Kurt RICO L'APO Ealtri inediti sullap Feltrinelli TraduzionediVincenzo Mantovani ©Giangiacomo FeltrinelliEditore Milano Primaedizionenella collana“INarratori” settembre2008 ISBNedizione cartacea: 9788807017650 INTRODUZIONE Hosempre avutola massima fiduciainciò chescrivo,e glialtri sembrano averela massima fiduciainciò chescrivo quantopiùmi esprimoda figliodi Indianapolis, cheèquello chesono. Comeseci fossimopresi atortein faccia. COSÌKURT, FACENDO UN BILANCIO DEI RISULTATI OTTENUTI DAL MOVIMENTO ANTIBELLICIS NELCORSO DELLA GUERRANEL VIETNAM Scrivereerapermio padreunesercizio spirituale,l’unicacosa incuicredesse veramente.Avrebbe volutometterelecose aposto,manonpensò maicheisuoiscritti potesseroavereun grandeeffettosulloro andamento.Isuoi modellieranoGiona, Lincoln,Melvillee Twain. Scrivevaeriscriveva, ripetendoinfinitevolte abassavoceciòche avevaappenascritto, gesticolando, cambiandoiltonoeil ritmodelleparole.Poi facevaunapausa, restavalìconaria meditabonda, strappavadalla macchinadascrivereil foglioappenascritto,lo appallottolava,lo buttavaviae ricominciavadacapo. Ameparevauno stranomododipassare iltempoperunadulto, maerosoloun bambinoeignoravo tantecose. Inmateriadi linguaggioavevauna marciainpiù.A ottant’annierotti facevaancorai cruciverbadel“New YorkTimes” rapidamenteea inchiostroesenzamai chiedereaiuto.Appena glispiegaicheilverbo stavaall’ultimoposto, fuingradoditradurre aprimavistala versionedilatinoche miavevanoassegnato comecompitoacasa, senzaaveremai studiatoillatino.Isuoi romanzi,idiscorsi,i raccontiepersinoi soffiettideirisvoltidi copertinaeranoscritti congrandecura.Chi credecheiraccontioi saggidiKurtgli venisserofacilmenteo fosseroimprovvisati nonsièmaicimentato inquestaattività. Unadellesue storiellepreferite riguardavauntizioche facevacontrabbandodi carriole.Ognigiorno, perannieanni,il doganiereperquisì accuratamentela carrioladiquest’uomo. Finalmente,quando stavaperandarein pensione,ildoganiere glidisse:“Siamo diventatiamici.Ho perquisitolatua carriolaognigiornoper moltianni.Dicos’èche faicontrabbando?”. “Amicomio,iofaccio contrabbandodi carriole.” SpessoKurtrideva cosìfragorosamente dellepropriestorielle chearrivavaapiegarsi indue,alzandogli occhiconlatestatrale gambe.Selarisata provocavaunaccesso ditosse,lafaccenda potevadiventare piuttostoinquietante. Quandomilamentai perchémiavevano datosolocinquanta dollariperunarticolo cheavevarichiestouna settimanadilavoro,mi dissechedovevo calcolarequantomi sarebbecostato pubblicareunannuncio diduepagineper informarelagenteche sapevoscrivere. Chiunquescrivesseo cercassediscrivere, perKurteraspeciale.E luierasemprepronto adaiutarli.Piùdiuna voltal’hosentito parlarelentamentee congrande sollecitudinecon qualcheubriaconeche erariuscitoa telefonarglipersapere comesifaacostruire unraccontoouna storiellacomequella dellacarriola. “Chiera?” “Nonloso.” QuandoKurt scriveva,eracomese andasseincercadi qualcosa.Sapeva, perchéeragià successo,cheseavesse continuatoamettere unpiededietrol’altro avrebbepotuto imbattersiinqualcosa dibuono,elavorarcisu efarlosuo.Maanche sequestoeragià accadutoparecchie volte,Kurtnonaveva moltafiduciainse stesso.Temevache ognibuonaideachegli venivainmente potesseesserel’ultima, echeilsuccessoche avevaavutopotesse ridursiesfumare. Silagnavadiaverele gambetroppomagree dinonessereunbuon giocatoreditennis. Noneramai contento,manon riuscivaanascondere deltuttolagioiache provavaquando scrivevaqualcosadi bello. Imomentipiùinfelici dellasuavitaerano quelli–mesiemesi,e unavoltaunanno intero–incuisisentiva “bloccato”.Letentava tuttepersbloccarsi,ma eramoltodiffidente versolapsichiatria, cheloinnervosiva. Quandoavevo ventiquattroo venticinqueannisi lasciòsfuggireche temevachelaterapia potesseriadattarloe ricondurloalla normalità,equella sarebbestatalafine delsuolavorodi scrittore.Cercaidi tranquillizzarlo dicendoglichegli psichiatrinonerano capaciditanto. “Senonriescia scrivereconchiarezza, probabilmentenonhai neancheleideechiare comecredi,”midiceva. Sepensatecheinciò chehascrittoc’è qualcosadisciatto, forseaveteragione,ma rileggetelo,tantoper esseresicuri. Unragazzoche diventamaggiorenne nell’Indianadurantela Depressionedecideche vuolfareloscrittore, chevuolediventare unoscrittorefamoso, edèpropriocosìche andrannolecose. Quanteprobabilità c’erano?Kurttiròun piattodispaghetti controilmuroesifece subitoun’ideadicosa sarebberimasto attaccato. Quandoavevosedici anni,nonriuscìa ottenereunpostodi insegnanted’ingleseal CommunityCollegedi CapeCod.Miamadre raccontavadiquando entravanellelibreriee dandounnomefalso ordinavaisuoilibri perchéfosseroalmeno suibanchiemagari qualcunolicomprasse. Cinqueannidopo pubblicòMattatoioN.5 efirmòuncontrattoda unmilionedidollari perunaseriedi romanzi.Civolleun certotempoper abituarsi.Oggi,perla maggiorpartedella gente,cheKurtsiauno scrittoredisuccesso,e persinofamoso,èuna cosa“naturale”.Per me,èunacosache moltofacilmente avrebbepotutonon verificarsimai. Dicevaspessoche avevadovutodiventare unoscrittoreperché noneracapacedifare altro.Noneracapace difarel’impiegato.A metàdeglianni cinquantafuassunto perbrevetempodalla rivista“Sports Illustrated”.Si presentò,eglichiesero discrivereunbreve articolosuuncavallo dacorsacheaveva saltatolabarrierae cercatodiscappare. Kurtfissòilfoglio biancopertuttala mattina,poiscrisse:“Il cavallohasaltato quellabarrieradel cazzo”eseneandò, ridiventandoun lavoratoreautonomo. Nonhomai conosciutounapersona menointeressataal cibodilui.Eraun accanitofumatore,e questoc’entrava qualcosa.Quandosi lagnavachelasuavita erastatatroppolunga, glidicevocheDioera curiosodisapere quantesigarettepoteva fumareunessere umano,echenon potevafaramenodi chiedersicosasarebbe uscitolaprossimavolta dallaboccadiKurt.Ciò cherendevadifficile prenderloseriamente quandodicevadi esserefinitoedinon averaltrodadireerail fattocheaveva cominciatoadirlo intornoaiquarant’anni, echeaottantaepiù continuavaancoraa sorprenderelagentee asfornarerobabuona. Lacosapiùradicale chepossiamopensare, lapiùaudace,èche forsevallapenadi lavoraresodoe meditare profondamentee leggereconattenzione escriverecolmassimo impegnoecercaredi rendersiutili. Eraunoscrittoreche credevanellamagiadel processo:siaciòchelo scriverefacevaperlui, siaciòchepotevafare perilettori.Iltempoe l’attenzionedellettore perluieranosacri.Il suorapportoconla genteeravisceraleea duelivelli,perchési rendevacontocheil contenutononètutta lastoria.Kurtècome unadrogaponteoun calzascarpe.Quandoil lettorehavarcatola soglia,altriscrittori diventanoaccessibili. “C’èancoraqualcuno chemileggeanche dopoaverfinitola scuola?” Insegnavacome narrarestoriee insegnavaailettori comeleggere.Isuoi scritticontinuerannoa farloperunpezzo.Era edèunsovversivo,ma nonnelsensoche credelagente.Erala personamenostramba cheioabbiamai conosciuto.Niente droga.Niente macchineveloci. Hasemprecercatodi staredallapartedegli angeli.Noncredeva chesarebbescoppiata laguerrainIraq, finchénonscoppiò.Fu perluiungrande dolore,nonperchégli importassetanto dell’Iraq,maperché amaval’Americae credevachelaterraeil popolodiLincolne Twainavrebbero trovatoilmododi aggiustarelecose. Credeva,comeisuoi aviimmigrati,che l’Americapotesse essereunfaroeun paradiso. Nonpotevafara menodipensareche tuttiisoldiche stavamospendendoper distruggerelecosee ucciderelagenteinun paesecosìlontano, facendociodiaree temeredalmondo intero,sarebberostati spesimeglioin pubblicaistruzionee biblioteche.Èdifficile immaginarechela storianonglidarà ragione,senonl’hagià fatto. Leggereescrivere sonoattisovversividi persé.Quellache sovvertonoèl’ideache lecosedevonoessere comesono,chetusei solo,chenessunaltro sièmaisentitocometi sentitu.Ciòchepensa lagentequandolegge Kurtèchelecosesono piùaportatadimano, edimolto,diquantosi creda.Ilmondodiventa unpostounpo’diverso soloperchéhannoletto unlibro.Pensate! Èmoltodiffusal’idea cheKurtfosseuna personadepressa,ma comepertantealtre cosedidominio pubblico,cisonovalide ragioniperdubitarne. Nonvolevaessere feliceedicevaun mucchiodicose deprimenti,ma onestamentenoncredo chesiamaistato depresso. Eracomeun estroversochevuol essereunintroverso, untipoassaisocievole chevuolessereunlupo solitario,unapersona fortunatache preferiscelasfortuna. Unottimistachefail pessimista,sperando chelagenteglidia retta.Èstatosolocon laguerrainIraq,e negliultimiannidella suavita,cheè diventatoveramente cupo. Cifuunbizzarro, surrealeincidente quandopresetroppe pilloleefinìinun ospedalepsichiatrico, manessunoebbemai l’impressionechefosse inpericolo.Ilgiorno dopoeralàchesaltava nellasalacomune giocandoaping-ponge facendoamiciziacon tutti.Sembravachesi stesseesibendoin un’imitazionenon moltoconvincentedi unapersonaconuna malattiamentale. All’ospedalelo psichiatramidisse: “Suopadreèdepresso. Glidaremodegli antidepressivi”. “Okay,manonmi parecheabbianessuno deisintomichedisolito vedonelladepressione. Nonèdiventatopiù lento,nonhal’aria triste,capisceancora tuttoalvolo.” “Hatentatodi uccidersi,”disselo psichiatra. “Be’,quasi.”Con tuttiifarmaciche avevapreso,nessuno diessiarrivavaaun livelloditossicità.Il livellodiTylenolera appenaterapeutico. “Noncredeche dovremmo somministrarglidegli antidepressivi? Qualcosadobbiamo fare.” “Hosolopensatodi doverledirechenonmi sembradepresso.È moltodifficiledire com’èKurt.Nonsto dicendochestabene.” Ladifferenzatrai mieifanequellidiKurt ècheimieifansanno diesseredeimalatidi mente. Quandogiocavaa baseball,Kurterapiù bravocomelanciatore checomericevitore. Perluieranormale scrivereedirecose provocatorie,enon sempregentili,suisuoi familiari.Abbiamo imparatoanonfarci caso.EraKurtebasta. Maquandoioscrissiin unarticolocheKurt, volendoessereun famosopessimista, forseinvidiavaaTwain eLincolnilorofigli morti,luisiimbufalì. “Volevosolo richiamarel’attenzione deilettori.Erauna battuta.Solotupotevi prenderlaseriamente.” “Iosocome funzionanoqueste storielle.” “Anch’io.” Clic,clic, riattaccammo. “Sedovessimorire, Diononvoglia.” Ognidueotreanni miinviavaunalettera perdirmicosadovevo farenell’eventualità dellasuamorte.Ogni volta,trannel’ultima, laletteraeraseguita daunatelefonatacon cuimitranquillizzava dicendochenonerail bigliettodiunsuicida. Ilgiornoprimachemi spedissel’ultimodei suoi“sedovessi morire”terminòil discorsochedoveva pronunciare nell’Indianaper l’aperturadell’annodi KurtVonnegut.Due settimanedopocadde, battélatestaeruppe inmodoirreversibileil suopreziosouovo. Dovettistudiare l’ultimodiscorso megliodiquasituttigli altri,perchéchieseroa medileggerlo. Scorrendolo,nonpotei faramenodi domandarmi:“Come diavolofaafarlafranca concagatecome questa?”.Afarlo funzionarefuilsuo pubblico.Inquattroe quattr’ottomiresi contochestavo leggendolesueparole aunpubblico,eaun mondo,cheera follementeinnamorato dimiopadreelo avrebbeseguito dappertutto. “[Sono]celibecome ilcinquantapercento delcleroeterosessuale cattolicoromano”è unafrasesenzasenso. “Untwerp[è]untizio chesificcauna dentieranelculoper staccareconidentii bottonidaisedilidei taxi.”“Unosnarfèuno cheannusalasella dellebiciclettedelle ragazze.”Dove,oh, dovestaandandoa sbattereilmiocaro papà?Epoidiceva qualcosacheandavaal nocciolodella questioneecheera scandalosoevero,etu cicredeviunpo’anche perchéavevaappena parlatodicelibato,di twerpedisnarf.1 “Nonfareimaiil dottore.Dev’essereil mestierepiùbruttodel mondo.” Unadellenostre ultimeconversazioni: “Quantiannihai, Mark?”. “Hocinquantanove anni,papà.” “Seivecchio.” “Sì,papà.” Loamavo teneramente. Questiscritti,perla maggiorpartenon datatietuttiinediti, reggonobenissimoda soli.Nonhanno bisognodicommenti dapartemia.Anchese ilcontenutodiuncerto pezzononviinteressa, dateun’occhiataalla struttura,alritmoe allasceltadelleparole. Senonriuscitea impararealeggeree scriveredaKurt,forse dovrestefareun’altra cosa. Leultimeparole dell’ultimodiscorsoche hascrittosonoforsele migliorichepoteva scegliereper congedarsi. Egrazieper l’attenzione.Iovado. MarkVonnegut 1settembre2007 1 Parolesostanzialmente intraducibiliallequalisi attribuisconodigiornoin giornosemprenuovi significatirepellentie disgustosi.[N.d.T.] Da: Soldato sceltoK. Vonnegut jr., 12102964 Esercito degliStati Uniti. A: KurtVonnegut, WilliamsCreek, Indianapolis,Indiana. Mieicari, midiconoche probabilmentenessuno vihainformatochenon sonomaistato “dispersoin combattimento”.È ancheprobabileche nonabbiatericevuto nessunadellelettere chehoscrittodalla Germania.Dunque,non mirestaaltrodafare chedarviunmucchio dispiegazioni.E precisamente: Sonoprigionierodi guerradal19dicembre 1944,quandolanostra divisionefufattaa pezzidall’ultimo attaccodisperatodi Hitlerattraversoil Lussemburgoeil Belgio.Settefanatiche divisionidipanzerci hannoattaccatoe isolatodalrestodella PrimaArmatadi Hodges.Lealtre divisioniamericaneai nostrifianchisono riusciteasganciarsi: noisiamostaticostretti arestareea combattere.Le baionettesonopoco efficacicontroicarri armati:abbiamofinito lemunizioni,iviveriei medicinali,eilnumero dellenostrevittimeha superatoquellodichi eraancoraingradodi combattere;così,ci siamoarresi.Midicono cheperquestola106ma haricevutouna Citazionepresidenziale eunaDecorazione britannicada Montgomery,mami vengaunaccidentese nevalevalapena.Io sonounodeipochiche nonsonostatiferiti.E ringrazioIddioper questo. Dunque,i superuominicihanno fattomarciare,senza cibo,acquaesonno, finoaLimberg,una distanzadicircacento chilometri,credo,dove siamostaticaricatie chiusidentro,sessanta uominiperognicarro mercipiccolo, soffocanteenon riscaldato.Nonc’erano serviziigienici:il pavimentoeracoperto distercodivacca fresco.Percoricarsi nonc’erapostoper tutti.Metàdormivano mentreglialtristavano inpiedi.Abbiamo passatoparecchi giorni,compresoil Natale,suquelbinario mortodiLimberg.La vigiliadiNatalela RoyalAirForceha bombardatoe mitragliatoiltreno,che eraprivodi contrassegni.Hanno uccisocirca centocinquantadinoi. IlgiornodiNataleci hannodatounpo’ d’acquaecihanno portatolentamente attraversolaGermania finoaungrandecampo diprigioniaa Muhlburg,asuddi Berlino.Cihannofatto usciredaivagonia Capodanno.Itedeschi, perspidocchiarci,ci hannofattofareuna docciabollente.Molti uominisonomortinelle docceperlochocdopo diecigiornidifame, seteeassideramento. Maiono. Secondola Convenzionedi Ginevra,ufficialie sottufficialinonsono obbligatialavorare quandovengonofatti prigionieri.Iosono, comesapete,un soldatosemplice.Il10 gennaio centocinquantadi questiesseridi secondacategoriasono statiinviatiinun campodilavoroa Dresda.Poichéparlo unpo’ditedesco,il lorocapoeroio. Avevamolasfortunadi averedelleguardie sadicheefanatiche.Si sonorifiutatedi prestarcicuremediche edidarcideivestiti:ci hannofattofarelunghe oredilavoriforzati moltopesanti.La razionediciboeradi duecentocinquanta grammidipaneneroe mezzolitrodizuppadi patatesconditaal giorno.Dopoaver cercatodisperatamente perduemesidi migliorarelanostra situazionericevendo pertuttarispostadei blandisorrisi,hodetto alleguardiecosagli avreifattoquando fosseroarrivatiirussi. Alloramihannodato unpo’dibottee rimossodall’incaricodi capogruppo.Ipestaggi nonerano particolarmente violenti:unragazzoè mortodifameeduene hannofucilatileSSper averrubatodelcibo. Intornoal14 febbraiosonoarrivati gliamericani,seguiti dallaRAF,econiloro sforzicombinatiin ventiquattr’orehanno ucciso250.000persone edistruttotutta Dresda:forselacittà piùbelladelmondo. Manonme. Dopodichécihanno fattolavorarealla rimozionedeicadaveri dairifugiantiaerei; donne,bambini,vecchi; mortisottolebombe, nell’incendioo soffocati.Icivilici maledivanoeci prendevanoasassate mentreportavamoi corpialleenormipire funebriallestitein città. Quandoilgenerale PattonhapresoLipsia siamostatievacuatia piediaHellexisdorf,al confinetralaSassonia elaCecoslovacchia.Ci siamorimastifinoalla finedellaguerra.Le guardiecihanno abbandonato.Quel giornofeliceirussi stavanorastrellando saccheisolatedi resistenzanelnostro settore.Iloroaerei(P39)cihanno mitragliatoe bombardato,uccidendo quattordicisoldati,ma nonme. Inotto,abbiamo rubatouncarroeuna pariglia.Abbiamo attraversatoe saccheggiatoiSudetie laSassoniaperotto giorni,vivendoda pascià.Irussivanno pazzipergliamericani. Irussicihanno pizzicatoaDresda.Da làabbiamoraggiuntole lineeamericaneaHalle sucamionForddella leggeAffittiePrestiti. Daallorasiamostati trasportatiaLeHavre inaereo. Scrivodauncircolo dellaCroceRossanel campoperilrimpatrio deiprigionieridi guerradiLeHavre.Mi hannotrattato benissimoedatoda mangiarecose deliziose.Lenavi diretteinpatriasono strapiene,ovviamente, perciòdovròavere pazienza.Sperodi essereacasaentroun mese.Unavoltalì,mi darannoventungiorni perristabilirmiad Atterbury,circa600 dollaridipaga arretratae–apritele orecchie–sessanta (60)giornidilicenza! Hotroppecoseda dire,ilrestodovrà aspettare.Quinon possoricevereposta, dunquenonscrivete. Unabbraccio, Kurtjr. 29maggio1945 KURT VONNEGUT aClowesHall, Indianapolis, 27aprile2007 BackDoor,courtesyKurt Vonnegut&Origami ExpressLLC. Grazie. Eccomidavantiavoi comeunmodellodi comportamento,per gentileconcessionedel sindacoBartPeterson, eDiolobenedicaper questaoccasione. Senonèunpiacere, nonsochecosasia. Epensatesoloa questo:insolitreanni, durantelaSeconda guerramondiale,sono passatodasoldato sempliceacaporale,lo stessogradocheun tempohannoavutosia NapoleonecheAdolf Hitler. Attualmentesono KurtVonnegutjunior. Edècosìcheimiei figli,ormaipiuttosto anziani,comeme, continuanoa chiamarmiquando parlanodimeallemie spalle:“Juniorquie Juniorlà”. Maognivoltache guardatel’AyresClock all’incrociotraSouth MeridianeWashington Streetpensate,vi prego,amiopadre, KurtVonnegutsenior, cheloprogettò.Seè perquesto,luiesuo padre,Bernard Vonnegut, progettaronol’intero edificio.Eluifuil fondatoredella OrchardSchooledel Children’sMuseum. Suopadre,mio nonno,l’architetto BernardVonnegut, progettò,tral’altro, l’Athenaeum,che primadellaPrima guerramondialeera chiamato“Das DeutscheHaus”.Non riescoaimmaginare perqualemotivo abbianodovuto cambiargliilnomein “Athenaeum”,senon perbaciareilculoa unabandadigrecoamericani. Credochetuttivoi sappiatechesto facendocausaal fabbricantedelle sigarettePallMall perchéilloroprodotto nonmihaancora ucciso,ehogià ottantaquattroanni. Stateasentire:ho studiatoantropologia all’Universitàdi Chicagodopola Secondaguerra mondiale,l’ultimache abbiamovinto.Egli espertidiantropologia fisica,cheavevano studiatoteschiumani risalentiamigliaiadi anniprima,dicevano cheavremmodovuto viveresolo trentacinqueanniogiù dilì,perchétanto duravanoinostridenti senzal’ausiliodella modernaodontoiatria. Noneranobeitempi? Trentacinqueanni,e buonanotte.Va’a parlaredidisegno intelligente!Oratuttii BabyBoomerschesi possonopermettereun dentistae un’assicurazione malattie,poveri bastardi,camperanno finoacent’anni! Forsedovremmo metterealbando l’odontoiatria.Eforsei medicidovrebbero smetteredicurarela polmonite,cheun tempoerachiamata “l’amicadeivecchi”. Mal’ultimacosache vogliofarequestasera èdemoralizzarvi.Così, hopensatoaunacosa chestaserapossiamo faretuttiinsieme,eche cimetteràdecisamente dibuonumore.Credo chesipossatrovare un’opinionesullaquale tuttigliamericani, repubblicanio democratici,ricchio poveri,eterosessualio gay,possonoessere d’accordo,ancheseil nostropaeseècosì tragicamentee ferocementediviso. Laprimaopinione universaleamericana chehotrovatoera“Lo zuccheroèdolce”. Esicuramentenon c’ènulladinuovoinun paese,comegliStati Unitid’America, tragicamentee ferocementediviso,e soprattuttoquinelmio statonatale,l’Indiana. Qui,quandoero piccolo,entroiconfini diquestostatoc’erala sedenazionaledelKu KluxKlan,eancheil luogodell’ultimo linciaggiodiun cittadino afroamericanoanord dellalineaMasonDixon,Marion,credo. Mac’eraanche,ec’è ancora,aTerreHaute, cheoggivantaun modernissimocentro periniezioniletali,il luogodinascitaela casadelleader sindacaleEugene Debs.Debsvissedal 1855al1926eguidò unoscioperonazionale controleferrovie.Andò inprigioneperqualche tempoperchéera contrarioallanostra partecipazionealla Primaguerramondiale. Esicandidòdiverse volteallapresidenza, nellefiladelPartito socialista,dicendocose comequesta:“Finché esisteràunaclasse operaia,ionefarò parte;finchéesisterà unelementocriminale, ionefaròparte;e finchécisaràqualcuno inprigione,iononsarò libero”. Questefrasi,piùo meno,Debslerubòa GesùCristo.Maè moltodifficileessere originali.Provateci! Matorniamoa bomba,qualè un’opinionesullaquale tuttigliamericani possonoessere d’accordo?“Lo zuccheroèdolce”, sicuramente.Ma poichécitroviamo entroiconfinidi un’università,saremo sicuramenteingrado ditrovarequalcosache abbiaun’improntapiù culturale.Elamia propostaèquesta: “MonnaLisa,ilquadro diLeonardodaVinci espostoalLouvredi Parigi,inFrancia,èun ritrattoperfetto”. Vabene?Alzatela mano,perpiacere.Non possiamoesseretutti d’accordosuquesto? Bene,abbassatela mano.Direicheilvoto èunanime,cheMonna Lisaèunritratto perfetto.L’unico problema,cheèpoi praticamenteil problemadituttele cosechecrediamo,è chenonèvero. Ascoltate:ilnasodi MonnaLisaègirato leggermenteverso destra,okay?Ciò significacheillato destrodelsuovisoèun pianosfuggente,chesi allontanadanoi.Okay? Madaquellapartenon c’èuna rappresentazionein scorciodeisuoi lineamenti,chediaun effettotridimensionale. Equella rappresentazionein scorcioLeonardo avrebbepotutofarla moltofacilmente.È statosolotroppopigro perfarla.Esefosse Leonardoda Indianapolis,mi vergognereidilui. Nonc’èda meravigliarsiseil sorrisodiMonnaLisaè cosìstorto. Eoraaqualcuno potrebbevenirevoglia dichiedermi:“Possibile chetunonsiamai serio?”.Larispostaè: “Sì,possibilissimo”. Quandosononato, all’OspedaleMetodista, l’11novembre1922,e alloraquestacittàera razzialmentesegregata comeoggilosonole squadredibasketedi football professionistico, l’ostetricamidiedeuno sculaccionesuldidietro perfarmicominciarea respirare.Maiopiansi? No. Dissi:“Miècapitata unastranacosamentre venivogiùperilcanale delparto,dottore.Un vagabondosiè avvicinatoemiha dettochedatregiorni nonmangiavaun boccone.Alloragliho datounbelmorso!”.1 Masulserio,miei cariconcittadini, staserahounabuona notiziaeunacattiva notizia.Viviamonella miglioredelleepochee nellapeggioredelle epoche.Allora,che altroc’èdinuovo? Lacattivanotiziaè cheimarzianisono atterratiaManhattane hannopresoalloggioal Waldorf-Astoria.La buonanotiziaèche mangianosolo senzatettodituttii colori,episciano benzina. Seiosonoreligioso? Praticounareligione disorganizzata. Appartengoaunempio disordine.Ci chiamiamo“Nostra SignoradellaPerpetua Costernazione”.Siamo celibicomeilcinquanta percentodelclero eterosessualecattolico romano. Inrealtà–equando alzocosìlamano destrasignificache nonscherzo,chedola miaparolad’onoreche quellochestoperdire èvero–inrealtàsono ilpresidenteonorario dell’American HumanistSociety, avendopresoilposto deldefuntogrande scrittoredi fantascienzaIsaac Asimovinquestacarica assolutamenteprivadi funzioni.Noiumanisti cicomportiamomeglio chepossiamo,senza aspettarciné ricompensenécastighi nell’aldilà.Serviamo megliochepossiamo l’unicaastrazionecon cuiabbiamounavera familiarità,cheèla nostracomunità. Nontemiamola morte,enondovreste farloneanchevoi. Sapetecosadisse Socratedellamorte,in greco,naturalmente? “Lamorteèsolo un’altranotte.” Comeumanista,amo lascienza.Odiola superstizione,chenon avrebbemaipotuto darcilebombe atomiche. Amolascienza,enon soltantoperchéciha datoimezziper distruggereilpianeta, enonmipiacevivere quaggiù.Lascienzaha trovatolerispostea duedellenostre domandepiù importanti:com’è iniziatol’universoe comeabbiamofatto, noietuttiglialtri animali,adaverei meravigliosicorpiche abbiamo,congliocchi, ilcervello,irenievia dicendo. Bene.Cosìlascienza hamandatonello spazioiltelescopio Hubble,perchépotesse catturarelalucee l’assenzadiluce dall’iniziodeltempo.E iltelescopiocel’ha fatta.Cosìoggi sappiamocheunavolta nonc’era assolutamentenulla, unnullacosìperfetto chenonc’eraneanche ilnullaounavolta.Ve loimmaginate?No, perchénonc’ènullada immaginare. Mapoic’èstato questogrossoBANG!E dalìèvenutatutta questamerda. Ecomeabbiamofatto amettereinsiemei nostrimagnifici polmoniesopracciglia edentieunghiedei piediebuchidelculoe cosìvia?Graziea milionidiannidi selezionenaturale.Che èquandounanimale muoreel’altrocopula. Lasopravvivenzadel piùadatto! Mabadate:sevi capitassediuccidere qualcuno, accidentalmenteodi proposito,migliorando lanostraspecie,dopo noncopulate,per piacere.Ècosìche nasconoibambini, casomaivostramadre nonvel’avessedetto. Esì,mieicari concittadini,enonho mainegatodiessere unodivoi:questaè propriol’Apocalisse,la fineditutto,come profetaronosan GiovanniilDivinoesan KurtilVonnegut. Mentreviparlo,può darsichel’ultimoorso polarestiamorendodi fameacausadel cambiamento climatico,acausa nostra.Eiosentirò sicuramentela mancanzadegliorsi polari.Ilorocuccioli sonocaldi,tenerie fiduciosi,propriocome inostri. Questovecchiettoha qualcheconsiglioda dareaigiovaniintempi cosìdifficili?Be’,sono sicurochesapetecheil nostropaeseèl’unica dellenazionicosiddette avanzatechehaancora lapenadimorte.E camereditortura. Insomma,cerchiamodi nonprenderciingiro. Mastateasentire:se qualcunodeipresenti dovessefiniresul lettinodiqualche centroperleiniezioni letali,magariquellodi TerreHaute,eccoquali dovrebberoesserele vostreultimeparole: “Questomidarà certamenteuna lezione”. SeGesùoggifosse vivo,louccideremmo conun’iniezioneletale. Eccoquellocheio chiamoprogresso.Lo dovremmouccidereper lastessaragioneper cuivenneuccisola primavolta.Lesue ideesonotroppo avanzate,tuttoqui. Ilmioconsiglioagli scrittoriesordienti? Nonusateilpuntoe virgola!Èun ermafroditatravestito enonrappresentaun belnulla.L’unicacosa chesuggerisceèche forsehaifatto l’università. Ecosì,primaMonna Lisaeorailpuntoe virgola.Tantovarrebbe cheioribadissilamia reputazionedipazzoide diprimacategoria dicendoqualcosadi buonosuKarlMarx, ritenutocomunemente inquestopaese,edi sicuroquiaIndianopolis,unodegli individuipiùmalvagi chesianomaiesistiti. Ineffettihainventato ilcomunismo,cheda unpezzocihanno insegnatoaodiare, perchésiamotanto innamoratidel capitalismo,cheèil modoincuichiamiamo lebischediWall Street. KarlMarxsperava cheilcomunismo potesseessereun pianoeconomicoper costringereipaesi industrializzatia occuparsidellagente, esoprattuttodei bambini,deivecchie degliinvalidi,comeun tempofacevanoletribù elefamiglieallargate, primadiessere dispersedalla rivoluzioneindustriale. Eiocredocheforse sarebbesaggio smetterediparlare cosìmaledel comunismo,non perchélasitroviuna buonaidea,maperché inostrinipotie pronipotisonoormai indebitatifinoagli occhiconicomunisti cinesi. Eicomunisticinesi hannoancheun esercitograndee superbamente equipaggiato,cosache noinonabbiamo. Siamopocoseri,noi. Vogliamosolo bombardaretutticoni missiliatestata nucleare. Mac’èancoraun mucchiodigentechevi diràchelacosa peggiorediKarlMarx èquellochediceva dellareligione.Lui dicevachelareligione eral’oppiodelleclassi umili,comese pensassechela religionenuocevaalla gente,evoleva sbarazzarsene. MaquandoMarx dissecosì,neglianni quaranta dell’Ottocento,l’uso chefacevadellaparola “oppio”nonera soltantometaforico. Alloral’oppioera l’unicoantidolorifico disponibile,perilmal didentioilcancroalla golaoqualunquecosa. Loavevausatolui stesso. Comeamicosincero deglioppressi,voleva direcheeracontento cheavesseroqualcosa concuialleviare almenounpo’leloro pene,equestacosaera lareligione.Perquesto apprezzavala religione,enonvoleva abolirladisicuro. Okay? Oggiavrebbepotuto dire,comedicoio stasera:“Lareligione puòessereilTylenol perunmucchiodi genteinfelice,eiosono contentissimoche funzioni”. Quantoaicomunisti cinesi:evidentemente negliaffarisonomolto piùbravidinoi,eforse assaipiùintelligenti, comunistiomeno. Cioè,guardatecome riescononeglistudi moltomegliodinoi. Ammettiamolo!Mio figlioMark,un pediatra,eratempofa nelcomitatoperle ammissionialla HarvardMedical School,edicechese fosserostationesti nelleammissioni,metà deinuoviallievi sarebberostatedonne asiatiche. MatorniamoaKarl Marx:inchemisura onoravanoGesù,oun Dioonnipotente umano,ileaderdi questopaeseversola metàdell’Ottocento, quandoMarxdisseuna cosacosìterribiledella religione?Avevano approvatodelleleggi cherendevano perfettamentelegalela schiavitù,enon avrebberopermesso alledonnenédivotare nédicandidarsia carichepubblicheper altriottant’anni. Tempofahoricevuto unaletteradaunuomo cheerastatodetenuto inunodegliistituti penaliamericanida quandoavevasedici anni.Oggineha quarantadueestaper uscire.Michiedeva cosadovessefare.Gli hodettoquellochegli avrebbedettoKarl Marx:“Entrainuna chiesa”. Eoravipregodi notarechehoalzatola manodestra.Equesto significachenonsto scherzando,checredo allaveritàdiquelloche diròadesso.Eccoqua: ilfenomenoamericano piùspiritualmente splendidoalqualeho assistitonelcorsodella miavitanonèstatoil nostrocontributoalla sconfittadeinazisti,in cuihoavutounaparte cosìgrande,néil rovesciamento dell’empiocomunismo operatodaRonald Reagan,perlomenoin Russia. Ilfenomeno americanopiù spiritualmente splendidodellamiavita èilmodoincuii cittadiniafroamericani hannomantenutola lorodignitàeilrispetto disestessinonostante sianostatitrattatidagli americanibianchi,sia dentroilgovernoche fuori,esoloacausadel coloredellapelle,come sefosserodegli individuispregevolie disgustosi,senon addiritturadeimalati. Inquestosonostati sicuramenteaiutati dallelorochiese.Ecco dunque,dinuovo,Karl Marx.Ecco,dinuovo, Gesù. Eineffettiqualèil donodell’Americaal restodelmondopiù apprezzatodalresto delmondo?Èiljazz afroamericanoelesue diramazioni.Qualèla miadefinizionedel jazz?“Sessosicuro dellamigliorequalità.” Iduepiùgrandi americanidelmio tempo,perquantone so,sonostatiFranklin DelanoRoosevelte MartinLutherKing. Hosentitodireche Rooseveltnonavrebbe avutounaparticolare simpatiaperleclassi umili,chesarebbe statosolounaltro stupido,riccoe presuntuosomembro dellaclassedirigente uscitadallepiù prestigioseuniversità americane,selui stessononfossestato umiliatodalla poliomielite,laparalisi infantile.Tutt’aun trattolesuegambe cessaronodi funzionare. Cosapossiamofare perilriscaldamento globale?Possiamo spegnerelaluce, immagino,maviprego dinonfarlo.Ionon riescoaimmaginarein chemodosipossano riparareidanni all’atmosfera.Ètroppo tardi,ormai.Mac’è unacosacheposso aggiustare,e aggiustarequestasera stessa,eproprioquia Indianapolis.Èilnome diun’altrabuona universitàcheavete costruitodopolamia nascita.Mal’avete battezzata“IUPUI”.