte prodotte o conservate atte a documentare tali istituzioni
oppure ancora se sia stata la precarietà dei tempi che costringeva le religiose a lasciare i luoghi di clausura per motivi di
sicurezza.
La poca rilevanza numerica o la scarsa documentazione possono essere comunque segnali che il monachesimo femminile nell’alto Medioevo è una presenza marginale nella società
dell’epoca, diversamente da quello maschile. Anche Foligno
lo può testimoniare se si considera che nessun insediamento
monastico femminile sembrerebbe documentato fino al XII secolo, mentre diversi sono quelli maschili, come risulta dagli
studi di mons. Mario Sensi: S. Silvestro, poi ospedale di Santo Spirito (nei pressi del ponte di S. Giacomo); S. Angelo de
gruttis, S. Croce di Sassovivo, S. Biagio di Salvino (nei pressi
di Capodacqua di Foligno), S. Stefano di Gallano, S. Pietro di
Landolina. Il monachesimo femminile altomedievale si qualifica dunque come fenomeno di poca rilevanza numerica e di
carattere elitario in quanto luogo e strumento di equilibrio e
di sanatoria di certe condizioni politiche e sociali riguardanti
essenzialmente le classi nobili e agiate.
Molto diversa la situazione a partire dal secolo XIII. Il rinascimento all’interno del fenomeno monastico femminile non va
ricercato in concomitanza col più vasto movimento culturale
della seconda metà del Quattrocento, ma in pieno Duecento,
al tempo di Chiara d’Assisi e della nascita di nuove e più convincenti forme del vivere in religione, sollecitate dagli ordini
mendicanti.
In quel tempo si mosse uno stuolo di donne nuove che connotarono la vita religiosa con la loro femminilità, in un contesto che
non aveva affatto cessato di essere chiaramente maschilista. Lo
status di donna monaca, che dall’alto medioevo era appannaggio quasi esclusivo delle donne di famiglie nobili, si allarga e
conquista una più ampia fascia del mondo femminile, maturato
negli ambienti della nascente borghesia cittadina e del popolo.
Gli elementi di novità che meglio connotano il cambiamento di
prospettiva possono essere identificati nell’allettamento della
clausura e nel mutato rapporto con la città.
La vita all’interno dei monasteri era regolata per la massima
parte dalla regola di San Benedetto da Norcia, scandita dall’alternanza tra la preghiera e il lavoro manuale che conseguiva
all’organizzazione della vita comune. Ma il sostentamento vero
dei monasteri proveniva dalle ingenti dotazioni fondiarie che le
famiglie dominanti assegnarono ad essi anche in conseguenza
dei legami parentali con monaci e monache, trasformando i
monasteri in centri di potere soprattutto economico.
Il movimento francescano, sposando l’ideale di madonna povertà, si pone in una logica completamente nuova, che porta
le religiosae mulieres a vivere di preghiera, ma soprattutto di
elemosine e di carità, senza preoccupazione di possesso.
Questo comporta che la clausura non può essere più considerata come un fatto squisitamente “fisico”, di prigionia tra quattro
mura, che preservi dai pericoli della mondanità, ma una condizione di vita “altra”, cioè separata perché obbedisce a una logica diversa, ma che per mantenersi ha bisogno della questua,
quindi del contatto con gli altri, con la città. E’ quella forma di
vita che si suole definire bizzocaggio.
“Erano eremiti della città e nella città, persone le quali, per
reazione al benessere materiale, acquisito troppo in fretta e non
sempre onestamente, avevano rinunciato alle ricchezze e agli
agi famigliari per vivere una vita eremitica spontaneamente,
individualmente e in mezzo alla gente…Gli elementi che caratterizzano questo movimento della reclusione sono: assenza
di regole approvate; preghiera prolungata…; vita di penitenza
contrassegnata dall’autodisciplina e dalla povertà ostentata;
questua di porta in porta; pellegrinaggi periodici…; abito penitenziale.
I reclusi e le recluse raramente vivevano da soli… specie le
donne optavano per i piccoli gruppi spontanei e si insediavano,
di norma, all’interno della cinta urbica, in modeste case avute
in uso da parenti o benefattori; o sulle torri, o a fianco delle porte urbane; oppure lungo il girone, a ridosso delle mura,
in casupole di fortuna; altri gruppi, infine, si insediarono in
periferia, entro un miglio dalla cinta urbica” (M. Sensi). Ed
è questo il secondo elemento che caratterizza il fenomeno: il
legame con la città. Diversamente dai monasteri altomedievali, dislocati solitamente lontano dai centri abitati, che furono
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ARCHEO FOLIGNO
veri e propri “fari” e baluardi di civiltà nel passato, ma che stavano perdendo la loro spinta propulsiva, mantenendo una posizione
eminente, privilegiata, aristocratica nella società feudale, a scapito
del diffuso ideale di vita apostolica più partecipe delle condizioni
popolari di lavoro e di povertà.
