FO RO MANO 2 R O NOTIZIARIO DEL CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA MARZO - APRILE ANNO 2007 SOMMARIO EDITORIALE Una scelta sofferta 203 "Bancarotta" della Finanziaria 205 IL FATTO I due DDL esaminati dal Governo proposti dal Ministro Mastella 207 L'allarme per la situazione economica del Ministero della Giustizia 209 Sulla riforma dell'Ordinamento professionale 211 ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Le adunanze 213 241 ERRATA-CORRIGE ALBO AVVOCATI ED. 2007 242 COMMISSIONI CONVEGNI 246 IL NOSTRO MONDO Adunanza del 1° marzo 2007 339 L'abrogazione del divieto di svolgere pubblicità informativa da parte degli avvocati 340 Simposio gastronomico "De gustibus disputandum est...Ars Coquinaria Iuridica" 349 Tra toghe, swing e diritto "BMW Roma - Challenge tour golf forense" 351 "BMW Roma - 1° trofeo di bridge forense" 353 Allegato all'intervento del Procuratore Generale nell'Assemblea Generale della Corte di Appello di Roma 354 Il danno da non ragionevole durata del processo, l'equa riparazione. Aspetti ed evoluzione giurisprudenziale della c.d.: Legge Pinto 365 Nasce la Camera Arbitrale dell'Ordine degli Avvocati di Roma 372 NECROLOGI In ricordo di Carlo Fornario 374 Discorso in occasione della commemorazione dell'Avv. Gabriella Niccolaj 375 FORO ROMANO ANNO LVIII Direttore Responsabile Alessandro Cassiani Redattore Giovanni Cipollone Segretario di Redazione Piero Paris Stampa Centro Poligrafico Romano Via Dorando Petri, 20 00011 - Bagni di Tivoli Redazione Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma Palazzo di Giustizia Piazza Cavour 00193 - Roma Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 1866 dell’11.12.1950 Tutti gli iscritti all’Ordine possono collaborare al Notiziario “Foro Romano” con articoli su problemi di interesse generale. La Direzione si riserva la facoltà di non pubblicare gli articoli che pervengono. I dattiloscritti non vengono restituiti. COMUNICAZIONI E NOTIZIE PARERI DEONTOLOGICI EXTRAVAGANTES Sul calendario romano Habemus statutum PHILOGHELOS RAPPORTI INTERNAZIONALI SEGNALAZIONI E RECENSIONI CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Riforma delle professioni BILANCIO Assemblea Ordinaria del 26 aprile 2007 AGGIORNAMENTO ALBO 387 395 413 415 420 421 424 427 427 516 555 EDITORIALE Una scelta sofferta Cari Colleghi, il Consiglio mi ha eletto all’unanimità rappresentante del Distretto al Consiglio Nazionale Forense. Come potete immaginare la cosa mi ha fatto molto piacere. Ho ritenuto un grande onore far parte della Istituzione che si pone ai vertici del Sistema Ordinistico. Ho pensato che questo fosse il completamento migliore di un lungo percorso al servizio dell’Avvocatura e nello stesso tempo l’inizio di un’esperienza meno conflittuale e più caratterizzata dall’approfondimento dei grandi temi che interessano la nostra Professione. Per la prima volta, dopo tanti anni, ho assaporato il piacere della Famiglia e l’importanza del rapporto con i clienti. Questa condizione di ritrovata serenità è durata ben poco. Sono stato immediatamente assalito da un vago disagio che di giorno in giorno ha assunto le proporzioni di un vero e proprio senso di colpa. Mi sono sorpreso più volte a meditare sulla opportunità della scelta e sono stato preso dal dubbio che fosse troppo comodo abbandonare la prima linea e gli Amici che mi hanno validamente sostenuto in tante battaglie. Da qui, un conflitto interiore che ha tormentato le mie notti e mi ha accompagnato fino al momento in cui ho deciso di scriverVi queste poche righe. E’ difficile sintetizzare le ragioni contrastanti tra le quali mi sono dibattuto. Da una parte ho pensato che nessuno (e tanto meno io!) può considerarsi insostituibile. Dall’altra, ho temuto che il venir meno degli attuali equilibri potesse incidere sui radicali cambiamenti che hanno caratterizzato la mia presidenza e sulla necessità portare avanti i progetti che hanno preso l’avvio in occasione del Congresso Nazionale Forense e che attendono ancora di essere realizzati. Ho concluso che per me non è ancora arrivato il momento del “meritato riposo” e che l’allettante soluzione di andare al CNF è incompatibile con l’impegno assunto nei Vostri confronti e con il senso del dovere che fin’ora ha caratterizzato ogni mia iniziativa. Sollecitato da molti di Voi, oltre che da alcuni Consiglieri, ho scelto di restare al mio posto e di continuare a dedicare ogni attimo delle mie giornate al servizio di un’Avvocatura alla quale qualcuno avrebbe deciso di scippare Dignità, Libertà, e Avvenire. Spero che questa mia decisione, sofferta e consapevole, venga condivisa dalla FORO ROMANO 2/2007 203 EDITORIALE maggior parte di Voi. Vi aspetto in Consiglio per far tesoro dei Vostri suggerimenti e soprattutto dei Vostri rilievi. In attesa, Vi abbraccio con l’affetto di sempre. Vostro Alessandro Cassiani Spett.le Spett.le Ministero della Giustizia Consiglio Nazionale Forense Dipartimento per gli Affari di Giustizia Via Arenula, n. 70 Direzione Generale della Giustizia Civile 186 ROMA Ufficio III - Libero Professioni fax 06.68897460 Via Arenula, n. 70 00186 ROMA fax 06/68897350 anticipata via fax./a.r. anticipata via fax./a.r. Oggetto: Dichiarazione ex art. 13 D.Lgs. Lgt. 23/11/1944 n. 382 Il Consiglio dell’Ordine di Roma, del quale sono l’attuale Presidente mi ha designato all’unanimità quale rappresentante del Distretto al Consiglio Nazionale Forense. A tale designazione ha fatto poi seguito in data 18.06.2007 la proclamazione da parte della Commissione nominata ai sensi dell’art. 11 del Dll. 23/11/94 n. 382. Quanto sopra è stata per me ragione di grande e comprensibile soddisfazione. L’elezione al Consiglio Nazionale Forense sarebbe infatti un grande onore e nello stesso tempo il coronamento di un lungo percorso al servizio dell’Avvocatura. Ragioni contingenti che riguardano tra l’altro la necessità di portare avanti iniziative e programmi ben lontani dall’essere realizzati, mi consigliano di rinunciare al miraggio di un approdo prestigioso quale è certamente il Consiglio Nazionale Forense. Comunico quindi la mia sofferta decisione di rinunciare alla nomina quale consigliere del Consiglio Nazionale Forense. Colgo l’occasione per porgere il mio più sentito ossequio. Roma, 27 giugno 2007 Avv. Alessandro Cassiani 204 FORO ROMANO 2/2007 EDITORIALE “Bancarotta” della Finanziaria Giovanni Cipollone La situazione è aberrante e paradossale. Si apprende, sfogliando alcuni quotidiani, che le risorse economiche, certamente mal distribuite nel nostro paese, non consentono di fornire in misura adeguata il carburante ai mezzi di Polizia. Il Ministero dell’Interno ha fatto sapere che, per l’acquisto del carburante, sono state gia impiegate tutte le risorse finanziarie del 2007. Esiste il rischio che rimangano all’asciutto auto, elicotteri, aerei leggeri e altri mezzi, con seria compromissione del servizi della Polstrada e delle “volanti”. Inoltre, verranno a mancare gli indispensabili servizi di pattugliamento, di pronto intervento e anti-sommossa. Un anno fa, nel giugno 2006, giunse al nostro Consiglio una richiesta del Presidente del Tribunale di Roma il quale chiedeva il nostro aiuto economico per l’acquisto di risme di carta da destinare alle fotocopiatrici degli Uffici Giudiziari, in quanto il Ministero di Giustizia aveva sospeso la fornitura. In caso contrario, mancando i fondi ministeriali, tutta l’attività giudiziaria (ricezione sentenze, pubblicazione ordinanze, stampa dei verbali di udienza e quant’altro) si sarebbe arrestata. Il nostro Consiglio all’unanimità decise di venire incontro alla inaspettata richiesta e, con delibera del 22 giugno 2006 concesse il “grazioso” prestito di 25.000,00 euro. Tutti pero devono sapere che la nostra munificenza non ebbe come motivazione l’intendimento di agevolare l’espletamento della operosa attività forense, bensì costituì il compimento di un dovere morale nei confronti dello Stato in difficoltà. Ai tempi dell’ateniese Pisistrato (che tra l’altro era un tiranno), si esigeva dal cittadino la ventesima parte dei suoi proventi. Ora, facendo dovuti calcoli, tra imposte, tasse balzelli vari; si impone al cittadino di versare nelle casse dello Stato. circa l’ottanta per cento dei propri proventi. E’ triste dover constatare che all’arricchimento dello Stato, cui corrisponde un depauperamento dei singoli cittadini, non consegue il benessere per nessuno. Se il ruolo dello Stato e quello di ridistribuire le risorse per il bene di tutti, nel rispetto dei principi di giustizia e solidarietà, si deve convenire che si e di fronte ad una profonda crisi sociale ed economica e ad una rovinosa FORO ROMANO 2/2007 205 EDITORIALE bancarotta finanziaria. Ogni tanto, tra lo sbandamento generale e nella previsione di catastrofiche conseguenze economiche, spunta un “tesoretto” sul quale si acuisce la lotta delle diverse categorie sociali che rivendicano i loro diritti calpestati da tante ingiustizie, nel tentativo di ottenere almeno le briciole.... Nello inasprirsi degli antagonismi, il contrasto tra coloro che dimostrano di essere ciechi e sordi alle legittime esigenze del tessuto sociale e i pochi che denunciano le sperequazioni e le ingiustizie, non ha raggiunto suo acme. Forse, la lotta tra “i molti” e “i pochi” deve ancora incominciare. Ai nostri politici voglio ricordare un concetto di grande attualità, espresso da Sofocle nell’ “Antigone” (versi 175 - 177): “non c’e modo di conoscere di ogni uomo lo spirito, la saggezza e l’intelletto, finche non sia messo alla prova come governante o come legislatore”. 206 FORO ROMANO 2/2007 IL FATTO I due DDL esaminati dal Governo proposti dal Ministro Mastella Ha fatto scalpore, e se ne è discusso tantissimo tra i tecnici ed i professionisti del diritto riguardo la cosiddetta “ricetta Mastella” per l’accellerazione della giustizia. Cinque anni per chiudere un giudizio civile e tre per quello penale. Calendario del processo per il primo ed udienza di programma per il secondo. Questi sono in sintesi i requisiti indicati dal Ministro per tentare di risolvere il “dramma” giustizia. Ci sono tante novità proposte tutte che dovrebbero – apparentemente - dare un senso al principio costituzionale della ragionevole durata dei processi. Nel processo civile, le controversie su incidenti stradali non saranno più assoggettate al rito di lavoro; il rito societario (come riformato dal centro-destra) diventa un’opzione per le controversie in materia commerciale. Previsioni di termini di fase (per condensare in tre gradi di giudizio in 5 anni) e di un calendario del processo. E altro ancora. Questo in pura teoria chissà cosa sarà in pratica. Il pacchetto di misure urgenti per l’accelerazione dei processi messo a punto dal Ministro della Giustizia Clemente Mastella è pronto. I due ddl sono stati all’esame del Consiglio dei Ministri e sono in attesa delle opportune osservazioni. Tanti, tantissimi i temi e gli argomenti in discussione: c’è chi dice che il progetto è affascinante e condivisibile, c’è chi lo stronca drasticamente aggettivandolo come inattuabile, atecnico ed impossibile da realizzare. Da parte del Ministro si è spiegato che l’intervento sul processo civile non vuole essere “l’ennesima riforma del processo civile” ma si vorrebbe introdurre alcune importanti modifiche al codice di rito. Fra le principali, l’aumento della competenza per valore di giudizi di pace (a 10 mila euro per le cause su beni mobile e 50 mila per le cause da circolazione stradale) e nuove regole in materia di competenza. Alle parti del processo si chiede di non indulgere in inutili dilazioni e di rispettare il principio di leale collaborazione: dunque le parti dovranno chiarire le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione pena l’accertamento della responsabilità processuale aggravata. L’inattività delle parti, come la mancata comparizione alla prima udienza, genererà la cancellazione della causa dal ruolo. Il giudice avrà maggiori poteri di conciliazione perché dovrà proporre alle parti una soluzione in concreto e sarà penalizzata la parte che non avrà accettato la proposta. Appare mutuato dal sistema francese l’arrivo del calendario del processo per predeterminare le cadenze temporali delle udienze. Le parti vi si devono attenere a meno che non accampino gravi e giustificati motivi. Così come il giudice che non riesca a rispettarlo dovrà darne conto al capo dell’ufficio. Saranno semplificate le consulenze tecniche di ufficio ed ammessa la prova testimoniale delegata (per iscritto). Il ricorso d’appello dovrà contenere l’indicazione specifica dei motivi FORO ROMANO 2/2007 207 IL FATTO per i quali si impugna il provvedimento. Il testo introduce un procedimento sommario non cautelare ante causam finalizzato all’emanazione di un provvedimento immediatamente esecutivo che conserva efficacia nel caso in cui il giudizio di merito non venga iniziato oppure sia estinto. E’, poi, prevista una norma in base alla quale, per garantire l’adempimento degli obblighi di fare infungibile o non fare, la sentenza di condanna contenga anche la determinazione di una somma che spetta al creditore per ogni violazione successiva alla pronuncia. Vi è poi un intervento del Ministro anche sulla riforma attuata da precedente governo, che peraltro ha scatenato vibranti polemiche, ovvero dietro front sull’applicazione del rito del lavoro alle controversie relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali. In ultimo per quanto riguarda la materia societaria è stato proposto che: “al fine di consentire alle parti di scegliere il modello di cognizione più duttile in relazione alle circostanze del caso concreto si è previsto che le controversie in materia societaria, bancaria e creditizia, si svolgano secondo le regole del rito societario solo se vi sia il consenso di tutte le parti”. Altro argomento ed altro ambito che ha suscitato discussioni a non finire. Le nuove regole – laddove tutto si dovesse perfezionare - si applicherebbero solo ai processi instaurati dopo la loro entrata in vigore (non per l’appello), che sarebbe fissata al 1 gennaio 2008. Questa è la situazione alla fine del mese di maggio, staremo a vedere cosa succederà. Antonio Conte 208 FORO ROMANO 2/2007 IL FATTO L’allarme per la situazione economica del Ministero della Giustizia Una notizia ha colpito “addetti ai lavori e non” nelle ultime settimane sulla stampa. E’ quella che riguarda il Ministero della Giustizia, che ha accumulato “debiti” per circa 264 milioni di euro tanto che, nel solo 2005, ha subito pignoramenti per oltre 14.700.000 euro!!! Uno degli aspetti polemici che risalta negli articoli è quello che indica il Ministero quale datore di lavoro non rispetta le leggi, pagando meno di quanto dovrebbe i “detenuti lavoratori”. Il guardasigilli Clemente Mastella si difende dicendo che ha ereditato un bilancio che negli ultimi quattro anni ha subito decurtazioni di oltre il 52%. Tuttavia, è acclarato che il Ministero non paga il telefono, gli affitti degli immobili che ospitano i tribunali, le Poste, la tassa sui rifiuti, oltre a non farcela a tenere testa alle spese d’ufficio, alla verbalizzazione degli atti processuali, al mantenimento dei detenuti. Qualcuno ha ironizzato, ma non troppo, che se il Ministero fosse una impresa sarebbe quasi sull’orlo del fallimento. La lettura del rapporto sullo stato della spesa nei settori di competenza dell’amministrazione della giustizia che il ministero della giustizia ha inviato a Palazzo Chigi in ottemperanza a quanto disposto dalla Finanziaria 2007, ha suscitato perplessità e polemiche. La legge n. 269, infatti, ha imposto alle amministrazioni centrali di fotografare lo stato della spesa entro il 31 marzo: Da qui si è evidenziato la situazione “drammatica” di Via Arenula. Il ministero si difende partendo dalla premessa che le risorse per i consumi intermedi sono diminuite dal 2002 al 2006 di oltre il 52% passando da 421 milioni di euro a 221 milioni. Sempre da Via Arenula si ribadisce che le varie finanziarie e i vari decreti taglia spese “hanno messo a dura prova la funzionalità del servizio giustizia”. Altro argomento che il Ministero utilizza è quello di dire:”non è da sottovalutare l’impatto che l’esposizione finanziaria determina sotto il profilo del contenzioso tra la pubblica amministrazione e i suoi creditori, che in misura sempre crescente fanno ricorso a procedure esecutive con riconoscimento di oneri aggiuntivi per interessi, rivalutazioni, spese di giudizio”, e poi “ che nel solo 2005 sono state pignorate somme del ministero pari a 14.721.000 euro”. Una boccata di ossigeno potrà venire dall’incremento del fondo per i consumi intermedi e con la istituzione di un fondo aggiuntivo di 200 milioni per esigenze correnti per l’acquisto di beni e servizi, disposto con la Finanziaria 2007. va anche ricordato che l’amministrazione giudiziaria, il dipartimento che sovrintende al funzionamento dei tribunali, nel 2006 hanno avuto tagli drastici. La riduzione fino a 152 milioni di euro per i consumi intermedi ha determinato “per ciascuno anno non solo l’impossibilità di far fronte agli impegni contrattualmente assunti, ma anche la necessità di far fronte ai debiti maturati negli anni precedenti con i fondi stanziati in conto competenza”. Le spese di giustizia, quelle che comprendono anche i costi per le intercettazioni, sono da sempre un altro capitolo dolente. E qui il ministero replica: “nell’anno 2006 la spesa complessiva è stata di 631 milioni di euro, di cui 371 milioni anticipate da Poste Italiane spa, FORO ROMANO 2/2007 209 IL FATTO 150 milioni pagati direttamente dai funzionari delegati e 110 milioni rimasti ancora da pagare”. Va bene tutto ma nel 2007 già il fabbisogno cresce. Infatti, il ministero ha stimato una cifra pari a 660 milioni di euro fronte però di uno stanziamento iscritto in bilancio di 585 milioni di euro. Quindi avverte il ministero, “in corso d’anno occorrerà integrare il capitolo di almeno 75 milioni”. Insomma è vero tutto ed il contrario di tutto! Un’altro ambito in costante sofferenza è quello delle carceri e la situazione delle spese di funzionamento è quella che ormai tutti conoscono. Si sono prodotte, evidenzia sempre lo stesso rapporto, “esposizioni finanziarie verso creditori dell’amministrazione o verso il personale dipendente o anche sanzioni amministrative, civili, e in alcuni casi penali, a carico dell’amministrazione e dei suoi rappresentanti nonché aggravio di oneri per interessi e rivalutazioni per le obbligazioni giuridiche insoddisfatte”. Il rapporto è amaro anche per la situazione che riguarda i detenuti: “Non può nascondersi la criticità della gestione per l’acquisizione di tutti i servizi destinati alla popolazione detenuta, dal vitto al riscaldamento dei locali detentivi, fino alla provvista del materiale d’igiene e pulizia, così come sono innegabili le difficoltà a garantire buoni livelli di assistenza medica e farmaceutica”. Tra l’altro ora l’amministrazione penitenziaria paga circa 4 euro a detenuto per i pasti, “prezzi giudicati improponibili anche in vista di una prossima convenzione quadro della Consip”. Quanto ai detenuti che lavorano e sono anche sottopagati: “l’amministrazione non ha potuto dare corso alla revisione della remunerazione benché l’ordinamento penitenziario imponga provviste non inferiori ai 2/3 delle retribuzioni previste dai contratti collettivi”. Questo recita il rapporto riguardo le carceri. Davvero desolante. La giustizia minorile non se la passa meglio: l’esposizione debitoria riguarda soprattutto il vitto e il mantenimento dei minori detenuti e collocati in centri di prima accoglienza e comunità, le attività trattamenti per i minori, il funzionamento degli uffici giudiziari, i canoni e le utenze di tipo domestico. Peggio di così. In conclusione il panorama è tutt’altro che roseo ed i tempi futuri per la giustizia si annunciano duri e difficili, auspicare un cambiamento è doveroso ma, allo stesso tempo, potrebbe essere illusorio. Antonio Conte 210 FORO ROMANO 2/2007 IL FATTO sulla riforma dell'ordinamento professionale Egregio Professore Avv. Guido Alpa Presidente Consiglio Nazionale Forense s.p.m. Egregio Avvocato Alessandro Cassiani Presidente Consiglio Ordine Avvocati di Roma s.p.m. Roma, 29.11.2006 Carissimi Presidenti, insieme all’Avv. Stefano Galeani, Coordinatore Vicario dell’Osservatorio della Giustizia, presso il Consiglio dell’Ordine di Roma, ho avuto modo di incontrarmi con l’Avv. Dario Donella, ispiratore del c.d. “progetto Calvi” per la riforma dell’Ordinamento Professionale Forense. L’impianto del “progetto” è in larga parte coerente e conforme col progetto a suo tempo presentato dal Consiglio dell’Ordine al Congresso Nazionale Forense. Su alcuni punti del detto progetto “Calvi” però, ritengo che l’Avvocatura tramite Voi carissimi Presidenti, debba far sentire e far prevalere alcuni emendamenti. Mi riferisco a quanto previsto all’art. 29 c. 1 e c. 12 in ordine alla previsione dell’aumento del numero dei componenti del Consiglio e delle incompatibilità. Bisogna impedire la trasformazione dei Consigli dell’Ordine da organi di Governo dell’Ordine Territoriale a parlamentini rissosi, inconcludenti e ingovernabili. Si ritiene altresì inopportuno prevedere regimi “incrociati” di incompatibilità tra cariche elettive, ove non sussiste alcun conflitto di interesse. FORO ROMANO 2/2007 211 IL FATTO La previsione di un limite alla rielezione nelle varie Istituzioni è già un deterrente sufficiente ad impedire la cristallizzazione di posizioni di potere, limite peraltro estraneo ad altre più “importanti” Istituzioni pubbliche. L’incompatibilità, come progettata, priverebbe, invece, ad esempio, la Cassa Forense di una diretta partecipazione di personalità componenti i Consigli degli Ordini, le quali possono dare peso e rappresentatività ad una struttura con già scarso potere decisionale. Non si dimentichi, altresì, che proprio il regime delle incompatibilità, voluto dallo Statuto OUA, ha reso quest’ultimo più debole e scarsamente rappresentativo. Infine sulla progettata riforma della “disciplina”, all’art. 30 della lett. F vanno senz’altro aggiunte le seguenti parole: “a renderli più consapevoli dei loro doveri giuridici e deontologici”. Trasferire la disciplina, in via preventiva e/o repressiva fuori dai Consigli dell’Ordine, vuol dire aprire un varco a chi vuole eliminare la c.d. “giurisdizione domestica”, così come pure dimostra il c.d. “progetto Mastella”. La terzietà del giudice disciplinare, che ci imporrebbe l’Europa, può raggiungersi comunque con l’escludere il Consigliere Istruttore dal Collegio deliberate (progetto Ordine di Roma) o, male minore, rispetto al progetto Calvi, trasferendo esclusivamente l’istruzione a Consigli distrettuali composti da soli avvocati (progetto CNF) Grazie per l’attenzione. I migliori saluti. Avv. Carlo Testa 212 FORO ROMANO 2/2007 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO ADUNANZA DEL 1° MARZO 2007 All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte, il Consigliere Tesoriere Carlo Testa nonché i Consiglieri Giovanni Cipollone, Goffredo Maria Barbantini, Sandro Fasciotti, Federico Bucci, Giulio Prosperetti, Paolo Nesta, Domenico Condello, Francesco Storace, Livia Rossi, Donatella Cerè, Francesco Gianzi, Rosa Ierardi. PARERI SU NOTE DI ONORARI emessi ............................................... n. 49 SEGRETERIA autorizzazioni alle notifiche dirette ..n. 33 richieste di patr. a spese dello Stato ammissioni .................................. n. 103 iscr. avv. liste patr. a spese dello Stato ................................... n. 55 DELIBERE (rapporti internazionali – v. rubrica) TENUTA ALBO AVVOCATI iscrizioni Albo ordinario ............................. n. 17 elenco speciale ............................ n. 5 el.spec. “Professori Universitari” n. 1 passaggi all’Albo ordinario ..............n. 1 variazioni elenco speciale ................. n. 1 nulla osta al trasferimento ................. n. 1 cancellazioni a domanda ................................... n. 5 per decesso .................................. n. 3 TENUTA REGISTRO PRATICANTI iscrizioni n. 7 abilitazioni .................................. n. 9 iscrizioni e abilitazioni ...................... n. 9 revoche abilitazioni per decorrenza termine ................ n. 6 compiuta pratica ...............................n. 9 nulla osta al trasferimento ................. n. 1 cancellazioni per decesso .................................. n. 1 per trasferimento .........................n. 12 a domanda ................................... n. 107 per fine pratica ............................ n. 5 DISCIPLINA procedimenti trattati in dibattimento n. 3 (rubrica “Il Nostro Mondo”) - Il Consigliere Tesoriere Testa comunica che intende inserire nel Comitato Scientifico della Camera Arbitrale l’Avv. Alessandro Vinci e ne chiede l’autorizzazione al Consiglio. Il Consiglio approva. (pareri deontologici – v. rubrica) - Il Consigliere Cipollone comunica che l’Avv. Arianna Agnese con nota del 20 settembre 2006 chiede di essere autorizzata a curare un allegato alla rivista “Temi Romana” avente ad oggetto la raccolta di massime di sentenze ripartite per sezioni del Tribunale e per titolo di reato. Il Consiglio approva. - I Consiglieri Conte, Barbantini e Fasciotti comunicano che nell’ambito della verifica delle proposte di cui si è discusso in data 21 febbraio u.s. con il Presidente f.f. del Tribunale hanno constatato: - che in alcuni Uffici Giudiziari, come la Prima Sezione Civile del Tribunale Ordinario di Roma, le Cancellerie consentono l’accesso non contingentato; FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 213 213 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO - che è stata accolta la proposta di certificare direttamente su libretto stampato del Consiglio la presenza del praticante in udienza; - che la Procura sta indagando, per omessa custodia dei fascicoli in Cancelleria, avendo delegato la Digos agli interrogatori dei Cancellieri; - che, iniziata lunedì 26 febbraio, continua sino a venerdì 2 marzo 2007 la protesta dei lavoratori della Giustizia aderenti alla R.d.B. del Pubblico impiego, per la difesa della dignità sul posto di lavoro, per l’aumento delle dotazioni organiche proporzionate ai carichi di lavoro; per l’adeguamento dei mezzi, delle risorse, delle strutture e messa in sicurezza delle stesse. Il Consiglio, preso atto della relazione dei Consiglieri Conte, Barbantini e Fasciotti al fine di portare un contributo pratico al problema, delibera di sostituire alla fotocopia del verbale di udienza del praticante Avvocato, la certificazione della partecipazione all’udienza, da apporre sul libretto della pratica a fianco delle singole udienze, da parte del Magistrato o, in difetto, da parte del dominus. Dispone la pubblicazione della presente delibera sul sito del Consiglio, sul prossimo numero del Foro Romano nonchè l’affissione di un manifesto. Manda al Consigliere Segretario di trasmettere copia della presente delibera al Presidente f.f. del Tribunale Ordinario di Roma Dr. Alberto Bucci con preghiera di dare disposizioni a tutti i Magistrati per quanto di competenza. - Il Consigliere Storace, al fine di evitare incomprensioni e/o malintesi, propone di sottoporre al Consiglio i programmi definitivi dei singoli eventi che vengono organiz- 214 03_attivita del consiglio_1.pmd zati con l’indicazione di tutti coloro che vi partecipano. Inoltre, propone che il titolo di ‘professore’ venga attribuito soltanto a coloro che sono professori di ruolo regolarmente inseriti come tali nell’Ordinamento universitario. Tale qualifica potrà essere verificata sul sito www.miur.it ove sono indicati i professori universitari di ruolo. L’indicazione del titolo di ‘professore’ potrà, inoltre, essere attribuita ai liberi docenti secondo il vecchio Ordinamento universitario. Il Consiglio approva. - Il Consigliere Storace comunica che la Commissione Famiglia, da lui stesso coordinata, organizzerà nel prossimo mese di giugno un incontro nel quale verranno presentati i tre documenti elaborati dalle sottocommissioni relativi alle pronunce e alle tematiche in materia di affidamento dei figli e norme processuali entrate in vigore circa un anno fa. Propone che detti documenti, oggetto della discussione, vengano pubblicati e distribuiti agli avvocati che ne facciano richiesta ed inoltre che vengano sopportate dal Consiglio le spese di viaggio per i Relatori che verranno da fuori Roma. Il Consiglio approva. - Il Consigliere Ierardi, Coordinatore della Commissione Consiliare per le Pari Opportunità, comunica al Consiglio che la suddetta Commissione, riunitasi il 20 febbraio u.s., ha discusso sulla possibilità di istituire presso il Consiglio un “Osservatorio sulle Pari Opportunità”. L’Osservatorio avrebbe la finalità di raccogliere le segnalazioni di tutti i Colleghi riguardanti comportamenti a vario titolo discriminatori nell’ambito dell’esercizio della professione forense, comportamenti che ledono o mettono in pericolo le pari opportunità nell’accesso e nello svolgimento della FORO ROMANO 2/2007 214 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO professione forense. L’accesso alle attività dell’Osservatorio dovrebbe essere garantito ai Colleghi sia in via telematica mediante apposito link ed indirizzo di posta elettronica da inserire nel sito web del Consiglio ed anche mediante corrispondenza cartacea. Il Consiglio approva. - Il Presidente riferisce sulla comunicazione pervenuta il 26 febbraio 2007 dall’Avv. Mario Sanino in merito al ricorso straordinario proposto dal Consiglio avverso la nota del Presidente della Corte di Cassazione avente ad oggetto il rilascio dei locali occupati dal Consiglio. Il Consiglio ne prende atto. Autorizzazioni ad avvalersi delle facoltà previste dalla legge 21 gennaio 1994 n.53 Il Consiglio - Vista l’istanza presentata dai seguenti professionisti: Avvocati Angela Andreini, Giuliano Arezzini, Fabio Bassan, Loredana Battisti, Mariano Boratto, Angela Calia, Desireè Capobianchi, Giovanni Crescella, Giorgio D’Alessio, Fernanda Elisa De Siena, Vincenza Di Martino, Marina Fiori, Stefania Forino, Fabio Massimo Luttazi, Antonio Marino, Gianguido Mascia, Corrado Matera, Beatrice Menis Dalla Chiesa, Fabio Micali, Jessica Mirra, Paolo Mosconi, Rossana Muolo, Marco Oliveti, Luca Palatucci, Massimo Palermo, Emanuele Parrilli, Roberto Parrilli, Marco Petrone, Stefano Proietti, Alessandro Seguiti, Carlo Tardella, Carlo Testori, Silvia Venturini, autorizza i professionisti sopraindicati, ai sensi dell’art. 7 della Legge n.53/1994, ad avvalersi delle facoltà di notificazione previste dalla citata legge; dispone che gli estremi della presente autorizzazione siano riportati nel primo foglio del registro cronologico degli istanti di cui all’art. 8 della citata legge. - Il Consigliere Segretario Conte comunica che in data 27 febbraio 2007 è pervenuta dal Dr. Alfonso Papa, Direttore Generale del Dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia, la richiesta dell’uso dell’Aula degli Avvocati del Consiglio per gli esami di Cassazionista -Sessione 2007- per i giorni 18, 20 e 22 giugno 2007. Il Consiglio concede l’uso dell’Aula. Manda la presente delibera ai Consiglieri Gianzi e Rossi per il rinvio delle lezioni della Scuola Forense e del Corso per i Difensori d’Ufficio. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce sulla nota pervenuta il 26 febbraio 2007 degli Avv.ti Michael Louis Stiefel e Andrea Stigi con la quale i professionisti comunicano la costituzione di un’associazione professionale denominata “Studio Legale Avvocato Michael Louis Stiefel e Avvocato Andrea Stigi - Associazione Professionale”, in breve “Stigi & Stiefel Studio Legale”. Il Consiglio manda all’Ufficio Iscrizioni. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce che in data 22 febbraio 2007 è pervenuta una nota dell’Avv. Francesco Petillo con la quale il professionista comunica la propria impossibilità ad accettare l’incarico quale componente della XIV Sottocommissione per gli esami di Avvocato - Sessione 2006. Il Consiglio nomina l’Avv. Nicolino Sciarra. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce che in data 22 febbraio 2007 è pervenuta una nota dell’Avv. Franco Pizzutelli dell’Ordine di Frosinone con la quale il professionista comunica la propria rinuncia all’incarico quale Presidente della IV Sottocommissione per gli esami di Avvocato - Sessione 2006. Il Consiglio nomina l’Avv. Paolo Colosimo. FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 215 215 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO ADUNANZA DELL’8 MARZO 2007 revoche aperture ..........................n. 2 All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte, il Consigliere Tesoriere Carlo Testa nonché i Consiglieri Goffredo Maria Barbantini, Sandro Fasciotti, Federico Bucci, Giulio Prosperetti, Paolo Nesta, Domenico Condello, Francesco Storace, Livia Rossi, Donatella Cerè, Francesco Gianzi, Rosa Ierardi. PARERI SU NOTE DI ONORARI emessi .............................................. n. 52 TENUTA ALBO AVVOCATI iscrizioni Albo ordinario .............................n. 15 elenco speciale ............................n. 2 passaggi all’elenco speciale ..............n. 1 cancellazioni a domanda ...................................n. 8 per decesso ..................................n. 3 per trasferimento .........................n. 6 Autorizzazioni ad avvalersi delle facoltà previste dalla legge 21 gennaio 1994 n.53 Il Consiglio TENUTA REGISTRO PRATICANTI iscrizioni ...........................................n. 13 abilitazioni ........................................n. 6 iscrizioni e abilitazioni ......................n. 9 revoche abilitazioni per decorrenza termine ................n. 5 a domanda ...................................n. 1 compiuta pratica ...............................n. 12 cancellazioni per trasferimento .........................n. 8 a domanda ...................................n. 79 per fine pratica ............................n. 13 ASSISTENZA Fondo Assistenza Consiglio n. 1 erogazione DISCIPLINA procedimenti trattati in dibattimento.n. 1 pratiche disciplinari trattate archiviazioni ................................n. 34 ap. procedimento disciplinare .....n. 4 216 03_attivita del consiglio_1.pmd SEGRETERIA autorizzazioni alle notifiche dirette ..n. 26 richieste di patr. a spese dello Stato ammissioni .................................. n. 84 DELIBERE - Vista l’istanza presentata dai seguenti professionisti: Avvocati Carlo Amoruso, Fabrizio Badò, Francesco Buonomini, Carla Capri, Damiano Comito, Dario Cusumano, Francesca Romana Dresda, Carla Fatucci, Vincenzo Ferrazzano, Rossella Governale, Dante Grossi, Roberto Maria Izzo, Massimo Letizia, Michele Lovaglio, Luigi Carmelo Matteo, Giulio Nardelli, Valerio Onesti, Alfredo Palopoli, Patrizia Parenti, Nicola Domenico Petracca, Paola Petrucci, Rachele Rosa Rosaria Primavera, Barbara Primo, Gerardo Romano Cesareo, Carmela Claudia Scarano, Sandro Verduchi, autorizza i professionisti sopraindicati, ai sensi dell’art. 7 della Legge n.53/1994, ad avvalersi delle facoltà di notificazione previste dalla citata legge; dispone che gli estremi della presente autorizzazione siano riportati nel primo foglio del registro cronologico degli istanti di cui all’art. 8 della citata legge. - Il Consigliere Segretario Conte comunica che in data 1° marzo 2007 è pervenuta l’offerta della Società Azzurra a r.l. di presentare al Consiglio un programma (e relativa apparecchiatura elettronica) in grado di gestire lo spoglio delle votazioni per il rinnovo biennale FORO ROMANO 2/2007 216 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO del Consiglio dell’Ordine. Il Consiglio dispone la convocazione della Società Azzurra a r.l. innanzi al Consiglio per una prossima adunanza invitandola ad inviare una brochure informativa ad ogni Consigliere prima della audizione. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce che in data 6 marzo 2007 è pervenuta la comunicazione della Presidenza della Corte di Appello di Roma relativa al periodo feriale per il corrente anno giudiziario che è stato fissato con decreto del 15 febbraio 2007, per i Magistrati in servizio presso la Corte, il Tribunale e le Procure della Repubblica, dal 23 luglio al 15 settembre 2007. Il Consiglio ne prende atto. - Il Presidente riferisce sulla nota pervenuta l’8 febbraio 2007 dall’Avv. Dario Canovi, quale Presidente della XV Sottocommissione dell’Esame di Avvocato - Sessione 2006, con la quale chiede che vengano prontamente sostituiti due professori universitari e due magistrati, componenti dimissionari della Sottocommissione al fine di consentire il regolare svolgimento degli impegni assunti nei termini previsti. Il Consiglio delega il Presidente ad assumere le opportune iniziative. - Il Presidente riferisce: “Con i Consiglieri Condello, Fasciotti e Storace giovedì 8 marzo mi sono recato al Ministero della Giustizia ove ho incontrato i Presidenti Brescia e Castelli che mi hanno sottoposto un progetto di informatizzazione dei servizi giudiziari. Il progetto prevede che nel giro di pochi mesi diventi operativa la possibilità di accedere ai servizi e alle Cancellerie restando comodamente nel proprio studio. Pur con le dovute cautele, ritengo che l’incontro debba essere considerato un notevole passo avanti verso la normalizzazione della vita giudiziaria. Al fine di vigilare che dai programmi si passi ... ai fatti, ho proposto e ottenuto la istituzione di una Commissione congiunta che si incontri periodicamente e valuti gli ulteriori sviluppi. Nell’occasione, ho comunicato che il Consiglio ha già in programma un’intensa attività di aggiornamento e di sensibilizzazione degli Iscritti. Ritiene, infatti, indispensabile che gli Iscritti capiscano che il futuro impone attrezzature e conoscenze idonee ad usufruire dei servizi informatici. Il Consiglio apre la discussione sull’argomento e conferma la necessità di aggiornare i Colleghi. - Il Presidente comunica che nella mattinata di oggi è deceduto l’Avv. Michele Pallottino. Lo ricorda quale grande Avvocato, uomo integerrimo, amico indimenticabile. Esprime cordoglio alla famiglia Pallottino e invita i Colleghi a sospendere per un minuto i lavori. Il Consiglio si unisce ai sentimenti espressi dal Presidente. - Il Presidente riferisce che sabato 10 marzo si recherà a Pisa, ove i Colleghi che compongono la compagnia teatrale diretta da Luigi Di Majo terranno lo spettacolo “Il processo di Norimberga”, invitati dal locale Consiglio dell’Ordine. Il Consiglio ne prende atto. (pareri deontologici – v. rubrica) - Il Consigliere Ierardi comunica di avere incontrato, in qualità di Consigliere Coordinatore della Commissione per le Pari Opportunità, il Presidente del Tribunale Ordinario di Roma, Dott. Alberto Bucci, e di aver rappresentato a quest’ultimo la necessità, per le Colleghe avvocato in maternità o in fase di puerperio, di avere degli appositi locali all’interno del Tribunale da utilizzare come sale di allattamento. FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 217 217 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Il Presidente Bucci ha dimostrato grande interessamento e disponibilità alle proposte suggerite. Il Consigliere Ierardi comunica che sono previsti altri incontri con il Presidente Bucci al fine di procedere alla puntuale messa in atto di quanto congiuntamente programmato. - Il Presidente Cassiani riferisce sulla richiesta pervenuta il 28 febbraio 2007, prot. 4698, dagli Avvocati (omissis) per la Società (omissis) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, Dott. (omissis), con sede a (omissis), Via (omissis), con la quale chiede al Presidente del Consiglio dell’Ordine la nomina dell’arbitro unico per dirimere la controversia insorta con la Soc. (omissis). Il Consiglio nomina l’Avv. Paolo Berruti, con studio in Roma via Bocca di Leone n. 78. - Il Presidente Cassiani riferisce sulla richiesta pervenuta in data 28 febbraio 2007, prot. n. 4699, presentata dagli Avvocati (omissis) per la Società (omissis) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, Dott. (omissis), con sede a (omissis), Via (omissis), con la quale chiede al Presidente del Consiglio dell’Ordine la nomina dell’arbitro unico per derimere la controversia insorta con la (omissis). Il Consiglio nomina l’Avv. Paolo Berruti, con studio in Roma via Bocca di Leone n. 78. ADUNANZA DEL 15 MARZO 2007 All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte, il Consigliere Tesoriere Carlo Testa nonché i Consiglieri Giovanni Cipollone, Goffredo Maria Barbantini, Sandro Fasciotti, Federico Bucci, Giulio Prosperetti, Paolo Nesta, Domenico Condello, Livia Rossi, Donatella Cerè, Francesco Gianzi, Rosa Ierardi. 218 03_attivita del consiglio_1.pmd TENUTA ALBO AVVOCATI iscrizioni Albo ordinario ............................ n. 12 cancellazioni per decesso .................................. n. 1 per trasferimento .........................n. 3 TENUTA REGISTRO PRATICANTI iscrizioni ...........................................n. 4 abilitazioni ........................................ n. 18 iscrizioni e abilitazioni ...................... n. 9 revoche abilitazioni per decorrenza termine ................ n. 2 compiuta pratica ...............................n. 7 nulla osta al trasferimento ................ n. 3 cancellazioni per decesso .................................. n. 1 per trasferimento .........................n. 10 a domanda ................................... n. 70 per fine pratica ............................ n. 16 ASSISTENZA Fondo Assistenza Consiglio n. 12 erogazioni DISCIPLINA proc. trattati in dibattimento .............n. 6 PARERI SU NOTE DI ONORARI emessi ............................................... n. 20 SEGRETERIA autorizzazioni alle notifiche dirette ..n. 20 DELIBERE - Il Presidente riferisce sulla istanza pervenuta in data 9 marzo 2007 dall’Avv. (omissis) con la quale chiede la nomina di un arbitro unico per dirimere la controversia insorta tra la (omissis) e la (omissis). Il Consiglio nomina l’Avv. Ernesto Palatta, con studio in Roma Via Pinerolo n. 22. FORO ROMANO 2/2007 218 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO - Il Presidente riferisce che sabato 10 marzo 2007, in occasione dell’Assemblea dell’Associazione Nazionale Magistrati, alle ore 11,00 si è recato nell’Aula Magna della Corte di Appello e ha svolto un’ampia relazione sul disegno di legge Mastella sulla riforma dell’ordinamento giudiziario e sulle riforme che dovrebbero abbreviare i processi approfondendo i temi e sottolineando le ragioni di dissenso dell’Avvocatura. Il Consiglio ne prende atto. - Il Presidente riferisce sulla sua partecipazione alla manifestazione di apertura dell’anno giudiziario del Consiglio Nazionale Forense, sul contenuto del discorso, in parte confortante del Ministro Mastella, e sul discorso profondo, dotto, di larghissimo respiro del Prof. Alpa. Il Consiglio ne prende atto. Incontro con il nuovo Presidente della Commissione di Manutenzione del Palazzo di Giustizia Il Presidente riferisce che si è recato a far visita al nuovo Presidente della Commissione di Manutenzione del Palazzo, Dott. Edoardo Fazioli, il quale, a sua volta, aveva tentato di salutarlo ma non lo aveva trovato. Nella occasione, il Presidente della Commissione, dopo i soliti convenevoli, gli ha comunicato esplicitamente che il Consiglio non potrà tenere altri Corsi di formazione oltre quelli attualmente in svolgimento. Ragioni di ordine pubblico e di opportunità, a suo dire, sconsiglierebbero di consentire l’ulteriore accesso di centinaia di Avvocati nel Palazzo di Piazza Cavour. Il Presidente Cassiani precisa che ha replicato con estrema fermezza affermando che non si sarebbe mai aspettato una simile presa di posizione, che l’attività di aggiornamento è prevista dal codice deontologico e dalla legge, che un’Avvocatura più preparata dovrebbe costituire motivo di grande interesse anche per i Magistrati. Il Presidente della Commissione ha risposto ribadendo la presa di posizione e ha affermato che sarà accanto a noi allorchè tenteremo di trovare altre soluzioni presso il Ministero oppure presso i Capi degli Uffici Giudiziari di Piazzale Clodio. Il Presidente Cassiani invita tutti i Consiglieri a intervenire poichè si tratta di argomento di straordinaria importanza che si inserisce in una chiara volontà di incidere sulla nostra permanenza nel Palazzo. Il Consiglio esprime sgomento per quanto riferito dal Presidente Cassiani. Con l’occasione sottolinea e ribadisce che l’importanza di tutte le iniziative culturali volte all’aggiornamento e al miglioramento degli Iscritti sono state intraprese e portate avanti in quanto obbligatorie per legge e imposte dal codice deontologico. Manda al Presidente di reagire, con la dovuta fermezza a questo ulteriore tentativo di aggressione nei confronti del Consiglio e delle sue prerogative. Autorizzazioni ad avvalersi delle facoltà previste dalla legge 21 gennaio 1994 n.53 Il Consiglio - Vista l’istanza presentata dai seguenti professionisti: Avvocati Nicola Adragna, Patrizia Amici, Clizia Ardanese, Marzia Ballarani, Antonio Barile, Stefania Ciliberto, Cristiana Consalvi, Mario Del Vaglio, Antonio Feroleto, Laura Guercio, Salvatore Iannotta, Silvia Lanzaro, Maria Carla Mancini, Alessandro Mecocci, Alessia Parisella, Sofia Pasquino, Giorgio Robiony, Bruno Sconocchia, Patrizia Succi, Alessandro Zampone, autorizza i professionisti sopraindicati, ai sensi dell’art. 7 della Legge n.53/1994, ad avvalersi delle facoltà di notificazione previste dalla citata legge; dispone che gli estremi della presente autorizzazio- FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 219 219 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO ne siano riportati nel primo foglio del registro cronologico degli istanti di cui all’art. 8 della citata legge. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce sulla nota pervenuta l’8 marzo 2007 degli Avv.ti Armando Placidi e Massimo Cirilli con la quale i professionisti comunicano la costituzione di un’associazione professionale denominata “Studio Legale Cirilli-Placidi”. Il Consiglio manda all’Ufficio Iscrizioni per gli ulteriori adempimenti. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce sulla nota pervenuta il 14 marzo 2007 dell’Avv. Claudio Papale e del Dott. Andrea Baffoni con la quale i professionisti comunicano la costituzione di un’associazione professionale denominata “Studio Legale Baffoni & Partners”. Il Consiglio manda all’Ufficio Iscrizioni per gli ulteriori adempimenti. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce sulla nota pervenuta il 14 marzo 2007 degli Avv.ti Alberto Oronzo e Federica Oronzo con la quale i professionisti comunicano la costituzione di un’associazione professionale denominata “Studio Legale Oronzo Associato”. Il Consiglio manda all’Ufficio Iscrizioni per gli ulteriori adempimenti. - Il Consigliere Fasciotti comunica che in data 5 marzo u.s. si è incontrato presso la Corte d’Appello di Roma con il dott. Cofano, Magistrato delegato dal Presidente della Corte d’Appello ai rapporti con l’UNEP. Il Dott. Cofano ha comunicato: - che il rapporto con la Soc. Cast è definitivamente cessato il 28 febbraio u.s.; - che a far data dal 1° marzo 2007 è attivo un nuovo programma gestito direttamente dal Ministero della Giustizia e curato dal dott. Muzzillo del Cise di Napoli, referente Nazionale UNEP; 220 03_attivita del consiglio_1.pmd - che è intenzione dell’Ufficio unificare i diversi sistemi evitando la suddivisione tra atti civili, atti penali, atti della materia lavoro, ed atti di diversa natura; - che sono allo studio ipotesi di miglioramento del servizio quali la lettura ottica alla ricezione dell’atto e un ticket prepagato. Il Consigliere Cofano ha comunicato che l’UNEP sarà diretto a breve da altro dirigente, essendo il dott. Sili vicino al trattamento di quiescenza; ha assunto, infine, l’impegno ad un altro incontro a breve per la verifica della fattibilità delle proposte di miglioramento e della funzionalità del sistema gestito direttamente dal Ministero della Giustizia. Il Consiglio ne prende atto. - Il Consigliere Fasciotti comunica che la Società Cast a r.l. ha cessato il rapporto con l’Unep in data 28 febbraio 2007 del sistema dalla stessa adottato per la notifica degli atti. Detto sistema è stato sostituito da altro gestito e controllato direttamente dal Ministero della Giustizia sotto la responsabilità del Dott. Muzzillo del Cise di Napoli, responsabile nazionale per l’informatizzazione dell’Unep. Il responsabile dell’ufficio Unep, Dott. Sili, sarà a breve sostituito da altro funzionario per essere vicino al trattamento di quiescenza per raggiunti limiti di età. Il Consigliere Fasciotti, nell’incontro avuto con il Dott. Cofano, magistrato delegato dal Presidente della Corte di Appello di Roma, ha chiesto la fissazione a breve di un incontro presso gli uffici della Corte, tra il dirigente rappresentante dell’Amministrazione, il prossimo dirigente dell’Unep e il rappresentante del Consiglio dell’Ordine per la ripresa dei contatti al fine del miglioramento tecnico dei servizi forniti dall’Unep. Sin da ora si evidenzia che il nuovo sistema telematico non è stato ancora posto in essere dal Ministero onde nuovamente si sta divulgando la dilatazione dei tempi di attesa. Per quanto concerne il servizio della noti- FORO ROMANO 2/2007 220 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO fica degli atti individuali, l’attuale apertura di nove sportelli ha ridotto il tempo d’attesa, per la consegna e per il ritiro degli atti, non ancora in termini di accettabilità. Continua a tale effetto il monitoraggio di tutti i servizi. Il Consiglio ne prende atto. (pareri deontologici – v. rubrica) Revisione Albo - Il Consigliere Fasciotti, delegato dal Consiglio per la revisione dell’Albo, invita i Consiglieri a dare disposizioni, all’Ufficio Iscrizioni del Consiglio, entro la prossima settimana, affinchè vengano sollecitati i Colleghi ancora inadempienti con richiesta scritta o inviando nuovamente i modelli da compilare, comunicando che in caso di mancato riscontro si procederà all’esame della posizione sotto l’aspetto disciplinare. Precisa che la revisione dell’Albo deve terminare entro l’anno in corso. Il Consiglio ne prende atto. ADUNANZA DEL 20 MARZO 2007 adunanza straordinaria) All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte, il Consigliere Tesoriere Carlo Testa nonché i Consiglieri Sandro Fasciotti, Federico Bucci, Paolo Nesta, Francesco Storace, Livia Rossi, Donatella Cerè, Francesco Gianzi, Rosa Ierardi. DISCIPLINA procedimenti trattati in dibattimento .n. 6 ADUNANZA DEL 22 MARZO 2007 All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte, il Consigliere Tesoriere Carlo Testa nonché i Consiglieri Giovan- ni Cipollone, Goffredo Maria Barbantini, Sandro Fasciotti, Domenico Condello, Francesco Storace, Livia Rossi, Donatella Cerè, Rosa Ierardi. TENUTA ALBO AVVOCATI iscrizioni Albo ordinario .............................. n. elenco speciale .............................. n. el.spec.“Professori Universitari” ... n. passaggi all’elenco speciale ................ n. nulla osta al trasferimento ................. n. cancellazioni per decesso ................................... n. per trasferimento .......................... n. 221 2 2 TENUTA REGISTRO PRATICANTI iscrizioni ............................................. n. 9 abilitazioni .......................................... n. 10 iscrizioni e abilitazioni ....................... n. 8 revoche abilitazioni per decorrenza termine ................ n. 3 a domanda .................................... n. 1 compiuta pratica ................................ n. 2 nulla osta al trasferimento ................. n. 2 cancellazioni per decesso .................................. n. 1 per trasferimento .......................... n. 9 a domanda .................................... n. 77 per fine pratica ............................. n. 2 DISCIPLINA proc.trattati in dibattimento .............. n. 5 PARERI SU NOTE DI ONORARI emessi ................................................. n. 36 SEGRETERIA autorizzazioni alle notifiche dirette .. n. 17 richieste di patr. a spese dello Stato ammissioni ................................... n. 133 DELIBERE - Il Presidente Cassiani riferisce che merco- FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 24 2 1 2 1 221 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO ledì 21 marzo 2007 ha partecipato all’Assemblea dell’Unione delle Camere Penali ove eminenti esponenti dell’Avvocatura e della Politica hanno sottoposto a dura critica il disegno-legge Mastella e hanno auspicato che si arrivi finalmente a una effettiva separazioni delle carriere. Il Presidente Avv. Oreste Dominioni, il Segretario Avv. Renato Borzone, gli On.li Marco Taradash e Giulia Bongiorno, hanno svolto pregevoli interventi con i quali hanno sottoposto a critica i criteri di accesso alla Magistratura e il pericolo che vengano ridotte le garanzie per accorciare la durata dei processi. Il Consiglio ne prende atto. - Il Presidente Cassiani riferisce che lunedì 19 marzo 2007 nell’Aula Magna della Corte di Appello di Roma si è svolta una toccante cerimonia di saluto al Presidente Giovanni Francesco Lo Turco, collocato a riposo per raggiunti limiti di età. L’Aula era gremita di Avvocati, Magistrati, Autorità Civili e Politiche. Hanno preso la parola il Sindaco Veltroni, il Presidente Luigi Scotti, i Consiglieri Fancelli e De Fiore, il Vescovo Apicella e la Dirigente Dott.ssa Valentini. Tutti hanno sottolineato la signorilità, la professionalità, le capacità organizzative, la dedizione, profusi dal Presidente Lo Turco in tanti anni di attività. Il Presidente informa di aver preso la parola per manifestare al Presidente Lo Turco la stima e l’affetto dell’Avvocatura che lo ricorderà sempre per le elevate qualità professionali e umane e per la sensibilità dimostrata per i problemi della Giustizia. Al termine, il Consigliere Ierardi, presente con il Consigliere Barbantini, ha consegnato al Presidente Lo Turco una bella targa nella quale sono state incise due parole con le quali il Consiglio ha inteso sintetizzare il suo sentimento: Stima e Amicizia. