CABLA
CABL
ANNONUMERO
PRIMAVERA
SEMESTRALEPUBBLICATO
DALLABORATORIO#ABLA
DELLA&ONDAZIONE$IAMANTE
GRAMMI
DALLACOPERTINA
Perché il nome “cabl@grammi”
Il nome della nostra rivista si rifà da un
lato alla parola «cablogrammi», i
dispacci telegrafici d’altri tempi
trasmessi per mezzo di cavi elettrici
sottomarini, a voler simboleggiare il
desiderio di comunicare tra il nostro
mondo di diversamente abili e il mondo
inteso come società tutta, anche se le
distanze sembrano di primo acchito
molto grandi, oceaniche appunto.
Ma la “o” di cablogrammi si trasforma
magicamente in “@”, il simbolo per
eccellenza della moderna comunicazione globale tramite internet, ad indicare che le distanze di comunicazione
nella nostra società postmoderna
dell’informazione non esistono più e
quindi esprimendo il desiderio di un
intenso dialogo tra utenti, operatori,
famiglie, società tutta.
Infine, leggendo il titolo, compare già
all’inizio, in modo del tutto naturale, il
nome del nostro laboratorio CABLA
della Fondazione Diamante, dove è
nata quest’idea di comunicare con la
presente rivista.
Foto in copertina
SOMMARIO
EDITORIALE
IL#ABLASIRACCONTA
STORIADEL#ABLA
LANOSTRAVACANZAAL,IDODI*ESOLO
ILMIOLAVOROAL#ABLA
LAMIAINTERVISTAAD!NTONIO,OCATELLI
INSERIMENTI
ILMIOINSERIMENTOLAVORATIVO
Seconda sede del laboratorio Cabla in via
Varenna a Locarno (1997).
IPSEDIXIT
INTERVISTAA2E2ABADAN
APPROFONDIMENTI
IMPORTANZADEGLIPSICOFARMACI
ALBOFOTO
MOMENTI
STORIEDIVITA
LOPERATORESOCIALESIRACCONTA
Il laboratorio Cabla, come il paguro, crescendo
cambia “casa”.
UNANOTADICOLORE
COSASONOGLI5&/
LAGLIO
LEMIEPASSIONI
LANGOLODELLARTE
POESIEPENSIERIERACCONTI
UNDELIZIOSODOLCETURCO
CHEKPOINT
)NSIDIOUS
,)"2ARS)
Roberto C.
LINKFD
CERCASIAPPARTAMENTIPERUNFOYER
BACHECA
Sede attuale del laboratorio Cabla in via del
Sole a Tenero (dal 2008).
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
EDITORIALE
La pubblicazione di una rivista pensata
e scritta da persone che lavorano
all’interno di una struttura sociale o di
un’azienda, non è una novità originale,
ma nemmeno un evento corrente.
Questa iniziativa è quindi da salutare
con piacere e interesse.
L’attenzione portata costantemente
alla persona, all’utente preconizzata
dalla legge (LISPI) e della Fondazione
Diamante, si esprime con servizi e prestazioni atte a permettere lo sviluppo
personale, il benessere, il soddisfacimento di legittime ma realistiche,
aspirazioni in tutta una serie di aspetti
della vita quotidiana.
Rispondere a questo mandato significa
pure ascoltare i molti linguaggi proposti dai singoli, porre le condizioni per
dialogare con le persone nell’intento
di coglierne ogni segno che possa
raccontare delle proprie idee, della
propria volontà, delle proprie aspirazioni e dei progetti di autodeterminazione.
La redazione di una “rivista” risponde
a modo suo a questa esigenza.
Dare la parola alle persone è dunque
un modo di porre la persona al centro,
significa dare dignità a pensieri, idee,
interessi sui più svariati argomenti,
magari non completamente condivisibili e necessariamente pertinenti, ma
altrettanto rispettabili. Questo dialogo
permette all’operatore sociale di
colloquiare, di confrontarsi con le
storie di ciascuno e permette di approfondire la conoscenza della persona e,
IL#ABLASIRACCONTA
in questo modo, di dare risposte maggiormente adeguate.
Nella storia recente, importanti pedagogisti come Célestin Freinet in Francia, Don Milani nella più vicina Barbiana in Toscana o ancora Paulo Freire
nelle favelas brasiliane, hanno valorizzato l’uso del “giornale di classe” come
mezzo didattico che permette l’acquisizione di competenze linguistiche, di
scrittura, che stimola lo sviluppo della
curiosità e della ricerca, la scoperta di
forme complesse di linguaggio. Un’attività che si è quindi dimostrata preziosa nel processo di emancipazione delle
persone in situazioni discriminatorie
per cause di povertà, debolezza,
dipendenza.
Anche nelle strutture FD si conoscono
alcuni esempi: all’inizio degli anni
ottanta un giornale stampato in ciclostile al Laboratorio Incontro di Solduno, apparso per qualche anno e poi
scomparso, poi nel 2004 il laboratorio
Ronchetto di Lugano con il suo foglio
informativo “FILAR” ha proseguito su
quel filone.
Auguro a questa iniziativa di ricevere
grandi consensi e lunga vita.
In quel caso la rivista cabl@grammi
sarà riuscita a diventare un importante
mezzo attraverso il quale l’utenza
esprimerà le sue idee, le sue emozioni.
Roberto Trosi
responsabile laboratorio Cabla
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STORIADEL#ABLA
Questo articolo si prefigge, mediante il
vissuto lavorativo e sociale di Fabio e
mio, di tracciare la cronistoria del
laboratorio Cabla. Fabio è stato uno
dei primi utenti-operai a far parte del
Cabla e quindi testimone dell’ evoluzione del laboratorio, mentre io, lavorandovi dal 1994, ho vissuto praticamente tutta la sua storia fino ad oggi.
1993 Aprile, inizia l’attività del laboratorio Cabla. La Fondazione Diamante
era già conosciuta presso la Schindler
con due inserimenti lavorativi (L. e S.);
ciò ha favorito la trattativa affinché il
reparto di produzione cavetti fosse
ceduto alla Fondazione Diamante e
fossero poste così le basi per
l’organizzazione di questo nucleo lavorativo. Già prima di quella data presso
il laboratorio Incontro 1 di Solduno
venivano svolti piccoli lavori di cablaggio per la ditta Invertomatic, da un
piccolo gruppo di utenti (ca. 7 con
disabilità medio-grave) seguiti da un
operatore in formazione come MSP
(Francesco). Queste persone costituirono il primo gruppo operativo del
laboratorio Cabla. L’esternalizzazione
del settore cavetti (ca. 400 tipi diversi) da parte della ditta Schindler, comportava 2 aspetti basilari: il primo era
legato alla qualità, il cliente richiedeva un margine d’errore uguale a zero;
il secondo era legato ai termini di
fornitura, che andavano rispettati.
Sicuramente una bella sfida per il
primo gruppo che ha cominciato questa
attività.
Dopo l’istruzione iniziale al lavoro, alle
macchine e alle attrezzature fornite
dal cliente, il gruppo Cabla è partito…
La Schindler forniva tutto il necessario
alla produzione, Cabla metteva a
disposizione la manodopera.
Fabio fa parte di questo gruppo sin
dall’inizio (ammissione nell’aprile del
1993).
Fabio Prima di arrivare al laboratorio
Cabla vivevo all’istituto Canisio, dove
ho frequentato le scuole e gli ateliers
di lavoro legno e ceramica. In seguito
sono andato a vivere al foyer Casa
Bianca (OTAF) a Locarno. Con gli educatori del foyer ho fatto visita al laboratorio Cabla, per vedere cosa si
faceva e poi ho fatto una prova.
All’inizio eravamo in pochi e il laboratorio era più piccolo, quando ho cominciato avevo un po’ di difficoltà e facevo
un po’ di fatica perché il posto era
nuovo.
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1995 In questo anno viene creato un
“sottogruppo Cabla” che collabora con
le Officine FFS di Bellinzona. L’attività
consisteva nel ripristinare dei portalampade dei vagoni. Questa collaborazione ha portato alla creazione di
un’altra struttura della Fondazione
Diamante all’interno delle Officine
(Laboratorio OFFS).
In questo anno nasce anche la collaborazione con la ditta Agie di Losone, che
continua ancora tuttora.
1996 Dopo quasi tre anni di attività il
gruppo di utenti è aumentato, quindi
servivano spazi di lavoro più grandi e
così s’è cercata una nuova sede, trovata a Locarno in Via Varenna nell’ex
pastificio Simona. In questo anno siamo
stati confrontati con un importante
calo delle ordinazioni! Calo dovuto ad
una evoluzione degli ascensori e delle
scale mobili sempre piu moderni,
modifiche richieste dal mercato che si
muoveva verso tecnologie nuove e
sempre piu sofisticate (meno cablaggi
e piu elettronica). Avendo noi, come
cliente unico la Schindler, ci siamo
trovati presto in difficoltà a occupare
le persone.
Erano tempi in cui “inventavamo” il
lavoro da fare con ordinazioni fittizie,
per mantenere e allenare le competenze acquisite.
1997 L’équipe Cabla
comincia una formazione aziendale interna per acquisire gli
strumenti necessari
alla preparazione di
offerte da proporre ai
possibili
clienti,
infatti occorreva un’analisi approfondita dei costi della struttura (affitto,
luce, acqua, macchinari, produzione,
acquisto materiali, salari utenti ecc…).
Con queste nuove competenze ci siamo
lanciati nel mercato per acquisire
nuovi clienti.
Fabio Questa volta il trasloco tocca a
me. Sono passato dal foyer Casa Bianca
(OTAF), al foyer Camminata a Bellinzona della Fondazione Diamante.
Al foyer Camminata mi trovo bene, ora
ho un appartamento che condivido con
altri due compagni (N. e N.).
1998 È sicuramente l’anno peggiore, i
costi di produzione hanno superato i
ricavi!
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Una volta la mia mamma mi aveva portato i soldi al Cabla per fare una vacanza e io li ho strappati perché ero nervoso. Un gesto così adesso non lo farei
più.
AI Cabla i miei compiti erano: mettere
le scarpette sui cavi; arrotolarli e
fissarli con una fascetta; spellatura dei
cavi; conteggio dei pezzi; preparazione
dei cablaggi in una paletta. Una volta
preparata la euro-paletta (dopo il controllo qualità), si preparava il bollettino di consegna e poi noi con il carrello
la portavamo direttamente alla Schindler. La pausa del mattino la facevamo
al bar Tie Break, che era attaccato al
Cabla. Nella pausa pranzo si andava a
mangiare al ristorante Saleggi. Il mercoledì era una giornata
extra-lavorativa, si
andava a fare attività
sportive come nuoto
e palestra alle scuole
di Minusio.
