BENEDETTO XVI
VISITA PASTORALE A
SAN GIOVANNI ROTONDO
21 GIUGNO 2009
«
Padre Pio è stato anzitutto un uomo di Dio. Fin da bambino,
egli si è sentito chiamare da Lui e ha risposto "con tutto il cuore, con
tutta l‟anima e con tutte le forze" (Dt 6,5). Così l‟amore divino ha
potuto prendere possesso della sua umile persona e farne uno
strumento eletto dei suoi disegni di salvezza. Sia lodato Dio, che in
ogni tempo sceglie anime semplici e generose per compiere grandi
cose (Lc 1,48-49)! »
Benedetto XVI, 14 ottobre 2006
RADIO VATICANA – DIREZIONE DEI PROGRAMMI
SeDoc
a cura di Luis Badilla
BENEDETTO XVI
PER LA TERZA VOLTA IN PUGLIA
Papa Benedetto XVI, visitando il 21
giugno
prossimo
San
Giovanni
Rotondo, torna per la terza volta in
Puglia, regione dove arrivò, per la
prima visita a Bari, in occasione della
conclusione del XXIV Congresso
Eucaristico Nazionale italiano, il 29
maggio 2005. Nel corso della seconda
visita pastorale, il 14 e 15 giugno
2008, il Papa visitò Santa Maria di Leuca e Brindisi. Ora Benedetto
XVI si reca a San Giovanni Rotondo a rendere omaggio a San Pio da
Pietrelcina e a pregare sulla sua tomba a 10 anni dalla sua
beatificazione1 e a 7 anni dalla sua canonizzazione2. Dopo Giovanni
Paolo II, Papa Benedetto XVI è il secondo Pontefice a visitare questa
città, 22 anni dopo il suo predecessore, che passò la giornata in
questo luogo, il 23 maggio 1987, per celebrare la Santa Messa,
incontrare i religiosi e le religiose delle famiglie francescane e, infine, i
medici e i malati dell'ospedale «Casa Sollievo della Sofferenza».
Giovanni Paolo II, allora giovane sacerdote di 28 anni, si era già recato
a San Giovanni Rotondo per incontrare Padre Pio 39 anni prima.3
Il 14 ottobre 2006, rivolgendosi ai pellegrini di San Giovanni Rotondo arrivati a
Roma per celebrare il 50.mo della “Casa Sollievo della Sofferenza”, Benedetto XVI
sottolineò: “Dal cuore di Padre Pio, ardente di carità, ha preso origine la Casa
Sollievo della Sofferenza, che già col suo nome manifesta l‟idea ispiratrice da cui è
sorta ed il programma che intende realizzare. Padre Pio volle chiamarla "casa"
perché il malato, specialmente quello povero, si sentisse in essa a proprio agio,
accolto in un clima familiare, e in questa casa egli potesse trovare "sollievo" alla
sua sofferenza. Sollievo grazie a due forze convergenti: la preghiera e la scienza.
Questa era l‟idea del Fondatore, che va sempre tenuta ben presente e fatta
propria da tutti coloro che operano nell‟Ospedale. La fede in Dio e la ricerca
scientifica cooperano al medesimo fine”.
Beatificazione: 2 maggio 1999.
Canonizzazione: 16 giugno 2002.
3 Le due visite di Karol Wojtyla. Giovanni Paolo II è morto nella stessa settimana in cui,
57 anni prima, conobbe Padre Pio. Infatti il giovane sacerdote Karol Wojtyla non si recò a
San Giovanni Rotondo nell'aprile 1947, come è comunemente ritenuto, ma un anno
dopo, durante le vacanze di Pasqua del 1948. Quell'anno la festa della Risurrezione di
Cristo cadde il 28 marzo, un giorno dopo rispetto a quest'anno. Ma fino ad oggi non si
può avere la certezza del giorno preciso in cui ebbe luogo il primo incontro tra il futuro
Papa e il futuro santo. Poi, nel 1974, già cardinale arcivescovo di Cracovia, Giovanni
Paolo II tornò a S. Giovani Rotondo per la seconda volta.
1
2
(Dal libro "Il Papa e il Frate", di Stefano Campanella, giornalista vaticanista e direttore
responsabile di “Tele Radio Padre Pio”, pubblicato dalle Edizioni “Padre Pio da Pietrelcina dei Frati
Cappuccini”, 2005).
1
SAN GIOVANNI ROTONDO
"Sancti Joannis Rotundi"
San Giovanni Rotondo, città della provincia di Foggia, all'interno del
Parco Nazionale del Gargano, distante 500 chilometri circa da Roma,
prende il suo nome da una singolare congiunzione di fatti storici
diversi anche se non esiste per tutti una precisa fonte storica. Per la
tradizione, il primo abitato avrebbe avuto come i suoi primi fondatori i
Greci seguaci di Diomede. I primi stanziamenti risalgono al periodo
Neolitico. Nell'Età del ferro si dice che il territorio era frequentato da
gruppi Illirici che in seguito diventeranno i futuri Dauni.4
Il nome. La città fu fondata oltre novi secoli fa sulle rovine
di un villaggio del IV - III secolo a.C., successivamente
romanizzato. Nella zona est di questo luogo fu costruito un
tempio a forma rotonda, dedicato prima ad Apollo poi a
Vesta ed infine a Giano detto "La Rotonda" proprio per la sua
forma circolare. Tra i resti di questo suo passato tuttora
sono visibili alcune tombe. Secondo alcune tradizioni,
l‟altare rotondo dedicato al culto del dio Giano fu distrutto
dagli slavi venuti dall‟Illiria insieme al villaggio Bisano,
nell‟anno 642 d.C. Altri sostengono che gli abitanti della zona, i Pirgiani, si
convertirono al Cristianesimo e il tempio venne abbattuto. Su di esso fu eretta
una chiesa dedicata a San Giovanni Battista alla quale i pellegrini Longobardi
erano molto devoti. Dal nome della chiesa dunque e dalla forma circolare
dell‟altare pagano (alcuni testi usano la parola “battistero”) deriva l‟attuale
denominazione della città di San Giovanni Rotondo. Oggi, percorrendo vicoli
stretti e scoscesi, i visitatori possono ammirare la chiesetta nota anche con il
nome di “La Rotonda”.5 Molti fatti importanti della storia italiana sono legati a
questa città6 ma ciò che ha portato il posto alla ribalta mondiale, soprattutto
nell‟ambito del cristianesimo, è la figura di San Pio, sacerdote e santo dal quale
da oltre un secolo la sua storia è inscindibile.
La Rotonda. Secondo il periodico dei Frati minori di San Giovanni Rotondo7, "la
struttura (del fabbricato) suggerisce due ipotesi che riportano la costruzione in
epoca pagana: a) strutturalmente la rotonda è molto simile a un «trullo» o a un
«pagghiare», costruzione tipica garganica, che ha le sue radici nella preistoria
In età medievale, il sito di Bisanum veniva assegnato al Monastero di San Giovanni in
Lamis dei padri benedettini ed il diploma del conte normanno Enrico, dato a Monte
Sant'Angelo il 14 novembre 1095, sanciva storicamente la fondazione della città con il
nuovo toponimo di "San Giovanni Rotondo".
5
L‟evangelizzazione fu opera dei monaci benedettini del Convento di San Giovanni in
Lamis (attuale convento di San Matteo) e furono loro a dedicare a San Giovanni Battista,
l'antico tempio pagano a forma circolare.
6 Nel mese d'ottobre del 1860, 24 patrioti sono stati assassinati per mano dei loro stessi
concittadini aizzati dai Borboni. Sessanta anni dopo, il 14 ottobre 1920, negli scontri fra
le forze dell'ordine e una parte della popolazione, furono uccisi 14 persone nel contesto di
una vittoria elettorale dei socialisti contro una coalizione popolare-fascista. (Relazione
d'inchiesta sull'eccidio di San Giovanni Rotondo, prot. n. 27601 del 15 dicembre 1920
sottoscritta dall'Ispettore generale di Pubblica Sicurezza comm. Trani).
4
7
Fonte di queste informazioni: http://www.vocedipadrepio.com/itinerarireligiosi.php
2
mediterranea; b) sotto l‟aspetto topologico-costruttivo è simile a un tempietto
pagano. Che sia stato dedicato in passato a Giano è un'ipotesi rafforzata di diversi
elementi: “il diametro della Rotonda è pari a 20 piedi osco-italici, ca. 5,40 metri; il
rinvenimento di monete e frammenti vascolari riportanti l‟effigie del dio bifronte
Giano”. Il fabbricato era "posto ad est dell‟abitato (donde sorge il sole) e dedicato a
Giano (ianua = porta, ianus = un passaggio stretto), a un crocevia di molte
“strade”, essendo questi il dio delle strade, del fuoco, della luce (a lui è dedicato il
primo mese dell‟anno): sia perché anch‟essa divinità astrale (dio della luce e delle
stelle, ciò l‟ha fatto assimilare ad Apollo), sia anche per essere il dio bifronte e
custode dei greggi (e i nostri antenati erano pastori di cui Apollo era protettore)".
Un documento del 996 certifica che la chiesa qui costruita fu dedicata a San
Giovanni Battista. Il testo dice: «Nella terra di Bisano c‟è un tempio antico in un
bosco di querce dedicato a Giano, dio insieme della luce e del sole, ora si chiama
chiesa di San Giovanni Battista santo potente in cielo, per la verità, nell‟eternità».
LA «ROTONDA» OGGI
La
chiesetta,
ristrutturata
e
restaurata nel 1995, presenta oggi
ciò che certamente fu la sua facciata
originale: semplice e spoglia, con "le
linee
essenziali
del
portale
medioevale
asimmetrico".
Della
facciata, interrotta da una monofora
sagomata a croce, fa parte un
piccolo campanile a vela di stile
romanico gotico, aggiunto in età
settecentesca. "L'edificio ha una
pianta irregolare e non è simmetrica
alla Rotonda, ma si presenta armonica per alcuni accorgimenti ottici quale la
«facciata inclinata» che da una visione ottimale dell‟altare. Questa era unita alla
chiesa di Sant’Onofrio, di cui fungeva da battistero, fino al 1076 allorché il
cardinale Orsini fece abbattere la cappella di Sant’Antonio, attraverso cui si
accedeva nella Rotonda, e murare la porta, come pure ordinò di biancheggiare gli
affreschi perché non in buono stato di conservazione. La chiesa ha un unico
altare di stile barocco rudimentale. La nicchia ospita un San Giovanni Battista,
statua in legno di discreta fattura di un monaco del XI - XII sec. (potrebbe anche
essere retrodatabile) e di un sicuro stile bizantino. (...) Davanti all‟altare è posto
un paliotto, proveniente dalla chiesa San Leonardo (sec. XVII), scolpito in
bassorilievo e raffigurante il Battista che regge nella mano destra un libro su cui
c‟è l‟agnello, e nella sinistra un bastone a croce con uno stendardo". "Alla
Rotonda è stata aggiunta successivamente la navata longitudinale. I costruttori
sono stati forse i benedettini. Sembra che l‟edificio abbia avuto due fasi
successive. La prima può essere databile tra l‟XI e XII sec. Essa contava di una
semplice costruzione con copertura a botte acuta su archi trasversali. La seconda
bisogna porla a ridosso del XIV-XV sec. e consta di archi costruiti a sostegno della
volta.
Gli affreschi. Queste pitture (divisi da fasce policrome, una tecnica usuale nel
primo medioevo), parzialmente emerse e non ancora restaurate e studiate, sono
una testimonianza della storia dell‟edificio sacro e raccontano le vicende artistiche
e le correnti dell‟arte pittorica della Capitanata fra il XII e XV sec. Essi rivelano
influssi bizantini e gotici.
3
Nella Navata: ci sono molte figure incomplete che bisognerà studiare e
interpretare con attenzione. I dipinti, più o meno integri, sono riconducibili al
Trecento e non sono omogenei per fattura e livello qualitativo. Sulla retrofacciata
si evidenziano due pannelli: uno raffigura la Santissima Trinità: qui il corpo del
Figlio emerge da quello del Padre benedicente e sta a indicare l‟unità della natura
e a sinistra è posto lo Spirito Santo in forma di colomba; l‟altro ritrae
l‟Annunciazione: l‟angelo è inginocchiato a sinistra e lo Spirito Santo che discende
su di Lei è posto a destra. Sull‟arco trasversale la figura di una santa con un
calice: forse è S. Lucia. Lo stile richiama pitture della seconda metà del Trecento.
Alla stessa epoca deve attribuirsi una crocifissione posta a sinistra.
Nella Rotonda: nella parte più alta si succedono medaglioni con figure quasi
cancellate dal tempo e dall‟incuria: tra i più decifrabili emerge uno dei simboli
degli Evangelisti. Lo stile bizantino e crociato (XII sec.). Il Santo posto a destra
dell‟altare, fittamente scalpellato, mostra caratteri bizantini (XIII sec.). Sulla
superficie ricurva della calotta della cupola sono dipinte una folla di personaggi:
tra questi s‟individuano un Pontefice, una figura di monaco (San Francesco?). Lo
stile svela la presenza della scuola gotica. Di buona fattura e di stile gotico è la
Vergine col Bambino che si ritrova a sinistra dell‟altare.8
San Francesco d'Assisi. A San Giovanni Rotondo lasciò traccia anche San
Francesco d'Assisi, nel 1222, di ritorno dalla Sacra Spelonca di San Michele.
Venne costruito un convento francescano che si trovava in via Michele D'Apolito,
angolo via Pietro Giannone. I ruderi del convento scomparvero dopo il 1700. Sul
pellegrinaggio del Poverello alla Sacra Spelonca “si racconta che si sia fermato
all'ingresso della Grotta e, non osando entrarvi perchè si riteneva indegno, abbia
lasciato inciso sulla nuda roccia, come tanti pellegrini avevano già fatto, il segno
della croce a forma di «T» (tau). A tale visita si fa risalire l'origine della chiesetta
campestre di S. Maria degli Angeli, in delicato stile gotico, sulla parte più alta del
monte”.9
SAN GIOVANNI ROTONDO
E LA CITTÀ MONTE SANT'ANGELO
La storia religiosa di San Giovanni Rotondo s‟intreccia spesso con quella di città
Monte Sant‟Angelo10, dalla quale dista pochi chilometri, soprattutto con il
Santuario di San Michele Arcangelo. Il passaggio di San Francesco d‟Assisi è una
delle testimonianze fra le più illustri e rilevanti, ma non è l‟unica. Molti secoli fa la
cittadina era tappa obbligata per i crociati diretti in Terra Santa. Oggi i turisti vi
giungono per lo più di passaggio diretti a San Giovanni Rotondo, ignari del fatto
che al tempo di Padre Pio tale borgo non era altro che un punto di sosta sulla
strada per il paese di San Michele.
La città nacque nell'anno 1000 circa e fra il 1086 e il 1105 fu capitale di un
possedimento normanno. Sorge su una roccia di natura calcarea ricca di caverne
e grotte, tra cui la famosa grotta dell‟Arcangelo. Secondo la tradizione agiografica,
l'Arcangelo Michele apparve diverse volte, ma si sottolineano in particolare
quattro. La Grotta-santuario lungo i secoli ha accolto decine di grandi pellegrini
8
9
Ibidem.
Santuario di San Michel Arcangelo
http://www.santuariosanmichele.it/Italiano/index.php?page=sez&id_sez=62
10 http://www.comune.monte-sant-angelo.fg.it/
4
tra santi, Papi, Imperatori e Principi, e personalità illustri.11 Sul sito del
Santuario si legge: "Per Monte Sant'Angelo il periodo normanno-svevo, che
costituì uno dei momenti più alti del suo sviluppo economico, artistico e religioso,
coincise anche con l'apogeo della celebrità raggiunta dal Santuario. Le cronache
del tempo, infatti, lo segnalano tra i quattro più frequentati luoghi di
pellegrinaggio della cristianità secondo l'itinerario di redenzione spirituale, noto
come Homo, Angelus, Deus, che prevedeva la visita alle tombe degli Apostoli Pietro
e Paolo a Roma e di S. Giacomo di Compostella in Spagna (Homo), all'Angelo della
Sacra Spelonca di Monte Sant'Angelo (Angelus), infine ai luoghi della Terra Santa
(Deus). La cura pastorale del santuario è affidata dal 13 luglio 1996 alla
Congregazione di San Michele Arcangelo.
IL SANTUARIO E LE APPARIZIONI DI SAN MICHELE
Non si conoscono con precisioni le origini della Grotta-santuario anche se sembra
certa la sua esistenza alla fine del 400 d.C. quando nella regione rivaleggiavano i
culti pagani con la prima espansione del cristianesimo. Alcune fonti invece
collegano il santuario e l‟affermazione del culto micheliano al dominio dei
Longobardi del Ducato di Benevento (VII secolo) che scelsero San Michele
(arcangelo guerriero alla testa dell‟Armata Celeste) loro protettore e fecero del
Papi pellegrini. 1049-51: Leone IX per tre volte presente anche ai fini della
preparazione del Concilio di Siponto indetto nel 1050. 1061: Alessandro III in occasione
del Concilio svoltosi a Siponto. 1093: Urbano II che, proprio in concomitanza della sua
venuta, concesse al Santuario le stesse indulgenze godute da S. Giacomo di Compostella.
1117: Pasquale II in relazione al Concilio svoltosi a Siponto. 1120: Callisto II che
proclamò l'Arcangelo principe e tutelare del mondo intero. 1177: Alessandro III che, in
coincidenza del suo pellegrinaggio, si recò alla vicina abbazia di S. Maria di Pulsano,
consacrò la nuova chiesa e collocò personalmente le ossa di S. Giovanni da Matera sotto
l'altare maggiore. 1273: Gregorio X, ricevuto in gran pompa dal re Carlo I d'Angiò che lo
accompagnò col suo seguito per tutta la visita, seguendolo poi fino a Benevento. 1295:
Celestino V (quando però aveva già fatto il "gran rifiuto").
Imperatori, re e principi pellegrini. 1022: Enrico II pernottò nella Grotta assistendovi,
secondo la tradizione, a celestiali liturgie in seguito istoriate sulla sua tomba nel duomo
di Bamberga. In tale circostanza donò alla Basilica un calice d'oro. 1044: Enrico III.
1089: La contessa Matilde di Canossa che in quel frangente dovette fronteggiare
pericolose insidie di alcuni signorotti alla sua dignità di donna ed a quella delle sue dame
di compagnia. 1137: Lotario II il Buono, re di Sicilia, che nel 1177 vi ritornò con la moglie
Giovanna d'Inghilterra, sorella del re Riccardo Cuor di Leone. 1137: Baldovino II di
Fiandra, re di Gerusalemme. 1237: Baldovino II, più noto col nome di Filippo II di
Taranto. 1271-1273: Carlo I d'Angiò, per ben tre volte, l'ultima delle quali accompagnò il
papa Gregorio X. 1292: Carlo Martello e sua moglie Clemenza, regina d'Ungheria. 1319:
Urosio, re della Serbia, e la moglie Elena offrirono lampade d'argento al Santuario. 1346:
Stefano il Possente, imperatore dei Serbi. 1347: Luigi il Grande, re d'Ungheria. 13511354: Giovanna I regina di Napoli, per ben due volte. 1452: L'imperatrice Eleonora,
consorte di Federico d'Austria. 1457: Alfonso il Magnanimo. 1476: Mattia Corvino, re
d'Ungheria, e la sua sposa Beatrice d'Aragona. 1507: Ferdinando il Cattolico partì da
Napoli scalzo in pellegrinaggio al Santuario di S. Michele sul Gargano.
Santi pellegrini. 1050: S. Guglielmo di Antiochia e S. Pellegrino (Padre e figlio). 1094: S.
Brunone - fondatore del monastero della Certosa di Francia, presso Grenoble. 1098: S.
Anselmo d'Aosta. 1118: S. Guglielmo da Vercelli - fondatore dell'Ordine Benedettino di
Montevergine. 1130: S. Bernardo da Chiaravalle - riformatore dell'Ordine Cistercense.
Padre della Chiesa e banditore della II Crociata. 1199: S. Ortolana degli Offreduzzi, madre di S. Chiara d'Assisi. 1207: S. Elisabetta d'Ungheria. 1222: S. Francesco d'Assisi.
1268: S. Tommaso d'Aquino - dottore della Chiesa.
11
5
Monte Sant‟Angelo il principale santuario. Monte Sant‟Angelo divenne presto
tappa obbligata della Via Sacra Langobardorum che conduceva in Terra Santa.
Prima apparizione - 490 d.C. Nel 490,
secondo la tradizione, un tale Elvio Emanuele,
un ricco contadino del Gargano, trovò un toro
che aveva smarrito dentro una caverna.
Siccome non era possibile ricuperarlo decise
di ucciderlo ma la freccia scagliata dal suo
arco invertì la traiettoria e colpì il contadino.
Elvio, meravigliato e atterrito, si recò da
Lorenzo Maiorano vescovo di Siponto. Il
vescovo stabilì tre giorni di preghiere e di
penitenza. Ad un certo punto, San Michele
apparve in sogno al vescovo dicendo: "Io sono
l'Arcangelo Michele e sto sempre alla
presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è
una mia scelta, io stesso ne sono vigile
custode. Là dove si spalanca la roccia,
possono essere perdonati i peccati degli uomini [...] Quel che sarà chiesto nella preghiera,
sarà esaudito. Quindi dedica la Grotta al culto cristiano". Mons. Maiorano non diede però
seguito alla richiesta dell' Arcangelo perché sul monte imperversavano ancora i culti
pagani.
Seconda apparizione: - 492 d.C. Quando nel 492 Siponto si trovava sotto assedio da
parte delle truppe del re barbaro Odoacre, il vescovo ottenne dal nemico una tregua di tre
giorni durante i quali si riunì insieme al popolo in preghiera. A questo punto, riapparve
l'Arcangelo promettendo loro la vittoria. Rincuorati dall‟apparizione, gli accerchiati
uscirono dalla città per dare battaglia ai loro nemici. Una provvidenziale tempesta di
sabbia e grandine si rovesciò sugli invasori che, spaventati, furono costretti alla fuga. La
popolazione di Siponto per riconoscenza salì sul monte in processione, ma il vescovo non
osò entrare nella grotta.
Terza apparizione - 493 d.C. Un anno dopo, nel 493, mons. Lorenzo Maiorano, che
aveva preso già la decisione di consacrare a San Michele la grotta, si recò a Roma da
Papa Gelasio I per chiedere consiglio. Il Pontefice espresse parere positivo e gli chiese di
entrare nella caverna e consacrarla insieme ai vescovi della Puglia dopo un digiuno di
penitenza. L'Arcangelo però apparve per la terza volta al vescovo per annunciargli che la
cerimonia di consacrazione non sarebbe stata necessaria poiché egli stesso aveva
consacrato la grotta con la sua presenza. “Il vescovo ordinò allora la costruzione di una
chiesa dinnanzi all'ingresso della grotta che venne dedicata all'Arcangelo Michele il 29
settembre 493. La sacra grotta è rimase fino ai giorni nostri come un luogo di culto mai
consacrato da mano umana e ricevette nel corso dei secoli il titolo di Celeste Basilica".12
Quarta apparizione - 1656 d.C. Nel 1656, l‟arcivescovo mons. Alfonso Puccinelli, per
contrastare l'epidemia di peste che colpiva il meridione italiano, chiese l‟aiuto di San
Michele. Il 22 settembre 1656, mentre pregava nel palazzo vescovile di Monte
Sant'Angelo, vide apparire l‟Arcangelo che gli ordinò di benedire i sassi della sua grotta
scolpendo su di essi il segno della croce e le lettere M.A. (Michele Arcangelo).
L'arcivescovo eseguì l'ordine dell'Arcangelo e la città fu subito libera dalla peste. Mons.
Puccinelli fece innalzare un monumento a San Michele nella piazza della città, dove
ancora oggi si trova, di fronte al balcone della stanza dove la tradizione vuole sia
Carletti, C. - Otranto, G. Il santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano dalle
origini al X secolo, Bari, Edipuglia, 1990.
Grenzi C.. L'angelo, la montagna, il pellegrino: Monte Sant'Angelo e il santuario di San
Michele del Gargano: archeologia, arte, culto, devozione dalle origini ai nostri giorni
Foggia, 1999.
Piemontese G. San Michele e il suo santuario: via sacra Langobardorum, Edistampa,
Foggia, 1997.
12
6
avvenuta l'apparizione. L'iscrizione recita: «Al Principe degli angeli - vincitore della peste patrono e custode - monumento di eterna gratitudine - Alfonso Puccinelli - 1656".
LA GROTTA – SANTUARIO
La «Celeste Basilica»
Il Santuario di San Michele Arcangelo, la
cui candidatura alla Lista dei patrimoni
dell'umanità dell'Unesco è stata accettata
nel marzo 2008, ha una struttura
costituita da un livello superiore e da
uno inferiore. Al livello superiore sono
presenti il portale romanico e il
campanile. Il livello inferiore comprende
la grotta, il museo devozionale e le cripte.
La lettura della Grotta-santuario da
un'ottica storico-artistica va rovesciata
poiché la parte esterna è la più recente e quindi, scendendo gli 89 gradini di una
scala monumentale, si ritorna indietro nel tempo, ai primi secoli del cristianesimo
nella regione. Il santuario dunque è costituito da una grotta naturale a cui è stata
integrata una navata di stile tardo romanico che ne accresce la bellezza. Alla fine
della scalinata si trova la Porta del Toro, su cui è incisa la promessa angelica di
remissione dei peccati, che consente di passare ad un cortile interno dove vi è
un‟altra porta, di bronzo, rarissimo tesoro di arte bizantina conservato
perfettamente. Questo tesoro fu donato nel 1076 da un amalfitano famoso “a
testimonianza della enorme fama raggiunta dal Santuario nel corso di tutto il
medioevo”. Dentro del santuario si trova per primo l‟altare dedicato a San
Francesco d‟Assisi, che nel 1222, visitò il luogo senza mai attraversare il portale
in bronzo non sentendosi degno di entrare in un luogo così santo. Come già
raccontato, Francesco, raccolse un sasso e vi incise il segno del «Tau». Una copia
è custodita sotto l‟altare essendo purtroppo l‟originale andata distrutta ad opera
delle truppe napoleoniche. Nelle vicinanze dell‟altare sono ben visibili altri
capolavori: un trono episcopale scolpito da un unico masso nel XII
secolo da un maestro scultore medievale e una statua raffigurante
l‟Arcangelo trionfante sul demonio in marmo di Carrara
(Sansovino, 1507). Vi è inoltre anche una statua di San
Sebastiano. Le cripte, che in passato servivano per entrare alla
grotta prima che nel XIII secolo fossero abbandonate, si adiscono
perfettamente all‟età longobarda. Le numerose iscrizioni lungo le
pareti di queste, in alcuni casi a caratteri runici, sono ritenute dagli studiosi la
più importante dimostrazione di ciò che fu, nei secoli passati, un luogo sacro che
attirava un ragguardevole afflusso dei pellegrini provenienti da tutta l'Europa fin
dall'epoca longobarda. Si ritiene che queste cripte si siano sviluppate in due fasi
che fanno datare le costruzioni tra la fine del VII e l'inizio dell'VIII secolo. “La
prima parte delle cripte ha la forma di una galleria porticata, articolata in otto
campate rettangolari. In questo ambiente sono state esposte sculture provenienti
principalmente dagli scavi del santuario. La seconda parte delle cripte è di epoca
longobarda e presenta due scale (una delle quali è andata distrutta) che
terminavano con una piccola platea con un abside e un altare con numerose
iscrizioni”.13
13
Ibidem.
7
LA VISITA DI GIOVANNI PAOLO II A MONTE SANT’ANGELO
Padre Pio fu un grande devoto del Santuario di San Michele e vi si recò in
pellegrinaggio diverse volte, in particolare nei suoi primi anni di vita sacerdotale e
anche prima. Papa Giovanni Paolo II visitò questo santuario il 24 maggio 1987
nella cornice della sua prima visita pastorale alla Puglia e durante la quale si recò
anche a San Giovanni Rotondo, Manfredonia, Foggia, San Severo, Lucera, Troia,
Bovino, Ascoli Satriano, Cegnirola e Amendola. Ecco alcuni brani del discorso di
Giovanni Paolo II.
Che l’Arcangelo Michele protegga e difenda la Chiesa. Sono lieto di trovarmi
in mezzo a voi all'ombra di questo Santuario di San Michele Arcangelo, che da
quindici secoli è meta di pellegrinaggi e punto di riferimento per quanti cercano
Dio e desiderano mettersi alla sequela di Cristo, per mezzo del quale «sono state
create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle
invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà»14. (…) Saluto anche e
soprattutto i Padri Benedettini dell'Abbazia di Montevergine, che hanno la cura
spirituale di questo Santuario. (…) A questo luogo, come già fecero in passato
tanti miei Predecessori nella cattedra di Pietro, sono venuto anch'io per godere un
istante dell'atmosfera propria di questo Santuario, fatta di silenzio, di preghiera e
di penitenza; sono venuto per venerare ed invocare l'Arcangelo San Michele,
perché protegga e difenda la Santa Chiesa, in un momento in cui è difficile
rendere un'autentica testimonianza cristiana senza compromessi e senza
accomodamenti.
Tanti pellegrini illustri. Fin da quando Papa Gelasio I concesse, nel 493, il suo
assenso alla dedicazione della grotta delle apparizioni dell'Arcangelo San Michele
a luogo di culto e vi compì la sua prima visita, concedendo l'indulgenza del «
Perdono angelico », una serie di Romani Pontefici si mise sulle sue orme per
venerare questo luogo sacro. Tra essi si ricordano Agapito I, Leone IX, Urbano II,
Innocenzo II, Celestino III, Urbano VI, Gregorio IX, San Pietro Celestino e Benedetto
IX. Anche numerosi Santi sono venuti qui per attingere forza e conforto. Ricordo
San Bernardo, San Guglielmo da Vercelli, fondatore dell'Abbazia di Montevergine,
San Tommaso d'Aquino, Santa Caterina da Siena; tra queste visite è rimasta
giustamente celebre ed è tuttora viva quella compiuta da San Francesco d'Assisi,
che venne qui in preparazione alla Quaresima del 1221. La tradizione dice che
egli, ritenendosi indegno di entrare nella grotta sacra, si sarebbe fermato
all'ingresso, incidendo un segno di croce su una pietra.
La lotta contro il Dragone. Questa viva e mai interrotta frequentazione di
pellegrini illustri ed umili che dall'alto Medioevo fino ai nostri giorni ha fatto di
questo Santuario un luogo di incontro di preghiera e di riaffermazione della fede
cristiana, dice quanto la figura dell'Arcangelo Michele, che è protagonista in tante
pagine dell'Antico e del Nuovo Testamento, sia sentita ed invocata dal popolo e
quanto la Chiesa abbia bisogno della sua celeste protezione: di lui, che viene
presentato nella Bibbia come il grande lottatore contro il Dragone, il capo dei
Demoni. Leggiamo nell'Apocalisse: « Allora avvenne una guerra nel Cielo: Michele
e i suoi angeli combattevano contro il Dragone. Il Dragone combatteva insieme
con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu posto per essi nel cielo. Il grande
Dragone, il Serpente antico, colui che chiamiamo il Diavolo e Satana e che seduce
tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi
14
Col. 1, 16.
8
angeli»15. L'autore sacro ci presenta in questa drammatica descrizione la vicenda
della caduta del primo Angelo, che fu sedotto dall'ambizione di diventare « come
Dio». Di qui la reazione dell'Arcangelo Michele, il cui nome ebraico « Chi come
Dio?», rivendica l'unicità di Dio e la sua inviolabilità.
Principe eletto alla custodia del Popolo di Dio. Per quanto frammentarie, le
notizie della Rivelazione sulla personalità ed il ruolo di San Michele sono molto
eloquenti. Egli è l'Arcangelo16 che rivendica i diritti inalienabili di Dio. È uno dei
principi del Cielo eletto alla custodia del Popolo di Dio17, da cui uscirà il
Salvatore. Ora il nuovo popolo di Dio è la Chiesa. Ecco la ragione per cui Essa lo
considera come proprio protettore e sostenitore in tutte le sue lotte per la difesa e
la diffusione del regno di Dio sulla terra. È vero che «le porte degli inferi non
prevarranno», secondo l'assicurazione del Signore18, ma questo non significa che
siamo esenti dalle prove e dalle battaglie contro le insidie del maligno. In questa
lotta, l'Arcangelo Michele è a fianco della Chiesa per difenderla contro tutte le
nequizie del secolo, per aiutare i credenti a resistere al Demonio che «come leone
ruggente va in giro cercando chi divorare»19.
Il Demonio è tuttora vivo ed operante nel mondo. Questa lotta contro il
Demonio, che contraddistingue la figura dell'Arcangelo Michele, è attuale anche
oggi, perché il Demonio è tuttora vivo ed operante nel mondo. Infatti il male che è
in esso, il disordine che si riscontra nella società, l'incoerenza dell'uomo, la
frattura interiore della quale è vittima non sono solo le conseguenze del peccato
originale, ma anche effetto dell'azione infestatrice ed oscura del Satana, di questo
insidiatore dell'equilibrio morale dell'uomo, che San Paolo non esita a chiamare «
il dio di questo mondo»20, in quanto si manifesta come astuto incantatore, che sa
insinuarsi nel gioco del nostro operare per introdurvi deviazioni tanto nocive,
quanto all'apparenza conformi alle nostre istintive aspirazioni. Per questo
l'Apostolo delle Genti mette i cristiani in guardia dalle insidie del Demonio e dei
suoi innumerevoli satelliti, quando esorta gli abitanti di Efeso a rivestirsi
«dell'armatura di Dio per poter affrontare le insidie del Diavolo, poiché la nostra
lotta non è soltanto col sangue e con la carne, ma contro i Principati e le Potestà,
contro i Dominatori delle tenebre, contro gli spiriti maligni dell'aria»21.
La Chiesa di Oriente e Occidente. A questa lotta ci richiama la figura
dell'Arcangelo San Michele, a cui la Chiesa sia in Oriente che in Occidente non ha
mai cessato di tributare un culto speciale. Come è noto, il primo Santuario a lui
dedicato sorse a Costantinopoli per opera di Costantino: è il celebre Michaëlion, a
cui fecero seguito in quella nuova Capitale dell'Impero altre numerose Chiese
dedicate all'Arcangelo. In Occidente il culto di San Michele, fin dal V secolo, si era
diffuso in molte città come Roma, Milano, Piacenza, Genova, Venezia; e, tra tanti
luoghi di culto, certamente il più famoso è questo del monte Gargano. L'Arcangelo
è rappresentato sulla porta bronzea, fusa a Costantinopoli nel 1076, nell'atto di
abbattere l'infernale Dragone. È questo il simbolo col quale l'arte ce lo
rappresenta e la liturgia ce lo fa invocare. Tutti ricordano la preghiera che anni fa
si recitava al termine della Santa Messa: «Sancte Michaël Archangele, defende nos
in proelio»; tra poco, la ripeterò a nome di tutta la Chiesa.
15
16
17
18
19
20
21
Apoc. 12, 7-9.
Cfr. Iud. 1, 9.
Cfr. Dan. 12, 1.
Matth. 16, 18.
1 Petr. 5, 8.
2 Cor. 4, 4.
Eph. 6, 11-12.
9
SAN GIOVANNI ROTONDO OGGI
Oggi, la “città di Padre Pio”,
San Giovanni Rotondo, ha
una popolazione pari a
26.106 abitanti di cui 12.725
maschi e 13.381 femmine. I
nuclei familiari sono 8.712 e
la sua popolazione per un
70%
è
costituita
da
sangiovannesi tra i 14 e 65
anni.22
La città, che si trova a 566
metri sopra il livello del
mare,
è
gemellata
con
Pietrelcina (Campania) ove è
nato Padre Pio. La città è situato al centro di un'ampia conca a 20 Km da Monte
Sant'Angelo. Il centro abitato si estende sull'altopiano del Pianoro, a metà strada
tra le cime più alte del Gargano, Monte Nero e Monte Calvo. La cittadina conserva
ancora la struttura di un antico paese di montagna con costruzioni bianche
ricoperte da caratteristici coppi rossi. Nel IV - III sec. a. C. il villaggio fu
romanizzato. In epoca normanno-sveva l'Imperatore Federico II fortificò il paese,
cingendolo di mura e torri (se ne contavano addirittura una quindicina)
divenendo una inespugnabile fortezza. La città assunse l'aspetto di un castello. I
pellegrini diretti a Monte Sant'Angelo, per venerare la grotta in cui era apparso
l'Arcangelo San Michele, percorrevano la via Sacra Langobardorum. Dopo una
sosta ai santuari di Santa Maria di Stignano e di San Matteo, a San Marco in
Lamis, si fermavano quasi sempre a San Giovanni Rotondo.23 Nell'ultimo secolo la
città, e i dintorni hanno subìto radicali trasformazioni dal punto di vista
economico: da un'economia agricola, prevalentemente incentrata sulla pastorizia,
si è passato rapidamente al terziario e al turismo e a questo mutamente non è
estranea la “Casa Sollievo della Sofferenza”. Attualmente il 95% dell'economia
locale è incentrata sul terziario.
IL CONVENTO DEI FRATI CAPPUCCINI
La storia recente della città, dal 1538, è legata strettamente al Convento dei dove
visse ed operò il Frate di Pietrelcina.24 Oltre 470 anni fa, con il consenso
dell‟arcivescovo di Siponto25, mons. Giovanni Maria Ciocchi del Monte (diventato
Papa Giulio III)26, a spese del popolo cominciarono i lavori per costruire il
convento che aprì le sue porte nel 1550. Nel 1811 il convento venne chiuso una
prima volta e riaperto sette anni più tardi. Anni dopo, nel 1867, il convento venne
chiuso una seconda volta. Il 20 ottobre di quell‟anno furono confiscati tutti i suoi
beni da parte del Comune. I frati, dopo molte lotte e richieste, riuscirono a
22
Comuni d‟Italia. http://www.comuni-italiani.it/071/046/
Sito del Comune:
23
http://www.vocedipadrepio.com/itinerarireligiosi.php
http://www.conventopadrepio.com/index.php
24
Siponto (Sipontum), attualmente frazione di Manfredonia, fu un'antica città e porto
dell'Apulia (Puglia).