“ IUPUI?”Vihadatodi voltailcervello? “Ciao,iosonostatoa Harvard.Tudovesei stato?” “Iosonostatoa IUPUI.” Conipoteriillimitati chemisonostati conferitidalsindaco Petersonperl’intero anno2007,iorinomino IUPUI“Tarkington University”. “Ciao,iosonostatoa Harvard.Tudovesei stato?” “Iosonostatoalla Tarkington.”Nonè meglio? Aggiudicato. Colpassaredel tempo,nessunosaprà, osicureràdisapere, chieraTarkington. Cioè,chisenefregaal giornod’oggidisapere chieraButler?Questa èlaClowesHall,ein effettiiohoconosciuto alcunideiClowes. Personesimpatiche. Malasciatechevi dicaunacosa:non sareiquidavantiavoi, stasera,senonfosse statoperl’esempio dellavitaedelleopere diBoothTarkington,un figliodiquestacittà. Nelcorsodellasua esistenza,dal1869al 1946,cheper ventiquattroanniè coincisaconlamia, BoothTarkington diventòunoscrittore rispettatoedigrande successodicommedie, romanzieracconti. Negliambientiletterari gliavevanoaffibbiato unsoprannomecheio dareiunocchioper avere:“ilgentiluomo dell’Indiana”. Quandoeroun ragazzo,volevoessere comelui. Noncisiamomai conosciuti.Nonavrei saputocosadire.Lo ammiravotantoche sareirimastoabocca aperta. Sì,einvirtùdei poteriillimitaticheil sindacoPetersonmiha conferitopertutto quest’annochiedoche qualcunodeipresenti provvedaalla messinscenaa Indianapolisdella commediadiBooth TarkingtonAlice Adams. Perunastruggente coincidenza,Alice Adamseraancheil nomedaconiugata dellamiapovera sorella,unabionda strepitosaaltaquasi duemetricheoragiace aCrownHillinsiemeai nostrigenitori,ainostri nonnieainostri bisnonni,einsiemea JamesWhitcombRiley, loscrittoreamericano piùpagatodelsuo tempo. Sapetecosadiceva miasorellaAllie? Diceva:“Igenitoriti rovinanolaprimaparte dellavitaeifiglila seconda”. JamesWhitcomb Riley,“ilpoeta dell’Indiana”,18491916,fuloscrittore americanopiùpagato delsuotempo,perché recitavalesuepoesiea pagamentoneiteatrie nellesaleda conferenze.Ecco quantoicomuni americani apprezzavano,un tempo,lapoesia.Velo immaginate? Voletesaperecosa disseungiornoil grandescrittore franceseJean-Paul Sartre?Disse, naturalmentein francese:“L’inferno sonoglialtri”.Rifiutò unpremioNobel.Io nonpotreimaiessere cosìmaleducato.Sono statoallevatobene dallanostracuoca afroamericana,chesi chiamavaIdaYoung. DurantelaGrande Depressionetrai cittadiniafroamericani sisentivadirequesto,e naturalmentenon soltantoquesto:“Le cosevannocosìmale cheibianchisono costrettiatirarsuda soliiproprifigli”. Maiononsonostato tiratosubenesoloda IdaYoung,pronipotedi schiavi,cheerauna donnaintelligente, dolceedignitosa,fiera ecolta,articolata, premurosaedi bell’aspetto.IdaYoung amavalapoesiaeme neleggevadelle pagine. Sonostatotiratosu beneanchedagli insegnantidellaScuola 43,“lascuolaJames WhitcombRiley”,epoi daquellidelliceodi Shortridge.Allorai grandiinsegnantidella scuolapubblicaerano dellepiccolecelebrità. Gliexallievi,diventati grandi,andavanoa trovarli,riconoscenti, perraccontareloro comeselastavano passando.Eiostesso, dagrande,sono diventatoun sentimentalediquesto genere. Madamoltotempo, ormai,tuttiimiei insegnantipreferiti hannopresolastessa stradadella maggioranzadegliorsi polari. Illavoropiùbelloche puoifarenellavitaè insegnare,postochetu siafollemente innamoratodella materiacheinsegni,e cheleclassisiano formatedanonpiùdi diciottostudenti.Le classidinonpiùdi diciottostudentisono unafamiglia,ecome unafamiglia funzionanoein famigliatifanno sentire. Quandopresila licenzaelementarealla Scuola43,conla GrandeDepressione cheinfuriava,conle aziendeche chiudevanoeconla disoccupazione,econ Hitlerchesistava impossessandodella Germania,ciascunodi noidovettedireper iscrittocosasperavamo difaredagrandiper farediquestoun mondomigliore. Iodissicheavrei curatoilcancroconi prodottichimici, lavorandoperEliLilly. Devoringraziare l’umoristaPaulKrasner peravermiindicatola grossadifferenzatra GeorgeW.Bushe Hitler:Hitlerèstato eletto. Primahoaccennato almiounicofiglio, MarkVonnegut. Ricordate?Aproposito delledonnecinesie dellaHarvardMedical School. Bene,Marknonè solounpediatra nell’areadiBoston,ma unpittore,un sassofonistaeuno scrittore.Hascrittoun bellissimolibrochesi intitolaTheEden Express.Èimperniato suunesaurimento nervosochehaavuto, robadacellaimbottita ecamiciadiforza. Quandoera all’università appartenevaalla squadradeilottatori. Chemaniaco! Nelsuolibro raccontainchemodosi riprese,tantoda laurearsiallaHarvard MedicalSchool.The EdenExpressdiMark Vonnegut. Manonfatevelo prestare.Peramordi Dio,compratelo! Perme,chisifa prestareunlibro invecedicomprarlo,o lopresta,èquelloche noichiamiamotwerp. Quandofrequentavoil liceodiShortridge,un milionediannifa,la parolatwerpindicava unapersonachesi ficcavaunadentiera nelculoperstaccare conidentiibottonidai sediliposterioridei taxi. Mamiaffrettoadire –casomaicifossequi, stasera,qualche giovane impressionabileche, nonavendonienteda fareeappartenendoa unafamigliadisastrata, decidessediprovarea essere,domani,un verotwerp–chesui sediliposteriorideitaxi ibottoninoncisono più.Itempicambiano! Tempofahochiesto aMarkcos’èlavita, perchénonnehola minimaidea.Miha detto:“Papà,siamoqui peraiutarciadarrivare infondoaquestacosa, qualunquecosasia”. Qualunquecosasia. “Qualunquecosa sia.”Micamale.Questa èdaconservare. Ecomedovremmo comportarcidurante l’Apocalisse? Dovremmoessere straordinariamente gentiligliunicongli altri,certo.Ma dovremmoanchefinirla diesseretantoseri.Le barzellettesonoun grandeaiuto.E trovateviuncane,se nonl’avetegià. Iomenesono appenatrovatouno,ed èunnuovoincrocio. Permetàèun barboncinofrancesee perl’altrametàuno shihtzucinese. Èunoshit-poo.2 Egrazieper l’attenzione.Iovado. 1 Giocodiparole intraducibilesubite, “morso”e“boccone”. [N.d.T.] 2 “Cacca”,dallafusione dishihtzuepoodle, “barboncino”.[N.d.T.] DATUTTELE STRADESI ALZERANNO LAMENTI Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. Erailsolito discorsettocheci facevanoilprimo giornodi addestramento, pronunciatodaun muscolosotenentino: “Uomini,finorasiete statideibraviragazzi americani,conl’amore perlacorrettezzaela lealtàchehannogli americani.Siamoqui percambiaretutto questo.Ilnostro compitoètrasformarvi nelbrancoditeppisti piùsporchiepiùcattivi nellastoriadelmondo. D’orainavantipotete dimenticareleregole delmarchesedi Queensberryeogni altranormativa.Tutto èpermesso.Non colpitemaiunuomo sopralacintolaquando poteteprenderloa calcisotto.Fatelo strillare,quelbastardo. Ammazzatelointuttii modipossibili. Ammazzate, ammazzate, ammazzate,misono spiegato?”. Questodiscorsofu accoltodanervose risatinee dall’ammissione generalechel’ufficiale avevaragione.“Hitler eTojononhannodetto chegliamericanisono unbrancodi mollaccioni?Ah!Sene accorgeranno.”E naturalmentela GermaniaeilGiappone seneaccorsero:una democraziatemprata dallecircostanze proruppeinunfurore ribollentee irrefrenabile.Fuuna guerradellaragione controlabarbarie, presumibilmente,ela postaingiocoeracosì altachelamaggior partedeinostri freneticicombattenti nonavevanoideadel motivopercuisi combatteva:sapevano solocheilnemicoera unbrancodibastardi. Unaguerradinuovo tipo,incuiera ammessaogni distruzione,ogni uccisione.Itedeschi chiedevano:perchévoi americanicel’avete connoi?“Nonloso,ma disicuroviromperemo leossa”:eccoqualera larispostacorrente. L’ideadellaguerra totalepiacevaaun mucchiodigente: avevauntimbro moderno,incarattere conlanostra spettacolosa tecnologia.Perloroera comeunincontrodi football:“Dategli addosso,addosso, addosso...”.Tremogli dicommerciantidi provincia,anzianottee grassottelle,midiedero unpassaggiomentre facevol’autostopda CampAtterbury.“Ne haiammazzatitantidi tedeschi?”michiese quellaalvolante, mentreparlava allegramentedelpiùe delmeno.Risposiche nonlosapevo.Questo fuscambiatoper modestia.Quandoscesi dallamacchinauna dellesignoremidiede unamaternapacca sullaspalla: “Scommettocheora vorrestiandarelaggiù adammazzareunpo’ diqueglisporchi giapponesi,nonè vero?”.Cistrizzammo l’occhioinsegno d’intesa.Nondissia quelleanimesemplici cheerostatofatto prigionierodopouna settimanaalfronte;e, perandarepiùal nocciolo,cosasapevoe cosapensavodegli sporchitedeschida ammazzareedella guerratotale.La ragionepercuiavevo lamortenelcuore, alloracomeoggi, riguardaunincidente alqualevennedato pocospaziosuigiornali americani.Nelmesedi febbraiodel1945la cittàdiDresda,in Germania,fudistrutta, econessapiùdi centomilaesseriumani. Ioc’ero.Nonmolti sannoquantoera diventatadura l’America. Ioappartenevoaun gruppodi centocinquantasoldati difanteriacatturati nellabattagliadelle Ardenneemandatia Dresdaalavorare. Dresda,cidissero,era l’unicagrandecittà tedescascampataai bombardamentifinoa quelmomento.Questo, nelgennaiodel1945. Dresdadovevaquella fortunaalsuoaspetto pacifico:ospedali, fabbrichedibirra, aziendealimentari, fornituredistrumenti chirurgici,ceramica, fabbrichedistrumenti musicalierobasimile. Dall’iniziodellaguerra, lasuaprincipale attivitàeranodiventati gliospedali.Ogni giornocentinaiadi feritiaffluivanoinquel tranquillosantuarioda estedaovest.Dinotte sisentivailrombo sordodilontane incursioniaeree. “Stanottetoccaa Chemnitz,”dicevamo, chiedendocicomecisi potevasentireaessere sottoaivanibombeche siaprivanoeaquei vispigiovanotticoni lorostrumentieiloro mirini.“Graziealcielo, siamoinuna‘città aperta’,”pensavamo,e cosìpensavanole migliaiadiprofughi– donne,vecchie bambini–che formavanoilfiume derelittoproveniente dallemaceriefumanti diBerlino,Lipsia, Breslavia,Monaco... Avevanoinvasolacittà raddoppiandonela popolazione. ADresdanonc’erala guerra.Sì,gliaereila sorvolavanoquasitutti igiornielesirene ululavano,magliaerei andavanosemprein un’altradirezione.Gli allarmieranoun intervallorilassante nellanoiosagiornatadi lavoro,unmomentodi socializzazione, l’occasionedifare quattrochiacchierenei rifugi.Irifugi,inrealtà, eranopocopiùdiun gesto,ildistratto riconoscimentodi un’emergenza nazionale:cantinee sotterraneipienidi pancheconsacchettidi sabbiache proteggevanole finestre,perlamaggior parte.C’eraqualche bunkerpiùadeguatoal centrodellacittà, vicinoagliuffici governativi,manulladi simileallarobusta fortezzasotterranea cherendevaBerlino impenetrabilealsuo martellamento quotidiano.Dresdanon avevamotivodi prepararsiaun attacco:equestoèil seguitodell’orribile storia. Dresdaera sicuramentetralepiù bellecittàdelmondo. Lesuestradeerano larghe,fiancheggiate daalberiombrosi.Era costellatadi innumerevoli monumentiegiardini pubblici.Aveva magnifichechiese antiche,biblioteche, musei,teatri,gallerie d’arte,birrerie,uno zooeunacelebre università.Erastatail paradisodeituristi,che dellebellezzedella cittàpotrebbero parlarepiùalungodi me.Mal’impressione chehoioèchea Dresda–nellacittàin sensofisico–cifossero isimbolidellabella vita:unavitapiacevole, onesta,intelligente. All’ombradella svasticaquestisimboli delladignitàedelle speranzedelgenere umanorestavanoin attesa,monumentialla verità.Tesoro accumulatoin centinaiadianni, Dresdaparlavacon eloquenzadelle splendidecosedella civiltàeuropeaversola qualeabbiamoun grossodebito.Ioero solounprigionierodi guerra,affamato, sporcoepienodiodio perchiciaveva catturato,maamavo quellacittàevedevole felicimeravigliedel suopassatoelegrandi promessedelsuo futuro. Nelfebbraiodel1945 ibombardieri americaniridussero questotesoroincenere ecalcinacci;la sventraronoconl’alto esplosivoela cremaronoconle bombeincendiarie.La bombaatomicaforse rappresentaun progressofavoloso,ma èinteressantenotare chedueprodotti primitivicomeiltritolo elatermiteriuscirono asterminareinuna solanottedisangue piùpersonediquelle chemorirono nell’intero bombardamentodi Londra.Controinostri avierilafortezzadi Dresdasparòuna dozzinadicolpi. Tornatiallebasi, bevendouncaffècaldo, essiprobabilmente osservarono: “Contraerea insolitamentefiacca, stanotte.Be’,èoradi andareadormire”.I prigionieriinglesi, pilotideicacciadelle unitàtattiche(in appoggioalletruppedi terralungoilfronte)di solitorimproveravano quellicheavevano pilotatoipesanti bombardierinelle incursionisullacittà: “Comediavoloavete fattoasopportarela puzzadell’orina bollenteedei passegginiche bruciavano?”. Unanotizia assolutamentedi routine:“Lanotte scorsainostriaerei hannoattaccato Dresda.Tuttigliaerei sonotornatiallabase, saniesalvi”.L’unico tedescobuonoèun tedescomorto:piùdi centomilacattivi, uomini,donnee bambini(gliuomini validieranoalfronte), espiarono definitivamenteiloro peccaticontro l’umanità.Percaso incontraiun bombardierecheaveva partecipatoall’attacco. “Farlononcièpiaciuto perniente,”midisse. Lanotteincui arrivarononoila passammonellacella sotterraneadiun mattatoiodovesi conservavanolecarni. Fummofortunati, perchéerailmigliore rifugiodellacittà. Sopralanostratesta, deigiganti calpestavanolaterra. Primavenneil sommessomormorio dellalorodanzaalla periferiadellacittà,poi itonfidelloropasso pesanteversodinoie allafineglischianti assordantideiloro tacchisopradinoi:e daqui,dinuovo,verso laperiferia.Andavano avantieindietro: bombardamentoa tappeto. “Hourlatoepiantoe graffiatoconleunghie leparetidelnostro rifugio,”midisseuna vecchiasignora.“Ho pregato:‘Dio,tiprego, tiprego,tiprego, fermali’.MaDiononmi haudito.Nessuno avrebbepotuto fermarli.Continuavano adarrivare,un’ondata dopol’altra.Era impossibilearrendersi; impossibileinformarli chenoncelafacevamo più.Nonc’eraaltroda farechestarelàseduti adaspettareil mattino.”Suafigliae suonipoterimasero uccisi. Ilnostropiccolo carcerefurasoalsuolo dall’incendio. Dovetteroevacuarciin uncampofuorimano occupatodaprigionieri sudafricani.Leguardie eranodeipoveracci, anzianiVolkssturmere reduciinvalidi.Perla maggiorparteerano abitantidiDresdae avevanoamicie parentiperiti nell’olocausto.Prima cheiniziassimola marciauncaporale, cheavevapersoun occhiodopodueanni sulfronterusso, ricevettelaconferma chelamoglie,idue figlieigenitorierano statiuccisi.Avevauna sigaretta.Ladivisecon me. Lamarciaversoi nuovialloggiciportò allaperiferiadella città.Eraimpossibile crederecheincentro qualcunofosse sopravvissuto. Normalmentela giornatasarebbestata fredda,malefolateche venivanoognitantodal colossaleincendioci facevanosudare.E normalmentela giornatasarebbestata serenaeluminosa,ma unanubeopacae torreggiantecambiòil primopomeriggioinun crepuscolo.Unatriste processioneintasavale stradecheuscivano dallacittà;genteconla facciaanneritaerigata dilacrime,alcuniche portavanodeiferiti, altricheportavanodei morti.Siraccolseronei campi.Nessuno parlava.Alcune personecolbracciale dellaCroceRossa facevanoquelloche potevanoperlevittime. Sistematiconi sudafricani,passammo unasettimanasenza lavorare.Allafinele comunicazioniconi comandifurono ristabiliteericevemmo l’ordinediraggiungere apiedil’areapiù colpita,aunadozzina dichilometridi distanza.Nullaera sfuggito,nelquartiere, allafuriadell’incendio. Unacittàdiedifici ridottiaguscivuoti,di statuefrantumatee alberiabbattuti;ogni veicolofermo, ammaccatoebruciato, lasciatolàad arrugginireoamarcire nellasciadiquella forzairresistibile.Gli unicisuonidiversidai nostrieranoquelli dell’intonacoche cadevaeiloroechi. Nonsodescrivere adeguatamentequella desolazione,maposso dareun’ideadiciòche provammoconle parolediunsoldato inglesechedeliravain unospedaledacampo diprigionieridiguerra: “Èspaventoso,velo dicoio.Camminavoper unadiquellemaledette stradeesentivomille occhipuntatisulla nuca.Lisentivo sussurrareallemie spalle.Mivoltavo indietroenonc’era un’anima.Lisenti,ne avvertilapresenza,ma nonc’èmainessuno”. Sapevamocheeracosì. Perillavorodi “recupero”fummo divisiinpiccole squadre,ciascuna sorvegliatadauna guardia.Lanostra macabramissione consistevanelcercarei corpi.Cacciagrossa, siaquelgiornochei molticheseguirono. Cominciammoin piccolo–quiuna gamba,làunbraccio,e ognitantounneonato– maprimadi mezzogiornotrovammo unfiloneinesauribile. Sfondandoilmurodi unacantinascoprimmo unfetidoammassodi oltrecentoesseri umani.Lefiamme dovevanoessere divampateprimacheil crollodell’edificio bloccasseleuscite, perchélacarnedi quellichiusidentro avevalaconsistenza delleprugnesecche.Il nostrocompito,ci spiegarono,eradi passareaguadoquel macelloeportarealla luceiresti. Incoraggiatidaceffoni einsultilanciaticon vocigutturali, guadammo.Facemmo esattamentequesto, perchéilpavimentoera copertodaunliquido nauseabondouscito dallefogneedalle viscerescoppiatedella gente.Moltevittime, chenoneranomorte sulcolpo,avevano cercatodifuggireda unastrettauscitadi emergenza.Inogni modo,c’eranoparecchi corpistipatinel corridoio.Chili guidavaeraarrivatoa metàscalaprimadi esseresepoltofinoal collodaimattoniedai calcinacciche cadevano.Avevauna quindicinad’anni, credo. Èconuncerto rammaricocheioqui devoscreditarela nobiltàdeinostri avieri,maragazzi, aveteuccisounnumero spaventosodidonnee bambini.Ilrifugioche hodescrittoe innumerevolialtri comequelloneerano pieni.Anoitoccò esumareilorocorpie trasportarlifinoalle massiccepirefunebri allestiteneiparchi:lo so.Latecnicadelle pirevenne abbandonataquando apparvechiaral’entità dellaperditadivite umane.Mancavala manodoperaper eseguirecorrettamente illavoro,perciò mandaronoachiamare unuomoconun lanciafiammeche cremòlevittimelà dovegiacevano. Bruciativivi,soffocati, schiacciati:uomini, donneebambiniuccisi indiscriminatamente. Pernobilechefossela causapercui combattevamo,con quelbombardamento creammodisicuroun nostroBergenBelsen. Ilmetodoera impersonale,mal’esito fualtrettantocrudelee spietato.Questa,temo, èlatristeverità. Quandocifummo abituatiall’oscurità,al puzzoealla carneficina, cominciammoa chiedercicos’erastato nellavitaogni cadavere.Eraungioco squallido:“Uomo, bell’uomo,ricco,ladro, galantuomo...”.Alcuni avevanogrosseborsee gioielli,altripreziose vettovaglie.Unragazzo tenevaancoraal guinzaglioilsuocane. Disertoriucrainiin divisatedesca dirigevanole operazionineirifugi propriamentedetti.Si eranoubriacaticolvino dellecantineadiacenti esembravachequel lavorolidivertisse molto.Eraunlavoro redditizio,perché spogliavanoognicorpo deglioggettidivalore primachenoilo portassimoinstrada. Lamortediventòcosì normalechepotevamo scherzaresuinostri macabrifardellie buttarliquaelàcome altrettantirifiuti.Non erastatocosìconi primi,soprattuttose eranogiovani:li avevamocaricatisulle barelle,adagiandoli conqualcheparvenza dilugubredignitànella loroultimadimora primadelrogo.Mala decenzaintimiditae afflittacedetteilpasso, comedicevo,auna cinicainsensibilità.Alla finediunalugubre giornatacifacevamo unafumatina guardando l’impressionante catastadimortichesi eraformata.Unodinoi gettòlaciccasul mucchio:“Diavolo,” disse,“selamorteha decisodiportarmivia, vengapurequando vuole.Iosonopronto”. Alcunigiornidopo l’incursionelesirene tornaronoaululare. Questavoltasullatesta deisuperstitiapaticie affranticaddeuna pioggiadivolantini.Ho persolamiacopiadel poema,maricordoche dicevapiùomenocosì: “Allapopolazionedi Dresda.Siamostati costrettiabombardare lavostracittàacausa delpesantetraffico militaresostenutodalle vostreinfrastrutture ferroviarie.Ci rendiamocontodinon averesemprecolpitoi nostriobiettivi.La distruzionedicose diversedagliobiettivi militarièstata involontaria,sonole inevitabilivicendedella guerra”.Questospiegò lastragecon soddisfazioneditutti, certamente,masuscitò nonpocodisprezzoper lamiradegliamericani. Èunfattoche quarantott’oredopo chel’ultimoB-17ebbe lasciatoilcielodi Dresdadirettoaovest eaunmeritatoriposo, battaglionidilavoratori sieranoriversatinegli scaliferroviari danneggiatieli avevanoriportatiquasi allanormalità.Nessuno deipontiferroviari sull’Elbafumessofuori uso.Ifabbricantidi apparecchidi puntamentoperle bombedovrebbero arrossire:sannobene cheiloromagnifici strumentifecero pioverelebombefinoa cinquechilometridi distanzadagliobiettivi cheimilitari dichiaravanodiaver presodimira.Il volantinoavrebbe dovutodire:“Abbiamo colpitoognichiesa benedetta,ospedale, scuola,museo,teatro, lavostrauniversità,lo zoo,eognicondominio dellacittà,ma onestamentenonera quellochevolevamo fare.C’estlaguerre. Scusateci,dunque. Inoltre,il bombardamentoa tappetooggigiornoèdi granmoda,losapete”. C’eraun’esigenza tattica:bloccarele ferrovie.Unamanovra eccellente,senza dubbio,malatecnica fuorribile.Gliaerei cominciaronoa sganciarebombe incendiarieeadalto esplosivoailimitidella città,eagiudicaredai puntidovecaddero dovevanoaverricevuto istruzionidaqualche mediumincontattocon glispiriti.Fateilconto deiprofittiedelle perdite.Oltre centomilacivilieuna splendidacittàdistrutti dabombecaduteben lontanodagliobiettivi dichiarati:leferrovie furonomessefuoriuso perunpaiodigiorni.I tedeschiregistrarono laperditapiùelevatadi viteumanesubitanel corsodiunsingolo bombardamento.La mortediDresdafuuna grandetragedia,inutile epremeditata.Le stragidibambini– piccolicrucchiopiccoli musigialli,o qualunquesiailnemico chepuòriservarciil futuro–nonsi potrannomai giustificare. Lafacilerispostaalle lamentelecomelamia èilpiùodiosodituttii cliché,“levicendedella guerra”,elafrase: “L’hannovolutoloro. Noncapisconoaltro chelaforza”.Chil’ha voluto?Chinoncapisce altrochelaforza? Credetemi,nonèfacile razionalizzarela soppressionedei vignetidovematura l’uvadell’iramentresi mettonodeineonatiin uncestoosiaiutaun uomoascavaredove credechepossaessere sepoltasuamoglie.Di sicurosisarebbero dovuteraderealsuolo leinstallazionimilitari eindustrialinemiche,e peggioperchiera tantostupidoda cercarerifugioaccanto aloro.Malalineadegli slogantipo“Usala manieraforte, America”,lospiritodi vendetta, l’approvazionediogni distruzioneeogni strage,cihaimpresso ilmarchiodellapiù oscenabrutalitàedè costataalmondola possibilitàchela Germaniadiventassein brevetempouna nazionepacificae intellettualmente feconda. Inostrileader avevanocartabianca: potevanoscegliere cosadistruggereecosa no.Laloromissione eravincerelaguerra piùinfrettapossibilee, mentreerano mirabilmente addestratiperfare proprioquesto,leloro decisionisullasortedi certiinestimabilicimeli carialmondointero– inquestocasoDresda– nonsempresonostate giudiziose.Quando, versolafinedella guerra,mentrela Wehrmachtcedevasu tuttiifronti,inostri aereifuronomandatia distruggerequesta grandecittà,dubito chequalcunosisiamai fattoladomanda: “Qualibenefici ricaveremodaquesta tragedia,ealungo andarequestibenefici comereggerannoal confrontoconglieffetti negativi?”.Dresda, bellissimacittà, costruitanellospirito dell’arte,simbolodi un’ammirevole tradizione,così antinazistacheHitler lavisitòsoloduevolte intuttaladuratadel suoregno,centro alimentaree ospedalierooggitanto necessario...rasaal suoloecosparsadi sale. GliAlleatihanno combattutodallaparte giustaeitedeschiei giapponesidallaparte sbagliata:suquesto nonc’èdubbio.La Secondaguerra mondialeèstata combattutapermotivi sacrosanti.Maioresto convintochelaforma digiustiziache abbiamoamministrato –bombardamenti indiscriminatidi popolazionicivili–era unabestemmia.Cheil nemicol’abbiafatto perprimononc’entra nullacolproblema morale.Ciòcheho vistodellanostra guerraaerea,mentreil conflittoeuropeosi avvicinavaallafine, avevaleirrazionali caratteristichediuna guerraperlaguerra.I mollaccionidella democraziaamericana avevanoimparatoa colpireilbastardosotto lacintolaeafarlo strillare. Glioccupantirussi, quandoscoprironoche eravamoamericani,ci abbracciaronoesi congratularonoconnoi perlacompleta desolazioneprodotta dainostriaerei.Noi accettammole congratulazionidibuon gradoeconlagiusta dosedimodestia,maio sentiialloracome sentooggicheavrei datolavitapersalvare Dresdaperlefuture generazionidel pianeta.Cheèciòche chiunquedovrebbe sentireperognicittà dellaterra. Confetti#44,courtesyKurt Vonnegut&Origami ExpressLLC. GRANGIORNO Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. Quandoavevosedici annilagentemene davaventicinque,euna donnafattacheabitava incittàgiuròche dovevoavernetrenta. Erogrosso dappertutto:avevodei baffichesembravano dilanadiferro.Avevo propriovogliadi vederequalcos’altro, oltreaLuVerne nell’Indiana,ecredo chelastessa Indianapolisnonmi avrebbetrattenuto. Perciòmentiisulla miaetàemiarruolai nell’Esercitodel Mondo. Nessunopianse.Non c’eranobandiere,non c’eranofanfare.Non eracomeuntempo, quandounragazzo comemepoteva andare,magari,afarsi ammazzareperla democrazia. Allastazionenon c’eranessunotrannela miavecchia,elamia vecchiaeramatta. Secondolei,l’Esercito delMondoandava beneperifannulloni chenonriuscivanoa trovareunlavoro rispettabiledanessuna parte. Sembraieri,einvece erail duemilatrentasette. “Sta’lontanoda queglizulù,”dissela vecchia. “Noncisonosologli zulùnell’Esercitodel Mondo,ma,’”dissiio. “C’ègentediogni paese.” Machiunquenonsia natonellaconteadi Floydpermiamadreè unozulù.“Be’, comunque,”disse, “sperochealmenoti dianodamangiare bene,conletasse mondialichecisono.E poichésembri fermamentedecisoad andarteneconquegli zulù,forsedovrei esserecontentache noncisonoaltri esercitiincircolazione, cosìnessunocercherà dispararti.” “Èunaforzadipace, ma’,”dissiio.“Conun soloesercitononci sarannopiùguerre. Nonseiorgogliosa?” “Sonoorgogliosadi quellochehafattola genteperlapace,” disselei.“Nonper questoamol’esercito.” “Èunesercitonuovo, unesercitodi prim’ordine,ma,’”dissi io.“Nontilasciano neanchebestemmiare. Esenonvai regolarmenteinchiesa, nientedolce.” Lavecchiascosseil capo.“Ricordasolouna cosa,”disse.“Ricorda cheanchetueridi prim’ordine.”Nonmi baciò.Mistrinsela mano.“Sì,”disse, “finchéseistatocon me.” Maquandospediia miamadreuna mostrinadellamia primaunitàdopo l’addestramentobase, venniasaperechela facevavedereatutti comesefosseuna cartolinadiDio.Era soltantounpezzodi feltroblucon l’immaginericamatadi unorologiod’oroeuna folgoreverdeche uscivadall’orologio. Venniasapereche miamadreraccontava atuttichesuofiglio erainunacompagnia alriparodeltempo, propriocomese sapessecos’erauna compagniaalriparodel tempo,propriocomese tuttisapesseroche quellaeralacosapiù importantenell’intero EsercitodelMondo. Be’,eravamola primacompagniaal riparodeltempo,e anchel’ultima,senon riuscirannoa correggereglierrori neiprogrammidelle macchinedeltempo. Quellochedovevamo fareeracosìsegreto cheriuscimmoa scoprirecos’erasolo quandoeraormai troppotardiper tornareindietro. Ilcomandanteerail capitanoPoritsky,e nonvolledircialtroche dovevamoesseremolto fieri,perchéc’erano soloduecentouomini sullafacciadellaterra cheavevanoildirittodi portarequegliorologi. Avevagiocatoa footballnellasquadra diNotreDamee sembravaunapiladi palledicannonesul pratodiuntribunale. Glipiacevatastarsi dappertuttomentreci rivolgevalaparola.Gli piacevasentire com’eranoduretutte quellepalledicannone. Cidissecheera veramenteonoratodi comandareungruppo diuominicosìingamba econunamissionecosì importante.Disseche avremmoscopertoche missioneeradurantele manovreinunposto chiamatoChâteau- Thierry,inFrancia. Ognitantovenivano avedercideigenerali, comesestessimoper fareunacosabellae triste,manessuno dicevaunaparoladella macchinadeltempo. Quandoarrivammoa Château-Thierry,ci aspettavanotutti.Fu allorachescoprimmo checiòchedovevamo fareeraqualcosadi ultradisperato.Tutti volevanovedereikiller conl’orologiosulla manica,tuttivolevano vedereilgrande spettacolochestavamo permettereinscena. Segiàsembravamo deiselvaggialnostro arrivo,piùselvaggi diventammocol passaredeigiorni.Non eravamoancorariusciti ascoprirecosadoveva fareunacompagniaal riparodeltempo. Erainutilefare domande. “CapitanoPoritsky, signore,”dissi,più rispettosamenteche potevo,“hosentitoche domaniall’albadaremo unadimostrazionedi unattaccodinuovo genere.” “Sorridicomese fossifelicee orgoglioso,soldato!” midisselui.“Èvero!” “Capitano,signore,” dissiio,“ilplotoneha sceltomepervenirea chiederlesenon potremmosapere subitocosadovremmo fare.Vogliamo prepararci,signore.” “Soldato,”disse Poritsky,“ogniuomodi quelplotonehail moralealto,espritde corpsetregranate,un fucile,unabaionettae centocartucce,nonè vero?” “Signorsì,”dissiio. “Soldato,”disse Poritsky,“quelplotone èpronto.Eper mostrartilafiduciache hoinquelplotone,sarà essoaguidare l’attacco.”Aggrottòle sopracciglia.“Be’,” disse,“nonvuoidire ‘Grazie,signore’?” Lodissi. “Epermostrartila fiduciachehointe, soldato,”disselui,“tu saraiilprimouomo nellaprimasquadradel primoplotone.”Lesue sopraccigliatornarono adalzarsi.“Nonvuoi dire‘Grazie,signore’?” Lodissiun’altra volta. “Pregasolochegli scienziatisianopronti comete,soldato,”disse Poritsky. “C’entranopuregli scienziati,signore?” dissiio. “Finedelcolloquio soldato,”disse Poritsky.“At-tenti, soldato.” Mimisisull’attenti. “Saluto,”disse Poritsky. Salutai. “Avanti,marsc’!” disselui. Eviachemene andai. Dunque,eccomilà,la notteprimadella grandedimostrazione, ignaroditutto, spaventatoepienodi nostalgia,inserviziodi guardiainunagalleria inFrancia.Erodi sentinellaconun ragazzochesi chiamavaEarlSterling, diSaltLake. “Gliscienziatici aiuteranno,vero?” disseEarl. “Èquellochedice lui,”risposi. “Avreipreferitonon saperlo,”disseEarl. Fuori,sopralanostra testa,scoppiòuna grossagranatacheper pocononciruppei timpani.C’eraunfuoco disbarramento,come gigantichegirassero quaelà,chefacevaa pezziilmondo.Erano granatedeinostri cannoni,naturalmente, chescoppiavanocome sefosseroilnemico, comesefossero arrabbiatissimiper qualcosa.Tuttisierano rintanatinellegallerie, cosìnessunosisarebbe fattomale. Manessunosi godevatuttoquel rumorepiùdel capitanoPoritsky,che eramattodalegare. “Simulatoqui, simulatolà,”disseEarl. “Questenonsono granatesimulate,enon èsimulatanemmenola paurachemifanno.” “Poritskydicecheè musica,”dissiio. “Diconocheuna voltaerapropriocosì, nelleguerrevere,” disseEarl.“Non capiscocomequalcuno riuscisseacavarsela.” “Lebucheoffrono moltaprotezione,”dissi io. “Maunavoltanelle buchesirifugiavano soloigenerali,”disse Earl.“Isoldatistavano inpiccolebuche superficialisenza nessunriparosoprala testa.Equando arrivavanogliordini dovevanousciredalle lorobuche,eordini cosìarrivavanoin continuazione.” “Immaginochesi tenesseromoltovicini alsuolo”dissiio. “Quantovicinoal suolosipuòstare?” vollesapereEarl.“In certipunti,lassù, l’erbaètagliatacome sequalcunoavesse usatounatosaerba. Nonunalberoè rimastoinpiedi.Grossi crateridatutteleparti. Comefacevalagentea nonimpazzireintutte quelleguerrevere...o anonarrendersi?” “Lagenteèstrana,” dissiio. “Avoltenonlo penso,”disseEarl. Scoppiòun’altra grossagranata,seguita daduepiccole:tutto moltoinfretta. “Haivistola collezionediquella compagniarussa?” disseEarl. “Nehosentito parlare,”dissiio. “Sonoquasicento teschi,”disseEarl.“Li hannoallineatisopra unamensolacome meloni.” “Pazzesco,”dissiio. “Già,collezionare teschicosì,”disseEarl. “Manonpossonofarea menodiraccoglierli. Cioè,nonpossono scavareinuna direzionesenzatrovare teschiumanietutto. Dev’esseresuccesso qualcosadigrosso, lassù.” “Qualcosadigrossoè successoanchequi,” glidissiio.“Questoè unfamosocampodi battagliadellaGuerra mondiale.Èquichegli americanihanno sconfittoitedeschi.Me l’hadettoPoritsky.” “Duediqueiteschi avevanodelleschegge diproiettile,”disse Earl.“Lihaivisti?” “No,”dissiio. “Quandoliscuoti,si sentonoleschegge tintinnareall’interno,” disseEarl.“Sivedonoi foridacuisono entrate.” “Saicosadovrebbero fareconqueipoveri teschi?”dissiio. “Dovrebberofarvenire unafiladicappellanidi tuttelereligioniche esistono.Dovrebbero fareaqueipoveri teschiunfunerale decoroso,eseppellirli inunpostodovenon sianopiùdisturbati.” “Nonècomese fosseroancoradelle persone,”disseEarl. “Nonècomeselo fosseromaistate,” dissiio.“Hanno sacrificatolavita perchépotessero vivereinostripadriei nostrinonnieinostri bisnonni.Ilmenoche possiamofareè trattarebeneleloro povereossa.” “Sì,maalcunidiloro nonstavanocercando diammazzareinostri trisavoliochiunque fossero?”disseEarl. “Itedeschicredevano dimigliorarelecose,” dissiio.“Tutti credevanodi migliorarelecose.Il cuorel’avevanoal postogiusto,”dissi.“È ilpensierocheconta.” Latendainfondoalla galleriasiaprìeil capitanoPoritskyentrò esceseversodinoi.Se laprendevacomoda, comesefuorinonci fossenulladipeggiodi unatiepidapioggerella. “Nonèpericoloso andarelàfuori, signore?”glichiesi. Noneratenutoa uscire.C’eranogallerie dappertutto,enessuno avrebbedovutouscire mentreeraincorsoil fuocodisbarramento. “Nonèuna professionepiuttosto pericolosaquellache abbiamosceltodi nostraspontanea volontà,soldato?”mi chieselui.Mimiseil dorsodellamanosotto ilnasoeiovidicheera attraversatodaun lungotaglio.“Una scheggia!”disse. Sorrise,poiaccostòla boccaallaferitae succhiò. Dopo,quandoebbe bevutoabbastanza sangue,ciguardò bene.“Soldato,”mi disse,“dov’èlatua baionetta?” Mitastaiilcinturone. Avevodimenticatola baionetta. “Soldato,esetutt’a untrattoarrivasseil nemico?”Poritskyfece unaspeciediballetto comesefossestato puntodaunavespa. “‘Scusate,ragazzi... Aspettatequi,chevado aprenderela baionetta.’Èquesto chediresti,soldato?” michiese. Scossiilcapo. “Allaresadeiconti, lamiglioreamicadel soldatoèlabaionetta,” dissePoritsky.“È quelloilmomentoin cuiunmilitaredi carrieraèpiùfelice, perchéquelloèil momentoincuivienea contattocolnemico. Nonèvero?” “Signorsì,”dissiio. “Tufaicollezionedi teschi,soldato?”disse Poritsky. “Signornò,”dissiio. “Nontifarebbemale cominciare,”disse Poritsky. “Signornò,”dissiio. “Sesonomortic’è unaragione,soldato,” dissePoritsky.“Non eranobuonisoldati! Noneranodei professionisti!Hanno fattodeglierrori!Non hannoimparato abbastanzabenela lezione!” “Credodino, signore,”dissiio. “Forsetucredichele manovresianotroppo faticose,soldato,e invecenonlosonomai abbastanza,”disse Poritsky.“Se comandassiio,tutti sarebberolàfuorisotto quelbombardamento. L’unicosistemaper averedelleunità veramentevalideè sottoporlealbattesimo delfuoco.” “Albattesimo, signore?” “Faruccidereunpo’ diuomini,cosìilresto impara!”disse Poritsky.