1999 K-Lumet. Il laboratorio Cabla,
comincia la produzione dei K-Lumet
(accendi fuoco ecologici) e diventa
partner della Fondazione Perce-neige
di Neuchâtel, ottenendo la licenza per
la produzione e la vendita dei prodotti
in Ticino. Da noi il progetto ha permesso di coinvolgere persone con minori
capacità manuali e di dare una continuità produttiva all’interno del laboratorio. In questo progetto sono stati
coinvolti altri partner come case anziani e altri atelier.
Progetto elettricisti. Nasce grazie ad
un operatore (Giacomo) elettricista di
formazione, quest’attività che si occupava inizialmente di fare piccole
manutenzioni , poi con il tempo siamo
diventati gruppo d’appoggio per una
ditta d’elettricisti. Il progetto si è
fermato quando Giacomo è andato in
pensione.
2000 Viene introdotto un programma
informatico (usato tuttora), che ci ha
permesso di poter gestire le ordinazioni, le conferme d’ordine, i bollettini di
consegna e il materiale di produzione.
Da qui in avanti il laboratorio diventa
sempre piu azienda, capace di dialogare con le ditte (piccole e grandi) presenti sul territorio.
2003 È il decimo anniversario di attività del laboratorio Cabla. Si è organizzata una festa in “rotonda” a Locarno.
2007 Dopo anni di attività, anche gli
spazi in via Varenna risultavano angusti
e così a gennaio 2008 si è ricominciato
nella nuova sede a Tenero, con spazi
molto più grandi e tutti su un piano,
questo ci ha permesso di riorganizzare
gli spazi produttivi (K-Lumet, kit Schindler, cavetti, cartonaggio, ecc…).
Questa nuova collocazione in uno stabile che comprende già altre aziende, da
sempre piu una connotazione d’ impresa sociale.
2009 Vinciamo il concorso per la
gestione di una buvette (vendita di
bibite e gelati a prezzi popolari) al
Meriggio di Losone, di proprietà del
patriziato. Si trattava di un progetto
molto impegnativo perché l’apertura
doveva essere garantita 7 giorni su
sette e per tutta l’estate. Fortunatamente avevamo alcuni utenti entusiasti
di poter lavorare in questo ambito. La
gestione del chiosco ci ha permesso
molta visibilità rispetto alla popolazione che usufruiva di questo spazio di
svago. Purtroppo, dopo due anni di
gestione abbiamo dovuto abbandonare
l’attività perché troppo impegnativa.
Comunque è stata una esperienza
molto ricca dal punto di vista sociale e
relazionale.
2012 Attualmente il laboratorio Cabla
è composto da un’équipe di 6 operatori
e da una trentina di utenti, altri 30
utenti sono seguiti dal servizio inserimenti del locarnese in aziende sul
territorio.
In questi anni le attività lavorative si
sono fatte più diversificate, permettendo l’assunzione di persone con
abilità e competenze diverse e ampliare le collaborazioni: Schindler, RIRI,
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2013 Il laboratorio protetto produttivo
Cabla festeggerà i vent’anni d’attività.
Fabio Al foyer Casa Bianca ogni tanto
venivano a trovarmi mia mamma e mia
zia. L’unico svantaggio è che ora arrivo
a casa più tardi, poiché il foyer Camminata si trova più lontano rispetto a
prima. Al Casa Bianca facevo delle attività che non mi interessavano tanto, di
giorno lavoravo, alla sera giravo tutti i
bar sotto i portici, sempre con un educatore, mentre adesso sono maggiormente autonomo, guardo la televisione
oppure sto nella mia camera a riposare
e ad ascoltare la radio. Mi trovo meglio
adesso al foyer Camminata perché i
ragazzi con cui vivo sono più autonomi.
Prima al foyer Casa Bianca andavo a
fare la spesa assieme agli educatori ma
non cucinavo mai, mentre adesso
nell’appartamento cucino due sere a
settimana (martedì e giovedì). In
appartamento mi trovo bene anche se
ogni tanto litighiamo per la televisione.
Durante il weekend faccio attività, per
esempio al sabato vado a portare a
spasso i cani con un educatore che
lavora all’istituto Von Mentlen, a volte
andiamo anche in montagna. Ogni
tanto andiamo a bere qualcosa al ristorante vicino a casa mia o andiamo in
centro a Bellinzona, come pure andiamo a vedere musei e una volta sono
anche andato a vedere la prima squadra di calcio del Bellinzona. A Natale
andiamo una settimana ad Ascona a
Casa Irma. A Locarno mi piace la Città
Vecchia mentre a Bellinzona i castelli.
Negli anni prima, quando ancora giravo
sotto i portici e non lavoravo, non mi
sentivo bene, se dovessi tornare a quei
punti lì non sarei tanto contento.
Questo lavoro mi fa sentire bene. Il
Cabla è più bello adesso che è più
grande.
Negli anni ho acquisito
l’indipendenza a livello lavorativo.
Adesso sono responsabile dello smaltimento dei cartoni. Lavorare mi fa bene
e mi piace, con i miei compagni mi
trovo bene, anche se ogni tanto capita
di litigare, ma è normale. Prima ero un
tipo silenzioso, non parlavo con nessuno, adesso sono più aperto anche con i
miei compagni. Il Cabla mi ha aiutato
tanto a crescere e a maturare. Qua ho
imparato le buone maniere; infatti
prima non salutavo gli operatori
mentre adesso sì.
Fabio T. e Massimiliano P.
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Agie, Geomag, Multitime, Invertomatic, Diamond, Roda, Fabbrica Tabacchi
Brissago, Rex, Campeggio Bellariva,
Ente del Turismo di Locarno, Garage
Tognetti, produzione e vendita KLumet, teatro Dimitri, teatro Al Gatto
e Terreni Alla Maggia. La qualità dei
prodotti e il rispetto dei termini di consegne sono i due aspetti che non abbiamo mai sottovalutato, anzi sempre più
rinforzato, perché siamo consapevoli
che così si costruisce la fiducia nei
partner e la si mantiene nel tempo.
Tutto ciò permette all’utenza del laboratorio di confrontarsi con lavori reali e
dignitosi facilitando così l’integrazione
sociale e lavorativa sul territorio.
Il campo di vacanza 2011 del laboratorio Cabla lo abbiamo svolto durante il
mese di giugno e siamo andati in Italia
sulla costa adriatica, al Lido di Jesolo.
Abbiamo trascorso tre giorni intensi,
dove ci siamo divertiti tanto. Alloggiavamo all’hotel Roma a metà pensione,
quindi approfittavamo della cucina
dell’albergo a colazione e a cena,
mentre a pranzo mangiavamo nei ristoranti dei dintorni. Devo dire che abbiamo sempre mangiato bene e abbondantemente.
Alla sera andavo in sala giochi e mi
divertivo a guardare chi era impegnato
a giocare ai videogame. Un gioco che
mi ha divertito, era quello delle macchine da corsa, dove sbandavano e
bisognava guidare per schivare i pericoli, impresa per nulla facile. In sala
giochi ho pure guardato con piacere le
sfide a calcetto tra alcuni miei compagni di lavoro.
Una sera, io, Saverio e Antonio abbiamo noleggiato una bicicletta a quattro
posti, mi sono divertito, ma avevo il
timore di cadere, perché se qualcuno
sbandava poi cadevamo tutti.
Sia il viaggio d’andata che quello di
ritorno è andato bene, inoltre ho comprato tre pacchetti di sigarette e
alcune cartoline, le prima ovviamente
le ho fumate tutte, le seconde le ho
spedite a mio fratello e ad altri conoscenti e amici. Alcune sigarette le ho
scambiate con Salvatore e Pasquale.
Una sola volta sono andato in spiaggia,
come pure una sola volta ho fatto il
bagno in mare. Mi piaceva fare delle
passeggiate in riva al mare, dove
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Silvano R.
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alcune volte entravo in acqua a bagnarmi i piedi e le gambe fino alle ginocchia.
Nel viaggio di ritorno ci siamo fermati a
Venezia e dopo un giro in vaporetto
siamo scesi vicino a Piazza San Marco; lì
mi sono fermato in un ristorante in riva
a un canale, ho bevuto una birra in bottiglia, ho fumato alcune sigarette e ho
mangiato un bel piatto di spaghetti.
Finito di pranzare, per sbaglio ho fatto
cadere per terra la bottiglia di birra e
si è rotta. Il cameriere, arrivato subito
dopo, aveva la faccia scura. Doveva
portare via la bottiglia prima che
cadesse.
Peccato che la vacanza sia durata solo
tre giorni, perché sono passati molto
velocemente e mi sarebbe piaciuto
passare più tempo al mare.
Mi chiamo Nicole, ho 24 anni, durante
la settimana abito al foyer Al Sasso a
Solduno e nei fine settimana torno a
casa dalla mia famiglia a Brissago.
Ho svolto l’apprendistato di economia
domestica presso il Centro Professionale di Gerra Piano. Dopo aver terminato il tirocinio, 5 anni fa ho iniziato a
lavorare presso il laboratorio Cabla,
dove mi trovo molto bene.
Nel tempo libero pratico lo sport del
nuoto a livello competitivo; infatti
faccio parte di una società del Locarnese, con la quale mi alleno una volta
alla settimana e partecipo alle gare a
livello svizzero. Finora ho vinto 50
medaglie: oro, argento e bronzo. Durante i fine settimana vado a fare shopping per i negozi.
In questo periodo al Cabla mi sto occupando del lavoro delle fascette e, oltre
a questa attività, sono pure addetta
alle telefonate in entrata. Il lavoro
delle fascette mi piace moltissimo,
perché mi riesce bene. Durante il
giorno faccio tantissimi mazzetti.
Il lavoro è suddiviso in varie fasi: contare le fascette; legare il mazzetto con
una fascetta; tagliare la fascetta che
lega il mazzetto con il tirafascette;
contare i mazzetti con il conta pezzi;
mettere i mazzetti in una scatola.
Ci sono tre tipi di fascette bianche:
quelle piccole (mazzetti da 80 pezzi),
medie (mazzetti da 100 pezzi)
e
lunghe (mazzetti da 20 pezzi).
Le fascette vengono ordinate per
e-mail da Antonio, alla ditta Egli
Fischer. Nell’ e-mail viene messa la
data di fornitura e le fascette vengono
fornite tramite il trasporto in camion,
indicativamente vengono
ordinate
ogni due settimane, ma dipende
sempre dal fabbisogno, che può variare
di mese in mese.
“La bilancia parlante”
Visto che ho problemi di vista, per facilitare il mio lavoro abbiamo deciso di
acquistare una bilancia conta pezzi,
che poi è stata collegata ad un computer dotato di un programma per la
sintesi vocale. La bilancia l’abbiamo
comprata a Torino, in una fabbrica che
si chiama “La Precisa”, che abbiamo
visitato e dove ci è stata fatta una
piccola istruzione sul funzionamento
della bilancia. Adesso per preparare i
mazzetti di fascette, al posto di contare, metto le fascette sulla bilancia, le
peso e ascolto il numero corrispondente riprodotto dalla sintesi vocale.