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, conclude il Presidente Cassiani, approverà quanto è stato fatto per onorare un Uomo e un Magistrato di tale spessore. 222 03_attivita del consiglio_1.pmd Il Consiglio ne prende atto e si associa ai sentimenti espressi dal Presidente. - Il Presidente Cassiani riferisce sulla celebrazione del decennale della Camera di Conciliazione che si è svolta in Campidoglio in forma solenne in una bellissima Sala circondata da busti marmorei. Erano presenti i Colleghi che da anni offrono gratuitamente il loro tempo e la loro competenza. Ad accoglierli il Sindaco Veltroni, il Presidente della Corte d’Appello Giovanni Francesco Lo Turco, il Capo di Gabinetto Cons. Meschino, il nuovo Assessore alle Pari Opportunità, il Capo dell’Avvocatura Comunale Avv. Enrico Lorusso. Tutti hanno preso la parola per sottolineare l’importanza di questa attività che il Consiglio svolge il collaborazione con la Corte d’Appello e per ringraziare il Consigliere Segretario Conte, il Presidente La Greca e i Colleghi Francesco Caroleo e Giuseppe Lepore componenti della Commissione della Camera di Conciliazione. Il Presidente ha ricordato i risultati raggiunti, la Convenzione con il Consiglio dell’Ordine dei Medici denominata “Accordia” e la “Porta del Diritto” che vede alcuni Colleghi impegnati volontariamente, e a turno, in tutti i Municipi della Capitale. Il Presidente ha concluso auspicando una migliore organizzazione e il raggiungimento di altri ancor più prestigiosi traguardi attraverso convenzioni con altre Categorie e Ordini Professionali. Al termine, il Presidente La Greca ha consegnato al Sindaco una bella targa ricordo e una relazione scritta. Il Sindaco ha consegnato a tutti, a sua volta, una pregevole riproduzione d’arte. Il Presidente, infine, augura buon lavoro e ringrazia i Conciliatori nelle persone degli Avvocati: Carlo Acquaviva, Alfonso Alegiani, Lucilla Anastasio, Piero Amenta, Alberto Angeletti, Fabrizio Badò, Alfredo Barbieri, Donatella Belloni, Luca Bergamini, Enrico Boniz- FORO ROMANO 2/2007 222 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO zoni, Giovanna Battista Buonavoglia, Marco Calabrese, Donatella Carletti, Simone Antonio Castelnuovo, Giuseppina Paola Chiefari, Giancarlo Ciciani, Maria Romana Ciliutti, Nicola Colavita, Giovanni Cocconi, Antonio Conte, Federica Corsini, Anna Maria Di Roberto, Antonio Iannella, Marco Ieradi, Antonina Fanile, Tito Festa, Fabio Filocamo, Umberto Gasperini Zacco, Marco Grazioli, Giorgio Guarnaschelli, Claudio Honorati, Marina Imbellone, Andrea Lampiasi, Federica Laurora, Michele Licata, Domenico Marocco, Sabina Maroncelli, Carlo Martuccelli, Renata Marzano, Marco Merlini, Carmela Migliazzo, Saveria Mobrici, Paola Moreschini, Giuseppe Ludovico Motti Barsini, Luca Nicoletti, Ernesto Palatta, Filippo Paris, Massimo Pellacani, Carmelo Raimondo, Carlo Recchia, Francesca Romani, Marina Rossi, Carlo Ricchiuto, Teresa Rubeis, Francesco Ruggieri, Gabriella Santini, Alessia Santostefano, Carla Scarnati, Giuliana Scrocca, Maurizio Spinella, Barbara Starna, Valeria Silla, Giorgio Spadafora, Alessandra Tombolini, Biancalucina Trillò, Peter Ugolini, Anna Maria Vetere. Il Consiglio ringrazia tutti gli Avvocati Conciliatori e i componenti della Commissione. Autorizzazioni ad avvalersi delle facoltà previste dalla legge 21 gennaio 1994 n.53 Il Consiglio - Vista l’istanza presentata dai seguenti professionisti: Avvocati Paola Allegretti, Alessandra Bianchi, Giorgio Candeloro, Marina Cappellini, Alessandra Coata, Marco Grea, Giovanni Iacovoni, Saveria Mobrici, Simonetta Paradisi, Andrea Passalacqua, Simone Petrucci, Antonio Piccolo, Tommaso Maria Salonico, Matteo Serva, Livio Tabili, Stefano Toro, Valentina Toro, autorizza i professionisti sopraindicati, ai sensi dell’art. 7 della Legge n.53/1994, ad avvalersi delle facoltà di notificazione previste dalla citata legge; dispone che gli estremi della presente autorizzazione siano riportati nel primo foglio del registro cronologico degli istanti di cui all’art. 8 della citata legge. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce sulla nota pervenuta il 16 marzo 2007 degli Avv.ti Massimo Angelini e Francesco Angelini con la quale i professionisti comunicano la costituzione di un’associazione professionale denominata “Studio Angelini - Avvocati Associati” e lo scioglimento dell’associazione professionale denominata “Studio degli avvocati Massimo Angelini e Ferdinando Barucco”. Il Consiglio manda all’Ufficio Iscrizioni. - I Consiglieri Barbantini e Fasciotti comunicano che a seguito di segnalazione del 30 settembre 2006 dell’Avv. (omissis) sul contenuto della trasmissione del 29 settembre 2006 “Mi manda Rai Tre”, in ordine “all’inchiesta dedicata agli avvocati, di contenuto diffamatorio”, sono intervenuti in data 10 novembre 2006 e 14 febbraio 2007 presso la Segreteria di Rete di Rai Tre al fine di ottenere la copia della videocassetta relativa alla trasmissione in questione. La Direzione Rai Teche ha risposto in data 19 febbraio 2007 che la Direzione Affari Legali della Rai aveva dato il nulla-osta alla mera visione del programma del 29 settembre 2006 e comunicato che per il rilascio della relativa copia VHS era necessaria l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria. La Direzione Rai Teche ha chiesto il pagamento di euro 52,00 per la prima ora e l’invio di un modello compilato e firmato. I Consiglieri Barbantini e Fasciotti chiedono l’autorizzazione all’operazione anche per un Consigliere di specializzazione penalistica. Il Consiglio delega i Consiglieri Barbantini, Fasciotti e Gianzi. - Il Consigliere Barbantini riferisce di aver FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 223 223 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO richiesto, a nome del Consiglio, nell’ottobre decorso, alla Presidente del XVII Municipio Dott.ssa De Giusti, l’istallazione di idonea segnaletica dei vari Uffici del Tribunale Civile di Roma, mediante l’istallazione di cartelli fissi posti alle uscite della metro Lepanto per favorire l’utenza che, giornalmente, si trova in difficoltà nell’individuare il luogo ove recarsi. Dopo alcuni mesi, ha ricevuto nei giorni scorsi la comunicazione, da parte di detta Presidente, che è stata commissionata ad apposita ditta la chiesta istallazione che dovrebbe essere posta in sito entro breve tempo. In particolare il Consigliere Barbantini ha indicato le Sezioni e gli Uffici che si trovano nell’edificio di Viale Giulio Cesare 54/B, in quello di Viale Giulio Cesare 54, in Via Lepanto 4 e in Viale delle Milizie. Il Consigliere Barbantini ritiene che tale iniziativa possa, sia pure in parte, essere di ausilio alla cittadinanza e propone che il Presidente, ad istallazione avenuta, invii una nota alla Presidente del detto Municipio. Il Consiglio ne prende atto con soddisfazione. (pareri deontologici – v. rubrica) Approvazione del conto consuntivo per l’anno 2006 e bilancio preventivo per l’anno 2007 Il Consigliere Tesoriere Testa, con riferimento al punto 13 dell’ordine del giorno, rileva che nel corso di questi giorni dopo aver presentato alla scorsa adunanza del 15 marzo 2007 la bozza del conto consuntivo per l’anno 2006 e la bozza del bilancio preventivo per l’anno 2007, nonchè la situazione amministrativa e patrimoniale, non ha ricevuto alcuna osservazione da parte dei Consiglieri. Chiede, pertanto, che vengano entrambi approvati vista anche la necessità di sottoporre i medesimi documenti contabili, al più presto, ai Revisori dei Conti e successivamente all’Assemblea Ordinaria degli Avvocati. In tal modo 224 03_attivita del consiglio_1.pmd l’Ufficio potrà operare nei prossimi mesi sulla base di un bilancio preventivo debitamente approvato. Il Consiglio approva il conto consuntivo per l’anno 2006 e il bilancio preventivo per l’anno 2007. Fissa l’Assemblea Ordinaria degli Avvocati, in prima convocazione per il giorno 26 aprile 2007 alle ore 6.00 e in seconda convocazione per il giorno 26 aprile 2007 alle ore 12,30. ADUNANZA DEL 29 MARZO 2007 All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte, il Consigliere Tesoriere Carlo Testa nonché i Consiglieri Giovanni Cipollone, Goffredo Maria Barbantini, Sandro Fasciotti, Federico Bucci, Giulio Prosperetti, Paolo Nesta, Domenico Condello, Francesco Storace, Livia Rossi, Donatella Cerè, Francesco Gianzi, Rosa Ierardi. TENUTA ALBO AVVOCATI iscrizioni Albo ordinario .............................. n. elenco speciale .............................. n. passaggi all’elenco speciale ................ n. nulla osta al trasferimento ................. n. cancellazioni a domanda .................................... n. per decesso ................................... n. per trasferimento .......................... n. 9 1 1 1 2 4 2 TENUTA REGISTRO PRATICANTI iscrizioni ............................................. n. 6 abilitazioni .......................................... n. 1 iscrizioni e abilitazioni ....................... n. 6 compiuta pratica ................................ n. 4 nulla osta al trasferimento ................. n. 1 cancellazioni per decesso ................................... n. 1 per trasferimento .......................... n. 13 a domanda .................................... n. 99 per fine pratica ............................. n. 7 FORO ROMANO 2/2007 224 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO DISCIPLINA proc.trattati in dibattimento ............. n. pratiche disciplinari trattate archiviazioni ................................. n. ap.procedimento disciplinare ...... n. revoche aperture ........................... n. 2 46 2 1 PARERI SU NOTE DI ONORARI emessi ................................................. n. 48 SEGRETERIA autorizzazioni alle notifiche dirette .. n. richieste di patr. a spese dello Stato ammissioni ................................... n. 31 52 DELIBERE (approvazione modifiche al Regolamento in attuazione della legge 241/90 – v. rubrica “Comunicazioni e Notizie”) - Il Presidente riferisce sulla nota pervenuta in data 14 marzo 2007 dal Consiglio Nazionale Forense accompagnatoria della comunicazione del Dipartimento Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia con la quale richiede nominativi di avvocati internazionalisti da inserire in un apposito elenco a disposizione dell’utenza. Il Consiglio indica i nominativi degli Avvocati Carmelo Alessio, Lucilla Anastasio, Marina Binda, Cristiana Consalvi, Marianna Rita De Cinque, Gianfranco Dosi, Manuela Maccaroni, Luigi Mannucci, Rossella Minio, Salvino Mondello, Francesca Paulucci Baroukh, Francesco Samperi, Daniele Stoppello. - Il Presidente Cassiani riferisce che in occasione della celebrazione dei 50° Anniversario della firma del Trattato di Roma, organizzata a Palazzo Spada dall’Unione Avvocati Europei -U.A.E.-, ha tenuto una relazione nella quale ha affrontato il tema dal punto di vista storico con espresso riferimento all’evoluzione dell’Avvocatura e all’impegno profu- so dal Consiglio in questa direzione. Aggiunge che, nell’occasione, ha portato il doveroso saluto del Consiglio al Presidente dell’U.A.E., Avv. Francesco Samperi, e al Collega Rombolà che hanno organizzato in maniera impeccabile l’avvenimento. Precisa che hanno svolto interventi di grande spessore il Presidente del Consiglio di Stato Mario Egidio Schinaia, il Vice-Presidente della Commissione Europea e Commissario per la Giustizia, la Libertà e la Sicurezza On. Franco Frattini, l’ex Ministro On. Antonio Martino, l’Avvocato Generale dello Stato Oscar Fiumara, il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Prof. Guido Alpa, il Prof. Avv. Carlo Malinconico, Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Consiglio ne prende atto. - Il Presidente comunica che ha portato l’estremo saluto del Consiglio ai familiari del Presidente Rocco Misiti. Esprime cordoglio per la scomparsa di un Magistrato che ha riscosso la stima e l’affetto degli Avvocati i quali lo ricordano sempre per le altissime doti morali e professionali. Il Consiglio si associa. Autorizzazioni ad avvalersi delle facoltà previste dalla legge 21 gennaio 1994 n.53 Il Consiglio - Vista l’istanza presentata dai seguenti professionisti: Avvocati Arturo Antonucci, Francescantonio Borello, Rita Conflitti, Nicola Corbo, Corrado D’Agostino, Olga De Leo, Simonetta De Sanctis Mangelli, Paolo De Sanctis Mangelli, Filippo Degni, Flavio Del Soldato, Carlo D’Errico, Marco Di Camillo, Gregoria Maria Failla, Sergio Falcone, Daniela Fava, Guido Frezza, Alfredo Giannaccari, Annarita Graziano, Giulio Guarnacci, Dario Gucci, Marco Livi, Giuseppe Lo Pinto, Eugenio Mingoia, Monica Mura, Antioco Pintus, Aristide Police, Luca Ranalli, Natasza Renzetti, Maria Grazia Roselli, Angelo Russo, Cristiana Spa- FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 225 225 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO gnolo, Il Consiglio ne prende atto. autorizza i professionisti sopraindicati, ai sensi dell’art. 7 della Legge n.53/1994, ad avvalersi delle facoltà di notificazione previste dalla citata legge; dispone che gli estremi della presente autorizzazione siano riportati nel primo foglio del registro cronologico degli istanti di cui all’art. 8 della citata legge. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce che in data 22 marzo 2007 è pervenuta la richiesta della Consob, Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, di una “rosa di candidati” composta da professionisti con almeno dieci anni di iscrizione nell’Albo ed aventi, se conosciuta, specifica esperienza in diritto amministrativo. Il Consiglio indica i nominativi degli Avvocati Luca Bergamini, Marina Binda, Andrea Ciannavei, Antonio Cordasco, Vincenza Di Martino, Fabio Francario, Fabrizio Gallo, Roberto Maria Izzo, Stefano Meloni, Marco Moretti (n. Roma 08.07.1963), Marco Orlando (n. Roma 24.04.1966), Giuseppe Puglisi, Renzo Ristuccia, Marco Valerio Santonocito, Filomena Silipo, Antonio Valori, Giuseppe Valvo, Luigi Visconti. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce sulla nota pervenuta il 23 marzo 2007 degli Avv.ti Fabrizio Castellano e Giorgia Clementi con la quale i professionisti comunicano la costituzione di una società di avvocati denominata “Studio Legale Castellano - Clementi & C. S.T.P.” dell’Avv. Fabrizio Castellano e dell’Avv. Giorgia Clementi. Il Consiglio ne prende atto e manda all’Ufficio Iscrizioni per gli ulteriori adempimenti. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce di aver inserito l’Avv. Veronica Scatena nella Commissione Giovani, in sostituzione di un componente dimissionario. 226 03_attivita del consiglio_1.pmd Contribuzione fissa per richieste di pareri su note di onorari e conciliazioni - Il Consigliere Tesoriere Testa ritiene opportuno prevedere un diritto fisso a carico dei richiedenti di pareri di congruità e istanze di conciliazione ex art. 66 Legge Professionale, a prescindere dall’emissione del parere e dall’esito positivo della conciliazione. Il Consiglio delibera di stabilire la contribuzione fissa nella misura del 20% della tassa versata al Consiglio per la richiesta di pareri di congruità su note di onorari, comunque non ripetibile dalla parte anche in caso di rinuncia all’istanza. Il Consiglio si riserva di provvedere in ordine alle istanze di conciliazione. - Il Consigliere Gianzi comunica di aver inserito nella Commissione di Procedura Penale l’Avv. Giuseppe Squitieri. Il Consiglio ne prende atto. - Il Consigliere Cipollone riferisce sulla lettera dell’Avv. Arianna Agnese, delegata dell’Osservatorio per la Giustizia penale, e fa presente di avere partecipato più volte alle riunioni dell’Osservatorio della Giustizia penale per conto del Consiglio e di aver apprezzato la solerzia e l’impegno dei componenti del predetto Osservatorio, diretto alla soluzione dei problemi attinenti, soprattutto, alla fase dibattimentale. L’idea dell’Avv. Agnese è di allegare alla nostra rivista “Temi Romana” le massime relative alle sentenze di merito per sezioni del Tribunale e per titolo di reato. Il Consigliere Cipollone ritiene che l’iniziativa sia lodevole e vada apprezzata e che, pertanto vada concessa alla professionista la relativa autorizzazione. Il Consiglio approva e concede la predetta autorizzazione all’Avv. Arianna Agnese. FORO ROMANO 2/2007 226 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Informazioni sull’attività professionale, siti internet, modalità e strumenti di informazione - Il Consigliere Rossi fa presente che, alla luce della nuova normativa deontologica, conseguente alle disposizioni di cui alla “Legge Bersani”, occorre stabilire un indirizzo del Consiglio in tema di pubblicità. Negli ultimi mesi, infatti, sono numerosissimi i quesiti proposti dai Colleghi sul punto. Il problema, più che al contenuto dell’informazione, attiene alle forme e alle modalità della stessa. L’art. 17 del Codice Deontologico Forense, infatti, disponendo che “quanto alla forma e alle modalità l’informazione deve rispettare la dignità e il decoro della professione” lascia aperti ampi margini interpretativi della disposizione stessa per cui è necessario che il Consiglio stabilisca quali siano i limiti entro i quali dignità e decoro possano dirsi rispettati. Esemplificando, va rilevato che un certo numero di quesiti proposti al Consiglio riguarda la possibilità di predisporre brochures informative da recapitare nelle cassette della posta di soggeti indeterminati ovvero attraverso l’invio di e-mail. Per la soluzione del quesito è necessario tener presente il nuovo disposto dell’art. 19 del Codice Deontologico Forense che vieta l’accaparramento della clientela (anche) attraverso l’offerta delle proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti. Sarà dunque necessario stabilire se nel divieto in questione rientri anche la condotta come sopra rappresentata. Altro urgente problema è quello che attiene all’utilizzo, da parte dell’avvocato, dei siti web. Com’è noto l’art. 17 bis del Codice Deontologico Forense consente all’avvocato di utilizzare esclusivamente siti web con domini propri di cui egli sia responsabile e che siano privi di riferimenti commerciali e/o pubblicitari. Il quesito più ricorrente è quello relativo all’ipotesi in cui l’avvocato intenda dare informazioni circa la propria attività professionale e circa il proprio studio: deve intendersi nel senso che è fatto divieto all’avvocato di comparire, con il proprio nominativo, nei siti web di associazioni e/o enti che lo indicano come proprio legale di riferimento? Molteplici sono infatti le domande dei Colleghi volte ad ottenere un parere circa la possibilità di essere, appunto, indicati su siti web di enti vari in qualità di legali e cui gli enti stessi fanno riferimento. Va anche rilevato che stanno pervenendo a molti Colleghi messaggi di posta elettronica, inviati da imprese ma anche da avvocati, con i quali si offre l’inserimento, su una guida online, degli studi legali con specifica indicazione del settore di attività e con recensione dello studio (pubblicazione, composizione, casi maggiormente trattati). Tale forma di pubblicità informativa appare senza dubbio in contrasto con il disposto dell’art. 17 bis del Codice Deontologico Forense ma, a sua volta, la citata disposizione può apparire obiettivamente in contrasto con il disposto dell’art. 2 della legge 4 agosto 2006 n. 248. Il Consigliere Rossi, attesa l’importanza della problematica, comunica che verrà, quanto prima, organizzato un Convegno a cura della Commissione Deontologica. Chiede che il Consiglio voglia esprimersi al fine di individuare un criterio, per quanto possibile univoco, che consenta di stabilire la conformità o meno alla nuova normativa deontologica delle varie condotte segnalate. Il Consiglio, dopo ampia discussione, dà mandato ai Consiglieri Rossi e Testa di elaborare una proposta di principi guida cui attenersi. ADUNANZA DEL 5 APRILE 2007 All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte nonché i Consiglieri Giovanni Cipollone, Goffredo Maria Barbantini, Sandro Fasciotti, Federico Bucci, Giulio Prosperetti, Paolo Nesta, Domenico Condello, Livia Rossi, Donatella Cerè, Francesco FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 227 227 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Gianzi, Rosa Ierardi. TENUTA ALBO AVVOCATI iscrizioni Albo ordinario .............................. n. elenco speciale .............................. n. passaggi all’Albo ordinario ................ n. passaggi all’elenco speciale ................ n. cancellazioni a domanda .................................... n. per trasferimento .......................... n. 19 1 2 2 5 1 TENUTA REGISTRO PRATICANTI iscrizioni ............................................. n. 16 abilitazioni .......................................... n. 4 iscrizioni e abilitazioni ....................... n. 4 revoche abilitazioni per decorrenza termine ................ n. 5 compiuta pratica ................................ n. 14 nulla osta al trasferimento ................. n. 1 cancellazioni per decesso ................................... n. 1 per trasferimento .......................... n. 7 a domanda .................................... n. 102 per fine pratica ............................. n. 5 DISCIPLINA proc.trattati in dibattimento .............. n. pratiche disciplinari trattate revoche aperture ........................... n. 1 1 PARERI SU NOTE DI ONORARI emessi ................................................. n. 115 SEGRETERIA autorizzazioni alle notifiche dirette .. n. richieste di patr. a spese dello Stato ammissioni ................................... n. iscr. avv. liste patr. a spese dello Stato .................................... n. 11 71 - Il Presidente riferisce sulla lettera del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli 03_attivita del consiglio_1.pmd - Il Presidente riferisce sulla relazione pervenuta in data 12 marzo 2007 dall’Avv. Giovanni Crisostomo Sciacca il quale, con delibera del 15 febbraio 2007, era stato incaricato dal Consiglio di redigere un parere per chiarire se l’accesso agli atti del procedimento disciplinare possa essere consentito “solamente al cliente che ha presentato l’esposto nei confronti del proprio difensore o, anche, ad un esponente nei confronti del legale della controparte”. Il Consiglio ne prende atto. - Il Presidente riferisce sul convegno organizzato dal Consigliere Giovanni Cipollone che si è tenuto il 4 aprile scorso nell’Aula della Cassa di Previdenza e aveva ad oggetto la presentazione di una nuova pubblicazione di Domenico Marafioti dal titolo “Giustizia e Letteratura”. Precisa che nella occasione alla presenza di numerosi Colleghi, ha portato il saluto del Consiglio e ha svolto un’ampia relazione sull’opera letteraria e sul suo significato. Aggiunge il suo apprezzamento per l’iniziativa del Consigliere Cipollone ed anche per gli interventi di notevolissimo spessore tenuti da Guido Alpa, Carlo Martuccelli, Manfredo Rossi, Giovambattista Mazzuca e dal Dott. Gennaro Francione. Il Consiglio ne prende atto con compiacimento. 79 DELIBERE 228 Avvocati di Rossano, Avv. Serafino Trento, accompagnatoria della lettera dell’On. Fausto Bertinotti, Presidente della Camera dei Deputati, sulla richiesta di rilascio dei locali dell’Ordine. Il Consiglio ne prende atto. - Il Presidente comunica che gli On.li Giuseppe Consolo, Giuseppe Valentino e Giulia Bongiorno hanno preannunciato la presentazione di una interpellanza parlamentare sulla questione della minaccia di estromissione dalla sede storica di Piazza Cavour. Il Presidente esprime compiacimento per FORO ROMANO 2/2007 228 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO l’iniziativa che considera propizia e utile. Il Consiglio concorda con l’opinione del Presidente. Autorizzazioni ad avvalersi delle facoltà previste dalla legge 21 gennaio 1994 n.53 Il Consiglio - Vista l’istanza presentata dai seguenti professionisti: Avvocati Walter Avarelli, Alessandro Bancilhon, Edoardo Belli Contarini, Maurizio Brizzolari, Giuseppe Bucciante, Anna Maria Megna, Michele Pecorella, Alessio Petretti, Lucia Franca Santoro, Francesco Segatori, Roberto Tieghi, autorizza i professionisti sopraindicati, ai sensi dell’art. 7 della Legge n.53/1994, ad avvalersi delle facoltà di notificazione previste dalla citata legge; dispone che gli estremi della presente autorizzazione siano riportati nel primo foglio del registro cronologico degli istanti di cui all’art. 8 della citata legge. - Il Consigliere Segretario Conte comunica che in data 27 marzo 2007 è pervenuta dal Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo la richiesta di un incontro con un referente dell’Ordine di Roma per approfondire gli aspetti relativi alla Camera di Conciliazione che l’Ordine di Palermo è in procinto di costituire. Il Consiglio delega gli Avv.ti Francesco Caroleo e Giuseppe Lepore. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce sulla nota pervenuta il 4 aprile 2007 degli Avv.ti Giuseppe Fischioni e Patricia Maria Cristina Fischioni con la quale i professionisti comunicano la costituzione di un’associazione professionale denominata “Studio Legale Fischioni & Associati”. Il Consiglio ne prende atto e manda all’Ufficio Iscrizioni per gli ulteriori adempimenti. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce sulla nota pervenuta il 4 aprile 2007 degli Avv.ti Lorenzo Giulianelli, Alessandro Bancilhon e Carlo Raiti con la quale i professionisti comunicano la costituzione di un’associazione professionale denominata “Legale Tributario Immobiliare - Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti” in breve “Studio LTI”. Il Consiglio ne prende atto e manda all’Ufficio Iscrizioni per gli ulteriori adempimenti. (pareri deontologici – v. rubrica) ADUNANZA DEL 12 APRILE 2007 All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte, il Consigliere Tesoriere Carlo Testa nonché i Consiglieri Giovanni Cipollone, Goffredo Maria Barbantini, Sandro Fasciotti, Federico Bucci, Giulio Prosperetti, Paolo Nesta, Domenico Condello, Francesco Storace, Livia Rossi, Donatella Cerè, Francesco Gianzi, Rosa Ierardi. TENUTA ALBO AVVOCATI iscrizioni Albo ordinario .............................. n. elenco speciale .............................. n. passaggi all’Albo ordinario ................ n. nulla osta al trasferimento ................. n. cancellazioni a domanda .................................... n. per trasferimento .......................... n. 229 4 1 TENUTA REGISTRO PRATICANTI iscrizioni ............................................. n. 6 abilitazioni .......................................... n. 10 iscrizioni e abilitazioni ....................... n. 7 revoche abilitazioni per decorrenza termine ................ n. compiuta pratica ................................ n. cancellazioni per trasferimento .......................... n. FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 11 5 2 1 2 9 2 229 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO a domanda .................................... n. per fine pratica ............................. n. 50 11 DISCIPLINA proc.trattati in dibattimento .............. n. 3 PARERI SU NOTE DI ONORARI emessi ................................................. n. 44 SEGRETERIA autorizzazioni alle notifiche dirette .. n. richieste di patr. a spese dello Stato ammissioni ................................... n. rigetti ............................................. n. 14 48 1 DELIBERE Protocollo d’intesa con il Presidente della XIII Sezione Civile del Tribunale Ordinario di Roma Cons. Filippo Paone per trasmissione via fax atti e documenti cause civili - Il Consigliere Tesoriere Testa propone al Consiglio di approvare il protocollo d’intesa per lo scambio degli atti e dei documenti nelle cause civili, così come lo ha predisposto, con l’assistenza dei Colleghi Gianmarco Cesari, Mauro Mazzoni e Giovanni Battista Martelli, su iniziativa del Presidente Cassiani e su mandato di precedente delibera consiliare, congiuntamente con il Presidente della XIII Sezione Civile del Tribunale Ordinario di Roma, Dott. Filippo Paone. L’elaborato è stato distribuito, in copia, ai Consiglieri e rappresenta l’iniziativa più concreta e immediata per affrontare il grave disagio dei professionisti forensi nell’accedere alle Cancellerie e agli Uffici giudiziari. Il Consiglio ne prende atto e approva il protocollo d’intesa. - Il Presidente riferisce sulla comunicazione datata 5 aprile 2007 con la quale il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Camerino, Avv. Corrado Zucconi Galli Fonseca, trasmette la lettera pervenuta dal Presidente Aggiunto 230 03_attivita del consiglio_1.pmd della Corte di Cassazione in risposta al noto problema del rilascio dei locali di Piazza Cavour. Il Consiglio ne prende atto con compiacimento. - Il Presidente riferisce sulla comunicazione pervenuta dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli accompagnatoria del testo della proposta di Legge n. 2282 del 22 febbraio 2007 della Camera dei Deputati in materia di competenza del Giudice di Pace e di patrocinio nei giudizi davanti ad esso. Il Presidente riferisce, inoltre, sulla relativa risposta del Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Avv. Michelina Grillo. Il Consiglio ne prende atto. Autorizzazioni ad avvalersi delle facoltà previste dalla legge 21 gennaio 1994 n.53 Il Consiglio - Vista l’istanza presentata dai seguenti professionisti: Avvocati Vipsiana Andreicich, Daniela Barchiesi, Salvatore (detto Rino) Caiazzo, Laura Chambry, Alessandra Colosimo, Gabriele Crescimbeni, Francesco Fazzalari, Roberto Leccese, Fabrizio Lucifero, Daria Polidoro, Luigi Principe, Ugo Scuro, Francesco Silvestri, Francesco Simone, autorizza i professionisti sopraindicati, ai sensi dell’art. 7 della Legge n.53/1994, ad avvalersi delle facoltà di notificazione previste dalla citata legge; dispone che gli estremi della presente autorizzazione siano riportati nel primo foglio del registro cronologico degli istanti di cui all’art. 8 della citata legge. Servizi istituzionali del Consiglio di Colleghi morosi dei contributi annuali - Il Consigliere Tesoriere Testa pone al Consiglio il quesito se sia legittimo o meno subordinare la materiale consegna del parere FORO ROMANO 2/2007 230 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO di congruità su note di onorari al Collega che risulti moroso nel pagamento del contributo annuale dovuto all’Ordine; Il Consiglio considerata la prevalenza del servizio pubblico, ritiene comunque dovuto il rilascio del parere di congruità su note di onorari ai Colleghi ancorchè morosi ma, nel contempo, manda all’Ufficio Amministrazione per accelerare le eventuali procedure di sospensione dall’esercizio della professione per i Colleghi morosi dei contributi annuali per gli anni 2004 e precedenti e di inviare un ulteriore sollecito di pagamento ai Colleghi morosi del contributo annuale per gli anni 2005, 2006 e 2007. ADUNANZA DEL 17 APRILE 2007 (adunanza straordinaria) All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte, il Consigliere Tesoriere Carlo Testa nonché i Consiglieri Goffredo Maria Barbantini, Sandro Fasciotti, Federico Bucci, Livia Rossi, Francesco Gianzi, Rosa Ierardi. DISCIPLINA proc.trattati in dibattimento ..............n. 5 ADUNANZA DEL 19 APRILE 2007 All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte, il Consigliere Tesoriere Carlo Testa nonché i Consiglieri Giovanni Cipollone, Goffredo Maria Barbantini, Sandro Fasciotti, Federico Bucci, Paolo Nesta, Domenico Condello, Livia Rossi, Donatella Cerè, Francesco Gianzi, Rosa Ierardi. TENUTA ALBO AVVOCATI iscrizioni Albo ordinario .............................. n. 8 passaggi all’Albo ordinario ................ n. cancellazioni a domanda .................................... n. per decesso ................................... n. per trasferimento .......................... n. 231 5 3 4 TENUTA REGISTRO PRATICANTI iscrizioni ............................................. n. 12 abilitazioni .......................................... n. 4 iscrizioni e abilitazioni ....................... n. 1 revoche abilitazioni per decorrenza termine ................ n. 1 compiuta pratica ................................ n. 6 nulla osta al trasferimento ................. n. 2 cancellazioni per decesso ................................... n. 1 per trasferimento .......................... n. 4 a domanda .................................... n. 60 per fine pratica ............................. n. 4 DISCIPLINA proc.trattati in dibattimento .............. n. pratiche disciplinari trattate archiviazioni ................................. n. ap.procedimento disciplinare ...... n. 1 41 6 PARERI SU NOTE DI ONORARI emessi ................................................. n. 53 SEGRETERIA autorizzazioni alle notifiche dirette .. n. richieste di patr. a spese dello Stato ammissioni ................................... n. rigetti ............................................. n. 30 85 14 DELIBERE - Il Presidente riferisce sulla missiva pervenuta il 7 marzo 2007 dall’Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri con la quale informa che il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia ha inviato una nota ove chiede la designazione, di concerto tra i due Ordini, di un professionista esperto nel settore giuridico FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 1 231 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO o fiscale-amministrativo delle Onlus da inserire, in qualità di componente, nell’organo della suddetta Fondazione. Allo scopo veniva fissato un incontro per il giorno 13 marzo presso la sede di Via G.B. De Rossi 9. Il Consiglio delega l’Avv. Marco Marianello. - Il Presidente riferisce sulla comunicazione pervenuta il 16 aprile 2007 relativa alla richiesta dell’Avv. Gian Domenico Caiazza di sottoporre al vaglio del Consiglio, per eventuali determinazioni di sua competenza, fatti di natura processuale resi pubblici attraverso una rete televisiva mentre ancora è in corso il processo penale. Il Consiglio incarica il Consigliere Cipollone di redigere un parere di natura deontologica su quanto prospettato dall’Avv. Gian Domenico Caiazza con la predetta nota. Il Consigliere Cipollone all’esito dell’esame della richiesta dell’Avv. Gian Domenico Caiazza così riferisce: “In via generale, nel campo della informazione giornalistica e a maggior ragione televisiva, il diritto di cronaca o di critica non deve estrinsecarsi in una condotta che costituisca una indebita ingerenza probatoria o che intralci l’accertamento giudiziale in corso. Tale ingerenza assume carattere ancor più criticabile, deontologicamente riprovevole se si prospettano in modo erroneo o distorto fatti o circostanze o vengano travisati elementi probatori contrari alla verità, tanto da influenzare l’opinione pubblica o, peggio ancora, persone che dovrebbero rendere testimonianza. Parimenti censurabile deve ritenersi divulgare il contenuto di atti ancora coperti dal segreto istruttorio facenti parte di un fascicolo processuale ancora in sede di indagini. Ovviamente, se in tali implicazioni vi abbia concorso il professionista forense, tale condotta deve ritenersi deontologicamente sanzionabile”. Il Consiglio approva e condivide quanto espresso nella elaborazione di detto parere. 232 03_attivita del consiglio_1.pmd - Il Presidente riferisce che il Coordinamento CUP Territoriali Lazio ha inviato il manuale operativo per la raccolta di firme per la proposta di legge di iniziativa popolare sulla Riforma dell’Ordinamento delle professioni intellettuali. Il Consiglio delega il Consigliere Tesoriere Testa per esame. - Il Presidente, con riferimento alla richiesta del Dipartimento Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia, di una rosa di nominativi di avvocati internazionalisti da inserire in un apposito elenco a disposizione dell’utenza, propone di integrare detta lista inserendo i nominativi degli Avvocati Alessandro ed Elisabetta Mete. Il Consiglio approva. Autorizzazioni ad avvalersi delle facoltà previste dalla legge 21 gennaio 1994 n.53 Il Consiglio - Vista l’istanza presentata dai seguenti professionisti: Avvocati Elisa Amato, Alessandra Amoresano, Caterina Boca, Carlo Borello, Stefano Capece, Massimino Caruso, Paolo Dalla Grana, Emanuela Dell’Ospedale, Gisella Di Letizia, Flora Divizia, Francesca Fegatelli, Massimo Filieri, Silvia Galletti, Giuliano Lemme, Gaetano Longobardi, Carlotta Magno, Filippo Maria Magno, Carmela Musolino, Uliana Paladini, Nino Paolantonio, Fabrizio Pavarotti, Michela Pulcianese, Giovanni Riccio, Vania Romano, Roberto Santucci, Gustavo Schiavello, Arianna Sciore, Gianfranco Sebastianelli, Cristina Simoni, Simone Tamagnini, autorizza i professionisti sopraindicati, ai sensi dell’art. 7 della Legge n.53/1994, ad avvalersi delle facoltà di notificazione previste dalla citata legge; dispone che gli estremi della presente autorizzazione siano riportati nel primo foglio del registro FORO ROMANO 2/2007 232 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO cronologico degli istanti di cui all’art. 8 della citata legge. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce che è pervenuta il 12 aprile 2007 dallo Studio Legale Leuci la comunicazione dello scioglimento dell’Associazione professionale Studio Legale Leuci accompagnatoria del relativo atto notarile. Il Consiglio prende atto e manda all’Ufficio Iscrizioni per gli ulteriori adempimenti. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce sulla nota pervenuta il 18 arpile u.s. degli Avv.ti Michelina Manuppella e Francesco Maria Mannocci con la quale i professionisti comunicano la modifica della denominazione dell’associazione professionale “Studio Legale Associato Avvocati Mannocci-Manuppella” in “Mannocci Manuppella e Associati Avvocati e Dottori Commercialisti”. Il Consiglio ne prende atto e manda all’Ufficio Iscrizioni per gli ulteriori adempimenti. - Il Consigliere Fasciotti, anche per il Consigliere Ierardi, comunica che in data 17 aprile 2007 nella Sala Commissioni del Consiglio si è riunito il Comitato Scientifico della Camera Arbitrale. Nell’occasione i presenti hanno discusso sui criteri di inserimento dei Colleghi avvocati nell’elenco degli arbitri, da formarsi in un prossimo futuro, come prima iniziativa dopo l’approvazione da parte del Consiglio degli atti relativi alla Camera Arbitrale. Sono stati indicati come possibili criteri: l’iscrizione nell’Albo con certificazione dell’esperienza professionale nel settore; titoli accademici e pubblicazioni; assenza di violazioni deontologiche; garanzia assicurativa da responsabilità professionale. I Consiglieri Fasciotti e Ierardi propongono al Consiglio, di valutare la validità dei criteri proposti ed eventualmente di suggerirne di nuovi al fine di integrare e rendere più completa la lista. - Il Consigliere Fasciotti comunica di essersi incontrato con il Signor Marcocci, probabile successore del responsabile dell’UNEP Dott. Sili passato in trattamento di quiescenza, con il quale ha convenuto l’opportunità di incontri programmati per la evidenziazione e la soluzione dei problemi sorti dopo la cessazione del rapporto con la Soc. CAST. Il Consiglio ne prende atto e incarica il Consigliere Fasciotti per la prosecuzione dei rapporti. - Il Consigliere Fasciotti comunica che in data 16 aprile u.s. si è incontrato con la Dott.ssa Gerbino, Cancelliere responsabile della decima Sezione Civile del Tribunale Ordinario di Roma, che ha fatto parte della delegazione che in data 21 febbraio 2007 si è incontrata con i componenti del Consiglio presso l’Ufficio del Presidente del Tribunale di Roma. Si è ricordata la necessità di una iniziativa congiunta, denominata “giornata della giustizia”, tra la Magistratura, l’Avvocatura e il Personale amministrativo delle Cancellerie al fine di evidenziare, e per l’effetto sensibilizzare, il Ministero della Giustizia sulla impossibilità del miglioramento della attuale situazione in ambito Uffici Giudiziari anche con riferimento al ricorso a forme avanzate di comunicazione e/o trasmissione di atti, via e-mail e/o via fax, per carenza di personale e di mezzi. Il Consigliere Fasciotti chiede di essere autorizzato a contattare correntemente nei vari Uffici Giudiziari i responsabili delle Sezioni e i dirigenti delle Cancellerie. Il Consiglio ne prende atto e autorizza il Consigliere Fasciotti a proseguire in detta attività. - Il Consigliere Cipollone riferisce di aver partecipato, unitamente al Consigliere Rosa Ierardi, alla riunione del Consiglio Giudiziario tenutasi in data 18 aprile 2007. FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 233 233 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Fa presente di aver preso la parola, a nome del nostro Consiglio e degli altri Consigli territoriali del Lazio, rivolgendo un caloroso saluto di benvenuto al Dott. Claudio Fancelli, recentemente eletto Presidente della Corte di Appello di Roma e del Consiglio Giudiziario. Il Consiglio ne prende atto e ringrazia i Consiglieri Cipollone e Ierardi. Codice deontologico forense: formazione permanente - Il Consigliere Cipollone, sul Codice Deontologico Forense, illustra ai Consiglieri la relazione che segue e che è stata distribuita in precedenza a tutti i Consiglieri: “In materia di deontologia professionale, alcuni studiosi, accogliendo la tesi di due insigni giuristi, G. Rossi e P. Rescigno, che avevano preso in esame gli aspetti normativi intercorrenti tra gruppi sociali (quali sono gli enti pubblici associativi) e il pubblico potere, hanno attribuito alle norme deontologiche valore consuetudinario, assegnando al Codice forense la funzione di raccolta di usi. Tale tesi si basa, in particolare, su alcune prospettazioni contenute nella sentenza n. 6213, emessa in data 23 marzo 2005 dalle Sezioni Unite della Cassazione, in cui si fa riferimento alle norme deontologiche come “ai principi recetti dal codice deontologico sulla ‘communis opinio’ degli appartenenti alla categoria”. Nel nostro caso, il riferimento alla communis opinio degli appartenenti alla categoria forense, appare un’affermazione priva di valore se si tiene conto della specificazione contenutistica dei precetti deontologici che dovrebbe essere vincolata ai rivoluzionari indirizzi politici formulati dal legislatore, i quali hanno capovolto le regole di condotta cristallizzatesi in tanti decenni. Il ventilato adeguamento del codice deontologico alla nuova disciplina, partendo dalla indicazione di nuovi principi di carattere generale, non ha senso se si considera la volontà 234 03_attivita del consiglio_1.pmd legislativa di trasformare sul piano etico i valori morali della professione, incanalandoli verso un inaccettabile mercantilismo. Si ponga mente al patto sui compensi, al patto di quota lite, alla nuova disciplina delle tariffe professionali e alla pretesa di parificare l’attività intellettuale a quella della “oggettistica da bancarella”, per rendersi conto dell’assurdità di tale tesi. La consuetudine da cui ha origine il richiamato diritto consuetudinario, sin dai tempi di Cicerone, è ritenuta accettazione e affermazione di antiche costumanze, “mores maiorum” che si sarebbero consolidate nel tempo. Si tratta di diritto non scritto, diritto naturale, prodotto di una coscienza sociale. Per Cicerone, infatti, la suprema legge è la legge di natura, immutabile ed eterna, comune a tutti gli uomini come somma e immanente ragione. Ciò del resto è previsto anche dall’insegnamento giusnaturalistico. I disattenti e attuali legislatori dovrebbero spiegarci come sia possibile inserire nella “vetustas” che dovrebbe caratterizzare i vigenti precetti deontologici, un nuovo modello di perfettibilità e ancorarlo a un ethos professionale e sociologico che poggia su opposti ideali, che aborriscono ogni forma materialistica di carattere imprenditoriale. Non si è di fronte alla formulazione di nuove norme ordinarie di carattere generale, bensì alla instaurazione ex novo di principi generali fondamentali, diretti a creare un nuovo modello di società. L’innesto su norme di diritto consuetudinario costituirebbe una aberrazione poichè tale diritto ubbidisce a linee autonome non soggette a ingerenze potestative. Inoltre, non riteniamo di poter aderire alla pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 8225 del 6 giugno 2002, ha ritenuto di dover attribuire in materia deontologica potere normativo al Consiglio Nazionale Forense, ritenendolo ente esponenziale dei professionisti forensi. FORO ROMANO 2/2007 234 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO In verità, secondo l’art. 54 della Legge Professionale, le funzioni di tale Organo istituzionale consistono nella specifica competenza giurisdizionale di pronunciarsi in grado di appello sulle decisioni dei singoli Consigli degli Ordini territoriali (che, com’è noto, sono Organi amministrativi), nonchè nell’esercitare il potere disciplinare nei confronti dei propri membri (la c.d. giurisdizione domestica). La sentenza n. 8225, sopra riportata, aveva già attribuito al Codice Deontologico, approvato in data 14 aprile 1997 dal Consiglio Nazionale Forense, il valore di norma giuridica vincolante nell’ambito dell’ordinamento di categoria, che troverebbe fondamento nei principi dettati dalla Legge Professionale forense di cui al R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 e, in particolare, all’art. 12 comma I. Specifica però, la Corte di Cassazione in detta sentenza, che “la formulazione per le clausole generali di tali prescrizioni, trova specificazione nelle norme del Codice Deontologico il quale, nel suo primo titolo, enuncia qualificandoli principi generali- una serie di doveri mentre, nei successivi titoli, elenca alcuni canoni complementari volti a tipicizzare comportamenti costituenti a loro volta mere esplicitazioni delle regole generali, inidonei quindi ad esaurire la tipologia delle violazioni deontologiche e privi di ogni efficacia limitativa della portata di dette regole”. Il Codice Deontologico Forense costituirebbe un corpo “complementare”, una esplicitazione ermeneutica di principi generali, ma tale prospettazione è in contrasto con il principio costituzionale di legalità (art. 25 comma II della Costituzione) che esige l’esistenza di un sicuro “preceptum legis”. Ogni forma giuridica non può essere caratterizzata da indeterminatezza e incertezza formale. Al di fuori di ogni implicazione relativa alla formazione e attuazione delle norme di diritto consuetudinario, sarebbe stato forse opportuno assegnare ad appositi organismi, all’uopo istituzionalmente delegati, ad autoregolamentarsi (quali sono gli Ordini professionali), il compito di formulare le norme deontologiche, nel rispetto di precise direttive legislative. Per quanto concerne l’Ordine professionale forense, dovrebbe essere indetta un’assemblea generale alla quale dovrebbero partecipare i componenti dei Consigli degli Ordini territoriali, in rappresentanza di tutta l’Avvocatura italiana, ovviamente con l’autorevole intervento del Consiglio Nazionale Forense, portatore di una proposta di Codice Deontologico da sottoporre, per l’approvazione, alla predetta assemblea e con l’intervento dei vertici dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura (organismo politico dell’Avvocatura) e delle Associazioni forensi. I temi da affrontare, come ha recentemente ricordato il Prof. Guido Alpa, Presidente del Consiglio Nazionale Forense, sono di basilare importanza e riguardano, tra l’altro, la legittimità delle tariffe obbligatorie, quale compenso per l’attività stragiudiziale forense e la legittimità del divieto della libera negoziazione del compenso professionale forense, tema sul quale dovrà pronunciarsi la Corte di Giustizia e la Corte Costituzionale; quest’ultima sarà certamente investita sulla questione di costituzionalità dell’art. 1 della Legge di conversione e dell’art. 2 del decreto legge in questione. Non si tralasci di considerare che la riforma della disciplina forense, anche a seguito degli esiti del Congresso Nazionale Forense di Roma, dovrebbe essere esaminata nel prossimo autunno dal Parlamento. Non appare pertanto conforme al modello legislativo vigente il compito di “leggiferare” stabilendo i canoni di un nuovo Codice Deontologico, con l’attribuzione di tale compito al Consiglio Nazionale Forense, tenuto conto che quest’ultimo svolge l’importante funzione giurisdizionale di “giudicare”. Invero, il potere disciplinare (art. 38) è una prerogativa dei Consigli dell’Ordine, custodi FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 235 235 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO degli Albi professionali, in cui sono trascritti i nominativi dei propri iscritti. Il Consiglio Nazionale Forense -come è risaputo- si pronuncia sui ricorsi avverso le decisioni dei Consigli dell’Ordine territoriali ed esplica, pertanto, l’importante compito di vigilare sulla correttezza giuridica e formale dei giudizi posti al suo esame. Come è noto, a norma dell’art. 56 dell’ordinamento della professione di avvocato, l’esecuzione delle decisioni emesse dal Consiglio Nazionale Forense può essere sospesa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Ne deriva che le violazioni deontologiche del professionista forense, dopo la pronuncia dei Consigli dell’Ordine, possono essere sottoposte al vaglio di ben due Organi istituzionali con funzioni giurisdizionali. In definitiva, i Consigli locali svolgono i loro compiti nei confronti dei professionisti che formano l’Ordine forense e quindi all’interno del gruppo che essi costituiscono per la tutela della classe professionale. “Tale funzione è pertanto manifestazione di un potere amministrativo attribuito dalla legge per l’attuazione del rapporto che si instaura con l’appartenenza all’Ordine, il quale stabilisce comportamenti conformi ai fini che si intende perseguire” (C.N.F. 12 luglio 2004 n. 161 Pres. Panuccio, Rel. Tirale, P.M. Iannelli -conf.). L’illuminante decisione del Consiglio Nazionale Forense, ora segnalata, mette in risalto la vera natura delle regole deontologiche. La potestà disciplinare non deve subire condizionamenti di sorta e i singoli precetti non devono essere snaturati sulla base di un concettualismo intellettualistico e teorico non rispondente agli interessi della categoria, tenendo presente l’alto senso morale che ha sempre caratterizzato l’Avvocatura italiana. L’affermazione del Calamandrei “rispetto le leggi solo perchè tali” dev’essere preceduta e legittimata da una salda base etica”. Il Consiglio prende atto di quanto rappresentato dal Consigliere Cipollone e rinvia alla 236 03_attivita del consiglio_1.pmd prossima adunanza ogni determinazione in merito alla formazione professionale. Polisweb - processo telematico - Il Consigliere Condello, nell’adunanza del 29 marzo 2007, ha illustrato la relazione sul processo telematico che integralmente si trascrive: “Il Consigliere Condello ricorda al Consiglio che è necessario procedere al rinnovo per il 2007 del contratto stipulato con la società Datamat relativo all’accesso a distanza al sistema Polis Web. Precisa che il contratto ha una scadenza annuale al 31 dicembre e che, di fatto, il servizio è stato prestato fino alla data odierna e che, pertanto, vi è stato un tacito rinnovo. Il Consigliere Condello riferisce di aver contattato la società Datamat per rivedere il contenuto del contratto alla luce di possibili nuovi servizi che possono essere attivati. La società Datamat ha comunicato che dette attività sono state affidate ad altra società -Net Service s.r.l.