“Diavolo, questononèun esercito!Hannotantidi queidottoriediquelle normedisicurezzache nonvedounapipitada seianni.Nonsi sfornanodei professionistiinquesto modo.” “Signornò,”dissiio. “Ilprofessionistaha vistotuttoenonsifa maicoglieredi sorpresa,”disse Poritsky.“Be’,domani vedraicosasignifica fareveramenteil soldato,comenonsi vedevadacent’anni. Gas!Tiridi sbarramento! Sparatorie!Attacchi allabaionetta!Corpoa corpo!Nonsei contento,soldato?” “Nonsonocosa, signore?”dissiio. “Nonseicontento?” dissePoritsky. GuardaiprimaEarl poiilcapitano.“Ohsì, certo,signore,”dissi. Scossiilcapo lentamente,conun’aria moltograve. “Signorsì,”dissi.“Sì, certamente.” Quandoappartieni all’EsercitodelMondo, contuttelenuove fantastichearmiche hanno,c’èsolouna cosadafare.Devi credereaquelloche diconogliufficiali, anchesenonhasenso. Egliufficiali,loro devonocrederea quellochediconogli scienziati. Lecosesonoandate cosìavantichel’uomo dellastradanon capiscepiùniente.Ma forseèsemprestato così.Quandoun cappellanociha gridato,anoisoldati semplici,chedovevamo averefiduciaenonfare domande,nonsiè accortochesfondava unaportaaperta. QuandoPoritsky finalmentecidisseche avremmoattaccatocon l’aiutodiunamacchina deltempo,cheidee intelligentipotevano venireaunsoldato semplicecomeme? Sonorimastolàseduto comeunallocco,a guardarel’attacco dellabaionettasulmio fucile.Hochinatola testa,poggiando l’elmettosullacanna,e hoguardatol’attacco dellabaionettacomese fossel’ottava meravigliadelmondo. Iduecentouomini dellanostracompagnia eranotuttiinuna grandetrincea sotterranea,ad ascoltarePoritsky. Nessunologuardava. Luieracosìcontentodi quellochestavaper accadereche continuavaatastarsi quaelàcomese volesseesseresicuro chenonstava sognando. “Uomini,”dissequel pazzocapitano,“alle cinquel’artiglieria piazzeràduefiledi fuochidisegnalazione, aduecentometridi distanzal’una dall’altra.Questifuochi segnerannoilimitidel raggiodellamacchina deltempo.Noi attaccheremoinquesto corridoio.” “Uomini,”disse,“tra leduefiledifuochi saràoggieildiciotto lugliodel millenovecentodiciotto, leduecose contemporaneamente.” Iobaciail’attacco dellabaionetta.Mi piaceilsaporedell’olio edelferro,maa piccoledosi,enon incoraggionessunoa imbottigliarlo. “Uomini,”disse Poritsky,“vedretecose, làfuori,chefarebbero incanutireicapelliaun civile.Vedretegli americani contrattaccarei tedeschicomeaivecchi tempidiChâteauThierry.”Accidentise eracontento! “Uomini,”disse,“sarà unmacello indescrivibile.” Iofacevosuegiùcon latesta,cosìl’elmetto sembravaunapompae mipompaval’ariasulla fronte.Inunmomento comequello,anchele piccolecosepotevano fareungranpiacere. “Uomini,”disse Poritsky,“nonmipiace direaisoldatidinon averpaura.Nonmi piacedireaisoldati chenonc’èdaaver paura.Questoèun insulto,perloro.Magli scienziatimidicono cheil millenovecentodiciotto anoinonpuòfarepiù nulla,echenoinon possiamofarnullaal millenovecentodiciotto. Perloronoisaremodei fantasmi,eloro sarannodeifantasmi pernoi.Noi cammineremoinmezzo aloroeloro camminerannoin mezzoanoicomese fossimotuttifumo.” Iosoffiaisullabocca delfucilesenza cavarnealcunsuono. Menomale,perché avrebbedisturbatola riunione. “Uomini,”disse Poritsky,“vorreisolo chepotestecorreregli stessirischidel millenovecentodiciotto, irischipeggioriche potrestecorrere.Così, passatoquelbrutto momento,sarete finalmentedeisoldati nelsensomiglioredella parola.” Nessunoosò discutereconlui. “Uomini,”dissequel grandeesperto militare,“credoche possiateimmaginare l’effettosulnemico quandovedràilcampo dibattagliabrulicaredi tuttiqueifantasmidel millenovecentodiciotto. Nonsapràpiùacosa sparare.”Poritsky scoppiòinunarisata,e glicivolleunpo’di tempopercalmarsi. “Uomini,”disse,“noi strisceremoinmezzoa queifantasmi.Quando avremoraggiuntoil nemico,glifaremo desiderarechefossimo deifantasmianche noi...elofaremo pentirediesserenato.” Questonemicodicui parlavanoneraaltro cheunafiladicannedi bambùconattaccati deglistracci,asetteo ottocentometridi distanza.Nonavresti maicredutocheun uomopotesseodiare unacannadibambù conunostracciocome laodiavaPoritsky. “Uomini,”disse Poritsky,“sequalcuno stapensandodi tagliarelacorda,ecco lavostraoccasione d’oro.Nondovetefar altrocheattraversare unadelleduefiledi fuochieusciredal raggiodellamacchina deltempo.Così sparireteveramente nel millenovecentodiciotto: noncisarànulladi spettrale.Enonc’è barbadipoliziotto militarechesaràtanto pazzodainseguirvi, perchéchiattraversa quelconfinenonpuò piùtornareindietro.” Iomipuliiidenti davanticolmirinodel fucile.Eroarrivatoa pensare,tuttodasolo, cheunsoldato professionistaeraal colmodellafelicità quandopoteva morderequalcuno. Sapevochenonsarei maiarrivatoatali altezze. “Uomini,”disse Poritsky,“lamissione diquestacompagnia nonèdiversadaquelle dituttelealtre compagnie,dache mondoèmondo.La missionediquesta compagniaè:uccidere! Domande?” Ciavevanogiàletto gliArticolidella Guerra.Sapevamoche faredomande ragionevolierapeggio cheucciderelapropria madreacolpi d’accetta.Cosìnonci funessunadomanda. Credochenoncene siamaistatauna. “Caricare,”disse Poritsky. Obbedimmo. “Inastarela baionetta,”disse Poritsky. Obbedimmo. “Andiamo,fanciulle?” dissePoritsky. Oh,quell’uomosìche sapevausarela psicologia!Dev’essere questalagrossa differenzatraufficialie soldati.Chiamarci “fanciulle”quando eravamoinvecedei ragazzicifeceandare inbestia,cifece perdereillumedegli occhi. Avremmofattopiazza pulitadistraccie cannedibambùfinoa privareilmondo,per secoli,dicanneda pescaebizzarre trapunte. Trovarsinelraggiodi quellamacchinadel tempoeraunmistodi questetrecose:avere l’influenza,portare occhialibifocalifatti perqualcunaltroche noncivedevabeneed esseredentrouna chitarra.Finchénonla miglioreranno,non saràmainésicurané popolare. Inunprimotempo nonvedemmonessuno del millenovecentodiciotto. Lesolecosechesi vedevanoeranoleloro bucheeillorofilo spinato,dovenon c’eranopiùnébuche néfilospinato. Potevamocamminare suquellebuchecome seavesserountettodi vetro.Potevamo attraversarequelfilo spinatosenza strapparciicalzoni. Noneranostro,eradel millenovecentodiciotto. C’eranomigliaiadi soldaticheci guardavano, provenientidatuttii paesidelmondo. Lospettacoloche demmofupietoso. Lamacchinadel tempocirovesciòlo stomacoeciresemezzi ciechi.Avremmo dovutolanciareurladi guerrapermostrarela nostraprofessionalità. Inveceandammolàin mezzoaqueifuochidi segnalazione,equasi nessunodisseuna parolaperpauradi vomitare.Avremmo dovutoavanzare aggressivamente,solo chenonriuscivamoa capirechieraconnoie chidel millenovecentodiciotto. Giravamointornoa ostacolichenon c’eranoe inciampavamoinquelli chec’erano. Sefossistatoun sempliceosservatore, avreidettochequella eraunacomica. Ioeroilprimouomo dellaprimasquadradel primoplotonedella compagnia,edavantia mec’erasolounuomo. Quest’uomoerail nostronobilecapitano. Urlòsolounacosa allesueimpavide truppe,eiopensaiche urlassecosìper renderciancorpiù assetatidisanguedi lui.“Arrivederci,boy scout!”urlò.“Scrivete regolarmentealla mammaepuliteviil nasoquandocola!” Poisichinòepartì attraversolaterradi nessuno,correndopiù fortechepoteva. Iofecidelmiomeglio perstarglialle calcagna,perl’onore deisoldatisemplici. Cadevamoeci rialzavamocomeuna coppiadiubriachi, sfiatandocisuquel campodibattaglia. Nonsivoltòmai indietropervedere comecelacavavamoio eglialtri.Pensaiche nonvolessemostrarea nessunocom’eraverde infaccia.Iocontinuavo adirglichecieravamo lasciatidietrotuttii nostricompagni,ma quellacorsamiaveva toltoanchel’ultimopo’ difiatocheavevo. Quandodeviòverso unafiladifuochi, immaginaichevolesse immergersinelfumo doveglialtrinon potevanovederlo,per potervomitarein privato. Eroappenaentrato nelfumodopodilui quandoarrivòuntiro disbarramentodel millenovecentodiciotto. Quelpoverovecchio mondosimisea dondolareearotolare, afriggereealacerarsi, aribollireeabruciare. Terraeacciaiodel millenovecentodiciotto citrapassaronoda tutteleparti. “Alzati!”miurlò Poritsky.“Èil millenovecentodiciotto! Nonpuòfartiniente!” “Lofarebbe,se potesse!”gliurlaidi rimando. Luifececomeper darmiuncalcioin testa.“Tiratisu, soldato!”disse. Obbedii. “Tornaindietro,dagli altriboyscout,”disse. Indicòunbuconel fumo,nelladirezione dacuierovenuto.Vidi cheilrestodella compagniastava mostrandoaquelle migliaiadiosservatori comegliespertisi eranobuttatiaterrae tremavano.“Iltuo postoèquello,”disse Poritsky.“Questoèil mioshow,edèun assolo.” “Prego?”dissiio. Voltailatestaper seguireilvolodiun massodel millenovecentodiciotto cheeraappenapassato sopradinoi. “Guardami!”urlòlui. Obbedii. “Eccodovegliuomini sidistinguonodai ragazzi,soldato,”disse. “Signorsì,”dissiio. “Nessunoècosìveloce nellacorsacomelei.” “Nonstoparlandodi correre,”disselui.“Sto parlandodi combattere!”Oh,fu unaconversazione pazzesca.Avevamo cominciatoaessere attraversatianchedai proiettilitracciantidel millenovecentodiciotto. Iocredevochestesse parlandodicombattere controglistracciele cannedibambù. “Nessunosisente moltobene,capitano, macredoche vinceremo,”dissi. “Volevodirecheio passeròtraquesti fuochiperandarenel millenovecentodiciotto!” urlòlui.“Nessunaltro èabbastanzauomoper fareunacosasimile. Oravattene, maledizione!” Capiichenon scherzavaaffatto.Era davveroconvintoche sarebbestatauna grandeimpresa,se avessepotuto sventolareuna bandieraefermareuna pallottola,anchesein unaguerrafinitada cent’anniopiù.Voleva farelasuaparte,anche sel’inchiostrosui trattatidipaceeracosì sbiaditochenonsi leggevapiù. “Capitano,”glidissi, “iononsonoaltroche unsoldato,eisoldati nondovrebbero nemmenopensare.Ma, capitano,”dissi,“non misembraunabuona idea.” “Iosononatoper combattere!”gridòlui. “Ecomincioad arrugginirmi!” “Capitano,”dissi, “tuttelecosepercui c’eradacombattere sonogiàstate conquistate.Abbiamo ottenutolapace, abbiamoottenutola libertà,siamotutti fratelli,dappertutto, tuttihannounabella casaepollola domenica.” Nonmidiedeascolto. Camminavaversola lineadeisegnali,verso illimitedelraggiodella macchinadeltempo, doveilfumodeifuochi erapiùfitto. Sifermòunmomento primadientrareper semprenel millenovecentodiciotto. Abbassòlosguardo,e iopensaichenella terradinessunoavesse trovatounnidodi uccelloouna margherita. Quellocheaveva trovatononeranéil primonélaseconda. Miavvicinaievidiche erarittosopraun crateredigranatadel millenovecentodiciotto, propriocomesefosse sospesoinaria. Inquellamiserabuca c’eranodueuomini morti,dueuominivivie delfango.Sapevoche dueeranomortiperché aunomancavalatesta el’altroerastato tagliatoindueda un’esplosione. Sehaicuore,ein mezzoaunfumofittoti imbattiinunacosa comequella,nonc’è nient’altrointutto l’universocheti sembreràreale.Non c’erapiùl’Esercitodel Mondo.Nonc’erapiù lapaceperenne;non c’erapiùLuVerne, nell’Indiana;nonc’era piùlamacchinadel tempo. C’eravamosolo Poritskyeioelabuca. Sedovessiavereun figlio,eccoquelloche glidirei:“Figliolo,” direi,“nonpasticciare maicoltempo.Tieni l’oggiperoggie l’alloraperallora.Ese tiperdessiinunfumo fitto,figliolo,sta’fermo finchénonsidisperde. Sta’fermofinchénon vedidoveseiedovesei statoedovestai andando,figliolo”. Glidareiuno scossone,aquel bambino.“Figliolo,hai sentito?”direi.“Ascolta quellochedicepapà. Luisa.” Forsenonarriverò maiavederlo,unfiglio mio.Masperoproprio dipoterlotoccare,di sentirnel’odoreele parole.Accidenti,seci spero. Sivedevabenechele quattropovereanime del millenovecentodiciotto avevanostrisciatoa lungoinquellabuca, comelumacheinuna bocciaperpescirossi. C’eraunapistache partivadaognunodi loro–ivivieimorti. Unagranatacadde nellabucaescoppiò. Quandolamelma ricadde,solounuomo eraancoravivo. Sigiròsullaschiena espalancòlebraccia. Eracomeseoffrissele partipiùindifesedel suocorpoal millenovecentodiciotto, inmodocheil millenovecentodiciotto potesseucciderlosenza fatica,seciteneva tantoaucciderlo. Epoil’uomovidenoi. Nonparvesorpreso divedercisospesiin arialàsopradilui.Non c’erapiùnienteche potessesorprenderlo. Moltolentamenteecon gestigoffitiròfuoriil fuciledalfangoecelo puntòaddosso.Sorrise comesesapessechi eravamo,comese sapessechenonpoteva farcidelmale,comese fossetuttouno scherzo. Eraimpossibileche unproiettilepassasse attraversolacannadi quelfucile,tantoera intasatadalfango.Il fucilescoppiò. Neanchequestolo sorprese,esembròche nonsifossefatto niente.Ilsorrisocheci rivolse,ilsorriso provocatodallo scherzo,eraancora stampatosulsuoviso quandosirovesciò all’indietroemorì. Ilfuocodi sbarramentodel millenovecentodiciotto cessò. Qualcuno, lontanissimo,soffiòin unfischietto. “Perchépiangi, soldato?”disse Poritsky. “Nonmen’ero accorto,capitano,” dissiio.Lapellemi tiravaegliocchimi bruciavano,manon sapevochestavo piangendo. “Piangeviprimae staipiangendoadesso,” disselui. Allorapiansisul serio.Sapevocon certezzadiaveresolo sedicianni,sapevodi nonesserealtrocheun bambinocresciuto troppoinfretta.Mi sedettiegiuraichenon misareipiùalzato, nemmenoseilcapitano miavessestaccatola testaacalci. “Eccoli!”urlò Poritsky,fuoridisé. “Guarda,soldato, guarda!Americani!” Sparòinariaconla pistolacomesefosseil QuattroLuglio. “Guarda!” Guardai. Sembravaunmilione diuominichestessero attraversandoilraggio dellamacchinadel tempo.Venivanodal nulladaunaparte, svanivanonelnulla dall’altra.Gliocchi eranospenti. Mettevanounpiede davantiall’altrocome sefosserostatiferitida qualcuno. Tutt’auntrattoil capitanoPoritskymi sollevòcomesenon pesassinulla. “Coraggio,soldato... Andiamoconloro!” gridò. Quelpazzomi trascinòoltrelalinea deifuochidi segnalazione. Piansieurlaiecercai dimorderlo.Maera troppotardi. Nonc’eranopiù fuochi. Tutt’intornoanoi nonc’eraaltrocheil millenovecentodiciotto. Eronel millenovecentodiciotto persempre. Epoiarrivòunaltro tirodisbarramento.E iltiroeraacciaioealto esplosivo,mentreio erocarne,ealloraera allora,eacciaioecarne eranoappallottolati tuttiinsieme. Misonosvegliato qui. “Cheannoè?”ho chiesto. “Il millenovecentodiciannov soldato,”mihanno detto. “Dovesono?”ho chiesto. Mihannodettoche mitrovoinuna cattedraletrasformata inospedale.Vorrei poterlavedere.Sento dagliechiche dev’esserealtae imponente. Nonsonouneroe. Qui,circondatoda eroi,nonabbelliscoil miostatodiservizio. Nonhomainécolpito conlabaionettané sparatoaqualcuno, nonhomaitiratouna bombaamano,nonho maivistountedesco, senoneranotedeschi gliuominiinquella terribilebuca. Cidovrebberoessere degliospedalispeciali perglieroi,cosìgli eroinonsarebbero costrettiagiacere accantoaitipicome me. Quandovienea sentirmiparlareuno nuovo,glidicosubito, sempre,chesono entratoinazionesolo diecisecondiprimadi esserecolpito.“Nonho maifattonienteper assicurarealmondola democrazia,”dico. “Quandomihanno colpitostavopiangendo comeunbambinoe cercandodiuccidereil miocapitano.Seun proiettilenonloavesse ucciso,l’avreifattoio, ederaun compatriota.” El’avreifatto veramente. Edicoancheche disertereipertornare alduemilatrentasette, seneavessila possibilità. Sonodueillecitida cortemarziale. Matuttiglieroiche abbiamoqui,loro, sembrachenonci badino.“Vatuttobene, amico,”dicono, “continuaaparlare.Se qualcunoproveràa trascinartidavantia unacortemarziale, giureremotutticheti abbiamovistouccidere tedeschiamaninude,e colfuocochetiusciva dalleorecchie.” Aloropiacesentirmi parlare. Cosìmenestoqui, ciecocomeun pipistrello,egli raccontocomesono arrivato.Gliracconto tuttelecosechevedo contantachiarezza dentrolatesta: l’EsercitodelMondo, tutticomefratelli dappertutto,pace perenne,nessunoche hafame,nessunoche hapaura. Ècosìchemisono guadagnatoilmio soprannome.Quasi nessunoqui all’ospedaleconosceil mioveronome.Nonso chièstatoilprimoad averel’idea,matutti michiamanoGran Giorno. Confetti#62,courtesyKurt Vonnegut&Origami ExpressLLC. CANNONIPRIMA DELBURRO Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. I. “Quellochefaiè prendereunpollo, tagliarloapezzie rosolarlonelburrofuso enell’oliod’olivainuna padellarovente,”disse ilsoldatosemplice Donnini.“Unabuona padellabollente,” soggiunseconaria pensierosa. “Aspettaun momento,”disseil soldatosemplice Coleman,scrivendo furiosamenteinun piccolotaccuino. “Grossocome,questo pollo?” “Unpaiodichili.” “Perquante persone?”chiese acutamenteilsoldato sempliceKniptash. “Perquattro,”disse Donnini. “Nondimenticare checisonomolte ossa,”disseKniptash conariadiffidente. Donninieraun gourmet;moltevolte glieravenutainmente lafrase“perleaiporci” mentrespiegavaa Kniptashcomefare questooquelpiatto.A Kniptashnon importavanientedel saporeodell’aroma: l’unicacosachevoleva eraingozzarsi,spararsi unabombacalorica. Scrivendolericettenel suotaccuino,Kniptash tendevaaconsiderare leporzionitroppo scarseearaddoppiare tuttelequantità indicate.“Puoi mangiartelotuttoda solo,perquelchemi riguarda,”disse pacatamenteDonnini. “Okay,okay,poiche fai?”disseColeman, conlamatitaa mezz’aria. “Lorosolidatutt’e duelepartipercinque minuti,aggiungi sedano,cipolleecarote tritate,esalea piacere.”Donnini sporselelabbracome perassaggiare.“Poi, mentresicuoce, aggiungiunamisceladi sherryeconcentratodi pomodoro.Copri.Fai cuocerepercirca trentaminutie...”Si interruppe.Colemane Kniptashavevano smessodiscrivereesi eranoappoggiatial murocongliocchi chiusi,ascoltando. “Buono,”disse Kniptashconaria sognante,“masapete laprimacosachefarò quandotornerònegli StatiUniti?” Donninisoffocòun gemito.Lasapeva. L’avevasentitacento volte.Kniptashera certochenonesisteva unpiattoalmondo capacedisaziarelasua fame,ecosìneaveva inventatouno,un mostroculinario. “Primo,”disse Kniptashfieramente, “ordineròunadozzina difrittelle.Èquelloche hodetto,signora,” soggiunse,rivoltoa unacameriera immaginaria,“dodici! Poivogliochele mettanounasopra l’altraconunuovo frittoperciascuna.Poi sapetechefarò?” “Cifaraimettere sopradelmiele!”disse Coleman,che condividevailbestiale appetitodiKniptash. “Puoiscommetterci!” disseKniptash,congli occhichebrillavano. “Puah,”disse apaticamenteil caporaleKleinhans,la guardiatedescapelata. Donninipensavacheil vecchioavessecirca sessantacinqueanni. Kleinhanstendevaa esseredistratto, sprofondatoneisuoi pensieri.Eraun’oasidi compassionee inefficienzaneldeserto dellaGermanianazista. Dicevadiaver imparatoilsuo passabileinglesenei quattroanniincui avevafattoilcameriere aLiverpool.Nonaveva dettoaltrodellesue esperienzein Inghilterra,limitandosi aosservarechegli inglesimangiavano troppo,piùdiquanto convenisseallaloro razza. Kleinhanssiarricciòi baffiallaKaiser Wilhelmesialzòin piediconl’aiutodelsuo anticoelunghissimo fucile.“Voiparlate troppodicibo.Ecco perchégliamericani perderannolaguerra: sietetuttitroppo molli.”Eguardòabella postaKniptash,cheera ancoraimmersofinoal collonelsuosognodi frittelle,uovaemiele. “Su,su,rimettiamocial lavoro.”Eraun consiglio. Itresoldati americanirestarono sedutinelguscio scoperchiatodiun edificioinmezzoai calcinacciealletravi carbonizzatediDresda, inGermania.Eranoi primigiornidimarzo del1944.Kniptash, DonninieColeman eranoprigionieridi guerra.Ilcaporale Kleinhanseralaloro guardia.Dovevatenerli occupatifacendo dividereilmiliardodi tonnellatedimacerie dellacittàintumuli ordinati,mattonesu mattone,per sgombrarelestradee permetterelaripresa diuntraffico inesistente. Ufficialmente,itre americanieranostati punitiperpiccole infrazionialla disciplinacarceraria. Inrealtà,andarea lavorarenellestrade ognimattinasottoi tristiocchicelesti dell’abulicoKleinhans noneranémeglioné peggiodelfatodeiloro piùcorretticompagni dietroilfilospinato. Kleinhansavevasolo unapretesa:che fingesserodiessere occupatiquando passavanogliufficiali. Ilciboeral’unica cosa,alpallidolivello diesistenzadei prigionieridiguerra, chepotesseavere qualcheeffettosulloro umore.Pattoneraa centocinquanta chilometrididistanza. AsentireKniptash, DonninieColemanche parlavanodell’arrivo imminentedellaTerza Armata,sisarebbe credutochefosse guidatanondalla fanteriaedaicarri armati,madauna falangedisergentidi mensaecucineda campo. “Su,su,”ripetéil caporaleKleinhans.Si tolselapolvere dell’intonacodalla divisatroppogrande,il grigioleggeroe scadentedellamilizia territoriale,una pateticaarmatadi vecchi.Consultò l’orologio.L’intervallo delpasto,trentaminuti senzanienteda mangiare,erafinito. Donninisfogliò malinconicamenteil propriotaccuinoperun altrominutoprimadi rimetterloneltaschino edialzarsi faticosamenteinpiedi. Lamaniadel taccuinoerainiziata quandoDonniniaveva spiegatoaColeman comefarelapizza. Colemanavevascritto laricettainunodei tantitaccuini rubacchiatiinuna cartoleriabombardata. L’esperienzaerastata cosìsoddisfacenteche riempireitaccuinidi ricetteerasubito diventata,peritre uomini,un’ossessione. Tracciareisimbolidel cibolifacevasentirein qualchemodomolto piùviciniallacosa vera. Ciascunodiessi avevadivisoiltaccuino insezioni.Kniptash, peresempio,aveva quattrosezioni principali:“Dessertche voglioprovare,”“Buoni sistemipercucinarela carne,”“Spuntini”e “Varie”. Coleman,conlo sguardocorrucciato, continuòascrivere laboriosamentenel taccuino.“Quanto sherry?” “Sherrysecco, dev’esseresecco,” disseDonnini.“Circa trequartidiuna tazza.”VideKniptash cancellarequalcosanel suotaccuino.“Chec’è? L’haicambiatoin quattrolitridisherry?” “No.Noncistavo neanchelavorandoa quella.Stavoscrivendo un’altracosa.Ho cambiatoideasulla primacosachevoglio,” disseKniptash. “Cosa?”chiese Coleman,affascinato. Donninitrasalì. Altrettantofece Kleinhans.Itaccuini avevanointensificatoil conflittospiritualetra DonninieKniptash, accentuandonei contrasti.Lericette fornitedaKniptash eranobarocche, inventatelìperlì. QuellediDonninierano scrupolosamente autentiche,artistiche. Colemanerapresoin mezzo.Eraunoscontro trailbuongustaioeil ghiottone,tral’artista eilmaterialista,trala bellaelabestia. Donninieracontentodi avereunalleato,anche sesitrattavadel caporaleKleinhans. “Aspettaadirmelo,” disseColeman sfogliandolepagine. “Fammitrovarela primapagina.”La sezionepiùimportante diognitaccuinoerala primapagina.Di comuneaccordo,era dedicataalpiattoche ciascunosognavapiù dituttiglialtri.Sulla primapaginaDonnini avevascrittocon amorelaformula dell’anatraalcognac. Kniptashavevadatoil postod’onoreallesue orribilifrittelle. Coleman,incerto, avevaoptatoperun piattodiprosciuttocon contornodipatate dolcicandite,mapoi neerastatodissuaso. Terribilmente perplesso,avevascritto sullaprimapaginasia lasceltadiKniptash chequelladiDonnini, rinviandoladecisionea piùtardi.OraKniptash lostavastuzzicando conunamodificadella propriaatrocità. Donninisospirò. Colemansisentiva debole.Forselanuova svoltadiKniptashlo avrebbeallontanato definitivamente dall’anatraalcognac. “Nientemiele,”disse Kniptashintonofermo. “Cihopensatosu.Ora socheètutto sbagliato.Nonvabene conleuova,ilmiele.” Colemanfeceuna cancellatura.“Allora?” disse,fiducioso. “Cioccolatacalda,” disseKniptash.“Una bellacucchiaiatadi cioccolatacalda... Glielaversisoprae lascichesispanda.” “Mmmmmmmmmm,” disseColeman. “Cibo,cibo,cibo,” brontolòilcaporale Kleinhans.“Tuttoil giorno,ognigiorno, nonsentoparlareche dicibo!Alzatevi. Andatealavorare!Voi eivostrimaledetti taccuini.Èunfurto, sapete?Potreifarvi fucilare.”Chiusegli occhiesospirò.“Cibo,” dissesottovoce.“Che gustoc’èaparlarne,a scriverne?Parlatedi donne,piuttosto. Parlatedimusica. Parlatediliquori.”Si rivolsealcielo allargandolebraccia. “Cherazzadisoldati sonoquestiche passanotuttala giornatascambiandosi ricette?” “Nonhaifameanche tu?”disseKniptash. “Cos’haicontroil cibo?” “Iomangioa sufficienza,”disse Kleinhans sbrigativamente. “Seifettedipane neroetrescodelledi minestraalgiorno...A sufficienza?”disse Coleman. “Èpiùche sufficiente,”ribatté Kleinhans.“Iomisento meglio.Erograsso primadellaguerra.Ora sonoasciuttocome quandoerogiovane. Primadellaguerra eranotuttigrassi, vivevanopermangiare invecedimangiareper vivere.”Unpallido sorrisoglisfioròla faccia.“LaGermania nonèmaistatapiù sana.” “Sì,manonhai fame?”insistette Kniptash. “Ilcibononèl’unica cosanellamiavita,né lapiùimportante,” disseKleinhans.“Su, adesso,alzatevi!” KniptasheColeman sialzarono,di malavoglia.“Haiun pezzod’intonaconella canna,paparino,”disse Coleman.Pianopiano, strascicandoipiedi, tornaronosullastrada ingombradimacerie, seguitidaKleinhans checonunfiammifero toglievaicalcinacci dallaboccadelfucilee continuavaaimprecare controitaccuini. Donniniraccattòun sassolinotramilionidi altrisassolini, raggiunseilbordodella stradaelodeposeai piedidiKleinhans.Si fermòunmomento,con lemanisuifianchi.“Fa caldo,”disse. “L’idealeper lavorare,”disse Kleinhans,sedendosi sulcordolo.“Cosa facevidacivile,il cuoco?”dissedopoun lungosilenzio. “Aiutavomiopadrea gestireilsuoristorante italianoaNewYork.” “Iohoavutoun localeaBreslaviaper unpo’,”disse Kleinhans.“Tanto tempofa.”Sospirò. “Sembrastupido, adesso,quantotempoe quanteenergie consumavanoi tedeschisoloper imbottirsidicibo.Che spreco.”Guardòalle spallediDonninie aggrottòlafronte. Agitòunditoinaria all’indirizzodiColeman eKniptash,cheerano inmezzoallastrada conunsassogrande comeunapallada baseballinunamanoe untaccuinonell’altra. “Amepareche dentrocifossedella pannaacida,”stava dicendoColeman. “Metteteviaquei taccuini!”ordinò Kleinhans.“Nonavete unaragazza?Parlate dellavostraragazza!” “Certochehouna ragazza,”disse Coleman,irritato.“Si chiamaMary.” “Tuttoqui?Nonc’è altrodasaperedilei?” disseKleinhans. Colemansembrava perplesso.“Ilcognome èFiske:MaryFiske.” “Be’,ècarinaquesta MaryFiske?Cosafa?” Colemansocchiuse gliocchiconaria meditabonda.“Un giornoaspettavoche scendesseeho guardatolasuavecchia mentrefacevauna meringataallimone,” disse.“Hapresounpo’ dizuccheroediamido digranturcoeun pizzicodisale,el’ha mescolatoconunpaio ditazzed’a...” “Perfavore,parliamo dimusica.Tipiacela musica?”disse Kleinhans. “Epoicos’hafatto?” disseKniptash.Aveva depostoilsuosassoe orastavascrivendonel taccuino.“Hausato delleuova,no?” “Perfavore,ragazzi, no,”supplicò Kleinhans. “Certochehausato delleuova,”disse Coleman.“Eanchedel burro.Tantoburroe tanteuova.” II. Fuquattrogiorni dopocheKniptash trovòinunsotterraneo ipastellicolorati:lo stessogiornoincui Kleinhansaveva chiestoinvanoil cambiocomeguardia dellasquadradi punizione. Quandoeranousciti, quelmattino,Kleinhans avevaundiavoloper capello,esiera scagliatocontroitre prigionieriaffidatialle suecureperchénon andavanoalpassoe perchémarciavanocon lemaniintasca. “Andateavantie parlate,parlatepuredi cibo,donnicciole,”li avevascherniti.“Ionon sonopiùtenutoad ascoltare!” Trionfalmente,aveva tiratofuoridalla gibernaduebatuffolidi cotoneeseliera ficcatinelleorecchie. “Orapossopensareai casimiei.Ah!” Amezzogiorno Kniptashsgattaiolò nellacantinadiuna casabombardata, sperandoditrovarvi unoscaffaledivasetti pienicomequelliche c’eranonellasua accoglientecantina casalinga.Neuscì sporcoescoraggiato, rosicchiando sperimentalmenteuna matitaverde. “Com’è?”chiese Coleman fiduciosamente, guardandoipastelli giallo,rosa,violae arancionenellamano sinistradiKniptash. “Magnifico.Che saporevuoi?Limone? Uva?Fragola?”Buttò lematiteperterrae sopracisputòquella verde. Eradinuovol’oradi pranzo,eKleinhans sedevavoltandole spalleaiprigionierie contemplando pensierosamenteil profiloscheggiatodi Dresda.Duebatuffoli dicotonebiancogli spuntavanodalle orecchie. “Saicosaandrebbe bene,adesso?”disse Donnini. “Ungelatoconla cioccolatacalda, spolveratodinocie marshmallow,”disse prontamenteColeman. “Eciliegie,”disse Kniptash. “Spiedinialla romana!”mormorò Donnini,congliocchi chiusi. KniptasheColeman tiraronofuorii taccuini. Donninisibaciòle puntedelledita. “Bocconcinidimanzo infilzatiinunospiedo, allaromana,”disse. “Prendetemezzochilo dibocconcinidimanzo, trecucchiainidi pecorinoromanoe...” “Perquante persone?”chiese Kniptash. “Seinormaliesseri umani,omezzo maiale.” “Questopiattoche aspettoha?”chiese Coleman. “Be’,sonotantecose infilzatesuuno spiedo.”Donninivide Kleinhanstogliersiun tappodalleorecchiee rimetterseloquasi subito.“Èunpo’ difficiledadescrivere.” Sigrattòlatesta,elo sguardoglicaddesui pastelli.Raccolse quellogialloecominciò adisegnare.Apocoa pococrebbeilsuo interesseperil progetto,econlealtre matiteDonnini aggiunse ombreggiaturee lumeggiature,ealla fine,comesfondo,una tovagliaaquadretti. Porseloschizzoa Coleman. “Mmmmmmm,”disse Coleman,scuotendola testaeleccandosile labbra. “Accidenti!”disse Kniptash,pienodi ammirazione.“Questi piccolibastardi praticamentetisaltano inbocca,nonèvero?” Colemanporse ansiosamenteilproprio taccuinoaDonnini.La paginaallaqualeera apertoeraintestata semplicemente “TORTE”.“Potresti disegnareunatorta LadyBaltimore?Sai, biancaconleciliegie sopra?” GentilmenteDonnini ciprovò,eriscosseun successo incoraggiante.Erauna bellatorta,eper abbellirla ulteriormenteDonnini cimisesoprauna scrittainglassarosa chediceva: “Bentornatoacasa, soldatoColeman!”. “Disegnamiunapila difrittelle...Dodici,”lo esortòKniptash.“È quellochehodetto, signora...Dodici!” Donniniscosseilcapo insegnodi disapprovazione,ma cominciòadabbozzare lacomposizione. “Vogliomostrarela miaaKleinhans,”disse Colemanallegramente, tenendolasuatorta LadyBaltimoreaun bracciodidistanza. “Oralacioccolata sopra,”disseKniptash, colfiatosulcollodi Donnini. “Ach!Mensch!”gridò ilcaporaleKleinhans,e iltaccuinodiColeman volòcomeunuccello feritonelgrovigliodi rottamidellaporta accanto.“L’oradi pranzoèfinita!” Kleinhansraggiunsea grandipassiDonninie Kniptasheglistrappòi taccuini.Poilimisenel taschino.“Ora facciamoanchedeibei quadretti!Tornateal lavoro,capito?”Conun ampiogestodel braccioattaccòal fucileunabaionetta fantasticamentelunga. “Andate!Los!” “Chediavologliha preso?”disseKniptash. “Nonhofattoaltro chemostrargliil disegnodiunatorta,e quelloesplode,” protestòColeman. “Nazista,”disse sottovoce. Donninisimisein tascaipastelliefece unpassoindietroper evitarelaterribile spadadiKleinhans. “Gliarticolidella ConvenzionediGinevra diconocheisoldati semplicidevono lavorareperilloro mantenimento. Lavorate!”disseil caporaleKleinhans.Li fecesudareegrugnire pertuttoilpomeriggio. Abbaiavaunordine appenaunodeitre mostrava un’inclinazionea parlare.“Tu!Donnini! Ecco,prendiquel piattodispaghetti,” disse,indicandoconla puntadelpiedeun grossosasso.Poisi avvicinòaunpaiodi travicellidodiciper dodicichegiacevanoin mezzoallastrada. “KniptasheColeman, ragazzimiei,”sussurrò, battendolemani,“ecco quegliéclairal cioccolatoche sognavate.Unoper ciascuno.”Misela facciaapochi centimetridaquelladi Coleman.“Conla pannamontata,” sussurrò. Eraunasquadra decisamentedepressa quellachesitrascinò nelrecintodella prigionequellasera. Prima,Donnini, KniptasheColemansi eranoimpostidi assumereun’andatura zoppicante,comese fosserostrematidaun lavoroterribilmente duroedall’implacabile disciplina.Kleinhans,a suavolta,avevafatto unascenata, aggredendolicomeun canedapastore inferocitomentre varcavanobarcollando ilcancello.Orailloro aspettoeraquellodi prima,malatragedia cherappresentavano erareale. Kleinhansspalancò bruscamentelaporta dellabaraccaefece lorosegnodientrare conuncennoimperioso dellamano. “Achtung!”gridòuna vocedall’interno. Donnini,Colemane Kniptashsifermarono erimaserolàinpiedi, ciondolanti,coni tacchipiùomeno accostati.Conuno scricchioliodicuoioe unosbattimentodi tacchi,ilcaporale Kleinhanspercosseil pavimentocolcalcio delfucileesierse quantoglielo permettevalaschiena malconcia,tremando. Eraincorsol’ispezione asorpresadiun ufficialetedesco. Potevanoaspettarsela unavoltaalmese.Un colonnellobassodi staturadentroun cappottoconilcollodi pellicciaeduestivaloni nerieraritto,agambe divaricate,davantia unafiladiprigionieri. Alsuofiancoc’erail grassosergentedella milizia.Tutti guardaronoilcaporale Kleinhanseitresoldati affidatiallesuecure. “Be’,”disseil colonnellointedesco, “cos’abbiamoqui?” Ilsergenteglielo spiegògesticolando, congliocchicastani cheimploravanolasua approvazione. Ilcolonnello attraversòlentamente ilpavimentodi cemento,conlemani intrecciatedietrola schiena.Sifermò davantiaKniptash.“Tu èstatopampìnocattìfo, eh?” “Signorsì,èvero,” dissesemplicemente Kniptash. “Tupentitoatesso?” “Signorsì,certo.” “Pene.”Ilcolonnello giròparecchievolte intornoalgruppetto, canterellandotrasé, fermandosiunavolta pertoccarelastoffa dellacamiciadi Donnini.