Con la bilancia conta pezzi mi trovo
molto bene e velocizza il mio lavoro.
Alla mattina si accende il computer e
la bilancia viene tarata secondo il peso
desiderato. Ho notato che con questa
bilancia non sforzo troppo la vista.
Nicole C.
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Chi è Antonio Locatelli?
“È un educatore che lavora al Cabla da
6 anni, che dopo un’esperienza di oltre
25 anni nell’industria ha deciso di dare
una svolta alla sua vita approfittando
dell’opportunità offertagli dalla Fondazione Diamante. È stata una scelta di
coraggio rimettersi in gioco con se
stessi e con gli altri. Durante questi 6
anni al Cabla credo di aver acquisito
molte nozioni comportamentali e relazionali con gli utenti e con i colleghi
educatori, permettendomi di accrescere le mie conoscenze professionali.”
Come hai iniziato la tua carriera
presso la Schindler?
“Nel lontano 1980, dopo un infortunio
sul lavoro, sono stato chiamato dalla
Schindler di Locarno per un colloquio di
lavoro. Nonostante il problema ad un
dito non mi sono lasciato sfuggire
l’opportunità e il 16 giugno dello stesso
anno ho varcato per la prima volta i
cancelli dell’azienda.”
Cosa ti ha spinto a cambiare lavoro
(passaggio Schindler – laboratorio
Cabla)?
“Dopo 26 anni mi sono reso conto che
qualcosa si era rotto all’interno
dell’azienda. L’ambiente non era più
quello dei primi anni, ovvero accogliente,
amichevole,
socialmente
costruttivo e il lavoro, nonostante
l’impegno profuso, non dava più quelle
soddisfazioni dei primi 20 anni di permanenza in ditta.
Dopo aver realizzato negli ultimi 2 anni
progetti nel settore dell’elettronica
Fortunatamente l’esperienza che ho
vissuto alla Schindler di Locarno con i
due ex-utenti del Cabla, Luigi e Stefano, mi ha aiutato a indirizzare la mia
formazione professionale a loro sostegno nel mondo del lavoro.
Durante il colloquio avuto con il signor
Trosi e il signor Ferrari, ho presentato
tutte le mie credenziali a livello di
formazione e ho avuto la fortuna di
essere assunto.”
dell’azienda, e non avendo avuto ciò
che mi aspettavo sotto l’aspetto della
riconoscenza, mi sono promesso che
appena avessi avuto un’occasione concreta avrei cambiato lavoro.”
Come è stato il cambiamento?
“Devo dire in tutta sincerità che intraprendere questa nuova attività mi
preoccupava molto, anche se in passato avevo già lavorato con due ex-utenti
del Cabla all’interno della Schindler,
con cui, tra l’altro, avevo intrattenuto
da subito degli ottimi rapporti. È stata
proprio questa esperienza che mi ha
spinto ad optare per il sociale.
È evidente che questo cambiamento ha
accresciuto in me la necessità di conoscere e capire il mondo delle persone
diversamente abili in modo esponenziale. Ogni giorno vissuto al Cabla mi
portava nuove esperienze, nuove conoscenze, nuovi stimoli che affrontavo
con l’aiuto indispensabile dei miei
colleghi, che hanno sempre avuto uno
spirito costruttivo e positivo.”
Come hai iniziato la tua carriera
presso il laboratorio Cabla?
“È iniziata nel gennaio 2006, dopo
essere stato contattato dall’ex direttore della Fondazione Diamante Mario
Ferrari, a seguito di una mia richiesta
di lavoro presso il laboratorio, perché
erano alla ricerca di una figura professionale che avesse già, in qualche
modo, lavorato con le persone diversamente abili e avesse le dovute conoscenze tecniche nell’elettromeccanica.
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Secondo te, la relazione che avevi
prima con i tuoi dipendenti alla
Schindler e poi con gli utenti al Cabla
è cambiata di tanto?
”È ovvio che in termini di confronto
relazionale con gli utenti o gli ex collaboratori della Schindler, quello che
cambia è fondamentalmente l’aspetto
umano e interpersonale, perché vanno
modificati il metodo e la tecnica di
approccio rispetto alle persone cosiddette abili. L’esperienza alla Schindler
mi ha comunque aiutato notevolmente
sotto
questo
aspetto,
perché
all’interno della ditta stessa mi ero già
confrontato con entrambe le realtà.”
Era più impegnativo il lavoro alla
Schindler o qua in laboratorio?
”Sono due lavori completamente diversi. La differenza è che al laboratorio
Cabla c’è più soddisfazione personale.”
Di cosa ti occupavi alla Schindler?
Come ti trovavi con i colleghi?
”In 26 anni mi sono occupato di apparecchiature meccaniche ed in seguito
di montaggi elettronici.
Con tutti i miei colleghi ho sempre
avuto un ottimo rapporto.”
Pensando agli inizi della tua carriera
presso la Schindler; è cambiata
tanto l’elettromeccanica negli anni?
”Sì, come in tutte le branche
dell’industria anche l’elettromeccanica ha avuto una grande rivoluzione
dettata dalla ricerca e dallo sviluppo
del campo tecnico.”
Enza C. e Federica P.
Come ti trovi al
laboratorio
Cabla con gli
operatori e gli
utenti?
”Mi trovo bene,
sia con gli operatori che con gli
utenti.
C’è un ottimo
spirito di gruppo
che ci permette
di lavorare in un
clima disteso.”
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INSERIMENTI
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Mi chiamo Roska, ho 21 anni e dal 2008
ho cominciato a lavorare al salone X9 a
Locarno come aiuto parrucchiera. Un
giorno la mia ex-docente mi ha informata sulla possibilità di iniziare
un’esperienza lavorativa in un salone
di parrucchiera, così è incominciato
tutto. Questo lavoro mi piace molto. Io
lavoro metà tempo al salone e metà
tempo al Cabla a Tenero.
Chi è Dante Pesciallo?
”Bella domanda, ogni tanto me lo
chiedo anch’io! Sono nato e cresciuto
nel Mendrisiotto e sono arrivato nel
Bellinzonese 25 anni fa, a suonare in
una festa campestre ad Artore (sopra i
castelli); lì ho conosciuto mia moglie e
non me ne sono più andato via.”
Nel 2010 è nato Jan, il figlio della mia
“capa” Iva. Ogni tanto Jan passa a
trovarci in salone.
Roska P.
I miei compiti al salone sono:
-
Rispondere al telefono
Servire il caffè alle clienti
Pulire la macchina del caffè
Lavaggio delle tinte
Lavaggio mèches
Shampooing colorato
Mettere le “mantelle” alle clienti
Mettere l’olio sulla testa
Prendere la posta dalla bucalettere
Pulizia generale del salone
I miei orari al salone sono:
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
12.00 – 18.00
12.00 – 18.00
9.30 – 18.00
9.30 – 18.00
Ogni 5 settimane lavoro anche di
sabato.
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Chi è Re Rabadan?
“Sono io! È una storia lunga 150 anni. È
un ruolo non facile, intenso e molto
impegnativo, sia prima che dopo il
carnevale di Bellinzona. Quest’anno ho
ricevuto 102 inviti, ma sono riuscito ad
andare a soli 58 di essi. Durante i 5
giorni del nostro carnevale dobbiamo
rappresentare la società, interagendo
con i mass-media, vuol dire incontri
regolari con radio e televisione, inoltre
incontri con i vari sponsor, le presenze
ai vari cortei, le serate d’apertura e
chiusura, le visite alle case anziani ed
ai laboratori protetti, ecc…”
Come e perché ha intrapreso la carriera di Re?
“Le cose capitano perché devono capitare, io credo molto nel destino. 13
anni fa ero in vacanza a Formentera e
ho sentito una canzone allegra che mi è
piaciuta molto. Arrivato a casa ho cercato di riprenderla musicalmente e
così ho composto una canzone dal
titolo “Rabadance”. Dopo aver pubblicato il disco sono andato dalla società
del carnevale a chiedere se potevo fare
la promozione durante il carnevale;
loro hanno accettato e nel 2001,
durante il corteo, davanti al carro del
Re l’abbiamo fatta sentire al pubblico
e abbiamo venduto 18'000 dischi. In
seguito mi hanno chiesto di assumere
la carica di Re: all’inizio ero titubante
per le mie origini “momò”, ma poi non
è mai stato un problema.”
Anche il Re va “in pensione”?
“Certo che va in pensione. Comunque
non c’è un limite d’età, dipende dalla
disponibilità delle persone. C’è stato il
primo grande Beltraminelli che ha
fatto il Re per 31 anni. Io credo poco
nelle cose lunghissime anche perché il
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cinque donne. La mia giornata inizia
alle 9.30 del mattino e dura fino alle
3-4 di notte; per le damigelle e la
regina la preparazione è più impegnativa perché devono svegliarsi prima per
andare dal parrucchiere e truccarsi.
Una cosa a cui io ho sempre tenuto
tanto è all’immagine della corte.”
Com’è una giornata tipo da Re?
“Una giornata tipo da Re è 365 giorni
all’anno. Il solo svegliarsi al mattino e
poter vivere un nuovo giorno è una vita
da Re. Questo è un concetto che sovente dimentichiamo. Io gioco un ruolo.
Alla fine delle serate sono sempre
stanco, infatti concluso il carnevale
devo andare via per qualche giorno
perché sono distrutto. Quando ho
cominciato io l’immagine del Rabadan
era un po’ offuscata e non c’erano tutti
questi inviti che sono arrivati in seguito. Gli inviti sono nati dall’andare in
altri regni a rendere omaggio, la gente
lo apprezza e questo mi soddisfa
molto; inoltre sono l’unico uomo che
può girare tranquillamente con
Cosa rappresenta per lei il carnevale?
“Cerco di interpretare il pensiero dei
miei sudditi. A me piace pensare che il
carnevale sia un momento di positività;
specialmente a Bellinzona la gente
aspetta il Rabadan, proprio perché
sono appena passate le feste di Natale,
si è un po’ preoccupati perché gennaio
è un mese un po’ difficile. Ma è anche
un discorso contro la negatività; infatti
si accende la televisione e si vedono
quasi solo notizie brutte. A carnevale si
è tutti un po’ più sereni. Per il sottoscritto rappresenta
un’opportunità
unica nella vita. Posso dire di aver
fatto parte di un pezzo della storia e
questo mi emoziona …”
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
IPSEDIXIT
IPSEDIXIT
mondo cambia. Negli ultimi 5 anni il
Rabadan ha avuto una forte esplosione.