- appositamente costituita. Detta società ha contribuito a prestare i servizi Polis Web e ha attivato il collegamento per la trasmissione telematica del decreto ingiuntivo per il Tribunale e il Consiglio dell’Ordine di Milano. Il Consigliere Condello ricorda al Consiglio che nella riunione avuta la scorsa settimana con il Direttore Generale del Ministero della Giustizia, Pres. Castelli, e con il Direttore Generale dei sistemi informatici dello stesso Ministero, Pres. Brescia è emersa la possibilità di attivare altri servizi per l’Avvocatura romana attraverso “un punto di accesso certificato”. Questo nuovo sistema di accesso ai servizi telematici, previsto nel D.M. 14 ottobre 2004, è necessario per attivare le future funzioni previste nel c.d. processo telematico. In tempi brevi e per risolvere alcune note disfunzioni relative allo svolgimento delle attività nei Tribunali si potrà attivare il procedimento per il deposito e la gestione dei decreti ingiuntivi utilizzando il sistema telematico; si potrà atti- FORO ROMANO 2/2007 236 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO vare il sistema di acquisizione delle informazioni con il codice a barre per le note di iscrizione velocizzando la procedura di iscrizione a ruolo delle cause e l’acquisizione dei dati delle parti per la notifica degli atti. Il Ministero della Giustizia ha messo a disposizione un programma software gratuito per predisporre il codice a barre delle note di iscrizione. Lo stesso Ministero ha comunicato che nei prossimi mesi verrà attrezzato un apposito server in Via Damiano Chiesa per attivare queste nuove funzioni. Su detto server verrà inoltre consentito agli avvocati di accedere telematicamente ai fascicoli delle esecuzioni immobiliari. Per poter attivare dette funzioni il Consiglio deve predisporre un “punto di accesso certificato” così come previsto dal citato D.M. Detto D.M. prevede la possibilità di attivare direttamente il “punto di accesso certificato” per il processo telematico, oppure di attivare dette funzioni utilizzando una società appositamente autorizzata, oppure di attivare il sistema dando incarico ad altra società per la sola gestione del servizio. La soluzione ottimale, non avendo il Consiglio attrezzature e Personale idonei, è quello di attivare il punto di accesso direttamente e di dare incarico ad una società esterna per la gestione e la predisposizione del servizio. E’ necessario precisare che nella riunione tenuta con il Direttore Generale Castelli e con il Pres. Brescia è emerso che, ad oggi, l’unica società che può fornire il servizio, avendolo già fornito a Milano, è la società Net Service del gruppo Datamat. Per le altre società sono in corso le procedure di certificazione da parte dei competenti Uffici ministeriali. Alla luce di detta situazione appare evidente la necessità di dare incarico per l’attivazione e la gestione del punto di accesso certificato alla società Net Service per il 2007. Il Consigliere Condello precisa di aver contattato e incontrato il rappresentante della società Net Service per definire la questione relativa alla gestione del collegamento a Polis Web -attività svolta dalla società Datamat- e per attivare le nuove funzioni. In detti incontri e dalle comunicazioni scritte è emersa la possibilità di elaborare un unico accordo forfettizzando i costi. Il nuovo accordo dovrebbe prevedere una revisione del precedente accordo Polis Web e l’inclusione dell’assistenza per la creazione e la gestione del punto di accesso certificato. A fronte del precedente accordo, ove era previsto per il solo Polis Web il pagamento di un canone annuo di euro 60.000,00, è stata proposta la riduzione a 50.000,00 euro dell’importo dovuto per il 2007 con l’inclusione anche dei servizi indicati nell’allegata relazione. Il Consigliere Condello propone al Consiglio di attivare il punto di accesso come previsto dal D.M. 14 ottobre 2004 dando mandato al Presidente di predisporre le domande al Ministero della Giustizia; di dare incarico, per l’anno 2007, alla società Net Service, società del gruppo Datamat, per la gestione del servizio Polis Web, già svolto dalla Datamat negli anni precedenti e per l’esecuzione delle attività indicate nella allegata proposta relativamente alla creazione del punto di accesso al processo civile telematico.” Il Consiglio, preso atto della relazione del Consigliere Condello, ne approva il contenuto. Progetto polizza sanitaria per i giovani avvocati - Il Consigliere Fasciotti riferisce che, su delega del Presidente, ha incontrato il Signor Giacomo Longoni della “Italiana Assicurazioni”. Questi ha consegnato e illustrato l’analisi del “Segmento Avvocati” rappresentata dallo studio effettuato sulla “Premessa”, su “Il Mercato di riferimento”, su “L’analisi dei bisogni” e la “Proposta di agevolazioni commerciali per gli iscritti all’Ordine degli Avvocati di Roma”. FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 237 237 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Dall’esame della documentazione, che è stata distribuita in copia ai Consiglieri, emerge l’interesse delle proposte, sia in merito all’analisi assicurativo previdenziale svolta sul segmento Avvocati, inteso nella sua più ampia accezione, essendovi stati ricompresi anche i Praticanti Abilitati e non, sia in merito alle agevolazioni proposte, che già sono state concordate con l’Ordine degli Avvocati di Milano. Lo studio presentato interessa problematiche della categoria, mette in luce le diverse esigenze legate alle varie fasi della carriera professionale e presenta un pacchetto di agevolazioni, soprattutto per i più giovani. Il Consiglio dà mandato di relazionare sul punto, in una prossima adunanza, ai Consiglieri Fasciotti e Testa per mettere a confronto i due progetti. Discussione in merito alla richiesta di non rinnovare il corso per i difensori d’ufficio avanzata dal Presidente della Commissione Manutenzione. Valutazioni in ordine alla lettera del Presidente Edoardo Fazzioli relativa al corso della Scuola Forense “Vittorio Emanuele Orlando” - Il Presidente riferisce sulla comunicazione pervenuta il 16 aprile 2007 dalla Commissione per la Manutenzione e Conservazione del Palazzo di Giustizia di Roma di Piazza Cavour, con la quale il Presidente Dott. Edoardo Fazzioli ribadisce che l’ambiente utilizzato per lo svolgimento delle lezioni della Scuola Forense Vittorio Emanuele Orlando (area antistante l’Aula Consiliare) non risulta essere adatto a tale scopo. Il Presidente riferisce, inoltre, sull’incontro con il Presidente della Commissione di Manutenzione il quale ha chiesto di non rinnovare il Corso dei Difensori d’Ufficio e quello della Scuola Forense. Tale richiesta sarebbe basata su motivi di sicurezza per il Palazzo. Il Consigliere Rossi, responsabile della Scuola Forense “Vittorio Emanuele Orlan- 238 03_attivita del consiglio_1.pmd do”, fa presente che la per i corsi della Scuola non viene mai utilizzata la parte antistante l’atrio dell’Aula in quanto non si raggiungono tanti corsisti. I partecipanti occupano esclusivamente l’Aula Avvocati. Precisa che l’orario della Scuola è dalle ore 12.30 alle ore 14 o dalle ore 14.30 alle ore 16. In quest’ultima fascia oraria il Palazzo di Giustizia, di norma, si è già svuotato in quanto le udienze sono terminate e gli uffici sono chiusi. Il Consiglio dà mandato al Presidente per il riscontro della comunicazione del Presidente della Commissione di Manutenzione del Palazzo di Giustizia. ADUNANZA DEL 26 APRILE 2007 All’adunanza hanno partecipato il Presidente Alessandro Cassiani, il Consigliere Segretario Antonio Conte, il Consigliere Tesoriere Carlo Testa nonché i Consiglieri Giovanni Cipollone, Goffredo Maria Barbantini, Sandro Fasciotti, Paolo Nesta, Francesco Storace, Livia Rossi, Donatella Cerè, Francesco Gianzi, Rosa Ierardi. TENUTA ALBO AVVOCATI iscrizioni Albo ordinario .............................. n. nulla osta al trasferimento ................. n. cancellazioni a domanda .................................... n. 7 1 2 TENUTA REGISTRO PRATICANTI iscrizioni ............................................. n. 14 abilitazioni .......................................... n. 6 iscrizioni e abilitazioni ....................... n. 4 revoche abilitazioni per decorrenza termine ................ n. 2 compiuta pratica ................................ n. 6 nulla osta al trasferimento ................. n. 1 cancellazioni per trasferimento .......................... n. 1 a domanda .................................... n. 7 per fine pratica ............................. n. 3 FORO ROMANO 2/2007 238 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO DISCIPLINA proc.trattati in dibattimento .............. n. 1 PARERI SU NOTE DI ONORARI emessi ................................................. n. 112 SEGRETERIA autorizzazioni alle notifiche dirette .. n. richieste di patr. a spese dello Stato ammissioni ................................... n. rigetti ............................................. n. 22 55 1 DELIBERE - Il Presidente comunica che la Commissione Famiglia e Minori ha predisposto il Protocollo riguardante le modalità di svolgimento dell’audizione del Minore nei provvedimenti che lo riguardano, che ha provveduto a far distribuire ai Colleghi. Il Protocollo verrà sottoscritto dal Presidente del Consiglio dell’Ordine e dal Presidente del Tribunale per i Minorenni. Si tratta di uno strumento operativo, particolarmente interessante, per il ruolo che viene conferito all’Avvocato nel corso delle delicate procedure minorili. Il Presidente esprime compiacimento al Consigliere Storace e ai Componenti della Commissione. - Il Presidente relaziona sullo svolgimento dell’Assemblea Ordinaria che ha approvato all’unanimità sia il conto consuntivo per l’anno 2006 sia il bilancio preventivo per l’anno 2007. Fa presente che l’Avv. Maurizio Cecconi, Segretario dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, ha proposto un emendamento al bilancio preventivo per l’anno 2007 che preveda il pagamento del contributo per l’O.U.A. Tale richiesta è stata sostenuta da alcuni presenti e contrastata da altri. Il Consigliere Nazionale Carlo Martuccelli ha poi rilevato che il pagamento del contri- buto sancirebbe il rientro nell’O.U.A. e ha proposto che l’importante problema venga posto all’ordine del giorno di altra apposita Assemblea Straordinaria. Il Presidente precisa di aver aderito alla proposta del Consigliere Martuccelli aggiungendo una adeguata e approfondita motivazione. Riferisce, infine che, all’esito, tutti, a cominciare dallo stesso Collega Cecconi, hanno aderito alla proposta di fissare per il 5 luglio 2007 alle ore 12 una Assemblea Straordinaria che preveda all’ordine del giorno la discussione sull’adesione o meno dell’Ordine romano all’Organismo Unitario dell’Avvocatura. Autorizzazioni ad avvalersi delle facoltà previste dalla legge 21 gennaio 1994 n.53 Il Consiglio - Vista l’istanza presentata dai seguenti professionisti: Avvocati Ivana Antonica, Alberto Armellini, Gerardina Benassi, Massimiliano Brugnoletti, Carla Daniele, Laura Daniele, Maria Cristina De Andreis, Mariadolores Furlanetto, Monica Gallone, Giulio Gasparro, Daniela Incalza, Gennaro Leone, Stefano Lucciardini, Barbara Parri, Tiziana Piccione, Paola Remigi, Sofia Ribaldi, Pierpaolo Salinetti, Nikolaus Walter Maria Suck, Antonio Testa, Silvia Urbani, Massimo Vergara Caffarelli, autorizza i professionisti sopraindicati, ai sensi dell’art. 7 della Legge n.53/1994, ad avvalersi delle facoltà di notificazione previste dalla citata legge; dispone che gli estremi della presente autorizzazione siano riportati nel primo foglio del registro cronologico degli istanti di cui all’art. 8 della citata legge. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce che in data 19 aprile 2007 è pervenuta la lettera dell’Avv. Rossella Sabelli con la quale la professionista comunica il cambiamento del proprio domicilio professionale a seguito dello scioglimento dell’associazione professionale denomi- FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 239 239 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO nata “Studio Legale Sabelli-Germani”. Il Consiglio ne prende atto e manda all’Ufficio Iscrizioni per gli ulteriori adempimenti. - Il Consigliere Segretario Conte riferisce sulla nota pervenuta il 20 aprile 2007 degli Avv.ti Maria Chiara Maieli e Anna Maria Buono con la quale le professioniste comunicano la costituzione di un’associazione professionale denominata “Studio Legale Associato Maieli-Buono”. Il Consiglio ne prende atto e manda all’Ufficio Iscrizioni per gli ulteriori adempimenti. (pareri deontologici – v. rubrica) - Il Consigliere Barbantini, con riferimento all’incarico ricevuto dal Consiglio nell’adunanza del 12 aprile 2007 relativamente al ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio dell’Avv. (omissis) avverso il provvedimento di archiviazione della pratica n. (omissis) nei confronti dell’Avv. (omissis) su esposto dello stesso Avv. (omissis), ritiene opportuno che il Consiglio nomini un difensore per resistere al ricorso. Il Consiglio, preso atto di quanto dichiarato dal Consigliere Barbantini, nomina quale difensore del Consiglio per il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio proposto dall’Avv. (omissis), l’Avv. Andrea Manzi, con studio in Roma Via Federico Confalonieri n. 5. Delega il Presidente a conferire allo stesso professionista specifico incarico e ad eleggere domicilio presso il suo studio. - Il Consigliere Cipollone comunica di aver partecipato in data 21 aprile 2007 al “Memorial Stefania Conti Rinaudo”, manifestazione sportiva svoltasi presso lo Stadio dei Marmi al Foro Italico, per commemorare la nobile figura della Collega deceduta circa un anno fa. Il ricavato della manifestazione, che ha avuto luogo con il patrocinio del nostro Con- 240 03_attivita del consiglio_1.pmd siglio e della Presidenza del Consiglio Regionale del Lazio, è stato devoluto per beneficienza in favore dei bambini in difficoltà in Italia e all’estero. Davanti a un folto pubblico, in gran parte formato da avvocati e magistrati, il Torneo di calcio si è concluso con la vittoria della Rappresentativa “Puer”, Associazione di volontariato ed Ente morale Onlus. La squadra degli avvocati si è classificata al terzo posto. Il Consiglio ne prende atto. Progetto polizza sanitaria per i giovani avvocati - Il Consigliere Tesoriere Testa riferisce sul progetto di possibile convenzione con la Capaiap per stipulare una polizza sanitaria agli avvocati più giovani all’atto dell’iscrizione nell’albo degli avvocati. Il Consigliere Fasciotti espone al Consiglio la relazione presentata dalla “Italiana Assicurazioni” sul progetto market pulse che riguarda uno studio effettuato sulle esigenze (“bisogni”) degli avvocati in relazione alle fasce di età e con studi specifici che integrano i vuoti lasciati sia dalle polizze assicurative sui rischi professionali e sulla salute presentati dalla Cassa Nazionale degli Avvocati che da altre Compagnie assicurative. Il Consigliere Fasciotti comunica che i progetti sono stati presi obiettivamente e concretamente in considerazione dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano e pertanto, al fine di presentare in appresso il progetto da sottoporre all’attenzione degli avvocati romani, chiede di essere autorizzato a contattare il Consiglio dell’Ordine di Milano per avere notizie sui rapporti intervenuti tra lo stesso e la società “Italiana Assicurazioni”. Il Consigliere Cerè fa presente che il Consiglio non ha questo tipo di finalità e non deve perseguirle. Inoltre, il Consigliere Cerè non ritiene che ai giovani colleghi possa essere utile una polizza sanitaria ma, nel caso, una polizza FORO ROMANO 2/2007 240 22/06/2007, 11:13 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO di tipo professionale. Sul punto intervengono i Consiglieri Barbantini, Nesta e Storace. Il Consiglio delibera di unificare le due proposte presentate dal Consigliere Tesoriere Testa e dal Consigliere Fasciotti per quanto riguarda l’esame dei progetti attinenti la polizza sanitaria e per quanto riguarda il progetto attinente i rischi professionali e li autorizza a contattare l’Ordine professionale di Milano. Esami avvocato: assenza commissari iniziative conseguenziali - Il Presidente comunica che alcuni Presidenti di Sottocommissioni per gli esami da Avvocato hanno comunicato l’assenza dei Componenti Professori universitari. Riferisce di aver inviato loro una lettera con allegata una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale che qualifica come necessaria, a pena di nullità, la presenza nel Collegio di tutte le componenti. Il Consiglio dà mandato al Presidente di accertare i nomi degli assenti e di convocarli per chiedere spiegazioni. - Il Consigliere Tesoriere Testa riferisce sulla lettera pervenuta al Consiglio il 22 febbraio 2007 del Presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma, Dr.ssa Magda Brienza, già esaminata nell’adunanza del 1° marzo 2007 e affidata al Consigliere Gianzi per esame e relazione. Alla lettera era unita l’istanza del Signor Cherubino Carucci con la quale chiedeva il nulla osta per la concessione della sala avvocati per la rivendita per i valori bollati e per la fotocopiatura. Il Consiglio approva. a cura di Antonio Conte ERRATA-CORRIGE ALBO AVVOCATI - PRIMA EDIZIONE 2007 pag. 402 LAVIGNA Giuseppe n. Crotone 22.04.1973 s. 00136 Roma /Via Luigi Rizzo, 83 t. 3470978971 e.m. [email protected] a. 26.07.2002 FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_1.pmd 241 241 28/06/2007, 04:09 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO COMMISSIONI 8 MARZO 2007 RELAZIONE DELL’AVV. GRAZIA PIRISI CAMERLENGO MEMBRO DELLA COMMISSIONE PARI OPPORTUNITA’ PRESSO IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE La Commissione Pari Opportunità istituita presso il CNF della quale faccio parte è sorta, come le identiche Commissioni esistenti presso molti dei Consigli dell’Ordine di tutta Italia, per realizzare quella tutela prevista e garantita dall’art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Se non ci fossero discriminazioni non si sarebbe sentita la necessità di istituire alcuna Commissione. Uno dei settori in cui, massimamente, si è verificata la “disparità di trattamento” è quello della differenza di sesso. Ancora oggi si può dire che la tutela della donna nelle varie legislazioni è il metro con cui si misura il grado di civiltà di una Nazione. Il recente Convegno di Enna organizzato dal CNF, di cui intendo riferire i passaggi più rilevanti, aveva, ad oggetto “I diritti delle donne nell’area del Mediterraneo” e, mettendo a confronto le tutele e le differenze delle due sponde, ha scelto come sede del Convegno la Sicilia, essendo essa, da sempre, il ponte più avanzato dell’Europa verso le nazioni di fede islamica che per religione, cultura e tradizioni, pur nella loro enorme diffusione, seguitano a contrapporsi all’Europa ed al mondo intero. In quella occasione abbiamo esaminato il caso di donne impegnate nelle professioni di giornaliste ed avvocato in paesi di fede islamica come Turchia, Somalia, Costa D’Avorio e Ghana che subivano la censura e forti discriminazioni nell’esercizio della loro attività per il solo fatto di essere donne, giacché la donna nel mondo islamico non ha il riconoscimento degli stessi diritti dell’uomo. Trasferiti in Italia e in tutto il resto del mondo, i principi “teocratici” - che ispirano il mondo mussulmano – comportano il non riconoscimento delle donne nelle professioni: 1) in una classe italiana uno studente islamico ha chiesto ed ottenuto la presenza di un tutor maschile essendo dalla sua religione vietato seguire le istruzioni della maestra donna; 2) a Padova negli ospedali in cui erano impiegati infermieri mussulmani si è reso necessario trasferirli in reparti diretti da medici uomini in quanto non seguivano le istruzioni di medici donna. Tutto questo per dire che non è facile parlare di integrazione con un mondo che si fonda su leggi che non riconoscono i diritti alle donne: il matrimonio, nikah, rientra tra i contratti 242 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 242 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO di vendita e presuppone il consenso del padre o del fratello della donna e non della donna; il divorzio o la separazione sono sostituiti dall’istituto del ripudio che si ha su iniziativa anche immotivata del marito; nella famiglia vi è una soggezione totale della donna all’uomo il quale può impedirgli di uscire di casa, di educare i figli, di frequentare amici, parenti o conoscenti ha il diritto di picchiarla e nessuna sanzione è prevista per la mutilazione dei genitali, pratica nota con il termine “infibulazione”. La donna può essere lapidata o uccisa dai suoi parenti se rimasta incinta senza essere sposata o se si innamora di un non mussulmano o semplicemente se indossa i blue jeans o non indossa il velo o frequenta non mussulmani. Tali regole sono tutte contenute in quel codice noto con il nome di sharia, che non è eredità del passato ma in vigore attualmente e rivitalizzato continuamente da interpretazioni e pubblicazioni dei più noti Mullàh (capi spirituali) di tutto il mondo. L’impossibilità di integrazione nasce dal fatto che anche l’Islam più moderato (e cioè quello che non manda i suoi “martiri” imbottiti di tritolo a seminare stragi nei mercati, a mettere bombe sugli aerei o sulle metropolitane di tutto il mondo) prevede che siano i non mussulmani a convertirsi alla fede islamica e non viceversa. Si vedano le richieste del Coreis (organizzazione sorta in Italia e capeggiata da italiani convertiti alla fede islamica e sicuramente finanziata da tutti i paesi arabi produttori di petrolio). Insomma è in atto un processo di islamizzazione “pacifica” con la diffusione della popolazione mussulmana in tutti i paesi del mondo. Questo fenomeno è stato favorito e determinato dai paesi arabi produttori di petrolio (organizzazione nota con il nome di OPEC) che attuarono dopo la guerra lampo tra Israele e l’Egitto una “serrata” che, oltre a quadruplicare il prezzo del petrolio ne rifiutava la fornitura a tutti i paesi che non avessero sostenuto le loro richieste politiche che erano: 1) ritiro di Israele dai territori occupati in Egitto; 2) riconoscimento dei palestinesi; 3) partecipazione dell’OLP a tutte le trattative di pace e 4) obbligo per tutti i paesi che importavano petrolio “arabo” di consentire l’immigrazione nei loro territori di popolazioni islamiche “cui doveva essere garantita la tutela della loro religione e delle loro tradizioni”. E siccome tutti i paesi si sono affrettati a firmare tali convenzioni da allora il mondo islamico ha cominciato a dilagare in tutta l’Europa: sono sorte ovunque Moschee e scuole in cui si insegna il Corano, si avanzano pretese che nessuna altra religione – anche di pari diffusione come ad esempio quella ebraica - aveva mai avanzato come abolire la promiscuità dei sessi nelle scuole, nei luoghi di lavoro, sui mezzi di trasporto ecc.. Si vorrebbe in sostanza rivedere la storia, la letteratura, eliminare le opere d’arte che recano offesa al Profeta, riscrivere i testi e modificare addirittura la settimana lavorativa per consentire che il venerdì, giorno festivo per l’islam, sia dedicato alla preghiera. Per non parlare poi della necessità di interrompere il lavoro nel momento preciso in cui scattano le varie preghiere del giorno: in qualunque luogo ed a qualunque attività sia intento, un mussulmano deve sdraiarsi sul suo tappetino di preghiera e, rivolto verso la Mecca, inneggiare ad Hallà. Non importa se nel frattempo la casa brucia o il traffico avvolge l’auto che si è fermata FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 243 243 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO in mezzo alla strada. Lo stesso si vorrebbe per le mense nelle scuole, negli ospedali, nelle fabbriche e nelle carceri ove i mussulmani non possono essere costretti ad assumere “carne di maiale”. La storia del crocifisso, del presepe, e della festa di Natale che offendono le loro coscienze è nota a tutti. Ma a questo punto anche la poligamia è entrata nei nostri paesi e, mentre i cittadini sono soggetti alla pena della reclusione da uno a cinque anni se contraggono matrimonio con persona già sposata, i mussulmani pretendono di vivere in Europa con due o più moglie ed i loro numerosi figli, tutti assistiti dagli stessi diritti e previdenze previste dal paese che li ospita, diritti e leggi che essi possono invocare ma che non sono tenuti a rispettare secondo la Sharia. E’ logico chiedersi dove sia andato a finire il principio di “reciprocità” tenuto conto che mentre in Europa sono sorte centinaia di moschee, nei paesi di fede islamica non è consentito edificare neanche il più piccolo tabernacolo o semplicemente esibire una croce sul petto. In molti di questi paesi le donne europee in visita come turiste sono obbligate a velarsi il capo e ad accompagnarsi soltanto con il proprio marito, salvo l’obbligo di concludere un matrimonio “temporaneo” (mut’a) previsto dalla religione islamica per giustificare l’accompagnamento di un uomo con una donna anche per breve periodo. In una tale prospettiva è assai difficile prevedere una possibilità di “incontro” tra la religione islamica e tutte le altre religioni ed essendo l’Islam un paese in cui la politica è fondata sulla religione (teocrazia) è impossibile una integrazione politica delle popolazioni islamiche. E questo con buona pace di tutti gli islamici moderati che vorrebbero convincerci del contrario. Tornando al tema delle professioni al femminile richiamo la Vostra attenzione sull’esistenza di “discriminazioni invisibili” che si deducono dall’alto numero di donne che si laureano ed accedono alle più varie professioni e dal ridottissimo numero di donne titolari di studi professionali o in posizione apicale nei posti di potere. Solo quarant’anni dopo l’istituzione della Corte Costituzionale una donna è stata chiamata a farvi parte. Il ridotto numero di rappresentanti femminili al Parlamento ed al Senato dimostra che la discriminazione ancora esiste. Lo stesso dicasi, per quanto riguarda l’avvocatura, considerata la ridotta presenza delle donne nei Consigli dell’Ordine. Del resto lo stesso CNF non ha elementi femminili tra i suoi membri e la Commissione Pari Opportunità costituita presso di esso è presieduta da un avvocato sia pur di ampie vedute. Tutto questo per dire che le discriminazioni risultano “per tabulas” e che sono dimostrate dai fatti. Come eliminarle? Con un sistema transitorio di “perequazione”, che esiste in Francia paese che ha la stessa nostra costituzione e non esiste in Italia perché è stato ritenuto “incostituzionale”. Mi riferisco al sistema delle “quote” che è perfettamente legittimo se considerato strumento di natura “temporanea” e cioè destinato ad operare sino a che non vengano eliminate dal tessuto sociale le discriminazioni che esse sono destinate a combattere. Ciò è avvenuto in tutti i Paesi nordici dove le quote non hanno più ragione di esistere 244 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 244 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO perché non esiste più disparità di trattamento tra i due sessi. Diceva l’Avv. Ettore Randazzo al Convegno di Enna “le streghe hanno cessato di esistere nel momento in cui abbiamo smesso di processarle e bruciarle sul rogo” aggiungendo che sia le “quote” che le “azioni positive” sono rimedi “peggiori del male”. Sarei d’accordo se i rimedi fossero di natura permanente e non temporanea, infatti, lo ripeto per attuare la parità è necessario cambiare innanzitutto la mentalità della società, operare sul suo sviluppo culturale, rimuovere con le “azioni positive” le discriminazioni tra i sessi e garantire con le “quote” l’attuazione del principio. Quando questo sistema entrerà a regime non ci sarà più bisogno di “rimedi” ed a quella data sarà cambiata la mentalità e non vedremo più lo spettacolo indegno verificatosi lo scorso autunno 2006 a Roma, al Palazzo dei Congressi, quando gli avvocati, uomini e donne, hanno affollato il palco del Congresso Nazionale Forense per opporsi alla proposta avanzata dalla Commissione Pari Opportunità del CNF sulla tutela delle “differenze di genere”. Perché carissimi colleghi tutti, uomini e donne, non possiamo negare che ci sia una differenza nel “genere” femminile rispetto al “genere” maschile ed è un preciso diritto delle donne ottenere la tutela di tale differenza. Valga un esempio per tutti: presto saremo invitati dai nostri commercialisti a riempire dei moduli che si chiamano “studi di settore”. I moduli sono identici sia per gli uomini che per le donne. Ma non è identico il tempo che ciascuno avvocato ha di potersi dedicare alla professione. Le donne, anche quando non sono sposate, anche quando non allattano, anche quando non hanno figli piccoli, sono dedite alla famiglia di origine per loro natura, ed hanno l’obbligo di accudirla destinando ad essa tutto il tempo che i mariti o gli uomini di casa dedicano alle loro rispettive professioni. Solo di recente una legge ha ammesso che possano essere detratti fiscalmente i costi degli asili nido. Solo adesso i nostri legislatori si sono accorti che l’accudimento dei figli è un costo di produzione del reddito per la donna che lavora!! Non ci deve sorprendere tutto questo perché le leggi sono fatte prevalentemente dagli uomini e le donne da pochissimo tempo hanno fatto il loro ingresso in professioni che erano riservate tradizionalmente all’altro sesso. E’ quindi un problema in primo luogo politico: di leggi che vanno emanate. In secondo luogo è un problema di cultura: la famiglia per prima deve educare i figli al rispetto delle donne ed al riconoscimento della parità dei diritti; la scuola, che è la seconda fase di formazione della personalità di ciascuno, deve garantire lo stesso rispetto; infine la società in tutti i suoi aspetti e con tutti i suoi mezzi e cioè nel mondo del lavoro, nella famiglia, nelle professioni ecc. deve attuare la parità. Il mezzo televisivo, radiofonico e la pubblicità dovrebbero lanciare campagne volte alla affermazione di tale principio. Queste sono le “azioni positive” suggerite dalla situazione e, nel frattempo, tutte le donne sono invitate a partecipare alla vita politica in qualsiasi ambito pretendendo che, con il sistema delle “quote” sia garantita la loro presenza nei luoghi del potere ed attuata la “parità”. Con questo invito saluto tutte le donne. Avv. Grazia Pirisi Camerlengo FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 245 245 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO CONVEGNI “CESARE LOMBROSO…OGGI” Le scienze forensi ed il diritto penale alle soglie del III millennio Convegno del 25 gennaio 2007 Il 25 gennaio u.s. ho avuto l’onore di introdurre e coordinare, in qualità di coordinatore della Commissione di Diritto Penale, presso l’Auditorium della Cassa Nazionale Previdenza Forense il Convegno dal titolo “CESARE LOMBROSO…OGGI” Le scienze forensi ed il diritto penale alle soglie del III millennio. L’evento, organizzato seguendo l’impostazione di un seminario scientifico, è stato patrocinato dalle Commissioni Consiliari di Diritto Penale e dei Diritti Umani, quest’ultima coordinata dal Consigliere Testa e dall’Avv. Fioravanti Carletti, e dal Master in Scienze Forensi dell’Università di Roma “La Sapienza”. Vi hanno preso parte illustrissimi esponenti delle nostre professioni che con grande passione e interesse, ma con il senno di poi, hanno passato in rassegna sulla base di riferimenti storici e scientifici le note teorie lombrosiane, riportandone alla luce contenuti e limiti, ma anche attualità e tendenze con le moderne discipline antropologiche e criminologiche, investigative e psichiatriche di cui il Lombroso, unitamente alla “Scuola Positiva di Diritto Penale”, è stato emblema e fondatore, e che ben possono considerarsi evoluzione naturale e superamento di quelle. Il lavori del convegno si sono, dunque, aperti con l’indirizzo di saluto del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma Avv. Alessandro Cassiani seguito dall’indirizzo di saluto dell’Avv. Maurizio De Tilla Presidente della Cassa Nazionale Previdenza Forense, che hanno ricordato, ma non senza diversità di vedute, l’importanza degli studi scientifici del Lombroso per il nostro diritto e per le diverse branche di cui esso si compone. L’Avv. Ferdinando Imposimato, in qualità di ex Magistrato, ha illustrato sulla base delle proprie esperienze giuridiche lo spessore di alcune teorie lombrosiane partendo soprattutto da casi pratici evidenziandone connessioni e digressioni. Successivamente l’Avv. Giovanni Cipollone, Consigliere dell’Ord. Avv. Di Roma, ha fornito un excursus storico sui predecessori di Cesare Lombroso. Gli interventi prettamente scientifici inerenti alle attuali applicazioni degli studi lombrosiani nella moderna psichiatria forense sono stati magistralmente forniti dal Professore Francesco Bruno, dal Professore Stefano Ferracuti e dal Professore Pietro Pietrini, i quali hanno rispettivamente comparato e approfondito tematiche quali il ruolo dei processi mentali nel procedimento penale, i limiti dell’approccio neuroscientifico e le recenti ricerche sulle ipotesi biologiche della violenza. Il Convegno si è poi concluso con gli interventi dell’Avv. Natale Fusaro che ha relazionato in merito allo sviluppo accademico della psichiatria forense, del Dott. Gino Saladini che ha mirabilmente spostato l’attenzione sull’influenza delle opere del Lombroso anche nella letteratura contemporanea e nella cinematografia moderna ed, infine, con l’intervento di alcuni giovani allievi del Master in Scienze Forensi dell’Università di Roma “La Sapienza”, coordinato dal Professore Francesco Bruno, che hanno esposto con dovizia di contenuti alcuni specifici temi trattati nelle opere lombrosiane, tra cui per semplicità si ricorda tra le più importanti: “L’uomo delinquente”, “Genio e follia”, “La donna delinquente”. Avv. Rosa Ierardi Coordinatore della Commissione di Diritto Penale 246 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 246 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO “LA DIFFAMAZIONE” Convegno del 31 gennaio 2007 Il 31 Gennaio u.s., presso l’Aula Avvocati del Palazzo di Giustizia di Piazza Cavour, si è tenuto il Convegno dal titolo “La Diffamazione”. L’evento è stato organizzato dalla sottoscritta con il valido ausilio della Commissione di Diritto Penale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e dall’Ufficio dei Referenti Distrettuali per la formazione decentrata della Magistratura della Corte d’Appello di Roma. Molte le autorevoli personalità del mondo del diritto, della magistratura e del giornalismo che hanno preso parte all’evento. Il tema prescelto è stato salutato da tutti con grande interesse proprio perché il reato di “diffamazione”, specie se commesso a mezzo stampa, è oggi una tra le fattispecie delittuose più contese all’interno delle nostre aule giudiziarie e, da più parti, se ne prospetta una mera depenalizzazione. Se, infatti, da un lato il nostro ordinamento giuridico tutela a spada tratta il nome, l’onore e la reputazione dell’uomo, sia in quanto singolo sia all’interno delle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità. Va ricordato che “l’offesa alla reputazione” costituisce quel nucleo essenziale dell’articolo 595 c.p., che punisce chi cerca di scalfire e, in definitiva, scalfisce la stima di cui taluno gode tra i consociati. E’ pur vero però che, dall’altra, garantisce il diritto alla libera manifestazione del pensiero, che è anche diritto di informare e di esprimere le proprie opinioni. La libertà di stampa, in particolare, nelle sue espressioni dell’esercizio del diritto di cronaca, di critica e di satira, e la reputazione della persona, restano dunque due diritti costituzionali di pari dignità, che viaggiano appaiati e che quasi necessariamente spesso si scontrano, come mostra l’enorme contenzioso giudiziario con i Giornalisti negli ultimi anni. A ciò va aggiunto che, l’esigenza impellente di contemperare gli opposti interessi e dettare maggiori e/o diverse regole a garanzia dei diritti dei singoli, nasce di riflesso anche dal fatto che, l’epoca in cui viviamo è sempre più caratterizzata dagli innumerevoli progressi conseguiti in tutti i settori della c.d. tecnologia dell’informazione, il mondo di internet è per tutti un chiaro esempio. Ciò sta radicalmente mutando i costumi, le condizioni di vita e di lavoro della nostra società, al punto da rendere possibili molti comportamenti prima solamente immaginabili, così come la circolazione di qualsivoglia tipologia di dati, di immagini e di informazioni che violano palesemente il diritto alla Privacy o alla riservatezza di ognuno. Lo ricordava il Presidente Cassiani nell’indirizzo di saluto ai graditissimi ospiti del convegno e il Cons. Dott. Antonio Bevere che successivamente ha preso la parola, Magistrato presso il Tribunale di Roma e autore, tra l’altro, di una recente pubblicazione in materia di diffamazione. Quest’ultimo, in particolare, si è soffermato sulle problematiche sottese all’esercizio del diritto di critica e di satira rispetto alla configurabilità della fattispecie delittuosa prevista dall’art. 595 c.p. Il diritto di satira viene, infatti, definito dalla letteratura come quel genere di composizione poetica a carattere moralistico o comico, che mette in risalto, con espressioni che vanno dalla ironia pacata e discorsiva fino allo scherno e all’invettiva sferzante, costumi o atteggiamenti comuni alla generalità degli uomini, o tipici di un solo individuo. Anche questo diritto, è stato sottolineato, rientra però, come il diritto di cronaca e di critica, nel novero dei diritti pubblici soggettivi, a loro volta ricompresi nel più ampio FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 247 247 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO diritto di libertà di manifestazione del pensiero espressamente sancito dalla Costituzione. Diritti, questi, su cui la giurisprudenza di legittimità è più volte intervenuta, non sempre con coerenza, indicando i parametri fondamentali mediante i quali possano essere esercitati senza sconfinare nel reato di diffamazione, soprattutto quando siano strettamente collegati all’esercizio della libertà di informazione. Il vero problema, come ricordavano il Dott. Bevere e altri autorevoli esponenti intervenuti in questo convegno, è quello di conciliare tale diritto con quelli inviolabili del destinatario della critica o della satira o della stessa informazione. Non basta infatti, come sindacato dalla Suprema Corte, che sussista il requisito dell’utilità sociale dell’informazione, occorre che vi sia la continenza; non basta la verità dei fatti e degli avvenimenti narrati, deve trattarsi di una verità oggettiva o anche putativa, purché questa sia il risultato di un accorto e serio lavoro di ricerca; non basta utilizzare una forma espositiva civile, occorre che non si leda l’altrui onore e reputazione, la dignità di una persona va infatti sempre preservata. Sul punto sono intervenuti anche i Colleghi Avvocati Giovanna Corrias e Gian Piero Biancolella che hanno ampliato la tematica del convegno alla tutela del diritto alla Privacy ed al trattamento dei dati personali, argomenti strettamente collegati al reato di diffamazione e, negli ultimi anni, alla c.d. “cronaca giudiziaria” qualora si faccia riferimento alla diversa figura del divieto di pubblicazione di atti coperti dal segreto ex art. 114 c.p.p. Sul diritto di cronaca, sull’importanza etica della professione e sulla responsabilità degli editori è, ancora, intervenuto il Dott. Roberto Martinelli, editorialista de Il Messaggero, che ha fatto il punto della situazione citando alcuni dati sul contenzioso giudiziario attuale e mettendo a nudo tutte le problematiche connesse alla applicazione della norma incriminatrice sia sotto il profilo penalistico che civilistico. Vicende giudiziarie recenti hanno confermato, infatti, come la legittima tutela del diritto all’onore e alla reputazione si sia trasformata in un tentativo di facile arricchimento da parte di chi ha mostrato di avere interesse a monetizzare un danno spesso inesistente e quasi mai dimostrabile. Gli interventi dei relatori sono poi proseguiti con le relazioni fornite dal Dott. Giuseppe Corasaniti, Sostituto Procuratore presso Il Tribunale di Roma, e dal Dott. Gennaro Francione, Magistrato presso il Tribunale di Roma, che hanno avuto ad oggetto rispettivamente l’analisi del reato di diffamazione connesso all’applicazione e al rispetto delle norme dei codici deontologici e la prospettiva di un intervento legislativo per la depenalizzazione del reato stesso. I lavori del convegno sono stati infine caratterizzati da un interessante dibattito svoltosi tra i relatori previsti dal programma ed un nutrito numero di giornalisti intervenuti quali ospiti del Consiglio, tra i quali il Dott. Flavio Haver del Corriere della Sera ed il Dott. Giuliano Torlontano della redazione del TG5. Oggetto del dibattito è stata proprio la diversa valutazione del reato di diffamazione elaborata da coloro che operano per la carta stampata, come i giornalisti, e gli operatori del diritto, magistrati ed avvocati. Cons. Avv. Rosa Ierardi Coordinatore della Commissione di Diritto Penale 248 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 248 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO “IL RUOLO DELLA DONNA NELLE PROFESSIONI” Convegno del 6 marzo 2007 Il 6 Marzo u.s., presso l’Aula Avvocati del Palazzo di Giustizia di Piazza Cavour, si è tenuto il Convegno dal Titolo “Il ruolo della donna nelle professioni”. Il Convegno, organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Commissione Consiliare per le Pari Opportunità coordinata dall’Avv. Rosa Ierardi, ha visto la partecipazione di autorevoli e illustri esponenti del mondo del diritto, della politica e del giornalismo. Oltre, infatti, alla Dott.ssa Donatella Linguiti Sottosegretario al Ministero per i Diritti e le Pari Opportunità, al Prof. Avv. Guido Alpa Presidente del Consiglio Nazionale Forense e all’Avv. Alessandro Cassiani Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, che hanno aperto i lavori del convegno, erano presenti all’evento in qualità di relatori, anche la Deputata al Parlamento Onorevole Dorina Bianchi, il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Roma Dott.ssa Simonetta Matone, la Giornalista Dott.ssa Barbara Palombelli, l’Avv. Maurizio De Tilla Presidente della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, l’Avv. Marina Binda Componente della Commissione per le Pari Opportunità e l’Avv. Francesca Coppi Avvocato presso il Foro di Roma. I lavori del Convegno hanno avuto inizio con l’indirizzo di saluto della Dott.ssa FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 249 249 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Donatella Linguiti, che ha espresso il suo ringraziamento per la partecipazione all’evento ribadendo puntualmente che l’impegno a perseguire ogni tipo di discriminazione verso le donne riveste oggi sempre più un ruolo centrale nell’azione di qualsiasi Governo, sia sul piano della programmazione nazionale sia di quella comunitaria. Le discriminazioni di genere e gli stereotipi sessisti che sempre più spesso ricorrono nell’accesso in politica, nell’occupazione, nell’avanzamento di carriera, nel trattamento salariale, nelle professioni autogestite e così via dicendo, rappresentano, infatti, problematiche in crescendo, proprio perché è crescente il numero delle donne che esce dalle nostre università ed entra a far parte del mondo del lavoro. Un mondo, questo, ha sottolineato ancora il Vice Ministro, troppo a lungo rappresentato da uomini, sia nelle posizioni di vertice sia nelle posizioni subordinate, tanto nel pubblico quanto nel privato. Occorre, dunque, rafforzare le tutele in favore delle donne discriminate e, forse, ancor prima di tutto fare in modo che “ciascuna donna” maturi al suo interno la piena consapevolezza del proprio valore e dei propri diritti. All’intervento della Dott.ssa Linguiti ha fatto seguito l’indirizzo di saluto del Prof. Avv. Guido Alpa, il quale, richiamatosi ad alcune interessanti iniziative recentemente intraprese a livello nazionale e internazionale proprio allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le nostre Istituzioni sulle problematiche del ruolo delle donne nelle professioni, ha poi affrontato la storia della “donna avvocato”, ripercorrendo con dovizia di tappe i momenti salienti che hanno permesso alle donne, non senza enormi difficoltà, di accedere a questa professione. Gli interventi dei singoli relatori sono stati, ancora, preceduti dall’indirizzo di saluto del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma Avv. Alessandro Cassiani, che ha spostato l’attenzione su un’ulteriore tematica importante pur se troppo spesso trascurata, quella della garanzia del “diritto di difesa” delle donne discriminate e delle meno abbienti a tutti i possibili livelli. Il Consigliere Ierardi ha, poi, ricordato che il tema prescelto per il Convegno ha inteso riguardare non una singola professione, o la professione dell’avvocato, bensì tutte le professioni. Occorre avere una visone ad ampio raggio della situazione lavorativa delle donne in Italia e delle problematiche emergenti in ogni settore, soprattutto oggi che ci si trova a pochi mesi dalla pubblicazione italiana del “Codice delle Pari Opportunità tra Uomo 250 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 250 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO e Donna”, e per il fatto, non meno importante, della proclamazione da parte delle Istituzioni Europee del 2007 “Anno Europeo delle Pari Opportunità per tutti”. Ancora, per quanto riguarda la situazione delle donne nell’avvocatura, l’Avv. Ierardi ha inteso ribadire che l’obiettivo principale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e in particolare della Commissione per le Pari Opportunità sarà per il futuro quello di incentivare le iniziative dirette a migliorare la posizione della donna nell’esercizio della professione forense, partendo anche dalla recentissima delibera dello stesso Consiglio che istituisce “l’Osservatorio per le Pari Opportunità”, e dalla avanzata proposta per l’istituzione all’interno dei nostri Tribunali di asili nido, o per lo meno di sale riservate da destinare alle puerpere per l’allattamento. Tutto ciò consentirà un maggior rispetto della dignità della donna avvocato. Gli autorevoli relatori di questo Convegno hanno, quindi, affrontato le problematiche esistenti nel campo del lavoro femminile e nei diversi contesti professionali partendo anche dalle proprie personalissime esperienze. La Dott.ssa Simonetta Matone Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Roma, ha rappresentato la situazione delle donne magistrato in Italia, in specie nel rapporto con i colleghi uomini, sottolineando il fatto che, negli ultimi anni, alla progressiva e costante presenza femminile in magistratura non ha fatto seguito l’adozione di soluzioni e di strumenti capaci di garantire una piena ed effettiva parità di trattamento rispetto ai colleghi uomini. L’On. Dorina Bianchi si è, invece, soffermata sulla controversa questione delle cosiddette “quote rosa” nella politica Italiana sottolineandone, d’altro canto, la duplicità di problemi, da un lato, la mancanza di un sistema meritocratico efficiente, dall’altro, l’incapacità delle donne di esporsi in maniera più penetrante in politica. L’Avv. Maurizio De Tilla sottolineando la maggiore capacità e propensione delle donne nel distinguersi in tutte le professioni, soprattutto in quelle scientifiche, non senza polemica, è poi intervenuto sul recente dibattito in tema di riforma delle libere professioni che sempre più spesso sta generando grandi perplessità e dissapori tra l’attuale classe politica e gli aderenti agli Ordini Professionali. “Riforma”, ha asserito il Presidente De Tilla, “destinata a minare più che a rafforzare il ruolo e l’identità degli uomini e delle donne che operano nelle professioni”. La Dott.ssa Barbara Palombelli, in rappresentanza della categoria dei giornalisti, ha sottolineato, da un lato, la fondamentale importanza delle nuove tecnologie che da poco più di un ventennio hanno permesso alle donne di operare in un settore professionale, quello del giornalismo, da sempre riservato agli uomini e di poter svolgere liberamente il proprio lavoro non solo nelle missioni a rischio, ma anche dalla propria abitazione; dall’altro, la triste realtà che vede ancora, rispetto agli altri Paesi Europei, neppure una donna a vertice di una testata giornalistica o di una emittente televisiva. L’Avv. Marina Binda Componente della Commissione per le Pari Opportunità ha relazionato, invece, sulla recente normativa codicistica approvata dal Parlamento italiano in materia di “pari opportunità tra uomo e donna”, sottolineando, in specie, l’importanza dell’inversione dell’istituto dell’onere della prova in materia di discriminazioni. Ancora, ha espresso apprezzamento in vista del disegno di legge presentato alle Camere sulle nuove disposizioni in tema di violenza sessuale, maltrattamenti e atti persecutori, destinato a rafforzare le tutele aggiungendo nuove norme e modificando quelle attuali. I lavori del Convegno sono stati, dunque, autorevolmente conclusi con la relazione FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 251 251 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO dell’Avv. Francesca Coppi che si è espressa in merito alla possibilità per la donna avvocato di vedere riconosciuto lo stato di gravidanza quale causa di legittimo impedimento a comparire in udienza. Cons. Avv. Rosa Ierardi Coordinatore della Commissione per le Pari Opportunità “PROFILI ETICI, GIURIDICI E MEDICO-LEGALI IN TEMA DI EUTANASIA” Convegno del 27 marzo 2007 Il 27 Marzo u.s. presso l’Aula Avvocati del Palazzo di Giustizia di Piazza Cavour, si è tenuto il Convegno dal titolo “Profili etici, giuridici e medico-legali in tema di eutanasia”. Il Convegno, fortemente voluto dalla sottoscritta quale coordinatore della Commissione Consiliare di Diritto Penale è stato organizzato e promosso in collaborazione con il Consiglio dell’Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri, e ha visto la partecipazione di autorevolissimi esponenti delle nostre Istituzioni e Professioni. Sono, pertanto, intervenuti: l’Avv. Alessandro Cassiani Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma, il Dott. Mario Falconi Presidente dell’Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, l’Avv. Rosa Ierardi Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma e Coordinatore della Commissione di Diritto Penale, il Prof. Avv. Adelmo Manna Ordinario di Diritto Penale presso l’Università di Foggia, il Prof. Rodolfo Proietti Ordinario di Anestesia e Rianimazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Consigliere dell’Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, il Prof. Avv. Guido Calvi Senatore della Repubblica e Vice Presidente della Commissione Affari Costituzionali, l’Avv. Giuseppe Consolo Deputato al Parlamento e Capogruppo Commissione Giustizia, il Dott. Attilio Pisani Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, il Dott. Luigi Tonino Marsella Specialista in Medicina Legale e Consigliere dell’Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, il Dott. Giacomo Ebner Giudice presso il Tribunale Penale di Roma, l’Avv. Guido Romanelli Presidente Unione Romana Giuristi Cattolici, il Prof. Don Davide Cito Docente della Pontificia Università della Santa Croce ed infine la Dott.ssa Barbara Carfagna Giornalista del TG 1. Date le autorevoli presenze, l’evento non poteva che costituire un momento di grande riflessione e approfondimento su una questione antica, da sempre dibattuta, che oggi più che mai, vuoi per i recentissimi fatti di cronaca drammaticamente rappresentatici attraverso i media, vuoi per le scelte liberali perpetrate da alcuni Paesi Europei e del Mondo che sempre più spesso ci fanno sentire un Paese di serie B nella risoluzione delle questioni etiche e sociali che attanagliano i popoli, si mostra d’imperio sempre più attuale e al centro d’ogni polemica. Il nostro, d’altra parte, è un Paese laico e cristiano, di forte inclinazione al rispetto del diritto alla vita in tutte le sue possibili manifestazioni. La sacralità della vita rientra anzi tra quei valori ritenuti spesso “assoluti” che hanno sempre costituito, per una nutrita schiera del mondo politico, un ostacolo insormontabile alla legalizzazione di qualsiasi forma di eutanasia. La morte continua, dunque, ad essere considerata un “tabù”. Il nostro diritto continua a punire duramente chi aiuta in qualsiasi modo, anche 252 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 252 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO “dolcemente”, un uomo a morire. Il caso Welby, il caso di Luana Englaro, il caso Nuvoli e quelli di tanti altri rimasti almeno per ora distanti dalle telecamere e dai giornali, ma che ci hanno visto comunque riuniti nella veste di avvocati, medici, giudici, politici e religiosi, hanno infiammato nuovamente gli animi e riacceso il dibattito in tema di decisioni di fine vita, di testamento biologico e di accanimento terapeutico, lasciando ben sperare che possa finalmente addivenirsi a qualcosa di concreto come l’avvio di un serio dibattito parlamentare teso a dar risposta alle richieste di chi soffre e, non ultimo, a tutelare i professionisti da scelte che troppo facilmente ricadono nella colpa professionale del medico. Allo stato attuale sono circa sette i disegni di legge presentati al Senato, perlopiù in materia di testamento biologico, e su cui inesorabilmente dovrà tornarsi a discutere prima che una legge venga effettivamente promulgata. Ma questo, come si è evinto da alcune battute degli esponenti politici del Convegno, non è che l’ “iter” naturale che occorre seguire per tutte quelle questioni che più che sulla carta attengono alla nostra