“Tucapire kvandoioparlare inklese?” “Signorsì,è chiarissimo,”disse Donnini. “Tikvaleparte Americaesseremio akzento?”chiese ansiosamenteil colonnello. “Milwaukee,signore. Avreigiuratochelei eradiMilwaukee.” “Potreifarelaspiaa Milvakee,”disse fieramenteilcolonnello alsergente.Auntratto ilsuosguardocadde sulcaporaleKleinhans, ilcuipettoeraunpo’ sottoillivellodeisuoi occhi.Cosìfacendo, persetuttoil buonumore.Fece qualchepassoavanti perandareapiazzarsi, tuttoimpettito,davanti aKleinhans.“Caporale! Iltaschinodellatua giubbaèsbottonato!” disseintedesco. Kleinhansspalancò gliocchimentre portavalamanoal risvoltodeltaschino. Febbrilmente,cercòdi abbottonarlo.L’asola nonarrivavaal bottone. “Haiqualcosain tasca!”disseil colonnello,diventando rosso.“Questoèil problema.Tirafuori!” Kleinhanssfilòidue taccuinidallatascae abbottonòilrisvolto conunsospirodi sollievo. “Ecos’haiinquei taccuini,eh?Unalista diprigionieri.Demeriti, forse?Vediamo.”Il colonnelloglieli strappòdalleditamolli. Kleinhansroteògli occhi. “Cos’èquesto?”disse ilcolonnello,incredulo, alzandolavoce. Kleinhanscercòdidire qualcosa.“Silenzio, caporale!”Ilcolonnello aggrottòlesopracciglia etenneilquadernetto davantiaséinmodo chepotessevederlo ancheilsergente. “‘Kvellokefoglio manciareappenaarrìfo acasa,’”lesse lentamente.Scossela testa.“Ach!‘Tòtici fritelleconunuofo frittoperciascuna!’ Oh!‘Econcioccolata kaltasopra!’”Sirivolse aKleinhans.“Èquesto chevuoi,povero ragazzo?”dissein tedesco.“Echebel disegnohaifatto, anche.Mmmmm.” Allungòlemaniverso lespallediKleinhans. “Icaporalidevono pensaresemprealla guerra.Isoldati semplicipossono pensareatuttoquello chevogliono–ragazze, cibo,ebuonecose comequella–purché faccianoquellochegli diconoicaporali.” Abilmente,comese l’avessegiàfattomolte volte,ilcolonnelloficcò leunghiedeipollici sottolestellette d’argentodacaporale sullespallinedi Kleinhans.Lespalline rimbalzarono rumorosamentecontro ilmurocomesassi,in fondoallabaracca. “Fortunatisoldati semplici.” Ancoraunavolta Kleinhanssischiarìla golachiedendoil permessodiparlare. “Silenzio,soldato!”Il piccolocolonnellouscì boriosamentedalla baracca,stracciandoi taccuinimentre camminava. III. Lamattinadopola degradazionedi Kleinhans,Donniniera apezzi,comeKniptash eColeman. Esternamente, Kleinhansnon sembravadiverso.Il suopassoeravivace comesempre,elui sembravaancora capacedigodersil’aria frescaeiprimisegni dellaprimaverache spuntavanotrale rovine. Quandoraggiunsero lalorostrada,chenon eraancoratransitabile, nemmenoperle biciclette,anchedopo tresettimanedilavori forzati,Kleinhansnon liminacciòcomeaveva fattoilgiornoprima. Nédisselorodifingere dilavorarecomeaveva fattoneigiorni precedenti.Liportò invecedirettamenteal ruderedovepassavano l’oradelpranzoefece lorosegnodimettersia sedere.Kleinhans avevaun’aria sonnolenta.Là rimaserotuttiin silenzio,gliamericani pienidirimorsi. “Cidispiacechehai persolestelletteper colpanostra,”disse Donniniallafine. “Fortunatisoldati semplici,”disse cupamenteKleinhans. “Dueguerrehofatto perdiventarecaporale. Eora,”schioccòledita, “puf!Ilibridicucina sonoverboten.” “Tieni,”disse Kniptash,convoce tremante.“Vuoi fumare?Houna sigarettaungherese.” Gliporselapreziosa sigaretta. Kleinhansrispose conunpallidosorriso. “Facciamolagirare.” L’accese,tiròuna boccataelaporsea Donnini. “Dachil’haiavuta, unasigaretta ungherese?”chiese Coleman. “Daunungherese,” disseKniptash.Sitirò sulagambadei pantaloni.“L’ho scambiataconi calzini.” Finironolasigaretta etornaronoad appoggiarelespalleal muro.Kleinhansnon avevaancoraparlatodi lavoro.Sembravadi nuovodistratto, immersoneisuoi pensieri. “Nonparlatepiùdi cibo,ragazzi?”disse Kleinhansdopoun altrolungosilenzio. “Orachehaipersole stellette,no,”disse Kniptashintonograve. Kleinhansannuì. “Nonc’èproblema. Tantipresi,tanti spesi.”Sileccòle labbra.“Prestotutto questosaràfinito.”Si appoggiòalmuroesi stirò.“Esapetecosa faròilgiornodellafine, ragazzi?”Ilsoldato sempliceKleinhans chiusegliocchi.“Mi procureròunchiloe mezzodispalladi manzoelalardellerò conlapancetta.Poici strofineròsopraaglio, saleepepe,ela metteròinunaterrina convinobianco annacquato...”–lasua voceeradiventata stridula–“...ecipollee foglied’alloroe zucchero...”–sialzòin piedi–“...epepenero! Indiecigiorni,ragazzi, saràpronta!” “Cosa,saràpronto?” disseColeman, eccitato,portandola manoallatascache avevacontenutoil taccuino. “Sauerbraten!”gridò Kleinhans. “Perquante persone?”chiese Kniptash. “Solodue,ragazzo mio.Mirincresce.” Kleinhansposòlamano sullaspalladiDonnini. “Quantobastaperdue artistiaffamati...eh, Donnini?”Strizzò l’occhioaKniptash. “PerteeColeman prepareròqualcosache riempiabenelapancia. Cheneditedidodici frittelleconunafettadi colonnelloper ciascuna,eunabella tazzadicioccolata caldasopra,eh?” CivilDefense,courtesy KurtVonnegut&Origami ExpressLLC. BUON COMPLEANNO, 1951 Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. “L’estateèunbuon momentoperun compleanno,”disseil vecchio.“Esehaiuna possibilitàdiscelta, perchénonscegliere ungiornod’estate?”Si inumidìilditosulla linguaesfogliòlapila didocumentichei soldatigliavevano ordinatodicompilare. Nessundocumento sarebbestatocompleto senzaladatadi nascita,ebisognava sceglierneunaperil ragazzo. “Iltuocompleanno puòessereoggi,se vuoi,”disseilvecchio. “Stamattinaè piovuto,”disseil ragazzo. “Bene,allora... domani.Lenuvolesi stannoallontanando versosud.Domani dovrebbeesserciilsole pertuttalagiornata.” Cercandoriparodal temporalemattutino,i soldatiavevanotrovato ilnascondigliodove, miracolodeimiracoli,il vecchioeilragazzo eranovissutitrale rovinepersetteanni senzadocumenti: senza,percosìdire,il permessoufficialedi esserevivi.Dicevano chenessunopoteva trovarecibooriparoo capidivestiariosenza documenti.Mail vecchioeilragazzo avevanotrovatotutt’e trelecosescavando nellecatacombedelle cantinesottolacittà distruttae rubacchiandodurante lanotte. “Perchétremi?”disse ilragazzo. “Perchésono vecchio.Perchéi soldatispaventanoi vecchi.” “Me,nonmi spaventanomica,” disseilragazzo.Era eccitatoda quell’improvvisa intrusionenelloro mondosotterraneo. Tenevaqualcosadi doratoelucentenel sottileraggiodiluce cheentravadalla finestradellacantina. “Vedi?Unodiloromi hadatounbottone d’ottone.” Nonavevanonulladi spaventoso,quei soldati.Poichél’uomo eravecchioeil bambinocosìpiccolo,i militariavevano scherzatosuquella stranacoppia:l’unica chefratuttala popolazionedellacittà nonavessefatto registrarelapropria presenzainnessun posto,nonfossestata vaccinatacontro nessunamalattia,non avessegiuratofedeltà aniente,nonavesse rinunciatoenonsi fossescusataper niente,nonavesse votatoomarciatoper nessunoeperniente dallafinedellaguerra. “Nonvolevofare nientedimale,”aveva dettoilvecchioai soldatifingendosiun po’rimbecillito.“Non losapevo.”Espiegò cheilgiornoincuiera finitalaguerrauna profugagliaveva lasciatounbambinotra lebracciaenonerapiù tornata.Eccoperchéil ragazzoeraconlui.La suanazionalità?Il nome?Ladatadi nascita?Nonlosapeva. Ilvecchiofece rotolareconunostecco lepatatesullacenere delfuocodilegnadel fornelloestaccòle bracidallabuccia annerita.“Nonsono statounpadremolto bravo,lasciandoti senzacompleanniper tuttoquestotempo,” disse.“Haidirittoaun compleannoognianno, sai,eionehofatti passareseisenzaun compleanno.Esenza regali.Sidovrebbero riceveredeiregali.” Raccolsecautamente unapatataelagettòal ragazzo,chelapreseal voloerise.“Ecosìhai decisocheilgiornoè domani,eh?” “Sì,credodisì.” “Bene.Nonmiresta moltotempoperfarti unregalo,maqualcosa troveremo.” “Cosa?” “Iregalidi compleannosono migliorisesonouna sorpresa.”Pensòalle ruotecheavevavisto suunmucchiodi macerieinfondoalla strada.Appenail ragazzosifosse addormentato,avrebbe costruitounaspeciedi carretto. “Ascolta!”disseil ragazzo. Comeaogni tramonto,dauna stradalontana arrivarono,soprale rovine,isuonidiuna marcia. “Nonascoltare,” disseilvecchio.Alzòun ditoperrichiamarela suaattenzione.“Esai chefaremoperiltuo compleanno?” “Ruberemoqualche tortaalpanettiere?” “Forse...Manonè quellochestavo pensando.Saicosami piacerebbefare domani?Mipiacerebbe portartidovenonsei maistatointuttalatua vita...Doveiostesso nonvadodaanni.” L’idealoentusiasmòe loresefelice.Questo sarebbestatoilsuo regalo.Ilcarrettonon contavaniente. “Domanitiporterò lontanodallaguerra.” Nonsiaccorsecheil ragazzosembrava sconcertatoeunpo’ deluso. Venneilgiornocheil ragazzoavevascelto perilproprio compleanno,eilcielo, comeavevapromessoil vecchio,erasereno. Fecerocolazionenella penombradella cantina.Sultavolo c’erailcarrettocheil vecchioavevacostruito durantelanotte.Il ragazzomangiòcon unamano,tenendo l’altrasulcarretto. Ognitantosmettevadi mangiarepermuovere ilcarrettoavantie indietrodipochi centimetri,eper imitareilrombodiun motore. “Chebelcamionha lì,signore,”disseil vecchio.“Chefa,porta delbestiameal mercato?” “Bruuum,bruuum. Largo!Bruuum.Fate passareilmiocarro armato.” “Scusi,”sospiròil vecchio,“credevoche fosseuncamion. Comunquetipiace,ed èquellocheconta.” Lasciòcadereilpiatto distagnonelsecchio d’acquachebolliva lentamentesulfornello. “Equestoèsoloil principio,soloil principio,”dissecon esuberanza.“Ilmeglio deveancoravenire.” “Unaltroregalo?” “Inuncertosenso. Ricordicosatiho promesso?Oggi andremoviadaquesta guerra.Andremonel bosco.” “Bruuum,bruuum. Possoportareilcarro armato?” “Selasceraichesia uncamion,soloper oggi...” Ilragazzoalzòle spalle.“Lolasceròqui, ecigiocheròquando torno.” Strizzandogliocchi nellalucetroppoviva delmattino,iduesi incamminaronolungo lastradadesertae svoltaronoinunviale pienoditraffico fiancheggiatoda facciatenuove.Era comeseilmondofosse diventato all’improvvisofresco, pulitoeintegrodi nuovo.Parevachela gentenonsapesseche ladesolazione cominciavaaunisolato daamboilatidiquel vialeelegante,echeda lìsiestendevaper chilometriechilometri. Idue,conlospuntino sottobraccio, camminavanonella direzionedellecolline copertedipiniasud, versolequaliilvialesi alzavaconunaleggera salita. Quattrogiovani soldatiprocedevano affiancatilungoil marciapiede.Ilvecchio scesesullastradaper cedergliilpasso.Il ragazzosalutòerimase dov’era.Isoldati sorrisero,ricambiarono ilsalutoesidivisero perfarlopassare. “Fanteriacorazzata,” disseilragazzoal vecchio. “Hmmmm?”disseil vecchiodistrattamente, congliocchipuntati sullecollineverdi. “Davvero?Comehai fattoacapirlo?” “Nonhaivistole mostrineverdi?” “Sì,questecose cambiano.Miricordo diquandolafanteria corazzataerarossae nera,eilverdeera...” Siinterruppe.“Tutte sciocchezze,”disse, quasisgarbatamente. “Nonsignificanulla,e oggicene dimenticheremo.Il giornodeltuo compleannonon dovrestipensarea...” “Rossoenerosonoi genieri,”lointerruppe ilragazzo,moltoserio. “Tuttoneroèlapolizia militare,erossoè l’artiglieria,eblue rossolasanità,eneroe arancionee...” Lapinetaeramolto silenziosa.Iltappeto secolarediaghidipino elacappaverde soffocavanoisuoni provenientidallacittà. Innumerevolifiledi tronchimarronescuro circondavanoilvecchio eilragazzo.Ilsole,a perpendicolosudiloro, erasoloungrappolodi puntiniluminositrale fittecortinediaghiedi ramisoprastanti. “Qui?”disseil ragazzo. Ilvecchiosiguardò intorno.“No...Unpo’ piùlontano.”Puntòil dito.“Là...Vedi,trai rami?Daquisivedela chiesa.”Ilnero scheletrodiun campanilebruciato spiccavacontroun riquadrodicielotra duetronchiaimargini dellaforesta.“Ma ascolta...Sentito? Acqua.Piùsuc’èun ruscello,eseci sediamonellasua vallettanonvedremo altrochelefronde deglialberieilcielo.” “Bene,”disseil ragazzo.“Questoposto mipiace,mavabene.” Guardòilcampanile, poiilvecchio,e aggrottòlesopracciglia conariainterrogativa. “Vedrai...Vedraiche èmoltomeglio,”disse ilvecchio. Quandoraggiunsero ilcrinale,indicò soddisfattoilruscello sottostante.“Ecco!E chetenepare?Un paradiso!Com’erain principio:alberi,cieloe acqua.Questoèil mondocheavresti dovutoavere,ealmeno peroggil’avrai.” “Eguarda!”disseil ragazzoindicandoil crinaledall’altraparte. Unenormecarro armato,così arrugginitodaaverelo stessocoloredegliaghi dipinocaduti,era accovacciatosul crinale,conicingoli schiantatiemacchiedi corrosioneintornoal buconerodoveun tempositrovavailsuo cannone. “Comefacciamoad attraversareiltorrente perarrivarci?”disseil ragazzo. “Nonabbiamomica bisognodiarrivarci,” disseilvecchio, stizzito.Stringevaforte lamanodelragazzo. “Nonoggi.Possiamo venirequiunaltro giorno,forse.Manon oggi.” Ilragazzocirimase male.Lasuamanosi afflosciòinquelladel vecchio. “Piùavantic’èuna curva,eoltrequella curvatroveremo proprioquelloche cerchiamo.” Ilragazzonondisse nulla.Raccolseun sassoelotiròcontroil carroarmato.Mentreil piccolomissilecadeva sulbersaglioilragazzo siirrigidì,comeseil mondointerostesse peresplodere.Dalla torrettavenneun flebileclic,eluisi calmò,comesein qualchemodofosse soddisfatto. Docilmente,seguìil vecchio. Oltrelacurva trovaronoquelloche cercavailvecchio:un massosquadratoliscio easciutto,vicinoal ruscelloincassatonella roccia.Ilvecchiosi sdraiòsulmuschioe battéaffettuosamente lamanoperterradi fiancoalui,nelpunto incuivolevacheil ragazzosisedesse. Scartocciòlospuntino. Dopopranzoil ragazzodiventò impaziente.“C’èun grandesilenzio,”disse infine. “Ècomedovrebbe essere,”disseil vecchio.“Unangolodel mondo...come dovrebbeessere.” “Èisolato.” “Èquestalasua bellezza.” “Mipiacedipiùla città,conisoldatie...” Ilvecchioloprese bruscamenteperun braccio,stringendolo conforza.“No,nonè vero.Èsolochenon sai.Seitroppopiccolo, troppopiccoloper capirecos’èquesto, quellochestocercando didarti.Maquando saraipiùgrandeti ricorderai,evorrai tornarequi...Molto tempodopochesisarà rottoiltuocarretto.” “Iononvogliocheil miocarrettosirompa,” disseilragazzo. “Nonsiromperà,non siromperà.Mavienia sdraiartiqui,chiudigli occhieascolta,e dimenticatutto.Ecco quellocheposso darti...apocheore dallaguerra.”Chiuse gliocchi. Ilragazzo, obbediente,sisdraiò accantoaluiechiuse gliocchi. Ilsoleerabassonel cieloquandoilvecchio sisvegliò.Glidolevano leossaesisentiva umido,dopoillungo pisolinosullarivadel torrente.Sbadigliòesi stirò.“Èoradi andare,”disse,congli occhiancorachiusi.“Il nostrogiornodipaceè finito.”Epoividecheil ragazzoerasparito. Dapprimalochiamò senzaessere particolarmente preoccupato;poi,non ottenendoaltra rispostacheilsibilodel vento,sialzòinpiedie urlò. Apocoapocofu presodalpanico.Il ragazzononeramai entratoinunbosco,e avrebbepotuto smarrirsifacilmentese sifosseallontanato versonord, inoltrandositrale collineenellaforesta. Siarrampicòsu un’alturaegridò ancora.Nessuna risposta. Forseilragazzoera andatodinuovoverso ilcarroarmato,eaveva cercatodiattraversare iltorrente.Nonsapeva nuotare.Ilvecchiosi affrettòascendere lungolaspondadel torrente,oltrelacurva, finoadovesivedevail carroarmato.Nullasi muoveva,ec’erasoloil suonodelventoe dell’acqua. “Bang!”gridòuna vocina. Ilragazzoalzò trionfalmentelatesta dallatorretta. “Colpito!”disse. Confetti#36,courtesyKurt Vonnegut&Origami ExpressLLC. SUCONLAVITA Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. C’èstatoun momentoincuiero totalmented’accordo conmiopadrenel pensareche diventandounboy scoutrispettoso, audace,fidatoe corteseavreigettatole fondamentadiunavita riccaepienadi soddisfazioni.Mada allorahoavutola possibilitàdiriflettere piùrealisticamente sull’educazione,eoggi midomandoseHell’s Kitchen1nonsiauna preparazioneallavita piùvalidadella squadrigliadel Castoro.Nonpossofar amenodipensareche ilmioamicoLouis Gigliano,chefumavail sigarodaquandoaveva dodicianni,fossemolto piùpreparatoa destreggiarsinelcaos dime,cheerostato addestratoad affrontareleavversità conuntemperino multiuso,un apriscatoleeun punzonedacuoio. Iltestdellavirilearte disopravviverecheho inmenteebbeluogoin uncampoper prigionieridiguerradi Dresda.Io,ragazzo americanoeducatoe perbene,eLouis, dissolutoteppistellola cuiprincipale occupazione,dacivile, erastatalospacciodi hashishalleragazzine, viaffrontammolavita insieme.RicordoLouis, adesso,perchéiosono inbolletta,eperchéso cheluiviveinvece comeunpasciàin qualchepartediquesto mondochecapiscecosì bene.Andòcosìanche inGermania. Inbasealle democratichenorme dellaConvenzionedi Ginevra,noi,come soldatisemplici, dovevamolavorareper ilnostro mantenimento. Lavoravamotutti,cioè, tranneLouis.Ilsuo primoattodietroilfilo spinatoconsistettenel dichiarareauna guardianazistache parlavainglesechelui nonvolevaaverniente achefareconla guerra,unaguerrache mettevaunfratello control’altroecheera tuttacolpadiRoosevelt edeibanchieri internazionaliebrei.Gli chiesisedicevasul serio. “Sonostanco,per amordiDio,”disse. “Hocombattutocontro diloroperseimesie orasonostanco.Ho bisognodiriposoemi piacemangiarbene, cometutti.Suconla vita,eh?” “Preferiscodino, grazie,”dissi gelidamente. Mimandaronofuoria lavorareconuna squadradisterratori; Louisrimasealcampo comeattendentedel sergentetedesco.Louis ricevetterazioni supplementariperché spazzolavaladivisadel sergentetrevolteal giorno.Iomibuscai un’erniamentre sgombravomacerie dopoun bombardamento dell’aviazione americana. “Collaborazionista!” glisibilaidopouna giornata particolarmente pesantenellestrade. Luierainpiedivicino alcancellodella prigioneconuna guardia,immacolatoe tuttoallegro,e accennandocolcapo salutavaiconoscenti nellacolonna impolverataestanca. Reagìallamia provocazione mettendosialmio fiancomentremi avviavoversoi dormitori. Miposòunamano sullaspalla.“Epoipuoi vederlacosì,ragazzo,” disse.“Quitustai aiutandoilcruccoa sgombrarelestradein modocheluipossa farcipassaredinuovo camionecarriarmati. Èquestocheio chiamerei collaborazionismo. Collaborazionistaio? Haicapitoarovescio. Tuttoquellochefaccio ioperaiutareilcrucco avincerelaguerraè fumarelesuesigarette escroccargliqualcosa damangiare.Èuna bruttacosa, immagino.” Milasciaicadere sullacuccetta.Louissi sedettesuunastuoia vicinoame.Ilmio bracciopenzolavadalla spondadellacuccetta, el’attenzionediLouis fuattiratadall’orologio dapolso,unregalodi miamadre. “Bello,bellissimo orologio,ragazzo,” disse.Epoi:“Chissà chefameavrai,dopo tantolavoro”. Ineffetti,morivodi fame.Surrogatodi caffè,unascodelladi minestraacquosaetre fettedipansecconon sonounpastoda rallegrareilcuoredi unosterratoredopo noveorediduro lavoro.Louismostrava grandecomprensione. Glierosimpatico; volevaaiutarmi.“Sei unbravoragazzo,” disse.“Tidiròcosa pensodifare.Ti combinounbuon affare.Èstupidopatire lafame.Accidenti, quest’orologiovale almenoduepagnotte.È unbuonaffareono?” Aquestopunto,due pagnotteeranoun’esca irresistibile.Era un’incredibilequantità diciboperunasola persona.Tentaidi alzareilprezzo.“Senti, amico,”disselui, “questoèunprezzo specialeperte,edèil piùalto.Stocercando difartiunpiacere, capisci?Nontichiedo cheditenerelabocca chiusa,senotutti vorrannoduepagnotte perunorologio. Promesso?” Giuraisututtiisanti chenonavreimai rivelatolamagnanimità diLouis,ilmiomigliore amico.Luitornòdopo un’ora.Siguardò intornofurtivamente, sfilòunalunga pagnottadaunagiubba arrotolataemelamise sottoilmaterasso. Attesichefacesseil secondodeposito,che nonarrivò.“Nonsoche dire,ragazzo.La guardiaconcuilavoro mihadettocheil mercatodegliorologiè crollatodaquando sonoarrivatitutti questiragazzidalle Ardenne.Troppi orologituttiinuna volta,eccoilguaio.Mi spiace,mavoglioche tusappiacheLouisti hafattoavereil massimo,per quell’orologio.”Allungò lamanoversola pagnottanascostasotto ilmaterasso.“Secredi chetiabbia imbrogliatonondevi faraltrochedirlo,eio melariprendoeti riportol’orologio.” Ilmiostomaco brontolava.“Oh,al diavolo,Louis,” sospirai,“lascialalì.” Lamattinadopo, quandomisvegliai, guardail’orologioper vederecheoraera.E alloraricordaichenon eropiùilproprietario diunorologio.Sistava muovendoanche l’uomonellacuccetta sopralamia.Glichiesi l’ora.Luisporsela testadallasponda,eio vidicheavevalabocca pienadipane;mi caddeaddossouna pioggiadibriciole, mentrerispondeva. Dissechenonaveva piùl’orologio.Masticò einghiottìfinchénon ebbevuotatolabocca dallamaggiorpartedel panechelariempivae finalmenteriuscìafarsi capire.“Dovreiforse preoccuparmidisapere cheoraèquandoLouis midàduepagnottee diecisigaretteperun orologioche,nuovo, nonvalevaventi dollari?”michiese. Louisavevail monopoliodeirapporti conleguardie.Lasua dichiarataarmoniacon iprincipidelnazismo convinseinostri guardianicheera l’unicointelligentetra noi,efummotutti obbligatiafareil nostromercatonero attraversoquestogiuda insedicesimo.Sei settimanedopocheci ebberoacquartieratia Dresda,nessunoaveva mododisaperecheora eratranneLouisele guardie.Dopoaltredue settimane,Louisaveva alleggeritodellafede ogniuomosposatocon questoargomento: “Okay,continuapurea fareilsentimentale, continuacosìemorirai difame.L’amoreèuna cosameravigliosa,mi dicono”. Isuoiprofittierano enormi.Inseguito scopriicheilmio orologio,peresempio, valevacentosigarette eseipagnotte. Chiunquesappiacosa vuoldirefame riconosceràcheeraun buonprezzo.Louis convertivaquasitutte lesuericchezzenel prodottopiù negoziabileditutti,le sigarette.Enondoveva passaremoltotempo primacheglisi prospettassela possibilitàdifaredello strozzinaggio.Una voltaognidue settimaneci distribuivanoventi sigarette.Glischiavi delviziodelfumo esaurivanolarazione inungiornoodue,e passavanoinuna speciedifrenesiail tempochemancava allarazioneseguente. Louis,checominciava aesserenotocome “L’amicodelpopolo”o “HonestJohn”, annunciòchele sigarettepotevano esserepreseinprestito daluiaunragionevole interessedelcinquanta percentofinoalla prossimarazione.Così facendo,prestovideil propriopatrimonio aumentaredellametà ogniduesettimane.Io eroterribilmente indebitato,enonmi restavadaimpegnare altrochel’anima.Lo rimproveraiperlasua avidità.“Cristoha scacciatodaltempiogli usurai,”gliricordai. “Eranosoldiquelli cheprestavanoloro, ragazzomio,”ribatté. “Ionontistopregando diaccettarelemie sigarette,no?Seitu chemipreghidi prestartenequalcuna. Lesigarettesonoun lusso,bellomio.Non devifumareper campare.Anzi, probabilmentevivresti piùalungosenon fumassi.Perchénonte lotogli,questobrutto vizio?” “Quantepuoi darmenefinoamartedì prossimo?”chiesi. Quandol’usuragli ebbegonfiatolescorte finoaunmassimo storico,unacatastrofe, cheluiaspettavacon impazienza,fece andareallestelleil valoredellesigarette. L’aviazioneamericana travolseledebolidifese diDresdaperdemolire, tral’altro,leprincipali fabbrichedisigarette. Diconseguenza,non soltantolarazionedei prigionieridiguerra, maanchequelladelle guardieedeicivilifu tagliata completamente.Louis diventòunafiguradi primopianonella finanzalocale.Le guardiesitrovarono senzanientedafumare ecominciaronoa rivendereaLouisi nostrianellieinostri orologiaunprezzopiù bassodiquelloacuili avevanocomprati. Qualcunovalutavail suocapitaleacento orologi.Lastimadi Louis,però,erapiù modesta:cinquantatré orologi,diciassettefedi nuziali,setteanellicon nomidiscuoleeuna catenelladaorologio cheerauncimeliodi famiglia.“Alcuni orologihannobisogno dimoltolavoro,”mi disse. Quandodicoche l’aviazioneamericana distrusse“tral’altro”le fabbrichedisigarette, vogliodirechenel bombardamentoperì ancheungrosso numerodiesseri umani:qualcosacome duecentomilapersone. Elanostraattività preseunapiega piuttostomacabra.Ci miseroaesumarei mortidalleloro innumerevolicripte. Moltidiessiavevano gioielli,eperla maggiorpartesierano portatiglioggettipiù preziosineirifugi.In unprimotempoli schivammo.Anzitutto, alcunidinoipensavano chespogliarecadaveri eraunacosa ripugnante;einoltre, esserecoltisulfatto significavamorte sicura.CivolleLouis perfarciragionare. “BuonDio,ragazzo,in unquartod’ora potrestimettereda parteabbastanzaroba perandareinpensione. Vorreichemi lasciasserouscirecon voisoloperungiorno.” Sileccòlelabbrae continuò:“Tidiròuna cosa...Voglioproprio fareinmodochetu nondebbapentirti dellafaticachefai. Trovamiunbell’anello didiamanti,etifarò fumareemangiare gratispertuttoil tempochestaremoin questobuco”. Laseradopogli portail’anello, nascostoinunrisvolto deicalzoni.Come apparvechiaro, altrettantofecerotutti glialtri.Quandogli mostraiildiamante, scosseilcapo.“Oh,che peccato,”disse.Espose lapietraallaluce: “Eccochequesto poveroragazzoha rischiatolavitaperuno zircone!”.Un’accurata ispezionerivelòche tuttiavevanoriportato ounozirconeoun granatoounostrass. Inoltre,comesottolineò Louis,ancheloscarso valorechepotevano averequestioggetti eraridottoazerodalla saturazionedel mercato.Glicedettiil miobottinoperquattro sigarette;altri ottennerounpezzodi formaggio,qualche ettodipaneoventi patate.Qualcunosi tennelagemmache avevatrovato.Ditanto intantoLouisgli facevanotareil pericolochecorrevano sefosserostatisorpresi conquelbottino.“Un poverodiavolonel campodegliinglesi oggièstatofatto fuori,”diceva.“Lo hannosorpresocon unacollanadiperle cucitanellacamicia.Ci hannomessosolodue oreaprocessarloe fucilarlo.”Prestoo tardituttitrovavano un’intesaconLouis. Pocodopochefu ripulitol’ultimodinoi, leSSvenneronella nostrabaraccaper un’ispezionea sorpresa.Illettodi Louisful’unicoanon esseretoccato.“Non lasciamaiilcampoed èunprigioniero modello,”unaguardia fuprontaaspiegare agliispettori.Quando tornaiacasa,quella sera,ilmiomaterasso erasventratoela pagliasparsasul pavimento. Malafortunadi Louisnoneraaprova dibomba,perchénelle ultimesettimanedi guerralenostre guardiefuronoinviate afermarelamarea russa,elìalcampo venneasorvegliarci unacompagniadi vecchiinvalidi.Ilnuovo sergentenonaveva bisognodiun attendente,eLouis sprofondò nell’anonimitàdel nostrogruppo. L’aspettopiùumiliante dellanuovasituazione eralaprospettivadi esseremandatoa lavorarecometuttigli altri.Louissiarrabbiò echieseuncolloquioal nuovosergente. Ottenutolo,sparìper un’oretta. Quandotornò indietroglichiesi:“Be’, quantovuoleHitlerper Berchtesgaden?”. Louisavevaunpacco avvoltoinun asciugamano.Loaprì permostrareduepaia diforbici,alcune macchinetteeun rasoio.“Sonoil barbieredelcampo,” annunciò.“Perordine delcomandantedel campodevorendervi presentabili,signori.” “Eseiononvolessi farmitagliarei capelli?”chiesi. “Alloraletuerazioni sarannodimezzate. Anchequestoèun ordinedel comandante.” “Tiseccherebbedirci comehaiottenuto questanomina?”chiesi. “Nienteaffatto, nienteaffatto,”disse Louis.“Glihodetto solochemivergognavo adovermimescolare conunbrancodi sudicionichesembrano gangster,echelui dovevavergognarsidi avereunasimilebanda nellasuaprigione.Ci penseremonoi,il comandanteeio.” Piazzòunosgabelloal centrodellabaraccae mifecesegnodi mettermiasedere.“Tu seiilprimo,ragazzo,” disse.“Ilcomandante hanotatoituoiriccioli emihadettodifare piazzapulita.” Iomisedettisullo sgabelloeluimimise unasalviettaintornoal collo.Nonc’erano specchineiquali poterlovedereal lavoro,malesue operazionisembravano abbastanza professionali.Feci un’osservazionesulla suainsospettataabilità comebarbiere. “Nonènulla,”disse. “Avoltesonosorpreso iostesso.”Finìillavoro conlamacchinetta. “Sonoduesigarette,o l’equivalente,”disse. Lopagaiintavolettedi saccarina.Nessuno avevasigarettetranne Louis. “Vuoidarti un’occhiata?”Miporse unframmentodi specchio.“Micamale, no?Elacosamiglioreè cheprobabilmenteèil lavoropeggioreche farò,perchésono destinatoamigliorare coltempo.” “Mammamia!” gridai.Ilmiocuoio capellutosembravala groppadiunairedale conlarogna:chiazzedi pellenudasi alternavanoconciuffi dicapelliarruffati,eil sanguecolavadauna dozzinaditaglietti. “Vuoidirecheper fareunlavorocome questoturesteraitutto ilgiornoalcampo?” ruggii. “Su,ragazzo, calmati,”disseLouis. “Miparechetustia moltobene.” Nonc’eranientedi moltonuovonella situazione,dopotutto. Perluieratuttocome alsolito.“Siamo aperti.”Glialtri continuaronoa rompersilaschienaper tuttalagiornata,ea tornareacasaesausti laseraperfarsidare unaspuntatinada LouisGigliano. 1 Quartierepoveronel WestSidediManhattan chenellasecondametà dell’Ottocentoservìcome baseanumerosegangnere eirlandesi.[N.d.T.] Confetti#46,courtesyKurt Vonnegut&Origami ExpressLLC. LATRAPPOLA DELL’UNICORNO Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. Nel1067,anno Domini,nelvillaggiodi Stow-on-the-Wold,in Inghilterra,diciotto cadaveripenzolavano girandosusestessi dallediciottoarcate dellaforcadel villaggio.Impiccatida Robertol’Orribile,un amicodiGuglielmoil Conquistatore, facevanoilgiro dell’orizzonteconocchi vitreicomequellidei pesci.Nord,est,sud, ovesteancoranord, perchénonc’era nessunasperanzaperi buoni,peripoverie perigenerosi. Dilàdallastrada, davantiallaforca, abitavanoElmeril taglialegna,suamoglie IvyedEthelbert,il figliodidiecianni. Dietrolacapannadi Elmerc’eralaforesta. Elmerchiuselaporta dellacapanna,chiuse gliocchiesileccòle labbra,esentìilsapore dellaruta.Sisedettea tavolaconEthelbert.Il pastosieraraffreddato durantelavisita inattesadelloscudiero diRobertol’Orribile. Ivyappoggiòlespalle almuro,comeseDio fosseappenapassatodi lì.Isuoiocchierano lucidi,ilrespirocorto. Ethelbertguardòil suopiattofreddocon ariainespressiva, cupamente,comesegli fossecascatasulla testalategoladiuna tragediafamiliare. “Oh,manonerauno spettacolograndioso, Robertol’Orribilein sellaalsuocavallo?” disseIvy.“Contutto quelferroetuttiquei colorieilpennacchio sullatesta,e l’elegantissima gualdrappadel cavallo?”Fece sventolareglistracci cheindossavaescrollò latestacome un’imperatrice,mentre ilrumoredeglizoccoli deicavallidei normannisispegneva inlontananza. “Grandioso,proprio,” disseElmer.Eraun uomopiccolinoconuna grossatestaacupola.I suoiocchiazzurri eranoinquietie dimostravanouna tormentata intelligenza.Ilsuo fisicoinformatoridotto eracomefasciatoda gibbosecordedi muscoli,lepastoiedi unuomoavvezzoa usarelatestae costrettoafareun lavoromanuale.“È veramentegrandioso,” disse. “Puoidirequelloche vuoidiquesti normanni,”disseIvy, “certoèchehanno portatounpo’diclasse inInghilterra.” “Enoilastiamo pagando,”disseElmer. “Nessunodànienteper niente.”Seppellìledita tralestoppie biondastredeicapelli diEthelbert,rovesciò all’indietrolatestadel ragazzoeloguardò negliocchicercando qualcosachegli dicessechevalevala penadifarequellavita. Videsoltanto l’immaginespeculare dellapropriaanima afflitta. “Loavrannovisto tutti,Roberto l’Orribile,intestaalla colonna,contuttala suaarroganzaelasua spocchia,”disseIvy fieramente.“Aspetta solochevenganoa saperechehamandato quiilsuoscudieroper nominartinuovo esattoredelle imposte.” Elmerscosselatesta, aboccaapertaeconle labbratremanti.Nella vitaerariuscitoafarsi amareperchéeraun uomosaggioe inoffensivo.Oragli avevanoingiuntodi scegliere:o rappresentarel’avidità diRobertol’Orribileo orribilmentemorire. “Mipiacerebbefarmi fareunvestitodella stessastoffadiquello cheportavailsuo cavallo,”disseIvy. “Blu,tempestatodi piccolecrocidorate.” Perlaprimavoltain vitasua,ladonnaera felice.“Loindosserei conunacerta noncuranza,”disse, “raccoltosullaschiena econlostrascico... mentreinvecesarebbe tuttocalcolato.Eforse, dopoessermirifattail guardaroba,potrei imparareunpo’di franceseeparlévùcon ledamenormanne,che sonocosìraffinate.” Elmersospiròeprese lemanidelfigliotrale sue.Lemanidi Ethelberteranoruvide. Lepalmeerano graffiateelaterraera entrataneiporiesotto leunghie.Elmerseguì ungraffioconlapunta deldito.“Cometelo seifatto?”disse. “Lavorandoalla trappola,”disse Ethelbert.Sianimò, irradiandointelligenza. “Homessosoprala fossadeglialberi spinosi,”dissecon entusiasmo,“così, quandol’unicornoci cascheràdentro,gli alberispinosigli cadrannoaddosso.” “Dovrebberoriuscire atrattenerlo,”disse teneramenteElmer. “Noncisonomolte famiglieinInghilterra chepossono pregustareunacenaa basediunicorno.” “Vorreichetuvenissi conmenellaforesta perdareun’occhiata allatrappola,”disse Ethelbert.“Voglio esseresicurodiaverla fattabene.” “Sonocertocheè unabellatrappola,e vogliovederla,”disse Elmer.Ilsognodi catturareununicorno attraversavacomeun filod’oroilgrigio tessutodellevitedel padreedelfiglio. Sapevanobenetutt’e duechenonc’erano unicorniinInghilterra. Maavevanodecisodi fingeredicrederea questafavola:divivere comesegliunicorni esistessero;comeseun giornool’altro Ethelbertpotesse catturarneuno;come selaloromisera famigliaprestoavrebbe potutorimpinzarsi dellacarnedi quell’animale,vendere ilpreziosocornoper unafortuna,edaallora viverefelicee contenta. “Èdaunannoche dicichevuoivenirea vederla,”disse Ethelbert. “Hoavutodafare,” disseElmer.Nonaveva vogliadiispezionarela trappola,divedere com’eraveramente:un pugnodiramoscelli sopraungraffionel terreno,ingigantitoe trasformatoinun grandemotivodi speranza dall’immaginazionedel ragazzo.AncheElmer volevacontinuarea crederlagrandee promettente.Non c’eranosperanzeda nessun’altraparte. Elmerbaciòlemani delfiglio,esentìil miscugliodiodoridi corpoeterra.