Kurt
RICO
L'APO
Ealtri
inediti
sullap
Feltrinelli
TraduzionediVincenzo
Mantovani
©Giangiacomo
FeltrinelliEditore
Milano
Primaedizionenella
collana“INarratori”
settembre2008
ISBNedizione
cartacea:
9788807017650
INTRODUZIONE
Hosempre
avutola
massima
fiduciainciò
chescrivo,e
glialtri
sembrano
averela
massima
fiduciainciò
chescrivo
quantopiùmi
esprimoda
figliodi
Indianapolis,
cheèquello
chesono.
Comeseci
fossimopresi
atortein
faccia.
COSÌKURT,
FACENDO
UN
BILANCIO
DEI
RISULTATI
OTTENUTI
DAL
MOVIMENTO
ANTIBELLICIS
NELCORSO
DELLA
GUERRANEL
VIETNAM
Scrivereerapermio
padreunesercizio
spirituale,l’unicacosa
incuicredesse
veramente.Avrebbe
volutometterelecose
aposto,manonpensò
maicheisuoiscritti
potesseroavereun
grandeeffettosulloro
andamento.Isuoi
modellieranoGiona,
Lincoln,Melvillee
Twain.
Scrivevaeriscriveva,
ripetendoinfinitevolte
abassavoceciòche
avevaappenascritto,
gesticolando,
cambiandoiltonoeil
ritmodelleparole.Poi
facevaunapausa,
restavalìconaria
meditabonda,
strappavadalla
macchinadascrivereil
foglioappenascritto,lo
appallottolava,lo
buttavaviae
ricominciavadacapo.
Ameparevauno
stranomododipassare
iltempoperunadulto,
maerosoloun
bambinoeignoravo
tantecose.
Inmateriadi
linguaggioavevauna
marciainpiù.A
ottant’annierotti
facevaancorai
cruciverbadel“New
YorkTimes”
rapidamenteea
inchiostroesenzamai
chiedereaiuto.Appena
glispiegaicheilverbo
stavaall’ultimoposto,
fuingradoditradurre
aprimavistala
versionedilatinoche
miavevanoassegnato
comecompitoacasa,
senzaaveremai
studiatoillatino.Isuoi
romanzi,idiscorsi,i
raccontiepersinoi
soffiettideirisvoltidi
copertinaeranoscritti
congrandecura.Chi
credecheiraccontioi
saggidiKurtgli
venisserofacilmenteo
fosseroimprovvisati
nonsièmaicimentato
inquestaattività.
Unadellesue
storiellepreferite
riguardavauntizioche
facevacontrabbandodi
carriole.Ognigiorno,
perannieanni,il
doganiereperquisì
accuratamentela
carrioladiquest’uomo.
Finalmente,quando
stavaperandarein
pensione,ildoganiere
glidisse:“Siamo
diventatiamici.Ho
perquisitolatua
carriolaognigiornoper
moltianni.Dicos’èche
faicontrabbando?”.
“Amicomio,iofaccio
contrabbandodi
carriole.”
SpessoKurtrideva
cosìfragorosamente
dellepropriestorielle
chearrivavaapiegarsi
indue,alzandogli
occhiconlatestatrale
gambe.Selarisata
provocavaunaccesso
ditosse,lafaccenda
potevadiventare
piuttostoinquietante.
Quandomilamentai
perchémiavevano
datosolocinquanta
dollariperunarticolo
cheavevarichiestouna
settimanadilavoro,mi
dissechedovevo
calcolarequantomi
sarebbecostato
pubblicareunannuncio
diduepagineper
informarelagenteche
sapevoscrivere.
Chiunquescrivesseo
cercassediscrivere,
perKurteraspeciale.E
luierasemprepronto
adaiutarli.Piùdiuna
voltal’hosentito
parlarelentamentee
congrande
sollecitudinecon
qualcheubriaconeche
erariuscitoa
telefonarglipersapere
comesifaacostruire
unraccontoouna
storiellacomequella
dellacarriola.
“Chiera?”
“Nonloso.”
QuandoKurt
scriveva,eracomese
andasseincercadi
qualcosa.Sapeva,
perchéeragià
successo,cheseavesse
continuatoamettere
unpiededietrol’altro
avrebbepotuto
imbattersiinqualcosa
dibuono,elavorarcisu
efarlosuo.Maanche
sequestoeragià
accadutoparecchie
volte,Kurtnonaveva
moltafiduciainse
stesso.Temevache
ognibuonaideachegli
venivainmente
potesseesserel’ultima,
echeilsuccessoche
avevaavutopotesse
ridursiesfumare.
Silagnavadiaverele
gambetroppomagree
dinonessereunbuon
giocatoreditennis.
Noneramai
contento,manon
riuscivaanascondere
deltuttolagioiache
provavaquando
scrivevaqualcosadi
bello.
Imomentipiùinfelici
dellasuavitaerano
quelli–mesiemesi,e
unavoltaunanno
intero–incuisisentiva
“bloccato”.Letentava
tuttepersbloccarsi,ma
eramoltodiffidente
versolapsichiatria,
cheloinnervosiva.
Quandoavevo
ventiquattroo
venticinqueannisi
lasciòsfuggireche
temevachelaterapia
potesseriadattarloe
ricondurloalla
normalità,equella
sarebbestatalafine
delsuolavorodi
scrittore.Cercaidi
tranquillizzarlo
dicendoglichegli
psichiatrinonerano
capaciditanto.
“Senonriescia
scrivereconchiarezza,
probabilmentenonhai
neancheleideechiare
comecredi,”midiceva.
Sepensatecheinciò
chehascrittoc’è
qualcosadisciatto,
forseaveteragione,ma
rileggetelo,tantoper
esseresicuri.
Unragazzoche
diventamaggiorenne
nell’Indianadurantela
Depressionedecideche
vuolfareloscrittore,
chevuolediventare
unoscrittorefamoso,
edèpropriocosìche
andrannolecose.
Quanteprobabilità
c’erano?Kurttiròun
piattodispaghetti
controilmuroesifece
subitoun’ideadicosa
sarebberimasto
attaccato.
Quandoavevosedici
anni,nonriuscìa
ottenereunpostodi
insegnanted’ingleseal
CommunityCollegedi
CapeCod.Miamadre
raccontavadiquando
entravanellelibreriee
dandounnomefalso
ordinavaisuoilibri
perchéfosseroalmeno
suibanchiemagari
qualcunolicomprasse.
Cinqueannidopo
pubblicòMattatoioN.5
efirmòuncontrattoda
unmilionedidollari
perunaseriedi
romanzi.Civolleun
certotempoper
abituarsi.Oggi,perla
maggiorpartedella
gente,cheKurtsiauno
scrittoredisuccesso,e
persinofamoso,èuna
cosa“naturale”.Per
me,èunacosache
moltofacilmente
avrebbepotutonon
verificarsimai.
Dicevaspessoche
avevadovutodiventare
unoscrittoreperché
noneracapacedifare
altro.Noneracapace
difarel’impiegato.A
metàdeglianni
cinquantafuassunto
perbrevetempodalla
rivista“Sports
Illustrated”.Si
presentò,eglichiesero
discrivereunbreve
articolosuuncavallo
dacorsacheaveva
saltatolabarrierae
cercatodiscappare.
Kurtfissòilfoglio
biancopertuttala
mattina,poiscrisse:“Il
cavallohasaltato
quellabarrieradel
cazzo”eseneandò,
ridiventandoun
lavoratoreautonomo.
Nonhomai
conosciutounapersona
menointeressataal
cibodilui.Eraun
accanitofumatore,e
questoc’entrava
qualcosa.Quandosi
lagnavachelasuavita
erastatatroppolunga,
glidicevocheDioera
curiosodisapere
quantesigarettepoteva
fumareunessere
umano,echenon
potevafaramenodi
chiedersicosasarebbe
uscitolaprossimavolta
dallaboccadiKurt.Ciò
cherendevadifficile
prenderloseriamente
quandodicevadi
esserefinitoedinon
averaltrodadireerail
fattocheaveva
cominciatoadirlo
intornoaiquarant’anni,
echeaottantaepiù
continuavaancoraa
sorprenderelagentee
asfornarerobabuona.
Lacosapiùradicale
chepossiamopensare,
lapiùaudace,èche
forsevallapenadi
lavoraresodoe
meditare
profondamentee
leggereconattenzione
escriverecolmassimo
impegnoecercaredi
rendersiutili.
Eraunoscrittoreche
credevanellamagiadel
processo:siaciòchelo
scriverefacevaperlui,
siaciòchepotevafare
perilettori.Iltempoe
l’attenzionedellettore
perluieranosacri.Il
suorapportoconla
genteeravisceraleea
duelivelli,perchési
rendevacontocheil
contenutononètutta
lastoria.Kurtècome
unadrogaponteoun
calzascarpe.Quandoil
lettorehavarcatola
soglia,altriscrittori
diventanoaccessibili.
“C’èancoraqualcuno
chemileggeanche
dopoaverfinitola
scuola?”
Insegnavacome
narrarestoriee
insegnavaailettori
comeleggere.Isuoi
scritticontinuerannoa
farloperunpezzo.Era
edèunsovversivo,ma
nonnelsensoche
credelagente.Erala
personamenostramba
cheioabbiamai
conosciuto.Niente
droga.Niente
macchineveloci.
Hasemprecercatodi
staredallapartedegli
angeli.Noncredeva
chesarebbescoppiata
laguerrainIraq,
finchénonscoppiò.Fu
perluiungrande
dolore,nonperchégli
importassetanto
dell’Iraq,maperché
amaval’Americae
credevachelaterraeil
popolodiLincolne
Twainavrebbero
trovatoilmododi
aggiustarelecose.
Credeva,comeisuoi
aviimmigrati,che
l’Americapotesse
essereunfaroeun
paradiso.
Nonpotevafara
menodipensareche
tuttiisoldiche
stavamospendendoper
distruggerelecosee
ucciderelagenteinun
paesecosìlontano,
facendociodiaree
temeredalmondo
intero,sarebberostati
spesimeglioin
pubblicaistruzionee
biblioteche.Èdifficile
immaginarechela
storianonglidarà
ragione,senonl’hagià
fatto.
Leggereescrivere
sonoattisovversividi
persé.Quellache
sovvertonoèl’ideache
lecosedevonoessere
comesono,chetusei
solo,chenessunaltro
sièmaisentitocometi
sentitu.Ciòchepensa
lagentequandolegge
Kurtèchelecosesono
piùaportatadimano,
edimolto,diquantosi
creda.Ilmondodiventa
unpostounpo’diverso
soloperchéhannoletto
unlibro.Pensate!
Èmoltodiffusal’idea
cheKurtfosseuna
personadepressa,ma
comepertantealtre
cosedidominio
pubblico,cisonovalide
ragioniperdubitarne.
Nonvolevaessere
feliceedicevaun
mucchiodicose
deprimenti,ma
onestamentenoncredo
chesiamaistato
depresso.
Eracomeun
estroversochevuol
essereunintroverso,
untipoassaisocievole
chevuolessereunlupo
solitario,unapersona
fortunatache
preferiscelasfortuna.
Unottimistachefail
pessimista,sperando
chelagenteglidia
retta.Èstatosolocon
laguerrainIraq,e
negliultimiannidella
suavita,cheè
diventatoveramente
cupo.
Cifuunbizzarro,
surrealeincidente
quandopresetroppe
pilloleefinìinun
ospedalepsichiatrico,
manessunoebbemai
l’impressionechefosse
inpericolo.Ilgiorno
dopoeralàchesaltava
nellasalacomune
giocandoaping-ponge
facendoamiciziacon
tutti.Sembravachesi
stesseesibendoin
un’imitazionenon
moltoconvincentedi
unapersonaconuna
malattiamentale.
All’ospedalelo
psichiatramidisse:
“Suopadreèdepresso.
Glidaremodegli
antidepressivi”.
“Okay,manonmi
parecheabbianessuno
deisintomichedisolito
vedonelladepressione.
Nonèdiventatopiù
lento,nonhal’aria
triste,capisceancora
tuttoalvolo.”
“Hatentatodi
uccidersi,”disselo
psichiatra.
“Be’,quasi.”Con
tuttiifarmaciche
avevapreso,nessuno
diessiarrivavaaun
livelloditossicità.Il
livellodiTylenolera
appenaterapeutico.
“Noncredeche
dovremmo
somministrarglidegli
antidepressivi?
Qualcosadobbiamo
fare.”
“Hosolopensatodi
doverledirechenonmi
sembradepresso.È
moltodifficiledire
com’èKurt.Nonsto
dicendochestabene.”
Ladifferenzatrai
mieifanequellidiKurt
ècheimieifansanno
diesseredeimalatidi
mente.
Quandogiocavaa
baseball,Kurterapiù
bravocomelanciatore
checomericevitore.
Perluieranormale
scrivereedirecose
provocatorie,enon
sempregentili,suisuoi
familiari.Abbiamo
imparatoanonfarci
caso.EraKurtebasta.
Maquandoioscrissiin
unarticolocheKurt,
volendoessereun
famosopessimista,
forseinvidiavaaTwain
eLincolnilorofigli
morti,luisiimbufalì.
“Volevosolo
richiamarel’attenzione
deilettori.Erauna
battuta.Solotupotevi
prenderlaseriamente.”
“Iosocome
funzionanoqueste
storielle.”
“Anch’io.”
Clic,clic,
riattaccammo.
“Sedovessimorire,
Diononvoglia.”
Ognidueotreanni
miinviavaunalettera
perdirmicosadovevo
farenell’eventualità
dellasuamorte.Ogni
volta,trannel’ultima,
laletteraeraseguita
daunatelefonatacon
cuimitranquillizzava
dicendochenonerail
bigliettodiunsuicida.
Ilgiornoprimachemi
spedissel’ultimodei
suoi“sedovessi
morire”terminòil
discorsochedoveva
pronunciare
nell’Indianaper
l’aperturadell’annodi
KurtVonnegut.Due
settimanedopocadde,
battélatestaeruppe
inmodoirreversibileil
suopreziosouovo.
Dovettistudiare
l’ultimodiscorso
megliodiquasituttigli
altri,perchéchieseroa
medileggerlo.
Scorrendolo,nonpotei
faramenodi
domandarmi:“Come
diavolofaafarlafranca
concagatecome
questa?”.Afarlo
funzionarefuilsuo
pubblico.Inquattroe
quattr’ottomiresi
contochestavo
leggendolesueparole
aunpubblico,eaun
mondo,cheera
follementeinnamorato
dimiopadreelo
avrebbeseguito
dappertutto.
“[Sono]celibecome
ilcinquantapercento
delcleroeterosessuale
cattolicoromanoӏ
unafrasesenzasenso.
“Untwerp[è]untizio
chesificcauna
dentieranelculoper
staccareconidentii
bottonidaisedilidei
taxi.”“Unosnarfèuno
cheannusalasella
dellebiciclettedelle
ragazze.”Dove,oh,
dovestaandandoa
sbattereilmiocaro
papà?Epoidiceva
qualcosacheandavaal
nocciolodella
questioneecheera
scandalosoevero,etu
cicredeviunpo’anche
perchéavevaappena
parlatodicelibato,di
twerpedisnarf.1
“Nonfareimaiil
dottore.Dev’essereil
mestierepiùbruttodel
mondo.”
Unadellenostre
ultimeconversazioni:
“Quantiannihai,
Mark?”.
“Hocinquantanove
anni,papà.”
“Seivecchio.”
“Sì,papà.”
Loamavo
teneramente.
Questiscritti,perla
maggiorpartenon
datatietuttiinediti,
reggonobenissimoda
soli.Nonhanno
bisognodicommenti
dapartemia.Anchese
ilcontenutodiuncerto
pezzononviinteressa,
dateun’occhiataalla
struttura,alritmoe
allasceltadelleparole.
Senonriuscitea
impararealeggeree
scriveredaKurt,forse
dovrestefareun’altra
cosa.
Leultimeparole
dell’ultimodiscorsoche
hascrittosonoforsele
migliorichepoteva
scegliereper
congedarsi.
Egrazieper
l’attenzione.Iovado.
MarkVonnegut
1settembre2007
1
Parolesostanzialmente
intraducibiliallequalisi
attribuisconodigiornoin
giornosemprenuovi
significatirepellentie
disgustosi.[N.d.T.]
Da:
Soldato
sceltoK.
Vonnegut
jr.,
12102964
Esercito
degliStati
Uniti.
A:
KurtVonnegut,
WilliamsCreek,
Indianapolis,Indiana.
Mieicari,
midiconoche
probabilmentenessuno
vihainformatochenon
sonomaistato
“dispersoin
combattimento”.È
ancheprobabileche
nonabbiatericevuto
nessunadellelettere
chehoscrittodalla
Germania.Dunque,non
mirestaaltrodafare
chedarviunmucchio
dispiegazioni.E
precisamente:
Sonoprigionierodi
guerradal19dicembre
1944,quandolanostra
divisionefufattaa
pezzidall’ultimo
attaccodisperatodi
Hitlerattraversoil
Lussemburgoeil
Belgio.Settefanatiche
divisionidipanzerci
hannoattaccatoe
isolatodalrestodella
PrimaArmatadi
Hodges.Lealtre
divisioniamericaneai
nostrifianchisono
riusciteasganciarsi:
noisiamostaticostretti
arestareea
combattere.Le
baionettesonopoco
efficacicontroicarri
armati:abbiamofinito
lemunizioni,iviveriei
medicinali,eilnumero
dellenostrevittimeha
superatoquellodichi
eraancoraingradodi
combattere;così,ci
siamoarresi.Midicono
cheperquestola106ma
haricevutouna
Citazionepresidenziale
eunaDecorazione
britannicada
Montgomery,mami
vengaunaccidentese
nevalevalapena.Io
sonounodeipochiche
nonsonostatiferiti.E
ringrazioIddioper
questo.
Dunque,i
superuominicihanno
fattomarciare,senza
cibo,acquaesonno,
finoaLimberg,una
distanzadicircacento
chilometri,credo,dove
siamostaticaricatie
chiusidentro,sessanta
uominiperognicarro
mercipiccolo,
soffocanteenon
riscaldato.Nonc’erano
serviziigienici:il
pavimentoeracoperto
distercodivacca
fresco.Percoricarsi
nonc’erapostoper
tutti.Metàdormivano
mentreglialtristavano
inpiedi.Abbiamo
passatoparecchi
giorni,compresoil
Natale,suquelbinario
mortodiLimberg.La
vigiliadiNatalela
RoyalAirForceha
bombardatoe
mitragliatoiltreno,che
eraprivodi
contrassegni.Hanno
uccisocirca
centocinquantadinoi.
IlgiornodiNataleci
hannodatounpo’
d’acquaecihanno
portatolentamente
attraversolaGermania
finoaungrandecampo
diprigioniaa
Muhlburg,asuddi
Berlino.Cihannofatto
usciredaivagonia
Capodanno.Itedeschi,
perspidocchiarci,ci
hannofattofareuna
docciabollente.Molti
uominisonomortinelle
docceperlochocdopo
diecigiornidifame,
seteeassideramento.
Maiono.
Secondola
Convenzionedi
Ginevra,ufficialie
sottufficialinonsono
obbligatialavorare
quandovengonofatti
prigionieri.Iosono,
comesapete,un
soldatosemplice.Il10
gennaio
centocinquantadi
questiesseridi
secondacategoriasono
statiinviatiinun
campodilavoroa
Dresda.Poichéparlo
unpo’ditedesco,il
lorocapoeroio.
Avevamolasfortunadi
averedelleguardie
sadicheefanatiche.Si
sonorifiutatedi
prestarcicuremediche
edidarcideivestiti:ci
hannofattofarelunghe
oredilavoriforzati
moltopesanti.La
razionediciboeradi
duecentocinquanta
grammidipaneneroe
mezzolitrodizuppadi
patatesconditaal
giorno.Dopoaver
cercatodisperatamente
perduemesidi
migliorarelanostra
situazionericevendo
pertuttarispostadei
blandisorrisi,hodetto
alleguardiecosagli
avreifattoquando
fosseroarrivatiirussi.
Alloramihannodato
unpo’dibottee
rimossodall’incaricodi
capogruppo.Ipestaggi
nonerano
particolarmente
violenti:unragazzoè
mortodifameeduene
hannofucilatileSSper
averrubatodelcibo.
Intornoal14
febbraiosonoarrivati
gliamericani,seguiti
dallaRAF,econiloro
sforzicombinatiin
ventiquattr’orehanno
ucciso250.000persone
edistruttotutta
Dresda:forselacittà
piùbelladelmondo.
Manonme.
Dopodichécihanno
fattolavorarealla
rimozionedeicadaveri
dairifugiantiaerei;
donne,bambini,vecchi;
mortisottolebombe,
nell’incendioo
soffocati.Icivilici
maledivanoeci
prendevanoasassate
mentreportavamoi
corpialleenormipire
funebriallestitein
città.
Quandoilgenerale
PattonhapresoLipsia
siamostatievacuatia
piediaHellexisdorf,al
confinetralaSassonia
elaCecoslovacchia.Ci
siamorimastifinoalla
finedellaguerra.Le
guardiecihanno
abbandonato.Quel
giornofeliceirussi
stavanorastrellando
saccheisolatedi
resistenzanelnostro
settore.Iloroaerei(P39)cihanno
mitragliatoe
bombardato,uccidendo
quattordicisoldati,ma
nonme.
Inotto,abbiamo
rubatouncarroeuna
pariglia.Abbiamo
attraversatoe
saccheggiatoiSudetie
laSassoniaperotto
giorni,vivendoda
pascià.Irussivanno
pazzipergliamericani.
Irussicihanno
pizzicatoaDresda.Da
làabbiamoraggiuntole
lineeamericaneaHalle
sucamionForddella
leggeAffittiePrestiti.
Daallorasiamostati
trasportatiaLeHavre
inaereo.
Scrivodauncircolo
dellaCroceRossanel
campoperilrimpatrio
deiprigionieridi
guerradiLeHavre.Mi
hannotrattato
benissimoedatoda
mangiarecose
deliziose.Lenavi
diretteinpatriasono
strapiene,ovviamente,
perciòdovròavere
pazienza.Sperodi
essereacasaentroun
mese.Unavoltalì,mi
darannoventungiorni
perristabilirmiad
Atterbury,circa600
dollaridipaga
arretratae–apritele
orecchie–sessanta
(60)giornidilicenza!
Hotroppecoseda
dire,ilrestodovrà
aspettare.Quinon
possoricevereposta,
dunquenonscrivete.
Unabbraccio,
Kurtjr.
29maggio1945
KURT
VONNEGUT
aClowesHall,
Indianapolis,
27aprile2007
BackDoor,courtesyKurt
Vonnegut&Origami
ExpressLLC.
Grazie.
Eccomidavantiavoi
comeunmodellodi
comportamento,per
gentileconcessionedel
sindacoBartPeterson,
eDiolobenedicaper
questaoccasione.
Senonèunpiacere,
nonsochecosasia.
Epensatesoloa
questo:insolitreanni,
durantelaSeconda
guerramondiale,sono
passatodasoldato
sempliceacaporale,lo
stessogradocheun
tempohannoavutosia
NapoleonecheAdolf
Hitler.
Attualmentesono
KurtVonnegutjunior.
Edècosìcheimiei
figli,ormaipiuttosto
anziani,comeme,
continuanoa
chiamarmiquando
parlanodimeallemie
spalle:“Juniorquie
Juniorlà”.
Maognivoltache
guardatel’AyresClock
all’incrociotraSouth
MeridianeWashington
Streetpensate,vi
prego,amiopadre,
KurtVonnegutsenior,
cheloprogettò.Seè
perquesto,luiesuo
padre,Bernard
Vonnegut,
progettaronol’intero
edificio.Eluifuil
fondatoredella
OrchardSchooledel
Children’sMuseum.
Suopadre,mio
nonno,l’architetto
BernardVonnegut,
progettò,tral’altro,
l’Athenaeum,che
primadellaPrima
guerramondialeera
chiamato“Das
DeutscheHaus”.Non
riescoaimmaginare
perqualemotivo
abbianodovuto
cambiargliilnomein
“Athenaeum”,senon
perbaciareilculoa
unabandadigrecoamericani.
Credochetuttivoi
sappiatechesto
facendocausaal
fabbricantedelle
sigarettePallMall
perchéilloroprodotto
nonmihaancora
ucciso,ehogià
ottantaquattroanni.
Stateasentire:ho
studiatoantropologia
all’Universitàdi
Chicagodopola
Secondaguerra
mondiale,l’ultimache
abbiamovinto.Egli
espertidiantropologia
fisica,cheavevano
studiatoteschiumani
risalentiamigliaiadi
anniprima,dicevano
cheavremmodovuto
viveresolo
trentacinqueanniogiù
dilì,perchétanto
duravanoinostridenti
senzal’ausiliodella
modernaodontoiatria.
Noneranobeitempi?
Trentacinqueanni,e
buonanotte.Va’a
parlaredidisegno
intelligente!Oratuttii
BabyBoomerschesi
possonopermettereun
dentistae
un’assicurazione
malattie,poveri
bastardi,camperanno
finoacent’anni!
Forsedovremmo
metterealbando
l’odontoiatria.Eforsei
medicidovrebbero
smetteredicurarela
polmonite,cheun
tempoerachiamata
“l’amicadeivecchi”.
Mal’ultimacosache
vogliofarequestasera
èdemoralizzarvi.Così,
hopensatoaunacosa
chestaserapossiamo
faretuttiinsieme,eche
cimetteràdecisamente
dibuonumore.Credo
chesipossatrovare
un’opinionesullaquale
tuttigliamericani,
repubblicanio
democratici,ricchio
poveri,eterosessualio
gay,possonoessere
d’accordo,ancheseil
nostropaeseècosì
tragicamentee
ferocementediviso.
Laprimaopinione
universaleamericana
chehotrovatoera“Lo
zuccheroèdolce”.
Esicuramentenon
c’ènulladinuovoinun
paese,comegliStati
Unitid’America,
tragicamentee
ferocementediviso,e
soprattuttoquinelmio
statonatale,l’Indiana.
Qui,quandoero
piccolo,entroiconfini
diquestostatoc’erala
sedenazionaledelKu
KluxKlan,eancheil
luogodell’ultimo
linciaggiodiun
cittadino
afroamericanoanord
dellalineaMasonDixon,Marion,credo.
Mac’eraanche,ec’è
ancora,aTerreHaute,
cheoggivantaun
modernissimocentro
periniezioniletali,il
luogodinascitaela
casadelleader
sindacaleEugene
Debs.Debsvissedal
1855al1926eguidò
unoscioperonazionale
controleferrovie.Andò
inprigioneperqualche
tempoperchéera
contrarioallanostra
partecipazionealla
Primaguerramondiale.
Esicandidòdiverse
volteallapresidenza,
nellefiladelPartito
socialista,dicendocose
comequesta:“Finché
esisteràunaclasse
operaia,ionefarò
parte;finchéesisterà
unelementocriminale,
ionefaròparte;e
finchécisaràqualcuno
inprigione,iononsarò
libero”.
Questefrasi,piùo
meno,Debslerubòa
GesùCristo.Maè
moltodifficileessere
originali.Provateci!
Matorniamoa
bomba,qualè
un’opinionesullaquale
tuttigliamericani
possonoessere
d’accordo?“Lo
zuccheroèdolce”,
sicuramente.Ma
poichécitroviamo
entroiconfinidi
un’università,saremo
sicuramenteingrado
ditrovarequalcosache
abbiaun’improntapiù
culturale.Elamia
propostaèquesta:
“MonnaLisa,ilquadro
diLeonardodaVinci
espostoalLouvredi
Parigi,inFrancia,èun
ritrattoperfetto”.
Vabene?Alzatela
mano,perpiacere.Non
possiamoesseretutti
d’accordosuquesto?
Bene,abbassatela
mano.Direicheilvoto
èunanime,cheMonna
Lisaèunritratto
perfetto.L’unico
problema,cheèpoi
praticamenteil
problemadituttele
cosechecrediamo,è
chenonèvero.
Ascoltate:ilnasodi
MonnaLisaègirato
leggermenteverso
destra,okay?Ciò
significacheillato
destrodelsuovisoèun
pianosfuggente,chesi
allontanadanoi.Okay?
Madaquellapartenon
c’èuna
rappresentazionein
scorciodeisuoi
lineamenti,chediaun
effettotridimensionale.
Equella
rappresentazionein
scorcioLeonardo
avrebbepotutofarla
moltofacilmente.È
statosolotroppopigro
perfarla.Esefosse
Leonardoda
Indianapolis,mi
vergognereidilui.
Nonc’èda
meravigliarsiseil
sorrisodiMonnaLisaè
cosìstorto.
Eoraaqualcuno
potrebbevenirevoglia
dichiedermi:“Possibile
chetunonsiamai
serio?”.Larispostaè:
“Sì,possibilissimo”.
Quandosononato,
all’OspedaleMetodista,
l’11novembre1922,e
alloraquestacittàera
razzialmentesegregata
comeoggilosonole
squadredibasketedi
football
professionistico,
l’ostetricamidiedeuno
sculaccionesuldidietro
perfarmicominciarea
respirare.Maiopiansi?
No.
Dissi:“Miècapitata
unastranacosamentre
venivogiùperilcanale
delparto,dottore.Un
vagabondosiè
avvicinatoemiha
dettochedatregiorni
nonmangiavaun
boccone.Alloragliho
datounbelmorso!”.1
Masulserio,miei
cariconcittadini,
staserahounabuona
notiziaeunacattiva
notizia.Viviamonella
miglioredelleepochee
nellapeggioredelle
epoche.Allora,che
altroc’èdinuovo?
Lacattivanotiziaè
cheimarzianisono
atterratiaManhattane
hannopresoalloggioal
Waldorf-Astoria.La
buonanotiziaèche
mangianosolo
senzatettodituttii
colori,episciano
benzina.
Seiosonoreligioso?
Praticounareligione
disorganizzata.
Appartengoaunempio
disordine.Ci
chiamiamo“Nostra
SignoradellaPerpetua
Costernazione”.Siamo
celibicomeilcinquanta
percentodelclero
eterosessualecattolico
romano.
Inrealtà–equando
alzocosìlamano
destrasignificache
nonscherzo,chedola
miaparolad’onoreche
quellochestoperdire
èvero–inrealtàsono
ilpresidenteonorario
dell’American
HumanistSociety,
avendopresoilposto
deldefuntogrande
scrittoredi
fantascienzaIsaac
Asimovinquestacarica
assolutamenteprivadi
funzioni.Noiumanisti
cicomportiamomeglio
chepossiamo,senza
aspettarciné
ricompensenécastighi
nell’aldilà.Serviamo
megliochepossiamo
l’unicaastrazionecon
cuiabbiamounavera
familiarità,cheèla
nostracomunità.
Nontemiamola
morte,enondovreste
farloneanchevoi.
Sapetecosadisse
Socratedellamorte,in
greco,naturalmente?
“Lamorteèsolo
un’altranotte.”
Comeumanista,amo
lascienza.Odiola
superstizione,chenon
avrebbemaipotuto
darcilebombe
atomiche.
Amolascienza,enon
soltantoperchéciha
datoimezziper
distruggereilpianeta,
enonmipiacevivere
quaggiù.Lascienzaha
trovatolerispostea
duedellenostre
domandepiù
importanti:com’è
iniziatol’universoe
comeabbiamofatto,
noietuttiglialtri
animali,adaverei
meravigliosicorpiche
abbiamo,congliocchi,
ilcervello,irenievia
dicendo.
Bene.Cosìlascienza
hamandatonello
spazioiltelescopio
Hubble,perchépotesse
catturarelalucee
l’assenzadiluce
dall’iniziodeltempo.E
iltelescopiocel’ha
fatta.Cosìoggi
sappiamocheunavolta
nonc’era
assolutamentenulla,
unnullacosìperfetto
chenonc’eraneanche
ilnullaounavolta.Ve
loimmaginate?No,
perchénonc’ènullada
immaginare.
Mapoic’èstato
questogrossoBANG!E
dalìèvenutatutta
questamerda.
Ecomeabbiamofatto
amettereinsiemei
nostrimagnifici
polmoniesopracciglia
edentieunghiedei
piediebuchidelculoe
cosìvia?Graziea
milionidiannidi
selezionenaturale.Che
èquandounanimale
muoreel’altrocopula.
Lasopravvivenzadel
piùadatto!
Mabadate:sevi
capitassediuccidere
qualcuno,
accidentalmenteodi
proposito,migliorando
lanostraspecie,dopo
noncopulate,per
piacere.Ècosìche
nasconoibambini,
casomaivostramadre
nonvel’avessedetto.
Esì,mieicari
concittadini,enonho
mainegatodiessere
unodivoi:questaè
propriol’Apocalisse,la
fineditutto,come
profetaronosan
GiovanniilDivinoesan
KurtilVonnegut.
Mentreviparlo,può
darsichel’ultimoorso
polarestiamorendodi
fameacausadel
cambiamento
climatico,acausa
nostra.Eiosentirò
sicuramentela
mancanzadegliorsi
polari.Ilorocuccioli
sonocaldi,tenerie
fiduciosi,propriocome
inostri.
Questovecchiettoha
qualcheconsiglioda
dareaigiovaniintempi
cosìdifficili?Be’,sono
sicurochesapetecheil
nostropaeseèl’unica
dellenazionicosiddette
avanzatechehaancora
lapenadimorte.E
camereditortura.
Insomma,cerchiamodi
nonprenderciingiro.
Mastateasentire:se
qualcunodeipresenti
dovessefiniresul
lettinodiqualche
centroperleiniezioni
letali,magariquellodi
TerreHaute,eccoquali
dovrebberoesserele
vostreultimeparole:
“Questomidarà
certamenteuna
lezione”.
SeGesùoggifosse
vivo,louccideremmo
conun’iniezioneletale.
Eccoquellocheio
chiamoprogresso.Lo
dovremmouccidereper
lastessaragioneper
cuivenneuccisola
primavolta.Lesue
ideesonotroppo
avanzate,tuttoqui.
Ilmioconsiglioagli
scrittoriesordienti?
Nonusateilpuntoe
virgola!Èun
ermafroditatravestito
enonrappresentaun
belnulla.L’unicacosa
chesuggerisceèche
forsehaifatto
l’università.
Ecosì,primaMonna
Lisaeorailpuntoe
virgola.Tantovarrebbe
cheioribadissilamia
reputazionedipazzoide
diprimacategoria
dicendoqualcosadi
buonosuKarlMarx,
ritenutocomunemente
inquestopaese,edi
sicuroquiaIndianopolis,unodegli
individuipiùmalvagi
chesianomaiesistiti.
Ineffettihainventato
ilcomunismo,cheda
unpezzocihanno
insegnatoaodiare,
perchésiamotanto
innamoratidel
capitalismo,cheèil
modoincuichiamiamo
lebischediWall
Street.
KarlMarxsperava
cheilcomunismo
potesseessereun
pianoeconomicoper
costringereipaesi
industrializzatia
occuparsidellagente,
esoprattuttodei
bambini,deivecchie
degliinvalidi,comeun
tempofacevanoletribù
elefamiglieallargate,
primadiessere
dispersedalla
rivoluzioneindustriale.
Eiocredocheforse
sarebbesaggio
smetterediparlare
cosìmaledel
comunismo,non
perchélasitroviuna
buonaidea,maperché
inostrinipotie
pronipotisonoormai
indebitatifinoagli
occhiconicomunisti
cinesi.
Eicomunisticinesi
hannoancheun
esercitograndee
superbamente
equipaggiato,cosache
noinonabbiamo.
Siamopocoseri,noi.
Vogliamosolo
bombardaretutticoni
missiliatestata
nucleare.
Mac’èancoraun
mucchiodigentechevi
diràchelacosa
peggiorediKarlMarx
èquellochediceva
dellareligione.Lui
dicevachelareligione
eral’oppiodelleclassi
umili,comese
pensassechela
religionenuocevaalla
gente,evoleva
sbarazzarsene.
MaquandoMarx
dissecosì,neglianni
quaranta
dell’Ottocento,l’uso
chefacevadellaparola
“oppio”nonera
soltantometaforico.
Alloral’oppioera
l’unicoantidolorifico
disponibile,perilmal
didentioilcancroalla
golaoqualunquecosa.
Loavevausatolui
stesso.
Comeamicosincero
deglioppressi,voleva
direcheeracontento
cheavesseroqualcosa
concuialleviare
almenounpo’leloro
pene,equestacosaera
lareligione.Perquesto
apprezzavala
religione,enonvoleva
abolirladisicuro.
Okay?
Oggiavrebbepotuto
dire,comedicoio
stasera:“Lareligione
puòessereilTylenol
perunmucchiodi
genteinfelice,eiosono
contentissimoche
funzioni”.
Quantoaicomunisti
cinesi:evidentemente
negliaffarisonomolto
piùbravidinoi,eforse
assaipiùintelligenti,
comunistiomeno.
Cioè,guardatecome
riescononeglistudi
moltomegliodinoi.
Ammettiamolo!Mio
figlioMark,un
pediatra,eratempofa
nelcomitatoperle
ammissionialla
HarvardMedical
School,edicechese
fosserostationesti
nelleammissioni,metà
deinuoviallievi
sarebberostatedonne
asiatiche.
MatorniamoaKarl
Marx:inchemisura
onoravanoGesù,oun
Dioonnipotente
umano,ileaderdi
questopaeseversola
metàdell’Ottocento,
quandoMarxdisseuna
cosacosìterribiledella
religione?Avevano
approvatodelleleggi
cherendevano
perfettamentelegalela
schiavitù,enon
avrebberopermesso
alledonnenédivotare
nédicandidarsia
carichepubblicheper
altriottant’anni.
Tempofahoricevuto
unaletteradaunuomo
cheerastatodetenuto
inunodegliistituti
penaliamericanida
quandoavevasedici
anni.Oggineha
quarantadueestaper
uscire.Michiedeva
cosadovessefare.Gli
hodettoquellochegli
avrebbedettoKarl
Marx:“Entrainuna
chiesa”.
Eoravipregodi
notarechehoalzatola
manodestra.Equesto
significachenonsto
scherzando,checredo
allaveritàdiquelloche
diròadesso.Eccoqua:
ilfenomenoamericano
piùspiritualmente
splendidoalqualeho
assistitonelcorsodella
miavitanonèstatoil
nostrocontributoalla
sconfittadeinazisti,in
cuihoavutounaparte
cosìgrande,néil
rovesciamento
dell’empiocomunismo
operatodaRonald
Reagan,perlomenoin
Russia.
Ilfenomeno
americanopiù
spiritualmente
splendidodellamiavita
èilmodoincuii
cittadiniafroamericani
hannomantenutola
lorodignitàeilrispetto
disestessinonostante
sianostatitrattatidagli
americanibianchi,sia
dentroilgovernoche
fuori,esoloacausadel
coloredellapelle,come
sefosserodegli
individuispregevolie
disgustosi,senon
addiritturadeimalati.
Inquestosonostati
sicuramenteaiutati
dallelorochiese.Ecco
dunque,dinuovo,Karl
Marx.Ecco,dinuovo,
Gesù.
Eineffettiqualèil
donodell’Americaal
restodelmondopiù
apprezzatodalresto
delmondo?Èiljazz
afroamericanoelesue
diramazioni.Qualèla
miadefinizionedel
jazz?“Sessosicuro
dellamigliorequalità.”
Iduepiùgrandi
americanidelmio
tempo,perquantone
so,sonostatiFranklin
DelanoRoosevelte
MartinLutherKing.
Hosentitodireche
Rooseveltnonavrebbe
avutounaparticolare
simpatiaperleclassi
umili,chesarebbe
statosolounaltro
stupido,riccoe
presuntuosomembro
dellaclassedirigente
uscitadallepiù
prestigioseuniversità
americane,selui
stessononfossestato
umiliatodalla
poliomielite,laparalisi
infantile.Tutt’aun
trattolesuegambe
cessaronodi
funzionare.
Cosapossiamofare
perilriscaldamento
globale?Possiamo
spegnerelaluce,
immagino,maviprego
dinonfarlo.Ionon
riescoaimmaginarein
chemodosipossano
riparareidanni
all’atmosfera.Ètroppo
tardi,ormai.Mac’è
unacosacheposso
aggiustare,e
aggiustarequestasera
stessa,eproprioquia
Indianapolis.Èilnome
diun’altrabuona
universitàcheavete
costruitodopolamia
nascita.Mal’avete
battezzata“IUPUI”.“
IUPUI?”Vihadatodi
voltailcervello?
“Ciao,iosonostatoa
Harvard.Tudovesei
stato?”
“Iosonostatoa
IUPUI.”
Conipoteriillimitati
chemisonostati
conferitidalsindaco
Petersonperl’intero
anno2007,iorinomino
IUPUI“Tarkington
University”.
“Ciao,iosonostatoa
Harvard.Tudovesei
stato?”
“Iosonostatoalla
Tarkington.”Nonè
meglio?
Aggiudicato.
Colpassaredel
tempo,nessunosaprà,
osicureràdisapere,
chieraTarkington.
Cioè,chisenefregaal
giornod’oggidisapere
chieraButler?Questa
èlaClowesHall,ein
effettiiohoconosciuto
alcunideiClowes.
Personesimpatiche.
Malasciatechevi
dicaunacosa:non
sareiquidavantiavoi,
stasera,senonfosse
statoperl’esempio
dellavitaedelleopere
diBoothTarkington,un
figliodiquestacittà.
Nelcorsodellasua
esistenza,dal1869al
1946,cheper
ventiquattroanniè
coincisaconlamia,
BoothTarkington
diventòunoscrittore
rispettatoedigrande
successodicommedie,
romanzieracconti.
Negliambientiletterari
gliavevanoaffibbiato
unsoprannomecheio
dareiunocchioper
avere:“ilgentiluomo
dell’Indiana”.
Quandoeroun
ragazzo,volevoessere
comelui.
Noncisiamomai
conosciuti.Nonavrei
saputocosadire.Lo
ammiravotantoche
sareirimastoabocca
aperta.
Sì,einvirtùdei
poteriillimitaticheil
sindacoPetersonmiha
conferitopertutto
quest’annochiedoche
qualcunodeipresenti
provvedaalla
messinscenaa
Indianapolisdella
commediadiBooth
TarkingtonAlice
Adams.
Perunastruggente
coincidenza,Alice
Adamseraancheil
nomedaconiugata
dellamiapovera
sorella,unabionda
strepitosaaltaquasi
duemetricheoragiace
aCrownHillinsiemeai
nostrigenitori,ainostri
nonnieainostri
bisnonni,einsiemea
JamesWhitcombRiley,
loscrittoreamericano
piùpagatodelsuo
tempo.
Sapetecosadiceva
miasorellaAllie?
Diceva:“Igenitoriti
rovinanolaprimaparte
dellavitaeifiglila
seconda”.
JamesWhitcomb
Riley,“ilpoeta
dell’Indiana”,18491916,fuloscrittore
americanopiùpagato
delsuotempo,perché
recitavalesuepoesiea
pagamentoneiteatrie
nellesaleda
conferenze.Ecco
quantoicomuni
americani
apprezzavano,un
tempo,lapoesia.Velo
immaginate?