26 Giulio III, nato a Monte San Savino, il 10 settembre 1487, e morì a Roma il 23 marzo
1555. Fu Papa dal 7 febbraio 1550 fino alla sua morte.
25
10
riprendere il loro convento solo nel 1909. Durante questo periodo, i locali della
casa dei frati furono adibiti a ricovero per persone povere. Sette anni più tardi, il
28 luglio 1916, arriva Padre Pio e da quel momento comincia un‟altra storia. “Nel
convento si trova la cella n. 5 che il Padre occupò al suo arrivo a S. Giovanni
Rotondo fino al 1940, anno in cui fu trasferito nella cella numero 1, che Padre Pio
occupò fino al 1968. All'interno vi è il letto, il Crocifisso, una cassa per la
biancheria, un comodino, una scrivania, due sedie ed uno scaffale pensile con
alcuni libri. (…) Di fronte vi è poi una piccola cappella con una statua della
Vergine inserita in una nicchia. In questa cappella, Padre Pio celebrò la Messa
durante il periodo di segregazione dall'11 giugno 1931 al 15 luglio 1933. La
messa durava circe tre ore”. Oggi, in “un'altura in mezzo al verde si trova il
monastero moderno - Monastero della Resurrezione - che ospita una comunità di
clarisse cappuccine”.27 Nella città vi sono altre dieci luoghi di culto tra cappelle e
chiese.28
LA DIOCESI
San Giovanni Rotondo fa parte della diocesi Manfredonia - Vieste - San Giovanni
Rotondo29, sede arcivescovile suffraganea di Foggia–Bovino. Il suo Amministratore
apostolico attuale è mons. Domenico Umberto D'Ambrosio. Dopo la sua recente
nomina quale arcivescovo di Lecce, in sostituzione di mons. Cosmo Francesco
Ruppi, mons. D’Ambrosio lascerà definitivamente il suo alto incarico alla fine del
prossimo giugno e il suo ultimo atto come guida spirituale e pastorale della
diocesi sarà accogliere Papa Benedetto XVI.
Mons. D'Ambrosio è nato a Peschici del Gargano ed è stato
ordinato presbitero il 19 luglio 1965. Fu consacrato vescovo
da Giovanni Paolo II il 6 gennaio 1990. Dapprima, mons.
D'Ambrosio è stato eletto vescovo della diocesi di TermoliLarino, successivamente promosso alla metropolia di FoggiaBovino e trasferito con Lettera apostolica di Giovanni Paolo
II, datata 8 marzo 2003, alla guida della Chiesa di
Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo. È stato nominato
dal Santo Padre anche Delegato della Santa Sede per il
santuario e le opere di San Pio da Pietrelcina in San
Giovanni Rotondo.
L'arcivescovo è Presidente dell'Associazione internazionale "Gruppi di Preghiera"
di San Pio da Pietrelcina e della "Casa Sollievo della Sofferenza". È membro della
Commissione Episcopale della CEI per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e
la pace, e Presidente della Commissione Episcopale per il Pontificio Seminario
Teologico Regionale "Pio XI" di Molfetta.
La diocesi ha una superficie pari a 1.665 chilometri quadri e i suoi abitanti sono
quasi 156mila. Le parrocchie sono 48. I sacerdoti secolari sono 70 e i sacerdoti
regolari 60. I diaconi permanenti sono 3.30
27
http://www.conventopadrepio.com/index.php
Chiesa di Sant'Onofrio, Chiesa di San Giacomo, Chiesa San Giuseppe Artigiano,
Chiesa di San Nicola, Chiesa di Santa Maria Maddalena, Chiesa di San Donato e Santa
Caterina, Chiesa di Sant'Orsola, Chiesa Madre (S. Leonardo Abate), Cappella della
Madonna di Loreto e Chiesa di San Giovanni Battista o della Rotonda.
28
29
http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/vis_diocesi.jsp?idDiocesi=108
Fonti: Annuario Pontificio, edizione 2009 - Archivio dell'Istituto Centrale per il
sostentamento del clero.
30
11
I PRIMI SECOLI DELL’EVANGELIZZAZIONE
"Evangelizzata nei primi secoli dell'era cristiana, la regione conobbe un‟iniziale
organizzazione della Chiesa attorno alla metà del IV secolo, quando vennero eretti
i primi vescovati a Canosa e ad Eca. Caduto l'Impero d'Occidente, dopo le
controversie fra Bizantini e Longobardi e gli attacchi per mare da parte degli
Arabi, la regione visse un momento significativo per la diffusione del
cristianesimo quando si stabilì una chiara supremazia bizantina attorno al IX - X
secolo. La sua posizione geografica, che la portava a essere ponte fra Occidente e
Oriente, permise il penetrare di una tradizione culturale e religiosa diversa,
soprattutto grazie agli insediamenti di monaci basiliani, che fondarono cenobi e
romitaggi in Terra d'Otranto lasciandovi significative testimonianze. La fioritura
dell'arte cristiana, avvenne soprattutto nel basso Medioevo".31
L’evangelizzazione della Puglia comincia da Santa Maria di Leuca. Con ogni
probabilità, secondo numerose testimonianze, il cristianesimo pugliese si diffuse
a partire della regione estrema: Santa Maria di Leuca («Il primo luogo cristiano
dell‟Italia»). Le cinque distruzioni subite dal tempio “Santa Maria di Leuca” nei vari
anni non risparmiarono gli archivi dove erano conservati i documenti cartacei.
Era premura dei predatori dare alle fiamme quanto poteva essere distrutto: carte,
indumenti e suppellettili in genere e perfino le opere murarie. Con il passare dei
secoli, Leuca acquistò sempre più rinomanza proprio per la convinzione che da
questo luogo fosse passato l'Apostolo Pietro, per la presenza continua dei suoi
discepoli in quanto era stato il primo luogo cristiano della penisola (43 d. C), per il
prestigioso quadro della Madonna dipinto da San Luca, e ancora per la visita dei
vari Pontefici, le indulgenze di cui era stato arricchito il Santuario, e i vari
miracoli che si erano verificati per intervento della Madonna. Ai fini della
dimostrazione della tesi che Leuca sia stata sede vescovile non interessa se il
Vescovo sia stato di origine greca e quindi obbediente al Patriarca di Alessandria
e alla Metropolia di Filippopoli. Certamente, quando la Chiesa di Leuca nel 342 fu
riedificata, il Papa Giulio I la consacrò personalmente nel 343, la passò sotto la
giurisdizione di Roma e la rese suffraganea di Otranto.32 Solo in seguito alla
distruzione del Santuario (873 d. C.) da parte dei Saraceni il Vescovo fu costretto
a trasferirsi in Alessano, città meno esposta alle invasioni dei Turchi, dei
Saraceni, dei pirati in genere e alle inclemenze del mare e dei venti, pur
conservando il titolo di Vescovo di Leuca. Cessate poi le incursioni e devastazioni
(da parte dei Saraceni) che durarono fin'oltre il 928, il Vescovo ritornò alla sua
sede primitiva di Leuca. Il vescovado di Alessano fu eretto nell'XI secolo ma in
seguito a discordie, divisioni e ribellioni, la sede rimase vacante fino al 1283,
quando compare il nome del nuovo primo vescovo, Giovanni Napoli. In seguito,
distrutta ancora una volta Leuca, il suo Vescovo tornò definitivamente ad
Alessano nel 1071-1072 circa e da quel momento fu denominato: Vescovo di
Leuca e di Alessano. Poi, arriva la nuova ristrutturazione delle diocesi, con il
Concordato del 16 febbraio 1818: quelle di Alessano e di Leuca furono soppresse
e annesse a quella di Ugento.
31
http://www.chiesacattolica.it/cci_new/diocesi/puglia.html
La Chiesa cattolica in Puglia (Superficie in Kmq: 19.763 - Abitanti: 4.224.534).
Parrocchie: 1.060. Numero dei sacerdoti secolari: 1.765. Numero dei sacerdoti regolari:
789. Numero dei diaconi permanenti: 254.
32 I paesi che la componevano erano: Vereto, Alessano, Montesardo, Tricase, Tutino ecc.
(Tass. Lib.II, cap. IX).
12
LA DIFFUSIONE DEL VANGELO NEL GARGANO
Le visite di numerosi Pontefici
Gli studiosi, nonostante la mancanza di fonte, segnalata a più riprese,
ritengono ragionevole affermare che il Cristianesimo si diffuse in
questa singolare regione nord della Puglia tra il II e il III secolo. Con
ogni probabilità il primo punto di approdo per gli evangelizzatori fu la
città di Siponto e il loro annuncio fu facilitato sia dalla presenza di un
porto importante sia dall‟articolata rete viaria. Da qui il Vangelo si
diffuse verso l‟interno del Gargano conquistando le aree rurali
dell‟entroterra. “Il rinvenimento di necropoli rupestri paleocristiane e
di antiche piste di collegamento tra i diversi centri del promontorio
garganico e Siponto ne confermano il ruolo di principale centro di
irradiazione del cristianesimo per le zone più interne del Gargano”33.
Poi sono sorti Monte Sant’Angelo, San Giovanni Rotondo, Mattinata,
Lucera, San Marco in Lamis, San Menaio, Vico del Gargano, Lesina,
Sannicandro Garganico, Ascoli Satriano, ecc.
“Il Gargano è un promontorio che corrisponde sostanzialmente
a un massiccio montuoso, chiamato lo "Sperone d'Italia", che
si protende per 70 km nel mare Adriatico dando origine al
Golfo di Manfredonia. Era in origine un'isola, poi unita alla
terraferma da un progressivo accumulo di depositi alluvionali,
soprattutto del torrente Candelaro; la fascia settentrionale
litoranea, bassa e sabbiosa, accoglie il lago costiero di Varano
con il contiguo lago di Lesina. Il Gargano copre una superficie
complessiva di circa 2000 km² che include il Parco Nazionale
del Gargano. I comuni garganici sono 17”.34
IL GARGANO È STATO TRA LE PRIME REGIONI ITALIANE
A CONOSCERE E AD ACCETTARE IL MESSAGGIO DI CRISTO35
Secondo alcune ipotesi è certo che l‟apostolo Pietro
abbia fondato la prima chiesa cristiana a Siponto. Non
nel senso murario del termine: sarebbe stato
impossibile in pieno paganesimo edificare basiliche. I
primi luoghi di culto cristiani furono grotte, catacombe,
necropoli. Sotto l‟impero di Claudio, l‟apostolo Pietro si
recò a Roma per predicare e annunciare il Vangelo. Nel
suo viaggio si fermò a Siponto che costituiva tappa
obbligata tra l‟oriente e l‟occidente. Nella «cronaca» dei
vescovi della chiesa di Siponto si narra di Elvio Giustino,
che nell‟anno 44 dell‟era cristiana, dopo aver
abbandonato la porpora militare, «indossò la corazza della fede, convertito dal
Ada Campione e Donatella Nuzzo. La Daunia alle origine cristiane, pag. 103, Edipuglia.
http://www.parcogargano.it/
35 Questo testo sul cristianesimo nel Gargano appartiene a Donato Torraco e fa parte di
un libro in preparazione. Il curatore ringrazia l‟autore per l‟autorizzazione concessa per la
sua inclusione in questo documento.
Vedere anche a pagina N° 73: La Puglia e i Papi. Tra storia e antiche tradizioni locali.
33
34
13
divino Pietro principe degli apostoli», diventando così sacerdote e vescovo e quindi il
primo pastore della chiesa garganica. Tra il 200 e il 350 dell‟era cristiana, di fronte
all‟imminente crollo dell‟impero romano la religione cristiana era già penetrata sul
Gargano, diventando a sua volta centro di diffusione del cristianesimo. Prova
documentata è l‟affermazione della prima diocesi a Siponto. Il primo dato sicuro è
che il vescovo di Siponto, Felice, insieme a Palladio, vescovo di Salpi, partecipò nel
465 a un Concilio, a Roma, convocato dal pontefice, Ilario. Ma già nel 314 Salpi
partecipò, con il suo vescovo Pardo, a un concilio convocato, ad Arles, da
Costantino, presenti gli altri quattro vescovi delle province italiche. Dati che
confermano come le primitive comunità cristiane del Gargano dovevano essere ben
vive e organizzate tanto da esprimere, intorno al 300, a Siponto, la prima basilica
paleocristiana, la cui costruzione avvenne in diverse fasi e che oggi sopravvive sotto
l‟attuale basilica di Santa Maria Maggiore di Siponto.
Gelasio I. Il primo Papa, in ordine di tempo, che venne in visita ufficiale da
queste parti è stato Gelasio I, detto «l‟africano», per via delle sue origini. Da Roma,
passando per Benevento giunse a Siponto negli ultimi mesi del 493. Per
l‟occasione fu organizzato un corteo processionale al quale presero parte oltre ai
fedeli, otto vescovi, che salì riverente alla sacra grotta a Monte Sant’Angelo.
Gelasio I, con la sua venerazione concesse il suo assenso alla dedicazione della
grotta a luogo di culto cristiano. Monte Sant’Angelo, che è cresciuta attorno alla
sacra grotta, ha dato origine ai primi pellegrinaggi cristiani ed è, insieme alla
tomba dell‟apostolo Pietro a Roma e al santo sepolcro a Gerusalemme tra i primi
santuari dell‟era cristiana.
Agapito I. Quarantatré anni dopo, nella primavera del 536, Papa Agapito I
dovette recarsi a Costantinopoli per dissuadere Giustiniano dal proseguire la sua
guerra in Italia, e, prima di partire per l‟Oriente, si recò in pellegrinaggio alla
sacra grotta, dimora terrena del principe delle milizie celesti. La posizione
geografica del Gargano aperto ai mercati di ampio respiro ha determinato la sua
storia e ha portato non poche sventure. La relativa tranquillità che caratterizzerà
il Gargano, sino all‟ottavo secolo, determinata dalla propulsione delle attività
agricole dei monasteri sparsi su tutto il territorio, verrà sconvolta da una serie di
guerre. Dopo la caduta del regno longobardo settentrionale nel 774 ad opera di
Carlo Magno, nuovi eventi accaddero. Ai goti, slavi, longobardi, franchi si
sovrapposero i saraceni. Intorno al IX secolo, bèrberi di fede musulmana
provenienti dall‟Africa settentrionale martellarono per lungo tempo le coste del
Gargano. Davanti all‟avanzare dell‟orda pagana molti trovarono rifugio nelle
numerose comunità religiose esistenti difesi da abbazie fortificate. Sul Gargano si
perpetuerà la scelta di fede cristiana, indicando una continuità che si manifesterà
su tutto il territorio e che darà luogo a centinaia di badie, chiese e abbazie
alimentando la fama del Gargano sempre più conosciuto come «Montagna Sacra» per
via dell‟intensa vita religiosa sbocciata in un fermento artistico e culturale che animò
la città-Gargano intorno agli anni Mille. A Monte Sant’Angelo, in particolare, si ebbe
l‟incontro tra arte longobarda e bizantina dalla cui fusione in seguito nacque
l‟arte romanico pugliese.
Benedetto VIII. Papa Benedetto VIII, al secolo Teofilatto dei Conti di Tuscolo,
chiese aiuto a suo cugino, l‟imperatore Enrico II per contrastare il potere bizantino
in Italia e insieme si recarono in pellegrinaggio alla grotta dell‟Angelo per
ringraziarlo della vittoria riportata.
Leone IX e Urbano II. Papa Leone IX, Brunone di Toul, nel 1050, si recò a
Siponto per tenere un concilio. Il concilio che creò i presupposti per la nascita
della prima crociata in Terra Santa è del 1093 si è tenuto a Melfi, voluto dal Papa
14
francese, Urbano II, alla presenza di 75 vescovi e 12 abati, dopo essere saliti a
Monte Sant’Angelo per chiedere la benedizione dell‟arcangelo Michele. Per il
Gargano è il periodo di massimo splendore: poi l‟esperienza normanna, quella
federiciana a cui seguiranno gli angioini. È questa l‟epoca, tra i mille e il
milletrecento, in cui sorgeranno le maggiori cattedrali del Gargano: monasteri e
romitaggi adagiati sugli altopiani più alti della «Montagna Sacra», protetti alle
spalle dai venti del nord.
Pasquale II. Papa Pasquale II nel 1117 tenne a Siponto un concilio. Anche Papa
Innocenzo II si recò in pellegrinaggio sul Gargano di ritorno da Bari dove si era
recato per venerare le spoglie di San Nicola.
Alessandro III e Celestino III. La visita più lunga, durata almeno quaranta
giorni, è stata quella di Rolando Bandinelli, senese, Papa Alessandro III, nel
gennaio del 1177, accompagnato da un corteo imponente di fedeli, vescovi e
cardinali. Anche Celestino III salì al Gargano, nel 1191.
Gregorio X. Tebaldo Visconti era in Siria quando seppe della sua elezione a
Pontefice. Reduce da un importante concilio, prese il nome di Gregorio X e fece
immediatamente vela verso Manfredonia. Era il gennaio del 1272 e il suo primo
atto da Papa fu quello di pregare nella grotta dell‟arcangelo Michele a Monte
Sant’Angelo.
Giovanni Paolo II. Poi, sono dovuti trascorrere 715 anni, per assistere alla visita
ufficiale di un pontefice sul Gargano: quella di Giovanni Paolo II, il 23 maggio del
1987. Fra i tanti pellegrini diretti alla «Montagna Sacra», San Francesco d’Assisi
che probabilmente si recò nel 1222 alla grotta dell‟arcangelo. È un evento questo
che condizionerà la storia futura di questa terra perché saranno proprio i seguaci
di San Francesco a raccogliere l‟eredità spirituale del Gargano. «Certamente
questo luogo sacro – aveva detto Papa Giovanni II ai fedeli in occasione della sua
visita pastorale – ha conosciuto una grande irradiazione spirituale grazie all‟opera
di Padre Pio… sulle folle che qui giungono alla ricerca della pace e del perdono».
(Donato Torraco)
SAN LORENZO MAJORANO
La Chiesa di Mafredonia, "sipontina", festeggia il 7 febbraio "San Lorenzo Majorano" (488
– 545), Santo Patrono della città nonché della diocesi (oggi "Manfredonia-Vieste-San
Giovanni Rotondo). Anche San Filippo Neri, con tanto di Bolla papale, è Patrono della
città e Maria Santissima di Siponto, eletta patrona per devozione popolare. San Lorenzo
Majorano, è ricordato come il vescovo venuto dall‟oriente, da Costantinopoli, per espressa
richiesta del popolo sipontino che non riusciva a
superare un momento storico alquanto delicato. Il
giovane Lorenzo Majorano, decimo vescovo
sipontino, si segnalò per la sua illuminata opera
pastorale e politica. Tra le sue grandi intuizioni,
l‟istituzione del culto di San Michele dopo le
apparizioni dell‟Arcangelo in una grotta del
Gargano.
La Basilica Minore di Santa Maria Maggiore di
Siponto. Comunemente conosciuta come Basilica
di Siponto. Era l'antica Cattedrale di Siponto,
eretta nel 1977 a Basilica Minore dal Cardinale Corrado Ursi quale rappresentante di
Paolo VI. La Basilica è dedicata a Maria Santissima di Siponto. La chiesa è un gioiello
dell'arte Romanico pugliese. Fu consacrata nel 1117 e sotto l'altare maggiore furono
poste le reliquie di San Lorenzo Maiorano. Per secoli è stato custodita l'icona di Maria
Santissima di Siponto, databile all'VIII secolo e custodita attualmente nella Cattedrale di
Manfredonia. L'edificio ha una forma quadrata, con due chiese indipendenti, di cui una
interrata.
15
I LUOGHI DELLA VISITA
Il Papa arriverà dal Vaticano in elicottero il 21 giugno e atterrerà al
Campo sportivo “A. Massa” di San Giovanni Rotondo. Da qui
raggiungerà, a bordo della papamobile, il Santuario “Santa Maria
delle Grazie”, scenderà in Cripta per pregare dinanzi alle spoglie
mortali di San Pio da Pietrelcina. Quindi, dopo aver indossato i
paramenti liturgici, presiederà l‟Eucaristia alle ore 10,15 sul sagrato
della Chiesa di San Pio da Pietrelcina, dove reciterà anche la
preghiera mariana dell‟Angelus. Alle 16,30 il Pontefice saluterà e
rivolgerà un pensiero ai ricoverati e al personale di Casa Sollievo
della Sofferenza davanti all‟ingresso monumentale dell‟ospedale. Alle
17,30, sempre nella Chiesa di San Pio da Pietrelcina, incontrerà i
sacerdoti, i religiosi, le religiose e i giovani. Alle 18,15 ripartirà in
elicottero per il Vaticano.
IL PROGRAMMA
Papa Benedetto XVI raggiungerà il Santuario alle 9,35 in papamobile,
accompagnato dall‟arcivescovo Domenico Umberto D’Ambrosio, percorrendo il
seguente itinerario: viale della Gioventù, via Donatello, corso Roma, via Foggia,
piazza Padre Pio, corso Umberto I (con attraversamento di piazza dei Martiri),
piazza Europa e viale . Sul sagrato del Santuario Santa Maria delle Grazie
riceverà il saluto del Sindaco di San Giovanni Rotondo, Gennaro Giuliani. Quindi
entrerà all‟interno, dove sarà accolto da fr. Mauro Jöhri, Ministro generale
dell‟Ordine dei Frati Minori Cappuccini, da fr. Aldo Broccato, da fr. Carlo Laborde,
da fr. Francesco Dileo e dalla Fraternità dei Frati Minori Cappuccini di San
Giovanni Rotondo. Dopo aver sostato in adorazione dinanzi al Santissimo
Sacramento, il Santo Padre visiterà la cella n. 1 del convento, dove è morto Padre
Pio, quindi scenderà in ascensore in cripta, per pregare dinanzi al corpo del
Santo. Nella cripta sarà presente solo la fraternità dei Frati Minori Cappuccini. Il
Papa accenderà due lampade nei pressi dell‟urna, come simbolo delle visite
apostoliche degli ultimi due Pontefici. Risalito in sagrestia, Benedetto XVI vestirà i
paramenti liturgici e si recherà in papamobile sul sagrato della chiesa di San Pio
da Pietrelcina, attraversando il sagrato di Santa Maria delle Grazie, per
presiedere, alle ore 10,15, la solenne Concelebrazione Eucaristica, all‟inizio della
quale sarà salutato da mons. D’Ambrosio. Al termine della Messa, dallo stesso
palco, il Santo Padre reciterà la preghiera mariana dell‟Angelus. Nel pomeriggio,
alle 16,45, il Pontefice, dinanzi al pronao di Casa Sollievo della Sofferenza,
incontrerà i dirigenti, i dipendenti e i degenti dell‟Ospedale. Prima del suo
discorso riceverà il saluto dell‟arcivescovo D’Ambrosio, presidente di Casa Sollievo
della Sofferenza, del Direttore Generale e di un ammalato. Subito dopo, sempre in
papamobile, si recherà nella chiesa di San Pio da Pietrelcina, dove, alle 17,30,
incontrerà i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i giovani. Qui sarà salutato da
mons. D’Ambrosio, da fr. Mauro Jöhri e da un giovane. Terminato l‟incontro, il
Santo Padre ritornerà, sempre in papamobile, seguendo lo stesso percorso
dell‟andata, allo stadio comunale “Antonio Massa”, da dove decollerà in elicottero
alle 18,15 per atterrare in Vaticano alle 19,30. "Il doppio passaggio per le strade
cittadine - ha commentato il sindaco Gennaro Giuliani - è un gradito regalo che
Benedetto XVI offre alla città di San Padre Pio".
16
CAMPO SPORTIVO “ANTONIO MASSA”
Sul campo dello stadio comunale, intitolato ad Antonio Massa,
atterrerà alle 9.15 circa l‟elicottero del Santo Padre. Al suo arrivo sarà
accolto da mons. D’Ambrosio; da un rappresentante del Governo
italiano; da Antonio Zanardi Landi, ambasciatore d‟Italia presso la
Santa Sede; da mons. Giuseppe Bertello, Nunzio apostolico in Italia;
dall‟On. Nichi Vendola, Presidente della Regione Puglia; dal dr. Antonio
Nunziante, prefetto di Foggia; dal sindaco Gennaro Giuliani e dal dr.
Antonio Pepe, Presidente della Provincia di Foggia.36 Antonio Massa
era un giovane calciatore ucciso, in circostanze mai chiarite fino in
fondo, all'inizio degli anni Cinquanta. Fu trovato morto nel precedente
campo sportivo, che ora non esiste più. Le indagini seguirono la pista
dell'omicidio politico, perchè il Padre era il segretario della DC locale,
ma non fu mai trovato il colpevole. Nel 1976 il Consiglio Comunale
deliberò di intitolare il nuovo stadio a lui. Spesso si afferma che in
questo stadio, il 23 maggio 1987, Papa Giovanni Paolo II celebrò la
Santa Messa durante la sua terza visita a San Giovanni Rotondo (che
poi era la prima come Successore di Pietro). In realtà, il Servo di Dio
Giovanni Paolo II celebrò la Messa in un parco allestito per
l'occasione, che ora viene denominato proprio "Parco del Papa".
SANTUARIO
“SANTA MARIA DELLE GRAZIE” (CRIPTA)
Questo santuario si compone di due
chiese: una che si cominciò a
costruire nel 1540 ma che potè
essere consacrata a "Santa Maria
delle
Grazie"
solo
nel
1676
(chiamata
"Santa
Maria
degli
Angeli") e una nuova, Basilica, opera
dell'architetto Giuseppe Gentile di
Boiano
(Campobasso)
che
fu
consacrata nel 1959, tre anni dopo
l'inizio dei lavori.37
La chiesa antica. La chiesa del
1540 fu costruita in pietra locale di
Montenero, su territori donati da
Antonio Landi e la sua edificazione ebbe una storia molto travagliata anche
perché subì dei danni durante il terremoto nel 1629. Quando fu consacrata nel
23 maggio 2009. http://www.teleradiopadrepio.it/comunicati_record_long.php?Rif=2545
Sito del Comune per la visita del Santo Padre:
36
http://www.comune.sangiovannirotondo.fg.it/notizie-e-commenti/visita-del-santo-Padre.html
37
Tutte le informazioni sul Santuario sono tratte da:
http://www.padrepioesangiovannirotondo.it/antico_convento.htm
17
luglio del 1676 venne dedicata a “Maria Santissima delle Grazie”. Nella piccola
lunetta della facciata sono raffigurati la Madonna col bambino, San Francesco e
San Michele Arcangelo. La chiesa è molto visitata anche perché al suo interno c‟è
il famoso altare di San Francesco, sul quale Padre Pio celebrò la Santa Messa dal
1945 al 1959. Sempre sulla facciata ai lati della porta ci sono due lapidi, infisse
dal comune di San Giovanni Rotondo per ricordare due date: i cinquant'anni di
sacerdozio di Padre Pio (10 agosto 1910 - 10 agosto 1960) e i suoi cinquant'anni
di permanenza a San Giovanni Rotondo (1916 - 1966). La chiesa inoltre è
arricchita da affreschi del pittore milanese Natale Penati (15 maggio 1884 - 28
febbraio 1955), realizzati negli anni trenta. Penati arrivò a San Giovanni il 12
luglio 1935 e finì le sue opere l‟8 agosto. Il pittore conobbe personalmente Padre
Pio con il quale, anche dopo il suo ritorno a Milano, continuò il rapporto di
amicizia che aveva iniziato in San Giovanni Rotondo, come attestano alcune
lettere indirizzate a Milano dal convento dei Cappuccini. Ebbe anche l‟onore di
realizzare il ritratto del Santo, dipingendo un quadro ad olio che gli venne
commissionato nel 1936 dalla famiglia Serritelli di S. Giovanni Rotondo.38
San Camillo de Lellis. Prima di San Pio il convento ospitò un
altro santo. “Nella celletta n. 5, infatti, come lo stesso Padre Pio
faceva notare, dormì San Camillo de Lellis, quando il convento non
era stato ancora del tutto completato. Camillo vi giunse da laico,
inviato dai frati di Manfredonia per scambiare una soma di
tagliolini con del buon vino locale. La serenità del luogo entrò in
conflitto con il suo animo turbolento. Padre Angelo, superiore del
convento, ne approfittò per parlargli di fratellanza e della caducità
delle cose terrene, mentre passeggiavano sotto un pergolato.
L‟indomani, nel tragitto di ritorno a Manfredonia, Camillo ripensò
alla propria vita dissennata e, giunto nella Valle dell'Inferno, fu
come S. Paolo fulminato da un raggio di luce divina. Cadde da cavallo, si
inginocchiò per terra, scoppiò in lacrime e fece il fermo proposito di non offendere
mai più il Signore, di fare penitenza, e di farsi quanto prima Cappuccino. San
Camillo ricordò quel giorno come quello della sua conversione”.39 San Camillo de
Lellis (nato a Bucchianico il 25 maggio 1550 e morto a Roma il 14 luglio 1614) è il
fondatore dell'Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani). Nel
1746 fu proclamato santo da Papa Benedetto XIV.
Durante l‟occupazione napoleonica di Napoli, il convento fu chiuso tra il 1811 e il
1816. Successivamente, a causa della “legge di soppressione delle Corporazioni
religiose” del 1866, serrò nuovamente i battenti e fu affidato al Demanio Pubblico
del nuovo Stato unitario liberale. Nonostante le pressanti richieste della
popolazione e del Consiglio comunale, fu impossibile sospendere l‟applicazione
della misura e perciò i frati dovettero disperdersi in diversi luoghi. A volte, per
brevi periodi, alcuni di loro venivano ospitati clandestinamente nella città con lo
scopo di poter assistere all‟Eucaristia (anche essa celebrata clandestinamente).
Solo nel 1909 le autorità provinciali approvarono un contratto di affitto (per 29
anni) stipulato tra il Comune i Frati Minori Cappuccini Francesco Latiano e Nicola
Ciavarella, a condizione di tenere aperta al pubblico l‟annessa chiesa. Si aprivano
così le porte per Padre Pio, giunto a San Giovanni Rotondo il 28 luglio 1916 per
non più spostarsi fino alla sua morte avvenuta il 23 settembre 1968.
38
http://www.padrepioesangiovannirotondo.it/natale_penati.htm
39
Vedi nota 38.
18
La Basilica. A metà degli anni 50 appare chiaro che la piccola chiesa non era più
in grado di accogliere l‟enorme massa di fedeli e pellegrini che arrivava ogni
giorno e perciò, i Cappuccini presero la decisione di costruirne una nuova. I lavori
cominciarono il 2 luglio 1956 e in solo tre anni furono ultimati. Infatti, il 1° luglio
1959 l‟allora vescovo di Foggia, mons. Paolo Carta, potè presiedere i riti di
consacrazione e il 2 luglio il cardinale Federico Tedeschini incoronò il quadro di
Santa Maria delle Grazie.
La Basilica santuario ha tre navate. La navata centrale è dominata da un mosaico
eseguito dalla scuola vaticana, raffigurante originariamente solo la Madonna delle
Grazie, opera del prof. Michelangelo Bedini (Ostra, 1904 – Roma, 1973)40, alla
quale è stata ora aggiunta la figura di San Pio Pietrelcina e di un angelo sulle
nuvole. La riproduzione in calce al mosaico degli stemmi dei comuni di Pietrelcina
e di San Giovanni Rotondo stanno a rimarcare la comune, immensa gioia delle
due popolazioni per la santificazione del Padre.
Il mosaico “incompleto”. “Quando la grande opera
venne realizzata, alcuni critici avevano notato il
vuoto ed anche la figura appiattita della Vergine con
il Bambino; qualcuno aveva parlato, ma sottovoce,
di errore degli esecutori, i maestri della Scuola
Vaticana del mosaico; qualche altro aveva preferito
sorvolare. In realtà, nel progetto originario c'era
proprio il vuoto li in mezzo, un vuoto che prevedeva,
però, la figura di Padre Pio, che si sarebbe potuta
realizzare soltanto dopo il riconoscimento della sua
santità. Ed ecco che, avvenuta la canonizzazione, gli
artisti del mosaico delle "Gallerie e Musei Vaticani"
hanno lavorato con passione, coprendo con teloni la
zona alla vista ed alla curiosità del fedeli, per
completare e realizzare il progetto cosi com'era stato
pensato originariamente. Il 9 agosto 2002, nel corso
della Santa Eucaristia presieduta dal Ministro
Provinciale, fr. Paolo M. Cuvino, e concelebrata dai padri Definitori, è stata
inaugurata l'opera completa della figura di San Pio da Pietrelcina”.41
La Cripta. Nelle navate laterali, sugli altari vi sono altri otto mosaici, eseguiti
dalla scuola vaticana. “Nel piano sottostante c'è la cripta di San Pio da
Pietrelcina, le cui spoglie sono state calate nella terra, per esaudire un suo
desiderio. Le spoglie riposano sotto un blocco monolitico di marmo verde del
Labrador a forma di sarcofago pesante 30 quintali. A latere, una epigrafe ricorda
le parole di Padre Pio scritte a Francesco Morcaldi, sindaco di San Giovanni
Rotondo, che possono essere considerate parte del suo testamento spirituale per
il popolo "prediletto" della città garganica: "Io ricorderò sempre cotesto popolo
generoso nella mia povera ed assidua preghiera, implorando per esso pace e
prosperità e quale segno della mia predilezione, null‟altro potendo fare, esprimo il
mio desiderio che, ove i miei superiori non si oppongano, le mie ossa siano
composte in un tranquillo cantuccio di questa terra" (12 agosto 1923).42
M. Bedini si trasferì dopo la I guerra mondiale a Roma per frequentare l'Accademia
delle Belle Arti. Le sue opere sono visibili in decine di chiese italiane e anche all'estero
(USA, Brasile e Malta).
40
41
http://www.parrocchie.it/calenzano/santamariadellegrazie/Una%20corona%20di%20gloria.htm
42 http://www.padrepioesangiovannirotondo.it/santuario_S_maria_delle_grazie.htm
19
L'esumazione del corpo di San Pio da Pietrelcina. Nel massimo riserbo, nel
santuario di San Giovanni Rotondo, la tarda sera del 2 marzo 2008, la
Commissione medica ha dato inizio all'esumazione e prima sessione della
ricognizione canonica del corpo di San Pio da Pietrelcina. “Tutta l'operazione è
avvenuta davanti a una commissione composta da medici e religiosi sotto la
supervisione di monsignor D'Ambrosio. Presenti anche alcuni parenti del santo.
Hanno partecipato anche Consiglia De Martino, la donna di Salerno guarita dalla
rottura traumatica del dotto toracico (il miracolo è servito alla beatificazione del
cappuccino di Pietrelcina) e Matteo Pio Colella, il ragazzo di San Giovanni Rotondo
affetto da una sindrome multiorgano scatenata da una meningite, la cui
guarigione, ritenuta scientificamente inspiegabile, è stata dichiarata miracolo per
la canonizzazione”.43
Le procedure. “L‟apertura della tomba è stata preceduta, il 28 febbraio 2008,
dall‟insediamento del Tribunale istituito per l‟occasione dall‟arcivescovo di
Manfredonia–Vieste–San Giovanni Rotondo, mons. Domenico Umberto D’Ambrosio,
delegato della Santa Sede per il Santuario e le Opere di Padre Pio. Il Tribunale è
presieduto dallo stesso presule. (...) Con lo stesso documento è stata nominata
anche la Commissione dei periti per l‟esumazione e la ricognizione canonica. (...)
Dopo la lettura del decreto tutti i nominati hanno prestato un «giuramento di
fedeltà» sul Vangelo per gli adempimenti «inerenti l‟esumazione e la ricognizione
canonica delle spoglia mortali di San Pio da
Pietrelcina». Quindi l‟Arcivescovo ha chiamato
cinque testimoni della sepoltura di Padre Pio,
avvenuta alle 22,30 del 26 settembre 1968. (...) A
loro mons. D’Ambrosio ha chiesto l‟assicurazione
di aver trovato il sepolcro nelle stesse condizioni in
cui è stato lasciato dopo la tumulazione. La loro
risposta affermativa è stata, poi, confermata con
giuramento sul Vangelo. Al termine della serata è
stato rimosso il blocco monolitico di «marmo
verde» che sovrastava la tomba di Padre Pio, con l‟ausilio di quattro “binde” e di
sei rulli di teflon. Infine è stato tolto il sottostante gradino di marmo rosa,
composto da due lastre a forma di “C”, lasciando a vista uno strato di sabbia
bianca. La breve cerimonia del 28 febbraio si è conclusa con la benedizione
dell‟Arcivescovo, il canto della “Salve Regina” e la lettura del verbale,
controfirmato da quattro testimoni. (...) Più lunga è stata, invece, la liturgia della
sera del 2 marzo, cominciata alle ore 22,00. All‟inizio della Celebrazione
dell‟Ufficio delle Letture, presieduta da mons. D’Ambrosio, sono stati letti il
Rescritto della Congregazione delle Cause dei Santi, il Decreto dell‟Arcivescovo e
l‟autorizzazione dell‟autorità civile. Quindi ha preso la parola fr. Aldo Broccato per
spiegare che l‟esumazione e la ricognizione canonica esprimono «in primo luogo i
sentimenti di profonda umanità che la nostra Provincia nutre da sempre verso
questo suo figlio illustre che tanto ha amato la Provincia e tanto ha offerto e
sofferto per essa». «Questo evento – ha proseguito il Ministro Provinciale –
manifesti sempre più il segno della nostra fede nella comunione dei santi, nella
risurrezione della carne e nella vita eterna. Infatti la riesumazione del corpo di
San Pio, mentre ci fa guardare da vicino le sue spoglie mortali, pur preziose e care
al nostro cuore di uomini, devoti e confratelli, deve spronarci ad alzare lo sguardo
verso l‟alto, verso la luce della vita di Dio che in Cristo si è manifestata nella sua
43
La Repubblica, 3 marzo 2008.