“Verròa vederlapresto,”disse. “Edovrebbe avanzarmene abbastanza,diquella gualdrappa,perfarvi unpaiodibrache,ate ealpiccoloEthelbert,” disseIvy,continuando asognare.“Non sarestebelli,conun paiodibracheblu tempestatedicroci d’oro?” “Ivy,”disseElmer pazientemente,“vorrei chetificcassinella testacheRobertoè veramenteorribile. Nontidoneràla gualdrappadelsuo cavallo.Nonhamai regalatonientea nessuno.” “Possoalmeno sognare,credo,semi va,”disseIvy. “Immaginochesiail privilegiodelledonne.” “Sognarecosa?” disseElmer. “Setulavoribene,lui potrebberegalarmila gualdrappadelcavallo quandosaràtutta consumata,”disseIvy. “Eforsetupotresti riscuoteretantedi quelleimpostechei normanninon crederebberoailoro occhieungiorno, magari,ci inviterebberoal castello.”Simisea girarenellacapanna conariacivettuola, alzandosoprail pavimentosporcol’orlo diunostrascico immaginario.“Bongiúr, messié,madám,”disse. “Sperochelevostre signoriestianobene.” “Èquestoilsogno piùbellochehai?” disseElmer, scandalizzato. “Etidarebberoun nomeillustrecome ElmerilSanguinarioo ElmerilPazzo,”disse Ivy,“etu,ioed Ethelbertandremmoin chiesaladomenica, tuttiinghingheri,ese qualchevecchioservo dellaglebafacesse troppol’impertinente, lofaremmoportarvia e...” “Ivy!”gridòElmer. “Noisiamoservidella gleba.” Ivybattéunpiede perterraedondolòla testadiquaedilà. “Robertol’Orribilenon cihaappenaoffertola possibilitàdimigliorare lanostracondizione?” disse. “Diesseremalvagi comelui?”disseElmer. “Èunmiglioramento, quello?” Ivysisedetteemise unpiedesultavolo.“Se unofiniscepertrovarsi senzacolpaafarparte dellaclasse dirigente...”disse. “Quellidevono governareperforza,se nonvoglionochela genteperdatuttoilsuo rispettoperil governo.”Sigrattò, conariaschifiltosa.“La gentedev’essere governata.” “Consuogrande rammarico,”disse Elmer. “Lagentedev’essere protetta,”disseIvy,“e castelliearmaturenon sonoabuonmercato.” Elmersistrofinògli occhi.“Ivy,vuoidirmi dacosasiamoprotetti chesiapeggiodiciò cheabbiamogià?” disse.“Vorreifareil confronto,epoi deciderecosamifapiù paura.” Ivynonlostava ascoltando.Era elettrizzatadaun rumoredizoccolichesi stavaavvicinando. Robertol’Orribileela suascortapassarono davantiallacapanna mentretornavanoal castello,eimuri tremaronodavantial potereeallagloria. Ivycorseallaportae laspalancò. ElmeredEthelbert chinaronoilcapo. Dainormannisi alzaronoallegre esclamazionidi sorpresa. “Hein!” “Regardez!” “Donnezlachasse, mesbraves!” Icavallideinormanni s’impennarono, giraronosusestessie sparironoalgaloppo dentrolaforesta. “Chesuccede?”disse Elmer.“Hanno schiacciatoqualcuno?” “Hannovistoun cervo!”disseIvy.“Lo stannoinseguendo, guidatidaRoberto l’Orribile.”Simiseuna manosulcuore.“Nonè atletico?” “Altroché,”disse Elmer.“CheDiogli rafforziilbraccio destro.”Guardò Ethelbertcomesesi aspettasseunsuo sorrisosardonico. Ilvoltoaffilatodi Ethelbertera impallidito.Ilragazzo strabuzzògliocchi.“La trappola...Stanno andandonella direzionedella trappola!”disse. “Setoccanoquella trappolaconundito,” disseElmer,“io...”Le venedelsuocollosi gonfiaronoelemani diventaronodueartigli. Robertol’Orribile avrebbesicuramente fattoapezzilatrappola cheeralapassionedel ragazzoappena l’avessevista.“Pourle sport,pourlesport,” disseamaramente. Elmercominciòa fantasticarediuccidere Robertol’Orribile,ma ilsognoerafrustrante comelavita:una ricercadipuntideboli dovenonc’eranopunti deboli.Ilsognofiniva conlaverità,con Robertoeisuoiuomini acavallograndicome cattedrali,conRoberto eisuoiuominidentroi loroguscidiferro,che ridevanodietrole sbarredelleloro visiere,scegliendo qualcosaapiacere dallalorocollezionedi spadoni,catene,mazze easce:scegliendo l’armamiglioreper farelafestaaun rabbiosotaglialegna copertodistracci. LemanidiElmersi afflosciarono.“Se distruggonola trappola,”disse debolmente,“ne costruiremoun’altra, piùbelladiprima.” Lavergognaperla propriadebolezzalo facevastarmale.Il malesseresiaccentuò. Elmerposòlatesta sullebracciaconserte. Quandol’alzò,fuper guardarsiintornocon unghignodateschio. Avevasuperatoillimite dirottura. “Padre!Staibene?” disseEthelbert, allarmato. Elmersialzòinpiedi, barcollando.“Sto bene,”disse,“proprio bene.” “Sembricambiato,” disseEthelbert. “Sonocambiato,” disseElmer.“Nonho piùpaura.”Si aggrappòall’orlodel tavoloegridò:“Nonho paura!”. “Zitto!”disseIvy.“Ti sentiranno!” “Nonvogliostare zitto!”disseElmercon passione. “Faraimeglioa tacere,”disseIvy.“Sai cosafaRoberto l’Orribileallagenteche nonstazitta.” “Sì,”disseElmer,“le inchiodailcappelloalla testa.Masequestoèil prezzochedevo pagare,lopagherò.” Roteògliocchi. “Quandohopensatoa Robertol’Orribileche distruggevalatrappola delragazzo,inun lampoaccecantemiè tornatainmentetutta lastoriadellamia vita!” “Padre,ascolta...” disseEthelbert,“ionon hopaurachedistrugga latrappola.Hopaura chesialuia...” “Inunlampo accecante!”gridò Elmer. “Oh,insomma,”disse Ivy,spazientita, chiudendolaporta.“Va bene,vabene,va bene,”disseconun sospiro,“sentiamoin unlampoaccecantela storiadellatuavita.” Ethelberttiròsuo padreperlamanica. “Selodicoio,”disse, “quellatrappolaè...” “Idistruttoricontroi costruttori!”disse Elmer.“Eccotuttala storiadellamiavita!” Ethelbertscosseil capoparlandotrasé. “Seilcavallocalpesta lacordaattaccata all’arbustocheè attaccatoal...”Si morselelabbra. “Haifinito,Elmer?” disseIvy.“Ètutto?” Eraevidentechenon vedeval’oradi rimettersiaguardarei normanni,equestoera moltoirritante.Allungò lamanoversola manigliadellaporta. “No,Ivy,”disse Elmer,innervosito, “nonhofinito.”Con unoschiaffoletolsela manodallaporta. “Mihaipicchiato,” disseIvy,sbalordita. “Ètuttoilgiornoche latieniaperta!”disse Elmer.“Vorreichenon avessimounaporta! Tuttoilgiornononfai altrochestareseduta davantiallaporta, guardandole esecuzionie aspettandochepassino inormanni.”Leagitòle manidavantialviso. “Nonc’èda meravigliarsisela gloriaelaviolenzati hannoconfusoil cervello!” Ivypiegò miseramentela schiena.“Milimitoa guardare,”disse.“Cisi sentesoli,eaiutaa passareiltempo.” “Haiguardatoper troppotempo!”disse Elmer.“Eiohoaltre notizieperte.” “Sì?”disseIvyconun filodivoce. Elmerraddrizzòle spallestrette.“Ivy,” disse,“nonvogliofare l’esattoredelleimposte perRobertol’Orribile.” Ivyrimaseabocca aperta. “Nonvoglioaiutarei distruttori,”disse Elmer.“Ioemiofiglio siamodeicostruttori.” “Tiimpiccheràsenon lofai,”disseIvy.“Loha promesso.” “Loso,”disseElmer. “Loso.”Lapauranon eraancoratornata.Il dolorenonsierafatto sentirequandoavrebbe dovuto.C’erasolola sensazionediaverfatto finalmentequalcosadi perfetto:ilpiaceredi unsorsod’acquada unasorgentefreddae pura. Elmeraprìlaporta.Il ventoerapiùforte,ele catenedacui penzolavanoimorti cantavanouncorodi cigoliilentierugginosi. Ilventospiravadalla foresta,portando all’orecchiodiElmerle gridadeicacciatori normanni. Eranogridache sembravano stranamente disorientateeincerte. Elmerpensòche dipendessedalfatto cheeranomolto lontani. “Robert?Allo,allo? Robert?Hein?Allo, allo?” “Allo?Allo?Hein! Robert...ditesquelque chose,s’ilvousplaît. Hein!Hein!Allo?” “Allo,allo,allo? Robert?Robert l’Horrible?Hein!Allo, allo,allo?” IvyabbracciòElmer datergoegliappoggiò unaguanciaalla schiena.“Elmer, amore,”disse,“ionon vogliocheti impicchino.Iotiamo, tesoro.” Elmerlediedeun affettuosobuffetto sullemani.“Eioamo te,Ivy,”disse.“Sentirò latuamancanza.” “Haiveramente intenzionediandare finoinfondo?”disse Ivy. “Èvenutoilmomento dimorireperlecosein cuicredo,”disse Elmer.“Eanchesenon fossecosì,dovreifarlo comunque.” “Perché,perché?” disseIvy. “Perchéhodettoche l’avreifattodavantia miofiglio,”disse Elmer.Ethelbertglisi avvicinò,edElmer abbracciòilragazzo. Lafamigliolaera ormaistrettainun grovigliodibraccia.I tre,allacciati,si dondolavanoavantie indietromentreilsole tramontava:si dondolavanoaunritmo chesentivanonelle ossa. Ivypiagnucolava controlaschienadi Elmer.“Staisolo insegnandoaEthelbert comefarsiimpiccare anchelui”disse.“È semprecosìsfacciato conqueinormanniche mimeravigliochenon l’abbianoancora scaraventatoinuna segreta.” “Iosperosoloche primadimorire Ethelbertabbiaun figliocomeilmio,” disseElmer. “Sembravachetutto andassecosìbene,” disseIvy,escoppiòin lacrime.“Tiavevano offertounbelposto, conpossibilitàdi carriera,”dissecon vocerotta.“Epensavo chemagari,dopoche Robertol’Orribile avevaconsumatola gualdrappa,avresti potutochiedergli...” “Ivy!”disseElmer. “Nonfarmisentire peggio.Confortami.” “Sarebbemoltopiù facilesesapessicosa pensavidifare,”disse Ivy. Duenormanni sbucaronodalla foresta,sconcertatie infelici.Siguardarono, spalancaronolebraccia esistrinseronelle spalle. Unoscostòun cespuglioconlaspada epateticamente guardòsotto.“Allo, allo?”disse.“Robert?” “Iladisparu!”disse l’altro. “Ils’estévanoui!” “Lecheval, l’armement,les plumes...toutd’un coup!” “Pouf!” “Hélas!” VideroElmerelasua famiglia.“Hein!”gli gridòuno.“Avez-vous vuRobert?” “Robertol’Orribile?” disseElmer. “Oui.” “Spiacente,”disse Elmer.“Nonneho vistoneanchel’ombra.” “Eh?” “Jen’aivupasni peaunicheveuxde lui,”disseElmer. Inormannitornarono aguardarsi,desolati. “Hélas!” “Zut!” Rientrarono lentamentenella foresta. “Allo,allo,allo?” “Hein!Robert?Allo?” “Padre!Ascolta!” disseEthelbert animatamente. “Shhhh,”disseElmer gentilmente.“Sto parlandocontua madre,adesso.” “Ècomequella stupidatrappolaper l’unicorno,”disseIvy. “Neanchequella,ho capito.Sonostata veramentepaziente, conquellatrappola. Nonhomaidettouna parola.Maoravoglio propriodirelamia.” “Parla,”disseElmer. “Quellatrappola c’entracomeicavolia merenda,”disseIvy. GliocchidiElmersi gonfiaronodilacrime. L’immaginedei ramoscelli,delgraffio nelterreno,ela fantasiadelragazzo dicevanotuttoquello chec’eradadiredella vita:lavitachestava perfinire. “Noncisonounicorni daquesteparti,”disse Ivy,fieradelproprio sapere. “Loso,”disseElmer. “Losappiamoanche noi,Ethelberteio.” “Efartiimpiccare nonmiglioreràle cose,”disseIvy. “Loso.Sappiamo anchequesto, Ethelberteio,”disse Elmer. “Forselacretina sonoio,”disseIvy. AuntrattoElmer sentìilterroreela solitudineelapena futuracheeranoil prezzodellacosa perfettachestava facendo:ilprezzodi quelsorsod’acquada unasorgentefreddae pura.Eranomolto peggiodiquanto avrebbemaipotuto esserelavergogna. Elmerdeglutì.Ilcollo glidolevaneipuntiin cuiilcappioavrebbe scavato.“Ivy,amore,” disse,“speropropriodi sì.” QuellanotteElmer pregòaffinchéil domaniriservasseaIvy unnuovomarito,a Ethelbertuncuore saldoealuiunamorte misericordiosaeil paradiso. “Amen,”disseElmer. “Forsepotrestisolo fingeredifare l’esattoredelle imposte,”disseIvy. “Edovetrovereile finteimposte?”disse Elmer. “Forsepotrestifare l’esattoredelleimposte soloperunpo’,”disse Ivy. “Soloquantobasta peresseregiustamente odiato,”disseElmer. “Dopodichépotrebbero impiccarmi.” “C’èsempre qualcosa,”disseIvy.Il suonasoeradiventato rosso. “Ivy...”disseElmer. “Hmmm?” “Ivy...Perilvestito blutempestatodi piccolecrocid’oro, capisco,”disseElmer. “Lodesideroanch’io, perte.” “Elebracheperte edEthelbert,”disse Ivy.“Nonerasoloper me.” “Ivy,”disseElmer, “quellochesto facendo...èpiù importantedella gualdrappa.” “Èquestoil problema,”disseIvy. “Solocheiononriesco aimmaginarenulladi piùgrandioso.” “Nemmenoio,”disse Elmer.“Maqueste coseesistono.Devono esistere.”Sorrise tristemente.“Qualiche siano,”disse,“èper lorocheballeròquando balleròdomani attaccatoaunacorda.” “VorreicheEthelbert tornasseindietro,” disseIvy.“Dovremmo stareuniti.” “Dovevaandarea controllarelasua trappola,”disseElmer. “Lavitacontinua.” “Sonocontentache queinormannisiano finalmenteandatia casa,”disseIvy.“Non hannofattoaltroche gridarealloeheine hélasezutepouf, finchémiparevadi impazzire.Immagino cheloabbianotrovato, Robertol’Orribile.” “Segnandocosìla miasorte,”disse Elmer.Sospirò.“Andrò acercareEthelbert nellaforestaper riportarloacasa,” disse.“Inchemodo miglioreunuomo potrebbepassarela suaultimanottesulla terracheriportandoa casasuofigliodalla foresta?” Elmeruscìnelmondo azzurrinodellanotte sottounafalcediluna. Seguivailsentiero tracciatodaipiedidi Ethelbert:loseguìfino all’altaeneramuraglia dellaforesta. “Ethelbert!”gridò. Noncifunessuna risposta. Elmerentrònella foresta.Iramigli frustavanoilvisoei roviglisi aggrappavanoalle gambe. “Ethelbert!” Sololaforcarispose. Lecatenecigolavano,e unoscheletrocaddea terraconfracasso.Ora c’eranosolodiciassette giustiziatiinmostra nellediciottoarcate. C’erapostoperun altro. L’ansiadiElmerper Ethelbertcrebbeelo spinseainoltrarsi semprepiùnella foresta.Raggiunseuna raduraesifermò, ansimando,colsudore cheglipungevagli occhi. “Ethelbert!” “Padre?”disse Ethelbertdalfolto, davantialui.“Vieniqui adaiutarmi.” Elmerentrònella macchiaallacieca, tastandoconlemani davantiasé. Nelbuiopiù profondoEthelbert preselamanodisuo padre.“Attento!”disse. “Unaltropassoecadi nellatrappola.” “Oh,”disseElmer. “Cisonoandato vicino.” Scherzosamente,per assecondareilragazzo, parlòconunavoce pienadipaura. “Accidenti!Èandata bene.” Ethelbertglifece abbassarelamanoe glielapremettecontro qualcosachegiaceva perterra. Elmer,pienodi stupore,toccòil mantellodiungrosso cervoucciso.Glisi inginocchiòaccanto. “Uncervo!”disse. Lavocetornò indietro,comese venissedalleviscere dellaterra.“Uncervo, uncervo,uncervo.” “Cihomessoun’ora atirarlofuoridalla trappola,”disse Ethelbert. “Trappola,trappola, trappola,”dissel’eco. “Davvero?”disse Elmer.“BuonDio, ragazzo!Non immaginavochela trappolafossefatta cosìbene!” “Bene,bene,bene,” dissel’eco. “Cisonoancoratante cosechenonsai,”disse Ethelbert. “Sai,sai,sai,”disse l’eco. “Dadoveviene questaeco?”disse Elmer. “Eco,eco,eco,”disse l’eco. “Daunpuntoproprio davantiate,”disse Ethelbert.“Dalla trappola.” Elmerfeceunpasso indietromentrelavoce diEthelbertusciva dallafossadavantia lui,uscivadallaterra comesevenissedalle portedell’inferno. “Trappola,trappola, trappola.” “L’haiscavatatu?” disseElmer,stupefatto. “L’hascavataIddio,” disseEthelbert.“Èil caminodiunagrotta.” Elmersidisteseper terra,svuotato.Posòla testasullacosciaormai freddadelcervoche cominciavaairrigidirsi. C’erasolounbuconel verdebaldacchinodella foresta.Daquelbuco entravalalucediuna vividastella.Elmer videlastellacomeun arcobalenoneiprismi dellesuelacrime riconoscenti. “Nonhoaltroda chiedereallavita,” disse.“Questanottemi èstatodatotutto...e anchequalcosadipiù. Conl’aiutodiDio,mio figliohacatturatoun unicorno.”Toccòil piedediEthelbertegli feceunacarezza sull’arco.“SeDio ascoltalepreghiere anchediunumile taglialegnaedisuo figlio,”disse,“cosanon potràdiventarequesto mondo?” Elmerscivolòquasi nelsonno,tantosi sentivainconsonanza conl’ordinedellecose. Ethelbertlosvegliò. “Portiamoilcervoalla mamma?”disse.“Un festinodimezzanotte?” “Nontuttoilcervo,” disseElmer.“Troppo rischioso.Taglieremo qualchebisteccaben sceltaenasconderemo ilrestoqui.” “Haiuncoltello?” disseEthelbert. “No,”disseElmer.“È illegale,losai.” “Vadoacercare qualcosapertagliare,” disseEthelbert. Elmer,sempre distesoperterra,sentì ilfigliocalarsinel caminodellagrotta;lo sentìcercareetrovare puntid’appoggioperi piedimentre sprofondavanelventre dellaterra;losentì sbuffareelottareconi tronchisulfondo. Quandotornò, Ethelbertportavaun lungooggettoche brillòallalucedella vividastellasolitaria. “Questadovrebbe andarbene,”disse. PorseaElmer l’affilatospadoneadue manidiRoberto l’Orribile. Eramezzanotte. Lafamigliolasiera ingozzatadicarnedi cervo. Elmersistuzzicavai denticolpugnaledi Robertol’Orribile. Ethelbert,diguardia sullaporta,sipulìle labbraconunapiuma. Ivy,conla gualdrappasulle spalle,siguardò intornosoddisfatta.“Se avessisaputoche avrestipreso qualcosa,”disse,“non avreipensatoche quellatrappolaera un’ideatantostupida.” “Conletrappoleè così,”disseElmer.Si appoggiòallaspalliera ecercòdisentirsi sollevatoperchéil giornodopononlo avrebberoimpiccato, oracheRoberto l’Orribileeramorto. Matrovòilrinviouna faccendanoiosa rispettoaglialtri pensierichesi rincorrevanosottola maestosacupoladella suatesta. “C’èsolounacosa chedevochiedere,” disseIvy. “Dimmela,”disse Elmerespansivamente. “Vorreichevoiduela smettestediprendervi giocodime,dicendo chequestaècarnedi unicorno,”disseIvy. “Pensatecheiocredaa tuttoquellochedite?” “Ècarnedi unicorno,”disseElmer. “Etidiròun’altracosa allaqualepuoi credere.”Siinfilòil guantodiferrodi Robertol’Orribileelo battésultavolo.“Ivy... Staperarrivareun grangiornopergli gnomi,ifollettiele fate.” Ivyloguardòcon adorazione.“Sietestati propriocarini,tued Ethelbert,”disse,“ad andarmiaprendereil vestitogiusto.” Siudìunrumoredi zoccoliinlontananza. “Nascondeteogni cosa!”disseEthelbert. Inunlamposparì ognitracciadiRoberto l’Orribileedelcervo. Alcuniguerrieri normanni,armatifino aidenti,passaronocon unboatodavanti all’umilecapannadi Elmeriltaglialegna. Urlavano,insegnodi sfidaedipauradegli informidemonidella notte. “Hein!Hein! Courage,mesbraves!” Ilrumoredegli zoccolisvanì. November11,1918, courtesyKurtVonnegut& OrigamiExpressLLC. MILITEIGNOTO Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. Eranotutte sciocchezze, ovviamente,quando disserocheilnostro bambinoerailprimo chefossenatoaNew YorkCitynelterzo millenniodell’era cristiana:diecisecondi dopomezzanotteil primogennaiodel 2000.Tantoper cominciare,ilterzo millennio,comehanno fattonotare innumerevolipersone, nonsarebbeiniziato finoalprimogennaio del2001.Dalpuntodi vistaplanetario,l’anno nuovoavevagiàseiore quandonacquenostro figlio,perchéera cominciatoseiore primaall’osservatorio realediGreenwich,in Inghilterra,dove cominciailtempo.Non contailfattochela numerazionedeglianni dallanascitadiCristo potrebbeesseresolo approssimativa.Ildato eramoltooscuro.Echi puòdireinquale minutonasceun bambino?Quandola testafacapolino? Quandoèuscitodalla madreperintero? Quandotaglianoil cordoneombelicale? Poichéc’eranomolti ricchipremida assegnarealprimo natodellacittànel 2000,eaisuoigenitori ealmedicoditurno,fu decisoconlargo anticipocheiltaglio delcordonenon contasse,perchéil momentopotevaessere ritardatooltrela crucialemezzanotte.Ci potevanoesseredei medici,intuttalacittà, congliocchipuntati sull’orologioeleforbici inmano,equesto, naturalmente,alla presenzaditestimoni, cheguardavanole forbicieguardavano l’orologio.Ilmedico vincenteavrebbeavuto unavacanzapagatasu unadellepocheisole doveilturistapoteva sentirsiancora abbastanzasicuro,che eraBermuda.Ci stazionavaun battaglionedi paracadutistiinglesi. Comprensibilmente,i medicipotevanoessere tentatidifalsificare l’oradellanascita,se neavesseroavuto l’occasione. Qualichefosseroi criteriadottati,definire ilmomentodella nascitaeramoltomeno controversoche dichiararequando l’ovulofecondato nell’uteromaterno diventavaunessere umano.Aifinidella contesa,ilmomento dellanascitaerail momentoincuigli occhiolepalpebredel bambinovenivano baciatiperlaprima voltadallalucedel mondoesterno,il momentoincui potevanoesserevisti perlaprimavoltadai testimoni.Cosìil bambino,comenel nostrocaso,eraancora parzialmentedentroil corpodellamadre.Se fossestatounparto podalico,certo,gli occhisarebberostati quasil’ultimacosaad apparire.Edeccoil latopiùassurdodella garachevincemmo:se fossestatounparto podalico,oselapiccola avesseavutola sindromediDownola spinabifida,ofosse statafigliadidrogatio malatidiAIDSoquel cheera,sarebbestata sicuramente squalificataper qualchecavillorelativo all’oradellanascita piuttostoche,ocosì avrebberodettoi giudici,perlasua discordanzadalla cosiddettanorma. Dopotutto,doveva simboleggiarela prosperitàelafelicità deiprossimimilleanni. Unacosagarantitadai giudicierachelarazza elareligioneela nazionalitàdeigenitori nonpotevano assolutamente influenzareleloro deliberazioni.Edèvero cheiosonounnero americanoemia moglie,classificata comebianca,ènataa Cuba.Manonciha sicuramente danneggiatoilfattoche iofossiacapodel dipartimentodi Sociologiadella ColumbiaUniversity,o chemiamogliefosse unafisioterapistadel NewYorkHospital. Sonocertochela nostrabambinabatté parecchialtri candidati,compresoun neonatotrovatoinun cassonettodiBrooklyn, perchénoi appartenevamoalceto medio. VincemmounaFord stationwagon,tre tessereavitaper DisneyWorldeuna play-station,conuno schermoaltounmetro eottantaeun videoregistratoreeuno stereocapacedi suonareognitipodi discoodinastro,e l’attrezzaturaperuna palestracasalinga, eccetera.Elabambina vinseuntitolodistato cheallascadenza sarebbevalso cinquantamiladollari,e unaculladiviminieun passegginoeuna fornituragratuitadi pannolini,eccetera, eccetera.Mapoila bambinamorìquando avevaappenasei settimane.Allorail medicochel’aveva aiutataavenireal mondositrovavaa Bermuda,enonvenne asaperedellasua morte.Lasuamorte nonfecenotizianélà néaltroveall’infuoridi NewYorkCity,nonpiù diquantoavessefatto notizialasuanascita. Nonseneparlòmolto neanchequi,perché nessunotrannei promotoridiquella stupidagaraegli uominid’affariche avevanooffertoipremi preseseriamentetutto lostrombazzamento pubblicitariochesiera fattointornoalei,tutte leciancechesierano fattesulletante meravigliechela bambina rappresentava,la fusionedellerazze nellabellezzaenella felicità,larinascita dellospiritocheun tempoavevafattodi NewYorklapiùgrande cittàdelmondonella nazionepiùgrandedel mondo,elapace,enon sochealtroancora. Oggimisembrache fossecomeilmilite ignotodiun monumentoaicaduti, unfagottinodicarnee ossaecapelliesaltato finoallapazzia.Tra l’altro,quasinessuno vennealfunerale.La stazionetelevisivache avevaavutol’ideadella garainviòundirigente disecondopiano, nemmenouna personalità,edisicuro noninviòunatroupe. Chihavogliadi assisterealfunerale deiprossimimilleanni? Selatelevisionesi rifiutadiguardare qualchecosa,ècome senonfossemai accaduta.Può cancellarequalunque cosa,addiritturainteri continenti,come l’Africa,oggiungrande desertodovemilionie milionidibambini,con milleannidistoria nuovidizeccadavanti aloro,muoionodi fame.Fulasindrome dellamorteincullaa ucciderenostrafiglia, dicono.Èundifetto geneticononancora,e forseperennemente, individuabile dall’amniocentesi.Era lanostraprimogenita. Ahimè. Confetti#56,courtesyKurt Vonnegut&Origami ExpressLLC. SPOGLIE Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. Seilgiornodel GiudizioDiochiedesse aPaulqualedeidue, paradisooinferno, dovrebbeessere giustamentelasua eternadimora,Paul direbbeprobabilmente che,inbaseaicriteri suoiedelcosmo, l’infernoèilsuo destino...ricordandola cosaignobilecheha fatto.L’Onnipotente,in tuttalasuasaggezza, potrebbericonoscere chelavitadiPaul,nel complesso,èstata inoffensiva,echela suasensibilecoscienza lohagià abbondantemente tormentato...perquello chehafatto. Leclamorose avventurediPaulcome prigionierodiguerra neiSudetiperseroil loroaspetto inquietanteviaviache sprofondavanonel passato,mac’era un’orribileimmagine chenonvoleva cancellarsidallasua coscienza.Unaseraa cenafuronole scherzose punzecchiaturedisua mogliearievocareciò cheluidesiderava ardentemente dimenticare.Sueaveva passatoilpomeriggio conlasignoraWard dellaportaaccanto,e lasignoraWardle avevamostratouno squisitoservizio d’argentoper ventiquattroche,come Sueappresecon grandestupore,il signorWardaveva “liberato”eportatoa casadall’Europaalla finedellaguerra. “Amore,”lo rimproveròSue,“non avrestipotutoportarea casaqualcosadi meglio?” Erapocoprobabile cheitedeschi protestasseroperla razziadiPaul,perché tuttoilsuobottino consistevainuna sciaboladella Luftwaffearrugginitae tuttastorta.Isuoi compagninellazona russa,nell’anarchiadel dopoguerracheper settimaneavevadato sfogoallalibera iniziativa,tornaronoa casacarichiditesori comegaleonispagnoli, mentrePaulsiera accontentatodiquello stupidocimelio.Aveva avutodellesettimane percercareeprendere quellochevoleva,ma lesueprimeoreda conquistatoreboriosoe prepotenteeranostate ancheleultime.La cosachespezzòilsuo spiritoespenseilsuo odio,l’immaginechelo tormentava,cominciòa formarsiunglorioso mattinodiprimaverain montagna,l’8maggio 1945. APauleaisuoi compagniprigionieridi guerraaHellendorf, neiSudeti,occorseun po’ditempoper abituarsiall’assenza delleguardie,che prudentementesi eranodatealla macchianelleforestee sullecimedeimontila seraprima.Luiealtri dueamericani percorseroconaria incertalastrada brulicantecheportava aPeterswald,unaltro tranquillovillaggiodi agricoltoridi cinquecentoanime frastornatedalla guerra.L’umanitàsi muovevainquerule fiumaneche scorrevanoin entrambeledirezioni conl’unanimelamento: “Stannoarrivandoi russi!”.Dopoquattro tediosichilometriin quell’ambiente,itresi sedetterosullarivadel torrenteche attraversava Peterswald, chiedendosicome potevanoraggiungere lelineeamericane, chiedendosiseirussi uccidevano,come dicevaqualcuno,tutti quellicheincontravano sullalorostrada. Accantoaloro,al sicuroinunagabbia protettadaunastalla, c’eraunconiglio biancoche,albuio, ascoltaval’insolito fracassoproveniente dall’esterno. Ilterzettonon condividevailterrore dilagantenelvillaggio enonprovavala minimacompassione perisuoiabitanti.“Dio sasequellearroganti testedilegnononsela sonocercata,”disse Paul,eglialtri annuirono,cupamente divertiti.“Dopoquello cheglihannofattoi tedeschi,nonpuoi prendertelacoirussi, qualunquecosa facciano,”dissePaul;e icompagniannuirono dinuovo.Làseduti,in silenzio,rimaseroa guardaremadri freneticheche nascondevanoifigli piccolinellecantine, mentrealtricorrevano superlacollinae dentroilbosco,o abbandonavanolecase perfuggirelungola stradaconpochi preziosifagotti. Uncaporaleinglese chevenivaavantia grandipassicongli occhisgranatiurlò dallastrada:“Meglio darsiunamossa, ragazzi;sonoappena arrivatiaHellendorf!”. Unanuvoladi polvereaovest,il rombodeicamion,lo sparpagliarsiquaelà diprofughiterrorizzati, eirussientrarononel villaggio,lanciando sigaretteagliabitanti sbalorditi,edandobaci umidiedentusiasticia tuttiquellicheosavano farsivedere.Paul saltavaintornoai camion,ridendoe gridando,eprendendo alvololepagnotteei pezzidicarnegettati daqueiliberatoriche avevanouditoilsuo “Americano! Americano!”soprale notesfrenatedella fisarmonica prorompentidai camionconlastella rossa.Feliciedeccitati, luieisuoiamici tornaronosullarivadel torrenteconbracciate dirobadamangiaree cominciarono immediatamentea riempirsilapancia. Ma,mentre mangiavano,glialtri– cechi,polacchi, jugoslavi,russi, un’ordaterrificantedi sdegnatischiavi tedeschi–venneroa spaccaree saccheggiaree bruciaretuttoperil semplicegustodifarlo, nellasciadell’Armata Rossa. Sistematicamente,in risolutesquadrettedi treoquattrounità, andavanodicasain casasfondandoporte, minacciandogli occupantieprendendo tuttoquelloche volevano.Impedireil saccheggioera impossibile,perché Peterswaldera costruitalungoun rettilineo,duefiledi caseailatidellastrada. SecondoPaul,migliaia dipersonedovevano averesploratoogni casadallacantinaal solaioprimachela lunacominciassea splenderenelcielo dellasera. Luieisuoiamici rimaseroaguardare quegliassidui razziatori,scoprendole labbrainunsorriso insulsoognivoltache nepassavaun gruppetto.Unacoppia esultantediscozzesi avevafattoamicizia conunodiquesti gruppienelcorsodi un’allegrascorreriasi fermaronoaparlare congliamericani. Ognunodiessiaveva unabellabicicletta, numerosianellie orologi,binocolida campagna,macchine fotograficheealtri mirabiligingilli. “Infondo,”spiegò unodiessi,“nonsiha vogliadistareincasa inungiornocome questo,enonavrete maipiùun’occasione così.Sieteivincitori,è evidente,eavete dirittoatuttoquello chevolete.” Itreamericanine parlaronotraloro, incitatidaPaul,esi convinseroavicenda chesarebberostati completamente giustificatiseavessero saccheggiatolecase delnemico.Insieme attaccaronolacasapiù vicina,cheeravuotada primacheloro arrivasseroa Peterswald.Eragià stataabbondantemente sfruttata;allefinestre nonc’erapiùunvetro; ognicassettoerastato rovesciato,ognicapodi vestiariostrappato dagliarmadi;le credenzeeranostate vuotate,eguancialie materassieranostati sventratidaicercatori. Ciascunodeipredoni primadiPauledeisuoi amiciavevaesaminato imucchidiroba scartatidalsuo predecessorefinché noneranorimastiche brandellidistoffae qualchecasseruola. Eraquasicalatala seraquandopassarono alvaglio quell’ambiente miserando,enonvi trovarononulladi interessante.Paul osservòche,tantoper cominciare, probabilmenteincasa nonc’eragranche; chiunqueviavesse abitatodovevaessere povero.L’arredamento erascadente,imuri scrostatiel’esterno avevaungranbisogno diessereriparatoe ridipinto.Maquando salìlascalache portavaalminuscolo pianosuperiore,Paul trovòunlocale straordinariochenon quadravaconlo squalloredell’insieme. Eraunacamerada lettodecorataavivaci colori,conmobili artisticamente intagliati,scenedi fiabesulleparetia righineeboiseries verniciatedifresco.In mezzoallastanzac’era unmucchiodi giocattoliscartatidai saccheggiatori.Intutta lacasagliunicioggetti chenoneranostati toccatieranounpaiodi stampelleappoggiate almuroaipiedidel letto:“Mivengaun accidente,guardate, stampelledabambino”. Gliamericani,non avendotrovatoalcun oggettodivalore, deciserocheperquel giornostavafacendosi troppotardiperla cacciaaltesoroe proposerodiandarea mangiare.Avevanouna grandequantitàdicibo cheglierastatofornito dairussi,masierano messiinmenteche quelgiornolacena dovevaesserequalcosa dispeciale,conpollo, latte,uova,emagari ancheunconiglio.In cercadiqueste prelibatezze,ilterzetto sidiviseperandarea perlustrarelefattoriee lestalledeidintorni. Paulsbirciònella piccolastalladietrola casacheavevano speratodi saccheggiare.Tuttele provvisteoglianimali chepotevanoesserci statieranosparitida parecchieore.Sul pavimentointerra battutaaccantoalla portac’eranodelle patatechePaul raccolse,enient’altro. Mentrestavaper andarsene,ficcandosi lepatatenelletasche, sentìinunangoloun leggerofruscio.Il rumoresiripeté. Quandoisuoiocchisi abituaronoall’oscurità, Paulvideunagabbia conungrassoconiglio biancochearricciavail nasorosarespirando affannosamente.Era uncolpodifortuna sensazionale,ilpiatto fortedelbanchetto. Paulaprìlosportelloe tiròfuoriildocile animale,tenendoloper leorecchie.Non avendomaiuccisoun coniglioconlesue mani,avevadeidubbi sulmododiprocedere. Allafinemiselatesta delconigliosuun ceppoeglifracassòil cranioconun’ascia. L’animalescalciò debolmenteperpochi secondiemorì. Moltosoddisfattodi sé,Paulcominciòa scuoiareepulireil coniglio,tagliandogli unazampaper scaramanzia:gli avrebbeportato fortunaintempi sicuramentemigliori. Quandoebbefinito, sostòsullaportadella stallapensandoalla paceecontemplandoil tramontoelafiumana diimpacciatisoldati tedeschiche strascicandoipiedi tornavanoacasa dall’ultimasaccadi resistenza.Conloro c’eranoglistanchicivili fuggitilungolastrada quelmattinosoloper essererespinti dall’avanzatadeirussi. AuntrattoPaulnotò trefigurechesierano staccatedaltriste corteodirigendosi versodilui.Si fermaronodavantialla casadevastata. Un’ondatadirimorsoe didoloregonfiòilpetto diPaul:“Questa dev’esserelaloro casettaelalorostalla,” pensò.“Queste costruzionidevono appartenereaquel vecchioeaquella donna,eaquel ragazzinoinvalido.”La donnapiangevae l’uomoscuotevala testa.Ilragazzino cercavadiattirarela loroattenzione, dicendoqualcosae gesticolandoversola stalla.Paulsieratirato indietropernonfarsi vedere,escappòcol coniglioquando entraronoincasa. Portòilproprio contributonelposto cheglialtriavevano sceltopercucinare, un’alturadacuisi vedevalastallache Paulavevalasciato attraversounvarconel filarefrangiventodi pioppi.Ilconiglio vennemessocolresto delbottinosopraun telostesoperterra. Mentreglialtrisi davanodafareper preparareilpasto,Paul guardòlastalla,perché ilbambinoerauscitodi casaesistava dirigendoversola stallaallamassima velocitàconsentita dallestampelle.Sparì nellastallaperun tempo angosciosamente lungo.Pauludìilsuo gridofiocoelovide affacciarsiallaporta conlamorbida pellicciabiancadel coniglio.Selapremeva controlaguancia,epoi silasciòcaderesulla soglia,affondòilviso nellapellicciae scoppiòinsinghiozzi. Pauldistolsegliocchi enonguardòpiùda quellaparte.Glialtri duenonvideroil bambino,ePaulnon parlòdilui.Quandosi sedetteroper consumarelacena,uno deitreringraziòil Signore:“Padrenostro, tiringraziamoper questocibochehai messodavantianoi...”