Voletesaperecosa
disseungiornoil
grandescrittore
franceseJean-Paul
Sartre?Disse,
naturalmentein
francese:“L’inferno
sonoglialtri”.Rifiutò
unpremioNobel.Io
nonpotreimaiessere
cosìmaleducato.Sono
statoallevatobene
dallanostracuoca
afroamericana,chesi
chiamavaIdaYoung.
DurantelaGrande
Depressionetrai
cittadiniafroamericani
sisentivadirequesto,e
naturalmentenon
soltantoquesto:“Le
cosevannocosìmale
cheibianchisono
costrettiatirarsuda
soliiproprifigli”.
Maiononsonostato
tiratosubenesoloda
IdaYoung,pronipotedi
schiavi,cheerauna
donnaintelligente,
dolceedignitosa,fiera
ecolta,articolata,
premurosaedi
bell’aspetto.IdaYoung
amavalapoesiaeme
neleggevadelle
pagine.
Sonostatotiratosu
beneanchedagli
insegnantidellaScuola
43,“lascuolaJames
WhitcombRiley”,epoi
daquellidelliceodi
Shortridge.Allorai
grandiinsegnantidella
scuolapubblicaerano
dellepiccolecelebrità.
Gliexallievi,diventati
grandi,andavanoa
trovarli,riconoscenti,
perraccontareloro
comeselastavano
passando.Eiostesso,
dagrande,sono
diventatoun
sentimentalediquesto
genere.
Madamoltotempo,
ormai,tuttiimiei
insegnantipreferiti
hannopresolastessa
stradadella
maggioranzadegliorsi
polari.
Illavoropiùbelloche
puoifarenellavitaè
insegnare,postochetu
siafollemente
innamoratodella
materiacheinsegni,e
cheleclassisiano
formatedanonpiùdi
diciottostudenti.Le
classidinonpiùdi
diciottostudentisono
unafamiglia,ecome
unafamiglia
funzionanoein
famigliatifanno
sentire.
Quandopresila
licenzaelementarealla
Scuola43,conla
GrandeDepressione
cheinfuriava,conle
aziendeche
chiudevanoeconla
disoccupazione,econ
Hitlerchesistava
impossessandodella
Germania,ciascunodi
noidovettedireper
iscrittocosasperavamo
difaredagrandiper
farediquestoun
mondomigliore.
Iodissicheavrei
curatoilcancroconi
prodottichimici,
lavorandoperEliLilly.
Devoringraziare
l’umoristaPaulKrasner
peravermiindicatola
grossadifferenzatra
GeorgeW.Bushe
Hitler:Hitlerèstato
eletto.
Primahoaccennato
almiounicofiglio,
MarkVonnegut.
Ricordate?Aproposito
delledonnecinesie
dellaHarvardMedical
School.
Bene,Marknonè
solounpediatra
nell’areadiBoston,ma
unpittore,un
sassofonistaeuno
scrittore.Hascrittoun
bellissimolibrochesi
intitolaTheEden
Express.Èimperniato
suunesaurimento
nervosochehaavuto,
robadacellaimbottita
ecamiciadiforza.
Quandoera
all’università
appartenevaalla
squadradeilottatori.
Chemaniaco!
Nelsuolibro
raccontainchemodosi
riprese,tantoda
laurearsiallaHarvard
MedicalSchool.The
EdenExpressdiMark
Vonnegut.
Manonfatevelo
prestare.Peramordi
Dio,compratelo!
Perme,chisifa
prestareunlibro
invecedicomprarlo,o
lopresta,èquelloche
noichiamiamotwerp.
Quandofrequentavoil
liceodiShortridge,un
milionediannifa,la
parolatwerpindicava
unapersonachesi
ficcavaunadentiera
nelculoperstaccare
conidentiibottonidai
sediliposterioridei
taxi.
Mamiaffrettoadire
–casomaicifossequi,
stasera,qualche
giovane
impressionabileche,
nonavendonienteda
fareeappartenendoa
unafamigliadisastrata,
decidessediprovarea
essere,domani,un
verotwerp–chesui
sediliposteriorideitaxi
ibottoninoncisono
più.Itempicambiano!
Tempofahochiesto
aMarkcos’èlavita,
perchénonnehola
minimaidea.Miha
detto:“Papà,siamoqui
peraiutarciadarrivare
infondoaquestacosa,
qualunquecosasia”.
Qualunquecosasia.
“Qualunquecosa
sia.”Micamale.Questa
èdaconservare.
Ecomedovremmo
comportarcidurante
l’Apocalisse?
Dovremmoessere
straordinariamente
gentiligliunicongli
altri,certo.Ma
dovremmoanchefinirla
diesseretantoseri.Le
barzellettesonoun
grandeaiuto.E
trovateviuncane,se
nonl’avetegià.
Iomenesono
appenatrovatouno,ed
èunnuovoincrocio.
Permetàèun
barboncinofrancesee
perl’altrametàuno
shihtzucinese.
Èunoshit-poo.2
Egrazieper
l’attenzione.Iovado.
1
Giocodiparole
intraducibilesubite,
“morso”e“boccone”.
[N.d.T.]
2
“Cacca”,dallafusione
dishihtzuepoodle,
“barboncino”.[N.d.T.]
DATUTTELE
STRADESI
ALZERANNO
LAMENTI
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
Erailsolito
discorsettocheci
facevanoilprimo
giornodi
addestramento,
pronunciatodaun
muscolosotenentino:
“Uomini,finorasiete
statideibraviragazzi
americani,conl’amore
perlacorrettezzaela
lealtàchehannogli
americani.Siamoqui
percambiaretutto
questo.Ilnostro
compitoètrasformarvi
nelbrancoditeppisti
piùsporchiepiùcattivi
nellastoriadelmondo.
D’orainavantipotete
dimenticareleregole
delmarchesedi
Queensberryeogni
altranormativa.Tutto
èpermesso.Non
colpitemaiunuomo
sopralacintolaquando
poteteprenderloa
calcisotto.Fatelo
strillare,quelbastardo.
Ammazzatelointuttii
modipossibili.
Ammazzate,
ammazzate,
ammazzate,misono
spiegato?”.
Questodiscorsofu
accoltodanervose
risatinee
dall’ammissione
generalechel’ufficiale
avevaragione.“Hitler
eTojononhannodetto
chegliamericanisono
unbrancodi
mollaccioni?Ah!Sene
accorgeranno.”E
naturalmentela
GermaniaeilGiappone
seneaccorsero:una
democraziatemprata
dallecircostanze
proruppeinunfurore
ribollentee
irrefrenabile.Fuuna
guerradellaragione
controlabarbarie,
presumibilmente,ela
postaingiocoeracosì
altachelamaggior
partedeinostri
freneticicombattenti
nonavevanoideadel
motivopercuisi
combatteva:sapevano
solocheilnemicoera
unbrancodibastardi.
Unaguerradinuovo
tipo,incuiera
ammessaogni
distruzione,ogni
uccisione.Itedeschi
chiedevano:perchévoi
americanicel’avete
connoi?“Nonloso,ma
disicuroviromperemo
leossa”:eccoqualera
larispostacorrente.
L’ideadellaguerra
totalepiacevaaun
mucchiodigente:
avevauntimbro
moderno,incarattere
conlanostra
spettacolosa
tecnologia.Perloroera
comeunincontrodi
football:“Dategli
addosso,addosso,
addosso...”.Tremogli
dicommerciantidi
provincia,anzianottee
grassottelle,midiedero
unpassaggiomentre
facevol’autostopda
CampAtterbury.“Ne
haiammazzatitantidi
tedeschi?”michiese
quellaalvolante,
mentreparlava
allegramentedelpiùe
delmeno.Risposiche
nonlosapevo.Questo
fuscambiatoper
modestia.Quandoscesi
dallamacchinauna
dellesignoremidiede
unamaternapacca
sullaspalla:
“Scommettocheora
vorrestiandarelaggiù
adammazzareunpo’
diqueglisporchi
giapponesi,nonè
vero?”.Cistrizzammo
l’occhioinsegno
d’intesa.Nondissia
quelleanimesemplici
cheerostatofatto
prigionierodopouna
settimanaalfronte;e,
perandarepiùal
nocciolo,cosasapevoe
cosapensavodegli
sporchitedeschida
ammazzareedella
guerratotale.La
ragionepercuiavevo
lamortenelcuore,
alloracomeoggi,
riguardaunincidente
alqualevennedato
pocospaziosuigiornali
americani.Nelmesedi
febbraiodel1945la
cittàdiDresda,in
Germania,fudistrutta,
econessapiùdi
centomilaesseriumani.
Ioc’ero.Nonmolti
sannoquantoera
diventatadura
l’America.
Ioappartenevoaun
gruppodi
centocinquantasoldati
difanteriacatturati
nellabattagliadelle
Ardenneemandatia
Dresdaalavorare.
Dresda,cidissero,era
l’unicagrandecittà
tedescascampataai
bombardamentifinoa
quelmomento.Questo,
nelgennaiodel1945.
Dresdadovevaquella
fortunaalsuoaspetto
pacifico:ospedali,
fabbrichedibirra,
aziendealimentari,
fornituredistrumenti
chirurgici,ceramica,
fabbrichedistrumenti
musicalierobasimile.
Dall’iniziodellaguerra,
lasuaprincipale
attivitàeranodiventati
gliospedali.Ogni
giornocentinaiadi
feritiaffluivanoinquel
tranquillosantuarioda
estedaovest.Dinotte
sisentivailrombo
sordodilontane
incursioniaeree.
“Stanottetoccaa
Chemnitz,”dicevamo,
chiedendocicomecisi
potevasentireaessere
sottoaivanibombeche
siaprivanoeaquei
vispigiovanotticoni
lorostrumentieiloro
mirini.“Graziealcielo,
siamoinuna‘città
aperta’,”pensavamo,e
cosìpensavanole
migliaiadiprofughi–
donne,vecchie
bambini–che
formavanoilfiume
derelittoproveniente
dallemaceriefumanti
diBerlino,Lipsia,
Breslavia,Monaco...
Avevanoinvasolacittà
raddoppiandonela
popolazione.
ADresdanonc’erala
guerra.Sì,gliaereila
sorvolavanoquasitutti
igiornielesirene
ululavano,magliaerei
andavanosemprein
un’altradirezione.Gli
allarmieranoun
intervallorilassante
nellanoiosagiornatadi
lavoro,unmomentodi
socializzazione,
l’occasionedifare
quattrochiacchierenei
rifugi.Irifugi,inrealtà,
eranopocopiùdiun
gesto,ildistratto
riconoscimentodi
un’emergenza
nazionale:cantinee
sotterraneipienidi
pancheconsacchettidi
sabbiache
proteggevanole
finestre,perlamaggior
parte.C’eraqualche
bunkerpiùadeguatoal
centrodellacittà,
vicinoagliuffici
governativi,manulladi
simileallarobusta
fortezzasotterranea
cherendevaBerlino
impenetrabilealsuo
martellamento
quotidiano.Dresdanon
avevamotivodi
prepararsiaun
attacco:equestoèil
seguitodell’orribile
storia.
Dresdaera
sicuramentetralepiù
bellecittàdelmondo.
Lesuestradeerano
larghe,fiancheggiate
daalberiombrosi.Era
costellatadi
innumerevoli
monumentiegiardini
pubblici.Aveva
magnifichechiese
antiche,biblioteche,
musei,teatri,gallerie
d’arte,birrerie,uno
zooeunacelebre
università.Erastatail
paradisodeituristi,che
dellebellezzedella
cittàpotrebbero
parlarepiùalungodi
me.Mal’impressione
chehoioèchea
Dresda–nellacittàin
sensofisico–cifossero
isimbolidellabella
vita:unavitapiacevole,
onesta,intelligente.
All’ombradella
svasticaquestisimboli
delladignitàedelle
speranzedelgenere
umanorestavanoin
attesa,monumentialla
verità.Tesoro
accumulatoin
centinaiadianni,
Dresdaparlavacon
eloquenzadelle
splendidecosedella
civiltàeuropeaversola
qualeabbiamoun
grossodebito.Ioero
solounprigionierodi
guerra,affamato,
sporcoepienodiodio
perchiciaveva
catturato,maamavo
quellacittàevedevole
felicimeravigliedel
suopassatoelegrandi
promessedelsuo
futuro.
Nelfebbraiodel1945
ibombardieri
americaniridussero
questotesoroincenere
ecalcinacci;la
sventraronoconl’alto
esplosivoela
cremaronoconle
bombeincendiarie.La
bombaatomicaforse
rappresentaun
progressofavoloso,ma
èinteressantenotare
chedueprodotti
primitivicomeiltritolo
elatermiteriuscirono
asterminareinuna
solanottedisangue
piùpersonediquelle
chemorirono
nell’intero
bombardamentodi
Londra.Controinostri
avierilafortezzadi
Dresdasparòuna
dozzinadicolpi.
Tornatiallebasi,
bevendouncaffècaldo,
essiprobabilmente
osservarono:
“Contraerea
insolitamentefiacca,
stanotte.Be’,èoradi
andareadormire”.I
prigionieriinglesi,
pilotideicacciadelle
unitàtattiche(in
appoggioalletruppedi
terralungoilfronte)di
solitorimproveravano
quellicheavevano
pilotatoipesanti
bombardierinelle
incursionisullacittà:
“Comediavoloavete
fattoasopportarela
puzzadell’orina
bollenteedei
passegginiche
bruciavano?”.
Unanotizia
assolutamentedi
routine:“Lanotte
scorsainostriaerei
hannoattaccato
Dresda.Tuttigliaerei
sonotornatiallabase,
saniesalvi”.L’unico
tedescobuonoèun
tedescomorto:piùdi
centomilacattivi,
uomini,donnee
bambini(gliuomini
validieranoalfronte),
espiarono
definitivamenteiloro
peccaticontro
l’umanità.Percaso
incontraiun
bombardierecheaveva
partecipatoall’attacco.
“Farlononcièpiaciuto
perniente,”midisse.
Lanotteincui
arrivarononoila
passammonellacella
sotterraneadiun
mattatoiodovesi
conservavanolecarni.
Fummofortunati,
perchéerailmigliore
rifugiodellacittà.
Sopralanostratesta,
deigiganti
calpestavanolaterra.
Primavenneil
sommessomormorio
dellalorodanzaalla
periferiadellacittà,poi
itonfidelloropasso
pesanteversodinoie
allafineglischianti
assordantideiloro
tacchisopradinoi:e
daqui,dinuovo,verso
laperiferia.Andavano
avantieindietro:
bombardamentoa
tappeto.
“Hourlatoepiantoe
graffiatoconleunghie
leparetidelnostro
rifugio,”midisseuna
vecchiasignora.“Ho
pregato:‘Dio,tiprego,
tiprego,tiprego,
fermali’.MaDiononmi
haudito.Nessuno
avrebbepotuto
fermarli.Continuavano
adarrivare,un’ondata
dopol’altra.Era
impossibilearrendersi;
impossibileinformarli
chenoncelafacevamo
più.Nonc’eraaltroda
farechestarelàseduti
adaspettareil
mattino.”Suafigliae
suonipoterimasero
uccisi.
Ilnostropiccolo
carcerefurasoalsuolo
dall’incendio.
Dovetteroevacuarciin
uncampofuorimano
occupatodaprigionieri
sudafricani.Leguardie
eranodeipoveracci,
anzianiVolkssturmere
reduciinvalidi.Perla
maggiorparteerano
abitantidiDresdae
avevanoamicie
parentiperiti
nell’olocausto.Prima
cheiniziassimola
marciauncaporale,
cheavevapersoun
occhiodopodueanni
sulfronterusso,
ricevettelaconferma
chelamoglie,idue
figlieigenitorierano
statiuccisi.Avevauna
sigaretta.Ladivisecon
me.
Lamarciaversoi
nuovialloggiciportò
allaperiferiadella
città.Eraimpossibile
crederecheincentro
qualcunofosse
sopravvissuto.
Normalmentela
giornatasarebbestata
fredda,malefolateche
venivanoognitantodal
colossaleincendioci
facevanosudare.E
normalmentela
giornatasarebbestata
serenaeluminosa,ma
unanubeopacae
torreggiantecambiòil
primopomeriggioinun
crepuscolo.Unatriste
processioneintasavale
stradecheuscivano
dallacittà;genteconla
facciaanneritaerigata
dilacrime,alcuniche
portavanodeiferiti,
altricheportavanodei
morti.Siraccolseronei
campi.Nessuno
parlava.Alcune
personecolbracciale
dellaCroceRossa
facevanoquelloche
potevanoperlevittime.
Sistematiconi
sudafricani,passammo
unasettimanasenza
lavorare.Allafinele
comunicazioniconi
comandifurono
ristabiliteericevemmo
l’ordinediraggiungere
apiedil’areapiù
colpita,aunadozzina
dichilometridi
distanza.Nullaera
sfuggito,nelquartiere,
allafuriadell’incendio.
Unacittàdiedifici
ridottiaguscivuoti,di
statuefrantumatee
alberiabbattuti;ogni
veicolofermo,
ammaccatoebruciato,
lasciatolàad
arrugginireoamarcire
nellasciadiquella
forzairresistibile.Gli
unicisuonidiversidai
nostrieranoquelli
dell’intonacoche
cadevaeiloroechi.
Nonsodescrivere
adeguatamentequella
desolazione,maposso
dareun’ideadiciòche
provammoconle
parolediunsoldato
inglesechedeliravain
unospedaledacampo
diprigionieridiguerra:
“Èspaventoso,velo
dicoio.Camminavoper
unadiquellemaledette
stradeesentivomille
occhipuntatisulla
nuca.Lisentivo
sussurrareallemie
spalle.Mivoltavo
indietroenonc’era
un’anima.Lisenti,ne
avvertilapresenza,ma
nonc’èmainessuno”.
Sapevamocheeracosì.
Perillavorodi
“recupero”fummo
divisiinpiccole
squadre,ciascuna
sorvegliatadauna
guardia.Lanostra
macabramissione
consistevanelcercarei
corpi.Cacciagrossa,
siaquelgiornochei
molticheseguirono.
Cominciammoin
piccolo–quiuna
gamba,làunbraccio,e
ognitantounneonato–
maprimadi
mezzogiornotrovammo
unfiloneinesauribile.
Sfondandoilmurodi
unacantinascoprimmo
unfetidoammassodi
oltrecentoesseri
umani.Lefiamme
dovevanoessere
divampateprimacheil
crollodell’edificio
bloccasseleuscite,
perchélacarnedi
quellichiusidentro
avevalaconsistenza
delleprugnesecche.Il
nostrocompito,ci
spiegarono,eradi
passareaguadoquel
macelloeportarealla
luceiresti.
Incoraggiatidaceffoni
einsultilanciaticon
vocigutturali,
guadammo.Facemmo
esattamentequesto,
perchéilpavimentoera
copertodaunliquido
nauseabondouscito
dallefogneedalle
viscerescoppiatedella
gente.Moltevittime,
chenoneranomorte
sulcolpo,avevano
cercatodifuggireda
unastrettauscitadi
emergenza.Inogni
modo,c’eranoparecchi
corpistipatinel
corridoio.Chili
guidavaeraarrivatoa
metàscalaprimadi
esseresepoltofinoal
collodaimattoniedai
calcinacciche
cadevano.Avevauna
quindicinad’anni,
credo.
Èconuncerto
rammaricocheioqui
devoscreditarela
nobiltàdeinostri
avieri,maragazzi,
aveteuccisounnumero
spaventosodidonnee
bambini.Ilrifugioche
hodescrittoe
innumerevolialtri
comequelloneerano
pieni.Anoitoccò
esumareilorocorpie
trasportarlifinoalle
massiccepirefunebri
allestiteneiparchi:lo
so.Latecnicadelle
pirevenne
abbandonataquando
apparvechiaral’entità
dellaperditadivite
umane.Mancavala
manodoperaper
eseguirecorrettamente
illavoro,perciò
mandaronoachiamare
unuomoconun
lanciafiammeche
cremòlevittimelà
dovegiacevano.
Bruciativivi,soffocati,
schiacciati:uomini,
donneebambiniuccisi
indiscriminatamente.
Pernobilechefossela
causapercui
combattevamo,con
quelbombardamento
creammodisicuroun
nostroBergenBelsen.
Ilmetodoera
impersonale,mal’esito
fualtrettantocrudelee
spietato.Questa,temo,
èlatristeverità.
Quandocifummo
abituatiall’oscurità,al
puzzoealla
carneficina,
cominciammoa
chiedercicos’erastato
nellavitaogni
cadavere.Eraungioco
squallido:“Uomo,
bell’uomo,ricco,ladro,
galantuomo...”.Alcuni
avevanogrosseborsee
gioielli,altripreziose
vettovaglie.Unragazzo
tenevaancoraal
guinzaglioilsuocane.
Disertoriucrainiin
divisatedesca
dirigevanole
operazionineirifugi
propriamentedetti.Si
eranoubriacaticolvino
dellecantineadiacenti
esembravachequel
lavorolidivertisse
molto.Eraunlavoro
redditizio,perché
spogliavanoognicorpo
deglioggettidivalore
primachenoilo
portassimoinstrada.
Lamortediventòcosì
normalechepotevamo
scherzaresuinostri
macabrifardellie
buttarliquaelàcome
altrettantirifiuti.Non
erastatocosìconi
primi,soprattuttose
eranogiovani:li
avevamocaricatisulle
barelle,adagiandoli
conqualcheparvenza
dilugubredignitànella
loroultimadimora
primadelrogo.Mala
decenzaintimiditae
afflittacedetteilpasso,
comedicevo,auna
cinicainsensibilità.Alla
finediunalugubre
giornatacifacevamo
unafumatina
guardando
l’impressionante
catastadimortichesi
eraformata.Unodinoi
gettòlaciccasul
mucchio:“Diavolo,”
disse,“selamorteha
decisodiportarmivia,
vengapurequando
vuole.Iosonopronto”.
Alcunigiornidopo
l’incursionelesirene
tornaronoaululare.
Questavoltasullatesta
deisuperstitiapaticie
affranticaddeuna
pioggiadivolantini.Ho
persolamiacopiadel
poema,maricordoche
dicevapiùomenocosì:
“Allapopolazionedi
Dresda.Siamostati
costrettiabombardare
lavostracittàacausa
delpesantetraffico
militaresostenutodalle
vostreinfrastrutture
ferroviarie.Ci
rendiamocontodinon
averesemprecolpitoi
nostriobiettivi.La
distruzionedicose
diversedagliobiettivi
militarièstata
involontaria,sonole
inevitabilivicendedella
guerra”.Questospiegò
lastragecon
soddisfazioneditutti,
certamente,masuscitò
nonpocodisprezzoper
lamiradegliamericani.
Èunfattoche
quarantott’oredopo
chel’ultimoB-17ebbe
lasciatoilcielodi
Dresdadirettoaovest
eaunmeritatoriposo,
battaglionidilavoratori
sieranoriversatinegli
scaliferroviari
danneggiatieli
avevanoriportatiquasi
allanormalità.Nessuno
deipontiferroviari
sull’Elbafumessofuori
uso.Ifabbricantidi
apparecchidi
puntamentoperle
bombedovrebbero
arrossire:sannobene
cheiloromagnifici
strumentifecero
pioverelebombefinoa
cinquechilometridi
distanzadagliobiettivi
cheimilitari
dichiaravanodiaver
presodimira.Il
volantinoavrebbe
dovutodire:“Abbiamo
colpitoognichiesa
benedetta,ospedale,
scuola,museo,teatro,
lavostrauniversità,lo
zoo,eognicondominio
dellacittà,ma
onestamentenonera
quellochevolevamo
fare.C’estlaguerre.
Scusateci,dunque.
Inoltre,il
bombardamentoa
tappetooggigiornoèdi
granmoda,losapete”.
C’eraun’esigenza
tattica:bloccarele
ferrovie.Unamanovra
eccellente,senza
dubbio,malatecnica
fuorribile.Gliaerei
cominciaronoa
sganciarebombe
incendiarieeadalto
esplosivoailimitidella
città,eagiudicaredai
puntidovecaddero
dovevanoaverricevuto
istruzionidaqualche
mediumincontattocon
glispiriti.Fateilconto
deiprofittiedelle
perdite.Oltre
centomilacivilieuna
splendidacittàdistrutti
dabombecaduteben
lontanodagliobiettivi
dichiarati:leferrovie
furonomessefuoriuso
perunpaiodigiorni.I
tedeschiregistrarono
laperditapiùelevatadi
viteumanesubitanel
corsodiunsingolo
bombardamento.La
mortediDresdafuuna
grandetragedia,inutile
epremeditata.Le
stragidibambini–
piccolicrucchiopiccoli
musigialli,o
qualunquesiailnemico
chepuòriservarciil
futuro–nonsi
potrannomai
giustificare.
Lafacilerispostaalle
lamentelecomelamia
èilpiùodiosodituttii
cliché,“levicendedella
guerra”,elafrase:
“L’hannovolutoloro.
Noncapisconoaltro
chelaforza”.Chil’ha
voluto?Chinoncapisce
altrochelaforza?
Credetemi,nonèfacile
razionalizzarela
soppressionedei
vignetidovematura
l’uvadell’iramentresi
mettonodeineonatiin
uncestoosiaiutaun
uomoascavaredove
credechepossaessere
sepoltasuamoglie.Di
sicurosisarebbero
dovuteraderealsuolo
leinstallazionimilitari
eindustrialinemiche,e
peggioperchiera
tantostupidoda
cercarerifugioaccanto
aloro.Malalineadegli
slogantipo“Usala
manieraforte,
America”,lospiritodi
vendetta,
l’approvazionediogni
distruzioneeogni
strage,cihaimpresso
ilmarchiodellapiù
oscenabrutalitàedè
costataalmondola
possibilitàchela
Germaniadiventassein
brevetempouna
nazionepacificae
intellettualmente
feconda.
Inostrileader
avevanocartabianca:
potevanoscegliere
cosadistruggereecosa
no.Laloromissione
eravincerelaguerra
piùinfrettapossibilee,
mentreerano
mirabilmente
addestratiperfare
proprioquesto,leloro
decisionisullasortedi
certiinestimabilicimeli
carialmondointero–
inquestocasoDresda–
nonsempresonostate
giudiziose.Quando,
versolafinedella
guerra,mentrela
Wehrmachtcedevasu
tuttiifronti,inostri
aereifuronomandatia
distruggerequesta
grandecittà,dubito
chequalcunosisiamai
fattoladomanda:
“Qualibenefici
ricaveremodaquesta
tragedia,ealungo
andarequestibenefici
comereggerannoal
confrontoconglieffetti
negativi?”.Dresda,
bellissimacittà,
costruitanellospirito
dell’arte,simbolodi
un’ammirevole
tradizione,così
antinazistacheHitler
lavisitòsoloduevolte
intuttaladuratadel
suoregno,centro
alimentaree
ospedalierooggitanto
necessario...rasaal
suoloecosparsadi
sale.
GliAlleatihanno
combattutodallaparte
giustaeitedeschiei
giapponesidallaparte
sbagliata:suquesto
nonc’èdubbio.La
Secondaguerra
mondialeèstata
combattutapermotivi
sacrosanti.Maioresto
convintochelaforma
digiustiziache
abbiamoamministrato
–bombardamenti
indiscriminatidi
popolazionicivili–era
unabestemmia.Cheil
nemicol’abbiafatto
perprimononc’entra
nullacolproblema
morale.Ciòcheho
vistodellanostra
guerraaerea,mentreil
conflittoeuropeosi
avvicinavaallafine,
avevaleirrazionali
caratteristichediuna
guerraperlaguerra.I
mollaccionidella
democraziaamericana
avevanoimparatoa
colpireilbastardosotto
lacintolaeafarlo
strillare.
Glioccupantirussi,
quandoscoprironoche
eravamoamericani,ci
abbracciaronoesi
congratularonoconnoi
perlacompleta
desolazioneprodotta
dainostriaerei.Noi
accettammole
congratulazionidibuon
gradoeconlagiusta
dosedimodestia,maio
sentiialloracome
sentooggicheavrei
datolavitapersalvare
Dresdaperlefuture
generazionidel
pianeta.Cheèciòche
chiunquedovrebbe
sentireperognicittà
dellaterra.
Confetti#44,courtesyKurt
Vonnegut&Origami
ExpressLLC.
GRANGIORNO
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
Quandoavevosedici
annilagentemene
davaventicinque,euna
donnafattacheabitava
incittàgiuròche
dovevoavernetrenta.
Erogrosso
dappertutto:avevodei
baffichesembravano
dilanadiferro.Avevo
propriovogliadi
vederequalcos’altro,
oltreaLuVerne
nell’Indiana,ecredo
chelastessa
Indianapolisnonmi
avrebbetrattenuto.
Perciòmentiisulla
miaetàemiarruolai
nell’Esercitodel
Mondo.
Nessunopianse.Non
c’eranobandiere,non
c’eranofanfare.Non
eracomeuntempo,
quandounragazzo
comemepoteva
andare,magari,afarsi
ammazzareperla
democrazia.
Allastazionenon
c’eranessunotrannela
miavecchia,elamia
vecchiaeramatta.
Secondolei,l’Esercito
delMondoandava
beneperifannulloni
chenonriuscivanoa
trovareunlavoro
rispettabiledanessuna
parte.
Sembraieri,einvece
erail
duemilatrentasette.
“Sta’lontanoda
queglizulù,”dissela
vecchia.
“Noncisonosologli
zulùnell’Esercitodel
Mondo,ma,’”dissiio.
“C’ègentediogni
paese.”
Machiunquenonsia
natonellaconteadi
Floydpermiamadreè
unozulù.“Be’,
comunque,”disse,
“sperochealmenoti
dianodamangiare
bene,conletasse
mondialichecisono.E
poichésembri
fermamentedecisoad
andarteneconquegli
zulù,forsedovrei
esserecontentache
noncisonoaltri
esercitiincircolazione,
cosìnessunocercherà
dispararti.”
“Èunaforzadipace,
ma’,”dissiio.“Conun
soloesercitononci
sarannopiùguerre.
Nonseiorgogliosa?”
“Sonoorgogliosadi
quellochehafattola
genteperlapace,”
disselei.“Nonper
questoamol’esercito.”
“Èunesercitonuovo,
unesercitodi
prim’ordine,ma,’”dissi
io.“Nontilasciano
neanchebestemmiare.
Esenonvai
regolarmenteinchiesa,
nientedolce.”
Lavecchiascosseil
capo.“Ricordasolouna
cosa,”disse.“Ricorda
cheanchetueridi
prim’ordine.”Nonmi
baciò.Mistrinsela
mano.“Sì,”disse,
“finchéseistatocon
me.”
Maquandospediia
miamadreuna
mostrinadellamia
primaunitàdopo
l’addestramentobase,
venniasaperechela
facevavedereatutti
comesefosseuna
cartolinadiDio.Era
soltantounpezzodi
feltroblucon
l’immaginericamatadi
unorologiod’oroeuna
folgoreverdeche
uscivadall’orologio.
Venniasapereche
miamadreraccontava
atuttichesuofiglio
erainunacompagnia
alriparodeltempo,
propriocomese
sapessecos’erauna
compagniaalriparodel
tempo,propriocomese
tuttisapesseroche
quellaeralacosapiù
importantenell’intero
EsercitodelMondo.
Be’,eravamola
primacompagniaal
riparodeltempo,e
anchel’ultima,senon
riuscirannoa
correggereglierrori
neiprogrammidelle
macchinedeltempo.
Quellochedovevamo
fareeracosìsegreto
cheriuscimmoa
scoprirecos’erasolo
quandoeraormai
troppotardiper
tornareindietro.
Ilcomandanteerail
capitanoPoritsky,e
nonvolledircialtroche
dovevamoesseremolto
fieri,perchéc’erano
soloduecentouomini
sullafacciadellaterra
cheavevanoildirittodi
portarequegliorologi.
Avevagiocatoa
footballnellasquadra
diNotreDamee
sembravaunapiladi
palledicannonesul
pratodiuntribunale.
Glipiacevatastarsi
dappertuttomentreci
rivolgevalaparola.Gli
piacevasentire
com’eranoduretutte
quellepalledicannone.
Cidissecheera
veramenteonoratodi
comandareungruppo
diuominicosìingamba
econunamissionecosì
importante.Disseche
avremmoscopertoche
missioneeradurantele
manovreinunposto
chiamatoChâteau-
Thierry,inFrancia.
Ognitantovenivano
avedercideigenerali,
comesestessimoper
fareunacosabellae
triste,manessuno
dicevaunaparoladella
macchinadeltempo.
Quandoarrivammoa
Château-Thierry,ci
aspettavanotutti.Fu
allorachescoprimmo
checiòchedovevamo
fareeraqualcosadi
ultradisperato.Tutti
volevanovedereikiller
conl’orologiosulla
manica,tuttivolevano
vedereilgrande
spettacolochestavamo
permettereinscena.
Segiàsembravamo
deiselvaggialnostro
arrivo,piùselvaggi
diventammocol
passaredeigiorni.Non
eravamoancorariusciti
ascoprirecosadoveva
fareunacompagniaal
riparodeltempo.
Erainutilefare
domande.
“CapitanoPoritsky,
signore,”dissi,più
rispettosamenteche
potevo,“hosentitoche
domaniall’albadaremo
unadimostrazionedi
unattaccodinuovo
genere.”
“Sorridicomese
fossifelicee
orgoglioso,soldato!”
midisselui.“Èvero!”
“Capitano,signore,”
dissiio,“ilplotoneha
sceltomepervenirea
chiederlesenon
potremmosapere
subitocosadovremmo
fare.Vogliamo
prepararci,signore.”
“Soldato,”disse
Poritsky,“ogniuomodi
quelplotonehail
moralealto,espritde
corpsetregranate,un
fucile,unabaionettae
centocartucce,nonè
vero?”
“Signorsì,”dissiio.
“Soldato,”disse
Poritsky,“quelplotone
èpronto.Eper
mostrartilafiduciache
hoinquelplotone,sarà
essoaguidare
l’attacco.”Aggrottòle
sopracciglia.“Be’,”
disse,“nonvuoidire
‘Grazie,signore’?”
Lodissi.
“Epermostrartila
fiduciachehointe,
soldato,”disselui,“tu
saraiilprimouomo
nellaprimasquadradel
primoplotone.”Lesue
sopraccigliatornarono
adalzarsi.“Nonvuoi
dire‘Grazie,signore’?”
Lodissiun’altra
volta.
“Pregasolochegli
scienziatisianopronti
comete,soldato,”disse
Poritsky.
“C’entranopuregli
scienziati,signore?”
dissiio.
“Finedelcolloquio
soldato,”disse
Poritsky.“At-tenti,
soldato.”
Mimisisull’attenti.
“Saluto,”disse
Poritsky.
Salutai.
“Avanti,marsc’!”
disselui.
Eviachemene
andai.
Dunque,eccomilà,la
notteprimadella
grandedimostrazione,
ignaroditutto,
spaventatoepienodi
nostalgia,inserviziodi
guardiainunagalleria
inFrancia.Erodi
sentinellaconun
ragazzochesi
chiamavaEarlSterling,
diSaltLake.
“Gliscienziatici
aiuteranno,vero?”
disseEarl.
“Èquellochedice
lui,”risposi.
“Avreipreferitonon
saperlo,”disseEarl.
Fuori,sopralanostra
testa,scoppiòuna
grossagranatacheper
pocononciruppei
timpani.C’eraunfuoco
disbarramento,come
gigantichegirassero
quaelà,chefacevaa
pezziilmondo.Erano
granatedeinostri
cannoni,naturalmente,
chescoppiavanocome
sefosseroilnemico,
comesefossero
arrabbiatissimiper
qualcosa.Tuttisierano
rintanatinellegallerie,
cosìnessunosisarebbe
fattomale.
Manessunosi
godevatuttoquel
rumorepiùdel
capitanoPoritsky,che
eramattodalegare.
“Simulatoqui,
simulatolà,”disseEarl.
“Questenonsono
granatesimulate,enon
èsimulatanemmenola
paurachemifanno.”
“Poritskydicecheè
musica,”dissiio.
“Diconocheuna
voltaerapropriocosì,
nelleguerrevere,”
disseEarl.“Non
capiscocomequalcuno
riuscisseacavarsela.”
“Lebucheoffrono
moltaprotezione,”dissi
io.
“Maunavoltanelle
buchesirifugiavano
soloigenerali,”disse
Earl.“Isoldatistavano
inpiccolebuche
superficialisenza
nessunriparosoprala
testa.Equando
arrivavanogliordini
dovevanousciredalle
lorobuche,eordini
cosìarrivavanoin
continuazione.”
“Immaginochesi
tenesseromoltovicini
alsuolo”dissiio.
“Quantovicinoal
suolosipuòstare?”
vollesapereEarl.“In
certipunti,lassù,
l’erbaètagliatacome
sequalcunoavesse
usatounatosaerba.
Nonunalberoè
rimastoinpiedi.Grossi
crateridatutteleparti.
Comefacevalagentea
nonimpazzireintutte
quelleguerrevere...o
anonarrendersi?”
“Lagenteèstrana,”
dissiio.
“Avoltenonlo
penso,”disseEarl.
Scoppiòun’altra
grossagranata,seguita
daduepiccole:tutto
moltoinfretta.
“Haivistola
collezionediquella
compagniarussa?”
disseEarl.
“Nehosentito
parlare,”dissiio.
“Sonoquasicento
teschi,”disseEarl.“Li
hannoallineatisopra
unamensolacome
meloni.”
“Pazzesco,”dissiio.
“Già,collezionare
teschicosì,”disseEarl.
“Manonpossonofarea
menodiraccoglierli.
Cioè,nonpossono
scavareinuna
direzionesenzatrovare
teschiumanietutto.
Dev’esseresuccesso
qualcosadigrosso,
lassù.”
“Qualcosadigrossoè
successoanchequi,”
glidissiio.“Questoè
unfamosocampodi
battagliadellaGuerra
mondiale.Èquichegli
americanihanno
sconfittoitedeschi.Me
l’hadettoPoritsky.”
“Duediqueiteschi
avevanodelleschegge
diproiettile,”disse
Earl.“Lihaivisti?”
“No,”dissiio.
“Quandoliscuoti,si
sentonoleschegge
tintinnareall’interno,”
disseEarl.“Sivedonoi
foridacuisono
entrate.”
“Saicosadovrebbero
fareconqueipoveri
teschi?”dissiio.
“Dovrebberofarvenire
unafiladicappellanidi
tuttelereligioniche
esistono.Dovrebbero
fareaqueipoveri
teschiunfunerale
decoroso,eseppellirli
inunpostodovenon
sianopiùdisturbati.”
“Nonècomese
fosseroancoradelle
persone,”disseEarl.
“Nonècomeselo
fosseromaistate,”
dissiio.“Hanno
sacrificatolavita
perchépotessero
vivereinostripadriei
nostrinonnieinostri
bisnonni.Ilmenoche
possiamofareè
trattarebeneleloro
povereossa.”
“Sì,maalcunidiloro
nonstavanocercando
diammazzareinostri
trisavoliochiunque
fossero?”disseEarl.
“Itedeschicredevano
dimigliorarelecose,”
dissiio.“Tutti
credevanodi
migliorarelecose.Il
cuorel’avevanoal
postogiusto,”dissi.“È
ilpensierocheconta.”
Latendainfondoalla
galleriasiaprìeil
capitanoPoritskyentrò
esceseversodinoi.Se
laprendevacomoda,
comesefuorinonci
fossenulladipeggiodi
unatiepidapioggerella.
“Nonèpericoloso
andarelàfuori,
signore?”glichiesi.
Noneratenutoa
uscire.C’eranogallerie
dappertutto,enessuno
avrebbedovutouscire
mentreeraincorsoil
fuocodisbarramento.
“Nonèuna
professionepiuttosto
pericolosaquellache
abbiamosceltodi
nostraspontanea
volontà,soldato?”mi
chieselui.Mimiseil
dorsodellamanosotto
ilnasoeiovidicheera
attraversatodaun
lungotaglio.“Una
scheggia!”disse.
Sorrise,poiaccostòla
boccaallaferitae
succhiò.
Dopo,quandoebbe
bevutoabbastanza
sangue,ciguardò
bene.“Soldato,”mi
disse,“dov’èlatua
baionetta?”
Mitastaiilcinturone.
Avevodimenticatola
baionetta.
“Soldato,esetutt’a
untrattoarrivasseil
nemico?”Poritskyfece
unaspeciediballetto
comesefossestato
puntodaunavespa.
“‘Scusate,ragazzi...
Aspettatequi,chevado
aprenderela
baionetta.’Èquesto
chediresti,soldato?”
michiese.
Scossiilcapo.
“Allaresadeiconti,
lamiglioreamicadel
soldatoèlabaionetta,”
dissePoritsky.“È
quelloilmomentoin
cuiunmilitaredi
carrieraèpiùfelice,
perchéquelloèil
momentoincuivienea
contattocolnemico.
Nonèvero?”
“Signorsì,”dissiio.
“Tufaicollezionedi
teschi,soldato?”disse
Poritsky.
“Signornò,”dissiio.
“Nontifarebbemale
cominciare,”disse
Poritsky.
“Signornò,”dissiio.
“Sesonomortic’è
unaragione,soldato,”
dissePoritsky.“Non
eranobuonisoldati!
Noneranodei
professionisti!Hanno
fattodeglierrori!Non
hannoimparato
abbastanzabenela
lezione!”
“Credodino,
signore,”dissiio.
“Forsetucredichele
manovresianotroppo
faticose,soldato,e
invecenonlosonomai
abbastanza,”disse
Poritsky.“Se
comandassiio,tutti
sarebberolàfuorisotto
quelbombardamento.
L’unicosistemaper
averedelleunità
veramentevalideè
sottoporlealbattesimo
delfuoco.”
“Albattesimo,
signore?”
“Faruccidereunpo’
diuomini,cosìilresto
impara!”disse
Poritsky.“Diavolo,
questononèun
esercito!Hannotantidi
queidottoriediquelle
normedisicurezzache
nonvedounapipitada
seianni.Nonsi
sfornanodei
professionistiinquesto
modo.”
“Signornò,”dissiio.
“Ilprofessionistaha
vistotuttoenonsifa
maicoglieredi
sorpresa,”disse
Poritsky.“Be’,domani
vedraicosasignifica
fareveramenteil
soldato,comenonsi
vedevadacent’anni.
Gas!Tiridi
sbarramento!
Sparatorie!Attacchi
allabaionetta!Corpoa
corpo!Nonsei
contento,soldato?”
“Nonsonocosa,
signore?”dissiio.
“Nonseicontento?”
dissePoritsky.
GuardaiprimaEarl
poiilcapitano.“Ohsì,
certo,signore,”dissi.
Scossiilcapo
lentamente,conun’aria
moltograve.
“Signorsì,”dissi.“Sì,
certamente.”