Sicuramente il carnevale di 30 anni fa
era tutta un’altra cosa, con un altro
concetto, un’altra dimensione, oggi è
diventata un’azienda.
È cambiato un po’ tutto. Le cose
mutano e noi dobbiamo adeguarci.”
Quali sono le origini del “Carnevale
del Cuore”?
“Lo dico con un po’ di soddisfazione,
una delle cose che ho creato è
l’Associazione dei regnanti della Svizzera italiana, nata tra l’altro per caso.
Si organizzavano già da tempo eventi
per i bambini e per gli anziani ma mai
niente per le persone diversamente
abili. Poiché per loro diventa difficile
entrare in una tendina alla sera, abbiamo deciso di fare anche qualcosa per
loro.
Così, con l’Associazione dei regnanti
abbiamo dato vita al Carnevale del
Cuore.
Abbiamo deciso di svolgere questo
evento a Bellinzona perché si trova al
centro del Canton Ticino e approfittando dell’apertura del Rabadan ci permette di sfruttarne la scia mediatica,
disponendo così di radio, televisione e
giornalisti che ci danno la possibilità di
mettere in evidenza questo evento.
Siamo arrivati ad una presenza di 600
ospiti e, sinceramente, non avrei mai
immaginato che ci fossero così tante
persone diversamente abili. Praticamente noi lavoriamo per loro, offriamo
il pranzo e lo facciamo con immenso
piacere.“
Qual è l’obiettivo/scopo di questo
evento?
“L’obiettivo è di stare tutti insieme,
perché le persone ci trasmettono delle
forti emozioni.
Tutto gira sempre attorno ad un discorso venale, grazie a questo evento si
apre un discorso affettivo.
Una giornata così ti rimane appunto nel
cuore.”
Pensate di esportare il “Carnevale
del cuore” anche in altri carnevali?
“Credo che sia difficile, soprattutto a
livello organizzativo. Sarebbe bello
spostarlo ogni anno in un carnevale
diverso, ma non è così semplice, anche
per un fattore di distanza.”
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
IPSEDIXIT
Come vive e vede l’integrazione dei
disabili nel carnevale?
“In parte ho risposto alla domanda in
precedenza. È un discorso difficile dal
punto di vista della logistica,
dell’accessibilità e dell’architettura,
per questi motivi abbiamo pensato di
realizzare il Carnevale Del Cuore.”
Ha già avuto contatti con un laboratorio protetto?
”Si, nel carnevale di Bellinzona abbiamo un appuntamento imperdibile ogni
anno con il Don Colombo; infatti la
visita all’istituto è diventata ormai una
tradizione.”
Secondo lei è cambiata la sensibilità
della nostra società verso le persone
diversamente abili?
”Sì è cambiata, ma non sufficientemente, si può ancora migliorare.
Siamo in un’epoca segnata un po’
dall’egoismo, anche se in parte la
società sta cambiando, soprattutto a
livello architettonico si sta diventando
sempre più sensibili. Quando si costruiscono nuovi stabili la legge impone di
avere degli accessi adatti alle persone
con un handicap fisico. Poi se si fa il
paragone con altri posti del mondo
siamo in ogni caso avanti, ma questo
non vuol dire che non si può fare di
più.”
Ci farebbe piacere che venisse a
farci visita nel nostro laboratorio a
Tenero…
”Volentieri, verrò a farvi visita con la
regina e le mie damigelle, dovete solo
dirmi quando… ”
Paola C., Mariarosa L. e Federica P.
APPROFONDIMENTI
IMPORTANZADEGLIPSICOFARMACI
... o farmaci psicotropi o altrimenti
detti farmaci psicoattivi
Alcuni pazienti vedono gli psicofarmaci come droghe come un Male dal
quale restare lontani, altri invece
vedono le terapie farmacologiche
come unica via di soluzione ai propri
mali.
Chi ha ragione? Quali paure sono
nascoste dietro la difficoltà ad assumere una terapia? Cosa succede alla
propria personalità? Che dire del
timore di divenire dipendenti da una
pillola? E’ giusto valutare queste terapie come “moderne camicie di forza
chimiche”?
E’ doveroso ricordare che in passato,
all’inizio del secolo scorso, non vi era
la scelta farmacologica oggi presente;
si cercava pertanto di curare alcune
patologie psichiatriche con pratiche
terapeutiche usate con l’intento di
“sottomettere la malattia mentale”.
Alcuni cenni storici:
Negli anni ‘20: Coma indotto da barbiturici, Shock insulinico.
Negli anni ‘30: Lobotomia, Terapia
elettroconvulsivante.
A partire dagli anni ‘50 circa, grazie
alle scoperte avute, gli psicofarmaci
hanno iniziato a rappresentare un fondamento essenziale nel trattamento
delle malattie psichiatriche.
Tornando ai nostri giorni, i farmaci
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
psicotropi possono essere considerati
un utile e potente mezzo, non di certo
l’unico, per modificare e correggere il
tono dell’umore (es. la depressione),
pensieri disfunzionali (es. paranoie),
comportamenti patologici (es. aggressività), disturbi della percezione (es.
nelle psicosi le allucinazioni) nel tentativo di sopprimere, o per lo meno alleviare, la sofferenza che determinate
affezioni determinano nella persona
malata ed in chi la circonda (amici,
parenti …).
Tradizionalmente
gli psicofarmaci
erano suddivisi in:
1) Antipsicotici o neurolettici
2) Antidepressivi
3) Stabilizzatori dell’umore
4) Ansiolitici
5) Ipnotici
Attualmente questa suddivisione risulta meno valida perché sempre più
farmaci appartenenti ad una determinata classe vengono usati per trattare
svariati disturbi. Un esempio evidente
lo si può vedere negli effetti di alcuni
neurolettici di nuova generazione i
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
APPROFONDIMENTI
Perchè è importante l‘assunzione
degli psicofarmaci
Purtroppo in molti casi l’assunzione di
una terapia psichiatrica è assolutamente necessaria per la presenza di
sintomi invalidanti e/o di una sofferenza così intensa che altri tipi di terapia, per lo meno nella fase iniziale,
non hanno l’accesso per poter effettuare un lavoro ugualmente valido.
Si può pensare ad esempio ad una persona con psicosi, la quale viene molestata da un’alterata percezione sia
uditiva che visiva; queste allucinazioni
impediscono una normale vita sociale;
anche un grave disturbo depressivo o
ansioso con attacchi di panico può
essere talmente grave da rendere una
terapia farmacologica assolutamente
INDISPENSABILE.
Altre volte, purtroppo, la persona
malata non si rende conto del proprio
stato di salute non riuscendo a valutare
la presenza del disturbo, essendovi
un’assenza completa o parziale di
malattia e riversando cosi sugli altri il
proprio malessere. Questi sono i soggetti più difficili da trattare perché in
pratica non possono effettuare una
vera scelta nell’assunzione o meno di
una psicofarmacoterapia poiché non
consapevoli della propria malattia.
E’ chiaro e comprensibile che questi
farmaci possano incutere timore sia a
causa degli effetti collaterali più o
meno evidenti, che di un eventuale
dipendenza; in taluni casi vi è pure il
timore
di
cambiare
carattere.
Lo psichiatra o il medico curante,
dovrebbe conoscere questi dubbi e ben
valutare il rapporto costo/beneficio di
un eventuale terapia psichiatrica.
La persona che deve assumere qualsivoglia farmaco deve SEMPRE ricevere
informazioni esaustive sul motivo della
scelta di una determinata terapia, i
benefici, gli eventuali rischi e/o effetti secondari .
Nell’interesse di tutti, dopo un’attenta
anamnesi durante la quale si hanno
informazioni riguardanti non solo i
disturbi presenti, ma anche le eventuali intolleranze e le situazioni a rischio
(ad esempio la tendenza della persona
in questione ad aumentare di peso), si
sceglie il farmaco che agisce sui sintomi e che nello stesso tempo venga sopportato in miglior modo dal paziente.
Un attento e regolare monitoraggio
dell’andamento della terapia riduce
eventuali rischi di effetti collaterali
poco graditi.
Anche eventuali effetti secondari non
visibili (es. sul fegato, sul metabolismo, ...) possono essere ridotti al
minimo con un monitoraggio effettuato
con esami del sangue, elettrocardiogramma, … prescritti dal proprio
medico curante.
Difficile
per
contro
esprimersi
sull’eventuale cambiamento di personalità …. Dobbiamo innanzitutto ben
definire cosa temiamo; se il timore é di
cambiare gusti, sentimenti verso terze
persone, carattere, … sicuramente la
risposta è NO.
E’ chiaro però che alcune malattie
portano a modificare il carattere; ad
esempio una
persona da tempo
depressa, se trattata adeguatamente
potrebbe sentirsi “risvegliata” e dive-
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
APPROFONDIMENTI
quali possono essere usati, soli o associati, oltre che per curare una psicosi
anche per trattare un disturbo bipolare, uno stato depressivo, nell’ansia, e
per l’insonnia.
nire più attiva, allegra, energica …
cambiando (e questa “trasformazione”
è voluta e sperata) la propria modalità
di porsi verso l’esterno. In questo caso
non si parla di un cambiamento di personalità, ma di ritorno ad un tono
dell’umore in equilibrio. Per quanto
riguarda il rischio di dipendenza, la
classe delle Benzodiazepine (BDZ),
farmaci comunemente usati per arginare l’ansia o per curare l’insonnia, é
quella più temuta. Rischio che si riduce
notevolmente essendo le stesse prescritte da chi
ha valutato la
personalità
del paziente e
che
quindi
ben pondera
rischi e benefici.
Solitamente vi è un
controllo del
terapeuta
affinché
questa
evenienza non si
verifichi, sia grazie al dosaggio, sia
nella decisione sulla durata del trattamento. E’ comunque assolutamente
necessario per ogni terapia concordare con il curante le modalità per terminare la cura; solitamente un dosaggio
a scalare ben calibrato non comporta
problemi
di
astinenza,
e
se
quest’ultimi
dovessero
comunque
manifestarsi sono normalmente ben
gestibili e poco problematici.
E’ doveroso sottolineare che affinché
la terapia abbia effetto è importante
assumere una dose efficace del/dei
farmaco/i per un periodo sufficientemente lungo (per tale durata solitamente ci si affida a studi scientifici ed
all’esperienza clinica), anche e soprattutto se la sintomatologia è completamente regredita.
Questo perché per la maggior parte
delle malattie psichiche la ricaduta ha
un incidenza maggiore se non si tratta
la patologia di base per un periodo
sufficientemente
lungo.
Aggiungo
anche che la gravità della malattia,
dopo
una
sospensione
prematura
della terapia
farmacologica, può notevolmente
aumentare ed
anche
non
rispondere
alle
terapie
p r e c e d e n t emente assunte
e/o ai medesimi dosaggi (necessità di incrementare
la posologia).