. Dirigendosiversole lineeamericane, passando distrattamentedaun villaggioall’altro,i compagnidiPaul accumularonoun tesorodiragguardevoli dimensioni.Mentre Paul,chissàperché, portòacasasolouna sciaboladella Luftwaffearrugginitae tuttastorta. TrustMe,courtesyEdie Vonnegut. SOLOTUEIO, SAMMY Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. I. Questaèunastoria disoldati,manonè propriamenteuna storiadiguerra.La guerraerafinita quandoaccaddero questecose,perciò immaginochelasi possadefinireun thriller.Nonungiallo, mapropriounthriller. IlmionomeèSam Kleinhans.Èunnome tedescoe,mispiace dirlo,perqualche tempoprimadella guerramiopadre simpatizzòperil German-American Bund1delNewJersey. Quandoscoprìquali eranoisuoiscopi,se neandòsbattendola porta.Mamolti abitantidelnostro quartiereerano entusiasticisostenitori delBund.Unpaiodi famiglienellanostra via–ricordo–si entusiasmarono talmenteperciòche Hitlerstavafacendo nellamadrepatriache vendetterotuttoquello cheavevanoe tornaronoaviverein Germania. Alcunideilorofigli avevanopiùomenola miaetà,equandogli StatiUnitientraronoin guerraeioandai oltreoceanocome fuciliere,michiedevo sepercasononmi sarebbecapitatodi sparareaddossoa qualcunodeimiei vecchicompagnidi giochi.Noncredodi averlomaifatto. Scoprii successivamentechela maggiorpartedei ragazzidelBundche avevanopresola cittadinanzatedesca eranoandatia combatterecome fucilierisulfronte russo.Qualcunolavorò perilcontrospionaggio, cercandodimescolarsi conletruppe americanesenzafarsi notare,manontanti.I tedeschinonsi fidavanodiloro:o almenoèquelloche unodeinostriexvicini scrisseamiopadre nellaletteraincuigli chiedevaunpaccodi viveri.Lastessa personadicevache avrebbefatto qualunquecosaper tornarenegliStati Uniti,eimmaginoche tuttilapensasserocosì. Esseretantovicinia loroeaquella pagliacciatadelBund fecesìcheiomi sentissipiuttosto imbarazzatodallemie originitedesche quandofinalmente entrammoinguerra. Devoesseresembrato unverostupidoamolti deiragazzi,quando parlavocomeparlavo dilealtà,dibattersiper unacausaedituttoil resto.Noncheglialtri soldatinoncredessero aquestecose:èsolo chenoneradimoda parlarne.Nondurante laSecondaguerra mondiale. Ripensandoci,soche erostucchevole. Ricordociòchedissila mattinadell’otto maggio,peresempio,il giornoincuifinìla guerraconla Germania.“Nonè magnifico?”dissi. “Nonèmagnifico cosa?”disseilsoldato sempliceGeorge Fisher,alzandoun sopracciglio,comese avessedettoqualcosa dimoltoprofondo.Si stavagrattandola schienacontroun pezzodifilospinato pensandoadaltro, immagino.Ciboe sigarette, probabilmente,eforse anchedonne. Farsivederea chiacchierarecon Georgenoneramolto intelligente.Alcampo nonavevapiùamici,e chiavessecercatola suacompagniaaveva molteprobabilitàdi vedersivoltarelespalle daglialtriedirimanere isolato.Stavamo girandotuttiintondo, ederastatouncaso– pensaiallora–se Georgeeiocieravamo incontrativicinoal cancello. Itedeschiloavevano nominatocapo-campo. Dicevanodiaverlo fattoperchéparlava tedesco.Inognimodo, Georgeneaveva approfittato.Eramolto piùgrassodelrestodi noi:dunque, probabilmentestava pensandoalledonne. Nessunaltroaveva toccatoquestotastoda circaunmesedopola nostracattura. Campavamodipatate daottomesi,tutti tranneGeorge,perciò, comedicevo,ledonne eranounargomento popolarecomelo studiodellacetraola coltivazionedi orchidee. Dacomemisentivo inquelmomento,se BettyGrablesifosse fattavivaeavesse dettocheeratuttamia, l’avreipregatadifarmi unpaninoconburro d’arachidie marmellata.Soloche quelgiornononera BettyGrablechestava pervenirciatrovare, mal’ArmataRossa.Noi due,rittisulbordo dellastradadavantial cancellodellaprigione, sentivamoilrombodei carriarmatinellavalle, cheproprioinquel momentostavano affrontandolasalita perveniresudanoi. Igrossicannoni schieratianord,che avevanofattotremarei vetridelcarcereper unasettimana,ora tacevano,eleguardie eranosparitedurante lanotte.Prima,l’unico trafficosullastradaera statoilpassaggiodi qualchebarrocciodi contadini.Oralastrada erapienadigenteche spingevaegridava, urtandosi, inciampando,lanciando imprecazioni;gente checercavadiarrivare aPragaattraversole collineprimachei russilacatturassero. Unapauracosìpuò trasmettersianchealle personechenonhanno nulladatemere.Non tuttiquelliche fuggivanodavantiai russieranotedeschi. Ricordouncaporale inglese,peresempio, cheGeorgeeio vedemmocamminare, tuttoimpettito,verso Pragacomeseavesseil diavoloallecalcagna. “Megliodarsiuna mossa,americani!” ansimò.“Irussisonoa dueotrechilometri, sapete?Nonvorrete mescolarviconloro, eh?” Ilbellodiessere mezzimortidifame, comeimmaginoche nonfosseilcaporale,è cheèdifficile preoccuparsidi qualcosachenonsia proprioquesto:ilfatto chesièmezzimortidi fame.“Nonhaicapito niente,bellomio,”gli urlai.“Daquelchemi risulta,siamodallaloro parte.” “Quellinonti chiedonodadovevieni, americano.Sparanoa tuttociòchevedono soloperdivertirsi.”E sparìdietrolacurva. Ioscoppiaiinuna risata,maquandomi voltaiaguardare Georgeebbiuna sorpresa.Georgesi passavaleditatozze traicapellirossi,eil suofaccionedaluna pienaerabianco mentreguardavain fondoallastradanella direzionedacui sarebberoarrivatii russi.Eccounacosa chenessunodinoi avevamaivisto: Georgeimpaurito. Finoadalloraaveva saputopadroneggiare ognisituazione,siacon noicheconitedeschi. Avevalapelleduraed erasempreriuscitoa cavarsela,obluffando oblandendoilsuo interlocutore. AlvinYork2sarebbe rimastoimpressionato daalcunedellesue storiediguerra. Eravamotuttidella stessadivisione,tranne George.Luiera capitatolìdasolo,e dicevadiesserestato inprimalineadalDDay.Glialtrierano tuttinovellini,catturati inunosfondamento menodiunasettimana dopoesserestati speditialfronte. Georgeeraun autenticoveteranoe avevadirittoal massimorispetto. Glielotributavano;a dentistretti,maglielo tributavano;finoa quandoJerryrimase ucciso. “Dammiancorauna voltadellaspia,bello mio,etispaccola faccia,”losentiidirea untalecheaveva sentitomormorare controdilui.“Sai benissimochefarestila stessacosa,setune avessilapossibilità.Se stoalgiocodelle guardie,èsoloper mangiare.Quelli credonochestiadalla loroparte,ecosìmi trattanobene.Non facciodelmalea nessuno,dunquefatti gliaffarituoi!” Questoaccadde pochigiornidopo l’evasione,dopoche JerrySullivanrimase ucciso.Qualcunoaveva informatoleguardie dell’evasione,oalmeno cosìpareva.Cistavano aspettandofuoridal recinto, all’imboccaturadella galleria,quandoJerry, ilprimoauscire, strisciòfuoridalbuco. Noncisarebbestato bisognodisparargli, maquellispararono. Forsenonerastato Georgeadirloalle guardie,manessuno, quandoluinonpoteva sentirci,gliaccordava ilbeneficiodeldubbio. Nessunoglidiceva qualcosainfaccia. Georgeeragrossoein buonasalute–ricordo –ediventavasempre piùmuscolosoe cattivo,mentrenoici stavamotrasformando inunasquadradi sonnolenti spaventapasseri. Ora,però,conirussi chestavanoper arrivare,parevachea Georgefosserosaltatii nervi.“Battiamocelaa Praga,Sammy.Solotu eio,cosìpotremo filare,”disse. “Chediavoloti prende?”dissiio. “Micadobbiamo scappare,George. Abbiamoappenavinto laguerra,etuti comporticomese l’avessimopersa.Praga èacentochilometri, peramordiDio.Irussi sarannoquitraun’ora, eforsemanderannodei camionperriportarci nellenostrelinee. Pigliatelacomoda, George...Nonsisente piùsparare,no?” “Cifucileranno, Sammy,questoè sicuro.Tunonsembri nemmenounsoldato americano.Quellisono deiselvaggi,Sammy. Forza,andiamocene finchésiamointempo.” Sulmio abbigliamentoaveva ragionelui.Ero stracciato, rammendatoepienodi macchie,epiùcheun soldatoamericano sembravounbarbone. George,invece, com’eraprevedibile, avevaancoraun aspettopiuttosto elegante.Leguardie nonglilesinavanoil ciboelesigarette,e questeultimepoteva scambiarlenelcampo conquasituttoquello chevoleva.Cosìsiera procuratodiversi cambid’abito,ele guardiegli permettevanodiusare ilferrodastiroche avevanonellabaracca, einquestomodoera diventatol’elegantone delcampo. Oraperòilgiocoera finito.Nessunodoveva piùfarescambiconlui, egliuominichelo avevanotrattatocosì benesen’eranoandati. Forseeraquestochelo spaventava,enoni russi.“Andiamovia, Sammy,”disse. Imploravapropriome, unapersonaconcui eravissutogomitoa gomitoeperlaqualein ottomesinonaveva avutounaparola buona. “Vaccitu,sevuoi,” dissi.“Nondevimica chiedermiilpermesso, George.Va’.Ioresto quiconglialtri ragazzi.” Nonsimosse.“Tue io,Sammy,resteremo uniti.”Sorriseemi passòunbracciosulle spalle. Glisfuggiie attraversaiilcortile dellaprigione.L’unica cosacheavevamoin comuneeranoicapelli rossi.Eropreoccupato: nonriuscivoacapire qualefosseilsuo tornaconto,eperquale egoisticomotivo volessediventaretutt’a untrattoungrande amicomio.EGeorge eraunadiquelle personechepensano semprealproprio tornaconto. Miseguìattraversoil cortileetornòa posarmiunbraccio sullespalle.“Okay, Sammy,staremoquiad aspettare.” “Nonmiimportaun accidentediquelloche faitu.” “Okay,okay,”rise. “Volevosolofartiuna proposta:vistoche dovremoaspettare almenoun’ora,perché nonfacciamountratto distrada,ioete,per vederesepossiamo procurarcidafumaree qualchericordino? Datocheparliamo tedescotutt’edue, dovremmocombinare qualcosadibuono, insieme.” Morivodallavogliadi fumare,eGeorgelo sapeva.Gliavevodatoi mieiguantiincambio diduesigaretteunpaio dimesiprima–quando facevaancoraun freddocane–eda alloranonavevopiù fumato.Conlesue paroleGeorgemifece rifletteresucome sarebbestataquella primaboccatadifumo. Dovevanoessercidelle sigarettenellacittàpiù vicina,Peterswald,che sitrovavainfondoa unabellasalitadi cinquechilometri. “Chenedici, Sammy?” Mistrinsinelle spalle.“Chediavolo... Andiamo.” “Avanti,allora.” “Doveandate?”gridò unodeiragazzinel cortiledellaprigione. “Fuori,adare un’occhiataingiro,” risposeGeorge. “Torniamotra un’ora,”soggiunsi. “Voleteunpo’di compagnia?”gridòil ragazzo. Georgecontinuòa camminare,enon rispose.“Sevengonoin tanti,incasineranno tutto,”dissestrizzando l’occhio.“Indueva benone.” Loguardai.Avevaun sorrisoincollatoalla faccia,maquestonon miimpedivadivedere cheeraancoramolto spaventato. “Dichehaipaura, George?” “Deveancoravenire ilgiornoincuiil vecchioGeorgieavrà pauradiqualcosa.” Cimescolammoa quellafollarumorosae ciincamminammoper lablandasalitache portavaaPeterswald. II. Avolte,quando pensoaciòche accaddeaPeterswald, cercodellescuse:mi dicocheerosbronzo, chedopoesserestato inprigioneeapancia vuotapertantotempo erounpo’fuoridi testa.Ilproblemaèche nessunomicostrinsea farequellochefeci. Noneroconlespalleal muro.Lofeciperché volevofarlo. Peterswaldfuuna delusione.Speravodi trovarvialmenounpaio dinegozidovechiedere orubaredellesigarette equalcosada mangiare.Mala cittadinaerasoloun agglomeratodinonpiù diduedozzinedicase coloniche,ciascuna dellequaliconunmuro euncancelloditre metri.Eranostrette insiemesullacimadi unpoggioverdeggiante edavanosuicampi, formandounasolida fortezza.Conicarri armatiel’artiglieriain arrivo,tuttavia, Peterswaldsarebbe stataunafacilepreda, enonsembravache qualcunoavessevoglia dicostringereirussia battersiper conquistarla. Quaelàuna bandierabianca–un lenzuoloattaccatoaun manicodiscopa– sventolavaauna finestradelprimo piano.Tuttiicancelli eranoaperti:resa incondizionata. “L’unavalel’altra,” disseGeorge.Miprese perunbraccio,mi spinsefuoridalfiume digenteevarcandoil cancellomifece entrarenellacorte dellaprimacasa colonicache incontrammo. Lacorteerachiusa sutrelatidallacasae daifabbricatiagricoli, conunmuroeun cancellolungoil quarto.Guardando dentroleporteaperte dellestallevuote,e nellefinestredellacasa silenziosa,perlaprima voltamisentiicom’ero veramente:uno stranieropreoccupato. Finoadalloraavevo camminato,parlatoe agitocomesefossiun casospeciale,un americano,inqualche modoestraneoa questopasticcio europeo,senzanulladi cuiaverpaura.Mettere piedeinunacittà fantasmamifece cambiareidea... Oforsecominciavo adaverepauradi George.Selodico adessosembreràcheio parlicolsennodipoi... Nonso,nonnesono sicuro.Forse,sotto sotto,cominciavoa farmidelledomande.I suoiocchieranotroppo grandieinteressati ognivoltacheiodicevo qualcosa,enon riuscivaanon mettermilemani addosso,toccandomi, lisciandomi,dandomi pacchesullespalle;e ognivoltacheparlava diquellochevoleva farediceva:“Tueio, Sammy...”. “C’èqualcuno?”urlò. Cirisposeprontamente un’ecodaimuri circostanti,epoiil silenzio.Georgemi tenevaancoraperil braccio,eglidiedeuna strizzata.“Nonè accogliente,Sammy? Parechequestoposto siatuttopernoi.” Spinseilcancelloelo chiusecolgrosso palettodilegno.Non credocheallorasarei statocapacedi muoverequelcancello; Georgeinveceloaveva apertoechiusosenza nemmenocambiare espressione.Tornò indietroemisimiseal fianco,pulendosile maniesorridendo. “Cosapensidifare, George?” “Lespoglieal vincitore...Nonè così?”Spalancòil portoneconuncalcio. “Be’,entra,ragazzo. Serviti.Georgieha sistematotuttoinmodo chenessunocidisturbi finchénonavremo fattolanostrascelta. Va’acercarequalcosa dibellopertuamadre eperlatuaragazza, eh?” “Iohosolovogliadi fumare,”dissi.“Puoi ancheaprirequel maledettocancello,per quantomiriguarda.” Georgepreseun pacchettodisigarette daunatascadella giubba.“Sonoonon sonounamico?”disse conunarisata. “Prendineuna.” “Perchémihaifatto farequestascarpinata finoaPeterswaldper unasigaretta,sene aveviunpacchetto intero?” Luientròincasa.“Mi piacelatuacompagnia, Sammy.Dovresti esserelusingato.Irossi dovrebberostare uniti.” “Andiamocene, George.” “Ilcancelloèchiuso. Nonc’ènulladicui averpaura,Sammy, propriocomedicevitu. Suconlavita.Va’in cucinaaprendere qualcosadamettere sottoidenti.Èl’unica cosachet’importa.Ti mangerailemaniperil restodellavitaseti lasciscappare un’occasionecome questa.”Mivoltòle spalleesimiseatirar fuoricassetti, vuotandolisulpianodi untavoloevagliandone ilcontenuto. Fischiettavaunvecchio ballabilechenonavevo piùsentitodallafine degliannitrenta. Iomifermaialcentro dellastanza,inpredaa unasortadiebbrezza sognanteprovocata dalleprimeprofonde boccatedifumodella sigaretta.Chiusigli occhi,equandoli riapriiGeorgeaveva smessodi preoccuparmi.Non c’eranulladicuiaver paura:l’incuboche avevacominciatoa ossessionarmiera sparito.Mirilassai. “Chivivevaquiè scappatoinfrettae furia,”disseGeorge, semprevoltandomile spalle.Alzòuna boccetta.“Hanno dimenticatola medicinaperilcuore. L’avevaingiroper casalamiavecchia, questarobaperil cuore.”Larimisenel cassetto.“Èugualein tedescocomein inglese.Ilbuffodella stricnina,Sammy,è cheinpiccoledosipuò salvartilavita.”Sificcò unpaiodiorecchini nellatascarigonfia. “Questirenderanno moltofelicequalche ragazzina,”disse. “Selepiacelaroba daquattrosoldi...” “Allegro,Sammy! Chestaicercandodi fare,rovinarelafesta altuoamico?Va’in cucinaaprenderti qualcosadamangiare, peramordiDio.Ti raggiungotraun minuto.” Quantoall’essereil vincitoreead aggiudicarmiqualche spoglia,nonmitirai indietro,amodomio: trefettedipaneneroe unpezzodiformaggio, chemiaspettavanosul tavolodellacucinain fondoallacasa.Cercai inuncassettoun coltelloconcuitagliare ilformaggioedebbi unapiccolasorpresa. C’erauncoltello,certo, mac’eraancheuna pistola,nonmoltopiù grossadelmiopugno, accantoauncaricatore pieno.Cigiocherellai, guardandocome funzionava,einfilaiil caricatorepervedere seeraproprioquello dell’arma.Eraun bell’oggetto:unbel ricordino.Alzaile spalle,emiaccinsia rimetterlanelcassetto. Sarebbestatoun suicidiofarsi sorprenderecon un’armaoggidairussi. “Sammy!Dove diavolosei?”gridò George. Mifeciscivolarela pistolanellatascadei calzoni.“Quiincucina, George.Cos’hai trovato,igioiellidella corona?” “Meglio,Sammy.”Il suovisoerascarlatto,e quandoentrònella stanzaGeorgeavevail fiatogrosso.Sembrava piùgrassodiquelloche era,conlagiubba imbottitadituttala robacheavevatrovato nellealtrestanze. Sbattésultavolouna bottigliadibrandy. “Chetenepare, Sammy?Oratueio possiamofareunabella festicciolaperla vittoria,eh?Nonpotrai tornarenelNewJersey edireaituoicheil vecchioGeorgienonti haoffertomainiente.” Midiedeunamanata sullaschiena.“Era pienaquandol’ho trovata,eadessoè mezzavuota,Sammy... Seirimastoindietro.” “Ecosìrimarrò, George.Grazie,ma questaroba probabilmentemi ucciderebbe,nello statoincuisono.” Luisiaccomodòsulla sediadavantiallamia, conungransorriso maliziososullafaccia. “Finisciquelpaninoe saraiprontoperun cicchetto.Laguerraè finita,ragazzo!Èil casodibrindare,ono?” “Piùtardi,magari.” Nemmenolui continuòabere.Restò sedutoinsilenzioper unpo’,pensando intensamentea qualcosa,mentreio masticavoilmio panino. “Cheèsuccessoal tuoappetito?”chiesi infine. “Niente.Buonocome sempre.Homangiato stamattina.” “Grazieper avermeneoffertoun po’.Cos’era,unregalo d’addiodelleguardie?” Luisorrise,comese gliavessiresoomaggio pertuttelefurbateche avevafatto.“Chec’è, Sammy...Cel’haicon meocosa?” “Hodettoqualcosa?” “Noncen’èbisogno, ragazzo.Seicometutti glialtri.”Siappoggiò allaspallieraesistirò. “Hosaputochealcuni deiragazzivogliono denunciarmicome collaborazionista quandotorneremo negliStatiUniti.Pensi difarloanchetu, Sammy?”Era calmissimo, sbadigliava.Continuò subito,senzadarmiil tempodirispondere. “Ilpoverovecchio Georgienonhaun amicoalmondo,eh?È propriorimastosolo, vero?Misachetutti voiandretedrittia casa,maimmaginoche l’esercitovorràfare unachiacchieratacon GeorgieFisher,nonè così,eh?” “Seibollito,George. Lasciaperdere. Nessunoha intenzione...” Sialzòinpiedi, attaccandosialtavolo conlamanopernon perderel’equilibrio. “No,Sammy,credo propriodiaverevisto giusto. Collaborazionista...È tradimento,no?Per questotipossono impiccare,no?” “Calmati,George. Nessunocercheràdi fartiimpiccare.” Lentamente,mialzaiin piedianch’io. “Tidicochehovisto giusto,Sammy.Essere GeorgieFisherè diventatoscomodo,e alloracosacrediche farò?”Cincischiòun po’colcollettodella camicia,poitiròfuori lepiastrinedi riconoscimentoele buttòperterra. “Diventeròunaltro, Sammy.Direicheho avutoun’ideabrillante, nontipare?” Ilrombodeicarri armaticominciavaafar tremareipiattinella credenza.Miavviaialla porta.“Nonmiimporta unaccidentediquello chefarai,George.Io nontidenuncerò. L’unicacosachevoglio èportareacasala pelle,eoratornoal campo.” Georgefeceunpasso avantiesipiazzòtra meelaporta, mettendomiunamano sullaspalla.Mistrizzò l’occhioesorrise. “Aspettaunmomento, ragazzo.Nonhai ancorasentitotutto. Nonvuoisaperecosa faràadessoiltuoamico Georgie?Tiinteresserà molto.” “Addio,George.” Luinonsispostò. “Megliochetisiedie beviqualcosa,Sammy. Tieniinerviaposto.Tu eio,ragazzo,nessuno dinoiduetorneràal campo.Iragazzisanno chefacciahaGeorgie Fisher,equesto rovinerebbetutto,no? Credochefaròbenead aspettareunpaiodi giorni,poia consegnarmiaPraga, dovenessunomi conosce.” “Tihogiàdettoche ionondiròniente, George,edèvero.” “Tihodettodi sederti,Sammy.Bevi unsorso.” Erostancoestordito, eilpaneneroraffermo cheavevonellapancia midavalanausea.Mi sedetti. “Cosìvabene,”disse lui.“Nonsaràunacosa lunga.Sammy,sevedi lecosecomelevedoio. Hodettochevoglio smetterediessere GeorgieFishere diventareunaltro.” “Bene,bravo, George.” “Ilfattoècheavrò bisognodiunnome nuovoedellepiastrine giuste.Mipiaccionole tue...Quantovuoiper darmele?”Aveva smessodisorridere. Nonscherzava:mi stavafacendouna proposta.Siprotese soprailtavoloe,col faccioneroseoesudato apochicentimetridal mio,mormorò:“Chene dici,Sammy?Duecento dollariincontantie questoorologioperle piastrine.Èquelloche civuole,oquasi,per unaltroLaSalle,no? Guardal’orologio, Sammy...ANewYork valemilledollari... Batteleore,tidiceche giornoè...”. Buffo,cheGeorge dimenticasseche LaSalleavevacessato l’attività.Tiròfuori dallatascadeicalzoni unrotolodibanconote. Itedeschiciavevano presotuttiisoldi quandoeravamostati fattiprigionieri,ma alcunideiragazzi avevanonascostodei bigliettidibancanelle foderedeivestiti. George, accaparrandosile sigarette,erariuscitoa impossessarsidituttii soldisfuggitiai tedeschi,finoall’ultimo centesimo.Lalegge delladomandae dell’offerta:cinque dollariunasigaretta. Mal’orologioerauna sorpresa.Georgeaveva mantenutoilsegreto finoaoggi,perottime ragioni.L’orologioera appartenutoaJerry Sullivan,ilragazzoche erastatofucilatoper avertentatodi evadere. “Dovehaipescato l’orologiodiJerry, George?” Georgesistrinse nellespalle.“Una meraviglia,vero?Ho datoaJerrycento sigarette,incambio. Sonorimastoamani vuote.” “Quando,George?” Nonmiguardavapiù conquellargosorriso confidenziale.Era arcignoecorrucciato. “Comesarebbeadire, quando?Pocoprima chemorisse,sevuoi saperlo.”Sipassòuna manotraicapelli. “Okay,continua,di’ purechel’hofatto ammazzareio.Èquello chepensi,eallora dillo.” “Nonlostavo pensando,George. Stavopensandoa com’eristatofortunato afarequelloscambio. Jerrymiavevadetto chel’orologioerastato disuononno,echenon loavrebbecedutoa nessunopernullaal mondo.Eccotutto.Ero solounpo’sorpreso cheavessepoi accettatodidarloate,” dissisottovoce. “Acheserve?”disse lui,rabbiosamente. “Comefaccioaprovare chenonhoavuto nienteachefarecon quellastoria?Voi ragazziavetedatola colpaameperchéle coseameandavano beneeavoino.Iosono statoonestoconJerry, euccideròchidiceche nonèvero.Eoracon tevogliogiocarea cartescoperte,Sammy. Vuoilagranae l’orologioono?” Iostavopensando allanottedell’evasione, ricordandociòche Jerryavevadettopoco primadimettersia strisciarenellagalleria. “Dio,vorreiavereuna sigaretta,”avevadetto. Ilrombodeicarri armatieraquasiun boato,ormai.Dovevano averoltrepassatoil campoefattogliultimi chilometridellasalita finoaPeterswald, pensai.Nonc’era tempodaperdere. “Certo,George,èuna buonaofferta.Bene, maiochedovreifare quandotisaraimesso neimieipanni?” “Quasiniente, ragazzo.Dovraisolo dimenticarechiseiper qualchetempo.A Pragatipresentiegli dicichehaiperdutola memoria.Latiriin lungoquantobastaper darmiiltempodi tornarenegliStati Uniti.Diecigiorni, Sammy...Tuttoqui. Funzionerà,ragazzo, perchéabbiamotutt’e dueicapellirossiela stessastatura.” “Ecosasuccederà quandoscopriranno cheSamKleinhans sonoio?” “IosarònegliStati Unitieavròsaltatoil fosso.Nonmi troverannomai.” Cominciavaa spazientirsi.“Su, Sammy,cistai?” Eraunpiano sballato,destinatoal fallimento.Loguardai negliocchi,ecredetti divederechelosapeva anchelui.Forse,inun momentodieuforia, avevapensatoche potessefunzionare... Masembravache avessegiàcambiato idea.Guardail’orologio sultavoloepensaia JerrySullivan,quando loavevanoriportatoal campo,morto. RicordavocheGeorge liavevaaiutatia trasportarlo. Pensaiallapistola cheavevointasca.“Va’ all’inferno,George,” dissi. Nonparvesorpreso. Spinselabottiglia versodime.“Beviun goccioepensacisu,” dissepacatamente. “Staisolocomplicando lecosepertuttiedue.” Iospinsilabottiglia versodilui. “Complicandomoltole cose,”disseGeorge. “Iovoglioquelle piastrineeneho propriobisogno, Sammy.” Miirrigidii,manon accaddenulla.Erapiù codardodiquanto pensassi. Georgemimise l’orologiosottoilnaso, eschiacciòunpulsante colpollice.“Ascolta, Sammy...Batteleore.” Nonudiiilcarillon. Fuoric’eraunbaccano infernale:lostrepito assordanteeilrombo deicarriarmati,gli scoppideiritornidi fiamma,ecori entusiasticiesfrenati, conalcune fisarmonicheche suonavanopiùforte chepotevano. “Sonoqui!”urlai.La guerraeraproprio finita!Oracipotevo credere.Dimenticai George,Jerry, l’orologio...tutto trannequelmagnifico rumore.Corsialla finestra.Grandinuvole difumoedipolveresi alzavanooltreilmuro, equalcunosimisea batterealcancello. “Ecco!”esclamai ridendo. Georgemistrappò dallafinestraemi spinsecontroilmuro. “Ecco,propriocosì!” disse.Ilsuovisoera pienoditerrore.Mi puntòunapistola controilpetto.Strinse leditaintornoalla catenelladelle piastrineemela strappòdalcollocon unrapidostrattone. Siudìunoschianto secco,ungemito metallico,eilcancello siaprì.Dall’apertura fececapolinouncarro armato,imballandoil motore,conigrossi cingolisoprailcancello scardinato.Aquel rumoreGeorgesivoltò, nelprecisomomentoin cuiduesoldatirussi scivolavanogiùdalla torrettadelcarroed entravanodicorsa nellacorte,spianandoi mitra.Guardaronoin frettadaunafinestra all’altraeurlarono qualcosachenoncapii. “Ciammazzerannose vedonoquell’arma!” gridai. Georgeannuì. Sembravastordito, comesesognasse.“Sì,” disse,ebuttòsul pavimentolapistola, chescivolòsulleassi delpavimento sbiancateandandoa fermarsiinunangolo buio.“Mettilemaniin alto,Sammy,”disse. Alzòlemanisoprala testa,voltandomile spalleeguardòversoil corridoiolungoilquale avanzavano rumorosamenteirussi. “Dovevoessere ubriaco,Sammy.Ero fuoriditesta,” mormorò. “Certo,George... Certo.” “Dobbiamoessere unitiinquesto,Sammy, misenti?” “Unitiincosa?” Avevolemani penzolonisuifianchi. “Ehi,ruski,come diavolostate?”gridai. Irussi,due adolescentidall’aria piuttostorozza, entraronoimpettiti nellastanza,spianando imitra.Non sorridevano,nessuno deidue.“Mettetele maniinalto,”ordinò unointedesco. “Amerikaner,”dissi debolmente,ealzaile mani. Iduemirivolsero un’occhiatasorpresae cominciaronoa consultarsitraloroa bassavoce,senza togliercigliocchidi dosso.All’inizioci guardavanotorvo,ma parlandodiventarono semprepiùgioviali,e allafineerano raggianti.Forse avevanodovuto tranquillizzarsia vicendadicendosiche noneracontrarioalla lineadelpartito trattarecordialmente gliamericani. “Èungrangiorno perilpopolo,”disse solennementequello chesapevailtedesco. “Ungrangiorno,” riconobbi.“George, offriairagazzi qualcosadabere.” Iduesoldati guardaronofelicila bottigliaesi dondolaronosuipiedi, alzandoeabbassando latesta,e ridacchiando. Insistettero educatamenteche Georgedoveva brindareperprimoa quellocheeraungran giornoperilpopolo. Georgesorrise nervosamente.Siera quasiportatola bottigliaallelabbra quandoessagliscivolò dalleditaecaddesul pavimento, rovesciandoneil contenutoainostri piedi. “Dio,mispiace,” disseGeorge. Michinaiper raccoglierla,mairussi mifermarono.“La vodkaèmegliodiquel velenotedesco,”disse solennementeilrusso cheparlavatedesco,e cavòunagrossa bottigliadalcamiciotto. “ARoosevelt!”disse, prendendounalunga sorsataepassandola bottigliaaGeorge. Quattrovoltela bottigliafeceilgiro:in onorediRoosevelt, Stalin,Churchill,ea Hitlerchearrostiva all’inferno.L’ultimo brindisifuun’ideamia. “Afuocolento,”dissi.I russilatrovarono piuttostodivertente, malelororisatesi spenserodicolpo quandodalcancello entròunufficialeche urlandolichiamò.Ci salutaronoinfretta, afferraronolabottiglia ecorserofuoridalla casa. Livedemmo arrampicarsisulcarro armato,cheuscìa marciaindietroesi allontanò pesantementelungola strada.Iduesoldati agitaronolemaniinun cennodisaluto. Lavodkamiaveva scaldato,intontitoe fattosentirbene:ero anchediventatopiù sfacciatoesanguinario. George,quasi completamente ubriaco,barcollava. “Nonsapevoquello chefacevo,Sammy. Ero...”Nonfinìlafrase. Accigliato,vacillante, strizzandogliocchi,si stavadirigendoverso l’angolodovegiaceva lasuapistola. Feciunpassoavanti elointercettai, estraendolapiccola armadallatascadei calzoni.“Guardacos’ho trovato,Georgie.” Sifermòaguardarla, strizzandogliocchi. “Misembraproprio carina,Sammy.”Tese lamano.“Fammela vedere.” Tolsilasicura. “Siediti,Georgie, vecchiomio.” Silasciòcaderesulla sediacheavevo occupatoio.“Non capisco,”borbottò. “Nonvorraisparareal tuovecchioamico,eh, Sammy?”Mirivolse un’occhiataimplorante. “Tihotrattatobene, no?Nonsonosempre stato...” “Seitroppo intelligentepercredere chetiavreilasciato andareconlemie piastrine,no?Ionon sonoamicotuo,etulo sai,no,Georgie? Finirebbeinunsolo modo:conlamia morte.Nonl’avevi pensatoanchetu?” “Cel’hannotutticol vecchioGeorge,da quandoicrucchi l’hannopresoinquel posto.DavantiaDio, Sammy,giurochenon homaiavutonientea chefarecon...”Non finìlafrase.Scosseil capoesospirò. “Chedisastro,povero vecchioGeorgie...Non haiavutoneancheil coraggiodispararmi quandoneavevi l’occasione.”Raccolsi labottigliacheaveva lasciatocadereegliela misidavanti.“Saidi cos’haibisogno?Diun cicchetto.Vedi, George?...Cen’è ancoraunpo’.Nonsei contentochenonsiè rovesciatotutto?” “Nonnevogliopiù, Sammy.”Chiusegli occhi.“Mettiviaquella pistola,tispiace?Non homaipensatodifarti delmale.” “Bevi,hodetto.”Non simosse.Misedetti davantialui,sempre prendendolodimira conlapistola.“Dammi l’orologio,George.” Sembròsvegliarsidi colpo.“Èquestoche vuoi?Certo,Sammy, eccolo,seconquestole cosesiaggiustano... Comefaccioaspiegarti comediventoquando miubriaco?Perdoil controllo,ragazzo mio.”Miporse l’orologiodiJerry. “Ecco,Sammy.Dopo tuttoquellochetiha fattopassareilvecchio Georgie,Diosasetelo seiguadagnato.” Puntailelancettea mezzogiornoepremetti ilpulsante.Ilcarillon suonòdodicivolte,due colpialsecondo. “Quellovalemille dollariaNewYork, Sammy,”disseGeorge conlavoceimpastata, mentrel’orologio batteval’ora. “Eccoperquanto tempodevibereda quellabottiglia, George,”dissi,“il tempocheimpiega l’orologioabattere dodicicolpi.” “Noncapisco.Cos’è questanovità?” Deposil’orologiosul tavolo.“Comedicevi tu,George,lastricnina èunafaccendacuriosa: apiccoledosipuò salvartilavita.” Premettinuovamenteil pulsantedell’orologio. “Beviallasalutedi JerrySullivan,amico mio.” Ilcarillontornòa farsisentire.Otto... nove...dieci...undici... dodici.Nellastanza tornòilsilenzio. “Okay,ecosìnonho bevuto,”disseGeorge conunsorriso.“Allora, adessochesuccede, eh,boyscout?” III. Quandohoiniziato questastoria,hodetto chesecondomeeraun thriller.Nonnesono piùtantosicuro. Rientrainellelinee americane,senza difficoltà,eriferiiche Georgesieraucciso accidentalmentecon unapistolatrovatain unfosso.Firmaiuna dichiarazioneincui giuravocheeraandata così. Chediavolo,era morto,enonc’eraaltro dadire,no?Chici avrebbeguadagnatose avessidettochel’avevo uccisoio?Lamia anima?L’animadi George,magari? Be’,il controspionaggio militaresentìsubito puzzadibruciatoin quellaversione.Al campoLuckyStrike, vicinoaLeHavre,in Francia,dov’erano concentratituttii prigionieridiguerra rimpatriatiche aspettavanounanave pertornareacasa,mi convocaronosottouna tendacheviaveva piantatoil controspionaggio.Ero làdaduesettimanee avreidovuto imbarcarminel pomeriggiodelgiorno seguente. Facevaledomande unmaggioreconi capelligrigi.Avevala miadichiarazione davantiasé,ediede unascorsaallastoria dellapistolanelfosso senzamostrareun particolareinteresse. Miinterrogòpiuttosto alungosucome Georgesiera comportatonelcampo diprigionia,evolle sapereconesattezza cheaspettoaveva. Preseappuntidiquello chedicevo. “Sicurodiavereil nomegiusto?”chiese. “Signorsì,eancheil numerodiserie.Ecco unadellepiastrine, signore.L’altral’ho lasciatasulcorpo. Spiacente,signore, avreivoluto consegnarlaprima.” Ilmaggiorestudiòla piastrina,poil’allegò alladichiarazionee miseiltuttodentrouna grossacartella.Vidiil nomediGeorgescritto sullacopertina.“Non sobenechealtrofare dituttoquesto,”disse, giocherellandocol legacciodeldossier. “Unbeltipo,George Fisher.”Mioffrìuna sigaretta.Lapresi,ma nonl’accesisubito. Buonanotte.Diosa come,avevano scopertotutto,pensai. Avevovogliadiurlare, macontinuaia sorridereadenti stretti. Ilmaggioresela presecomoda,primadi articolarelafrase successiva.“La piastrinaèfalsa,”disse infine,conun sorrisetto. “Nell’esercitodegli StatiUnitinonc’è nessundispersocon quelnome.”Sisporse inavantiper accendermila sigaretta.“Forse faremmomeglioa passarequestodossier aitedeschi,inmodo chepossanoinformare iparenti.” Nonavevomaivisto GeorgeFisherprima cheloportasseroal campo,dasolo,quel giornodiottomesi prima,maavreidovuto riconoscereiltipo. Sonocresciutoconun paiodiragazzicome lui.Dovevaesserestato unbuonnazistaper venireingaggiatonel controspionaggio tedesco,perché,come dicevo,lamaggior partedeiragazzidel Bundnonsela passaronoaltrettanto bene.Nonsoquantidi lorotornarononegli StatiUnitiallafine dellaguerra;ancheil mioamicoGeorge Fishernonriuscìa tornare,maciandò maledettamentevicino. 1 Organizzazione nazionalista,razzistae antisemitafondatain Americanegliannitrenta perinfluenzarel’opinione pubblicaafavoredella Germanianazista.[N.d.T.] 2 Eroeamericanodella Primaguerramondiale–il famoso“sergenteYork”– sulqualesonouscitilibrie film.