Quandoappartieni
all’EsercitodelMondo,
contuttelenuove
fantastichearmiche
hanno,c’èsolouna
cosadafare.Devi
credereaquelloche
diconogliufficiali,
anchesenonhasenso.
Egliufficiali,loro
devonocrederea
quellochediconogli
scienziati.
Lecosesonoandate
cosìavantichel’uomo
dellastradanon
capiscepiùniente.Ma
forseèsemprestato
così.Quandoun
cappellanociha
gridato,anoisoldati
semplici,chedovevamo
averefiduciaenonfare
domande,nonsiè
accortochesfondava
unaportaaperta.
QuandoPoritsky
finalmentecidisseche
avremmoattaccatocon
l’aiutodiunamacchina
deltempo,cheidee
intelligentipotevano
venireaunsoldato
semplicecomeme?
Sonorimastolàseduto
comeunallocco,a
guardarel’attacco
dellabaionettasulmio
fucile.Hochinatola
testa,poggiando
l’elmettosullacanna,e
hoguardatol’attacco
dellabaionettacomese
fossel’ottava
meravigliadelmondo.
Iduecentouomini
dellanostracompagnia
eranotuttiinuna
grandetrincea
sotterranea,ad
ascoltarePoritsky.
Nessunologuardava.
Luieracosìcontentodi
quellochestavaper
accadereche
continuavaatastarsi
quaelàcomese
volesseesseresicuro
chenonstava
sognando.
“Uomini,”dissequel
pazzocapitano,“alle
cinquel’artiglieria
piazzeràduefiledi
fuochidisegnalazione,
aduecentometridi
distanzal’una
dall’altra.Questifuochi
segnerannoilimitidel
raggiodellamacchina
deltempo.Noi
attaccheremoinquesto
corridoio.”
“Uomini,”disse,“tra
leduefiledifuochi
saràoggieildiciotto
lugliodel
millenovecentodiciotto,
leduecose
contemporaneamente.”
Iobaciail’attacco
dellabaionetta.Mi
piaceilsaporedell’olio
edelferro,maa
piccoledosi,enon
incoraggionessunoa
imbottigliarlo.
“Uomini,”disse
Poritsky,“vedretecose,
làfuori,chefarebbero
incanutireicapelliaun
civile.Vedretegli
americani
contrattaccarei
tedeschicomeaivecchi
tempidiChâteauThierry.”Accidentise
eracontento!
“Uomini,”disse,“sarà
unmacello
indescrivibile.”
Iofacevosuegiùcon
latesta,cosìl’elmetto
sembravaunapompae
mipompaval’ariasulla
fronte.Inunmomento
comequello,anchele
piccolecosepotevano
fareungranpiacere.
“Uomini,”disse
Poritsky,“nonmipiace
direaisoldatidinon
averpaura.Nonmi
piacedireaisoldati
chenonc’èdaaver
paura.Questoèun
insulto,perloro.Magli
scienziatimidicono
cheil
millenovecentodiciotto
anoinonpuòfarepiù
nulla,echenoinon
possiamofarnullaal
millenovecentodiciotto.
Perloronoisaremodei
fantasmi,eloro
sarannodeifantasmi
pernoi.Noi
cammineremoinmezzo
aloroeloro
camminerannoin
mezzoanoicomese
fossimotuttifumo.”
Iosoffiaisullabocca
delfucilesenza
cavarnealcunsuono.
Menomale,perché
avrebbedisturbatola
riunione.
“Uomini,”disse
Poritsky,“vorreisolo
chepotestecorreregli
stessirischidel
millenovecentodiciotto,
irischipeggioriche
potrestecorrere.Così,
passatoquelbrutto
momento,sarete
finalmentedeisoldati
nelsensomiglioredella
parola.”
Nessunoosò
discutereconlui.
“Uomini,”dissequel
grandeesperto
militare,“credoche
possiateimmaginare
l’effettosulnemico
quandovedràilcampo
dibattagliabrulicaredi
tuttiqueifantasmidel
millenovecentodiciotto.
Nonsapràpiùacosa
sparare.”Poritsky
scoppiòinunarisata,e
glicivolleunpo’di
tempopercalmarsi.
“Uomini,”disse,“noi
strisceremoinmezzoa
queifantasmi.Quando
avremoraggiuntoil
nemico,glifaremo
desiderarechefossimo
deifantasmianche
noi...elofaremo
pentirediesserenato.”
Questonemicodicui
parlavanoneraaltro
cheunafiladicannedi
bambùconattaccati
deglistracci,asetteo
ottocentometridi
distanza.Nonavresti
maicredutocheun
uomopotesseodiare
unacannadibambù
conunostracciocome
laodiavaPoritsky.
“Uomini,”disse
Poritsky,“sequalcuno
stapensandodi
tagliarelacorda,ecco
lavostraoccasione
d’oro.Nondovetefar
altrocheattraversare
unadelleduefiledi
fuochieusciredal
raggiodellamacchina
deltempo.Così
sparireteveramente
nel
millenovecentodiciotto:
noncisarànulladi
spettrale.Enonc’è
barbadipoliziotto
militarechesaràtanto
pazzodainseguirvi,
perchéchiattraversa
quelconfinenonpuò
piùtornareindietro.”
Iomipuliiidenti
davanticolmirinodel
fucile.Eroarrivatoa
pensare,tuttodasolo,
cheunsoldato
professionistaeraal
colmodellafelicità
quandopoteva
morderequalcuno.
Sapevochenonsarei
maiarrivatoatali
altezze.
“Uomini,”disse
Poritsky,“lamissione
diquestacompagnia
nonèdiversadaquelle
dituttelealtre
compagnie,dache
mondoèmondo.La
missionediquesta
compagniaè:uccidere!
Domande?”
Ciavevanogiàletto
gliArticolidella
Guerra.Sapevamoche
faredomande
ragionevolierapeggio
cheucciderelapropria
madreacolpi
d’accetta.Cosìnonci
funessunadomanda.
Credochenoncene
siamaistatauna.
“Caricare,”disse
Poritsky.
Obbedimmo.
“Inastarela
baionetta,”disse
Poritsky.
Obbedimmo.
“Andiamo,fanciulle?”
dissePoritsky.
Oh,quell’uomosìche
sapevausarela
psicologia!Dev’essere
questalagrossa
differenzatraufficialie
soldati.Chiamarci
“fanciulle”quando
eravamoinvecedei
ragazzicifeceandare
inbestia,cifece
perdereillumedegli
occhi.
Avremmofattopiazza
pulitadistraccie
cannedibambùfinoa
privareilmondo,per
secoli,dicanneda
pescaebizzarre
trapunte.
Trovarsinelraggiodi
quellamacchinadel
tempoeraunmistodi
questetrecose:avere
l’influenza,portare
occhialibifocalifatti
perqualcunaltroche
noncivedevabeneed
esseredentrouna
chitarra.Finchénonla
miglioreranno,non
saràmainésicurané
popolare.
Inunprimotempo
nonvedemmonessuno
del
millenovecentodiciotto.
Lesolecosechesi
vedevanoeranoleloro
bucheeillorofilo
spinato,dovenon
c’eranopiùnébuche
néfilospinato.
Potevamocamminare
suquellebuchecome
seavesserountettodi
vetro.Potevamo
attraversarequelfilo
spinatosenza
strapparciicalzoni.
Noneranostro,eradel
millenovecentodiciotto.
C’eranomigliaiadi
soldaticheci
guardavano,
provenientidatuttii
paesidelmondo.
Lospettacoloche
demmofupietoso.
Lamacchinadel
tempocirovesciòlo
stomacoeciresemezzi
ciechi.Avremmo
dovutolanciareurladi
guerrapermostrarela
nostraprofessionalità.
Inveceandammolàin
mezzoaqueifuochidi
segnalazione,equasi
nessunodisseuna
parolaperpauradi
vomitare.Avremmo
dovutoavanzare
aggressivamente,solo
chenonriuscivamoa
capirechieraconnoie
chidel
millenovecentodiciotto.
Giravamointornoa
ostacolichenon
c’eranoe
inciampavamoinquelli
chec’erano.
Sefossistatoun
sempliceosservatore,
avreidettochequella
eraunacomica.
Ioeroilprimouomo
dellaprimasquadradel
primoplotonedella
compagnia,edavantia
mec’erasolounuomo.
Quest’uomoerail
nostronobilecapitano.
Urlòsolounacosa
allesueimpavide
truppe,eiopensaiche
urlassecosìper
renderciancorpiù
assetatidisanguedi
lui.“Arrivederci,boy
scout!”urlò.“Scrivete
regolarmentealla
mammaepuliteviil
nasoquandocola!”
Poisichinòepartì
attraversolaterradi
nessuno,correndopiù
fortechepoteva.
Iofecidelmiomeglio
perstarglialle
calcagna,perl’onore
deisoldatisemplici.
Cadevamoeci
rialzavamocomeuna
coppiadiubriachi,
sfiatandocisuquel
campodibattaglia.
Nonsivoltòmai
indietropervedere
comecelacavavamoio
eglialtri.Pensaiche
nonvolessemostrarea
nessunocom’eraverde
infaccia.Iocontinuavo
adirglichecieravamo
lasciatidietrotuttii
nostricompagni,ma
quellacorsamiaveva
toltoanchel’ultimopo’
difiatocheavevo.
Quandodeviòverso
unafiladifuochi,
immaginaichevolesse
immergersinelfumo
doveglialtrinon
potevanovederlo,per
potervomitarein
privato.
Eroappenaentrato
nelfumodopodilui
quandoarrivòuntiro
disbarramentodel
millenovecentodiciotto.
Quelpoverovecchio
mondosimisea
dondolareearotolare,
afriggereealacerarsi,
aribollireeabruciare.
Terraeacciaiodel
millenovecentodiciotto
citrapassaronoda
tutteleparti.
“Alzati!”miurlò
Poritsky.“Èil
millenovecentodiciotto!
Nonpuòfartiniente!”
“Lofarebbe,se
potesse!”gliurlaidi
rimando.
Luifececomeper
darmiuncalcioin
testa.“Tiratisu,
soldato!”disse.
Obbedii.
“Tornaindietro,dagli
altriboyscout,”disse.
Indicòunbuconel
fumo,nelladirezione
dacuierovenuto.Vidi
cheilrestodella
compagniastava
mostrandoaquelle
migliaiadiosservatori
comegliespertisi
eranobuttatiaterrae
tremavano.“Iltuo
postoèquello,”disse
Poritsky.“Questoèil
mioshow,edèun
assolo.”
“Prego?”dissiio.
Voltailatestaper
seguireilvolodiun
massodel
millenovecentodiciotto
cheeraappenapassato
sopradinoi.
“Guardami!”urlòlui.
Obbedii.
“Eccodovegliuomini
sidistinguonodai
ragazzi,soldato,”disse.
“Signorsì,”dissiio.
“Nessunoècosìveloce
nellacorsacomelei.”
“Nonstoparlandodi
correre,”disselui.“Sto
parlandodi
combattere!”Oh,fu
unaconversazione
pazzesca.Avevamo
cominciatoaessere
attraversatianchedai
proiettilitracciantidel
millenovecentodiciotto.
Iocredevochestesse
parlandodicombattere
controglistracciele
cannedibambù.
“Nessunosisente
moltobene,capitano,
macredoche
vinceremo,”dissi.
“Volevodirecheio
passeròtraquesti
fuochiperandarenel
millenovecentodiciotto!”
urlòlui.“Nessunaltro
èabbastanzauomoper
fareunacosasimile.
Oravattene,
maledizione!”
Capiichenon
scherzavaaffatto.Era
davveroconvintoche
sarebbestatauna
grandeimpresa,se
avessepotuto
sventolareuna
bandieraefermareuna
pallottola,anchesein
unaguerrafinitada
cent’anniopiù.Voleva
farelasuaparte,anche
sel’inchiostrosui
trattatidipaceeracosì
sbiaditochenonsi
leggevapiù.
“Capitano,”glidissi,
“iononsonoaltroche
unsoldato,eisoldati
nondovrebbero
nemmenopensare.Ma,
capitano,”dissi,“non
misembraunabuona
idea.”
“Iosononatoper
combattere!”gridòlui.
“Ecomincioad
arrugginirmi!”
“Capitano,”dissi,
“tuttelecosepercui
c’eradacombattere
sonogiàstate
conquistate.Abbiamo
ottenutolapace,
abbiamoottenutola
libertà,siamotutti
fratelli,dappertutto,
tuttihannounabella
casaepollola
domenica.”
Nonmidiedeascolto.
Camminavaversola
lineadeisegnali,verso
illimitedelraggiodella
macchinadeltempo,
doveilfumodeifuochi
erapiùfitto.
Sifermòunmomento
primadientrareper
semprenel
millenovecentodiciotto.
Abbassòlosguardo,e
iopensaichenella
terradinessunoavesse
trovatounnidodi
uccelloouna
margherita.
Quellocheaveva
trovatononeranéil
primonélaseconda.
Miavvicinaievidiche
erarittosopraun
crateredigranatadel
millenovecentodiciotto,
propriocomesefosse
sospesoinaria.
Inquellamiserabuca
c’eranodueuomini
morti,dueuominivivie
delfango.Sapevoche
dueeranomortiperché
aunomancavalatesta
el’altroerastato
tagliatoindueda
un’esplosione.
Sehaicuore,ein
mezzoaunfumofittoti
imbattiinunacosa
comequella,nonc’è
nient’altrointutto
l’universocheti
sembreràreale.Non
c’erapiùl’Esercitodel
Mondo.Nonc’erapiù
lapaceperenne;non
c’erapiùLuVerne,
nell’Indiana;nonc’era
piùlamacchinadel
tempo.
C’eravamosolo
Poritskyeioelabuca.
Sedovessiavereun
figlio,eccoquelloche
glidirei:“Figliolo,”
direi,“nonpasticciare
maicoltempo.Tieni
l’oggiperoggie
l’alloraperallora.Ese
tiperdessiinunfumo
fitto,figliolo,sta’fermo
finchénonsidisperde.
Sta’fermofinchénon
vedidoveseiedovesei
statoedovestai
andando,figliolo”.
Glidareiuno
scossone,aquel
bambino.“Figliolo,hai
sentito?”direi.“Ascolta
quellochedicepapà.
Luisa.”
Forsenonarriverò
maiavederlo,unfiglio
mio.Masperoproprio
dipoterlotoccare,di
sentirnel’odoreele
parole.Accidenti,seci
spero.
Sivedevabenechele
quattropovereanime
del
millenovecentodiciotto
avevanostrisciatoa
lungoinquellabuca,
comelumacheinuna
bocciaperpescirossi.
C’eraunapistache
partivadaognunodi
loro–ivivieimorti.
Unagranatacadde
nellabucaescoppiò.
Quandolamelma
ricadde,solounuomo
eraancoravivo.
Sigiròsullaschiena
espalancòlebraccia.
Eracomeseoffrissele
partipiùindifesedel
suocorpoal
millenovecentodiciotto,
inmodocheil
millenovecentodiciotto
potesseucciderlosenza
fatica,seciteneva
tantoaucciderlo.
Epoil’uomovidenoi.
Nonparvesorpreso
divedercisospesiin
arialàsopradilui.Non
c’erapiùnienteche
potessesorprenderlo.
Moltolentamenteecon
gestigoffitiròfuoriil
fuciledalfangoecelo
puntòaddosso.Sorrise
comesesapessechi
eravamo,comese
sapessechenonpoteva
farcidelmale,comese
fossetuttouno
scherzo.
Eraimpossibileche
unproiettilepassasse
attraversolacannadi
quelfucile,tantoera
intasatadalfango.Il
fucilescoppiò.
Neanchequestolo
sorprese,esembròche
nonsifossefatto
niente.Ilsorrisocheci
rivolse,ilsorriso
provocatodallo
scherzo,eraancora
stampatosulsuoviso
quandosirovesciò
all’indietroemorì.
Ilfuocodi
sbarramentodel
millenovecentodiciotto
cessò.
Qualcuno,
lontanissimo,soffiòin
unfischietto.
“Perchépiangi,
soldato?”disse
Poritsky.
“Nonmen’ero
accorto,capitano,”
dissiio.Lapellemi
tiravaegliocchimi
bruciavano,manon
sapevochestavo
piangendo.
“Piangeviprimae
staipiangendoadesso,”
disselui.
Allorapiansisul
serio.Sapevocon
certezzadiaveresolo
sedicianni,sapevodi
nonesserealtrocheun
bambinocresciuto
troppoinfretta.Mi
sedettiegiuraichenon
misareipiùalzato,
nemmenoseilcapitano
miavessestaccatola
testaacalci.
“Eccoli!”urlò
Poritsky,fuoridisé.
“Guarda,soldato,
guarda!Americani!”
Sparòinariaconla
pistolacomesefosseil
QuattroLuglio.
“Guarda!”
Guardai.
Sembravaunmilione
diuominichestessero
attraversandoilraggio
dellamacchinadel
tempo.Venivanodal
nulladaunaparte,
svanivanonelnulla
dall’altra.Gliocchi
eranospenti.
Mettevanounpiede
davantiall’altrocome
sefosserostatiferitida
qualcuno.
Tutt’auntrattoil
capitanoPoritskymi
sollevòcomesenon
pesassinulla.
“Coraggio,soldato...
Andiamoconloro!”
gridò.
Quelpazzomi
trascinòoltrelalinea
deifuochidi
segnalazione.
Piansieurlaiecercai
dimorderlo.Maera
troppotardi.
Nonc’eranopiù
fuochi.
Tutt’intornoanoi
nonc’eraaltrocheil
millenovecentodiciotto.
Eronel
millenovecentodiciotto
persempre.
Epoiarrivòunaltro
tirodisbarramento.E
iltiroeraacciaioealto
esplosivo,mentreio
erocarne,ealloraera
allora,eacciaioecarne
eranoappallottolati
tuttiinsieme.
Misonosvegliato
qui.
“Cheannoè?”ho
chiesto.
“Il
millenovecentodiciannov
soldato,”mihanno
detto.
“Dovesono?”ho
chiesto.
Mihannodettoche
mitrovoinuna
cattedraletrasformata
inospedale.Vorrei
poterlavedere.Sento
dagliechiche
dev’esserealtae
imponente.
Nonsonouneroe.
Qui,circondatoda
eroi,nonabbelliscoil
miostatodiservizio.
Nonhomainécolpito
conlabaionettané
sparatoaqualcuno,
nonhomaitiratouna
bombaamano,nonho
maivistountedesco,
senoneranotedeschi
gliuominiinquella
terribilebuca.
Cidovrebberoessere
degliospedalispeciali
perglieroi,cosìgli
eroinonsarebbero
costrettiagiacere
accantoaitipicome
me.
Quandovienea
sentirmiparlareuno
nuovo,glidicosubito,
sempre,chesono
entratoinazionesolo
diecisecondiprimadi
esserecolpito.“Nonho
maifattonienteper
assicurarealmondola
democrazia,”dico.
“Quandomihanno
colpitostavopiangendo
comeunbambinoe
cercandodiuccidereil
miocapitano.Seun
proiettilenonloavesse
ucciso,l’avreifattoio,
ederaun
compatriota.”
El’avreifatto
veramente.
Edicoancheche
disertereipertornare
alduemilatrentasette,
seneavessila
possibilità.
Sonodueillecitida
cortemarziale.
Matuttiglieroiche
abbiamoqui,loro,
sembrachenonci
badino.“Vatuttobene,
amico,”dicono,
“continuaaparlare.Se
qualcunoproveràa
trascinartidavantia
unacortemarziale,
giureremotutticheti
abbiamovistouccidere
tedeschiamaninude,e
colfuocochetiusciva
dalleorecchie.”
Aloropiacesentirmi
parlare.
Cosìmenestoqui,
ciecocomeun
pipistrello,egli
raccontocomesono
arrivato.Gliracconto
tuttelecosechevedo
contantachiarezza
dentrolatesta:
l’EsercitodelMondo,
tutticomefratelli
dappertutto,pace
perenne,nessunoche
hafame,nessunoche
hapaura.
Ècosìchemisono
guadagnatoilmio
soprannome.Quasi
nessunoqui
all’ospedaleconosceil
mioveronome.Nonso
chièstatoilprimoad
averel’idea,matutti
michiamanoGran
Giorno.
Confetti#62,courtesyKurt
Vonnegut&Origami
ExpressLLC.
CANNONIPRIMA
DELBURRO
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
I.
“Quellochefaiè
prendereunpollo,
tagliarloapezzie
rosolarlonelburrofuso
enell’oliod’olivainuna
padellarovente,”disse
ilsoldatosemplice
Donnini.“Unabuona
padellabollente,”
soggiunseconaria
pensierosa.
“Aspettaun
momento,”disseil
soldatosemplice
Coleman,scrivendo
furiosamenteinun
piccolotaccuino.
“Grossocome,questo
pollo?”
“Unpaiodichili.”
“Perquante
persone?”chiese
acutamenteilsoldato
sempliceKniptash.
“Perquattro,”disse
Donnini.
“Nondimenticare
checisonomolte
ossa,”disseKniptash
conariadiffidente.
Donninieraun
gourmet;moltevolte
glieravenutainmente
lafrase“perleaiporci”
mentrespiegavaa
Kniptashcomefare
questooquelpiatto.A
Kniptashnon
importavanientedel
saporeodell’aroma:
l’unicacosachevoleva
eraingozzarsi,spararsi
unabombacalorica.
Scrivendolericettenel
suotaccuino,Kniptash
tendevaaconsiderare
leporzionitroppo
scarseearaddoppiare
tuttelequantità
indicate.“Puoi
mangiartelotuttoda
solo,perquelchemi
riguarda,”disse
pacatamenteDonnini.
“Okay,okay,poiche
fai?”disseColeman,
conlamatitaa
mezz’aria.
“Lorosolidatutt’e
duelepartipercinque
minuti,aggiungi
sedano,cipolleecarote
tritate,esalea
piacere.”Donnini
sporselelabbracome
perassaggiare.“Poi,
mentresicuoce,
aggiungiunamisceladi
sherryeconcentratodi
pomodoro.Copri.Fai
cuocerepercirca
trentaminutie...”Si
interruppe.Colemane
Kniptashavevano
smessodiscrivereesi
eranoappoggiatial
murocongliocchi
chiusi,ascoltando.
“Buono,”disse
Kniptashconaria
sognante,“masapete
laprimacosachefarò
quandotornerònegli
StatiUniti?”
Donninisoffocòun
gemito.Lasapeva.
L’avevasentitacento
volte.Kniptashera
certochenonesisteva
unpiattoalmondo
capacedisaziarelasua
fame,ecosìneaveva
inventatouno,un
mostroculinario.
“Primo,”disse
Kniptashfieramente,
“ordineròunadozzina
difrittelle.Èquelloche
hodetto,signora,”
soggiunse,rivoltoa
unacameriera
immaginaria,“dodici!
Poivogliochele
mettanounasopra
l’altraconunuovo
frittoperciascuna.Poi
sapetechefarò?”
“Cifaraimettere
sopradelmiele!”disse
Coleman,che
condividevailbestiale
appetitodiKniptash.
“Puoiscommetterci!”
disseKniptash,congli
occhichebrillavano.
“Puah,”disse
apaticamenteil
caporaleKleinhans,la
guardiatedescapelata.
Donninipensavacheil
vecchioavessecirca
sessantacinqueanni.
Kleinhanstendevaa
esseredistratto,
sprofondatoneisuoi
pensieri.Eraun’oasidi
compassionee
inefficienzaneldeserto
dellaGermanianazista.
Dicevadiaver
imparatoilsuo
passabileinglesenei
quattroanniincui
avevafattoilcameriere
aLiverpool.Nonaveva
dettoaltrodellesue
esperienzein
Inghilterra,limitandosi
aosservarechegli
inglesimangiavano
troppo,piùdiquanto
convenisseallaloro
razza.
Kleinhanssiarricciòi
baffiallaKaiser
Wilhelmesialzòin
piediconl’aiutodelsuo
anticoelunghissimo
fucile.“Voiparlate
troppodicibo.Ecco
perchégliamericani
perderannolaguerra:
sietetuttitroppo
molli.”Eguardòabella
postaKniptash,cheera
ancoraimmersofinoal
collonelsuosognodi
frittelle,uovaemiele.
“Su,su,rimettiamocial
lavoro.”Eraun
consiglio.
Itresoldati
americanirestarono
sedutinelguscio
scoperchiatodiun
edificioinmezzoai
calcinacciealletravi
carbonizzatediDresda,
inGermania.Eranoi
primigiornidimarzo
del1944.Kniptash,
DonninieColeman
eranoprigionieridi
guerra.Ilcaporale
Kleinhanseralaloro
guardia.Dovevatenerli
occupatifacendo
dividereilmiliardodi
tonnellatedimacerie
dellacittàintumuli
ordinati,mattonesu
mattone,per
sgombrarelestradee
permetterelaripresa
diuntraffico
inesistente.
Ufficialmente,itre
americanieranostati
punitiperpiccole
infrazionialla
disciplinacarceraria.
Inrealtà,andarea
lavorarenellestrade
ognimattinasottoi
tristiocchicelesti
dell’abulicoKleinhans
noneranémeglioné
peggiodelfatodeiloro
piùcorretticompagni
dietroilfilospinato.
Kleinhansavevasolo
unapretesa:che
fingesserodiessere
occupatiquando
passavanogliufficiali.
Ilciboeral’unica
cosa,alpallidolivello
diesistenzadei
prigionieridiguerra,
chepotesseavere
qualcheeffettosulloro
umore.Pattoneraa
centocinquanta
chilometrididistanza.
AsentireKniptash,
DonninieColemanche
parlavanodell’arrivo
imminentedellaTerza
Armata,sisarebbe
credutochefosse
guidatanondalla
fanteriaedaicarri
armati,madauna
falangedisergentidi
mensaecucineda
campo.
“Su,su,”ripetéil
caporaleKleinhans.Si
tolselapolvere
dell’intonacodalla
divisatroppogrande,il
grigioleggeroe
scadentedellamilizia
territoriale,una
pateticaarmatadi
vecchi.Consultò
l’orologio.L’intervallo
delpasto,trentaminuti
senzanienteda
mangiare,erafinito.
Donninisfogliò
malinconicamenteil
propriotaccuinoperun
altrominutoprimadi
rimetterloneltaschino
edialzarsi
faticosamenteinpiedi.
Lamaniadel
taccuinoerainiziata
quandoDonniniaveva
spiegatoaColeman
comefarelapizza.
Colemanavevascritto
laricettainunodei
tantitaccuini
rubacchiatiinuna
cartoleriabombardata.
L’esperienzaerastata
cosìsoddisfacenteche
riempireitaccuinidi
ricetteerasubito
diventata,peritre
uomini,un’ossessione.
Tracciareisimbolidel
cibolifacevasentirein
qualchemodomolto
piùviciniallacosa
vera.
Ciascunodiessi
avevadivisoiltaccuino
insezioni.Kniptash,
peresempio,aveva
quattrosezioni
principali:“Dessertche
voglioprovare,”“Buoni
sistemipercucinarela
carne,”“Spuntini”e
“Varie”.
Coleman,conlo
sguardocorrucciato,
continuòascrivere
laboriosamentenel
taccuino.“Quanto
sherry?”
“Sherrysecco,
dev’esseresecco,”
disseDonnini.“Circa
trequartidiuna
tazza.”VideKniptash
cancellarequalcosanel
suotaccuino.“Chec’è?
L’haicambiatoin
quattrolitridisherry?”
“No.Noncistavo
neanchelavorandoa
quella.Stavoscrivendo
un’altracosa.Ho
cambiatoideasulla
primacosachevoglio,”
disseKniptash.
“Cosa?”chiese
Coleman,affascinato.
Donninitrasalì.
Altrettantofece
Kleinhans.Itaccuini
avevanointensificatoil
conflittospiritualetra
DonninieKniptash,
accentuandonei
contrasti.Lericette
fornitedaKniptash
eranobarocche,
inventatelìperlì.
QuellediDonninierano
scrupolosamente
autentiche,artistiche.
Colemanerapresoin
mezzo.Eraunoscontro
trailbuongustaioeil
ghiottone,tral’artista
eilmaterialista,trala
bellaelabestia.
Donninieracontentodi
avereunalleato,anche
sesitrattavadel
caporaleKleinhans.
“Aspettaadirmelo,”
disseColeman
sfogliandolepagine.
“Fammitrovarela
primapagina.”La
sezionepiùimportante
diognitaccuinoerala
primapagina.Di
comuneaccordo,era
dedicataalpiattoche
ciascunosognavapiù
dituttiglialtri.Sulla
primapaginaDonnini
avevascrittocon
amorelaformula
dell’anatraalcognac.
Kniptashavevadatoil
postod’onoreallesue
orribilifrittelle.
Coleman,incerto,
avevaoptatoperun
piattodiprosciuttocon
contornodipatate
dolcicandite,mapoi
neerastatodissuaso.
Terribilmente
perplesso,avevascritto
sullaprimapaginasia
lasceltadiKniptash
chequelladiDonnini,
rinviandoladecisionea
piùtardi.OraKniptash
lostavastuzzicando
conunamodificadella
propriaatrocità.
Donninisospirò.
Colemansisentiva
debole.Forselanuova
svoltadiKniptashlo
avrebbeallontanato
definitivamente
dall’anatraalcognac.
“Nientemiele,”disse
Kniptashintonofermo.
“Cihopensatosu.Ora
socheètutto
sbagliato.Nonvabene
conleuova,ilmiele.”
Colemanfeceuna
cancellatura.“Allora?”
disse,fiducioso.
“Cioccolatacalda,”
disseKniptash.“Una
bellacucchiaiatadi
cioccolatacalda...
Glielaversisoprae
lascichesispanda.”
“Mmmmmmmmmm,”
disseColeman.
“Cibo,cibo,cibo,”
brontolòilcaporale
Kleinhans.“Tuttoil
giorno,ognigiorno,
nonsentoparlareche
dicibo!Alzatevi.
Andatealavorare!Voi
eivostrimaledetti
taccuini.Èunfurto,
sapete?Potreifarvi
fucilare.”Chiusegli
occhiesospirò.“Cibo,”
dissesottovoce.“Che
gustoc’èaparlarne,a
scriverne?Parlatedi
donne,piuttosto.
Parlatedimusica.
Parlatediliquori.”Si
rivolsealcielo
allargandolebraccia.
“Cherazzadisoldati
sonoquestiche
passanotuttala
giornatascambiandosi
ricette?”
“Nonhaifameanche
tu?”disseKniptash.
“Cos’haicontroil
cibo?”
“Iomangioa
sufficienza,”disse
Kleinhans
sbrigativamente.
“Seifettedipane
neroetrescodelledi
minestraalgiorno...A
sufficienza?”disse
Coleman.
“Èpiùche
sufficiente,”ribatté
Kleinhans.“Iomisento
meglio.Erograsso
primadellaguerra.Ora
sonoasciuttocome
quandoerogiovane.
Primadellaguerra
eranotuttigrassi,
vivevanopermangiare
invecedimangiareper
vivere.”Unpallido
sorrisoglisfioròla
faccia.“LaGermania
nonèmaistatapiù
sana.”
“Sì,manonhai
fame?”insistette
Kniptash.
“Ilcibononèl’unica
cosanellamiavita,né
lapiùimportante,”
disseKleinhans.“Su,
adesso,alzatevi!”
KniptasheColeman
sialzarono,di
malavoglia.“Haiun
pezzod’intonaconella
canna,paparino,”disse
Coleman.Pianopiano,
strascicandoipiedi,
tornaronosullastrada
ingombradimacerie,
seguitidaKleinhans
checonunfiammifero
toglievaicalcinacci
dallaboccadelfucilee
continuavaaimprecare
controitaccuini.
Donniniraccattòun
sassolinotramilionidi
altrisassolini,
raggiunseilbordodella
stradaelodeposeai
piedidiKleinhans.Si
fermòunmomento,con
lemanisuifianchi.“Fa
caldo,”disse.
“L’idealeper
lavorare,”disse
Kleinhans,sedendosi
sulcordolo.“Cosa
facevidacivile,il
cuoco?”dissedopoun
lungosilenzio.
“Aiutavomiopadrea
gestireilsuoristorante
italianoaNewYork.”
“Iohoavutoun
localeaBreslaviaper
unpo’,”disse
Kleinhans.“Tanto
tempofa.”Sospirò.
“Sembrastupido,
adesso,quantotempoe
quanteenergie
consumavanoi
tedeschisoloper
imbottirsidicibo.Che
spreco.”Guardòalle
spallediDonninie
aggrottòlafronte.
Agitòunditoinaria
all’indirizzodiColeman
eKniptash,cheerano
inmezzoallastrada
conunsassogrande
comeunapallada
baseballinunamanoe
untaccuinonell’altra.
“Amepareche
dentrocifossedella
pannaacida,”stava
dicendoColeman.
“Metteteviaquei
taccuini!”ordinò
Kleinhans.“Nonavete
unaragazza?Parlate
dellavostraragazza!”
“Certochehouna
ragazza,”disse
Coleman,irritato.“Si
chiamaMary.”
“Tuttoqui?Nonc’è
altrodasaperedilei?”
disseKleinhans.
Colemansembrava
perplesso.“Ilcognome
èFiske:MaryFiske.”
“Be’,ècarinaquesta
MaryFiske?Cosafa?”
Colemansocchiuse
gliocchiconaria
meditabonda.“Un
giornoaspettavoche
scendesseeho
guardatolasuavecchia
mentrefacevauna
meringataallimone,”
disse.“Hapresounpo’
dizuccheroediamido
digranturcoeun
pizzicodisale,el’ha
mescolatoconunpaio
ditazzed’a...”
“Perfavore,parliamo
dimusica.Tipiacela
musica?”disse
Kleinhans.
“Epoicos’hafatto?”
disseKniptash.Aveva
depostoilsuosassoe
orastavascrivendonel
taccuino.“Hausato
delleuova,no?”
“Perfavore,ragazzi,
no,”supplicò
Kleinhans.
“Certochehausato
delleuova,”disse
Coleman.“Eanchedel
burro.Tantoburroe
tanteuova.”
II.
Fuquattrogiorni
dopocheKniptash
trovòinunsotterraneo
ipastellicolorati:lo
stessogiornoincui
Kleinhansaveva
chiestoinvanoil
cambiocomeguardia
dellasquadradi
punizione.
Quandoeranousciti,
quelmattino,Kleinhans
avevaundiavoloper
capello,esiera
scagliatocontroitre
prigionieriaffidatialle
suecureperchénon
andavanoalpassoe
perchémarciavanocon
lemaniintasca.
“Andateavantie
parlate,parlatepuredi
cibo,donnicciole,”li
avevascherniti.“Ionon
sonopiùtenutoad
ascoltare!”
Trionfalmente,aveva
tiratofuoridalla
gibernaduebatuffolidi
cotoneeseliera
ficcatinelleorecchie.
“Orapossopensareai
casimiei.Ah!”
Amezzogiorno
Kniptashsgattaiolò
nellacantinadiuna
casabombardata,
sperandoditrovarvi
unoscaffaledivasetti
pienicomequelliche
c’eranonellasua
accoglientecantina
casalinga.Neuscì
sporcoescoraggiato,
rosicchiando
sperimentalmenteuna
matitaverde.
“Com’è?”chiese
Coleman
fiduciosamente,
guardandoipastelli
giallo,rosa,violae
arancionenellamano
sinistradiKniptash.
“Magnifico.Che
saporevuoi?Limone?
Uva?Fragola?”Buttò
lematiteperterrae
sopracisputòquella
verde.
Eradinuovol’oradi
pranzo,eKleinhans
sedevavoltandole
spalleaiprigionierie
contemplando
pensierosamenteil
profiloscheggiatodi
Dresda.Duebatuffoli
dicotonebiancogli
spuntavanodalle
orecchie.
“Saicosaandrebbe
bene,adesso?”disse
Donnini.
“Ungelatoconla
cioccolatacalda,
spolveratodinocie
marshmallow,”disse
prontamenteColeman.
“Eciliegie,”disse
Kniptash.
“Spiedinialla
romana!”mormorò
Donnini,congliocchi
chiusi.
KniptasheColeman
tiraronofuorii
taccuini.
Donninisibaciòle
puntedelledita.
“Bocconcinidimanzo
infilzatiinunospiedo,
allaromana,”disse.
“Prendetemezzochilo
dibocconcinidimanzo,
trecucchiainidi
pecorinoromanoe...”
“Perquante
persone?”chiese
Kniptash.
“Seinormaliesseri
umani,omezzo
maiale.”
“Questopiattoche
aspettoha?”chiese
Coleman.
“Be’,sonotantecose
infilzatesuuno
spiedo.”Donninivide
Kleinhanstogliersiun
tappodalleorecchiee
rimetterseloquasi
subito.“Èunpo’
difficiledadescrivere.”
Sigrattòlatesta,elo
sguardoglicaddesui
pastelli.Raccolse
quellogialloecominciò
adisegnare.Apocoa
pococrebbeilsuo
interesseperil
progetto,econlealtre
matiteDonnini
aggiunse
ombreggiaturee
lumeggiature,ealla
fine,comesfondo,una
tovagliaaquadretti.
Porseloschizzoa
Coleman.
“Mmmmmmm,”disse
Coleman,scuotendola
testaeleccandosile
labbra.
“Accidenti!”disse
Kniptash,pienodi
ammirazione.“Questi
piccolibastardi
praticamentetisaltano
inbocca,nonèvero?”
Colemanporse
ansiosamenteilproprio
taccuinoaDonnini.La
paginaallaqualeera
apertoeraintestata
semplicemente
“TORTE”.“Potresti
disegnareunatorta
LadyBaltimore?Sai,
biancaconleciliegie
sopra?”
GentilmenteDonnini
ciprovò,eriscosseun
successo
incoraggiante.Erauna
bellatorta,eper
abbellirla
ulteriormenteDonnini
cimisesoprauna
scrittainglassarosa
chediceva:
“Bentornatoacasa,
soldatoColeman!”.
“Disegnamiunapila
difrittelle...Dodici,”lo
esortòKniptash.“È
quellochehodetto,
signora...Dodici!”
Donniniscosseilcapo
insegnodi
disapprovazione,ma
cominciòadabbozzare
lacomposizione.
“Vogliomostrarela
miaaKleinhans,”disse
Colemanallegramente,
tenendolasuatorta
LadyBaltimoreaun
bracciodidistanza.
“Oralacioccolata
sopra,”disseKniptash,
colfiatosulcollodi
Donnini.
“Ach!Mensch!”gridò
ilcaporaleKleinhans,e
iltaccuinodiColeman
volòcomeunuccello
feritonelgrovigliodi
rottamidellaporta
accanto.“L’oradi
pranzoèfinita!”
Kleinhansraggiunsea
grandipassiDonninie
Kniptasheglistrappòi
taccuini.Poilimisenel
taschino.“Ora
facciamoanchedeibei
quadretti!Tornateal
lavoro,capito?”Conun
ampiogestodel
braccioattaccòal
fucileunabaionetta
fantasticamentelunga.
“Andate!Los!”
“Chediavologliha
preso?”disseKniptash.
“Nonhofattoaltro
chemostrargliil
disegnodiunatorta,e
quelloesplode,”
protestòColeman.
“Nazista,”disse
sottovoce.
Donninisimisein
tascaipastelliefece
unpassoindietroper
evitarelaterribile
spadadiKleinhans.
“Gliarticolidella
ConvenzionediGinevra
diconocheisoldati
semplicidevono
lavorareperilloro
mantenimento.
Lavorate!”disseil
caporaleKleinhans.Li
fecesudareegrugnire
pertuttoilpomeriggio.
Abbaiavaunordine
appenaunodeitre
mostrava
un’inclinazionea
parlare.“Tu!Donnini!
Ecco,prendiquel
piattodispaghetti,”
disse,indicandoconla
puntadelpiedeun
grossosasso.Poisi
avvicinòaunpaiodi
travicellidodiciper
dodicichegiacevanoin
mezzoallastrada.
“KniptasheColeman,
ragazzimiei,”sussurrò,
battendolemani,“ecco
quegliéclairal
cioccolatoche
sognavate.Unoper
ciascuno.”Misela
facciaapochi
centimetridaquelladi
Coleman.“Conla
pannamontata,”
sussurrò.
Eraunasquadra
decisamentedepressa
quellachesitrascinò
nelrecintodella
prigionequellasera.
Prima,Donnini,
KniptasheColemansi
eranoimpostidi
assumereun’andatura
zoppicante,comese
fosserostrematidaun
lavoroterribilmente
duroedall’implacabile
disciplina.Kleinhans,a
suavolta,avevafatto
unascenata,
aggredendolicomeun
canedapastore
inferocitomentre
varcavanobarcollando
ilcancello.Orailloro
aspettoeraquellodi
prima,malatragedia
cherappresentavano
erareale.
Kleinhansspalancò
bruscamentelaporta
dellabaraccaefece
lorosegnodientrare
conuncennoimperioso
dellamano.
“Achtung!”gridòuna
vocedall’interno.
Donnini,Colemane
Kniptashsifermarono
erimaserolàinpiedi,
ciondolanti,coni
tacchipiùomeno
accostati.Conuno
scricchioliodicuoioe
unosbattimentodi
tacchi,ilcaporale
Kleinhanspercosseil
pavimentocolcalcio
delfucileesierse
quantoglielo
permettevalaschiena
malconcia,tremando.
Eraincorsol’ispezione
asorpresadiun
ufficialetedesco.
Potevanoaspettarsela
unavoltaalmese.Un
colonnellobassodi
staturadentroun
cappottoconilcollodi
pellicciaeduestivaloni
nerieraritto,agambe
divaricate,davantia
unafiladiprigionieri.
Alsuofiancoc’erail
grassosergentedella
milizia.Tutti
guardaronoilcaporale
Kleinhanseitresoldati
affidatiallesuecure.
“Be’,”disseil
colonnellointedesco,
“cos’abbiamoqui?”
Ilsergenteglielo
spiegògesticolando,
congliocchicastani
cheimploravanolasua
approvazione.
Ilcolonnello
attraversòlentamente
ilpavimentodi
cemento,conlemani
intrecciatedietrola
schiena.Sifermò
davantiaKniptash.“Tu
èstatopampìnocattìfo,
eh?”
“Signorsì,èvero,”
dissesemplicemente
Kniptash.
“Tupentitoatesso?”
“Signorsì,certo.”
“Pene.”Ilcolonnello
giròparecchievolte
intornoalgruppetto,
canterellandotrasé,
fermandosiunavolta
pertoccarelastoffa
dellacamiciadi
Donnini.“Tucapire
kvandoioparlare
inklese?”
“Signorsì,è
chiarissimo,”disse
Donnini.
“Tikvaleparte
Americaesseremio
akzento?”chiese
ansiosamenteil
colonnello.
“Milwaukee,signore.
Avreigiuratochelei
eradiMilwaukee.”