Per terminare, nonostante il tema
dell’articolo è stato incentrato unicamente sui farmaci psicotropi, non si
può non sottolineare l’importanza di
una terapia farmacologica integrata
con psicoterapia, riabilitazione sociale, lavorativa… Grazie a questi approcci non chimici si ha una presa a carico
del paziente più completa con risvolti
ottimali sulla sintomatologia da esso
lamentata.
Dr.ssa Lucia Isoldi Magnani
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
“momenti” di Deborah C.
STORIEDIVITA
A trentanni, a causa di un incidente,
ho dovuto smettere la professione
come idraulico che esercitavo da quindici anni.
Un momento difficile: in poco tempo
mi sono ritrovato senza lavoro, con
molte difficoltà causate dall’incidente
e, inoltre, una famiglia da mantenere.
Il primo impatto con questa nuova
situazione mi ha portato ad avere
rabbia verso tutto e tutti, più volte mi
chiedevo “perché proprio a me?”.
Non ho mai avuto una risposta alla mia
domanda, ma una grande risposta mi è
stata data da tutte quelle persone che
giorno dopo giorno mi sono state
accanto sostenendomi e incoraggiandomi. Questo sostegno e incoraggiamento mi ha aiutato a vivere con più
serenità l’accettazione di cecità dell’
occhio destro.
Sono sempre stato sensibile verso le
persone portatrici di handicap. Spesso
e volentieri dedicavo parte del mio
tempo libero al volontariato, con
uscite, trasporto di persone e momenti
di sport. Questa sensibilità è aumentata nel momento in cui mi sono sentito
portatore di handicap; quindi mi sono
chiesto: perché non dedicare più
tempo a persone che hanno bisogno di
sostegno e aiuto?
STORIEDIVITA
L@OPERATORESOCIALESIRACCONTA
Questa riflessione mi ha portato ad
effettuare degli stage in laboratori,
foyer, case anziani, dove ho avuto la
possibilità di valutare cosa significasse
trascorrere ore, settimane e mesi a
contatto con persone bisognose di
aiuto. Esperienze positive che mi
hanno convito ad intrapprendere una
professione sociale.
A trentadue anni ho iniziato la scuola
come operatore socio-assistenziale a
Mendrisio, formazione esercitata a
tempo part-time, con una frequenza
del 50% di scuola e il rimanente 50%
lavorando “Allevoliere”, laboratorio
protetto della Fondazione Diamante.
Durante il percorso formativo durato
tre anni ho trovato molto interessante
il sistema del 50% scuola, 50% lavoro
che mi permetteva d’apprendere la
teoria discussa a scuola e praticarla sul
posto di lavoro. Inoltre incontrare
nuove persone e scambiare esperienze
vissute sia a livello lavorativo che
privato mi ha permesso di crescere
professionalmente e personalmente.
A distanza di quattro anni dal termine
della formazione posso affermare che
la scuola dà delle basi solide per iniziare il cammino professionale; ma sei tu,
come persona, tramite l’esperienza,
stimoli, confronti, relazioni, ecc. a
strutturarti ed edificarti.
Oggi lavoro presso il laboratorio Cabla
della Fondazione Diamante e sono
felice di continuare a sostenere e
aiutare persone che magari sono state
meno fortunate di me.
Formazione come operatore
socioassistenziale
Alcuni dati sulla scuola:
la sede si trova a Mendrisio ( Scuola
Cantonale Operatori Sociali); la formazione di operatore socio-assistenziale è
sotto forma di apprendistato (durata di
tre anni); offre due indirizzi specifici:
Assistenza ai disabili
lavorare prevalentemente in ambito
istituzionale occupandosi di persone
con disabilità psichica, fisica.
Assistenza alla prima infanzia
lavorare prevalentemente negli asili
nido con bambini da 0 a 3 anni, non
necessariamente portatori di handicap.
Condizioni di ammissione:
aver concluso la scuola dell’obbligo;
aver compiuto i 18 anni; avere un
contratto
di
tirocinio
presso
un’istituzione.
Attestati rilasciati :
Attestato Federale di Capacità.
Saverio A.
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
UNANOTADICOLORE
Negli anni 90’ era una convinzione
accademica che la Terra fosse l’unico
pianeta abitato del cosmo conosciuto;
ora, grazie al ritrovamento nei ghiacci
antartici di fossili meteoritici da Marte
e ai moderni telescopi radio come
ottici, ci siamo resi conto che la vita è
più diffusa nel cosmo di quanto si pensasse.
Gli scettici cercano di ricondurre il
fenomeno UFO a qualche evento già
noto, ipotizzando una serie di spiegazioni convenzionali.
Alfredo Lissoni - “Di fatto, gli ufologi
sanno benissimo che solo il 5 per cento
degli avvistamenti restano inspiegabili”, il che corrisponde a circa centomila casi, negli ultimi quarant’anni.
Già le prime commissioni d’inchiesta
americana avevano dovuto prendere
atto di ciò.
Il progetto di ricerca governativa
Grudge, istituito dai servizi segreti
statunitensi nel 1949 e sostituito nel
1969 dal Project Blue Book , aveva
analizzato migliaia di casi.
Per oltre 11.000 di essi fu trovata una
spiegazione meteorologica o scientifica, senza coinvolgere macchine volanti extraterrestri.
Ciononostante, spesso a seguito di una
cattiva informazione , i giornalisti e gli
scettici tendono a liquidare gli avvistamenti UFO con una serie di spiegazioni
ormai ricorrenti. Vediamole insieme.
Pallone sonda - Si tratta di un pallone
stratosferico, riempito di gas e alla cui
base vengono legati degli strumenti di
rivelazione meteorologica. Compito
del pallone, raccogliere informazioni
sulle condizioni atmosferiche per le
previsioni del tempo e per dati statistici. Tali palloni, se illuminati dal sole,
possono sembrare brillanti. Raggiungono quote di 20-40 Km, poi si sgonfiano
e lentamente scendono a terra. Possono dare l’impressione di un UFO in
quanto troppo bassi rispetto alle stelle.
Ma è facile identificarli, in quanto
restano immobili nel cielo , anche la
notte, allorché splendono di luce
riflessa (in genere non oltre le ore 23).
Venere - Uno dei nove pianeti del sistema solare. La sua luminosità’, a volte
piuttosto forte, ce lo fa apparire come
un punto immobile nel cielo.
Stelle - In particolare Sirio, la stella
che per prima compare nel cielo. Se
noi fissiamo troppo a lungo una stella,
si verifica il fenomeno detto “effetto
auto-cinetico”. Poichè l’occhio non è
ancora abituato al buio si sviluppa una
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UNANOTADICOLORE
COSASONOGLI5&/
maggiore sensibilità della parte esterna dello stesso. In questo il testimone
subisce un’illusione ottica: la luce
osservata sembrerà pulsare e muoversi
e cambiare colore, mentre tutto ciò
sarà dovuto alla nostra pupilla affaticata.
Gas ionizzato - Spesso, per esperimenti
ad alta quota, gli aerei rilasciano delle
nuvole di gas ionizzato, molto lucente
e dalla forma indefinita, facilmente
scambiabili per dischi volanti.
Altre possibilità - Uccelli e formazioni
d’insetti che, casualmente, possono
disporsi dando l’impressione di una
massa compatta. Satelliti, stelle
cadenti. Aerei visti in lontananza. Vertiplani o aerei sperimentali a decollo
verticale, elicotteri, palloni pubblicitari (gli UFO-solar, in Italia messi fuori
legge da alcuni anni).
dirigibili (estremamente rari) – Sono
delle vecchie mongolfiere a motore.
Armi segrete - Quest’ultima spiegazione è alquanto ambigua, in quanto per
anni sia gli americani che i russi furono
convinti che i dischi volanti altro non
fossero che armi segrete del blocco
avversario. Questo poteva essere vero
solo in parte, interpretando la sigla
UFO come “oggetto volante non identificato”. Il misterioso aereo invisibile
Stealth, sperimentato a più riprese nel
deserto del Nevada, e utilizzato in
Kuwait durante la Guerra del Golfo, in
passato era stato additato dalla stampa
come UFO. Similmente la misteriosa
“medusa di luce” vista sopra Petrozavodsk, URSS, nel 1977 e volutamente
fatta passare per UFO, altro non era
che l’effetto dell’esplosione ad alta
quota di un missile sperimentale sovietico. Nel passato entrambi i governi hanno coperto esperimenti
militari lasciando credere, con fasulli
dispacci stampa, che si trattasse di
macchine extraterrestri; se intendiamo, invece, la parola UFO come ‘disco
volante’, dobbiamo concludere che
questi fantomatici mezzi non possono
essere assolutamente armi segrete
terrestri per una considerazione piuttosto semplice: le incredibili prestazioni di queste macchine (decollo verticale, virate a 360°, ipervelocità) avrebbero certamente reso la nazione
costruttrice padrona del mondo. Immaginiamo un disco volante carico di armi
atomiche, pronto a comparire su un
qualsiasi centro abitato, eludendo i
radar e i caccia d’intercettazione. Non
stupisce il fatto che tuttora le grandi
potenze stanno cercando di capire tale
segreto. Recenti documenti hanno persino dimostrato che Stalin, preoccupatissimo dell’apparizione degli UFO sulla
sua nazione, temendo una nuova arma
americana, aveva disposto una speciale commissione d’inchiesta. Quando
agli scienziati sovietici fu presto
evidente che tali mezzi non potevano
essere terrestri, ne tantomeno americani, “Stalin fu enormemente sollevato”.
Negli anni Settanta l’ufologo e scienziato Ray Stanford, dopo aver visionato
un suo filmato in cui comparivano velocissimi sigari volanti, aveva dichiarato:
”Se si tratta di armi sovietiche che Dio
aiuti il mondo libero, se si tratta di
armi americane, che Dio aiuti i sovietici…”
Invece, nonostante le molte guerre
combattute in questi anni e segretamente sovvenzionate dalle due superpotenze come da Corea, Vietnam,
Nicaragua, Afganistan, nessun disco
volante con l’aquilotto americano o la
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
archeologici sia emerso che in tempi
remoti alcune civiltà del nostro pianeta
fossero direttamente in contatto con
degli extraterrestri! Secondo le antiche
scritture come pure secondo alcuni più
recenti studi, pare che la terra potrebbe essere un’incubatrice per sviluppare
la nostra razza che potrebbe essere
un’evoluzione di una o un incrocio fra
molteplici razze extraterrestri.
Ora, pare che gli alieni ci controllino: si
sono verificati numerosi avvistamenti
in prossimità di installazioni nucleari
sia civili che militari!
Paola M. e Michel B.