personalissima coscienza e richiedono, perciò, più tempo, una maggiore comprensione e maturità di scelta da parte di tutti gli operatori del nostro ordinamento giuridico. A livello politico le distanze sono da sempre manifeste, aggravate dalla tradizionale conflittualità tra orientamenti laici e cattolici presenti trasversalmente in tutti gli schieramenti parlamentari. Gli stessi partecipanti al convegno hanno infatti espresso opinioni politiche divergenti sia in materia di eutanasia sia di testamento biologico, confrontandole anche alla luce dei diversi dettami costituzionali e dei principi etici e giuridici su cui il diritto alla vita, quale diritto indisponibile, si fonda. Dunque, il testamento biologico altro non sarebbe, secondo alcuni, che il logico trapasso verso l’eutanasia così FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 253 253 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO come spesso accaduto in altri Paesi che di una disciplina già dispongono; secondo altri e più liberali rappresenterebbe, invece, il logico rispetto del principio dell’autodeterminazione del paziente a non essere tenuto in vita a tutti i costi, specie, quando lecito sarebbe dubitare che di vita ancora si tratti. Tale volontà non è poi altro che l’affermazione dell’ormai irrinunciabile postulato rappresentato dal principio di autonomia, consacrato nello strumento del consenso informato e nel divieto di accanimento terapeutico, due aspetti che hanno profondamente modificato il rapporto medico-paziente negli ultimi decenni. Se è infatti pacifico che il consenso dell’interessato sia il presupposto legittimante di qualsiasi atto medico, appare di certo difficile negare che l’autonomia del singolo possa trovare un giorno applicazione anche nelle decisioni di fine vita, anche laddove questo significhi anticipare il momento della morte. I recenti casi di cronaca, ben illustrati dai magistrati presenti al convegno, hanno invero dimostrato come da un punto di vista strettamente giuridico il rifiuto delle cure sia diventato un vero e proprio diritto del singolo, la libertà di lasciarsi chiaramente morire, sia dove esso sia determinato da scelte religiose (è stato ricordato il caso delle trasfusioni per i testimoni di Geova), sia personali (come il caso eclatante della donna ammalata di diabete che si lasciò morire rifiutando l’amputazione di un arto in cancrena). Al di là di questi casi concreti, però, ancora troppo spesso si tende a confondere la pratica eutanasica attiva, che è rigorosamente vietata e probabilmente lo sarà per molto tempo ancora, con l’interruzione delle terapie mediche intensive, cosiddette salvavita. Quello dell’accanimento terapeutico è oggi infatti già un “divieto” come più volte sottolineato dai medici presenti, e spetta al malato esprimere il proprio consenso o dissenso alle cure mediche laddove sia in grado naturalmente di farlo, e spetta al medico astenersi da quei trattamenti, da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/ o un miglioramento della qualità della vita. E’ questa una regola deontologica di fondamentale importanza che ben si allinea alle altre dello stesso codice professionale e trova ancor più conferme sia nel recente parere espresso dal Comitato Nazionale di Bioetica (2003) in materia di direttive anticipate di trattamento, sia nella Convenzione di Oviedo (1997) recentemente ratificata dallo Stato Italiano ma rimasta pressoché disattesa. Essa rappresenta, dunque, un discrimine tra la volontà del paziente in qualunque modo rappresentata e la scelta, responsabilità, consapevole del medico di continuare a tenerlo in vita. Il mondo della medicina, allora, non sembra affatto distante da quel Giuramento di Ippocrate come alcuni vorrebbero farci credere, ma in perfetta armonia si schiera con esso, ieri come oggi, con sfavore verso l’eutanasia, con maggior propensione verso le direttive anticipate o il testamento biologico. Ma non tanto per dare risalto a nuove libertà e diritti dei cittadini come da qualcuno affermato, quanto per esprimere con chiarezza i “doveri del medico”. Sul punto è unanime la volontà di una normativa destinata a colmare taluni vuoti legislativi, a ridurre quell’incremento vertiginoso del contenzioso giudiziario nei confronti dei medici a cui si è assistito negli ultimi anni e ridare a priori serenità e certezza a una professione tanto rischiosa quanto importante per la salute di ognuno di noi. La magistratura in ciò non può fare molto, checché alcuni sostengano che norme e principi applicabili alle tante richieste di chi soffre siano già parte del nostro bagaglio giuridico. I magistrati possono senza dubbio interpretare e applicare le norme, ma sono soggetti anch’essi alla Legge, non possono dunque sostituirsi al Legislatore nel delicatissimo compito di disciplinare la vita o la morte di un uomo. Cons. Avv. Rosa Ierardi Coordinatore della Commissione di Diritto Penale 254 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 254 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO DIFESA E SENSO DELLA GIUSTIZIA. INTRODUZIONE AGLI ACTA (Relazione in occasione del I° Convegno dell’Associazione Silvia Sandano) L’intellectus Angelicus è onnisciente, conosce immediatamente la verità, non ha bisogno di allestimenti probatori, né di argomentazioni più o meno confutabili. A volte è concesso parlare in propria difesa, come ai defunti dell’antico Egitto, ma l’elencazione dei peccati non commessi non è in alcun modo manipolabile, non lascia spazio a furbizia e negazione dell’evidenza: alla pesatura del cuore presieduta da Anubi segue la vita ultraterrena o l’annientamento definitivo tra le fauci di Ammit la Divoratrice. Difendersi, nel senso comune del termine, ossia esercitare il diritto a rappresentare un fatto finanche mentendo, è praticamente impossibile; la difesa si riduce ad un rito apotropaico niente affatto teso a fornire coordinate del vero soggettivo. Diverso è per la progenie umana che non possiede medesima veggenza. I processi nascono dal bisogno di approntare rituali finalizzati ad una contesa sostenuta da prove. Il giudizio umano è una parvenza logica di veridicità. Il tropo prevale sul concetto di vero. E’ l’arte retorica che gli avvocati inseguono sull’orma di Cicerone. I giudici si concentrano sull’esegesi della norma, sull’analisi delle prove non narrative, sui dicta dei testimoni e sulle antifrasi dell’avvocato o del pubblico ministero dediti ad arringhe ben costruite, scovando, così, verità dove non sempre ve ne sono. Al centro di questa giostra di ruoli e di decodificazioni si trova l’imputato, come lo chiama il nostro legislatore, propenso, anche nella scelta terminologica, ad incentrare il focus del processo più sull’atto imputativo che sul ruolo difensivo; o, meglio, il defendant anglosassone, ossia colui che è chiamato a difendersi dalla complessa architettura d’accusa. «Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., perché, senza che avesse fatto niente di male, una mattina fu arrestato» scriveva Kafka ne Il Processo, costruendo un incipit narrativo che, nell’immaginario di ogni lettore, ha vergato il senso traumatico dell’incombenza di una giustizia disfunzionale, segreta e potente, che non lascia spazio alcuno alla difesa e che è segnata con il marchio inquisitorio, informatore di gran parte dei sistemi dell’antichità. Tuttora, a dire il vero, nonostante i più recenti rivolgimenti accusatori, l’inquisitio parzialmente disegna le linee di rimembranza, come mi piace chiamarle, di alcuni sistemi processuali contemporanei; tra questi il latino-americano. Lo ha esaurientemente testimoniato la Dott.ssa Lorandi, pubblico ministero in Brasile, che, nel suo intervento al Convegno dell’Associazione Silvia Sandano, Profili del diritto di difesa nei sistemi penali, del 16 giugno 2006, evidenzia discrasie accusatorie come la disparità difensiva, ancora percepibile nel sistema brasiliano a seconda della classe economica di appartenenza, o l’impalcatura probatoria prevalentemente fondata sulla confessione. Tuttavia non di meno incrinato è, spesso, il ruolo della difesa nel processo accusatorio, senz’altro orientato verso un maggiore garantismo, cui la legislazione italiana si è tendenzialmente uniformata. Nel teatro processuale costì allestito, si contrappongono, dinanzi ad un giudice terzo, due parti essenziali, accusatore ed accusato, le maschere di Jhering. La risoluzione del caso sub iudice, che coincide con la cristallizzazione della verità processuale, è frutto, dunque, di una comparazione dei fatti presentati da costoro in un certame che, tuttavia, in alcuni casi, solo a parole si svolge in parità di armi. E’ un sistema abbastanza paritetico negli Stati Uniti d’America, ove il processo raggiunge FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 255 255 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO un elevato livello libertario che si traduce nel binomio contesa-negozialità, talché, come linearmente messo in luce da un altro relatore, l’Avv. Bosco dello studio Sherman & Sterling, si assiste ad un «gioco delle parti» che «contendono di fronte ad un terzo». E’ un sistema decisamente meno paritetico in Italia, benché le rimembranze pirandelliane in tema di gioco delle parti -cui inevitabilmente saranno, con me, inclini gli appassionati di letteratura-, pur portando a ragionamenti in vero poco giuridici, tracciano conclusioni simili rispetto alla logica processuale: la verità rimbalza sui fatti a seconda di chi li narri, di chi li spieghi, di chi li provi e con quali elementi; la verità corre lungo il filo dell’introiezione di un episodio, di una rappresentazione di un fatto; la verità non costituisce un unicum, ma è infinitamente scindibile nelle verità di ognuna delle parti. La differenza, piuttosto, risiede, per quel che qui consta, nella concreta gestione del diritto di difesa, che, in realtà patisce nel nostro sistema gli strali di un’inferiorità allarmante. La rischiosa pratica di incentivare la rinuncia al diritto di difesa, di cui sono macroscopici esempi i riti speciali a carattere premiale, continua ad estendersi in modo silente a varie propaggini del compendio procedimentale tipico, formato dal climax ascendente “prescrizione legale / fatto storico / accertamento giurisdizionale / sanzione”, abbattendo, molte volte, il baluardo dei diritti della persona, la cui più o meno ampia tutela denota il grado stesso di civiltà di un popolo. Difendere, infatti, non significa giustificare il crimine, come ha magistralmente osservato il Prof. Stile, ma tutelare l’essere umano; è in tal senso che il diritto di difesa, come egli afferma, diviene «uno degli indicatori più rilevanti per la individuazione del livello di uno Stato di diritto». La emarginazione del diritto di difesa, però, non incide solo sulla dignità della persona, depauperando il senso stesso della civiltà, ma, come osservato dal Prof. Marafioti nel suo intervento, determina un effetto “rimbalzo” di ordine pratico: attira l’attenzione dei giudicanti più sui casi in cui sia la difesa ad ingenerare abusi che non il contrario, in palese dispregio di quanto sancito dalla Carta Costituzionale. Né, del resto, il quadro processuale generale dallo stesso Relatore tracciato promette considerazioni più consolatorie in tema di difesa: il processo triadico, egli prosegue, è diventato diadico e vede contrapposti l’imputato ai magistrati -requirente e giudicante-, che «sono d’accordo, sono nella stessa direzione» e danno adito ad «uno stravolgimento di ruoli», che in nessun senso inteso lascia spazio a buone speranze. L’argomento affrontato è di bruciante attualità e, personalmente, oserei estenderlo non solo alla diatriba sull’opportunità che l’accusa continui ad essere rappresentata da un magistrato, ma anche alla ormai dilagante pratica d’affidare il ruolo requirente ai vice procuratori onorari, che si muovono in un limbo tra la magistratura-impiego, cui aspirano, e la libera professione, che non esercitano, se non marginalmente in altri distretti, non riuscendo, così, a svolgere, in senso tipicamente accusatorio, il ruolo del prosecutor, a discapito -potrebbe accadere- della correttezza procedimentale in un sistema di tale impronta. Al processo, quale rito di pseudoconoscenza veridica, a volte fortemente orientato, a seconda delle inclinazioni intellettuali e dell’esistenza più o meno marcata di un’auspicabile appendice morale nei magistrati, si affiancano, poi, profeti e predicatori politici, che traducono in norme le correnti di pensiero partitiche, non sempre ben formate e pur tuttavia disegnate, sulla carta degli atti legislativi, con una fluida quanto carente logicità. La scienza della normazione raramente appartiene ai più recenti legislatori. Appare falsato il delicato rapporto tra physis e logos. 256 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 256 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Ne è chiaro esempio -come attesta, nel suo pregevole contributo, il Prof. Preziosi- la recente normativa in tema di terrorismo (art. 270 sexies c.p.), suggerita dall’esigenza dell’interazione transnazionale anche sotto il profilo legislativo, che trasferisce la difesa dal piano della difficoltà a quello della quasi-impossibilità, determinando «un chiarissimo slittamento dalla fattispecie penale, intesa come una cornice chiaramente individuata dal legislatore, a quella che è stata chiamata una fattispecie penale a formazione giudiziale; cioè ad una fattispecie penale che viene creata essenzialmente in sede giudiziale e che quindi non ha il supporto descrittivo sufficientemente afferrabile». Un’asimmetria di base tra accusa e difesa, dunque, nonostante l’imprinting di un sempre più evidente garantismo, intesse ancora l’odierno ordito penale sostanziale e processuale. Tale asimmetria allontana il concetto moderno di giustizia dalla sua icona tradizionale di dea portatrice di interessi bilanciati come nei rituali egizi di Maat o nelle raffigurazioni di Diche, a partire dall’arte greca e dalla mitologia astronomica, che cristallizza la figlia di Temi, ora come Astrea, nella costellazione della Vergine cui appartiene la vicina Bilancia, fino alla stilizzazione del settimo Arcano Maggiore dei tarocchi. La bilancia che soppesa verità presuppone una eguale possibilità di riempimento dei due piatti da parte dei contendenti e le defaillance sistemiche in tema di diritto alla difesa la trasformano in uno strumento non ben tarato, che pende irrimediabilmente verso il carico d’accusa e richiede un impegno sovradimensionato alla difesa per avere ragione del mancato equilibrio iniziale. Ebbene, l’interesse che dovrebbero suscitare l’argomento “difesa” e gli Acta che sto presentando per l’Associazione Silvia Sandano, non abbisogna di ulteriori parole, credo. Posso solo scrivere ancora una breve notazione. Conoscevo Silvia Sandano. Era una seria studiosa ed una giovane e brillante donna che possedeva il dono di una straordinaria ricchezza interiore. Ho avuto la fortuna di condividere con lei una parte dell’attività universitaria; ho avuto il triste onore di ricordarla nelle pagine del Foro Romano dopo la sua prematura scomparsa avvenuta nel 2004. Tutti coloro che la conoscevano hanno perduto, con lei, una parte importante della propria vitale sfera di affetti. Oggi, però, in un modo del tutto originale, grazie all’impegno di Nicolò Cavalcanti di Verbicaro e di amici e colleghi, l’elegante figura della Silvia giurista, che abbiamo in più occasioni avuto modo di apprezzare, come ha ricordato affettuosamente l’Avv. Giordano del Foro di Roma nella sua Relazione, ha trovato un nuovo modo di esprimersi, sconfiggendo il silenzio ed ampliando i confini del diritto e della procedura penale attraverso due efficaci canali di comunicazione. Il primo attiene alla organizzazione di Convegni in modo da estendere sempre di più, anche a livello internazionale, i confini del diritto e della procedura, avvalendosi degli studi e degli approfondimenti di illustri nomi del panorama universitario e professionale, come giustamente evidenziato dal Prof. Cassiani, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ed ospite del Convegno, nel suo commosso e romantico saluto. Il secondo, ancor più innovativo, presenta una connotazione umana che affianca del pari quella giuridica e consta di un premio che, a partire da questo primo appuntamento, ogni anno, verrà assegnato per particolari meriti acquisiti nel settore legale. In particolare, nel Convegno che quivi si presenta, la Targa d’argento Silvia Sandano è stata consegnata all’Avvocato nigeriano Imam Ibrahim Abdulkadir, difensore della Signora FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 257 257 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Safiya Hussaini Tungur Tudu, condannata alla lapidazione per tentato adulterio ed assolta in secondo grado. Il premio è stato assegnato all’Avv. Abdulkadir «per aver concretamente applicato quei principi di lealtà, correttezza, onestà nell’esercizio della professione di avvocato penalista, posponendo al proprio interesse personale ed economico il rispetto della dimensione umana, culturale e spirituale della persona, la dignità e i diritti fondamentali dell’uomo». Particolarmente toccante l’intervento dell’Avvocato nigeriano sulla legislazione penale islamica, ove, ancora oggi, sono prescritte pene corporali, la cui inumanità, alla luce dei sistemi giuridici moderni, delle Carte Costituzionali e delle diverse affermazioni internazionali dei diritti dell’uomo, è in esse intrinseca, soprattutto tenuto conto che la logica del risarcimento e del perdono è prevaricata dalla ritorsione secondo schemi retributivi della pena che, spesso, esulano da una seppur minima comparazione con il fatto commesso, come nel caso della Sig.ra Safiya. Ricorda la repressione di condotte offensive per gli dei, un sistema penale di tale guisa, più che un giudizio umano sui fatti umani. In parte lo è. Un corretto sviluppo della fenomenologia normativa, però, imporrebbe scelte diverse, oggi. Personalmente, tornando all’amata cosmogonia egizia, lascerei che Shu, l’Aria, separi Geb da Nut, la Terra dal Cielo, evitando, così, di recare offesa ad alcuno dei due elementi. Il passato ci insegna che il diritto e la procedura, se pedissequamente recepiti da sacre scritture, qualunque esse siano, difficilmente comportano una corretta giustizia terrena. Meglio consentire la separazione dei due piani, conservando il pieno rispetto sia per la spiritualità individuale e per il Dogma di elezione, sia per un sistema giuridico di legalità, in tal modo rispettando la Vita stessa, che è, poi, il bene fondamentale cui gli uomini tutti dovrebbero aspirare. Ammiro profondamente il coraggio degli organizzatori di affrontare simili temi, che presuppongono non solo preparazione giuridica, ma apertura culturale ed intelligenza. Date le premesse tracciate da questo I Convegno, c’è, dunque, da aspettarsi molto da codesta Associazione e, per quanto mi riguarda, attendo con ansia il prossimo appuntamento. Avv. Raffaella Bonsignori (Avvocato del Foro di Roma) 258 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 258 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA CONVEGNO DEL 6 MARZO 2007 IL RUOLO DELLA DONNA NELLE PROFESSIONI Da un’indagine Istat è emerso che l’Italia è all’ultimo posto in Europa come occupazione femminile, con una media del 39,3% di donne lavoratrici contro il 72% della Danimarca. Dati analoghi valgono con riferimento alla presenza delle donne in Parlamento, dove l’Italia si colloca al penultimo posto in Europa, con il’17% di elette, contro la Svezia, che vanta il 45,3%, la Danimarca, il 38% e la Finlandia, il 37,5%. Cosa è stato fatto per ovviare a questa situazione? Moltissimo, a dire la verità: il Ministero delle Pari Opportunità, qui così ben rappresentato, ha lavorato con impegno assiduo ed alacre. Ma c’è ancora molto da fare. Anzitutto, conviene ripercorrere molto rapidamente lo stato della legislazione vigente, che, a dire il vero, ha fatto passi da gigante. Il 15.6.2006 è entrato in vigore il codice delle pari opportunità (D Lgs. 11.4.06 n. 198) che, oltre a definire la Commissione delle pari opportunità presso il dipartimento delle Pari Opportunità (art. 3), il Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici (art. 8) e ad istituire il Comitato per l’imprenditoria femminile presso il Ministero dello sviluppo Economico (art. 21), promuove la realizzazione di azioni positive per la parità tra uomo e donna nel lavoro (art. 42). Nel codice viene, poi, differenziato il concetto di “discriminazione diretta”, definita come “qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, un trattamento meno favorevole rispetto a lavoratrici o lavoratori in situazione analoga” e “discriminazione indiretta” che si ha quando “un atto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro sesso” (art. 25). Sono, inoltre, previsti divieti di discriminazione nell’accesso al lavoro (art. 27), divieti di discriminazione retributiva (art. 28), divieti di discriminazione nell’accesso alle posizioni previdenziali (art. 30), nell’accesso agli impieghi pubblici (art. 31), nell’arruolamento e nelle carriere militari (artt. 32 e segg.). Una particolare tutela giudiziaria è attribuita chi è vittima di discriminazioni: è prevista la possibilità di ricorrere al Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro, in via ordinaria o d’urgenza, anche a mezzo di azioni collettive, con legittimazione processuale riconosciuta ai Consiglieri di parità (art. 37). Il giudice del ricorso in via d’urgenza, nei due giorni successivi al deposito del ricorso (e qui bisognerà attendere l’interpretazione giurisprudenziale sulla perentorietà o ordinarietà del termine), convocate le parti ed assunte le sommarie informazioni, ordina la cessazione del comportamento ritenuto illegittimo e provvede, se richiesto, al risarcimento del danno. Una speciale inversione dell’onere della prova è prevista dall’art. 40, in base al quale, quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione di dell’esistenza di atti FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 259 259 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto fornire l’onere della prova dell’insussistenza della discriminazione. Il 15 agosto 2006 è entrata in vigore la Direttiva 54/2006 dell’Unione Europea che comprende disposizioni intese – come recita l’art. 1- ad attuare il principio di parità di trattamento per l’accesso al lavoro, la promozione e la formazione professionale, le condizioni di lavoro compresa la retribuzione, i regimi di sicurezza sociale. La Direttiva contiene disposizioni non dissimili da quelle del codice delle pari opportunità, in materia di definizione del concetto di discriminazione diretta e indiretta (art. 2), obblighi di parità retributiva (art. 4), esempi discriminazioni, tra cui segnalo in questa sede -come inedito nel nostro paese- il diverso limite di età per il collocamento a riposo (art. 9 lett. f, Dir. 54/2006 CE). La Direttiva regola, poi, la tutela giudiziaria riconosciuta alle vittime di discriminazioni (art. 12), contemplando, al pari del codice, un sistema di ricorsi anche in via collettiva e d’urgenza, con attribuzione al giudice del potere di provvedere in ordine alla riparazione del danno e lo stesso inversione dell’onere della prova previsto nel citato art. 40 del codice (art. 19). E’ attribuita legittimazione processuale anche ad associazioni ed organizzazioni, a differenza del codice delle pari opportunità che legittima soltanto i consiglieri di parità regionali o nazionali. Dovranno essere abrogate tutte le disposizioni normative, o anche contenute in contratti collettivi o individuali, contrarie al principio di parità di trattamento; gli Stati membri dovranno adeguarsi entro il 15 agosto 2008. E’ di questi giorni il Ddl sul cd. stalking (atto Camera 2169) che introduce l’art. 612 bis del codice penale. Nella formulazione attualmente all’esame del parlamento, l’art. 612 bis così dispone: “chiunque ripetutamente molesta o minaccia taluno in modo da turbare le sue normali condizioni di vita ovvero da porre lo stesso in uno stato di soggezione o grave disagio fisico o psichico, ovvero tali da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di persona a sé legata da stabile legame affettivo è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a quattro anni”. Si procede d’ufficio e la pena è aumentata nel caso in cui il fatto sia commesso con minacce gravi o quando ricorrano le aggravanti previste dall’art. 339 c.p. La parola “Stalking”, deriva dal lessico venatorio inglese ove lo stalker è colui che, a caccia di una preda, si apposta e la segue ossessivamente. Recenti episodi di cronaca dimostrano che gli esiti dello stalking possono essere anche drammatici: l’ex moglie o l’ex fidanzata diviene un ossessivo oggetto di desiderio che viene perseguito con appostamenti, telefonate, messaggi, e-mail sino a minacciarlo o a violarne il domicilio. Le norme attualmente in vigore non appaiono affatto sufficienti a contrastare un fenomeno estremamente diffuso e molto pericoloso. L’unica fattispecie applicabile, in prima battuta, è quella delle molestie prevista dall’art. 660 c.p. reato contravvenzionale del tutto inidoneo a perseguire lo stalker ed a prevenire il progressivo aumentare dei suoi comportamenti persecutori. La legge Finanziaria 2007 contiene, infine, numerose disposizioni che promuovono le pari opportunità. A titolo meramente esemplificativo valgano il comma 266 che prevede incentivi fiscali per l’occupazione femminile in aree svantaggiate, nonché i commi 843, 1259, 1261 e 1263 che prevedono interventi e fondi per l’innovazione industriale, per le politiche della famiglia e per la prevenzione della violenza sessuale. Nonostante il legislatore europeo e nazionale si sia mostrato attento ad impedire ogni discriminazione e sopruso, la donna nel nostro paese è ancora fortemente penalizzata. Per quanto riguarda specificamente la professione di avvocato, il 60% di coloro che 260 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 260 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO superano gli esami di abilitazione sono donne, ma solo il 35% delle avvocatesse riesce poi a divenire titolare di studio professionale. Poco presenti negli organismi rappresentativi dell’avvocatura (C.N.F, Consiglio dell’Ordine e Cassa Avvocati) le donne, a cinque anni dall’esame di abilitazione all’esercizio della professione, a parità di lavoro, guadagnano circa la metà dei colleghi maschi. Ma non si tratta soltanto di retribuzioni e di guadagni, ma anche di opportunità professionali che spesso alla donna vengono negate. In Italia non esiste un alto ufficiale donna, un presidente di Authority donna, vi sono pochissimi ambasciatori donna e mi chiedo se esista un procuratore generale donna; mi chiedo, poi, quale percentuale di donne arrivi all’apice della carriera giornalistica. Cosa si può fare per ovviare a questa situazione? Il codice e la Direttiva definiscono “azioni positive per la promozione delle pari opportunità” quelle che di fatto rimuovono gli ostacoli alla realizzazione delle pari opportunità (art. 42). In particolare, nel campo delle professioni, sono azioni positive quelle volte a favorire l’accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale (art. 42 lett. c). Chi deve promuovere le azioni positive? La legge cita, naturalmente, i Consiglieri di pari opportunità, ma anche tutti i centri per le pari opportunità “a qualsiasi livello” (nazionale, locale, aziendale) e “comunque denominati”, i datori di lavoro, pubblici e privati i centri di formazione professionale, le organizzazioni sindacali, insomma tutti noi, in qualsiasi modo aggregati. Come sapete, parlo, del tutto indegnamente, in rappresentanza della Commissione delle Pari opportunità istituita presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma.Essa è composta da un discreto numero di bravissime colleghe, diversamente specializzate: c’è chi fa penale, chi civile, chi si occupa principalmente di diritto di famiglia, chi è esperta di diritto fallimentare, Maria Pia Sabatini, Elena Allocca, Marina La Ricca, Elisabetta Mete, Donatella Manasse, non posso citare la totalità della Commissione naturalmente, anche perché siamo tante, e tutte unite da un medesimo fine: combattere ogni forma di discriminazione, di sopruso, di umiliazione delle donne o nella professione; promuovere le pari opportunità nell’accesso e nell’esercizio del lavoro; pari opportunità, che non sono -lo sappiamo benepari punti di arrivo, ma pari opportunità, reali, e non fittizie. Affinché le colleghe di domani non debbano soffrire quello che soffriamo noi e che, molto più di noi, hanno sofferto le colleghe della generazione precedente. Dell’Osservatorio istituito dalla Commissione ha già parlato Rosa Ierardi, che è appassionata coordinatrice della Commissione, lavoratrice instancabile, preparatissima, sempre disponibile. Cosa fare, dunque? Da un lato vi sono i problemi relativi ai servizi di cui le professioniste dovrebbero usufruire per essere materialmente in grado di lavorare: mi riferisco, a titolo esemplificativo, ai parcheggi, agli asili nido, alle strutture per gli anziani durante il periodo lavorativo, ai locali per l’allattamento, e via dicendo, si potrebbe organizzare speciali convenzioni con tali strutture in orario lavorativo; dall’altro vi è il grosso problema degli incarichi, riservati, in via quasi esclusiva, ai colleghi maschi. Qui, le Istituzioni potrebbero divenire parte attiva, o ancor più attiva, per effettuare politiche che creino speciali canali per l’affidamento di incarichi o per l’agevolazione dell’imprenditoria femminile. A tal proposito lodevole è stata l’iniziativa del Consiglio Nazionale Forense che ha siglato il protocollo d’intesa con il Ministero delle pari opportunità e promosso due iniziative, la FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 261 261 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO MaGa - Mainstreaming di Genere nell’avvocatura italiana (volta a rilevare quali sono i principali problemi che incontrano le professioniste durante la carriera lavorativa) e la SFIDA – sviluppo al femminile (volta all’obbiettivo di erudire le donne avvocato sulle tecniche di gestione manageriale dello studio legale), ma altre azioni positive potrebbero essere ancora realizzate, anche con l’aiuto del Consiglio dell’Ordine. 1. Con l’aiuto di tutti voi, si potrebbe cominciare organizzando ed attivando un servizio di sostituzioni tra colleghe impedite a partecipare alle udienze, ad esempio per gravidanza, per allattamento, per malattia propria o dei figli, per assistenza agli anziani, e via dicendo. Questo servizio potrebbe essere promosso dalla Commissione Pari Opportunità dell’Ordine e da tutti colori che, aderendo a tale iniziativa, vogliano offrire disponibilità di energie e di tempo, variabile caso per caso. In tale ipotesi, si dovrebbe stilare un regolamento che disciplini il servizio di sostituzione degli aderenti, regolamento che dovrebbe poi essere approvato dal Consiglio dell’Ordine. 2. Potremmo, inoltre, proporci parte attiva per far sì che venga riconosciuto quale legittimo impedimento a comparire alle udienze penali lo stato di avanzata gravidanza, e cioè i due mesi antecedenti al parto ed i tre mesi successivi. Come sapete, la Legge 53/2000 ed il D. Lgs. 151/01 prevedono misure a sostegno della maternità e della paternità, attribuendo alle lavoratrici ed ai lavoratori permessi e congedi per malattie dei figli, per lutto, per problemi legati ai familiari disabili; analoghe garanzie non sono affatto concesse alle donne avvocato, che devono recarsi in udienza, inderogabilmente, anche in periodi prossimi al parto. Ciò a differenza di una qualsiasi lavoratrice dipendente, alla quale, giustamente, la legge vieta di recarsi al lavoro nei due mesi antecedenti al parto e nei tre mesi successivi (art. 16 e 20 D. Lgs .151/01). 3. Lo stesso dicasi con riferimento al regolamento della pratica forense, che non prevede agevolazioni per le praticanti in gravidanza o per i portatori di handicap. Anche per effettuare questa modifica dovremmo farci promotori. 4. Si potrebbero, inoltre, organizzare incontri, convegni e tavole rotonde a patto che non rimangano discettazioni teoriche, bensì reali occasioni di lavoro volte alla realizzazione di cambiamenti concreti. Mi vengono in mente i questionari sui prodotti vita e sulle polizze malattie fatti sottoscrivere agli utenti da parte delle compagnie assicuratrici: spesso realizzano effetti discriminatori in ragione del sesso o dell’età. 5. Sussiste, infine, la questione delle cosiddette “quote rosa”: il codice delle pari opportunità, all’art. 56, stabilisce, per quanto riguarda l’accesso al Parlamento Europeo, che nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore ai due terzi. Al momento la prescrizione si riferisce al solo accesso al Parlamento Europeo, ma in futuro potrebbe estendersi a tutti gli organismi su base elettiva: e quindi anche i nostri Consigli dell’Ordine. Si potrebbe pertanto proporre una modifica normativa per inserire la presenza femminile negli enti rappresentativi dell’avvocatura (C.N.F., Cassa forense e Consigli dell’Ordine) anche se, personalmente, nutro qualche perplessità in proposito. Ritengo, infatti, che difficilmente si possa imporre per legge l’elezione di un maggior numero di donne se, contestualmente, non venga attuata una vera e propria trasformazione sociologica. E’ vero, però, che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 49 del 2003, nel ribadire che “la finalità di conseguire una parità effettiva tra uomini e donne anche nell’accesso alla rappresentanza elettiva è positivamente apprezzabile dal punto di vista costituzionale”, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale di alcune norme dello statuto della regione 262 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 262 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO della Valle d’Aosta, in virtù delle quali le liste elettorali devono comprendere –a pena d’inammissibilità- candidati di entrambi i sessi. Ciò sul presupposto che si tratta di un vincolo limitato al momento della formazione delle liste, “vincolo che si giustifica pienamente alla luce della finalità promozionale espressamente perseguita dalla norma statutaria”. Tutto questo e molto di più potremmo realizzare insieme. Anzitutto contiamoci, individuiamoci e capiamo in quale misura siamo disposti a collaborare con la Commissione Pari Opportunità dell’Ordine; poi mettiamoci subito al lavoro: quello che riusciremo a fare sarà pure una goccia nell’oceano, ma darà il senso del nostro passaggio nell’avvocatura. avv. Marina Binda ADVOCACY TRAINING 21 MARZO 2007AVV. CASSIANI Devo dire che una iniziativa come questa, in un momento del tutto particolare quale è quello che attraversa l’avvocatura sembra proprio propizia, anzi necessaria. Voi sapete perfettamente che l’avvocatura si batte già da parecchio tempo, da oltre un anno, per riaffermare determinati principi ai quali non ritiene di poter rinunciare, laddove invece, d’altra parte, la si vorrebbe trasformare in attività di carattere commerciale che certamente è molto lontana da quelle che sono le caratteristiche e anche i motivi di orgoglio che ci caratterizzano e ci uniscono. Noi abbiamo protestato e abbiamo proposto, abbiamo avanzato delle proposte, soprattutto abbiamo elaborato dei progetti di riforma dell’ordinamento professionale che sono allo studio e che speriamo vengano recepiti. C’è direi un partito trasversale che vorrebbe, che ancora crede all’avvocatura e che non è costituito soltanto da avvocati parlamentari ma anche da parlamentari i quali sanno, capiscono, e non ci vuole neanche molto a farlo, che non si può confondere l’avvocato col commerciante, che l’avvocatura significa manifestazione attraverso l’esercizio della professione del diritto di difesa, di quello che sancisce l’art. 24 come diritto inviolabile. Non esiste possibilità di esercitare il diritto di difesa e di beneficiarne da parte del cittadino se non attraverso l’avvocato. Dal che la definizione dell’avvocatura come professione di carattere intellettuale, con contenuti di natura strettamente o prevalentemente pubblicistica. Però oltre questo io credo che si debba fare qualcosa di più, oltre che i progetti, oltre che le previsioni oppure i programmi io credo si debba dare una risposta di carattere pratico, a chi ci fronteggia così come dicevo noi dobbiamo dare una risposta che credo che possa essere soltanto individuata o individuabile in una maggiore, sempre maggiore preparazione, sempre maggiore professionalità degli avvocati. E’ l’unico modo che abbiamo, ed è la ragione per la quale organizziamo continuamente (parlo del Consiglio dell’Ordine ma parlo anche delle associazioni) corsi, organizziamo momenti di approfondimento. Noi dobbiamo rispondere dimostrando che siamo professionalmente sempre più preparati e, anche da un punto di vista deontologico, sempre più FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 263 263 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO propensi a rispecchiare quelle caratteristiche che costituiscono motivo di orgoglio. E vengo ovviamente all’argomento di oggi, fare l’avvocato non significa ovviamente soltanto approfondire i testi, non soltanto avere una preparazione di carattere tecnico, significa presentarsi a una certa maniera, nelle occasioni in cui si esce allo scoperto e si entra in contatto anche con le altre componenti del processo, parlo dei magistrati ma parlo anche dei cittadini che si affidano alle nostre cure. Non può essere affidato, non può costituire bagaglio del singolo avvocato il comportamento, ci deve essere una guida, ci deve essere una possibilità di raggiungere una qualche uniformità nel rappresentarsi nei termini in cui siamo tenuti ad essere sul piano deontologico, sul piano estetico, anche sul piano estetico, onde evitare quello che poi avviene qualche volta, noi giudichiamo male certi magistrati che si comportano in maniera irrispettosa per l’avvocatura, ma se pretendiamo che avvenga anche il contrario, dobbiamo essere degni, e qualche volta nelle aule, anche da parte nostra, questo modo di presentarsi, tale da destare, da imporre il rispetto dei magistrati non c’è. Il corso che dovrebbe seguire poi a questa presentazione che oggi verrà fatta, si dice di training ma poi in realtà di preparazione ad un metodo e ad un modo di concepire l’essere avvocato anche nelle manifestazioni esteriori, quotidiane, io credo che sia veramente indispensabile. Paolo Iorio me ne ha parlato parecchie volte, nei corridoi, nelle aule, e a me, che non conoscevo poi determinate cose, ha spiegato che in altri paesi questo viene fatto. Si fanno delle simulazioni di udienze, in maniera che l’avvocato sappia poi anche come contenere il proprio eloquio, come rapportarsi nei confronti dei magistrati o dei colleghi. Tutte cose che noi facciamo in maniera sporadica nel corso di altre manifestazioni ma come parte marginale, come optional si direbbe, laddove invece deve e può – e questo oggi ce lo spiegheranno i colleghi – può costituire argomento di insegnamento che porti ad avere uno stile uniforme valido per tutti, che poi ha un contenuto per certi versi di natura deontologica, per altri anche di natura sostanziale perché la condizione dell’udienza, io mi occupo di penale ma credo che questo valga anche per i civilisti, impone determinate regole che il codice nella sua freddezza non riesce ovviamente a dare, soprattutto a chi avendo una certa età (e mi riferisco ai miei coetanei o comunque agli avvocati che hanno vissuto l’esperienza del codice fino al 1989, non hanno avuto la capacità di assorbire poi uno stile che era imposto dal processo accusatorio e da un nuovo rito, che per noi è stata una novità. Io dico sempre che per i giovani che hanno iniziato a esercitare la professione dopo l’entrata in vigore di questo nuovo codice (parlo ovviamente del penale) è stato più facile, perché era l’unico modo, e quindi anche il modo più congeniale. Per noi veramente è stato un problema non avere quello che oggi si dà, un discorso quale è quello che costituisce l’oggetto di questo incontro di oggi e che io auspico possa essere poi sviluppato attraverso, tu parlavi di full immersion, un corso, sia pure ristretto in termini limitati, ma molto approfondito su tutti quanti gli aspetti di questo argomento che dicevo oggi ci vede presenti in quest’aula. Io mi metto da parte per ascoltare perché ho bisogno di apprendere quanto voi e forse ancora più di voi per quello che dicevo. Mi metto da parte con la curiosità di chi ha ancora da apprendere, malgrado l’età, e con l’interesse di chi, rivestendo una carica che comporta anche delle responsabilità, ritiene che qualunque contributo, soprattutto quelli di questa importanza, qualunque contributo al miglioramento dell’avvocatura, del modo di essere avvocati, del modo di presentarsi in un momento in cui, ribadisco, dobbiamo presentarci nel migliore dei modi perché ci guardano e sono pronti a giudicarci male, e sono pronti ad approfittare di qualsiasi sbaglio nel nostro comportamento, in un momento di questo genere 264 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 264 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO qualsiasi contributo è un motivo di orgoglio per il consiglio dell’ordine, che dà il suo patrocinio, ed è un motivo di soddisfazione per chi ha il dovere ma anche l’interesse, di carattere morale, profondo, ad una visione di un’avvocatura del futuro che sia migliore, se possibile, di quella che è stata finora. Io auspico un miglioramento delle capacità della preparazione e quindi, di converso, del rispetto che l’avvocatura ha sempre meritato e che a mio avviso deve da oggi non aspettarsi ma deve guadagnarsi. Finora era un dato di fatto, l’avvocato pensava di aver diritto ad un futuro e di avere diritto a determinate manifestazioni, oggi ce lo dobbiamo guadagnare. Non so se sono chiaro, ma io sono profondamente convinto di questo. In questa maniera sentiamo e vediamo un attimino cosa possiamo fare e che cosa c’è, non nel nostro comportamento come singoli che non va, ma nel comportamento in genere degli avvocati che non possono dirsi né esenti da critiche né incapaci di valutare anche gli aspetti che meritano un qualche approfondimento e un qualche miglioramento. Auguro a tutti buon ascolto e ringrazio tantissimo Paolo, i colleghi, i relatori che non nomino ma che certamente danno un grosso contributo. Paolo Iorio Grazie all’avvocato Alessandro Cassiani, lui è un vero avvocato oltre ad essere presidente del Consiglio dell’Ordine, quindi un grazie alla sua persona e un grazie al Consiglio dell’Ordine. Ovviamente ringraziamo anche la Cassa Nazionale che ha dato la possibilità di questa riunione e tutti quelli dello staff del Consiglio dell’Ordine. L’avvocato Cassiani, dovete sapere, è uno dei pochi avvocati che ho visto continuare a fare l’avvocato anche quando è stato eletto. Io mi auguro, perché lui conosce i problemi all’interno del tribunale, quindi non sta seduto lì nel consiglio dell’ordine per il biennio, come tanti altri hanno fatto, lui con la sua borsa piena di processi continua a fare l’avvocato, e quindi conosce, è sensibile a queste cose. Ecco perché merita tutto il nostro rispetto e la nostra devozione. Voglio subito dire che sono un po’ deluso, devo dire, perché i manifesti ne sono stati messi tanti nei tribunali, ho visto anche in Corte d’Appello, un po’ dappertutto, sono un po’ deluso perché pensavo che questa disciplina attraesse un po’ l’attenzione di tutti quanti i nostri colleghi e che ora vi andiamo ad ire che cosa è invece di parlarvi sempre di reato continuato, di risoluzioni di contratti. Sono cose che abbiamo imparato all’università, noi ora dobbiamo certamente imparare a fare gli avvocati nella società, cercare di cambiare il nostro standard, come lo fanno in tanti paesi del Nord Europa. A me danno l’appellativo di Voltaire, che guardo sempre al Regno Unito, ma io vi devo dire che la giustizia lì funziona in modo un po’ diverso. Oscar Del Fabbro è un barrister, certamente non è che fa caffè o cappuccini, lui appartiene a quella categoria di avvocati, ve lo spiegherà lui, gli avvocati nel Regno Unito sono divisi tra i barristers e i solicitor, Oliver Charlotte è una nostra collega ed è un solicitor, Oscar Del Fabbro in effetti è nominato in quel paese sempre dai solicitor. Il solicitor è l’avvocato notaio, il solicitor fa tutto, fa le società, difende, incontra il cliente immediatamente, e da poco vi devo dire i solicitor hanno avuto accesso anche alle corti superiori, alcuni di loro perché loro sono circa 150 mila, ora hanno avuto questo diritto di difendere e qualcuno di loro anche davanti alle corti superiori. I barrister sono degli avvocati nominati dai solicitor per studiare e ricevono delle istruzioni, li chiamano, c’è un principio nel Regno Unito, della fila dei taxi, cioè il barrister sta lì e viene chiamato, accusa e difende, perché lì non ci sono i magistrati dell’accusa, accusa e difende, quindi viene chiamato, viene pagato, certo non tratta lui degli onorari, ci sarà il suo impiegato perché il barrister non si FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 265 265 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO deve interessare nemmeno di queste cose. E’ una giustizia organizzata, come tutte le istituzioni nel Regno Unito, sulla fragmentazione, ognuno fa il suo proprio compito, ed ognuno partecipa, con quello spirito di solidarietà con il quale hanno vinto tante guerre, ed è divenuto, questo spirito, nella loro vita abitudinaria, di collaborare, di cooperare. Questa è una cosa da tenere in considerazione, ecco perché progetti di questo tipo funzionano, perché tutti quanti cooperano, sono precisi, sono sempre in time, quando c’è una cosa bisogna venire tutti allo stesso momento perché altrimenti poi c’è uno sfalsamento, c’è un ritardo, ci sono i ritardi, perché tanti piccoli ritardi creano proprio gli anni, i mesi di ritardi. Questi sono alcune dei principi sui quali è basata la giustizia anglosassone. E devo dire questa metodologia io l’ho rubata, perché dopo tanti anni che sono andato in questi paesi ho visto tante cose, certo noi l’abbiamo rubata con il codice dell’89, abbiamo importato, diciamo pure che abbiamo fatto un piccolo disastro nella nostra giustizia penale perché effettivamente non è decollata. E uno dei motivi per cui il processo penale non è decollato è proprio questo: quello di non aver fatto esercizi, training come questo qui dell’Advocacy, non aver fatto tante cose per organizzare il caso, organizzare la corte, organizzare il singolo procedimento perché sono la base. E’ vero che in un sistema anglosassone c’è il principio della discrezionalità dell’azione penale, ma questo principio della discrezionalità c’è nel 99% dei paesi nel mondo, su 194 paesi sovrani 193 hanno la discrezionalità dell’azione penale, più o meno. Certo se parlate di discrezionalità dell’azione penale nel nostro paese tutti si stracciano i vestiti e cominciano di riempirli di contumelie pensando che qualcuno è amico del giaguaro, ma certamente noi dobbiamo far funzionare un processo civile e penale, ed è veramente vergognoso che un processo duri, anche secondo me, 4-5 anni. Ma noi siamo abituati a tempi di 8-9 anni. Perché? Perché non si fa un case management, non si dice questo processo deve finire in un tempo definito. Questa è altra cosa, altro argomenti. Questi corsi, questa Advocacy, come non so se avete letto nel sito internet, questa Advocacy è stata creata ma non è che è stata creata perché l’ha fatto uscire dal cappello, l’ha organizzato, l’ha suggerito e immediatamente soprattutto quei paesi di common law lo hanno assimilato e ne hanno creato una condizione indispensabile per l’accesso alla Corte. E’ stata creata, più di 30 anni fa, da un australiano, che non è quello che salta dei canguri, lui era un giudice, un giudice dell’alta corte, alla fine ha abbandonato e alla fine ha addirittura una università di Advocacy, a 20 km. da Monach, nell’Australia. Aveva in effetti, come sempre, visto qual è il motivo per cui ci sono i ritardi, ci sono le disorganizzazioni, forse anche in Inghilterra 20 anni fa erano un po’ disorganizzati, certo mai quanto noi, però alla fine hanno pensato di creare questo modello per dare al singolo operatore della giustizia e al caso, migliorare i tre criteri che fanno camminare questo vagone della giustizia, che sono l’organizzazione, l’etica e la professionalità. Hanno operato su questi tre punti: organizzazione, etica e professionalità. Questo giudice che si chiama George Hanton, lo ha diffuso questo metodo, che è un metodo semplice, che ora vi andremo ad illustrare, e ne ha creato una metodologia, secondo alcuni criteri, che può essere applicato ai giovani avvocati o anche agli avvocati con anni di esperienza e viene sempre utilizzato, è uno strumento, essendo una metodologia, è uno strumento che cerca di ottenere dei risultati in ogni momento della professione. Quindi all’inizio certamente sarà un full immersion, come diceva Alessandro Cassiani, all’inizio verrà fatto un corso di un certo periodo di tempo, ma può essere anche sempre utilizzato per aggiornamenti, per nuove leggi che esistono, sempre però basato su questo criterio della simulazione. Quindi questi corsi, che oramai sono anche previsti dal legislazione regolamen- 266 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 266 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO tare, non vi dimenticare che c’è la seduta del Consiglio Nazionale Forense del gennaio di quest’anno, dove ha imposto che tutti gli avvocati iscritti tutti indistintamente siano soggetti a degli aggiornamenti. Certo questo legislatore, chiamiamolo così, del consiglio nazionale forense, ha dato delle indicazioni, però sempre basate purtroppo su quel principio della nostra storia inquisitoria basata sul seminar, sul fatto che qualcuno deve fare una lezione. Non le ha escluse certamente anche queste cose, come non ha escluso nemmeno attività didattiche, e quindi questo è uno strumento che potrebbe essere utilizzato per questa decisione del consiglio nazionale forense, per fare aggiornamenti. Perché la simulazione e perché noi siamo contrari ai tipi di aggiornamenti sabati sul Seminar. Credo che ogni studente universitario, ogni avvocato, quando riesce in quel momento magico della sua vita a prendere quel titolo, non ne può più di andare all’università e di sentire sempre parlare, qualcuno dal pulpito, ma vedete questo è anche un tipo di formazione molto clericale io oserei dire, non sono un anticlericale però pensate sempre questo pulpito di questo bancone dove le persone parlano del contratto, della procedura penale, gli altri che sentono e non osservano nulla. E’ un tipo di istruzione, come vedete in questo piccolo disegnino, che è passiva, è totalmente passiva. Di queste persone, di questi che fanno parte di questa audience, che ascoltano questo signore, che saranno forse 40, ma potrebbero essere 100, 200, come noi li abbiamo visti nelle scuole forensi, centinaia di persone, o le preparazioni anche dei magistrati, abbiamo un rappresentante dell’organo giudiziario, dell’organo giurisdizionale, c’è un giudice, anche lì la stessa cosa, la preparazione dei corsi di Galli sono basati su questo principio clericale della formazione passiva, dove la persona parla e gli altri ascoltano, ma forse soltanto questi sei della prima fila hanno percepito qualche cosa. E loro ascoltano e sono intimiditi e non osservano nulla, ma questo per un fatto di vergogna, perché nessuno mai alzerà la mano per chieder “io non ho capito qual è la differenza tra reato continuato e concorso formale. Non lo diranno mai perché hanno vergogna. Questo George Hamton che cosa pensò? Pensò che la migliore formazione è quella dei gruppi, dove in effetti questo momento della vergogna viene ad essere cancellato perché, con tre persone si familiarizza in modo più intimo, molto più stretto, e a quello, quel gruppo di 3-4 persone posso anche confidare, io, di non aver capito quali sono i termini di prescrizione di un reato. Lo posso dire, perché in questa formazione si apprende di tutto. Si apprende ad organizzare il proprio lavoro, ad acquistare professionalità e a rispettare l’etica, che forse è uno dei pilastri dove è basata la professione, l’etica, questo concetto filosofico che è nato 2.000 anni fa ma nella nostra professione l’abbiamo quasi dimenticata, ora sta quasi un po’ riemergendo negli ultimi 20 anni ma dovrebbe essere messo prima della competenza professionale. In questo piccolo gruppo di persone si discuterà di tutto, certamente ognuno di loro riceverà questo caso finto perché alla base di questo costo di formazione ci vogliono dei casi finti, che sia un caso di civile, un caso di penale, un caso di amministrativo, dove ognuno, nell’ambito di un procedimento, svolge un ruolo. Ora la cosa importante non è raggiungere, da una mentalità inquisitoria che abbiamo immediatamente noi cerchiamo la soluzione, perché pensiamo che la finalità del nostro lavoro di avvocati è quella di trovare il risultato. La differenza proprio tra il nostro ordinamento e quello di common