Giuseppe Cassano L’azione di risarcimento nel nuovo codice delle assicurazioni [*] Il presente scritto - con l‘aggiunta di note ed alcune slides di riferimento - costituisce la Relazione al Convegno Nazionale in tema di "Il danno biologico: metodologia di valutazione della nuova tabella unica. Riflessioni e proposte applicative", Fiuggi 27 Maggio 2006 Per maggiori approfondimenti si rimanda a G. Cassano, Codice delle assicurazioni - Guida pratica al nuovo regime risarcitorio , Ipsoa, 2006 e G. Cassano, Provare, risarcire e liquidare il danno esistenziale , Il sole24ore, 2006. Per un inquadramento sistematico al Trattato Il danno alla persona, diretto da Giuseppe Cassano, III Tomi, 2000pp, Cedam, 2006 1. LA PROPONIBILITÀ DELL'AZIONE DI RISARCIMENTO La proponibilità dell'azione di risarcimento: il dictum dell’art. 145 del Codice Le condizioni di procedibilità per l’azione di risarcimento sono analiticamente descritte dall’art. 145 del Codice delle assicurazioni norma che prevede due ipotesi, precisamente quella di cui al primo comma, per l’azione di risarcimento esercitata nei confronti dell’assicurazione del danneggiante (art. 148), e quella del secondo comma, relativa alla procedura per indennizzo diretto (art. 149). In entrambi i casi l’azione diviene proponibile solo allo scadere di sessanta giorni in caso di danno alle cose, ovvero di novanta giorni in caso di danno alla persona. Detti termini, di sessanta ovvero di novanta giorni, decorrono dalla data in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti all'articolo 148. Nelle ipotesi di indennizzo diretto, poi, il danneggiato dovrà far pervenire detta raccomandata – ed è questo uno degli elementi di novità del Codice - alla propria assicurazione inviandola per conoscenza all'impresa di assicurazione dell'altro veicolo coinvolto (avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti dagli articoli 149 e 150). L’art. 145 ed il coordinamento con gli artt. 22 legge n. 990/1969 e 3 legge n. 39/1977 Il più immediato referente normativo antecedente alla riforma è dato dall’art. 22 della legge n. 990/1969 che dettava, come noto, le condizioni di proponibilità dell’azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli o dei natanti per i quali vi fosse obbligo normativo di assicurazione [1]. Il legislatore del 1969 aveva previsto che detta azione potesse essere proposta solo dopo che fossero decorsi sessanta giorni da quello in cui il danneggiato avesse chiesto all’assicuratore il risarcimento del danno, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento (anche se inviata per conoscenza) [2]. La giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, aveva precisato poi che l’art. 22 de quo “trova applicazione, tenendo conto del difetto di espresse limitazioni e della ratio della disposizione medesima (favore per il soddisfacimento stragiudiziale delle istanze di risarcimento), anche con riguardo alla domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto che assuma a sua volta la responsabilità dell'attore” [3]. La successiva legge n. 39/1977, da parte sua, aveva impegnato, come noto, dottrina e giurisprudenza sulla natura giuridica del più lungo termine (di novanta giorni) previsto da quest’ultima (art. 3) in ipotesi di sinistri con lesioni personali. Si tratta di un tema che oggi può dirsi definitivamente risolto in quanto allo stesso, come si è avuto modo di anticipare nel paragrafo precedente, ha dato una precisa risposta lo stesso legislatore del Codice. L’art. 145 in esame, invero, impone di considerare il decorso del detto termine di novanta giorni quale condizione di proponibilità dell’azione di risarcimento danni. Contenuto e limiti dell’art. 145 Si è avuto modo di precisare nel primo paragrafo come in ipotesi di indennizzo diretto sia compito del danneggiato far pervenire apposita raccomandata alla propria assicurazione inviandola per conoscenza all'impresa di assicurazione dell'altro veicolo coinvolto. Questa norma che è un’autentica novità introdotta con il Codice pone all’interprete un ventaglio di questioni giuridiche da affrontare e risolvere. È quanto si cercherà di fare in questo volume muovendo, ora, dalle seguenti due domande: 1) quali conseguenze sono sottese ad un eventuale omissione, sia essa dolosa o meramente colposa, dell’invio per conoscenza della lettera di messa in mora? 2) quale logica è sottesa a tale scelta, cioè di imporre l’obbligo di detto invio, da parte del legislatore? Pare utile, al fine di risolvere entrambe le questioni, dare una risposta dapprima al secondo quesito giacché, una volta individuata la ratio logico – giuridica sottesa alla scelta del legislatore, sarà più immediata la determinazione delle conseguenze sottese all’omissione di cui si è accennato. È da ritenere che alla base della prescrizione di tale formalità vi sia stata, da parte del legislatore, la volontà di far rendere edotta anche la compagnia di assicurazione del soggetto danneggiante dell’esistenza del sinistro e della relativa procedura del risarcimento anche perché la stessa potrebbe “dar luogo ad un indennizzo di cui si dovrà tener conto sia ai fini dell’eventuale applicazione del malus che dell’appostazione di idonea riserva” [4]. La medesima dottrina conclude il suo argomentare ritenendo che l’omesso rispetto della formalità dell’invio della raccomandata per conoscenza non rappresenti motivo di improponibilità della relativa domanda giudiziaria e che il medesimo adempimento possa essere ottemperato senza ricorrere al piego raccomandato. Ulteriori termini dettai quali condizioni di procedibilità Il quadro normativo di riferimento dei termini da rispettare quali condizioni di proponibilità della domanda giudiziaria in ipotesi di incidente stradale, a questo punto, non può dirsi ancora completo in quanto alla lettura della norma di cui all’art. 145 deve affiancarsi quella di cui all’art. 287 del medesimo Codice. Con previsione la cui ratio è di difficile intuizione, quest’ultima norma ha disposto che nelle ipotesi in cui il sinistro sia stato cagionato da veicolo o natante non identificato, ovvero il veicolo o natante non risulti coperto da assicurazione, o ancora il veicolo sia posto in circolazione contro la volontà del proprietario, dell'usufruttuario, dell'acquirente con patto di riservato dominio o del locatario in caso di locazione finanziaria (tutte ipotesi previste dall’art. 283, comma I, lett. a, b, d), l’azione per il risarcimento dei danni possa essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni da quello in cui il danneggiato abbia chiesto il risarcimento del danno, a mezzo raccomandata, all'impresa designata ed alla CONSAP - Fondo di garanzia per le vittime della strada. Infine, nell'ipotesi in cui il veicolo, o natante, coinvolto risulti essere assicurato presso un’impresa operante nel territorio della Repubblica, in regime di stabilimento o di libertà di prestazione di servizi, e che al momento del sinistro si trovi in stato di liquidazione coatta o vi venga posta successivamente (ipotesi prevista dall'articolo 283, comma 1, lett. c), l’azione per il risarcimento dei danni può essere proposta solo dopo che siano decorsi sei mesi dal giorno in cui il danneggiato ha richiesto il risarcimento del danno. Note [1] È da sottolineare come, in ipotesi di colposo ritardo dell’impresa assicurativa nell’adempiere alle proprie obbligazioni nei confronti del danneggiato, la Suprema Corte di Cassazione abbia precisato che “non muta la natura pecuniaria del debito dell'assicuratore, in quanto tale soggetta al principio nominalistico, ma produce il solo effetto di mutare coattivamente il beneficiario della prestazione, (Cass. S.U. 5218, 5219, 5220/1983; Cass. 1245/2000). Conseguentemente il giudice, nel liquidare l'indennizzo al danneggiato, deve sì considerare che la natura del debito del danneggiante assicurato è di valore, perché questi, risponde nei confronti del danneggiato a titolo di responsabilità extracontrattuale, e quindi calcolarne l'ammontare utilizzando i criteri elaborati dalla giurisprudenza per tale tipo di obbligazione, ma nei limiti del massimale, contrattuale o di legge che sia. Per poter invece esaminare se sussiste a carico dell'assicurazione un'accessoria e coordinata obbligazione risarcitoria per il danno subito dal danneggiato a causa del ritardo dell'assicurazione nell'adempiere al predetto debito, indennitario e di valuta, è necessario che quegli formuli autonoma domanda, rispetto a quella risarcitoria per il fatto del danneggiante, basata sul comportamento ingiustificatamente dilatorio dell'assicurazione - fatto costitutivo dunque proprio di essa - nel corrispondergli l'indennizzo come ad esempio per aver superato il termine stabilito dal precitato art. 22 della legge n. 990 del 1969 dalla richiesta; ovvero dall'art. 8, d.l. n. 576 del 1978, se la domanda è stata proposta contro l'impresa cessionaria; ovvero, ancora, quello dal quale, in base a requisiti intrinseci ed estrinseci alla predetta richiesta era possibile per l'assicurazione formulare un'offerta risarcitoria: Cass. 12780/1998). Se il giudice riterrà fondata tale domanda, e purché il debito liquidato per il risarcimento cagionato dal danneggiante superi il massimale, per la parte eccedente il massimale stesso (altrimenti si verificherebbe una duplicazione di interessi ed eventualmente di rivalutazione), liquiderà il danno secondo i criteri stabiliti per le obbligazioni pecuniarie dall'art. 1224 cod. civ., primo e secondo comma, e cioè interessi moratori ed eventuale maggior danno rispetto ad essi, con decorrenza dal momento del verificarsi della mora colpevole, ponendo a base del calcolo il massimale di polizza (o la quota del massimale spettante a ciascun danneggiato, nel caso di più soggetti danneggiati), con la possibilità di superarlo. Perciò, se la responsabilità dell'assicurazione ultramassimale è originata da un titolo diverso rispetto al contratto di assicurazione, la relativa domanda risarcitoria non può ritenersi implicitamente contenuta nella domanda che il danneggiato propone nei confronti dell'assicurazione ai sensi dell'art. 18 della legge 990/1969, che è correlata a detto contratto, ma deve esser formulata appositamente e tempestivamente, altrimenti soggiace alla preclusione processuale stabilita, in primo e secondo grado, per le domande nuove, e se il giudice invece la accoglie incorre nel vizio di ultra petita (Cass. 133/1998; 6388/2001; 2910/2002)” (Cass., III sez. civ., 8 giugno 2004, n. 10817). [2] Come rilevato dalla più attenta dottrina “La norma contenuta nell'art. 22 della legge n. 990 del 1969 , nel subordinare l'esercizio dell'azione risarcitoria alla preventiva richiesta del danno all'assicuratore ed al decorso del termine di sessanta giorni dalla medesima, pone una condizione di proponibilità dell'azione stessa, la cui ricorrenza deve essere riscontrata anche d'ufficio ed in sede di legittimità, salva la preclusione derivante dalla formazione del giudicato per la mancata impugnazione sul punto. Peraltro, la menzionata disposizione non limita l'onere in questione al solo caso di azione diretta contro l'assicuratore ma lo richiede in ogni caso in cui si agisca per il risarcimento danni da incidente stradale da veicoli o natanti ed è, perciò, applicabile anche quando l'azione è diretta contro il responsabile civile e/o l'autore del fatto illecito, pur se non sia stato contemporaneamente convenuto l'assicuratore (Cassazione civile, sez. III, 24 aprile 2001, n. 6026). L'assicuratore si pone, sin dal momento della richiesta del terzo danneggiato, come parte e protagonista attivo del rapporto e contraddittore diretto e primario per l'accertamento e la quantificazione dell'obbligazione risarcitoria (in un rapporto, cioè, di solidarietà interna con l'assicurato), con la conseguenza che, ai fini dell'interruzione della prescrizione ai sensi dell'art. 1310, comma 1, c.c., gli atti interruttivi compiuti dal danneggiato nei confronti del responsabile dell'incidente (tra cui la costituzione in mora e la costituzione di parte civile) esplicano efficacia anche nei confronti dell'assicuratore (Cassazione civile, sez. III, 18 maggio 2001, n. 6824)”, Merz, Manuale pratico della liquidazione del danno, III ed., Cedam, 2003, 216. [3] In questo senso: Trib. Venezia, 11 luglio 2002; Id. Cass., 1 dicembre 1998, n. 12189. [4] Hazan, L’indennizzo diretto è ancora un cantiere – Largo al Cid, spazi ridotti al danneggiato, in Diritto&Giustizia, 38/2005, IX, 67. Tavola 1 – La proponibilità dell’azione di risarcimento: riferimenti normativi Prescrizioni del Codice delle Assicurazioni Riferimenti normative previgenti Nel caso si applichi la procedura di cui all'articolo 148, l'azione Art. 22 legge n. 990/1969 – Art. 3 legge n. 39/1977 per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi e' obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti all'articolo 148. (art. 145, I comma) Nel caso in cui si applichi la procedura di cui all'articolo 149 l'azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi e' obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto alla propria impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, inviata per conoscenza all'impresa di assicurazione dell'altro veicolo coinvolto, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti dagli articoli 149 e 150. Tavola 2 – La proponibilità dell’azione di risarcimento: termini da rispettare Procedimento Tipo di danno subito Termine da rispettare Normativa di riferimento Art. 148 Codice Alle cose Art. 145, I comma, Codice Art. 148 Codice Alle persone Art. 149 Codice Alle cose Art. 149 Codice Alle persone Art. 283, comma I, lett. a), b) e d) Codice lett. a): alla persona; lett. b): alla persona nonché alle cose, il cui ammontare sia superiore all'importo di euro cinquecento, per la parte eccedente tale ammontare lett. c): ai terzi non trasportati e a coloro che sono trasportati contro la propria volontà ovvero che sono inconsapevoli della circolazione illegale, sia per i danni alla persona sia per i danni a cose Alla persona e alle cose 60 gg decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno 90 gg decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno 60 gg decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno 90 gg decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno 60 gg decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa all'impresa designata ed alla CONSAP Fondo di garanzia per le vittime della strada sei mesi dal giorno in cui il danneggiato ha richiesto il risarcimento del