LAGLIO
UNANOTADICOLORE
UNANOTADICOLORE
falce e martello (o la mezzaluna islamica , il sole giapponese, eccetera) ha
mai conquistato la terra. La provenienza non terrestre di questi aeromobili,
avvistati anche nei secoli passati, parrebbe certa, come certo è che non si
tratta di armi segrete più o meno convenzionali.
Da sempre la fenomenologia ufologica
genera una miriade di voci o pensieri
sulla veridicità del fenomeno. Basta
pensare che i dischi volanti apparivano
già in alcune antiche pitture rupestri
risalenti al periodo preistorico o più
recentemente in alcuni dipinti rinascimentali, a quei tempi noi non avevamo
nessuna conoscenza che ci permettesse
di anche solo immaginare velivoli che
permettessero di volare. Molti eventi
come la nascita delle grandi religioni
sul nostro pianeta pare fosse strettamente legato al avvento dei ‘visitatori
dalle stelle’ che grazie alle nostre
scarse conoscenze a quell’epoca sono
apparsi come qualcosa di divino. Se
analizziamo la nostra storia svariate
volte abbiamo avuto queste ‘interferenze aliene’ sul genere umano, noi ci
siamo spesso limitati a chiamarle ‘miracoli’. Pare anche che da alcuni scavi
Siamo Maurizio, Aline e Mariarosa e
assieme ad altri ci siamo distaccati dal
gruppo che prosegue il lavoro
all’atelier “Cabla” (a Tenero), per
formare un gruppo che vuole fare una
rivista. Il nostro compito è quello di
informare facendo delle ricerche sui
vari argomenti.
Abbiamo pensato di iniziare presentando un articolo sulla natura con una
pianta che si chiama “ aglio”.
L’aglio è alto fino a circa cinquanta
centimetri. Le foglie sono lunghe da
trenta a cinquanta centimetri, di
colore verde chiaro. I fiori sono bianchi
e i frutti sono racchiusi dentro delle
capsule. Nasce in Asia ed è coltivato
alle nostre latitudini. Si riproduce da
gennaio a marzo in terreno ben concimato. L’aglio era già conosciuto in passato. Infatti lo usavano già i Sumeri e
gli Egiziani, i Greci, i Romani, durante
il medioevo, durante la prima guerra
mondiale e durante la seconda guerra
mondiale. Secondo noi la
pianta dell’aglio è importante. E’ importante
perché è già conosciuta
fin dall’antichità, ed ha
attraversato i secoli fino
ad oggi un po’ in tutto il
mondo. E’ vero che non a
tutti piace perché emana
un ‘brutto’ odore, ma è
stato utile, come abbiamo scritto sopra riguardo
la sua storia. È utile
ancora oggi in medicina
per le sue proprietà curative e per certi atleti,
come ad esempio Messner
lo scalatore e poi anche
Piccard il sommozzatore,
per regolare la pressione
corporea. L’aglio viene
coltivato anche al “Frutteto”, cooperativa della
Fondazione Diamante.
Mariarosa L., Aline S. e
Maurizio B.
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
Ciao, sono Giovanni M., ho 44 anni,
lavoro presso il laboratorio Cabla della
Fondazione Diamante dove svolgo
diversi lavori di assemblaggio materiali.
Faccio parte del gruppo degli sportivi
disabili di Locarno da molti anni ,
perché sono convinto che lo sport fa
bene a tutti e chi fa sport è sempre
contento e si mantiene in forma con il
corpo e con la mente.
Io faccio molti sport , dal nuoto alle
corse podistiche e gioco anche alle
bocce e devo dire che mi difendo bene
in tutte le specialità.
Cerco sempre di coinvolgere altri
ragazzi disabili a fare sport, perché
questo ci aiuta a stare insieme e ci
insegna a vivere con il gruppo e ad
imparare ad essere più autonomi dalla
famiglia.
Ho molti amici che fanno sport e sono
anche un tifoso dell’Ambri Piotta, della
Juventus e del Locarno.
HCAP (Ambrì Piotta)
L’ HCAP è una squadra di hockey chiamata Ambrì Piotta fondata nel 1937;
milita nella Lega Nazionale A ed è affiliata alla Lega Svizzera di Hockey su
Ghiaccio.
Il loro stadio, chiamato “Valascia”, si
trova nella valle Leventina proprio ad
Ambrì. La Valascia è nata il 13 dicembre 1959 con il confronto internazionale tra Svizzera e Italia.
All’inizio non era uno stadio al coperto,
ma all’aperto e quindi si giocava anche
se nevicava o pioveva.
La nuova Valascia venne costruita 20
anni dopo quando il campionato cominciò ad esigere sempre più partite nei
mesi autunnali. Nello stadio ci sono
2000 posti a sedere e 5000 posti in
piedi, quindi 7000 persone ci stanno.
La Squadra è formata da 30 giocatori: 2
portieri, uno titolare e l’altro di riserva, poi ci sono 6 difensori e 19 attacanti.
Portieri:
#30 Thomas Bäumle
#1 Nolan Shaefer
Difensori:
#5 Giacomo Casserini
#11 Marc Shulthess
#14 Pascal Müller
#22 Reto Kobach
#26 Maxim Noreau
#28 Patrick Sidler
#72 Uinter Guerra
#80 Zdenek Kutlak
#84 Adrian Trunz
Attaccanti:
#7 Erik Westrum
#10 Vitaly Lakhmatov
#12 Daniele Grassi
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
UNANOTADICOLORE
UNANOTADICOLORE
LEMIEPASSIONI
-
#13
#18
#78
#20
#25
#44
#45
#46
#55
#63
#75
#88
#89
#91
#92
#23
Reto Raffainer
Inti Pestoni
Eric Landry
Elias Bianchi
Trevor Meier
Roman Schlagenhauf
Mirko Murovic
Paolo Duca
Alain Demuth
Mattia Bianchi
Martin Kariya
Ivan Incir
Roman Botta
Julian Walzer
Gregory Hofman
Christian stucki
Allenatore:
Kevin Costantine
Presidente:
Filippo Lombardi
Vice Presidente:
Fabio Oetterli
L’Ambri Piotta non ha
mai vinto un campionato Svizzero, ma ha
vinto finora due IIHF
Continental Cup ed
una Supercoppa IIHF.
Nel Campionato Svizzero ci sono 50 partite,
dopo aver finito quelle
partite ci sono i
PLAYOFF e i PLAYOUT,
che
sarebbero:
i
Playoff sono 8 squadre
(sopra la linea), le
prime otto del campionato che giocano tra di
loro per vincere il campionato, invece i
Playout sono le ultime 4 squadre del
campionato (sotto la linea) che giocano
tra di loro per rimanere nella Lega A e
la squadra che perde va a giocare con
la prima squadra della Lega B.
Quest’anno l’Ambrì Piotta purtroppo
non è andata in playoff ma in playout e
ha come squadra rivale il SCL-Tigers
che dovrà vincere per rimanere dentro
nella Lega Nazionale. Purtroppo
rischiamo di andare in Serie B ma prima
dovremo giocare con la prima squadra
della Lega B. Siamo molto delusi da
come ha giocato quest’anno l’Ambrì
perché sono diversi anni che non va più
nei playoff e quest’anno, che avevano
l’occasione di andarci, si sono lasciati
troppo andare e quindi hanno perso
l’occasione. Speriamo che l’anno prossimo siano una squadra migliore.
P.S.: l’Ambrì ce l’ha fatta a rimanere in
Lega A, anche se con un po’ di fatica,
ma c’è riuscita!
Giovanni M.
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
LANGOLODELLARTE
Nasce l’inverno
È una giornata di sole,
c’è uno strano inverno quest’ anno.
Non ci sono più quelle temperature polari.
Il potere è il potere, ma ormai non costa più nulla.
Il clima si è irrigidito, senza pause né sconvolgimenti.
Nel mio profondo credo ancora …
Velocità di esecuzione, questo è il miraggio, caduco ma fallace come sempre.
Cogli l’attimo …
Oggi è una brutta giornata : piove .
Mi sono alzato alle sette e mezzo,
poichè non lavoravo, infatti era domenica.
Alla mattina ho giocato con Fiorenzo a
biliardo, anche questa volta ha vinto
lui.
A mezzogiorno ho mangiato in foyer, ho
mangiato abbastanza bene.
Alle tre di pomeriggio sono andato a
vedere il Locarno, contro l’ultima della
B. Ha vinto il Locarno 2 a 1; la partita è
stata abbastanza combattuta.
Adesso sto guardando la televisione,
c’è la cronaca del calcio italiano, la
serie A.
Alle sei e un quarto andrò a mangiare
qualcosa.
Fiore d’inverno
E’ la fine dell’anno …
I colori cambiano , da un rosso porpora a un bianco candido ,
la neutralità dell’ essere.
Il Natale ci aspetta con i suoi regali e la cena con la famiglia e
Amici …
Il capodanno con la sua verve trasgressiva:
tipico della vigilia …
Io , per conto mio, festeggio con gli amici del bar .
LANGOLODELLARTE
POESIEPENSIERIERACCONTI
Viaggio verso l’ignoto
E’ un giorno perfetto, la mia amica Federica mi guarda strano,
c’è qualcosa nell’aria di pacifico e ancestrale.
E’ un viaggio verso l’ignoto, due calci a un pallone e via…
La giornata finisce con la solita routine, un else di troppo …
La forma di questa materia ancestrale è dubbia ma evidente,
tutto dipende da una posizione futura,
la trasposizione del cerchio è coerente: la sintassi algebrica dell’essere.
Tutto il divenire è nient’altro che forma materia. Sofia …
Pasquale D.
RICETTADIUNDELIZIOSODOLCETURCO
Sütlac
Prendere una pentola e mettere 1 litro di
latte, una tazza di riso e aggiungere un
po’ di zucchero. Fare bollire e una volta
cotto il riso mettere il tutto in una ciotola. Fare raffreddare e aggiungere un po’
di cannella.
Il dolce si presenterà come un budino…
gustatelo… è una vera delizia del mio
paese!
Evrim D.
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
CHECKPOINT
faccia rosso sangue. Josh riesce a liberare il figlio svegliandolo dal coma.
Infine Elise, la medium, scatta una foto
a Josh e nota una cosa inquietante: la
donna velata è entrata nel corpo di
Josh. Alla fine Renai, mentre sta guardando la fotografia, si sente toccare la
spalla e si sente dire: “Renai sono
qui…”, mentre lo schermo diventa
nero.