law, forse, è che noi dobbiamo trovare un risultato che sia l’unico, il migliore, perché così è stato sempre detto, mentre nei paesi di common law quello che è importante è il comportamento. Infatti noi non abbiamo responsabilità se perdiamo un processo, noi abbiamo responsabilità se manchiamo nel comportamento, è l’unica cosa che la legge, l’etica ci penalizza, solo il FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 267 267 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO comportamento, e le finalità di questo tipo di gioco, perché alla fine è un gioco, sono quelle di imparare a utilizzare le disposizioni legislative, imparare a comportarsi in un certo modo e a organizzare il proprio procedimento. In effetti all’inizio del corso, di questo corso che può essere di 7 giorni o di 2 giorni, ognuno dei partecipanti riceve il caso intero, con dei personaggi, casi che sono stati addirittura sottoposti al copyright, ma ce li possiamo inventare anche noi. Il centro di formazione nazionale negli Stati Uniti, che si chiama Nita, che è l’istituto nazionale, Nationation Istitute for .... Advocacy, loro hanno questi casi che sono sottoposti a copyright, quelli americani, sono casi di una semplicità unica, che vengono anche da loro utilizzato perché se non si fa tante ore di advocacy non si ha l’accesso alla professione, e anche loro hanno questa regola di alcune ore. Vedete che noi ogni tanto copiamo, se voi vedete la decisione della seduta del CNF anche loro dicono tante ore, ma non parlo di advocacy perché non lo sanno, anche se cinque anni fa abbiamo portato questo strumento in Italia e il Consiglio Nazionale Forense non ha capito molto che cosa era. Certo forse qualcuno poteva perdere la sedia, la poltrona per parlare, per avere 300 persone che lo ascoltavano, perché questo tipo di metodologia è basato non più su una persona che parla e gli altri che ascoltano ma su ognuno che deve fare il suo proprio ruolo. Quindi una volta individuate queste persone, questo ruolo che non è un ruolo fisso di ogni caso, vi spiego se c’è un processo penale questo qui, che chiamiamo caso A, questo signore farà il prosecutor, questo signore farà il giudice, questo signore farà la difesa e questi signori faranno un testimone e un avvocato, come procedimento penale, in procedimento civile ci può essere il giudice, la moglie il marito e due avvocati. In un contratto ci può essere il venditore, l’acquirente, forse l’interventore e quindi i due avvocati. Questo ruolo non è un ruolo fisso che ognuno deve fare, il ruolo viene svolto, vengono fatte delle prove continue, questo signore che fa il procuratore farà una prova di due minuti forse, per esempio per presentare il suo caso, la sua accusa. Guardate che due minuti sono tanti, perché sembrano pochi ma sono tanti. Una volta svolto il suo ruolo questo signore se ne va in una stanza con una videocassetta, perché ognuno di loro riceve una videocassetta. La videocassetta dove è impresso lo svolgimento per esempio della sua presentazione della relazione iniziale, oppure per esempio se ha interrogato un testimone per più minuti ha fatto un esame in via principale, un examination .... L’ha fatto per esempio per due minuti, questo signore si ritira nella sua stanza e si rivede da solo, può anche chiamare forse un tutor ma per lo più gli esseri umani hanno vergogna di se stessi, quindi se ne va da solo in una stanza e si vede. E vede soltanto l’aspetto comportamentale, cioè lì vedrà, come faccio io ora che mi tocco le mani, oppure che fa rumore, oppure che si gratta in testa, che una cosa potrebbe essere scomposta, come potrebbe prendere l’attenzione perché sarà lui stesso a vedere dove, durante i due minuti ha preso l’attenzione oppure ha inceppato con la bocca, o gli è uscita forse qualche cosa strana oppure ha preso delle carte eccetera, quindi fa la c.d. autocritica, mentre il suo posto è preso da quest’altro signore, e che farà la stessa cosa che prima forse aveva fatto il testimone o era stato interrogato come accusato, o aveva fatto il semplice giudice. Questo signore durante la sua esecuzione di autocritica ritornerà, mentre ha fatto l’esecuzione l’altro partecipante, ritornerà forse a fare il ruolo dell’accusa. Vi ripeto, il risultato non è importante, perché certamente una cosa dovrebbero essere uguali come comportarsi però anche dal punto di vista della posizione sostanziale e processuale, questo signore svolgerà il suo ruolo nelle vesti dell’avvocato difensore dove prima ha fatto il procuratore. Non è che sia difficile perché noi siamo dei giuristi, siamo dei 268 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 268 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO medici del diritto. Il caso dove c’è la imputazione del 624 e 625, qualcuno potrebbe dire c’è un’imputazione di ricettazione. sono valutazioni che si fanno nell’ambito della valutazione di un caso dell’esame, dell’esame iniziale forse, quello che si chiama l’analisi del caso, inizialmente prima di iniziare queste esercitazioni si diceva questo fascicolo e si fanno anche delle valutazioni, da solo, per poter fare l’accusa, la difesa, il giudice, l’imputato, il testimone. E questo vale anche per il procedimento civile, dove forse si è fatto ricorso per separazione, per divorzio, e così si può fare l’una o l’altra parte. Vi ripeto, la finalità non è importante, è importante sapersi comportare. E’ vero che il procedimento civile in Italia, non solo in Italia, in tanti paesi del mondo, è per lo più orale. Però è anche vero che ci sono, i giudici ve lo possono dire, anche i giudici civili, i quali certo sono più tecnici, c’è il principio della prova legale, c’è più matematicità nel procedimento civile, però sono sempre colpiti dallo stile, dallo standard, da come apri la bocca, da come ti comporti, da come vedi gli altri clienti, come accedi, il primo passo che si fa in aula sicuramente il giudice già ti ha fotografato. Come ti hanno fotografato gli altri colleghi, ti hanno fotografato le parti, i colleghi, anche i propri clienti, perchè tutta questa metodologia che è articolata per giorni se si fa un corso di full immersion, si cerca di intervenire in tutte le diverse componenti, infatti ci saranno delle riunioni con i clienti, c’è una sessione per conoscere come l’avvocato si comporta con il cliente, perché al cliente non si può dire tu sei un delinquente, tu devi dare i soldi, non si può dire all’altra parte, quando si riceve la telefonata, vogliamo chiudere? vogliamo fare mediation di questo caso in sede civile? Dice, no non voglio fare niente. Si diventa padroni del fascicolo. Il grande sbaglio che commettono anche i procuratori è che diventano padroni del fascicoli. L’avvocato deve essere indipendente, non deve mai essere assolutamente comprato, corrotto, perché esiste anche una corruzione dell’avvocato. Quante volte noi, lo possiamo dire, siamo andati a contatto con i criminali, i grossi criminali che ci hanno voluto comprare, certo forse al sud dell’Italia questo problema non lo so come lo risolvono, però anche lì forse esistono persone, si deve rompere questa lobby terribile di omertà. Bisogna far capire a tutti i criminali, ai giudici, ai procuratori, che l’avvocato è indipendente, gli inglesi dicono noi abbiamo l’indipendenza della magistratura perchè gli avvocati sono indipendenti, quando tutti i giudici sono tutti ex barrister. Oggi vengono nominati anche solicitor, quindi questo è il criterio, non c’è bisogno di fare disciplina, altre cose, non c’è bisogno di nulla, anche se lì esiste, perché anche lì esiste, perché anche lì esistono comportamenti contro l’etica, contro il modus vivendi. Però per lo più il legislatore regolamentare, chiamiamolo così, i consigli dell’ordine, il Bar Council, interviene inizialmente per poter formare questi avvocati. Pensate un po’ che nel Regno Unito, quando fanno questi corsi a settembre, dove Oscar Del Fabbro spesso va a fare l’insegnante, dove vanno tutti, anche i giudici, si riuniscono tutti quanti, ecco perché è interessante questa metodologia, a mio avviso, per stemperare anche dei grossi problemi che esistono oggi in Italia, anche se c’è una storia diversa, la storia dell’avvocatura e della giustizia italiana, il problema della divisione delle carriere, perché questi corsi bisognerebbe farli insieme ai magistrati, che sono i nostri colleghi i magistrati, ma questo è frutto della storia, del fatto che in questo paese c’è sempre uno migliore dell’altro, uno che ha più soldi dell’altro. Questa è una cosa che deve scomparire, almeno nell’amministrazione della giustizia, perché noi siamo i medici del diritto, noi come i magistrati sono i medici del diritto, poi c’è il giudice che potrebbe essere, noi potremmo essere, sia noi sia i pubblici ministeri i medici di famiglia del malato, del paziente, di quello che è stato trovato forse con una ricettazione, con una infiammazione FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 269 269 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO e poi vai a scoprire che è una alterazione limitata del sangue, che un 712 non è una rapina ma è un 392. Dico questo perché i penalisti lo sanno quando c’è un caso, una cartella clinica che arriva, che si chiama decreto di citazione a giudizio, questa cartella clinica parla di tutte queste cose terribili, queste malattie insanabili, poi vai a vedere, si va in sala operatoria, quando inizia questo processo con tutte le analisi, alla fine si scopre che là c’era una piccola alterazione dei globuli bianchi e alla fine c’è il proscoglimento, quindi si chiude il caso. Questo nostro lavoro è di tutti e lo si impara insieme in questi corsi. Pensate che nel Regno Unito, quando fanno questi corsi, una cosa veramente sconvolgente, prendono questi ragazzi che vanno lì entusiasti, ad Oxford, le università mettono a disposizione tutte le strutture, dopo sei giorni dove si è mangiato insieme, si è studiato, ogni tanto c’è la riunione plenaria, dove si fanno questi esercizi continui e ogni due minuti entrano ed escono da una stanza con la videocassetta, alla fine della settimana questi che fanno? Vanno per la strada alle otto e mezzo del mattino e le persone che il sabato mattina non hanno nulla da fare dice “tu che stai facendo?” dice “io sto passeggiando”, “vuoi venire due tre ore? Vieni a fare il giurato, ti pago come è pagato il giurato”. Questi sono giovani avvocati, hanno bisogno di fare un esercizio perché alla fine presenteranno un caso. Quindi li chiamano, dice “però non parlare all’ora di pranzo con gli avvocati perché dovete fare i veri giurati. E’ tutto finto”. In effetti questa è la dimostrazione di come è organizzata la società inglese, dove è tutto finto, non esiste niente. Pensate l’Inghilterra non ha niente come materia prima, ed ogni giorno fissa il prezzo dell’oro, è un paese basato sulla finzione, però ha mantenuto la storia, certo le guerre le hanno fatte, ma le hanno fatte pure con i carri armati di carta, non ce lo dimentichiamo, il popolo inglese è fatto così. Ogni tanto per la strada vedi un cartellone che non capisci che cosa è ed un gioco di parole per farti capire “stai attento, non portare il tuo cane che fa la cosa per la strada perché sporca la strada”. E che cosa è quello? Un segnale di divieto. Una cosa ridicola, però ti colpisce l’attenzione e te la colpiscono anche con questi corsi di formazione, basato sulla finzione. Quei giurati faranno i giurati dove questi ragazzi dopo una settimana hanno lavorato sul caso, presentano il caso perché si sono esercitati tutto il tempo e alla fine i giurati fanno il proprio verdetto. Quindi è tutto un gioco, è basato sulla finzione, è basato sulla simulazione. Questo è un po’ come viene articolato questo corso di Advocacy. Certo si può fare anche per due giorni, quando c’è una legge nuova che esce si riuniscono e fanno i piccoli corsi di un giorno, due giorni, si organizzano immediatamente per poter anche parlare, esprimere una opinione, un avviso e osservazioni sulla nuova legge. Quindi c’è, come vedete, si coltiva sia l’etica, tutti questi aspetti. Voglio interrompere per dare la parola a Oscar Del Fabbro, il quale vi parlerà un po’ della sua esperienza. La nostra finalità ora è quella di, Oscar vi parlerà un po’ di queste cose e poi Charlotte vi illustrerà anche qual è il suo modo di vedere. Dopo di che potremmo fare anche delle esercitazioni perché così si capisce, immediatamente si capisce come questa metodologia interviene immediatamente e migliora immediatamente un modo di pensare e un modo di comportarsi, però vi preghiamo di essere solidali e di non farci parlare, però di intervenire direttamente a far parte di questo meeting. Grazie. Oscar Del Fabbro Carissimi colleghi, signor Presidente, io ho un gran senso di dejà vu, per usare una parola classica francese, perché io mi ricordo 5 o 6 anni fa, forse più, gli stessi discorsi in una riunione come questa, con tanti colleghi, tutti giovani, tutti entusiasti, tutti molto positivi in questa 270 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 270 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO idea che la professione stessa si prende alle sue spalle il compito di creare delle formazioni e delle preparazioni dei giovani avvocati. E c’era un grande entusiasmo dopo tanti discorsi durante una lunga sessione di questo tipo. Mi dispiace dire che purtroppo la professione non era in quel momento disponibile, purtroppo come si vede siamo arrivati al punto dove la regola adesso viene imposta. A quel tempo, mi ricordo, il dibattito era basato su questa teoria, che se la professione stessa non si prende alle sue spalle l’idea che deve darsi una formazione più adeguata, più rilevante alla professione moderna, purtroppo prima o dopo verrà imposta. Per noi è successo 12 anni fa, forse anche 15 anni fa, e ci siamo resi conto che se l’ordine degli avvocati inglesi non mettevano le cose per bene, prima o dopo un governo o l’altro avrebbe avuto l’intenzione di imporre delle regole per la professione. Ci siamo resi conto che questo sarebbe stata la peggior cosa immaginabile, perché solo la professione stessa si può rendere conto dell’importanza dell’etica, della deontologia, di tutte queste cose che creano una professione, una professione vera. E per questa ragione l’ordine di cui faccio parte, Bar Council, hanno deciso 12 anni fa di creare un sistema dove l’ordine stesso avrebbe imposto obbligatoriamente, specialmente per i giovani, un regime dove entro tre anni dovevano fare certe ore di preparazione. Questa era una evoluzione perché prima di questo momento l’avvocato inglese si immaginava che aveva questo dono di Dio, che era un esperto sulla legge e poteva innanzitutto poteva parlare, poteva discutere, poteva fare tutte queste cose, però la realtà era che questa era un’altra di queste fiction, una fiction di cui parlava Paolo perché in realtà è ridicola la proposta che uno ha questo dono che può discutere, fare l’avvocato, perché anche il musicista, che ha questo dono di poter suonare uno strumento è logico se questo studente non ha la possibilità di formare la capacità di suonare questo strumento e di evolvere questo dono è logico che non arriverà mai ai livelli di un professionista. Devo dire anche ci sono stati grandi dibattiti perché certi nell’Ordine dicevano “no, questo è assurdo, noi non abbiamo la necessità di dover fare questi corsi. Perché bisogna fare questi corsi?” Non si sa cosa vuol dire l’advocacy, addirittura questo è il nostro compito, noi siamo cresciuti sotto questo sistema, però ci siamo resi conto che come tutte le capacità, capacità universali, in tutte le professioni il compito dell’Ordine è quello di creare la formazione, la preparazione di queste capacità. Tutte le professioni lo fanno, i medici devono farlo, addirittura anche i comandanti degli aerei devono farlo, regolarmente, addirittura quasi ogni mese devono fare tante ore di training su questi simulatori. Perché l’avvocato deve essere diverso? Purtroppo ci siamo resi conto, per fortuna ci siamo resi conto perché abbiamo evitato, fino ad ora, questa regola che ci impone di fare certe ore. Però devo dire, i governi essendo quello che sono, l’esecutivo si può dire per non dare la colpa a un governo o l’altro, l’esecutivo cerca sempre di mantenere un controllo sulle professioni. I controlli sono giustificati perché dicono alla fine dei conti, dobbiamo essere sicuri che la professione ha la fiducia del pubblico, come ha detto il signor Presidente un momento fa. Chi di noi avrebbe fiducia in un medico che non ha fatto dei corsi di aggiornamento, e così perché dovrebbe avere fiducia un cliente di un avvocato, magari dare in mano a un avvocato tutta la sua libertà, o qualcosa di così prezioso, a uno che non ha aggiornamento, è una cosa assurda pensare che questo è possibile al giorno d’oggi. In ogni modo in questi ultimi anni, come dico, ci siamo resi conto di questo e abbiamo cercato di creare dei corsi di formazione ideati dalla professione, per la professione stessa. Ci è voluto un po’ di tempo per trovare la maniera in cui la metodologia in cui si potrebbe insegnare a questi giovani avvocati, non il diritto sostanziale, perché questa è già una cosa che l’avvocato FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 271 271 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO che arriva da noi ha già la laurea, si accetta il fatto che questo è un giovane avvocato, che è già arrivato a un certo livello di conoscenza della legge. Qui si parla di skill traning, capacità (dico giusto?) Questo sarebbe stato il primo problema. Abbiamo risolto questo problema, con questa idea che i giovani avvocati dovevano fare un certo numero di ore entro i primi tre anni. Però sempre con l’oppressione, con l’idea che se la professione stessa non si creava per sé l’idea di formazione sarebbe stata imposta, l’Ordine ha deciso di creare un obbligo per tutti gli avvocati, non solo i giovani. E’ così evoluta questa idea della formazione continua, si chiama continuing professional development e questo è per tutti. Vuol dire che anche il più anziano avvocato al giorno d’oggi deve fare certe ore di CPD e se non le fa purtroppo il certificato non viene rilasciato nell’anno prossimo e rimane purtroppo escluso dalla professione, escluso anche per il fatto che non può assicurarsi, non so se sapete che da noi esiste l’obbligo di assicurazione professionale. Allora volevo dire quattro parole per dire, arriverò a questo corso particolare dell’Advocacy, lasciatemi un momento spiegare un po’ in termini generali i tipi di training che esistono per un giovane barristar. Penso di aver spiegato un po’ perché era necessario, però vi devo dire che il problema è che da noi la concorrenza ormai è da parecchi ... e la concorrenza viene da tutte le parti, addirittura rimane al giorno d’oggi il pericolo, dico pericolo perché è un’espressione personale, il pericolo che non-legali possono infatti praticare come legali, adesso ho in mente per esempio le grosse strutture di commercialisti di famose strutture come Lloyds (?) consulenti internazionali che spingono e fanno una grande lobby per avere il diritto di fare l’avvocato, di praticare come avvocati, e sicuramente esiste anche qui in Italia questa pressione. Fino ad ora siamo a un punto dove questo non è in realtà possibile ma non si sa mai. La realtà è che in un mercato, in una economia di mercato, e come esiste in tutta l’Europa, esisterà anche qui in Italia fra poco da quello che leggo, è anche nel senso che tutto il mondo diventa globale, il pericolo è che se uno non si aggiorna in questa maniera, se uno non si prepara e se una professione non ha una formazione adeguata, rimane debole, rimane debole nel senso che arrivano altri avvocati. Non c’è dubbio che ci sono avvocati, mettiamo inglesi, che non hanno questa formazione, che sono deboli, vuol dire che un cliente, mettiamo un cliente americano, una grossa ditta americana preferisce avere un avvocato americano, in Inghilterra. E così succederà anche qui in Italia, una grossa ditta multinazionale deciderà ma io non voglio un avvocato italiano, perché? quello non ha la formazione, io preferisco un avvocato inglese, o un avvocato americano che ha i diritti, che deve avere i diritti perché non ci sono più le stesse barriere alla professione come erano una volta, infatti sono escluse le barriere adesso sotto queste nuove regole europee, direttive europee, e anche a livello internazionale, il Gatt, con tutti quei trattati internazionali. E così ci siamo resi conto che la concorrenza qui è proprio presente in tutto quello che si fa. Ma poi più importante che altro era questa idea della confidenza pubblica, public confidence, una delle cose che si sottovalutano perché alla fine dei conti sono i clienti che contano, noi siamo soltanto operativi ma è il cliente che conta, per quanto pensiamo che siamo importanti, non siamo importanti perché il cliente che paga, il cliente che soffre, il cliente che deve subire queste indifferenze professionali. E poi ci sono le riforme, e questo purtroppo colleghi esiste in tutto il mondo, la regolazione delle professioni sono sempre sotto il mirino dell’esecutivo, e come io dico, ripeto, è meglio creare regolazioni volontariamente imposte, perché l’idea di avere regolazioni imposte da qualcun altro sono un po’ disgustose. 272 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 272 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Arrivano questi giovani avvocati all’Ordine del Bar Council, hanno già completato gli studi accademici e hanno anche completato un anno di preparazione, un anno di preparazione che una volta era teoria, però adesso è un corso di un anno basato su soggetti pratici. Si chiama adesso il Bar Educational Course (?), non so perché usano questo nome ma l’idea è che il corso non è un corso accademico, è un corso pratico. Allora lì già fanno un anno di studi su cose come l’etica, procedure, cose abbastanza pratiche per un giovane avvocato, e arrivano con questo livello minimo di conoscenza delle pratiche, delle procedure, delle usanze della professione, però prima di poter presentarsi in tribunale, da noi già di una storia infinita, da 100 anni mettiamo, c’era sempre un periodo di tirocinio. Il periodo di tirocinio era di dodici mesi però nei secondi sei mesi il giovane avvocato poteva presentarsi in tribunale come avvocato. Però non esisteva mai un training, una preparazione per quelle prime volte che l’avvocato si presentava in Tribunale. Io mi ricordo quando ho cominciato, 20 anni fa, io sono arrivato in Tribunale per la prima volta, forse ero con il mio master, avevo visto un po’ come faceva lui, però il master era nelle corti superiori, io sono arrivato in questo primo tribunale, prima istanza, era un esperimento, adesso mi vengono i brividi a pensare perché questo povero cliente chissà cosa pensava? quello pensava: questo giovane sì, avrà avuto qualche esperienza? Puoi immaginare se uno pensa a una situazione medica, mettiamo, uno si sottomette a un intervento chirurgico e questo è la prima volta che ti tocca, il medico è una cosa spaventosa. Ma questo è quello che succedeva. Allora adesso con questo nuovo ordine, queste nuove regole professionali questo giovane avvocato avrà fatto dei corsi obbligatori di Advocacy Training. Fra poco arrivo alla metodologia di questo traning, ma il training ti prepara appunto per questo momento, vuol dire che la prima volta che lui entra in un tribunale ha già avuto un’esperienza, anche se è un’esperienza finta, esperienza finta vuol dire che almeno ha avuto l’esperienza di poter presentare un caso, di vedersi se stesso come svolgere il compito di avvocato in tribunale, ma più importante per noi è il fatto che l’avvocato ha avuto l’occasione, tramite questi corsi, di prepararsi come avvocato, non solo (advocacy da noi vuol dire eloquenza, non parlo solo di eloquenza) io parlo di tutto l’insieme dell’analisi, studio del caso, come presentarsi, quali elementi sono positivi, quali elementi sono negativi, tutte queste cose che vengono insieme in un processo da noi. E così i suoi sbagli uno spera, li ha già commessi durante questi exercises (?) addirittura ai giovani avvocati noi diciamo sempre durante questi corsi “questo è il vostro momento per fare tutti gli sbagli che volete fare, è un momento di esperimento. E’ un esperimento, fateli pure, non avete vergogna perché qui è il momento di poter sfogarti con tutte le idee che avete.” E’ logico che poi dopo uno si rende conto che certi esperimenti non valgono la pena, specialmente quando hai un cliente che paga. In ogni modo, siamo arrivati al punto dove volevo spiegarvi un po’ come ci siamo organizzati, in questo momento vi ho spiegato che i primi tre anni i praticanti avvocati, all’inizio della professione, entro i tre anni devono completare 45 ore di professional development, lo chiamo CPD così capite tutto quello che dico, CPD, sono 45 di CPD obbligatorie, però di quelle 45 ore devono fare un minimo di 9 ore di advocacy training, minimo 9 ore. Allora sì uno si rende conto l’importanza dell’Advocacy training quando mette in confronto le altre ore. Nove ore di advocacy training e un minimo di tre ore di etica. E dopo questi primi tre anni, quando hanno completato queste 45 ore, ricevono un certificato completo, sarebbe un complete certificate e di lì in poi devono fare 12 ore ogni anno, e tutti noi, dal più giovane al più anziano bisogna fare queste 12 ore di CPD. E’ logico che un avvocato con una certa FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 273 273 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO esperienza può guadagnarsi queste ore, presentando dei seminari, presentando corsi, addirittura cerchiamo di convincere gli anziani a partecipare, perché guadagnano due ore ogni ora che fanno. Ad esempio se presentano una lezione di un’ora guadagnano due ore perché la presentano. Ma il compito dell’Ordine è quello di mantenere gli standard di questi corsi, per la maggior parte l’Ordine stesso non fa i corsi però li delega all’Ordine regionale, li chiamano circuiti da noi, .... è uno dei circuiti di cui faccio parte, e i circuiti sono ordini regionali. Gli ordini regionali preparano e creano questi corsi per i membri, per i soci di questo ordine. In più sono i famosi ... Cours, sarebbero i collegi degli avvocati a Londra, sono 4 collegi, anche loro fanno la loro parte e offrono questi corsi e in più, al di fuori della professione stessa, ci sono dei privati che offrono questi corsi, collegi, privati, organizzazioni, però tutti questi corsi devono essere accreditati, accreditati dall’Ordine stesso per avere valore, se non sono accreditati allora non possono tenere queste ore. Infatti ho spiegato prima che 12 ore sono le ore che devono fare tutti gli avvocati, di quelle 12 ore almeno 9 devono essere accreditate, c’è tutto un ufficio dell’Ordine stesso, consisterà, non so, di 4-5 persone, che ha l’obbligo di non solo mantenere un registro di tutti questi corsi, però anche di valutare i corsi e accreditarli. Come vedete non è una cosa semplice di dire andiamo e facciamo queste cose, tutto viene risolto, ci vuole una disciplina, ci vuole una disciplina professionale, ci vuole un’organizzazione professionale, in modo da mettere insieme qualcosa che viene accreditata, così che quando questi famosi politici dell’esecutivo vengono a dire “cosa fate voialtri?” possiamo dimostrare precisamente quello che si fa, e addirittura abbiamo anche consulenti esterni che ogni anno fanno un sistema di modulation, che vengono a controllare il livello dei corsi, se sono a un livello adeguato al compito che cercano di ottenere. Volevo solo dirvi che di tutti i corsi come vedete l’Advocacy training è uno dei corsi più importanti, però ce ne sono altri, ci sono per esempio corsi sull’etica, particolarmente sull’etica dove sempre in questo sistema che vi ha spiegato Paolo, questa è la metodologia. Il problema di cui ci siamo resi conto tanti anni fa era che l’avvocato è resistente, un avvocato che ha già avuto un paio di esperienze come avvocato rimane sempre un po’ resistente all’idea di dover tornare a studiare, non so perché, per noi esiste questa resistenza. L’avvocato dice “io gli studi li ho già fatti, perché devo continuare a studiare, io voglio fare l’avvocato”. E’ per questo che il professor Hanton, che infatti ha ottenuto l’idea del Mita, gli americani come tutto sono sempre i primi a fare queste cose, il professor Hanton ha creato questo studio su questa metodologia. Questa metodologia è particolarmente adatta per gli avvocati perché cerca di dare all’avvocato non solo l’idea del training ma dà anche sfogo ai suoi talenti, non cerchiamo di creare dei clan, non vogliamo avere tutti gli avvocati in squadra come i tuoi colleghi procuratori cinesi della repubblica, che Paolo lo so, conosce bene, dove si mettono in uniforme. No, l’idea è che ognuno deve trovarsi il suo sistema di presentazione, di preparazione e cerchiamo sempre di convincere gli studenti che non è una questione di imparare come fare l’avvocato ma è una questione di evolversi come avvocato, usando le esperienze di uno che ha più esperienza. Fra i tanti altri corsi un altro corso che è molto importante per nuovi praticanti è il corso che fanno su Forensic Accounting, questo sarebbe sulla contabilità forense. Ci siamo resi conto che nella preparazione di tanti avvocati l’idea di contabilità proprio non esiste perché non fa parte dei corsi di studio, non fa parte del loro training, loro hanno cercato di creare questi corsi dove purtroppo sono abbastanza importanti nella vita di un avvocato, sapere gestire accounting. Perché? Perché esiste anche 274 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 274 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO nel processo stesso, sia nel civile sia nel penale, è logico che nel civile la contabilità è essenziale, capire un po’ i danni, interessi e tutte queste cose. Questo è un altro tipo di corso, e poi come vi ho spiegato, ci sono tanti altri corsi, per lo più sono corsi tradizionali, nel senso che c’è un seminar o un work shop dove vengono presentati dei discorsi e poi elaborati con discussioni, con piccoli interventi e così via. Vi devo dire che tutta la professione è coinvolta in questo tipo di training. Per esempio nello studio dove sono io, siamo in 70 in tutto, ogni anno abbiamo sei praticanti, sei peoples, con noi, ogni anno c’è questo interim e noi stessi facciamo dei corsi particolari per questi giovani, dove tutti noi in studio ci offriamo per fare questi corsi. Addirittura certi studi si mettono insieme per fare delle cose insieme. E comincia a quel livello lì, lo studio stesso offre questi corsi, noi addirittura abbiamo un consulente esterno che viene per tante ore, lo paghiamo come consulente, è un consulente esperto sul training e lui si crea i corsi e noi li presentiamo. E questo viene validato come corso dal Bar Council, così che i nostri praticanti possono dire sì abbiamo fatto 4 ore di così così così Come vi ho già spiegato poi a livello del collegio di avvocati ci sono altri tipi di corsi a livello dell’ordine regionale, e poi sono tutti privati. E’ interessante anche vedere un po’ come si è svolto tutto questo training, perché addirittura non esistono solo questi tipi di seminari, questi tipi di corsi ma addirittura ci sono anche tramite internet, dove uno può seguire dei corsi usando l’internet, offerto dal Bar Council, dove uno registra quando apre e così viene registrato il fatto che tu hai visto una presentazione per un’ora, così addirittura non occorre neanche lasciare la scrivania per stare in studio ... Adesso voglio parlare un po’ su questo tema di Advocacy. Se possiamo concentrarci un po’ sull’advovacy perché da noi è logico che è molto importante perché come sapete abbiamo un sistema accusatorio, la tradizione vostra è diversa, inquisitoriale, però vi devo dire l’ordine degli avvocati ha presentato questi corsi, abbiamo presentato questa idea della metodologia che seguiamo in Inghilterra in tutte le parti del mondo, anche in giurisdizioni dove esiste un sistema inquisitoriale. Perché? Perché ci siamo resi conto che la capacità che viene esposta in questi corsi è una capacità universale, qualsiasi bravo avvocato moderno, in qualsiasi giurisdizione deve avere queste abilità secondo noi, queste capacità, la capacità di persuadere oralmente, comunicare oralmente, l’abilità di persuadere o comunicare per iscritto, presentare un argomento per iscritto è una capacità, di poter creare delle analisi, fattuale e anche legale sul diritto, creare queste analisi cogenti. Questa è una capacità particolare di un buon avvocato, l’abilità di poter sviluppare un argomento, un argomento si dice in inglese rising argoment, motivato, un argomento motivato. Questa è una abilità, e poi l’abilità nostra, particolare, nel nostro sistema, anche qui in Italia di presentare queste prove sia per iscritto sia oralmente e presentarle e persuadere. E’ logico che qui si parla adesso del famoso diritto inglese dove c’è l’examination .... il cross examination, le domande, controdomande, ri-examination. No, come si fa, esistono anche qui le stesse regole e esistono in altre parti del mondo. E’ logico che tutte queste abilità, e questa è l’altra cosa di un grande avvocato moderno, è che vengono presentate in qualsiasi momento durante un processo al più alto livello etico. Come ha parlato l’avvocato Iorio, l’etica è indispensabile nella nostra professione, se non esiste l’etica purtroppo non siamo più avvocati. Volevo dire un’altra cosa, una cosa importante, che l’avvocato Iorio ha accennato, quando noi presentiamo questi corsi diamo sempre un invito ai giudici, perché i giudici un po’ perché da noi esiste questo legame fra il giudice e l’avvocato perché i giudici da noi non sono giudici di carriera, sono giudici che vengono scelti dopo tanti anni di professione, allora già esiste quel collegamento, però da un punto di vista puramente tecnico l’importan- FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 275 275 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO za del giudice è che il giudice è quello che riceve l’argomento dell’avvocato. E chi altro può essere in una posizione migliore di poter aiutare un giovane avvocato a presentare il suo caso? E’ il giudice, il giudice che deve ricevere queste informazioni. E così noi cerchiamo sempre di coinvolgere i giudici, però devo dire una cosa importantissima a Paolo qui in questo momento: questo sistema non può funzionare senonché tutti quelli che partecipano come, non voglio usare maestro perché non è un maestro, da noi si chiama “formatore”, usiamo la parola formatore, chiunque si presenta come formatore a questi corsi deve avere una preparazione come formatore, perché non tutti gli avvocati sono bravi formatori e non tutti i formatori sono bravi avvocati. E’ un talento, lo dico sinceramente, perché ho dovuto farlo anche io, non tutti lo possono fare, anche i più bravi avvocati se non hanno questa abilità di poter promuovere l’idea dell’advocacy, purtroppo è inutile perché, come dico, il sistema è basato sul fatto che non è una critica dell’individuo, non deve essere una critica dell’individuo, addirittura deve essere positivo, nel senso che deve incoraggiare l’individuo a partecipare innanzitutto in questo dialogo molto ristretto, uno non scappa perché ognuno deve fare la sua parte, e così bisogna essere molto positivi, però l’idea è che non vuoi creare un ambiente dove l’individuo, un praticante, si sente criticato. La critica deve essere positiva, la critica deve cercare di evolvere da questo giovane, evolvere da lui, da lui stesso l’abilità e la capacità di poter fare l’avvocato. E’ per questo che è importante capire che il formatore deve essere una persona adatta. Comincia tipicamente il corso, come vedete, Paolo ha cercato di spiegarvi un po’, una cosa schematica, i corsi sono vari perché, come dice l’avvocato possono essere un full immersion come facciamo noi ogni anno, questo sarebbe l’ordine regionale che fa questo corso, è un corso collegiale si può dire perché tutti devono stare lì, tutti in collegio per una settimana, tutti sono insieme, mangiano insieme, sono lì in collegio insieme, fanno questi corsi. Però ci sono anche dei corsi che durano due giorni per esempio, venerdì sera, il sabato, sono più abbreviati, ma tutti questi corsi seguono questa metodologia, è logico che arrivano al corso, normalmente noi invitiamo qualcuno importante a parlare, parlare della professione stessa, degli elementi della professione, però il primo work shop, il primo momento importante sarebbe questa case analysis. Il case analysis è un momento molto importante nella formazione di un avvocato che forse noi che abbiamo già tanti anni di esperienza ci siamo dimenticati di quei primi casi, quando uno riceve il primo fascicolo che deve cercare di capire un poco di cosa si tratta questo processo, cercare di capire quali sono i punti importanti, quali i meno importanti. Questo viene presentato in un certo stile dove ognuno che partecipa deve contribuire a questo dibattito per vedere quali sono i punti positivi, quali sono i negativi e così creare lo studio del caso, così che prima che entrano dentro in questi piccoli gruppi tutti hanno già nella loro mente l’idea di quello che si tratta, mettiamo un processo penale, sia quelli che devono fare la parte del pubblico ministero sia quelli che devono fare la parte del difensore, già c’è questo studio del caso, e questo dura forse un’ora. E’ interessante vedere come viene fatto perché l’idea è che il formatore deve soltanto incoraggiare gli studenti, non deve dare la risposta, addirittura deve stare zitto però deve incoraggiare tutti a descrivere quali sono i punti positivi, quali i negativi. Arriviamo a questo momento dove gli avvocati si devono presentare in questi piccoli gruppi. L’idea lì è che si usa questa frase in inglese, adesso non so se si traduce bene ma learning by doing si dice in inglese, imparare facendo. Ognuno deve fare una parte, deve presentarsi per quei 6 o 7 minuti, nella presenza di 5, 6, 7 altri, con il formatore. E’ logico che questo può durare 5 minuti, può durare 7 minuti ma il formatore dà l’opportunità a questo giovane avvocato, l’opportunità di svolgere un po’ l’argomento sia sul case opening, 276 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 276 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO sarebbe la presentazione del caso, o un altro esercizio, crossing examination, delle domande e controdomande, tipicamente dà 6-7 minuti per dare la change di svolgere un po’ la sua performance. Ad un certo punto quando il formatore ha capito o ha individuato un punto critico, un punto sul quale vuole indirizzare l’avvocato, allora lo ferma, e a questo punto segue questa metodologia, che sembra un po’ strana, sembra un po’ artificiale però quando uno entra in questo giro uno capisce, è una cosa molto positiva, innanzitutto gli dà l’idea di cosa è il punto che vuole indirizzare, si chiama head line, tipicamente dice io vorrei parlarti di un tema, io voglio parlare per esempio sul tema del traffico di Roma. E quello ti guarda, dice “è impazzito questo formatore”, poi fa il play black, questo è importante, il play black è quando il formatore mostra allo studente quello che ha detto, e questo è importante perché qualsiasi formatore deve essere disposto a fare una nota, una nota molto precisa, non delle risposte che vengono fatte dai testimoni ma delle domande stesse fatte dallo studente. Così puoi fare un play black e così il formatore può dire: guarda durante il tuo intervento di 56 minuti, tu hai fatto queste domande, gli hai domandato questo, gli hai domandato di quell’altro, allora già in quel momento lo studente arriva a capire che queste domande erano di tutte le parti, e così già l’head line si rende conto. A questo punto il formatore spiega il remedy, il remedy sarebbe come rimediare a queste cose. Allora spiega e dice, il remedy sarebbe di avere più chiara l’idea di dove parti su questo tema, di avere le domande, un esame per esempio incrociato, crossing examination, che abbia bene l’idea di dove è il tema, dove segue il ragionamento. E poi a questo punto diventa un po’ più difficile per il formatore, perché a questo momento l’idea della metodologia è che il formatore con la sua esperienza deve dimostrare, deve fare una demonstration, allora questo diventa qualche volta un po’ imbarazzante per il formatore perché a quel momento si deve rendere conto che lui deve dimostrare come si fa. Per la maggior parte, e non è difficile, quando uno fa una demonstration, sempre con lo stesso testimone dice, allora così così così .... A questo punto si rivolge allo studente e dice prova di nuovo. E così lo studente prova di nuovo. E anche se sbaglia non importa, anche se sbaglia di nuovo, non importa perché? Perché l’idea è che con quell’head line, con quel tema, con questo intervento positivo lo studente sicuramente si ricorda su questo tema. Si dice sempre a tutti i formatori che l’importante è che devono portarsi via un’idea solo, innanzitutto perché un’idea è già tanto portarsi via, ma anche perché in questa sezione, con 5-6 altri colleghi, ci saranno 5-6 altre idee da portarsi via. Questa sarebbe la base di questa metodologia, è una tecnica, in più c’è questo, se uno vuole, e noi lo facciamo a Oxford, c’è questa idea che lo studente stesso in questo momento si porta via la cassetta, perché viene registrato, ognuno ha la sua piccola cassetta, che viene registrato tutto il suo comportamento durante queste settimane, comportamento forense devo dire, non privato, allora va via in un’altra stanza dove se vuole può vedersi da solo, se non vuole può avere l’assistenza di qualcun altro che gli può spiegare cose personali, come un avvocato, questioni di stile più che altro, che non sono questioni professionali ma sono questioni di stile. Questa la metodologia. E’ logico che questa metodologia dipende innanzitutto sui materiali stessi, l’avvocato vi ha spiegato che noi usiamo dei processi finti, però processi realistici per i giovani, quando facciamo dei corsi più avanzati, perché facciamo dei corsi più avanzati per avvocati con 7-10 anni di esperienza, e lì diventa una cosa un po’ più complicata perché per esempio usiamo esperti, è già un’altra tecnica, si parla di un altro livello di preparazione quando abbiamo degli esperti sia medici sia esperti commercialisti e così via. Come vedete questo tipo di training dipende quasi assolutamente dall’intervento di altri avvocati, avvocati con esperienza, ma avvocati che hanno anche avuto un certo livello di formazione sul training. Lo dico sempre a tutti quelli a cui parlo in giro per il mondo su FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 277 277 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO queste questioni che è inutile che, un avvocato inglese mettiamo, viene qui in Italia e cerca di fare un training di questo tipo. Perché? Perché non ha senso, il training deve essere fatto tra avvocati italiani, per avvocati italiani, basandosi su un sistema italiano. Abbiamo avuto delle esperienze molto interessanti in India, perché in India abbiamo una tradizione molto molto simile, nel senso che abbiamo un sistema orale, abbiamo procedure quasi uguali. Lì abbiamo trovato questo problema, che gli avvocati indiani volevano essere avvocati inglesi. Noi abbiamo cercato di convincere questi colleghi che è inutile perché l’avvocato inglese ormai non fa parte del sistema indiano, sono i tribunali indiani che meritano un buon avvocato indiano. E così man mano li abbiamo convinti che devono crearsi un gruppo di informatori, lo hanno fatto. Sì non è una cosa che uno può creare istantaneamente, però cominciamo con un gruppo di 20 avvocati disposti a fare questo tipo di training, che si offrono come formatori, non necessariamente avvocati con tanta esperienza ma avvocati con una certa esperienza. E’ interessante questo fatto anche che abbiamo notato che sono avvocati con esperienza però più giovani che sono disposti a far parte di questi, gli avvocati più anziani purtroppo si sentono forse un po’ allontanati dai giovani, forse hanno ragione perché abbiamo notato che tanti avvocati giovani anche da noi hanno un certo senso di riservatezza di fronte a un giudice, però cerchiamo sempre di creare un bilancio di formatori, di non avere solo giudici o anziani ma di avere un mix, una miscela di tutte le capacità. Il messaggio importante che dovete creare voi altri stessi tramite l’ordine, tramite un sistema di “prova e sbagli”, dovete trovare un sistema in cui potete creare un gruppo di avvocati che sono disposti, è logico che dovete avere tanti avvocati disposti a fare questo perché ci siamo resi conto che non si può sempre usare gli stessi avvocati, perché già hanno la loro professione e diventa una cosa difficile sempre domandare agli stessi avvocati di fare il training continuo, e da noi c’è bisogno di fare questo training, come vi ho spiegato, con tante ore per completare gli studenti. Moderatore Vediamo un po’ cosa ne pensa Charlotte Oliver, solicitor Del Fabbro Devo dire Paolo che i solicitor prima di noi si sono resi conto della necessità, un po’ perché hanno il contatto diretto col cliente. Moderatore Infatti. Ora è avvocato ed è iscritto a Roma. Charlotte Oliver Sono molto orgogliosa che Paolo mi ha invitato a parlare oggi. Avevo preparato questo discorso in inglese, mi ha detto oggi che devo parlare in italiano, spero che non perdo l’ironia inglese che volevo mettere nel mio discorso nella traduzione. Io sono solicitor, sono qualificata 94 come solicitor di Inghilterra e Galles, dal 2001 sono anche avvocato iscritto all’Ordine degli Avvocati di Roma. Mi sono iscritta grazie all’aiuto di Paolo Iorio che ho conosciuto il primo anno che sono venuta in Italia. Devo dire che l’iscrizione è stata la mia prima esperienza del sistema italiano, ogni anno sto sempre scoprendo nuove cose. Sono andata all’Ordine degli Avvocati con la nuova legge 2001, dicendo “io sono un solicitor avvocato europeo, ho diritto di iscrivermi qui perché io voglio esercitare la professione in Italia”. Questa vostra legge del 2001 era basata sul regolamento 278 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 278 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO 98 per il libero movimento della professione in Europa. Questa legge è del febbraio 2001, io a ottobre-novembre 2001 sono andata all’Ordine, la prima cosa che mi hanno detto “deve andare alla Sapienza a tradurre la laurea”. Sono andata alla Sapienza e mi hanno mandato indietro, la seconda volta sono andata a parlare con il funzionario dell’Ordine, mi hanno detto “no, devi essere residente tre anni in Italia”. Allora davanti a me avevo la legge, il regolamento, dal mio allenamento e il mio comportamento avevo imparato come solicitor di combattere, di non perdere, volevo far vedere, a quel punto non parlavo neanche molto bene l’italiano, volevo far vedere questo regolamento, questa legge, e lui mi ha risposto “mamma mia, Madonna!”. Era veramente scioccato, dopo ho parlato con Paolo Iorio e lui ha detto “allora ti riaccompagno, riproviamo”. Appena lui ha visto Paolo ha detto “ma certo, non c’è problema, la iscriviamo subito”. Dopo ho fatto il giuramento davanti alla Corte d’Appello e anche loro hanno detto “Ma lei non si è laureata in Italia. Come mai lei è qui?” ho spiegato questo nuovo regolamento, la legge, “siamo molto contenti”, allora ho fatto il giuramento. Adesso esercito proprio come avvocato a Roma, e tutti mi chiedono “ma allora c’era qualche esame? hai imparato la legge italiana?” Devo dire no, devo sempre subito soprattutto ai clienti “sono solicitor, ho fatto anni di lavoro in Inghilterra e adesso sto imparando diritto italiano, e devo dire che il mio campo è soprattutto diritto privato internazionale, diritto commerciale internazionale, quindi i cross ... work che coinvolge spesso Inghilterra, Italia, Stati Uniti. Una breve introduzione di chi sono. Solicitor che vuol dire? Io devo partire dal punto di vista che voi non capite la differenza tra solicitor e barrister, al momento della laurea in Inghilterra uno deve scegliere quale strada, spesso viene detto che solicitor è inferiore del barrister, prima diventi solicitor e poi barrister. No, ci sono strade diverse, scegli secondo il tuo carattere, secondo il tipo di lavoro che vuoi fare, barrister forse è uno che vuole andare in questo teatro di tribunale, ha molta capacità di parlare, ama questo modo di lavorare, invece il solicitor è uno che vuole più lavorare con i clienti, seguire le pratiche nello studio. Ci sono vari motivi, io ho scelto il solicitor perché già da cinque anni prima di andare alla Law School, ho lavorato in un centro di diritto in Inghilterra, in un quartiere di Londra molto povero dove venivano tante persone che non avevano diritto all’accesso a un avvocato per motivi economici. Quindi ho imparato a seguire tante tante pratiche, con tanti casi importanti e urgenti, tipo diritto di emigrazione, diritto di lavoro, e ho cominciato la mia prima esperienza di advocacy, era davanti il Tribunale ... E poi sono andata alla Law School, un anno di pratica sui vari campi: diritto civile, penale, compravendita, diritto di famiglia, però proprio la pratica, come fai un divorzio, come vendi una casa, in un anno di studi molto intensivi fai questo, dopo fai due anni di pratica come training solicitor. Già nella Law School, questo era il 92-93, adesso alla Law School penso che il training è molto più mirato ad advocacy, contiene proprio una parte del corso di advocacy. E poi durante il training contract dello stesso ... specifica che il training solicitor fanno una parte di advocacy, che imparano i principi di advocacy, come presentarsi alle persone, non solo al tribunale, ai clienti, alla controparte, ai vostri colleghi. Principi che per un bravo avvocato sono indispensabili. Per esempio, qui ho scritto in inglese, skill of comunication, comunicazione, techniques of examination, l’etica ovviamente, e poi andando più profondamente come preparare, strutturare un caso per un cliente, gli obiettivi, l’identificazione delle finalità, di poter fare un bel sommario del caso, subito. Quando ero praticante il mio capo, molto famoso, adesso FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 279 279 22/06/2007, 11:17 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO ha quasi 80 anni, mi ha detto “Charlotte tutti i punti di un caso possono essere scritti [...] [CASSETTA N. 2] .. di imparare come dare questo sommario a un cliente, sia scritto sia oralmente. Volevo dire che pure è interessante cosa vuol dire parola “solicitor”, da dove viene? Viene dal latino, e poi dall’italiano “sollecitare”, noi siamo avvocati con titoli diversi, solicitor barrister, però facciamo lo stesso lavoro, solicitor per qualche motivo è basato su questa parola “to solicit” (sollecitare) “to encourage”, “to play” “to persuade”, perché questo in Inghilterra, tornando al fatto che ha detto Oscar, del fatto che il nostro sistema è accusatorio invece di inquisitorio. Una cosa molto interessante che ho letto ultimamente, avete mai pensato che il sistema di common law, il processo nel sistema di common law non è un’inchiesta mirata a scoprire la verità, certe volte non scopriamo la verità, gli ultimi sei anni in Inghilterra facevo penalista, il mio lavoro non era di aiutare i tribunali a scoprire la verità, era di mettere la mia opinione davanti ai tribunale, di sollecitare come solicitor il tribunale ad accettare la mia opinione, anche se non era quella giusta, anche se il mio cliente era un bugiardo, se era colpevole. Infatti in Inghilterra tutti mi chiedono “perché fa questo lavoro? Che fai nel caso che tu sai che questa persona è colpevole”, e tu rispondi con una lunga serie di risposte “perché io credo molto nei diritti umani, nel diritto di avere un buon avvocato, una buona difesa”. L’avvocato capo dello studio dove facevo penalista ha detto alla fine “sì, me lo chiedono sempre anche a me, io dico solo è il mio lavoro”. Il mio lavoro, ero e sono orgogliosa di avere questo lavoro, di essere più brava possibile per il cliente. Il mio lavoro come penalista ha questi principi di essere un solicitor, di sollecitare nel mio sistema era sempre dall’inizio di provare a combattere, di mettere il mio punto di vista. Io come penalista ero pure duty solicitor, che sarebbe di ufficio, però pure nei commissariati perché da noi l’interrogatorio viene fatto subito dopo l’arresto in molti casi, anche di notte. Quindi di notte venivo chiamata al commissariato, e appena sono entrata al commissariato il mio lavoro cominciava, anche alle due di notte dovevo subito scoprire dalla polizia che cosa aveva detto il cliente nel momento che è stato arrestato, anche le sue parole formano la prova contro di lui in futuro. Dovevo decidere nell’interrogatorio se era necessario consigliare ai clienti di parlare o non parlare, perché the wright of silence è una cosa fondamentale del nostro sistema, che poi piano piano lo hanno distrutto, dal 94 in poi se non rispondi alle domande fatte dalla Polizia, o alle domande del tribunale è un rischio, il giudice può anche dire alla fine del processo, c’è il rischio che il giurato può prendere questa come parte dell’evidenza della prova contro di lui. Quindi sempre combattendo. Scusate se sto parlando molto del vostro principio di advocacy, però questa per me è tutta advocacy, l’arte di combattere e di farlo molto bene, in maniera molto professionale. Dopo il commissariato i solicitor hanno il diritto di parlare nei ... inferiori, cioè Magistraty School, dove tutti i casi penali cominciano, e adesso da qualche anno i solicitor possono pure fare il training e diventare solicitor advocate, quindi quasi al pari di barrister. Io conosco solicitor adesso che fanno processi complicati di casi di omicidio. Grazie a questo sviluppo anche che ha detto Oscar che hanno pensato veramente deve essere la formazione dell’advocate, quindi i training courses che si svolgono adesso sono molto dettagliati. Quindi io andavo quasi ogni mattina per qualche anno a Magistraty School (?) dovevo chiedere al giudice di liberare, di dare la libertà provvisoria il cliente, o se un cliente si è detto colpevole a qualcosa, subito il giudice voleva sapere i fatti suoi per dare la pena, e poi nello stesso momento usando questi .... al procuratore .... sia dall’ufficio, per telefono, per lettera, sia nel tribunale parlando quella mattina, 280 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 280 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO provando a sollecitare loro di accettare la tua opinione, forse di .... fermare il caso. Quindi quello era un po’ il mio lavoro di solicitor, è importante per me perché i clienti decidono quali sono gli avvocati bravi e quali sono gli avvocati che non sanno fare il lavoro. Ci sono anche clienti che sono solo interessati affinché porti le sigarette a loro quando sono in carcere. Quindi devi imparare ad essere imparziale, professionale, tutto il momento del tuo lavoro. C’è il solicitor advocacy .... Society che è mirato a, i solicitor adesso che fanno solicitor advocate, che hanno high wrigth audience nel Crime Court (?), c’è una clausola in questo codice che dice per esempio, advocate must .... Quindi io do’ tanto sostegno alle cose che hanno detto i miei colleghi, questa è una cosa fondamentale che ovviamente vedo che manca ai miei colleghi italiani, quello che ho conosciuto in questi pochi anni che ho lavorato qui, sono principi che puoi approfondire molto, ci sono principi che non penso che sono stati descritti qui oggi, per esempio altri principi come si veste è importante, in Inghilterra siamo molto molto più formali in Tribunale come ci vestiamo, venti anni fa non era possibile per le donne di mettere i pantaloni, altrimenti i giudici ci facevano caso, adesso è più liberale, però è importante. La prima volta che sono andata in tribunale a Roma, era una udienza piccola in Corte Civile, sono andata vestita tutta nera, il mio tailleur favorito, e aspettavo un collega che arrivava, vedevo tutti gli avvocati che entravano, pensavo forse non sono tutti avvocati, però poi ho visto, io sapevo quel giorno che nelle udienze è molto più informale, anche nelle aule dove è il giudice. Ho avuto pure commenti interessanti, non so se vi ricordate la bomba a Londra l’anno scorso, uno dei terroristi è scappato a Roma, l’hanno arrestato a Roma, l’avvocato della difesa quel giorno, che lo ha preso al commissariato, tutti i miei amici in Inghilterra hanno detto “hai visto in televisione, quella modella, quell’attrice?” Lei era il mio avvocato, io mi ricordo, era estate, aveva la canottiera. Questa è una cosa shock per noi. C’è chi pensa che è importante o no, però ovviamente il codice di come ci si veste è importante per un effetto visuale al cliente e al giudice. Come si entra ed esce dal tribunale è una cosa che si impara, in Inghilterra entri nel tribunale se non inchini la testa al giudice o al magistrato possono vederti, fanno caso a questo. Il rispetto per il tribunale è molto importante, l’immagine di quando hai una controparte nel tribunale, anche se è il tuo migliore amico fuori del tribunale, non devi sembrare troppo amichevole, devi avere un’apparenza di distanza se no possono dire ma questo non è sincero. Un’altra cosa visuale ovviamente è il contatto con gli occhi, con il magistrato, il giudice, è anche importante per te sapere come sta andando il caso, un controllo su tutti i segnali che dai, non devi sembrare troppo sorpresa quando la controparte ... non devi sembrare troppo preoccupata, non devi sembrare troppo ansiosa se è possibile. C’è sempre la prima volta per tutti noi, pure io come praticante solicitor sono andata al Magistraty School una mattina per la prima volta con una pratica, con una cosa semplicissima da fare: da fissare una data per un processo, però sono riuscita a sbagliare, e quando il magistrato mi ha chiesto “ma quanti testimoni allora saranno per la difesa?” io ho detto “cinque per la difesa e sei per il procuratore”, il procuratore si è girato dopo di che ha parlato dei miei testimoni, e il magistrato ho visto che guardava dove era scritto il mio nome, ovviamente pensava ma chi è questa. Ovviamente all’inizio sarai ansiosa però se puoi non dimostrarlo o non dire le cose che non devi dire è meglio. Un’altra cosa finale che volevo dire, l’importanza d’essere puntuale. E’ essenziale, FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 281 281 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO all’inizio di questo convegno noi due avvocati inglesi stavamo qui ansiosi “ma perché non è cominciato alle tre?”