danno. Art. 287 Codice Art. 283, comma I, lett. c) Codice Art. 145, I comma, Codice Art. 145, II comma, Codice Art. 145, II comma, Codice Art. 287 Codice 2. LA PROCEDURA DI RISARCIMENTO Il dettato dell’art. 148 del Codice La procedura di risarcimento di cui all’art. 148 del Codice rappresenta, secondo le risultanze cui è pervenuta la dottrina più attenta, il percorso tradizionalmente standard e cioè a dire, quello indirizzato nei confronti dell’ “ente assicuratore del danneggiante secondo lo schema tipico già vigente prima dell’emanazione del nuovo codice” [1]. Prescrive la norma in esame che in ipotesi di sinistri con soli danni a cose, la richiesta di risarcimento, presentata secondo le modalità indicate nell'articolo 145 (si veda in merito il capitolo terzo), deve essere corredata dalla denuncia secondo il modulo di cui all'articolo 143 (si veda in merito il capitolo primo) e recare l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l'ispezione diretta ad accertare l'entità del danno. Entro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l'impresa di assicurazione è tenuta a formulare al danneggiato congrua offerta per il risarcimento, ovvero a comunicare specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta. Detto termine di sessanta giorni è poi ridotto a trenta quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro. Tale obbligo in capo alle società assicurative (di proporre al danneggiato congrua offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta) sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso. In questo caso la richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto sempre nel rispetto delle modalità innanzi viste (e quindi di quanto prescritto dagli artt. 143 e 145) ed inoltre: a) deve contenere l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro; b) deve essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa, dai dati relativi all'età, all'attività del danneggiato, al suo reddito, all'entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonché dalla dichiarazione attestante che lo stesso danneggiato non ha diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie (ai sensi dell'articolo 142, comma 2) o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima. L'impresa di assicurazione è quindi tenuta a provvedere all'adempimento del predetto obbligo di comunicazione entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione. Sempre ricorrendo l’ipotesi di incidente con lesioni, il danneggiato, in pendenza dei termini per la comunicazione delle determinazioni assunte dall’assicurazione (e cioè di procedere, o meno, ad un’offerta) e fatto salvo il caso di dover integrare la documentazione presentata, non può rifiutare gli accertamenti strettamente necessari alla valutazione del danno alla persona da parte dell'impresa. Qualora ciò accada, i termini innanzi visti restano sospesi. Dispone ancora l’art. 148 in esame che l’impresa di assicurazione è facultizzata a richiedere ai competenti organi di polizia le informazioni acquisite relativamente alle modalità dell'incidente, alla residenza e al domicilio delle parti e alla targa di immatricolazione o altro analogo segno distintivo, pur restando comunque tenuta al rispetto dei termini innanzi visti anche in caso di sinistro che abbia determinato sia danni a cose che lesioni personali o il decesso. Quando la richiesta inoltrata dal privato sia incompleta, allora l'impresa di assicurazione richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni. In tal caso i termini già visti decorrono nuovamente dalla data di ricezione dei dati o dei documenti integrativi. A questo punto il danneggiato è di fronte ad un’alternativa, accettare o meno l’offertagli pervenuta (ovviamente quando ciò avvenga) da parte dell’assicuratore. Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offertagli, l'impresa provvede al pagamento entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione. Peraltro, nell’opposta ipotesi che il danneggiato comunichi di non accettare la somma offertagli l'impresa di assicurazione sarà comunque tenuta a corrisponde, entro il medesimo termine dei quindici giorni, la somma offerta al danneggiato che sarà imputata nella liquidazione definitiva del danno. Potrebbe poi verificarsi una ulteriore ipotesi, ovvero che il danneggiato ometta di far pervenire qualsivoglia risposta, positiva o negativa, all’impresa di assicurazione. In questo caso, decorsi trenta giorni dalla comunicazione l'impresa stessa corrisponderà al danneggiato la somma offerta con le stesse modalità, tempi ed effetti visti per il caso di rifiuto da parte del danneggiato. Infine, il legislatore precisa che agli effetti dell'applicazione delle disposizioni in esame, l'impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato l'eventuale inadempimento da parte dell'assicurato dell'obbligo di avviso del sinistro di cui all'articolo 1913 c.c.. Quando all’esito del giudizio si pervenga a sentenza favorevole al danneggiato e la somma offerta (sia in ipotesi di sinistri con danni alle sole cose, che in ipotesi di sinistri con danni alle cose e alle persone) sia inferiore alla metà di quella liquidata, al netto di eventuale rivalutazione ed interessi, il giudice è tenuto a trasmettere, contestualmente al deposito in cancelleria, copia della sentenza all'ISVAP per gli accertamenti relativi all'osservanza delle disposizioni del Codice in tema di procedure liquidative. Da ultimo, il comma 11 della disposizione in esame prevede che l'impresa, quando corrisponda compensi professionali per l'eventuale assistenza prestata da professionisti, sia tenuta a richiedere la documentazione probatoria relativa alla prestazione stessa e ad indicarne il corrispettivo separatamente rispetto alle voci di danno nella quietanza di liquidazione. L'impresa, che abbia provveduto direttamente al pagamento dei compensi dovuti al professionista, è tenuta a darne comunicazione al danneggiato, indicando l'importo corrisposto. Così brevemente riportato il dettato della norma in esame è opportuno ora procedere con un’analisi dello stesso disposto al fine di evidenziarne gli elementi di maggiore problematicità ed anche quelli di novità. L’art. 148: novità e dubbi interpretativi A primo acchito potrebbe ritenersi che l’art. 148 altro non sia che una rivisitazione del disposto di cui all’art. 3 della legge n. 39/1977 ma, ad una più attenta lettura, non sfuggono talune novità volute dal legislatore del 2005. Ed invero, si è detto che in caso di richiesta incompleta, l'impresa di assicurazione richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni (V comma), è qui da precisare che sul punto l’art. 3 della legge n. 39/1977 prescriveva che “in caso di richiesta incompleta, l'assicuratore, ove non possa per tale incompletezza formulare congrua offerta di risarcimento, richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni”. Il venir meno nel Codice del riferimento all’impossibilità di formulare la congrua offerta di risarcimento ha fatto ritenere che la richiesta di integrazione in esame rappresenti un dovere cogente il cui adempimento non è sottoposto ad alcuna discrezionalità da parte dell’assicuratore [2]. Resta a questo punto da chiarire quali siano gli effetti connessi a tale richiesta di integrazione. Va da sé che restano sospesi i termini di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 148 relativi alla presentazione dell’offerta essendo sul punto il dettato del comma V del medesimo articolo oltremodo chiaro, resta da chiedersi, invece, se sono sospesi o meno anche i termini per proporre la domanda giudiziaria. Si ritiene doversi accogliere la soluzione positiva a detto problema alla luce dell’espresso rinvio che l’art. 145 – norma che come noto disciplina la proponibilità dell’azione di risarcimento (si veda il capitolo terzo) – opera all’art. 148. Infine, il tenore letterale del quarto comma dell’articolo in esame non lascia dubbi in ordine alla non sospensione dei termini per l’offerta nell’ipotesi in cui l'impresa di assicurazione eserciti la facoltà di richiedere ai competenti organi di polizia le informazioni acquisite relativamente alle modalità dell'incidente, alla residenza e al domicilio delle parti e alla targa di immatricolazione o altro analogo segno distintivo. Sul punto, per dirla con la migliore dottrina “per non dar corso ad incongruenze, è necessario che i termini di novanta / centoventi giorni (nella prassi oggi) necessari per ottenere il rilascio dei verbali di incidenti (anche in considerazione di quanto disposto dall’art. 21 del regolamento di attuazione del codice della strada) non operino nei confronti della compagnia assicuratrice (la quale rischierebbe di dover formulare l’offerta senza aver potuto acquisire alcuni elementi istruttori potenzialmente essenziali alla corretta rappresentazione della situazione di responsabilità). Devesi quindi ritenere che la clausola in commento, per poter rivestire effettiva utilità, consenta all’ente assicuratore di richiedere copia dei verbali (o comunque le informazioni ritenute necessarie) in qualsiasi momento e senza dilazioni” [3]. Un’altra novità introdotta dal Codice è stata l’abrogazione dell’obbligo per il danneggiato che abbia ottenuto il risarcimento dei danni subiti dal veicolo di trasmettere all'assicuratore la fattura, o documento fiscale equivalente, relativa alla riparazione dei danni risarciti entro tre mesi dal risarcimento. Si sottolinea in questa sede come tale norma oggi abrogata fosse stata introdotta dall'art. 23 della legge 23 dicembre 2002, n. 273 addirittura prevedendosi che ove il danneggiato non avesse ottemperato a tale obbligo, l'assicuratore avesse diritto a richiedere la restituzione dell'importo liquidato a titolo di risarcimento del danno, fatta salva la disposizione di cui all'articolo 642 del codice penale. Peraltro, aveva previsto il legislatore del 2002 che nel caso di rottamazione del veicolo l'obbligo di presentazione della fattura fosse sostituito dall'obbligo di presentazione della documentazione attestante l'avvenuta rottamazione. Si tratta di una abrogazione da salutarsi con favore e da intendersi, comunque, quale ripensamento di un legislatore che fin troppe volte in questi ultimi anni ha messo mani sulla normativa che riguarda il già complesso mondo della circolazione stradale. Infine, come correttamente rilevato in dottrina, “non costituisce … una novità (anzi è una norma del tutto inutile) la previsione per l’assicuratore di domandare <<ai competenti organi di polizia le informazioni acquisite relativamente alle modalità dell'incidente, alla residenza e al domicilio delle parti e alla targa di immatricolazione>>, in quanto tale facoltà è già oggi consentita dall’art. 11, comma 4, c.d.s.” [4] . Note: [1] Hazan, L’indennizzo diretto è ancora un cantiere – Largo al Cid, spazi ridotti al danneggiato, in Diritto&Giustizia, 38/2005, X, 68. [2] In tal senso Hazan, op. cit., X, 68. [3] In questo senso espressamente, Hazan, op. cit., X, 68. [4] Rossetti, Codice delle assicurazioni, Le nuove norme sulla r.c.a., parte III, in Dottrina e Diritto. Tavola 3 – Sintesi della procedura di risarcimento (art. 148 del Codice) Tipo di danno subito Principali adempimenti per il danneggiato Principali adempimenti per l’assicuratore Soli danni alle cose (comma 1) Presentare richiesta di risarcimento, secondo le modalità indicate nell'articolo 145, corredata dalla denuncia secondo il modulo di cui all'articolo 143, con indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l'ispezione diretta ad accertare l'entità del danno (comma 1) Entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione, l'impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua offerta per il risarcimento ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta. Il termine di sessanta giorni e' ridotto a trenta quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro (comma 1) In caso di richiesta incompleta l'impresa di assicurazione richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni (comma 5) Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offertagli, l'impresa provvede al pagamento entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione (comma 6) Entro ugual termine l'impresa corrisponde la somma offerta al danneggiato che abbia comunicato di non accettare l'offerta. La somma in tal modo corrisposta e' imputata nella liquidazione definitiva del danno (comma 7) Decorsi trenta giorni dalla comunicazione senza che l'interessato abbia fatto pervenire alcuna risposta, l'impresa corrisponde al danneggiato la somma offerta con le stesse modalità, tempi ed effetti di cui al comma 7 (comma 8) L'impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato l'eventuale inadempimento da parte dell'assicurato dell'obbligo di avviso del sinistro di cui all'articolo 1913 c.c. (comma 9) Lesioni personali decesso (comma 2) o La richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto con le modalità indicate al comma 1. La richiesta deve contenere l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle circostanze nelle quali si e' verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa, dai dati relativi all'età, all'attività del danneggiato, al suo reddito, all'entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonche' dalla dichiarazione ai sensi dell'articolo 142, comma 2, o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima (comma 2). Non può rifiutare gli accertamenti strettamente necessari alla valutazione del danno alla persona da parte dell'impresa (comma 3). Entro novanta giorni dalla ricezione della documentazione proporre al danneggiato congrua offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta (comma 2) In caso di richiesta incompleta l'impresa di assicurazione richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni (comma 5) Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offertagli, l'impresa provvede al pagamento entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione (comma 6) Entro ugual termine l'impresa corrisponde la somma offerta al danneggiato che abbia comunicato di non accettare l'offerta. La somma in tal modo corrisposta e' imputata nella liquidazione definitiva del danno (comma 7) Decorsi trenta giorni dalla comunicazione senza che l'interessato abbia fatto pervenire alcuna risposta, l'impresa corrisponde al danneggiato la somma offerta con le stesse modalità, tempi ed effetti di cui al comma 7 (comma 8) L'impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato l'eventuale inadempimento