A Foligno il fenomeno acquista una consistenza tutta particolare in
quanto sul finire del Medioevo vede fiorire in città ben 18 comunità
religiose femminili. Alcune soppressioni e accorpamenti li porteranno, verso la fine del Quattrocento, al numero di 11.
Un rapido elenco, suddiviso per “famiglie religiose”:
CLARISSE:
S. Caterina al Campo o delle Vergini (lungo l’omonima via; ancora attivo, ma ora in Via N. Alunno);
S. Claudio (nei pressi dell’antica Porta Spada, ora Via
S. Giovanni dell’Acqua);
S. Lucia (ancora attivo, nello stesso luogo).
TERZIARIE FRANCESCANE: SS. Trinità o Deoteaccomandi o delle Ceccarelle (nei pressi di S. Nicolò; il futuro Reclusorio
Pio);
Annunziata o delle Sacche (a ridosso delle mura, nei
pressi dell’attuale porta Ancona).
TERZIARIE DELLA B. ANGELINA: S. Anna o delle Contesse (ancora attivo, nello stesso luogo),
S. Agnese o Margaritole o S. Antonio (al n. 23 di Via
dei Monasteri).
AGOSTINIANE: S. Maria della Croce (presso l’attuale Porta S. Felicianetto);
S. Elisabetta o delle Todiscure o delle Nere (in Via dei
Monasteri).
BENEDETTINE CISTERCENSI: S. Maria di Betlem (in Via dei Monasteri, attiguo all’omonima chiesa, ancora attivo, ma ora
sulla Collina di S. Eraclio, abitato da monache agostiniane).
DOMENICANE: S. Maria del Popolo (dove Via dei Monasteri sfocia in
Via Garibaldi).
Anche solo prendendo la città di Foligno come esempio statistico,
possiamo facilmente dedurre che il movimento religioso femminile, da Santa Chiara in poi, non poteva passare inosservato, con la
conseguenza di diventare un fenomeno “di massa”, appiattendosi
su livelli non sempre coerenti con gli ideali evangelici originari,
e di provocare l’intervento “normalizzatore” della gerarchia ecclesiastica, che tenterà di riportare le monache alla “stretta clausura”.
Elementi questi che non impedirono il manifestarsi di donne dalla
personalità decisa, oltre che dalla forte carica spirituale, le quali
seppero essere protagoniste del loro tempo e condizionare gli sviluppi futuri, dentro e fuori della Chiesa.
Via dei Monasteri
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ARCHEO FOLIGNO
Giuliano Fittaioli
E’ stato difficile trattenere l’emozione alla notizia della scomparsa di Giuliano Fittaioli che ci ha lasciato senza clamore, in silenzio, come per non
disturbare, lui che era stato per tanti anni un protagonista nella storia intellettuale e politica di questa città.
E’ difficile parlare di un uomo al quale ci legano affetti, ricordi e tanti momenti di vita, professionale e culturale, vissuta insieme.
Giuliano Fittaioli ci ha lasciato in un’età, ottanta anni, che fino alla rapida
malattia, onorava vigorosamente, con vitalità.
Amava la montagna e proprio tra i sentieri ed i boschi che vanno da Colfiorito a Cesi sentiva una pienezza di vita dopo aver trascorso la settimana
nelle aule dei Tribunali umbri.
Giuliano è stato certamente sul piano politico un uomo di parte, ma sempre
molto rispettoso di tutto e di tutti.
A soli diciassette anni, nel 1944, se ne andò a combattere nei ranghi del
risorto esercito italiano del Sud contro i tedeschi ed ebbe il battesimo del
fuoco ad Alfonsine dove vide morire dei giovani amici: un’impressione
che l’ha segnato per sempre.
Tornato alla vita civile, avviatosi agli studi giuridici, abbracciò la professione paterna che ha esercitato sempre con coscienza e
competenza e soprattutto onestà e correttezza.
La passione politica l’ha impegnato in compiti delicati nella pubblica amministrazione della sua città, dove è stato assessore
comunale, e a Bevagna, dove fu eletto sindaco.
L’Archeoclub vuole ricordare l’uomo di cultura, sempre vicino alla vita del club, noi, oltre l’amico affettuoso e disponibile,
l’impegno profuso a suo tempo nella nascita di quella piccola ma significativa casa editrice che fu l’Ediclio che lasciò una traccia
ancora visibile negli anni settanta ed ottanta nel panorama culturale folignate.
Arnaldo Picuti
COMUNICAZIONE
Con rincrescimento si comunica che l’Artista Paolo Grimaldi, pur confermando la propria disponibilità ad effettuare il CORSO DI PITTURA per i Soci dell’Archeoclub,
non è in grado di ospitarci nello studio di Spello dove si
è trasferito a Gennaio 2008. L’Archeoclub per ora non ha
trovato un laboratorio alternativo.