. L’ultima cosa da ricordarsi è che a nessuno piacciono gli avvocati, noi siamo una professione da anni trattata con non tanto rispetto dal pubblico, pensano che guadagniamo troppo e che non facciamo nulla. Quindi devi provare, ogni cosa che fai, a cambiare l’idea di questo, nel tribunale anche quando parli non usare termini troppo difficili, usare termini semplici e che sono chiari e presenti in modo migliore il tuo caso. Il mio momento migliore come avvocato in Inghilterra è quando il giudice dopo che io ho esaminato un testimone si è congratulato con me, ha detto “complimenti, lo ha fatto in modo stupendo”. Spero che un giorno avrò la stessa soddisfazione qui in Italia. Moderatore Io ringrazio i colleghi, ci hanno aperto, perlomeno a me hanno aperto nuovi orizzonti. Molte delle cose che hanno detto appartengono alla nostra stessa esperienza, si tratta adesso di razionalizzare, di trasformare quello che è in termini più scientifici se è possibile o comunque più organizzati. Tutti noi abbiamo avuto un maestro. Abbiamo avuto un maestro che abbiamo seguito con molta attenzione, che ci ha insegnato a fare gli avvocati, ma a farli veramente. Io ricordo che il mio maestro, il professor Sabatini, dopo qualche giorno mi disse che tu abbia studiato mi pare che sia abbastanza probabile da quello che dici, adesso si tratta di fare l’avvocato, che è una cosa totalmente diversa. E quindi mi consigliò di ricominciare da capo seguendo, ascoltando e facendo il più possibile il difensore di ufficio. A quei tempi si andava in aula e si veniva nominati difensori d’ufficio, oppure anche pubblici ministeri, erano due funzioni intercambiabili che si assumevano all’improvviso. Mi ha detto tu vai nelle aule, fai il pubblico ministero o il difensore d’ufficio e ci rivediamo qui fra sei mesi, meglio ancora se fra un anno. Io, come laureato con 110 e lode, l’ho presa come un’offesa, come una cosa terribile, il fallimento della mia vita, poi invece ho capito che in aula realizzavo quella esperienza di carattere pratico che noi dovremmo, insieme a Paolo, realizzare attraverso questi corsi che sono qualche cosa di altrettanto pratico ma dicevo di molto più razionale, anche perché trovare oggi un maestro capace di insegnare ma che abbia voglia di farlo, diventa sempre più difficile. Noi abbiamo al consiglio dell’ordine elenchi di giovani che vengono e ci chiedono di essere sistemati nello studio di qualcuno che abbia queste capacità. E’ pressoché impossibile perché noi abbiamo superato a Roma il numero di 20 mila iscritti qualche giorno fa. Questo significa che essendosi dilatato enormemente il numero degli avvocati e ancora più difficile per i nuovi arrivati trovare una sistemazione. Era un piccolo mondo, a noi sembrava ovviamente che l’albo degli avvocati di Roma, che raggiungeva forse i 3-4 mila fosse spropositato, però era in effetti un piccolo mondo nel quale ciascuno di noi finiva con l’avere un maestro. Questo non è più possibile. Come sopperire? Come diceva giustamente Charlotte e come diceva il collega, mettendo al posto del maestro, che non c’è o che difficilmente si trova, un consiglio dell’ordine che non si limiti a fare quello che già è molto importante perché lo facciamo ogni giorno (corsi, conferenze, dibattiti) ma che insegni attraverso la simulazione a fare gli avvocati proprio nella pratica, perché fare l’avvocato significa andare in aula, vestiti a una certa maniera, avere un comportamento adeguato nei confronti degli altri e sapersi comportare non sulla pelle del cliente, il cliente non può essere una cavia, i primi clienti che vanno dall’avvocato e non sanno che l’avvocato è alle prime armi, rischiano di essere delle cavie predestinate poi soprattutto nel processo 282 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 282 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO accusatorio nel quale, come suol dirsi, non si cerca la verità ma veramente vince il migliore, veramente vince chi riesce a provare la propria tesi. Il contrasto tra pubblico ministero e avvocato è un contrasto spietato nel quale emerge colui il quale riesce a corroborare la propria tesi in termini pratici e non soltanto con parole, magari anche eloquenti, molto eloquenti, come avveniva in passato. Per superare questa difficoltà, che poi è una difficoltà per l’avvocato ma soprattutto per il cliente, io credo che la fase di passaggio possa essere questa. Noi qualche cosa in termini molto approssimativi abbiamo visto nel corso per esempio della scuola forense o dei difensori di ufficio, si è tentato o si è fatto una simulazione di udienza preliminare, di esame dei testimoni, di controesame, però non in termini organizzati, erano esperienze sporadiche che hanno compiuto il Consiglio dell’Ordine, coloro i quali ne hanno fatto uso, ma come se fosse qualche cosa di più, qualche cosa dovuta all’inventiva del docente, qualche cosa di originale. Oggi si scopre invece che all’estero quello che per noi era originale, eccezionale ed accessorio, può e deve essere proprio l’oggetto di un corso specifico nel quale l’aula del consiglio dell’Ordine, o un’aula come questa messa a disposizione della Cassa diventa per un attimo, per un’ora, per un certo periodo di tempo l’aula della giustizia, un’aula di giustizia nella quale un avvocato fa il pubblico ministero, l’altro avvocato fa il mestiere o esercita la funzione del difensore, ed entrambi poi si vedono allo specchio attraverso la rivisitazione di una cassetta per scoprire gli errori commessi, anche con l’aiuto di un tutor oppure di quel maestro che messo a disposizione del consiglio dell’ordine o da chi è delegato come potrebbe essere, e credo che sarà Paolo, potresti essere anche tu che ti occupi dei diritti internazionali da moltissimo tempo. Io credo, adesso io questo non lo dico per compiacere, riferirò al consiglio una cosa che è profondamente vera, sapevo, immaginavo, avevo capito ma oggi ho colto, come credo sia capitato a qualcuno di voi, l’importanza di una cosa di questo genere, non è un passaggio voluttuario, noi dobbiamo farlo, anche perché il nuovo codice deontologico approvato il 5 di gennaio di quest’anno dal consiglio nazionale forense, ha trasformato l’obbligo all’aggiornamento in un dovere, in un dovere sul quale il consiglio dell’ordine ogni tre anni dovrebbe esercitare un controllo, il che significa anche che gli avvocati, non i giovani avvocati, gli avvocati dovrebbero accumulare un certo numero di crediti è tutto da vedere ancora, un certo numero di crediti che ne legittimino la permanenza nell’albo, o quantomeno li esonerino da un giudice negativo sul piano deontologico. Se la posta in ballo è questa, che i colleghi hanno un dovere, ma il consiglio dell’ordine ancora più imponente e più cogente di aiutarli ad essere a livello, allora io credo che si debba passare attraverso questa esperienza. Siamo andati a colpi di tentativi, voglio dire tra l’altro anche per acquisire dei meriti perché non si può neanche pensare o ammettere che noi siamo tabula rasa, perché questo non è. Abbiamo studiato per un anno con i magistrati, un protocollo d’intesa, e tu lo sai perfettamente, e io adesso voglio pubblicarlo sul sito perché ho l’impressione che molti non lo conoscano, soprattutto i magistrati che farebbero bene a stamparselo in mente perché ci sono doveri per gli avvocati ma ci sono obblighi anche per loro, un protocollo d’intesa che proprio diceva quello che riferiva Charlotte, tutto il mondo è paese: l’abbigliamento, l’orario, la puntualità che vale per noi e per loro, le fasce d’orario. Non è più possibile che un avvocato, peggio ancora un cittadino, vada alle nove per sentirsi dire alle cinque del pomeriggio che il processo non si farà, non è possibile che accada quello che accade ogni giorno, il che è una umiliazione per entrambi che un avvocato arrivi preparato, carico di preoccupazione a qualunque età, perché a qualunque età si arriva al FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 283 283 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO processo in uno stato di grande preoccupazione, dissimulata perché, hai ragione tu, bisogna far finta di essere sereni ma nel proprio animo siamo tutti molto preoccupati, per sentirsi dire, come a me è capitato tre giorni fa, il giudice a latere è da cinque giorni a Parigi per un convegno. Questo non può accadere e non deve accadere, perché io personalmente avevo altri impegni, ho trascorso una notte insonne, come capita, ripeto, a qualunque età, e non è giusto, questo vale per l’avvocato, vale per il cliente che pensa che quello sia il giorno più importante della sua esistenza, soprattutto quando si tratti di processi particolarmente gravi, nel mio caso erano stati chiesti 8 anni di galera, non è giusto. Allora voglio dire le regole valgono per noi, valgono per i magistrati, valgono per tutti. Noi non possiamo imporre nulla ai magistrati, dobbiamo fare in modo che i magistrati e i cittadini e chiunque sappiano che ce le siamo date le regole, abbiamo acquisito una conoscenza, abbiamo fatto di tutto per migliorarci. Questo proprio per respingere al mittente tutto quello che si dice dell’avvocato, anche qui tutto il mondo è paese, hai ragione, vi sono dei miti, vi sono dei giudizi approssimativi secondo i quali l’avvocato da una parte è un collaboratore della delinquenza, colui il quale specula sulle malefatte degli altri, dall’altra poi è colui il quale è il favoreggiatore di coloro i quali commettono dei crimini, ciò nonostante invece, chissà perché, come avviene in tutti i paesi civili, hanno comunque diritto ad essere difesi. Per guadagnarci questa stima che si tenta di eliminare o di ridurre noi possiamo fare soltanto questo: migliorarci. Allora io per concludere vi ringrazio moltissimo perché a me avete dato uno stimolo a poi fare il mio dovere in un modo migliore di quanto non sia avvenuto finora, deliberando in consiglio la necessità di farli questi corsi, pubblicando su “Temi romana” che è la nostra rivista, i vostri interventi che vi prego di dare a Paolo, in qualche maniera di farli pervenire e pubblicizzando questa che dalla scarsità di presenze ritengo non sia stato percepito nella dovuta maniera come un passaggio obbligato e non un modo come arricchirsi oppure passare il tempo ma non del tutto necessario. Fino a quando c’erano i maestri, fino a quando c’erano le scuole, sia pure artigianali, forse avremmo potuto, si poteva evitare tutto questo. Oggi non è più possibile. Noi rimanevamo a volte fino a mezzanotte, all’una di notte, dopo che si era completato il discorso di studio, di lavoro, lavoro quotidiano, per il gusto di discutere gli argomenti, per il gusto di confrontarci su quello che avevamo fatto o avremmo fatto il giorno dopo, questo purtroppo non c’è più, i maestri non ci sono o se ci sono non hanno, nella maggior parte dei casi, nè voglia né tempo di rimanere fino all’una di notte a insegnare ai propri clienti perché hanno altro da fare probabilmente, anche per la pressione della vita di oggi che certamente è molto più veloce di quanto non fosse quella che era una vita rallentata, e probabilmente, adesso è inutile esprimersi in termini di nostalgia ma era probabilmente più vivibile sul piano umano e anche sul piano professionale. Io assumo questo impegno, purché naturalmente Paolo vi provvediate di un certo numero di colleghi disponibili, perché come diceva giustamente Oscar, non puoi pensare che degli avvocati si blocchino per esercitare questa funzione. Siamo 20 mila, su 20 mila troveremo sicuramente persone che si sentiranno a mio avviso anche un po’ onorati di contribuire a questo miglioramento dell’avvocatura. Grazie. 284 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 284 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO ASPETTI DEONTOLOGICI ALLA LUCE DELLE NUOVE DETERMINAZIONI NORMATIVE Convegno GOVERNANCE E PUBBLICITA’ DEGLI AVVOCATI: ESPERIENZE INTERNAZIONALI A CONFRONTO Venerdì 20 aprile Giulio Prosperetti Non siamo numerosi perché evidentemente la governance è in concorrenza con il mare con questa giornata estiva, ma l’interesse per questo incontro va al di là delle presenze giacché il Consiglio Nazionale Forense pubblicherà gli atti nella sua Rassegna. Anche da molti colleghi, sia del Foro sia dell’Università, ho avuto affermazioni di interesse per cui questi atti saranno letti poi con grande attenzione da un vasto pubblico, tutto interessato a questo tema. Noi abbiamo scelto di parlare di pubblicità pensando che questo è il momento finale del problema, ma poi mi soffermerò un po’ su questo concetto nella introduzione che farò dopo il saluto del nostro presidente del Consiglio dell’Ordine avv. Sandro Cassiani. Avv. Sandro Cassiani Io ringrazio Giulio Prosperetti, Goffredo Barbantini, Corrado De Martini, Antonio Manca Graziadei e naturalmente tutti i componenti la commissione di diritto internazionale, non tanto e soltanto per avere comunque organizzato un convegno, che contribuisce sempre al miglioramento e all’approfondimento, ma per aver scelto un tema che da circa un anno, credo di non essere smentito, costituisce la problematica intorno alla quale si agitano, oppure discutono gli avvocati. Qualcuno è sceso in campo, addirittura proprio intendo sulle piazze, altri ne hanno discusso, ma prima di arrivare a una conclusione forse era proprio il caso, era proprio opportuno sentire che cosa avviene negli altri paesi, altrimenti c’è il rischio, esagerando poi, di lasciarsi prendere da una sorta di eccesso di preoccupazione per raggiungere poi risultati che potrebbero anche essere un po’ provinciali. Chi vi parla è molto preoccupato, io non voglio adesso fare la parte di colui il quale, siccome introduce un discorso sull’argomento in ambito internazionale, dimentica le proprie posizioni. Io personalmente, saranno i capelli bianchi caro Goffredo, ho avuto al sensazione in quest’anno quasi di un cambiamento di cultura intorno all’avvocato. E mi sono da una parte preoccupato, dall’altra meravigliato, per certe smagliature che come sempre capita basta aprire un varco poi, cominciano a delinearsi diventando quasi abituali. Noi abbiamo ricevuto, Rosa Ierardi, Giulio, i consiglieri che sono presenti lo sanno, abbiamo ricevuto già una serie di richieste di pareri in tema di pubblicità. Fino a qualche anno fa, ma non tanti anni fa, un anno, un anno e mezzo fa, li avremmo cestinati dopo esserci chiesto se non ci fosse materia di carattere o di natura deontologica. Oggi invece ci dobbiamo inchinare di fronte alle leggi, alle norme, ci mancherebbe altro, al nuovo codice deontologico cercando, se ci è consentito, io credo che ci sia consentito in quanto ci è doveroso, di limitare se è possibile i danni. Per dire qualcosa che potrebbe apparire spiritoso, e non lo è, posso io affiggere un FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 285 285 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO manifesto sulla mia automobile di pubblicità del mio studio? Posso io inoltrare questa domanda agli enti nella quale – non sto raccontando cose non vere, sono cose documentate in consiglio - enuncio le mie capacità e i prezzi che pratico? Posso io, a somiglianza di quanto pare sia avvenuto al nord, aprire un negozio che si chiami “La bottega del diritto” e vendere pareri a poco prezzo? Queste sono le cose di fronte alle quali. E allora un attimo di riflessione per sapere quali sono i limiti che si pongono a una problematica di questo genere che è connessa poi, in ultima analisi, anche alla possibilità di accesso alla professione e alla possibilità in qualche maniera di farsi valere nell’ambito della medesima che ha sempre costituito e costituisce un grosso problema, non fosse altro che per il numero. Non dimentichiamo che agli ultimi esami da avvocato si sono presentati circa 6.000 candidati; non ci dimentichiamo che a Roma abbiamo superato i 20 mila. E allora voglio dire il pericolo qual è? Che allargando troppo le maglie si arrivi poi ad accettare una sorta di giungla nella quale valgono propriamente le leggi della giungla nella quale vince notoriamente il più forte, il più capace, il più aggressivo. Io credo che questo non possa essere, allora sentiamo, io con religioso silenzio e soprattutto con moltissimo interesse anche per la mia funzione, che cosa avviene all’estero, quali sono i limiti oltre i quali si incide sulla dignità dell’avvocato, entro i quali invece il concetto di concorrenza può essere accettato, e fino a che punto la nostra idea della concorrenza fatta di capacità reali e dimostrate sul campo, cioè nelle aule e attraverso gli atti giudiziari, abbia ancora un qualche fondamento. Non è che sto parlando di quello a cui credevano i nostri genitori, sto parlando delle cose alle quali credevamo fino all’altro ieri. Oggi il concetto di liberalizzazione ci ha portato verso nuovi orizzonti. Io ringrazio il collega G. Moore, il collega Bernard Vatier, Rupert Wolfe e l’avvocato Panova che ancora non è arrivato. Ringrazio molto e ringrazio soprattutto voi che siete presenti con la voglia e il desiderio di ascoltare. Mi dispiace, un tema di questo genere, caro Goffredo, avrebbe dovuto rendere insufficiente anche la nostra aula, perché in piazza, nelle assemblee nelle quali a volte con un eccesso di calore che è stato criticato, abbiamo discusso di questo, ci siamo ribellati alla c.d. legge Bersani e a quello che consegue, eravamo migliaia e migliaia, non voglio credere che gli avvocati non abbiano interesse al problema voglio invece pensare che gli avvocati attendano poi di leggere queste relazioni come avverrà sul nostro Temi Romana, che probabilmente è anche più comodo perché consente una maggiore meditazione. Vi ringrazio moltissimo, riferirete voi ai vostri colleghi quanto sentirete oggi, credo che questo servirà a iniziare una nuova discussione, forse più pacata e di più ampio raggio. Grazie. Giulio Prosperetti Ringrazio il presidente Cassiani. Devo dire che il presidente Alpa, del Consiglio Nazionale Forense non può essere con noi per un altro impegno, porterà il saluto del Consiglio Nazionale Forense l’avvocato Carlo Martuccelli, che però anche ci raggiungerà, anche lui aveva un altro impegno e ci raggiungerà nel corso dei lavori. Il Presidente della Cassa Nazionale di Previdenza Forense, avvocato Scucozza, anche ha avuto un impegno improvviso e saluta tutti, si scusa di non essere qui con noi. Il mio compito è solo quello di fare una breve introduzione ai lavori. Non voglio portare via tempo perché l’interesse è quello di ascoltare oltre ai colleghi Graziadei e De Martini 286 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 286 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO soprattutto i colleghi che ci hanno raggiunto dall’estero per portarci queste esperienze che a noi premono molto. Perché ci preme conoscere come funziona il meccanismo all’estero? Perché il Consiglio Nazionale Forense posso dire che ha fatto una scelta un po’ pilatesca, nel senso che si è limitato a dire che chi deve dare informazioni sulla propria attività deve indicare tutta una serie di elementi, quindi il Consiglio dell’Ordine a cui appartiene, la sede di esercizio, il titolo professionale, i titoli accademici eccetera, invertendo quello che era il vecchio codice deontologico, poi vecchio non tanto perché datava soltanto di un anno, il quale diceva che solo questa poteva essere la informazione data. Invece adesso quello che era un limite diventa un onere, cioè chi vuole dare una informazione (non si dice quale) deve in più dare questi elementi. Ecco che allora abbiamo un po’ una fattispecie in bianco, nel senso che dovrà essere proprio la deontologia a fissare i limiti di quello che si può fare o meno, e dovremmo un po’ ricorrere a una sorta di ordine pubblico internazionale per riuscire a delineare quelli che sono gli elementi discretivi tra quello che è deontologicamente corretto e quello che corretto non è. Il problema per gli avvocati, rispetto ad altre professioni, secondo me si pone in maniera assolutamente peculiare. Perché a mio avviso non esiste altra attività professionale che abbia un vincolo fiduciario così stretto, così cogente come quello che lega l’avvocato al suo cliente. Si può dire il medico, ma vedete già il medico è diverso, perché nel medico si cerca la professionalità, la medicina, la chirurgia si articolano secondo protocolli collaudati, quindi in fondo uno cerca una buona esecuzione rispetto alla cura o all’operazione che deve intraprendere. Ma solo l’avvocato esercita la fantasia nell’aggredire un problema legale. E rispetto a quello che è un’operazione di fantasia non c’è protocollo che tenga, è soltanto la fiducia nelle capacità che ha un legale di trovare il bandolo della matassa di una questione che può indurre il cliente a scegliere un avvocato invece di un altro. Questo rapporto fiduciario in realtà non è coltivato. Perché? Perché la tradizione era quella di avvocati noti nel Foro, cosa che ancora funziona nei piccoli centri, ma a me si stringe il cuore quando sento persone che chiamano il Consiglio dell’Ordine chiedendo un avvocato esperto in acque pubbliche, in amministrativo, in diritto penale militare, in locazioni o quant’altro, e la risposta dell’operatore è gli avvocati di Roma sono 19 mila, c’è un albo, ne scelga uno, non possiamo dargli indicazioni. La battaglia che giustamente il movimento forense fa nei confronti di una liberalizzazione sfrenata, trova il limite in una situazione non sostenibile, per cui chi chiede giustizia spesso si rivolge all’amico conosciuto al bar soltanto perché è simpatico e non c’è un rapporto che si costruisca in questo mix tra fiducia per la persona e fiducia per la capacità professionale. Ecco secondo me la regolamentazione di questa materia dovrebbe proprio portare a integrare la fiducia nella persona con la fiducia nella capacità professionale, perché purtroppo conosciamo degli avvocati bravissimi, intelligentissimi ma magari che non hanno molti scrupoli e quindi spesso chi lo sceglie sulla base della propria capacità non sa poi, non ha elementi per invece valutare la personalità complessiva morale della persona. Ecco su questa base all’ultimo congresso nazionale forense io mi sono permesso di avanzare una proposta che è in fase di discussione, sia al consiglio nazionale forense sia nel nostro Ordine di Roma, rispetto alla possibilità di mettere su internet, in un sito, dei curricula impostati in maniera tale che non ci siano soltanto i dati appunto commendevoli dei titoli FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 287 287 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO di specializzazione o dei titoli accademici, delle materie prevalentemente trattate ma vi siano anche elementi che possano indurre il cliente a fare una scelta meditata. Per esempio l’aver fatto un’esperienza scoutistica può essere un motivo preferenziale a parità di capacità professionali per chi vuole, io voglio un avvocato esperto di acque pubbliche che abbia fatto anche lo scout. Allora con un data base impostato con curricula standardizzati è possibile arrivare a scegliere una persona che abbia determinate caratteristiche, che quindi condivida una serie di esperienze, che sia capace di portare al cliente un apporto non soltanto meramente tecnico ma anche di consiglio rispetto a quella che è la sua situazione. Io ho consigliato nella mia esperienza ormai lunga, ultratrentacinquennale di avvocato tanta gente a non fare causa, ma sono sicuro che altri colleghi avrebbero con piacere accettato quei mandati. Ecco che quindi il problema fiduciario già dal momento genetico si pone. Quindi la pubblicità può essere a mio avviso surrogata da un sistema di informazioni più completo di quello che normalmente si intende. Noi credo che in Italia siamo proprio a livello di maggiore indifferenziazione, so che per esempio nell’albo francese la specialità amministrativa, civile eccetera viene in qualche maniera evidenziata nell’albo. Come dicevamo la gamma di situazioni che possono essere considerate consone alla deontologia professionale o no è tutta da inventare. Un mio collega mi diceva che un giornale di Roma l’aveva contatto per dirgli “guardi se vuole fare un’inserzione noi stiamo facendo una campagna per la pubblicità degli avvocati”. Ma vi sono tante situazioni, esiste ormai in realtà un marketing del sistema dell’assistenza legale che passa per i grandi studi internazionali. Il marchio che determinati studi riescono, sono riusciti ad imporre è frutto di una attenta opera di marketing, fatta di convegni, di news letters ai clienti, di informative, di rapporti, di public relations, tutti mirati in maniera scientifica per acquisire mandati professionali. Rispetto a queste situazioni, che ormai sono consolidate da più di 20 anni nel nostro paese, non c’è stata nessuna presa di posizione degli ordini professionali, io per quanto abbia cercato non ho trovato nessuna decisione sanzionatoria nei confronti di questi comportamenti, che per la verità, anche rispetto al vecchio codice deontologico, erano in gran parte ammissibili. Ma quello che forse non era ammissibile era la scientificità con la quale queste tecniche venivano condotte. Quindi noi siamo oggi di fronte a una situazione che da qualcuno viene chiamata di sprovincializzazione dell’approccio professionale, perché il grande studio che richiede investimenti poi deve far girare la macchina e non si può affidare a un passa-parola rispetto a quello che può essere il retaggio di clientela che riesce ad acquisire. Quindi noi dicevamo che la pubblicità è esponenziale della governance del sistema perché è il punto finale. Allora nel momento in cui un avvocato pubblica su un giornale quali sono i suoi onorari, le sue richieste di servizio e quali sono le sue tariffe, ecco che a questo punto viene in forse tutto il sistema. E un sistema che sta avendo un grande cambiamento, perché noi ormai siamo destinati a passare da un sistema di tabelle, per cui chi si rivolge a un avvocato non sa quanto pagherà, considerato che si può arrivare fino al quadruplo della tariffa, e considerato il minimo e il massimo di ogni scaglione, uno può arrivare a chiedere fino a 12 volte l’importo minimo. Quindi capite che c’è, uno può chiedere mille euro o dodicimila, il cliente lo saprà solo dopo. Quindi questo è indubbiamente un elemento che 288 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 288 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO difficilmente si combina con un mercato, con un sano mercato dei servizi legali. Troppo spesso vediamo anche al Consiglio dell’Ordine parcelle fatte in maniera punitiva al cliente che in malo modo ha tolto il mandato all’avvocato, viene fatta una parcella che è forse il triplo di quella che in un rapporto normale l’avvocato avrebbe fatto al cliente. Tutto questo indubbiamente crea delle situazioni che non sono possibili. Quindi io credo che la prima trasformazione che noi avremo sarà quella di avere dei contratti standard con i quali il cliente riesce ad avere un minimo di garanzia rispetto a quelle che sono le pretese dell’avvocato. Quindi io ho buttato un po’ di argomenti sul tappeto, sperando di accendere un dibattito anche tra i nostri relatori. Io darei la parola al collega Manca Graziadei che viene a illustrare tecnicamente qual è l’attuale situazione italiana. Grazie. Manca Graziadei Da noi le cose sono cambiate in maniera molto rapida, la pubblicità è proprio il settore dove necessariamente, in relazione al decreto Bersani, c’è stata questa novità perché il decreto Bersani prevedeva, tra le altre cose, di abolire questo divieto, io ve lo leggo perché forse è la cosa più semplice anche proprio leggere le norme, abolire questo divieto anche parziale di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni, secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio, il cui rispetto è verificato dall’Ordine. Questo decreto Bersani noi lo conosciamo, per i nostri amici stranieri è un decreto che è intervenuto a luglio dell’anno scorso e che ha appunto eliminato fra le altre cose questo divieto di pubblicità che era considerato come un dogma della nostra professione, seppure poi, come è stato già detto, di fatto esistevano delle forme di informazione o pubblicità informativa che comunque permettevano una serie di attività. Quindi tolto questo divieto il decreto Bersani prevedeva peraltro che il Consiglio Nazionale forense dovesse poi intervenire per regolamentare, da un punto di vista deontologico, la materia. Il consiglio nazionale forense lo ha fatto , l’avvocato Martucelli, che credo ci raggiungerà più tardi, è uno dei principali contributori a questa attività, lo ha fatto all’inizio di quest’anno. Anche qui io il mio intervento sarà breve, però preferisco leggere alcune norme, siccome sono delle norme anche nuove, che molti magari poi non conoscono, quindi in sintesi però preferisco leggere poi farò un breve commento. Ci sono adesso due articoli che sono l’articolo 17 e l’articolo 17 bis del codice deontologico forense, che io appunto mi accingo a leggere: l’avvocato può dare informazioni sulla propria attività professionale, quindi può dare informazioni. Il contenuto e la forma delle informazioni devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività e rispondere a criteri di trasparenza e veridicità il rispetto dei quali è verificato dal competente Consiglio dell’Ordine. Poi prosegue: Quanto al contenuto l’informazione deve essere conforme a verità e correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto professionale. L’avvocato non può rivelare al pubblico il nome dei propri clienti ancorché questi vi consentano. FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 289 289 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Questa penso sia una norma abbastanza importante che ancora, perché in altri paesi invece questo non avviene, lo menziono per questo motivo. Quindi da questo punto di vista c’è ancora questo assoluto divieto di utilizzare i propri clienti per farsi pubblicità, in sostanza questo poi sarebbe. Quanto alla forma, modalità l’informazione deve rispettare dignità e decoro delle professioni. In ogni caso l’informazione non deve assumere i connotati della pubblicità ingannevole elogiativo e comparativo, quindi c’è questo limite in ogni caso questa informazione non può essere mai pubblicità ingannevole elogiativa o anche comparativa. Quindi io non posso dire io ho vinto dieci cause, Giulio ne ha vinte nove, Giulio Prosperetti, non posso fare questo confronto, non sarebbe vero naturalmente però lo potrei anche dire, non lo posso dire. Poi continua: Sono consentite (e quindi queste sono le due specifiche che sono rimaste, poi vediamo quelle che hanno tolto) a fini non lucrativi l’organizzazione e la sponsorizzazione di seminari di studi, di corsi di formazione professionale e di convegni in discipline attinenti alla professione forense da parte di avvocati o di società o di associazioni di avvocati. Quindi organizzazione, convegni, seminari, sono esplicitamente consentite queste attività. E poi ancora esplicitamente consentita è l’indicazione del nome di un avvocato defunto, cosiddetto fondatore dello studio, comunque qualcuno che è stato molto importante nello studio che quindi può avere ancora un grosso peso da un punto di vista dell’avviamento professionale, purché il professionista lo abbia espressamente previsto. Questo è l’articolo 17. Prima di passare al 17 bis, da questo articolo 17 rispetto al precedente testo di un anno prima, circa, sono scomparsi due commi che sono molto importanti anche perché sono stati discussi dal CNF, e tra cui alcuni colleghi tra cui l’avvocato Martuccelli era contrario tra l’altro. Per esempio è scomparso questo secondo comma del vecchio articolo 17 bis che dice che è vietato offrire sia direttamente che per interposta persona le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, quindi mandare una lettera. Diciamo che è scomparso il comma poi vediamo le conseguenze. E’ vietato offrire sia direttamente che per interposta persona le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago, in generale i luoghi pubblici. E poi il secondo che è scomparso dice: è altresì vietato all’avvocato offrire senza essere richiesto una prestazione personalizzata, e cioè rivolta a una persona determinata per uno specifico affare. Quindi questa qui è proprio una pubblicità diretta a uno specifico soggetto, una società che fa una certa attività, io sono uno specialista di quella tua attività e quindi fammi lavorare per ché io sono ... Quindi questo qui è il nuovo articolo 17. Poi c’è appunto il 17 bis che dice l’avvocato che intende dare informazione, quindi se tu vuoi dare informazioni come minimo devi indicare, quindi c’è una serie di requisiti che sono io requisiti minimi che se tu dai informazioni devi utilizzare, quindi qui non è una facoltà è un onore, se tu dai informazioni devi utilizzare. Denominazione dello studio, indicazione nominativi professionisti che lo compongono, consiglio dell’Ordine presso quale è iscritto, la sede principale, i fax, numeri telefonici, sedi secondarie, recapiti, breve parentesi, alcune di queste indicazioni sono anche poi collegate con una direttiva comunitaria della fine del 2006 che proprio per tutti i servizi impone una serie di informazioni. Il titolo professionale che consente all’avvocato straniero 290 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 290 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO l’esercizio in Italia, che consente all’avvocato italiano l’esercizio all’estero della professione di avvocati in conformità delle direttive comunitarie. Quindi questi sono i requisiti obbligatori diciamo della comunicazione. Poi ci sono invece i requisiti facoltativi. Può indicare: titoli accademici, diplomi di specializzazione, abilitazione a esercitare davanti giurisdizioni superiori, settori di esercizio dell’attività professionale, lingue conosciute, logo dello studio, gli estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale, che penso sia anche una cosa utile, l’eventuale certificazione di qualità dello studio. E qui poi c’è tutta una specifica che questa certificazione deve essere poi in qualche convalidata dall’ordine, perché potrebbe essere una certificazione di qualità poi di dubbia validità. Poi conclude: l’avvocato può utilizzare esclusivamente i siti web (quindi c’è anche proprio una specifica) condomini propri e direttamente riconducibili a sé, allo studio legale o alla società di avvocati alla quale partecipa, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, quindi qui c’è una previa comunicazione, e quindi si presume che il Consiglio dell’Ordine avrà molto da fare a navigare su questi siti per verificare che, questo sarà un grosso lavoro che dovrete, anche perché sappiamo che lì succede di tutto, su internet succede di tutto. Poi il professionista è responsabile del contenuto del sito e in esso deve indicare i dati previsti dal primo comma. Il sito non può contenere riferimenti commerciali o pubblicitari, è vietato inserire nel proprio sito pubblicità altrui chiaramente, eccetera eccetera. Quindi questa qui è l’essenza della disciplina sulla pubblicità. Poi giustamente, come diceva il collega Prosperetti, c’è questo articolo 19, il divieto di accaparramento della clientela, che è rimasto, che comunque resta un limite perché siccome poi la finalità della pubblicità è quella di procurarsi clientela, è chiaro che il divieto di accaparramento della clientela pone un limite alla finalità stessa della pubblicità e quindi poi di fatto alla pubblicità. E qui c’è infatti questo punto 2 che è un po’ più sintetizzato, comunque dice: è vietato offrire sia direttamente che per interposta persona le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti eccetera eccetera, quindi è uscito da una parte ed è entrato dall’altra, e anche quello della prestazione personalizzata è stato poi reinserito. Questo è il quadro attuale. Su questo quadro vorrei dire due cose: uno è che c’è una posizione molto interessante della Camera Penale proprio su questo tema, perché la Camera Penale da molti anni, i penalisti che sono un certo numero ma sicuramente una minoranza rispetto poi agli avvocati italiani, penso saranno forse un 5%, un 10%, però avendo una professione molto più, io la definirei molto più specifica nel senso che è una professione che trova una certa omogeneità tra l’uno e l’altro, mentre invece io dico oggi ci sono 100 diversi tipi di avvocati, perché c’è l’avvocato che vuole fare un’attività molto semplice, senza rischiare, vuole scrivere dei contratti, vuole prendere dei soldi tutti i mesi, vorrebbe al limite essere un dipendente e c’è invece ... I penalisti sono una classe abbastanza omogenea all’interno della categoria, e hanno delle finalità da questo punto di vista molto specifiche, che è quello di un’assistenza in giudizio altamente qualificata, perché chiaramente essendo in gioco la libertà della persona e in generale diritti molto importanti della persona, è chiaro che per loro la capacità professionale a fare una singola attività, che è quella di difendere bene il loro cliente è fondamentale. Quindi loro criticano questo codice deontologico perché secondo loro da un certo punto FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 291 291 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO di vista è troppo restrittivo, perché per esempio sulle specializzazioni loro vorrebbero avere molto più spazio, cioè loro dicono ci vorrebbe più spazio per le specializzazioni, perché le specializzazioni sono importanti, perché denotano poi uno dei criteri per cui poi viene scelto, diceva giustamente il collega Prosperetti c’è la persona ma c’è anche poi la specializzazione. E quindi ci vorrebbe da un lato maggiore spazio alla pubblicità delle specializzazioni, certo tutto questo poi dovrebbe avvenire in una nuova, dall’altra però loro dicono non va bene che queste specializzazioni attualmente ognuno se le possa inventare, perché se io dico sì, io prevalentemente, oggi dico che prevalentemente mi occupo di diritto del lavoro, domani dico che prevalentemente mi occupo, ma chi è che controlla che questo prevalentemente sia in realtà ... Quindi loro dicono questo non va bene, non posso dire io mi occupo prevalentemente di penale, perché se io mi occupo di penale ci vuole qualcuno che mi certifichi che io effettivamente sono un avvocato specializzato, e magari sono specializzato in diritto penale tributario. Quindi loro dicono ci vuole anche qualcuno che verifichi e, per esempio le associazioni che sono le associazioni come la camera penale ma anche altre, come l’associazione diritto di famiglia, hanno una competenza nella formazione professionale e quindi loro possono dare anche questo tipo di qualifica, e a quel punto però l’avvocato deve potersi distinguere dagli altri avvocati. I penalisti arrivano al punto di dire che loro vorrebbero addirittura nell’albo un elenco separato dei penalisti che indichi appunto, quando chiama il cliente al Consiglio dell’Ordine di Roma, dice io vorrei un avvocato, la risposta è sì, c’è un elenco. Lei cosa vuole un penalista tributario? C’è un elenco in cui lei potrà ricavare che i penalisti tributari sono magari 12, o 18, o 27, ma non 19 mila. Quindi da questo punto di vista la camera penale ... Questo mi porta alle mie brevissime considerazioni su questa situazione. Io credo appunto che oggi ci siano cento modi diversi di fare l’avvocato. Quindi la pubblicità interviene nel momento in cui deve essere possibile per la collettività, per il cliente, sapere a chi si rivolge. Quindi in effetti è un punto fondamentale. Io sono tra quelli che ritengono per esempio che l’attività di consulenza legale dovrebbe essere libera. Faccio un esempio per capire il mio concetto. Secondo l’avvocato Cassiani e anche secondo altri no, comunque. Dico questo per dire: che se l’attività di consulenza legale è libera, e quindi faccio questo esempio per far capire il concetto, e quindi l’importanza della comunicazione è di che cosa comunico e a chi lo comunico e come lo comunico. Il cliente può dire: io posso andare dal mio portiere a farmi dare un consiglio legale oppure posso andare dall’avvocato, oppure posso andare dal commercialista. A questo punto quando però sceglie di andare dall’avvocato, lui deve sapere, il cliente, che va dall’avvocato perché andare dall’avvocato comporta una serie di conseguenze, che dovrebbero essere delle conseguenze che gli danno una maggiore garanzia di qualità. Quindi il titolo di avvocato, ma tutte gli altri titoli, le specializzazioni (vogliamo chiamarle così?) l’avvocato cassazionista, il penalista, devono diventare – a mio parere – delle distinzioni di qualità, nel senso che se io mi denomino come avvocato di un certo tipo devo poi arrivare a quella possibilità avendo superato una serie di paletti che sono di educazione, di formazione, al limite anche di esami perché non è detto che non ci debba essere il rinnovo annuale o biennale, come succede in tanti paesi, del nostro certificato di abilitazione, e potrebbe anche essere poi questo concetto ribaltato su certi tipi, cioè se io sono avvocato penalista tributario ogni due anni mi devo sottoporre a un qualcosa. 