da parte dell'assicurato dell'obbligo di avviso del sinistro di cui all'articolo 1913 c.c. (comma 9) 3. LA PROCEDURA DI RISARCIMENTO DIRETTO La procedura di risarcimento diretto, disciplinata dall’art. 149, rappresenta certamente l’aspetto più problematico connesso all’entrata in vigore del Codice delle Assicurazioni e merita, quindi, un’attenta analisi da parte degli interpreti al fine di trovare le soluzioni più adeguate e costituzionalmente orientate. Da più parti si sono levate proteste, anche dai toni piuttosto accesi, avverso questa nuova procedura. A conclusione del convegno "Il nuovo codice delle assicurazioni: le vittime della strada sempre più indifese?" tenutosi a Bologna il 25.11.2005, l’ANEIS – Associazione Nazionale Esperti di Infortunistica Stradale, ha approvato una mozione finale nella quale si osserva, tra l’altro, che “ con il Decreto Legislativo del 7/9 u.s. n. 209 (Nuovo Codice delle Assicurazioni) e, più precisamente, con l’introduzione del cosiddetto <<indennizzo diretto>>, i danneggiati rischiano di essere lasciati alla mercé delle compagnie senza la possibilità di una adeguata e tempestiva tutela sin dalla delicata fase stragiudiziale e disincentivati nella tutela dei propri diritti. Che in detto provvedimento sono contenute misure che ledono ulteriormente il diritto delle Vittime della Strada ad ottenere un giusto ed “integrale” risarcimento, con particolare riferimento al danno <<soggettivo o esistenziale>> per le lesioni di grave entità che è stato drasticamente limitato, Che il provvedimento aumenterà il rischio di contenzioso anche in sede penale e paradossalmente farà aumentare i premi assicurativi”. Altrettanto critica la posizione assunta dal XXVIII Congresso Nazionale Forense - I sessione - Milano 10 / 13 novembre 2005 – che ha chiesto espressamente l’abrogazione degli artt. 138, 141, 149,150 del Codice delle Assicurazioni, nel rispetto ed in difesa dei principi di diritto anche sotto il profilo della costituzionalità in virtù degli artt. 3 e 24 della Costituzione, mediante l’emanazione di un nuovo provvedimento legislativo o la sostanziale modifica di quello attuale [1]. Più favorevole all’impostazione del Codice l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato la quale ha avuto modo di esprimere “viva soddisfazione nel constatare che lo schema di decreto legislativo recante il "Riassetto normativo delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni – Codice delle Assicurazioni private" (di seguito Codice delle Assicurazioni), così come aggiornato al 19 luglio 2005, ha recepito numerose osservazioni formulate in un recente parere inviato alle commissioni parlamentari competenti in data 1 giugno 2005, tra le quali rileva l'introduzione della procedura di indennizzo diretto, disciplinata dagli articolo 149, 150 e 315. A questo proposito, nell'esercizio dei compiti ad essa assegnati dall'articolo 22 della legge n. 287 del 10 ottobre 1990, l'Autorità intende formulare alcune osservazioni in merito a tali disposizioni. (…). L'Autorità ribadisce che una più diffusa applicazione di un sistema di indennizzo diretto, come potrà risultare favorita e stimolata dalle modifiche normative introdotte, appare non solo pienamente compatibile ma addirittura di stimolo verso un assetto maggiormente concorrenziale del mercato assicurativo RCAuto. Infatti, (…), un sistema di indennizzo diretto permette l'instaurazione di un rapporto diretto tra l'impresa di assicurazione ed il proprio cliente con l'auspicabile conseguente riduzione delle spese legali e di condotte opportunistiche; ciò che dovrebbe consentire un contenimento dei costi dei risarcimenti, con effetti positivi sulla riduzione dei premi di polizza. L'attuazione integrale del sistema di indennizzo diretto consentirà di risolvere alcune asimmetrie informative e condotte opportunistiche che si collegano all'istituto della responsabilità civile, creando le condizioni per un più ampio confronto competitivo tra gli operatori del settore a beneficio dei consumatori. Essa consentirà altresì alle imprese di meglio programmare l'attività di provvista conoscendo in anticipo il parco macchine sul quale saranno in ipotesi chiamate ad intervenire, nonché agli assicurati di stipulare condizioni di polizza particolari e personalizzate, che prevedano ad esempio la sostituzione di pezzi danneggiati con ricambi equivalenti, o franchigie nella copertura assicurativa. L'Autorità ritiene che l'applicazione integrale di un sistema di indennizzo diretto fondato su regole semplici incentrate sui principi di efficienza e concorrenza delle condotte adottate da tutte le imprese assicurative, stimolerà la massima concorrenza possibile fra gli operatori del settore con la riduzione del costo delle polizze. In particolare, un ruolo centrale in tale sistema è svolto da meccanismi di regolazione economica dei rapporti fra le imprese che, in sede di previsione di sistemi di rivalsa presso la compagnia del responsabile, devono permettere a ciascuna impresa di beneficiare dell'efficienza derivante dalla gestione dei sinistri dei propri assicurati, stimolando in tal modo un confronto competitivo sui costi”. Alla luce di questo suo argomentare, l’Agcm esprime tuttavia talune perplessità con riferimento alla formulazione dell'articolo 150 nella parte in cui devolve ad un decreto ministeriale la disciplina del funzionamento complessivo del sistema di indennizzo diretto. In merito rileva come “un intervento regolatorio di così ampia portata possa ostacolare l'individuazione del miglior assetto di mercato, nel rispetto dei principi di efficienza, concorrenza e proporzionalità sopra delineati” ed auspica, di conseguenza, “una riformulazione dell'articolo 150, nel senso di prevedere esplicitamente che detta disciplina sia improntata ai citati principi di efficienza, concorrenza e proporzionalità. Con riguardo poi ai criteri per la cooperazione tra le imprese [(articolo 150, lettera e)], ed ai meccanismi di regolazione dei crediti reciproci [(articolo 150, lettera f)], che investono altresì profili di concorrenza fra le imprese, l'Autorità auspica che l'eventuale potestà regolamentare del Ministero sia esercitata previa consultazione con questa Autorità, così come, per esigenze di stabilità del settore, è previsto l'intervento dell'Isvap. Infine, sotto un diverso profilo, nell'ottica di favorire una più ampia diffusione del sistema di indennizzo diretto, che l'attuale disposto dell'articolo 149, comma 1, limita unicamente alle ipotesi di collisione tra soli due veicoli, l'Autorità ritiene che, decorso un primo periodo di applicazione dell'istituto, possano essere ampliate le ipotesi di applicazione anche ad ulteriori tipologie di sinistro, quali, innanzitutto, la collisione tra una pluralità di veicoli a motore. In conclusione, l'Autorità, nel valutare positivamente le recenti disposizioni in materia di indennizzo diretto introdotte nel Codice delle Assicurazioni, confida che - al fine di rendere maggiormente compatibile l'istituto con i principi a tutela della concorrenza nell'articolato normativo in esame siano apportate le modifiche sopra illustrate” [2]. Riportate tali posizioni, più o meno critiche, con l’unico intento di cogliere dalle stesse aspetti tecnico – giuridici da affrontare nelle prossime pagine, come in effetti si è fatto, è bene ora chiedersi se la procedura in esame vuol rappresentare una sorta di rivoluzione copernicana nel sistema del RCA ma, occorre chiedersi, queste intenzioni del nostro legislatore possono dirsi realizzate, oppure siamo di fronte ad uno scomposto quadro normativo da riordinare? Procediamo con ordine, dapprima riferendoci al dettato del legislatore per poi passare alle questioni interpretative ad esso connesse fino ad arrivare, da ultimo, alla individuazione di possibili chiavi di lettura. Il dictum dell’art. 149 del Codice La norma di cui all’art. 149 prescrive che in ipotesi di sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti, i danneggiati debbano rivolgere la propria richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato. In altre parole, il danneggiato non deve più rivolgersi al responsabile civile ed all’assicurazione di quest’ultimo bensì alla propria società assicurativa [3]. Secondo quanto disposto dall’art. 5 dello schema di D.P.R. recante “Disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, in attuazione dell'articolo 150 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209” in ordine alle modalità della richiesta di risarcimento il danneggiato che si ritenga non responsabile del sinistro è tenuto a rivolgere la propria richiesta di risarcimento (come detto, all'impresa che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato) avvalendosi di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, oppure ricorrendo al telegramma o al telefax. La norma del regolamento in esame apre poi la possibilità alle richiesta inviate telematicamente sempre che lo strumento dell’e.mail non sia escluso dal contratto. La formulazione della norma (in particolare, l’inciso “se non è escluso dal contratto”) lascerebbe intendere una sorta di favor verso queste nuove forme di comunicazione [4] anche se l’e.mail non rientra nel novero degli strumenti, per così dire tipici, ricorrendo ai quali si può far pervenire la richiesta di danni [5]. L'impresa che abbia ricevuto la richiesta in esame è tenuta a darne immediata comunicazione all'assicurato ritenuto responsabile del sinistro e all'impresa di quest’ultimo. Quanto al contenuto della richiesta, ad oggi, lo schema del D.P.R. citato prevede che essa indichi i seguenti elementi (art. 6) [6]: 1. i nomi degli assicurati; 2. le targhe dei due veicoli coinvolti; 3. la denominazione delle rispettive imprese; 4. la descrizione delle circostanze e delle modalità del sinistro; 5. le generalità di eventuali testimoni; 6. l'indicazione dell'eventuale intervento degli Organi di polizia; 7. il luogo, i giorni e le ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per la perizia diretta ad accertare l'entità del danno. Nell'ipotesi di lesioni subite dai conducenti, la richiesta indica, inoltre: 1. l'età, l'attività e il reddito del danneggiato; 2. l'entità delle lesioni subite; 3. la dichiarazione di cui all'articolo 142 del codice circa la spettanza o meno di prestazioni da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie; 4. l'attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione, con o senza postumi permanenti; 5. l'eventuale consulenza medico legale di parte, corredata dall'indicazione del compenso spettante al professionista. Quanto all’ambito oggettivo di operatività della procedura per indennizzo diretto, si deve fare riferimento al secondo comma della norma di cui all’art. 149 del Codice a tenore del quale la procedura di risarcimento diretto riguarda: i danni al veicolo, i danni alle cose trasportate di proprietà dell'assicurato o del conducente, i danni alla persona subiti dal conducente non responsabile (se risulta contenuto nel limite previsto dall'articolo 139). Non solo. Detta procedura non si applica ai sinistri che coinvolgono veicoli immatricolati all'estero ed al risarcimento del danno subito dal terzo trasportato per il quale si applica la norma di cui all’articolo 141 [7]. L'impresa, a seguito della presentazione della richiesta di risarcimento diretto, è obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell'impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime. Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offerta, l'impresa di assicurazione provvede al pagamento entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione ed il danneggiato, da parte sua, è tenuto a rilasciare quietanza liberatoria valida anche nei confronti del responsabile del sinistro e della sua impresa di assicurazione. Quando invece il danneggiato non intenda accettare, ed in effetti non accetti, la somma offertagli l’impresa di assicurazione è tenuta comunque a corrispondergli, entro quindici giorni, la medesima somma che va ad essere imputata all'eventuale liquidazione definitiva del danno. Infine, in caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto, ovvero nel caso di mancata comunicazione di offerta, o di diniego di offerta entro i termini previsti dall'articolo 148 (sul punto si veda il capitolo precedente), o ancora di mancato accordo, il danneggiato può proporre l'azione diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione. L'impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l'altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato ferma restando, in ogni caso, la successiva regolazione dei rapporti tra le imprese medesime regolata secondo quanto previsto nell'ambito del sistema di risarcimento diretto. Le questioni interpretative poste dall’art. 149 del Codice Dopo aver brevemente delineato nel paragrafo precedente il quadro normativo di riferimento, occorre ora affrontare le principali questioni giuridiche sottese alla corretta interpretazione dello stesso. È qui opportuno precisare come nei sottoparagrafi che seguiranno si porrà l’accento sull’ambito soggettivo ed oggetto di operatività della procedura in esame e sui principali problemi processuali posti dalla stessa, sulle problematiche connesse alla presunta non responsabilità del conducente, sulle cd. lesioni border line, sui rapporti tra la nuova procedura ed il tradizionale modello procedurale del Cid nonché, infine, sui rapporti tra le imprese di assicurazione. La procedura in esame, infine, rappresenta certamente una novità introdotta dal Codice anche se i problemi connessi al passaggio da un’assicurazione di responsabilità civile ad un’assicurazione diretta sono noti già da tempo. Invero, l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha avuto modo di precisare in proposito che “il passaggio da un'assicurazione di responsabilità civile ad un'assicurazione diretta pone tuttavia numerosi e difficili problemi, alcuni di natura giuridica - connessi con l'abbandono del tradizionale schema dell'assicurazione della responsabilità civile, impostata sul principio, che trova sanzione negli artt. 2043, 2052 e 1917 c.c., per cui del pregiudizio causato da altri deve rispondere l'autore del fatto lesivo che deve, attesa la sua colpa, risarcirlo integralmente al danneggiato, ovvero assicurarsi a tal fine per tale eventualità - altri di natura economica. In particolare, un'assicurazione diretta dovrebbe per definizione coprire qualsiasi sinistro subito dal contraente la polizza, a prescindere dalla responsabilità. Trattandosi