20
morte e risurrezione». Dopo la lettura di un brano della prima lettera di San Pietro
Apostolo e di uno stralcio di due lettere di Padre Pio in cui descrive la
trasverberazione e la stimmatizzazione del 1918, il pastore diocesano ha tenuto
una breve riflessione sul significato dell‟evento. «Questo gesto – ha spiegato – si fa
preghiera di lode e rendimento di grazie a Dio tre volte santo per averci donato nel
suo Servo fedele una ulteriore manifestazione del mistero della croce». «Il gesto
della ricognizione canonica – ha aggiunto – in risposta a una corale e
circostanziata richiesta inoltrata alla Congregazione delle Cause dei Santi dal
postulatore generale dell‟Ordine, fra Florio Tessari, su richiesta del ministro
provinciale, fra Aldo Broccato, con la mia convinta
adesione e parere favorevole: è il punto di arrivo di una
meditata e prolungata riflessione; rientra nella
collaudata e secolare prassi della Chiesa; risponde alla
storica
responsabilità
di
garantire,
attraverso
appropriate procedure, una prolungata conservazione
del corpo del nostro Santo per permettere anche alle
generazioni che verranno la possibilità di venerare e
custodire le sue reliquie». Subito dopo sono state
rimosse le quattro traversine di cemento poste a
copertura del sepolcro su cui era incisa la data della
tumulazione (26/9/1968) e otto frati, alle ore 23,19,
hanno estratto la triplice bara, di metallo, legno e zinco,
posizionandola nell‟area est della cripta.(…) Dinanzi
alla bara, mons. D’Ambrosio, insieme al Promotore di
Giustizia e al Notaio Attuario, hanno controllato
l‟integrità dei sei sigilli apposti la sera del 26 settembre
1968, prima di romperli e rimuoverli. Alle ore 23,30, il
Presule, il Ministro Generale e il Ministro Provinciale
hanno aperto il coperchio consentendo all‟Arcivescovo,
ai componenti del Tribunale e ai periti di formarsi una
prima, sommaria idea sulle condizioni del corpo, poiché
la lastra di vetro che lo ricopriva era appannata.
Lo stato di conservazione del corpo. Il pastore
diocesano ha, quindi, incensato le reliquie al canto del
“Te Deum”. Successivamente, mentre i presenti
cantavano le Litanie dei Santi, don Michele Nasuti, fr. Francesco Dileo, fr.
Francesco Colacelli e mons. Domenico Umberto D’Ambrosio hanno accompagnato
la bara in un ambiente appositamente preparato per il trattamento delle spoglie
mortali di San Pio da Pietrelcina, dove i periti hanno effettuato una prima
ispezione, riscontrando che «il cranio e gli arti superiori sono in parte scheletriti.
Le restanti parti presentano i tegumenti adesi ai piani sottostanti e molto umidi,
ma suscettibili di trattamento conservativo». In pratica, ha spiegato l‟Arcivescovo,
quando è avvenuta la sepoltura «l‟intonaco era molto fresco e ha trasmesso
un‟eccessiva umidità». Alla cerimonia sono intervenuti, tra gli altri, tutti i parenti
di Padre Pio. C‟erano gli otto figli dell‟unica nipote vivente del Santo, Pia Forgione:
Maria Giuseppa, Alfonso, Rachele, Orazio, Maria Pia, Tarcisia, Michele e Pio. C‟era
anche Pio Masone, nipote di Felicita Forgione, sorella di Padre Pio. (...) Prima della
benedizione finale e dell‟inno a Padre Pio, ha preso la parola il Ministro Generale
dei Cappuccini che ha voluto benedire «il Signore Dio» per «le spoglie mortali» di
Padre Pio «che furono ritenute degne di portare i segni del Cristo crocifisso».
Terminate le procedure idonee per garantire al corpo del Santo le migliori
21
condizioni di conservazione, le spoglie mortali saranno composte in un‟urna che
sarà collocata, a partire dal 24 aprile 200844, nella stessa cripta in cui Padre Pio è
stato sepolto per 40 anni, per consentirne la venerazione da parte dei fedeli”.45
CHIESA DI SAN PIO DA PIETRELCINA
Notizie generali. Questa nuova chiesa dedicata a San Pio da Pietrelcina è opera
del famoso architetto italiano Renzo Piano e fu consacrata il 1° luglio 2004. Il
fabbricato, che occupa una superficie di 6mila m², può accogliere almeno 7.000
persone. È' dunque la seconda chiesa più grande in Italia per dimensioni,
seconda solo alla Basilica di San Pietro in Vaticano. I lavori si prolungarono per
circa dieci anni e per sostenere lo sforzo finanziario fu necessario costituire un
consorzio che riuniva al suo interno le aziende impegnate nella costruzione: il
consorzio "Fabbrica della chiesa". Un solo dato può dare la dimensione del lavoro
che è stato necessario: sono stati scavati 70.000 metri cubi di roccia per
localizzare l‟imponente fabbricato e il grande sagrato a cui la chiesa è collegata
attraverso un'enorme vetrata ed un viale di accesso. Nelle diverse fasi della
costruzione sono state impiegate tecnologie molto avanzate e sono stati realizzati
non pochi esperimenti sulla resistenza dei materiali, poiché la città si trova in
una zona a rischio sismico. I materiali più frequenti sono il legno e la pietra di
Apricena46, molto resistente e poco duttile. Per queste ragioni sono state realizzate
prove antisismiche che hanno determinato che l‟intera struttura è in grado di
resistere a forze anche 6 volte superiori a quelle provocate dai terremoti registrati
in questa zona.
44
Video – Corriere della Sera.
http://br.truveo.com/Padre-pio-lesposizione-della-salma/id/673535737
45 http://www.teleradiopadrepio.it/comunicati_record_long.php?Rif=2386
L'Apricena è una pietra costituita per oltre il 96% da carbonato di calcio con tracce di
ossidi di ferro, manganese, alluminio ed altri. Le sue cave si trovano alle pendici del
Gargano, nel territorio compreso tra Apricena, Lesina e Poggio Imperiale. La zona di
estrazione della pietra di Apricena costituisce il primo polo estrattivo del meridione
italiano ed il secondo bacino nazionale dopo quello di Carrara. La produzione della pietra
di Apricena, infatti, copre il 90% della produzione regionale ed il 20% di quella nazionale.
Fra le sue varietà si segnalano: ondagata, silvabella, serpeggiante classico, filettato,
filetto rosso, moganato, radica, bocciardata, ecc.
46
22
Il sagrato. Quest‟enorme spazio antistante la chiesa è intitolato a “Papa Giovanni
Paolo II”. Si tratta di un piattaforma, in pietra di Apricena (del tipo bocciardata),
che copre una superficie di 8.000 m² e scivola dolcemente verso gli ingressi della
chiesa. Questo grande spazio a sud è delimitato dal Campanile orizzontale, dalla
Grande croce in pietra e da otto aquilotti in pietra. Ad ovest confina invece con la
grandiosa vetrata della chiesa e a nord con un boschetto di 24 ulivi secolari
(rappresentanti i 12 Apostoli e i 12 Profeti maggiori) e da 12 vasche trapezoidali
(che portano l'acqua alla fonte battesimale ottagonale). Ad est il sacrato si apre
verso il santuario “Santa Maria delle Grazie”. Nelle aree verdi che circondano la
costruzione, annaffiate con il sistema a goccia, sono stati piantati: 23.000
lavande, 50.000 edere, 2.000 cipressi, 500 pini, 30 ulivi, 400 corbezzoli, e 550
mirti.
Una casa aperta. Parlando della
struttura
della
chiesa,
il
cappuccino
di
Foggia,
Padre
Gerardo
Saldutto,
confessa:
"Subito,
fin
dall‟inizio,
noi
decidemmo di costruire una chiesa
ampia,
grande,
come
l‟aveva
sempre
sognata
Padre
Pio.
Volevamo una chiesa grande ma
che fosse, nello stesso tempo, in sintonia con lo spirito del nostro ordine e cioè
semplice e umile. Non doveva essere un monumento eclatante, vistoso. E Renzo
Piano, da genio qual è, ci ha perfettamente accontentati. La chiesa ha la forma
umile di una conchiglia. Vista dall‟esterno, sembrerebbe addirittura piccola.
Invece, è ampia ma di un‟ampiezza sostanziale, che sprigiona calore, cordialità,
spiritualità, e invita alla preghiera".47 Si voleva una struttura priva di una facciata
colossale e capace di trasmettere l'idea dell'ingresso immediato come la casa dei
contadini. Anche il tetto un po' spiovente doveva rinforzare la medesima idea di
accoglienza. Lo stesso Renzo Piano parlò di una “casa aperta”. Nella realizzazione
dell'opera, sono stati impiegati 30.000 metri cubi di calcestruzzo armato, 1.320
blocchi in pietra di Apricena (900 metri cubi), 60.000 chili di acciaio, 500 m² di
vetro, 19.500 m² di rame preossidato.
Il tetto. Avvicinandosi alla chiesa, quasi spinto dalla
inclinazione del sacrato, colpiscono subito due
elementi: la Grande vetrata e la copertura del tetto che
ha un andamento irregolare e un forte colore verderame, a causa del materiale usato: rame preossidato.
Il tetto nella parte corrispondente la sagrestia (ove il
fabbricato è più corto) è più basso rispetto al punto di
maggiore altezza rispetto al pavimento (la vetrata). Questa copertura è stata resa
possibile grazie alle travi tangenziali e radiali in legno lamellare. All‟esterno
vediamo la scaglie verde-rame e all‟interno invece un intonaco colore tabacco.
La Grande vetrata. La vetrata è opera di Robert Rauschenberg, che per costruirla
e darle la funzione progettata ha utilizzato un tessuto Trevira48, materiale nato
Si racconta che il 1° luglio 1959, il giorno dell'inaugurazione della chiesa "grande",
“Santa Maria delle Grazie”, Padre Pio rimproverò bonariamente i suoi confratelli dicendo
loro: «Che cosa avete fatto: una scatoletta di fiammiferi?».
48 Robert Rauschenberg, Port Arthur, 22 ottobre 1925 – Captiva Island, 12 maggio 2008,
era un famoso fotografo e pittore statunitense vicino alla pop art. Il suo vero nome era
Milton Ernst Rauschenberg.
47
23
dalle ricerche per le missioni spaziali. In questa vetrata, che dà alla chiesa
un‟impronta visiva singolare, è rappresentata una scena dell‟Apocalisse su 500
tende motorizzate e sincronizzate che ne permettono l'apertura o la chiusura
dell‟intera struttura sorretta da 100 infissi mobili. Quando sono in posizione
orizzontale, permettono la visione dell'interno a chi si trova sul sagrato e ciò
corrisponde al progetto originale: sospendere la separazione creando un solo
spazio tra l‟interno della chiesa e il sagrato. Intanto questi infissi possono essere
anche movimentati indipendentemente per dosare
la luce nell'aula, in base alla posizione del sole.
LA CHIESA SUPERIORE. Quest'enorme sala è
suddivisa in tre ambienti: l‟Aula liturgica, la
Cappella dell'Eucaristia e la Sagrestia. L'ambiente
è possibile grazie ai 22 archi (in pietra di Apricena,
varietà bronzetto) che sorreggono la struttura. La
loro dislocazione segue un andamento radiale, dal
centro della struttura, e si vedono disposti lungo
due file: una interna, in cui tutti gli archi hanno in
comune il pilastro centrale, ed una esterna. Questi
archi, a giudizi degli esperti, sono il contributo architettonico più originale e più
rilevante dell‟intera opera e forse sono la parte del fabbricato ove si sono spese
più risorse per via del complesso processo tecnologico utilizzato. L'arco con la
campata più ampia è quello che si progetta verso il sagrato (largo 50 metri e alto
oltre 15) ed è l‟unico realizzato utilizzando la pietra come materiale portante. I
blocchi usati per questi archi, dopo la loro estrazione, venivano mandati a
Carrara per essere sottoposti ai tagli ove, esperienza secolare e tecnologie
raffinate, hanno garantito una tolleranza di errore nel taglio inferiore ai 3
millimetri e 0,5 millimetri (nel caso delle superfici di contatto con altri blocchi).49
Il pilastro centrale. “Misura metri 4,40 e poggia su un plinto di cemento armato (dal
diametro di 26 metri e dalla profondità di 6 metri) su cui si racconta una storia
particolare: per realizzarlo occorrevano condizioni meteorologiche particolarmente miti,
ma era l'11 febbraio del 1998 quando cominciarono le opere per realizzare la gettata, e la
temperatura fin a poco tempo prima era rigida. Al momento della gettata, il clima divenne
particolarmente mite e vi rimase fino al termine della stessa avvenuta il 14 febbraio (74
ore dopo), dopo di che il tempo tornò rigido. Per la realizzazione è stata creata una
speciale miscela di calcestruzzo che garantiva, nel momento dell'indurimento e
maturazione, che non si creassero temperature troppo elevate per evitare spaccature nel
cemento”.50
Tessuto Trevira. È un polimero di tipo "poliestere" composto da carbonio, idrogeno ed
ossigeno. È un tessuto ignifugo. Si produce polimerizzando un acido carbossilico con un
polialcol ad alta temperatura e pressione. Questa sintesi si chiama "Poliesterificazione". Il
prodotto che si ottiene è una massa viscosa che opportunamente trattata viene
trasformata in fili e avvolti in bobine tronco-coniche. I filati vengono poi tessuti e inviati
alla tintoria per la loro colorazione.
49 I pilastri sono sfasati di 10° e si riducono progressivamente in luce ed altezza dal lato
comunicante con il sagrato verso la sagrestia. Presentano una graduale riduzione della
sezione partendo dalle basi fino alla chiave dell'arco, donando così un senso di leggerezza
alla struttura. Alla base, infatti, sono stati utilizzati conci di dimensioni 680x1100x2700
mm e in chiave di 498x530x291 mm. L'arco più ampio, come già detto, è quello di
comunicazione con il sagrato ed è largo quasi 50 metri e alto più di 15.
50
http://sanpadrepio.myblog.it/archive/2008/10/06/la-chiesa.html
24
Aula Liturgica. Il cuore di quest‟ambiente è l‟Altare e la Croce, opere di Arnaldo
Pomodoro51, e sembrano essere gli unici punti costantemente illuminati dall‟alto
mentre tutto il resto della sala è in penombra. Lo spazio si divide in tre navate e il
pavimento scivola verso l‟altare collocato su alcuni gradini.
La Cappella dell'Eucaristia. Ospita al
centro il tabernacolo realizzato da
Floriano Bodini52, scolpito da un unico
masso di 40 quintali di roccia lavica
dell'Etna. Per questo tabernacolo è stato
realizzato un sistema di apertura
scorrevole che sposta lateralmente due
formelle. Con la comparsa di questi due
bracci laterali, la struttura assume una
forma di croce, al cui centro è posta
l'Eucaristia.
La sagrestia. Ultimo ambiente della
chiesa superiore è la sagrestia. Si trova
nella parte in cui la copertura è più bassa.
LA CHIESA INFERIORE. Renzo Piano ha approfittato dell‟altimetria del sito per
concepire una chiesa inferiore, di dimensioni più piccole, che si accompagna a
spazi museali e di servizio. Il collegamento fra i due spazi di culto avviene tramite
una larga rampa elicoidale.
La cripta. Si tratta di uno spazio di forma semicircolare e coperto da una serie di
volte coniche che dipartono dal centro, punto dove in un primo momento si pensò
poteva essere traslata la tomba di San Pio da Pietrelcina.
Servizi. Fra i servizi religiosi ci sono le 3 Sale conferenze di 249, 292 e 366 posti;
le Sale di accoglienza dei pellegrini e zone per i Gruppi di Preghiera; la
Penitenzeria, al cui interno sono posti 31 confessionali. Il collegamento con la
parte superiore è realizzato con una scala elicoidale.
Il campanile. Ha una struttura orizzontale ed è costituito da otto campane offerte
da altrettanti devoti, interposte a nove colonne. Le campane sono dedicate a vari
santi francescani. In particolare la terza a partire dalla campana più lontana dalla
croce è dedicata allo stesso San Pio da Pietrelcina.
La croce. Unico dono di un ente pubblico (la Regione Puglia), che l'ha
commissionata con un'offerta di 3 miliardi di lire. Progettata dallo stesso Renzo
Piano, la croce è alta più di 40 metri, composta da 70 conci in totale. La croce
A. Pomodoro (Morciano di Romagna, 23 giugno 1926). Alcune delle sue opere si
trovano in città come: Roma, Milano, Torino, Copenaghen, Brisbane, Dublino, Los
Angeles, nel Cortile della Pigna dei Musei Vaticani, nei maggiori musei mondiali nonché
al Cremlino e all'ONU. Pomodoro è famoso soprattutto per le sue particolari sfere di
bronzo, il materiale che predilige per le sue opere.
"Inizialmente non riuscivo a trovare la giusta chiave. Poi, mentre assistevo in piazza San
Pietro alla beatificazione di Padre Pio, ebbi un‟ispirazione osservando i raggi del sole che
sbocciavano fra le nuvole. Così ho pensato di rendere più „trasparente‟ la struttura
massiccia della Croce, con gli elementi cuneiformi che la punteggiano e che fanno
esplicito riferimento ai chiodi della Passione di Cristo e alle stimmate di Padre Pio".
(Arnaldo Pomodoro).
52 Floriano Bodini (Gemonio, Varese, 1933 - Milano 2 Luglio 2005). Nasce artisticamente
nelle aule dell‟Accademia di Brera intorno agli anni ‟50, studiando con lo scultore
Francesco Messina. L'opera che gli ha dato la maggior fama è infatti la Statua di Paolo
VI, di cui ha fatto varie versioni da quella del '68 (ora nei Musei Vaticani).
51
25
domina l'intera area e, opportunamente illuminata, può essere visibile anche da
Canosa di Puglia e Candela.
L'ambone (sul tema di Maria di Magdala) e le sculture che decorano l'interno
sono state realizzate dal pittore e scultore italiano Giuliano Vangi (Barberino di
Mugello, 1931) che ha realizzato numerosi monumenti collocati in contesti
prestigiosi, come la statua di San Giovanni Battista a Firenze, La lupa in Piazza
Postierla a Siena, Il Crocifisso ed il nuovo Presbiterio per la Cattedrale di Padova,
il nuovo altare e ambone del Duomo di Pisa, “Varcare la Soglia”, la grande
scultura in marmo del nuovo ingresso dei Musei Vaticani.
Il portone d‟ingresso in bronzo, raffigurante nelle due
ante il Buon pastore e Abramo, è opera di Domenico
“Mimmo” Paladino (Paduli, 18 dicembre 1948), tra i
principali esponenti della Transavanguardia. Le sue
opere sono collocate in permanenza in alcuni dei
principali musei internazionali tra cui il Metropolitan
Museum of Art di New York. Gli otto aquilotti in
pietra, rappresentanti la rigenerazione operata dalla
divinità, e posti in un lato del sagrato sono opera di
Mario Rossello, ceramista, pittore e scultore (Savona, 8
dicembre 1927 – 14 dicembre 2000). Queste sono state
le ultime opere dell'artista prima della sua scomparsa.
L'organo a canne è stato progettato dall‟organista M°
Claudio Brizi, titolare di Organo e Composizione
Organistica presso il Conservatorio di Musica di
Cosenza e Professore alla prestigiosa Kusatsu Summer Music Academy
(Giappone). Ha inciso oltre quaranta CD spaziando dal tardo Rinascimento
all'Avanguardia ed è attualmente impegnato nella registrazione integrale
dell‟opera per organo di Johann Sebastian Bach. Si occupa di organaria ed ha al
suo attivo la progettazione di diverse decine di strumenti. L‟organo della chiesa di
San Pio è stato costruito dalla ditta “Pinchi” di Foligno ed è il più grande di tipo
meccanico mai costruito in Italia. L‟organo, che misura 10 metri di altezza, ha
6.500 canne, 78 registri e 4 tastiere.
Renzo Piano. È nato a Genova il 14 settembre 1937 e si è
laureato in architettura al Politecnico di Milano nel 1964. Molto
giovane lavora con Franco Albini e, contemporaneamente,
frequenta i cantieri di suo Padre. Tra gli anni 1965 e 1970 è in
contatto con l‟architetto statunitense Louis I. Kahn (Saaremaa, 20
febbraio 1901 – New York, 17 marzo 1974), un‟esperienza che
avrà una profonda influenza sulla sua professione e, in
particolare, sul suo singolare modo di rapportarsi con lo spazio.
Collabora con l'architetto inglese Richard G. Rogers, Barone
Rogers di Riverside (Firenze, 23 luglio 1933), dal 1971, con Peter
Rice, ingegnere strutturista irlandese (Dundalk, 1935 – 1992) e
attualmente dirige gli studi di architettura di Genova, Parigi e Berlino che hanno
il nome di "Renzo Piano Building Workshop". Con la costruzione del Centro George
Pompidou (1971-1978) si afferma definitivamente tra i più famosi architetti del
mondo. Nel 1998 viene insignito del "Pritzker Laureate" dal Presidente della
"Hyatt" Foundation, Jay A. Pritzker, che definisce l'architettura di Piano come una
straordinaria miscela di arte, architettura e ingegneria in una sintesi veramente
rilevante. È il ventunesimo architetto al mondo scelto per tale riconoscimento ed è
26
il secondo italiano, dopo Aldo Rossi nel 1990. Tra gli altri suoi lavori si ricordano
lo Stadio San Nicola di Bari (1989), il Kansai Airport sull'isola artificiale nella baia
della città giapponese di Osaka (1994), il Centro Culturale a Noumea - New
Caledonia (1998), la Galleria del vento per la Ferrari a Maranello (1998),
l‟Auditorium di Roma e il re-design della Potsdamer Platz a Berlino. Per la
realizzazione della chiesa di San Pio da Pietrelcina e, in particolare, per l'impulso
che ha dato all'industria mineraria locale, l'amministrazione comunale di
Apricena ha dato all'architetto Renzo Piano la cittadinanza onoraria.
CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA
«La Casa Sollievo si può ben definire un "miracolo". Chi poteva
umanamente pensare che accanto al piccolo convento di San
Giovanni Rotondo sarebbe sorto uno degli Ospedali più grandi e
più moderni del Meridione d‟Italia? Chi, se non l‟uomo di Dio, che
guarda la realtà con gli occhi della fede e con una grande
speranza, perché sa che a Dio nulla è impossibile? Ecco perché la
festa della Casa Sollievo della Sofferenza è al tempo stesso la festa
dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio, cioè di quella parte della sua
opera che "bussa" continuamente al cuore di Dio, come un
esercito di intercessori e di riparatori, per ottenere le grazie
necessarie alla Chiesa e al mondo».
Benedetto XVI, 14 Ottobre 2006
Lo scorso 5 maggio, mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, Arcivescovo
eletto di Lecce, Amministratore Apostolico di Manfredonia-Vieste-San
Giovanni Rotondo e Presidente dell‟Opera di San Pio da Pietrelcina,
con una concelebrazione liturgica nella Cappella del III Piano
dell‟Ospedale, ha ricordato il 53.mo anniversario dell‟inaugurazione
della Casa Sollievo della Sofferenza. Infatti, l‟ospedale fu inaugurato,
dallo stesso Padre Pio, il 5 maggio 1956 come Clinica privata di 250
posti letto.
La
Casa
Sollievo
della
Sofferenza fu voluta da Padre
Pio fin dal 1925. Da molto
tempo egli sperava di poter
dare agli abitanti di S.
Giovanni Rotondo una casa di
cura per gli ammalati. Raccolse
le offerte generose e riuscì a
trasformare un ex monastero
nel piccolo “Ospedale Civile
San Francesco” con due corsie,
un'attrezzatura funzionale e venti posti letto. Nel 1938, un terremoto
distrusse l'edificio. Intanto, senza arrendersi, Padre Pio continuava ad
avere l‟idea e il progetto di erigere una "clinica" vicino al convento. La
sua costruzione cominciò nel maggio 1947. Giunsero da tutto il
mondo offerte per la creazione della clinica che venne inaugurata dal
27
cardinale Giacomo Lercaro53, il 5 maggio 1956, e a cui Padre Pio diede
il nome di Casa Sollievo della Sofferenza, la testimonianza più
eloquente della sua opera.
Attualmente, la Casa Sollievo della Sofferenza si presenta come una vera e
propria città ospedaliera con quasi milleduecento posti-letto. La Casa Sollievo
della Sofferenza54, conosciuta in tutto il mondo come “l‟Ospedale di Padre Pio”, è
un “ospedale religioso classificato” ad elevata specializzazione, considerato uno
dei più grandi Policlinici d‟Italia ed un importante punto di riferimento
assistenziale e di ricerca scientifica per tutto il Centro-Sud. Nel 1971, ha ottenuto
il primo riconoscimento giuridico, quale Fondazione di religione e di culto senza
scopo di lucro.55 La natura giuridica dell‟Ospedale è quella di un ente privato, di
proprietà della Santa Sede, che eroga pertanto un servizio pubblico. “La struttura
che sfiderà i secoli”, come l‟ha definita Padre Pio, inizialmente nata per soddisfare
solo il grande bisogno sanitario del territorio
del Gargano, è cresciuta fino ad assumere le
dimensioni di una complessa e articolata
organizzazione ospedaliera a dimensione sopra
regionale. Oggi l‟Ospedale dispone di circa
1200 posti letto suddivisi tra 26 reparti di
degenza medici e chirurgici, 50 specialità
cliniche con un “catalogo” di circa 4300
prestazioni diagnostiche e terapeutiche, alcune
delle quali si possono eseguire in Italia in
pochissimi altri centri di eccellenza altamente
specializzati.
Quella
“creatura
della
Provvidenza” voluta da Padre Pio è divenuta
così il suo miracolo più grande, la
testimonianza più concreta di quel grande
progetto di carità e di amore verso i fratelli sofferenti, più volte preconizzato nei
suoi discorsi, quando parlò di “Città ospedaliera adeguata alle più ardite esigenze
cliniche” e di “Istituto di ricerca a carattere intercontinentale”. Casa Sollievo della
Sofferenza sorge a San Giovanni Rotondo, completamente immersa in un‟area
verde, a poche decine di metri dal Convento dei Frati Cappuccini dove visse e
morì San Pio da Pietrelcina. Si presenta come un complesso di edifici che coprono
un‟area estesa circa 100.000 metri quadri, distribuiti tra il polo ospedaliero
principale, comprendente il corpo monumentale con la facciata rivestita in pietra
bianca, e il Poliambulatorio “Giovanni Paolo II”. Non direttamente annessi al polo
sanitario di San Giovanni Rotondo troviamo i centri dialisi di Manfredonia, Rodi
Garganico e Vieste, e l‟«Istituto Casa Sollievo della Sofferenza – Mendel» di Roma,
una struttura dedicata alla ricerca scientifica fondata nel 1953 dall‟insigne
Cardinale Giacomo Lercaro (Quinto al Mare, 28 ottobre 1891 – Bologna, 18 ottobre
1976). Fu arcivescovo di Bologna dal 1952 al 1968.
54 Tutte le informazioni sulla Casa
Sollievo della Sofferenza sono tratte dal suo sito
ufficiale (Opera di Padre Pio) : http://www.operapadrepio.it/it/
55 Decreto del Presidente della Repubblica n. 14 del 14 gennaio 1971. Successivamente,
assume la qualifica di Ospedale Provinciale (Decreto del Medico Provinciale del 4 agosto
1971) e quindi di Ospedale Generale Regionale (Decreto del Presidente della Regione
Puglia n. 943, del 2 giugno 1980), provvedimento che ne ha determinato l‟inserimento nel
Sistema Sanitario Nazionale.
53
28
genetista Luigi Gedda, e acquisita per donazione nel 1998 dalla “Fondazione Casa
Sollievo della Sofferenza”.
Attività clinica. Il servizio di Casa Sollievo, iniziato nel 1956 con le attività di ricovero
delle branche fondamentali di chirurgia e medicina generale, con le specialità di base di
Pediatria ed Ostetricia e Ginecologia, è andato nel tempo arricchendosi di tutte le altre
specializzazioni mediche, chirurgiche, riabilitative e diagnostiche.
Ricerca Scientifica. La ricerca scientifica è uno degli elementi qualificanti dell'Istituto,
un settore di attività che apporta un contributo notevole al progresso scientifico, con
risultati importanti riconosciuti a livello internazionale. Il credito e il prestigio di cui gode
l‟Istituto in seno alla comunità medico-scientifica è testimoniato anche dalla qualità della
produzione annuale di lavori scientifici, molti dei quali pubblicati sulle più prestigiose
riviste del settore. In molti casi i frutti della ricerca scientifica condotta in Casa Sollievo
aprono la strada a nuove possibilità di diagnosi e cura che ridanno la speranza a tanti
bisognosi. A questo proposito va indicata, anche per la vasta risonanza suscitata a livello
internazionale, uno degli ultimi risultati prodotti in ordine di tempo grazie al lavoro dei
nostri ricercatori: la scoperta di una terapia che consente di ridurre i tempi di cura
dell‟epatite C da sei a tre mesi.
Formazione e attività didattica. L‟attenzione costante alla formazione e
all‟aggiornamento professionale del personale sanitario è testimoniata, in concreto, anche
dal riconoscimento di essere risultato nel 2004 il primo provider ECM della regione Puglia
quanto a numero di corsi organizzati. L‟Istituto Casa Sollievo della Sofferenza - Mendel è
sede di insegnamento per medici e biologi, con la scuola di specialità in Genetica Medica
della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell‟Università degli Studi di Roma La Sapienza.
Molti dei suoi specialisti sono impegnati direttamente nel mondo accademico in qualità di
docenti universitari. Sin dai primissimi anni di attività è stata creata una Scuola per
Infermieri Professionali a cui si è aggiunta successivamente, la Scuola per Ostetriche,
entrambe diventate corsi di laurea di 1° livello della Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell‟Università degli Studi di Foggia.
CRONOLOGIA DI UNA GRANDE STORIA
1947 – 1954. Anche se l‟apertura ufficiale della Casa Sollievo
della Sofferenza è datata 1956, in realtà tutto era incominciato
prima: sette anni dopo l‟inizio dei lavori nel 1947, fu inaugurato
nel 1954 il Poliambulatorio, comprendente: il pronto soccorso, il
laboratorio d‟analisi cliniche, la medicina generale, l‟odontoiatria,
la pediatria. Il dottor Luigi Pancaro, primo medico stabile della
Casa, istituisce la Banca del Sangue.
1956. Inaugurazione della Casa Sollievo, comprendente: la
Chirurgia generale e l‟Urologia, con due sale operatorie; la
Medicina
con
annessa
la
Cardiologia;
l‟Ortopedia
e
Traumatologia; la Pediatria; l‟Ostetricia-Ginecologia con sala
operatoria autonoma e sala parto; la Radiodiagnostica e terapia
fisica; i Laboratori d‟indagine clinica e il servizio trasfusionale. I
letti disponibili erano 250. Il Poliambulatorio, che nel frattempo
era continuato a crescere, comprendeva i servizi chirurgico,
medico,
ostetrico-ginecologico,
pediatrico,
ortopedico,
odontoiatrico, odontostomatologico, oculistico e il pronto soccorso
con la guardia medica permanente. L‟attività comprendeva i
servizi delle centrali termica ed elettrica, della lavanderia e
stireria, delle cucine. La Casa già da allora disponeva di una azienda agricola che forniva
latte, uova, pollame, olio.
1958. Padre Pio dà il via ai nuovi lavori, che cominciano il 3 giugno. Viene posta la prima
pietra di una nuova ala che permise di collocare la Pediatria e l‟Ortopedia in ambienti del
tutto nuovi, e di espandere la Medicina; nuovi spazi anche per la sala di riunioni. Viene
aperto il reparto di Otoiatria. In ottobre viene aperta la scuola convitto.
29
1968. Alla morte di Padre Pio, l‟ospedale disponeva di 600 posti letto.
1969. Viene posta la prima pietra del nuovo ampliamento per la nuova Ostetricia e la
nuova Pediatria.
1971. La Casa Sollievo è classificata come ospedale provinciale.
1973. Viene inaugurata la nuova ala dell‟ospedale che permette una nuova sistemazione
della Pediatria e della Ostetricia-Ginecologia. Successivamente dal reparto di Medicina
generale, comprendente la sezione di malattie infettive e la Geriatria, si distaccano e
diventano autonome la Gastroenterologia (aperta nel giugno 1977) e l‟Ematologia
(inaugurata il 29 aprile 1978). Dalla Radiologia si distacca la Medicina Nucleare.
1974. Visita dell‟arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla. In quest‟occasione mons. Wojtyla
si ferma come “paziente” presso il riparto ortopedico dell‟Ospedale. Karol Wojtyla già era
stato a San Giovanni Rotondo quando aveva 28 anni ed era un semplice sacerdote della
diocesi polacca di Cracovia.
1978. Viene aperto il reparto di Oculistica.
1979. Inaugurata la Nefrologia, con il servizio di emodialisi, e la Dermatologia.
1980. Apertura dell‟unità di Rianimazione. La Casa Sollievo è classificata come ospedale
regionale.
1981. Il cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato, inaugura il nuovo
Poliambulatorio (3 maggio). Nello stesso anno viene attivata la nuova Farmacia e posta la
prima pietra per l‟ampliamento della scuola convitto.
1984. Nuove realizzazioni: il servizio di Medicina Nucleare e la Radioterapia; il servizio di
Istologia Patologica, gli ampliamenti dei reparti di Dermatologia, Ostetricia e Pediatria.
1985. Inizia l'attività l‟Unità Coronarica, la nuova cucina, i Centri di Medicina Sociale.
1987. Visita del Papa Giovanni Paolo II. Inaugurazione della statua di San Francesco
posta alla sommità della Casa. Posa della prima pietra del Poliambulatorio e della
residenza per anziani “Casa Padre Pio”.
1988. Inaugurati nuovi ambienti della Radiologia.
1989. Nuove realizzazioni: la Risonanza Magnetica e nuovi ambienti della Medicina
Nucleare, Cardiologia, Neonatologia.
1990. Inizia la sua attività clinica il servizio di Genetica Medica. Nello stesso anno viene
attivata la nuova Sala Nido.
1991. Il cardinale Agostino Casaroli benedice i nuovi reparti e ampliamenti, riguardanti
Neurochirurgia-Unità spinale, Neurologia, Oncologia, Sale operatorie-Rianimazione,
Urologia, Ostetricia-Ginecologia, Pediatria, Endocrinologia. Inaugurazione della residenza
per anziani “Casa Padre Pio”. La Casa Sollievo riceve la qualifica di Istituto di Ricovero e
Cura a Carattere Scientifico.
1995. Inaugurazione del reparto di Chirurgia Vascolare.
1996. Il cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, benedice la nuova Neurologia, il
laboratorio di ricerca di Genetica Medica, il reparto di Chirurgia Vascolare, gli
ampliamenti dell‟Otorino, della Lavanderia e degli spogliatoi del personale.
2000. Attivato il nuovo blocco operatorio sale-parto del reparto di Ostetricia-Ginecologia.
2001. Inaugurazione a Roma dell‟Istituto CSS-Mendel fondato da Luigi Gedda. Il
cardinale Ersilio Tonini benedice i nuovi servizi ospedalieri: la sezione di Neuroradiologia
che accoglie la prima risonanza magnetica 3 telsa installata in Italia, la Radiologia
Interventistica, il nuovo Pronto Soccorso.
2002. Inaugurazione del Poliambulatorio “Giovanni Paolo II” alla presenza del cardinale
Paolo Romeo.
2006. Il Decano del Collegio cardinalizio, Angelo Sodano, celebra la Santa Messa il 5
maggio in ricordo del 50.mo anniversario dell‟apertura della “Casa sollievo della
Sofferenza”.
2006. 50esimo dalla fondazione dell'Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. Papa
Benedetto XVI incontra in San Pietro il pellegrinaggio di migliaia di fedeli di Padre Pio.
2007. Inaugurazione dell'apparecchiatura PET-TAC.
2009. 21 giugno. Visita pastorale di Papa Benedetto XVI. Il Papa visita la Basilica Santa
Maria delle Grazie, la Casa sollievo della Sofferenza e la Chiesa di San Pio.
30
SAN PIO DA PIETRELCINA
Pio da Pietrelcina fu proclamato Beato da Papa Giovanni Paolo II il 2 maggio 1999
in Piazza S. Pietro a Roma alla presenza di migliaia di devoti. Il 20 dicembre 2001,
Giovanni Paolo II firmò il decreto che certifica la natura miracolosa di una
guarigione attribuita all'intercessione di Francesco Forgione, conosciuto dal
mondo intero come Padre Pio da Pietrelcina. Il 26 febbraio 2002, il Papa, durante
il Concistoro nella Sala Clementina, annuncia la data di canonizzazione di Padre
Pio. Il 16 giugno 2002, Padre Pio da Pietrelcina è proclamato Santo da Papa
Giovanni Paolo II in Piazza S. Pietro a Roma durante la cerimonia religiosa
trasmessa in mondovisione.56
VITA E OPERE57
Cronologia essenziale
(25 maggio 1887) Francesco Forgione nasce a Pietrelcina (Benevento) nella casa
sita in Vico Storto Valle 28 da papà Grazio (1860-1946) e mamma Maria Giuseppa
(1859-1929).
56
Filmati e foto - Vita di Padre Pio
http://www.youtube.com/watch?v=SKdj7uG3VHI
Discorso di Padre Pio il giorno dell'inaugurazione della Casa Sollievo della Sofferenza.
http://www.youtube.com/watch?v=rSessbLC3Rc
Ultima Messa di Padre Pio
http://www.youtube.com/watch?v=Uy755aS57Pg
Padre nella vita quotidiana
http://www.padrepiosangiovannirotondo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=9&Itemid=2
6&lang=it
Funerali di Padre Pio.
http://www.youtube.com/watch?v=YdzXAugAgUA
Apertura del sepolcro ed esumazione del corpo di San Pio da Pietrelcina.
http://www.youtube.com/watch?v=oaQKQORjhbg
57
Testi tratti dal sito dei Frati Minori Cappuccini
http://www.cappuccinipietrelcina.com/ita/pagina01.asp?c=2&p=0
31
(26 maggio 1887) Viene battezzato nella chiesetta di Sant’Anna da don
Nicolantonio Orlando.