292 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 292 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Superato questo poi però l’utilizzazione di questo titolo non solo non è negativa, come giustamente anche afferma, ma è positiva perché a quel punto diventa un qualcosa che garantisce l’utente rispetto alla comunicazione. Questo per dire che l’importanza della comunicazione è che poi corrisponda a un dato che sia veritiero e che sia reale. Quindi non è tanto secondo me il problema di come lo comunichi o a chi lo comunichi, il problema è che fondamentalmente il sistema, il Consiglio dell’Ordine, questi nuovi enti di certificazione, la formazione, dovranno fare in modo che prima l’avvocato sia qualificato, perché oggi il problema è che anche l’avvocato non è poi appunto qualificato come avvocato, e poi che sia qualificato come avvocato nelle varie specializzazioni. Quindi se questo sistema viene ben organizzato, a quel punto il problema della pubblicità non dico che si smonta ma diventa un problema a questo punto di abuso, certo quello che va lì a fare il filmato, perché potremmo anche fare dei filmati in cui c’è la moglie che litiga col marito, il marito che prende la pistola, io li ho visti negli Stati Uniti, e dice che poi c’è il flash, “prima di sparare chiama l’avvocato”. Questo è chiaramente un qualcosa che va al di là di una pubblicità, pubblicità e progresso, potrebbe essere una informazione pubblicitaria. Quindi questo semplicemente per dire e concludo che io non vedo il problema della pubblicità in quanto tale come un problema fondamentale, purché ci sia dietro la comunicazione di quello che appunto viene utilizzato, ci siano dei dati che siano certi, verificabili e a quel punto diventa un plus per l’utenza che comunque deve poter essere messa in grado di decidere da chi andare, cosa molto difficile in un ambito di, appunto a Roma, ventimila avvocati. Oggi il problema è che non sai con chi ti metti. Quindi il problema esiste veramente. L’ultima cosa che volevo dire, non è neanche vero perché poi ci sono queste critiche, ah la pubblicità favorisce i grandi, non è vero perché fare pubblicità su internet per esempio non costa quasi nulla, è un sito web. Quindi non possiamo neanche poi difenderci in maniera un po’, io uso una parola un po’ pesante, retrograda dicendo la pubblicità fa male perché in realtà favorisce solamente gli imperialisti, i grossi studi. No, non è vero, in realtà rendersi noto per un giovane avvocato che non ha altri strumenti perché magari non è il figlio di quell’altro, il nipote di quell’altro eccetera, in realtà può essere uno strumento molto utile e anche efficace, e anche a poco costo, l’importante è che poi quello che comunica sia un qualcosa che sia – ripeto – un dato verificabile, certo e di interesse per il cliente. Grazie. Presidente Grazie Antonio, sei stato chiarissimo e soprattutto hai rispettato i tempi, in maniera tale che possiamo dare la parola a Corrado De Martini e poi dopo l’intervento dell’avvocato De Martini ci sarà un coffee break. Corrado de Martini Grazie presidente. Io dovrei parlarvi della legislazione comunitaria, che in realtà sono poche righe in fondo a una direttiva come legislazione. Ci sono invece molti documenti comunitari, molti documenti dell’Unione Europea che riguardano il problema della pubblicità e il problema della disciplina della professione di avvocato. Però prima di guardarli in fondo e per capire per quale ragione l’Unione ce l’ha così tanto con gli avvocati, che poi detto fra parentesi non è un fatto europeo, è un fatto assolutamente mondiale: in FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 293 293 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO tutto il mondo – ivi compresi gli Stati Uniti – c’è una straordinaria attenzione alla professione di avvocato e un tentativo di cambiarne regole tradizionali e secolari. Io mi sono domandato perché succede questo, perché in fondo andare a guardare le bucce della professione degli avvocati. E la risposta che mi sono dato (ve la comunico poi non so se troverò consensi) è che l’avvocato è un personaggio deviante rispetto alla società nella quale viviamo che ha come valori di riferimento la concorrenza e il mercato. Gli avvocati hanno valori diversi. Gli avvocati, anche se non se ne rendono conto, perché molti di noi molto spesso non ci rendiamo conto del fatto che siamo portatori di valori che non sono quelli del denaro e dell’utile, noi abbiamo nel nostro DNA la difesa degli imputati, ma la difesa degli interessi del singolo. E questa (la difesa degli interessi del singolo) è il fondamento del giusto processo. Noi siamo portatori di una istanza di giusto processo, e il giusto processo è uno dei pilastri dello stato di diritto. Sembrerà retorica ma non è retorica, e vedremo che questo sfondo, che non viene mai esattamente affrontato, invece lo si trova costantemente nei documenti dell’Unione Europea. Ve ne dico subito uno. C’è una risoluzione del Parlamento Europeo del marzo 2006 che molti conoscono, in cui si riconosce che sono valori fondamentali di interesse pubblico l’indipendenza dell’avvocato, il segreto professionale e l’assenza dei conflitti di interessi, il divieto dei conflitti di interessi. E che l’attività dell’avvocato tocca il campo, l’ambito delle libertà della sicurezza, della giustizia e la difesa dello stato di diritto. Nella stessa risoluzione si afferma che l’avvocato ha un ruolo cruciale in una società democratica per garantire il rispetto dei diritti fondamentali e dello stato di diritto. Vedete non è una rivendicazione corporativa, è un dato di fatto. Perché? Perché c’è – ha ragione Giulio Prosperetti – c’è un afflato diverso tra l’avvocato e il suo cliente diverso da quello che c’è fra qualsiasi prestatore di servizi e il proprio cliente. L’approccio della Commissione, che data ormai da qualche anno, l’approccio della Commissione per regolamentare ... data da qualche anno, ed è un approccio come sapete tutti puramente mercantilistico, ciò che conta è la concorrenza perché? Non perché si deve avere concorrenza, ma perché concorrenza significa abbattimento dei costi e quindi un vantaggio per il consumatore. Questo sarebbe il principio. Però diceva bene Giulio Prosperetti, nel rapporto tra avvocato e cliente non c’è soltanto una prestazione di servizi, noi non rendiamo soltanto un parere che ha un valore economico, o una serie di attività di difesa in giudizio che hanno un valore economico, a parte il fatto che ... Parentesi: questa è una osservazione molto risalente, dare un valore economico all’attività intellettuale è praticamente impossibile, lo diceva Seneca. Voi sapete perché i compensi degli avvocati si chiamano onorari? Seneca sosteneva che si chiamano onorari perché una attività intellettuale di quel genere non è compensabile, e che quindi l’onorario è un regalo, una sorta di compenso che non può essere commisurato al costo. L’avvocato non fa frigoriferi, per fare un frigorifero che si può vendere a 300 euro servono 250 euro, perché bisogna assemblare dei dati, ci sono delle ore di lavoro e così via. L’attività dell’avvocato non è niente di tutto questo, come fate a commisurare il valore di una comparsa conclusionale, che la causa abbia valore dieci o diecimila euro, l’impegno che l’avvocato mette nel fare la comparsa conclusionale è identico. Come fate a dire che quella comparsa deve essere compensata con 500 euro piuttosto che 5.000? Non c’è un parametro. E in effetti, per quello che ne so io, per chi è avvocato a pieno titolo, il compenso quando 294 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 294 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO si fa una cosa, quando si svolge un’attività di difesa il compenso è l’ultimo dei pensieri. Se abbiamo un termine che scade il nostro problema è che dobbiamo rispettare il termine, non quanto ci renderà questa attività che stiamo per fare. E guardate che questa specialità del rapporto tra l’avvocato e il cliente non è soltanto di ordine morale, è anche riconosciuta da specifiche norme. Vi faccio un solo esempio: se con il vostro cliente vi trovate in contrasto su iniziative da prendere nel corso del processo voi avete il dovere, ciascun avvocato ha il dovere di lasciare il proprio cliente perché non è possibile condurre un processo in contrasto con il proprio cliente. Ma se si lascia il processo non lo si può lasciare dalla mattina alla sera, abbiamo un obbligo di continuare ad assisterlo nonostante il contrasto fintanto che non veniamo sostituiti. Lo dice il codice. Quindi questa specialità, voglio dire voi pensate che un idraulico, se si trova in contrasto sul costo della sua prestazione sia tenuto a proteggervi dall’invasione dell’acqua? Sicuramente no. C’è una specialità, c’è qualcosa di più nel rapporto tra avvocato e cliente. E questo qualcosa di più è qualcosa che si trova nei documenti, nei documenti legislativi italiani come nei documenti della Comunità. Certo il panorama mondiale dei grandi studi con 500 avvocati crea qualche problema da questo punto di vista, perché si rischia in quelle situazioni di avere un rapporto tra cliente e avvocato che non è più un rapporto così strettamente fiduciario, e forse un pochino la prestazione si spersonalizza, e forse in quelle occasioni, in quelle situazioni è più comprensibile che la commissione, l’Unione Europea in genere, parta dal principio che l’attività dell’avvocato è una attività di impresa. La posizione dell’Unione Europea sull’attività di impresa è molto singolare devo dire, parte dall’articolo 81 del Trattato di Roma e secondo la giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, qualsiasi entità, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e delle sue modalità di finanziamento. Sostanzialmente secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, qualsiasi attività economica che non sia una attività pubblica o direttamente attribuibile allo Stato, e che non sia un’attività di lavoro dipendente, è attività d’impresa. E allora con questo tipo di informazione, con questo tipo di partenza, cioè che l’avvocato è comunque un imprenditore, è ovvio che poi gli si applicano e si richieda che applichi nella sua attività quotidiana tutte le norme che regolano l’attività di impresa, ivi compreso naturalmente il rispetto della concorrenza e, dal punto di vista della direzione per la concorrenza dell’Unione, anche che si tenti di ridurre, di ampliare, di aumentare gli spazi di concorrenza con tutti i mezzi possibili e sicuramente da questo punto di vista la pubblicità è uno strumento, non si può negare che la pubblicità abbia una funzione specifica nell’ambito del mercato e nei rapporti di concorrenza tra imprese. Però vedete, questi sono i punti di partenza e questi sarebbero gli agganci forti, teorici, dopo di che però negli stessi documenti della comunità ci sono, non solo il Parlamento, ma anche documenti della stessa commissione, della stessa direzione generale della concorrenza, ci sono delle affermazioni che sono totalmente contrastanti, è come se l’Unione avesse un atteggiamento schizofrenico rispetto alla professione di avvocato, in un qualche modo l’ottica cambiasse continuamente, è come se fosse sempre un pochino fuori fuoco. Fra che cosa? Fra due modi di concepire la professione dell’avvocato: quella dell’imprenditore e quella invece di una professione liberale che è fondamento dello stato di diritto perché c’è questo rapporto singolare con il cliente. L’unica norma vera e propria che disciplina (specificatamente poi) la pubblicità degli FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 295 295 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO avvocati è una direttiva del 2000, la direttiva n. 31, in cui si dettano alcune norme sui servizi, sulle informazioni che si possono dare e così via, e c’è una norma specifica che riguarda le professioni regolamentate. E questa norma invece di ampliare mette una serie di paletti molto rigidi, perché dice che gli stati membri possono consentire la pubblicità nel rispetto delle regole professionali relative in particolare all’indipendenza, alla dignità, all’onore della professione, al segreto professionale, alla lealtà verso clienti e colleghi. Scusate, onore, dignità, lealtà, ma queste fanno parte delle caratteristiche di una impresa? Mi pare di no. Queste sono cose che non hanno niente a che fare con l’impresa. La stessa norma poi attribuisce ai consigli dell’Ordine, alle associazioni libere fra avvocati, un potere e una funzione molto forte rispetto alle norme deontologiche che devono regolare appunto la pubblicità. Quindi c’è sempre questa, nei documenti della Comunità, dell’Unione, torna sempre un pochino fuori quest’altro aspetto per cui l’avvocato non è soltanto un imprenditore, non è soltanto un agente del mercato, è qualcosa di diverso. E in questo quadro si colloca anche la questione degli Ordini, perché gli Ordini sicuramente sono un vincolo, un limite alla libera concorrenza. Però vedete, appunto la direttiva 31. La direttiva 31 dice che è fatta salva l’autonomia delle organizzazioni professionali e che compete proprio a queste organizzazioni professionali elaborare il codice di condotta a livello comunitario, per la pubblicità. E che la commissione, nel disciplinare le professioni intellettuali deve tenere in debito conto i codici di condotta applicabili in stretta cooperazione con le organizzazioni professionali pertinenti. Ancora una volta c’è quest’altro aspetto che conta, che deve contare, ma non è soltanto, c’è poi anche il Parlamento europeo, nella risoluzione che vi dicevo prima del marzo 2006, anche qui c’è un richiamo specifico ai principi di base stabiliti dall’ONU per l’attività di avvocato in cui si dice che le associazioni professionali di avvocato hanno un ruolo cruciale per quello che concerne il rispetto delle norme di legge, la deontologia e la difesa dei membri di questa associazione. E ancora nella stessa risoluzione si sottolinea la funzione degli ordini professionali, delle organizzazioni professionali degli avvocati in genere nello stabilire le regole deontologiche che devono regolare e disciplinare l’attività dell’avvocato. Però questo è il lato che ci piace, se vogliamo, però negli stessi documenti della Comunità, e soprattutto nella giurisprudenza della Corte, perché sono ormai molte le sentenze che riguardano l’attività degli avvocati, c’è un allarme molto netto, gli ordini professionali o le associazioni professionali sono tendenzialmente e potenzialmente un cartello restrittivo della concorrenza. Lo si dice chiaramente nelle sentenze, ve le posso citare, le sentenze italiane che riguardano avvocati italiani, Arduino e Mauri, Cipolla anche, è molto netta questa cosa, gli ordini potenzialmente sono restrittivi, siccome sono associazioni di imprese, essendo gli avvocati imprese, gli Ordini sono associazioni di imprese, e le associazioni di imprese sono tendenzialmente degli organismi che sono restrittivi della concorrenza. Questa è la preoccupazione di fondo della direzione generale per la concorrenza, perché è pacifico per tutte quelle sentenze che gli ordini sono associazioni di imprese e che le associazioni di imprese, essendo potenzialmente fonte di restrizione della libera concorrenza sono accettabili soltanto laddove ci sia una copertura dello Stato. Ricordatevi che nella 296 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 296 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO sentenza Arduino, dove si parlava di tariffe, nella sentenza Arduino le tariffe italiane sono state considerate legittime perché? Perché queste tariffe, sia pure elaborate dal Consiglio Nazionale Forense, cioè dagli ordini italiani, avevano però l’avallo del ministro e non sarebbero state efficaci senza l’avallo del ministro. Quindi – dice la Corte – soltanto il timbro che gli mette il ministro le rende legittime, altrimenti sarebbero illegittime perché sarebbero provenienti da un cartello di imprese e per principio questo tipo di formazione delle norme fa nascer delle norme che sono restrittive della concorrenza. La pubblicità in sé e per sé. Io molti anni fa, la prima volta che ho visitato l’Ordine di Parigi come segretario della Conferenza, sono stato colpito fra le altre cose, da una cosa in particolare, che mi dicevano i miei colleghi coetanei all’epoca, l’Ordine di Parigi vietava che si installassero delle targhe sui portoni all’esterno dei palazzi, cioè la notizia che in un certo palazzo c’era uno studio legale era una notizia riservata. E installare una targa era un’infrazione disciplinare. Oggi è un po’ diverso mi pare, oggi nel linguaggio dell’Unione, della Comunità, c’è un luogo comune ricorrente: la simmetria dell’informazione, l’avvocato sa troppe cose e il cliente ne sa troppo poche, il cliente non è in grado di valutare se l’avvocato è preparato, se è qualificato, che razza di personaggio è, mentre l’avvocato sa troppo e quindi bisogna correggere questa cosa. Ma io un’osservazione su questo idolo della simmetria dell’informazione la vorrei fare, nel senso che a me pare che la pubblicità non si rivolge tanto al cliente privato, si rivolge alle grandi imprese, perché è lì che ha un senso, ha un senso per i grandi studi nei confronti delle grandi imprese. Certamente io non credo che la pubblicità sia rivolta al singolo privato, certo potremmo avere anche qui, come mi è capitato recentemente a New York, di vedere su una finestra DIVORZIO 100 DOLLARI, è vero, ma non credo che questo tipo di pubblicità attiri effettivamente clientela. Credo invece che una pubblicità efficiente sia quella che possono fare i grandi studi nei confronti dei grossi cliente, delle banche, delle società di assicurazione, delle grandi imprese in genere. Ma le grandi imprese in genere certamente non soffrono di una asimmetria dell’informazione. Quindi mi pare che il concetto sia utilizzato male. Comunque la Comunità, l’Unione ci impone di liberalizzare la pubblicità. Non ce lo impone con norme specifiche, cioè non ci sono direttive che impongono agli stati e neanche regolamenti che impongono agli stati membri di liberalizzare la pubblicità. Però in tutti i documenti della direzione per la concorrenza questo è uno dei punti fondamentali, è uno dei punti su cui la direzione della concorrenza ha fatto un check in tutti i paesi dell’Unione, andando a guardare quali erano le singole norme e ha fatto anche una graduatoria dei paesi che sono più bravi, che sarebbero quelli che hanno meno regole e meno restrizioni. E anche nella direttiva, questa direttiva del 2000 non impone di liberalizzare la pubblicità ma certamente prevede che questo debba essere fatto. Però in questa direttiva si parla di pubblicità degli avvocati ma con tutti quei distinguo e quei paletti, il rispetto dell’indipendenza dell’onore, della dignità, della professione e così via. Quindi nei documenti ufficiali, che sono legislazione vera e propria, c’è molta attenzione a tutto quel lato della professione di avvocato che è un po’, che non c’entra niente con l’attività di impresa. Del codice deontologico vi hanno già parlato, del nuovo codice deontologico e le nuove norme, ci sono dei paletti in questo codice deontologico perché è vietata la pubblicità comparativa, è vietata la pubblicità elogiativa, è vietato, come vi è stato detto, vantarsi dei propri clienti. Questo è molto importante, come diceva giustamente Manca Graziadei, perché FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 297 297 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO se vi capita tra le mani i depliant pubblicitari dei grandi studi internazionali, una delle prime cose che trovate è l’elenco di tutti i clienti in giro per il mondo. E del resto è logico, quale miglior referenza quella di dire “io assisto la Fiat, la Banca d’Italia” e così via. Questa è la migliore delle referenze per un avvocato. Secondo il Consiglio Nazionale Forense questa cosa non si può fare, e non si può fare perché? Non si può fare perché è una violazione del segreto professionale, molto semplicemente, nient’altro che per questo. Secondo me la disciplina che ha dettato il Consiglio Nazionale Forense è accettabile, ha detto: va bene, accettiamo un certo qual grado di concorrenza, accettiamo la pubblicità, questa deve essere ristretta entro certi limiti, cioè dei limiti li deve avere, e quelli che ha dettato il Consiglio Nazionale Forense secondo me sono ragionevoli e legittimi. Restano due problemi: il primo riguarda direttamente i consigli dell’ordine, perché il rispetto di queste regole deontologiche è affidato al Consiglio dell’Ordine. Ora noi siamo abituati a pensare, in Italia siamo abituati a un controllo del contenuto della pubblicità che è un controllo estremamente rapido ed estremamente efficace, che è il Giurì di autodisciplina pubblicitaria. Quello interviene nel giro di 2-3-4 giorni. Io non vorrei che i Consigli dell’Ordine avessero, rispetto al controllo dei messaggi pubblicitari lo stesso tipo di efficienza che hanno attualmente, nel senso che nelle grandi città io mi immagino che un controllo in 3-4 giorni sia assolutamente impossibile, impensabile. E allora abbiamo dei problemi da questo punto di vista, perché rischiamo di essere inondati da messaggi pubblicitari comparativi, aggressivi, con i nomi dei clienti e di tenerceli lì per mesi. L’effetto l’avranno già avuto. Poi c’è un altro rischio, immaginate che qualcuno faccia della pubblicità, un qualche collega faccia della pubblicità citando i nomi dei propri clienti. Interviene il Consiglio dell’Ordine, commina una sanzione, il Consiglio dell’Ordine non ha il potere che ha il Giurì, che è un potere contrattuale nei confronti delle testate e dei media in genere. Il Giurì interviene e la decisione del Giurì è automaticamente eseguita da tutti i giornali, da tutte le televisioni, da tutte le radio. I Consigli dell’Ordine hanno questo potere? Non mi pare. Ma comunque, viene sanzionata, immagino che chi ha fatto la pubblicità voglia resistere e dove può andare, è una attività di diritto pubblico, è una attività amministrativa, andiamo davanti al Tar? andiamo davanti al giudice ordinario? Non lo so, non voglio entrare nel dettaglio, mi interessa invece segnalare un problema. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia della Comunità le regole deontologiche restrittive della concorrenza possono essere disapplicate dal giudice ordinario. Questa è stata l’ultima sentenza di questo genere, una sentenza di un paio di anni fa, la sentenza CIF, Consorzio Italiano Fiammiferario, o una cosa del genere. Disapplicata dal giudice. E queste clausole deontologiche che violano i divieti di concorrenza, i divieti di restrizione di concorrenza sono di diritto nulle. Allora bellissimo il codice deontologico del Consiglio Nazionale Forense, ma come facciamo ad applicarlo? E in quanto tempo e con quale efficacia? Grazie. Presidente Ringrazio a nome di tutti l’avvocato De Martini per questa relazione così densa, che ha messo in luce in maniera brillante tutte le antinomie che sono all’interno di questa frammentata materia. Speriamo che con il contributo anche dei nostri ospiti stranieri riusciamo alla fine ad avere un quadro generale che poi potremmo offrire per le scelte future. 298 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 298 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Presidente E’ con molto piacere che prego l’avvocato Moore, che è stato presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di New York di iniziare la sua relazione. INTERVENTO AVVOCATO MOORE IN INGLESE Presidente Ringrazio molto l’avvocato Moore per questa brillantissima esposizione, anche per gli esempi che ci ha dato di pubblicità. Certo è un mondo molto diverso dal nostro e mentre noi dobbiamo trovare un sistema di flessibilizzazione della nostra categoria, che sono così rigide appunto, ricordava prima l’avvocato De Martini che in Francia non si poteva mettere neanche la targa fuori il portone. Invece in America, come ci ha spiegato l’avvocato Moore, hanno il problema opposto a questo punto. Io ero negli Stati Uniti nel 77 quando ci fu questa pronuncia della Corte Suprema, e ricordo il New York Times che uscì il giorno dopo con un allegato di centinaia di pagine nelle quali c’erano le pubblicità già pronte di tutti gli avvocati dei principali studi degli Stati Uniti. Forse abbiamo anche spazio per una o due domande, chi vuole proporre dei quesiti. Magari facciamo alla fine un giro di domande. Nel frattempo ci ha raggiunto l’avvocato Carlo Martuccelli, che è il rappresentante del Lazio al Consiglio Nazionale Forense e che è stato delegato dal Presidente Alpa di portare il saluto del Consiglio Nazionale Forense. Avv. Carlo Martuccelli Io chiedo scusa per essere intervenuto soltanto adesso, ma un altro impegno mi ha tenuto lontano da qui, non molto lontano da qui ma comunque non in questa sala. A nome del Consiglio Nazionale Forense e del Presidente porgo il saluto più cordiale ai presenti e l’apprezzamento per l’organizzazione di questo incontro da parte del Consiglio dell’Ordine di Roma, incontro che si colloca in un momento particolare per l’argomento del quale si sta trattando. Argomento al quale dobbiamo essere sensibili tutti, e al quale è sensibile in modo particolare il Consiglio Nazionale Forense. Certo il mondo è cambiato, il mondo forense è cambiato, se noi pensiamo che il nostro codice deontologico vietava addirittura il fornire informazioni da parte dell’avvocato, fino al 1999, quindi fino a pochi anni fa, soltanto nel 99 è cambiato il codice deontologico forense e ha previsto invece la possibilità dell’informazione. Informazione che via via poi, con gli ulteriori cambiamenti, si è allargata, quindi oggi si consente all’avvocato italiano di dare le informazioni più ampie possibili sulla propria attività. Questo ai fini proprio di informare colui il quale ha bisogno di rivolgersi a un avvocato. Il problema di fondo che si pone per noi, per la nostra tradizione, per il nostro mondo, è quello proprio della distinzione tra pubblicità e informazione. Noi abbiamo sempre ritenuto e continuiamo a ritenere al Consiglio Nazionale Forense che in realtà si debba parlare solo ed esclusivamente di informazione, sia pure nella forma più ampia possibile, che non di pubblicità, proprio perché siamo convinti che la pubblicità poi ha in sé quei pericoli dei quali oltretutto abbiamo preso atto ascoltando il collega che mi ha preceduto. Che nel nostro paese poi di pericoli che questa pubblicità diventi non veritiera, diventi ingannevole, diventi comparativa, e quindi con tutte le negatività che la pubblicità si porta appresso, è FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 299 299 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO facile immaginarlo. Proprio per questo pericolo noi del Consiglio Nazionale Forense riteniamo che parlare di pubblicità per gli avvocati sia assai pericoloso. Ed allora contenendo invece nella forma dell’informazione, sia pure la più ampia possibile, il problema si possa risolvere in questo modo. Quale è lo scopo che si deve perseguire? Quello di consentire ai soggetti che ne abbiano bisogno di scegliere un avvocato e di scegliere il meglio. Per fare questo non c’è bisogno della pubblicità, è sufficiente che si dia, ripeto, le informazioni possibili e in questo, quando l’avvocato ha la possibilità di esporre i titoli che ha conseguito, le materie nelle quali esercita, la organizzazione del proprio studio, quindi le informazioni più ampie possibili noi riteniamo che questo sia sufficiente soprattutto nel rispetto della tradizione del nostro mondo che ci obbliga, a nostro avviso, ad evitare di allargare anche alla pubblicità. Questa è la posizione del Consiglio Nazionale Forense. Certo siamo lieti di ascoltare le altre posizioni e soprattutto quanto avviene negli altri paesi perché non è escluso che nel futuro dall’informazione si possa anche da noi passare alla pubblicità e quindi conoscere questi altri mondi è sempre utile per potersi, se non adeguare quantomeno cercare di evitare che si arrivi a delle conseguenze eccessive quali oggi purtroppo si sentono. Con questo io ritengo di aver detto quanto necessario, ascolterò con piacere quanto ancora sarà detto e comunque il successo della manifestazione, di queste manifestazioni non deve essere valutato in base alle presenze ma in base ai contenuti, e i contenuti mi sembrano particolarmente importanti e soprattutto per questo io ringrazio il Consiglio dell’Ordine di Roma per aver organizzato questa manifestazione nella certezza che in futuro ce ne saranno delle altre, sempre idonee a consentire di noi di crearsi un modo di recepire quanto di meglio ci possa essere sempre per il miglioramento della funzione dell’avvocato e della qualità del prodotto, si dice oggi, che si possa dare anche da parte dell’Avvocatura. Complimenti e grazie. Presidente Grazie Carlo per questa tua messa a punto di quello che è lo stato dell’arte nel nostro ordinamento e soprattutto per queste prospettive di ampliamento che ci dici, che quindi vuol dire che all’interno del CNF qualcosa sta bollendo. Pregherei di prendere la parola all’avvocato Bernard Vatier, che è stato presidente della Commissione dei Consigli degli Ordini europei che ci parlerà di alcune peculiarità del sistema francese. INTERVENTO BERNARD VATIER (IN FRANCESE) Presidente Ringrazio Bernard Vatier per questa bella relazione, per questa panoramica. Molto giustamente il collega ha acquisito il dossier, vediamo se ispirandoci a questo possiamo fare anche noi qualche cosa. Mi sembra che in definitiva l’esperienza francese, pur nascendo da una rigidità addirittura maggiore di quella italiana, si sia però evoluta in senso più liberale che non la situazione italiana. Vorrei chiedere poi, magari se ci sarà spazio per un chiarimento, perché mi lascia un po’ perplesso il fatto che secondo Vatier non sia giusto dare pubblicità alle class action, perché 300 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 300 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO le class action di cui noi aspettando una legge, hanno in sé anche un valore sociale molto rilevante. Quindi certo è molto delicato stabilire quali sono i limiti di pubblicità della class action, in Francia hanno le azioni collettive che possono essere pubblicizzate soltanto in riviste specializzate o simili, ma il problema del rapporto tra pubblicità e class action mi sembra un problema cruciale, perché non ci può essere class action senza pubblicità. E’ vero che le proposte che stiamo vedendo passano per le associazioni dei consumatori e quindi questo eviterebbe il problema di un ricorso alla pubblicità, però io e non solo io, molti sono molto perplessi sull’idea di dare un monopolio alle associazioni dei consumatori in materia di class action, perché queste associazioni rischiano poi di trattare in maniera verticistica e con accordi forse non trasparenti quello che invece la pluralità, tutta la platea degli avvocati, se non altro per il loro immenso numero, può garantire in maniera ... più significa e più trasparente. Se poi avremo ancora qualche minuto pregherei poi Bernard Vatier di tornare su questo tema. Volevo presentarvi l’avvocato Ruper Wolfe, che anche lui è stato presidente della CCBE, ed è attualmente vice presidente dell’Ordine Avvocati Austriaco. Ruper Wolfe Care colleghe e colleghi, sono lieto e molto onorato dell’invito. Grazie. Per far sì che nessuno di voi si addormenti vorrei presentare la mia relazione in modo molto compresso, visto anche l’orario, e in modo un po’ polemico. La mia relazione sarà suddivisa in tre capitoli. CAPITOLO 1: L’INVITO AL VIAGGIO INSIEME. capitolo 2: non avere paura capitolo 2: buongiorno, siamo nel terzo millennio. Posso garantirvi che ciascun capitolo sarà più breve del capitolo precedente. L’INVITO AL VIAGGIO INSIEME. Vi invito ad andare con me a Berlino. Prendiamo il volo Rayan Air. Ho letto sulla pubblicità, prima di prenotare i biglietti, che il biglietto costa un euro, non potevo leggere perché era a stampatura illeggibile, che oltre a questo prezzo del biglietto si aggiungono le tasse di aeroporto nella misura di 50 euro. Va bene. Arriviamo a Berlino, andiamo a visitare il collega Pinco Pallino dello studio X di Berlino. Pinco Pallino in Germania si chiama Max Huber. Lo studio consta di sei avvocati. Si è appena organizzato nella forma di società per azioni. Max sta insieme ai suoi colleghi per discutere la nuova strategia pubblicitaria dello studio. Hanno deciso di spendere quest’anno il 15% del giro d’affari dello studio. Max ha deciso, lui è il socio più anziano, ha deciso di comprarsi, lungo le bandiere dello stadio di Campo di calcio a Berlino spazio pubblicitario per il suo studio. L’anno precedente lo studio di Max Huber ha comprato su una decina di taxi a Berlino spazio pubblicitario all’esterno dei taxi. Nello studio c’è un collega assai giovane, che mira ad allargare il cerchio della propria clientela perché ha appena iniziato. Lui ha deciso di fare la sua pubblicità dicendo: prima consulenza legale 19 euro. C’è un altro collega dello studio che ha deciso, in quanto lui lavora molto nel campo immobiliare, di pubblicizzare il patto di quota litis. Lui si occupa di questioni di restituzione, ed ha proposto una campagna pubblicitaria dicendo faccio diventare il vostro problema il mio caso. Questo sarà lo slogan dell’altro collega, e ne prende il 33% nel caso di successo, nel caso di una soccombenza però il cliente paga niente, zero, neanche il contributo unitario, neanche le marche da bollo. FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 301 301 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Tutto ciò è lecito, tutto ciò è diventato lecito in Germania, perché la Corte Costituzionale tedesca ha deciso in vari casi che un divieto di pubblicizzare servizi, tra di loro servizi legali, è contrario all’articolo 12 della Costituzione tedesca, che sarebbe la libertà di esercitare una qualsiasi professione. Sembra che i funzionari dell’avvocatura abbiamo un po’ perso la guida della nave denominata “avvocatura”, in quanto si vede sempre di più terzi che decidono sulla leicità o illeicità delle regole professionali, sono le autorità regolanti dei vari paesi, sono le corti costituzionali oppure anche la Corte di Giustizia Europea. Vorrei – e questo è più un desiderio -che la professione diventi di nuovo pro-attiva e diventi il capitano della barca. In Germania, dopo questa decisione della Corte Costituzionale il Parlamento dell’Avvocatura a febbraio 2005 si è radunato per adattare le regole professionali alla realtà decisa dalla Corte Costituzionale. La situazione oggi come oggi è tale che l’avvocatura non soggiace ad altre regole come le altre professioni. Dobbiamo però badar bene che ci sono leggi che regolano la concorrenza sleale e il comportamento illecito anche per quanto concerne la pubblicità, ed è chiaro che queste regole si applicano anche alla professione dell’avvocato. Prendiamo un altro volo. Andiamo da Berlino a Vienna. In Austria la situazione è un po’ più temuta, un po’ più mite, perché il paese è piccolo, ci sono non 130 mila avvocati come in Germania ma 5.000 avvocati per 8 milioni di abitanti. In Austria la discussione è iniziata, la discussione al riguardo di divieti dico tradizionali come per esempio il divieto del patto di quota litis, il divieto di associarsi nella forma di una società per azioni, il divieto di far entrare nella associazione professionale estranei, quindi non avvocati. Ne è nata una forte discussione per quanto riguarda però la pubblicità abbiamo liberalizzato già nel 1990, in vari passi graduali, la pubblicità. Il primo passo di apertura è stato che abbiamo permesso ai colleghi di far pubblicità dei propri servizi in tutti i media disponibili, tranne i mass-media, quindi escludendo radio, televisione e cinema. Non so per quale ragione per essere sincero. Questo divieto di inserire i mass media è poi caduto cinque anni fa, la realtà però è che si vede pubblicità da parte dell’avvocatura in Austria, sopratutto sui giornali, siti, web, depliant, new letter eccetera però non si vede mai pubblicità nei mass media perché è costosa. E’ costosa e - questo è il mio convincimento personale – ha poco plusvalore per lo studio. Posso però dire che anche in Austria la pubblicità è libera salvo che resti veritiera e che la pubblicità rispetti le regole contro la concorrenza sleale. Non abbiamo paura, NON AVERE PAURA il secondo capitolo. La professione si vede sempre di più esposta ad attacchi si può dire oppure movimenti di modifica di cambiamento delle regole professionali. Dobbiamo badar bene di non reagire con un certo automatismo dicendo no automaticamente a tutte le novità che vengono proposte. Io personalmente sono convinto che il patto di quota litis al giorno di oggi può essere nell’interesse del pubblico, può essere giustificato e può aprire per tanti clienti l’accesso alla giustizia. Sottostà certamente alle altre regole che esistono nell’ambito del regolamento austriaco, come per esempio regole contro, non so la parola italiana, quando si chiede molto di più di controprestazione, ci deve essere una certa proporzione. La discussione in Austria non è finita, continuerà. Devo però che la media dei colleghi in Austria sta intorno a 40 anni, la media della professione. I colleghi chiedono certe riforme, 302 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 302 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO però anche i giovani rispettano l’attività degli ordini in Austria, se hanno un plusvalore da queste attività. Il terzo capitolo sarebbe BUONGIORNO SIAMO NEL TERZO MILLENNIO, ed è quasi la conclusione. Il collega Max Huber di Austria si vede costretto a pagare ogni anno contributi all’Ordine, più il contributo cassa pensione, più contributo per il praticante, più il contributo assicurazione contro i rischi professionali, per un importo complessivo di 17 mila euro l’anno. Il collega Max Huber di Vienna si è ammalato, e stava via dallo studio per tre settimane. Non ha potuto inoltrare il prezzo di compravendita che giaceva sul conto fiduciario al suo cliente, il venditore, il cliente lo denuncia, il consiglio dell’Ordine gli dà delle botte. Il collega Max Huber di Vienna vede il Consiglio dell’Ordine come un’autorità che incassa, vuole soldi e dà delle botte, e poco dà per servire all’insieme degli avvocati. Là sono convinto che siamo noi funzionari dei Consigli dell’Ordine che dobbiamo aiutare che la professione diventi una professione moderna, una del terzo millennio che gli Ordini danno più servizi ai propri membri, presentano molto di più gli interessi dell’avvocatura, si mettano di nuovo alla guida della barca denominata avvocatura. Concludo che vorrei che noi tutti viaggiassimo insieme senza avere paura in questo terzo millennio. Grazie. Presidente Credo che dobbiamo tutti ringraziare l’avvocato Wolfe anche per aver parlato uno splendido italiano. Questo ci fa molto piacere. Non solo: per averci dato questa prospettiva, perché possiamo dire che è andato un po’ fuori dal coro di un certo tradizionalismo che invece serpeggiava negli interventi precedenti. Quindi dà l’idea di quello che può essere un approccio equilibrato a una evoluzione che veda appunto il servizio legale pubblicizzato in maniera idonea. L’ultima relazione è della nostra collega Panova che è iscritta all’Ordine di Roma, pur essendo avvocato anche del Foro di Sophia. Lei quindi ha questa duplice veste e ha una competenza del sistema dei paesi dell’est europeo in generale. Panova Cercherò di essere sintetica. Il mio intervento riguarda il problema della pubblicità in Bulgaria, cioè il mio paese di origine, e dell’est europeo in generale. Ho preso degli esempi che penso saranno interessanti, soprattutto dalla Russia. Anzitutto vorrei fare un passo indietro, in quanto non so quanti di voi conoscono la realtà dei paesi dell’est. La Bulgaria come sapete è stato un paese dell’area socialista fino a poco tempo fa, praticamente fino a 15 anni fa, quando non ero ancora avvocato ma praticamente la classe forense rientrava nel c.d. controllo dello Stato. Durante il periodo socialista, infatti sembra strano ma la professione forense era completamente controllata dallo Stato al punto da non avere una normativa forense, di non avere delle regole specifiche fino praticamente l’inizio degli anni 90 quando il regime è cambiato e la professione è diventata una professione libera. Per fare un esempio: ai tempi socialisti lo Stato predisponeva dei locali agli avvocati, praticamente gli avvocati erano pochissimi, c’era in Bulgaria un numero chiuso dei posti di avvocato, come numero chiuso di studenti universitari di giurisprudenza, e lo Stato dava questi locali, queste stanze di solito in un palazzo, come a Sophia, al centro di Sophia davanti al Tribunale dove FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 303 303 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO ciascuno aveva la propria stanza. Non si poteva fare la pubblicità naturalmente, si poteva mettere solo il nome davanti la porta e praticamente era una continuità di corridoi, di stanze di avvocati senza una minima distinzione tra specializzazioni, una distinzione tra di loro. Praticamente lì c’erano degli altri problemi e nessuno si poneva il problema della pubblicità in quanto era assai costante e opprimente. A metà degli anni 90 praticamente con la emanazione della legge forense, qualcosa cambiò nella professione perché agli avvocati praticamente è stata, diciamo restituita, perché penso che anche prima del regime socialista la situazione era ben diversa, è stata restituita dignità professionale, personale e di categoria che fino allora, secondo me, mancava. Poi con le prime elezioni democratiche dei colleghi avvocati sono diventati deputati, altri divennero ricchi, altri famosi, cioè praticamente con il retaggio del regime socialista la figura dell’avvocato raggiunse quella del giudice. La legge forense praticamente ha cominciare a dare delle possibilità, è stato inserito un articolo, il 17, il quale in qualche maniera già dava la possibilità agli avvocati di mettere almeno la targa davanti lo studio, cioè in senso molto restrittivo ma comunque la pubblicità in qualche maniera era consentita. Comunque il controllo dello Stato continuava, per fare un esempio che ha fatto ridere molti colleghi italiani, per esempio il Bulgaria le deleghe per le cause, ancora ad oggi, sono contenute in un blocco con pagine numerate, blocchetto vidimato dagli Ordini degli Avvocati, così praticamente l’Ordine ha il controllo totale sull’attività dell’avvocato, sulle cause che segue anche perché anche gli stessi onorari sono scritti dentro questa delega. La situazione solo nel 2005 è cambiata. Cercherò di essere sintetica, anche perché la Bulgaria, essendo già diventato un paese comunitario, le norme sono diventate quelle comunitarie, cioè la normativa è abbastanza simile a quella italiana. Nel 2005 è stato emanato per la prima volta nella storia dell’Ordine di Sophia, degli ordini bulgari ma comunque anche quello di Sophia, emanato un codice deontologico, il quale praticamente ha permesso la pubblicità degli avvocati con tutti i mezzi, compresi anche la tv, la radio, l’internet, ma mettendo certi limiti nelle informazioni che possono essere inserite. Cioè il codice deontologico non dice le informazioni che possono essere inserite ma quelle che non possono. L’avvocato per esempio non potrebbe dire di essere specialista in qualche maniera; non può fornire delle informazioni ingannevoli, e come dice il codice non può fornire delle informazioni oggettivamente non verificabili. Non gli è concessa la pubblicità comparativa; non gli è permesso di criticare le tariffe degli altri colleghi né di difendere le proprie; non può far risaltare le singole vittorie nelle cause né dire i nomi dei clienti, né specificare le percentuali delle cause vinte. All’avvocato dunque è consentito praticamente di inserire solo i dati del proprio studio, indicare i nomi, indirizzi, i numeri di telefono nonché i dati relativi alla propria formazione professionale, anche le lingue conosciute, questo l’ho verificato in vari siti internet. Poi c’è un altro fenomeno, di solito quando si approva una normativa poi rapidamente cominciano a spuntare dei nuovi fenomeni, cioè i colleghi si inventano diverse soluzioni. Praticamente gli avvocati bulgari hanno cominciato ad utilizzare la rete internet per dare delle consulenze. Ho visto diversi siti web di avvocati che praticamente proponevano queste consulenze con pagamento tramite la carta di credito, secondo me una tale prassi non dovrebbe essere consentita, è ai margini del consentito della normativa ma secondo me il 304 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 304 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO problema è che il controllo manca, anche se ci sono le regole ma manca il controllo praticamente credo che ci sono abbastanza problemi. Io passerei subito agli esempi della Russia e con questo vorrei finire. In Russia la situazione è interessante, ho visto un parere del presidente del Consiglio dell’Ordine di Mosca proprio sul problema della pubblicità il quale praticamente diceva che non è consentita in Russia la pubblicità effettuata tramite la televisione, la radio, e gli avvocati non possono rilasciare delle interviste, che è considerata pubblicità dall’Ordine di Mosca, anche se qua in Italia ci sono parecchi avvocati che fanno a gara per farsi vedere in televisione. E c’è un altro aspetto interessante in Russia che praticamente pare che adesso è di moda, il Presidente dell’Ordine di Mosca diceva che gli avvocati moscoviti per aggirare le strette maglie della normativa forense, e per poter comunque mettere in risalto la propria qualità, si sono inventati di battezzare i propri studi legali con dei nomi di fantasia. Per esempio c’è uno studio a Mosca che si chiama LE STELLE DEL FORO, tradotto, ce n’è un altro che si chiama LE STELLE DEL CREMLINO, praticamente in russo questo suona i migliori avvocati del foro, qualcosa del genere. Poi ci sono altri studi invece, che lui stava citando, le quali denominazioni praticamente suscitano un certo timore nei clienti, per esempio c’è uno studio che si chiama AMMINISTRATORI DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DELLA FEDERAZIONE RUSSA. Ce ne è un altro che si chiama invece, uno studio di avvocati penalisti, INTERPOL CRIMINAL CENTER. Lui aveva denunciato questo fenomeno perché poi, essendo tanti gli avvocati di Mosca, diceva noi non possiamo in realtà controllarli questi studi e quando li trovano su internet qualcuno li denuncia prendono i provvedimenti. Poi ho studiato la questione della Romania, la cosa strana che ho notato è che sia in Romania sia in Slovenia, anche se sono già paesi comunitari, c’è una restrizione, cioè la Bulgaria per esempio è molto più permissiva in ordine di pubblicità. Questi paesi invece non hanno approvato le normative, non hanno liberalizzato le pubblicità degli avvocati e addirittura gli avvocati possono fornire solo i dati che sono trascritti presso l’Ordine degli Avvocati, cioè i nomi, i telefoni e nient’altro. Un’altra questione che stavo pensando, perché io essendo iscritta in entrambi gli Ordini, io ho il sito web del mio studio, il quale ho verificato che risponde alla normativa italiana ma non risponde a quella bulgara. Adesso stavo pensando come conciliare entrambi i problemi. Presidente Che a nessuno venga in mente di diffondere questa idea delle stelle dei Sette Colli se no. Ringraziamo Panova che con pochi flash ci ha fatto capire perfettamente lo stato dell’arte nei paesi dell’est. Veramente grazie per questa esposizione così fresca e brillante. Se non siete troppo stanchi io qualche curiosità, qualche domanda la vorrei fare, in particolare volevo invitare il collega Vatier su quello che dicevo prima, sul problema delle class action. Se lui non ritiene che al di là della pace sociale le class action hanno esse stesse un valore sociale perché è l’avvocato che si fa paladino di una grande questione che il singolo non ha gli strumenti per affrontare ma che unendo delle forze collettive riesce in qualche maniera a portarlo avanti. Certo questa è una attività conflittogena, però che ha forse un grosso valore. FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 305 305 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Se si può trovare una compatibilità tra la pace sociale e la tutela dei diritti diffusi. RISPOSTA VATIER (IN FRANCESE) Presidente Molte grazie, è stato chiarissimo. Forse l’avvocato Wolfe può dirci qualche cosa su questo profilo in Germania. Wolfe Io vorrei aggiungere soltanto una informazione che magari è di interesse, che abbiamo una proposta di legge che stiamo attualmente discutendo per quanto riguarda la class action che non prevede l’intervento delle organizzazioni che proteggono i consumatori ma prevede la rappresentanza mandataria da parte di un avvocato e che il gruppo degli attori di questa azione class o mass si scelgono un rappresentante democraticamente eletto che deve essere un avvocato ma non lo stesso che difende e rappresenta, ed è una soluzione che mi pare attraente perché crea l’intervento, crea nuovo lavoro per i colleghi. Presidente L’avvocato Moore ci dà un flash anche lui sulle class action negli States e poi concludiamo. RISPOSTA MOORE (IN INGLESE) Presidente Abbiamo lavorato molto bene, mi pare che le relazioni sono state tutte molto interessanti. Mi hanno detto gli uffici del CNF che si potrebbe fare la pubblicazione sulla rassegna del CNF, perché mi sembra un materiale questo molto prezioso che è bene che possa servire per dibattito per tutti. * * * 306 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 306 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO LE PROVI CIVILI Convegno del 17 aprile 2007 1) Disciplina a formazione progressiva L’Italia è stata il primo Paese in Europa a dotarsi di una disciplina in materia di documento informatico e firma digitale, con l’adozione dei primi provvedimenti normativi in merito alla attività della pubblica amministrazione (v. art. 15, II c., L. n. 59/1997, nonché il successivo regolamento contenuto nel D.P.R. n. 513/1997, il regolamento tecnico 8 febbraio 1999). Il D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 ha abrogato il D.P.R. 20.11.1997, n. 513 ed è stato successivamente modificato con il d.lgs. 23.01.2002, n. 10 che ha recepito la direttiva comunitaria 1999/93/CE e con il d.p.r. 7.4.2003 n. 137. Alla direttiva comunitaria appena citata (nata dall’esigenza di garantire la sicurezza e l’affidabilità sia dei rapporti commerciali sia delle comunicazioni elettroniche, che possono essere raggiunte solo infondendo fiducia nelle firme elettroniche e nei servizi ad esse connessi che consentono l’autenticazione dei dati) ha fatto seguito la direttiva 2000/31/CE “sul commercio elettronico”. 1.1) Il Codice dell’amministrazione digitale approvato con D.Lgs. 07.03.2005, n. 82, in vigore dal 1° gennaio 2006 e successivamente modificato con d. lgs. 04.04.2006, n. 159 in vigore dal 14.05.2006, ha dettato norme di riordino in materia, in particolar modo con riferimento al regime di validità ed efficacia sostanziale del documento informatico ed alla sua efficacia probatoria. L’art. 2 del Codice dell’amministrazione digitale stabilisce che “le disposizioni di cui al capo II concernenti i documenti informatici, le firme elettroniche, i pagamenti informatici, i libri e le scritture, le disposizioni di cui al capo III, relative alla formazione, gestione, alla conservazione, nonché le disposizioni di cui al capo IV relative alla trasmissione dei documenti informatici si applicano anche ai privati ai sensi dell’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 28.12.2000, n. 445". 2) Definizione del documento informatico Il Codice dell’amministrazione digitale definisce il documento informatico come: “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” (v. art. 1, lettera p, d.lgs. n. 82/2005 cit.). Il termine “documento” rimanda etimologicamente ad un contenuto informativo, conoscitivo, da trasmettere ad altri: “docere”, attuare la rappresentazione di un fatto, che a sua volta presuppone una tecnica di manifestazione e quindi di comunicazione. E’ quindi d’obbligo ricordare la definizione carneluttiana di documento quale opera dell’ingegno umano tendente a conservare e fornire ad altri la conoscenza. Il termine “informatica”, invece, indica una tecnica che consente il trattamento automatico di qualunque informazione o dato grazie all’espediente di esprimere quelle informazioni attraverso i valori di un linguaggio simbolico estremamente elementare, caratterizzato dal ricorso all’alternativa fra due simboli organizzati in sequenze variamente composte (positivo e negativo, zero e uno, luce e buio, si e no, etc.), tecnica di espressione detta linguaggio binario, le cui unità elementari sono dette bit (crasi per binary digit, unità binaria). I sistemi informatici permettono, tramite i relativi programmi (software), l’elaborazione automatica dei nessi tra le informazioni espresse tramite il sistema binario, utilizzando un apparato materiale (hardware). FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 307 307 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO La peculiarità del documento informatico non sta solo nelle caratteristiche del supporto materiale, ma nella natura dei segni che il supporto materiale reca su di sé. Documento informatico può essere definito quindi non solo un testo, ma anche un suono, o più suoni, una o più immagini o tutti questi elementi insieme (per alcuni documento informatico multimediale), come pure una serie di dati intelligibili soltanto attraverso l’elaboratore. 2.1) Introduzione alla disciplina del documento informatico Il sistema tradizionale di imputazione delle dichiarazioni documentate è costituito dalla sottoscrizione, cioè dalla apposizione di proprio pugno (autografa) sul documento ed in calce alla dichiarazione documentata, del nome anagrafico completo del suo autore. La scienza, come abbiamo visto, ha portato a smaterializzare la scrittura e a togliere sostanza al segno grafico, così che vi sono molti altri modi per cogliere l’espressione del pensiero e per conservarla. La volontà, infatti, trova il veicolo, per esprimersi, nella forma, che può essere verbale, scritta, digitale, elettronica. In quanto “fatto espressivo”, la forma è libera; però è oggetto di limitazioni quando un determinato tipo di forma è richiesto dalla legge, o per volontà delle parti, a pena di nullità dell’atto. Il codice dell’amministrazione digitale ha cura di disciplinare la validità ed efficacia del documento informatico, facendo sempre riferimento alla disciplina della tradizionale forma scritta, per equipararne o meno gli effetti in dipendenza del tipo di firma elettronica ad esso apposta (questa impostazione è stata già criticata, ritenendosi da alcuni autori che la materia richiedesse un inquadramento a parte, in sé e per sé considerato). 2.2) Le firme elettroniche Esaminiamo, quindi, preliminarmente, quali tipi di firma elettronica possono essere apposti al documento informatico. L’art. 1 del Codice dell’amministrazione digitale, così definisce al punto q) la firma elettronica: “l’insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica”. Spetta all’interprete di individuare quali siano nella realtà le firme elettroniche c.d. semplici o deboli. Ad esempio potrebbero essere ritenute tali, come vedremo, l’uso di una parola chiave, o di un nome utente per la formazione di un documento. Il medesimo articolo 1, alla lettera r) stabilisce che la firma elettronica qualificata è “la firma elettronica ottenuta attraverso una procedura informatica che garantisce la connessione univoca al firmatario, creata con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo e collegata ai dati ai quali si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati, che sia basata su un certificato qualificato e realizzato mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma”. L’unico tipo di firma elettronica qualificata attualmente espressamente disciplinato dall’ordinamento è la firma digitale. La lettera s) dell’art. 1 definisce la firma digitale come “un particolare tipo di firma elettronica qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici”. L’art. 24, poi, indica i requisiti della firma digitale, precisando: “la firma digitale deve 308 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 308 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o all’insieme di documenti cui è apposta o associata. L’apposizione di firma digitale integra e sostituisce l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere e ad ogni fine previsto dalla normativa vigente. Per la generazione della firma digitale deve adoperarsi un certificato qualificato che, al momento della sottoscrizione, non risulti scaduto di validità ovvero non risulti revocato o sospeso. Attraverso il certificato qualificato si devono rilevare, secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’art. 71, la validità del certificato stesso, nonché gli elementi identificativi del titolare e del certificatore e gli eventuali limiti d’uso.” L’art. 25 del Codice disciplina la firma autenticata: “ si ha per riconosciuta, ai sensi dell’art. 2703 del codice civile, la firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’autenticazione della firma digitale o di altro tipo di firma elettronica qualificata consiste nell’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità del certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l’ordinamento giuridico. L’apposizione di firma digitale o di altro tipo di firma elettronica qualificata da parte del pubblico ufficiale ha l’efficacia di cui all’art. 24, comma 2. (…)” 2.3) Vale la pena di menzionare anche la circostanza che la legge prevede anche un meccanismo per la validazione temporale del documento, per far sì che la data e l’ora di formazione del documento siano certi ed opponibili ai terzi. 2.4) La legge disciplina il documento informatico sotto il profilo della validità e rilevanza giuridica da un lato, e sotto il profilo dell’efficacia probatoria dall’altro, sempre facendo riferimento alla presenza o meno della firma ed al tipo di firma apposta. 