di una polizza destinata a coprire una gamma di rischi più ampia rispetto a quelli RCA, l'utente potrebbe trovarsi a dover pagare un premio più elevato. Inoltre, laddove le imprese prevedessero meccanismi di experience rating nei contratti (come il bonus-malus), il contraente si troverebbe a pagare un premio più elevato qualora dovesse subire un sinistro senza esserne responsabile: il passaggio dalla responsabilità civile verso terzi all'assicurazione diretta sposterebbe così l'onere connesso all'aumento del premio in conseguenza di un sinistro dal responsabile al danneggiato e contemporaneamente farebbe venir meno la responsabilità di colui che ha causato il danno. Più in generale, l'indagine conoscitiva ha chiarito come, nell'esperienza internazionale, si evidenzino forti resistenze all'applicazione di un principio di assicurazione diretta e che anche i Paesi che, in via esclusiva o come opzione alternativa, lo accolgono, come alcuni degli Stati USA, hanno introdotto vaste e significative limitazioni e modifiche al suo operare La stessa esperienza internazionale, soprattutto con riferimento a Paesi in cui i mercati assicurativi presentano un significativo grado di concorrenza, mostra tuttavia che possono esistere vie intermedie efficaci fra l'attuale modello di responsabilità civile con indennizzo indiretto e l'adozione di forme di assicurazione diretta. Si tratta di sistemi che, pur mantenendo il principio della responsabilità civile verso terzi, in virtù di un'applicazione effettivamente generalizzata di meccanismi di indennizzo diretto, riescono ad ottenere gli stessi effetti, in termini di incentivi all'efficienza, dei sistemi di assicurazione diretta. Risulta particolarmente interessante l'esperienza della Francia, dove negli ultimi dieci anni il prezzo medio pagato dagli assicurati è rimasto invariato nonostante un tasso di inflazione del 14% nello stesso periodo. Analizzando il sistema francese, è emerso che, pur essendosi mantenuta la responsabilità civile verso terzi, è stato previsto il ricorso all'indennizzo diretto, accompagnato, tuttavia, da un efficace meccanismo di compensazione tra le imprese. A differenza di quanto oggi avviene in Italia con la Convenzione CID, il ricorso all'indennizzo diretto si estende in Francia alla quasi totalità dei danni a cose e ai danni alle persone al di sotto di una certa soglia di invalidità permanente; ma, soprattutto, la compensazione tra l'impresa del danneggiato che risarcisce il danno subito dal proprio assicurato e l'impresa che assicura il responsabile non avviene, come si verifica con la Convenzione CID, ex post sulla base di quanto effettivamente pagato, bensì prevedendo un importo fisso, determinato ex ante e commisurato al valore medio storico dei risarcimenti pagati in un appropriato periodo di riferimento” [8]. L’ambito di operatività della procedura di indennizzo diretto In primo luogo è opportuno riferirsi all’ambito operativo della procedura di indennizzo diretto per completare quanto già riferito nel paragrafo precedente [9]. Dal tenore letterale dell’art. 149 che fa espresso riferimento al caso di “sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria” deve dedursi l’impossibilità di applicare la procedura de qua ad ipotesi di sinistri che vedano coinvolti un numero di veicoli, identificati ed assicurati, superiore a due o comunque veicoli non a motore (si deve ritenere, quindi, che l’indennizzo diretto non riguardi l’ipotesi di investimento di pedoni o lo scontro tra un’automobile e una bicicletta) [10]. A questo punto è da rilevare una serie di imprecisioni di carattere lessicale, e dal sicuro rilievo giuridico, cui è incorso il legislatore. In particolare, il primo comma dell’art. 149 fa riferimento, oltre che ai danni ai veicoli coinvolti, anche ai danni “ai loro conducenti” senza specificare che tipo di danni siano questi ultimi. Ne deriva, quindi, che potrebbe trattarsi di danni alla persona come anche di danni alle cose. Se si intende che l’espressione sia riferita ai danni alle cose, allora perché mai il comma due avrebbe dovuto fare espresso riferimento “alle cose trasportate di proprietà … del conducente”? Si tratterebbe invero di una formula pleonastica. Se invece l’espressione si ritiene essere riferita ai danni alla persona – come, in verità, appare più corretto - allora, in questo caso, è da chiedersi perché mai il secondo comma faccia riferimento al “al danno alla persona subito dal conducente non responsabile se risulta contenuto nel limite previsto dall'articolo 139”? Il problema, cioè, in questa seconda interpretazione, si pone nel senso che a fronte di un primo comma a carattere generale, il secondo restringerebbe l’ambito del risarcimento alle lesioni lievi e all’ipotesi della non responsabilità del conducente. Tali dubbi, posti dalla dottrina più attenta, sono stati risolti ritenendo che “l’unico percorso ermeneutico che conduca a razionalità e compatibilità i due commi sembra essere il ritenere che il primo sia una norma programmatica, che afferma un principio reso poi concreto e precettivo dal secondo” [11]. La procedura di indennizzo diretto e il limite della non responsabilità del conducente - Le lesioni cd. border line Altro punto da approfondire è quello di cui alla lett. b) dell’art. 149, ovvero, come si è avuto modo di anticipare, quello del “danno alla persona subito dal conducente non responsabile se risulta contenuto nel limite previsto dall'articolo 139”. Si tratta delle ipotesi di lesioni di modesta entità (9 punti di danno biologico) che coinvolgano il conducente – si noti bene – non responsabile. È quest’ultimo inciso, espressamente sottolineato dal legislatore, che da vita ad un ampio ventaglio di problematiche. Si pensi, invero, che se da un lato tale norma sembra riferirsi alla mancanza di responsabilità del conducente danneggiato come ad una circostanza facilmente dimostrabile e di semplice operatività, dall’altro risulta innegabile che l’intero sistema del risarcimento del danno derivante dallo scontro dei veicoli si basi sulle presunzioni di cui all’art. 2054 c.c.. Norma, quest’ultima, che, come noto, pone la fondamentale presunzione iuris tantum di eguale concorso nella produzione del danno a presidio di ogni ipotesi di incidente stradale. Ed allora, forti della prescrizione di tale norma del codice civile le assicurazioni chiamate all’indennizzo diretto potrebbero, sostanzialmente a loro discrezione, opporre al danneggiato l’esistenza di una sua corresponsabilità (magari anche solo minima) nel verificarsi dell’incidente così, di conseguenza, vedendosi sollevate dall’onere di dover pagare lo stesso indennizzo, oppure, a contrariis, potrebbero avere interesse a ricondurre nell’alveo della procedura per indennizzo diretto un’ipotesi di corresponsabilità dei conducenti nel verificarsi del sinistro per poi regolare i propri conti con l’assicurazione di contro parte. Scenari, questi, cui la norma in esame può par vita ma che potranno venir meno sia grazie a regole comportamentali rispettate da tutte le società assicurative, sia grazie all’operatività dello schema di d.p.r. che, a norma dell’art. 150, è stato chiamato a stabilire, tra l’altro, “i criteri di determinazione del grado di responsabilità delle parti anche per la definizione dei rapporti interni tra le imprese di assicurazione” (ipotesi sub comma 1, lett. a). Vedremo a breve quali ulteriori questioni siano sottese a tale schema di d.p.r. su questo specifico punto, resta ora da sottolineare come la lettera del secondo comma dell’art. 149 ponga un ulteriore interrogativo. Ed invero, se il legislatore si è preoccupato di precisare che nell’ipotesi di danni alla persona il conducente non deve essere responsabile altrettanto non ha fatto per il verificarsi di danni alle cose. Si deve, quindi, ritenere che il conducente che abbia cagionato l’incidente stradale per sua colpa possa avvalersi della procedura di indennizzo diretto chiedendo alla propria assicurazione il risarcimento dei danni alle cose subiti? Si è in proposito affermato in dottrina: “è ovvio come questa interpretazione, pur se rispondente al modo in cui la norma è stata congegnata, non è accettabile, per cui l’unica razionale interpretazione è ritenere che la presunta non responsabilità del richiedente il risarcimento del danno condizioni la concreta liquidazione di tutti i danni, e non solo quelli da lesione. A tale soluzione, del resto, è dato pervenire attraverso la lettura del comma 3, ove si prevede che l’assicurazione pagante possa rivalersi contro l’assicuratore, appunto, <<del veicolo responsabile>>, ma l’esser costretti a questa indiretta argomentazione nulla toglie alla infelice formulazione della norma esaminata” [12]. Resta poi da affrontare la questione relativa alle cd. lesioni border line. La soglia del 9 punti di danno biologico segna uno degli spartiacque tra la procedura tradizionale e quella diretta, allora è da chiedersi che cosa accadrà se tale percentuale venga a mutare nel corso dell’istruzione della pratica, per esempio, a seguito di diverse valutazioni medico legali. Il problema non è sfuggito ai primi commentatori della normativa in esame. In proposito, si è affermato: “supponendo che ci si rivolga alla propria assicurazione sul presupposto che le lesioni non superino la percentuale del 9 per cento, e che da ciò ne nasca una controversia giudiziaria, ove il Ctu concluda per un danno di maggiore entità la domanda dovrebbe essere respinta. E quid iuris se a seguito della prima pronuncia di rigetto si intraprenda una nuova azione nei confronti della assicurazione del veicolo antagonista e ivi, a differenza del primo giudizio, si accerti che la lesione è dell’8 per cento? Il problema si pone anche nell’ipotesi inversa, che si sia cioè agito dall’inizio nei confronti della assicurazione del veicolo antagonista, come è presumibile che si verifichi proprio in presenza di lesioni border line posto che, essendo in tesi il conducente non responsabile il danneggiato, preferirà agire contro la compagnia che, in definitiva, dovrà pagare” [13]. L’indennizzo diretto ed il modello Cid Un’altra questione tecnico - giuridica sottesa all’introduzione della procedura in esame è data, secondo autorevole dottrina, dalla generalizzata applicazione del modello Cid. In altre parole, si assiste alla “trasposizione in termini di obbigatorietà e cogenza di un meccanismo originariamente fondato sul reciproco mandato e – soprattutto – sul consenso (tanto delle società aderenti alla convenzione, quanto dei danneggiati)” che non sembra essere “così agevole né immediata” [14]. I dubbi espressi in dottrina, circa la difficoltà di ricondurre un modello convenzionale ad ipotesi legale, sono da ritenersi ragionevoli. Si consideri, invero, che se il tradizionale modello Cid si fonda su due pilastri quali l’accordo delle parti interessate e la possibilità del danneggiato di rivolgere comunque la propria richiesta di risarcimento al responsabile e alla assicurazione di quest’ultimo, oggi, la procedura di indennizzo diretto pone quale unico interlocutore del danneggiato (anche in ipotesi giudiziaria) la propria assicurazione. Limitazione quest’ultima che ha fatto sollevare, da parte della dottrina, più di un ragionevole dubbio di incostituzionalità (Hazan). Indennizzo diretto e questioni processuali La norma dell’art. 149 pone un ulteriore quesito all’interprete. Quesito che nasce dalla lettura dell’ultimo comma di tale disposizione codicistica a tenore della quale “in caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto ovvero nel caso di mancata comunicazione di offerta o di diniego di offerta entro i termini previsti dall'articolo 148 o di mancato accordo, il danneggiato può proporre l'azione diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione ….”. La questione è “comprendere la latitudine del termine <<soli>>” [15]. Dalla lettera della norma è facile arguire come tale termine valga a significare l’impossibilità per il danneggiato di agire contestualmente, oppure in via alternativa, nei confronti della propria società assicurativa e di quella di controparte ma, al contempo, pone numerosi dubbi. Intanto, come coordinare l’art. 149 con l’art. 144? In altre parole, come coordinare la disposizione in esame con la previsione secondo cui “nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno” (art. 144, III comma)? Se è vero, come si ha ragione di ritenere, che l’azione diretta del danneggiato (art. 144) rappresenta una regola generale nell’alveo delle disposizioni codicistche, allora non si può sostenere che il danneggiato non possa chiamare in giudizio anche il danneggiante. D’altronde non è forse vero che quest’ultimo soggetto è interessato al relativo giudizio? Ed allora, come giustificare da un punto di vista della legalità costituzionale la sua esclusione dal processo? Ed ancora. Se si aderisce alla tesi che vuole quale unico contraddittore del danneggiato la propria società assicurativa, come giustificare – sempre dal punto di vista costituzionale – la negazione per il danneggiato di convenire in giudizio il responsabile del lamentato danno in via extracontrattuale? [16]. Accanto a questi numerosi interrogativi, che più di un dubbio di legittimità costituzionale fanno sorgere, la dottrina (Hazan) non ha mancato di rilevare come altrettanto problematica sia l’ipotesi in cui il danneggiato decida di agire in giudizio esclusivamente contro il soggetto danneggiante e non già contro la propria assicurazione. Pur essendo evidente come, di fatto, nessuno abbia l’interesse di iniziare una lite giudiziaria nei confronti di un privato, della cui solidità ed affidabilità economica nulla si conosce, anziché nei confronti di una assicurazione che da tale punto di vista offre, senza alcun margine di dubbi, ampie garanzie, è comunque compito dell’interprete non sottrarsi alla ricerca di una soluzione costituzionalmente orientata. Il problema si traduce, praticamente, nello stabilire se il convenuto, in tale ipotesi, possa invocare in proprio favore l’operatività della norma di cui all’art. 1917 c.c., ovvero possa chiamare in causa l’assicuratore. Una risposta positiva a tale questione interpretativa si tradurrebbe in un colpo mortale inferto all’intero impianto del nuovo codice che vedrebbe, di fatto, svilita una delle autentiche novità ad esso sottese, ovvero il sistema di indennizzo diretto quale sistema obbligatorio. Ed allora, ad evitare, da un lato, la mortificazione del più recente intervento legislativo e, dall’altro, un’interpretazione