(1899) Riceve la confessione e la prima comunione. Cresciuto in una famiglia
molto religiosa, sente da subito la voce di Dio e della vocazione sacerdotale.
(27 settembre 1899) Riceve la cresima nella chiesa di S. Anna da mons. Donato
Maria Dell’Olio, arcivescovo di Benevento.
(1901) È a Piana Romana che Francesco dichiara ai genitori la volontà di
consacrarsi al Signore. Grazio Forgione è molto felice per la scelta del figlio, ma
per poterlo mantenere agli studi, emigra in America.
(1° gennaio 1903) Il giorno di Capodanno, Francesco ha un‟altra visione e
comprende che la sua vita sarà una lotta continua con il maligno.
(6 gennaio 1903) Entra nel noviziato nel Convento dei Cappuccini di Morcone. La
madre, con il cuore spezzato, gli dice: "Figlio mio, in questo momento non pensare
al dolore di tua madre. Mi sento squarciare il cuore, però San Francesco ti
chiama e tu devi andare".
(22 gennaio 1904) Francesco, vestito dell‟abito cappuccino, emette la professione
dei voti semplici.
(25 gennaio 1904) Tre giorni dopo aver pronunciato i primi voti, fra Pio lascia il
convento di Morcone per recarsi al convento di Sant’Elia a Pianisi per cominciare
gli studi ginnasiali e di filosofia.
(ottobre 1905) Fra Pio incontra Padre Benedetto da San Marco in Lamis, suo
direttore spirituale.
(27 gennaio 1907) Padre Pio pronuncia i voti definitivi di povertà, castità e
obbedienza come figlio di San Francesco appartenente all‟Ordine dei Cappuccini.
(ottobre 1907) Fra Pio si trasferisce nel convento di Serracapriola per lo studio
della teologia morale, sotto la guida di fra Agostino da San Marco in Lamis, amico,
confessore e guida di Pio per tutta la vita.
(novembre 1908) Fra Pio si reca nella nuova sede di Montefusco per continuare gli
studi. A causa della malattia però i superiori decidono di mandarlo a casa
(Pietrelcina) per le cure.
(19 dicembre 1908) Nonostante il cattivo stato di salute, Pio riceve nel Duomo di
Benevento gli Ordini Minori e due giorni dopo il suddiaconato.
(gennaio 1909) Fra Pio viene condotto a Pietrelcina presso la famiglia a causa del
suo stato di salute. Il medico Andrea Cardone che lo curava ricorda: "Veniva
deperito, lo curavo. Si rimetteva in salute e tornava al convento". Ubbidiente al
provinciale Padre Benedetto da San Marco in Lamis, fra Pio torna in convento per
l‟inizio dell‟anno scolastico, ma all‟inizio di maggio torna a Pietrelcina, perché
malato ancora, con una speciale autorizzazione di Padre Agostino da San Marco in
Lamis per proseguire gli studi finali di teologia a Pietrelcina.
(18 luglio 1909) Padre Pio è ordinato diacono a Morcone.
(10 agosto 1910) Nel Duomo di Benevento, Padre Pio viene ordinato sacerdote da
Mons. Paolo Schinosi. Celebra la prima Messa nella Chiesa Madre di Pietrelcina il
14 agosto.
(7 settembre 1910) Sotto l‟olmo di Piana Romana, riceve le prime stimmate.
(Ottobre 1911) Inviato nel Convento di Venafro è costretto a letto dalla continua
malattia. Intanto continuano i fenomeni straordinari.
(7 dicembre 1911) Torna a Pietrelcina.
(25 febbraio 1915) Per motivi di salute ottiene il permesso di rimanere furori dal
Convento, conservando però l‟abito cappuccino.
(6 novembre 1915) È chiamato alle armi.
(6 dicembre 1915) È assegnato al 10° Corpo di Sanità a Napoli.
32
(16 dicembre 1915) Un gruppo di medici lo esamina e diagnostica un infezione ai
polmoni e gli viene dato un anno di convalescenza.
(17 febbraio 1916) Dopo un periodo di convalescenza a Pietrelcina, Padre Pio
entra nella comunità religiosa di S. Anna a Foggia. L‟ordinata comunità dovette
imparare a convivere con le forze demoniache che continuavano a tormentare Pio
nella sua cella durante la notte. Il superiore ordina a Padre Pio, per amore dei
confratelli della comunità, di pregare Cristo per impedire queste manifestazioni
diaboliche.
(4 settembre 1916) Padre Pio è a San Giovanni Rotondo.
(16 marzo 1918) Dopo una serie di licenze, viene riformato dal servizio militare,
per broncoalveolite doppia.
(18 marzo 1918) Rientra definitivamente al
convento di San Giovanni Rotondo.
(20 settembre 1918) Dopo aver meditato sulla
Passione e morte di Gesù nei misteri dolorosi
del Santo Rosario, davanti al Crocifisso del
coro della chiesa del convento di San
Giovanni Rotondo, riceve le stimmate alle
mani, ai piedi ed al costato, i segni della
passione di Cristo già annunciati nelle
giornate tra il 5 ed il 6 agosto con il prodigio
della
trasverberazione.
Questi
doni
straordinari,
uniti
ai
carismi
che
abbondarono in Padre Pio, dalle guarigioni
alle conversioni, alla bilocazione, alla
preghiera incessante, all‟ininterrotta attività
di confessore, richiamarono folle sempre crescenti di fedeli e curiosi, ma
portarono anche un lungo periodo di persecuzioni e polemiche. Padre Pio accettò
sofferenze, restrizioni e dolorose solitudini sempre confortato dall‟intimità con
Dio, dalla preghiera, dall‟ubbidienza e da una condotta di vita francescana
esemplare. Egli volle fortemente un‟opera che fosse segno di amore per i poveri ed
i sofferenti e nel 1947 il suo desiderio cominciò a prendere forma, con la
costruzione della "Casa Sollievo della Sofferenza" divenuta operativa nel maggio
del 1956. Un grandioso e qualificato ospedale realizzato con il contributo dei
fedeli. Intanto dietro suo desiderio si formavano, sempre più numerosi, i "Gruppi
di Preghiera" che si diffondevano in tutto il mondo, come la fama di santità del
"frate delle stimmate".
(22 settembre 1968) Padre Pio celebra la sua ultima Messa, alle cinque del
mattino, e la notte successiva si spegne alle 2.30, per ricongiungersi con Dio a
cinquant‟anni dal giorno in cui aveva ricevuto le stimmate, scomparse totalmente
dal suo corpo al momento della morte.
(20 marzo 1983) Inizia il processo diocesano per la sua canonizzazione, concluso
il 21 gennaio 1990, che porterà Padre Pio al titolo di Venerabile nel 1998 e di
Beato nel 1999, con una memorabile celebrazione, presieduta da Papa Giovanni
Paolo II, in Piazza San Pietro.
(16 giugno 2002) In Piazza San Pietro, davanti a migliaia di fedeli, riuniti anche a
Pietrelcina e a San Giovanni Rotondo, Giovanni Paolo II proclama “Santo il Beato
Pio da Pietrelcina” e annuncia “che la sua memoria liturgica sarà inserita nel
Calendario Romano il 23 settembre, giorno della sua nascita al Cielo”.
33
LE TAPPE PRINCIPALI DELLA CANONIZZAZIONE DI PADRE PIO58
4 NOVEMBRE 1969. Il Postulatore generale dei Cappuccini, Padre Bernardino da Siena,
chiede al vescovo monsignor Antonio Cunial, Amministratore apostolico di Manfredonia,
di iniziare la trattazione della Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Padre Pio.
23 NOVEMBRE 1969. Monsignor Antonio Cunial (6 settembre, Possagno - 8 agosto 1982,
Lourdes)accoglie la domanda del Postulatore.
LUGLIO 1970. Esce il primo numero della rivista "La voce di Padre Pio", l'organo ufficiale
della Causa, diretto dal Vice-Postulatore Padre Gerardo Di Flumeri.
3 MAGGIO 1972. Su sollecitazione dell'Episcopato polacco - firmatario anche Karol
Wojtyla - inizia la fase cognizionale del Processo che condurrà Padre Pio agli onori degli
altari. Padre Bernardino da Siena diventa Postulatore Generale della Causa e comincia a
raccogliere i documenti ed inizia la pratica per la canonizzazione.
26 GENNAIO 1973. Monsignor Valentino Vailati (Milano, 30 giugno 1914 – Manfredonia,
1 febbraio 1998), vescovo di Manfredonia, consegna alla Sacra Congregazione per le
Cause dei Santi la documentazione prodotta da Padre Bernardino al fine di ottenere il
nulla osta ("nihil obstat") a procedere.
3 MARZO 1980. Monsignor Vailati consegna una ulteriore documentazione su Padre Pio.
29 NOVEMBRE 1982. Il Dicastero della Santa Sede concede a norma del motu proprio
"Sanctitas Clarior" il nulla osta per l'introduzione della Causa. Erano trascorsi 14 anni
dalla morte di Padre Pio.
20 MARZO 1983. Inizia a Manfredonia la fase diocesana del processo per la
beatificazione di Padre Pio che può cominciare dopo l'approvazione del decreto da parte
di Giovanni Paolo II.
GENNAIO 1987. Vengono interrogati 73 testimoni, raccolte 5.500 cartelle dattiloscritte di
atti. Questa fase istruttoria durerà tre anni. I cinque membri della Commissione non
redigeranno, tuttavia, alcun verbale.
DICEMBRE 1989. Il Vescovo Vailati, giudice del processo diocesano, giunge al termine
del suo mandato per sopraggiunti limiti d'età. Il Papa proroga il mandato per consentirgli
di firmare il decreto.
21 GENNAIO 1990. A S. Giovanni Rotondo, con una cerimonia ufficiale, si svolge l'ultima
seduta del processo con la quale si chiude la fase dell'istruttoria diocesana, durata dal
1983 al 1990 e caratterizzata da una ventina di visite apostoliche, di inchieste e sanzioni.
Il processo si sposta a Roma, gli atti passano alla Congregazione per le Cause dei Santi.
Il Postulatore della Causa è Padre Paolino Rossi.
DICEMBRE 1991. La Congregazione riconosce validi gli atti del processo diocesano. La
firma del decreto è del Cardinale Pericle Felici.
LUGLIO 1996. Il cardinale Angelo Sodano sollecita, con una lettera al pro-Prefetto del
Dicastero, Alberto Bovone, la conclusione della causa con la consultazione dell'archivio
dell'ex Sant'Uffizio.
NOVEMBRE 1996. Inizia l'istruttoria sulla cosiddetta "positio". Nove teologi consultori presidente Monsignor Sandro Corradini, relatore Padre Bove - esaminano le oltre 10.000
pagine raccolte in 4 volumi della "positio" contenente le testimonianze sulle virtù, la
sintesi del processo diocesano, la biografia documentata, le questioni storiche, morali e
particolari con le obiezioni sulla moralità del "Servo di Dio", le sofferenze, le malattie.
MAGGIO 1997. I nove teologi consegnano il loro "voto" cioè il responso motivato ed
analitico in 15-20 cartelle a testa sul "Servo di Dio" e sulle sue virtù teologali (fede,
speranza e carità), cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) e religiose
(obbedienza, povertà e castità).
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Fonte principale integrata con dati di altre fonti.
http://servizioliturgico.padrepio.it/index.php?Rif=17&PHPSESSID=f63dba9a50f2d31a9745732d9
a291286
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16 DICEMBRE 1997. Il Pontefice, nell'udienza al pro-Prefetto A. Bovone e a monsignor
Eduard Nowack firma l'intimatio per la pubblicazione sulle virtù eroiche, cioè sulla
santità della vita, di Padre Pio di Pietrelcina.
13 GIUGNO 1997. Dopo sette mesi di lavoro solitario, i nove teologi si riuniscono a
congresso nel dicastero, alla presenza di Bovone, del Segretario Eduard Nowack e del
sottosegretario Michele Di Ruberto.
21 OTTOBRE 1997. La Congregazione plenaria per le Cause dei Santi, riunita in
Vaticano, decreta: P. Pio fu eroico nell'esercizio delle virtù cristiane. Il ponente della
causa è Mons. Andrea Maria Erba, vescovo di Velletri-Segni.
18 DICEMBRE 1997. Nella sala del concistoro alla presenza del Papa, il Segretario della
Congregazione, Eduard Nowack, legge il decreto riguardante le virtù eroiche: Padre Pio
diventa "Venerabile". Per la beatificazione la Chiesa dovrà, adesso, accertare almeno un
miracolo avvenuto per intercessione del "Venerabile" dopo la sua morte. Si valuterà una
guarigione repentina e duratura,"scientificamente inspiegabile" dalla quale risulti il nesso
causa-effetto rispetto all'intercessione di Padre Pio.
30 APRILE 1998. Cinque medici di chiara fama (Bonomo, De Rosa, Pignataro, Di
Raimondo e Cortesini, scelti da un Albo di 80 specialisti non tutti credenti depositato
presso il Dicastero) alla presenza del sottosegretario Di Ruberto, si riuniscono nel
Dicastero per le Cause dei Santi per discutere in segreto "super miro", cioè sul prodigio.
Viene presa in esame la guarigione straordinaria, repentina, completa e duratura di una
giovane donna di Salerno, Consiglia Di Martino. Tra il 4 e il 5 novembre del 1995, alla De
Martino viene diagnosticato un grosso versamento dal dotto linfatico, alla base sinistra
del collo, sopra la clavicola. La donna è in grave pericolo di vita. Ma racconterà di aver
sognato Padre Pio, durante la notte, che l'avrebbe rassicurata sul suo stato di salute. La
guarigione è improvvisa. La testimonianza della donna viene raccolta "sub secreto" dal
Tribunale Ecclesiastico di Salerno, durante il processo diocesano, tra l'ottobre del '96 e il
giugno del '97. Dopo il responso della Consulta dei cinque medici in relazione al miracolo
si dovrà stampare, adesso, l'"informazione" per i sette teologi ai quali spetterà il compito
di studiare il caso e giudicare se esiste rapporto causa-effetto tra la guarigione e
l'invocazione al Frate Venerabile. Una volta stampati i "voti" dei sette teologi il tutto verrà
inviato ai cardinali e ai vescovi del Dicastero per il rispettivo parere. Se il parere sarà
positivo, cioè se la guarigione potrà essere definita teologicamente un "miracolo", il Papa
promulgherà il relativo decreto.
21 DICEMBRE 1998. Nella Sala del Concistoro, in Vaticano, alla presenza del Santo
Padre, viene letto il decreto che riconosce come miracolo ottenuto per intercessione di
Padre Pio la guarigione di Consiglia Di Martino. La Sala Stampa vaticana annuncia: Padre
Pio sarà "Beato" il 2 maggio 1999.
2 MAGGIO 1999. In Piazza San Pietro, dinanzi ad un mare di fedeli di Padre Pio, Papa
Giovanni Paolo II proclama “beato” il frate di Pietrelcina con queste parole: "Questo umile
frate cappuccino ha stupito il mondo con la sua vita tutta dedicata alla preghiera e
all'ascolto dei fratelli".
20 DICEMBRE 2001. Papa Giovanni Paolo II, dopo il via libera della Congregazione per le
Cause dei santi, firma il decreto di canonizzazione di Padre Pio da Pietrelcina. Il miracolo
che ha permesso la santificazione è rappresentato dalla guarigione del piccolo Matteo Pio
Colella di San Giovanni Rotondo, affetto da una meningite fulminante e miracolosamente
scampato alla morte per intercessione di Padre Pio da Pietrelcina.
16 GIUGNO 2002. Papa Giovanni Paolo II, in una piazza San Pietro invasa da più di
trecentomila fedeli e devoti di Padre Pio da Pietrelcina, proclama ufficialmente “santo” il
frate cappuccino. Da quel momento in poi sarà San Pio da Pietrelcina la Chiesa lo
festeggerà ogni anno il 23 settembre. Nell‟omelia Giovanni Paolo osserva: “II Padre Pio è
stato generoso dispensatore della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile
attraverso l'accoglienza, la direzione spirituale, e specialmente l'amministrazione del
sacramento della Penitenza. Il ministero del confessionale, che costituisce uno dei tratti
distintivi del suo apostolato, attirava folle innumerevoli di fedeli al Convento di San
Giovanni Rotondo”.
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I LUOGHI DELLA SANTITÀ DI PADRE PIO
Pietrelcina. È un piccolo paese in provincia di
Benevento fatto da ampi viali, villette graziose,
giardini ben curati, con antichi segni delle sue
remote origini e con molti luoghi che ricordano la
nascita e la vita del santo frate. Un‟antica porta,
accanto all‟arco della Madonna, ricorda le origini
baronali del paese. Sulla parete, tre maioliche
raffiguranti con artistica ingenuità San Michele,
l‟Incoronata e Sant‟Antonio esprimono il senso religioso profondo dei suoi abitanti
di ieri e oggi. In fondo, si trova il "rione Castello" con le case secolari costruite con
calce magra, pietra dura e greggia, poggiate sulla viva roccia dal caratteristico
colore oscuro. E poi, dopo vicoli intricati e ripide discese, c‟è la piazzetta: il
larghetto del Principe. Davanti alla chiesa di Sant‟Anna c‟è un piccolo sacrato. In
quest‟ambiente contadino e profondamente cristiano, vede la luce, il 25 maggio
1887, Francesco, quarto figlio della famiglia di Grazio Forgione e di Maria
Giuseppa De Nunzio. Francesco vive gli anni dell‟adolescenza in quest‟atmosfera
serena e tranquilla distribuendo il suo tempo tra la chiesa, la casa e la campagna.
I suoi genitori, come la gran parte dei compaesani, lavoravano la terra, curavano
gli animali, respiravano quel mondo della campagna.
Vico Storto Valle 27. La casa ove nacque Francesco è
quella paterna di “zì” Grazio e si trova al civico 27 di
Vico Storto Valle: un solo vano. Entrando, a destra, un
tavolino da notte e un letto a due piazze di faccia alla
finestra a quattro vetri. Di qua un lavamani molto
usato ed un antico cassone, di là un tavolo quadro
coperto da un tappeto stinto, su cui si accatastano i
libri, quelli usati da Padre Pio quando andava a scuola
dal maestro Caccavo. In una modesta cornice, c‟è una sua fotografia inviata alla
madre da una signorina di San Giovanni Rotondo. A sinistra dell‟ingresso, un
altro cassone che, con due seggiole, completa l‟ammobiliamento della camera.
Nella parete, a capo del letto, quattro litografie di Madonne e due Crocifissi. Nel
pavimento vi è una botola che porta in un locale sottostante, usato come
magazzino e stalla dell‟asino, al quale si può accedere anche per una porta
esterna sul fianco della casa.
Vico Storto Valle 28. Al numero civico 28 di Vico Storto Valle si trovano altri due
piccoli ambienti presi in fitto da papà Grazio. Il primo, dall‟aspetto umilissimo,
era la cucina della famiglia Forgione; qui un vecchio camino ricorda le serate
d‟inverno, con il “ciocco” acceso e la figura di mamma Peppa. Il secondo,
retrostante, si affaccia sulle campagne ben coltivate e sulla strada serpeggiante
che porta a Piana Romana. Qui era la camera da letto di Francesco e dei suoi
fratelli e qui fece le sue prime esperienze soprannaturali. Già da piccolo,
Francesco, assetato di sofferenza e di penitenza, spesso dormiva sul pavimento,
usando una pietra come cuscino.
La torretta. Poco distante dalla casa natale di Padre Pio, sulla sommità dei resti
dell‟antico castello baronale, si trova la "Torretta": una piccola stanza, costruita
sulla roccia cui si accede con una ripida scalinata. Questa stanzetta accolse
Padre Pio tra il 1909 e il 1912, anni difficili di malattia che lo tennero lontano dal
convento e durante i quali non poté essere accolto nella casa paterna. In
quell‟epoca, infatti, la regola dei Cappuccini era molto ferrea e ordinava ai frati
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che si allontanavano dal convento di spogliarsi degli abiti di San Francesco.
Qualora fossero stati costretti a vivere per lunghi periodi lontani dal chiostro, in
nessun caso avrebbero potuto vivere con la famiglia d‟origine. Fu allora che i
genitori gli affittarono quella piccola stanza sulla torretta, dove trascorrere i mesi
invernali e gli costruirono una capanna a Piana Romana, vicino l‟olmo cui fra Pio
era affezionato, per accoglierlo nei caldi mesi estivi. In questi anni iniziò con i suoi
direttori spirituali, Padre Benedetto Nardella e Padre Agostino Daniele una
corrispondenza epistolare: una meravigliosa autobiografia attraverso cui
possiamo partecipare alla sua vita spirituale, alle sue sofferenze, alle sue lotte con
il demonio. In questo luogo, ci dicono le sue lettere, Padre Pio era consolato dalla
presenza materna della Madonna e confortato dalla presenza
di Gesù, dell‟Angelo custode e di San Francesco. Nel paese
natale, Padre Pio vive questi anni circondato dall‟amore della
sua famiglia e dall‟affetto dei suoi compaesani, trascorre
momenti di serenità, di pace, fatti di sentimenti semplici e
genuini che resteranno per sempre nella sua memoria. Qui il
Signore prepara Padre Pio a quella che sarà la sua grande
missione nel mondo. “Non ho poi come ringraziare il nostro
caro Gesù, che tanta forza e coraggio mi dà nel sopportare non
solo le tante infermità che mi manda, ma anche le continue
tentazioni, che egli pur troppo permette, e che di giorno in
giorno vanno sempre moltiplicandosi. Queste tentazioni mi
fanno tremare da capo a piedi di offendere Iddio”. (Lettera di Padre Pio a Padre
Agostino, 1° ottobre 1910).
La Masseria di Piana Romana. Piana Romana ancora
oggi è un angolo di paradiso appena fuori Pietrelcina.
Qui, sopra una collina ricca di messi e di vecchi olmi,
vi è l‟umile cascinale dove la famiglia di Francesco
passava i mesi dei lavori campestri. Nella masseria,
costituita da uno stanzone di pietra, senza intonaco
né pavimento, con un focolare e un soppalco dove
veniva conservato il fieno, sono conservati gli attrezzi
che all‟epoca servivano ai contadini per il lavoro dei campi, il vasellame e una
pietra che serviva a trebbiare il grano. Nelle campagne di Piana Romana, il
giovane Francesco pascolava il suo piccolo gregge, trascorrendo lunghe ore di
pace. Avvolto dal silenzio della natura, passava il suo tempo sotto una
capannuccia di paglia eretta attorno ad un tronco di olmo per leggere, studiare e
pregare. Questi luoghi furono determinanti per il suo cammino spirituale: a Piana
Romana, Francesco incontrò fra Camillo da Sant’Elia a Pianisi che ispirò la sua
vocazione e sempre qui ebbe i primi segni delle stimmate.
Il pozzo di Piana Romana. Di fianco a quella che era la vigna e
ora è una verde pineta, c‟è ancora un pozzo. La mamma di Padre
Pio raccontava sovente quel che accadde durante la costruzione
del piccolo pozzo. “Zì” Grazio scavava e scavava, ma nonostante
fosse arrivato alla profondità di tre metri non trovava acqua. Ad
un certo punto, irritato, cominciava a perdere la pazienza. Il
piccolo Francesco pregò il Padre di non adirarsi, perché l‟acqua
non sarebbe uscita là ma in un altro luogo, che egli stesso
indicò, secondo quando gli aveva suggerito Gesù. “Zì” Grazio
rispose a Francesco che avrebbe fatto scavare nel luogo indicato;
e guai a lui, perché se l‟acqua non fosse uscita, l‟avrebbe messo nella fossa. Dopo
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due o tre metri l‟acqua cominciò a zampillare ed il piccolo aggiunse di continuare
a scavare perché ne sarebbe uscita in abbondanza, come successe realmente.
La Cappella di San Francesco. “Quella capannuccia per me era diventata una
vera chiesetta", dirà più tardi Padre Pio. Proprio nel luogo dov‟era la capannuccia,
Mercurio Scocca, amico d‟infanzia di Padre Pio, che abitava nella grande masseria
accanto alla sua a Piana Romana, nel 1958 fece iniziare i lavori per la costruzione
di una chiesetta dedicata a San Francesco d‟Assisi. Ora un viale ombreggiato dai
pini conduce a questo luogo caro a Padre Pio, meta di pellegrini sempre più
numerosi.
Chiesa di Santa Maria degli Angeli. Santa Maria degli Angeli, oggi Chiesa Madre
di Pietrelcina, conserva la statua lignea policroma di scuola napoletana della fine
del 600 raffigurante la Madonna della Libera, patrona di Pietrelcina, che Padre Pio
chiamava affettuosamente “la Madonnella nostra”. In questa
chiesa, fra Pio iniziò il suo apostolato. Ottenuto il diaconato, nel
1909, amministrò il primo battesimo ad un bambino che divenne
poi sacerdote redentorista. A questo proposito, si racconta che
Padre Pio mise tanto sale, che il neonato, aprendo la boccuccia,
strabuzzava gli occhi - "smerzava l`uocchie"- parole di fra Pio, che
tutto impaurito corse dall‟arciprete don Salvatore Pannullo,
dicendo: "Ho ucciso il bambino". Alla vigilia della solennità
dell‟Assunta, il 14 agosto 1910, quattro giorni dopo essere stato
ordinato sacerdote, Padre Pio celebrò la sua prima messa. Qualche giorno dopo
scriveva a Padre Benedetto da San Marco in Lamis: “Per vari giorni sono stato un
po‟ male; forse la causa principale di ciò ne è stata la troppa commozione a cui lo
spirito in questi giorni è andato soggetto ... Il mio cuore è traboccante di gioia e si
sente sempre più forte ad incontrare qualunque afflizione, qualora si tratta di
piacere a Gesù”. In questa chiesa, Padre Pio ebbe interminabili momenti di
preghiera e di intimità con Dio, estasi ai piedi dell‟altare e il fenomeno mistico
della fusione dei cuori: “Il cuore di Gesù e il mio, permettetemi l‟espressione, non
erano più due cuori che battevano, ma uno solo. Il mio cuore era scomparso,
come una goccia d‟acqua che si smarrisce in mare". E ancora: "Mi sento tutto
bruciare senza fuoco... mille fiamme mi consumano, sento di morire
continuamente e pur sempre vivo". Padre Pio celebrava in questa chiesa messe
"troppo lunghe"; "mistero incomprensibile" tanto che il Padre guardiano aveva
pregato il parroco di richiamarlo perché così, per santa ubbidienza, avrebbe
subito ubbidito.
La casa in Via Santa Maria degli Angeli 44. Tra il 1910 e il
1912, quando l‟estrema sofferenza fisica non gli permise
l‟accesso alla "Torretta", Padre Pio si trasferì nella vicina
abitazione del fratello Michele in Via Santa Maria degli Angeli
n.44. Una casetta decorosa formata da tre vani, dove Padre Pio
visse fino al 17 febbraio 1916. La stessa casa ospiterà Mary
Pyle, figlia spirituale di Padre Pio, dal 1941 al 1943, durante il
suo soggiorno a Pietrelcina. Questa dimora, luogo
importantissimo dell‟itinerario mistico e della vita del giovane
Padre Pio, fu testimone di tantissimi fatti soprannaturali al
punto che il frate di Pietrelcina, ricordandola, dirà poi: “Se
quelle pietre potessero parlare...”. In questa casa Padre Pio, già debole nel fisico,
affrontò durissime lotte con il demonio: lotte spirituali, ma anche scontri fisici,
durante i quali il frate dovette subire percosse, sopportare tentazioni e sofferenze.
In una lettera a Padre Agostino, suo direttore spirituale, Padre Pio confidava:
38
“Quei cosacci non cessano di percuotermi e di sbalzarmi alle volte anche dal letto,
giungendo fino a togliermi la camicia e percuotermi in tale stato. Ma oramai non
mi fanno quasi più timore. Gesù è sempre amoroso verso di me, giungendo fin
anche alle volte ad alzarmi da terra ed adagiarmi sul letto”.
Il Pozzo nel Convento dei Frati. La costruzione del
convento dei Cappuccini a Pietrelcina ha inizio il 13 giugno
del 1926 con la benedizione della prima pietra ad opera
dell‟arcivescovo di Benevento, Luigi Lavitrano. In mezzo a
tanto entusiasmo, però, sorse una difficoltà: la mancanza di
acqua. Si chiese allora aiuto e conforto a Padre Pio che da
San Giovanni Rotondo indicò il luogo, nell‟orto dei frati, dove
scavare il pozzo. Quale non fu la meraviglia, quando a pochi
metri di profondità fu rinvenuta una abbondante sorgente di
acqua, che è tuttora sempre perenne. Si gridò al miracolo...
La profezia e il Convento dei Cappuccini. La storia
della costruzione del convento è avvolta da una
"profezia". In una delle solite passeggiate serali,
attorniato da seminaristi e da un giovane cappuccino,
l‟arciprete don Salvatore Pannullo, che di solito racconta un testimone oculare – “ascoltava più i
discorsetti di Forgione, ci fé fermare improvvisamente
e ci invitò a zittire per sentire il Forgione. Sentiva un
coro di angeli e delle campane che suonavano a
distesa da un luogo non lontano da noi e indicava, col braccio e con la mano tesa,
verso il luogo destro della strada. Noi tutti non udivamo nulla e il silenzio fu rotto
dallo scroscio delle nostre risate”. Gli angeli, forse indispettiti, non fecero più
sentire il loro coro, “ma il suono della campana a distesa arrivava ora alle vallate
e saliva le colline”, e il testimone ricorda che un giovane cappuccino l‟aveva già
sentito tanti anni prima che sorgesse un convento ed una chiesa per i suoi frati a
Pietrelcina, in quella contrada che, fino a pochi anni fa portava ancora il nome di
"Gregarie", allora aperta campagna e luogo di raduno dei pastori. I lavori
iniziarono dopo che alcuni cittadini di Pietrelcina chiesero a Mary Pyle
di aiutarli a costruire, nel loro paesello, un convento per i padri
Cappuccini della provincia dell‟Angelo. Mary Pyle accolse la proposta e
ne parlò al Padre spirituale. "Padre, posso costruire un convento a
Pietrelcina?" Padre Pio rispose" Sì, fai presto e che sia dedicato alla
Sacra Famiglia".
La Chiesetta di Sant’Anna. Costruita sul punto più alto del rione “Castello”, la
chiesa Sant‟Anna, a Pietrelcina, con le sue due caratteristiche navate, risale al
XIII secolo. Dietro l‟altare maggiore, si ammira una tela del „600 raffigurante la
Madonna di Loreto; nella navata minore, vi sono
piccole nicchie con statue settecentesche raffiguranti:
l‟Assunta, l‟Incoronata e Santa Rosa. Sempre nella
navata minore, vi è l‟altare dedicato a Sant’Anna, dove
sono conservate le reliquie di San Pio martire, estratte
dalle catacombe di Priscilla (Roma) e donate a
Pietrelcina dal feudatario Carafa nel 1801. A
Pietrelcina, la devozione a questo Santo è molto sentita
e proprio il nome del martire sarà scelto da Francesco
Forgione per la sua vita religiosa. A sinistra, entrando,
vi è un affresco raffigurante il battesimo di Gesù, e anche la fonte battesimale in
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pietra col ciborio di legno dove, il 26 maggio 1887, il piccolo Francesco ricevette il
battesimo da don Nicolantonio Orlando. Qui Padre Pio prese la Prima Comunione
e il 27 settembre 1899, a dodici anni, la Cresima, amministrata dall‟arcivescovo
di Benevento, monsignor Donato Maria Dell’Olio. La chiesetta di Sant‟Anna,
gioiello di semplicità e spiritualità, è l‟autentico “scrigno” delle esperienze del
cammino spirituale di Padre Pio: nascita, battesimo, cresima, vita eucaristica,
estasi e visioni. Questa chiesa è tutta piena di Francesco Forgione bambino e
adolescente, di fra Pio studente e di Padre Pio sacerdote. Qui egli celebrava la
Santa Messa e confessava le anime semplici di Pietrelcina. Qui ebbe numerose
esperienze mistiche come le apparizioni di Maria e dell‟angelo custode; o i
momenti di intimità con Gesù sacramentato: "I battiti del cuore, allorché mi trovo
con Gesù Sacramentato, sono molto forti. Sembrami alle volte che voglia proprio
uscirne dal petto. All‟altare alle volte mi sento talmente un accendimento per
tutta la persona, che non posso descriverglielo, il viso massimamente mi sembra
che voglia andare tutto in un fuoco."
La Porta Madonnella. Il cuore storico di Pietrelcina è rappresentato dal
"Castello", un piccolo rione di origine medievale cui si accede attraverso la porta
Madonnella. Sulla porta vi è un‟edicola murata, composta di 30 formelle di
maiolica con rappresentazioni sacre. Al centro, la Madonna Incoronata apparsa
su di un albero ad un contadino con due buoi accanto; a destra della Madonna,
un altro quadro raffigura Sant’Antonio da Padova, con il Bambino Gesù in
braccio. A sinistra c‟è l‟Arcangelo Michele che schiaccia la testa del serpente.
Padre Pio passava di qui tutti i giorni per recarsi a scuola, in chiesa, o a Piana
Romana, dove aveva il compito di custodire il piccolo gregge di famiglia. In questo
angolo di Pietrelcina, Padre Pio sacerdote formò il primo gruppo di preghiera: egli
riuniva sempre tante persone per le devozioni alla Madonna, soprattutto nel mese
di maggio e partecipava alla recita del Rosario in occasione della “novena” che
precedeva la ricorrenza dei santi raffigurati nell‟edicola. “Vorrei avere una voce si
forte per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna. Ma poiché
ciò non è in mio potere, ho pregato, e pregherò il mio angiolino a compiere per me
questo ufficio”. (Padre Pio a Padre Agostino, 1° maggio 1912)
Adelia “Mary” Pyle. Nasce il 17 aprile 1888, negli Stati Uniti
d‟America, da una ricca famiglia protestante. Durante un suo lungo
soggiorno in Europa si converte al cattolicesimo e si fa battezzare
nel 1918 dai padri gesuiti di Barcellona. La fama di Padre Pio
l'attira a San Giovanni Rotondo dove incontra il frate stigmatizzato
il 4 ottobre del 1923. Ritornerà in seguito il 24 agosto del 1924 ed
entrerà a far parte del Terz'ordine francescano ricevendo dalle mani
di Padre Pio il saio marrone di terziaria e cambiando il suo nome in
Mary. “Essendo figlia di un ricchissimo industriale statunitense,
Mary Pyle non solo costruisce una casa abbastanza capiente, nei
pressi del convento che, in tempi in cui mancano gli alberghi,
accoglie moltissimi pellegrini e figli spirituali di Padre Pio. Ma compie opere di carità e di
bene e fa edificare a Pietrelcina, con capitali propri, il convento con l'annesso seminario
serafico e l'annessa Chiesa della Sacra Famiglia”.59 “Mary accettò subito l'idea di
costruire un convento cappuccino e la formulò, col proposito di realizzarla, al suo
Direttore spirituale Padre Pio: "Padre, posso costruire un convento a Pietrelcina? “Sì”,
rispose Padre Pio. Fallo presto e dedicalo alla Sacra Famiglia". Il luogo è lo stesso dove,
secondo la tradizione, il giovane Padre Pio passeggiando con il parroco don Salvatore
Pannullo, aveva sentito levarsi un coro di angeli e campane suonanti a distesa. La stessa
Mary Pyle, durante i lavori per la costruzione del complesso, ha soggiornato a Pietrelcina,
59
Maria Winowska, Il Vero Volto di Padre Pio, Edizioni Paoline, pag. 18, nota 1.
40
precisamente nella stessa abitazione di via S. Maria degli Angeli dove Padre Pio aveva
vissuto dal 1910 al 1916. Mary Pyle dice così di Padre Pio: "Nessuno lo conosce bene, se
non Dio. Nessuno conosce la sua vita intima, salvo naturalmente, il suo confessore, ma
quello non può parlare. Non facciamo altro che raccogliere le briciole che cadono dalla
mensa del Re. Vedete queste case, questo villaggio che a poco a poco è sorto attorno al
convento? È stato costruito da persone convertite da Padre Pio, da miracolati, ma
soprattutto dai suoi figli e figlie spirituali come me. Non è facile avere la fortuna di
incontrare qualcuno della sua taglia! Nel 1922 sono venuta per curiosità con la signora
Montessori (la famosa pedagoga) da Capri. Ho passato tre giorni in condizioni detestabili;
questo paese era deserto a quei tempi; alla terza visita ho deciso di restare. È più o meno
ciò che è capitato a tutti quelli che abitano qui: vengono, ritornano e finalmente restano.
Quando si trova una perla preziosa, con quale gioia ci si sbarazza di tutti i beni di questa
terra per conquistarla!... Ciascuno ha qui il suo segreto - continua. - Sono spesso degli
scampati, dei convertiti, anime salvate dall'abisso. Padre Pio è uno specialista dei "pezzi
grossi". E quando egli s'interessa di un'anima, è per sempre. Una volta mi ha detto:
"Quando ho sollevato un'anima, non la lascio ricadere più!"60 Mary Pyle soggiornò a
Pietrelcina nella stessa casa di Via Santa Maria degli Angeli dove Padre Pio aveva vissuto
dal 1910 al 1916. Nel dicembre del 1929, Mary portò con sé a San Giovanni Rotondo
mamma Peppa e "zì" Grazio, perché i due anziani contadini potessero stare un po‟ vicino
al loro figliolo. Li accolse nella sua casa e li assisté fino alla morte. 61
Barbara Ward.62 La Provvidenza si presentò sul Gargano sotto le
sembianze di una donna dai tratti delicati: Barbara Ward, giornalista
cattolica di The Economist, massimo settimanale economico-finanzario
inglese. In uno dei suoi viaggi a Roma, sentì parlare di Padre Pio dal suo
amico marchese Bernardo Patrizi ed espresse il desiderio di conoscerlo.