)NSIDIOUS
paese: Stati Uniti d’America
anno: 2010
durata: 102 min
genere: horror thriller
regia: James Wan
attori: Ty Simpkins, Patrick Wilson,
Rose Byrne
La trama:
La famiglia Lambert si trasferisce in
una vecchia casa con i tre figli: Dalton,
Foster e Kali. Una sera, il figlio più
piccolo Dalton, mentre sta giocando
sulle scale, vede la porta della soffitta
aprirsi, così incuriosito sale in solaio e
quando cerca di accendere la luce,
cade dalle scale e mentre cerca di rialzarsi sente dei rumori. I genitori, Josh
e Renai sentono il figlio gridare e corrono a vedere cosa è successo.
Una mattina, Josh va a svegliare
Dalton per andare a scuola, ma il
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
Produzione:
CHECKPOINT
Informazioni generali:
piccolo non si sveglia. Il bambino viene
ricoverato in ospedale, dove anche i
medici sono impressionati dal fatto
accaduto. Nel momento in cui Dalton,
ancora in coma, viene riportato a casa,
iniziano a succedere degli strani fenomeni. Ad esempio, una notte scatta
l’allarme e la porta che Josh aveva
chiuso a chiave viene trovata spalancata. Un altro fenomeno molto strano è
legato all’aggressione nella stanza da
letto dei genitori, da parte di un uomo
a Renai. Inoltre sulle coperte del letto
di Dalton compaiono impronte di mani
insanguinate. I coniugi Josh e Renai
decidono di cambiare nuovamente
casa, ma nemmeno nella nuova casa
sono al sicuro. Una mattina Renai vede
un ragazzino aggirarsi per la casa e la
madre di Josh, Lorraine, dice di aver
fatto un incubo in cui avvertiva la presenza di un demone in camera di
Dalton e alla domanda: “Chi sei?” il
demone risponde: “Sono un ospite!” e
Lorrey controbatte dicendo: “Cosa
vuoi?” e il demone risponde: “ Voglio
Dalton!”
Josh cede e chiama
una medium per
aiutare Dalton, in
realtà solo lui potrà
aiutarlo, viaggiando
nell’altrove, dove
Dalton è incatenato
nelle grinfie del
demone
dalla
Biografia degli
(protagonisti):
Alla fine del film, dopo i titoli di coda,
c’è una scena corta in cui si vede la
donna velata ridere rozzamente. Nel
momento in cui Josh rimane a scuola e
avvisa la madre, sulla lavagna appare il
volto del bambolotto di Jigsaw e sotto
si può notare anche un otto, forse
segno che potrebbe essere uscito un
ottavo capitolo della saga di SAW.
principali
Ty Simpkins
(Dalton):
Ty è nato il 6
agosto 2001
a New York. È
attore
di
cinema
e
televisione, e ha recitato in oltre dieci
film. Ultimamente è stato ospite del
festival di Toronto per il film “Insidious”. Ha recitato due volte come
figlio di Patrick Wilson.
Nel tempo libero li piace praticare
scherma, giocare a hockey su ghiaccio,
a baseball e giocare con i suoi cani.
Rose Byrne (Renai):
Nata a Sydney in una
famiglia di origini
irlandesi e scozzesi.
L’attrice esordisce nel
film “Dallas Doll” del
1994.
La pellicola è stata girata interamente
a Los Angeles, nei primi mesi del 2010.
Inizialmente il film era intitolato “The
further”, poi cambiato in “The Astral”,
prima di essere intitolato definitivamente “Insidious”.
Curiosità:
attori
Patrick Wilson (Josh):
Nato in Virginia, figlio
di un’insegnante cantante e di un conduttore televisivo della
Fox. Dopo essersi
diplomato in Florida,
a
St.
Peterburg,
presso la “Shorecrest
Preparatory School”,
frequenta la Carnegie Mellon University a Pittsburgh, in Pensylvania.
Andrea P.
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
CHECKPOINT
(Voli pindarici nell’arte dei libri)
… Inverno … triste, con quegli alberi
scheletrici, spogli, niente neve, e l’aria
ferma e gelida … In questa natura
sospesa nel tempo, letargica, i miei
viaggi in treno si accorciano e le letture – che si consumano nei viaggi appunto – si orientano ai racconti, quasi
anche la mente volesse sopirsi un poco
e lavorar meno. Racconti seri e pure
loro tristi, quasi a ricordarmi che «La
fortuna non esiste»[1] … e già mi par di
sentire il commento d’una mia amica
d’oltreconfine: «Questi Svizzeri»[2] …
Ma oggi la neve è arrivata ! Candida,
nel suo ovattante abbraccio … Oggi ci
vuole una lettura nuova: ma pur
sempre racconti perché la mente
ancora non è del tutto desta … magari
con nobili sentimenti: e come non pensare allora al sentimento più nobile,
all’ «Amore»[3] ?
Due anni in viaggio attraverso
l’America, trentasei Stati, l’elezione
presidenziale più emozionante che si
ricordi e tante vite di gente comune.
Ma al centro di tutto questo per Mario
Calabresi ne «La Fortuna non esiste»
c’è una sola domanda: che cosa succede nel cuore di chi cade e trova la
forza di rialzarsi? Magari con fatica,
con dolore, ma con tenacia incrollabile
e soprattutto senza aspettare la fortuna? Qual è il segreto di una nazione e
della sua gente, capace da sempre – ma
oggi più che mai – di reinventarsi da
zero, di darsi una seconda chance, di
eleggere un presidente nero contro
ogni previsione, di mettersi in cammino anche dopo che la più grave recessione del dopoguerra ha travolto la vita
di milioni di persone ?
Calabresi ci emoziona con un racconto
di vita in prima persona, fatto di storie
vere, storie di persone incontrate nella
sua lunga traversata degli Stati Uniti
alla ricerca di chi ha saputo nascere
due volte. Un
viaggio
al
centro della
domanda che
tutti prima o
poi ci siamo
posti:
che
cosa succede
quando cadi?
E poi: come
fai a rialzarti?
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
[1]
Mario Calabresi, «La fortuna non esiste», Mondadori – Racconti veri di americani travolti dalla
crisi degli Stati Uniti di questi anni, che hanno trovato una nuova strada, nuove ragioni alla loro
vita.
[2]
«Questi Svizzeri», Volume 1 e 2, Edizioni Leggere Collana Tell – Selezione di racconti di vari
scrittori svizzeri, sospesi nella corrente elvetica del realismo misero e spaventato, risolto però con
inaspettata vivacità.
[3]
Inoue Yasushi, «Amore», Adelphi – 3 racconti con prospettive tutte diverse e peculiari della
cultura del Sol Levante incentrate su situazioni di relazioni d’amore particolari.
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
CHECKPOINT
,)"2ARS)
In «Questi Svizzeri» prendono corpo le
voci di una nazione. Ma perché dare
voce alla Svizzera contemporanea? E
ancora, possiamo considerare l’appartenenza a una nazione un terreno sufficiente a creare un genere letterario
vero e proprio? Probabilmente l’idea di
questi libri è nata da anni di interviste
e incontri con chi del pensare ha fatto
il proprio mestiere. Fra gli intellettuali
alcuni sono inclini a sostenere l’ipotesi
inquietante (poiché punta il dito su
quella che sarebbe una convivenza precaria e costantemente a rischio), e
cioè che la concordanza della Svizzera,
Willensnation per eccellenza, in realtà
non faccia che basarsi su una tolleranza poco creativa, dettata dal minimo
comun denominatore di interessi di
natura finanziaria ed economica. Altri,
come Adolf Muschg, ha in passato
affermato che il nostro non è un
modello di pace, ma di sopportazione,
poiché «ci si scalda appoggiando le
schiene l’una all’altra, ma senza guardarsi negli occhi».
Ciò che sta dietro all’idea della Collana
Tell, il suo traguardo nel breve e lungo
termine, è il desiderio di conoscere, di
capire attraverso la letteratura la percezione del vivere d’oggi, i molteplici e
sfaccettati aspetti di una nazione
uscita irreversibilmente dalla nicchia
di discreta ambiguità, gettata com’è
stata, a tratti con violenza, in una
ribalta di difficile gestione e inaspettata. Come ogni altra nazione anche la
Svizzera può essere rappresentata
attraverso il pensiero dei suoi cittadini,
e forse, come predice l’economista
Roger De Weck, sarà proprio la creatività ad avere il potere di farla risorgere
dalle ceneri. Una creatività che spesso
nasce da intellettuali per nulla o ancora troppo poco considerati da
opinion makers, politici e soprattutto
economisti, ma tanto più importanti
per lo sviluppo morale e del pensiero
della nazione.
Un piccolo hotel
incastonato in una
scogliera scoscesa,
la spiaggia di ciottoli, il mare indaco:
per Sugi, che dopo
infiniti
fallimenti
deve
affrontare
anche il disonore, è
l’approdo cercato:
lo scenario ideale per morire. Si è concesso un unico, singolare lusso: tre
giorni, il tempo necessario per leggere
il resoconto del favoloso viaggio che
nel XIII secolo Willem van Ruysbroeck
compì attraverso l’impero dei Mongoli.
Nulla tranne quel libro lo tiene legato
alla vita.
Ma l’unica altra ospite
dell’albergo, la giovane Nami, nel registrarsi ha indicato come motivo del suo
soggiorno «Mors»: forse una criptica
richiesta di soccorso, o una sfida
lanciata alla sorte.
È fatale che fra loro nasca un silenzioso
dialogo, che ha la stessa iridescenza
del mare in cui entrambi hanno deciso
di scomparire.
E di astrali rispondenze, impercettibili
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
CHECKPOINT
cataclismi, arcane complicità, beffarde rappresaglie scatenate dai luoghi
(come l’abbagliante Giardino di pietra
di Kyoto) sono intessuti anche gli altri
due, altrettanto memorabili, racconti
di Inoue Yasushi in «Amore». Racconti
che esplorano con sovrana maestria
quell’indecifrabile
e
ingannevole
universo che si spalanca dietro la
parola «amore».
Riassumendo qui le mie letture, attra-
verso estratti tratti dalle presentazioni
nei libri stessi, mi rendo conto che,
seppure i miei viaggi fisici in treno sono
stati in questo periodo brevi, con i miei
viaggi spirituali ho potuto spaziare
nella geografia e nella cultura di tre
continenti! I messaggi sono giocoforza
diversi, variegati, ma comunque pregnanti, per cui è con piacere che vi
auguro una buona lettura … io ora devo
spalare il viale …
Roberto C.
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
LINKFD
CERCASIAPPARTAMENTIPERUNFOYER
Da circa tre anni lavoro come responsabile presso uno dei quattro foyer
della Fondazione Diamante. L’attività,
oltre che articolarsi nella progettazione
socioeducativa
a
favore
dell’utenza, nell’ultimo periodo mi
impegna con particolare intensità
verso un versante forse in apparenza
poco consono al ruolo; parlo
dell’incontro con le amministrazioni
immobiliari per la ricerca di appartamenti pensati allo sviluppo e alla programmazione di spazi abitativi dislocati sul territorio.