in deroga al sistema di cui all’art. 1917 c.c., certamente inaccettabili in quanto il giurista non può forzare il dato normativo fino ad accogliere interpretazioni abrogative inammissibili ed inaccettabili, non resta che rimettersi nuovamente nella mani del legislatore. Come sostenuto autorevolmente in dottrina, sul punto, “è indispensabile … un intervento chiarificatore del legislatore, volto a stabilire le regole dell’eventuale litisconsorzio necessario e, se del caso, della chiamata in causa da parte del danneggiante dell’ente assicurativo del danneggiato, in deroga all’art. 1917 c.c.” [17]. I rapporti tra le imprese di assicurazione Ancora il nostro argomentare non può dirsi completo se non si affronti un tema prodromico a tutte le questioni fino a questo momento trattate. Si è detto come l’impresa del danneggiato che abbia provveduto al pagamento dell’indennizzo diretto abbia diritto a rivalersi sull’impresa del soggetto danneggiante. Ma a quale titolo può esercitarsi tale rivalsa? Deve qui ritenersi che sussista tra le due imprese assicurative un particolare mandato con rappresentanza di fonte legislativa e non già contrattuale. Ed allora tra le due società non potranno esservi contestazioni quanto alle somme versate. Le spese di lite Un’ulteriore questione interpretativa è rappresentata dalla disciplina delle spese giudiziarie sostenute dalla società assicurativa del danneggiato. Si è già avuto modo di precisare come l’impresa interessata, a seguito della presentazione della richiesta di risarcimento diretto, sia obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell'impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma restando la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime. Ma nell’ambito di questa regolazione devono ricomprendersi anche le spese di giudizio sostenute dall’impresa assicuratrice del danneggiato? Si pongono, a questo punto, due opzioni interpretative, quella che da una risposta positiva al problema e quella che invece ne da una negativa, entrambe foriere, in verità di ulteriori problemi interpretativi. Aderire alla tesi affermativa – e cioè a dire, sostenere che la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese assicuratrici del danneggiato e del danneggiante ricompra anche le spese di giudizio – si traduce nel far venire meno l’effetto deterrente della condanna alle spese di giudizio connesso ad una cattiva gestione del processo medesimo. In definitiva, l’impresa onerata dalla richiesta di indennizzo diretto potrebbe scegliere di pagare solo dopo essere pervenuta ad una condanna definitiva nella certezza che delle relative spese di giudizio si farà carico l’impresa del soggetto danneggiante. Aderire all’opposta tesi negativa potrebbe comportare conseguenze altrettanto inaccettabili. Ed invero, l’impresa chiamata all’indennizzo diretto potrebbe scegliere di corrispondere all’istante anche somme eccessive rispetto alla reale entità del danno nella certezza di potersi rivalere sull’assicurazione del responsabile civile anziché resistere alla richiesta ed affrontare un giudizio il cui esito potrebbe anche essere negativo con conseguente condanna alle spese, e cioè ad un costo sostanzialmente irripetibile. Il tema in esame, ovvero la portata della nuova procedura per indennizzo diretto, rappresenterà certamente da qui in futuro un terreno fertile per scontri interpretativi aperto ai contributi non solo della dottrina, ma anche della giurisprudenza. In attesa, quindi, che il dibattito si allarghi sempre più devono qui concludersi questi brevi spunti riflessivi mettendo in luce come, ancora una volta, il legislatore sia incorso nell’errore di appesantire e rendere ancora più farraginoso il sistema normativo. Di là dai molti dubbi interpretativi appena esposti nella pagine che precedono, è opportuno ora verificare se le intenzioni del legislatore di contenere le spese di lite per addivenire, in ultima analisi, alla riduzione dei premi da versare in favore delle imprese di assicurazioni sia stato, o meno, raggiunto. Non vi è, sul punto, ragione di ottimismo. A qualsivoglia opzione interpretativa si aderisca in ordine alla ripetibilità delle spese di lite – e sul punto sarà importante soprattutto il contributo della giurisprudenza, in particolare di quella di legittimità – resta il fatto che del beneficio di premi più bassi gli assicurati non potranno godere. Ciò in quanto delle due ipotesi solo una potrà prevalere: o la tesi della ripetibilità delle spese, ovvero quella della irripetibilità. Nel primo caso, come si è avuto modo di anticipare, gli effetti deleteri per gli assicurati saranno quelli di potersi trovare a dover fare i conti con un’impresa assicuratrice che ha tutto l’interesse a gestire una lite giudiziaria che sia quanto più lunga possibile spendendo di fatto denaro dell’impresa di contro parte e restando praticamente immune da condanne alle spese di lite in caso di soccombenza. Gli effetti pratici di segno negativo saranno: 1. maggiori difficoltà ad addivenire ad accordi transattivi, 2. liti giudiziarie di maggior durata, 3. premi assicurativi più alti. Volendo invece aderire alla tesi dell’irripetibilità delle spese di lite, si deve comunque fare i conti con la possibilità che l’impresa richiesta del risarcimento scelga di non opporsi a richiesta manifestamente sproporzionate sicura di potersi rivalere sull’impresa del danneggiante. Mancherebbe cioè l’interesse ad istruire il processo per resistere a siffatte domande di risarcimento per paura di addivenire ad una condanna giudiziale con conseguente obbligo al pagamento delle spese di lite. In questo caso gli effetti pratici di segno negativo saranno: 1. il soddisfacimento di richieste risarcitorie manifestamente eccessive, 2. premi assicurativi più alti. Nelle ipotesi di sinistri stradali il problema delle spese sostenute dal danneggiato nella fase pre - processuale si è posto, ben prima dell’entrata in vigore del Codice, anche con riferimento alle competenze richieste dalle società che si occupano di infortunistica stradale. In merito il panorama giurisprudenziale è stato, ed è ad oggi, piuttosto composito. Si registra, tra le altre, la pronuncia del Tribunale di Pordenone (18 ottobre 2001, n. 806) secondo la quale “nessuna norma impone … di rivolgersi a società di servizi … per curare i propri interessi nella fase preprocessuale / stragiudiziale di trattazione delle conseguenze di un incidente stradale con i danneggianti. D’altro canto, se si esclude il caso in cui tale trattativa esiti in un accordo transattivo, dovendosi adire l’Autorità giudiziaria … ai fini della tutela del proprio credito risarcitorio, la spesa occorrente per ottenere la consulenza / assistenza di un soggetto diverso da un legale abilitato risulta essere una spesa assolutamente superflua e quindi non ripetibile dai danneggianti / responsabili civili. A ben vedere quindi il rapporto contrattuale oneroso … ha esaurito i propri effetti tra le parti contraenti non potendo in alcun modo averne verso i terzi ed in particolare verso il danneggiante e la sua assicurazione. Ciò nemmeno nel caso in cui l’insorgenda controversia fosse stata transatta ante litem, poiché l’eventuale riconoscimento delle competenze della società di servizi in quella fase da parte della compagnia assicuratrice non deriverebbe affatto da un’obbligazione in senso tecnico giuridico, ma, esclusivamente, dalla volontà della compagnia stessa di definire la controversia anche tenendo conto del costo derivante dalla prestazione della società di servizi medesima ed al solo scopo di definire amichevolmente la lite insorgenda. Quindi, in questa differente ipotesi, soltanto quale espressione dell’autonomia negoziale, sub specie di volontà transattiva della Compagnia stessa”. In altre parole, secondo il Tribunale di Pordenone, detta spesa non può farsi rientrare nel novero di quelle “necessarie” e quindi risarcibili, sia in astratto che in concreto. Ma, come innanzi precisato, il quadro di riferimento è piuttosto variegato registrandosi anche sentenze di tenore del tutto opposto. In particolare, secondo il Giudice di Pace di Bologna (sent. n. 431 del 3 aprile 97): “…il valersi dell’assistenza di studi di infortunistica … è quasi necessitato dalle oggettive difficoltà che incontra chi non ha competenza alcuna le a volte complesse trattative” ed ancora “…il ricorso ad uno studio di infortunistica stradale è quasi necessario da parte di cittadini comuni e inesperti di trattative con le assicurazioni RCA e, di volta in volta, l’ organo giudicante dovrà valutare la serietà, l’impegno, la professionalità riscontrata da diversi Studi, non potendosi assumere comunque e sempre l’opera di assistenza svolta come voce risarcibile se non dopo un esame preciso del contesto generale in cui lo Studio autorizzato e mandatario abbia operato” (sentenza n. 999 del 31 luglio 97). Venendo alla giurisprudenza di legittimità è da premettersi che essa affronta il tema con riferimento non già alle citate agenzie bensì all’intervento dell’avvocato. Secondo quanto affermato nella sentenza n. 3565 del 16 aprile 96 “non può … addebitarsi alla parte - la quale, pur senza esservi tenuta, si rivolga, nondimeno, ad un avvocato per lo svolgimento di attività di rilevanza giuridica - difetto di diligenza, così come richiede la norma [n.d.a. l’art. 1227, II, c.c.], tanto più che la stessa tariffa forense disciplina anche la materia stragiudiziale, talché è rimesso alla parte avvalersi o meno di assistenza legale: con la conseguenza che, nel primo caso, a ragione la stessa può chiedere, nel giudizio di risarcimento del danno, in vista del quale tale assistenza sia stata richiesta e prestata, il rimborso della somma, a tal fine erogata” Più di recente, negli stessi termini, si è sostanzialmente espressa la Cassazione con la sentenza n. 11606 del 31 maggio 2005 secondo cui “l’intervento di un professionista, sia esso un legale o un perito di fiducia, così come previsto dall’art. 5 ultimo comma legge 5 marzo 2001 n. 57 e come affermato nel regime precedente dalla Corte di cassazione (Cass. civ. 12.10.98 n. 11090, in Giust. civ., 1999, I, 422) è necessario non solo per dirimere eventuali divergenze su punti della controversia, quanto per garantire già in questa prima fase la ove si osservi che l’istituto assicuratore non solo è economicamente più forte, ma anche tecnicamente organizzato e professionalmente attrezzato per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale, attesa la complessità e molteplicità dei principi regolatori della materia” [18]. Le questioni interpretative poste dall’art. 150 Deve in sede conclusiva farsi un cenno alla norma di cui all’art. 150, in verità innanzi già brevemente richiamata, in quanto pone altre questioni interpretative strettamente connesse alla procedura di indennizzo diretto. Il riferimento è, in particolare, da un lato, al comma 1 lett. a) e, dall’altro lato, al comma 1 lett. e). Si dispone in tale norma che con Decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle attività produttive, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del codice siano stabiliti “i criteri di determinazione del grado di responsabilità delle parti anche per la definizione dei rapporti interni tra le imprese di assicurazione” (lett. a), nonché “i limiti e le condizioni di risarcibilità dei danni accessori” (lett. d). Orbene, già ad una prima lettura di tale norma non passano inosservate talune particolarità che non possono non far riflettere l’interprete. Che senso ha che una fonte regolamentare stabilisca (dando per scontato, circostanza tutt’altro che pacifica, che tecnicamente e giuridicamente possa farlo) i criteri di determinazione del grado di responsabilità delle parti? Non si tratta, invero, di un compito rimesso nelle mani del Giudice? [19]. In proposito, nello schema di D.P.R. emanato ex art. 150 cit. (art. 12) si afferma che l'impresa di assicurazione è tenuta ad adottare le proprie determinazioni in ordine alla richiesta del danneggiato, applicando i criteri di accertamento della responsabilità dei sinistri stabiliti nella tabella di cui all'Allegato A al decreto steso, in conformità alla disciplina legislativa e regolamentare in materia di circolazione stradale. Peraltro, quando il sinistro non rientri in alcuna delle ipotesi previste dalla tabella di cui al comma 1, l'accertamento della responsabilità è compiuto con riferimento alla fattispecie concreta, nel rispetto dei principi generali in tema di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli. Infine, solo un cenno al dettato della lett. e) per chiedersi cosa mai si possa intendere per “danni accessori”? Ha affermato in proposito la dottrina come “Forse il legislatore pensava al danno da ritardato adempimento dell’obbligazione risarcitoria, ma in questo caso quel che è accessorio è l’obbligazione risarcitoria, non il danno, il quale o c’è o non c’è, ma se esiste non si vede come possa dividersi in principale ed accessorio” (Rossetti, op. cit.). La formula “danni accessori” si rinviene anche nello schema di D.P.R. più volte già citato che al terzo comma dell’art. 9 precisa che “ai fini dell'offerta di risarcimento del danno formulata dall'impresa, non sono considerati danni accessori le spese sostenute dal danneggiato per consulenza o assistenza professionale diversa da quella medico-legale”. Ne conseguirebbe quindi che le spese di assistenza professionale medico – legale sono da considerarsi alla stregua di un danno accessorio. Sul punto il Consiglio di Stato, nel suo recente parere del 19 dicembre 2005, ha avuto modo di precisare “La questione forse più delicata riguarda i danni accessori, i limiti e le condizioni di risarcibilità. Il testo, al riguardo, dispone che «ai fini dell’offerta di risarcimento del danno formulata dall’impresa non sono considerati danni accessori le spese sostenute dal danneggiato per consulenza o assistenza professionale diversa da quella medico legale» (articolo 9 comma 3). Questa formulazione sembra escludere quindi in modo espresso tutte le altre forme di assistenza professionale incluse quelle riferite ad attività di consulenza legale, che il danneggiato abbia ritenuto di attivare in vista della procedura di risarcimento diretto. Si tratta di una restrizione dell’area del danno risarcibile alla quale dovrebbero fare da riscontro per il danneggiato concreti benefici derivanti dal sistema di risarcimento diretto, benefici in termini di rapidità e certezza della liquidazione; riduzione del premio e altro; si tratta peraltro