Il marchese sapeva che la donna coltivava amicizie con americani di alto
livello, molto influenti. Perciò fu ben lieto di accompagnarla a San
Giovanni Rotondo, pensando che la Ward potesse essere di aiuto per la
causa di Padre Pio. La giornalista giunse nei pressi del convento nell‟autunno del 1947.
La sua attenzione si soffermò su un nutrito gruppo di uomini, grondanti sudore. Essi
picconavano la roccia con insolito vigore, come se avessero individuato un filone d‟oro.
Vide anche il sacerdote pietrelcinese don Giuseppe Orlando, dirigere i lavori ed impartire
istruzioni a destra e a manca. Don Orlando non era riuscito a capire il motivo per cui
Padre Pio gli avesse imposto di aprire il cantiere dell‟ospedale, con i pochi soldi a
disposizione, però aveva obbedito e assunto gli operai, rifornendoli di picconi e badili.
Quindi aveva dato inizio allo spianamento del terreno per collegare la strada sterrata
preesistente al costruendo ospedale, dopo aver delimitato il nuovo tratto stradale
utilizzando picchetti in legno ed un gomitolo di spago. Parlando di Barbara Ward, don
Giusepe Orlando lasciò scritto nelle sue memorie: «Domandò proprio a me: Che cosa fate?
E io risposi: Una grande clinica. E che denaro vi occorre? Sparai allora una bomba: 400
milioni. E chi paga? Chi passa paga. E la signorina passò e andò dal Padre». Durante il
colloquio con il Padre, la donna gli chiese di pregare per la conversione al cattolicesimo
del fidanzato Robert G. A. Jackson, di religione protestante. Il cappuccino disse soltanto:
«Se il Signore vuole, si convertirà». E lei: «Ma quando?». La risposta la lasciò perplessa:
«Se il Signore vuole, anche adesso». Tornata a Londra, la Ward apprese del battesimo del
fidanzato. Il suo stupore crebbe quando venne a sapere che si era battezzato proprio
nelle ore in cui lei si era intrattenuta in colloquio con il frate stigmatizzato. Jackson era
ufficiale delle Nazioni Unite e consigliere delegato dell‟UNRRA (Fondo per la ricostruzione
postbellica). Pertanto, era in contatto con molti membri del Governo americano.
Impressionato dal racconto della Ward, egli si prodigò a favore del progetto dell‟ospedale
voluto da Padre Pio. Per meglio convincere gli interlocutori a finanziarlo, disse che una
60
61
62
Maria Winowska, op. cit.
Anacleto Miscio, Mary Pyle, Ed. The Capuchin Friars, Foggia, pag. 241.
http://www.sangiovanni-rotondo.it/?p=99
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eventuale donazione sarebbe avvenuta in memoria del politico italo-americano Fiorello La
Guardia, amatissimo dagli americani, originario della provincia di Foggia e scomparso da
pochissimo tempo. Avendo ricoperto a più volte anche la carica di sindaco di New York e
quella di direttore generale dell‟UNRRA, la proposta del maggiore Jackson di inviare fondi
a San Giovanni Rotondo in memoria di Fiorello la Guardia, incontrò il favore del
Congresso degli Stati Uniti. Il 21 giugno 1948 il Governo italiano ricevette la notizia che
l‟UNRRA di Washington donava 400 milioni di lire per la costruzione dell‟ospedale di
Padre Pio. Ciò fece sussultare di gioia Padre Pio e tutta la Commissione. Purtroppo a San
Giovanni Rotondo arrivarono solo 250 milioni. Il Governo italiano trattenne per sé i
restanti 150, per motivi mai precisati. La cosa suscitò la forte contrarietà del Padre, che
considerò il fatto alla stregua di un furto legalizzato perpetrato ai danni della
Provvidenza. La mattina del 26 luglio 1954 venne aperto il poliambulatorio. L‟ospedale,
costato complessivamente un miliardo e mezzo di lire, fu inaugurato il 5 maggio 1956. Il
5 maggio 1957, primo anniversario dell‟attività ospedaliera della Casa, Padre Pio tirò le
somme del lavoro svolto e programmò quello futuro, parlando della realizzazione di una
«città ospedaliera tecnicamente adeguata alle più ardite esigenze cliniche», con molti più
posti letto, di due case, una per donne e una per uomini, «dove gli spiriti e i corpi
affaticati e stanchi vengano al Signore e ne abbiano da Lui sollievo».
Padre Agostino da San Marco in Lamis. Padre Agostino da San Marco in
Lamis insegnava teologia nel convento di Serracapriola dove conobbe il
giovane fra Pio e divenne suo Padre spirituale. Padre Agostino raccolse nel
suo Diario le lettere in cui Padre Pio confidava i segreti della sua anima.
Egli seguì il giovane frate nei lunghi anni della misteriosa malattia; un
segreto che Padre Pio non poté rivelare allo stesso direttore spirituale:
“Padre, non posso dire la ragione per cui il Signore m‟ha voluto a Pietrelcina; mancherei
di carità”. Padre Agostino nel Diario scrive: “La malattia era misteriosa, come misteriosa
la permanenza a Pietrelcina”. A Venafro, Padre Agostino fu testimone di fenomeni
soprannaturali, vessazioni diaboliche ed estasi che sconvolgevano lo spirito e il corpo di
Padre Pio. Il maligno appariva a Padre Pio nelle vesti di un carnefice che lo flagellava, o
nelle sue vere fattezze, orribili, con un esercito di spiriti infernali che, alle volte, senza
apparirgli, gli sputavano in faccia, lo straziavano con rumori assordanti. Il Padre
annotava nel suo Diario questi episodi che duravano al massimo un quarto d‟ora ed
erano ordinariamente e immediatamente seguite dalle apparizioni di Gesù, della
Madonna, dell‟Angelo Custode e di San Francesco. Testimone di quelle estasi, delle
apparizioni, delle invocazioni, dei lamenti, delle gioie di Padre Pio mentre dialogava con
l‟Invisibile, Padre Agostino annotava fedelmente quello che vedeva. Padre Agostino seguì il
frate di Pietrelcina nel suo cammino di uomo di Dio, scelto da Dio per “essere aiutato nel
grande negozio dell‟umana salvezza”. Gli fu vicino sempre. Padre Pio, tra il 5 ed il 6
agosto del 1918, visse un “periodo di superlativo martirio” in cui ricevette il dono mistico
della trasverberazione. L‟umile frate si sentiva smarrito e confuso, poiché giudicava
questo fenomeno come una punizione divina. Padre Agostino gli diede conforto e lo aiutò
a capire la vera natura del dono mistico. In una lettera del 24 agosto 1918, gli aveva
scritto: “Gesù dalla sera del 5 sino alla mattina del 6 agosto ridiede un‟altra prova del
suo amore speciale. La ferita spirituale di quel celeste personaggio è il pegno dell‟amore
di Dio per te.”
Padre Benedetto da San Marco in Lamis. Nell‟ottobre del 1905, il novizio,
fra Pio, entrò nel convento di San Marco la Catola in provincia di Foggia,
per gli studi liceali e teologici, dove incontrò Padre Benedetto che diventò
suo direttore spirituale fino al 1922. A Padre Benedetto, fra Pio confidava le
sofferenze che considerava “tempeste“ che l‟Altissimo gli mandava come
una “speciale permissione” che sarebbero cessate solo con l‟intervento del
Signore. Padre Benedetto disapprovava la permanenza di fra Pio fuori dal convento e,
benché si fosse persuaso che la malattia sfuggisse una spiegazione terrena, provò più
volte a riportare il frate dentro mura del chiostro. Ma lo stato di salute di fra Pio
peggiorava irrimediabilmente e Padre Benedetto era costretto rimandare il suo figlio
spirituale al paese natale. Nella speranza di una guarigione, Padre Benedetto accettava
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«…l‟alto decreto di Dio» che non permetteva a fra Pio “di dimorare in quel chiostro, dove
Egli stesso lo aveva chiamato e benediceva il disegno divino che voleva il frate esule
nell‟esilio del mondo, perché potesse riporre solo nel Signore le sue speranze”. Padre Pio,
nel novembre del 1910, confessò a Padre Benedetto di volersi offrire al Signore come
“vittima per i poveri peccatori e per le anime purganti”. Egli desiderava espiare le colpe,
ricevere su di se i castighi che erano “preparati sopra dei peccatori e delle anime
purganti”, perché il Signore convertisse e salvasse i peccatori ed ammettesse presto in
paradiso le anime del purgatorio. Il frate torturato dalle sofferenze, spesso aveva
desiderato di morire. Padre Benedetto lo riconduceva all‟obbedienza, affinché rientrasse a
vivere sotto le ali di San Francesco, abbandonasse il desiderio di morte e accettasse le
sofferenze, per compiere la missione che il Signore gli aveva affidato, “Soffrire e non
morire”. Padre Pio, nel 1918, ebbe il dono della trasverberazione, che sconvolse il suo
animo; Padre Benedetto gli fu vicino e lo aiutò a comprendere quello che stava
accadendo, poiché il frate giudicava il fenomeno come una “nuova punizione”. Il 27
agosto, il direttore spirituale gli scriveva una lettera, spiegandogli che quanto accadeva in
lui era “effetto di amore”, prova e vocazione a “corredimere”: la ferita al cuore compiva nel
frate la passione come l‟aveva compiuta Cristo sulla croce, inducendolo a baciare la
mano che lo aveva trasverberato e a stringersi dolcemente codesta piaga che era suggello
d‟amore.
LE STIMMATE DI PADRE PIO
Nel suo lungo cammino verso Dio, Padre Pio
ricevette il dono di fenomeni non ordinari: estasi,
bilocazione, ferite d‟amore al cuore, stimmate e
trasverberazione, segni sostanziali del suo immenso
amore verso il Signore. Le prime impronte del
prodigio divino apparvero, sotto l‟olmo di Piana
Romana, il 7 settembre del 1910.
Il 10 agosto, Francesco Forgione fu ordinato sacerdote nel
duomo di Benevento. Il 14 agosto, celebra a Pietrelcina la
prima Messa solenne ed avverte i primi dolori alle mani e ai
piedi. L‟8 settembre 1911, confessa al direttore spirituale,
Padre Benedetto da San Marco in Lamis di avere "da circa un
anno le stimmate invisibili". Nell‟ottobre 1911, Padre Pio è trasferito a Venafro ed
è sottoposto a visite mediche a Napoli. Il giovane frate, confortato da don
Salvatore Pannullo, pregò affinché Dio gli togliesse i segni esteriori di tali ferite. Le
stimmate scomparvero, lasciando lo struggente dolore che Padre Pio descrive
nella lettera del 21 marzo 1912 destinata a Padre Agostino: “(…) È una tragedia
dolorosa per me. Il cuore, le mani ed i piedi sembrami che siano trapassati da
una spada; tanto è il dolore che sento”. (Epist. I, 266).
Fra il 12 novembre 1917 e la metà maggio 1918, Padre Pio prima riprende il suo
servizio militare a Napoli e poi, a sorpresa, viene congedato definitivamente per
“bronco alveolite doppia”. Nello stesso periodo di tempo, si assenta da S. Giovanni
Rotondo per accompagnare a Roma la sorella Graziella, che diventerà suora, e poi
dimora nel convento di San Marco la Catola per conferire col Padre Provinciale
circa i problemi del suo spirito.
Le stimmate divennero di nuovo visibili tra il 5 e il 7 agosto del 1918, attraverso il
fenomeno mistico della “trasverbazione del cuore”: un misterioso personaggio
celeste trapassa il cuore del Padre con una lancia, lasciandogli una ferita aperta
sanguinante. È il preludio al fenomeno delle “stimmate”. Era un venerdì mattina,
Padre Pio aveva celebrato la sua messa mattutina e si era raccolto in preghiera.
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Mentre la sua mente era rivolta alla meditazione sulla Passione e morte di Gesù
nei misteri dolorosi del Santo Rosario, gli apparve un personaggio celeste che
aveva le mani, i piedi ed il costato traforati e grondanti di sangue. Il frate si
trascinò nella sua cella e lì, esausto, si addormentò. Al risveglio, lo colse il gran
dolore di quelle ferite, che lo segneranno fino al momento della morte, quando le
stimmate scomparvero dal suo corpo per sempre. Padre Pio, qualche giorno più
tardi scrivendo al Padre Benedetto, disse: “In forza di obbedienza mi induco a
manifestarvi ciò che avvenne in me dal 5 sera a tutto sei del corrente mese (…) Me
ne stavo confessando i nostri ragazzi la sera del cinque, quando tutto d‟un tratto
fui riempito da un estremo terrore alla vista di un personaggio celeste che mi si
presentava dinnanzi all‟occhio dell‟intelligenza. Teneva in mano una specie di
arnese, simile ad una lunghissima lamina di ferro, con una punta bene affilata e
che sembrava che da essa punte che uscisse fuoco. Vedere tutto questo ed
osservare detto personaggio scagliare con tutta violenza detto arnese sull‟anima,
fu tutto una cosa sola. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire. (…) Questo
martirio durò, senza interruzione, fino al mattino del giorno sette. Cosa io soffrii
in questo periodo così luttuoso io non so dirlo. (…) Da quel giorno in qua io sono
stato ferito a morte. Sento nel più intimo dell‟anima una ferita che è sempre
aperta, che mi fa spasimare assiduamente(…) Non l‟è questa una nuova
punizione inflittami dalla giustizia divina? Giudicatelo voi quanta verità sia
contenuta in questo e se io non ho tutte le ragioni di temere e di essere in una
estrema angoscia” (Epist. I, 1065). Il senso di confusione divorava l‟anima del
frate che non riusciva a spiegarsi una simile tortura, né riusciva a comprendere
quei segni divini. Il suo maestro spirituale, Padre Benedetto, lo confortò: “Tutto
quello che avviene in voi è affetto di amore, è prova, è vocazione a corredimere, e
quindi fonte di gloria.(…). Il fatto della ferita compie la passione vostra come
compì quella dell‟amato sulla croce. Verrà forse la luce e gioia della resurrezione?
Io lo spero, se a lui così piace. Baciate la mano che vi ha trasverberato e
stringetevi dolcissimamente cotesta piaga che è suggello d‟amore”. (Epist.1,
1069).
Il 20 settembre 1918, Padre Pio rivede ancora il
misterioso personaggio che gronda sangue e il
Padre si sente trafiggere le mani e i piedi
(“stimmatizzazione”). Si ritrova così con le
stimmate, i segni visibili della Passione di Cristo,
impressi per sempre sulle mani, sul costato e
sui piedi, che scompariranno misteriosamente
solo in punto di morte, il 23 settembre 1968. La
stampa
diffonde
la
notizia
della
stimmatizzazione e i pellegrini salgono a migliaia
sul Gargano, richiamati dai carismi di Padre Pio,
provocando un caso mediatico di enormi
proporzioni. Il 15 maggio 1919, giunge a S.
Giovanni Rotondo il prof. Luigi Romanelli,
primario dell‟Ospedale di Barletta, primo medico
inviato per esaminare le stimmate di Padre Pio. Il 26 luglio 1919, è visitato dal
prof. Amico Bignami, ordinario di Patologia medica presso l‟Università di Roma. Il
9 ottobre 1919, si sottopone agli ulteriori ed approfonditi accertamenti del dott.
Giorgio Festa, inviato dal Superiore Generale dei Cappuccini Padre Venanzio da
Lisle.
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LA BILOCAZIONE
Durante gli anni di noviziato, la vita interiore di preghiera del frate fu
particolarmente intensa, e all‟inizio del 1905, Padre Pio ebbe la prima esperienza
di quella che doveva essere una delle manifestazioni più singolari della sua vita
terrena: la “bilocazione”. Quando era interessato a questo fenomeno, Padre Pio si
trovava in luoghi diversi nel medesimo istante: parlava, sentiva e viveva
contemporaneamente due esperienze. In un luogo era presente con il corpo; in un
altro era operante, assumendo una figura aerea del tutto simile al proprio corpo.
In una sua lettera, il frate racconta un episodio: “Giorni fa mi è accaduto un fatto
insolito: mentre mi trovavo in coro con fra Anastasio, erano circa le ore 23 del
giorno 18 mese scorso, quando mi trovai lontano in una casa signorile, dove il
Padre moriva, mentre una bimba nasceva. Mi apparve allora Maria Santissima
che mi disse: ”Affido a te questa creatura; è una pietra preziosa allo stato grezzo,
lavorala, levigala, rendila il più lucente possibile, perché un giorno voglio
adornarmene”. “Come sarà possibile se io sono
ancora un povero chierico e non so se un giorno
avrò la fortuna e la gioia di essere sacerdote? Ed
anche se sarò sacerdote, come potrò pensare a
questa bimba, essendo io molto lontano da qui?” la
Madonna soggiunse: «Non dubitare sarà lei che
verrà da te, ma prima la incontrerai in San Pietro».
Dopo di ciò mi sono ritrovato nuovamente in coro”.
Parecchi anni dopo, nel 1923, una ragazza si recò
a San Giovanni Rotondo e Padre Pio, vedendola,
riconobbe che era la bambina nata 18 anni prima
e le disse: “Io so chi sei. Tu sei nata la notte in cui
morì tuo Padre”. Il giorno dopo nel confessionale, Padre Pio gli raccontò anche del
giorno in cui, l‟anno prima, lei si era recata a San Pietro e aveva ricevuto la
confessione da un frate cappuccino; quel frate era lui che miracolosamente si era
trovato nel confessionale. Fra Agostino, a quell‟epoca guardiano del convento,
mostrò alla ragazza il manoscritto in cui Padre Pio descriveva perfettamente la
notte della sua nascita. La ragazza, ammirata e convinta della santità di Padre
Pio, divenne sua figlia spirituale e gli rimase affezionata e devota per tutta la vita.
In seguito, i resoconti giurati e il manoscritto furono inclusi nella documentazione
per la causa di beatificazione del frate.
Padre Pio confessore di anime
Il mondo di Padre Pio era racchiuso nel confessionale, luogo del suo ministero.
Qui compì la sua “missione grandissima”. Instancabile confessore, passava tutto
il tempo a “prosciogliere i fedeli dai lacci di satana”, convinto che la maggiore
carità era quella di “strappare anime avvinte da satana per guadagnarle a Cristo”.
A proposito della confessione, Padre Pio scriveva a Padre Agostino: “Mostrate loro
conforto spirituale, buono e di grazioso aspetto, affinché vi accorrano allegrezza.
(…) mio caro Padre(…) amate con un amore cordiale, paterno e pastorale cotesti
poveri sventurati del secolo ed avrete fatto il tutto; e sarete tutto a tutti, Padre a
ciascuno, e soccorrevole a tutti”. In queste parole, Padre Pio lascia il ritratto di se
stesso confessore, così come lo aveva voluto Cristo. Egli accoglieva una
moltitudine di anime nel suo confessionale e attraverso il suo ruolo di confessore
le vivificava tutte, poiché come egli stesso diceva: “Non sono io, ma Colui che è in
me e al di sopra di me”. I penitenti vedevano in lui la delicatezza e la squisitezza
di Dio. I fedeli uscivano dalla confessione purificati e si affrettavano per trovare
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un luogo solitario, vicino all‟altare, soli, con gli occhi chiusi, per riconciliarsi con
Dio. Eppure Padre Pio, il confessore degli altri, si sentiva penosamente peccatore,
si sentiva indegno e credeva che Gesù avesse voluto fare di lui un esempio da
mostrare a tutti i peccatori, affinché non disperassero per la loro anima.
L’epistolario di San Pio da Pietrelcina
L‟epistolario è una raccolta di lettere scritte tra il 1902 ed il 1968, suddiviso in
quattro volumi: i Componimenti Scolastici, le Lettere ai Padri Spirituali, le Lettere ai
Figli Spirituali, le Lettere alla Famiglia. Leggendo possiamo capire quali sono i suoi
tratti umani, il suo temperamento, le sue perplessità e le difficoltà, i suoi affetti,
le sue attenzioni, il suo mondo. Comprendere la santità di Padre Pio, vuol dire
conoscere l‟uomo, non dimenticando che ogni santità, poggia sulla semplice e
nuda realtà. Gli elementi ricavati dall‟Epistolario compongono uno stupendo
mosaico dell‟uomo Padre Pio mostrandone l‟umanità, i limiti, le difficoltà, le ansie,
il suo essere uomo che ci permettono di contemplare un modello di santità più
vicino alle nostre esperienze di uomini.
Le lettere ai figli spirituali
Nelle lettere è testimoniato il profondo legame di amicizia che Padre Pio
assicurava a chiunque lo avvicinava. Il suo maggior desiderio era vivere il
rapporto di amicizia all‟insegna della fiducia e delle libertà, per poter raccontare
la propria vita e poter ascoltare il racconto delle esperienze della vita dei suoi figli
spirituali. Padre Pio, proveniente da una cultura contadina, cresciuto all‟ombra di
una famiglia dove aveva imparato a vivere nel sacrificio, nella serietà, nell‟umiltà e
nell‟onestà, si trovava, nel suo ruolo di confessore, a contatto con ogni sorta di
categorie umane: ricche e povere, nobili e aristocratiche, umili e incolte. Non vi
era categoria sociale che lui preferisse a danno di altre, rivolgendosi a quanti si
trovavano in difficoltà e alzavano fiduciosi la loro invocazione di aiuto. La grande
disponibilità che riservava a ciascuno in breve tempo accrebbe la stima e la
fiducia in un Padre così caritatevole. A tutti, egli mostrava la gioia di ricevere
lettere, quali segno di affetto e di stima verso la sua persona e così rispondeva:
“Puoi immaginare quanta gioia abbia arrecato al mio cuore la tua lettera (…). Oh
quanto ringrazio Gesù per le belle notizie che mi dai, specialmente per quel che
riguarda la condotta che tiene la divina grazia verso la tua anima”. In Padre Pio vi
è una comprensione e un coinvolgimento per i sentimenti dei suoi figli, tale da
considerare la loro anima al pari della sua. Non un lettore distaccato ma un
Padre pronto a sovvenire ai bisogni dei suoi fedeli, con parole piene di delicatezza
e di amore. Padre Pio viveva con i suoi figli spirituali un rapporto di amicizia
disteso e sereno, profondo ed efficace. Un‟amicizia considerata “santa” nel
Signore, pregna di tutto il suo significato spirituale, perché come ogni conveniva
da Dio e a Dio doveva tornare. Il suo ruolo di direttore spirituale era vissuto
attraverso le lettere, come mezzo per aiutare i suoi figli a creare un rapporto di
libertà e verità in Dio, rapporto che prevedeva confidenza e trasparenza, apertura
e coraggio, capacità di confronto e rispetto del prossimo.
La Madonna carissima
La Madonna ebbe sempre il primo posto nel cuore di Padre Pio. Questo amore,
nato a Pietrelcina, illuminò il cammino mistico del frate. La Madonna lo seguì
come Madre rasserenatrice nell‟infanzia e come alleata nella lotta contro le forze
del maligno nelle ore più oscure. Il percorso mariano di Padre Pio inizia il giorno
del suo battesimo nella chiesa di Sant’Anna. Da fanciullo, il piccolo Francesco
frequenta la chiesa madre di Pietrelcina dove si venera la Madonna della Libera e
per tutta la vita, la Madonna illumina la sua anima di vera dolcezza. Fra Pio gli
confida le penose ansie del suo cuore agitato, da lei si fa riempire lo spirito di
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santi affetti e si lascia condurre all‟altare per pregare. Maria è la luce che guida
Padre Pio nella sua vita di devozione alla Chiesa e di dedizione agli uomini. Maria
è la Madre Santa che conduce a Cristo, suo figlio, e luce ecclesiale che continua
nella Chiesa; Maria insegna a soffrire, a essere umili, a donarsi agli altri, ad
accettare il volere del Signore. “La Madonna scaldi l‟amore dei figli verso il Vicario
di Gesù Cristo in terra, e un giorno ci mostri Gesù nello splendore della sua
gloria”.
La Madre Chiesa
Con la stessa tenerezza, Padre Pio amò la Chiesa, che sentiva e seguiva come una
Madre: la sua Madre. Ogni giorno, la Chiesa è presente nelle sue preghiere, ogni
ora raccomanda ai suoi fedeli che sia presente nei loro pensieri. “Preghiamo per la
causa della Santa Chiesa, nostra tenerissima Madre” (Epistolario, I, p.466). Come
apostolo del Signore e servo della Chiesa, Padre Pio accetta le sofferenze di ogni
giorno. Come il Cireneo, aiuta il Cristo a portare la “croce” per la salvezza degli
uomini, come figlio della Chiesa partecipa filialmente alle sue tristezze e ai suoi
problemi. “Preghiamo… affinché il Signore voglia allontanare dalla Chiesa le
dense nubi che si aggirano sull‟orizzonte” (Epistolario, I, p.318). Quel suo modo di
baciare la mano a cardinali, a vescovi e a sacerdoti, la sua semplicità nel chiedere
loro la benedizione, in cambio della sua, era mostrare venerazione alla Chiesa.
Per Padre Pio, anche il più umile prete di campagna era un ministro della Chiesa
e gli baciava la mano con un atteggiamento che svelava fede e amore alla Madre
Chiesa.
Sulle orme di San Francesco d’Assisi
Padre Pio, illuminato dal Signore a vivere “nella schiera della milizia
ecclesiastica”, scelse il chiostro e si rifugiò “sotto la bandiera del poverello
d‟Assisi”. Oltre a Pietrelcina che richiamava Assisi, oltre il Gargano che
richiamava la Verna, Padre Pio aveva affinità ben più profonde, interiori, con San
Francesco. La Casa Sollievo della Sofferenza fiorì come ripetizione dei rapporti
d‟amore di San Francesco con i lebbrosi. La predilezione alla Madonna e alla
chiesetta di S. Maria delle Grazie ripeteva la dilezione di San Francesco alla
Madonna e alla chiesetta di S. Maria degli Angeli, la Porziuncola. Lo stesso amore
per Gesù sulla croce li rese uomini con le stimmate del Signore. Lo stesso riserbo
attorno alle stimmate, i “segreti del re”, si riscontrava nello stimmatizzato della
Verna e nello stimmatizzato del Gargano. La pietà di Padre Pio si esprimeva in
devozioni spiccatamente francescane, la cui centralità era Cristo, nel mistero
della Natività, nella presenza dell‟Eucaristia, nel dramma della Passione. Padre
Pio viveva tali misteri nella celebrazione quotidiana della messa, con lo stesso
pianto di San Francesco sul sangue del crocifisso.
L’Umiltà
Sull‟esempio di San Francesco, Padre Pio si propose la pratica delle più belle
virtù, specialmente delle più difficili, come quella dell‟umiltà. Quella di Padre Pio
era un‟umiltà che lo convinceva di essere peccatore, il peggiore di tutti, indegno di
portare l‟abito di San Francesco. “Credo che la mia vita passata e presente non
sia degna agli occhi di Dio. Oh! Che peso è questo per me e tanto più cresce
quanto non torvo in me forza per divenire migliore”. Un‟umiltà che lo faceva
lavorare di nascosto, nel confessionale, tolto il tempo della celebrazione della
messa. Un‟umiltà che aveva paura dei doni di Dio, giunse a chiamare le proprie
stimmate “terribile dono”. Dei suoi fenomeni mistici parlò solo per obbedienza ai
direttori spirituali e con dolorante imbarazzo. Un‟umiltà che lo faceva obbedire in
tutto ai superiori, anche nei periodi che parevano limitarlo, segregarlo, confinarlo
e umiliarlo. “Guardiamo in alto e poi guardiamo noi stessi. L‟infinita distanza che
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intercorre tra l‟azzurro e l‟abisso genera umiltà”. La sua umiltà, la gemma più
preziosa i cui riflessi daranno ragione dei suoi doni, delle sue virtù ed anche dei
suoi difetti.
La Povertà
Il Frate, per le cui mani passò tanto denaro, da permettergli la costruzione della
Casa Sollievo della Sofferenza, amò e coltivò la virtù della povertà,
caratteristicamente francescana. Una cella per il riposo, un altare per la
preghiera, un confessionale per il lavoro, tutto parla di una povertà vera.
Inchiodato al dovere, non vide mai Assisi “città tutta francescana, monumento
parlante del grande amore e dell‟infinita carità del nostro Padre San Francesco….”
Niente gioie legittime di evasioni e di interessi per la bellezza di un paesaggio o
dell‟arte. La Casa Sollievo della Sofferenza è un‟opera fiorita per i poveri e dalla
povertà di un frate, che si affidava esclusivamente alla Provvidenza e mirava alla
beatitudine del Regno dei Cieli. Padre Pio vestì sempre da povero frate. Abiti nuovi
non desiderò mai d‟averli, contento già di quelli usati. Padre Pio, uomo e
francescano, creatura di questo mondo, con il suo temperamento pieno di spirito,
con la sua voce umana e mistica, pervade con la sua serenità ogni cosa ed ogni
momento.
L’Obbedienza
L‟atteggiamento che domina la vita di Padre Pio ed esprime alla Chiesa autentico
amore, è quello dell‟obbedienza. Obbedienza filiale sempre: senza “se” e senza
“ma”, senza porre condizioni, senza esigere spiegazioni. Insieme obbedienza attiva
e responsabile. In Padre Pio, forse nulla vi è di più grande che il suo silenzio,
persistente, caparbio, sebbene tanto umile, riverente e amoroso nei confronti
della madre Chiesa. “Io figlio divoto della santa ubbidienza … ubbidirò senza aprir
bocca”. Padre Pio intervenne più volte a difendere la Chiesa e gli uomini della
Chiesa. Padre Pio non fu un predicatore. Tuttavia la sua obbedienza e la sua
fedeltà alla chiesa sono state la predica più lunga, la più convincente. Il 12
settembre 1968, dieci giorni prima di morire, Padre Pio pensò con affetto, ancora
una volta, alla Chiesa. Scrisse una lettera a Papa Paolo VI per riconfermare
l‟amore e l‟obbedienza, data prima di chiudere gli occhi, per dire che tutta la sua
lunga vita era stata amore ed obbedienza alla Chiesa. Volle, come per tutta la
vita, affidarsi alla maternità della Chiesa, per compiere, aggrappato ad essa,
l‟ultimo passo.
Padre Pio sacerdote
Scorrendo le pagine dell‟Epistolario si scopre la passione di Padre Pio per
l‟umanità e per Dio: “Sono divorato dall‟amore di Dio e dall‟amore del prossimo”.
Egli si sente chiamato ricondurre a Dio i fratelli, sempre ricordati nella sua
preghiera silenziosa. La fede nell‟amore di Dio lo spinge a mettere a repentaglio la
sua vita per il riscatto del prossimo. “O perdona a questo popolo o cancellami dal
libro della vita”, scrive. Forte è pure il suo impegno di intercessore per le persone
afflitte sia nel corpo, sia nell‟anima. Forte per lui era l‟amicizia considerata
“santa” nel Signore, al quale non mancava mai di far giungere la sua
formulazione di gratitudine. Il sentimento che chiedeva di condividere con i suoi
figli spirituali, dunque, doveva avere i caratteri spirituali (oltre che temporali)
perché tutto viene da Dio e tutto vi deve ritornare. L‟esperienza dell‟amicizia era
vissuta come impegno reciproco di preghiera “ai piedi dell‟altare”. Le prime prove
della grazia santificatrice, comparse a Pietrelcina, segnavano la strada per
“scalare il Calvario” con la guida di un maestro che era lo stesso Gesù. Il Buon
Maestro che non ha permesso ad altri di svolgere il suo compito. La vita di
partecipazione al dolore di Gesù, il quale lo scelse come vittima di amore e di
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dolore, è la testimonianza della missione di Padre Pio e della sua vocazione a
corredimere l‟umanità peccatrice. Padre Pio sapeva d‟essere stato scelto da Dio
come collaboratore dell‟opera redentrice di Cristo, anche se in più lettere confessa
la sua indegnità, e che questa collaborazione non si sarebbe realizzata che
attraverso la croce. La croce illuminò i passi della sua via dolorosa e la sorgente
inesauribile della fortezza, generosità, fedeltà e perseveranza richieste dalla sua
vocazione. Egli era persuaso che tutta la sua vita, come quella del Maestro,
sarebbe stata un martirio. Il dono di fenomeni mistici sconvolsero la vita del
cappuccino ed ebbero profondi effetti, da un lato, sul suo rapporto con i
confratelli, che cercavano in ogni modo di difenderlo da occhi infamanti e
indiscreti; e sul suo dialogo con i padri spirituali, che cercavano di aiutarlo a
capire e sopportare le pene provocate dalle ferite; dall‟altro sul popolo di Dio che
lo adorava, forse senza capire il profondo significato delle stimmate; infine sul suo
rapporto con Dio, le cui manifestazioni non riusciva a interpretare con le sole
forze del suo essere uomo. (cfr. Lettera del giugno 1913 - lettera 130 indirizzata a
Padre Benedetto). Della croce e della sua missione Padre Pio scrive “Io non bramo
punto di essere alleggerita la croce, poiché soffrire con Gesù mi è caro; nel
contemplare la croce sulle spalle di Gesù mi sento sempre più fortificato ed esulto
di santa gioia…. Egli si sceglie delle anime e tra queste, contro ogni mio demerito,
ha scelto anche la mia per essere aiutato nel grande negozio dell‟umana salvezza
“. (Lettera del 20 settembre 1912 a Padre Agostino).
Mistero della Croce
Padre Pio contempla Dio nel volto del Cristo e desidera intensamente partecipare
alle sue sofferenze, alla sua Croce, per amore. Oppresso dal dolore, afferma che
soltanto il "pensiero dell'autorità" lo regge in piedi, che la sua anima è posta in
uno "strettoio", e poi che "si sente come stretta tra un cerchio di fuoco". Rivela la
durezza e l'intensità delle prove e la schiettezza della sua umanità, dicendo che "e
ormai per affogare nelle acque delle amarezze e delle tribolazioni", che il Signore è
"crudele" e "tormentatore delle anime", che il suo soggiorno è "un'agonia
durissima e prolungata". Scopre e cerca di intendere tutte le tribolazioni che
colpiscono la sua anima, si definisce "crocifisso d'amore", è consapevole del
dramma che lo sconvolge, ed avverte tutta l‟amarezza dell'abbandono. Si lamenta,
geme, protesta per la durezza di quel martirio, ma non rifiuta o respinge mai la
volontà divina. Non desidera però evitare lo strazio dei suoi dolori, ma chiede di
immergersi completamente in Dio: per questo motivo, citando S. Paolo, afferma
che “(il suo) vivere è Cristo” e che “morire è un guadagno”.
BEATIFICAZIONE
DEL SERVO DI DIO PADRE PIO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Piazza San Pietro - Domenica, 2 maggio 1999
"Cantiamo al Signore un canto nuovo!"
1. L'invito dell'antifona d'ingresso ben esprime la gioia di tanti fedeli, che da
tempo attendono l'elevazione agli onori degli altari di Padre Pio da Pietrelcina.
Questo umile frate cappuccino ha stupito il mondo con la sua vita tutta dedita
alla preghiera e all'ascolto dei fratelli. Innumerevoli persone si sono recate ad
incontrarlo nel convento di San Giovanni Rotondo ed il pellegrinaggio, anche dopo
la sua morte, non è cessato. Quando ero studente qui a Roma, ebbi io stesso
occasione di conoscerlo personalmente e ringrazio Iddio che mi dà oggi la
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possibilità di iscriverlo nell'albo dei Beati. Ripercorriamo, questa mattina, i tratti
salienti della sua esperienza spirituale guidati dai testi della Liturgia di questa
quinta domenica di Pasqua, all'interno della quale si colloca il rito della sua
beatificazione.
2. "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in
me" (Gv 14,1). Nella pagina evangelica, poc'anzi proclamata, abbiamo ascoltato
queste parole di Gesù ai suoi discepoli, bisognosi di un incoraggiamento.
L'accenno, infatti, alla sua prossima dipartita li aveva gettati nello sconforto.
Temevano di essere abbandonati, di restare soli ed il Signore li solleva con una
precisa promessa: "Vado a prepararvi un posto", e poi "Ritornerò e vi prenderò
con me, perché siate anche voi dove sono io" (Gv 14, 2-3). A quest'assicurazione
gli Apostoli replicano per bocca di Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e
come possiamo conoscere la via?" (Gv 14, 5). L'osservazione è pertinente e Gesù
non sfugge alla domanda che vi è implicita. La risposta che egli dà resterà nei
secoli come limpida luce per le generazioni che verranno: "Io sono la via, la verità
e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv 14, 6). Il "posto" che
Gesù va a preparare è nella "casa del Padre"; là il discepolo potrà essere
eternamente con il Maestro e partecipare alla sua stessa gioia. Per raggiungere la
meta, tuttavia, unica è la strada: Cristo, al quale il discepolo si deve
progressivamente conformare. La santità consiste precisamente in questo: non è
più il cristiano che vive, ma Cristo stesso vive in lui (cfr Gal 2, 20). Traguardo
esaltante, a cui s'accompagna una promessa altrettanto consolante: "Chi crede in
me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al
Padre" (Gv 14, 12).
3. Noi ascoltiamo queste parole di Cristo e il pensiero va all'umile frate
cappuccino del Gargano. Con quale evidenza esse si sono realizzate nel Beato Pio
da Pietrelcina! "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede . . .". Che cosa è stata
la vita di questo umile figlio di San Francesco, se non un costante esercizio di
fede, corroborato dalla speranza del Cielo, ove poter essere con Cristo? "Vado a
prepararvi un posto … perché siate anche voi dove sono io". Quale altro scopo ha
avuto la durissima ascesi a cui Padre Pio si è sottoposto fin dalla prima
giovinezza, se non la progressiva identificazione col divin Maestro, per essere "là
dove egli era"? Chi si recava a San Giovanni Rotondo per partecipare alla sua
Messa, per chiedergli consiglio o confessarsi, scorgeva in lui un'immagine viva del
Cristo sofferente e risorto. Sul volto di Padre Pio risplendeva la luce della
risurrezione. Il suo corpo, segnato dalle "stimmate", mostrava l'intima
connessione tra morte e risurrezione, che caratterizza il mistero pasquale. Per il
Beato di Pietrelcina la condivisione della Passione ebbe toni di speciale intensità: i
singolari doni che gli furono concessi e le sofferenze interiori e mistiche che li
accompagnavano gli consentirono di vivere un'esperienza coinvolgente e costante
dei patimenti del Signore, nella immutabile consapevolezza che "il Calvario è il
monte dei Santi".