“Potreifarelaspiaa
Milvakee,”disse
fieramenteilcolonnello
alsergente.Auntratto
ilsuosguardocadde
sulcaporaleKleinhans,
ilcuipettoeraunpo’
sottoillivellodeisuoi
occhi.Cosìfacendo,
persetuttoil
buonumore.Fece
qualchepassoavanti
perandareapiazzarsi,
tuttoimpettito,davanti
aKleinhans.“Caporale!
Iltaschinodellatua
giubbaèsbottonato!”
disseintedesco.
Kleinhansspalancò
gliocchimentre
portavalamanoal
risvoltodeltaschino.
Febbrilmente,cercòdi
abbottonarlo.L’asola
nonarrivavaal
bottone.
“Haiqualcosain
tasca!”disseil
colonnello,diventando
rosso.“Questoèil
problema.Tirafuori!”
Kleinhanssfilòidue
taccuinidallatascae
abbottonòilrisvolto
conunsospirodi
sollievo.
“Ecos’haiinquei
taccuini,eh?Unalista
diprigionieri.Demeriti,
forse?Vediamo.”Il
colonnelloglieli
strappòdalleditamolli.
Kleinhansroteògli
occhi.
“Cos’èquesto?”disse
ilcolonnello,incredulo,
alzandolavoce.
Kleinhanscercòdidire
qualcosa.“Silenzio,
caporale!”Ilcolonnello
aggrottòlesopracciglia
etenneilquadernetto
davantiaséinmodo
chepotessevederlo
ancheilsergente.
“‘Kvellokefoglio
manciareappenaarrìfo
acasa,’”lesse
lentamente.Scossela
testa.“Ach!‘Tòtici
fritelleconunuofo
frittoperciascuna!’
Oh!‘Econcioccolata
kaltasopra!’”Sirivolse
aKleinhans.“Èquesto
chevuoi,povero
ragazzo?”dissein
tedesco.“Echebel
disegnohaifatto,
anche.Mmmmm.”
Allungòlemaniverso
lespallediKleinhans.
“Icaporalidevono
pensaresemprealla
guerra.Isoldati
semplicipossono
pensareatuttoquello
chevogliono–ragazze,
cibo,ebuonecose
comequella–purché
faccianoquellochegli
diconoicaporali.”
Abilmente,comese
l’avessegiàfattomolte
volte,ilcolonnelloficcò
leunghiedeipollici
sottolestellette
d’argentodacaporale
sullespallinedi
Kleinhans.Lespalline
rimbalzarono
rumorosamentecontro
ilmurocomesassi,in
fondoallabaracca.
“Fortunatisoldati
semplici.”
Ancoraunavolta
Kleinhanssischiarìla
golachiedendoil
permessodiparlare.
“Silenzio,soldato!”Il
piccolocolonnellouscì
boriosamentedalla
baracca,stracciandoi
taccuinimentre
camminava.
III.
Lamattinadopola
degradazionedi
Kleinhans,Donniniera
apezzi,comeKniptash
eColeman.
Esternamente,
Kleinhansnon
sembravadiverso.Il
suopassoeravivace
comesempre,elui
sembravaancora
capacedigodersil’aria
frescaeiprimisegni
dellaprimaverache
spuntavanotrale
rovine.
Quandoraggiunsero
lalorostrada,chenon
eraancoratransitabile,
nemmenoperle
biciclette,anchedopo
tresettimanedilavori
forzati,Kleinhansnon
liminacciòcomeaveva
fattoilgiornoprima.
Nédisselorodifingere
dilavorarecomeaveva
fattoneigiorni
precedenti.Liportò
invecedirettamenteal
ruderedovepassavano
l’oradelpranzoefece
lorosegnodimettersia
sedere.Kleinhans
avevaun’aria
sonnolenta.Là
rimaserotuttiin
silenzio,gliamericani
pienidirimorsi.
“Cidispiacechehai
persolestelletteper
colpanostra,”disse
Donniniallafine.
“Fortunatisoldati
semplici,”disse
cupamenteKleinhans.
“Dueguerrehofatto
perdiventarecaporale.
Eora,”schioccòledita,
“puf!Ilibridicucina
sonoverboten.”
“Tieni,”disse
Kniptash,convoce
tremante.“Vuoi
fumare?Houna
sigarettaungherese.”
Gliporselapreziosa
sigaretta.
Kleinhansrispose
conunpallidosorriso.
“Facciamolagirare.”
L’accese,tiròuna
boccataelaporsea
Donnini.
“Dachil’haiavuta,
unasigaretta
ungherese?”chiese
Coleman.
“Daunungherese,”
disseKniptash.Sitirò
sulagambadei
pantaloni.“L’ho
scambiataconi
calzini.”
Finironolasigaretta
etornaronoad
appoggiarelespalleal
muro.Kleinhansnon
avevaancoraparlatodi
lavoro.Sembravadi
nuovodistratto,
immersoneisuoi
pensieri.
“Nonparlatepiùdi
cibo,ragazzi?”disse
Kleinhansdopoun
altrolungosilenzio.
“Orachehaipersole
stellette,no,”disse
Kniptashintonograve.
Kleinhansannuì.
“Nonc’èproblema.
Tantipresi,tanti
spesi.”Sileccòle
labbra.“Prestotutto
questosaràfinito.”Si
appoggiòalmuroesi
stirò.“Esapetecosa
faròilgiornodellafine,
ragazzi?”Ilsoldato
sempliceKleinhans
chiusegliocchi.“Mi
procureròunchiloe
mezzodispalladi
manzoelalardellerò
conlapancetta.Poici
strofineròsopraaglio,
saleepepe,ela
metteròinunaterrina
convinobianco
annacquato...”–lasua
voceeradiventata
stridula–“...ecipollee
foglied’alloroe
zucchero...”–sialzòin
piedi–“...epepenero!
Indiecigiorni,ragazzi,
saràpronta!”
“Cosa,saràpronto?”
disseColeman,
eccitato,portandola
manoallatascache
avevacontenutoil
taccuino.
“Sauerbraten!”gridò
Kleinhans.
“Perquante
persone?”chiese
Kniptash.
“Solodue,ragazzo
mio.Mirincresce.”
Kleinhansposòlamano
sullaspalladiDonnini.
“Quantobastaperdue
artistiaffamati...eh,
Donnini?”Strizzò
l’occhioaKniptash.
“PerteeColeman
prepareròqualcosache
riempiabenelapancia.
Cheneditedidodici
frittelleconunafettadi
colonnelloper
ciascuna,eunabella
tazzadicioccolata
caldasopra,eh?”
CivilDefense,courtesy
KurtVonnegut&Origami
ExpressLLC.
BUON
COMPLEANNO,
1951
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
“L’estateèunbuon
momentoperun
compleanno,”disseil
vecchio.“Esehaiuna
possibilitàdiscelta,
perchénonscegliere
ungiornod’estate?”Si
inumidìilditosulla
linguaesfogliòlapila
didocumentichei
soldatigliavevano
ordinatodicompilare.
Nessundocumento
sarebbestatocompleto
senzaladatadi
nascita,ebisognava
sceglierneunaperil
ragazzo.
“Iltuocompleanno
puòessereoggi,se
vuoi,”disseilvecchio.
“Stamattinaè
piovuto,”disseil
ragazzo.
“Bene,allora...
domani.Lenuvolesi
stannoallontanando
versosud.Domani
dovrebbeesserciilsole
pertuttalagiornata.”
Cercandoriparodal
temporalemattutino,i
soldatiavevanotrovato
ilnascondigliodove,
miracolodeimiracoli,il
vecchioeilragazzo
eranovissutitrale
rovinepersetteanni
senzadocumenti:
senza,percosìdire,il
permessoufficialedi
esserevivi.Dicevano
chenessunopoteva
trovarecibooriparoo
capidivestiariosenza
documenti.Mail
vecchioeilragazzo
avevanotrovatotutt’e
trelecosescavando
nellecatacombedelle
cantinesottolacittà
distruttae
rubacchiandodurante
lanotte.
“Perchétremi?”disse
ilragazzo.
“Perchésono
vecchio.Perchéi
soldatispaventanoi
vecchi.”
“Me,nonmi
spaventanomica,”
disseilragazzo.Era
eccitatoda
quell’improvvisa
intrusionenelloro
mondosotterraneo.
Tenevaqualcosadi
doratoelucentenel
sottileraggiodiluce
cheentravadalla
finestradellacantina.
“Vedi?Unodiloromi
hadatounbottone
d’ottone.”
Nonavevanonulladi
spaventoso,quei
soldati.Poichél’uomo
eravecchioeil
bambinocosìpiccolo,i
militariavevano
scherzatosuquella
stranacoppia:l’unica
chefratuttala
popolazionedellacittà
nonavessefatto
registrarelapropria
presenzainnessun
posto,nonfossestata
vaccinatacontro
nessunamalattia,non
avessegiuratofedeltà
aniente,nonavesse
rinunciatoenonsi
fossescusataper
niente,nonavesse
votatoomarciatoper
nessunoeperniente
dallafinedellaguerra.
“Nonvolevofare
nientedimale,”aveva
dettoilvecchioai
soldatifingendosiun
po’rimbecillito.“Non
losapevo.”Espiegò
cheilgiornoincuiera
finitalaguerrauna
profugagliaveva
lasciatounbambinotra
lebracciaenonerapiù
tornata.Eccoperchéil
ragazzoeraconlui.La
suanazionalità?Il
nome?Ladatadi
nascita?Nonlosapeva.
Ilvecchiofece
rotolareconunostecco
lepatatesullacenere
delfuocodilegnadel
fornelloestaccòle
bracidallabuccia
annerita.“Nonsono
statounpadremolto
bravo,lasciandoti
senzacompleanniper
tuttoquestotempo,”
disse.“Haidirittoaun
compleannoognianno,
sai,eionehofatti
passareseisenzaun
compleanno.Esenza
regali.Sidovrebbero
riceveredeiregali.”
Raccolsecautamente
unapatataelagettòal
ragazzo,chelapreseal
voloerise.“Ecosìhai
decisocheilgiornoè
domani,eh?”
“Sì,credodisì.”
“Bene.Nonmiresta
moltotempoperfarti
unregalo,maqualcosa
troveremo.”
“Cosa?”
“Iregalidi
compleannosono
migliorisesonouna
sorpresa.”Pensòalle
ruotecheavevavisto
suunmucchiodi
macerieinfondoalla
strada.Appenail
ragazzosifosse
addormentato,avrebbe
costruitounaspeciedi
carretto.
“Ascolta!”disseil
ragazzo.
Comeaogni
tramonto,dauna
stradalontana
arrivarono,soprale
rovine,isuonidiuna
marcia.
“Nonascoltare,”
disseilvecchio.Alzòun
ditoperrichiamarela
suaattenzione.“Esai
chefaremoperiltuo
compleanno?”
“Ruberemoqualche
tortaalpanettiere?”
“Forse...Manonè
quellochestavo
pensando.Saicosami
piacerebbefare
domani?Mipiacerebbe
portartidovenonsei
maistatointuttalatua
vita...Doveiostesso
nonvadodaanni.”
L’idealoentusiasmòe
loresefelice.Questo
sarebbestatoilsuo
regalo.Ilcarrettonon
contavaniente.
“Domanitiporterò
lontanodallaguerra.”
Nonsiaccorsecheil
ragazzosembrava
sconcertatoeunpo’
deluso.
Venneilgiornocheil
ragazzoavevascelto
perilproprio
compleanno,eilcielo,
comeavevapromessoil
vecchio,erasereno.
Fecerocolazionenella
penombradella
cantina.Sultavolo
c’erailcarrettocheil
vecchioavevacostruito
durantelanotte.Il
ragazzomangiòcon
unamano,tenendo
l’altrasulcarretto.
Ognitantosmettevadi
mangiarepermuovere
ilcarrettoavantie
indietrodipochi
centimetri,eper
imitareilrombodiun
motore.
“Chebelcamionha
lì,signore,”disseil
vecchio.“Chefa,porta
delbestiameal
mercato?”
“Bruuum,bruuum.
Largo!Bruuum.Fate
passareilmiocarro
armato.”
“Scusi,”sospiròil
vecchio,“credevoche
fosseuncamion.
Comunquetipiace,ed
èquellocheconta.”
Lasciòcadereilpiatto
distagnonelsecchio
d’acquachebolliva
lentamentesulfornello.
“Equestoèsoloil
principio,soloil
principio,”dissecon
esuberanza.“Ilmeglio
deveancoravenire.”
“Unaltroregalo?”
“Inuncertosenso.
Ricordicosatiho
promesso?Oggi
andremoviadaquesta
guerra.Andremonel
bosco.”
“Bruuum,bruuum.
Possoportareilcarro
armato?”
“Selasceraichesia
uncamion,soloper
oggi...”
Ilragazzoalzòle
spalle.“Lolasceròqui,
ecigiocheròquando
torno.”
Strizzandogliocchi
nellalucetroppoviva
delmattino,iduesi
incamminaronolungo
lastradadesertae
svoltaronoinunviale
pienoditraffico
fiancheggiatoda
facciatenuove.Era
comeseilmondofosse
diventato
all’improvvisofresco,
pulitoeintegrodi
nuovo.Parevachela
gentenonsapesseche
ladesolazione
cominciavaaunisolato
daamboilatidiquel
vialeelegante,echeda
lìsiestendevaper
chilometriechilometri.
Idue,conlospuntino
sottobraccio,
camminavanonella
direzionedellecolline
copertedipiniasud,
versolequaliilvialesi
alzavaconunaleggera
salita.
Quattrogiovani
soldatiprocedevano
affiancatilungoil
marciapiede.Ilvecchio
scesesullastradaper
cedergliilpasso.Il
ragazzosalutòerimase
dov’era.Isoldati
sorrisero,ricambiarono
ilsalutoesidivisero
perfarlopassare.
“Fanteriacorazzata,”
disseilragazzoal
vecchio.
“Hmmmm?”disseil
vecchiodistrattamente,
congliocchipuntati
sullecollineverdi.
“Davvero?Comehai
fattoacapirlo?”
“Nonhaivistole
mostrineverdi?”
“Sì,questecose
cambiano.Miricordo
diquandolafanteria
corazzataerarossae
nera,eilverdeera...”
Siinterruppe.“Tutte
sciocchezze,”disse,
quasisgarbatamente.
“Nonsignificanulla,e
oggicene
dimenticheremo.Il
giornodeltuo
compleannonon
dovrestipensarea...”
“Rossoenerosonoi
genieri,”lointerruppe
ilragazzo,moltoserio.
“Tuttoneroèlapolizia
militare,erossoè
l’artiglieria,eblue
rossolasanità,eneroe
arancionee...”
Lapinetaeramolto
silenziosa.Iltappeto
secolarediaghidipino
elacappaverde
soffocavanoisuoni
provenientidallacittà.
Innumerevolifiledi
tronchimarronescuro
circondavanoilvecchio
eilragazzo.Ilsole,a
perpendicolosudiloro,
erasoloungrappolodi
puntiniluminositrale
fittecortinediaghiedi
ramisoprastanti.
“Qui?”disseil
ragazzo.
Ilvecchiosiguardò
intorno.“No...Unpo’
piùlontano.”Puntòil
dito.“Là...Vedi,trai
rami?Daquisivedela
chiesa.”Ilnero
scheletrodiun
campanilebruciato
spiccavacontroun
riquadrodicielotra
duetronchiaimargini
dellaforesta.“Ma
ascolta...Sentito?
Acqua.Piùsuc’èun
ruscello,eseci
sediamonellasua
vallettanonvedremo
altrochelefronde
deglialberieilcielo.”
“Bene,”disseil
ragazzo.“Questoposto
mipiace,mavabene.”
Guardòilcampanile,
poiilvecchio,e
aggrottòlesopracciglia
conariainterrogativa.
“Vedrai...Vedraiche
èmoltomeglio,”disse
ilvecchio.
Quandoraggiunsero
ilcrinale,indicò
soddisfattoilruscello
sottostante.“Ecco!E
chetenepare?Un
paradiso!Com’erain
principio:alberi,cieloe
acqua.Questoèil
mondocheavresti
dovutoavere,ealmeno
peroggil’avrai.”
“Eguarda!”disseil
ragazzoindicandoil
crinaledall’altraparte.
Unenormecarro
armato,così
arrugginitodaaverelo
stessocoloredegliaghi
dipinocaduti,era
accovacciatosul
crinale,conicingoli
schiantatiemacchiedi
corrosioneintornoal
buconerodoveun
tempositrovavailsuo
cannone.
“Comefacciamoad
attraversareiltorrente
perarrivarci?”disseil
ragazzo.
“Nonabbiamomica
bisognodiarrivarci,”
disseilvecchio,
stizzito.Stringevaforte
lamanodelragazzo.
“Nonoggi.Possiamo
venirequiunaltro
giorno,forse.Manon
oggi.”
Ilragazzocirimase
male.Lasuamanosi
afflosciòinquelladel
vecchio.
“Piùavantic’èuna
curva,eoltrequella
curvatroveremo
proprioquelloche
cerchiamo.”
Ilragazzonondisse
nulla.Raccolseun
sassoelotiròcontroil
carroarmato.Mentreil
piccolomissilecadeva
sulbersaglioilragazzo
siirrigidì,comeseil
mondointerostesse
peresplodere.Dalla
torrettavenneun
flebileclic,eluisi
calmò,comesein
qualchemodofosse
soddisfatto.
Docilmente,seguìil
vecchio.
Oltrelacurva
trovaronoquelloche
cercavailvecchio:un
massosquadratoliscio
easciutto,vicinoal
ruscelloincassatonella
roccia.Ilvecchiosi
sdraiòsulmuschioe
battéaffettuosamente
lamanoperterradi
fiancoalui,nelpunto
incuivolevacheil
ragazzosisedesse.
Scartocciòlospuntino.
Dopopranzoil
ragazzodiventò
impaziente.“C’èun
grandesilenzio,”disse
infine.
“Ècomedovrebbe
essere,”disseil
vecchio.“Unangolodel
mondo...come
dovrebbeessere.”
“Èisolato.”
“Èquestalasua
bellezza.”
“Mipiacedipiùla
città,conisoldatie...”
Ilvecchioloprese
bruscamenteperun
braccio,stringendolo
conforza.“No,nonè
vero.Èsolochenon
sai.Seitroppopiccolo,
troppopiccoloper
capirecos’èquesto,
quellochestocercando
didarti.Maquando
saraipiùgrandeti
ricorderai,evorrai
tornarequi...Molto
tempodopochesisarà
rottoiltuocarretto.”
“Iononvogliocheil
miocarrettosirompa,”
disseilragazzo.
“Nonsiromperà,non
siromperà.Mavienia
sdraiartiqui,chiudigli
occhieascolta,e
dimenticatutto.Ecco
quellocheposso
darti...apocheore
dallaguerra.”Chiuse
gliocchi.
Ilragazzo,
obbediente,sisdraiò
accantoaluiechiuse
gliocchi.
Ilsoleerabassonel
cieloquandoilvecchio
sisvegliò.Glidolevano
leossaesisentiva
umido,dopoillungo
pisolinosullarivadel
torrente.Sbadigliòesi
stirò.“Èoradi
andare,”disse,congli
occhiancorachiusi.“Il
nostrogiornodipaceè
finito.”Epoividecheil
ragazzoerasparito.
Dapprimalochiamò
senzaessere
particolarmente
preoccupato;poi,non
ottenendoaltra
rispostacheilsibilodel
vento,sialzòinpiedie
urlò.
Apocoapocofu
presodalpanico.Il
ragazzononeramai
entratoinunbosco,e
avrebbepotuto
smarrirsifacilmentese
sifosseallontanato
versonord,
inoltrandositrale
collineenellaforesta.
Siarrampicòsu
un’alturaegridò
ancora.Nessuna
risposta.
Forseilragazzoera
andatodinuovoverso
ilcarroarmato,eaveva
cercatodiattraversare
iltorrente.Nonsapeva
nuotare.Ilvecchiosi
affrettòascendere
lungolaspondadel
torrente,oltrelacurva,
finoadovesivedevail
carroarmato.Nullasi
muoveva,ec’erasoloil
suonodelventoe
dell’acqua.
“Bang!”gridòuna
vocina.
Ilragazzoalzò
trionfalmentelatesta
dallatorretta.
“Colpito!”disse.
Confetti#36,courtesyKurt
Vonnegut&Origami
ExpressLLC.
SUCONLAVITA
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
C’èstatoun
momentoincuiero
totalmented’accordo
conmiopadrenel
pensareche
diventandounboy
scoutrispettoso,
audace,fidatoe
corteseavreigettatole
fondamentadiunavita
riccaepienadi
soddisfazioni.Mada
allorahoavutola
possibilitàdiriflettere
piùrealisticamente
sull’educazione,eoggi
midomandoseHell’s
Kitchen1nonsiauna
preparazioneallavita
piùvalidadella
squadrigliadel
Castoro.Nonpossofar
amenodipensareche
ilmioamicoLouis
Gigliano,chefumavail
sigarodaquandoaveva
dodicianni,fossemolto
piùpreparatoa
destreggiarsinelcaos
dime,cheerostato
addestratoad
affrontareleavversità
conuntemperino
multiuso,un
apriscatoleeun
punzonedacuoio.
Iltestdellavirilearte
disopravviverecheho
inmenteebbeluogoin
uncampoper
prigionieridiguerradi
Dresda.Io,ragazzo
americanoeducatoe
perbene,eLouis,
dissolutoteppistellola
cuiprincipale
occupazione,dacivile,
erastatalospacciodi
hashishalleragazzine,
viaffrontammolavita
insieme.RicordoLouis,
adesso,perchéiosono
inbolletta,eperchéso
cheluiviveinvece
comeunpasciàin
qualchepartediquesto
mondochecapiscecosì
bene.Andòcosìanche
inGermania.
Inbasealle
democratichenorme
dellaConvenzionedi
Ginevra,noi,come
soldatisemplici,
dovevamolavorareper
ilnostro
mantenimento.
Lavoravamotutti,cioè,
tranneLouis.Ilsuo
primoattodietroilfilo
spinatoconsistettenel
dichiarareauna
guardianazistache
parlavainglesechelui
nonvolevaaverniente
achefareconla
guerra,unaguerrache
mettevaunfratello
control’altroecheera
tuttacolpadiRoosevelt
edeibanchieri
internazionaliebrei.Gli
chiesisedicevasul
serio.
“Sonostanco,per
amordiDio,”disse.
“Hocombattutocontro
diloroperseimesie
orasonostanco.Ho
bisognodiriposoemi
piacemangiarbene,
cometutti.Suconla
vita,eh?”
“Preferiscodino,
grazie,”dissi
gelidamente.
Mimandaronofuoria
lavorareconuna
squadradisterratori;
Louisrimasealcampo
comeattendentedel
sergentetedesco.Louis
ricevetterazioni
supplementariperché
spazzolavaladivisadel
sergentetrevolteal
giorno.Iomibuscai
un’erniamentre
sgombravomacerie
dopoun
bombardamento
dell’aviazione
americana.
“Collaborazionista!”
glisibilaidopouna
giornata
particolarmente
pesantenellestrade.
Luierainpiedivicino
alcancellodella
prigioneconuna
guardia,immacolatoe
tuttoallegro,e
accennandocolcapo
salutavaiconoscenti
nellacolonna
impolverataestanca.
Reagìallamia
provocazione
mettendosialmio
fiancomentremi
avviavoversoi
dormitori.
Miposòunamano
sullaspalla.“Epoipuoi
vederlacosì,ragazzo,”
disse.“Quitustai
aiutandoilcruccoa
sgombrarelestradein
modocheluipossa
farcipassaredinuovo
camionecarriarmati.
Èquestocheio
chiamerei
collaborazionismo.
Collaborazionistaio?
Haicapitoarovescio.
Tuttoquellochefaccio
ioperaiutareilcrucco
avincerelaguerraè
fumarelesuesigarette
escroccargliqualcosa
damangiare.Èuna
bruttacosa,
immagino.”
Milasciaicadere
sullacuccetta.Louissi
sedettesuunastuoia
vicinoame.Ilmio
bracciopenzolavadalla
spondadellacuccetta,
el’attenzionediLouis
fuattiratadall’orologio
dapolso,unregalodi
miamadre.
“Bello,bellissimo
orologio,ragazzo,”
disse.Epoi:“Chissà
chefameavrai,dopo
tantolavoro”.
Ineffetti,morivodi
fame.Surrogatodi
caffè,unascodelladi
minestraacquosaetre
fettedipansecconon
sonounpastoda
rallegrareilcuoredi
unosterratoredopo
noveorediduro
lavoro.Louismostrava
grandecomprensione.
Glierosimpatico;
volevaaiutarmi.“Sei
unbravoragazzo,”
disse.“Tidiròcosa
pensodifare.Ti
combinounbuon
affare.Èstupidopatire
lafame.Accidenti,
quest’orologiovale
almenoduepagnotte.È
unbuonaffareono?”
Aquestopunto,due
pagnotteeranoun’esca
irresistibile.Era
un’incredibilequantità
diciboperunasola
persona.Tentaidi
alzareilprezzo.“Senti,
amico,”disselui,
“questoèunprezzo
specialeperte,edèil
piùalto.Stocercando
difartiunpiacere,
capisci?Nontichiedo
cheditenerelabocca
chiusa,senotutti
vorrannoduepagnotte
perunorologio.
Promesso?”
Giuraisututtiisanti
chenonavreimai
rivelatolamagnanimità
diLouis,ilmiomigliore
amico.Luitornòdopo
un’ora.Siguardò
intornofurtivamente,
sfilòunalunga
pagnottadaunagiubba
arrotolataemelamise
sottoilmaterasso.
Attesichefacesseil
secondodeposito,che
nonarrivò.“Nonsoche
dire,ragazzo.La
guardiaconcuilavoro
mihadettocheil
mercatodegliorologiè
crollatodaquando
sonoarrivatitutti
questiragazzidalle
Ardenne.Troppi
orologituttiinuna
volta,eccoilguaio.Mi
spiace,mavoglioche
tusappiacheLouisti
hafattoavereil
massimo,per
quell’orologio.”Allungò
lamanoversola
pagnottanascostasotto
ilmaterasso.“Secredi
chetiabbia
imbrogliatonondevi
faraltrochedirlo,eio
melariprendoeti
riportol’orologio.”
Ilmiostomaco
brontolava.“Oh,al
diavolo,Louis,”
sospirai,“lascialalì.”
Lamattinadopo,
quandomisvegliai,
guardail’orologioper
vederecheoraera.E
alloraricordaichenon
eropiùilproprietario
diunorologio.Sistava
muovendoanche
l’uomonellacuccetta
sopralamia.Glichiesi
l’ora.Luisporsela
testadallasponda,eio
vidicheavevalabocca
pienadipane;mi
caddeaddossouna
pioggiadibriciole,
mentrerispondeva.
Dissechenonaveva
piùl’orologio.Masticò
einghiottìfinchénon
ebbevuotatolabocca
dallamaggiorpartedel
panechelariempivae
finalmenteriuscìafarsi
capire.“Dovreiforse
preoccuparmidisapere
cheoraèquandoLouis
midàduepagnottee
diecisigaretteperun
orologioche,nuovo,
nonvalevaventi
dollari?”michiese.
Louisavevail
monopoliodeirapporti
conleguardie.Lasua
dichiarataarmoniacon
iprincipidelnazismo
convinseinostri
guardianicheera
l’unicointelligentetra
noi,efummotutti
obbligatiafareil
nostromercatonero
attraversoquestogiuda
insedicesimo.Sei
settimanedopocheci
ebberoacquartieratia
Dresda,nessunoaveva
mododisaperecheora
eratranneLouisele
guardie.Dopoaltredue
settimane,Louisaveva
alleggeritodellafede
ogniuomosposatocon
questoargomento:
“Okay,continuapurea
fareilsentimentale,
continuacosìemorirai
difame.L’amoreèuna
cosameravigliosa,mi
dicono”.
Isuoiprofittierano
enormi.Inseguito
scopriicheilmio
orologio,peresempio,
valevacentosigarette
eseipagnotte.
Chiunquesappiacosa
vuoldirefame
riconosceràcheeraun
buonprezzo.Louis
convertivaquasitutte
lesuericchezzenel
prodottopiù
negoziabileditutti,le
sigarette.Enondoveva
passaremoltotempo
primacheglisi
prospettassela
possibilitàdifaredello
strozzinaggio.Una
voltaognidue
settimaneci
distribuivanoventi
sigarette.Glischiavi
delviziodelfumo
esaurivanolarazione
inungiornoodue,e
passavanoinuna
speciedifrenesiail
tempochemancava
allarazioneseguente.
Louis,checominciava
aesserenotocome
“L’amicodelpopolo”o
“HonestJohn”,
annunciòchele
sigarettepotevano
esserepreseinprestito
daluiaunragionevole
interessedelcinquanta
percentofinoalla
prossimarazione.Così
facendo,prestovideil
propriopatrimonio
aumentaredellametà
ogniduesettimane.Io
eroterribilmente
indebitato,enonmi
restavadaimpegnare
altrochel’anima.Lo
rimproveraiperlasua
avidità.“Cristoha
scacciatodaltempiogli
usurai,”gliricordai.
“Eranosoldiquelli
cheprestavanoloro,
ragazzomio,”ribatté.
“Ionontistopregando
diaccettarelemie
sigarette,no?Seitu
chemipreghidi
prestartenequalcuna.
Lesigarettesonoun
lusso,bellomio.Non
devifumareper
campare.Anzi,
probabilmentevivresti
piùalungosenon
fumassi.Perchénonte
lotogli,questobrutto
vizio?”
“Quantepuoi
darmenefinoamartedì
prossimo?”chiesi.
Quandol’usuragli
ebbegonfiatolescorte
finoaunmassimo
storico,unacatastrofe,
cheluiaspettavacon
impazienza,fece
andareallestelleil
valoredellesigarette.
L’aviazioneamericana
travolseledebolidifese
diDresdaperdemolire,
tral’altro,leprincipali
fabbrichedisigarette.
Diconseguenza,non
soltantolarazionedei
prigionieridiguerra,
maanchequelladelle
guardieedeicivilifu
tagliata
completamente.Louis
diventòunafiguradi
primopianonella
finanzalocale.Le
guardiesitrovarono
senzanientedafumare
ecominciaronoa
rivendereaLouisi
nostrianellieinostri
orologiaunprezzopiù
bassodiquelloacuili
avevanocomprati.
Qualcunovalutavail
suocapitaleacento
orologi.Lastimadi
Louis,però,erapiù
modesta:cinquantatré
orologi,diciassettefedi
nuziali,setteanellicon
nomidiscuoleeuna
catenelladaorologio
cheerauncimeliodi
famiglia.“Alcuni
orologihannobisogno
dimoltolavoro,”mi
disse.
Quandodicoche
l’aviazioneamericana
distrusse“tral’altro”le
fabbrichedisigarette,
vogliodirechenel
bombardamentoperì
ancheungrosso
numerodiesseri
umani:qualcosacome
duecentomilapersone.
Elanostraattività
preseunapiega
piuttostomacabra.Ci
miseroaesumarei
mortidalleloro
innumerevolicripte.
Moltidiessiavevano
gioielli,eperla
maggiorpartesierano
portatiglioggettipiù
preziosineirifugi.In
unprimotempoli
schivammo.Anzitutto,
alcunidinoipensavano
chespogliarecadaveri
eraunacosa
ripugnante;einoltre,
esserecoltisulfatto
significavamorte
sicura.CivolleLouis
perfarciragionare.
“BuonDio,ragazzo,in
unquartod’ora
potrestimettereda
parteabbastanzaroba
perandareinpensione.
Vorreichemi
lasciasserouscirecon
voisoloperungiorno.”
Sileccòlelabbrae
continuò:“Tidiròuna
cosa...Voglioproprio
fareinmodochetu
nondebbapentirti
dellafaticachefai.
Trovamiunbell’anello
didiamanti,etifarò
fumareemangiare
gratispertuttoil
tempochestaremoin
questobuco”.
Laseradopogli
portail’anello,
nascostoinunrisvolto
deicalzoni.Come
apparvechiaro,
altrettantofecerotutti
glialtri.Quandogli
mostraiildiamante,
scosseilcapo.“Oh,che
peccato,”disse.Espose
lapietraallaluce:
“Eccochequesto
poveroragazzoha
rischiatolavitaperuno
zircone!”.Un’accurata
ispezionerivelòche
tuttiavevanoriportato
ounozirconeoun
granatoounostrass.
Inoltre,comesottolineò
Louis,ancheloscarso
valorechepotevano
averequestioggetti
eraridottoazerodalla
saturazionedel
mercato.Glicedettiil
miobottinoperquattro
sigarette;altri
ottennerounpezzodi
formaggio,qualche
ettodipaneoventi
patate.Qualcunosi
tennelagemmache
avevatrovato.Ditanto
intantoLouisgli
facevanotareil
pericolochecorrevano
sefosserostatisorpresi
conquelbottino.“Un
poverodiavolonel
campodegliinglesi
oggièstatofatto
fuori,”diceva.“Lo
hannosorpresocon
unacollanadiperle
cucitanellacamicia.Ci
hannomessosolodue
oreaprocessarloe
fucilarlo.”Prestoo
tardituttitrovavano
un’intesaconLouis.
Pocodopochefu
ripulitol’ultimodinoi,
leSSvenneronella
nostrabaraccaper
un’ispezionea
sorpresa.Illettodi
Louisful’unicoanon
esseretoccato.“Non
lasciamaiilcampoed
èunprigioniero
modello,”unaguardia
fuprontaaspiegare
agliispettori.Quando
tornaiacasa,quella
sera,ilmiomaterasso
erasventratoela
pagliasparsasul
pavimento.
Malafortunadi
Louisnoneraaprova
dibomba,perchénelle
ultimesettimanedi
guerralenostre
guardiefuronoinviate
afermarelamarea
russa,elìalcampo
venneasorvegliarci
unacompagniadi
vecchiinvalidi.Ilnuovo
sergentenonaveva
bisognodiun
attendente,eLouis
sprofondò
nell’anonimitàdel
nostrogruppo.
L’aspettopiùumiliante
dellanuovasituazione
eralaprospettivadi
esseremandatoa
lavorarecometuttigli
altri.Louissiarrabbiò
echieseuncolloquioal
nuovosergente.
Ottenutolo,sparìper
un’oretta.
Quandotornò
indietroglichiesi:“Be’,
quantovuoleHitlerper
Berchtesgaden?”.
Louisavevaunpacco
avvoltoinun
asciugamano.Loaprì
permostrareduepaia
diforbici,alcune
macchinetteeun
rasoio.“Sonoil
barbieredelcampo,”
annunciò.“Perordine
delcomandantedel
campodevorendervi
presentabili,signori.”
“Eseiononvolessi
farmitagliarei
capelli?”chiesi.
“Alloraletuerazioni
sarannodimezzate.
Anchequestoèun
ordinedel
comandante.”
“Tiseccherebbedirci
comehaiottenuto
questanomina?”chiesi.
“Nienteaffatto,
nienteaffatto,”disse
Louis.“Glihodetto
solochemivergognavo
adovermimescolare
conunbrancodi
sudicionichesembrano
gangster,echelui
dovevavergognarsidi
avereunasimilebanda
nellasuaprigione.Ci
penseremonoi,il
comandanteeio.”
Piazzòunosgabelloal
centrodellabaraccae
mifecesegnodi
mettermiasedere.“Tu
seiilprimo,ragazzo,”
disse.“Ilcomandante
hanotatoituoiriccioli
emihadettodifare
piazzapulita.”
Iomisedettisullo
sgabelloeluimimise
unasalviettaintornoal
collo.Nonc’erano
specchineiquali
poterlovedereal
lavoro,malesue
operazionisembravano
abbastanza
professionali.Feci
un’osservazionesulla
suainsospettataabilità
comebarbiere.
“Nonènulla,”disse.
“Avoltesonosorpreso
iostesso.”Finìillavoro
conlamacchinetta.
“Sonoduesigarette,o
l’equivalente,”disse.
Lopagaiintavolettedi
saccarina.Nessuno
avevasigarettetranne
Louis.
“Vuoidarti
un’occhiata?”Miporse
unframmentodi
specchio.“Micamale,
no?Elacosamiglioreè
cheprobabilmenteèil
lavoropeggioreche
farò,perchésono
destinatoamigliorare
coltempo.”
“Mammamia!”
gridai.Ilmiocuoio
capellutosembravala
groppadiunairedale
conlarogna:chiazzedi
pellenudasi
alternavanoconciuffi
dicapelliarruffati,eil
sanguecolavadauna
dozzinaditaglietti.
“Vuoidirecheper
fareunlavorocome
questoturesteraitutto
ilgiornoalcampo?”
ruggii.
“Su,ragazzo,
calmati,”disseLouis.
“Miparechetustia
moltobene.”
Nonc’eranientedi
moltonuovonella
situazione,dopotutto.
Perluieratuttocome
alsolito.“Siamo
aperti.”Glialtri
continuaronoa
rompersilaschienaper
tuttalagiornata,ea
tornareacasaesausti
laseraperfarsidare
unaspuntatinada
LouisGigliano.
1
Quartierepoveronel
WestSidediManhattan
chenellasecondametà
dell’Ottocentoservìcome
baseanumerosegangnere
eirlandesi.[N.d.T.]
Confetti#46,courtesyKurt
Vonnegut&Origami
ExpressLLC.
LATRAPPOLA
DELL’UNICORNO
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
Nel1067,anno
Domini,nelvillaggiodi
Stow-on-the-Wold,in
Inghilterra,diciotto
cadaveripenzolavano
girandosusestessi
dallediciottoarcate
dellaforcadel
villaggio.Impiccatida
Robertol’Orribile,un
amicodiGuglielmoil
Conquistatore,
facevanoilgiro
dell’orizzonteconocchi
vitreicomequellidei
pesci.Nord,est,sud,
ovesteancoranord,
perchénonc’era
nessunasperanzaperi
buoni,peripoverie
perigenerosi.
Dilàdallastrada,
davantiallaforca,
abitavanoElmeril
taglialegna,suamoglie
IvyedEthelbert,il
figliodidiecianni.
Dietrolacapannadi
Elmerc’eralaforesta.
Elmerchiuselaporta
dellacapanna,chiuse
gliocchiesileccòle
labbra,esentìilsapore
dellaruta.Sisedettea
tavolaconEthelbert.Il
pastosieraraffreddato
durantelavisita
inattesadelloscudiero
diRobertol’Orribile.
Ivyappoggiòlespalle
almuro,comeseDio
fosseappenapassatodi
lì.Isuoiocchierano
lucidi,ilrespirocorto.
Ethelbertguardòil
suopiattofreddocon
ariainespressiva,
cupamente,comesegli
fossecascatasulla
testalategoladiuna
tragediafamiliare.
“Oh,manonerauno
spettacolograndioso,
Robertol’Orribilein
sellaalsuocavallo?”
disseIvy.“Contutto
quelferroetuttiquei
colorieilpennacchio
sullatesta,e
l’elegantissima
gualdrappadel
cavallo?”Fece
sventolareglistracci
cheindossavaescrollò
latestacome
un’imperatrice,mentre
ilrumoredeglizoccoli
deicavallidei
normannisispegneva
inlontananza.
“Grandioso,proprio,”
disseElmer.Eraun
uomopiccolinoconuna
grossatestaacupola.I
suoiocchiazzurri
eranoinquietie
dimostravanouna
tormentata
intelligenza.Ilsuo
fisicoinformatoridotto
eracomefasciatoda
gibbosecordedi
muscoli,lepastoiedi
unuomoavvezzoa
usarelatestae
costrettoafareun
lavoromanuale.“È
veramentegrandioso,”
disse.
“Puoidirequelloche
vuoidiquesti
normanni,”disseIvy,
“certoèchehanno
portatounpo’diclasse
inInghilterra.”
“Enoilastiamo
pagando,”disseElmer.
“Nessunodànienteper
niente.”Seppellìledita
tralestoppie
biondastredeicapelli
diEthelbert,rovesciò
all’indietrolatestadel
ragazzoeloguardò
negliocchicercando
qualcosachegli
dicessechevalevala
penadifarequellavita.
Videsoltanto
l’immaginespeculare
dellapropriaanima
afflitta.
“Loavrannovisto
tutti,Roberto
l’Orribile,intestaalla
colonna,contuttala
suaarroganzaelasua
spocchia,”disseIvy
fieramente.“Aspetta
solochevenganoa
saperechehamandato
quiilsuoscudieroper
nominartinuovo
esattoredelle
imposte.”
Elmerscosselatesta,
aboccaapertaeconle
labbratremanti.Nella
vitaerariuscitoafarsi
amareperchéeraun
uomosaggioe
inoffensivo.Oragli
avevanoingiuntodi
scegliere:o
rappresentarel’avidità
diRobertol’Orribileo
orribilmentemorire.
“Mipiacerebbefarmi
fareunvestitodella
stessastoffadiquello
cheportavailsuo
cavallo,”disseIvy.
“Blu,tempestatodi
piccolecrocidorate.”
Perlaprimavoltain
vitasua,ladonnaera
felice.“Loindosserei
conunacerta
noncuranza,”disse,
“raccoltosullaschiena
econlostrascico...
mentreinvecesarebbe
tuttocalcolato.Eforse,
dopoessermirifattail
guardaroba,potrei
imparareunpo’di
franceseeparlévùcon
ledamenormanne,che
sonocosìraffinate.”
Elmersospiròeprese
lemanidelfigliotrale
sue.Lemanidi
Ethelberteranoruvide.
Lepalmeerano
graffiateelaterraera
entrataneiporiesotto
leunghie.Elmerseguì
ungraffioconlapunta
deldito.“Cometelo
seifatto?”disse.
“Lavorandoalla
trappola,”disse
Ethelbert.Sianimò,
irradiandointelligenza.
“Homessosoprala
fossadeglialberi
spinosi,”dissecon
entusiasmo,“così,
quandol’unicornoci
cascheràdentro,gli
alberispinosigli
cadrannoaddosso.”
“Dovrebberoriuscire
atrattenerlo,”disse
teneramenteElmer.
“Noncisonomolte
famiglieinInghilterra
chepossono
pregustareunacenaa
basediunicorno.”
“Vorreichetuvenissi
conmenellaforesta
perdareun’occhiata
allatrappola,”disse
Ethelbert.“Voglio
esseresicurodiaverla
fattabene.”
“Sonocertocheè
unabellatrappola,e
vogliovederla,”disse
Elmer.Ilsognodi
catturareununicorno
attraversavacomeun
filod’oroilgrigio
tessutodellevitedel
padreedelfiglio.
Sapevanobenetutt’e
duechenonc’erano
unicorniinInghilterra.
Maavevanodecisodi
fingeredicrederea
questafavola:divivere
comesegliunicorni
esistessero;comeseun
giornool’altro
Ethelbertpotesse
catturarneuno;come
selaloromisera
famigliaprestoavrebbe
potutorimpinzarsi
dellacarnedi
quell’animale,vendere
ilpreziosocornoper
unafortuna,edaallora
viverefelicee
contenta.
“Èdaunannoche
dicichevuoivenirea
vederla,”disse
Ethelbert.