di una restrizione consapevolmente e liberamente accettata dal danneggiato che intende utilizzare questo meccanismo risarcitorio”. Le questioni poste dall’art. 9 dello schema di d.p.r. La norma dell’art. 9 [20] dello schema di D.P.R., cui innanzi si è appena fatto cenno, rappresenta una disposizione destinata a far nascere non poche questioni interpretative e sulla quale, invero, la dottrina ha già avuto modo di esprimere posizioni fortemente critiche. Rubricata “Assistenza tecnica e informativa ai danneggiati” la norma evidenzia come l’assistenza legale ai danneggiati stia percorrendo la via del tramonto. Si è affermato, in proposito, da parte della dottrina “Con l’art. 9 del Regolamento si è appalesato quanto si voleva ottenere: l’eliminazione totale di diritti di assistenza legale a favore dei danneggiati. Infatti, è previsto che le spese sostenute dal danneggiato per consulenza e assistenza professionale diverse da quelle medico-legale non debbano considerarsi spese accessorie; ovvero, il danneggiato se vuole rivolgersi all’avvocato lo deve fare a proprie spese. Credo che non serva essere esperti di diritto per capire che ciò violi due norme fondamentali previste dalla carta costituzionale: il diritto alla parità di trattamento ed il diritto alla difesa. Non voglio in questa sede dilungarmi oltre circa l’incostituzionalità del risarcimento diretto, avendo già avuto modo di trattare l’argomento con altri articoli. Ma quello che voglio sottolineare in questa sede è il fondo che ha toccato chi ha redatto il regolamento. Infatti, il primo comma dell’art. 9 prevede che l’assistenza tecnica (prima data dagli avvocati), al fine d’ottenere la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno, debba essere fornita proprio dalla compagnia assicuratrice che deve effettuare il risarcimento!!! Cioè la stessa compagnia assicuratrice che deve pagare dovrebbe suggerire al danneggiato come fare per ottenere un giusto (o maggiore) risarcimento? Chissà perché ma mi sembrava di ricordare che le compagnie assicuratrice fossero società a fini di lucro e non enti di beneficenza. O al Governo non se ne sono accorti?” [21]. La procedura di indennizzo diretto nello schema regolamentare A testimoniare l’importanza rivestita dalla procedura di indennizzo diretto vi è la norma regolamentare di cui all’art. 13 dello schema di D.P.R. cui si è già più volte rinviato che si preoccupa di disciplinare con minuziosità l’organizzazione e la gestione della stessa. Si facultizza le imprese a costituire uno o più consorzi, ai fini della regolazione dei rapporti organizzativi ed economici per la gestione del risarcimento diretto [22]. Tali consorzi operano secondo regole di economicità, in conformità allo statuto e al regolamento contenente le norme di funzionamento [23], e la loro attività è limitata statutariamente alla sola organizzazione e gestione del sistema di risarcimento diretto, ivi compresa la fase della rivalsa tra le singole imprese di assicurazione. Le imprese di assicurazione partecipanti sono tenute all’osservanza delle deliberazioni assunte dagli organi societari in base alla loro competenza statutaria. Quanto ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo dei consorzi, il regolamento prevede che essi debbano essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza previsti per le imprese di assicurazione. Venendo all’attività dei consorzi, essa deve conformarsi ai seguenti principi: 1. la partecipazione ai consorzi è statutariamente subordinata alla stipula di una garanzia finanziaria, rilasciata da istituti di credito sottoposti a vigilanza prudenziale, per il rischio di insolvenza dell'impresa partecipante in favore dei consorzi medesimi per un ammontare non inferiore al minimo determinato dagli organi sociali; 2. i consorzi determinano preventivamente le regole di cooperazione tecnica necessarie per il funzionamento del sistema di risarcimento diretto, anche al fine di garantire una corretta ripartizione della responsabilità tra le imprese; 3. la regolazione dei rapporti economici avviene mediante un sistema che valorizza la concorrenza tra le imprese sulla base di un meccanismo di conguaglio di debiti e di crediti reciproci. Ai fini del conguaglio i consorzi individuano parametri tecnici ed economici che tengono conto di criteri di efficienza nella gestione, dei costi medi aziendali e del numero dei risarcimenti effettuati dalle singole imprese. Quanto, infine, alle imprese che non aderiscono ai consorzi, esse sono tenute comunque ad osservare i principi stabiliti dall'ISVAP con proprio regolamento. Cenni alle problematiche connesse al richiamo all’art. 139 del Codice Come si è avuto modo di precisare in premessa l’entrata in vigore del Codice segna, tra le altre norme, l’abrogazione anche degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57. Per quanto in questa sede più da vicino ci interessa, l’abrogazione del comma 2 dell’art. 5 e la sua sostituzione con l’art. 139 del Codice – norma, come visto espressamente richiamata dall’art. 149 del Codice - comporta, di fatto, l’ancoraggio del risarcimento del danno biologico di lieve entità a criteri fissi [24]. Prescrive, tra l’altro, l’art. 139 che il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità [25], derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, è effettuato secondo i criteri e le misure seguenti: a) a titolo di danno biologico permanente, è liquidato per i postumi da lesioni pari o inferiori al nove per cento un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità; tale importo e' calcolato in base all'applicazione a ciascun punto percentuale di invalidità del relativo coefficiente secondo la correlazione esposta nel comma 6. L'importo così determinato si riduce con il crescere dell'età del soggetto in ragione dello zero virgola cinque per cento per ogni anno di età a partire dall'undicesimo anno di età. Il valore del primo punto e' pari ad euro seicentosettantaquattro virgola settantotto; b) a titolo di danno biologico temporaneo, e' liquidato un importo di euro trentanove virgola trentasette per ogni giorno di inabilità assoluta; in caso di inabilità temporanea inferiore al cento per cento, la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno. Questa norma ha sollevato più di un dubbio in ordine alla sua legittimità costituzionale sotto il duplice profilo e della liceità del fissaggio di criteri precisi e di fonte normativa per il quantum del risarcimento danni e, comunque, della liceità dell’adozione di tale metodo solo per alcune categorie di danni. Il tema in verità non è nuovo, essendosi già posto sotto il vigore della vecchia normativa ed avendo ricevuto il contributo autorevole della Corte Costituzionale. Questa ha affermato la liceità della scelta del legislatore di predeterminare criteri e parametri fissi per il risarcimento danni precisando in particolare che “la regola generale di integralità della riparazione ed equivalenza al pregiudizio cagionato al danneggiato non ha - come del resto, evidenziato nella sentenza n. 132 del 1985 - copertura costituzionale. Ed in realtà - in casi eccezionali (di cui non mancano in dottrina tentativi di ricognizione sistematica) - il legislatore può pure ritenere equa e conveniente una limitazione del risarcimento del danno. Tale limitazione può attuarsi sia nel campo della responsabilità contrattuale (v. ad esempio, artt.1784, 1786 cod. civ.; 275, 412, 423 cod. navig.), sia in materia di responsabilità extracontrattuale in considerazione delle particolari condizioni dell'autore del danno”. Il tutto sempre che “…sussistano in astratto gli estremi giustificativi di un intervento normativo ragionevolmente riduttivo della misura della riparazione dovuta” (sentenza 2 novembre 1996, n. 369) [26]. Con riferimento alla seconda questione “i dubbi di costituzionalità appaiono invero ancora più consistenti, ed è un peccato che la Corte costituzionale – investita del problema dal giudice remittente – abbia emesso una pronuncia in rito, di ammissibilità, ritenendo la questione irrilevante nel giudizio a quo (ordinanza 434/05)” [27]. Da ricordare, infine, il rapporto tra l’art. 139 e l’art. 138 dettato, quest’ultimo, per disciplinare le ipotesi di danno biologico di non lieve entità. Afferma, in merito, la dottrina che “che mentre l’art. 139 delimita il proprio ambito di applicazione (<<il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, è effettuato secondo i criteri e le misure seguenti>>), nessuna disposizione analoga è contenuta nell’art. 138 cod. ass., così come del resto nella norma che ne rappresenta l’antecedente (art. 23 l. 273/02). Certo, l’interprete è aiutato dalla circostanza che la norma sia inserita nel Titolo X (rubricato Assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore e dei natanti) di un <<codice delle assicurazioni>>, e ciò induce a ritenere senz’altro applicabile la disposizione in tutti i casi di danni derivanti da sinistri causati da veicoli per i quali vi sia obbligo di assicurazione. Restano però seri dubbi sull’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 138 cod. ass. nel caso di sinistri causati da veicoli per i quali non vi sia obbligo di assicurazione, e ciò a dispetto di quanto previsto dal successivo art. 139 in tema di micropermanenti, il quale non fa riferimento alcuno all’obbligo di assicurazione, e quindi si applica indifferentemente a tutti i sinistri stradali. In secondo luogo, non si comprende la ragione per la quale è stata divisa in due diverse disposizioni la disciplina del risarcimento del danno a seconda dell’entità delle lesioni. I criteri per liquidare le lesioni piccole e quelle medie sono infatti sostanzialmente analoghi, eccezion fatta per la circostanza che il giudice dispone di un maggior potere di <<personalizzazione>> con riferimento alle seconde. Identica è anche la nozione di danno biologico contenuta nelle due disposizioni, definito come <<la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito>>. La definizione differisce da quella in precedenza contenuta nell’art. 5 l. 57/2001, in quanto ad essa è stato aggiunto l’inciso <<che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato>>” [28]. La posizione dell’O.U.A. sull’art. 149 e sull’art. 150 Anche l’analisi dell’art. 149 si conclude soffermando l’attenzione sulle posizioni assunte dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura che, anche in questo caso, appaiono, ragionevolmente e condivisibilmente, critiche. Si afferma in una nota dell’O.U.A. che “la posizione geografica dell’articolo ne rende manifesta la natura di norma speciale rispetto a quelle che lo precedono, tale da consentirne lettura derogatoria solo per le parti da questo espressamente novate rispetto alle previsioni, appunto, precedenti; ciò è molto importante proprio in relazione al ... n. 11 dell’art. 148, che prevede l’obbligo di liquidazione degli onorari ai professionisti intervenuti, che non è derogato da alcuna previsione contenuta nell’art. 149, di talché, è del tutto lecito affermare che ben si potrà oggi inoltrare la richiesta di risarcimento, in nome e per conto del danneggiato, direttamente alla compagnia di questi e così acquisire il diritto al pagamento delle relative competenze per l’intervento. Nel caso di mancata accettazione dell’offerta, il danneggiato ha l’obbligo di citare in giudizio il proprio assicuratore, salva la facoltà di intervento estromittente dell’assicuratore del responsabile, senza che sia specificata se si mantiene –come per logica giuridica si dovrebbe, ma come farebbe escludere la formula <<nei soli confronti>>- il litisconsorzio necessario almeno nei confronti del responsabile medesimo”. Si è innanzi fatto riferimento allo schema di D.P.R. adottato ai sensi dell’art. 150 riportandosene alcuni punti più importanti. Anche su questo schema si registra il prezioso contributo dell’O.U.A. cui, ancora una volta, è bene fare riferimento. “La prima lettura del regolamento predisposto dal Ministero delle Attività produttive, in esecuzione della delega prevista dall’art. 150 del Codice, conferma la legittimità delle preoccupazioni manifestate dall’Avvocatura quanto alla possibile reintroduzione dalla finestra della previsione di cui al comma 22 dell’art. 7 del PDL Lettieri, atto Camera 3632, – che vincolava l’obbligo di riconoscere anche le spese legali, oltre al risarcimento del danno, alle sole ipotesi di ritardo colpevole dell’assicurazione nella presentazione dell’offerta risarcitoria -, che si era riusciti a far uscire dalla porta principale del codice: in caso di risarcimento diretto, a favore dei legali intervenuti, all’art. 9 n° 3, in palese ultrapetizione della delega e, quindi, in violazione della natura terziaria e sottoordinata della norma regolamentare, si prevede, infatti, che <<non sono considerati danni accessori le spese sostenute dal danneggiato per consulenza o assistenza professionale diversa da quella medico-legale>>!!