4. Non meno dolorose, e umanamente forse ancor più cocenti, furono le prove che
dovette sopportare in conseguenza, si direbbe, dei suoi singolari carismi. Nella
storia della santità talvolta accade che l'eletto, per una speciale permissione di
Dio, sia oggetto di incomprensioni. Quando ciò si verifica, l'obbedienza diventa
per lui crogiuolo di purificazione, sentiero di progressiva assimilazione a Cristo,
rinvigorimento dell'autentica santità. A tal proposito, il nuovo Beato scriveva ad
un suo superiore: "Opero solamente per ubbidirvi, avendomi fatto conoscere il
buon Dio l'unica cosa a lui più accetta e per me unico mezzo di sperar salute e
cantar vittoria" (Epist. I, p. 807). Quando su di lui si è abbattuta la "bufera", egli
50
ha fatto regola della sua esistenza l'esortazione della prima Lettera di San Pietro,
che poco fa abbiamo ascoltato: Stringetevi a Cristo, pietra viva (cfr 1 Pt 2, 4). In
questo modo, è diventato anche lui "pietra viva", per la costruzione dell'edificio
spirituale che è la Chiesa. E di questo oggi rendiamo grazie al Signore.
5. "Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione d'un edificio
spirituale" (1 Pt 2, 5). Quanto pertinenti appaiono queste parole applicate alla
straordinaria esperienza ecclesiale cresciuta intorno al nuovo Beato! Tanti,
incontrandolo direttamente o indirettamente, hanno ritrovato la fede; alla sua
scuola, si sono moltiplicati in ogni angolo del mondo i "Gruppi di Preghiera". A
coloro che a lui accorrevano proponeva la santità, ripetendo loro: "Sembra che
Gesù non abbia altra cura per le mani se non quella di santificare l'anima vostra"
(Epist. II, p. 155). Se la Provvidenza divina ha voluto che egli agisse senza mai
spostarsi dal suo convento, quasi "piantato" ai piedi della Croce, ciò non è senza
significato. Il divin Maestro ebbe un giorno a consolarlo, in un momento di
particolari prove, dicendogli che "sotto la Croce s'impara ad amare" (Epist. I,
p.339). Sì, la Croce di Cristo è l'insigne scuola dell'amore; anzi la "sorgente"
stessa dell'amore. Purificato dal dolore, l'amore di questo fedele discepolo attraeva
i cuori a Cristo e al suo esigente Vangelo di salvezza.
6. Al tempo stesso, la sua carità si riversava come balsamo sulle debolezze e
sofferenze dei fratelli. Padre Pio unì così allo zelo per le anime l'attenzione per il
dolore umano, facendosi promotore a San Giovanni Rotondo di una struttura
ospedaliera, da lui chiamata "Casa Sollievo della sofferenza". Egli la volle come un
ospedale di prim'ordine, ma soprattutto si preoccupò che in esso si praticasse
una medicina veramente "umanizzata", in cui il rapporto con il malato fosse
improntato alla più calda premura ed alla più cordiale accoglienza. Sapeva bene
che, chi è malato e sofferente, ha bisogno non solo di una corretta applicazione
dei mezzi terapeutici, ma anche e soprattutto di un clima umano e spirituale che
gli consenta di ritrovare se stesso nell'incontro con l'amore di Dio e la tenerezza
dei fratelli. Con la "Casa Sollievo della sofferenza" egli ha voluto mostrare che i
"miracoli ordinari" di Dio passano attraverso la nostra carità. Occorre rendersi
disponibili alla condivisione ed al servizio generoso dei fratelli, avvalendosi di ogni
risorsa della scienza medica e della tecnica.
7. L'eco che questa beatificazione ha suscitato in Italia e nel mondo è segno che
la fama di Padre Pio, figlio dell'Italia e di Francesco d'Assisi, ha raggiunto un
orizzonte che abbraccia tutti i Continenti. Sono lieto di salutare quanti sono qui
convenuti, incominciando dalle alte Autorità italiane, che hanno voluto essere
presenti: il Signor Presidente della Repubblica, il Signor Presidente del Senato, il
Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, che guida la Delegazione ufficiale,
numerosi Ministri e Personalità. L'Italia è davvero degnamente rappresentata! Ma
anche numerosi fedeli di altre Nazioni sono qui convenuti per rendere omaggio a
Padre Pio. A quanti vengono da vicino e da lontano va il mio saluto affettuoso,
insieme con uno speciale pensiero per i Padri Cappuccini. A tutti un grazie
cordiale!
8. Vorrei concludere con le parole del Vangelo di questa Messa: "Non sia turbato
il vostro cuore. Abbiate fede in Dio". A questa esortazione di Cristo fa eco il
consiglio che il nuovo Beato soleva ripetere: "... Abbandonatevi pienamente sul
cuore divino di Gesù, come un bimbo tra le braccia della madre". Possa
quest'invito penetrare anche nel nostro spirito come fonte di pace, di serenità e di
gioia. Perché avere paura, se Cristo è per noi la Via, la Verità e la Vita? Perché
non fidarci di Dio che è Padre, Padre nostro? "Santa Maria delle Grazie", che
l'umile cappuccino di Pietrelcina ha invocato con costante e tenera devozione, ci
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aiuti a tenere fissi gli occhi su Dio. Ella ci prenda per mano e ci spinga a ricercare
con ogni sforzo quella soprannaturale carità che sgorga dal costato trafitto del
Crocifisso.
E tu, Beato Padre Pio, volgi dal Cielo il tuo sguardo a noi riuniti in questa Piazza
ed a quanti sono raccolti in preghiera in Piazza San Giovanni in Laterano ed a
San Giovanni Rotondo. Intercedi per tutti coloro che, in ogni parte del mondo, si
uniscono spiritualmente a questo evento elevando a te le loro suppliche. Vieni in
soccorso di ciascuno e dona pace e conforto ad ogni cuore. Amen!
CANONIZZAZIONE
DEL BEATO PADRE PIO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Piazza San Pietro - Domenica, 16 giugno 2002
"Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero" (Mt 11, 30).
1. Le parole di Gesù ai discepoli, che abbiamo appena ascoltato, ci aiutano a
comprendere il messaggio più importante di questa solenne celebrazione.
Possiamo infatti considerarle, in un certo senso, come una magnifica sintesi
dell'intera esistenza di Padre Pio da Pietrelcina, oggi proclamato santo.
L'immagine evangelica del «giogo» evoca le tante prove che l'umile cappuccino di
San Giovanni Rotondo si trovò ad affrontare. Oggi contempliamo in lui quanto sia
dolce il «giogo» di Cristo e davvero leggero il suo carico quando lo si porta con
amore fedele. La vita e la missione di Padre Pio testimoniano che difficoltà e
dolori, se accettati per amore, si trasformano in un cammino privilegiato di
santità, che apre verso prospettive di un bene più grande, noto soltanto al
Signore.
"Quanto a me... non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro
Gesù Cristo" (Gal 6, 14).
2. Non è forse proprio il "vanto della Croce" ciò che maggiormente risplende in
Padre Pio? Quanto attuale è la spiritualità della Croce vissuta dall'umile
Cappuccino di Pietrelcina! Il nostro tempo ha bisogno di riscoprirne il valore per
aprire il cuore alla speranza. In tutta la sua esistenza, egli ha cercato una sempre
maggiore conformità al Crocifisso, avendo ben chiara coscienza di essere stato
chiamato a collaborare in modo peculiare all'opera della redenzione. Senza questo
costante riferimento alla Croce non si comprende la sua santità. Nel piano di Dio,
la Croce costituisce il vero strumento di salvezza per l'intera umanità e la via
esplicitamente proposta dal Signore a quanti vogliono mettersi alla sua sequela
(cfr Mc 16, 24). Lo ha ben compreso il Santo Frate del Gargano, il quale, nella
festa dell'Assunta del 1914, scriveva: "Per arrivare a raggiungere l'ultimo nostro
fine bisogna seguire il divin Capo, il quale non per altra via vuol condurre l'anima
eletta se non per quella da lui battuta; per quella, dico, dell'abnegazione e della
Croce" (Epistolario II, p. 155).
"Io sono il Signore che agisce con misericordia" (Ger 9, 23).
3. Padre Pio è stato generoso dispensatore della misericordia divina, rendendosi a
tutti disponibile attraverso l'accoglienza, la direzione spirituale, e specialmente
l'amministrazione del sacramento della Penitenza. Il ministero del confessionale,
che costituisce uno dei tratti distintivi del suo apostolato, attirava folle
innumerevoli di fedeli al Convento di San Giovanni Rotondo. Anche quando quel
singolare confessore trattava i pellegrini con apparente durezza, questi, presa
coscienza della gravità del peccato e sinceramente pentiti, quasi sempre
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tornavano indietro per l'abbraccio pacificante del perdono sacramentale. Possa il
suo esempio animare i sacerdoti a compiere con gioia e assiduità questo
ministero, tanto importante anche oggi, come ho voluto ribadire nella Lettera ai
Sacerdoti in occasione del passato Giovedì Santo.
"Sei tu Signore, l'unico mio bene".
4. Così abbiamo cantato nel Salmo Responsoriale.
Attraverso queste parole il nuovo Santo ci invita a
porre Dio al di sopra di tutto, a considerarlo come il
solo e sommo nostro bene. In effetti, la ragione ultima
dell'efficacia apostolica di Padre Pio, la radice profonda
di tanta fecondità spirituale si trova in quella intima e
costante unione con Dio di cui erano eloquenti
testimonianze le lunghe ore trascorse in preghiera.
Amava ripetere: "Sono un povero frate che prega",
convinto che "la preghiera è la migliore arma che
abbiamo, una chiave che apre il Cuore di Dio". Questa
fondamentale caratteristica della sua spiritualità continua nei «Gruppi di
Preghiera» da lui fondati, che offrono alla Chiesa e alla società il formidabile
contributo di una orazione incessante e fiduciosa. Alla preghiera Padre Pio univa
poi un'intensa attività caritativa di cui è straordinaria espressione la "Casa
Sollievo della Sofferenza". Preghiera e carità, ecco una sintesi quanto mai
concreta dell'insegnamento di Padre Pio, che quest'oggi viene a tutti riproposto.
"Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra perché...
queste cose... le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11, 25).
5. Quanto appropriate appaiono queste parole di Gesù, quando le si pensa riferite
a te, umile ed amato Padre Pio. Insegna anche a noi, ti preghiamo, l'umiltà del
cuore, per essere annoverati tra i piccoli del Vangelo, ai quali il Padre ha
promesso di rivelare i misteri del suo Regno. Aiutaci a pregare senza mai
stancarci, certi che Iddio conosce ciò di cui abbiamo bisogno, prima ancora che lo
domandiamo. Ottienici uno sguardo di fede capace di riconoscere prontamente
nei poveri e nei sofferenti il volto stesso di Gesù. Sostienici nell'ora del
combattimento e della prova e, se cadiamo, fa che sperimentiamo la gioia del
sacramento del Perdono. Trasmettici la tua tenera devozione verso Maria, Madre
di Gesù e nostra. Accompagnaci nel pellegrinaggio terreno verso la Patria beata,
dove speriamo di giungere anche noi per contemplare in eterno la Gloria del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!
Testo integrale di una lettera scritta a Roma, in occasione della Seconda sessione
del Concilio, da Karol Wojtyla a Padre Pio dopo quelle su Wanda Poltawska (Vede
pag. 78). (Archivio della Curia di Cracovia, fondo K. Wojtyla, BI 3123).
Roma 14 dicembre 1963
Molto reverendo padre, la santità vostra si ricorderà certamente che già alcune volte nel
passato mi sono permesso di raccomandare alle sue preghiere casi particolarmente
drammatici e degni di attenzione. Vorrei pertanto ringraziarla vivamente anche a nome
degli interessati per le sue preghiere in favore di una signora, medico cattolico, ammalata
di cancro, o del figlio di un avvocato di Cracovia, gravemente ammalato dalla nascita.
Ambedue le persone stanno, grazie a Dio, bene. Mi permetta inoltre, padre molto
Reverendo, di affidare alle sue orazioni, una signora paralizzata di questa arcidiocesi.
Nello stesso tempo mi permetto di raccomandarle le ingenti difficoltà pastorali che la mia
povera opera incontra nella presente situazione. Colgo l‟occasione per rinnovarle i sensi
del mio religioso ossequio con il quale amo confermarmi della paternità Vostra.
Devotissimo in Gesù Cristo.
Karol Wojtyla, Vescovo titolare di Ombi. Vicario capitolare di Cracovia.
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LA VISITA DI GIOVANNI PAOLO II
A SAN GIOVANNI ROTONDO (23 maggio 1987)
Ventidue anni fa, tra il 23 e il 25
maggio 1987, Giovanni Paolo II realizzò
una visita pastorale in Puglia e il primo
giorno, a San Giovanni Rotondo,
concelebrò la Santa Messa, incontrò i
religiosi e le religiose delle famiglie
francescane e infine incontrò anche i
medici e i malati dell'ospedale «Casa
Sollievo della Sofferenza».63
CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
BRANI DELL’OMELIA
Campo sportivo «Antonio Massa»
(San Giovanni Rotondo)
Sabato, 23 maggio 1987
“Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi” (Gv 14, 18). Il tempo pasquale, cari
fratelli e sorelle e San Giovanni Rotondo, è tempo del Cenacolo. Cristo disse
queste parole agli apostoli nel Cenacolo, mentre si stava avvicinando il momento
della dolorosa separazione. In quella stessa sera sarebbe stato catturato nel
Getsemani e consegnato al sinedrio per essere giudicato. Il giorno seguente sarà
condannato e si separerà dagli apostoli morendo sulla croce. Nel pronunziare le
parole, che leggiamo nell‟odierno Vangelo, Gesù era consapevole della sofferenza
che essi avrebbero dovuto incontrare insieme con lui. Era consapevole di “lasciarli
orfani” e che ciò li avrebbe rattristati profondamente. Al fatto di rimanere orfani si
aggiunse il sapore amaro della delusione. Nonostante che Cristo avesse
preannunziato spesso la sua passione e la sua croce, i discepoli non erano
interiormente preparati a tale prova. Quando essa è giunta, hanno provato una
forte delusione. Non hanno perseverato con il loro Maestro.
“Non vi lascerò orfani”. Oggi, ascoltiamo queste parole, mentre esse sono
soltanto un‟eco di quei difficili giorni. Gesù è tornato presso i discepoli. Non li ha
lasciati orfani. È venuto a loro da risorto. Così come è stato di tra loro assunto in
cielo (cf. At 1, 11) come se ne è andato morendo sulla croce. Il tempo del Cenacolo
si collega costantemente con il ricordo di quella dipartita e con l‟esperienza della
nuova venuta. In questa venuta è confermato ciò che Cristo aveva predetto: “Voi
saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi” (Gv 14, 20). Sì. Veramente.
Cristo è nel Padre come Figlio prediletto e della stessa sua sostanza. Quel giorno
doloroso, che sembrava offuscare questa verità con il buio della morte, è ormai
passato. Adesso, con la risurrezione, questa verità risplende con una nuova luce.
Con una luce piena. Il Figlio è nel Padre.
Altre località visitate da Giovanni Paolo II durante questo suo 66.mo Viaggio apostolico
in Italia: Monte Sant‟Angelo (24 maggio 1987) - Manfredonia (24 maggio 1987) - Foggia
(24 maggio 1987) - San Severo (25 maggio 1987) - Lucera (25 maggio 1987) - Troia (25
maggio 1987) - Bovino (25 maggio 1987) - Ascoli Satriano (25 maggio 1987) - Cerignola
(25 maggio 1987) - Amendola (25 maggio 1987).
63
54
Padre Pio. La vostra città, San Giovanni Rotondo, sta vedendo da un po‟ di tempo
-possiamo dirlo -un giorno “fatto dal Signore”: penso in modo speciale allo
sviluppo che ha conosciuto in seguito alla presenza e all‟opera di Padre Pio da
Pietrelcina, per le quali esso ha acquistato una fama internazionale. Tuttora,
grazie all‟attività dei Frati Cappuccini che degnamente continuano l‟opera del
servo di Dio, la vostra città attira numerosi pellegrini. Cari fratelli e sorelle di San
Giovanni Rotondo, siate sempre degni della testimonianza qui data da Padre Pio.
Nella luce del giorno “fatto dal Signore” i discepoli di Gesù vedono tutto rinnovato.
L‟intera creazione appare più che mai ai loro occhi come l‟opera di Dio, l‟opera
piena di gloria. Quindi dicono a Dio: “Stupende sono le tue opere”. (…) Questa
vita, la vita nuova, è dallo Spirito Santo. Egli è quello Spirito di verità che era
stato annunziato da Gesù prima della passione: “Io pregherò il Padre e egli vi darà
un altro Consolatore . . . lo Spirito di verità” (Gv 14, 16-17).
“Ricevete lo Spirito Santo”. Ecco, Gesù vive nella potenza di questo Spirito.
Nella sua potenza egli compie la promessa data ai discepoli: “non vi lascerò
orfani, ritornerò da voi”. Nella risurrezione di Cristo è rivelata la potenza dello
Spirito Santo. È riconfermata la potenza dello Spirito di verità. Subito la prima
sera dopo la risurrezione, Gesù viene nel Cenacolo, alita sugli apostoli riuniti e
dice: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20, 22). Per questo essi non sono più orfani.
Non sono abbandonati. E non saranno abbandonati mai, nemmeno quando
saranno passati i giorni successivi alla risurrezione e Gesù sarà assunto nel cielo.
Gli apostoli non saranno orfani. Non saranno, non sono orfane le generazioni
sempre nuove dei cristiani, dei seguaci di Cristo. Gesù è con loro costantemente.
Viene costantemente a loro nella potenza dello Spirito Santo.
BRANI DEL DISCORSO AI RELIGIOSI E ALLE RELIGIOSE
DELLE FAMIGLIE FRANCESCANE
Santuario della Madonna delle Grazie (San Giovanni Rotondo)
Sabato, 23 maggio 1987
Le mie visite a Padre Pio. Grande è la mia gioia per questo incontro, e ciò per
vari motivi. Come sapete, questi luoghi sono legati a ricordi personali, cioè alle
visite da me fatte a Padre Pio sia durante la sua vita terrena, sia, spiritualmente,
dopo la morte, presso la sua tomba. È, inoltre, sempre una lieta occasione per me
incontrare i figli di San Francesco, che oggi vedo qui numerosi. Amo molto la
spiritualità francescana. Uno dei miei primi viaggi apostolici in Italia fu presso la
tomba del Padre serafico ad Assisi, e tutti certamente ricordate la giornata
ecumenica ivi celebrata nell‟ottobre dell‟anno scorso. Mi rallegro, infine, di
trovarmi in questo tempio, dedicato a Santa Maria delle Grazie. Certamente,
questo luogo sacro ha conosciuto, in epoca recente, un grande irradiamento
spirituale grazie all‟opera di Padre Pio: ma come è avvenuta questa opera, se non
per una continua effusione di grazia che è discesa, attraverso Maria, sulle folle
che qui giungono alla ricerca della pace e del perdono?
Padre Pio fu devoto della Madonna, madre dei sacerdoti che svolge, nei loro
confronti una funzione speciale per renderli conformi al modello supremo del suo
Figlio.
Il desiderio di imitare Cristo, fu in Padre Pio particolarmente vivo. Docile fin
da fanciullo alla grazia, già a quindici anni ebbe da Dio il dono di veder chiaro
nella sua vita. Ricordando quel periodo, egli ci narra: “Il posto sicuro, l‟asilo di
pace era la schiera della milizia ecclesiastica. E dove meglio potrò servirti, o
Signore, se non nel chiostro e sotto la bandiera del poverello di Assisi? Che Gesù
mi faccia la grazia di essere un figlio meno indegno di San Francesco, che possa
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essere di esempio ai miei confratelli”. E il Signore lo esaudì, possiamo dire, oltre
le sue stesse aspettative. Difatti, come religioso visse generosamente l‟ideale del
frate cappuccino, così come visse l‟ideale del sacerdote. Per questo, egli offre
anche oggi un punto di riferimento, poiché in lui trovarono una particolare
accoglienza e risonanza spirituale i due aspetti che caratterizzano il sacerdozio
cattolico: la facoltà di consacrare il corpo e il sangue del Signore e quella di
rimettere i peccati. Non furono forse l‟altare e il confessionale i due poli della sua
vita? Questa testimonianza sacerdotale contiene un messaggio tanto valido
quanto attuale.
Padre Pio un esempio. Questa intima ed amorosa partecipazione al sacrificio di
Cristo fu per Padre Pio la origine della dedizione e disponibilità nei confronti delle
anime, di quelle soprattutto impigliate nei lacci del peccato e nelle angustie della
miseria umana. È cosa tanto nota, che non intendo soffermarmi su di essa; ma
vorrei solo sottolineare alcuni punti che mi sembrano importanti, perché anche
qui troviamo aderenza tra il comportamento di Padre Pio e l‟insegnamento
conciliare. L‟umile religioso accolse con docilità l‟infusione di quello “spirito di
grazia e di consiglio”, del quale parla il Concilio stesso, quello spirito cioè che deve
consentire al pastore di anime di “aiutare e governare il popolo con cuore puro”
(cf. Presbyterorum Ordinis, 7). Egli si impegnò in particolare - secondo un altro
insegnamento conciliare (cf. Presbyterorum Ordinis, 9) - nella direzione spirituale,
prodigandosi nell‟aiutare le anime a scoprire ed a valorizzare i doni e i carismi,
che Dio concede come e quando vuole nella sua misteriosa liberalità. Anche
questo può essere un esempio per molti sacerdoti a riprendere o a migliorare un
“servizio ai fratelli” così legato alla loro missione specifica, che è sempre stato ed
ancor oggi dev‟essere ricco di frutti spirituali per l‟intero Popolo di Dio,
soprattutto in ordine alla promozione della santità e delle sacre vocazioni.
La carità fraterna. Se l‟elemento caratterizzante del sacerdozio è
l‟amministrazione dei sacramenti, questo stesso ministero non potrà esser
credibile agli occhi degli uomini, se il sacerdote non soddisfa al tempo stesso le
esigenze della carità fraterna. E anche su questo punto sappiamo bene quel che
ha fatto Padre Pio: quanto vivo fosse il suo senso di giustizia e di misericordia, la
sua compassione verso i sofferenti, e quanto fattivamente si impegnasse per loro,
con l‟aiuto di validi e generosi collaboratori. “Nel fondo di quest‟anima - dice
Padre Pio di se stesso - parmi che Iddio vi ha versato molte grazie rispetto alla
compassione delle altrui miserie, singolarmente in rispetto dei poveri bisognosi...
Se so poi che una persona è afflitta, sia nell‟anima che nel corpo, che non farei
presso il Signore per vederla libera dai suoi mali? Volentieri mi addosserei, pur di
vederla salva, tutte le sue afflizioni, cedendo in suo favore i frutti di tali
sofferenze, se il Signore me lo permettesse”.
BRANI DEL DISCORSO AI MEDICI E AI MALATI DELL’OSPEDALE
«CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA»
San Giovanni Rotondo - Sabato, 23 maggio 1987
Il sollievo della sofferenza! Sono lieto di vedere nella sua moderna realizzazione
quanto Padre Pio ideò e predisse: “Una città ospedaliera tecnicamente adeguata
alle più ardite esigenze cliniche e insieme “ordine ascetico” di francescanesimo
militante. Luogo di preghiera e di scienza dove il genere umano si ritrovi in Cristo
crocifisso come un solo gregge con un sol pastore”. E questa città sta crescendo
ancora. Una “Cittadella della carità” accanto al Santuario di Maria, che - per
volere di Padre Pio - ha il significativo nome di “Casa Sollievo della Sofferenza”. Il
sollievo della sofferenza! In questa dolce espressione si riassume una delle
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prospettive essenziali della carità cristiana, di quella carità fraterna, che Cristo ci
ha insegnato e che, per suo espresso avvertimento, è e dev‟essere il segno
distintivo dei suoi discepoli; di quella carità, il cui fattivo esercizio, soprattutto
verso i più bisognosi, è un imprescindibile motivo di credibilità di quel messaggio
di verità, di amore e di salvezza che il cristiano è tenuto ad annunciare al mondo.
Quest‟opera per la quale Padre Pio tanto pregò e tanto si prodigò è una stupenda
testimonianza dell‟amore cristiano.
Scienza e fede. La grande intuizione di Padre Pio è stata quella di unire la
scienza a servizio degli ammalati insieme con la fede e la preghiera: la scienza
medica, nella lotta sempre più progredita contro la malattia; la fede e la
preghiera, nel trasfigurare e sublimare quella sofferenza che, nonostante tutti i
progressi della medicina, resterà sempre, in certa misura, un retaggio della vita di
quaggiù. Per questo, un aspetto essenziale del grande disegno di Padre Pio, era ed
è che la degenza in questa Casa deve poter costituire sì una cura del corpo, ma
anche una vera e propria educazione all‟amore inteso come accettazione cristiana
del dolore. E ciò deve poter avvenire soprattutto grazie alla testimonianza di carità
offerta dal personale medico, paramedico e sacerdotale che assiste e cura i
malati. In tal modo, si deve formare una vera e propria comunità fondata
sull‟amore di Cristo: una comunità che affratella coloro che curano e coloro che
sono curati: “Qui - diceva Padre Pio nel 1957 - ricoverati, medici, sacerdoti
saranno riserve di amore, che tanto più sarà abbondante in uno, tanto più si
comunicherà agli altri”. Questo era l‟intento di Padre Pio, e questo sia sempre
l‟intento fondamentale di questa bella istituzione!
Auspico per tutti un clima d’amore. Nell‟assicurare la mia affettuosa vicinanza
a tutti gli ammalati degenti in questa Casa, auspico che siano sempre più
beneficiari di un clima di amore e di solidarietà, fondato sulla fede e sulla
preghiera. “In ogni ammalato - diceva Padre Pio - vi è Gesù che soffre. In ogni
povero vi è Gesù che langue. In ogni ammalato povero vi è due volte Gesù che
soffre e che langue”. Chiedo a Dio che lo spirito di amore fraterno che anima
questa “Casa Sollievo della sofferenza” continui a fiorire e a progredire. La vostra
testimonianza, cari medici, cari infermieri, cari sacerdoti, è estremamente
preziosa non solo per coloro che qui vengono ricoverati, ma è un segno
importante anche per tutta la Chiesa e per la società. E a voi, cari malati, la
Vergine santissima conceda dal suo Figlio la luce e la forza per comprendere,
nella fede, il valore della croce che state portando! A voi tutti e ai vostri cari la mia
affettuosa benedizione.
«IL PAPA E IL FRATE»64
Questo racconto prende in prestito il titolo del libro del Direttore responsabile di
“Tele Radio Padre Pio” e vaticanista, Stefano Campanella, che ha consentito
generosamente al curatore di questo testo l‟uso di alcune delle sue testimonianze
dirette contenute in un capitolo del libro intitolato: “Il Papa in ginocchio sulla
tomba di Padre Pio”.
L’arrivo del Papa. Prima di recarsi nel 1987 a San Giovanni Rotondo per la
terza volta, Giovanni Paolo II si era già recato altre due volte: nel 1948, quando
era un sacerdote di 28 anni, e poi nel 1974, quando aveva 54 anni e già cardinale
arcivescovo di Cracovia. La terza visita, da Pontefice, ebbe una lunga gestazione.
“L‟idea veniva accarezzata da tempo dai Frati Cappuccini” e si pensò a mons.
64
Stefano Campanella, Edizioni “Padre Pio da Pietrelcina dei Frati Cappuccini”, 2005.
57
Riccardo Ruotolo, all‟epoca presidente di Casa Sollievo della Sofferenza, affinché
parlasse con il segretario del Papa, mons. Stanisław Dziwisz, oggi cardinale
arcivescovo di Cracovia. E così fu fatto. Poi intervenne anche l‟allora arcivescovo
di Foggia, futuro cardinale, Salvatore De Giorgi (arcivescovo di Palermo). E fu
proprio lui a dare la notizia che il Santo Padre aveva accettato con piacere l‟invito
dei Cappuccini.
In ginocchio davanti alla tomba del frate.
Stefano Campanella scrive: “L‟occasione del viaggio
apostolico è il centenario della nascita di Padre Pio.
Ma all‟epoca si pensa che ci sia anche un altro
anniversario,
sottolineato
dall‟arcivescovo
di
Manfredonia: i «40 anni dalla prima venuta» di Karol
Wojtyla a San Giovanni Rotondo, ricordati da mons.
Vailati nel suo saluto all‟inizio della Celebrazione
Eucaristica”.65 Durante la Santa Messa il Papa
benedì 6 prime pietre di altrettante opere, ormai
concluse, inclusa la nuova Chiesa di San Pio da Pietrelcina. In seguito, Giovanni
Paolo II si trasferisce al santuario “Santa Maria delle Grazie” dove parla a lungo
del frate, dei suoi carismi sacerdotali e anche dei Cappuccini. Poi, il Papa scese in
Cripta e qui, inginocchiato davanti alla tomba di Padre Pio, con la mano sul
blocco di granito che la chiude, restò lunghi 10 minuti in silenzio e preghiera.
L’emozione del Papa. Il racconto di Stefano Campanella prosegue: “In rapida
successione il Santo Padre viene invitato a scrivere, ancora una volta, un suo
pensiero sul registro dei visitatori illustri, collocato sull‟altare della cripta. Come
13 anni prima, quando era venuto da arcivescovo di Cracovia e cardinale. Ora la
sua firma è cambiata. È la firma del Vicario di Cristo in terra. E forse è diverso
anche lo stato d‟animo. Tanto è vero che il Pontefice non riesce a scrivere nulla.
Vicino alla firma, solo la data: «23.V.1987». Nello stesso luogo, fr. Flavio Roberto
Carraro consegna due doni al Santo Padre: un libro di fotografie di Padre Pio,
intitolato “Immagini rubate”, edito dai Frati Cappuccini, e un calice usato da
Padre Pio. Anche i frati avevano ricevuto un calice dal Papa, poco prima, durante
la cerimonia nella chiesa soprastante. Ma questo donato dai frati al successore di
Pietro è una vera e propria reliquia e, nel riceverlo, il Santo Padre esclama: «Oh!
Allora è molto prezioso»”.66 Prima di risalire le scala, il Papa vuole restare alcuni
minuti in preghiera.
Casa Sollievo della Sofferenza. Successivamente, a fatica, tale era la quantità
di fedeli e pellegrini presenti, il Santo Padre usando la “papa-mobile”, dopo lunghi
minuti riuscì a raggiungere la “Casa Sollievo della Sofferenza”. Qui, il Papa
“ricorda che, quando giunse a San Giovanni Rotondo da giovane sacerdote «era
da poco iniziata l‟erezione di questo ospedale». Poi esprime il suo motivato
apprezzamento per una struttura sanitaria diversa dalle altre, perché «la grande
intuizione di Padre Pio è stata quella di unire la scienza a servizio degli ammalati
insieme con la fede e la preghiera: la scienza medica, nella lotta sempre più
progredita contro la malattia; la fede e la preghiera, nel trasfigurare e sublimare
quella sofferenza che, nonostante tutti i progressi della medicina, resterà sempre,
in certa misura, un retaggio della vita di quaggiù»".67 Il Papa, a differenza di
quanto prevedeva il programma, restò dentro dell‟ospedale oltre due ore e visitò
65
66
67
Stefano Campanella, op. cit.
Ibidem.
Ibidem.
58
tutti, soffermandosi in particolare con i malati gravi e con i bambini, dedicando a
ciascuno una parola, una benedizione o una carezza.
Karol Wojtyla paziente dell’Ospedale. Stefano Campanella nel suo libro rivela:
"Giunto nell‟atrio della divisione di ortopedia, mons. Ruotolo gli ricorda che tredici
anni prima, durante la sua visita da cardinale a San Giovanni Rotondo, Wojtyla
fu curato in quel reparto. «Il Papa ricorda tutto e dice di ricordare anche che
allora era presente un dottore giovane». È il dott. Salvatore Placentino. Il Pontefice
lo riconosce fra i medici e lo «ringrazia nuovamente, per due volte», per le cure
prestategli «e aggiunge che intende ringraziare anche chi non è più presente»,
riferendosi molto probabilmente all‟altro ortopedico che lo aveva curato, il
primario Giovanni Battista De Luca, «scomparso prematuramente nel 1981»".68
Il Papa da solo scende in cappella. Stefano Campanella ci regala un'altra
preziosa rivelazione: “Il mattino seguente don Giuseppe Ruotolo, fratello e, a quel
tempo, collaboratore di mons. Riccardo, si trova nel disimpegno fra i due
appartamenti. Sono le sei. Nessuno sa quando uscirà il Papa. Mentre è in attesa
«a chiacchierare con la vigilanza», don Giuseppe lo vede uscire all‟improvviso e
scendere le scale, dirigendosi «direttamente» verso il «coretto della cappella
grande» dell‟ospedale, dove c‟è il tabernacolo col Santissimo Sacramento. Sembra
avere piena padronanza dei luoghi. E invece quella appena trascorsa è stata la
prima e unica volta che ha dormito in quell‟appartamento. Giunto nel coro della
cappella, si inginocchia all‟inizio del primo banco, in preghiera. Lì lo trova,
casualmente, alle sette un dipendente dell‟ospedale, Pio Pompilio. «Una suora di
fuori si era smarrita» e, incontrandolo, chiede all‟uomo come fare a raggiungere la
cappella grande dell‟ospedale. Lui l‟accompagna e, insieme, scoprono che il Santo
Padre sta «inginocchiato, solo, in preghiera», protetto solo da «una guardia»".69
«E che sono venuto a fare?» Il racconto di Stefano Campanella in questo
capitolo del suo libro termina con una nuova rivelazione. "Il viaggio apostolico si
conclude la sera del 25 maggio, all‟aeroporto militare di Amendola, dove era
cominciato. «Il privilegio di accompagnare il Papa fino a sotto la scaletta
dell‟aereo» tocca «al Sindaco di San Giovanni Rotondo, perché c‟era stato un
inconveniente tra il Sindaco e gli organizzatori che erano giunti da Roma. Allora il
Papa, per suo espresso desiderio, dice: “Mi deve accompagnare il Sindaco di San
Giovanni Rotondo". Quindi gli ultimi 50 metri li fanno insieme, il Sindaco di San
Giovanni Rotondo e il Papa. Durante questo tragitto il Sindaco dice al Papa:
“Santità, e quand‟è che fa santo Padre Pio?”. E il Papa risponde: «E che sono
venuto a fare?”». In effetti quel viaggio e l‟immagine del Successore di Pietro in
ginocchio sulla tomba dell‟umile Fraticello hanno un effetto simile a quello di una
canonizzazione. Da quell‟anno in poi, i pellegrinaggi a San Giovanni Rotondo
fanno registrare una vera e propria impennata, con una progressiva ininterrotta
crescita che tocca il suo apice nel 2002".70
I fedeli ricambiano la visita del Papa. Il 30 aprile 1988, più di 25mila
pellegrini della Capitanata, tra cui 16mila membri dei Gruppi di Preghiera,
vengono a Roma per ricambiare la visita di Giovanni Paolo II. Dopo la Santa
Messa nella Basilica di San Pietro, presieduta dall‟arcivescovo di Manfredonia –
Vieste, Mons. Valentino Vailati, i fedeli furono salutati dal Papa.
Ibidem.
Ibidem.
70 Ibidem.
Nota. Tutte le dichiarazioni e testimonianze riferite da Stefano Campanella nel suo libro
“Il Papa e il frate” hanno una fonte precisa citata nelle note che noi abbiamo omesso per
ragioni pratiche.
68
69
59
Carissimi Fedeli della “Capitanata”.
Abbiate fiducia nella presenza e nella potenza della grazia divina!
Il vostro pellegrinaggio così numeroso mi ricolma di letizia, perché mi
fa rivivere in tutta la sua intensità la visita da me compiuta nelle
vostre terre lo scorso anno. Vi accolgo con gioia in questa vostra
venuta a Roma iniziata nella Basilica di San Pietro. (...) La vostra
presenza è segno di quella fede profonda e generosa, che con grande
consolazione costatai durante il mio itinerario pastorale. Quelle
giornate di preghiera e di catechesi, trascorse in mezzo a voi,
rimangono davvero indimenticabili. (...) La visita alla Basilica Vaticana
e al sepolcro di San Pietro rafforzi la vostra fede e la renda intrepida
in tutte le situazioni della vita moderna. Il mese di maggio, che
domani iniziamo sia per voi una occasione propizia per rinnovare i
buoni propositi fatti nel corso di quest‟anno mariano: la recita
quotidiana del Rosario, personalmente o in famiglia; una devozione
più intensa ogni sabato e nelle feste mariane, specialmente con la
partecipazione all‟Eucaristia; un impegno più accurato e più metodico
nello studio della dottrina cristiana e nell‟esercizio della carità. Anche
l‟anno mariano è una grazia del Signore e non deve passare invano,
ma lasciare una profonda impronta nella vostra vita. Abbiate fiducia
nella presenza e nella potenza della grazia divina! Non cedete mai alla
tentazione della stanchezza e dello sconforto davanti alle difficoltà del
mondo attuale! Così scriveva Padre Pio da Pietrelcina: “Conosco per
propria esperienza che il vero rimedio per non cadere è l‟appoggiarsi
alla croce di Gesù con la confidenza in lui solo, che per la nostra
salvezza volle esservi appeso” (26 marzo 1914). È un pensiero che vi
lascio come ricordo del vostro pellegrinaggio. L‟accenno a Padre Pio mi
porta a rivolgere ancora un particolare saluto ed una esortazione ai
“Gruppi di Preghiera” da lui voluti e incoraggiati, che già durante la
sua vita si moltiplicarono, e che si diffusero poi in tutto il mondo dopo
la sua morte. L‟entrata in vigore del nuovo Statuto permette ora ai
gruppi di avere una direttiva sicura, che guida gli aderenti nella loro
spiritualità e nella partecipazione alla vita parrocchiale e diocesana.