“Hoavutodafare,”
disseElmer.Nonaveva
vogliadiispezionarela
trappola,divedere
com’eraveramente:un
pugnodiramoscelli
sopraungraffionel
terreno,ingigantitoe
trasformatoinun
grandemotivodi
speranza
dall’immaginazionedel
ragazzo.AncheElmer
volevacontinuarea
crederlagrandee
promettente.Non
c’eranosperanzeda
nessun’altraparte.
Elmerbaciòlemani
delfiglio,esentìil
miscugliodiodoridi
corpoeterra.“Verròa
vederlapresto,”disse.
“Edovrebbe
avanzarmene
abbastanza,diquella
gualdrappa,perfarvi
unpaiodibrache,ate
ealpiccoloEthelbert,”
disseIvy,continuando
asognare.“Non
sarestebelli,conun
paiodibracheblu
tempestatedicroci
d’oro?”
“Ivy,”disseElmer
pazientemente,“vorrei
chetificcassinella
testacheRobertoè
veramenteorribile.
Nontidoneràla
gualdrappadelsuo
cavallo.Nonhamai
regalatonientea
nessuno.”
“Possoalmeno
sognare,credo,semi
va,”disseIvy.
“Immaginochesiail
privilegiodelledonne.”
“Sognarecosa?”
disseElmer.
“Setulavoribene,lui
potrebberegalarmila
gualdrappadelcavallo
quandosaràtutta
consumata,”disseIvy.
“Eforsetupotresti
riscuoteretantedi
quelleimpostechei
normanninon
crederebberoailoro
occhieungiorno,
magari,ci
inviterebberoal
castello.”Simisea
girarenellacapanna
conariacivettuola,
alzandosoprail
pavimentosporcol’orlo
diunostrascico
immaginario.“Bongiúr,
messié,madám,”disse.
“Sperochelevostre
signoriestianobene.”
“Èquestoilsogno
piùbellochehai?”
disseElmer,
scandalizzato.
“Etidarebberoun
nomeillustrecome
ElmerilSanguinarioo
ElmerilPazzo,”disse
Ivy,“etu,ioed
Ethelbertandremmoin
chiesaladomenica,
tuttiinghingheri,ese
qualchevecchioservo
dellaglebafacesse
troppol’impertinente,
lofaremmoportarvia
e...”
“Ivy!”gridòElmer.
“Noisiamoservidella
gleba.”
Ivybattéunpiede
perterraedondolòla
testadiquaedilà.
“Robertol’Orribilenon
cihaappenaoffertola
possibilitàdimigliorare
lanostracondizione?”
disse.
“Diesseremalvagi
comelui?”disseElmer.
“Èunmiglioramento,
quello?”
Ivysisedetteemise
unpiedesultavolo.“Se
unofiniscepertrovarsi
senzacolpaafarparte
dellaclasse
dirigente...”disse.
“Quellidevono
governareperforza,se
nonvoglionochela
genteperdatuttoilsuo
rispettoperil
governo.”Sigrattò,
conariaschifiltosa.“La
gentedev’essere
governata.”
“Consuogrande
rammarico,”disse
Elmer.
“Lagentedev’essere
protetta,”disseIvy,“e
castelliearmaturenon
sonoabuonmercato.”
Elmersistrofinògli
occhi.“Ivy,vuoidirmi
dacosasiamoprotetti
chesiapeggiodiciò
cheabbiamogià?”
disse.“Vorreifareil
confronto,epoi
deciderecosamifapiù
paura.”
Ivynonlostava
ascoltando.Era
elettrizzatadaun
rumoredizoccolichesi
stavaavvicinando.
Robertol’Orribileela
suascortapassarono
davantiallacapanna
mentretornavanoal
castello,eimuri
tremaronodavantial
potereeallagloria.
Ivycorseallaportae
laspalancò.
ElmeredEthelbert
chinaronoilcapo.
Dainormannisi
alzaronoallegre
esclamazionidi
sorpresa.
“Hein!”
“Regardez!”
“Donnezlachasse,
mesbraves!”
Icavallideinormanni
s’impennarono,
giraronosusestessie
sparironoalgaloppo
dentrolaforesta.
“Chesuccede?”disse
Elmer.“Hanno
schiacciatoqualcuno?”
“Hannovistoun
cervo!”disseIvy.“Lo
stannoinseguendo,
guidatidaRoberto
l’Orribile.”Simiseuna
manosulcuore.“Nonè
atletico?”
“Altroché,”disse
Elmer.“CheDiogli
rafforziilbraccio
destro.”Guardò
Ethelbertcomesesi
aspettasseunsuo
sorrisosardonico.
Ilvoltoaffilatodi
Ethelbertera
impallidito.Ilragazzo
strabuzzògliocchi.“La
trappola...Stanno
andandonella
direzionedella
trappola!”disse.
“Setoccanoquella
trappolaconundito,”
disseElmer,“io...”Le
venedelsuocollosi
gonfiaronoelemani
diventaronodueartigli.
Robertol’Orribile
avrebbesicuramente
fattoapezzilatrappola
cheeralapassionedel
ragazzoappena
l’avessevista.“Pourle
sport,pourlesport,”
disseamaramente.
Elmercominciòa
fantasticarediuccidere
Robertol’Orribile,ma
ilsognoerafrustrante
comelavita:una
ricercadipuntideboli
dovenonc’eranopunti
deboli.Ilsognofiniva
conlaverità,con
Robertoeisuoiuomini
acavallograndicome
cattedrali,conRoberto
eisuoiuominidentroi
loroguscidiferro,che
ridevanodietrole
sbarredelleloro
visiere,scegliendo
qualcosaapiacere
dallalorocollezionedi
spadoni,catene,mazze
easce:scegliendo
l’armamiglioreper
farelafestaaun
rabbiosotaglialegna
copertodistracci.
LemanidiElmersi
afflosciarono.“Se
distruggonola
trappola,”disse
debolmente,“ne
costruiremoun’altra,
piùbelladiprima.”
Lavergognaperla
propriadebolezzalo
facevastarmale.Il
malesseresiaccentuò.
Elmerposòlatesta
sullebracciaconserte.
Quandol’alzò,fuper
guardarsiintornocon
unghignodateschio.
Avevasuperatoillimite
dirottura.
“Padre!Staibene?”
disseEthelbert,
allarmato.
Elmersialzòinpiedi,
barcollando.“Sto
bene,”disse,“proprio
bene.”
“Sembricambiato,”
disseEthelbert.
“Sonocambiato,”
disseElmer.“Nonho
piùpaura.”Si
aggrappòall’orlodel
tavoloegridò:“Nonho
paura!”.
“Zitto!”disseIvy.“Ti
sentiranno!”
“Nonvogliostare
zitto!”disseElmercon
passione.
“Faraimeglioa
tacere,”disseIvy.“Sai
cosafaRoberto
l’Orribileallagenteche
nonstazitta.”
“Sì,”disseElmer,“le
inchiodailcappelloalla
testa.Masequestoèil
prezzochedevo
pagare,lopagherò.”
Roteògliocchi.
“Quandohopensatoa
Robertol’Orribileche
distruggevalatrappola
delragazzo,inun
lampoaccecantemiè
tornatainmentetutta
lastoriadellamia
vita!”
“Padre,ascolta...”
disseEthelbert,“ionon
hopaurachedistrugga
latrappola.Hopaura
chesialuia...”
“Inunlampo
accecante!”gridò
Elmer.
“Oh,insomma,”disse
Ivy,spazientita,
chiudendolaporta.“Va
bene,vabene,va
bene,”disseconun
sospiro,“sentiamoin
unlampoaccecantela
storiadellatuavita.”
Ethelberttiròsuo
padreperlamanica.
“Selodicoio,”disse,
“quellatrappolaè...”
“Idistruttoricontroi
costruttori!”disse
Elmer.“Eccotuttala
storiadellamiavita!”
Ethelbertscosseil
capoparlandotrasé.
“Seilcavallocalpesta
lacordaattaccata
all’arbustocheè
attaccatoal...”Si
morselelabbra.
“Haifinito,Elmer?”
disseIvy.“Ètutto?”
Eraevidentechenon
vedeval’oradi
rimettersiaguardarei
normanni,equestoera
moltoirritante.Allungò
lamanoversola
manigliadellaporta.
“No,Ivy,”disse
Elmer,innervosito,
“nonhofinito.”Con
unoschiaffoletolsela
manodallaporta.
“Mihaipicchiato,”
disseIvy,sbalordita.
“Ètuttoilgiornoche
latieniaperta!”disse
Elmer.“Vorreichenon
avessimounaporta!
Tuttoilgiornononfai
altrochestareseduta
davantiallaporta,
guardandole
esecuzionie
aspettandochepassino
inormanni.”Leagitòle
manidavantialviso.
“Nonc’èda
meravigliarsisela
gloriaelaviolenzati
hannoconfusoil
cervello!”
Ivypiegò
miseramentela
schiena.“Milimitoa
guardare,”disse.“Cisi
sentesoli,eaiutaa
passareiltempo.”
“Haiguardatoper
troppotempo!”disse
Elmer.“Eiohoaltre
notizieperte.”
“Sì?”disseIvyconun
filodivoce.
Elmerraddrizzòle
spallestrette.“Ivy,”
disse,“nonvogliofare
l’esattoredelleimposte
perRobertol’Orribile.”
Ivyrimaseabocca
aperta.
“Nonvoglioaiutarei
distruttori,”disse
Elmer.“Ioemiofiglio
siamodeicostruttori.”
“Tiimpiccheràsenon
lofai,”disseIvy.“Loha
promesso.”
“Loso,”disseElmer.
“Loso.”Lapauranon
eraancoratornata.Il
dolorenonsierafatto
sentirequandoavrebbe
dovuto.C’erasolola
sensazionediaverfatto
finalmentequalcosadi
perfetto:ilpiaceredi
unsorsod’acquada
unasorgentefreddae
pura.
Elmeraprìlaporta.Il
ventoerapiùforte,ele
catenedacui
penzolavanoimorti
cantavanouncorodi
cigoliilentierugginosi.
Ilventospiravadalla
foresta,portando
all’orecchiodiElmerle
gridadeicacciatori
normanni.
Eranogridache
sembravano
stranamente
disorientateeincerte.
Elmerpensòche
dipendessedalfatto
cheeranomolto
lontani.
“Robert?Allo,allo?
Robert?Hein?Allo,
allo?”
“Allo?Allo?Hein!
Robert...ditesquelque
chose,s’ilvousplaît.
Hein!Hein!Allo?”
“Allo,allo,allo?
Robert?Robert
l’Horrible?Hein!Allo,
allo,allo?”
IvyabbracciòElmer
datergoegliappoggiò
unaguanciaalla
schiena.“Elmer,
amore,”disse,“ionon
vogliocheti
impicchino.Iotiamo,
tesoro.”
Elmerlediedeun
affettuosobuffetto
sullemani.“Eioamo
te,Ivy,”disse.“Sentirò
latuamancanza.”
“Haiveramente
intenzionediandare
finoinfondo?”disse
Ivy.
“Èvenutoilmomento
dimorireperlecosein
cuicredo,”disse
Elmer.“Eanchesenon
fossecosì,dovreifarlo
comunque.”
“Perché,perché?”
disseIvy.
“Perchéhodettoche
l’avreifattodavantia
miofiglio,”disse
Elmer.Ethelbertglisi
avvicinò,edElmer
abbracciòilragazzo.
Lafamigliolaera
ormaistrettainun
grovigliodibraccia.I
tre,allacciati,si
dondolavanoavantie
indietromentreilsole
tramontava:si
dondolavanoaunritmo
chesentivanonelle
ossa.
Ivypiagnucolava
controlaschienadi
Elmer.“Staisolo
insegnandoaEthelbert
comefarsiimpiccare
anchelui”disse.“È
semprecosìsfacciato
conqueinormanniche
mimeravigliochenon
l’abbianoancora
scaraventatoinuna
segreta.”
“Iosperosoloche
primadimorire
Ethelbertabbiaun
figliocomeilmio,”
disseElmer.
“Sembravachetutto
andassecosìbene,”
disseIvy,escoppiòin
lacrime.“Tiavevano
offertounbelposto,
conpossibilitàdi
carriera,”dissecon
vocerotta.“Epensavo
chemagari,dopoche
Robertol’Orribile
avevaconsumatola
gualdrappa,avresti
potutochiedergli...”
“Ivy!”disseElmer.
“Nonfarmisentire
peggio.Confortami.”
“Sarebbemoltopiù
facilesesapessicosa
pensavidifare,”disse
Ivy.
Duenormanni
sbucaronodalla
foresta,sconcertatie
infelici.Siguardarono,
spalancaronolebraccia
esistrinseronelle
spalle.
Unoscostòun
cespuglioconlaspada
epateticamente
guardòsotto.“Allo,
allo?”disse.“Robert?”
“Iladisparu!”disse
l’altro.
“Ils’estévanoui!”
“Lecheval,
l’armement,les
plumes...toutd’un
coup!”
“Pouf!”
“Hélas!”
VideroElmerelasua
famiglia.“Hein!”gli
gridòuno.“Avez-vous
vuRobert?”
“Robertol’Orribile?”
disseElmer.
“Oui.”
“Spiacente,”disse
Elmer.“Nonneho
vistoneanchel’ombra.”
“Eh?”
“Jen’aivupasni
peaunicheveuxde
lui,”disseElmer.
Inormannitornarono
aguardarsi,desolati.
“Hélas!”
“Zut!”
Rientrarono
lentamentenella
foresta.
“Allo,allo,allo?”
“Hein!Robert?Allo?”
“Padre!Ascolta!”
disseEthelbert
animatamente.
“Shhhh,”disseElmer
gentilmente.“Sto
parlandocontua
madre,adesso.”
“Ècomequella
stupidatrappolaper
l’unicorno,”disseIvy.
“Neanchequella,ho
capito.Sonostata
veramentepaziente,
conquellatrappola.
Nonhomaidettouna
parola.Maoravoglio
propriodirelamia.”
“Parla,”disseElmer.
“Quellatrappola
c’entracomeicavolia
merenda,”disseIvy.
GliocchidiElmersi
gonfiaronodilacrime.
L’immaginedei
ramoscelli,delgraffio
nelterreno,ela
fantasiadelragazzo
dicevanotuttoquello
chec’eradadiredella
vita:lavitachestava
perfinire.
“Noncisonounicorni
daquesteparti,”disse
Ivy,fieradelproprio
sapere.
“Loso,”disseElmer.
“Losappiamoanche
noi,Ethelberteio.”
“Efartiimpiccare
nonmiglioreràle
cose,”disseIvy.
“Loso.Sappiamo
anchequesto,
Ethelberteio,”disse
Elmer.
“Forselacretina
sonoio,”disseIvy.
AuntrattoElmer
sentìilterroreela
solitudineelapena
futuracheeranoil
prezzodellacosa
perfettachestava
facendo:ilprezzodi
quelsorsod’acquada
unasorgentefreddae
pura.Eranomolto
peggiodiquanto
avrebbemaipotuto
esserelavergogna.
Elmerdeglutì.Ilcollo
glidolevaneipuntiin
cuiilcappioavrebbe
scavato.“Ivy,amore,”
disse,“speropropriodi
sì.”
QuellanotteElmer
pregòaffinchéil
domaniriservasseaIvy
unnuovomarito,a
Ethelbertuncuore
saldoealuiunamorte
misericordiosaeil
paradiso.
“Amen,”disseElmer.
“Forsepotrestisolo
fingeredifare
l’esattoredelle
imposte,”disseIvy.
“Edovetrovereile
finteimposte?”disse
Elmer.
“Forsepotrestifare
l’esattoredelleimposte
soloperunpo’,”disse
Ivy.
“Soloquantobasta
peresseregiustamente
odiato,”disseElmer.
“Dopodichépotrebbero
impiccarmi.”
“C’èsempre
qualcosa,”disseIvy.Il
suonasoeradiventato
rosso.
“Ivy...”disseElmer.
“Hmmm?”
“Ivy...Perilvestito
blutempestatodi
piccolecrocid’oro,
capisco,”disseElmer.
“Lodesideroanch’io,
perte.”
“Elebracheperte
edEthelbert,”disse
Ivy.“Nonerasoloper
me.”
“Ivy,”disseElmer,
“quellochesto
facendo...èpiù
importantedella
gualdrappa.”
“Èquestoil
problema,”disseIvy.
“Solocheiononriesco
aimmaginarenulladi
piùgrandioso.”
“Nemmenoio,”disse
Elmer.“Maqueste
coseesistono.Devono
esistere.”Sorrise
tristemente.“Qualiche
siano,”disse,“èper
lorocheballeròquando
balleròdomani
attaccatoaunacorda.”
“VorreicheEthelbert
tornasseindietro,”
disseIvy.“Dovremmo
stareuniti.”
“Dovevaandarea
controllarelasua
trappola,”disseElmer.
“Lavitacontinua.”
“Sonocontentache
queinormannisiano
finalmenteandatia
casa,”disseIvy.“Non
hannofattoaltroche
gridarealloeheine
hélasezutepouf,
finchémiparevadi
impazzire.Immagino
cheloabbianotrovato,
Robertol’Orribile.”
“Segnandocosìla
miasorte,”disse
Elmer.Sospirò.“Andrò
acercareEthelbert
nellaforestaper
riportarloacasa,”
disse.“Inchemodo
miglioreunuomo
potrebbepassarela
suaultimanottesulla
terracheriportandoa
casasuofigliodalla
foresta?”
Elmeruscìnelmondo
azzurrinodellanotte
sottounafalcediluna.
Seguivailsentiero
tracciatodaipiedidi
Ethelbert:loseguìfino
all’altaeneramuraglia
dellaforesta.
“Ethelbert!”gridò.
Noncifunessuna
risposta.
Elmerentrònella
foresta.Iramigli
frustavanoilvisoei
roviglisi
aggrappavanoalle
gambe.
“Ethelbert!”
Sololaforcarispose.
Lecatenecigolavano,e
unoscheletrocaddea
terraconfracasso.Ora
c’eranosolodiciassette
giustiziatiinmostra
nellediciottoarcate.
C’erapostoperun
altro.
L’ansiadiElmerper
Ethelbertcrebbeelo
spinseainoltrarsi
semprepiùnella
foresta.Raggiunseuna
raduraesifermò,
ansimando,colsudore
cheglipungevagli
occhi.
“Ethelbert!”
“Padre?”disse
Ethelbertdalfolto,
davantialui.“Vieniqui
adaiutarmi.”
Elmerentrònella
macchiaallacieca,
tastandoconlemani
davantiasé.
Nelbuiopiù
profondoEthelbert
preselamanodisuo
padre.“Attento!”disse.
“Unaltropassoecadi
nellatrappola.”
“Oh,”disseElmer.
“Cisonoandato
vicino.”
Scherzosamente,per
assecondareilragazzo,
parlòconunavoce
pienadipaura.
“Accidenti!Èandata
bene.”
Ethelbertglifece
abbassarelamanoe
glielapremettecontro
qualcosachegiaceva
perterra.
Elmer,pienodi
stupore,toccòil
mantellodiungrosso
cervoucciso.Glisi
inginocchiòaccanto.
“Uncervo!”disse.
Lavocetornò
indietro,comese
venissedalleviscere
dellaterra.“Uncervo,
uncervo,uncervo.”
“Cihomessoun’ora
atirarlofuoridalla
trappola,”disse
Ethelbert.
“Trappola,trappola,
trappola,”dissel’eco.
“Davvero?”disse
Elmer.“BuonDio,
ragazzo!Non
immaginavochela
trappolafossefatta
cosìbene!”
“Bene,bene,bene,”
dissel’eco.
“Cisonoancoratante
cosechenonsai,”disse
Ethelbert.
“Sai,sai,sai,”disse
l’eco.
“Dadoveviene
questaeco?”disse
Elmer.
“Eco,eco,eco,”disse
l’eco.
“Daunpuntoproprio
davantiate,”disse
Ethelbert.“Dalla
trappola.”
Elmerfeceunpasso
indietromentrelavoce
diEthelbertusciva
dallafossadavantia
lui,uscivadallaterra
comesevenissedalle
portedell’inferno.
“Trappola,trappola,
trappola.”
“L’haiscavatatu?”
disseElmer,stupefatto.
“L’hascavataIddio,”
disseEthelbert.“Èil
caminodiunagrotta.”
Elmersidisteseper
terra,svuotato.Posòla
testasullacosciaormai
freddadelcervoche
cominciavaairrigidirsi.
C’erasolounbuconel
verdebaldacchinodella
foresta.Daquelbuco
entravalalucediuna
vividastella.Elmer
videlastellacomeun
arcobalenoneiprismi
dellesuelacrime
riconoscenti.
“Nonhoaltroda
chiedereallavita,”
disse.“Questanottemi
èstatodatotutto...e
anchequalcosadipiù.
Conl’aiutodiDio,mio
figliohacatturatoun
unicorno.”Toccòil
piedediEthelbertegli
feceunacarezza
sull’arco.“SeDio
ascoltalepreghiere
anchediunumile
taglialegnaedisuo
figlio,”disse,“cosanon
potràdiventarequesto
mondo?”
Elmerscivolòquasi
nelsonno,tantosi
sentivainconsonanza
conl’ordinedellecose.
Ethelbertlosvegliò.
“Portiamoilcervoalla
mamma?”disse.“Un
festinodimezzanotte?”
“Nontuttoilcervo,”
disseElmer.“Troppo
rischioso.Taglieremo
qualchebisteccaben
sceltaenasconderemo
ilrestoqui.”
“Haiuncoltello?”
disseEthelbert.
“No,”disseElmer.“È
illegale,losai.”
“Vadoacercare
qualcosapertagliare,”
disseEthelbert.
Elmer,sempre
distesoperterra,sentì
ilfigliocalarsinel
caminodellagrotta;lo
sentìcercareetrovare
puntid’appoggioperi
piedimentre
sprofondavanelventre
dellaterra;losentì
sbuffareelottareconi
tronchisulfondo.
Quandotornò,
Ethelbertportavaun
lungooggettoche
brillòallalucedella
vividastellasolitaria.
“Questadovrebbe
andarbene,”disse.
PorseaElmer
l’affilatospadoneadue
manidiRoberto
l’Orribile.
Eramezzanotte.
Lafamigliolasiera
ingozzatadicarnedi
cervo.
Elmersistuzzicavai
denticolpugnaledi
Robertol’Orribile.
Ethelbert,diguardia
sullaporta,sipulìle
labbraconunapiuma.
Ivy,conla
gualdrappasulle
spalle,siguardò
intornosoddisfatta.“Se
avessisaputoche
avrestipreso
qualcosa,”disse,“non
avreipensatoche
quellatrappolaera
un’ideatantostupida.”
“Conletrappoleè
così,”disseElmer.Si
appoggiòallaspalliera
ecercòdisentirsi
sollevatoperchéil
giornodopononlo
avrebberoimpiccato,
oracheRoberto
l’Orribileeramorto.
Matrovòilrinviouna
faccendanoiosa
rispettoaglialtri
pensierichesi
rincorrevanosottola
maestosacupoladella
suatesta.
“C’èsolounacosa
chedevochiedere,”
disseIvy.
“Dimmela,”disse
Elmerespansivamente.
“Vorreichevoiduela
smettestediprendervi
giocodime,dicendo
chequestaècarnedi
unicorno,”disseIvy.
“Pensatecheiocredaa
tuttoquellochedite?”
“Ècarnedi
unicorno,”disseElmer.
“Etidiròun’altracosa
allaqualepuoi
credere.”Siinfilòil
guantodiferrodi
Robertol’Orribileelo
battésultavolo.“Ivy...
Staperarrivareun
grangiornopergli
gnomi,ifollettiele
fate.”
Ivyloguardòcon
adorazione.“Sietestati
propriocarini,tued
Ethelbert,”disse,“ad
andarmiaprendereil
vestitogiusto.”
Siudìunrumoredi
zoccoliinlontananza.
“Nascondeteogni
cosa!”disseEthelbert.
Inunlamposparì
ognitracciadiRoberto
l’Orribileedelcervo.
Alcuniguerrieri
normanni,armatifino
aidenti,passaronocon
unboatodavanti
all’umilecapannadi
Elmeriltaglialegna.
Urlavano,insegnodi
sfidaedipauradegli
informidemonidella
notte.
“Hein!Hein!
Courage,mesbraves!”
Ilrumoredegli
zoccolisvanì.
November11,1918,
courtesyKurtVonnegut&
OrigamiExpressLLC.
MILITEIGNOTO
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
Eranotutte
sciocchezze,
ovviamente,quando
disserocheilnostro
bambinoerailprimo
chefossenatoaNew
YorkCitynelterzo
millenniodell’era
cristiana:diecisecondi
dopomezzanotteil
primogennaiodel
2000.Tantoper
cominciare,ilterzo
millennio,comehanno
fattonotare
innumerevolipersone,
nonsarebbeiniziato
finoalprimogennaio
del2001.Dalpuntodi
vistaplanetario,l’anno
nuovoavevagiàseiore
quandonacquenostro
figlio,perchéera
cominciatoseiore
primaall’osservatorio
realediGreenwich,in
Inghilterra,dove
cominciailtempo.Non
contailfattochela
numerazionedeglianni
dallanascitadiCristo
potrebbeesseresolo
approssimativa.Ildato
eramoltooscuro.Echi
puòdireinquale
minutonasceun
bambino?Quandola
testafacapolino?
Quandoèuscitodalla
madreperintero?
Quandotaglianoil
cordoneombelicale?
Poichéc’eranomolti
ricchipremida
assegnarealprimo
natodellacittànel
2000,eaisuoigenitori
ealmedicoditurno,fu
decisoconlargo
anticipocheiltaglio
delcordonenon
contasse,perchéil
momentopotevaessere
ritardatooltrela
crucialemezzanotte.Ci
potevanoesseredei
medici,intuttalacittà,
congliocchipuntati
sull’orologioeleforbici
inmano,equesto,
naturalmente,alla
presenzaditestimoni,
cheguardavanole
forbicieguardavano
l’orologio.Ilmedico
vincenteavrebbeavuto
unavacanzapagatasu
unadellepocheisole
doveilturistapoteva
sentirsiancora
abbastanzasicuro,che
eraBermuda.Ci
stazionavaun
battaglionedi
paracadutistiinglesi.
Comprensibilmente,i
medicipotevanoessere
tentatidifalsificare
l’oradellanascita,se
neavesseroavuto
l’occasione.
Qualichefosseroi
criteriadottati,definire
ilmomentodella
nascitaeramoltomeno
controversoche
dichiararequando
l’ovulofecondato
nell’uteromaterno
diventavaunessere
umano.Aifinidella
contesa,ilmomento
dellanascitaerail
momentoincuigli
occhiolepalpebredel
bambinovenivano
baciatiperlaprima
voltadallalucedel
mondoesterno,il
momentoincui
potevanoesserevisti
perlaprimavoltadai
testimoni.Cosìil
bambino,comenel
nostrocaso,eraancora
parzialmentedentroil
corpodellamadre.Se
fossestatounparto
podalico,certo,gli
occhisarebberostati
quasil’ultimacosaad
apparire.Edeccoil
latopiùassurdodella
garachevincemmo:se
fossestatounparto
podalico,oselapiccola
avesseavutola
sindromediDownola
spinabifida,ofosse
statafigliadidrogatio
malatidiAIDSoquel
cheera,sarebbestata
sicuramente
squalificataper
qualchecavillorelativo
all’oradellanascita
piuttostoche,ocosì
avrebberodettoi
giudici,perlasua
discordanzadalla
cosiddettanorma.
Dopotutto,doveva
simboleggiarela
prosperitàelafelicità
deiprossimimilleanni.
Unacosagarantitadai
giudicierachelarazza
elareligioneela
nazionalitàdeigenitori
nonpotevano
assolutamente
influenzareleloro
deliberazioni.Edèvero
cheiosonounnero
americanoemia
moglie,classificata
comebianca,ènataa
Cuba.Manonciha
sicuramente
danneggiatoilfattoche
iofossiacapodel
dipartimentodi
Sociologiadella
ColumbiaUniversity,o
chemiamogliefosse
unafisioterapistadel
NewYorkHospital.
Sonocertochela
nostrabambinabatté
parecchialtri
candidati,compresoun
neonatotrovatoinun
cassonettodiBrooklyn,
perchénoi
appartenevamoalceto
medio.
VincemmounaFord
stationwagon,tre
tessereavitaper
DisneyWorldeuna
play-station,conuno
schermoaltounmetro
eottantaeun
videoregistratoreeuno
stereocapacedi
suonareognitipodi
discoodinastro,e
l’attrezzaturaperuna
palestracasalinga,
eccetera.Elabambina
vinseuntitolodistato
cheallascadenza
sarebbevalso
cinquantamiladollari,e
unaculladiviminieun
passegginoeuna
fornituragratuitadi
pannolini,eccetera,
eccetera.Mapoila
bambinamorìquando
avevaappenasei
settimane.Allorail
medicochel’aveva
aiutataavenireal
mondositrovavaa
Bermuda,enonvenne
asaperedellasua
morte.Lasuamorte
nonfecenotizianélà
néaltroveall’infuoridi
NewYorkCity,nonpiù
diquantoavessefatto
notizialasuanascita.
Nonseneparlòmolto
neanchequi,perché
nessunotrannei
promotoridiquella
stupidagaraegli
uominid’affariche
avevanooffertoipremi
preseseriamentetutto
lostrombazzamento
pubblicitariochesiera
fattointornoalei,tutte
leciancechesierano
fattesulletante
meravigliechela
bambina
rappresentava,la
fusionedellerazze
nellabellezzaenella
felicità,larinascita
dellospiritocheun
tempoavevafattodi
NewYorklapiùgrande
cittàdelmondonella
nazionepiùgrandedel
mondo,elapace,enon
sochealtroancora.
Oggimisembrache
fossecomeilmilite
ignotodiun
monumentoaicaduti,
unfagottinodicarnee
ossaecapelliesaltato
finoallapazzia.Tra
l’altro,quasinessuno
vennealfunerale.La
stazionetelevisivache
avevaavutol’ideadella
garainviòundirigente
disecondopiano,
nemmenouna
personalità,edisicuro
noninviòunatroupe.
Chihavogliadi
assisterealfunerale
deiprossimimilleanni?
Selatelevisionesi
rifiutadiguardare
qualchecosa,ècome
senonfossemai
accaduta.Può
cancellarequalunque
cosa,addiritturainteri
continenti,come
l’Africa,oggiungrande
desertodovemilionie
milionidibambini,con
milleannidistoria
nuovidizeccadavanti
aloro,muoionodi
fame.Fulasindrome
dellamorteincullaa
ucciderenostrafiglia,
dicono.Èundifetto
geneticononancora,e
forseperennemente,
individuabile
dall’amniocentesi.Era
lanostraprimogenita.
Ahimè.
Confetti#56,courtesyKurt
Vonnegut&Origami
ExpressLLC.
SPOGLIE
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
Seilgiornodel
GiudizioDiochiedesse
aPaulqualedeidue,
paradisooinferno,
dovrebbeessere
giustamentelasua
eternadimora,Paul
direbbeprobabilmente
che,inbaseaicriteri
suoiedelcosmo,
l’infernoèilsuo
destino...ricordandola
cosaignobilecheha
fatto.L’Onnipotente,in
tuttalasuasaggezza,
potrebbericonoscere
chelavitadiPaul,nel
complesso,èstata
inoffensiva,echela
suasensibilecoscienza
lohagià
abbondantemente
tormentato...perquello
chehafatto.
Leclamorose
avventurediPaulcome
prigionierodiguerra
neiSudetiperseroil
loroaspetto
inquietanteviaviache
sprofondavanonel
passato,mac’era
un’orribileimmagine
chenonvoleva
cancellarsidallasua
coscienza.Unaseraa
cenafuronole
scherzose
punzecchiaturedisua
mogliearievocareciò
cheluidesiderava
ardentemente
dimenticare.Sueaveva
passatoilpomeriggio
conlasignoraWard
dellaportaaccanto,e
lasignoraWardle
avevamostratouno
squisitoservizio
d’argentoper
ventiquattroche,come
Sueappresecon
grandestupore,il
signorWardaveva
“liberato”eportatoa
casadall’Europaalla
finedellaguerra.
“Amore,”lo
rimproveròSue,“non
avrestipotutoportarea
casaqualcosadi
meglio?”
Erapocoprobabile
cheitedeschi
protestasseroperla
razziadiPaul,perché
tuttoilsuobottino
consistevainuna
sciaboladella
Luftwaffearrugginitae
tuttastorta.Isuoi
compagninellazona
russa,nell’anarchiadel
dopoguerracheper
settimaneavevadato
sfogoallalibera
iniziativa,tornaronoa
casacarichiditesori
comegaleonispagnoli,
mentrePaulsiera
accontentatodiquello
stupidocimelio.Aveva
avutodellesettimane
percercareeprendere
quellochevoleva,ma
lesueprimeoreda
conquistatoreboriosoe
prepotenteeranostate
ancheleultime.La
cosachespezzòilsuo
spiritoespenseilsuo
odio,l’immaginechelo
tormentava,cominciòa
formarsiunglorioso
mattinodiprimaverain
montagna,l’8maggio
1945.
APauleaisuoi
compagniprigionieridi
guerraaHellendorf,
neiSudeti,occorseun
po’ditempoper
abituarsiall’assenza
delleguardie,che
prudentementesi
eranodatealla
macchianelleforestee
sullecimedeimontila
seraprima.Luiealtri
dueamericani
percorseroconaria
incertalastrada
brulicantecheportava
aPeterswald,unaltro
tranquillovillaggiodi
agricoltoridi
cinquecentoanime
frastornatedalla
guerra.L’umanitàsi
muovevainquerule
fiumaneche
scorrevanoin
entrambeledirezioni
conl’unanimelamento:
“Stannoarrivandoi
russi!”.Dopoquattro
tediosichilometriin
quell’ambiente,itresi
sedetterosullarivadel
torrenteche
attraversava
Peterswald,
chiedendosicome
potevanoraggiungere
lelineeamericane,
chiedendosiseirussi
uccidevano,come
dicevaqualcuno,tutti
quellicheincontravano
sullalorostrada.
Accantoaloro,al
sicuroinunagabbia
protettadaunastalla,
c’eraunconiglio
biancoche,albuio,
ascoltaval’insolito
fracassoproveniente
dall’esterno.
Ilterzettonon
condividevailterrore
dilagantenelvillaggio
enonprovavala
minimacompassione
perisuoiabitanti.“Dio
sasequellearroganti
testedilegnononsela
sonocercata,”disse
Paul,eglialtri
annuirono,cupamente
divertiti.“Dopoquello
cheglihannofattoi
tedeschi,nonpuoi
prendertelacoirussi,
qualunquecosa
facciano,”dissePaul;e
icompagniannuirono
dinuovo.Làseduti,in
silenzio,rimaseroa
guardaremadri
freneticheche
nascondevanoifigli
piccolinellecantine,
mentrealtricorrevano
superlacollinae
dentroilbosco,o
abbandonavanolecase
perfuggirelungola
stradaconpochi
preziosifagotti.
Uncaporaleinglese
chevenivaavantia
grandipassicongli
occhisgranatiurlò
dallastrada:“Meglio
darsiunamossa,
ragazzi;sonoappena
arrivatiaHellendorf!”.
Unanuvoladi
polvereaovest,il
rombodeicamion,lo
sparpagliarsiquaelà
diprofughiterrorizzati,
eirussientrarononel
villaggio,lanciando
sigaretteagliabitanti
sbalorditi,edandobaci
umidiedentusiasticia
tuttiquellicheosavano
farsivedere.Paul
saltavaintornoai
camion,ridendoe
gridando,eprendendo
alvololepagnotteei
pezzidicarnegettati
daqueiliberatoriche
avevanouditoilsuo
“Americano!
Americano!”soprale
notesfrenatedella
fisarmonica
prorompentidai
camionconlastella
rossa.Feliciedeccitati,
luieisuoiamici
tornaronosullarivadel
torrenteconbracciate
dirobadamangiaree
cominciarono
immediatamentea
riempirsilapancia.
Ma,mentre
mangiavano,glialtri–
cechi,polacchi,
jugoslavi,russi,
un’ordaterrificantedi
sdegnatischiavi
tedeschi–venneroa
spaccaree
saccheggiaree
bruciaretuttoperil
semplicegustodifarlo,
nellasciadell’Armata
Rossa.
Sistematicamente,in
risolutesquadrettedi
treoquattrounità,
andavanodicasain
casasfondandoporte,
minacciandogli
occupantieprendendo
tuttoquelloche
volevano.Impedireil
saccheggioera
impossibile,perché
Peterswaldera
costruitalungoun
rettilineo,duefiledi
caseailatidellastrada.
SecondoPaul,migliaia
dipersonedovevano
averesploratoogni
casadallacantinaal
solaioprimachela
lunacominciassea
splenderenelcielo
dellasera.
Luieisuoiamici
rimaseroaguardare
quegliassidui
razziatori,scoprendole
labbrainunsorriso
insulsoognivoltache
nepassavaun
gruppetto.Unacoppia
esultantediscozzesi
avevafattoamicizia
conunodiquesti
gruppienelcorsodi
un’allegrascorreriasi
fermaronoaparlare
congliamericani.
Ognunodiessiaveva
unabellabicicletta,
numerosianellie
orologi,binocolida
campagna,macchine
fotograficheealtri
mirabiligingilli.
“Infondo,”spiegò
unodiessi,“nonsiha
vogliadistareincasa
inungiornocome
questo,enonavrete
maipiùun’occasione
così.Sieteivincitori,è
evidente,eavete
dirittoatuttoquello
chevolete.”
Itreamericanine
parlaronotraloro,
incitatidaPaul,esi
convinseroavicenda
chesarebberostati
completamente
giustificatiseavessero
saccheggiatolecase
delnemico.Insieme
attaccaronolacasapiù
vicina,cheeravuotada
primacheloro
arrivasseroa
Peterswald.Eragià
stataabbondantemente
sfruttata;allefinestre
nonc’erapiùunvetro;
ognicassettoerastato
rovesciato,ognicapodi
vestiariostrappato
dagliarmadi;le
credenzeeranostate
vuotate,eguancialie
materassieranostati
sventratidaicercatori.
Ciascunodeipredoni
primadiPauledeisuoi
amiciavevaesaminato
imucchidiroba
scartatidalsuo
predecessorefinché
noneranorimastiche
brandellidistoffae
qualchecasseruola.
Eraquasicalatala
seraquandopassarono
alvaglio
quell’ambiente
miserando,enonvi
trovarononulladi
interessante.Paul
osservòche,tantoper
cominciare,
probabilmenteincasa
nonc’eragranche;
chiunqueviavesse
abitatodovevaessere
povero.L’arredamento
erascadente,imuri
scrostatiel’esterno
avevaungranbisogno
diessereriparatoe
ridipinto.Maquando
salìlascalache
portavaalminuscolo
pianosuperiore,Paul
trovòunlocale
straordinariochenon
quadravaconlo
squalloredell’insieme.
Eraunacamerada
lettodecorataavivaci
colori,conmobili
artisticamente
intagliati,scenedi
fiabesulleparetia
righineeboiseries
verniciatedifresco.In
mezzoallastanzac’era
unmucchiodi
giocattoliscartatidai
saccheggiatori.Intutta
lacasagliunicioggetti
chenoneranostati
toccatieranounpaiodi
stampelleappoggiate
almuroaipiedidel
letto:“Mivengaun
accidente,guardate,
stampelledabambino”.
Gliamericani,non
avendotrovatoalcun
oggettodivalore,
deciserocheperquel
giornostavafacendosi
troppotardiperla
cacciaaltesoroe
proposerodiandarea
mangiare.Avevanouna
grandequantitàdicibo
cheglierastatofornito
dairussi,masierano
messiinmenteche
quelgiornolacena
dovevaesserequalcosa
dispeciale,conpollo,
latte,uova,emagari
ancheunconiglio.In
cercadiqueste
prelibatezze,ilterzetto
sidiviseperandarea
perlustrarelefattoriee
lestalledeidintorni.
Paulsbirciònella
piccolastalladietrola
casacheavevano
speratodi
saccheggiare.Tuttele
provvisteoglianimali
chepotevanoesserci
statieranosparitida
parecchieore.Sul
pavimentointerra
battutaaccantoalla
portac’eranodelle
patatechePaul
raccolse,enient’altro.
Mentrestavaper
andarsene,ficcandosi
lepatatenelletasche,
sentìinunangoloun
leggerofruscio.Il
rumoresiripeté.
Quandoisuoiocchisi
abituaronoall’oscurità,
Paulvideunagabbia
conungrassoconiglio
biancochearricciavail
nasorosarespirando
affannosamente.Era
uncolpodifortuna
sensazionale,ilpiatto
fortedelbanchetto.
Paulaprìlosportelloe
tiròfuoriildocile
animale,tenendoloper
leorecchie.Non
avendomaiuccisoun
coniglioconlesue
mani,avevadeidubbi
sulmododiprocedere.
Allafinemiselatesta
delconigliosuun
ceppoeglifracassòil
cranioconun’ascia.
L’animalescalciò
debolmenteperpochi
secondiemorì.
Moltosoddisfattodi
sé,Paulcominciòa
scuoiareepulireil
coniglio,tagliandogli
unazampaper
scaramanzia:gli
avrebbeportato
fortunaintempi
sicuramentemigliori.
Quandoebbefinito,
sostòsullaportadella
stallapensandoalla
paceecontemplandoil
tramontoelafiumana
diimpacciatisoldati
tedeschiche
strascicandoipiedi
tornavanoacasa
dall’ultimasaccadi
resistenza.Conloro
c’eranoglistanchicivili
fuggitilungolastrada
quelmattinosoloper
essererespinti
dall’avanzatadeirussi.
AuntrattoPaulnotò
trefigurechesierano
staccatedaltriste
corteodirigendosi
versodilui.Si
fermaronodavantialla
casadevastata.
Un’ondatadirimorsoe
didoloregonfiòilpetto
diPaul:“Questa
dev’esserelaloro
casettaelalorostalla,”
pensò.“Queste
costruzionidevono
appartenereaquel
vecchioeaquella
donna,eaquel
ragazzinoinvalido.”La
donnapiangevae
l’uomoscuotevala
testa.Ilragazzino
cercavadiattirarela
loroattenzione,
dicendoqualcosae
gesticolandoversola
stalla.Paulsieratirato
indietropernonfarsi
vedere,escappòcol
coniglioquando
entraronoincasa.
Portòilproprio
contributonelposto
cheglialtriavevano
sceltopercucinare,
un’alturadacuisi
vedevalastallache
Paulavevalasciato
attraversounvarconel
filarefrangiventodi
pioppi.Ilconiglio
vennemessocolresto
delbottinosopraun
telostesoperterra.
Mentreglialtrisi
davanodafareper
preparareilpasto,Paul
guardòlastalla,perché
ilbambinoerauscitodi
casaesistava
dirigendoversola
stallaallamassima
velocitàconsentita
dallestampelle.Sparì
nellastallaperun
tempo
angosciosamente
lungo.Pauludìilsuo
gridofiocoelovide
affacciarsiallaporta
conlamorbida
pellicciabiancadel
coniglio.Selapremeva
controlaguancia,epoi
silasciòcaderesulla
soglia,affondòilviso
nellapellicciae
scoppiòinsinghiozzi.