…la nuova disciplina risarcitoria manifesta palesi profili di incostituzionalità e di lesione di consolidati principi generali dell’ordinamento in materia di responsabilità civile, nonché dubbia efficacia e praticabilità. Quanto ai primi, è agevole osservare l’eccesso di delega ex art. 76 Cost. in cui è caduto il legislatore delegato: invero, la norma delegante (art. 4 l. 229/2003) si limita a porre, alle lettere e) e f), tra gli altri, quali principi e criteri direttivi, <<la garanzia di una corretta gestione patrimoniale e finanziaria delle imprese autorizzate all’esercizio dell’attività assicurativa>>, nonché <<l’armonizzazione della disciplina delle diverse figure di intermediari nell’attività di distribuzione dei servizi assicurativi>>. La normativa suscita ulteriore questione di non manifesta infondatezza di illegittimità costituzionale per la possibile lesione del principio di uguaglianza, che discende dalla agevolazione al danneggiato ammesso al risarcimento diretto, il quale otterrà soddisfazione poziore dal proprio assicuratore – da lui ben conosciuto ed addirittura scelto (si presume anche per le garanzie di serietà professionale e di solidità patrimoniale) rispetto a tutti gli altri casi in cui dovrà invece rivolgersi, secondo la previsione generale, all’assicurazione del responsabile civile (a lui potenzialmente ignota o effettivamente inesistente per i casi di scopertura assicurativa del responsabile); diversità di trattamento che appare ingiustificata, ove si consideri la mancanza di specificità dei casi che il legislatore ha previsto rientrare nelle ipotesi di cui all’art. 149. Vi è, poi, il problema di come inserire la nuova disciplina nel sistema organico dei princìpi di responsabilità civile: da un lato, v’è l’evidente atecnìa di chi parla di indennizzo in luogo che di risarcimento - come invece fa correttamente il legislatore delegato nella rubrica dell’art. 149 -, lapsus peraltro rivelativo di come si possa per tale via scardinare del tutto il principio di risarcibilità del danno ingiusto come corrispondenza necessaria fra l’evento sinistroso e la pedissequa obbligazione di ricostituzione per equivalente del patrimonio leso, principio sancito dall’art. 2043 c.c. che rappresenta autentica clausola generale dell’ordinamento in materia; dall’altro, va denunciata la difficoltà di raccordare le condizioni oggi previste, soprattutto ai fini della procedibilità dell’azione, con quelle previgenti ex l. 990/69 e succ. mod., che certo non possono intendersi implicitamente abrogate. Il conseguente disagio ermeneutico di omogeneizzazione della normativa affaticherà non poco gli operatori, specie per la previsione di sospensione del corso del termine in caso di richiesta di integrazione istruttoria, la quale, in quanto rimessa alla iniziativa delle parti, condurrà facilmente a contrasti interpretativi sul suo assolvimento o meno. D’altronde, che la apparente semplificazione, invocata a giustificazione della novella, possa infine risolversi in un appesantimento delle incombenze richieste a fini risarcitori e quindi in una involontaria spinta alle lungaggini nella definizione liquidatoria del sinistro e, finalmente, addirittura in un aumento del contenzioso giudiziario, è prognosi che nasce dalla elementare considerazione che tutto il castello normativo dell’indennizzo diretto poggi sulla compilazione congiunta del modello CID e, soprattutto, sul riconoscimento di responsabilità di uno dei veicoli coinvolti, in assenza dell’uno o dell’altro dei quali elementi nè è dubbia la applicabilità. Il tutto, ancora regolarmente vigente la presunzione di corresponsabilità ex art. 2054 c.c.!”. La posizione del Consiglio di Stato sull’art. 149 e sull’art. 150 È da registrare, ancora con riferimento al rapporto tra gli artt. 149 e 150 del Codice, il recente intervento del Consiglio di Stato con il parere 19 dicembre 2005 (avente ad oggetto lo “Schema di Dpr recante attuazione dell’articolo 150 del D.Lgs 209/05 concernente la disciplina del sistema di risarcimento diretto”). Hanno affermato, tra l’altro, i Giudici di Palazzo Spada come il danneggiato resti, per così dire, il dominus della procedura per risarcimento diretto essendo nella sua facoltà non accettare l’offerta pervenutagli dalla propria assicurazione e, quindi, adire le via giudiziale. Ed invero, è stato sostenuto “va … tenuto presente che nel sistema delineato dagli articoli 149 e 150 del Codice, il danneggiato resta comunque libero di non accettare l’offerta dell’impresa e di procedere in via giudiziale, dove il criterio della risarcibilità del danno si espande secondo i principi generali. Infatti il danneggiato, ove ritenga di non aderire all’offerta di risarcimento diretto fatta dalla sua impresa di assicurazione, resta titolare dell’azione diretta di risarcimento di cui all’articolo 145, comma 2, sempre nei confronti della propria impresa di assicurazione. In questo caso l’impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l’altra impresa; riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato ferma restando in ogni caso, la successiva regolazione dei rapporti tra le imprese secondo quanto previsto nell’ambito del sistema del risarcimento diretto (articolo 149, comma 6 del Codice). Nel sistema del risarcimento diretto, quindi, assumono un valore cruciale i benefici (anche patrimoniali) che il danneggiato può ottenere a fronte di una indubbia restrizione preventiva (liberamente accettata) dell’area dei danni risarcibili. Non vi sono difficoltà sistematiche a collocare questo meccanismo di risarcimento “semplificato” nell’area dell’autonomia negoziale, delle parti che stipulano il contratto di assicurazione; lo schema legislativo si preoccupa peraltro di tutelare in modo adeguato il contraente più debole, in termini di certezza dei tempi della liquidazione e di benefici ottenibili accettando tale schema. I benefici derivanti agli assicurati, che come abbiamo detto assumono un significato cruciale nel meccanismo in esame, nello schema in esame sono genericamente rimessi alla possibilità di contemperare clausole che prevedano anche la contestuale riduzione del premio per l’assicurato ove sia inserito nel contratto il meccanismo del risarcimento in forma specifica (articolo 14, comma 1). Sembra questa una previsione alquanto generica a fronte della specifica previsione della legge che richiede la definizione dei benefici derivanti agli assicurati dal sistema del risarcimento diretto. La disposizione in esame si limita infatti a prevedere una possibile riduzione del premio mentre invece sarebbe da attendersi nella norma secondaria, un qualche criterio di quantificazione preventiva del beneficio che l’assicurato potrà ottenere ove siano previste clausole contrattuali che specificamente prevedano tale meccanismo; tale soglia di riduzione minima potrebbe essere agganciata al meccanismo di definizione ed adeguamento annuale dei premi per la Rca obbligatoria, ove l’assicurato confermi di anno in anno tale scelta in modo esplicito e consapevole. La determinazione di tale soglia minima, ove non si ritenga di inserirla direttamente nel testo in esame, potrebbe essere in concreto determinata dall’Isvap nell’ambito dei poteri ad esso intestati, ai sensi del comma 3 dell’articolo 150 del Codice”. Il parere in esame, in verità, lascia piuttosto perplessi in quanto sembrerebbe predicare la liceità di un sistema improntato alla restrizione del diritto alla difesa tecnica a fronte di vantaggi, peraltro opinabili, di natura economica. Né meno grave è l’omesso riferimento al fatto che, con il nuovo sistema normativo, le imprese di assicurazioni sono di fatto chiamate a valutare la congruità della somma offerta e della quale esse stesse sono debitrici. Detti rilievi critici non sono sfuggiti alla dottrina. È utile in merito riportare la posizione espressa da parte dell’Aiga, Associazione dei giovani avvocati, per mezzo del suo Vicepresidente Giuseppe Sileci. Afferma espressamente Sileci “Il parere espresso dal Consiglio di Stato nell’adunanza del 19 dicembre sullo schema di regolamento che, in attuazione dell’articolo 150 del Codice delle assicurazioni, dovrebbe disciplinare la procedura di indennizzo diretto, suscita più di una perplessità. L’Organo consultivo non ignora che la obbligatorietà della procedura in questione e la esclusione delle spese di assistenza legale tra quelle rimborsabili al danneggiato implicano una «restrizione dell’area del danno risarcibile» e tuttavia ammette la possibilità che l’esercizio da parte del cittadino del diritto di difesa possa essere sacrificato dietro una contropartita di natura economica. Sempre secondo i giudici amministrativi, questa contropartita dovrebbe consistere nella chiara indicazione dei benefici concreti che deriverebbero al danneggiato dal sistema di indennizzo diretto in termini di tempi e certezza della liquidazione nonché in termini di riduzione del premio. Ciò sarebbe coerente con i criteri direttivi della legge delega 229 del 2003, ed in particolare con quanto previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera b, ai sensi del quale è prioritaria «la tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza, delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri». L’esigenza di tutelare il contraente più debole dagli abusi in passato sistematicamente perpetrati in suo danno dalle imprese di assicurazione, anche e non solo nella determinazione dei premi, deve tuttavia essere attuata obbligando le suddette imprese ad una maggiore efficienza nella predisposizione della contrattualistica e nel rispetto dei tempi, già previsti dalla legge previgente, per liquidare i danni; senza anteporre ad un diritto di rango costituzionale, ovvero quello del cittadino di avere idonea assistenza legale, ragioni (e cioè l’opportunità che il contraente usufruisca di migliori condizioni contrattuali) che incidono su un piano assolutamente diverso. Inoltre, è totalmente sfuggito all’esame del Consiglio di Stato l’evidente conflitto di interesse in cui verranno a trovarsi le imprese di assicurazioni nel momento in cui dovranno offrire al danneggiato quella assistenza tecnica indispensabile non solo per la compilazione, abbastanza complessa, della richiesta di risarcimento ma anche per la quantificazione dei danni. In definitiva, si introduce nel nostro ordinamento l’inaccettabile principio secondo il quale la valutazione della congruità della somma offerta può essere affidata al soggetto che di quella somma è debitore. L’anomalia va pertanto rimossa prevedendo, in via alternativa, il diritto del danneggiato al rimborso delle spese sostenute per l’assistenza legale (con contestuale esonero delle imprese di predisporre alcun servizio di assistenza tecnica) ovvero l’attivazione facoltativa, da parte del danneggiato, della procedura di indennizzo diretto. A meno che il legislatore non intenda, come pare francamente opportuno, abrogare una norma che ha introdotto nel nostro ordinamento una ingiustificata compressione del diritto dei cittadini” [29]. Note: [1] Si riporta di seguito una parte dell’argomentare sostenuto, in particolare con riferimento al cd. indennizzo diretto, dal Congresso “molti istituti del codice di procedura non potranno più essere utilizzati nei casi di applicazione degli artt. 141 e 149, come ad esempio, solo per citarne alcuni, l’interrogatorio formale, la chiamata in causa ed il foro competente, prevedendo il suddetto art. 149 la citazione diretta della sola compagnia assicuratrice del danneggiato. Tale provvedimento è solo l’ultimo di una lunga serie di attacchi, iniziati nel 2000, tendenti alla compressione dei diritti dei cittadini, i quali non solo si sono visti ridurre l’entità del risarcimento, a fronte di premi assicurativi sempre più elevati, ma si vedono oggi negata la possibilità di far valere i propri diritti mediante l’assistenza di un avvocato. Tutto ciò risulta ancor più grave alla luce del dettato costituzionale che garantisce ad ogni cittadino l’inviolabile diritto alla difesa in ogni suo stato, prevedendo altresì il compimento di tale difesa attraverso la figura del professionista forense. Tale diritto è stato invero da ultimo confermato dalla Suprema Corte la quale, con la recente sentenza n° 11606/2005, ha ribadito il principio secondo il quale il danneggiato ha diritto, in ragione del suo diritto di difesa costituzionalmente garantito, di farsi assistere anche nella fase stragiudiziale da un professionista di fiducia e ad ottenere il rimborso del relativo onorario. Tale diritto non può che valere sia nel caso che la trattazione avvenga con l’istituto assicuratore del responsabile civile, sia nel caso che avvenga con l’impresa assicuratrice con la quale è stato concluso il contratto obbligatorio ex legge. In questa vicenda appare inoltre singolare la posizione assunta da alcune associazioni dei consumatori, consorziatesi tra loro, le quali pur essendosi in passato dichiarate contrarie all’indennizzo diretto, intravedendo oggi la possibilità di sviluppare i propri interessi attraverso la gestione dei sinistri, si sono fatte stregue promotrici del varo del provvedimento governativo, con il chiaro scopo di gestire le camere di conciliazione anche nella materia della R.C.Auto. Tale operazione consolida il sistema che consente a soggetti privi dei requisiti necessari per lo svolgimento delle attività professionali, di aggirare le norme attraverso la costituzione di patronati o associazioni. Si denuncia che con il Decreto Legislativo del 7/09/2005 n° 209 e, più precisamente con l’introduzione del cosidetto risarcimento diretto, i danneggiati saranno lasciati alla mercè delle compagnie assicuratrici senza la possibilità di una adeguata e tempestiva tutela legale”. [2] In questo senso, parere 28 luglio 2005. [3] La norma in esame, secondo quanto riferito da parte di attenta dottrina, è di dubbia legittimità costituzionale almeno con riferimento alla violazione degli artt. 3 e 76 della Costituzione. Si è precisato come “in virtù dell’art. 149 i danneggiati, che rientrino in uno dei casi ivi previsti, sono ora obbligati a chiedere il risarcimento del danno non a chi è responsabile dello stesso, ai termini del codice civile, ma bensì ad un altro soggetto; ovvero alla propria compagnia assicuratrice (e da qui l’errore terminologico in cui spesso molti sono incorsi di <<indennizzo>> in vece di <<risarcimento>>). E’ pertanto chiaro che il decreto legislativo ha modificato, sia sostanzialmente che proceduralmente, i diritti dei danneggiati, facoltà questa non concessa dalla legge delega. Ma non solo. Il Codice delle Assicurazioni ha altresì ridotto i doveri dei responsabili dei sinistri stradali datosi che costoro non dovranno più neppure essere convenuti in giudizio ed in prima persona non saranno più tenuti a rispondere neppure in solido del danno cagionato. Infatti, l’art. 149 punto 6 prevede che il danneggiato possa proporre l’azione diretta di cui all’art. 