Strettamente uniti al Magistero autentico della Chiesa ed alle
indicazioni del proprio Vescovo, i Gruppi di Preghiera possono ora
realizzare meglio la loro formazione personale nella vita liturgica e
pastorale e nell‟esercizio della carità verso il prossimo. I vostri incontri
di preghiera, cari fratelli e sorelle, siano sempre occasione di
approfondita catechesi e stimolo alla serena e coraggiosa coerenza
cristiana. Con questi sentimenti, imparto di cuore a voi ed a quanti
hanno preso parte a questo pellegrinaggio, come anche ai fedeli
dell‟intera Capitanata, la mia benedizione.
60
I GRUPPI DI PREGHIERA
Il nome “Gruppi di Preghiera” comparve per la prima volta
sul bollettino della Casa Sollievo della Sofferenza: era il
giugno 1950. Quell‟espressione la scrisse Guglielmo
Sanguinetti71, che tutte le sere riceveva da Padre Pio, nella
sua cella, le istruzioni per l‟Opera che nasceva. Secondo
le indicazioni di Padre Pio, i Gruppi di Preghiera dovevano
distinguersi per la loro fedeltà alla Chiesa, al Papa e ai
vescovi, per la formazione cristiana integrale, per la vita
di preghiera, per la carità generosa verso i sofferenti.
Possono nascere spontaneamente, ma hanno una regola
inderogabile: devono essere guidati da un sacerdote e
ricevere l‟approvazione del vescovo locale. “Niente
benestare senza il sacerdote, niente benestare senza il
vescovo: erano queste le direttive che ci aveva dato Padre Pio», rammenta Fabio
Comparato, ex responsabile del “Centro internazionale Gruppi di Preghiera”. E
aggiunge: “Lo faceva anche perché voleva evitare degenerazioni e un culto
esagerato nei suoi confronti”. Ogni sera, alle 21 circa, nella cripta del convento di
San Giovanni Rotondo, fra Modestino, il frate che è stato più vicino a Padre Pio, si
riuniva in preghiera con i suoi confratelli recitando il rosario in comunione
spirituale con tutti i Gruppi di Preghiera sparsi nel mondo. Ed è diventata
un‟abitudine che chi partecipa ai Gruppi e vuole chiedere qualche grazia a Padre
Pio, la chieda proprio in quel momento. “Sa una cosa?”, confidava fra Modestino:
“Padre Pio fece una promessa. Vincolò il suo Paradiso alla felicità dei suoi figli.
«Non entrerò in Paradiso fino a quando non ci sarà entrato l‟ultimo dei miei figli
spirituali», disse. E lui, le promesse le manteneva. Sempre”.
“Già negli anni Quaranta Padre Pio incitava i suoi figli spirituali a pregare
assieme”, ricorda Fabio Comparato. “E, ad un certo punto, ci siamo accorti che
erano sorti dei gruppi, in forma semiufficiale. Tra il 1947 - 1948 c‟era un gruppo
a Roma, nel ‟49 uno a Udine. Nel 1951 ce ne erano in Inghilterra, in Svizzera,
negli Stati Uniti. Così, venne creata una struttura provvisoria di coordinamento”.
I Gruppi crebbero di pari passo con l‟ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. Ma
non servivano, come erroneamente si ripete spesso, per raccogliere fondi per esso.
“Padre Pio ha voluto che l‟opera sociale, l‟ospedale, che serve per alleviare le
sofferenze fisiche, fosse affiancata dai Gruppi di Preghiera, che lavoravano sul
piano spirituale. I due aspetti si completano a vicenda: è difficile dire chi svolga il
lavoro più proficuo. Sono le due braccia con cui Padre Pio continua ancora oggi
ad esercitare il suo ministero”.
I Gruppi godono di notevole indipendenza: la responsabilità è del sacerdote
che li segue. Il Centro internazionale, di cui fanno parte 30 persone e che in
seduta plenaria si riunisce una volta all‟anno, prepara però dei sussidi che
aiutano la catechesi. I Gruppi rendono periodicamente conto al Centro
dell‟attività svolta. Talvolta esiste anche la figura del coordinatore diocesano.
Messa, meditazione, preghiera e catechesi sono le attività dei Gruppi. L‟incontro
si svolge una volta al mese.72
Medico emiliano di Parma da dove si trasferì a San Giovanni Rotondo per assecondare
il progetto di Padre Pio di costruire la “Casa Sollievo della Sofferenza”.
72 Testimonianze raccolte da Stefano Maria Paci, “30Giorni”.
71
61
CATECHESI DEL CARDINALE ANGELO COMASTRI
AI GRUPPI DI PREGHIERA 13 OTTOBRE 200673
Paolo VI e Giovanni Paolo II parlano di Padre Pio
Il Servo di Dio Paolo VI un giorno esclamò: “Guardate che fama ha avuto Padre
Pio! Ma perché? Perché diceva la Messa umilmente, confessava dal mattino alla
sera ed era rappresentante stampato delle stimmate di Nostro Signore: era un
uomo di preghiera e di sofferenza”74. E, proprio per questo, non ha avuto bisogno
di cercare la gente: era, infatti, la gente che cercava lui, cercava l‟uomo di Dio. E
Giovanni Paolo II, in occasione della beatificazione di Padre Pio, si espresse così:
“Le sue stimmate, come quelle di Francesco d‟Assisi, sono opere e segno della
Divina Misericordia, che mediante la Croce di Cristo ha redento il mondo. Quelle
ferite aperte e sanguinanti parlavano dell‟amore di Dio per tutti. «Dalle sue piaghe
siete stati guariti”, ripete a tutti il Beato Padre Pio con le parole dell‟apostolo
Pietro: lui che quelle piaghe le ha avute sul suo corpo»”.75 E, precedentemente, in
occasione della celebrazione del centenario della nascita di Padre Pio, Giovanni
Paolo II disse: “Un aspetto essenziale del sacerdote, ravvisabile nella vita di Padre
Pio, è l‟offerta che il sacerdote fa di se stesso in Cristo e con Cristo come vittima
di espiazione e di riparazione per i peccati degli uomini. Questa offerta deve
raggiungere la massima espressione nella celebrazione del sacrificio Eucaristico.
E chi non ricorda il fervore con il quale Padre Pio riviveva, nella Messa, la
Passione di Cristo? Di qui la stima che egli aveva della Messa – da lui chiamata
“un mistero tremendo” – come momento decisivo della salvezza e della
santificazione dell‟uomo mediante la partecipazione alla sofferenza stessa del
Crocifisso. “C‟è nella Messa – diceva – tutto il Calvario”. La Messa fu per lui la
fonte e il culmine, il perno, il centro di tutta la sua vita e di tutta la sua opera»76.
Guidati da queste autorevoli parole, accostiamoci a Padre Pio e mettiamoci in
ascolto di quanto il Signore ci ha detto e continua a dirci attraverso la vicenda
spirituale dell‟umile cappuccino del Gargano, vissuto fra le quattro mura del
Convento di San Giovanni Rotondo da 4 settembre 1916 fino al 23 settembre
1968, giorno della sua morte. A me sembra che attraverso la vita di Padre Pio,
Gesù gridi soprattutto tre parole: peccato, salvezza, eucaristia!
La prima parola: il peccato! Padre Pio aveva una lucida consapevolezza della
serietà del peccato e del potere devastante che esso possiede. Questa
consapevolezza oggi si è fortemente affievolita e pertanto il richiamo di Dio
attraverso Padre Pio è un dono di misericordia e un invito a riprendere in mano la
Sacra Scrittura per ascoltare gli accorati appelli alla conversione disseminati in
ogni pagina. Nella Sacra Scrittura il peccato viene indicato con vari nomi, che,
sostanzialmente indicano il sentiero sbagliato che non conduce alla meta, oppure
il bersaglio mancato che vanifica la ricerca della felicità.
Nel libro della Genesi (capitoli 1 – 11) il peccato di Adamo e di Eva ha immediata
ripercussione nel rapporto tra l‟uomo e la donna, nel rapporto tra fratello e
fratello, nel rapporto tra popolo e popolo, nel rapporto con la creazione che si
ribella all‟uomo che si è ribellato a Dio. Il peccato è una cosa seria, perché è un
taglio tra l‟uomo e Dio. E chi può capire tutte le conseguenze di un rifiuto di Dio?
73
http://209.85.129.132/search?q=cache:YHcoCzthZ2AJ:www.cantogesu.it/rubrica_AngeloComastri/Cateche
si/GruppiPadrePio.pdf+GRUPPI+PREGHIERA+PADRE+PIO+benedetto+xvi&cd=31&hl=it&ct=clnk&gl=it
74
Paolo VI, 20 febbraio 1971.
75
Giovanni Paolo II, 3 maggio 19993.
76
Giovanni Paolo II, 23 maggio 1987.
62
Di Dio che è il sostegno di ogni cosa e il compimento di ogni attesa del cuore
umano? Il Salmo 78, rievocando la storia di peccato del popolo, ne deduce questa
drastica conseguenza: “Peccarono (…) e fallirono come un arco allentato”.
Fallirono, perché peccarono! C‟è da riflettere. Isaia, amareggiato per l‟ostinazione
nel peccato dalla quale non riesce a tirare fuori il popolo ribelle, profondamente
deluso esclama: “Poiché voi respingete questo avvenimento e confidate nella
perversità e nella perfidia, ponendole a vostro sostegno, ebbene questa colpa
diventerà per voi come una breccia che minaccia di crollare, che sporge su un
alto muro, il cui crollo avviene in un attimo, improvviso, e si infrange come un
vaso di creta, frantumato senza misericordia, così che non si trova tra i suoi
frantumi neppure un coccio con cui si possa prendere fuoco dal braciere o
attingere acqua dalla cisterna” (Is 30, 12-14). Sono parole lucidissime: il peccato,
staccandoci da Dio, manda in frantumi la nostra solidità e fa crepare il muro
della nostra falsa sicurezza. Il peccato, pertanto, ha conseguenze nella vita
dell‟uomo e del mondo. Ricordiamolo: il peccato non è mai un fatto
esclusivamente privato! E, notate bene, non è Dio che punisce il peccato, ma è il
peccato che contiene dentro di sé la punizione. Come se io bevesi un veleno, non
avrei bisogno che qualcuno mi punisse per farmi capire la stoltezza del gesto che
ho compiuto: il gesto contiene dentro di sé la punizione, il gesto è auto-punitivo.
Così è il peccato! Geremia lo dice con parole inequivocabili. Ecco l‟avvertimento
del profeta: “Così dice il Signore: quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri
per allontanarsi da me? Essi seguirono ciò che è vano E diventarono essi stessi
vanità” (Ger 2, 5) Il peccato ha dentro di sé la punizione, perché vanifica, svuota,
rende insignificante la vita dell‟uomo: per questo motivo il peccato è pericoloso e
velenoso. E il profeta Geremia si sofferma a descrivere la caratteristica di
assurdità,che è presente in ogni peccato: il peccato, infatti, seduce apparendo
come una realizzazione mentre invece è una demolizione. Scrive ancora il profeta:
“Stupitene, o cieli, inorridite come non mai. Oracolo del Signore. Perché il mio
popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me, sorgente di
acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate che non tengono l‟acqua”
(Ger 2,12-13). E aggiunge con evidente amarezza: “La tua stessa malvagità ti
castiga e le tue ribellioni ti puniscono. Riconosci e vedi quanto è cosa cattiva e
amara l‟avere abbandonato il Signore tuo Dio e il non aver più timore di me” (Ger
2, 19). Lo stesso richiamo lo troviamo nelle parole di Gesù, quando, raccontando
il peccato del figlio che scappa dalla casa del Padre con l‟illusione di trovare la
felicità e libertà, in verità le perde ambedue… e si ritrova a pascolare i porci!
Padre Pio sapeva bene tutto questo e di conseguenza non mancava di gridare la
gravità del peccato: non era severità, ma era carità! La denuncia del peccato,
infatti, è una componente ineliminabile della Sacra Scrittura: è parte integrante
della “Buona Notizia”, perché ci svela un Dio che ci ama così tanto da tentare di
tutto per tirarci fuori dal fallimento del peccato. Oggi non è particolarmente
attuale e urgente questo richiamo? È stato detto – ed è verissimo – che il più
grande peccato dell‟uomo moderno è avere perduto il senso del peccato (Pio XII).
Attraverso Padre Pio, Dio ce l‟ha ricordato.
La seconda parola: la salvezza. Dio non è rimasto e non rimane indifferente
davanti alla tragedia del peccato umano. Dio affronta il peccato, ma lo affronta
usando la potenza che Egli possiede: la potenza dell‟Amore! Il peccato infatti è un
vuoto d‟amore che squilibra la creazione, la è una inondazione d‟amore che parte
dalla Croce e salva chiunque apra il cuore al dono di Gesù. Per questo motivo lo
sguardo di Padre Pio fu sempre rivolto al Crocifisso… e, per il motivo opposto lo
sguardo di Satana e dei seguaci di satana si accanisce con odio verso il
63
Crocifisso! Il Crocifisso è il centro della storia: è – secondo le parole illuminanti di
Simeone – “Segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori”
(Lc 2,34). Seguendo l‟esempio di Padre Pio, sostiamo ora davanti al Crocifisso ed
imploriamo il dono delle lacrime per purificare lo sguardo e vedere il mistero
dell‟amore che ci salva. Riferisce l‟evangelista Luca: “Quando giunsero al luogo
detto cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l‟altro alla
sinistra” (Lc 23,33). Fatto terribile nella realtà e nel suo significato: il Figlio di Dio
viene crocifisso insieme a due malfattori. Perché Gesù non lo impedisce? Perché
Gesù non reagisce? La risposta sta nel mistero di Dio: Dio è Amore! L‟evangelista
Matteo aggiunge: “E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e
dicendo: «Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso!
Se tu sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce!»”. Anche i sommi sacerdoti con gli
scribi e gli anziani lo schernivano: “Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso!
È il re d‟Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio, lo
liberi lui ora, se gli vuol bene! Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!”. Anche i
ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo” (Mt 27, 39-44). Il
momento è drammatico, le provocazioni scagliate contro il Crocifisso sono vere
lance, che trafiggono il cuore. Perché Gesù non ha risposto? Perché non è sceso
dalla croce? La risposta a questi interrogativi è il cuore del cristianesimo. Eccola:
Gesù, consegnandosi alla cattiveria umana, ha svelato la gravità del peccato
presente e operante nel mondo: è guardando il Crocifisso che noi comprendiamo
la serietà del peccato e la sua forza di devastazione e di demolizione! Del resto
Gesù aveva chiaramente detto: “Questa è l‟ora vostra, è l‟impero delle tenebre”(Lc
22,53). E la risposta di Dio alla cattiveria umana è il mistero della pietà: cioè, è
l‟amore pronunciato dentro la storia con la nostra stessa carne, in un
avvenimento preciso nel quale l‟infinita misericordia di Dio prende un volto
concreto e diventa un fatto concreto che, dentro la storia, aggredisce il peccato
con l‟offerta del perdono. Infatti Gesù esclama: “Padre, perdonali, perché non
sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). In questo momento Gesù, dentro la storia
peccaminosa degli uomini, colloca la potenza salvifica dell‟amore di Dio: chi apre
il cuore a questo è salvo! Padre Pio costantemente rivolto al Crocifisso ci ha
ricordato dove dobbiamo guardare se vogliamo trovare la pace del cuore.
Terza parola: Eucaristia. Ada Negri ha scritto una poesia intitolata Il sangue.
Racconta che un pomeriggio mentre stava sola nella sua stanza, un improvviso
raggio di luce illuminò il Crocifisso e mise in risalto il sangue delle piaghe. In quel
momento entra la nipotina Donata e, osservando il sangue, esclama: “Non voglio
vedere il sangue, voglio Gesù Bambino nella culla col bue e l‟asinello”. Poi la
bambina si mette a giocare, ma, ad un certo punto, lascia i balocchi e si accosta
al Crocifisso con un fazzoletto per “…tentare, invano, di cancellare quei grumi di
sangue; e più tergeva, e più tenaci rosseggiavano a fior della ferita. Tremai nel
cuore: non osai turbarla Nell‟innocente atto pietoso; e tacqui. Diventerà donna.
Imparerà, ma solo Allora, e non da me, che sulla Terra Non si cancella il sangue
di Gesù”. È vero! Il sangue di Cristo, sangue d‟amore, è stato versato dentro la
storia umana e la attraversa tutta; e si rende presente nel sacramento
dell‟Eucaristia, affinché non la raccogliamo unendoci il sangue del nostro amore
per darGli uno spazio nella storia contemporanea. L‟apostolo Paolo, scrivendo ai
Colossesi, fa questa affermazione impressionante: “Sono lieto delle sofferenze che
sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di
Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1, 24). Ma cosa vuol dire
“Completo quello che manca ai patimenti di Cristo?” Sia ben chiaro: Gesù è
l‟unico Salvatore; Gesù è colui che vince il peccato con la potenza divina
64
dell‟amore; Gesù è colui che, dentro la desolazione dell‟orgoglio e dell‟odio umano,
ha introdotto la terapia divina dell‟amore: questa è la potenza del Crocifisso! Però
attenti bene! Gesù ha lasciato uno spazio anche per noi; Gesù ha voluto che il
suo amore passasse di secolo in secolo attraverso cuori che lo accolgono e lo
seminano nelle varie situazioni della vita sintonizzandosi con la sua Croce: cioè,
con l‟amore fino al sacrificio, nel quale si riversa l‟onnipotenza di Dio entrato nella
storia umana attraverso la Croce. Dove avviene la massima saldatura, il massimo
contatto con la potenza del Crocifisso e la nostra debolezza? Il contatto massimo
avviene nella Santa Eucaristia! Per questo motivo Padre Pio non si stancava di
dire: “È più facile che il mondo si regga senza sole che senza la Messa”77. E in
una lettera confida: “Gesù mi ha associato alla grande opera della redenzione
umana. Il Padre celeste mi ha fatto ascendere sulla Croce del Figlio suo e sono
certo che di là non scenderò più. Scendo dall‟altare per salire sulla Croce; scendo
dalla Croce per distendermi sull‟altare”78. La vita di Padre Pio era una vita
eucaristica, era una continua offerta e una continua immolazione con Cristo sul
Calvario per aggredire il peccato degli uomini d‟oggi con l‟onnipotenza dell‟amore
del Crocifisso. Anche questa limpida e sicura verità di fede oggi si è affievolita
nella fede di tanti cristiani: l‟Eucaristia non è capita, non è vissuta, non è
partecipata col cuore. Il sacrificio di Cristo resta spesso solitario e, quindi,
inoperoso e inefficace, perché non accolto nella vita. Già San Paolo lamentava
l‟ostilità nei confronti della Croce: ostilità che ci rende deboli e incapaci di lottare
contro il male. Senza mezzi termini San Paolo scrive: «Noi predichiamo Cristo
Crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono
chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di
Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è
debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor 1, 23-25). E, nella lettera ai
Filippesi, aggiunge: «Molti, ve l‟ho già detto più volte e ora con le lacrime agli occhi
ve lo ripeto, si comportano da nemici della Croce di Gesù» (Fil 3, 18). Oggi
l‟apostolo Paolo direbbe la stessa cosa! Non abbiamo più una fede forte nella
potenza della Croce di Cristo; e, di conseguenza, non abbiamo più un amore
appassionato per la Santa Eucaristia: siamo diventati «gente di poca fede» (Mt 8,
26) e, per questo motivo, siamo diventati fragili e paurosi di fronte alle tempeste
che attraversano la storia. Padre Pio, in una sua lettera, racconta una
impressionante apparizione di Gesù: «Pietrelcina 7 aprile 1913. Mio carissimo
Padre, venerdì mattina ero ancora a letto, quando mi apparve Gesù. Era tutto
malconcio e sfigurato. Egli mi mostrò una grande moltitudine di sacerdoti regolari
e secolari, fra i quali diversi dignitari ecclesiastici; di questi, chi stava celebrando,
chi si stava preparando e chi stava togliendo le sacre vesti. La visita di Gesù
sofferente mi dava molta pena, perciò volli domandargli perché soffrisse tanto.
Nessuna risposta ne ebbi. Però il suo sguardo si riportò verso quei sacerdoti; ma
poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo
ed allorché lo rialzò verso di me, con grande mio orrore, osservai due lacrime che
gli solcavano le gote. Si allontanò da quella turba di sacerdoti con una grande
espressione di disgusto sul volto, gridando: “Macellai!”. E rivolto a me disse:
“Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore: no! Io sarò, a causa
delle anime da me più beneficate, in agonia fino alla fine del mondo. Durante il
tempo della mia agonia, figlio mio, non bisogna dormire”. E Padre Pio conclude:
77
78
N. Castello - A. Negrisolo, Padre Pio miracolo Eucaristico, San Paolo 2000, p.28 5.
Padre Pio, Epistolario I, 40-47.
65
“Gesù purtroppo ha ragione di lamentarsi della nostra ingratitudine»79. Sappiamo
bene che si tratta di una rivelazione privata. Però possiamo ignorarla? Possiamo
sottovalutarla? Possiamo dire che non risponde a verità? In un‟altra lettera,
indirizzata al proprio confessore, Padre Pio confida il lamento di Gesù sentito
durante una visione: “Gli uomini si divertono nelle loro iniquità. Le anime da me
più predilette, messe alla prova, mi vengono meno; le deboli si abbandonano allo
sgomento e alla disperazione; le forti si vanno rilassando a poco a poco. Mi
lasciano solo di notte, solo di giorno nella Chiesa. Non
si curano più del Sacramento dell‟Altare, non si parla
mai di questo Sacramento di Amore e anche quelli
che ne parlano, ahimé! con indifferenza, con che
freddezza! Il mio Cuore è dimenticato: nessuno più si
cura del mio amore: io sono sempre contristato. La
mia casa è diventata per molti un teatro di
divertimenti”.80 Quale il rimedio? Ci risponde la
Parola di Dio attraverso il libro dell‟Apocalisse: «Così
parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e
cammina in mezzo ai sette candelabri d‟oro… Ho da
rimproverarti perché hai abbandonato il tuo amore di
prima. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e
compi le opere di prima. Se non ti ravvedrai, verrò da
te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto» (Ap 2, 1.4-5); «Conosco le tue
opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei
tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap 3,
15-16). Però Gesù aggiunge: «Mostrati dunque zelante e ravvediti. Ecco, io sto alla
porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò a lui,
cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20). Dal momento drammatico che stiamo
vivendo emerge un forte appello alla conversione, un invito a ritornare al Vangelo
senza esitazioni e senza attenuazioni. In Europa è in atto «Una apostasia
silenziosa dal cristianesimo» (vedi la Lettera Apostolica Ecclesian Europa, n.9).
Come rimedio all‟apostasia, il Papa Giovanni Paolo II e il Papa Benedetto XVI ci
indicano il ritorno all‟amicizia con Gesù, il ritorno all‟Eucaristia intensamente
vissuta come momento di comunione con Gesù vittima d‟amore per la salvezza
del mondo. Ci indicano il ritorno all‟Adorazione Eucaristica e alla visita
quotidiana al Santissimo Sacramento: dal ritorno a Gesù nasce la vera carità,
nasce la forza per santificare la famiglia, nasce la fioritura delle vocazioni, nasce
lo slancio missionario, nasce la testimonianza della vita impregnata di Vangelo. Il
Beato Cardinale Idelfonso Schuster, Arcivescovo di Milano, morì il 30 agosto 1954.
pochi giorni prima della sua morte, incontrò i suoi seminaristi e disse: «Altro che
ricordo non darvi un invito alla santità. La gente pare che non si lasci più
convincere dalla nostra predicazione; ma di fronte alla santità, ancora crede,
ancora s‟inginocchia e prega. La gente pare che viva ignara delle realtà
soprannaturali, indifferente ai problemi della salvezza. Ma se un santo, vivo o
morto, passa, tutti accorrono al suo passaggio. Non dimenticate che il diavolo non
ha paura dei nostri campi sportivi o dei nostri cinema, ha paura della nostra
santità». È la lezione di Padre Pio, è l‟invito che Gesù oggi ci consegna attraverso
l‟incontro con il Santo Padre Benedetto XVI. «Chi ha orecchi, intenda!» (Mt 13,9).
79
80
Padre Pio, Epistolario I, pp. 1050-10517
Padre Pio, Epistolario I, pp. 342.
66
INTERVISTE
Intervista con mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, Amministratore
Apostolico di Manfredonia–Vieste–San Giovanni Rotondo, Delegato della
Santa Sede per il Santuario e le Opere di San Pio da Pietrelcina e
Arcivescovo designato di Lecce
-
A cura di Isabella Piro –
D. - Eccellenza, come si sta preparando San Giovanni
Rotondo alla visita del Papa?
R. – Il Papa viene a visitare e a pregare sulla tomba di un Santo, San
Pio da Pietrelcina. Viene a confermare tutta una ricchezza di opere, di
devozione, di fedeltà al carisma e al messaggio proprio di questo
Santo, che è il messaggio della Croce, della misericordia del Padre.
Sentiamo il bisogno di essere un po‟ confortati e confermati nella fede
che ci lega alla Chiesa tutta, attraverso questo singolare carisma di
santità che è la vita di San Pio da Pietrelcina, che continua ad attrarre
milioni e milioni di pellegrini. Quindi, è una preparazione che, se da
una parte coinvolge la Chiesa diocesana, la comunità di San Giovanni
Rotondo, dall‟altra però coinvolge e prepara anche le masse di
pellegrini che, soprattutto in questi ultime settimane, sono ritornate in massa a San
Giovanni Rotondo. E quindi c‟è una preparazione di ordine spirituale. La diocesi lo ha già
fatto durante il periodo quaresimale: ha ripreso in mano la costituzione Lumen Gentium
sulla Chiesa e ne ha fatto oggetto di catechesi in tutte le 50 parrocchie della diocesi. E
quindi è stato un sottolineare il legame forte alla Chiesa, che il Papa viene a ribadire e a
confermare per tutti noi. In questo mese di giugno, praticamente, la preparazione
spirituale si concentrerà nei luoghi in cui Padre Pio è vissuto, quindi all‟interno del
Santuario di Santa Maria delle Grazie e della nuova Chiesa di San Pio da Pietrelcina, con
catechesi guidate da alcuni vescovi. La preparazione nell‟altra grande opera di San Pio, che
è la Casa Sollievo della Sofferenza, sarà quella di riprendere in mano l‟insegnamento di San
Pio su questa opera di carità, ma soprattutto le grandi e belle parole che ci ha detto
Giovanni Paolo II nel 1987 e Benedetto XVI nel grande discorso che ha fatto alla grande
famiglia di Padre Pio, ai Gruppi di Preghiera e alla Casa Sollievo della Sofferenza il 14
ottobre 2006.
D.– Lei si prepara a lasciare la diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni
Rotondo per andare a Lecce. Ma possiamo comunque tracciare un ritratto di
questa diocesi? Quali luci e quali ombre presenta?
R. – È una diocesi che ha una lunghissima storia, è una delle diocesi più antiche della
Puglia. La diocesi era Siponto, antica città greco-romana, quindi risalente ai primissimi
secoli. Giovanni Paolo II l‟ha definita “la diocesi che affonda le radici della sua fede nell‟età
apostolica”. È stata una diocesi segnata, per molto tempo, da quel singolare santuario che
ha attratto, durante tutto il Medioevo fino ai nostri giorni, masse di devoti e di pellegrini: il
Santuario di San Michele Arcangelo. La diocesi ha conosciuto grosse difficoltà soprattutto
nel Medioevo: era, direi, in qualche modo segnata dalla presenza dell‟Oriente e
dell‟Occidente, quindi, ci sono stati periodi in cui al rito orientale è subentrato il rito latino.
All‟inizio del secolo scorso, la presenza di San Pio da Pietrelcina crea fatti nuovi all‟interno
della vita diocesana: non bisogna nascondere le difficoltà che la presenza di San Pio ha
creato nel rapporto frati/clero, clero/vescovo. Bisognerà aspettare, poi, una grande figura
67
di arcivescovo, mons. Cesarano negli anni ‟30, che restituisce unità di attenzioni, di
intenti, di progetti pastorali. È una diocesi che, poi, ha vissuto la grande stagione del
Concilio Vaticano II, attraverso un‟altra singolare figura di vescovo che dal nord è venuto
qui, inserendosi pienamente nella storia, nelle tradizioni, nel linguaggio tipico della
religiosità popolare meridionale: mons. Valentino Vailati. È storia dei nostri giorni la
beatificazione e la canonizzazione di Padre Pio e il dialogo, sempre più concorde e unitario,
tra il clero, il vescovo e la presenza significativa dei Frati Minori Cappuccini, che
custodiscono la memoria e la ricchezza spirituale di San Pio da Pietrelcina. Oggi è una
piccola diocesi – circa 160mila abitanti – ma segnata, e anche aggredita, da quel nuovo
fenomeno che, dalla fine degli anni ‟50-inizi anni ‟60, ha praticamente tolto
dall‟isolamento il Gargano, divenuto una delle mète turistiche più ambite. Quindi, accanto
alle masse di pellegrini che giungono a San Giovanni Rotondo, al Santuario di San Michele
Arcangelo a Monte Sant‟Angelo, c‟è poi questa enorme fetta di centinaia di migliaia di
turisti, italiani e no, che nei mesi estivi sono ospiti delle nostre realtà. Anche qui, c‟è un bel
lavoro che la diocesi sta portando avanti nel rapporto con i turisti: ogni anno, c‟è una
specie di “Guida per i turisti”, con la quale vengono messi a parte della vita della Chiesa,
delle sue ricchezze, della sua storia, della sua attività e delle proposte di incontro, di
dialogo, di ritiri, di Lectio Divina che, in alcune località marine della diocesi, vengono
proposte e che trovano un buon riscontro a livello dei turisti che si vedono, in qualche
modo, accolti da una Chiesa che si preoccupa di loro. È una diocesi che non ha problemi di
vocazioni e nella quale c‟è ancora – come in tantissime altre diocesi della Puglia – la
presenza di un Seminario minore che accoglie i giovani della scuola secondaria superiore e
li prepara, poi, al percorso teologico che, per le Chiese di Puglia, si fa nel Seminario
regionale di Molfetta. È una diocesi in qualche modo segnata dalla singolare esperienza del
Sinodo diocesano, tenutosi negli anni ‟90 del secolo scorso. Ha, inoltre, un suo progetto
pastorale che sta portando avanti da alcuni anni, “Giovani e famiglia in missione”, che vede
i giovani, in particolare, protagonisti della pastorale diocesana.
D.- Mons. D’Ambrosio, Lei è anche presidente della “Casa Sollievo della
Sofferenza”. Come comprendere, al mondo d’oggi, il valore della sofferenza e
della malattia, anche in rapporto allo sviluppo scientifico?
R. – Non si tratta di un ospedale, ma di una Casa Sollievo della Sofferenza. Padre Pio l‟ha
definita “tempio di preghiera e di scienza”, quindi anche la scienza rientra in una logica,
possiamo dire, quasi „sacrale‟, per sottolineare che – diceva ancora Padre Pio –
all‟ammalato bisogna accostarsi vedendo nell‟ammalato Gesù e nell‟ammalato povero due
volte Gesù. Quindi c‟è questo connubio, evidentemente faticoso, con il quale però si
privilegia l‟attenzione all‟uomo piagato e sofferente. In lui vediamo sì l‟immagine di Cristo
Gesù, come Padre Pio ci aveva indicato, ma soprattutto c‟è questa carica di amore che deve
legare medici, personale sanitario, tutti coloro che sono addetti alla cura e all‟assistenza
degli ammalati. È una grande famiglia: sono 1.100 posti letto con circa tremila dipendenti a
vari livelli. Noi facciamo nostra quella espressione di San Pio che poi Giovanni Paolo II ha
ripreso: nella “Casa Sollievo” devono aumentare le riserve di amore che, diceva San Pio,
“tanto più è abbondante in uno, tanto più sarà abbondante nell‟altro”, in uno scambio
continuo.
D.- Tra i suoi incarichi, Eccellenza, c’è anche la guida dell’Associazione
Internazionale “Gruppi di Preghiera” di San Pio da Pietrelcina. Come
descrivere questa realtà?
R. – Benedetto XVI ha definito i Gruppi di Preghiera come “un esercito di intercessori che
bussa continuamente al cuore di Dio per ottenere grazie e benedizioni su questa umanità”.
I Gruppi di Preghiera nascono come risposta che San Pio vuole dare alla richiesta di Pio
68
XII subito dopo la seconda guerra mondiale: in un mondo diviso, c‟è bisogno della
presenza di Dio, della presenza della sua grazia, del suo sostegno. Padre Pio indica ad
alcuni suoi figli spirituali il percorso della preghiera, dell‟offerta, della donazione, della
dedizione alla causa del Vangelo. E man mano questi Gruppi, poi, assumono una loro
definizione con l‟approvazione, nel 1986, da parte della Santa Sede, dell‟Associazione
Gruppi di Preghiera di Padre Pio. Sono persone che pregano: c‟è una Messa mensile, c‟è
l‟Adorazione, c‟è il Rosario, c‟è l‟esercizio della carità là dove si vive, e soprattutto, c‟è la
dimensione della riparazione sull‟esempio di Padre Pio che offriva se stesso per i peccatori.
È un‟associazione ormai in pieno sviluppo, ce ne sono, ormai, oltre 3.500 in tutto il mondo,
diffuse in tutti e cinque i continenti. La scorsa estate io sono stato a Sydney, per la Giornata
Mondiale della Gioventù, ed ho celebrato il primo convegno nazionale dei Gruppi di
Preghiera dell‟Australia e della Nuova Zelanda. Sono Gruppi che si radunano, guidati da un
Padre spirituale, e pregano, operano all‟interno delle parrocchie e delle realtà ecclesiali
soprattutto nell‟esercizio della carità. A loro, poi, San Pio ha affidato in modo particolare la
“Casa Sollievo della Sofferenza” e dunque i Gruppi di Preghiera, con la loro preghiera, ma
anche con la loro carità concreta, con le loro offerte, sostengono le grandi iniziative e i
grandi impegni che una struttura all‟avanguardia nel campo scientifico ha bisogno di
affrontare e di sostenere.
D. – Per il mondo di oggi, quale modello rappresenta San Pio da Pietrelcina?
R. – Rappresenta il modello della Croce di Cristo Gesù. Io lo definisco così: è stato
“Epifania dell‟amore crocifisso, dell‟amore donato, dell‟amore offerto”. È la Croce di Cristo
che salva il mondo. Padre Pio ci ha ricordato il primato della Croce, ma soprattutto ci ha
ricordato che la Croce di Cristo Gesù rivela a noi la tenerezza dell‟amore di Dio che non ha
risparmiato l‟unico suo Figlio. E l‟altro aspetto è il volto della misericordia di Dio, che San
Pio ha esercitato nell‟accoglienza di centinaia di migliaia di „cercatori di Dio‟, di peccatori
che attraverso di lui ritrovavano la strada dell‟amore e della comunione con il Padre.
D. – Mons. D’Ambrosio, San Pio è stato canonizzato 7 anni fa, il 16 giugno
2002. Eppure, i fedeli continuano a chiamarlo Padre Pio: cosa significa
questo, secondo Lei?
R. – C‟è questo rapporto di fiducia, di affetto che è molto bello! Padre Pio rimane tale
perché da lui si andava per scoprire la paternità di Dio, è un Padre. Direi che si tratta della
sottolineatura di un legame affettuoso, semplice, ma intimo e profondo. Il rapporto che si
ha con il Padre è un rapporto che non crea distanza, anzi: facilita quel rapporto con Dio
che, venendo a cercare Padre Pio, desideriamo in tanti.
D. – Eccellenza, nel discorso che Lei ha citato prima, quello del 14 ottobre
2006, Benedetto XVI sottolineava due aspetti di San Pio: il carisma della
preghiera ed il binomio preghiera-carità…
R. – Il Papa lo ha detto con molta chiarezza: una preghiera che non sa farsi storia concreta
di impegno, di presenza, una preghiera che arriva a Dio e si ferma lì, senza trasformare il
nostro atteggiamento verso il nostro prossimo, è una preghiera incompleta. Non può
amare Dio che non vede chi non ama il prossimo che vede, ci ricorda in tanti modi
l‟Apostolo Giovanni. Non possiamo scindere la dimensione della ricerca di Dio dalla
dimensione dell‟amore verso di Lui che, necessariamente, ha come banco di prova l‟amore
verso il prossimo. Il Signore vuole così: l‟amore suo passa attraverso l‟amore verso i nostri
simili e allora raggiunge tutta la sua completezza, tutta la sua efficacia.
69
D. – Un’ultima domanda, Eccellenza: cosa si augura che rimanga della visita
del Papa nella Sua diocesi?
R. – Che questa diocesi, questa Chiesa in tutte le sue espressioni, possa realmente
immettersi con decisione su una strada particolare: quella che il profeta Isaia chiama “via
santa”. Padre Pio è un santo che sentiamo vicino, ecco perché lo chiamiamo Padre. Quindi,
deve essere più facile per noi riscoprire, nella devozione verso di lui, il richiamo a quel
bisogno di perfezione che ci portiamo dentro, ma che le paure, le incertezze e i calcoli
umani a volte ci fanno smarrire. Sarebbe bello se le indicazioni che il Santo Padre ci darà ci
confortassero in questo itinerario. In fondo, abbiamo una responsabilità: qui accogliamo
gente proveniente da ogni parte del mondo. Allora, la nostra deve essere una Chiesa che
esprime, manifesta il primato dell‟amore e il primato della santità, sull‟esempio e per
intercessione di San Pio.