Pauldistolsegliocchi
enonguardòpiùda
quellaparte.Glialtri
duenonvideroil
bambino,ePaulnon
parlòdilui.Quandosi
sedetteroper
consumarelacena,uno
deitreringraziòil
Signore:“Padrenostro,
tiringraziamoper
questocibochehai
messodavantianoi...”.
Dirigendosiversole
lineeamericane,
passando
distrattamentedaun
villaggioall’altro,i
compagnidiPaul
accumularonoun
tesorodiragguardevoli
dimensioni.Mentre
Paul,chissàperché,
portòacasasolouna
sciaboladella
Luftwaffearrugginitae
tuttastorta.
TrustMe,courtesyEdie
Vonnegut.
SOLOTUEIO,
SAMMY
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
I.
Questaèunastoria
disoldati,manonè
propriamenteuna
storiadiguerra.La
guerraerafinita
quandoaccaddero
questecose,perciò
immaginochelasi
possadefinireun
thriller.Nonungiallo,
mapropriounthriller.
IlmionomeèSam
Kleinhans.Èunnome
tedescoe,mispiace
dirlo,perqualche
tempoprimadella
guerramiopadre
simpatizzòperil
German-American
Bund1delNewJersey.
Quandoscoprìquali
eranoisuoiscopi,se
neandòsbattendola
porta.Mamolti
abitantidelnostro
quartiereerano
entusiasticisostenitori
delBund.Unpaiodi
famiglienellanostra
via–ricordo–si
entusiasmarono
talmenteperciòche
Hitlerstavafacendo
nellamadrepatriache
vendetterotuttoquello
cheavevanoe
tornaronoaviverein
Germania.
Alcunideilorofigli
avevanopiùomenola
miaetà,equandogli
StatiUnitientraronoin
guerraeioandai
oltreoceanocome
fuciliere,michiedevo
sepercasononmi
sarebbecapitatodi
sparareaddossoa
qualcunodeimiei
vecchicompagnidi
giochi.Noncredodi
averlomaifatto.
Scoprii
successivamentechela
maggiorpartedei
ragazzidelBundche
avevanopresola
cittadinanzatedesca
eranoandatia
combatterecome
fucilierisulfronte
russo.Qualcunolavorò
perilcontrospionaggio,
cercandodimescolarsi
conletruppe
americanesenzafarsi
notare,manontanti.I
tedeschinonsi
fidavanodiloro:o
almenoèquelloche
unodeinostriexvicini
scrisseamiopadre
nellaletteraincuigli
chiedevaunpaccodi
viveri.Lastessa
personadicevache
avrebbefatto
qualunquecosaper
tornarenegliStati
Uniti,eimmaginoche
tuttilapensasserocosì.
Esseretantovicinia
loroeaquella
pagliacciatadelBund
fecesìcheiomi
sentissipiuttosto
imbarazzatodallemie
originitedesche
quandofinalmente
entrammoinguerra.
Devoesseresembrato
unverostupidoamolti
deiragazzi,quando
parlavocomeparlavo
dilealtà,dibattersiper
unacausaedituttoil
resto.Noncheglialtri
soldatinoncredessero
aquestecose:èsolo
chenoneradimoda
parlarne.Nondurante
laSecondaguerra
mondiale.
Ripensandoci,soche
erostucchevole.
Ricordociòchedissila
mattinadell’otto
maggio,peresempio,il
giornoincuifinìla
guerraconla
Germania.“Nonè
magnifico?”dissi.
“Nonèmagnifico
cosa?”disseilsoldato
sempliceGeorge
Fisher,alzandoun
sopracciglio,comese
avessedettoqualcosa
dimoltoprofondo.Si
stavagrattandola
schienacontroun
pezzodifilospinato
pensandoadaltro,
immagino.Ciboe
sigarette,
probabilmente,eforse
anchedonne.
Farsivederea
chiacchierarecon
Georgenoneramolto
intelligente.Alcampo
nonavevapiùamici,e
chiavessecercatola
suacompagniaaveva
molteprobabilitàdi
vedersivoltarelespalle
daglialtriedirimanere
isolato.Stavamo
girandotuttiintondo,
ederastatouncaso–
pensaiallora–se
Georgeeiocieravamo
incontrativicinoal
cancello.
Itedeschiloavevano
nominatocapo-campo.
Dicevanodiaverlo
fattoperchéparlava
tedesco.Inognimodo,
Georgeneaveva
approfittato.Eramolto
piùgrassodelrestodi
noi:dunque,
probabilmentestava
pensandoalledonne.
Nessunaltroaveva
toccatoquestotastoda
circaunmesedopola
nostracattura.
Campavamodipatate
daottomesi,tutti
tranneGeorge,perciò,
comedicevo,ledonne
eranounargomento
popolarecomelo
studiodellacetraola
coltivazionedi
orchidee.
Dacomemisentivo
inquelmomento,se
BettyGrablesifosse
fattavivaeavesse
dettocheeratuttamia,
l’avreipregatadifarmi
unpaninoconburro
d’arachidie
marmellata.Soloche
quelgiornononera
BettyGrablechestava
pervenirciatrovare,
mal’ArmataRossa.Noi
due,rittisulbordo
dellastradadavantial
cancellodellaprigione,
sentivamoilrombodei
carriarmatinellavalle,
cheproprioinquel
momentostavano
affrontandolasalita
perveniresudanoi.
Igrossicannoni
schieratianord,che
avevanofattotremarei
vetridelcarcereper
unasettimana,ora
tacevano,eleguardie
eranosparitedurante
lanotte.Prima,l’unico
trafficosullastradaera
statoilpassaggiodi
qualchebarrocciodi
contadini.Oralastrada
erapienadigenteche
spingevaegridava,
urtandosi,
inciampando,lanciando
imprecazioni;gente
checercavadiarrivare
aPragaattraversole
collineprimachei
russilacatturassero.
Unapauracosìpuò
trasmettersianchealle
personechenonhanno
nulladatemere.Non
tuttiquelliche
fuggivanodavantiai
russieranotedeschi.
Ricordouncaporale
inglese,peresempio,
cheGeorgeeio
vedemmocamminare,
tuttoimpettito,verso
Pragacomeseavesseil
diavoloallecalcagna.
“Megliodarsiuna
mossa,americani!”
ansimò.“Irussisonoa
dueotrechilometri,
sapete?Nonvorrete
mescolarviconloro,
eh?”
Ilbellodiessere
mezzimortidifame,
comeimmaginoche
nonfosseilcaporale,è
cheèdifficile
preoccuparsidi
qualcosachenonsia
proprioquesto:ilfatto
chesièmezzimortidi
fame.“Nonhaicapito
niente,bellomio,”gli
urlai.“Daquelchemi
risulta,siamodallaloro
parte.”
“Quellinonti
chiedonodadovevieni,
americano.Sparanoa
tuttociòchevedono
soloperdivertirsi.”E
sparìdietrolacurva.
Ioscoppiaiinuna
risata,maquandomi
voltaiaguardare
Georgeebbiuna
sorpresa.Georgesi
passavaleditatozze
traicapellirossi,eil
suofaccionedaluna
pienaerabianco
mentreguardavain
fondoallastradanella
direzionedacui
sarebberoarrivatii
russi.Eccounacosa
chenessunodinoi
avevamaivisto:
Georgeimpaurito.
Finoadalloraaveva
saputopadroneggiare
ognisituazione,siacon
noicheconitedeschi.
Avevalapelleduraed
erasempreriuscitoa
cavarsela,obluffando
oblandendoilsuo
interlocutore.
AlvinYork2sarebbe
rimastoimpressionato
daalcunedellesue
storiediguerra.
Eravamotuttidella
stessadivisione,tranne
George.Luiera
capitatolìdasolo,e
dicevadiesserestato
inprimalineadalDDay.Glialtrierano
tuttinovellini,catturati
inunosfondamento
menodiunasettimana
dopoesserestati
speditialfronte.
Georgeeraun
autenticoveteranoe
avevadirittoal
massimorispetto.
Glielotributavano;a
dentistretti,maglielo
tributavano;finoa
quandoJerryrimase
ucciso.
“Dammiancorauna
voltadellaspia,bello
mio,etispaccola
faccia,”losentiidirea
untalecheaveva
sentitomormorare
controdilui.“Sai
benissimochefarestila
stessacosa,setune
avessilapossibilità.Se
stoalgiocodelle
guardie,èsoloper
mangiare.Quelli
credonochestiadalla
loroparte,ecosìmi
trattanobene.Non
facciodelmalea
nessuno,dunquefatti
gliaffarituoi!”
Questoaccadde
pochigiornidopo
l’evasione,dopoche
JerrySullivanrimase
ucciso.Qualcunoaveva
informatoleguardie
dell’evasione,oalmeno
cosìpareva.Cistavano
aspettandofuoridal
recinto,
all’imboccaturadella
galleria,quandoJerry,
ilprimoauscire,
strisciòfuoridalbuco.
Noncisarebbestato
bisognodisparargli,
maquellispararono.
Forsenonerastato
Georgeadirloalle
guardie,manessuno,
quandoluinonpoteva
sentirci,gliaccordava
ilbeneficiodeldubbio.
Nessunoglidiceva
qualcosainfaccia.
Georgeeragrossoein
buonasalute–ricordo
–ediventavasempre
piùmuscolosoe
cattivo,mentrenoici
stavamotrasformando
inunasquadradi
sonnolenti
spaventapasseri.
Ora,però,conirussi
chestavanoper
arrivare,parevachea
Georgefosserosaltatii
nervi.“Battiamocelaa
Praga,Sammy.Solotu
eio,cosìpotremo
filare,”disse.
“Chediavoloti
prende?”dissiio.
“Micadobbiamo
scappare,George.
Abbiamoappenavinto
laguerra,etuti
comporticomese
l’avessimopersa.Praga
èacentochilometri,
peramordiDio.Irussi
sarannoquitraun’ora,
eforsemanderannodei
camionperriportarci
nellenostrelinee.
Pigliatelacomoda,
George...Nonsisente
piùsparare,no?”
“Cifucileranno,
Sammy,questoè
sicuro.Tunonsembri
nemmenounsoldato
americano.Quellisono
deiselvaggi,Sammy.
Forza,andiamocene
finchésiamointempo.”
Sulmio
abbigliamentoaveva
ragionelui.Ero
stracciato,
rammendatoepienodi
macchie,epiùcheun
soldatoamericano
sembravounbarbone.
George,invece,
com’eraprevedibile,
avevaancoraun
aspettopiuttosto
elegante.Leguardie
nonglilesinavanoil
ciboelesigarette,e
questeultimepoteva
scambiarlenelcampo
conquasituttoquello
chevoleva.Cosìsiera
procuratodiversi
cambid’abito,ele
guardiegli
permettevanodiusare
ilferrodastiroche
avevanonellabaracca,
einquestomodoera
diventatol’elegantone
delcampo.
Oraperòilgiocoera
finito.Nessunodoveva
piùfarescambiconlui,
egliuominichelo
avevanotrattatocosì
benesen’eranoandati.
Forseeraquestochelo
spaventava,enoni
russi.“Andiamovia,
Sammy,”disse.
Imploravapropriome,
unapersonaconcui
eravissutogomitoa
gomitoeperlaqualein
ottomesinonaveva
avutounaparola
buona.
“Vaccitu,sevuoi,”
dissi.“Nondevimica
chiedermiilpermesso,
George.Va’.Ioresto
quiconglialtri
ragazzi.”
Nonsimosse.“Tue
io,Sammy,resteremo
uniti.”Sorriseemi
passòunbracciosulle
spalle.
Glisfuggiie
attraversaiilcortile
dellaprigione.L’unica
cosacheavevamoin
comuneeranoicapelli
rossi.Eropreoccupato:
nonriuscivoacapire
qualefosseilsuo
tornaconto,eperquale
egoisticomotivo
volessediventaretutt’a
untrattoungrande
amicomio.EGeorge
eraunadiquelle
personechepensano
semprealproprio
tornaconto.
Miseguìattraversoil
cortileetornòa
posarmiunbraccio
sullespalle.“Okay,
Sammy,staremoquiad
aspettare.”
“Nonmiimportaun
accidentediquelloche
faitu.”
“Okay,okay,”rise.
“Volevosolofartiuna
proposta:vistoche
dovremoaspettare
almenoun’ora,perché
nonfacciamountratto
distrada,ioete,per
vederesepossiamo
procurarcidafumaree
qualchericordino?
Datocheparliamo
tedescotutt’edue,
dovremmocombinare
qualcosadibuono,
insieme.”
Morivodallavogliadi
fumare,eGeorgelo
sapeva.Gliavevodatoi
mieiguantiincambio
diduesigaretteunpaio
dimesiprima–quando
facevaancoraun
freddocane–eda
alloranonavevopiù
fumato.Conlesue
paroleGeorgemifece
rifletteresucome
sarebbestataquella
primaboccatadifumo.
Dovevanoessercidelle
sigarettenellacittàpiù
vicina,Peterswald,che
sitrovavainfondoa
unabellasalitadi
cinquechilometri.
“Chenedici,
Sammy?”
Mistrinsinelle
spalle.“Chediavolo...
Andiamo.”
“Avanti,allora.”
“Doveandate?”gridò
unodeiragazzinel
cortiledellaprigione.
“Fuori,adare
un’occhiataingiro,”
risposeGeorge.
“Torniamotra
un’ora,”soggiunsi.
“Voleteunpo’di
compagnia?”gridòil
ragazzo.
Georgecontinuòa
camminare,enon
rispose.“Sevengonoin
tanti,incasineranno
tutto,”dissestrizzando
l’occhio.“Indueva
benone.”
Loguardai.Avevaun
sorrisoincollatoalla
faccia,maquestonon
miimpedivadivedere
cheeraancoramolto
spaventato.
“Dichehaipaura,
George?”
“Deveancoravenire
ilgiornoincuiil
vecchioGeorgieavrà
pauradiqualcosa.”
Cimescolammoa
quellafollarumorosae
ciincamminammoper
lablandasalitache
portavaaPeterswald.
II.
Avolte,quando
pensoaciòche
accaddeaPeterswald,
cercodellescuse:mi
dicocheerosbronzo,
chedopoesserestato
inprigioneeapancia
vuotapertantotempo
erounpo’fuoridi
testa.Ilproblemaèche
nessunomicostrinsea
farequellochefeci.
Noneroconlespalleal
muro.Lofeciperché
volevofarlo.
Peterswaldfuuna
delusione.Speravodi
trovarvialmenounpaio
dinegozidovechiedere
orubaredellesigarette
equalcosada
mangiare.Mala
cittadinaerasoloun
agglomeratodinonpiù
diduedozzinedicase
coloniche,ciascuna
dellequaliconunmuro
euncancelloditre
metri.Eranostrette
insiemesullacimadi
unpoggioverdeggiante
edavanosuicampi,
formandounasolida
fortezza.Conicarri
armatiel’artiglieriain
arrivo,tuttavia,
Peterswaldsarebbe
stataunafacilepreda,
enonsembravache
qualcunoavessevoglia
dicostringereirussia
battersiper
conquistarla.
Quaelàuna
bandierabianca–un
lenzuoloattaccatoaun
manicodiscopa–
sventolavaauna
finestradelprimo
piano.Tuttiicancelli
eranoaperti:resa
incondizionata.
“L’unavalel’altra,”
disseGeorge.Miprese
perunbraccio,mi
spinsefuoridalfiume
digenteevarcandoil
cancellomifece
entrarenellacorte
dellaprimacasa
colonicache
incontrammo.
Lacorteerachiusa
sutrelatidallacasae
daifabbricatiagricoli,
conunmuroeun
cancellolungoil
quarto.Guardando
dentroleporteaperte
dellestallevuote,e
nellefinestredellacasa
silenziosa,perlaprima
voltamisentiicom’ero
veramente:uno
stranieropreoccupato.
Finoadalloraavevo
camminato,parlatoe
agitocomesefossiun
casospeciale,un
americano,inqualche
modoestraneoa
questopasticcio
europeo,senzanulladi
cuiaverpaura.Mettere
piedeinunacittà
fantasmamifece
cambiareidea...
Oforsecominciavo
adaverepauradi
George.Selodico
adessosembreràcheio
parlicolsennodipoi...
Nonso,nonnesono
sicuro.Forse,sotto
sotto,cominciavoa
farmidelledomande.I
suoiocchieranotroppo
grandieinteressati
ognivoltacheiodicevo
qualcosa,enon
riuscivaanon
mettermilemani
addosso,toccandomi,
lisciandomi,dandomi
pacchesullespalle;e
ognivoltacheparlava
diquellochevoleva
farediceva:“Tueio,
Sammy...”.
“C’èqualcuno?”urlò.
Cirisposeprontamente
un’ecodaimuri
circostanti,epoiil
silenzio.Georgemi
tenevaancoraperil
braccio,eglidiedeuna
strizzata.“Nonè
accogliente,Sammy?
Parechequestoposto
siatuttopernoi.”
Spinseilcancelloelo
chiusecolgrosso
palettodilegno.Non
credocheallorasarei
statocapacedi
muoverequelcancello;
Georgeinveceloaveva
apertoechiusosenza
nemmenocambiare
espressione.Tornò
indietroemisimiseal
fianco,pulendosile
maniesorridendo.
“Cosapensidifare,
George?”
“Lespoglieal
vincitore...Nonè
così?”Spalancòil
portoneconuncalcio.
“Be’,entra,ragazzo.
Serviti.Georgieha
sistematotuttoinmodo
chenessunocidisturbi
finchénonavremo
fattolanostrascelta.
Va’acercarequalcosa
dibellopertuamadre
eperlatuaragazza,
eh?”
“Iohosolovogliadi
fumare,”dissi.“Puoi
ancheaprirequel
maledettocancello,per
quantomiriguarda.”
Georgepreseun
pacchettodisigarette
daunatascadella
giubba.“Sonoonon
sonounamico?”disse
conunarisata.
“Prendineuna.”
“Perchémihaifatto
farequestascarpinata
finoaPeterswaldper
unasigaretta,sene
aveviunpacchetto
intero?”
Luientròincasa.“Mi
piacelatuacompagnia,
Sammy.Dovresti
esserelusingato.Irossi
dovrebberostare
uniti.”
“Andiamocene,
George.”
“Ilcancelloèchiuso.
Nonc’ènulladicui
averpaura,Sammy,
propriocomedicevitu.
Suconlavita.Va’in
cucinaaprendere
qualcosadamettere
sottoidenti.Èl’unica
cosachet’importa.Ti
mangerailemaniperil
restodellavitaseti
lasciscappare
un’occasionecome
questa.”Mivoltòle
spalleesimiseatirar
fuoricassetti,
vuotandolisulpianodi
untavoloevagliandone
ilcontenuto.
Fischiettavaunvecchio
ballabilechenonavevo
piùsentitodallafine
degliannitrenta.
Iomifermaialcentro
dellastanza,inpredaa
unasortadiebbrezza
sognanteprovocata
dalleprimeprofonde
boccatedifumodella
sigaretta.Chiusigli
occhi,equandoli
riapriiGeorgeaveva
smessodi
preoccuparmi.Non
c’eranulladicuiaver
paura:l’incuboche
avevacominciatoa
ossessionarmiera
sparito.Mirilassai.
“Chivivevaquiè
scappatoinfrettae
furia,”disseGeorge,
semprevoltandomile
spalle.Alzòuna
boccetta.“Hanno
dimenticatola
medicinaperilcuore.
L’avevaingiroper
casalamiavecchia,
questarobaperil
cuore.”Larimisenel
cassetto.“Èugualein
tedescocomein
inglese.Ilbuffodella
stricnina,Sammy,è
cheinpiccoledosipuò
salvartilavita.”Sificcò
unpaiodiorecchini
nellatascarigonfia.
“Questirenderanno
moltofelicequalche
ragazzina,”disse.
“Selepiacelaroba
daquattrosoldi...”
“Allegro,Sammy!
Chestaicercandodi
fare,rovinarelafesta
altuoamico?Va’in
cucinaaprenderti
qualcosadamangiare,
peramordiDio.Ti
raggiungotraun
minuto.”
Quantoall’essereil
vincitoreead
aggiudicarmiqualche
spoglia,nonmitirai
indietro,amodomio:
trefettedipaneneroe
unpezzodiformaggio,
chemiaspettavanosul
tavolodellacucinain
fondoallacasa.Cercai
inuncassettoun
coltelloconcuitagliare
ilformaggioedebbi
unapiccolasorpresa.
C’erauncoltello,certo,
mac’eraancheuna
pistola,nonmoltopiù
grossadelmiopugno,
accantoauncaricatore
pieno.Cigiocherellai,
guardandocome
funzionava,einfilaiil
caricatorepervedere
seeraproprioquello
dell’arma.Eraun
bell’oggetto:unbel
ricordino.Alzaile
spalle,emiaccinsia
rimetterlanelcassetto.
Sarebbestatoun
suicidiofarsi
sorprenderecon
un’armaoggidairussi.
“Sammy!Dove
diavolosei?”gridò
George.
Mifeciscivolarela
pistolanellatascadei
calzoni.“Quiincucina,
George.Cos’hai
trovato,igioiellidella
corona?”
“Meglio,Sammy.”Il
suovisoerascarlatto,e
quandoentrònella
stanzaGeorgeavevail
fiatogrosso.Sembrava
piùgrassodiquelloche
era,conlagiubba
imbottitadituttala
robacheavevatrovato
nellealtrestanze.
Sbattésultavolouna
bottigliadibrandy.
“Chetenepare,
Sammy?Oratueio
possiamofareunabella
festicciolaperla
vittoria,eh?Nonpotrai
tornarenelNewJersey
edireaituoicheil
vecchioGeorgienonti
haoffertomainiente.”
Midiedeunamanata
sullaschiena.“Era
pienaquandol’ho
trovata,eadessoè
mezzavuota,Sammy...
Seirimastoindietro.”
“Ecosìrimarrò,
George.Grazie,ma
questaroba
probabilmentemi
ucciderebbe,nello
statoincuisono.”
Luisiaccomodòsulla
sediadavantiallamia,
conungransorriso
maliziososullafaccia.
“Finisciquelpaninoe
saraiprontoperun
cicchetto.Laguerraè
finita,ragazzo!Èil
casodibrindare,ono?”
“Piùtardi,magari.”
Nemmenolui
continuòabere.Restò
sedutoinsilenzioper
unpo’,pensando
intensamentea
qualcosa,mentreio
masticavoilmio
panino.
“Cheèsuccessoal
tuoappetito?”chiesi
infine.
“Niente.Buonocome
sempre.Homangiato
stamattina.”
“Grazieper
avermeneoffertoun
po’.Cos’era,unregalo
d’addiodelleguardie?”
Luisorrise,comese
gliavessiresoomaggio
pertuttelefurbateche
avevafatto.“Chec’è,
Sammy...Cel’haicon
meocosa?”
“Hodettoqualcosa?”
“Noncen’èbisogno,
ragazzo.Seicometutti
glialtri.”Siappoggiò
allaspallieraesistirò.
“Hosaputochealcuni
deiragazzivogliono
denunciarmicome
collaborazionista
quandotorneremo
negliStatiUniti.Pensi
difarloanchetu,
Sammy?”Era
calmissimo,
sbadigliava.Continuò
subito,senzadarmiil
tempodirispondere.
“Ilpoverovecchio
Georgienonhaun
amicoalmondo,eh?È
propriorimastosolo,
vero?Misachetutti
voiandretedrittia
casa,maimmaginoche
l’esercitovorràfare
unachiacchieratacon
GeorgieFisher,nonè
così,eh?”
“Seibollito,George.
Lasciaperdere.
Nessunoha
intenzione...”
Sialzòinpiedi,
attaccandosialtavolo
conlamanopernon
perderel’equilibrio.
“No,Sammy,credo
propriodiaverevisto
giusto.
Collaborazionista...È
tradimento,no?Per
questotipossono
impiccare,no?”
“Calmati,George.
Nessunocercheràdi
fartiimpiccare.”
Lentamente,mialzaiin
piedianch’io.
“Tidicochehovisto
giusto,Sammy.Essere
GeorgieFisherè
diventatoscomodo,e
alloracosacrediche
farò?”Cincischiòun
po’colcollettodella
camicia,poitiròfuori
lepiastrinedi
riconoscimentoele
buttòperterra.
“Diventeròunaltro,
Sammy.Direicheho
avutoun’ideabrillante,
nontipare?”
Ilrombodeicarri
armaticominciavaafar
tremareipiattinella
credenza.Miavviaialla
porta.“Nonmiimporta
unaccidentediquello
chefarai,George.Io
nontidenuncerò.
L’unicacosachevoglio
èportareacasala
pelle,eoratornoal
campo.”
Georgefeceunpasso
avantiesipiazzòtra
meelaporta,
mettendomiunamano
sullaspalla.Mistrizzò
l’occhioesorrise.
“Aspettaunmomento,
ragazzo.Nonhai
ancorasentitotutto.
Nonvuoisaperecosa
faràadessoiltuoamico
Georgie?Tiinteresserà
molto.”
“Addio,George.”
Luinonsispostò.
“Megliochetisiedie
beviqualcosa,Sammy.
Tieniinerviaposto.Tu
eio,ragazzo,nessuno
dinoiduetorneràal
campo.Iragazzisanno
chefacciahaGeorgie
Fisher,equesto
rovinerebbetutto,no?
Credochefaròbenead
aspettareunpaiodi
giorni,poia
consegnarmiaPraga,
dovenessunomi
conosce.”
“Tihogiàdettoche
ionondiròniente,
George,edèvero.”
“Tihodettodi
sederti,Sammy.Bevi
unsorso.”
Erostancoestordito,
eilpaneneroraffermo
cheavevonellapancia
midavalanausea.Mi
sedetti.
“Cosìvabene,”disse
lui.“Nonsaràunacosa
lunga.Sammy,sevedi
lecosecomelevedoio.
Hodettochevoglio
smetterediessere
GeorgieFishere
diventareunaltro.”
“Bene,bravo,
George.”
“Ilfattoècheavrò
bisognodiunnome
nuovoedellepiastrine
giuste.Mipiaccionole
tue...Quantovuoiper
darmele?”Aveva
smessodisorridere.
Nonscherzava:mi
stavafacendouna
proposta.Siprotese
soprailtavoloe,col
faccioneroseoesudato
apochicentimetridal
mio,mormorò:“Chene
dici,Sammy?Duecento
dollariincontantie
questoorologioperle
piastrine.Èquelloche
civuole,oquasi,per
unaltroLaSalle,no?
Guardal’orologio,
Sammy...ANewYork
valemilledollari...
Batteleore,tidiceche
giornoè...”.
Buffo,cheGeorge
dimenticasseche
LaSalleavevacessato
l’attività.Tiròfuori
dallatascadeicalzoni
unrotolodibanconote.
Itedeschiciavevano
presotuttiisoldi
quandoeravamostati
fattiprigionieri,ma
alcunideiragazzi
avevanonascostodei
bigliettidibancanelle
foderedeivestiti.
George,
accaparrandosile
sigarette,erariuscitoa
impossessarsidituttii
soldisfuggitiai
tedeschi,finoall’ultimo
centesimo.Lalegge
delladomandae
dell’offerta:cinque
dollariunasigaretta.
Mal’orologioerauna
sorpresa.Georgeaveva
mantenutoilsegreto
finoaoggi,perottime
ragioni.L’orologioera
appartenutoaJerry
Sullivan,ilragazzoche
erastatofucilatoper
avertentatodi
evadere.
“Dovehaipescato
l’orologiodiJerry,
George?”
Georgesistrinse
nellespalle.“Una
meraviglia,vero?Ho
datoaJerrycento
sigarette,incambio.
Sonorimastoamani
vuote.”
“Quando,George?”
Nonmiguardavapiù
conquellargosorriso
confidenziale.Era
arcignoecorrucciato.
“Comesarebbeadire,
quando?Pocoprima
chemorisse,sevuoi
saperlo.”Sipassòuna
manotraicapelli.
“Okay,continua,di’
purechel’hofatto
ammazzareio.Èquello
chepensi,eallora
dillo.”
“Nonlostavo
pensando,George.
Stavopensandoa
com’eristatofortunato
afarequelloscambio.
Jerrymiavevadetto
chel’orologioerastato
disuononno,echenon
loavrebbecedutoa
nessunopernullaal
mondo.Eccotutto.Ero
solounpo’sorpreso
cheavessepoi
accettatodidarloate,”
dissisottovoce.
“Acheserve?”disse
lui,rabbiosamente.
“Comefaccioaprovare
chenonhoavuto
nienteachefarecon
quellastoria?Voi
ragazziavetedatola
colpaameperchéle
coseameandavano
beneeavoino.Iosono
statoonestoconJerry,
euccideròchidiceche
nonèvero.Eoracon
tevogliogiocarea
cartescoperte,Sammy.
Vuoilagranae
l’orologioono?”
Iostavopensando
allanottedell’evasione,
ricordandociòche
Jerryavevadettopoco
primadimettersia
strisciarenellagalleria.
“Dio,vorreiavereuna
sigaretta,”avevadetto.
Ilrombodeicarri
armatieraquasiun
boato,ormai.Dovevano
averoltrepassatoil
campoefattogliultimi
chilometridellasalita
finoaPeterswald,
pensai.Nonc’era
tempodaperdere.
“Certo,George,èuna
buonaofferta.Bene,
maiochedovreifare
quandotisaraimesso
neimieipanni?”
“Quasiniente,
ragazzo.Dovraisolo
dimenticarechiseiper
qualchetempo.A
Pragatipresentiegli
dicichehaiperdutola
memoria.Latiriin
lungoquantobastaper
darmiiltempodi
tornarenegliStati
Uniti.Diecigiorni,
Sammy...Tuttoqui.
Funzionerà,ragazzo,
perchéabbiamotutt’e
dueicapellirossiela
stessastatura.”
“Ecosasuccederà
quandoscopriranno
cheSamKleinhans
sonoio?”
“IosarònegliStati
Unitieavròsaltatoil
fosso.Nonmi
troverannomai.”
Cominciavaa
spazientirsi.“Su,
Sammy,cistai?”
Eraunpiano
sballato,destinatoal
fallimento.Loguardai
negliocchi,ecredetti
divederechelosapeva
anchelui.Forse,inun
momentodieuforia,
avevapensatoche
potessefunzionare...
Masembravache
avessegiàcambiato
idea.Guardail’orologio
sultavoloepensaia
JerrySullivan,quando
loavevanoriportatoal
campo,morto.
RicordavocheGeorge
liavevaaiutatia
trasportarlo.
Pensaiallapistola
cheavevointasca.“Va’
all’inferno,George,”
dissi.
Nonparvesorpreso.
Spinselabottiglia
versodime.“Beviun
goccioepensacisu,”
dissepacatamente.
“Staisolocomplicando
lecosepertuttiedue.”
Iospinsilabottiglia
versodilui.
“Complicandomoltole
cose,”disseGeorge.
“Iovoglioquelle
piastrineeneho
propriobisogno,
Sammy.”
Miirrigidii,manon
accaddenulla.Erapiù
codardodiquanto
pensassi.
Georgemimise
l’orologiosottoilnaso,
eschiacciòunpulsante
colpollice.“Ascolta,
Sammy...Batteleore.”
Nonudiiilcarillon.
Fuoric’eraunbaccano
infernale:lostrepito
assordanteeilrombo
deicarriarmati,gli
scoppideiritornidi
fiamma,ecori
entusiasticiesfrenati,
conalcune
fisarmonicheche
suonavanopiùforte
chepotevano.
“Sonoqui!”urlai.La
guerraeraproprio
finita!Oracipotevo
credere.Dimenticai
George,Jerry,
l’orologio...tutto
trannequelmagnifico
rumore.Corsialla
finestra.Grandinuvole
difumoedipolveresi
alzavanooltreilmuro,
equalcunosimisea
batterealcancello.
“Ecco!”esclamai
ridendo.
Georgemistrappò
dallafinestraemi
spinsecontroilmuro.
“Ecco,propriocosì!”
disse.Ilsuovisoera
pienoditerrore.Mi
puntòunapistola
controilpetto.Strinse
leditaintornoalla
catenelladelle
piastrineemela
strappòdalcollocon
unrapidostrattone.
Siudìunoschianto
secco,ungemito
metallico,eilcancello
siaprì.Dall’apertura
fececapolinouncarro
armato,imballandoil
motore,conigrossi
cingolisoprailcancello
scardinato.Aquel
rumoreGeorgesivoltò,
nelprecisomomentoin
cuiduesoldatirussi
scivolavanogiùdalla
torrettadelcarroed
entravanodicorsa
nellacorte,spianandoi
mitra.Guardaronoin
frettadaunafinestra
all’altraeurlarono
qualcosachenoncapii.
“Ciammazzerannose
vedonoquell’arma!”
gridai.
Georgeannuì.
Sembravastordito,
comesesognasse.“Sì,”
disse,ebuttòsul
pavimentolapistola,
chescivolòsulleassi
delpavimento
sbiancateandandoa
fermarsiinunangolo
buio.“Mettilemaniin
alto,Sammy,”disse.
Alzòlemanisoprala
testa,voltandomile
spalleeguardòversoil
corridoiolungoilquale
avanzavano
rumorosamenteirussi.
“Dovevoessere
ubriaco,Sammy.Ero
fuoriditesta,”
mormorò.
“Certo,George...
Certo.”
“Dobbiamoessere
unitiinquesto,Sammy,
misenti?”
“Unitiincosa?”
Avevolemani
penzolonisuifianchi.
“Ehi,ruski,come
diavolostate?”gridai.
Irussi,due
adolescentidall’aria
piuttostorozza,
entraronoimpettiti
nellastanza,spianando
imitra.Non
sorridevano,nessuno
deidue.“Mettetele
maniinalto,”ordinò
unointedesco.
“Amerikaner,”dissi
debolmente,ealzaile
mani.
Iduemirivolsero
un’occhiatasorpresae
cominciaronoa
consultarsitraloroa
bassavoce,senza
togliercigliocchidi
dosso.All’inizioci
guardavanotorvo,ma
parlandodiventarono
semprepiùgioviali,e
allafineerano
raggianti.Forse
avevanodovuto
tranquillizzarsia
vicendadicendosiche
noneracontrarioalla
lineadelpartito
trattarecordialmente
gliamericani.
“Èungrangiorno
perilpopolo,”disse
solennementequello
chesapevailtedesco.
“Ungrangiorno,”
riconobbi.“George,
offriairagazzi
qualcosadabere.”
Iduesoldati
guardaronofelicila
bottigliaesi
dondolaronosuipiedi,
alzandoeabbassando
latesta,e
ridacchiando.
Insistettero
educatamenteche
Georgedoveva
brindareperprimoa
quellocheeraungran
giornoperilpopolo.
Georgesorrise
nervosamente.Siera
quasiportatola
bottigliaallelabbra
quandoessagliscivolò
dalleditaecaddesul
pavimento,
rovesciandoneil
contenutoainostri
piedi.
“Dio,mispiace,”
disseGeorge.
Michinaiper
raccoglierla,mairussi
mifermarono.“La
vodkaèmegliodiquel
velenotedesco,”disse
solennementeilrusso
cheparlavatedesco,e
cavòunagrossa
bottigliadalcamiciotto.
“ARoosevelt!”disse,
prendendounalunga
sorsataepassandola
bottigliaaGeorge.
Quattrovoltela
bottigliafeceilgiro:in
onorediRoosevelt,
Stalin,Churchill,ea
Hitlerchearrostiva
all’inferno.L’ultimo
brindisifuun’ideamia.
“Afuocolento,”dissi.I
russilatrovarono
piuttostodivertente,
malelororisatesi
spenserodicolpo
quandodalcancello
entròunufficialeche
urlandolichiamò.Ci
salutaronoinfretta,
afferraronolabottiglia
ecorserofuoridalla
casa.
Livedemmo
arrampicarsisulcarro
armato,cheuscìa
marciaindietroesi
allontanò
pesantementelungola
strada.Iduesoldati
agitaronolemaniinun
cennodisaluto.
Lavodkamiaveva
scaldato,intontitoe
fattosentirbene:ero
anchediventatopiù
sfacciatoesanguinario.
George,quasi
completamente
ubriaco,barcollava.
“Nonsapevoquello
chefacevo,Sammy.
Ero...”Nonfinìlafrase.
Accigliato,vacillante,
strizzandogliocchi,si
stavadirigendoverso
l’angolodovegiaceva
lasuapistola.
Feciunpassoavanti
elointercettai,
estraendolapiccola
armadallatascadei
calzoni.“Guardacos’ho
trovato,Georgie.”
Sifermòaguardarla,
strizzandogliocchi.
“Misembraproprio
carina,Sammy.”Tese
lamano.“Fammela
vedere.”
Tolsilasicura.
“Siediti,Georgie,
vecchiomio.”
Silasciòcaderesulla
sediacheavevo
occupatoio.“Non
capisco,”borbottò.
“Nonvorraisparareal
tuovecchioamico,eh,
Sammy?”Mirivolse
un’occhiataimplorante.
“Tihotrattatobene,
no?Nonsonosempre
stato...”
“Seitroppo
intelligentepercredere
chetiavreilasciato
andareconlemie
piastrine,no?Ionon
sonoamicotuo,etulo
sai,no,Georgie?
Finirebbeinunsolo
modo:conlamia
morte.Nonl’avevi
pensatoanchetu?”
“Cel’hannotutticol
vecchioGeorge,da
quandoicrucchi
l’hannopresoinquel
posto.DavantiaDio,
Sammy,giurochenon
homaiavutonientea
chefarecon...”Non
finìlafrase.Scosseil
capoesospirò.
“Chedisastro,povero
vecchioGeorgie...Non
haiavutoneancheil
coraggiodispararmi
quandoneavevi
l’occasione.”Raccolsi
labottigliacheaveva
lasciatocadereegliela
misidavanti.“Saidi
cos’haibisogno?Diun
cicchetto.Vedi,
George?...Cen’è
ancoraunpo’.Nonsei
contentochenonsiè
rovesciatotutto?”
“Nonnevogliopiù,
Sammy.”Chiusegli
occhi.“Mettiviaquella
pistola,tispiace?Non
homaipensatodifarti
delmale.”
“Bevi,hodetto.”Non
simosse.Misedetti
davantialui,sempre
prendendolodimira
conlapistola.“Dammi
l’orologio,George.”
Sembròsvegliarsidi
colpo.“Èquestoche
vuoi?Certo,Sammy,
eccolo,seconquestole
cosesiaggiustano...
Comefaccioaspiegarti
comediventoquando
miubriaco?Perdoil
controllo,ragazzo
mio.”Miporse
l’orologiodiJerry.
“Ecco,Sammy.Dopo
tuttoquellochetiha
fattopassareilvecchio
Georgie,Diosasetelo
seiguadagnato.”
Puntailelancettea
mezzogiornoepremetti
ilpulsante.Ilcarillon
suonòdodicivolte,due
colpialsecondo.
“Quellovalemille
dollariaNewYork,
Sammy,”disseGeorge
conlavoceimpastata,
mentrel’orologio
batteval’ora.
“Eccoperquanto
tempodevibereda
quellabottiglia,
George,”dissi,“il
tempocheimpiega
l’orologioabattere
dodicicolpi.”
“Noncapisco.Cos’è
questanovità?”
Deposil’orologiosul
tavolo.“Comedicevi
tu,George,lastricnina
èunafaccendacuriosa:
apiccoledosipuò
salvartilavita.”
Premettinuovamenteil
pulsantedell’orologio.
“Beviallasalutedi
JerrySullivan,amico
mio.”
Ilcarillontornòa
farsisentire.Otto...
nove...dieci...undici...
dodici.Nellastanza
tornòilsilenzio.
“Okay,ecosìnonho
bevuto,”disseGeorge
conunsorriso.“Allora,
adessochesuccede,
eh,boyscout?”
III.
Quandohoiniziato
questastoria,hodetto
chesecondomeeraun
thriller.Nonnesono
piùtantosicuro.
Rientrainellelinee
americane,senza
difficoltà,eriferiiche
Georgesieraucciso
accidentalmentecon
unapistolatrovatain
unfosso.Firmaiuna
dichiarazioneincui
giuravocheeraandata
così.
Chediavolo,era
morto,enonc’eraaltro
dadire,no?Chici
avrebbeguadagnatose
avessidettochel’avevo
uccisoio?Lamia
anima?L’animadi
George,magari?
Be’,il
controspionaggio
militaresentìsubito
puzzadibruciatoin
quellaversione.Al
campoLuckyStrike,
vicinoaLeHavre,in
Francia,dov’erano
concentratituttii
prigionieridiguerra
rimpatriatiche
aspettavanounanave
pertornareacasa,mi
convocaronosottouna
tendacheviaveva
piantatoil
controspionaggio.Ero
làdaduesettimanee
avreidovuto
imbarcarminel
pomeriggiodelgiorno
seguente.
Facevaledomande
unmaggioreconi
capelligrigi.Avevala
miadichiarazione
davantiasé,ediede
unascorsaallastoria
dellapistolanelfosso
senzamostrareun
particolareinteresse.
Miinterrogòpiuttosto
alungosucome
Georgesiera
comportatonelcampo
diprigionia,evolle
sapereconesattezza
cheaspettoaveva.
Preseappuntidiquello
chedicevo.
“Sicurodiavereil
nomegiusto?”chiese.
“Signorsì,eancheil
numerodiserie.Ecco
unadellepiastrine,
signore.L’altral’ho
lasciatasulcorpo.
Spiacente,signore,
avreivoluto
consegnarlaprima.”
Ilmaggiorestudiòla
piastrina,poil’allegò
alladichiarazionee
miseiltuttodentrouna
grossacartella.Vidiil
nomediGeorgescritto
sullacopertina.“Non
sobenechealtrofare
dituttoquesto,”disse,
giocherellandocol
legacciodeldossier.
“Unbeltipo,George
Fisher.”Mioffrìuna
sigaretta.Lapresi,ma
nonl’accesisubito.
Buonanotte.Diosa
come,avevano
scopertotutto,pensai.
Avevovogliadiurlare,
macontinuaia
sorridereadenti
stretti.
Ilmaggioresela
presecomoda,primadi
articolarelafrase
successiva.“La
piastrinaèfalsa,”disse
infine,conun
sorrisetto.
“Nell’esercitodegli
StatiUnitinonc’è
nessundispersocon
quelnome.”Sisporse
inavantiper
accendermila
sigaretta.“Forse
faremmomeglioa
passarequestodossier
aitedeschi,inmodo
chepossanoinformare
iparenti.”
Nonavevomaivisto
GeorgeFisherprima
cheloportasseroal
campo,dasolo,quel
giornodiottomesi
prima,maavreidovuto
riconoscereiltipo.