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione senza far menzione alcuna anche al responsabile del sinistro (in contrasto con quanto previsto dall’art. 144 dello stesso codice oltre che dei principi generali dell’ordinamento giuridico) ed ovviamente alla compagnia del civile responsabile. Responsabile che, del resto, fino ad allora potrebbe, anzi dovrebbe, non aver mai neppure ricevuto una richiesta di risarcimento. Infatti, l’art. 145, comma 2, prevede che in caso d’indennizzo diretto la raccomandata di richiesta vada inviata alla propria compagnia assicuratrice, e non al responsabile del sinistro”. In questo senso espressamente Quadri, L’incostituzionalita’ preannunciata dell’indennizzo diretto, on line su altalex.com. In definitiva, secondo il condivisibile argomentare dell’Autore, non solo il Governo non era stato delegato a favorire i soggetti danneggianti né tanto meno ad affievolire i diritti dei danneggiati, ma neppure ha adempiuto al compito, pur impartitogli dal Parlamento (si veda la legge delega n. 229/2003), di provvedere ad una più incisiva tutela dei consumatori. Attraverso il sistema dell’indennizzo diretto, precisa altresì l’Autore, si viola in termini piuttosto evidenti la norma di cui all’art. 3 della Costituzione in quanto “si viene a creare una differenza di trattamento fra danneggiati in casi molto simili fra loro. Senza poi dimenticare la differenza di trattamento fra i danneggiati da fatto illecito derivante dalla circolazione stradale ove sia applicabile l’indennizzo diretto ed i danneggiati da fatto illecito non derivante dalla circolazione stradale. Insomma, il medesimo danno ingiusto potrebbe essere risarcito in modo completamente differente a seconda che si applichi o meno l’indennizzo diretto”. [4] Nel regolamento, cioè, esse non sono escluse a priori (salvo ad essere ammesse dai singoli contratti), bensì possono essere escluse dai singoli contratti sulla base di scelte discrezionali da parte delle imprese di assicurazione. [5] In proposito, il Consiglio di Stato ha recentemente affermato che “la vigente disciplina in materia di comunicazioni telematiche (in particolare si veda il Dpr 68/2005, che disciplina l’utilizzo della posta elettronica certificata), consente, in via generale di utilizzare, a determinate condizioni, tale forma di comunicazione elettronica; del resto, l’articolo 10 dello schema in esame, in linea con questa impostazione, consente all’impresa di accedere in via telematica agli archivi del pubblico registro automobilistico e all’archivio nazionale dei veicoli (articolo 132 del Codice); non sembra che vi siano ragioni per non prevedere in via ordinaria e generale che il danneggiato possa utilizzare tale forma di comunicazione, salvo che l’impresa richieda di escluderlo in modo espresso, per cause organizzative ad essa stessa addebitabili; sembra quindi opportuno modificare il comma 2 dell’articolo 5 dello schema chiarendo che «la richiesta è presentata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento e a mezzo telegramma o telefax o in via telematica salvo che l’impresa chieda esplicitamente di escludere tale ultima forma di presentazione della richiesta di risarcimento». Il comma 3 dell’articolo 5 va in conseguenza eliminato” (parere 19 dicembre 2005 avente ad oggetto “Schema di Dpr recante attuazione dell’articolo 150 del D.Lgs 209/05 concernente la disciplina del sistema di risarcimento diretto”). [6] Qualora la richiesta sia incompleta , l'impresa, entro trenta giorni dalla ricezione della stessa, offrendo al danneggiato adeguata assistenza tecnica ed informativa, invitando lo stesso a fornire le integrazioni e i chiarimenti necessari per la regolarizzazione della richiesta. In questo caso i termini per la formulazione dell'offerta o per la comunicazione della mancata offerta sono interrotti e ricominciano a decorrere dalla data di ricezione delle integrazioni e dei chiarimenti richiesti (art. 7 dello schema di D.P.R. cit.). [7] Interessante, in dottrina, l’esemplificazione per singoli casi operata da Rossetti, Codice delle assicurazioni - Le nuove norme sulla r.c.a., parte III, in Dottrina e Diritto, secondo cui “Questa procedura, ..., non si applica a tutti i danni ed a tutti i soggetti. L’indennizzo diretto potrà essere domandato: (a) dal conducente, per i danni alle cose ed alla persona, ma in quest’ultimo caso solo se hanno esiti micropermanenti; in tutte e due le ipotesi, il conducente non deve avere causato, nemmeno concorsualmente, il sinistro; (b) dal proprietario, per i danni al veicolo od alle cose in esso trasportate di sua proprietà. La procedura di indennizzo diretto non si applica a: - i danni alla persona patiti dai trasportati, ivi compreso il proprietario; - i danni alle cose patiti dai trasportati diversi dal proprietario; - i danni derivati da sinistri causati da veicoli immatricolati all’estero; - i danni derivati da sinistri nei quali siano rimasti coinvolti più di due veicoli.” [8] In questo senso espressamente, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provvedimento del 17 aprile 2003, n. 11891. [9] Secondo lo schema di D.P.R. già citato, la disciplina del risarcimento diretto si applica in tutte le ipotesi di danni al veicolo e di lesioni di lieve entità al conducente, anche quando nel sinistro siano coinvolti terzi trasportati (art. 3). Peraltro, qualora i terzi trasportati subiscano lesioni, la relativa richiesta del risarcimento del danno resta soggetta alla specifica procedura prevista dall'articolo 141 del codice (art. 3, comma 2). [10] La disciplina del risarcimento diretto si applica ai sinistri che coinvolgono veicoli immatricolati in Italia, nonché veicoli immatricolati nella Repubblica di San Marino e nello Stato Città del Vaticano, se assicurati con imprese con sede legale nello Stato italiano o con imprese che esercitino l'assicurazione obbligatoria responsabilità civile auto al sensi degli articoli 23 e 24 del codice delle assicurazioni private e che abbiano aderito al sistema del risarcimento diretto (art. 4 schema del D.P.R. cit.). [11] Lepre, Via al Codice: dubbi i paletti posti ai legali – Su premi e risarcimenti operazione fallita, in Diritto&Giustizia, 38/2005, V, 63. [12] Lepre, op. cit., VI, 64. [13] Lepre, op. cit., V, 63. [14] Hazan, L’indennizzo diretto è ancora un cantiere – Largo al Cid, spazi ridotti al danneggiato, in Diritto&Giustizia, 2005, XI, 69. [15] Hazan, cit. XII, 70. [16] In merito si è affermato in dottrina “la norma appare di dubbia legittimità là dove sottrae al creditore uno dei due debitori solidali di cui disponeva nel sistema previgente (responsabile ed assicuratore). Il nuovo sistema, a meno di profonde revisioni organizzative, appare penalizzante per l’assicuratore della vittima, il quale solo a prezzo di onerose ricerche sarà in grado di contestare la domanda attorea ed addurre prove sull’an debeatur”, Rossetti, op. cit.. [17] Hazan, XII, 71. [18] Per approfondimenti su tale pronuncia si rinvia alla premessa. [19] Si è affermato in merito da parte della dottrina più attenta che “l’accertamento del grado della colpa ed il riparto della responsabilità sono compiti eminenti del giudice, e non esiste altra sede oltre quella giurisdizionale ove il relativo accertamento possa compiersi. Né rileva che il regolamento avrà efficacia solo “nei rapporti interni tra le imprese di assicurazione”. Il sistema dell’indennizzo diretto non è altro che l’assegnazione al creditore di un diverso debitore, e quindi un accollo liberatorio ex lege. Ciò vuol dire che le eccezioni opponibili dall’accollante al creditore sono le medesime che a questi avrebbe potuto opporre l’accollato, ivi compreso il concorso di colpa (arg. ex art. 1273, u.c., c.c.). Pertanto l’accertamento del grado di corresponsabilità tra i conducenti non può essere compiuto con criteri diversi, uno demandato al giudice e rilevante nel rapporto tra danneggiato ed assicuratore tenuto all’indennizzo diretto; l’altro di matrice regolamentare e rilevante nel rapporto tra quest’ultimo e l’assicuratore del responsabile”, Rossetti, op. cit.. [20] Secondo tale disposizione l’impresa, nell'adempimento degli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede, è tenuta a fornire al danneggiato ogni assistenza informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno. Tali obblighi comprendono, in particolare, oltre a quanto stabilito espressamente dal contratto, il supporto tecnico nella compilazione della richiesta di risarcimento, anche al fini della quantificazione dei danni alle cose e ai veicoli, il suo controllo e l'eventuale integrazione, l'illustrazione e la precisazione dei criteri di responsabilità di cui all'allegato A. L'offerta di risarcimento del danno formulata dall'impresa comprende anche il rimborso delle spese di consulenza medico-legale sostenute dal danneggiato. Come si è già precisato, infine, al fini dell'offerta di risarcimento del danno formulata dall'impresa, non sono considerati danni accessori le spese sostenute dal danneggiato per consulenza o assistenza professionale diversa da quella medico-legale. [21] In questo senso espressamente, Quadri, Il regolamento al risarcimento diretto ex art. 150 C.d.a. - Ovvero, come eliminare un’intera categoria professionale e calpestare i diritti dei danneggiati, sul sito web altale.com (del 10 dicembre 2005). [22] Possono partecipare a tali consorzi anche le imprese con sede legale in altri stati membri dell'Unione Europea sempre che operino nel territorio della Repubblica ai sensi degli articoli 23 e 24 del codice delle assicurazioni private e che intendano aderire al sistema di risarcimento diretto. [23] Lo statuto ed il regolamento dei consorzi, nonché ogni loro successiva modifica deve avvenire in conformità alle norme in materia di concorrenza, gli stessi devono essere approvati dall'ISVAP che esercita la vigilanza sul funzionamento dei consorzi medesimi. [24] È comunque da precisare che, secondo quanto prescritto dal medesimo Codice, l’ammontare del danno biologico liquidato ai sensi della norma in esame può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato. [25] Agli effetti di tale norma per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all'integrità psico - fisica della persona suscettibile di accertamento medico - legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito [26] Come affermato dalla dottrina più attenta “sarebbe quindi da stabilire se tale ragionevolezza e, quindi l’equilibrato componimento degli interessi in gioco siano riscontrabili nei criteri a suo tempo adottati dalla legge del 2001 e, oggi, dall’articolo 139. Su tale questione dovrebbero forse pronunciarsi altre autorità ad altri livelli; ciò che peraltro, si può osservare sin da ora, è che un conto è discutere di occupazione appropriativa, cioè di interessi esclusivamente di natura economica, altro della vita e della salute di un uomo)”, in questo senso espressamente, Lepre, op. cit., 61, III. [27] In questo senso espressamente Lepre, op. cit.. III, 61. Precisa, in particolare, l’illustre Autore “L’esame della fattispecie che ha dato origine alla decisione – e che non è di particolare utilità approfondire in questa sede – ha tuttavia dato modo alla Corte di affermare il principio che quel criterio – di predeterminazione cioè per via legale della misura del risarcimento – è applicabile solo nei confronti dell’impresa di assicurazione e non verso il responsabile, sia esso proprietario del veicolo o conducente. Questo <<distinguo>> – che la Corte faceva discendere da un certo parallelismo con l’articolo 4 del D.L. 857/79 che fissava la misura del reddito al fine di risarcire il danno patrimoniale in una somma non inferiore a tre volte l’ammontare annuo della pensione sociale, e che la Cassazione aveva ritenuto applicabile solo all’ipotesi di azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore – già in vigore dall’articolo 5 della legge 57/2001 era quanto meno opinabile. In ogni caso, questa asserita disparità di trattamento induceva comunque a perplessità nell’ottica di una riforma – la legge 990/69 – che mirava ad addossare l’intero onere risarcitorio sulla impresa di assicurazione, a garanzia del cittadino e del suo diritto alla integrale riparazione del danno sofferto trattandosi dei beni primari dell’uomo, quali la vita e la salute. Che il principio allora affermato dalla Corte sia tanto più opinabile oggi discende dal fatto che sia il Dl 857/76 sia l’articolo 5 della legge 57/2001 sono stati abrogati dall’articolo 354 del nuovo codice, quindi l’unica norma di riferimento è l’articolo 139, che, per come è formulata, sembra dettare un principio generale che non consente di differenziare – agli effetti risarcitori – l’azione proposta contro l’assicurazione e quella contro il responsabile civile. In altri termini, qualunque soluzione si riteneva adottare in ordine all’articolo 139, nessuna risulta in toto convincente; né il voler vedere differenziata la posizione del danneggiato, ai fini risarcitori di beni primari, a seconda che l’azione sia rivolta verso l’assicuratore ovvero verso il responsabile civile, stante la sicura solvibilità solo del primo e non del secondo; né il ritenere la norma applicabile a entrambi i soggetti, stante i consistenti dubbi di costituzionalità sopra evidenziati, soprattutto relativamente alla predeterminazione per via legale solo di alcune categorie di danni, della stessa natura ma di diversa origine”. [28] Rossetti, Codice delle assicurazioni - Le nuove norme sulla r.c.a., on line su Dottrina e Diritto. [29] Pubblicato on line su diritto&giustizia del 12 gennaio 2006. Tavola 4 – Sintesi della procedura per indennizzo diretto Iter da seguire Tipo di danni lamentati Divieti In caso di sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti, i danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato. danni al veicolo; danni alle cose trasportate di proprietà dell'assicurato o del conducente; danno alla persona subito dal conducente non responsabile se risulta contenuto nel limite previsto dall'articolo 139. la procedura non si applica ai sinistri che coinvolgono veicoli immatricolati all'estero ed al risarcimento del danno subito dal terzo trasportato come disciplinato dall'articolo 141. Tavola 5 - Sintesi degli obblighi dell’assicuratore Obblighi per l’assicuratore L'impresa, a seguito della presentazione della richiesta di risarcimento diretto, e' obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell'impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime. Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offerta, l'impresa di assicurazione provvede al pagamento entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione e il danneggiato e' tenuto a rilasciare quietanza liberatoria valida anche nei confronti del responsabile del sinistro e della sua impresa di assicurazione. L'impresa di assicurazione, entro quindici giorni, corrisponde la somma offerta al danneggiato che abbia comunicato di non accettare l'offerta o che non abbia fatto pervenire alcuna risposta. La somma in tale modo corrisposta e' imputata all'eventuale liquidazione definitiva del danno. In caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto ovvero nel caso di mancata comunicazione di offerta o di diniego di offerta entro i termini previsti dall'articolo 148 o di mancato accordo, il danneggiato può proporre l'azione diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione. L'impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l'altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato ferma restando, in ogni caso, la successiva regolazione dei rapporti tra le imprese medesime secondo quanto previsto nell'ambito del sistema di risarcimento diretto.