Immagine di Quarta di Copertina: Arco di Traiano a Benevento.
Nel periodo napoletano l’attenzione del Piermarini è rivolta verso l’antichità classica. “Il Vanvitelli sembra apprezzare e favorire
gli interessi dimostrati in questo campo”.… Sarà il rilievo dell’Arco di Traiano a Benevento a offrire al Piermarini “l’opportunità
per il primo lavoro che gli sia ufficialmente riconosciuto... Le operazioni di rilievo hanno inizio nel 1766, in concomitanza con il
restauro del ponte sul fiume Calore… Affidare all’architetto folignate un lavoro così importante significava riconoscergli qualità
di fine disegnatore e capacità di restituzione grafica che il Vanvitelli doveva aver direttamente constatato” (da “Piermarini e il
suo tempo” Electa, 1983)
PROGRAMMA
Sono in chiusura le
ISCRIZIONI
per l’anno 2008
Segreteria, Via Nobili 4: aperta
il giovedì dalle 16,30 alle 17,30.
Tel. 0742 379634 – 351601
Anche se la Sede nazionale ha abolito
i termini oltre i quali scattava per i
soci ritardatari la mora di Euro 5,00
(la Sede di Foligno si è battuta per
tale abolizione), esigenze di conteggi
e di bilancio, di numerazione delle
tessere, di spedizione del Notiziario,
… c’impongono di chiedere a coloro
che non l’avessero ancora fatto, e ne
avessero l’intenzione, di affrettarsi
a rinnovare l’iscrizione per l’anno
2008. Per agevolare l’incombenza,
potete anche telefonare per fissare un
appuntamento fuori dell’orario di segreteria. Ogni socio in più è per noi
motivo di gioia e di gratificazione.
Marzo
Martedì 11
Ore 16,30
“Dominae e probae mulieres testatrici
nella Perugia del Trecento”
Prof.ssa Enrica Sacchi De Angelis
UNI 3 – Via Oberdan 123
Giovedì 13
Invito a corte “Gloria e Malum. Gioia e dolore dei Signori”
Ore 17,00 e
Compagnia di Danza Antica Belreguardo
Ore 21,00
– Ensemble Micrologus
Palazzo Trinci – Sala Sisto IV
Per informazioni v. spazio nella pagina
Assemblea dei Soci
Venerdì 28
1a conv. Ore 13,00 Relazione attività 2007 – Programma attività 2008
2a conv. Ore 17,00 Bilancio consuntivo anno 2007 e preventivo 2008
Brindisi augurale per l’anno in corso
Sede - Via Nobili 4
Aprile
Martedì 1
“Luoghi di vita reclusa e donne monacate”
Ore 16,30
Dott. Roberto Tavazzi
UNI 3 – Via Oberdan 123
Martedì 8
Visita guidata in città
Ore 15,30
“Un percorso tra Medioevo e Rinascimento”
Dott.ssa Marina Renzini (Fulginart) - Euro 5,00
Appuntamento a Piazza Garibaldi
Martedì 15
“La Contessa con gli zoccoli”- Angelina da Montegiove
Ore 16,30
Prof.ssa Clotilde Filannino
UNI 3 – Via Oberdan 123
24/27
S. Leucio-Caserta-Benevento-Atripalda-Sant’Agata dei Goti
Grato Viaggi
Giuseppe Piermarini e le sue opere a Caserta e Benevento
Euro 340 in doppia, 380 in singola
Partenza da Holiday Inn ore 13,15
Prenotazione alla Grato Viaggi
Martedì 29
“Il monastero di S. Anna, novità al presente”
Ore 16,30
Arch. Graziano Meniconi
UNI 3 – Via Oberdan 123
Maggio
Domenica 4
Il castello di Montegiove e la Scarzuola
Partenza ore 9,00 Visita guidata e pranzo al ristorante. Prenotazione obbligatoria
entro 25 marzo.
Partenza da Hotel Holiday Inn
Martedì 6
“Medioevo al tramonto. Una famiglia ricca e potente di
Ore 16,30
Foligno: i De Comitibus”
Bruno Marinelli, Ricercatore di Archivio
UNI 3 – Via Oberdan 123
Invito a corte
GLORIA E MALUM. GIOIA E DOLORE DEI SIGNORI
13 Marzo Ore 17,00 e 21,00
Ingresso:
Vendita:
Euro 10,00. Ridotto Euro 7,00 per i Soci Archeoclub (in possesso
di tessera 2008).
Mercoledì 12 e Giovedì 13 ore 10,30/12,30 c/o la sede degli Amici
della Musica in Piazza Don Minzoni 2 e a Palazzo Trinci
un’ora prima degli spettacoli.
ARCHEOCLUB D’ITALIA - SEDE DI FOLIGNO
GRAFICHE
FLAMINIA
COMUNE DI FOLIGNO
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Archeoclub Foligno