Sonocresciutoconun
paiodiragazzicome
lui.Dovevaesserestato
unbuonnazistaper
venireingaggiatonel
controspionaggio
tedesco,perché,come
dicevo,lamaggior
partedeiragazzidel
Bundnonsela
passaronoaltrettanto
bene.Nonsoquantidi
lorotornarononegli
StatiUnitiallafine
dellaguerra;ancheil
mioamicoGeorge
Fishernonriuscìa
tornare,maciandò
maledettamentevicino.
1
Organizzazione
nazionalista,razzistae
antisemitafondatain
Americanegliannitrenta
perinfluenzarel’opinione
pubblicaafavoredella
Germanianazista.[N.d.T.]
2
Eroeamericanodella
Primaguerramondiale–il
famoso“sergenteYork”–
sulqualesonouscitilibrie
film.[N.d.T.]
Confetti#50,courtesyKurt
Vonnegut&Origami
ExpressLLC.
LASCRIVANIA
DEL
COMANDANTE
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
Erosedutodavanti
allafinestradellamia
bottegucciadiebanista
nellacittadina
cecoslovaccadiBeda.
MiafigliaMarta,
rimastavedova,scostò
latendaeguardògli
americanidaunangolo
dellafinestra,badando
anoncoprirmila
visualeconlatesta.
“Vorreichesi
voltassedaquesta
parte,cosìpotremmo
vederloinfaccia,”dissi
io,spazientito.“Marta,
allargaunpo’la
fessura.”
“Èungenerale?”
disseMarta.
“Ungenerale
comandanteaBeda?”
Risi.“Uncaporale,
forse.Cheariaben
pasciutahannotutti,
eh?Aaaaah,quelli
mangiano...come
mangiano!”Passaila
manosuldorsodella
miagattanera.
“Adesso,micina,dovrai
soloattraversarela
stradaperpoter
gustareperlaprima
voltalapanna
americana.”Alzaile
manisopralatesta.
“Marta!Tirendiconto,
tirendiconto?Irussi
senesonoandati,
Marta,senesono
andati!”
Eoracercavamodi
vederechefaccia
avevailcomandante
americanochestava
entrandonelpalazzodi
fronte:ilpalazzoche
finoaqualche
settimanaprimaera
statooccupatodal
comandanterusso.Gli
americanientrarono,
facendosilargotrale
macerieeimobili
fracassati.Perqualche
tempodallamia
finestranoncifu
nientedavedere.Mi
adagiainellapoltronae
chiusigliocchi.
“Èfinita,lastrageè
finita,”dissi,“esiamo
vivi.Ciavresticreduto?
Unapersonaconla
testaapostopoteva
veramenteimmaginare
cheallafinedella
guerrasarebbestata
ancoraviva?”
“Iomisentocomese
esserevivifosseuna
cosadicui
vergognarsi,”disselei.
“Probabilmenteil
mondosisentiràcosì
ancorapermolto
tempo.Tu,almeno,
puoiringraziareIddio
cheseiarrivataalla
finesenz’averetroppe
colpedelmassacro.
Esserepresiinmezzo
senzapoterfarenulla
haquestovantaggio.
Pensaalle
responsabilitàche
gravanosullespalle
degliamericani:
centomilamortinei
bombardamentidi
Mosca,cinquantamilaa
Kiev...”
“Eleresponsabilità
deirussi?”disselei,
impetuosamente.
“No...Irussino.È
unodeilatipositiviche
cisononelperdereuna
guerra.Rinuncialletue
responsabilitàinsieme
allatuacapitale,ed
entrineiranghidel
popolinoinnocente.”
Lagattastrofinòi
fianchicontrolamia
gambadilegnoefece
lefusa.Immaginoche
lamaggiorpartedegli
uominiconunagamba
dilegnocerchinodi
nasconderequesto
fattomeglioche
possono.Iohopersola
gambasinistraquando
erounfanteaustriaco
nel1916,eportoun
calzonepiùcorto
dell’altropermostrare
labellissimagambadi
legnochemisonofatto
dopolaPrimaguerra
mondiale.Incisesulla
gambacisonole
immaginidiGeorges
Clemenceau,David
LloydGeorgee
WoodrowWilson,che
aiutòlarepubblica
cecaasorgeredalle
rovinedell’Impero
austro-ungariconel
1919,quandoavevo
venticinqueanni.E
sottoquesteimmagini
cenesonoaltredue,
ciascunadellequali
conunsertod’alloro:
TomášMasaryke
EduardBeneš,iprimi
leaderdellarepubblica.
Cisonoaltrefacceche
bisognerebbe
aggiungere,eora,ora
chelapaceètornata
ancoraunavolta,forse
leinciderò.L’unico
intagliochehofatto
nellagambanegli
ultimitrent’anniè
appenaabbozzatoe
oscuro,eforse
barbarico:tretacche
profondevicinoal
puntalediferro,peri
treufficialitedeschidi
cuihofattovolarela
macchinagiùdauna
montagnaunanottedel
1943,durante
l’occupazionenazista.
Quegliuominidilà
dallastradanoneranoi
primiamericaniche
vedevo.Aitempidella
repubblicaavevouna
fabbricadimobilia
Praga,efecimolti
affariconibuyerdei
grandimagazzini
americani.Quando
arrivaronoinazisti,
persilafabbricaemi
trasferiiaBeda,questa
tranquillacittadina
sullecolline
pedemontanedei
Sudeti.Miamoglie
morìsubitodopoperle
piùraredellecause,
quellenaturali.Cosìmi
rimasesolomiafiglia
Marta.
Ora,ringraziando
Iddio,rivedevodegli
americani:dopoi
nazisti,dopol’Armata
RossadellaSeconda
guerramondiale,dopo
icomunisticechi,e
ancorairussi.Sapere
chesarebbevenuto
questogiornomiaveva
aiutatoasopravvivere.
Nascostasottoil
pavimentodilegnodel
miolaboratorioc’era
unabottigliadiscotch
chealungoaveva
messoaduraprovala
miaforzadivolontà.
Malalasciainel
nascondiglio.Doveva
essereilmioomaggio
agliamericaniquando
fosserofinalmente
arrivati.
“Stannouscendo,”
disseMarta.
Apriigliocchievidi
unrobustomaggiore
americanoconicapelli
rossichemiguardava
dall’altromarciapiede,
conlemanisuifianchi.
Sembravastancoe
seccato.Unaltro
giovanotto,un
capitano,alto,
massiccioelento,econ
un’aria,apartela
statura,moltoitaliana,
uscìagrandipassi
dall’edificioelo
raggiunse.
Stupidamente,forse,
sgranaigliocchi
davantialoro.“Stanno
venendoqui!”dissi,
eccitatoeimpotente.
Entrarono,il
maggioreeilcapitano,
consultandoun
libriccinobluche,
comeimmaginai,
contenevadellefrasiin
ceco.Ilgrossocapitano
parevaimbarazzato,e
iomiresicontocheil
maggioreconicapelli
rossierainvece
piuttostobellicoso.
Ilcapitanopassòil
ditosulmarginediuna
paginaescossela
testa,sconfortato.
“‘Mitragliatrice,
mortaio,motocicletta...
tank,tourniquet,
trincea.’Nientesu
schedari,sedieo
scrivanie.”
“Cosadiavolosi
aspettava?”disseil
maggiore.“Èunlibro
perimilitari,micaper
unbrancodiimpiegati
finocchi.”Lanciòal
librettoun’occhiata
torva,dissequalcosadi
assolutamente
incomprensibileealzò
losguardoamecon
un’espressione
fiduciosa.“Moltoutile,
questolibro,”disse.
“Dicecheèquestoche
bisognachiedereper
avereuninterprete,ma
ilvecchiosicomporta
comesefosse
sanscrito.”
“Signori,ioparlo
inglese,”dissi,“e
anchemiafiglia
Marta.”
“Èvero,perdio,”
disseilmaggiore.
“Buonperlei,nonno.”
Mifecesentirecome
uncagnolinochegli
avesseriportato
abilmente–perun
cagnolino–unapalladi
gomma.
Porsilamanoal
maggioreeglidissiil
mionome.Luiguardò
altezzosamentelamia
manoetennelesuein
tasca.Iomisentii
arrossire.
“Iosonoilcapitano
PaulDonnini,”disse
l’altroinfretta,“e
questoèilmaggiore
LawsonEvans.”Mi
strinselamano.
“Signore,”midisse(la
suavoceerapaternae
profonda),“irussi...”
Ilmaggioresbottòin
unepitetochemifece
cascareilmentosul
pettoechesbalordì
persinoMarta,che
avevasentitoparlare
soldatiperlamaggior
partedellasuavita.
IlcapitanoDonnini
eraimbarazzato.“Non
hannolasciatoun
mobileintatto,”
riprese,“emistavo
chiedendoselei
potrebbefarciavere
alcunideimobilicheha
quiinnegozio.”
“Pensavopropriodi
offrirveli,”dissi.“Èuna
tragediacheabbiano
spaccatotutto.
Avevanoconfiscatoi
piùbeimobilidiBeda.”
Sorrisiescossiilcapo.
“Aaaaah,queinemici
deicapitalisti...
Avevanoarredatoiloro
alloggicomeuna
piccolaVersailles.”
“Abbiamovistoi
rottami,”disseil
capitano.
“Epoi,quandonon
potevanopiùtenersi
queitesori,hanno
decisochenondoveva
averlinessunaltro.”
Feciilgestodiun
uomochedàuncolpo
d’accetta.“Ecosìil
mondodiventaunpo’
piùbruttopertuttigli
altri...Perchéitesori
sonodiminuiti.Tesori
borghesi,forse,ma
quellichenonpossono
permettersibellecose
amanol’ideachein
qualchepostocisiano
questioggetti.”
Ilcapitanoannuì
amabilmente,macon
miagrandesorpresa
vidiche,chissàperché,
lemieparoleavevano
irritatoilmaggiore
Evans.
“Be’,comunque,”
dissi,“prendetepure
tuttoquellochevi
serve.Aiutarvi,perme,
saràunonore.”Mi
chiedevosequello
fosseilmomento
opportunoperoffrirelo
scotch.Lecosenon
stavanoaffatto
andandocomemiero
aspettato.
“Èpropriosveglio,il
nonno,”disse
acidamenteil
maggiore.
Auntrattocapii
cos’avevaintesodire.
Fuunagrossa
sorpresa.Mistava
dicendocheanch’ioero
ilnemico.Volevadire
cheerocostrettoa
collaborareperché
avevopaura;anzi,
volevacheioavessi
paura.
Perunattimomi
sentiidavveromale,
fisicamente.Untempo,
quandoerounuomo
moltopiùgiovaneepiù
cristiano,amavodire
chegliuominicheper
farfarelecose
contavanosullapaura
eranopatetici,dei
malati,edellepersone
spregevoliesole.Più
tardi,dopoavervistoin
azioneinteriesercitidi
uominicosì,miresi
contochel’isolatoero
io:eforsecheero
anchepateticoe
malato,mapiuttosto
cheammetterlomi
sareiucciso.
Dovevoessermi
sbagliatosulcontodel
nuovocomandante.Mi
dissicheerostato
sospettosoe–orache
sonovecchio,posso
dirlo–chepertroppo
tempoavevoavuto
paura.Macapiiche
ancheMartaavvertiva
laminaccia,lapaura
chec’eranell’aria.E
chenascondevala
propriacordialità,
comel’avevanascosta
peranni,sottouna
mascherasmortae
compassata.
“Sì,”dissi,“prendete
puretuttoquelloche
puòfarvicomodo.”
Ilmaggioreaprìla
portadelretrobottega,
dovedormoesbrigoil
miolavoro.Avevofinito
diessereilpadronedi
casa.Tornaia
sprofondarminella
poltronaaccantoalla
finestra.Ilcapitano
Donnini,adisagio,
restòconMartaeme.
“Èbellissimoquitra
lemontagne,”disse
debolmente.
Cademmoinun
silenziospiacevole,
rottoditantointanto
dairumoridel
maggiorecherovistava
nelretrobottega.
Esaminaiattentamente
ilcapitano,erimasi
colpitodacome
sembravatantopiù
giovanedelmaggiore,
ancheseera
possibilissimoche
avesserolastessaetà.
Eradifficile
immaginarlosuun
campodibattaglia,
mentreeradifficile
immaginareil
maggioreinunaltro
posto.
Sentiiilmaggiore
Evanssbottareinun
fischiosommesso,e
compresicheaveva
trovatolascrivaniadel
comandante.
“Ilmaggiore
dev’esserestatoun
uomomolto
coraggioso,hatante
medaglie,”disseMarta
finalmente.
IlcapitanoDonnini
parvegratocheleigli
avessedatola
possibilitàdifornire
qualchespiegazionesul
propriosuperiore.“Era
edèunuomo
estremamente
coraggioso,”dissecon
calore.Spiegòcheil
maggioreelagran
partedeisoldatidi
stanzaaBeda
appartenevanoauna
divisionecorazzataa
quantoparefamosa
che,comelasciòcapire
ilcapitano,nonsapeva
cosafosselapauraola
stanchezza,enulla
amavapiùdiunbel
combattimento.
Schioccailalingua,
meravigliato,come
facciosemprequando
sentoparlarediuna
divisionecosì.Neho
sentitoparlareda
ufficialiamericani,
ufficialitedeschi,
ufficialirussi;eimiei
ufficialidurantela
Primaguerramondiale
dichiaravano
solennementecheio
appartenevoauna
divisionecosì.Quando
sentoparlarediuna
divisionediguerraioli
dapartediun
volontarioforseci
crederò,ammessoche
l’uomosiasobrioeche
abbiaavutoil
battesimodelfuoco.
Questedivisioni,se
esistono,trauna
guerrael’altraforse
dovrebberoessere
conservatesotto
ghiacciosecco.
“Elei?”disseMarta,
interrompendol’eroica
biografiadelmaggiore
Evans.
L’ufficialesorrise.“Io
conoscol’Europacosì
pocochenonsaprei–
perdonil’espressione–
trovareilmiodidietro
conlemani.Hoancora
neipolmonil’ariadi
FortBenning,in
Georgia.Ilmaggiore...
èluil’eroe,dopotre
anniininterrottidi
combattimento.”
“Eionon
immaginavodifinire
quassùcomeunaviadi
mezzotrapoliziotto,
segretariocomunalee
murodelpianto,”disse
ilmaggioreEvanssulla
sogliadelretrobottega.
“Nonno,voglioquesta
scrivania.Lastava
costruendopersé?”
“Cosamenefareidi
unascrivaniacome
quella?Lastavo
fabbricandoperil
comandanterusso.”
“Unamico,eh?”
Misforzaidi
sorridere,senzatroppa
convinzione,immagino.
“Nonsareiquia
parlareconlei,semi
fossirifiutatodifarla.E
nonsareistatoquia
parlareconlui,senon
avessicostruitoun
lettoperilcomandante
nazista:conuna
ghirlandadisvastichee
laprimastrofa
dell’innodiHorst
Wessel1sullatestata.”
Ilcapitanosorrise
conme,manonil
maggiore.“Questoè
diverso,”disseil
maggiore.“Senzatanti
pelisullalinguaci
vienearaccontareche
èstatoun
collaborazionista.”
“Nonhodetto
questo,”osservai
pacatamente.
“Nonrovinitutto,”
disseilmaggiore
Evans,“èun
cambiamentochefa
piacere.”
Martasparì
bruscamentesuperle
scale.
“Nonsonostatoun
collaborazionista,”dissi
io.
“Certo,certo...Ha
lottatocontrodiloro
conleunghieecoi
denti.Comeno.Loso,
loso.Vengaquiun
momento,lespiace?
Vorreiparlarledella
scrivania.”
Erasedutodietrola
scrivaniaincompiuta,
unmobileenormee,
perme,orribile.
L’avevodisegnatoper
farmibeffedelcattivo
gustodelcomandante
russoedell’ipocrisia
checircondaisimboli
dellaricchezza.
L’avevofattapiù
pretenziosaerococò
chepotevo,ilsognodi
uncontadinorussodi
quellachepoteva
sembrarelascrivania
diunbanchierediWall
Street.Luccicavadi
pezzidivetrocolorato
incastonatinellegno
comepietrepreziose
ederamessainrisalto
daunaverniceda
caloriferiche
somigliavaunpo’auna
doratura.Ormaiera
chiarochelapresain
girodovevarestare
privata,perchéil
comandanteamericano
neerarimasto
affascinatotanto
quantoilrusso.
“Questosìcheèun
mobile,”disseil
maggioreEvans.
“Moltobello,”disse
distrattamenteil
capitanoDonnini.
Stavaguardandoverso
lescaledov’erafuggita
Marta.
“C’èsolounacosa
chenonva,nonno.”
“Lafalceeil
martello,loso.Volevo
togliere...”
“Haproprioragione,”
disseilmaggiore.Tirò
indietrolostivalee
assestòalmedaglione
dilegnomassiccioun
terribilecalciodi
traverso.Ilmedaglione
sistaccò,rotolò
vacillandoinunangolo
efinìafacciaingiù
conunrourrourrourr...
clac!Lagattafecela
suaispezioneebattéin
ritirata,diffidente.
“Quicivaun’aquila,
nonno.”Ilmaggioresi
tolseilberrettoper
mostrarmil’aquila
americanachec’era
sopra.“Comequesta.”
“Nonèundisegno
semplice.Civorràun
po’ditempo,”dissi.
“Nonèsemplice
comeunasvasticao
unafalceemartello,
eh?”
Dasettimane
sognavodiraccontare
lastorielladella
scrivaniaagli
americani,diparlargli
delcassettinosegreto
cheavevocostruitoper
ilcomandanterusso,la
partepiùcomicadi
tutte.Adessogli
americanieranolì;eio
misentivounpo’
diversodaprima:solo,
sperdutoesleale.Non
avevopiùvogliadi
raccontarenientea
nessuno,anessuno
tranneMarta.
“No,”dissi,
rispondendoalla
domandavelenosadel
maggiore.
“Nossignore.”Che
altroavreidovutodire?
Loscotchrimase
sottoleassidel
pavimentoeil
cassettinosegretonella
scrivaniarimaseun
segreto.
Laguarnigione
americanaaBedaera
compostadaun
centinaiodiuomini,
quasitutti,tranneil
capitanoDonnini,
reducidaannidi
combattimentinella
stessadivisione
corazzataallaquale
appartenevail
maggioreEvans.Si
comportavanoda
conquistatori,col
maggioreEvanscheli
incoraggiavaafarlo.Io
mieroaspettato
moltissimodall’arrivo
degliamericani:una
rinascitadell’orgoglioe
delladignitàperMarta
eperme;unpo’di
benessereedicose
buonedamangiare;e
perMartalaparte
migliorediunavitache
valesselapenadi
vivere.Invece,c’erala
tracotantemancanzadi
fiduciadelmaggiore
Evans,ilnuovo
comandante,
moltiplicatapercento
nellepersonedeisuoi
uomini.
Nell’incubodiun
mondoinguerra
occorronodoti
particolaripertirare
avanti.Unadiquesteè
lacomprensionedella
psicologiadelletruppe
dioccupazione.Irussi
noneranocomei
nazisti,egliamericani
eranomoltodiversi
dagliuniedaglialtri.
Nonc’eralaviolenza
fisicadeirussiedei
nazisti,grazieaDio:né
fucilazioni,nétorture.
Lacosapiù
interessanteerachegli
americaniavevano
bisognodiubriacarsi
primadipoter
combinaregrossiguai.
Disgraziatamenteper
Beda,ilmaggiore
Evanslasciavachesi
ubriacasseroognivolta
chevolevano.Quando
eranoubriachi,spesso
evolentierirubavano–
nellalorocacciaai
souvenir–,giravano
perlestradeinjeepa
tuttavelocità,
sparavanoinaria,
urlavanooscenità,si
prendevanoapugnie
spaccavanolefinestre.
Lapopolazionedi
Bedaeracosìabituata
atacereeanonfarsi
vedere,qualunquecosa
accadesse,checivolle
unpo’ditempoper
scoprireladifferenza
veramente
fondamentaletragli
americanieglialtri.La
durezzadegli
americani,laloro
insensibilità,eramolto
superficiale,esotto
c’eraunaforte
apprensione.
Scoprimmoche
potevanoesseremessi
facilmentein
imbarazzodalledonne
odagliuominianziani
cheglitenevanotesta
comeunpapàouna
mammaelisgridavano
perquelloche
facevano.Questogli
facevapassarela
sborniapiùinfrettadi
unsecchiod’acqua
fredda.
Conquestaideadei
nostriconquistatori,
riuscimmoarenderele
coseunpo’più
sopportabili,manon
tanto.C’erala
deprimente
constatazioneche
eravamoconsideratiil
nemico,nonmolto
diversidairussi,eche
ilmaggiorevoleva
punirci.Lapopolazione
fudivisainbattaglioni
dilavoroefatta
sgobbaresottoguardie
armate,come
prigionieridiguerra.
Ciòcherendeva
particolarmente
insopportabilequesta
attivitàècheessaera
destinatanontantoa
riparareidannidella
guerraallacittàquanto
arenderepiùcomodi
glialloggidella
guarnigioneamericana,
eacostruireun
enormeebrutto
monumentoinonore
degliamericanicaduti
nellabattagliaper
Beda.Icadutierano
quattro.Ilmaggiore
Evansaveva
trasformatol’atmosfera
dellacittà
nell’atmosferadiun
carcere.Lavergogna
eralaregola,eogni
germediorgoglioodi
speranzaveniva
stroncatosulnascere.
Nonneavevamo
diritto.
C’erasolounlato
positivo–unamericano
piùinfelicedinoi–il
capitanoDonnini.
Toccavaaluieseguire
gliordinidelmaggiore,
eubriacarsi,come
cercòdifareparecchie
volte,nonavevasudi
luilostessoeffettoche
avevasuglialtri.
Eseguivagliordinicon
unariluttanzaperla
qualesonocertoche
avrebbepotutoessere
deferitoallacorte
marziale.Inoltre,
passavapiùtempocon
Martaemechecol
maggiore,equasitutti
isuoidiscorsierano
cautegiustificazioni
perciòchedoveva
fare.Curiosamente,
Martaeiocitrovammo
adoverconsolare
questotristeebruno
gigante,mentre
avrebbedovutoessere
ilcontrario.
Pensavoalmaggiore
mentre,rittodavantial
miobancodalavoro
nelretrobottega,stavo
terminandol’aquila
americanaperil
frontaledellascrivania
delnuovocomandante.
Distesasullamia
brandina,Marta
guardavailsoffitto.Le
suescarpeerano
bianchedipolvere.
Avevalavoratotuttoil
giornoalmonumento.
“Be’,”dissi
malinconicamente,“se
avessicombattutoper
treanni,chissàsesarei
tantocordiale.Diciamo
laverità,volentio
nolentinoiabbiamo
datouominiemateriali
chesonoservitia
ucciderecentinaiadi
migliaiadiamericani.”
Indicailemontagnea
occidente.“Guarda
doveirussihanno
presoillorouranio.”
“Occhioperocchio,
denteperdente,”disse
Marta.“Quantotempo
ancoradurerà?”
Sospiraiescossila
testa.“Diosachei
cechihannopagatocon
gliinteressi.Manoper
mano,piedeperpiede,
incendioperincendio,
feritaperferita,
gallonepergallone.”
Avevamopersoquasi
tuttiinostrigiovani,
traiqualiilmaritodi
Marta,inondate
suicideprimadei
principaliattacchi
russi;elenostrecittà
piùgrandieranopoco
piùchedistesedi
calcinacciecolonnedi
fumo.
“Edopocheabbiamo
pagato,eccochearriva
unnuovocommissario.
Nonsonodiversidagli
altri,”disseMarta
amaramente.“Era
puerileaspettarsi
altro.”
Lasuaterribile
delusione,cheavevo
anch’iocontribuitoa
rafforzare,lasua
apatiaelasua
disperazione...Diodel
cielo,nonriuscivopiùa
sopportarla!Enonci
sarebberostatialtri
liberatori.L’unicaforza
rimastasullaterraera
inAmerica,egli
americanieranoa
Beda.
Tristemente,mi
rimisiallavoro
sull’aquila.Ilcapitano
miavevadatouna
banconotadaun
dollarodacuicopiare
lostemma.“Vediamo...
nove,dieci,undici,
dodici,tredicifrecce
strettenell’artiglio.”
Uncolpoesitantealla
portaeilcapitano
Donninientrònella
stanza.“Permesso?”
disse.
“Prego,siaccomodi,”
dissiio.“Avetevintola
guerra.”
“Temodinonavere
datoungrande
contributo.”
“Ilmaggiorenonha
lasciatoalcapitano
nessunoacuisparare,”
disseMarta.
“Cos’èsuccessoalla
suafinestra?”disseil
capitano.
Ilpavimentoera
copertodischeggedi
vetroeunpezzodi
cartoneimpedivaal
ventoeallapioggiadi
entrarenellastanza.“È
stataliberatastanotte
daunabottigliadi
birra,”dissi.“Ho
scrittounbigliettoal
maggiore...perilquale
probabilmentesarò
decapitato.”
“Cos’èchesta
facendo?”
“Un’aquilacon
tredicifrecceinun
artiglioeunramo
d’ulivonell’altro.”
“Selapassabene.
Potrebbeesserelà
fuoriaimbiancarei
sassi.L’hannotolta
dallalistaperché
potessefinirela
scrivania.”
“Sì,hovistoquelli
chedavanoilbiancoai
sassi,”dissiio.“Coni
sassiimbiancati,Beda
èpiùbelladiprima
dellaguerra.Nonsi
capirebbemaicheè
statabombardata.”Il
maggioreaveva
ordinatodiscriverecon
sassibianchiun
messaggioelettrizzante
sulsuoprato:
CompagniaMP1402,
MaggioreLawson
EvansComandante.Si
dovevanoprofilarecon
isassiancheleaiuolee
isentieri.
“Oh,nonècattivo,”
disseilcapitano.“Èun
miracolochenesia
uscitocosìbene.”
“Èunmiracoloche
noinesiamousciticosì
bene,”disseMarta.
“Sì,capisco.Loso...
Avetepassatomomenti
terribili.Ma,be’,anche
ilmaggiore.Haperso
lafamiglianei
bombardamentidi
Chicago,lamoglieei
trefigli.”
“Iohopersomio
maritonellaguerra,”
disseMarta.
“Allora,cosasta
cercandodidirci?Che
dobbiamofaretutti
penitenzaperlamorte
deifamiliaridel
maggiore?Credeche
noivolessimolaloro
morte?”dissi.
Luisiappoggiòal
bancoechiusegli
occhi.“Oh,diavolo,non
so,nonso.Pensavoche
potesseaiutarvia
capirlo...afarvi
smetterediodiarlo.È
tuttocosìinsensato,
però...sembrache
nullapossaessere
d’aiuto.”
“Leicredevadi
poterciaiutare,
capitano?”disseMarta.
“Primadivenire
qui...Sì,certo.Oraso
cheiononservoa
niente,enonsocosa
possaservire.Mifanno
tutticompassione,
accidenti,ecapisco
perchésonocome
sono:voidue,lagente
incittà,ilmaggiore,i
soldati.Forse,semi
fossibeccatouna
pallottolaoqualcuno
miavesseinseguitocon
unlanciafiamme,forse
sareipiùuomo.”
“Eodierebbecome
tuttiglialtri,”disse
Marta.
“Sì...Esareisicurodi
mecomesembrache
sianotuttiglialtri.”
“Nonsicuro,
istupidito,”dissiio.
“Istupidito,”ripeté
lui,“tuttihanno
ragionediessere
istupiditi.”
“Èl’ultimadifesa,”
disseMarta.
“Istupidimentoo
suicidio.”
“Marta!”dissiio.
“Saicheèvero,”
disseleiintonodeciso.
“Semettesserodelle
camereagasagli
angolidellestrade
europee,cisarebbero
dellecodepiùlunghe
chedalfornaio.
Quandofiniràtutto
questoodio?Mai.”
“Marta,peramordel
cielo,nonvoglio
sentirtiparlarecosì,”
dissi.
“Ancheilmaggiore
Evansparlacosì,”disse
ilcapitanoDonnini.
“Maluidicechevuole
continuarea
combattere.Unavolta
odue,quandoera
sbronzo,hadettoche
avrebbevolutoessere
statoucciso...chea
casanonaveva
nessunodacuitornare.
Hacorsorischienormi
incombattimento,ese
l’ècavatasenzaun
graffio.”
“Poveraccio,”disse
Marta,“comefarà
senzalaguerra?”
“Be’,cisonoancora
delleazionidi
guerriglia...Tante,
intornoaLeningrado.
Hachiestodiessere
trasferitolà,per
potervipartecipare.”
Abbassòlosguardoe
allargòleditasoprale
ginocchia.“Be’,
comunque,quelloche
sonovenutoadirleè
cheilmaggiorevuole
lasuascrivaniaper
domani.”
Laportasiaprìeil
maggioreentrònel
laboratorio.“Capitano,
dovediavoloèstato?
L’homandataa
sbrigareuna
commissioneche
avrebbedovuto
prenderlecinque
minuti,edèingiroda
mezz’ora.”
IlcapitanoDonninisi
misesull’attenti.
“Scusi,signore.”
“Leisaquelloche
pensodeimieiuomini
chefraternizzanocol
nemico.”
“Signorsì.”
Poisivoltòversodi
me.“Allora,cos’è
questastoriadella
finestra?”
“L’harottaunodei
suoiuomini,stanotte.”
“Oh,cheguaio,nonè
vero?”Eccoun’altra
dellesuedomandealle
qualieraimpossibile
rispondere.“Dicevo:
oh,cheguaio,nonè
vero,nonno?”
“Sì,signore.”
“Nonno,devodirle
unacosachevoglioche
leisimettabenein
testa.Evogliocheleisi
assicurichel’hanno
capitatuttiglialtri,in
città.”
“Sì,signore.”
“Voiavetepersouna
guerra.Capito?Eio
nonsonoquiperchélei
ochiunquealtro
veniateapiangermi
sullaspalla.Sonoqui
perfareinmodoche
tutticapiscano
maledettamentebene
chehannopersouna
guerra,eperfarein
modochenessunoci
diadeifastidi.Equesta
èl’unicaragioneper
cuisonoqui.Eil
prossimoindividuoche
midicecheerapappa
ecicciaconirussi
perchénonpotevafare
diversamentesibecca
uncazzottosuidenti.E
questovaleancheper
chiverràadirmichese
lapassamale.Èancora
niente,rispettoacome
potrebbepassarsela.”
“Sì,signore.”
“ÈlavostraEuropa,”
disseMartasottovoce.
Luisivoltòdallasua
parte,inviperito.“Se
fossemia,signorina,
fareispianarequesto
casinodalleruspe.
Tuttequeste
magnifichepersone
nonsonoaltrocheun
brancodivigliacchi
prontiamettersial
seguitodelprimo
dittatorechepassa.”
Rimasicolpito,di
nuovo,comeilprimo
giorno,dallasuaaria
terribilmentestancae
agitata.
“Signore...”disseil
capitano.
“Silenzio.Nonho
combattutofinquiper
cedereilpostoaiboy
scout.Allora,dov’èla
miascrivania?”
“Stofinendo
l’aquila.”
“Vediamo.”Gliporsi
ilmedaglione.Imprecò
sottovoceesitoccò
l’emblemasulberretto.
“Comequesta,”disse.
“Vogliochesia
esattamentecome
questa.”
Scrutaiconla
massimaattenzione
l’emblemasulberretto.
“Maècomequella.
L’hocopiataparipari
daunbigliettodaun
dollaro.”
“Lefrecce,nonno!In
qualeartigliosono?”
“Oh...Sulberretto
sononell’artiglio
destro,sullabanconota
sononelsinistro.”
“Unabella
differenza,nonno:uno
èperl’esercito,l’altro
pericivili.”Alzòil
ginocchioevispaccò
soprailmedaglione.
“Riprovi.Seeratanto
ansiosodiaccontentare
ilcomandanterusso,
accontentiancheme!”
“Possodireuna
cosa?”dissi.
“No.L’unicacosache
vogliosentiredaleiè
cheavròlascrivania
domattina.”
“Macivorrannodei
giorni,peril
medaglione.”
“Stiasututtala
notte.”
“Sì,signore.”
Uscì,colcapitano
allecalcagna.
“Cosaglivolevi
dire?”disseMarta,con
unsorrisoironico.
“Volevodirglichei
cechihanno
combattutocontro
l’Europacheodiacon
lastessaenergiaeper
lostessotempocheha
combattutolui.Volevo
dirgli...Ohbe’,ma
tantoacheserve?”
“Continua.”
“L’haisentitamille
volte,Marta.Èuna
storianoiosa,
immagino.Volevodirgli
cheioholottatocontro
gliAsburgoeinazisti,
epoicontroicomunisti
cechi,epoicontroi
russi...Holottatonel
miopiccolo,amodo
mio.Nonmisonomai
schieratodallapartedi
undittatore,enonlo
faròmai.”
“Megliochetirimetti
alavorareall’aquila.
Ricorda,lefreccenella
destra.”
“Marta,tunonhai
maiassaggiatodello
scotch,vero?”Ficcaiil
granchiodiunmartello
inunafessuradel
pavimentoeschiodai
un’asse.Sottoc’erala
polverosabottigliadi
scotchcheavevo
tenutoperilgran
giornodeimieisogni.
Eradelizioso,eci
pigliammounabella
sbronzatutt’edue.
Mentrelavoravo,
tornammoaivecchi
tempi,Martaeio,eper
unpo’fuquasicomese
suamadrefosseancora
viva,eMartafosse
ancoraunaragazza
giovane,carinae
spensierata,enoi
avessimoancoracasae
amiciaPraga,e...Oh
Dio,fumoltobelloper
unpo’.
Martasiaddormentò
sullabrandina,e
canticchiandoioscolpii
l’aquilaamericanafino
anottefonda.Eraun
lavorogrossolanoe
frettoloso,ecercaidi
nasconderneidifetti
sottolostuccoela
doratura.
Qualcheoraprima
dell’albaincollaiil
medaglionealla
scrivania,strinsii
morsettieandaia
dormire.Ilmobileera
prontoperilnuovo
comandante,
esattamente,tranne
l’emblema,comelo
avevodisegnatoperil
russo.
Venneroaprenderlo,
dibuon’ora,unamezza
dozzinadisoldatieil
capitano.Lascrivania
sembravailferetrodi
unsovranoorientale,
mentrelaportavano
attraversolastrada
comeperunfunerale.
Ilmaggioreliaccolse
sullaporta,gridando
avvertimentiognivolta
cheiportatori
minacciavanodiandare
asbattereconquel
tesorocontroqualche
stipite.Laportasi
chiuse,lasentinella
tornòalpropriopostoe
noncifualtroda
vedere.
Andainellaboratorio,
tolsiitruciolidalbanco
ecominciaiunalettera
alMaggioreLawson
Evans,CompagniaMP
1402,Beda,
Cecoslovacchia.
CaroSignore,scrissi.
C’èunacosacheho
dimenticatodidirle,a
propositodella
scrivania.Seguarderà
sottol’aquila,
scoprirà...
Nonlaportaisubito
dilàdallastrada,
ancheseavevopensato
difarlo.Rileggerlami
avevaunpo’
disgustato:disgusto
chenonavreimai
provatoselalettera
fossestataindirizzata
alcomandanterusso,
chedovevaessereil
primoariceverla.
Pensareaquella
letteramirovinòil
pranzo,anchesenon
mangiavoabbastanza
daanni.Martaera
troppodepressaper
notarlo,anchesemi
sgridaquandotrascuro
lasalute.Portòvia
senzaunaparolail
piattochenonavevo
toccato.
Piùtardi,nel
pomeriggio,bevviciò
cherestavadello
scotcheattraversaila
strada.Porsilabusta
allasentinella.
“Cos’è,un’altrasulla
finestra,nonno?”disse
lasentinella.
Evidentemente
l’episodiodellafinestra
eradiventatouna
barzellettacheaveva
avutoun’ampia
diffusione.
“No,un’altracosa:è
perlascrivania.”
“Okay,nonno.”
“Grazie.”
Tornainel
laboratorioemidistesi
sullabranda,inattesa.
Riusciipersinoa
dormireunpo’.
FuMartaa
svegliarmi.
“Vabene,sono
pronto,”mormorai.
“Prontopercosa?”
“Isoldati.”
“Nonisoldati...Il
maggiore.Sta
partendo.”
“Sta...Cosa?”Buttai
legambegiùdalla
sponda.
“Stasalendosuuna
jeepcontuttalasua
roba.Ilmaggiore
Evansstalasciando
Beda!”
Corsiallafinestrasul
davantietiraiviail
cartone.Ilmaggiore
Evanseraseduto
dietro,inmezzoa
sacchedaviaggio,un
saccoapeloealtra
roba.Dall’aspettoche
avevasisarebbedetto
chealleportediBeda
infuriasseuna
battaglia.Guardava
tuttiincagnescoda
sottol’elmetto
d’acciaioeavevauna
carabinaaccantoasé,
eunacartucciera,un
coltelloeunapistola
allacintola.
“Haottenutoil
trasferimento,”dissi,
meravigliato.
“Vaacombatterei
guerriglieri,”rise
Marta.
“Dioliaiuti.”
Lajeeppartì.Il
maggioreEvansfece
uncennodisalutocon
lamanoesiallontanò
sobbalzando.L’ultima
voltachevidi
quell’uomo
straordinariofuquando
lajeepraggiunsela
cimadiunacollinaalla
periferiadellacittà.Si
voltò,fecemarameoe
sparìnellavalle
sottostante.
IlcapitanoDonnini,
dilàdallastrada,mi
videefeceuninchino.
“Chièilnuovo
comandante?”gridai.
Sibattéunditosul
petto.
“Cos’èunboy
scout?”sussurrò
Marta.
“Agiudicaredaltono
delmaggiore,è
qualcosadiassaipoco
militaresco,una
personaingenuaedal
cuoretenero.Shhhh!
Eccolochearriva.”
IlcapitanoDonnini
sembravaunpo’
onoratoeunpo’
divertitodallasua
nuovaimportanza.
Siacceseuna
sigaretta,pensieroso,e
miparvechecercasse
ditrovareleparoleper
un’ideacheglifrullava
nellatesta.“Leimiha
chiestoquandosarebbe
venutalafineditutto
quest’odio,”disse.
“Arrivaadesso.Basta
conibattaglionidi
lavoro,bastaconi
furti,bastaconi
vandalismi.Iononne
hovisteabbastanzaper
odiare.”Tiròuna
boccatadallasigaretta
eriflettéancoraper
qualcheistante.“Ma
sonosicurodipoter
odiarelapopolazione
diBedacomel’odiavail
maggioreEvansse
domaninon
comincerannoa
ricostruirequestacittà
inmodochediventiun
postodecenteperi
bambini.”
Sivoltòinfrettae
riattraversòlastrada.
“Capitano,”gridai,
“avevoscrittouna
letteraalmaggiore...”
“L’hapassataame.
Nonl’hoancoraletta.”
“Potreiriaverla?”
Mirivolse
un’occhiata
interrogativa.“Be’,
d’accordo...Èsulla
scrivania.”
“Laletterariguarda
propriolascrivania.
C’èunacosachedevo
aggiustare.”
“Icassettifunzionano
bene.”
“C’èuncassetto
specialedicuinonsa
niente.”
Alzòlespalle.
“Venga.”
Buttaialcuniattrezzi
inunaborsaecorsinel
suoufficio.Lascrivania
troneggiavain
splendidoisolamentoal
centrodiunastanza
peraltriversipiuttosto
spartana.Soprac’era
lamialettera.
“Puòleggerla,se
vuole,”dissi.
Luiaprìlaletterae
lesseadaltavoce:
“CaroSignore,c’è
unacosacheho
dimenticatodidirle,a
propositodella
scrivania.Seguarderà
sottol’aquila,scoprirà
chelafogliadiquercia
dell’ornamentopuò
esserepremutae
girata.Lagiriinmodo
cheilpicciolosia
puntatoversol’artiglio
sinistrodell’aquila.Poi
premalaghiandasopra
l’aquilae...”.
Mentreluileggeva,
ioseguiilemiestesse
istruzioni.Premetti
sullafogliaelagirai,e
cifuunclic.Premetti
colpollicesulla
ghianda,eun
cassettinoscattòfuori
dallascrivaniadipochi
millimetri,quantine
bastavanoper
consentireauna
personadiprenderlo
edestrarlo
completamente.
“Sembrabloccato,”
dissi.Allungaiuna
manosottolascrivania
etagliailacordada
pianofortecheavevo
agganciatoalfondodel
cassettino.“Ecco!”
Sfilaiilcassetto
completamente.
“Vede?”
IlcapitanoDonnini
rise.“Almaggiore
Evanssarebbepiaciuto
damatti.Magnifico!”
Rimiseapostoil
cassettoelofece
andareavantie
indietroparecchie
volte,ammirato,colpito
dallaperfezionecon
cuiilsuofrontalinosi
intonavacolrestodella
decorazione.“Mifa
venirvogliadiavere
deisegreti.”
“InEuropanonsono
moltiquellichenonne
hanno,”dissiio.Luimi
voltòlespalleperun
attimo.Eiotornaia
ficcarelamanosottola
scrivaniadel
comandante,infilaiun
percussorenel
detonatoreetolsila
bomba.
1
Giovaneattivistadelle
SAuccisodauncomunista
perquestionididonne,fu
trasformatodalla
propagandaineroe
popolare,eilsuoLied
diventòl’innonazista.
[N.d.T.]
BigGoodbye,courtesyKurt
Vonnegut&Origami
ExpressLLC.
RICORDANDO
L’APOCALISSE
Schizzo,courtesyEdie
Vonnegut.
Caroamico,
possoavereun
minutodeltuotempo?
Noncisiamomai
conosciuti,mami
prendolalibertàdi
scrivertiperchéun
comuneamicomiha
parlatoassaibenedi
te,definendotiuna
personamoltoaldi
sopradellamediacome
intelligenzaecome
interesseperil
prossimo.
Acausadell’impatto
cheognigiornohanno
sudinoileultime
notizie,ciriescemolto
faciledimenticare
rapidamente
importantiavvenimenti
diqualchegiorno
prima.Lascia,dunque,
chetirinfreschila
memoriaapropositodi
unavvenimentoche
fecetremareilmondo
cinquebreviannifa,e
cheèormaiquasi
completamente
dimenticato,tranne
chedapochidinoi.
Alludoaquelloche
oggièconosciuto,per
buoneragionibibliche,
comeArmageddon.1
Forsericorderaii
suoiconvulsiinizial
PineInstitute.Confesso
cheandaialavorare
comeamministratore
dell’istitutoconun
sensodivergognaedi
ridicolo,enessun’altra
ragionecheildenaro.
Avevomoltealtre
offerte,mail
cacciatorediteste
dell’istitutomioffrìuna
pagacheeraildoppio
diquellacheprendeva
ilmigliorediloro.Ero
pienodidebiti,dopo
treannidimiseria
comestudente
universitario,ecosì
accettaiilposto,
dicendomichecisarei
rimastoperunanno,
avreipagatoidebitie
fattoeconomie,trovato
unlavororispettabile;
echeavreisempre
negato,dopodiallora,
diessermimaitrovato
amenodi
centosessanta
chilometridaVerdigris,
Oklahoma.