[N.d.T.] Confetti#50,courtesyKurt Vonnegut&Origami ExpressLLC. LASCRIVANIA DEL COMANDANTE Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. Erosedutodavanti allafinestradellamia bottegucciadiebanista nellacittadina cecoslovaccadiBeda. MiafigliaMarta, rimastavedova,scostò latendaeguardògli americanidaunangolo dellafinestra,badando anoncoprirmila visualeconlatesta. “Vorreichesi voltassedaquesta parte,cosìpotremmo vederloinfaccia,”dissi io,spazientito.“Marta, allargaunpo’la fessura.” “Èungenerale?” disseMarta. “Ungenerale comandanteaBeda?” Risi.“Uncaporale, forse.Cheariaben pasciutahannotutti, eh?Aaaaah,quelli mangiano...come mangiano!”Passaila manosuldorsodella miagattanera. “Adesso,micina,dovrai soloattraversarela stradaperpoter gustareperlaprima voltalapanna americana.”Alzaile manisopralatesta. “Marta!Tirendiconto, tirendiconto?Irussi senesonoandati, Marta,senesono andati!” Eoracercavamodi vederechefaccia avevailcomandante americanochestava entrandonelpalazzodi fronte:ilpalazzoche finoaqualche settimanaprimaera statooccupatodal comandanterusso.Gli americanientrarono, facendosilargotrale macerieeimobili fracassati.Perqualche tempodallamia finestranoncifu nientedavedere.Mi adagiainellapoltronae chiusigliocchi. “Èfinita,lastrageè finita,”dissi,“esiamo vivi.Ciavresticreduto? Unapersonaconla testaapostopoteva veramenteimmaginare cheallafinedella guerrasarebbestata ancoraviva?” “Iomisentocomese esserevivifosseuna cosadicui vergognarsi,”disselei. “Probabilmenteil mondosisentiràcosì ancorapermolto tempo.Tu,almeno, puoiringraziareIddio cheseiarrivataalla finesenz’averetroppe colpedelmassacro. Esserepresiinmezzo senzapoterfarenulla haquestovantaggio. Pensaalle responsabilitàche gravanosullespalle degliamericani: centomilamortinei bombardamentidi Mosca,cinquantamilaa Kiev...” “Eleresponsabilità deirussi?”disselei, impetuosamente. “No...Irussino.È unodeilatipositiviche cisononelperdereuna guerra.Rinuncialletue responsabilitàinsieme allatuacapitale,ed entrineiranghidel popolinoinnocente.” Lagattastrofinòi fianchicontrolamia gambadilegnoefece lefusa.Immaginoche lamaggiorpartedegli uominiconunagamba dilegnocerchinodi nasconderequesto fattomeglioche possono.Iohopersola gambasinistraquando erounfanteaustriaco nel1916,eportoun calzonepiùcorto dell’altropermostrare labellissimagambadi legnochemisonofatto dopolaPrimaguerra mondiale.Incisesulla gambacisonole immaginidiGeorges Clemenceau,David LloydGeorgee WoodrowWilson,che aiutòlarepubblica cecaasorgeredalle rovinedell’Impero austro-ungariconel 1919,quandoavevo venticinqueanni.E sottoquesteimmagini cenesonoaltredue, ciascunadellequali conunsertod’alloro: TomášMasaryke EduardBeneš,iprimi leaderdellarepubblica. Cisonoaltrefacceche bisognerebbe aggiungere,eora,ora chelapaceètornata ancoraunavolta,forse leinciderò.L’unico intagliochehofatto nellagambanegli ultimitrent’anniè appenaabbozzatoe oscuro,eforse barbarico:tretacche profondevicinoal puntalediferro,peri treufficialitedeschidi cuihofattovolarela macchinagiùdauna montagnaunanottedel 1943,durante l’occupazionenazista. Quegliuominidilà dallastradanoneranoi primiamericaniche vedevo.Aitempidella repubblicaavevouna fabbricadimobilia Praga,efecimolti affariconibuyerdei grandimagazzini americani.Quando arrivaronoinazisti, persilafabbricaemi trasferiiaBeda,questa tranquillacittadina sullecolline pedemontanedei Sudeti.Miamoglie morìsubitodopoperle piùraredellecause, quellenaturali.Cosìmi rimasesolomiafiglia Marta. Ora,ringraziando Iddio,rivedevodegli americani:dopoi nazisti,dopol’Armata RossadellaSeconda guerramondiale,dopo icomunisticechi,e ancorairussi.Sapere chesarebbevenuto questogiornomiaveva aiutatoasopravvivere. Nascostasottoil pavimentodilegnodel miolaboratorioc’era unabottigliadiscotch chealungoaveva messoaduraprovala miaforzadivolontà. Malalasciainel nascondiglio.Doveva essereilmioomaggio agliamericaniquando fosserofinalmente arrivati. “Stannouscendo,” disseMarta. Apriigliocchievidi unrobustomaggiore americanoconicapelli rossichemiguardava dall’altromarciapiede, conlemanisuifianchi. Sembravastancoe seccato.Unaltro giovanotto,un capitano,alto, massiccioelento,econ un’aria,apartela statura,moltoitaliana, uscìagrandipassi dall’edificioelo raggiunse. Stupidamente,forse, sgranaigliocchi davantialoro.“Stanno venendoqui!”dissi, eccitatoeimpotente. Entrarono,il maggioreeilcapitano, consultandoun libriccinobluche, comeimmaginai, contenevadellefrasiin ceco.Ilgrossocapitano parevaimbarazzato,e iomiresicontocheil maggioreconicapelli rossierainvece piuttostobellicoso. Ilcapitanopassòil ditosulmarginediuna paginaescossela testa,sconfortato. “‘Mitragliatrice, mortaio,motocicletta... tank,tourniquet, trincea.’Nientesu schedari,sedieo scrivanie.” “Cosadiavolosi aspettava?”disseil maggiore.“Èunlibro perimilitari,micaper unbrancodiimpiegati finocchi.”Lanciòal librettoun’occhiata torva,dissequalcosadi assolutamente incomprensibileealzò losguardoamecon un’espressione fiduciosa.“Moltoutile, questolibro,”disse. “Dicecheèquestoche bisognachiedereper avereuninterprete,ma ilvecchiosicomporta comesefosse sanscrito.” “Signori,ioparlo inglese,”dissi,“e anchemiafiglia Marta.” “Èvero,perdio,” disseilmaggiore. “Buonperlei,nonno.” Mifecesentirecome uncagnolinochegli avesseriportato abilmente–perun cagnolino–unapalladi gomma. Porsilamanoal maggioreeglidissiil mionome.Luiguardò altezzosamentelamia manoetennelesuein tasca.Iomisentii arrossire. “Iosonoilcapitano PaulDonnini,”disse l’altroinfretta,“e questoèilmaggiore LawsonEvans.”Mi strinselamano. “Signore,”midisse(la suavoceerapaternae profonda),“irussi...” Ilmaggioresbottòin unepitetochemifece cascareilmentosul pettoechesbalordì persinoMarta,che avevasentitoparlare soldatiperlamaggior partedellasuavita. IlcapitanoDonnini eraimbarazzato.“Non hannolasciatoun mobileintatto,” riprese,“emistavo chiedendoselei potrebbefarciavere alcunideimobilicheha quiinnegozio.” “Pensavopropriodi offrirveli,”dissi.“Èuna tragediacheabbiano spaccatotutto. Avevanoconfiscatoi piùbeimobilidiBeda.” Sorrisiescossiilcapo. “Aaaaah,queinemici deicapitalisti... Avevanoarredatoiloro alloggicomeuna piccolaVersailles.” “Abbiamovistoi rottami,”disseil capitano. “Epoi,quandonon potevanopiùtenersi queitesori,hanno decisochenondoveva averlinessunaltro.” Feciilgestodiun uomochedàuncolpo d’accetta.“Ecosìil mondodiventaunpo’ piùbruttopertuttigli altri...Perchéitesori sonodiminuiti.Tesori borghesi,forse,ma quellichenonpossono permettersibellecose amanol’ideachein qualchepostocisiano questioggetti.” Ilcapitanoannuì amabilmente,macon miagrandesorpresa vidiche,chissàperché, lemieparoleavevano irritatoilmaggiore Evans. “Be’,comunque,” dissi,“prendetepure tuttoquellochevi serve.Aiutarvi,perme, saràunonore.”Mi chiedevosequello fosseilmomento opportunoperoffrirelo scotch.Lecosenon stavanoaffatto andandocomemiero aspettato. “Èpropriosveglio,il nonno,”disse acidamenteil maggiore. Auntrattocapii cos’avevaintesodire. Fuunagrossa sorpresa.Mistava dicendocheanch’ioero ilnemico.Volevadire cheerocostrettoa collaborareperché avevopaura;anzi, volevacheioavessi paura. Perunattimomi sentiidavveromale, fisicamente.Untempo, quandoerounuomo moltopiùgiovaneepiù cristiano,amavodire chegliuominicheper farfarelecose contavanosullapaura eranopatetici,dei malati,edellepersone spregevoliesole.Più tardi,dopoavervistoin azioneinteriesercitidi uominicosì,miresi contochel’isolatoero io:eforsecheero anchepateticoe malato,mapiuttosto cheammetterlomi sareiucciso. Dovevoessermi sbagliatosulcontodel nuovocomandante.Mi dissicheerostato sospettosoe–orache sonovecchio,posso dirlo–chepertroppo tempoavevoavuto paura.Macapiiche ancheMartaavvertiva laminaccia,lapaura chec’eranell’aria.E chenascondevala propriacordialità, comel’avevanascosta peranni,sottouna mascherasmortae compassata. “Sì,”dissi,“prendete puretuttoquelloche puòfarvicomodo.” Ilmaggioreaprìla portadelretrobottega, dovedormoesbrigoil miolavoro.Avevofinito diessereilpadronedi casa.Tornaia sprofondarminella poltronaaccantoalla finestra.Ilcapitano Donnini,adisagio, restòconMartaeme. “Èbellissimoquitra lemontagne,”disse debolmente. Cademmoinun silenziospiacevole, rottoditantointanto dairumoridel maggiorecherovistava nelretrobottega. Esaminaiattentamente ilcapitano,erimasi colpitodacome sembravatantopiù giovanedelmaggiore, ancheseera possibilissimoche avesserolastessaetà. Eradifficile immaginarlosuun campodibattaglia, mentreeradifficile immaginareil maggioreinunaltro posto. Sentiiilmaggiore Evanssbottareinun fischiosommesso,e compresicheaveva trovatolascrivaniadel comandante. “Ilmaggiore dev’esserestatoun uomomolto coraggioso,hatante medaglie,”disseMarta finalmente. IlcapitanoDonnini parvegratocheleigli avessedatola possibilitàdifornire qualchespiegazionesul propriosuperiore.“Era edèunuomo estremamente coraggioso,”dissecon calore.Spiegòcheil maggioreelagran partedeisoldatidi stanzaaBeda appartenevanoauna divisionecorazzataa quantoparefamosa che,comelasciòcapire ilcapitano,nonsapeva cosafosselapauraola stanchezza,enulla amavapiùdiunbel combattimento. Schioccailalingua, meravigliato,come facciosemprequando sentoparlarediuna divisionecosì.Neho sentitoparlareda ufficialiamericani, ufficialitedeschi, ufficialirussi;eimiei ufficialidurantela Primaguerramondiale dichiaravano solennementecheio appartenevoauna divisionecosì.Quando sentoparlarediuna divisionediguerraioli dapartediun volontarioforseci crederò,ammessoche l’uomosiasobrioeche abbiaavutoil battesimodelfuoco. Questedivisioni,se esistono,trauna guerrael’altraforse dovrebberoessere conservatesotto ghiacciosecco. “Elei?”disseMarta, interrompendol’eroica biografiadelmaggiore Evans. L’ufficialesorrise.“Io conoscol’Europacosì pocochenonsaprei– perdonil’espressione– trovareilmiodidietro conlemani.Hoancora neipolmonil’ariadi FortBenning,in Georgia.Ilmaggiore... èluil’eroe,dopotre anniininterrottidi combattimento.” “Eionon immaginavodifinire quassùcomeunaviadi mezzotrapoliziotto, segretariocomunalee murodelpianto,”disse ilmaggioreEvanssulla sogliadelretrobottega. “Nonno,voglioquesta scrivania.Lastava costruendopersé?” “Cosamenefareidi unascrivaniacome quella?Lastavo fabbricandoperil comandanterusso.” “Unamico,eh?” Misforzaidi sorridere,senzatroppa convinzione,immagino. “Nonsareiquia parlareconlei,semi fossirifiutatodifarla.E nonsareistatoquia parlareconlui,senon avessicostruitoun lettoperilcomandante nazista:conuna ghirlandadisvastichee laprimastrofa dell’innodiHorst Wessel1sullatestata.” Ilcapitanosorrise conme,manonil maggiore.“Questoè diverso,”disseil maggiore.“Senzatanti pelisullalinguaci vienearaccontareche èstatoun collaborazionista.” “Nonhodetto questo,”osservai pacatamente. “Nonrovinitutto,” disseilmaggiore Evans,“èun cambiamentochefa piacere.” Martasparì bruscamentesuperle scale. “Nonsonostatoun collaborazionista,”dissi io. “Certo,certo...Ha lottatocontrodiloro conleunghieecoi denti.Comeno.Loso, loso.Vengaquiun momento,lespiace? Vorreiparlarledella scrivania.” Erasedutodietrola scrivaniaincompiuta, unmobileenormee, perme,orribile. L’avevodisegnatoper farmibeffedelcattivo gustodelcomandante russoedell’ipocrisia checircondaisimboli dellaricchezza. L’avevofattapiù pretenziosaerococò chepotevo,ilsognodi uncontadinorussodi quellachepoteva sembrarelascrivania diunbanchierediWall Street.Luccicavadi pezzidivetrocolorato incastonatinellegno comepietrepreziose ederamessainrisalto daunaverniceda caloriferiche somigliavaunpo’auna doratura.Ormaiera chiarochelapresain girodovevarestare privata,perchéil comandanteamericano neerarimasto affascinatotanto quantoilrusso. “Questosìcheèun mobile,”disseil maggioreEvans. “Moltobello,”disse distrattamenteil capitanoDonnini. Stavaguardandoverso lescaledov’erafuggita Marta. “C’èsolounacosa chenonva,nonno.” “Lafalceeil martello,loso.Volevo togliere...” “Haproprioragione,” disseilmaggiore.Tirò indietrolostivalee assestòalmedaglione dilegnomassiccioun terribilecalciodi traverso.Ilmedaglione sistaccò,rotolò vacillandoinunangolo efinìafacciaingiù conunrourrourrourr... clac!Lagattafecela suaispezioneebattéin ritirata,diffidente. “Quicivaun’aquila, nonno.”Ilmaggioresi tolseilberrettoper mostrarmil’aquila americanachec’era sopra.“Comequesta.” “Nonèundisegno semplice.Civorràun po’ditempo,”dissi. “Nonèsemplice comeunasvasticao unafalceemartello, eh?” Dasettimane sognavodiraccontare lastorielladella scrivaniaagli americani,diparlargli delcassettinosegreto cheavevocostruitoper ilcomandanterusso,la partepiùcomicadi tutte.Adessogli americanieranolì;eio misentivounpo’ diversodaprima:solo, sperdutoesleale.Non avevopiùvogliadi raccontarenientea nessuno,anessuno tranneMarta. “No,”dissi, rispondendoalla domandavelenosadel maggiore. “Nossignore.”Che altroavreidovutodire? Loscotchrimase sottoleassidel pavimentoeil cassettinosegretonella scrivaniarimaseun segreto. Laguarnigione americanaaBedaera compostadaun centinaiodiuomini, quasitutti,tranneil capitanoDonnini, reducidaannidi combattimentinella stessadivisione corazzataallaquale appartenevail maggioreEvans.Si comportavanoda conquistatori,col maggioreEvanscheli incoraggiavaafarlo.Io mieroaspettato moltissimodall’arrivo degliamericani:una rinascitadell’orgoglioe delladignitàperMarta eperme;unpo’di benessereedicose buonedamangiare;e perMartalaparte migliorediunavitache valesselapenadi vivere.Invece,c’erala tracotantemancanzadi fiduciadelmaggiore Evans,ilnuovo comandante, moltiplicatapercento nellepersonedeisuoi uomini. Nell’incubodiun mondoinguerra occorronodoti particolaripertirare avanti.Unadiquesteè lacomprensionedella psicologiadelletruppe dioccupazione.Irussi noneranocomei nazisti,egliamericani eranomoltodiversi dagliuniedaglialtri. Nonc’eralaviolenza fisicadeirussiedei nazisti,grazieaDio:né fucilazioni,nétorture. Lacosapiù interessanteerachegli americaniavevano bisognodiubriacarsi primadipoter combinaregrossiguai. Disgraziatamenteper Beda,ilmaggiore Evanslasciavachesi ubriacasseroognivolta chevolevano.Quando eranoubriachi,spesso evolentierirubavano– nellalorocacciaai souvenir–,giravano perlestradeinjeepa tuttavelocità, sparavanoinaria, urlavanooscenità,si prendevanoapugnie spaccavanolefinestre. Lapopolazionedi Bedaeracosìabituata atacereeanonfarsi vedere,qualunquecosa accadesse,checivolle unpo’ditempoper scoprireladifferenza veramente fondamentaletragli americanieglialtri.La durezzadegli americani,laloro insensibilità,eramolto superficiale,esotto c’eraunaforte apprensione. Scoprimmoche potevanoesseremessi facilmentein imbarazzodalledonne odagliuominianziani cheglitenevanotesta comeunpapàouna mammaelisgridavano perquelloche facevano.Questogli facevapassarela sborniapiùinfrettadi unsecchiod’acqua fredda. Conquestaideadei nostriconquistatori, riuscimmoarenderele coseunpo’più sopportabili,manon tanto.C’erala deprimente constatazioneche eravamoconsideratiil nemico,nonmolto diversidairussi,eche ilmaggiorevoleva punirci.Lapopolazione fudivisainbattaglioni dilavoroefatta sgobbaresottoguardie armate,come prigionieridiguerra. Ciòcherendeva particolarmente insopportabilequesta attivitàècheessaera destinatanontantoa riparareidannidella guerraallacittàquanto arenderepiùcomodi glialloggidella guarnigioneamericana, eacostruireun enormeebrutto monumentoinonore degliamericanicaduti nellabattagliaper Beda.Icadutierano quattro.Ilmaggiore Evansaveva trasformatol’atmosfera dellacittà nell’atmosferadiun carcere.Lavergogna eralaregola,eogni germediorgoglioodi speranzaveniva stroncatosulnascere. Nonneavevamo diritto. C’erasolounlato positivo–unamericano piùinfelicedinoi–il capitanoDonnini. Toccavaaluieseguire gliordinidelmaggiore, eubriacarsi,come cercòdifareparecchie volte,nonavevasudi luilostessoeffettoche avevasuglialtri. Eseguivagliordinicon unariluttanzaperla qualesonocertoche avrebbepotutoessere deferitoallacorte marziale.Inoltre, passavapiùtempocon Martaemechecol maggiore,equasitutti isuoidiscorsierano cautegiustificazioni perciòchedoveva fare.Curiosamente, Martaeiocitrovammo adoverconsolare questotristeebruno gigante,mentre avrebbedovutoessere ilcontrario. Pensavoalmaggiore mentre,rittodavantial miobancodalavoro nelretrobottega,stavo terminandol’aquila americanaperil frontaledellascrivania delnuovocomandante. Distesasullamia brandina,Marta guardavailsoffitto.Le suescarpeerano bianchedipolvere. Avevalavoratotuttoil giornoalmonumento. “Be’,”dissi malinconicamente,“se avessicombattutoper treanni,chissàsesarei tantocordiale.Diciamo laverità,volentio nolentinoiabbiamo datouominiemateriali chesonoservitia ucciderecentinaiadi migliaiadiamericani.” Indicailemontagnea occidente.“Guarda doveirussihanno presoillorouranio.” “Occhioperocchio, denteperdente,”disse Marta.“Quantotempo ancoradurerà?” Sospiraiescossila testa.“Diosachei cechihannopagatocon gliinteressi.Manoper mano,piedeperpiede, incendioperincendio, feritaperferita, gallonepergallone.” Avevamopersoquasi tuttiinostrigiovani, traiqualiilmaritodi Marta,inondate suicideprimadei principaliattacchi russi;elenostrecittà piùgrandieranopoco piùchedistesedi calcinacciecolonnedi fumo. “Edopocheabbiamo pagato,eccochearriva unnuovocommissario. Nonsonodiversidagli altri,”disseMarta amaramente.“Era puerileaspettarsi altro.” Lasuaterribile delusione,cheavevo anch’iocontribuitoa rafforzare,lasua apatiaelasua disperazione...Diodel cielo,nonriuscivopiùa sopportarla!Enonci sarebberostatialtri liberatori.L’unicaforza rimastasullaterraera inAmerica,egli americanieranoa Beda. Tristemente,mi rimisiallavoro sull’aquila.Ilcapitano miavevadatouna banconotadaun dollarodacuicopiare lostemma.“Vediamo... nove,dieci,undici, dodici,tredicifrecce strettenell’artiglio.” Uncolpoesitantealla portaeilcapitano Donninientrònella stanza.“Permesso?” disse. “Prego,siaccomodi,” dissiio.“Avetevintola guerra.” “Temodinonavere datoungrande contributo.” “Ilmaggiorenonha lasciatoalcapitano nessunoacuisparare,” disseMarta. “Cos’èsuccessoalla suafinestra?”disseil capitano. Ilpavimentoera copertodischeggedi vetroeunpezzodi cartoneimpedivaal ventoeallapioggiadi entrarenellastanza.“È stataliberatastanotte daunabottigliadi birra,”dissi.“Ho scrittounbigliettoal maggiore...perilquale probabilmentesarò decapitato.” “Cos’èchesta facendo?” “Un’aquilacon tredicifrecceinun artiglioeunramo d’ulivonell’altro.” “Selapassabene. Potrebbeesserelà fuoriaimbiancarei sassi.L’hannotolta dallalistaperché potessefinirela scrivania.” “Sì,hovistoquelli chedavanoilbiancoai sassi,”dissiio.“Coni sassiimbiancati,Beda èpiùbelladiprima dellaguerra.Nonsi capirebbemaicheè statabombardata.”Il maggioreaveva ordinatodiscriverecon sassibianchiun messaggioelettrizzante sulsuoprato: CompagniaMP1402, MaggioreLawson EvansComandante.Si dovevanoprofilarecon isassiancheleaiuolee isentieri. “Oh,nonècattivo,” disseilcapitano.“Èun miracolochenesia uscitocosìbene.” “Èunmiracoloche noinesiamousciticosì bene,”disseMarta. “Sì,capisco.Loso... Avetepassatomomenti terribili.Ma,be’,anche ilmaggiore.Haperso lafamiglianei bombardamentidi Chicago,lamoglieei trefigli.” “Iohopersomio maritonellaguerra,” disseMarta. “Allora,cosasta cercandodidirci?Che dobbiamofaretutti penitenzaperlamorte deifamiliaridel maggiore?Credeche noivolessimolaloro morte?”dissi. Luisiappoggiòal bancoechiusegli occhi.“Oh,diavolo,non so,nonso.Pensavoche potesseaiutarvia capirlo...afarvi smetterediodiarlo.È tuttocosìinsensato, però...sembrache nullapossaessere d’aiuto.” “Leicredevadi poterciaiutare, capitano?”disseMarta. “Primadivenire qui...Sì,certo.Oraso cheiononservoa niente,enonsocosa possaservire.Mifanno tutticompassione, accidenti,ecapisco perchésonocome sono:voidue,lagente incittà,ilmaggiore,i soldati.Forse,semi fossibeccatouna pallottolaoqualcuno miavesseinseguitocon unlanciafiamme,forse sareipiùuomo.” “Eodierebbecome tuttiglialtri,”disse Marta. “Sì...Esareisicurodi mecomesembrache sianotuttiglialtri.” “Nonsicuro, istupidito,”dissiio. “Istupidito,”ripeté lui,“tuttihanno ragionediessere istupiditi.” “Èl’ultimadifesa,” disseMarta. “Istupidimentoo suicidio.” “Marta!”dissiio. “Saicheèvero,” disseleiintonodeciso. “Semettesserodelle camereagasagli angolidellestrade europee,cisarebbero dellecodepiùlunghe chedalfornaio. Quandofiniràtutto questoodio?Mai.” “Marta,peramordel cielo,nonvoglio sentirtiparlarecosì,” dissi. “Ancheilmaggiore Evansparlacosì,”disse ilcapitanoDonnini. “Maluidicechevuole continuarea combattere.Unavolta odue,quandoera sbronzo,hadettoche avrebbevolutoessere statoucciso...chea casanonaveva nessunodacuitornare. Hacorsorischienormi incombattimento,ese l’ècavatasenzaun graffio.” “Poveraccio,”disse Marta,“comefarà senzalaguerra?” “Be’,cisonoancora delleazionidi guerriglia...Tante, intornoaLeningrado. Hachiestodiessere trasferitolà,per potervipartecipare.” Abbassòlosguardoe allargòleditasoprale ginocchia.“Be’, comunque,quelloche sonovenutoadirleè cheilmaggiorevuole lasuascrivaniaper domani.” Laportasiaprìeil maggioreentrònel laboratorio.“Capitano, dovediavoloèstato? L’homandataa sbrigareuna commissioneche avrebbedovuto prenderlecinque minuti,edèingiroda mezz’ora.” IlcapitanoDonninisi misesull’attenti. “Scusi,signore.” “Leisaquelloche pensodeimieiuomini chefraternizzanocol nemico.” “Signorsì.” Poisivoltòversodi me.“Allora,cos’è questastoriadella finestra?” “L’harottaunodei suoiuomini,stanotte.” “Oh,cheguaio,nonè vero?”Eccoun’altra dellesuedomandealle qualieraimpossibile rispondere.“Dicevo: oh,cheguaio,nonè vero,nonno?” “Sì,signore.” “Nonno,devodirle unacosachevoglioche leisimettabenein testa.Evogliocheleisi assicurichel’hanno capitatuttiglialtri,in città.” “Sì,signore.” “Voiavetepersouna guerra.Capito?Eio nonsonoquiperchélei ochiunquealtro veniateapiangermi sullaspalla.Sonoqui perfareinmodoche tutticapiscano maledettamentebene chehannopersouna guerra,eperfarein modochenessunoci diadeifastidi.Equesta èl’unicaragioneper cuisonoqui.Eil prossimoindividuoche midicecheerapappa ecicciaconirussi perchénonpotevafare diversamentesibecca uncazzottosuidenti.E questovaleancheper chiverràadirmichese lapassamale.Èancora niente,rispettoacome potrebbepassarsela.” “Sì,signore.” “ÈlavostraEuropa,” disseMartasottovoce. Luisivoltòdallasua parte,inviperito.“Se fossemia,signorina, fareispianarequesto casinodalleruspe. Tuttequeste magnifichepersone nonsonoaltrocheun brancodivigliacchi prontiamettersial seguitodelprimo dittatorechepassa.” Rimasicolpito,di nuovo,comeilprimo giorno,dallasuaaria terribilmentestancae agitata. “Signore...”disseil capitano. “Silenzio.Nonho combattutofinquiper cedereilpostoaiboy scout.Allora,dov’èla miascrivania?” “Stofinendo l’aquila.” “Vediamo.”Gliporsi ilmedaglione.Imprecò sottovoceesitoccò l’emblemasulberretto. “Comequesta,”disse. “Vogliochesia esattamentecome questa.” Scrutaiconla massimaattenzione l’emblemasulberretto. “Maècomequella. L’hocopiataparipari daunbigliettodaun dollaro.” “Lefrecce,nonno!In qualeartigliosono?” “Oh...Sulberretto sononell’artiglio destro,sullabanconota sononelsinistro.” “Unabella differenza,nonno:uno èperl’esercito,l’altro pericivili.”Alzòil ginocchioevispaccò soprailmedaglione. “Riprovi.Seeratanto ansiosodiaccontentare ilcomandanterusso, accontentiancheme!” “Possodireuna cosa?”dissi. “No.L’unicacosache vogliosentiredaleiè cheavròlascrivania domattina.” “Macivorrannodei giorni,peril medaglione.” “Stiasututtala notte.” “Sì,signore.” Uscì,colcapitano allecalcagna. “Cosaglivolevi dire?”disseMarta,con unsorrisoironico. “Volevodirglichei cechihanno combattutocontro l’Europacheodiacon lastessaenergiaeper lostessotempocheha combattutolui.Volevo dirgli...Ohbe’,ma tantoacheserve?” “Continua.” “L’haisentitamille volte,Marta.Èuna storianoiosa, immagino.Volevodirgli cheioholottatocontro gliAsburgoeinazisti, epoicontroicomunisti cechi,epoicontroi russi...Holottatonel miopiccolo,amodo mio.Nonmisonomai schieratodallapartedi undittatore,enonlo faròmai.” “Megliochetirimetti alavorareall’aquila. Ricorda,lefreccenella destra.” “Marta,tunonhai maiassaggiatodello scotch,vero?”Ficcaiil granchiodiunmartello inunafessuradel pavimentoeschiodai un’asse.Sottoc’erala polverosabottigliadi scotchcheavevo tenutoperilgran giornodeimieisogni. Eradelizioso,eci pigliammounabella sbronzatutt’edue. Mentrelavoravo, tornammoaivecchi tempi,Martaeio,eper unpo’fuquasicomese suamadrefosseancora viva,eMartafosse ancoraunaragazza giovane,carinae spensierata,enoi avessimoancoracasae amiciaPraga,e...Oh Dio,fumoltobelloper unpo’. Martasiaddormentò sullabrandina,e canticchiandoioscolpii l’aquilaamericanafino anottefonda.Eraun lavorogrossolanoe frettoloso,ecercaidi nasconderneidifetti sottolostuccoela doratura. Qualcheoraprima dell’albaincollaiil medaglionealla scrivania,strinsii morsettieandaia dormire.Ilmobileera prontoperilnuovo comandante, esattamente,tranne l’emblema,comelo avevodisegnatoperil russo. Venneroaprenderlo, dibuon’ora,unamezza dozzinadisoldatieil capitano.Lascrivania sembravailferetrodi unsovranoorientale, mentrelaportavano attraversolastrada comeperunfunerale. Ilmaggioreliaccolse sullaporta,gridando avvertimentiognivolta cheiportatori minacciavanodiandare asbattereconquel tesorocontroqualche stipite.Laportasi chiuse,lasentinella tornòalpropriopostoe noncifualtroda vedere. Andainellaboratorio, tolsiitruciolidalbanco ecominciaiunalettera alMaggioreLawson Evans,CompagniaMP 1402,Beda, Cecoslovacchia. CaroSignore,scrissi. C’èunacosacheho dimenticatodidirle,a propositodella scrivania.Seguarderà sottol’aquila, scoprirà... Nonlaportaisubito dilàdallastrada, ancheseavevopensato difarlo.Rileggerlami avevaunpo’ disgustato:disgusto chenonavreimai provatoselalettera fossestataindirizzata alcomandanterusso, chedovevaessereil primoariceverla. Pensareaquella letteramirovinòil pranzo,anchesenon mangiavoabbastanza daanni.Martaera troppodepressaper notarlo,anchesemi sgridaquandotrascuro lasalute.Portòvia senzaunaparolail piattochenonavevo toccato. Piùtardi,nel pomeriggio,bevviciò cherestavadello scotcheattraversaila strada.Porsilabusta allasentinella. “Cos’è,un’altrasulla finestra,nonno?”disse lasentinella. Evidentemente l’episodiodellafinestra eradiventatouna barzellettacheaveva avutoun’ampia diffusione. “No,un’altracosa:è perlascrivania.” “Okay,nonno.” “Grazie.” Tornainel laboratorioemidistesi sullabranda,inattesa. Riusciipersinoa dormireunpo’. FuMartaa svegliarmi. “Vabene,sono pronto,”mormorai. “Prontopercosa?” “Isoldati.” “Nonisoldati...Il maggiore.Sta partendo.” “Sta...Cosa?”Buttai legambegiùdalla sponda. “Stasalendosuuna jeepcontuttalasua roba.Ilmaggiore Evansstalasciando Beda!” Corsiallafinestrasul davantietiraiviail cartone.Ilmaggiore Evanseraseduto dietro,inmezzoa sacchedaviaggio,un saccoapeloealtra roba.Dall’aspettoche avevasisarebbedetto chealleportediBeda infuriasseuna battaglia.Guardava tuttiincagnescoda sottol’elmetto d’acciaioeavevauna carabinaaccantoasé, eunacartucciera,un coltelloeunapistola allacintola. “Haottenutoil trasferimento,”dissi, meravigliato. “Vaacombatterei guerriglieri,”rise Marta. “Dioliaiuti.” Lajeeppartì.Il maggioreEvansfece uncennodisalutocon lamanoesiallontanò sobbalzando.L’ultima voltachevidi quell’uomo straordinariofuquando lajeepraggiunsela cimadiunacollinaalla periferiadellacittà.Si voltò,fecemarameoe sparìnellavalle sottostante. IlcapitanoDonnini, dilàdallastrada,mi videefeceuninchino. “Chièilnuovo comandante?”gridai. Sibattéunditosul petto. “Cos’èunboy scout?”sussurrò Marta. “Agiudicaredaltono delmaggiore,è qualcosadiassaipoco militaresco,una personaingenuaedal cuoretenero.Shhhh! Eccolochearriva.” IlcapitanoDonnini sembravaunpo’ onoratoeunpo’ divertitodallasua nuovaimportanza. Siacceseuna sigaretta,pensieroso,e miparvechecercasse ditrovareleparoleper un’ideacheglifrullava nellatesta.“Leimiha chiestoquandosarebbe venutalafineditutto quest’odio,”disse. “Arrivaadesso.Basta conibattaglionidi lavoro,bastaconi furti,bastaconi vandalismi.Iononne hovisteabbastanzaper odiare.”Tiròuna boccatadallasigaretta eriflettéancoraper qualcheistante.“Ma sonosicurodipoter odiarelapopolazione diBedacomel’odiavail maggioreEvansse domaninon comincerannoa ricostruirequestacittà inmodochediventiun postodecenteperi bambini.” Sivoltòinfrettae riattraversòlastrada. “Capitano,”gridai, “avevoscrittouna letteraalmaggiore...” “L’hapassataame. Nonl’hoancoraletta.” “Potreiriaverla?” Mirivolse un’occhiata interrogativa.“Be’, d’accordo...Èsulla scrivania.” “Laletterariguarda propriolascrivania. C’èunacosachedevo aggiustare.” “Icassettifunzionano bene.” “C’èuncassetto specialedicuinonsa niente.” Alzòlespalle. “Venga.” Buttaialcuniattrezzi inunaborsaecorsinel suoufficio.Lascrivania troneggiavain splendidoisolamentoal centrodiunastanza peraltriversipiuttosto spartana.Soprac’era lamialettera. “Puòleggerla,se vuole,”dissi. Luiaprìlaletterae lesseadaltavoce: “CaroSignore,c’è unacosacheho dimenticatodidirle,a propositodella scrivania.Seguarderà sottol’aquila,scoprirà chelafogliadiquercia dell’ornamentopuò esserepremutae girata.Lagiriinmodo cheilpicciolosia puntatoversol’artiglio sinistrodell’aquila.Poi premalaghiandasopra l’aquilae...”. Mentreluileggeva, ioseguiilemiestesse istruzioni.Premetti sullafogliaelagirai,e cifuunclic.Premetti colpollicesulla ghianda,eun cassettinoscattòfuori dallascrivaniadipochi millimetri,quantine bastavanoper consentireauna personadiprenderlo edestrarlo completamente. “Sembrabloccato,” dissi.Allungaiuna manosottolascrivania etagliailacordada pianofortecheavevo agganciatoalfondodel cassettino.“Ecco!” Sfilaiilcassetto completamente. “Vede?” IlcapitanoDonnini rise.“Almaggiore Evanssarebbepiaciuto damatti.Magnifico!” Rimiseapostoil cassettoelofece andareavantie indietroparecchie volte,ammirato,colpito dallaperfezionecon cuiilsuofrontalinosi intonavacolrestodella decorazione.“Mifa venirvogliadiavere deisegreti.” “InEuropanonsono moltiquellichenonne hanno,”dissiio.Luimi voltòlespalleperun attimo.Eiotornaia ficcarelamanosottola scrivaniadel comandante,infilaiun percussorenel detonatoreetolsila bomba. 