Intervista con Bruno Dallapiccola, Direttore scientifico dell’Istituto di
ricovero e cura a carattere scientifico “Casa Sollievo della Sofferenza”
-
A cura di Isabella Piro –
D. - Professor Dallapiccola, qual è l’ambito di ricerca del
vostro Istituto?
R. – La “Casa Sollievo della Sofferenza” dal 1991 è stata classificata, dal
Ministero della Salute, come Istituto di ricovero e cura a carattere
scientifico per la ricerca relativa alle malattie genetiche ed eredofamiliari, quindi in questo momento, nella rete degli oltre 40 enti a
livello internazionale, è l‟unico classificato con questa specifica attività
nell‟ambito della genetica.
D. – Nello specifico, quali sono le malattie genetiche da voi trattate?
R. – Diciamo che la genetica, per definizione, si aggrappa a delle patologie che spesso sono
rare, quindi le malattie geniche. Non dimentichiamo che, proprio parlando del tema delle
malattie rare – circa 8mila malattie che riguardano tutti gli organi e gli apparati dell‟essere
umano – noi siamo anche il riferimento nazionale per il più importante database che
gestisce queste malattie rare, che si chiama “Orphanet”. Si tratta di un progetto europeo
che coinvolge oggi ormai 37 Paesi anche al di fuori dell‟Europa e che vede l‟Italia
rappresentata proprio dalla “Casa Sollievo della Sofferenza”. Oltre al problema delle
malattie rare, ci sono settori che sono specificamente dedicati alle malattie complesse,
come ad esempio, il diabete e la colite ulcerosa. Siamo coinvolti poi nello studio di difetti
congeniti, ad esempio le cardiopatie congenite, i problemi della coagulazione del sangue e
quindi anche il rischio di trombosi. Abbiamo un gruppo che lavora nell‟ambito delle basi
genetiche dell‟invecchiamento, cioè, poiché la persona anziana è molto vulnerabile, si cerca
di capire certi aspetti biologici della vulnerabilità dell‟anziano per evitare che prenda dei
farmaci che non sono assolutamente adatti. Naturalmente, c‟è anche un settore - che è
minoritario – in cui si fa ricerca oncologica rivolta soprattutto ai tumori dell‟intestino e ai
tumori della mammella.
D. – Recentemente - la notizia è di metà maggio – avete scoperto una nuova
malattia rara: di cosa si tratta?
R. – È una malattia rarissima: in questo momento, al mondo ne esistono cinque casi. È
una forma di difetti congeniti complessi che riguarda soprattutto lo sviluppo celebrale,
70
quindi la microcefalia, ovvero la testa piccola, con sindrome di ritardo psicomotorio,
associata a dei difetti scheletrici delle mani. Un aspetto fondamentale della ricerca genetica
che purtroppo viene spesso dimenticato dai media è la ricerca di tipo clinico: non
dimentichiamo che tutto il progresso della genetica parte da un attento esame ed
inquadramento clinico. L‟esatto inquadramento clinico permette di classificare
correttamente una patologia sulla quale, poi, si andrà a fare una ricerca di tipo biologico. E
noi siamo veramente impegnati in questo: in questi anni di vita del nostro Istituto
scientifico, che è nato nel ‟91 e quindi non abbiamo ancora vent‟anni, abbiamo identificato
alcune dozzine di malattie rare o rarissime sulla base dell‟osservazione clinica.
D. – Si sente parlare spesso di “deriva genetica”, ma etica e ricerca non sono
incompatibili…
R. – No, assolutamente no! Io penso che il medico dovrebbe essere, proprio per la sua
caratteristica professionale, l‟emblema di un comportamento giusto, leale e corretto nei
confronti del paziente. Certo: quando si comincia, da parte di un qualche tipo di ricerca, a
minare la vita fin dalle sue origini, a non avere alcuna considerazione dell‟embrione (che
non è un “qualcosa”, ma un “qualcuno” fin dalle origini!), a pensare che la persona anziana
possa essere eliminata perché non è più adatta a quelle prestazioni che vent‟anni prima
poteva fare, io penso che questa non sia la medicina che noi vogliamo e che il medico non
dovrebbe volere. Purtroppo, c‟è una caduta straordinaria dei valori, visibile dal momento
in cui certe diagnostiche, che si possono fare sulla vita fetale, stanno cercando di creare
nelle famiglie il mito della nascita bella e perfetta e quindi la non accoglienza della persona
con disabilità. Ho la sensazione che oggi, molto spesso, la formazione della Facoltà di
Medicina sia lontana dal riconoscere questi valori che sono, invece, fondamentali per
l‟uomo. Invece, sicuramente, la ricerca che noi facciamo la trasferiamo al letto del paziente,
ma ad un paziente che intendiamo in questa maniera: nel rispetto della persona in tutte le
sue manifestazioni, in tutti i suoi momenti della vita.
D. – Come fare, allora, per dare un nuovo slancio al giusto rapporto tra
scienza e fede, dimostrando che non sono nemiche ma, anzi, sono
complementari?
R . – Penso che abbiamo bisogno di riformare la formazione dei nostri giovani,
cominciando dalle scuole elementari e introducendo, poi, man mano, nel programma di
studi delle scuole superiori e delle Università, qualcosa che oggi manca: nessuno,
all‟Università, insegna l‟etica, la deontologia non viene insegnata! Oltre a questo,
certamente, bisogna recuperare il valore della famiglia, perché molti dei problemi della
formazione derivano dal non riconoscimento dei valori fondamentali all‟interno della
famiglia. Anche tutto ciò che oggi grava attorno alla medicina è molto viziato dalle
ideologie e dal mercato della salute. Quindi, tutto questo è molto difficile da recuperare,
secondo me. L‟unica “ricetta” è una ricetta a lungo termine, che consista nel recupero di
quei valori e di quei principi che nel tempo si sono persi.
D. – Quindi, il ricercatore, per essere veramente degno di questo nome, quali
qualità deve avere?
R. – Io direi che il ricercatore dovrebbe essere, fondamentalmente, una persona onesta,
non condizionata da principi ideologici. Il ricercatore deve essere libero, ma nel momento
in cui si avvicina alla vita nascente ed ai valori fondamentali della vita, la sua libertà deve
essere vigilata. In altri termini: il principio per il quale, per esempio, noi diciamo no alla
ricerca sulle cellule staminali embrionali è perché noi sappiamo che questo tipo di ricerca
attaccherebbe la vita dell‟uomo. Non possiamo permettere che questo avvenga, nel senso
71
che dobbiamo avere il rispetto per la vita fin dall‟inizio. Ed ugualmente non ammettiamo
l‟eutanasia perché abbiamo il rispetto della persona anziana, della persona che ha delle
disabilità, della persona che non è più in grado di fare quello che faceva qualche tempo
prima. Quindi, direi che questi sono i principi fondamentali ai quali deve fare riferimento
un ricercatore.
D. – Nei giorni immediatamente precedenti la visita del Santo Padre, dal 18 al
20 giugno, presso il vostro Istituto si terrà il 19.mo Corso di genetica medica.
Quali obiettivi vi ponete?
R. – È un corso che ha una valenza, possiamo dire, internazionale. Trattiamo aspetti
clinici, molecolari, terapeutici delle malattie. È il più importante corso formativo
nell‟ambito della genetica medica in Italia, dopo il convegno della Società nazionale che si
svolge una volta l‟anno. Il fatto che arrivino persone da tutte le parti del mondo vuol dire
che, veramente, negli anni si è classificato come un evento importante in questa specifica
disciplina.
D. – Un’ultima domanda, Professore: cosa significa per Lei, e per la “Casa
Sollievo della Sofferenza”, la visita del Santo Padre?
R. – È una luce. Io ho avuto la fortuna di incontrare, in un‟altra circostanza, il Santo Padre
e porto ancora nel cuore, a distanza di molto tempo, questa emozione fortissima di questa
persona straordinaria. È veramente un qualcosa di indescrivibile. Per un posto come San
Giovanni Rotondo, che ha tutta una storia, penso che la visita del Santo Padre sia
un‟occasione per ritornare a riscoprire e a riflettere su quanto ci ha insegnato Padre Pio, un
insegnamento che spesso, forse, stiamo dimenticando.
APPUNTI
LA PUGLIA E I PAPI:
TRA STORIA E ANTICHE TRADIZIONI LOCALI
Almeno due, forse tre Pontefici erano pugliesi. Sappiamo con
certezza che agli albori dell‟evangelizzazione dell‟Italia, le strade,
comunità e chiese di queste terre accolsero diversi Successori del
Principe degli Apostoli ed è molto probabile, come raccontano
antichissime tradizioni, che da queste parti sia passato lo stesso San
Pietro.
Giovanni Paolo II visitò la Puglia 5 volte fermandosi in 18 località diverse,
escluse le città di Brindisi e Santa Maria di Leuca che furono visitate poi da
Benedetto XVI81. Prima però di queste ultimi due Pontefici, Paolo VI, durante uno
storico e inedito viaggio, celebrò la Messa di Mezzanotte (Natale 1968) a Taranto,
presso lo stabilimento siderurgico «Italsider» (oggi «Ilva»).
Andando dietro nel tempo si trovano parecchie testimonianze, molte delle
quali documentate e altre un po‟ incerte, sulla presenza in Puglia di numerosi
altri Pontefici.
A Santa Maria di Leuca, dove non sappiamo con certezza nulla sulla
presenza di San Pietro, anche se molto probabile, è certo invece che nel 343
81
Visita Pastorale a Santa Maria di Leuca e Brindisi (Puglia, 14-15 giugno 2008)
72
arrivò Papa Giulio I per consacrare il Santuario ricostruito, decidendo di passare
la diocesi sotto la giurisdizione di Roma come suffraganea di Otranto.
A Monte Sant‟Angelo (Foggia) - che Giovanni Paolo II visitò il 24 maggio
1987 - fin da quando Papa Gelasio I concesse, nel 493, il suo assenso alla
dedicazione della “Grotta delle Apparizioni” di San Michele Arcangelo a luogo di
culto e vi compì la sua prima visita, accordando l'indulgenza del «Perdono
angelico», una serie di Romani Pontefici si mise sulle sue orme per venerare
questo luogo sacro.
Tra essi si ricordano Agapito I82, Leone IX83, Urbano II84, Innocenzo II85,
Celestino III86, Urbano VI87, Gregorio IX88, San Pietro Celestino89 e Benedetto IX90.
Si sa con certezza che la Puglia ha dato due Papi alla Chiesa Cattolica:
Innocenzo XII e Benedetto XIII. Potrebbero essere tre se quanto si afferma in sede
storiografica su Bonifacio IX sarà confermato definitivamente. Diversi altri
Pontefici, per alterne vicende, hanno legato però parte della loro vita a questa
regione: tra loro i genovesi, Innocenzo VIII e Benedetto XV. Si può dire lo stesso
per Papa San Cleto (o Anacleto), per Giulio I, Paolo VI e per Giovanni Paolo II che
si recò in Puglia cinque volte vistando 18 località, tra cui quasi tutte le più
importanti città della Regione.
INNOCENZO XII (1691 – 1700)
Al secolo Antonio Pignatelli, nacque a Spinazzola di Bari il 13 marzo 1615. Fu
educato nel collegio dei Gesuiti di Roma. A vent'anni divenne un funzionario della
corte di Papa Urbano VIII. Sotto i Papi successivi servì come Vice Legato di Urbino
e poi come Governatore di Perugia. Fu ordinato sacerdote nel 1652 e
successivamente fu nominato vescovo di Larissa prima e di Lecce poi. Dal 1660 al
1668 fu Nunzio Apostolico in Polonia. Nel 1673 fu nominato Segretario della
Congregazione dei Vescovi e dei Regolari. Il 1° settembre 1681 fu creato cardinale.
L'anno dopo fu nominato Arcivescovo di Faenza e Legato di Bologna e nel 1687
Arcivescovo di Napoli. Alla morte di Alessandro VIII avvenuta il 1° febbraio 1691,
il Conclave si protrasse per cinque mesi, ed egli fu eletto il 12 luglio come
candidato di compromesso tra i cardinali francesi e quelli del Sacro Romano
Impero. Fin dagli inizi del suo pontificato tentò, in ogni modo, di moralizzare la
vita pubblica, migliorare le condizioni e lo stile di vita del clero. Immediatamente
dopo la sua elezione prese posizione contro il nepotismo che troppo a lungo era
stato uno dei grandi scandali della Chiesa; la bolla “Romanum decet Pontificem”,
emanata nel 1692, proibiva ai Papi in qualsiasi momento, di concedere proprietà,
incarichi o rendite a qualsiasi parente. In tutto il suo pontificato rimase fedele a
questo; nessun suo familiare ebbe incarichi in Vaticano e negò perfino la porpora
del cardinalato all'Arcivescovo di Taranto perché era suo nipote. Nello stesso
tempo cercò di contrastare le pratiche simoniache. A questo scopo introdusse
(Roma, ... – 22 aprile 536). Papa tra il 535 e il 536.
(Eguisheim, 21 giugno 1002 – Roma, 19 aprile 1054) Papa tra il 1049 e il 1054.
84 (Châtillon-sur-Marne, ca. 1040 – Roma, 29 luglio 1099)Papa dal 1088 al 1099.
85 (Roma, ... – Roma, 24 settembre 1143). Papa tra il 1130 e il 1143.
86 (Roma, 1106 circa – Roma, 8 gennaio 1198). Papa dal 1191 al 1198.
87 (Napoli, ca. 1318 – Roma, 15 ottobre 1389). Papa dal 1378 al 1389.
88 (Anagni, circa 1170[1] – Roma, 22 agosto 1241) Papa tra il 1227 e il 1241.
89 (Molise, circa 1215 – Fumone, 19 maggio 1296). Papa dal 29 agosto al 13 dicembre
1294.
90 (Roma, ca. 1012 – Grottaferrata, forse 1055 o 1056), fu Papa dal 1033 al 1044, poi una
seconda volta nel 1045 ed una terza nel biennio 1047-1048.
82
83
73
nella sua corte uno stile di vita più semplice e modesto. Egli stesso, secondo una
tradizione romana, disse "i poveri sono i miei nipoti", paragonando con ironia la
sua beneficenza pubblica al nepotismo imperante. Nel 1694 istituì la
Congregazione per la disciplina e la riforma degli Ordini Regolari, con l'intento di
riformare verso una maggiore spiritualità la Chiesa. Innocenzo XII fece diverse
riforme necessarie e molto utili negli Stati della Chiesa. Nel 1693 spinse i vescovi
francesi a ritirare le quattro proposizioni legate alle "Libertà Gallicane", che erano
state formulate dall'Assemblea del 1682. A Papa Innocenzo XII si devono molte
delle opere pubbliche in Roma; la più significativa è quella della ristrutturazione
dell‟attuale Palazzo di Montecitorio, all‟epoca Curia in cui si amministrava la
giustizia (Forum Innocentianum). Morì a Roma il 27 settembre 1700 e fu sepolto
nella Basilica di S. Pietro.
BENEDETTO XIII (1724 – 1730)
Al secolo Pierfrancesco Orsini, nacque a
Gravina il 2 febbraio 1649. Nel 1668 entrò
nell‟Ordine dei Domenicani. Nel 1671 fu
ordinato sacerdote e quando aveva 23 anni fu
creato cardinale; incarico che, si dice, dovette
accettare forzatamente. Nel 1675 fu vescovo di
Siponto, poi fu inviato a Cesena e nel 1686 a
Benevento
dove
rimase
per
40
anni,
segnandone la storia anche civile. All‟età di 75
anni fu eletto Papa il 29 maggio del 1724 nonostante le sue resistenze. Governò la
Chiesa per quasi 6 anni con spirito ascetico, conservando l‟abito bianco dei
domenicani91. Nel 1725 indisse il giubileo più riuscito fino a quel momento per
concorso di pellegrini. In quella circostanza inaugurò la scalinata di Trinità dei
Monti. Morì il 21 febbraio 1730 ed è sepolto nella chiesa di S. Maria sopra
Minerva a Roma. La Diocesi di Giovinazzo ben lo ricorda per quanto da lui
disposto in merito alle vertenze con la città di Terlizzi, che rifiutava la dipendenza
dal Vescovo di Giovinazzo. Il 21 febbraio 1931 Papa Pio XI ha dato inizio alla
causa di beatificazione.
BONIFACIO IX (1384 – 1404)
Al secolo Pietro Tomacelli, nacque a Casarano (Lecce). Per lui si usa la più
generica indicazione “di nobile famiglia napoletana”; solo in alcune storie dei Papi
è scritto che nacque a Casaranello, antico feudo della sua famiglia. Gli studiosi
salentini ne rivendicano i natali; tant‟è che in quella cittadina vi sono lapidi e
pitture che confermerebbero la sua nascita in quei luoghi. La sua data di nascita
è incerta tra il 1344 ed il 1359. È incerta anche la causa della morte ma non la
Alcuni studiosi attribuiscono a questo Papa l‟introduzione dell‟abito talare bianco, ma
in realtà non è così nel senso che questo costume arriva dalla seconda metà del '500. Si
deve a Papa San Pio V (nato Antonio Michele Ghislieri il 17 gennaio 1504 e morto a
Roma, 1° maggio 1572). Fu Papa della Chiesa cattolica tra il 1566 e il 1572. Venne
canonizzato da Clemente XI il 22 maggio 1712. Al momento della sua elezione il Papa
vestiva di rosso come i vescovi, ma lui, domenicano nel cuore, non volle abbandonare il
suo abito, e fu il primo Papa non solo a vestire di bianco, ma a mantenere l'abito del
carisma originario alla sua vocazione. Ben presto ci si accorse che il colore piaceva e
dopo la sua morte nessuno osò cambiarne il colore, ma venne fatto uguale all'abito dei
cardinali solo di colore bianco.
91
74
data il 1° ottobre 1404. Di questo Pontefice le doti riconosciutegli da tutti erano
sicuramente la bontà d‟animo e la purezza nei costumi, ma la sua formazione
culturale aveva dei limiti e non seppe combattere il nepotismo. Visse durante il
periodo degli “antipapa avignonesi”. Difese con forza il papato. Di questo Papa,
Giovinazzo, mantiene il ricordo negli stemmi scolpiti sulla facciata della chiesa
dello Spirito Santo. Fu, infatti, Bonifacio IX a concedere al giovinazzese Pavone
Griffi, suo Legato in Ungheria, l‟edificazione di quella chiesa con un collegio di
sacerdoti direttamente dipendenti da Roma.
Quando Papa Benedetto XV soggiornò a Giovinazzo
Un‟iscrizione ricorda che il cardinale Giacomo della Chiesa fu ospite del cardinale
Camillo Siciliano di Rende. Quest‟iscrizione è l‟unico ricordo tangibile del
passaggio da Giovinazzo del cardinale Giacomo della Chiesa. Essa fu fatta
incidere sicuramente dopo il 1914 quando il cardinale della Chiesa fu eletto Papa
e assunse il nome di Benedetto XV. Alcune ricerche ipotizzano che Papa
Benedetto XV possa aver alloggiato in quel palazzo quale ospite del porporato
Camillo Siciliano di Rende arcivescovo di Benevento. Il giovinazzese mons.
Siciliano, fu investito della porpora cardinalizia nel 1887 e morì nel 1897.
San Cleto (o Anacleto) vescovo di Ruvo
Papa San Cleto, nato in Grecia, sarebbe stato vescovo di Ruvo
di Puglia anche se la sua nomina sembra legata alla leggenda.
Peraltro la Grotta a Lui intitolata che si trova sotto la chiesa
del Purgatorio nelle vicinanze della Cattedrale di Ruvo,
avvalorerebbe l‟ipotesi di tale nomina. All‟interno di questa
grotta si leggeva l‟iscrizione in latino: “Cittadini di Ruvo, non
abbiate timore, io sono Cleto, primo vescovo di Ruvo e 3°
pontefice che prega per voi”. In tale grotta come nella chiesa
sovrastante si venera una sua effigie, testimonianza anche
dell‟esistenza di un‟antica confraternita a lui intitolata. I ruvesi
evidenziano, come nella provincia di Bari, la loro città sia
l‟unica ad avere oltre a San Biagio San Cleto quale protettore
certamente dal 1516 quando una sua statua venne collocata sulla porta della
città. Molti sono inoltre i ruvesi che portano il suo nome. Il suo pontificato
avrebbe avuto la durata di sei anni, durante il regno di Vespasiano e quello di
Tito. Pare che fosse stato battezzato e designato Vescovo di Ruvo di Puglia dallo
stesso S. Pietro. Durante il suo pontificato avvenne la distruzione di
Gerusalemme da parte dell‟esercito di Tito. Molti ebrei furono condotti schiavi a
Roma e Papa Cleto, li soccorse e sollevò dalla miseria. Terzo Papa dopo Pietro e
Lino, Anacleto ebbe un singolare destino: sdoppiato in due persone distinte, Cleto
e Anacleto, aveva due feste diverse nel Martirologio Romano, una quella odierna,
l'altra il 13 luglio. L'errore sembra sia dovuto a un antico copista che stilando una
lista dei papi inserì entrambi i nomi. Cleto in realtà è solo un abbreviativo. Studi
moderni, poi, hanno chiarito l'equivoco. Sulla base degli studi dell'abate Louis
Marie Olivier Duchesne (“Storia della Chiesa Antica”), infatti, l'orientamento
attuale è che Anacleto e Cleto siano una sola persona: perciò la Congregazione dei
riti nel 1960 abolì la festa del 13 luglio, lasciando solo quella del 26 aprile. Pochi i
dati biografici di questo pontefice (ritratto qui a alto con il Pallio nella forma antica,
la stessa usata da Benedetto XVI durante la Messa di inizio pontificato). S. Cleto,
d‟origine ateniese, fu Papa dal 79 al 90, e si rese benemerito per aver edificato
una «memoria», un sepolcro a San Pietro, presso il quale fu poi sepolto egli stesso.
75
LE INCHIESTE
Padre Pio nacque (1887) quando era Papa Leone XIII e morì (1968) quando il
Successore di Pietro era Paolo VI. In questo periodo di oltre 80 anni, tra
questi due Pontefici, si sono succeduti: Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII
e Giovanni XXIII. In totale 7 Papi.
Le autorità della Santa Sede, di fronte a vicende così straordinarie come quelle che
caratterizzarono la vita di Padre Pio, ebbero, come sempre in casi simili, un
comportamento improntato a cautela, prudenza e a volte diffidenza. Non si trattò solo di
applicare una norma di condotta bensì di un obbligo doveroso. La Sede Apostolica
sottopose Padre Pio a numerose inchieste per accertare l'autenticità dei fenomeni che lo
coinvolgevano e la sua personalità così come la sua vita sacerdotale, disponendo anche,
in alcuni momenti, dei provvedimenti restrittivi del suo ministero. Le materie indagate e
analizzate furono poi sottoposte a nuovi controlli e verifiche lungo tutto il complesso
processo di beatificazione e di canonizzazione (dal 20 marzo 1983 al 16 giugno 2002).
Come abbiamo già raccontato, Padre Pio scrisse che nell'agosto del 191892 ebbe la visione
di un personaggio che lo trafiggeva con una lancia, lasciandogli una ferita costantemente
aperta. Poco tempo dopo, in seguito ad una ulteriore visione, Padre Pio affermò di aver
ricevuto delle stimmate. Tali lesioni vennero
variamente interpretate: come segno di una
particolare santità, o come una patologia della
cute o come auto-inflitte. E furono proprio queste
“ferite” quelle che le autorità della Santa Sede
misero al centro delle prime inchieste.
1919: le prime inchieste. La prima decisione di
sottoporre Padre Pio ad esami e inchieste fu presa
dal Superiore Provinciale dei Cappuccini che
chiese al professore Luigi Romanelli, primario
dell'ospedale civile di Barletta, di controllare
l‟autenticità e origine delle stimmate. Il dott.
Romanelli fece tale esame nei giorni 15 e 16
maggio 1919. Nella sua relazione fra le altre cose scrisse: «Le lesioni che presenta alle
mani, sono ricoperte da una membrana di colore rosso bruno, senza alcun punto
sanguinante, niente edema e niente reazione infiammatoria nei tessuti circostanti. Ho la
certezza, che quelle ferite non sono superficiali perché, applicando il pollice nel palmo della
mano e l'indice sul dorso e facendo pressione, si ha la percezione esatta del vuoto
esistente». Il 26 luglio, quasi 60 giorni dopo, arrivò a San Giovanni Rotondo il professore
Amico Bignami, ordinario di patologia medica all'Università di Roma, per un secondo
controllo. Come affermano tutte le cronache e i documenti ufficiali dell‟epoca le
osservazioni mediche del dott. Bignami non furono molto diverse da quelle del prof.
Romanelli. Nella sua relazione il cattedratico però affermò che secondo lui quelle
stimmate erano cominciate come prodotti patologici (“necrosi neurotonica multipla della
cute”) ed erano state completate, forse inconsciamente, per un fenomeno di suggestione o
con un mezzo chimico (per esempio la tintura di iodio). Il dottor Amico Bignami fece
compiere un esperimento sulle mani di Padre Pio, furono sigillate le sue piaghe per otto
giorni, con tanto di firme di controllo. Alla riapertura delle bende, sanguinavano più del
primo giorno e non si erano né rimarginate né infettate. Per molti, la prova
dell‟inconsistenza dell‟accusa sta proprio in questo: se il frate si fosse procurato con
l‟acido le piaghe, queste si sarebbero chiuse oppure sarebbero andate in suppurazione.
Per cinquant‟anni, invece, sono rimaste inspiegabilmente aperte e sanguinanti. Da
ricordare che il professore Luigi Romanelli poi ritornò a visitare Padre Pio, il 9 ottobre
92
7 settembre 1910 - Piana Romana – Prima manifestazioni delle stimmate.
20 settembre 1918 - P. Pio riceve le stimmate.
5 agosto 1918 - Trasverberazione..
76
1919, insieme al medico Giorgio Festa (visita commissionate dal Padre Generale dei
Cappuccini, Padre Venanzio da Lisle-en-Rigault). Il dott. Festa, il 28 ottobre 1919, scrisse
una dettagliata relazione attestando che esse “non sono il prodotto di un traumatismo di
origine esterna, e che neppure sono dovute all’applicazione di sostanze chimiche
potentemente irritanti”.93
1920: la ricognizione di p. Agostino Gemelli. Nel 1920 giunse a San Giovanni Rotondo
padre Agostino Gemelli, medico, psicologo, frate minore e consulente del Sant'Uffizio. Il
suo intento era chiedere a Padre Pio se sarebbe andato a buon fine il suo progetto di
fondare l‟Università Cattolica e, ottenuta una risposta affermativa, scrisse sul libro dei
visitatori illustri una frase estremamente positiva sul frate stigmatizzato. Il giorno dopo,
anche su richiesta del Vescovo di Foggia, dal quale si era fermato lungo il viaggio per San
Giovanni Rotondo, padre Gemelli chiese a Padre Pio di eseguire un esame clinico delle
ferite. Questa ricognizione da sempre è stata molto controversa e il più delle volte sono
circolate versioni inesatte. Dall‟indagine storica effettuata nell‟ambito del processo di
beatificazione e canonizzazione di Padre Pio sappiamo che padre Agostino Gemelli aveva
comunicato al Provinciale dei Cappuccini, Padre Pietro, che intendeva recarsi a San
Giovanni Rotondo esclusivamente per fini spirituali e privati e giunse alla città il 18
aprile 1920. Né era in possesso di un documento che accreditasse il carattere ufficiale
della sua visita, per cui Padre Pio, non essendo stato autorizzato dai superiori, non
accettò di farsi visitare. I suoi confratelli, vedendo Gemelli contrariato, lo invitarono a
fermarsi in convento il tempo necessario a far giungere da Roma le necessarie
autorizzazioni, ma egli rifiutò sostenendo che doveva ripartire subito e, al suo rientro a
Roma stilò un rapporto molto duro nei confronti di Padre Pio affermando, in sostanza,
pur non avendo visitato Padre Pio, che le sue stimmate erano di origine isterica. Alla
relazione di Gemelli si aggiunsero le accuse provenienti dall‟Arcivescovo del luogo (poi
costretto a dimettersi a seguito di una visita apostolica all‟Arcidiocesi). Il 31 maggio 1923,
arrivò un Decreto in cui il Sant'Uffizio dichiarava «non constatare la soprannaturalità»
("non constat de supernaturalitate") dei fatti legati alla vita di Padre Pio ed esortava i fedeli
a non andare a San Giovanni Rotondo. (Documento pubblicato sull'Osservatore Romano
il 5 luglio 1923). La formula specifica utilizzata equivaleva ad asserire che al momento
non erano stati evidenziati elementi sufficienti ad affermare la “soprannaturalità” dei
fenomeni, ma ciò non escludeva che potessero esserlo in futuro. Il 17 giugno 1923 giunse
a San Giovanni Rotondo l'ordine che stabiliva: Padre Pio non può più celebrare la Messa
in pubblico né rispondere alle lettere dei fedeli. Il 25 giugno Padre Pio celebra la Messa in
privato e il 26, per il rischio di un tumulto popolare, torna a celebrare in chiesa. L‟8
agosto giunse l'ordine di trasferire Padre Pio ad Ancona, ma il 17 agosto le autorità
ecclesiastiche, sempre per evitare disordini e rischi per la sicurezza pubblica, sospesero il
trasferimento del frate.
1923 - 1933. Il 23 maggio 1931 a Padre Pio venne ancora vietata la celebrazione della
Messa in pubblico e fu sospesa ogni altra facoltà sacerdotale, compreso l'esercizio della
confessione. Il 16 luglio 1933 Padre Pio torna a celebrare la Messa in pubblico poiché
Papa Pio XI aveva revocato le restrizioni precedentemente imposte al frate.
1960. Successivamente, durante il Pontificato di Papa Giovanni XXIII il Sant‟Uffizio
ordinò ulteriori indagini su Padre Pio, inviando mons. Carlo Maccari (quale Visitatore
apostolico nominato il 22 luglio 1960). La visita di mons. Maccari viene effettuata dal 29
luglio al 2 ottobre. Appena arrivato a San Giovanni Rotondo, mons. Maccari ordina subito
l'annullamento di tutti i programmi dei festeggiamenti del giubileo sacerdotale di Padre
Pio, che sarebbe caduto il 10 agosto. A San Giovanni Rotondo, da ogni parte erano
arrivate lettere e telegrammi di felicitazione. Il cardinale di Milano, Giovanni Battista
Montini, futuro Paolo VI, aveva inviato una lettera autografa, con espressioni di affetto e
di stima. Lo stesso aveva fatto il cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna. In
tutto erano arrivate 79 testimonianze di vescovi italiani insieme a quella del vescovo di
Il 15 dicembre del 1924, il dottor Giorgio Festa chiese alle autorità ecclesiastiche
l'autorizzazione a sottoporre Padre Pio ad un nuovo esame clinico per uno studio
ulteriore e più aggiornato, ma non l'ottenne.
93
77
Chicago.94 Dietro la visita di Mons. Maccari sembra ci sia stata una vera e propria opera
diabolica. Si dice perfino che il demonio, durante un esorcismo, avrebbe promesso a
Padre Pio: «Non posso far nulla contro di te, ma mi scaglierò contro la tua opera». Fu così
che quell‟Opera voluta dalla Provvidenza, sin dall‟inizio incontrasse problemi gestionali,
dovuti a invidie e gelosie di chi, forse, avrebbe voluto gestirla a modo proprio. Ci fu ben
presto chi mise in discussione la fiducia illimitata che Padre Pio aveva negli
amministratori e cominciò a cercare alleanze un po‟ dappertutto, perfino tra le mura del
convento dei cappuccini e nella stessa Curia Romana. Fu così che qualche frate
cappuccino e lo stesso Mons. Umberto Terenzi, fondatore del Santuario del Divino Amore
di Roma, caddero nella rete e si prestarono al tentativo di raccogliere prove per
dimostrare come Padre Pio fosse strumentalizzato da un gruppo di persone capeggiato
dalle sue predilette. Non mancarono accuse di ogni tipo, tra le quali quella fatta ai
cappuccini di voler estorcere il denaro dato a Padre Pio per l‟Ospedale. Accusa per altro
ritrattata più volte e chiarita, ma
finita ugualmente sui giornali. In
questo marasma di insinuazioni e
piccole cattiverie, per difendere i
frati e lo stesso Ospedale, fu
proprio il padre Generale dei
Cappuccini a chiedere quella visita
apostolica che, gestita forse con
troppa inesperienza da Mons.
Maccari, andò ben oltre i suoi
compiti e le stesse aspettative di
chi l‟aveva invocata. In tutto
questo Padre Pio continuava a
vivere la sua vita da frate e a
pretendere dai laici che lo
circondavano la massima fedeltà alla Chiesa, minacciandoli di escluderli dal numero dei
suoi figli spirituali. Invitato a difendersi diceva soltanto: «I miei avvocati sono Gesù e la
Madonna». Inizialmente le accuse da una parte e dall‟altra furono tante e si
moltiplicarono calunnie su Padre Pio e sul gruppo di donne che gli era vicino, perfino
Papa Giovanni XXIII inizialmente fu influenzato negativamente da queste dicerie.
Fortunatamente l‟allora vescovo di Manfredonia, mons. Andrea Cesarano che conosceva
il papa da lungo tempo e il Cardinal Siri riuscirono a chiarire la situazione e a difendere
Padre Pio. Nel 1964, il nuovo Papa, Paolo VI, concesse personalmente, ma ufficiosamente,
a Padre Pio da Pietrelcina la possibilità di svolgere il suo ministero in piena libertà. Gli
consentì anche di continuare a celebrare, anche pubblicamente, la Santa Messa secondo
il messale di San Pio V, sebbene dalla Quaresima del 1965 fosse in attuazione la riforma
liturgica, poiché il Frate stigmatizzato, per problemi di vista, non era in grado di leggere il
nuovo messale. Tuttavia si adeguò alla riforma per quanto riguarda la celebrazione verso
il popolo e l‟uso della mensa.
Karol Wojtyla. Due anni dopo, il 17 novembre del 1962, Karol Wojtyla, vescovo
capitolare di Cracovia, che aveva conosciuto Padre Pio a San Giovanni Rotondo nel 1948,
gli indirizzò una lettera in latino chiedendo di pregare per la dottoressa polacca Wanda
Poltawska, «una donna di quarant'anni, madre di quattro figlie che, durante la guerra, è
stata per quattro anni in campo di concentramento in Germania. Oggi la sua vita è in
pericolo a causa di un cancro». «A quello non posso dire di no», commentò Padre Pio ad
Angelo Battisti, latore della missiva. Undici giorni dopo mons. Wojtyla scrisse una
seconda lettera a San Giovanni Rotondo. «Venerabile Padre, la donna abitante a Cracovia
in Polonia, madre di quattro bambini, ha recuperato all'improvviso la salute il 21
novembre, prima dell'intervento chirurgico. Deo Gratias. E la ringrazio, Venerabile Padre,
a nome della donna, del marito e di tutta la famiglia. In Cristo, Karol Wojtyla, Vicario
capitolare di Cracovia. Roma 28 novembre 1962».
94
78
BENEDETTO XVI VISITA SAN GIOVANNI ROTONDO
21 GIUGNO 2009
XV viaggio apostolico in Italia
Benedetto XVI per la terza volta in Puglia
L‟annuncio della visita del Santo Padre
San Giovanni Rotondo (Sancti Joannis Rotundi)
- La «Rotonda» oggi
San Giovanni Rotondo e la città Monte Sant'Angelo
- Il santuario e le apparizioni di San Michele
- La grotta-santuario. La «Celeste Basilica»
- La visita di Giovanni Paolo II a Monte Sant‟Angelo
San Giovanni Rotondo oggi
Il Convento dei Frati Cappuccini
La Diocesi
- Mons. Domenico Umberto D'Ambrosio
- I primi secoli dell‟evangelizzazione
- La diffusione del Vangelo nel Gargano
I luoghi della visita - Il programma
- Campo sportivo “Antonio Massa”
- Santuario “Santa Maria delle Grazie” (Cripta)
La chiesa antica
San Camillo de Lellis
La basilica
Il mosaico “incompleto”.
La cripta.
L'esumazione del corpo di San Pio da Pietrelcina
Le procedure
Lo stato di conservazione del corpo
- La chiesa di San Pio da Pietrelcina
Chiesa superiore
Chiesa inferiore
- Casa Sollievo della Sofferenza
Cronologia di una grande storia
San Pio da Pietrelcina
Vita e opere
Cronologia essenziale
Le tappe principali della canonizzazione di Padre Pio
I luoghi della santità di Padre Pio
Le stimmate di Padre Pio
La bilocazione
Padre Pio confessore di anime
L‟epistolario di San Pio da Pietrelcina
Le lettere ai figli spirituali
La Madonna carissima
La madre Chiesa
Sulle orme di San Francesco d‟Assisi
Beatificazione del Servo di Dio Padre Pio
Omelia di Giovanni Paolo II
79
Pag.
1
2
4
10
10
11
16
31
49
Piazza San Pietro - domenica, 2 maggio 1999
Canonizzazione del Beato Padre Pio
Omelia di Giovanni Paolo II
Piazza San Pietro - domenica, 16 giugno 2002
La visita di Giovanni Paolo II a San Giovanni Rotondo
- Discorsi e Omelia - 23 maggio 1987
- «Il Papa e il frate»
I “Gruppi di Preghiera”
- Catechesi del cardinale Angelo Comastri ai Gruppi di Preghiera
13 ottobre 2006
Interviste
A cura di Isabella Piro
- Mons. Domenico Umberto D‟Ambrosio
- Dr. Bruno Dallapiccola
Appunti
- La Puglia e i Papi tra storia e antiche tradizioni locali
- Le inchieste
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61
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Il curatore ringrazia il contributo di Georges Cheung SJ,
Incaricato del Servizio di Documentazione – SeDoc
e di Stefano Campanella, Direttore di “Tele Radio Padre Pio”.
NOTA
Questo libretto è uno strumento di lavoro della Radio Vaticana destinato ai propri
giornalisti. I dati ivi inclusi integrano informazioni di varia natura
e provenienza e non hanno carattere ufficiale.
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Dossier - Radio Vaticana