Grazieaquesto
momentodidisonestà,
hofinitoperessere
associatoaunadelle
figureveramente
eroichedelnostro
tempo,ildottor
GormanTarbell.
Lerisorsecheportai
alPineInstituteerano
generiche,soprattutto
lacompetenzachesi
acquistaconuna
specializzazionein
business
administration.Avrei
potutoapplicare
altrettantofacilmente
questecapacitàalla
direzionediuna
fabbricaditricicliodi
unparcodivertimenti.
Noneroinalcunmodo
l’ideatoredelleteorie
cheportaronoad
Armageddon.Ioentrai
inscenapiuttostotardi,
quandomoltedellepiù
importantielaborazioni
eranogiàstatefatte.
Spiritualmente,ein
terminidisacrificio,il
nomedeldottorTarbell
dovrebbeessereil
primonellalistadi
colorochehanno
veramentecontribuito
allacampagnaealla
vittoria.
Cronologicamentela
listadovrebbeforse
iniziarecoldefunto
dottorSelig
Schildknechtdi
Dresda,inGermania,
chespese,tutto
sommato
infruttuosamente,la
secondametàdellavita
elapropriaereditànel
tentativodiconvincere
qualcunoaprestare
attenzioneallesue
teoriesullamalattia
mentale.Quelloche
Schildknechtdiceva,in
effetti,erachel’unica
teoriaunificatadella
malattiamentaleche
sembrassemettere
d’accordotuttiifatti
eralapiùantica,che
noneramaistata
confutata.Luicredeva
cheimalatidimente
fosseropossedutidal
demonio.
Loscrisseinunlibro
dopol’altro,tutti
stampatiasuespese,
poichénessuneditore
volevatoccarli,ed
esortòainiziare
ricercheperscoprire
tuttociòcheera
possibilescopriresul
demonio,lesueforme,
lesueabitudini,isuoi
puntidiforza,isuoi
puntideboli.
Ilsecondodellalista
èunamericano,ilmio
exdatoredilavoro,
JessieL.Pinedi
Verdigris.Moltiannifa
Pine,petroliere
milionario,ordinò
sessantametridilibri
perlasuabiblioteca.Il
libraioapprofittò
dell’occasioneper
liberarsi,traaltre
gemme,delleopere
completedeldottor
SeligSchildknecht.
Pineritennechei
volumidiSchildknecht,
poichéeranoinuna
linguastraniera,
contenesserobrani
troppopiccantiper
esserestampatiin
inglese.Così,per
farselileggere,
ingaggiòildirettoredel
dipartimentodi
Tedescodell’Università
dell’Oklahoma.
Invecediarrabbiarsi
perlasceltadellibraio,
Pineerafelicissimo.
Pertuttalavitasiera
sentitoumiliatodalla
propriamancanza
d’istruzione,edecco
cheavevatrovatoun
uomoconcinque
diplomiuniversitarile
cuibasifilosofiche
coincidevanoconle
sue,valeadire:
“L’unicacosaalmondo
chenonvanellagente
ècheildiavolosiè
impossessatodi
qualcuno”.
SeSchildknecht
avessepotutorestare
attaccatoallavitaun
po’piùalungo,non
sarebbemortosenza
unsoldo.Fattostache
mancòdidueanni
appena
all’appuntamentocon
lafondazionedelJessie
L.PineInstitute.Dal
momentodella
fondazioneinpoi,ogni
gocciadipetrolio
schizzatafuoridametà
deipozzi
dell’Oklahomafuun
chiodopiantatonella
baradeldemonio.Ed
eraunagiornata
propriofiaccaquando
nessunopportunistadi
qualsiasigenerefosse,
prendevailtrenoper
raggiungereil
marmoreopalazzoche
sorgevaaVerdigris.
Lalista,sedovessi
continuarla,sarebbe
piuttostolunga,perché
migliaiadiuominie
donne,alcunidiessi
intelligentieonesti,
cominciaronoa
esplorarelelineedi
ricercaindicateda
Schildknecht,mentre
Pinetenacemente
seguivaconsacchidi
denarofresco.Mala
maggiorpartediquesti
uominiedonneerano
gelosieincompetenti
profittatoridiunadelle
piùgrandimangiatoie
dellastoria.Iloro
esperimenti,disolito
straordinariamente
costosi,eranoin
sostanzadellebeffeai
dannidell’ignoranzae
dellacredulitàdelloro
benefattoreJessieL.
Pine.
Datuttiqueimilioni
spesinonsarebbe
saltatofuorinulla,eio,
peresempio,avrei
continuatoariscuotere
lamiastrabiliante
bustapagasenza
tentaredimeritarmela,
senonfossestatoperil
martireviventedi
Armageddon,ildottor
GormanTarbell.
Erailmembropiù
vecchiodell’istituto,e
ilpiùrispettabile:sui
sessant’anni,pesante,
basso,appassionato,
conlunghicapelli
bianchi,convestitiche
glidavanol’aspettoche
avrebbeavutose
avessepassatolenotti
sottoiponti.Era
andatoinpensionenei
paraggidiVerdigris
dopounasplendida
carrieracomefisicoin
ungrandelaboratorio
diricercheindustriali
dellacostaorientale.
Passòdall’istitutoun
pomeriggio,mentre
andavaafarlaspesa,
pervederecosadiavolo
facevanoinquegli
imponentiedifici.
Fuiiochelovidiper
primo,esapendoche
eraunuomodi
prodigiosaintelligenza
miincaricai,piuttosto
imbarazzato,didirgli
cosasiproponevadi
farel’istituto.Dalmio
atteggiamentosi
capivache,“restitra
noidue,cheabbiamo
studiato,maqueste
sonotuttefesserie”.
Nonapprezzòil
sorrisocondiscendente
concuiioparlavodel
progetto,einvecemi
chiesedivedere
qualcosadegliscritti
deldottor
Schildknecht.Gli
procuraiilvolume
principale,che
riassumevaciòche
dicevanotuttiglialtri,
easpettairidacchiando
conariad’intesa
mentrelosfogliava.
“Avetedeilaboratori
liberi?”disseluialla
fine.
“Be’,sì,ineffettine
abbiamo,”dissiio.
“Dove?”
“Be’,tuttoilsecondo
pianoèancoralibero.
Gliimbianchinilo
stannofinendo.”
“Qualestanzaposso
avere?”
“Intendedirecheèin
cercadilavoro?”
“Cercosilenzio,
tranquillitàeunposto
perlavorare.”
“Leicapisce,signore,
chel’unicotipodi
lavorochesipuòfare
quidev’essere
connessoalla
demonologia?”
“Un’idea
assolutamente
deliziosa.”
Guardaifuorinel
corridoioper
accertarmichePine
nonfosseneiparaggie
mormorai:“Leicrede
davverochepotrebbe
esserciqualcosadi
vero?”.
“Chedirittohodi
pensarla
diversamente?Leipuò
provarmicheildiavolo
nonesiste?”
“Be’,volevodire...
Peramordelcielo,
nessunapersona
istruitacredeche...”
Bam!Ilsuobastone
siabbattésullamia
scrivaniaaformadi
rene.“Finchénon
avremoprovatoche
nonesiste,ildiavoloè
realecomequesta
scrivania.”
“Sissignore.”
“Nonsivergognidel
suolavoro,ragazzo!In
ciòchesifaquic’è
tantasperanzaperil
mondoquantacen’èin
tuttoquellochesifain
ognilaboratoriodi
ricerchesull’atomo.
‘Abbiatefiducianel
demonio,’dicoio,enoi
continueremoa
crederglifinchénon
avremoragionipiù
validediquelleche
abbiamopernon
credergli.Questaèla
scienza!”
“Sissignore.”
Eviacheseneandò,
lungoilcorridoio,a
scuotereglialtri,epoi
sualsecondopianoa
scegliereillaboratorio,
eadireagli
imbianchinidi
spicciarsi,perchétutto
dovevaesserepronto
perilgiornodopo.
Loseguiialpianodi
sopracolmodulodella
domandadilavoro.
“Signore,”dissi,“le
spiacecompilarlo,per
favore?”
Luilopresesenza
guardarloeseloficcò
nellatascadella
giacca,cheeragonfia
comeunabisaccia–
notai–didocumenti
gualcitidiognigenere.
Noncompilòmaila
domanda,macolsuo
semplicetrasferimento
creòunincubo
amministrativo.
“Dunque,signore,
perilsalario,”dissi,
“quantovorrebbe?”
Scartòcon
impazienzala
domanda.“Sono
venutoafarericerca,
nonatenerela
contabilità.”
Unannodopovenne
pubblicatalaPrima
RelazioneAnnualedel
PineInstitute.Il
principalerisultato
sembravaessere
questo:cheseimilioni
didollaridiPineerano
statirimessiin
circolazione.Lastampa
delmondooccidentale
scrissecheeraillibro
piùcomicodell’anno,e
riprodussealcunibrani
chelodimostravano.
Lastampacomunistalo
definìillibropiù
lugubredell’anno,e
dedicòarticolisu
articoliallastoriadel
miliardarioamericano
chestavacercandodi
stabilireuncontatto
direttocoldiavoloallo
scopodiaumentarei
suoiprofitti.
IldottorTarbell
rimaseimpassibile.
“Siamoarrivatiallo
stessopuntoincuiun
tempoeralafisica
rispettoallastruttura
dell’atomo,”disse
allegramente.
“Abbiamodelleidee
chepiùcheideesono
materiadifede.Forse
sonoridicole,maridere
sarebbedaignoranti,e
nonscientifico,finché
nonavremoavutoil
tempodimetterlealla
prova.”
Sperdutetrale
pagineepaginedi
sciocchezzedella
Relazionec’eranotre
ipotesisuggeritedal
dottorTarbell.
Cheildiavolo,poiché
lamalattiamentalein
molticasivenivacurata
conl’elettrochoc,
potessetrovare
sgradevolel’elettricità;
chealdiavolo,poiché
inmolticasimeno
gravilamalattia
mentalevenivacurata
conlunghediscussioni
sulpassatodel
paziente,potessero
ripugnaregli
interminabilidiscorsi
sullasessualitàe
sull’infanzia;cheil
diavolo,seesisteva,
apparentementesi
impossessavadella
genteconunaforza
misurabileinvari
gradi;chedaalcuni
pazientipotevaessere
scacciatoconleparole,
chedaaltripoteva
esserescacciatocon
l’elettricità,echein
altricasiancoranon
potevaesserescacciato
senzacheilpaziente
morissedurante
l’operazione.
Eropresentequando
ungiornalista
intervistòTarbellsu
questeipotesi.“Sta
scherzando?”disseil
reporter.
“Seintendedireche
presentoquesteidee
scherzosamente,sì.”
“Allorapensache
sonocavolate?”
“Stiaattaccatoalla
parola‘scherzo,’”disse
ildottorTarbell.“Ese
studieràlastoriadella
scienza,miocaro
ragazzo,credoche
troveràchelamaggior
partedelleidee
veramentegrandisono
scaturitedaunmodo
intelligentedi
scherzare.Tuttala
burberaesussiegosa
concentrazione
successivainrealtà
nonèaltrocheun
mododimettereunpo’
d’ordineaimargini
dellegrandiidee.”
Mailmondo
preferivalaparola
“cavolate”.Ecolpassar
deltempoleridicole
storiediVerdigris
cominciaronoaessere
corredatedaimmagini
altrettantoridicole.
Unaeradiunuomo
conunacuffiache,
facendoglipassareuna
piccolacorrente
elettricanellatesta,
avrebbedovuto
trasformarloinun
postoscomodoperil
diavolo.Dicevanoche
lacorrenteera
impercettibile,maio
provaiunadellecuffie
escopriichela
sensazioneera
estremamente
sgradevole.Unaltro
esperimentofotogeno,
ricordo,concerneva
unapersona
lievementesquilibrata
cheparlavadelproprio
passatomentreera
sottounagrande
campanadivetro:in
quelmodosisperava
chelacampanapotesse
catturarequalche
individuabilesostanza
deldemonio,chein
teoriavenivaespulso
pezzoapezzo.Evia
dicendocontuttele
immaginipossibili,
ciascunadellequali
sembravapiùassurdae
costosadell’altra.
Epoivennequella
cheiochiamai
l’OperazioneTanadel
Topo.Acausadella
qualePinefucostretto
acontrollareilproprio
contoinbancaperla
primavoltaintanti
anni.Eciòchevidelo
spinseafarenuove
prospezionipertrovare
altrigiacimenti
petroliferi.Poichéle
spesesarebberostate
spaventose,iomi
opposiall’iniziativa.Ma
ildottorTarbell,
scartandolemie
obiezioni,convinse
Pinechel’unicomodo
perverificareleteorie
suldiavoloerala
sperimentazionecon
ungrupponumerosodi
persone.L’Operazione
TanadelTopo,dunque,
fuuntentativodi
sdemonizzarelecontee
diNowata,Craig,
Ottawa,Delaware,
Adair,Cherokee,
WagonereRogers.
Comecontroprova,la
conteadiMayes,in
mezzoallealtre,
dovevaesserelasciata
senzaprotezione.
Nelleprimequattro
conteefurono
distribuite97.000
cuffie,cheaifini
dell’esperimento
dovevanoessere
portategiornoenotte.
Nelleultimequattro
furonoistituitidei
centridovelepersone
dovevanorecarsi
almenoduevoltela
settimanaavuotareil
saccosulloropassato.
Passailadirezionedi
questicentriaun
assistente.Non
sopportavoqueiposti,
dovel’ariaerasempre
impregnatadi
autocommiserazionee
dellelamentelepiù
noiosechesipotessero
immaginare.
Treannidopoil
dottorTarbell
consegnòaJessieL.
Pineunrapporto
confidenzialesullo
statodiavanzamento
degliesperimenti,epoi
furicoverato
all’ospedaleconun
esaurimentonervoso.
Avevadettocheil
rapportoera
provvisorioedesortato
Pineanonmostrarloa
nessunofinchénonsi
fosserofattialtrilavori,
moltialtrilavori.
Fudunqueuna
terribilesorpresa
quandoTarbell,
ascoltandolaradio
nellasuacamera
all’ospedale,sentìun
annunciatore
presentarePinesuun
networknazionale,e
sentìPinedire,dopoun
preamboloincoerente:
“Nonc’èstatauna
personapossedutadal
demonionelleotto
conteechestiamo
proteggendo.Molticasi
vecchi,manessuno
nuovo,trannecinque
chenonhannorisposto
alledomandee
diciassettechehanno
lasciatoesaurirele
batterie.Intanto,
proprioinmezzo,
abbiamolasciatoche
gliabitantidellacontea
diMayessi
difendesserodasoli
megliochepotevano,e
quellisonoandati
puntualmente
all’inferno...
“Ilproblemadi
questomondoèedè
semprestatoil
diavolo,”conclusePine.
“Be’,loabbiamo
espulsodall’Oklahoma
nordorientale,tranne
laconteadiMayes,eio
credocheriusciremoa
scacciarloanchedalà,
eacancellarlodalla
facciadellaterra.La
Bibbiadicecheun
giornocisaràuna
grandebattagliatrail
BeneeilMale.Seè
vicinacomecredoio,
alloraèquesta.”
“Quelvecchio
imbecille!”gridò
Tarbell.“MioDio,ora
chesuccederà?”
Pinenonavrebbe
potutoscegliereun
momentostorico
migliore,sevolevache
ilsuoannuncio
scatenassereazioni
esplosive.Consideratei
tempichestavamo
attraversando:il
mondo,comeper
qualchemalevola
magia,erastatodiviso
induemetàostili,ed
erainiziataunaseriedi
mosseecontromosse
chepotevanosolo–
cosìpareva–finirein
undisastro.Nessuno
sapevacosafare.
Sembravacheil
destinodell’umanità
fossesfuggitoal
controllodegliesseri
umani.Ognigiorno
traboccavadi
un’impotenza
disperata,edinotizie
piùbruttediquelledel
giornoprima.
Inquelmomentoda
Verdigris,Oklahoma,
arrivòl’annunciocheil
veroproblemaerache
ildiavolosiaggirava
liberamentesullaterra.
Econquestoannuncio
arrivòl’offertadi
provarloelaproposta
diunasoluzione!
Ilsospirodisollievo
chesialzòdalpianeta
dev’esserestatoudito
nellealtregalassie.Il
problemanoneranoi
russiogliamericanioi
cinesiogliinglesiogli
scienziatioigeneralio
ifinanzieriogliuomini
politicio,sialodato
Iddio,gliesseriumani
diognipartedelglobo,
poverini.Lagenteera
aposto,sveglia,
dignitosaeinnocente,
ederaildiavoloche
facevainacidireleloro
generoseiniziative.
L’amorpropriodiogni
essereumanosi
moltiplicòpermillee
nessuno,tranneil
diavolo,perselafaccia.
Uominipoliticidi
tuttiipaesisi
precipitaronoai
microfoniper
dichiararecheerano
controildiavolo.Gli
editorialidiogni
giornalepreserola
stessaintrepida
posizione:controil
diavolo.Nessunoeraa
favore.
AlleNazioniUnite,le
piccoleapprovarono
unarisoluzioneche
esortavalegrandia
prendersipermano,da
quellefiglieaffettuose
cheinfondoerano
veramente,eacacciar
viapersempredalla
terraildiavolo,illoro
uniconemico.
Perparecchimesi,
dopol’annunciodi
Pine,fuquasi
necessariobollireuna
nonnaafuocolentoo
impazzareconuna
scureinunorfanotrofio
peravereunpo’di
spazionellaprima
paginadiungiornale.
Tuttelenotizie
riguardavano
Armageddon.Uomini
cheavevanodivertitoi
lorolettoricon
stravaganticronache
delleattivitàdi
Verdigrisdiventarono,
dallaseraallamattina,
giudiziosispecialistiin
materiecomeigong
diabolicibratpuhriani,
l’efficaciadellecroci
sullesuoledelle
scarpe,lamessanerae
folkloresimilare.Come
aNatale,leposte
furonosubissatedi
lettereall’ONU,a
funzionaridelgoverno
ealPineInstitute.
Quasitutti,
evidentemente,
avevanosempresaputo
cheildiavoloerail
problemadiognicosa.
Moltidicevanodi
averlovisto,equasi
tuttiavevanodelleidee
piuttostobuoneper
disfarsidilui.
Quelliche
giudicavanotuttala
faccendaunafolliasi
trovarononellastessa
posizionediun
assicuratoresullavita
aunafestadi
compleanno,eperla
maggiorpartesi
strinseronellespallee
tennerolabocca
chiusa.Quellichenon
tenevanolabocca
chiusanonerano
comunquepresiin
considerazione.
Traidubbiosic’erail
dottorGormanTarbell.
“Santocielo,”diceva
tristemente,“non
sappiamocos’abbiamo
dimostratoconinostri
esperimenti.Eranosolo
uninizio.Ètroppo
prestoperdirese
stiamofacendoun
lavorosuldiavoloono.
OraPineconquesto
casinohafattocredere
atuttichebasterà
accendereunpaiodi
macchinenuoveperché
laterraridiventiun
paradiso.”Nessunolo
ascoltò.
Pine,checomunque
erafallito,cedette
l’istitutoalleNazioni
Unite,ecosìvenne
formatalaCIDNU,la
Commissione
d’Inchiesta
Demonologicadelle
NazioniUnite.Ildottor
Tarbelleiofummo
nominatidelegati
americanialla
commissione,che
tennelaprimariunione
aVerdigris.Iofui
elettopresidentee,
com’eraprevedibile,
diventai,acausadel
mionome,ilbersaglio
dimoltebattutedi
cattivogustosulfatto
cheerol’uomoideale
perquelposto.
Fumoltodeprimente
perlacommissione
essersiaspettati–aver
preteso,anzi–tantoda
loro,eaverecosìpoche
informazionisucui
lavorare.Ilmandato
cheavevamoricevuto
dallapopolazionedella
terranoneradi
prevenirelamalattia
mentale,madi
eliminareildemonio.A
pocoapoco,tuttavia,e
sottoterribilipressioni,
buttammogiùun
piano,stesoperla
maggiorpartedal
dottorTarbell.
“Nonpossiamo
promettereniente,”
disselui.“Tuttociòche
possiamofareè
approfittarediquesta
occasionepercondurre
esperimentisuscala
mondiale.Stiamo
lavorandosusemplici
ipotesi,dunquenon
sarebbemale
formularne
qualcun’altra.
Ipotizziamocheil
diavolosiacomeuna
malattiaepidemica,e
operiamocomeselo
fosse.Forse,segli
rendiamoimpossibile
trovareunposto
comodoinognunodi
noieinogniluogo,
spariràomorirào
andràsuqualchealtro
pianeta,oquellochefa
ildiavolo,seesiste.”
Calcolammoche
muniredicuffie
elettricheogniuomo,
donnaebambino
sarebbecostatocirca
20.000.000.000di
dollari,piùaltri
70.000.000.000di
dollaril’annoperle
batterie.Tenutoconto
deicostidelleguerre
moderne,ilprezzoera
abbastanzagiusto.Ma
scoprimmosubitoche
lagentenonera
dispostaaspendere
tantoperqualcosadi
menodiunbel
massacroreciproco.
Alloralapiùpratica
sembròlatecnicadella
TorrediBabele.
Parlarecostapoco.Di
conseguenza,laprima
raccomandazionedella
CIDNUfudicrearedei
centriintuttoilmondo,
ediincoraggiarela
gentedappertutto,in
unmodoonell’altro,
ricorrendoametodi
coercitivitradizionali
comeunabustarella,
unabaionettaola
pauradella
dannazione,arecarsi
regolarmenteinquesti
centripersgravarsidei
problemidell’infanziae
dellasessualità.
Lereazioniaquesta
prima
raccomandazione,
questosegnoiniziale
chelaCIDNUstava
davveroaffrontando
congrandeefficienzail
problemadeldiavolo,
rivelaronounacorrente
sottomarinadidisagio
inquellamareadi
entusiasmo.Molti
leadersimostrarono
esitanti,evaghe
obiezionifurono
sollevateintermini
confusicome“andare
controlanostragrande
tradizionenazionale
perlaqualeinostriavi
sisacrificarono
risolutamente...”.
Nessunofutanto
imprudentedavoler
sembrareunprotettore
deldemonio,mala
cautelaraccomandata
damoltiesponenti
dellealtesfereaveva
unaforte
rassomiglianzaconla
completainazione.
Inunprimotempoil
dottorTarbellpensò
chelareazionefosse
dovutaallapaura:
pauradelle
rappresagliedel
diavoloperlaguerra
chevolevamofargli.
Successivamente,dopo
cheebbeavutoil
tempodistudiarela
composizioneele
dichiarazioni
dell’opposizione,disse
allegramente:
“Perbacco,loro
credonocheabbiamo
unapossibilità.E
hannotuttiunagran
pauradinonaverela
possibilitànemmenodi
arrivareafare
l’accalappiacani,seil
diavolonongira
liberamenteinmezzo
allapopolazione”.
Ma,comedicevo,a
noisembravadiavere
menodiunapossibilità
suuntrilionedi
cambiareilmondoin
unamisurachenon
fosseinfinitesimale.
Grazieaunincidentee
allacorrente
sottomarinadi
opposizione,le
possibilitàbalzarono
benprestoauna
controdiecialla
quattordicesima.
L’incidenteebbe
luogopocodopola
prima
raccomandazionedella
commissione.
“Qualunqueidiotasa
qualèilmodopiù
rapidoepiùfaciledi
sbarazzarsidel
demonio,”sussurròun
delegatoamericano
all’altrodurante
l’assembleagenerale
delleNazioniUnite.“È
unacosadaniente.Per
rimandarloall’inferno
bastafarlosaltarein
arianelsuoquartier
generalealCremlino.”
Credevacheil
microfonocheaveva
davantiallaboccafosse
spento,einvecenon
avrebbepotuto
commettereunerrore
piùgrande.
Ilsuocommentofu
diffusodatuttigli
altoparlantie
debitamentetradottoin
quattordicilingue.La
delegazionerussa
abbandonòlasalae
telegrafòacasa
chiedendounareazione
adeguata.Dueore
dopoeranodiritorno
conunadichiarazione:
“Conlapresenteil
popolodell’Unione
delleRepubbliche
SocialisteSovietiche
ritirailproprio
appoggioalla
Commissione
d’Inchiesta
Demonologicadelle
NazioniUnite,poiché
sitrattadiunaffare
internodegliStatiUniti
d’America.Gli
scienziatirussisono
pienamented’accordo
conleconclusionidel
PineInstitutesulla
presenzadeldiavoloin
tuttigliStatiUniti.
Usandolestesse
tecnichesperimentali,
questiscienziatinon
hannotrovatola
minimatracciadi
attivitàdiaboliche
entroiconfini
dell’URSS,edi
conseguenzaritengono
cheilproblema
riguardi
esclusivamentegli
americani.Ilpopolo
dell’URSSauguraal
popolodegliStatiUniti
d’Americadiriuscire
nelladifficileimpresa,
perchéalpiùpresto
possaessereprontoad
appartenereapieno
titoloallafamigliadelle
nazioniamiche”.
InAmerica,
l’immediatareazionefu
didichiararecheogni
sforzodapartedella
CIDNUinquestopaese
avrebbesignificato
un’altravittoria
propagandisticaperla
Russia.Altrenazioni
fecerolostesso,
dichiarandosigià
sdemonizzate.Eperla
CIDNUquestafula
fine.Francamente,per
mefuunsollievo.La
CIDNUcominciavaa
diventareun’autentica
seccatura.
Fulafineanchedel
PineInstitute,perché
Pineerarimastoin
bollettaenonebbe
altrasceltache
chiuderebottegaa
Verdigris.Quandofu
annunciatalachiusura,
lecentinaiadi
ciarlatanichea
Verdigrisavevano
trovatoricchezzae
distensionediedero
l’assaltoaimieiuffici,e
iomirifugiainel
laboratoriodeldottor
Tarbell.
Quandoentrai,luisi
stavaaccendendoun
sigaroconunsaldatore
rovente.Misalutòcon
uninchinoe
socchiudendogliocchi
nellanuvoladifumo
abbassòlosguardoai
demonologisfrattati
chesiaccalcavanonel
cortilesottostante.
“Eraorachecene
liberassimo,se
volevamofar
qualcosa.”
“Siamostati
licenziatianchenoi,
sa?”
“Ioperoranonho
bisognodisoldi,”disse
Tarbell.“Hobisognodi
elettricità.”
“Sispicci,allora...
L’ultimoassegnoche
hospeditoallaSocietà
Elettricaerascoperto
comeilsuoculo
quandofaladoccia.
Cos’èquelcosoacui
stalavorando,inogni
modo?”
Luisaldòuna
connessioneaun
cilindrodirameche
eraaltocircaunmetro
eventieavevaun
diametrodiunmetroe
ottanta,eun
coperchio.“Saròil
primoexalunnodel
MITadattraversarele
cascatedelNiagarain
unbarile.Credeche
possadiventareun
mestiere?”
“Seriamente.”
“Cheragazzo
equilibrato.Primami
leggaunacosaadalta
voce.Quellibrolà...
Vedeilsegno?”
Illibroeraun
classiconelcampo
dellamagia,Ilramo
d’orodiJamesGeorge
Frazer.Loapriidove
c’erailsegnoetrovai
unbranosottolineato,
quellochedescrivela
MessadiSaint-Sécaire,
cioèlaMessaNera.Lo
lessiadaltavoce:
“‘LaMessadiSaintSécairepuòessere
celebratasoloinuna
chiesainrovinao
abbandonata,dovele
civettechiurlano
lugubremente,dovei
pipistrellisvolazzano
all’imbrunire,dovedi
nottesirifugianogli
zingariedoveirospise
nestannoaccovacciati
sottol’altare
sconsacrato.Làsireca
nottetempoilprete
spretato...ealprimo
degliundicirintocchi
cominciaafarfugliare
lamessadallafine,ela
concludenelpreciso
momentoincuigli
orologisuonanola
mezzanotte...L’ostia
chebenediceènerae
hatrepunte;luinon
consacrailvino,ma
invecebevel’acquadi
unpozzoincuièstato
gettatounbambino
nonbattezzato.Fail
segnodellacroce,ma
perterraecolpiede
sinistro.Efamolte
altrecoseallequali
nessunbuoncristiano
potrebbeassistere
senzadiventarecieco,
sordoemutoperil
restodellapropria
esistenza.’Uff!”dissi
io.
“Dovrebbeattirareil
diavolocomel’allarme
antincendioattira
l’autoscaladei
pompieri,”disseil
dottorTarbell.
“Nonpenserà
davveroche
funzionerebbe!”
Luialzòlespalle.
“Noncihoprovato.”A
untrattolalucesi
spense.“Buonanotte,”
sospirò,edeposeil
saldatore.“Be’,quinon
possiamofarealtro.
Andiamoacercareun
bambinonon
battezzato.”
“Nonvuoledirmia
chedovrebbeservireil
cilindro?”
“Balzaagliocchi.È
unatrappolaperil
diavolo,ovviamente.”
“Naturale.”Sorrisi
debolmenteefeciun
passoindietro.“Ecome
escametteràunafetta
ditortadeldiavolo?2”
“Unadelleprincipali
teorieuscitedalPine
Institute,ragazzomio,
ècheildiavoloèdel
tuttoindifferentealla
tortadeldiavolo.Però
siamosicurichenonè
affattoindifferente
all’elettricità,ese
potessimopagarela
bollettadellaluce
potremmofarpassare
l’elettricitàattraverso
leparetieilcoperchio
diquestocilindro.Così,
tuttoquelloche
dobbiamofare,appena
ildiavoloèdentro,è
girarel’interruttore,e
inquestomodo
l’abbiamoinpugno.
Forse.Chissà.Chiè
maistatotantopazzo
daprovarci?Maprima,
comedicelaricetta
dellospezzatinodi
coniglio,prendeteil
coniglio.”
Avevosperatodi
vedereperunpo’la
finedellademonologia,
enonvedevol’oradi
passareadaltrecose.
Malatenaciadel
dottorTarbellmi
indussearestarecon
lui,pervederedovei
suoi“scherzi
intelligenti”ci
avrebberoportatola
prossimavolta.
Eseisettimanedopo
ildottorTarbelleio,
tirandocidietroil
cilindrodirameche
avevamocaricatosuun
carrettoesrotolando
delfilodaunrocchetto
chetenevosulla
schiena,scendemmo
congrandecautela,di
notte,finoalfondo
dellaMohawkValley,
dadovesivedevanole
lucidiSchenectady.
Tranoieilfiume,in
cuilalunapienasi
specchiava
abbacinandoci,c’era
untrattoabbandonato
delvecchiocanale
navigabileErie,ormai
inutile,sostituitoda
canalidragatinel
fiume,pienodi
un’acquastagnantee
salmastra.Sulla
spondac’eranole
fondamentadiun
vecchioalbergocheun
tempoeraservitoagli
equipaggidellechiatte
eaiviaggiatorisuquel
corsod’acquaormai
dimenticato.
Eoltrealle
fondamentac’erala
strutturaligneadiuna
chiesascoperchiata.
Ilvecchiocampanile
sistagliavasullosfondo
delcielonotturno,
risoluto,indomabile,in
unaparrocchiadi
spettriedirovine.
Quandoentrammo
nellachiesa,un
rimorchiatoreche
trainavadellechiattea
montedelfiumesuonò
lasirena,elavoce
arrivòfinoanoi,
echeggiandoattraverso
l’architetturadella
valle,funereaegrave.
Unacivettaemiseil
suogrido,eun
pipistrellocifrullò
sopralatesta.Ildottor
Tarbellfecerotolareil
cilindrofinoaunpunto
davantiall’altare.Io
collegaiaun
interruttoreifiliche
avevosteso,econaltri
cinqueoseimetridi
filocollegai
l’interruttoreal
cilindro.L’altrocapo
delfiloeraconnessoai
circuitidiunacasa
colonicasulfianco
dellacollina.
“Cheoresono?”
mormoròildottor
Tarbell.
“Leundicimeno
cinque.”
“Bene,”disse
debolmentelui.
Avevamotutt’edueuna
fifablu.“Orasenta,io
credochenon
succederàproprio
niente,mase
succedesse–intendo
direanoi–holasciato
unaletteranellacasa
colonica.”
“Allorasiamoin
due,”dissiio.Lopresi
perunbraccio.
“Senta...Ese
sospendessimotutto?”
gliproposi.“Seil
diavoloesiste
veramenteenoi
continuiamoacercare
dimetterloconle
spallealmuro,
sicuramentesela
prenderàconnoi...Ed
èimpossibile
prevederecosafarà!”
“Leinonètenutoa
restare,”disseTarbell.
“L’interruttoreposso
girarloio,immagino.”
“Èdecisoadandare
finoinfondo?”
“Anchesesono
terrorizzato,”disse.
Mandaiunsospirone.
“Vabene.Diol’aiuti.
Gireròio
l’interruttore.”
“Okay,”disselui,con
unpallidosorriso,“si
mettalacuffia
protettiva,eandiamo.”
Lecampane
dell’orologiodel
campaniledi
Schenectady
cominciaronoabattere
leundici.
IldottorTarbell
deglutì,siavvicinò
all’altare,scostòun
rospoconlamanoe
diedeinizioalla
raccapricciante
cerimonia.
Avevapassato
settimanealeggeree
provarelasuaparte,
mentreioandavoin
cercadiunposto
adattoedelsinistro
materialenecessario.
Nonavevotrovatoun
pozzoincuifossestato
gettatounbambino
nonbattezzato,ma
avevotrovatoaltri
articolidellostesso
genereche
sembravano
abbastanzaorribiliper
esseredei
soddisfacentisurrogati
agliocchideldiavolo
piùdepravato.
Ora,innomedella
scienzaedell’umanità,
ildottorTarbellmise
tuttal’animanella
celebrazionedella
MessadiSaint-Sécaire,
facendo,con
un’espressione
inorriditasullafaccia,
ciòchenessunbuon
cristianoavrebbe
potutovederesenza
diventarecieco,sordo
emuto.
Inunmodoo
nell’altroiosopravvissi
contuttiisensiintatti,
emandaiunsospirodi
sollievoquando
l’orologiodi
Schenectadybattéle
dodici.
“Mostrati,Satana!”
urlòildottorTarbell
mentreecheggiavanoi
rintocchi.“Ascoltai
tuoiservi,Signore
dellaNotte,e
mostrati!”
L’orologiobatté
l’ultimodeidodici
colpi,eildottorTarbell
siafflosciòcontro
l’altare,esausto.Si
rialzòdopounattimo,
alzòlespalleesorrise.
“Chediavolo,”disse,
“nonsisamai,finché
nonhaiprovato.”Si
tolselacuffia.
Iopresiun
cacciavite,
preparandomia
staccareifili.“Econ
questo,speriamo,la
CIDNUeilPine
Institutesono
liquidati,”dissi.
“Be’,iohoancora
qualcheidea,”disseil
dottorTarbell.Epoisi
miseaurlare.
Alzandolosguardolo
vidi,congliocchi
sbarrati,
un’espressione
maligna,etutto
tremante.Cercavadi
direqualcosa,madalla
golagliuscìsoloun
gorgogliostrozzato.
Poiebbeiniziola
lottapiùfantasticacui
unuomoassisteràmai.
Dozzinediartistihanno
cercatodi
rappresentarla;ma
nessuno,perquanto
dipingaildottor
Tarbellcongliocchi
fuoridalleorbite,rosso
infacciaeconi
muscolicomecorde
annodate,saràmai
capacediesprimere
altrocheinmisura
infinitesimalel’eroismo
diArmageddon.
Tarbellcaddein
ginocchioe,come
lottandocontrocatene
strettedaungigante,
cominciòastrisciare
centimetroper
centimetroversoil
cilindrodirame.Isuoi
indumentieranozuppi
disudore,eluiriusciva
soloadansimareea
grugnire.Piùvolte,
mentresifermavaper
riprenderfiato,fu
tiratoindietrodaforze
invisibili.Allora
tornavaamettersiin
ginocchio,epalmoa
palmoriguadagnava
faticosamenteil
terrenoperduto.
Finalmente
raggiunseilcilindro,si
alzòinpiediconuno
sforzoerculeo,come
sollevandounpeso
immane,esilasciò
caderedentro.Lo
sentiiscivolarecontro
l’isolamentointerno,
mentreilsuorespiro
rimbombava,
amplificatodalcilindro.
Erosbalordito,non
riuscivonéacredere
néacapireciòche
avevovisto,enon
sapevochefare.
“Adesso!”gridòil
dottorTarbell
dall’internodel
cilindro.Lasuamano
apparveperunattimo
echiuseilcoperchio,
poiancoraunavoltalui
gridò,conunavoce
fiocachesembrava
veniredalontano:
“Adesso”.
Alloracapii,e
cominciaiatremare,e
fuisommersoda
un’ondatadinausea.
Capiicosavolevache
facessi,cosamistava
chiedendoconl’ultimo
frammentodell’anima
cheildiavologlistava
consumando.
Perciòchiusiil
coperchiodall’esterno
egirail’interruttore.
Graziealcielo,
Schenectadyeravicina.
Telefonaiaun
professoredi
ingegneriaelettrica
delloUnionCollege,e
inmenoditrequarti
d’oraluiideòeinstallò
unacamera
d’equilibriodifortuna
attraversolaqualesi
potevarifornireil
dottorTarbelld’aria,
d’acquaecibo,mache
tenevasemprein
funzioneunabarriera
elettrificataaprovadi
diavolotraluie
l’esterno.
Certo,l’aspettopiù
straziantedellatragica
vittoriasuldemonioèil
deterioramentodella
mentedeldottor
Tarbell.Nullaèrimasto
diquellosplendido
strumento.C’èinvece
qualcosacheusalasua
voceeilsuocorpo,che
blandiscegli
interlocutoriecercadi
conquistarelaloro
simpatia,elalibertà,
urlando,traaltre
perfidebugie,che
Tarbellèstato
scaraventatonel
cilindrodame.Semiè
concessodirlo,lamia
partenonèstatasenza
penaesacrificio.
Poichél’affare
Tarbell,ahimé,è
controverso,epoiché,
perragioni
propagandistiche,il
nostropaesenonpuò
ammettere
ufficialmentecheil
diavoloèstato
catturatoqui,la
Fondazioneperla
DifesadiTarbellnon
godedisussidi
governativi.Lespese
perlamanutenzione
dellatrappola
antidiavoloeperil
mantenimentodelsuo
contenutosonostate
sostenutedadonazioni
dipersoneanimateda
sensocivicocomevoi.
Lespeseei
preventividispesa
dellaFondazionesono
estremamentemodesti
semessiaconfronto
conivantaggi
conseguitidatutta
l’umanità.Quantoalle
miglioriedell’impianto,
nonabbiamofattonulla
piùdellostretto
necessario.Lachiesaè
statacoperta,dipinta,
isolataecircondatada
unarecinzione,letravi
marcesonostate
sostituite,evisono
statiinstallatiun
impiantodi
riscaldamentoeun
generatoreausiliario.
Ammettereteche
questecoseerano
indispensabili.
Tuttavia,nonostantei
limitifissatiallenostre
spese,laFondazione
trovacheilsuotesoro
ègravementeintaccato
daglieffetti
dell’inflazione.Laparte
cheavevamo
accantonatoper
piccolemigliorieè
stataassorbitadalla
puraesemplice
manutenzione.La
Fondazioneimpiega
unostaffridottoal
minimoditreguardiani
retribuitichelavorando
intreturnidiottoore
dannodamangiareal
dottorTarbell,tengono
abadaicercatoridi
emozioniecuranola
manutenzione
dell’impiantoelettrico,
cheèdivitale
importanza.Questo
personalenonpuò
essereridottosenza
correreilrischiochela
vittoriadiArmageddon
possadiventareuna
sconfittainunsolo
istantedi
disattenzione,
producendoundisastro
irreparabile.Idirigenti
dellaFondazione,me
compreso,prestano
serviziononretribuito.
Poichéoltrealcosto
dellamanutenzione
sonoaumentatele
necessità,dobbiamo
cercarenuoviamici.
Eccolaragionepercui
viscrivo.L’alloggiodel
dottorTarbellèstato
ingranditodopoquei
primimesidaincubo
nelcilindro,eora
comprendeunacamera
isolataconleparetidi
ramelargatremetrie
altaquasidue.Ma
questa,ammetterete,è
unabenmisera
abitazioneperciòche
restadeldottor
Tarbell.Nutriamola
speranzadipoter
ampliareilsuo
alloggio,graziealla
vostragenerosità,fino
acomprendereun
piccolostudio,una
cameradalettoeun
bagno.Eleultime
ricercheindicanoche
esistelasperanzadi
costruirgliunafinestra
panoramica
elettricamente
protetta,ancheseil
costosaràelevato.
Maqualunquesiail
costo,nessunodei
sacrificichepotremo
fareèparagonabilea
ciòcheildottorTarbell
hafattopernoi.Esei
contributideinuovi
amicicomevoisaranno
abbastanzagrandi,noi
speriamo,nonsoltanto
diampliarel’abitazione
deldottorTarbell,ma
anchedipotergli
erigereunmonumento
adeguatodavantialla
chiesa,conlesue
sembianzeeleparole
immortalichescrisse
inunaletteraqualche
oraprimadivincereil
demonio:
“Sestanotteavrò
avutosuccesso,il
demoniononsaràpiù
tragliuomini.Non
possofaredipiù.Ora,
sealtrilibererannola
terradallavanità,
dall’ignoranzaedal
bisogno,l’umanità
potràvivereper
semprefelicee
contenta.Dr.Gorman
Tarbell”.
Ilpiùpiccolo
contributosaràil
benvenuto.
Distintisaluti,
Dr.LuciferJ.Mephisto
Presidentedel
Consigliodi
Amministrazione
1
Continuamente
ricordatonelmondo
anglosassone,quasi
completamenteignoratoda
noi,Armageddonè,nella
Bibbia,illuogodell’ultima
battagliatrailBeneeil
Male,enellasuaaccezione
piùestesaindicalastessa
Apocalisse.[N.d.T.]
2
Devil’sfoodcake,tipico
dolceamericanoabasedi
cacao,pannaeuova.
[N.d.T.]
Confetti#8,courtesyKurt
Vonnegut&Origami
ExpressLLC.
INDICE
IntroduzionediMark
Vonnegut
Da:SoldatosceltoK.
Vonnegutjr.,
12102964Esercito
degliStatiUniti
KurtVonneguta
ClowesHall,
Indianapolis,
27aprile2007
Datuttelestradesi
alzerannolamenti
GranGiorno
Cannoniprimadel
burro
Buoncompleanno,
1951
Suconlavita
Latrappola
dell’unicorno
Militeignoto
Spoglie
Solotueio,Sammy
Lascrivaniadel
comandante
Ricordando
l’Apocalisse
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