L’incontro con responsabili e delegati
delle diverse amministrazioni, mi riferisco nello specifico al Locarnese, mi
ha permesso di prendere coscienza di
una realtà, quella immobiliare, curiosamente avvolta in un alone
d’imprevedibilità fatta d’indicazioni e
parametri che sfuggivano, almeno al
mio modesto sguardo, a quelle logiche
d’incontro e scambio tra persone che
cercano e offrono servizi.
Ricordo una visita agli uffici di
un’azienda preposta all’offerta immobiliare locale; il passaggio aveva come
obiettivo quello di sondare le disponibilità degli addetti ai lavori nel segnalarci i loro appartamenti che di volta in
volta si liberavano, così da poter avviare i progetti in corso: è importante
sottolineare che in quel periodo il
foyer stava attraversando un complesso momento di cambiamenti che si
focalizzava anche nell’apertura di
nuovi alloggi.
La persona delegata mi fece una serie
di domande, in seguito mi sottopose un
articolo che riprendo parzialmente:
“Il tasso degli alloggi sfitti in Ticino è
ai minimi storici. Lo si evince dalle
statistiche dell’Ufficio di statistica
cantonale, che lo situa allo 0.72%.
Questo significa che su mille appartamenti in Ticino, soltanto poco più di 7
sono sfitti.”
“La situazione è ancor più allarmante
nel Locarnese, dove la percentuale di
sfitto scende allo 0.38%, e addirittura
allo 0.19% nel Comune di Locarno. Nel
Luganese la percentuale si situa allo
0.56%.”
“Per un buon funzionamento del mercato dell’alloggio e, in particolare, per
un sano equilibrio tra domanda e
offerta” – spiega la segretaria
dell’associazione inquilini Manuela
Puggioni – “il tasso di sfitto dovrebbe
situarsi tra il 2% e il 3%”…”
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
losità, il rischio, il fastidio, la dipendenza, il furto, …
Tengo a precisare che la disponibilità
della persona era assolutamente professionale e rispettosa, interpretai
quindi le sue indagini come sostanzialmente pertinenti e dichiaratamente
collocate nell’ordine di un profilo di
ricerca. Ma per la prima volta ebbi la
consapevolezza che non bastava più
garantire pagamenti puntuali a fine
mese; se il “popolo del foyer” voleva
continuare
il
suo
processo
d’integrazione sul territorio, doveva
sviluppare un suo linguaggio di presentazione e permettere agli “esaminatori” di capire nella sostanza che le differenze si possono conoscere ed interpretare senza necessariamente passare
dal “rispettoso” pregiudizio, che però
il più delle volte oscura la vista e copre
le parole, come diceva sempre il mio
caro nonno.
Ringraziai il signore per la preziosa
lezione, consapevole comunque che
quanto sperimentato non era una condizione generale che il mercato proponeva.
Ho peregrinato da un’amministrazione
all’altra, ognuna delle quali esponeva
strategie e resoconti del mercato
regionale, ma alla parola foyer, disabilità ed altro ancora, qualcosa
s’inceppava: con questo non voglio dire
che chiudevano le porte all’eventualità
di concludere dei contratti di locazione, ma le regole cambiavano, si
improvvisavano richieste di garanzie al
limite della chiaroveggenza, come a
dire: “se la tale persona (utente) perde
il controllo cosa farà, andrà ad importunare altri inquilini, oppure causerà
danni allo stabile?” Insomma la dote
della premonizione non era e non è
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
LINKFD
LINKFD
Il signore mi lasciò il tempo per leggere
il documento. Terminata la lettura
pensai che i margini per entrare in
materia di “collaborazione” erano
decisamente scarsi; in realtà le condizioni per mantenere un contatto
aperto erano assolutamente integre,
ed il funzionario volle intavolare una
discussione sulla possibilità di scegliere
l’inquilino vista l’importante richiesta
e la bassa disponibilità. Chiesi allora al
consulente quali fossero i termini di
raffronto che un’immobiliare considerava nella scelta del locatario; venni
così a conoscenza di un metodo di valutazione che non fu, direi banalmente,
la solvibilità degli interessati, ma la
costruzione del profilo del condominio.
Sembrava una definizione così incomprensibile a prima vista che chiesi nuovamente al signore un approfondimento del termine: il tutto si “riduceva”
all’idea che un palazzo ha una sua,
chiamiamola così, identità, formatasi
nel tempo e con la dovuta attenzione
agli ordinari ricambi di persone e famiglie; allora ribattei chiedendo se
questa pratica fosse riservata a quelle
zone dove lo standing, parola che fa
molto chic, è di un certo livello. Sbagliai: il profilo del condominio è qualcosa che va oltre le classi sociali, culturali o quant’altro. Insomma si tornava
al termine d’identità.
Quindi, per rimanere sulla traccia proposta dal locatore, cercai di capire se
come foyer che si occupa di persone
con difficoltà psichiche e mentali, ci
fosse nella loro gamma di appartamenti un profilo di condominio a cui si
poteva far capo; non mi sorprese più il
seguito della discussione, poiché, la
raccolta d’informazioni si orientava
verso l’utenza, le patologia, la perico-
ancora alla nostra portata, per cui le
contrattazioni si chiudevano con una
vigorosa stretta di mano ed un bel “in
bocca al lupo” .
Una parte interessante in tutta questa
rincorsa al contratto di locazione, è
stata senza dubbio la volontà di approfondire tematiche sociali, magari particolarmente vicine ai vari interlocutori. Il responsabile amministrativo della
tale immobiliare ma anche padre di
una figlia che stava attraversando un
momento di difficoltà, la direttrice che
accudiva a casa propria la madre
ammalata di Alzhaimer o la segretaria
con la figlia inserita in un istituto per
persone disabili: momenti anche toccanti che in alcune circostanze diventavano argomento di discussione principale, surclassando lo scopo delle mia
visita; ma andava bene anche così.
C’erano poi, sempre nell’ottica delle
strategie aziendali, l’introduzione
delle figure chiave di un condominio
nella discussione per la scelta del loca-
tario: parlo delle portinerie. In
un’occasione feci un intero colloquio
non con responsabili o delegati ma con
un portinaio. Signore portoghese, assai
simpatico e di buona parlata, che
aveva il grande desiderio di presentarmi nei suoi racconti le bellezze della
sua terra d’origine, il Portogallo appunto, e di come bramava le sue imminenti
vacanze estive. Lo scambio avuto con
questa persona è stato come entrare in
un libro d’intrighi e storie al limite
della fantascienza; conosceva tutte le
famiglie presenti nello stabile e le loro
storie più intime, drammi e gioie. Lui,
tornando alla logica del profilo del condominio descritta in precedenza, sconsigliò con una certa veemenza di aprire
degli appartamenti con persone disabili in quel palazzo: ancora oggi non capisco se quella fosse una minaccia
oppure un sentito consiglio di chi se ne
intende; optai per il consiglio e rinunciai.
Avrei aneddoti e storie che ruotano
hCABL GRAMMIvANNONUMEROPRIMAVERA
LINKFD
attorno alla ricerca di una casa, da
scrivere un libro, e chissà forse un
giorno… Vorrei chiudere questa testimonianza con la parte finale di questo
racconto che pare quella di un vecchio
libretto impolverato ritrovato nella
soffitta, e per restare con questa sensazione inizierei cosi…
C’era una volta… una famiglia proprietaria di alcuni immobili siti nell’area
interessata, una famiglia che per tradizione ha passato il testimone del
mestiere d’immobiliare o locatore da
generazione in generazione; persone,
direi, d’altri tempi.
Il giorno che mi presentai, dopo aver
preso un appuntamento con la loro
segretaria e aver spiegato in grandi
linee cosa cercassi, mi accolsero come
se fosse imminente un affare colossale,
nella loro sala riunioni in una bellissima
villa d’inizio ottocento davanti ad una
tazza di te fumante e biscotti. Iniziammo a chiacchierare, la segretaria prendeva appunti ed i proprietari con una
delicatezza tutt’altro che artificiosa
ponevano domande sul foyer e la fondazione; non vollero sapere delle difficoltà dei possibili futuri inquilini per la
semplice ragione che a loro interessava
conoscerli e parlarci, in fondo non
erano gli educatori o altri funzionari
che avrebbero abitato gli spazi. La
soluzione era davanti agli occhi di
tutti, altro che costruire un linguaggio
di presentazione, la miglior strategia:
l’incontro.
Quando dissi agli utenti che il loro probabile futuro padrone di casa aveva il
piacere d’incontrarli, una delle signore, sorridendo, mi disse: “bene allora
devo mettermi il vestito più bello”;
un’esternazione che lasciò il sottoscritto senza parole, una semplicità disar-
mante ma allo stesso tempo concreta
ed efficiente.
Altri utenti prepararono un vero e proprio discorso sulle loro persone, che
andava dal lavoro alle loro famiglie
passando per le passioni personali, una
sorta di “curriculum vitae” raccontato
in prima persona.
L’incontro ebbe luogo, e i signori,
padroni d’altri tempi, si presero il
momento per parlare ed ascoltare; io,
forse preoccupato per chissà quale
ragione, rimasi perlopiù in silenzio ad
ammirare quella situazione. Se fossi
stato un passante e avessi sbirciato
dalla finestra avrei assistito ad una
classica e noiosa riunione tra persone
che dovevano prendere delle decisioni,
una consueta normalità; per fortuna
ero dentro quella stanza e quello che
stava avvenendo era molto di più.
Oggi il foyer occupa tre appartamenti
in una palazzina della famiglia, i rapporti con il vicinato sono buoni e consolidati grazie anche alla portinaia, portoghese, che conosce tutte le storie
delle famiglie presenti ed ora conosce
anche la nostra.
Carmine Miceli
responsabile foyer al Sasso
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BACHECA
EVENTI
Canvetto Luganese
Atmosfere, paesaggi, emozioni
Opere di: Fernando “Coco” Giorgetti e Héloïse Dada
Esposizione sale ristorante e bocciodromo
da giovedì 3 maggio a sabato 28 luglio 2012
Orari: apertura ristorante
Incontro 2 Allevoliere
Brunch
1° agosto 2012, prenotazione obbligatoria
INDIRIZZIUTILI
FONDAZIONE DIAMANTE
CONSIGLIO DI FONDAZIONE
DIREZIONE E SEGRETARIATO
Via Ronchetto 7
C.P. 4030
6900 Lugano
Tel. 091 972 86 86
Fax 091 972 92 82
[email protected]
LABORATORIO CABLA
Via del Sole 1
Stabile Swiss Jewel
C.P. 387
6598 Tenero
Tel. 091 751 21 25
Fax 091 752 35 52
[email protected]
Per ulteriori informazioni relative alle
strutture della Fondazione Diamante:
www.f-diamante.ch
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