1 Giovaneattivistadelle SAuccisodauncomunista perquestionididonne,fu trasformatodalla propagandaineroe popolare,eilsuoLied diventòl’innonazista. [N.d.T.] BigGoodbye,courtesyKurt Vonnegut&Origami ExpressLLC. RICORDANDO L’APOCALISSE Schizzo,courtesyEdie Vonnegut. Caroamico, possoavereun minutodeltuotempo? Noncisiamomai conosciuti,mami prendolalibertàdi scrivertiperchéun comuneamicomiha parlatoassaibenedi te,definendotiuna personamoltoaldi sopradellamediacome intelligenzaecome interesseperil prossimo. Acausadell’impatto cheognigiornohanno sudinoileultime notizie,ciriescemolto faciledimenticare rapidamente importantiavvenimenti diqualchegiorno prima.Lascia,dunque, chetirinfreschila memoriaapropositodi unavvenimentoche fecetremareilmondo cinquebreviannifa,e cheèormaiquasi completamente dimenticato,tranne chedapochidinoi. Alludoaquelloche oggièconosciuto,per buoneragionibibliche, comeArmageddon.1 Forsericorderaii suoiconvulsiinizial PineInstitute.Confesso cheandaialavorare comeamministratore dell’istitutoconun sensodivergognaedi ridicolo,enessun’altra ragionecheildenaro. Avevomoltealtre offerte,mail cacciatorediteste dell’istitutomioffrìuna pagacheeraildoppio diquellacheprendeva ilmigliorediloro.Ero pienodidebiti,dopo treannidimiseria comestudente universitario,ecosì accettaiilposto, dicendomichecisarei rimastoperunanno, avreipagatoidebitie fattoeconomie,trovato unlavororispettabile; echeavreisempre negato,dopodiallora, diessermimaitrovato amenodi centosessanta chilometridaVerdigris, Oklahoma. Grazieaquesto momentodidisonestà, hofinitoperessere associatoaunadelle figureveramente eroichedelnostro tempo,ildottor GormanTarbell. Lerisorsecheportai alPineInstituteerano generiche,soprattutto lacompetenzachesi acquistaconuna specializzazionein business administration.Avrei potutoapplicare altrettantofacilmente questecapacitàalla direzionediuna fabbricaditricicliodi unparcodivertimenti. Noneroinalcunmodo l’ideatoredelleteorie cheportaronoad Armageddon.Ioentrai inscenapiuttostotardi, quandomoltedellepiù importantielaborazioni eranogiàstatefatte. Spiritualmente,ein terminidisacrificio,il nomedeldottorTarbell dovrebbeessereil primonellalistadi colorochehanno veramentecontribuito allacampagnaealla vittoria. Cronologicamentela listadovrebbeforse iniziarecoldefunto dottorSelig Schildknechtdi Dresda,inGermania, chespese,tutto sommato infruttuosamente,la secondametàdellavita elapropriaereditànel tentativodiconvincere qualcunoaprestare attenzioneallesue teoriesullamalattia mentale.Quelloche Schildknechtdiceva,in effetti,erachel’unica teoriaunificatadella malattiamentaleche sembrassemettere d’accordotuttiifatti eralapiùantica,che noneramaistata confutata.Luicredeva cheimalatidimente fosseropossedutidal demonio. Loscrisseinunlibro dopol’altro,tutti stampatiasuespese, poichénessuneditore volevatoccarli,ed esortòainiziare ricercheperscoprire tuttociòcheera possibilescopriresul demonio,lesueforme, lesueabitudini,isuoi puntidiforza,isuoi puntideboli. Ilsecondodellalista èunamericano,ilmio exdatoredilavoro, JessieL.Pinedi Verdigris.Moltiannifa Pine,petroliere milionario,ordinò sessantametridilibri perlasuabiblioteca.Il libraioapprofittò dell’occasioneper liberarsi,traaltre gemme,delleopere completedeldottor SeligSchildknecht. Pineritennechei volumidiSchildknecht, poichéeranoinuna linguastraniera, contenesserobrani troppopiccantiper esserestampatiin inglese.Così,per farselileggere, ingaggiòildirettoredel dipartimentodi Tedescodell’Università dell’Oklahoma. Invecediarrabbiarsi perlasceltadellibraio, Pineerafelicissimo. Pertuttalavitasiera sentitoumiliatodalla propriamancanza d’istruzione,edecco cheavevatrovatoun uomoconcinque diplomiuniversitarile cuibasifilosofiche coincidevanoconle sue,valeadire: “L’unicacosaalmondo chenonvanellagente ècheildiavolosiè impossessatodi qualcuno”. SeSchildknecht avessepotutorestare attaccatoallavitaun po’piùalungo,non sarebbemortosenza unsoldo.Fattostache mancòdidueanni appena all’appuntamentocon lafondazionedelJessie L.PineInstitute.Dal momentodella fondazioneinpoi,ogni gocciadipetrolio schizzatafuoridametà deipozzi dell’Oklahomafuun chiodopiantatonella baradeldemonio.Ed eraunagiornata propriofiaccaquando nessunopportunistadi qualsiasigenerefosse, prendevailtrenoper raggiungereil marmoreopalazzoche sorgevaaVerdigris. Lalista,sedovessi continuarla,sarebbe piuttostolunga,perché migliaiadiuominie donne,alcunidiessi intelligentieonesti, cominciaronoa esplorarelelineedi ricercaindicateda Schildknecht,mentre Pinetenacemente seguivaconsacchidi denarofresco.Mala maggiorpartediquesti uominiedonneerano gelosieincompetenti profittatoridiunadelle piùgrandimangiatoie dellastoria.Iloro esperimenti,disolito straordinariamente costosi,eranoin sostanzadellebeffeai dannidell’ignoranzae dellacredulitàdelloro benefattoreJessieL. Pine. Datuttiqueimilioni spesinonsarebbe saltatofuorinulla,eio, peresempio,avrei continuatoariscuotere lamiastrabiliante bustapagasenza tentaredimeritarmela, senonfossestatoperil martireviventedi Armageddon,ildottor GormanTarbell. Erailmembropiù vecchiodell’istituto,e ilpiùrispettabile:sui sessant’anni,pesante, basso,appassionato, conlunghicapelli bianchi,convestitiche glidavanol’aspettoche avrebbeavutose avessepassatolenotti sottoiponti.Era andatoinpensionenei paraggidiVerdigris dopounasplendida carrieracomefisicoin ungrandelaboratorio diricercheindustriali dellacostaorientale. Passòdall’istitutoun pomeriggio,mentre andavaafarlaspesa, pervederecosadiavolo facevanoinquegli imponentiedifici. Fuiiochelovidiper primo,esapendoche eraunuomodi prodigiosaintelligenza miincaricai,piuttosto imbarazzato,didirgli cosasiproponevadi farel’istituto.Dalmio atteggiamentosi capivache,“restitra noidue,cheabbiamo studiato,maqueste sonotuttefesserie”. Nonapprezzòil sorrisocondiscendente concuiioparlavodel progetto,einvecemi chiesedivedere qualcosadegliscritti deldottor Schildknecht.Gli procuraiilvolume principale,che riassumevaciòche dicevanotuttiglialtri, easpettairidacchiando conariad’intesa mentrelosfogliava. “Avetedeilaboratori liberi?”disseluialla fine. “Be’,sì,ineffettine abbiamo,”dissiio. “Dove?” “Be’,tuttoilsecondo pianoèancoralibero. Gliimbianchinilo stannofinendo.” “Qualestanzaposso avere?” “Intendedirecheèin cercadilavoro?” “Cercosilenzio, tranquillitàeunposto perlavorare.” “Leicapisce,signore, chel’unicotipodi lavorochesipuòfare quidev’essere connessoalla demonologia?” “Un’idea assolutamente deliziosa.” Guardaifuorinel corridoioper accertarmichePine nonfosseneiparaggie mormorai:“Leicrede davverochepotrebbe esserciqualcosadi vero?”. “Chedirittohodi pensarla diversamente?Leipuò provarmicheildiavolo nonesiste?” “Be’,volevodire... Peramordelcielo, nessunapersona istruitacredeche...” Bam!Ilsuobastone siabbattésullamia scrivaniaaformadi rene.“Finchénon avremoprovatoche nonesiste,ildiavoloè realecomequesta scrivania.” “Sissignore.” “Nonsivergognidel suolavoro,ragazzo!In ciòchesifaquic’è tantasperanzaperil mondoquantacen’èin tuttoquellochesifain ognilaboratoriodi ricerchesull’atomo. ‘Abbiatefiducianel demonio,’dicoio,enoi continueremoa crederglifinchénon avremoragionipiù validediquelleche abbiamopernon credergli.Questaèla scienza!” “Sissignore.” Eviacheseneandò, lungoilcorridoio,a scuotereglialtri,epoi sualsecondopianoa scegliereillaboratorio, eadireagli imbianchinidi spicciarsi,perchétutto dovevaesserepronto perilgiornodopo. Loseguiialpianodi sopracolmodulodella domandadilavoro. “Signore,”dissi,“le spiacecompilarlo,per favore?” Luilopresesenza guardarloeseloficcò nellatascadella giacca,cheeragonfia comeunabisaccia– notai–didocumenti gualcitidiognigenere. Noncompilòmaila domanda,macolsuo semplicetrasferimento creòunincubo amministrativo. “Dunque,signore, perilsalario,”dissi, “quantovorrebbe?” Scartòcon impazienzala domanda.“Sono venutoafarericerca, nonatenerela contabilità.” Unannodopovenne pubblicatalaPrima RelazioneAnnualedel PineInstitute.Il principalerisultato sembravaessere questo:cheseimilioni didollaridiPineerano statirimessiin circolazione.Lastampa delmondooccidentale scrissecheeraillibro piùcomicodell’anno,e riprodussealcunibrani chelodimostravano. Lastampacomunistalo definìillibropiù lugubredell’anno,e dedicòarticolisu articoliallastoriadel miliardarioamericano chestavacercandodi stabilireuncontatto direttocoldiavoloallo scopodiaumentarei suoiprofitti. IldottorTarbell rimaseimpassibile. “Siamoarrivatiallo stessopuntoincuiun tempoeralafisica rispettoallastruttura dell’atomo,”disse allegramente. “Abbiamodelleidee chepiùcheideesono materiadifede.Forse sonoridicole,maridere sarebbedaignoranti,e nonscientifico,finché nonavremoavutoil tempodimetterlealla prova.” Sperdutetrale pagineepaginedi sciocchezzedella Relazionec’eranotre ipotesisuggeritedal dottorTarbell. Cheildiavolo,poiché lamalattiamentalein molticasivenivacurata conl’elettrochoc, potessetrovare sgradevolel’elettricità; chealdiavolo,poiché inmolticasimeno gravilamalattia mentalevenivacurata conlunghediscussioni sulpassatodel paziente,potessero ripugnaregli interminabilidiscorsi sullasessualitàe sull’infanzia;cheil diavolo,seesisteva, apparentementesi impossessavadella genteconunaforza misurabileinvari gradi;chedaalcuni pazientipotevaessere scacciatoconleparole, chedaaltripoteva esserescacciatocon l’elettricità,echein altricasiancoranon potevaesserescacciato senzacheilpaziente morissedurante l’operazione. Eropresentequando ungiornalista intervistòTarbellsu questeipotesi.“Sta scherzando?”disseil reporter. “Seintendedireche presentoquesteidee scherzosamente,sì.” “Allorapensache sonocavolate?” “Stiaattaccatoalla parola‘scherzo,’”disse ildottorTarbell.“Ese studieràlastoriadella scienza,miocaro ragazzo,credoche troveràchelamaggior partedelleidee veramentegrandisono scaturitedaunmodo intelligentedi scherzare.Tuttala burberaesussiegosa concentrazione successivainrealtà nonèaltrocheun mododimettereunpo’ d’ordineaimargini dellegrandiidee.” Mailmondo preferivalaparola “cavolate”.Ecolpassar deltempoleridicole storiediVerdigris cominciaronoaessere corredatedaimmagini altrettantoridicole. Unaeradiunuomo conunacuffiache, facendoglipassareuna piccolacorrente elettricanellatesta, avrebbedovuto trasformarloinun postoscomodoperil diavolo.Dicevanoche lacorrenteera impercettibile,maio provaiunadellecuffie escopriichela sensazioneera estremamente sgradevole.Unaltro esperimentofotogeno, ricordo,concerneva unapersona lievementesquilibrata cheparlavadelproprio passatomentreera sottounagrande campanadivetro:in quelmodosisperava chelacampanapotesse catturarequalche individuabilesostanza deldemonio,chein teoriavenivaespulso pezzoapezzo.Evia dicendocontuttele immaginipossibili, ciascunadellequali sembravapiùassurdae costosadell’altra. Epoivennequella cheiochiamai l’OperazioneTanadel Topo.Acausadella qualePinefucostretto acontrollareilproprio contoinbancaperla primavoltaintanti anni.Eciòchevidelo spinseafarenuove prospezionipertrovare altrigiacimenti petroliferi.Poichéle spesesarebberostate spaventose,iomi opposiall’iniziativa.Ma ildottorTarbell, scartandolemie obiezioni,convinse Pinechel’unicomodo perverificareleteorie suldiavoloerala sperimentazionecon ungrupponumerosodi persone.L’Operazione TanadelTopo,dunque, fuuntentativodi sdemonizzarelecontee diNowata,Craig, Ottawa,Delaware, Adair,Cherokee, WagonereRogers. Comecontroprova,la conteadiMayes,in mezzoallealtre, dovevaesserelasciata senzaprotezione. Nelleprimequattro conteefurono distribuite97.000 cuffie,cheaifini dell’esperimento dovevanoessere portategiornoenotte. Nelleultimequattro furonoistituitidei centridovelepersone dovevanorecarsi almenoduevoltela settimanaavuotareil saccosulloropassato. Passailadirezionedi questicentriaun assistente.Non sopportavoqueiposti, dovel’ariaerasempre impregnatadi autocommiserazionee dellelamentelepiù noiosechesipotessero immaginare. Treannidopoil dottorTarbell consegnòaJessieL. Pineunrapporto confidenzialesullo statodiavanzamento degliesperimenti,epoi furicoverato all’ospedaleconun esaurimentonervoso. Avevadettocheil rapportoera provvisorioedesortato Pineanonmostrarloa nessunofinchénonsi fosserofattialtrilavori, moltialtrilavori. Fudunqueuna terribilesorpresa quandoTarbell, ascoltandolaradio nellasuacamera all’ospedale,sentìun annunciatore presentarePinesuun networknazionale,e sentìPinedire,dopoun preamboloincoerente: “Nonc’èstatauna personapossedutadal demonionelleotto conteechestiamo proteggendo.Molticasi vecchi,manessuno nuovo,trannecinque chenonhannorisposto alledomandee diciassettechehanno lasciatoesaurirele batterie.Intanto, proprioinmezzo, abbiamolasciatoche gliabitantidellacontea diMayessi difendesserodasoli megliochepotevano,e quellisonoandati puntualmente all’inferno... “Ilproblemadi questomondoèedè semprestatoil diavolo,”conclusePine. “Be’,loabbiamo espulsodall’Oklahoma nordorientale,tranne laconteadiMayes,eio credocheriusciremoa scacciarloanchedalà, eacancellarlodalla facciadellaterra.La Bibbiadicecheun giornocisaràuna grandebattagliatrail BeneeilMale.Seè vicinacomecredoio, alloraèquesta.” “Quelvecchio imbecille!”gridò Tarbell.“MioDio,ora chesuccederà?” Pinenonavrebbe potutoscegliereun momentostorico migliore,sevolevache ilsuoannuncio scatenassereazioni esplosive.Consideratei tempichestavamo attraversando:il mondo,comeper qualchemalevola magia,erastatodiviso induemetàostili,ed erainiziataunaseriedi mosseecontromosse chepotevanosolo– cosìpareva–finirein undisastro.Nessuno sapevacosafare. Sembravacheil destinodell’umanità fossesfuggitoal controllodegliesseri umani.Ognigiorno traboccavadi un’impotenza disperata,edinotizie piùbruttediquelledel giornoprima. Inquelmomentoda Verdigris,Oklahoma, arrivòl’annunciocheil veroproblemaerache ildiavolosiaggirava liberamentesullaterra. Econquestoannuncio arrivòl’offertadi provarloelaproposta diunasoluzione! Ilsospirodisollievo chesialzòdalpianeta dev’esserestatoudito nellealtregalassie.Il problemanoneranoi russiogliamericanioi cinesiogliinglesiogli scienziatioigeneralio ifinanzieriogliuomini politicio,sialodato Iddio,gliesseriumani diognipartedelglobo, poverini.Lagenteera aposto,sveglia, dignitosaeinnocente, ederaildiavoloche facevainacidireleloro generoseiniziative. L’amorpropriodiogni essereumanosi moltiplicòpermillee nessuno,tranneil diavolo,perselafaccia. Uominipoliticidi tuttiipaesisi precipitaronoai microfoniper dichiararecheerano controildiavolo.Gli editorialidiogni giornalepreserola stessaintrepida posizione:controil diavolo.Nessunoeraa favore. AlleNazioniUnite,le piccoleapprovarono unarisoluzioneche esortavalegrandia prendersipermano,da quellefiglieaffettuose cheinfondoerano veramente,eacacciar viapersempredalla terraildiavolo,illoro uniconemico. Perparecchimesi, dopol’annunciodi Pine,fuquasi necessariobollireuna nonnaafuocolentoo impazzareconuna scureinunorfanotrofio peravereunpo’di spazionellaprima paginadiungiornale. Tuttelenotizie riguardavano Armageddon.Uomini cheavevanodivertitoi lorolettoricon stravaganticronache delleattivitàdi Verdigrisdiventarono, dallaseraallamattina, giudiziosispecialistiin materiecomeigong diabolicibratpuhriani, l’efficaciadellecroci sullesuoledelle scarpe,lamessanerae folkloresimilare.Come aNatale,leposte furonosubissatedi lettereall’ONU,a funzionaridelgoverno ealPineInstitute. Quasitutti, evidentemente, avevanosempresaputo cheildiavoloerail problemadiognicosa. Moltidicevanodi averlovisto,equasi tuttiavevanodelleidee piuttostobuoneper disfarsidilui. Quelliche giudicavanotuttala faccendaunafolliasi trovarononellastessa posizionediun assicuratoresullavita aunafestadi compleanno,eperla maggiorpartesi strinseronellespallee tennerolabocca chiusa.Quellichenon tenevanolabocca chiusanonerano comunquepresiin considerazione. Traidubbiosic’erail dottorGormanTarbell. “Santocielo,”diceva tristemente,“non sappiamocos’abbiamo dimostratoconinostri esperimenti.Eranosolo uninizio.Ètroppo prestoperdirese stiamofacendoun lavorosuldiavoloono. OraPineconquesto casinohafattocredere atuttichebasterà accendereunpaiodi macchinenuoveperché laterraridiventiun paradiso.”Nessunolo ascoltò. Pine,checomunque erafallito,cedette l’istitutoalleNazioni Unite,ecosìvenne formatalaCIDNU,la Commissione d’Inchiesta Demonologicadelle NazioniUnite.Ildottor Tarbelleiofummo nominatidelegati americanialla commissione,che tennelaprimariunione aVerdigris.Iofui elettopresidentee, com’eraprevedibile, diventai,acausadel mionome,ilbersaglio dimoltebattutedi cattivogustosulfatto cheerol’uomoideale perquelposto. Fumoltodeprimente perlacommissione essersiaspettati–aver preteso,anzi–tantoda loro,eaverecosìpoche informazionisucui lavorare.Ilmandato cheavevamoricevuto dallapopolazionedella terranoneradi prevenirelamalattia mentale,madi eliminareildemonio.A pocoapoco,tuttavia,e sottoterribilipressioni, buttammogiùun piano,stesoperla maggiorpartedal dottorTarbell. “Nonpossiamo promettereniente,” disselui.“Tuttociòche possiamofareè approfittarediquesta occasionepercondurre esperimentisuscala mondiale.Stiamo lavorandosusemplici ipotesi,dunquenon sarebbemale formularne qualcun’altra. Ipotizziamocheil diavolosiacomeuna malattiaepidemica,e operiamocomeselo fosse.Forse,segli rendiamoimpossibile trovareunposto comodoinognunodi noieinogniluogo, spariràomorirào andràsuqualchealtro pianeta,oquellochefa ildiavolo,seesiste.” Calcolammoche muniredicuffie elettricheogniuomo, donnaebambino sarebbecostatocirca 20.000.000.000di dollari,piùaltri 70.000.000.000di dollaril’annoperle batterie.Tenutoconto deicostidelleguerre moderne,ilprezzoera abbastanzagiusto.Ma scoprimmosubitoche lagentenonera dispostaaspendere tantoperqualcosadi menodiunbel massacroreciproco. Alloralapiùpratica sembròlatecnicadella TorrediBabele. Parlarecostapoco.Di conseguenza,laprima raccomandazionedella CIDNUfudicrearedei centriintuttoilmondo, ediincoraggiarela gentedappertutto,in unmodoonell’altro, ricorrendoametodi coercitivitradizionali comeunabustarella, unabaionettaola pauradella dannazione,arecarsi regolarmenteinquesti centripersgravarsidei problemidell’infanziae dellasessualità. Lereazioniaquesta prima raccomandazione, questosegnoiniziale chelaCIDNUstava davveroaffrontando congrandeefficienzail problemadeldiavolo, rivelaronounacorrente sottomarinadidisagio inquellamareadi entusiasmo.Molti leadersimostrarono esitanti,evaghe obiezionifurono sollevateintermini confusicome“andare controlanostragrande tradizionenazionale perlaqualeinostriavi sisacrificarono risolutamente...”. Nessunofutanto imprudentedavoler sembrareunprotettore deldemonio,mala cautelaraccomandata damoltiesponenti dellealtesfereaveva unaforte rassomiglianzaconla completainazione. Inunprimotempoil dottorTarbellpensò chelareazionefosse dovutaallapaura: pauradelle rappresagliedel diavoloperlaguerra chevolevamofargli. Successivamente,dopo cheebbeavutoil tempodistudiarela composizioneele dichiarazioni dell’opposizione,disse allegramente: “Perbacco,loro credonocheabbiamo unapossibilità.E hannotuttiunagran pauradinonaverela possibilitànemmenodi arrivareafare l’accalappiacani,seil diavolonongira liberamenteinmezzo allapopolazione”. Ma,comedicevo,a noisembravadiavere menodiunapossibilità suuntrilionedi cambiareilmondoin unamisurachenon fosseinfinitesimale. Grazieaunincidentee allacorrente sottomarinadi opposizione,le possibilitàbalzarono benprestoauna controdiecialla quattordicesima. L’incidenteebbe luogopocodopola prima raccomandazionedella commissione. “Qualunqueidiotasa qualèilmodopiù rapidoepiùfaciledi sbarazzarsidel demonio,”sussurròun delegatoamericano all’altrodurante l’assembleagenerale delleNazioniUnite.“È unacosadaniente.Per rimandarloall’inferno bastafarlosaltarein arianelsuoquartier generalealCremlino.” Credevacheil microfonocheaveva davantiallaboccafosse spento,einvecenon avrebbepotuto commettereunerrore piùgrande. Ilsuocommentofu diffusodatuttigli altoparlantie debitamentetradottoin quattordicilingue.La delegazionerussa abbandonòlasalae telegrafòacasa chiedendounareazione adeguata.Dueore dopoeranodiritorno conunadichiarazione: “Conlapresenteil popolodell’Unione delleRepubbliche SocialisteSovietiche ritirailproprio appoggioalla Commissione d’Inchiesta Demonologicadelle NazioniUnite,poiché sitrattadiunaffare internodegliStatiUniti d’America.Gli scienziatirussisono pienamented’accordo conleconclusionidel PineInstitutesulla presenzadeldiavoloin tuttigliStatiUniti. Usandolestesse tecnichesperimentali, questiscienziatinon hannotrovatola minimatracciadi attivitàdiaboliche entroiconfini dell’URSS,edi conseguenzaritengono cheilproblema riguardi esclusivamentegli americani.Ilpopolo dell’URSSauguraal popolodegliStatiUniti d’Americadiriuscire nelladifficileimpresa, perchéalpiùpresto possaessereprontoad appartenereapieno titoloallafamigliadelle nazioniamiche”. InAmerica, l’immediatareazionefu didichiararecheogni sforzodapartedella CIDNUinquestopaese avrebbesignificato un’altravittoria propagandisticaperla Russia.Altrenazioni fecerolostesso, dichiarandosigià sdemonizzate.Eperla CIDNUquestafula fine.Francamente,per mefuunsollievo.La CIDNUcominciavaa diventareun’autentica seccatura. Fulafineanchedel PineInstitute,perché Pineerarimastoin bollettaenonebbe altrasceltache chiuderebottegaa Verdigris.Quandofu annunciatalachiusura, lecentinaiadi ciarlatanichea Verdigrisavevano trovatoricchezzae distensionediedero l’assaltoaimieiuffici,e iomirifugiainel laboratoriodeldottor Tarbell. Quandoentrai,luisi stavaaccendendoun sigaroconunsaldatore rovente.Misalutòcon uninchinoe socchiudendogliocchi nellanuvoladifumo abbassòlosguardoai demonologisfrattati chesiaccalcavanonel cortilesottostante. “Eraorachecene liberassimo,se volevamofar qualcosa.” “Siamostati licenziatianchenoi, sa?” “Ioperoranonho bisognodisoldi,”disse Tarbell.“Hobisognodi elettricità.” “Sispicci,allora... L’ultimoassegnoche hospeditoallaSocietà Elettricaerascoperto comeilsuoculo quandofaladoccia. Cos’èquelcosoacui stalavorando,inogni modo?” Luisaldòuna connessioneaun cilindrodirameche eraaltocircaunmetro eventieavevaun diametrodiunmetroe ottanta,eun coperchio.“Saròil primoexalunnodel MITadattraversarele cascatedelNiagarain unbarile.Credeche possadiventareun mestiere?” “Seriamente.” “Cheragazzo equilibrato.Primami leggaunacosaadalta voce.Quellibrolà... Vedeilsegno?” Illibroeraun classiconelcampo dellamagia,Ilramo d’orodiJamesGeorge Frazer.Loapriidove c’erailsegnoetrovai unbranosottolineato, quellochedescrivela MessadiSaint-Sécaire, cioèlaMessaNera.Lo lessiadaltavoce: “‘LaMessadiSaintSécairepuòessere celebratasoloinuna chiesainrovinao abbandonata,dovele civettechiurlano lugubremente,dovei pipistrellisvolazzano all’imbrunire,dovedi nottesirifugianogli zingariedoveirospise nestannoaccovacciati sottol’altare sconsacrato.Làsireca nottetempoilprete spretato...ealprimo degliundicirintocchi cominciaafarfugliare lamessadallafine,ela concludenelpreciso momentoincuigli orologisuonanola mezzanotte...L’ostia chebenediceènerae hatrepunte;luinon consacrailvino,ma invecebevel’acquadi unpozzoincuièstato gettatounbambino nonbattezzato.Fail segnodellacroce,ma perterraecolpiede sinistro.Efamolte altrecoseallequali nessunbuoncristiano potrebbeassistere senzadiventarecieco, sordoemutoperil restodellapropria esistenza.’Uff!”dissi io. “Dovrebbeattirareil diavolocomel’allarme antincendioattira l’autoscaladei pompieri,”disseil dottorTarbell. “Nonpenserà davveroche funzionerebbe!” Luialzòlespalle. “Noncihoprovato.”A untrattolalucesi spense.“Buonanotte,” sospirò,edeposeil saldatore.“Be’,quinon possiamofarealtro. Andiamoacercareun bambinonon battezzato.” “Nonvuoledirmia chedovrebbeservireil cilindro?” “Balzaagliocchi.È unatrappolaperil diavolo,ovviamente.” “Naturale.”Sorrisi debolmenteefeciun passoindietro.“Ecome escametteràunafetta ditortadeldiavolo?2” “Unadelleprincipali teorieuscitedalPine Institute,ragazzomio, ècheildiavoloèdel tuttoindifferentealla tortadeldiavolo.Però siamosicurichenonè affattoindifferente all’elettricità,ese potessimopagarela bollettadellaluce potremmofarpassare l’elettricitàattraverso leparetieilcoperchio diquestocilindro.Così, tuttoquelloche dobbiamofare,appena ildiavoloèdentro,è girarel’interruttore,e inquestomodo l’abbiamoinpugno. Forse.Chissà.Chiè maistatotantopazzo daprovarci?Maprima, comedicelaricetta dellospezzatinodi coniglio,prendeteil coniglio.” Avevosperatodi vedereperunpo’la finedellademonologia, enonvedevol’oradi passareadaltrecose. Malatenaciadel dottorTarbellmi indussearestarecon lui,pervederedovei suoi“scherzi intelligenti”ci avrebberoportatola prossimavolta. Eseisettimanedopo ildottorTarbelleio, tirandocidietroil cilindrodirameche avevamocaricatosuun carrettoesrotolando delfilodaunrocchetto chetenevosulla schiena,scendemmo congrandecautela,di notte,finoalfondo dellaMohawkValley, dadovesivedevanole lucidiSchenectady. Tranoieilfiume,in cuilalunapienasi specchiava abbacinandoci,c’era untrattoabbandonato delvecchiocanale navigabileErie,ormai inutile,sostituitoda canalidragatinel fiume,pienodi un’acquastagnantee salmastra.Sulla spondac’eranole fondamentadiun vecchioalbergocheun tempoeraservitoagli equipaggidellechiatte eaiviaggiatorisuquel corsod’acquaormai dimenticato. Eoltrealle fondamentac’erala strutturaligneadiuna chiesascoperchiata. Ilvecchiocampanile sistagliavasullosfondo delcielonotturno, risoluto,indomabile,in unaparrocchiadi spettriedirovine. Quandoentrammo nellachiesa,un rimorchiatoreche trainavadellechiattea montedelfiumesuonò lasirena,elavoce arrivòfinoanoi, echeggiandoattraverso l’architetturadella valle,funereaegrave. Unacivettaemiseil suogrido,eun pipistrellocifrullò sopralatesta.Ildottor Tarbellfecerotolareil cilindrofinoaunpunto davantiall’altare.Io collegaiaun interruttoreifiliche avevosteso,econaltri cinqueoseimetridi filocollegai l’interruttoreal cilindro.L’altrocapo delfiloeraconnessoai circuitidiunacasa colonicasulfianco dellacollina. “Cheoresono?” mormoròildottor Tarbell. “Leundicimeno cinque.” “Bene,”disse debolmentelui. Avevamotutt’edueuna fifablu.“Orasenta,io credochenon succederàproprio niente,mase succedesse–intendo direanoi–holasciato unaletteranellacasa colonica.” “Allorasiamoin due,”dissiio.Lopresi perunbraccio. “Senta...Ese sospendessimotutto?” gliproposi.“Seil diavoloesiste veramenteenoi continuiamoacercare dimetterloconle spallealmuro, sicuramentesela prenderàconnoi...Ed èimpossibile prevederecosafarà!” “Leinonètenutoa restare,”disseTarbell. “L’interruttoreposso girarloio,immagino.” “Èdecisoadandare finoinfondo?” “Anchesesono terrorizzato,”disse. Mandaiunsospirone. “Vabene.Diol’aiuti. Gireròio l’interruttore.” “Okay,”disselui,con unpallidosorriso,“si mettalacuffia protettiva,eandiamo.” Lecampane dell’orologiodel campaniledi Schenectady cominciaronoabattere leundici. IldottorTarbell deglutì,siavvicinò all’altare,scostòun rospoconlamanoe diedeinizioalla raccapricciante cerimonia. Avevapassato settimanealeggeree provarelasuaparte, mentreioandavoin cercadiunposto adattoedelsinistro materialenecessario. Nonavevotrovatoun pozzoincuifossestato gettatounbambino nonbattezzato,ma avevotrovatoaltri articolidellostesso genereche sembravano abbastanzaorribiliper esseredei soddisfacentisurrogati agliocchideldiavolo piùdepravato. Ora,innomedella scienzaedell’umanità, ildottorTarbellmise tuttal’animanella celebrazionedella MessadiSaint-Sécaire, facendo,con un’espressione inorriditasullafaccia, ciòchenessunbuon cristianoavrebbe potutovederesenza diventarecieco,sordo emuto. Inunmodoo nell’altroiosopravvissi contuttiisensiintatti, emandaiunsospirodi sollievoquando l’orologiodi Schenectadybattéle dodici. “Mostrati,Satana!” urlòildottorTarbell mentreecheggiavanoi rintocchi.“Ascoltai tuoiservi,Signore dellaNotte,e mostrati!” L’orologiobatté l’ultimodeidodici colpi,eildottorTarbell siafflosciòcontro l’altare,esausto.Si rialzòdopounattimo, alzòlespalleesorrise. “Chediavolo,”disse, “nonsisamai,finché nonhaiprovato.”Si tolselacuffia. Iopresiun cacciavite, preparandomia staccareifili.“Econ questo,speriamo,la CIDNUeilPine Institutesono liquidati,”dissi. “Be’,iohoancora qualcheidea,”disseil dottorTarbell.Epoisi miseaurlare. Alzandolosguardolo vidi,congliocchi sbarrati, un’espressione maligna,etutto tremante.Cercavadi direqualcosa,madalla golagliuscìsoloun gorgogliostrozzato. Poiebbeiniziola lottapiùfantasticacui unuomoassisteràmai. Dozzinediartistihanno cercatodi rappresentarla;ma nessuno,perquanto dipingaildottor Tarbellcongliocchi fuoridalleorbite,rosso infacciaeconi muscolicomecorde annodate,saràmai capacediesprimere altrocheinmisura infinitesimalel’eroismo diArmageddon. Tarbellcaddein ginocchioe,come lottandocontrocatene strettedaungigante, cominciòastrisciare centimetroper centimetroversoil cilindrodirame.Isuoi indumentieranozuppi disudore,eluiriusciva soloadansimareea grugnire.Piùvolte, mentresifermavaper riprenderfiato,fu tiratoindietrodaforze invisibili.Allora tornavaamettersiin ginocchio,epalmoa palmoriguadagnava faticosamenteil terrenoperduto. Finalmente raggiunseilcilindro,si alzòinpiediconuno sforzoerculeo,come sollevandounpeso immane,esilasciò caderedentro.Lo sentiiscivolarecontro l’isolamentointerno, mentreilsuorespiro rimbombava, amplificatodalcilindro. Erosbalordito,non riuscivonéacredere néacapireciòche avevovisto,enon sapevochefare. “Adesso!”gridòil dottorTarbell dall’internodel cilindro.Lasuamano apparveperunattimo echiuseilcoperchio, poiancoraunavoltalui gridò,conunavoce fiocachesembrava veniredalontano: “Adesso”. Alloracapii,e cominciaiatremare,e fuisommersoda un’ondatadinausea. Capiicosavolevache facessi,cosamistava chiedendoconl’ultimo frammentodell’anima cheildiavologlistava consumando. Perciòchiusiil coperchiodall’esterno egirail’interruttore. Graziealcielo, Schenectadyeravicina. Telefonaiaun professoredi ingegneriaelettrica delloUnionCollege,e inmenoditrequarti d’oraluiideòeinstallò unacamera d’equilibriodifortuna attraversolaqualesi potevarifornireil dottorTarbelld’aria, d’acquaecibo,mache tenevasemprein funzioneunabarriera elettrificataaprovadi diavolotraluie l’esterno. Certo,l’aspettopiù straziantedellatragica vittoriasuldemonioèil deterioramentodella mentedeldottor Tarbell.Nullaèrimasto diquellosplendido strumento.C’èinvece qualcosacheusalasua voceeilsuocorpo,che blandiscegli interlocutoriecercadi conquistarelaloro simpatia,elalibertà, urlando,traaltre perfidebugie,che Tarbellèstato scaraventatonel cilindrodame.Semiè concessodirlo,lamia partenonèstatasenza penaesacrificio. Poichél’affare Tarbell,ahimé,è controverso,epoiché, perragioni propagandistiche,il nostropaesenonpuò ammettere ufficialmentecheil diavoloèstato catturatoqui,la Fondazioneperla DifesadiTarbellnon godedisussidi governativi.Lespese perlamanutenzione dellatrappola antidiavoloeperil mantenimentodelsuo contenutosonostate sostenutedadonazioni dipersoneanimateda sensocivicocomevoi. Lespeseei preventividispesa dellaFondazionesono estremamentemodesti semessiaconfronto conivantaggi conseguitidatutta l’umanità.Quantoalle miglioriedell’impianto, nonabbiamofattonulla piùdellostretto necessario.Lachiesaè statacoperta,dipinta, isolataecircondatada unarecinzione,letravi marcesonostate sostituite,evisono statiinstallatiun impiantodi riscaldamentoeun generatoreausiliario. Ammettereteche questecoseerano indispensabili. Tuttavia,nonostantei limitifissatiallenostre spese,laFondazione trovacheilsuotesoro ègravementeintaccato daglieffetti dell’inflazione.Laparte cheavevamo accantonatoper piccolemigliorieè stataassorbitadalla puraesemplice manutenzione.La Fondazioneimpiega unostaffridottoal minimoditreguardiani retribuitichelavorando intreturnidiottoore dannodamangiareal dottorTarbell,tengono abadaicercatoridi emozioniecuranola manutenzione dell’impiantoelettrico, cheèdivitale importanza.Questo personalenonpuò essereridottosenza correreilrischiochela vittoriadiArmageddon possadiventareuna sconfittainunsolo istantedi disattenzione, producendoundisastro irreparabile.Idirigenti dellaFondazione,me compreso,prestano serviziononretribuito. Poichéoltrealcosto dellamanutenzione sonoaumentatele necessità,dobbiamo cercarenuoviamici. Eccolaragionepercui viscrivo.L’alloggiodel dottorTarbellèstato ingranditodopoquei primimesidaincubo nelcilindro,eora comprendeunacamera isolataconleparetidi ramelargatremetrie altaquasidue.Ma questa,ammetterete,è unabenmisera abitazioneperciòche restadeldottor Tarbell.Nutriamola speranzadipoter ampliareilsuo alloggio,graziealla vostragenerosità,fino acomprendereun piccolostudio,una cameradalettoeun bagno.Eleultime ricercheindicanoche esistelasperanzadi costruirgliunafinestra panoramica elettricamente protetta,ancheseil costosaràelevato. Maqualunquesiail costo,nessunodei sacrificichepotremo fareèparagonabilea ciòcheildottorTarbell hafattopernoi.Esei contributideinuovi amicicomevoisaranno abbastanzagrandi,noi speriamo,nonsoltanto diampliarel’abitazione deldottorTarbell,ma anchedipotergli erigereunmonumento adeguatodavantialla chiesa,conlesue sembianzeeleparole immortalichescrisse inunaletteraqualche oraprimadivincereil demonio: “Sestanotteavrò avutosuccesso,il demoniononsaràpiù tragliuomini.Non possofaredipiù.Ora, sealtrilibererannola terradallavanità, dall’ignoranzaedal bisogno,l’umanità potràvivereper semprefelicee contenta.Dr.Gorman Tarbell”. Ilpiùpiccolo contributosaràil benvenuto. Distintisaluti, Dr.LuciferJ.Mephisto Presidentedel Consigliodi Amministrazione 1 Continuamente ricordatonelmondo anglosassone,quasi completamenteignoratoda noi,Armageddonè,nella Bibbia,illuogodell’ultima battagliatrailBeneeil Male,enellasuaaccezione piùestesaindicalastessa Apocalisse.[N.d.T.] 2 Devil’sfoodcake,tipico dolceamericanoabasedi cacao,pannaeuova. [N.d.T.] Confetti#8,courtesyKurt Vonnegut&Origami ExpressLLC. INDICE IntroduzionediMark Vonnegut Da:SoldatosceltoK. Vonnegutjr., 12102964Esercito degliStatiUniti KurtVonneguta ClowesHall, Indianapolis, 27aprile2007 Datuttelestradesi alzerannolamenti GranGiorno Cannoniprimadel burro Buoncompleanno, 1951 Suconlavita Latrappola dell’unicorno Militeignoto Spoglie Solotueio,Sammy Lascrivaniadel comandante Ricordando l’Apocalisse