2.4.1) Rilevanza giuridica del documento informatico L’art. 20 del Codice dell’amministrazione digitale stabilisce, al comma 1, che “il documento informatico da chiunque formato, la registrazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole tecniche di cui all’art. 71 sono validi e rilevanti agli effetti di legge, ai sensi delle disposizioni del presente codice.” A) La legge stabilisce che il documento informatico con firma digitale o firma elettronica qualificata, soddisfa “comunque” il requisito della forma scritta, senza che sia necessaria la valutazione del Giudice. Infatti, il secondo comma dello stesso articolo 20 dispone che: “il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’art. 71, che garantiscono l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma ai sensi dell’art. 21, comma 2, e soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall’art. 1350, primo comma, numeri da 1 a 12 del codice civile”. Per quanto riguarda la presunzione di riconducibilità al titolare del dispositivo di firma, si rinvia, come fa la norma, a quanto si dirà in seguito in ordine alla efficacia probatoria prevista dall’art. 21. Per quanto riguarda l’esclusione del n. 13) dell’art. 1350 c.c., c’è da chiedersi se tra “gli altri atti indicati dalla legge”, rimangano esclusi tutti i casi espressamente disciplinati dal codice FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 309 309 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO civile, quali, ad esempio, il patto di prova ex art. 2096 c.c., la vendita di eredità ex art. 1543 c.c., la cessione dei beni ai creditori, ex art. 1978 c.c. etc., ovvero se essi siano compresi nella disposizione in questione, atteso il suo disposto: “soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche …”. In tale ultima ipotesi rimane problematico il motivo dell’esplicita indicazione dei numeri da 1) a 12) del 1350 c.c. Il termine “comunque” può ritenersi, invece, riferito al comma 1, per escludere che sia necessaria l’indagine lì indicata, da parte del giudice. La disposizione in esame va, quindi, correlata con tutti quei casi in cui è richiesta la forma ad substantiam, e cioè sinteticamente e per categorie, quando la forma è richiesta a pena di nullità: 1) per la favorevole combinazione di 3 variabili, ossia natura del diritto, contratto ad effetti reali, oggetto beni immobili; 2) per la natura del vincolo (es. negozi astratti che prescindono dalla causa che si ritiene sostituita, appunto, dalla forma, negozi familiari, vincolo societario), o per la gravità dell’impegno (locazioni e donazioni); 3) per la funzione del negozio (contratti prodromici, preliminare, mandato, opzione, patto di preferenza e negozi di secondo grado, riesame, revisione, conferma). B) Secondo il comma 1 bis, dello stesso art. 20: “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità, fermo restando quanto disposto dal comma 2". Quando l’oggetto di un giudizio sia, quindi, ad esempio, la validità di un contratto per il quale è prevista la forma scritta ad substantiam, ed occorra stabilire se un documento informatico privo di firma, o firmato con firma elettronica semplice, sia idoneo a soddisfare il requisito della forma scritta, l’oggetto dell’indagine sarà un requisito oggettivo, cioè un certo grado di sicurezza, integrità ed immodificabilità del documento, la riconoscibilità delle alterazioni, e ciò analogamente a quanto avviene per il tradizionale documento sottoscritto, che consente di riconoscere cancellature, abrasioni, annotazioni, glosse, etc. Anche per il documento informatico, il legislatore ha voluto raggiungere il fine di cristallizzare nel tempo determinati atti o fatti. Peraltro, nel suo sindacato il Giudice dovrà tener conto delle regole stabilite dall’art. 71, che rinvia a decreti del P.d.C.M. Il documento informatico, quindi, soddisfa il requisito legale della forma scritta se il contenuto non è alterabile o se le alterazioni sono riconoscibili. 3) Efficacia probatoria del documento informatico Come noto a tutti, la forma può essere imposta dalla legge per la validità dell’atto o per la prova di esso. In questo secondo caso ci si riferisce alla forma della prova e non alla forma dell’atto. Dunque quando diciamo che la transazione deve essere provata per iscritto, vogliamo dire che la prova della transazione si può dare fornendo dichiarazioni scritte dei contraenti. Peraltro, anche se la prova di un atto viene data per iscritto tramite, ad esempio, la confessione, la quietanza, il riconoscimento, l’atto informe rimane tale. Laddove, comunque, la forma sia richiesta per la validità dell’atto, la stessa è richiesta anche per la prova. 3.1) L’art. 23 del Codice, “copie di atti e documenti informatici”, al I comma stabilisce: “all’art. 2712 del codice civile dopo le parole “riproduzioni fotografiche” è inserita la seguente “informatiche”. Dunque, nell’ipotesi di documento in forma informatica per così dire “puro e semplice”, si prescinde da qualsivoglia tecnica di sottoscrizione: esso rileva in quanto tale, nella sua 310 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 310 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO oggettività (nel senso di mera rappresentazione di un fatto, di un atto, di un dato), e quindi “fa piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale è prodotto non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”. Non mi soffermo su questo punto già esaminato dal collega Silvestri, limitandomi a richiamare la sentenza della Cassazione n. 11445/2001 ed a sottolineare che, in virtù della disposizione sopra richiamata, il documento informatico privo di sottoscrizione può acquistare valore probatorio solo se nel giudizio si è instaurato il contraddittorio e, quindi, non è ritenuto utilizzabile nei procedimenti a contraddittorio c.d. differito, quale il procedimento monitorio. 3.2) Il comma 1 dell’art. 21 “valore probatorio del documento informatico sottoscritto” stabilisce: “Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità”. Poiché esistono molte tipologie di firma elettronica semplice, gli utilizzatori di questo tipo di firme non potranno conoscerne con certezza preventivamente gli effetti sotto il profilo probatorio. Il documento informatico in questione, comunque, anche nel giudizio ordinario, deve essere preliminarmente valutato dal giudice: nell’ambito di detta valutazione la parte contro la quale il documento è prodotto può assumere che esso sia stato formato abusivamente o è stato alterato, allegando e provando l’abuso. Il tutto nell’ambito di un normale incidente probatorio che ha per oggetto l’utilizzabilità della prova, non ritenendosi necessario l’espresso disconoscimento disciplinato dall’art. 214 c.p.c. E’ stato correttamente osservato che questa è una prova documentale di nuovo genere. 3.3) Il comma 2 del medesimo art. 21 stabilisce: “il documento informatico, sottoscritto con firma digitale o con altro tipo di firma elettronica qualificata, ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 del codice civile. L’utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria.” Si è verificata, quindi, la espressa equiparazione del documento sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata, alla scrittura privata. Occorre, però, rilevare che, in realtà, con riferimento all’eventuale giudizio di verificazione, instauratosi a seguito del disconoscimento, il comma 2 dell’art. 21 detta un’inversione dell’onere della prova. Infatti, mentre colui contro il quale è esibita in giudizio una falsa scrittura cartacea può limitarsi a disconoscere la propria firma generando in capo alla controparte che intenda avvalersene l’onere di promuovere lo speciale procedimento di verificazione, colui contro il quale venga esibito in giudizio un falso documento informatico sottoscritto con firma digitale, oltre a disconoscere la propria firma, deve anche fornire le prove della sua falsità, con un’inversione dell’onere della prova. Tale impostazione è stata criticata, perché ingiustificata, sia dalla dottrina, sia dal Consiglio di Stato nel parere 7 febbraio 2005. * * * Contestazioni e disconoscimento, casistica delle possibili contraffazioni I primi commentatori della normativa vigente ritengono quasi all’unanimità che sia possibile il disconoscimento ai sensi dell’art. 214 c.p.c. del documento informatico sottoscritto con firma digitale o con firma elettronica qualificata. La questione investe, però, il punto se oggetto del disconoscimento sia non solo la firma o la scrittura in concreto, ma l’effettivo utilizzo del dispositivo di firma da parte del titolare. FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 311 311 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO I casi che possono verificarsi, dunque, sono stati sino ad oggi identificati, a titolo meramente esemplificativo, nei seguenti. 1. Patologia della titolarità Certificazione della chiave pubblica compiuta indicando un nome altrui o un nome immaginario: la legge attribuisce al certificatore, se non prova di aver agito senza colpa o dolo, la responsabilità del danno cagionato a chi abbia fatto ragionevole affidamento sull’esattezza e sulla completezza delle informazioni necessarie alla verifica della firma in esso contenute alla data del rilascio e sulla completezza rispetto ai requisiti fissati per i certificati qualificati, sulla garanzia che al momento del rilascio del certificato il firmatario detenesse i dati per la creazione della firma corrispondenti ai dati per la verifica della firma riportati o identificati nel certificato. 2. Patologia della circolazione Compromessa l’esclusività del controllo sull’impiego di chiavi di firma validamente attribuite. Installazione di software destinati ad attivarsi in occasione dell’impiego del dispositivo personale per l’utilizzo della firma digitale. In questo caso è necessaria l’ispezione del computer tramite il quale il titolare ha apposto almeno una firma vera. 3. Vulnerabilità della crittanalisi Anche se allo stato delle tecniche per decifrare un documento criptato non può che procedersi per tentativi, non può escludersi che detti tentativi possano portare alla forzatura del sistema, come pure non può escludersi che nel tempo possa inventarsi un sistema per forzare una coppia di chiavi asimmetriche. Proprio per questo è stabilito che la coppia di chiavi ha validità limitata non superiore a tre anni. 4. Sottrazione del dispositivo di firma e della parola chiave Obblighi del titolare: è tenuto ad assicurare la custodia del dispositivo di firma e ad adottare tutte le misure organizzative e tecniche idonee ad evitar danno ad altri; è altresì tenuto ad utilizzare personalmente il dispositivo di firma. Nel caso di sottrazione, quindi, è necessario richiedere la sospensione o la revoca del certificato. L’apposizione ad un documento informatico di una firma digitale o di una altro tipo di firma elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione. La revoca o la sospensione, comunque motivate, hanno effetto dal momento della pubblicazione, salvo che il revocante o chi richiede la sospensione, non dimostri che essa era già a conoscenza di tutte le parti interessate. 5. Sulla contraffazione: ove non fosse possibile far trasparire, tramite i più sofisticati sistemi informatici, un vizio del corretto funzionamento dell’applicazione delle due chiavi, ne conseguirebbe che il documento informatico sarebbe frutto di un falso irriconoscibile e, dunque, imputabile all’apparente sottoscrittore così come avviene per la firma falsificata dal più abile dei contraffattori, che esce indenne dalla procedura di comparazione. 6. Sull’abuso: Buona fede, principio della tutela dell’affidamento incolpevole del destinatario del documento informatico e colpa del soggetto cui viene opposta l’apparenza sono i criteri guida anche nell’ambito dei documenti informatici sottoscritti con firma digitale sotto nome altrui. * * * Come rilevato in precedenza, e come affermato dal Consiglio di Stato nel parere espresso il 7 febbraio 2005: “ il meccanismo introdotto della presunzione della riconducibilità dell’utilizzo del dispositivo della firma al titolare, salvo che sia data prova contraria, indebolisce la suddetta equiparazione (del documento sottoscritto con firma digitale alla scrittura privata n.d.r.) e 312 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 312 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO genera il dubbio che la fiducia nell’atto informatico, che in questi anni è andata diffondendosi, possa notevolmente ridursi. Sarebbe almeno opportuno individuare il tipo di prova che consente il disconoscimento secondo un criterio di responsabilità nella conservazione e nell’utilizzo della chiave privata.” Ed inoltre, sembrano rilevanti le seguenti osservazioni: “Da un lato sembra giusto superare i vecchi concetti di falso, strettamente legati al principio di paternità della firma e non a quello di responsabilità per la firma; dall’altro occorre fare assoluta chiarezza sulle ipotesi in cui è consentito dimostrare l’assenza di responsabilità (per esempio, errore, violenza, dolo, abuso del mandato, contrarietà a patti interni, abusivo riempimento da parte di colui che aveva la legittimazione). Basti osservare che la dottrina più accreditata, richiamando i principi di autoresponsabilità, affidamento, apparenza, rappresentanza, certezza dei rapporti, ha limitato alle sole ipotesi di violenza e di dolo la possibilità di fare valere i vizi della volontà, escludendo per esempio l’errore, così come la violazione di patti interni, salva l’ipotesi della conoscenza o riconoscibilità da parte del terzo contraente “ * * * Documento informatico, fax e telex e trasmissione a distanza La maggior parte della dottrina ritiene erroneo annoverare il fax ed il telex tra i documenti nuovi, trattandosi, invece, di strumenti di trasmissione a distanza di documenti formati altrove, fattispecie peraltro non ignota al nostro codice che già negli anni quaranta disciplinava il telegramma. Il fenomeno del documento informatico presenta, peraltro, un connotato del tutto differente rispetto al detto meccanismo di trasmissione a distanza a mezzo fax, quasi in tempo reale, di un documento che preesiste alla trasmissione stessa, attraverso i nuovi apparati elettronici, per cui ciò che perviene è una copia di quel documento. Diversamente, infatti, accade per il documento informatico: la trasmissione, lo scambio dei documenti informatici avviene da un apparato all’altro, in modo tale che il documento viene creato e direttamente incorporato dalla memoria fissa di un elaboratore elettronico attraverso la scomposizione e la successiva ricomposizione degli impulsi elettronici che lo formano, ma sempre in originale, quindi non attraverso un meccanismo analogico, ma digitale. Nel caso del telefax, quindi, il documento originale che viene trasmesso rimane sempre nel possesso di chi ha effettuato la trasmissione, pertanto sotto questo profilo le questioni investono la conformità del fac-simile all’originale. Il documento teletrasmesso può anche essere sottoscritto. Si tratta, qui di sottoscrizione autografa, a differenza del documento informatico nel quale la funzione della firma viene, come visto, assolta da un meccanismo che nulla ha a che vedere con la sottoscrizione manuale. Secondo Verde, la disciplina del telegramma e del fax “non riguarda una prova documentale diversa, ma regola in modo specifico un caso particolare di efficacia probatoria di copia di atti e documenti” da ricondursi nell’alveo dell’art. 2719 c.c. e non, come altra parte della dottrina ritiene, in quello dell’art. 2712 c.c. In particolare si ritiene che se il destinatario intende utilizzare come prova la copia ricevuta, l’assenza della contestazione da parte del mittente farà assumere alla copia il valore di prova legale. La contestazione da parte del mittente, però, viene parificata al disconoscimento di scrittura privata, sul presupposto che la copia ripete la propria efficacia probatoria dall’originale. La posta elettronica certificata Strettamente connesso con quest’ultimo tema della trasmissione a distanza di atti o FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 313 313 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO documenti, è il tema della posta elettronica. L’e-mail può consistere in un documento informatico contenente esso stesso una dichiarazione, come tale sottoposta al regime del documento informatico; ma la posta elettronica è anche un mezzo di trasmissione e notificazione di atti o documenti informatici. L’art. 45 del Codice stabilisce al comma 2, che “il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”. L’art. 48, inoltre, disciplina la posta elettronica certificata: “La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11.02.2005, n. 68. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta. La data e l’ora di trasmissione del documento informatico trasmesso mediante posta elettronica certificata sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al D.P.R. 11.2.2005, n. 68 ed alle relative regole tecniche”. Come é noto, nell’ambito del diritto processuale civile la L. n. 183/ 1993 prevede la possibilità per l’avvocato di trasmettere attraverso mezzi di telecomunicazione la copia di un atto del processo ad un altro avvocato. La legge 21.01.1994, n. 53 consente la possibilità di notificare gli atti civili, amministrativi e stragiudiziale ad opera degli avvocati stessi. Il D. lgs. 5/2003 che ha introdotto il processo societario ha disposto che la posta elettronica ed il fax siano mezzi idonei per la notificazione o la comunicazione degli atti. Analogamente, l’art. 170 c.p.c. è stato riformato per i processi iniziati dopo il 1 marzo 2006, per effetto della L. 28 dicembre 2005, n. 263, con la previsione che “il giudice può autorizzare per singoli atti, in qualunque stato e grado del giudizio, che lo scambio o la comunicazione di cui al presente comma possano avvenire anche a mezzo telefax o posta elettronica (…)”. Analoghe disposizioni sono state introdotte nel codice di procedura civile con riferimento alla notificazioni e comunicazioni delle ordinanze e degli atti del procedimento. In tutti i casi è previsto il rispetto della “normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi”. Avv. Maria Cecilia Barbaria LA VALUTAZIONE DELLA PROVA IN CASSAZIONE La sentenza, quale atto di composizione della lite, è il risultato di un processo giurisdizionale che si suole ricondurre al paradigma di logica formale del sillogismo aristotelico, per cui, premesse due proposizioni, una maggiore e l’altra minore, ne segue necessariamente la terza proposizione conclusiva. …la premessa maggiore, appunto costituita dalla norma giuridica, che si risolve in una cognizione e in un giudizio de jure …la premessa minore, costituita dal fatto, che si risolve in una cognizione e in un giudizio de facto 314 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 314 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO …la conclusione, costituita dagli effetti conseguenti alla sussunzione del fatto sotto la norma giuridica. Tale impostazione, tradizionalmente accolta (alcune pronunce della Cassazione contengono un riferimento esplicito al sillogismo giudiziale), è stata ed è oggetto di critica, ritenendosi (v. La logica del giudice e il suo controllo in Cassazione di Guido Calogero, filosofo e storico della filosofia) che la sussunzione del fatto sotto la norma, lungi dall’essere idealmente determinata da un paradigma di logica formale, è una delicata operazione di riconoscimento, per la quale occorre tutto quanto si dice conoscenza delle cose, esperienza tecnico-giuridica, capacità ermeneutica, intendimento della volontà del legislatore Al di là del dibattito sul tema, certo si è che la sentenza, quale atto di composizione della lite, è costituita da tre momenti essenziali, che danno luogo a tre corrispondenti giudizi, pure funzionalmente collegati e ricondotti ad unità: a) l’accertamento del fatto; b) l’accertamento della norma giuridica applicabile; c) l’accertamento delle conseguenze derivanti dal riferimento del fatto accertato alla norma giuridica, accertata come applicabile. Il primo dei tre momenti, costituisce appunto il giudizio di fatto, volto ad accertare la vicenda concreta, portata all’esame del giudice. Tale accertamento è perseguito dal giudice non liberamente, ma attraverso e nell’osservanza di un insieme di strumenti di conoscenza dei fatti, che costituiscono il sistema probatorio. Quale sistema probatorio debba essere adottato è decisione rimessa al legislatore e la scelta del sistema adottabile, tra sistema volto alla ricerca della verità materiale e sistema volto alla ricerca della verità formale, non è scelta ideologica, ma rappresenta l’esito di complesse valutazioni, fortemente condizionate da fattori storici, culturali, sociali e religiosi…: il nostro sistema probatorio ed i sistemi vigenti in altri paesi della Comunità europea sono diversi tra loro… il sistema probatorio degli ordinamenti di diritto civile (di civil law), quale il nostro, è diverso da quello degli ordinamenti di diritto comune (di common law), quale quello inglese. Il sistema probatorio del nostro ordinamento è informato a quattro regole fondamentali: 1) il principio dell’onere probatorio, di cui all’art. 2697 c.c.: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provarne i fatti costitutivi, chi contrasta quel diritto deve provarne i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi. principio in bianco... perché il suo contenuto deriva dalla fattispecie sostanziale e non da canoni processuali… la sua applicazione presuppone: a) l’identificazione del diritto fatto valere in giudizio; b) l’inquadramento del diritto in una fattispecie legale; c) l’interpretazione della fattispecie legale per individuarne i fatti rilevanti… costitutivi, impeditivi, estintivi e modificativi. La distinzione dei fatti rilevanti ai fini del giudizio costituisce un problema: di facile soluzione quando quei fatti non siano contemporanei; di difficile soluzione quando quei medesimi fatti siano contemporanei, si perfezionino nello stesso momento (si pensi alla dichiarazione di volontà ed al suo eventuale vizio… volontà e vizio sono contestuali, hanno pari forza causale sul piano degli effetti… deve ricorrersi quindi a criteri empirici, non ultimo quello della maggiore o minore difficoltà per la parte di assolvere l’onere probatorio) principio bivalente… perché pone un onere soggettivo per le parti ed una regola di giudizio per il giudice, vietando il non liquet ed obbligando il giudice a pronunciarsi sul merito della controversia anche in difetto di prova dei fatti allegati dalle parti (così come deve FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 315 315 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO pronunciarsi sulle questioni di diritto, anche in difetto d’apposita norma che disciplini il caso concreto, facendo ricorso all’analogia legis o juris, di cui all’art. 12, disposizioni sulla legge in generale) 2) il principio della non contestazione, ricavabile per via di astrazione dalle norme processuali, secondo cui, e sempre che si verta in tema di diritti disponibili, i fatti affermati da una parte e non contestati dalla controparte non hanno bisogno di essere provati; principio –questo- di cui vanno ridisegnati la misura ed i limiti, a seguito delle novelle del codice di rito, introdotte dagli anni novanta (v. Cass. S.U. est. Evangelista n. 761/02… si pensi alle preclusioni introdotte dalla novella n. 353 del 1990 tra fase preparatoria ed istruttoria… alla presenza di oneri di difesa, tra cui l’onere del convenuto di prendere posizione precisa sui fatti allegati dall’attore a fondamento della domanda, esplicitamente imposti dal dettato legislativo, nel più generale quadro di un processo scandito da preclusioni e da distinzione tra fase preparatoria e fase istruttoria… nel rito civile ordinario, antecedente alla novella, invece, oneri difensivi siffatti non sono imposti, al contrario manifestandosi, nel quadro generale di un processo caratterizzato dalla sovrapposizione tra fase preparatoria e fase istruttoria, segni tutt’affatto contrari, che militano per la provvisorietà della non contestazione dei fatti posti dall’attore a fondamento della domanda). 3) il principio della disponibilità della prova, di cui all’art. 115 c.p.c.: salvi i casi previsti dalla legge (comportamento delle parti, interrogatorio libero, ispezione di persone o cose, richiesta informazione alla p.a., giuramento suppletorio ed estimatorio…), il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero. Può tuttavia senza bisogno di prova porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto (fatti notori, ossia accadimenti storicamente individuati) che rientrano nella comune esperienza; principio di disponibilità delle prove, che, come chiarito dalla Suprema Corte, costituisce un vincolo per il giudice, il quale, al di là dei casi consentiti, non può provvedere d’ufficio all’acquisizione di prove non dedotte dalle parti e deve necessariamente provvedere sulle deduzioni istruttorie di parte, rilevanti per la decisione, laddove la rilevanza va valutata non per il probabile esito della prova offerta, ma per l’astratta influenza della stessa ai fini della decisione principio che si ricollega: a) al principio di disponibilità della tutela giurisdizionale (artt. 2907 c.c. e 99 c.p.c.) per cui il titolare del diritto sostanziale è arbitro di decidere se proporre o meno l’azione in giudizio, e, dopo proposta, se continuarla o meno; b) al principio di disponibilità del diritto sostanziale 4) il principio del libero convincimento di cui all’art. 116 c.p.c.: il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti (le prove legali, laddove è il legislatore ad anteporre una valutazione delle prove, vincolante per il giudice: atto pubblico; scrittura privata; scritture contabili; riproduzioni meccaniche; confessione; giuramento…) e prudente apprezzamento non vuole dire arbitrio, né ricorso del giudice al proprio sapere privato, ma esercizio di attività logica e delle massime di comune esperienza (regole desunte da accadimenti, che si ripetono uniformemente e dalla cui osservazione vengono enucleati principi, che devono ritenersi validi anche in casi analoghi futuri), che sono i criteri conoscitivi in forza dei quali si effettuano le illazioni, le deduzioni, le inferenze probatorie (si pensi alla valutazione delle dichiarazioni di parte favorevoli al proprio interesse; alla valutazione della presenza di tracce di frenata nel luogo 316 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 316 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO in cui è avvenuto un incidente stradale…) vuol dire, altresì, valutazione totale della prova, per cui il giudice deve prendere in esame l’intero materiale probatorio raccolto; e ciò, secondo principio di cosiddetta acquisizione delle prove, per cui una volta ammessa ed espletata la prova, il suo risultato è acquisito al giudizio e può essere valutato dal giudice anche contro la parte che l’ha chiesta. Ma qual è il concreto rapporto che l’art. 116 c.p.c. pone tra principio di libera valutazione delle prove e limite delle prove legali? … salvo che la legge disponga altrimenti, il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento…: la presenza di prova legale esclude l’operatività del principio di libera valutazione? Per quanto la lettera dell’art. 116 c.p.c. lasci margine ad una diversa interpretazione, la giurisprudenza è fortemente orientata nel ritenere che il vincolo della prova legale non esclude ma limita l’ambito della libera valutazione delle prove, fatta eccezione per il giuramento, che preclude in modo assoluto ogni diversa valutazione del giudice: il giudice è sì tenuto ad assumere il fatto, come risulta dal mezzo di prova legale e con gli effetti che la legge vi ricollega, ma la valutazione di tale fatto, unitamente a quel che risulta acquisito aliunde, secondo principio di libera valutazione, è precluso soltanto se la prova legale esaurisca l’attività probatoria. Tale orientamento conferma l’opinione, di gran lunga prevalente anche in dottrina, del carattere eccezionale delle limitazioni raffigurate dalle prove legali, giacché il principio è quello della libera valutazione: con la conseguenza sul piano interpretativo (art. 14 disp. Sulla legge in generale) che le regole di prova legale devono essere interpretate in modo tassativo e restrittivo. (Principio di prudente apprezzamento delle prove e salvaguardia di determinate ipotesi di prova legale, dunque: la scelta del nostro ordinamento sembra collocarsi a mezza strada tra i contrapposti sistemi: tra il moderno sistema della libera valutazione e quello delle prove legali, dominante nel passato. E tale scelta pare destinata a protrarsi per lungo periodo, dal momento che la stessa e più recente riforma del 1990 non si è occupata del problema. La scelta di un sistema a mezza strada tra quelli contrapposti è il risultato di fattori stratificati nel tempo non del tutto decifrabili, e tra questi fattori indubbiamente si inserisce la maggiore o minore fiducia che si intende attribuire alla figura del giudice: maggiore per il sistema della libera valutazione, laddove è il giudice a valutare prudentemente le prove, e minore invece per quello delle prove legali, laddove è il legislatore ad anteporre una valutazione delle prove, vincolante per il giudice. …come la valutazione libera non equivale ad arbitrio del giudice, dovendo essere frutto di attività logica, per di più controllabile, così la prova legale non equivale ad arbitrio del legislatore, essendo per lo più frutto di regole di comune esperienza, che per l’elevato grado di attendibilità si è ritenuto di codificare. …il sistema della libera valutazione, proprio perché non vincolato a predeterminazioni di valori probatori, tende a ricercare la verità materiale ed è più compatibile con un processo caratterizzato dalla oralità e dalla immediatezza, e relativo a diritti indisponibili; il sistema delle prove legali, invece, tende a ricercare la verità formale e privilegia esigenze di certezza, è più compatibile con un processo caratterizzato dalla scrittura e dalla mediatezza, e relativo a diritti disponibili) A queste regole fondamentali, cui è informato il nostro sistema probatorio, si accompagnano poi quelle relative all’acquisizione delle prove nel processo: le regole, appunto, che disciplinano l’ammissione e l’assunzione dei mezzi di prova nel processo e che pure concorrono alla formazione del giudizio di fatto, alla cognizione ed all’accertamento della FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 317 317 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO vicenda concreta, portata all’esame del giudice. Il giudizio di fatto, dunque, non è un giudizio libero … ma vincolato al rispetto di determinate regole… al rispetto delle regole di acquisizione delle prove ed al rispetto delle regole di valutazione delle stesse prove… valutazione che anche quando non limitata dalla presenza di prove legali, il cui valore è predeterminato dal legislatore, deve essere operata prudentemente, ossia secondo logica e massime di comune esperienza. Quanto sin qui chiarito consente ora di affrontare il tema della valutazione delle prove in Cassazione, con ciò intendendosi le possibilità di sindacato della Corte di Cassazione riguardo alla valutazione delle prove, che sia stata data in sentenza dal giudice di merito, nell’ambito dell’attività a lui riservata. Ebbene, il sindacato che alla Suprema Corte è attribuito in materia è sì sindacato di legittimità, al pari degli altri configurati dall’art. 360 c.p.c., ma è sindacato per così dire indiretto, limitato –nei binari delle censure svolte in ricorso- alla verifica di idoneità astratta del procedimento e dei criteri seguiti nell’analisi e nella prudente valutazione del materiale probatorio da parte del giudice di merito, cui soltanto è attribuito il compito di valutarlo, nel rispetto delle regole previste allo scopo, che attengono anche al momento della sua acquisizione nel processo. E’ sindacato di legittimità sul giudizio di fatto, è appunto sindacato di controllo –nei limiti delle censure svolte in ricorso- sul rispetto delle regole innanzi considerate, che il giudice è tenuto ad osservare nell’attività di acquisizione e di valutazione delle prove, al fine di pervenire all’accertamento della vicenda concreta, portata al suo esame. Il mancato rispetto di tali regole di diritto do luogo, ovviamente, ad una violazione di legge che, in quanto tale, è sindacabile dalla Corte di Cassazione, ma non è anche di per sé sufficiente, al fine dell’annullamento della pronuncia del giudice di merito. Perché la sentenza possa essere cassata, l’errore di diritto nell’acquisizione o nella valutazione della prova deve essere rilevante ed è rilevante solo ove abbia avuto effettiva incidenza sul convincimento del giudice di merito, perché, altrimenti, non avendo avuto influenza sulla statuizione del giudice, non può invalidarla. Sotto questo profilo, l’errore di diritto nell’acquisizione o nella valutazione della prova è omologo al vizio di motivazione, di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., che rileva soltanto se riguarda un punto (ora fatto, d. lgs. n. 40/06) decisivo per il giudizio. Ed è omologo al vizio di motivazione anche sotto altri profili, quali quello del dovuto arresto al rescindente della sentenza della Suprema Corte, che deve disporre la reiterazione del giudizio di fatto innanzi ad altro giudice di merito, non potendo essa stessa provvedervi per suoi limiti istituzionali. Resta da precisare, e mi avvio alla conclusione, la qualificazione del vizio derivante dal mancato rispetto delle regole anzidette nell’acquisizione e nella valutazione delle prove: se vizio inquadrabile nell’ambito del n. 3 o del n. 4 dell’art. 360 c.p.c.. Quanto alle regole relative alla valutazione delle prove, il vizio è tradizionalmente inquadrato nell’ambito del n. 3 dell’art. 360 c.p.c.. Quanto alle regole relative all’acquisizione delle prove nel processo, sorgono alcune perplessità: attesa la natura processuale, attribuita a tali regole, così da ricondurne la violazione nell’ambito del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., e, di contro, attesa la peculiarità dei motivi, di cui allo stesso n. 4 dell’art. 360 c.p.c., che tradizionalmente si riferiscono a vizi radicali del rapporto processuale e/o della sentenza. Nella giurisprudenza della Suprema Corte la questione non risulta essere stata specificamente affrontata, forse per lo scarso valore finora attribuitole, atteso che normalmente i 318 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 318 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO motivi di ricorso sono formulati con riguardo ad entrambe le categorie di visi e che normalmente la violazione è affermata o negata dalla Suprema Corte senza riferimento esplicito all’una o all’altra categoria di vizi, precisandosi soltanto che la valutazione delle risultanze probatorie, operata dal giudice di merito, si risolve in un apprezzamento di fatto che sfugge al sindacato della Corte di Cassazione, salvo che sussistano vizi di motivazione o siano violate le norme relative all’assunzione e all’efficacia della prova. Quanto l’ultima novella del codice di rito, di cui al d. lgs. n. 40/06 (art. 366-bis c.p.c. formulazione dei motivi e quesito di diritto), in materia di ricorso per cassazione, inciderà sullo scarso valore finora attributo all’anzidetto inquadramento, è tutto da verificare. Prima di concludere, mi preme di sollecitare voi tutti a non cadere nell’errore in cui purtroppo non pochi cadono nella proposizione di ricorsi per cassazione, che solo formalmente prospettano la violazione di norme nella valutazione dei materiali probatori ad opera del giudice di merito, per risolversi invece in una sostanziale e, in sede di legittimità, non consentita richiesta di riesame del merito della controversia, attraverso una nuova e diversa valutazione di quei materiali. Non mi resta, quindi, come avvenuto in altra occasione d’incontro, che rivolgere a tutti un sincero augurio di buon lavoro e di buon studio, così che ciascuno acquisti il ruolo ed il prestigio che gli si addice. Francesco Paolo Fiore LE PROVE ATIPICHE 1) Per a - tipicità (alfa privativo) della prova si intende: a) da un lato, la vera e propria fonte probatoria del convincimento del giudice, che non sia prevista e disciplinata da alcuna norma (si vedano, ad es.: lo scritto proveniente da terzi, di per sé estraneo ai paradigmi tipici degli artt. 2699 (atto pubblico) – 2702 (efficacia della scrittura privata) c.c. e dell’art. 213 (richiesta di informazioni alla P.A.) c.p.c.; la consulenza tecnica o la perizia stragiudiziale; la prova assunta od acquisita in altro giudizio; e così via); b) dall’altro, il modo, il metodo o la forma dell’assunzione o dell’acquisizione di una prova, i quali differiscano ontologicamente dai procedimenti tipici, regolati dalla legge, o vi corrispondano solo in apparenza, non riproducendone gli essenziali requisiti di legittimità (si pensi, ad es., a un’ispezione non verbalizzata o ad una prova costituenda illegalmente formata, con una palese violazione del contraddittorio). Alla seconda ipotesi della illegittima formazione e della acquisizione (procedimento atipico) viene – ovviamente - negata l’ammissibilità, coinvolgendola nelle medesime ragioni di rifiuto, che sanciscono l’inammissibilità, l’inefficacia o l’inutilizzabilità di una prova <<illecitamente>> o <<illegittimamente>> formata, acquisita ed assunta. 1.1) Nell’ambito del processo civile ordinario di cognizione, manca UNA NORMA testuale (per così dire, <<di apertura>> o, per converso, <<di chiusura>>), la quale espressamente preveda, oppure escluda, l’ammissibilità di qualsiasi <<mezzo di prova>>, non contemplato dalla legge. Al contrario, nel nuovo modello accusatorio del processo penale v’é una espressa norma di apertura, l’art. 189 c.p.p., che in positivo consente alle parti di richiedere (ed al giudice di ammettere, sentite le parti, anche con la fissazione di apposite modalità di assunzione) – una “prova non disciplinata dalla legge”, se risulta idonea ad assicurare l’accertamento dei FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 319 319 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO fatti e non pregiudica la “libertà morale” della persona. Siamo certamente di fronte ad un metodo di acquisizione “atipico” che dal processo penale si espande al processo civile di cognizione quando il processo penale si estingue ed il giudice civile (dinanzi al quale “prosegue” la lite dopo – per fare un esempio – una amnistia o la prescrizione del reato) può valutare – come argomenti di prova – le prove raccolte in quel processo (anche) con l’applicazione dell’art. 189 c.p.p. 1.2) Ancora, l’art. 669–sexies c.p.c. per i procedimenti cautelari (art. 74 L. n. 353/1990) dispone che “il giudice... procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e fini del provvedimento richiesto”; e al II° comma prevede l’assunzione di “sommarie informazioni”. Si tratta chiaramente di fonti di prova strutturalmente e funzionalmente atipiche ,sia nei contenuti, sia nelle forme di acquisizione, che il giudice – soprattutto nei procedimenti a cognizione sommaria ed in quelli camerali, qualificati da marcate componenti inquisitorie – può assumere d’ufficio (dalle parti o da terzi), al di fuori di qualsiasi precostituita formalità propria delle prove tipiche (e, soprattutto, al di fuori delle forme stabilite nel processo ordinario di cognizione per la prova testimoniale, cui tali informazioni sono parzialmente assimilabili). Da tener presente che spesso nel giudizio di cognizione successivo le prove restano quelle raccolte nel procedimento cautelare. Anche l’art. 738, III comma, c.p.c. (in tema di procedimenti in camera di consiglio) prevede che “il giudice può assumere sommarie informazioni”. 1.3) Ora, come accennato, non esiste nel nostro processo civile una norma di “chiusura che imponga la tassatività del catalogo delle prove e dei mezzi di prova ammissibili. Al contrario, esistono chiare aperture per l’atipicità, sia in termini oggettivi ed ontologici, sia in termini modali. Nella prima prospettiva, si segnala subito la intrinseca atipicità dei <<fatti noti>> (identificati anche come fatti secondari, come facta probantia o come indizi) dalla cui comprovata e <<certa>> sussistenza il giudice può risalire, mediante razionali argomentazioni ed inferenze induttive, alla sussistenza di un <<fatto ignorato>> (factum probandum o fatto principale da provare), in forza delle <<presunzioni semplici>>, non stabilite dalla legge, ma lasciate alla prudenza dello stesso giudice (artt. 2727 e 2729, 1° comma, c.c.) (v. Comoglio). 1.4) Importantissimo, poi, l’art. 310, III° comma, c.p.c. il quale dispone che le prove raccolte nel processo successivamente dichiarato estinto sono valutate dal giudice (nel nuovo processo) a norma dell’art. 116, secondo comma, c.p.c. e, cioè, come “ARGOMENTI DI PROVA”. Prima di proseguire nella nostra analisi, ritengo sia opportuno chiarire la differenza di valore tra gli “argomenti di prova” e le prove in senso tecnico, la quale risiede in qualcosa di diverso dalla idoneità o meno degli argomenti di prova a fondare da soli il convincimento del giudice. Infatti, il carattere di probatio inferior degli argomenti di prova rispetto alle prove in senso tecnico va colto, non già in una loro minore efficacia legislativamente imposta in via di prova legale, bensì unicamente nella inidoneità degli argomenti di prova a giustificare da soli il giudizio di superfluità di cui all’art. 209 c.p.c (“il giudice istruttore dichiara chiusa l’assunzione quando sono eseguiti i mezzi ammessi o quando, dichiarata la decadenza di cui all’articolo precedente, non vi sono altri mezzi da assumere, oppure quando egli ravvisa superflua, per i risultati già raggiunti, la ulteriore assunzione”) e forse anche ex art. 187, I comma, c.p.c., (“il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione dei mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio”) 320 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 320 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO a fronte della richiesta della parte di offrire, attraverso una prova in senso tecnico, la prova contraria (Chiarloni, Proto – Pisani). 1.4.1) Abbiamo detto che le prove raccolte sono valutate dal giudice ai sensi dell’art. 116 secondo comma c.p.c.. Da notare che il suddetto articolo – precisa Cass. n. 597 del 1991 - riguardo soltanto le prove raccolte (e cioè a quelle orali, le ispezioni, le c.t.u., eccetera) e non a quelle documentali, in quanto le prime comportano un’attiva partecipazione del giudice che conferisce loro una garanzia che sopravvive all’estinzione del processo>. In ossequio al principio dispositivo, “in difetto dell’istanza della parte interessata, il giudice non può trarre argomenti di prova dalle risultanze istruttorie del diverso procedimento estinto, assumendole dai relativi fascicoli d’ufficio” (v. Cass. 6 agosto 2003, n. 11842). 1.5) Proseguendo nell’analisi dei dati positivi, l’art. 50 c.p.c. disciplina il “materiale probatorio acquisito da un giudice che ha dichiarato la propria incompetenza, con riferimento alla riassunzione della causa dinanzi al giudice competente”. Ebbene, gli atti istruttori mantengono la loro piena valenza probatoria e ciò per il principio dell’unità della giurisdizione, che presuppone la valida costituzione dell’intero procedimento e, quindi, anche degli atti istruttori assunti davanti al giudice incompetente inizialmente adito. 1.6) Precisato sino ad ora su quali presupposti codicistici è possibile supportare l’ammissibilità delle prove atipiche, occorre indicare come la giurisprudenza confermi l’esistenza di una vasta area di utilizzazione – con efficacia per lo più indiziaria – di prove e di mezzi probatori non espressamente previsti e disciplinati dalla legge: scritti di terzi, testimonianze rese in altri processi, c.t.u. svolta in altro giudizio, c.t. stragiudiziale, c.t. di parte depositate nel processo, accertamento dei fatti raggiunto attraverso il sistema delle “informazioni” eccetera. Ancora, le nuove prove imposte dal progresso della scienza e della tecnica (le indagini ematologiche o del DNA, l’uso dell’autovelox per il controllo della velocità, l’etilometro per l’accertamento dello stato di ebrezza eccetera) (Ricci). A questo punto della mia breve analisi – e mi avvio alla conclusione – credo giovi ribadire come dottrina e giurisprudenza, in termini pressoché pacifici, attribuiscano valore o efficacia pressoché indiziaria alle prove atipiche o innominate “liberamente apprezzabili” dal giudice, purché la loro credibilità od attendibilità sia confortata in positivo da altri elementi di giudizio o, per converso, non sia smentita in negativo dal raffronto con altre risultanze del processo. 1.6.1) Sempre che, sia ben chiaro, venga salvaguardato il rispetto di quei principi di rango costituzionale tesi ad assicurare un “giusto processo”: a) inviolabilità del contraddittorio; b) diritto alla prova contraria; c) la necessità di una adeguata motivazione del giudice circa la particolare valutazione di dette prove atipiche; d) la assoluta inutilizzabilità delle prove formate od acquisite con mezzi illeciti, illegittimi o incostituzionali. 2) Nel ringraziare tutti per la cortese attenzione prestata verso un tema non facile come quello che ho tentato, seppur brevemente, di tratteggiare, concludo rilevando che la “non chiusura” del legislatore verso le prove c.d. “atipiche” – di cui abbiamo detto poc’anzi – consente di utilizzare nel processo civile pressoché tutti gli strumenti concepibili dall’uomo, al fine di soddisfare quell’ansia e quel bisogno di verità materiale di cui vi hanno riferito prima. FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 321 321 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO E in quest’ottica, allora, perché non fondare il convincimento in fatto sulla lettura di uno scritto di un prestigioso terzo (che so, di Indro Montanelli)? D’altronde, chiari sintomi di apertura verso il “nuovo” sono costituiti dall’art. 816 ter, II comma, c.p.c., entrato in vigore con il D.l.vo 2 febbraio 2006 n. 40, in materia di procedimento arbitrale, ove è data la possibilità agli arbitri di “assumere direttamente presso di sé la testimonianza, ovvero deliberare di assumere la deposizione del testimone, ove questi vi consenta, nella sua abitazione o nel suo ufficio. Possono altresì deliberare di assumere la deposizione richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte a quesiti nel termine che essi stessi stabiliscono”. O, ancora, il nuovo disegno di legge “Mastella”, approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 marzo 2007, in base al quale, in funzione di pura accelerazione e semplificazione del processo, si prevede che, in alternativa alla prova delegata, si assuma la deposizione per iscritto del testimone, se le parti lo richiedono e la lite riguarda diritti disponibili. Avv. Michele Pecorella 1) L’articolo 2712 c.c. e contestazione della parte 2) La rivoluzionaria c.t.u. preventiva ex art. 696 bis c.p.c. Ringrazio anzitutto gli organizzatori, ed in particolare Carlo SILVETTI, della fiducia, spero ben riposta. Nel tema oggetto dell’incontro, “prove nuove e prove vecchie”, gli argomenti affidatimi presentano indubbiamente motivi riflessione, essendo caratterizzati entrambi, se pur sotto profili diversi, dall’attributo della “innovatività”: difatti, ed in particolare, mentre l’art. 2712 c.c. relativo alle “riproduzioni meccaniche” da acquisire in giudizio rappresenta una norma, per così dire, “vecchia”, ma incontestabilmente sottoposta alla “novità” dei repentini ed incessanti mutamenti tecnologici, l’art. 696 bis c.p.c. rappresenta non solo una norma formalmente “nuova” (invero introdotta dal c.d. “decreto sulla competitività” convertito nella l. n. 80/2005), ma importa nel nostro ordinamento un concetto indubbiamente “innovativo” di perizia, se pur –come spesso avviene e come vedremo- recepito dall’orientamento, per l’appunto più “innovativo”, della giurisprudenza. 1) L’articolo 2712 c.c. e contestazione della parte 1.a) Il contenuto testuale della norma E’ utile rammentare la testuale portata della norma (titolata “Le riproduzioni meccaniche”), che sembrerebbe (solo in apparenza) non comportare problemi interpretativi di rilevante entità: “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”. 1.b) La “ratio” della norma La disposizione in esame, sin dalla sua origine, come esplicitamente anticipato anche nella Relazione al Codice Civile (che riporto nella mia relazione scritta a Vostra disposizione), se pur con l’eccezione della locuzione “riproduzioni informatiche” recentemente e formalmente inserita dall’art. 23, co. I, D. L.vo n. 82/2005, a decorrere dal 1.1.2006 (pur se la giurisprudenza già riteneva integrata in tal senso la norma), con il significativo richiamo 322 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 322 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO ad “ogni altra rappresentazione meccanica” ha codicizzato una “illuminata” apertura verso il progresso tecnologico, la quale consente, in tal modo, di ricondurvi agevolmente tutte le possibili riproduzioni magnetofoniche, videocinematografiche, digitali, informatiche (si è detto, introdotte anche formalmente con decorrenza 1.1.2006) o telematiche, di cui si conoscano attualmente le tecniche più sofisticate e collaudate (non senza un’ulteriore potenziale apertura verso futuribili modalità di rappresentazione di fatti o di cose, sempre più progredite, raffinate e complesse). Siamo in ambito di prove documentali (inserite infatti nel capo II, Titolo II, del libro IV del c.c., titolato testualmente “della prova documentale”), dunque precostituite al processo, ma di natura c.d. “rappresentativa” (VERDE), o meglio in tal caso “riproduttiva”, e dunque differenti dalle prove documentali per antonomasia, ossia dalle scritture private, di natura c.d. “dichiarativa”. 1.b.1) In particolare, sulle differenze tra prova documentale “rappresentativa” e “dichiarativa” Come esemplarmente chiarito da VERDE, “non sempre il documento rappresenta una dichiarazione: può riprodurre immagini (fotografie), anche in movimento (riprese cinematografiche) o suoni (o altri dati sensibili). Anche in questo caso, il dato probante non è il documento ma il fatto rappresentato, il quale, proprio ai sensi dell’art. 2712 c.c. in esame, sarà utilizzabile ai fini della prova se la parte contro cui è stato prodotto non lo disconosce”. Non può che conseguirne, allora, che il problema probatorio della scrittura è diverso da quello che pongono le riproduzioni: nel primo caso, senza la sottoscrizione, la scrittura non è formata, nel secondo caso la riproduzione, in caso di contestazione, continua ad esistere come tale, anche se ne è messa in dubbio la sua capacità rappresentativa. Ne consegue che l’utilizzabilità del dato probante, in questo caso, ha bisogno di conferme aliunde e che a tal fine sono utilizzabili tutte le prove che l’ordinamento pone a disposizione del giudice per accertare un fatto (nel nostro caso, l’autenticità della riproduzione e la sua capacità rappresentativa). 1.b.2) Differenze con le riproduzioni e gli esperimenti endoprocessuali ex art. 261 c.p.c. Le riproduzioni previste dall’art. 2712 c.c. sono anche logicamente distinte dalle “riproduzioni, copie ed esperimenti” di cui all’art. 261 c.p.c., non precostituite al processo come le prime, ed anzi “costituende” per antonomasia, venendo in essere per ordine del Giudice. 1.c) In particolare, sull’onere di contestazione: termini, modalità ed effetti L’efficacia probatoria (piena) delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. è subordinata, in ragione della loro formazione al di fuori del processo e senza le garanzie dello stesso, all’esclusiva volontà della parte contro la quale esse sono prodotte in giudizio, concretatesi nella non contestazione che i fatti, che tali riproduzioni tendono a provare, siano realmente accaduti con le modalità risultanti dalle stesse. Il relativo “disconoscimento”, pur non essendo, anche per unanime giurisprudenza, soggetto ai limiti ed alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere “chiaro, circostanziato ed esplicito”, dovendosi concretizzare nell’”allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta” (v. Cass. 4.2.2000, n. 1247): non è dunque sufficiente la mera affermazione di non riconducibilità della riproduzione alla realtà, come in caso di disconoscimento ex art. 214 c.p.c., ma v’é un onere di allegazione, in sintonia con quanto previsto in via generale dall’art. 2697, II comma, cod. civ.; anche se l’onere della prova primario grava sulla parte che si vuole avvalere della riproduzione. Riteniamo che la differenza con il disconoscimento delle scritture private non possa che derivare dalla diversa e rammentata natura della potenziale prova documentale che si FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 323 323 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO vorrebbe far acquisire al thema probandum (rappresentativa – riproduttiva da un lato e dichiarativa dall’altro), nel senso che una mera riproduzione della realtà, se pur disconosciuta dalla controparte, non può esser acriticamente tralasciata dal Giudicante ai fini dell’accertamento della verità. Quanto alla tempistica del disconoscimento, pur ribadendo che, almeno formalmente, non si applica la rigida tempistica prevista per il disconoscimento della scrittura privata (non essendovi in proposito alcuna normativa di raccordo), la giurisprudenza ha comunque ritenuto che l’attività disconoscitiva deve avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla rituale acquisizione delle riproduzioni stesse, giacché un disconoscimento tardivo verrebbe ad alterare l’iter cadenzato ed ordinato delle fasi processuali, tanto più nell’attuale e novellato rito civile (art. 183 c.p.c.). 1.d) La residuale efficacia probatoria delle riproduzioni disconosciute Nonostante la norma non abbia previsto alcuna efficacia probatoria residuale alle riproduzioni disconosciute, la giurisprudenza ne ammette pacificamente la rilevanza, ancora –e logicamente- in considerazione della natura rappresentativa-riproduttiva di tale potenziale prova documentale: Cass., sez. lav., 11-05-2005, n. 9884: “In ordine all’assunta contestazione dei dati del sistema informatico, è da osservare preliminarmente che, per l’art. 2712 c.c., la contestazione esclude il pieno valore probatorio della riproduzione meccanica, ove abbia per oggetto il rapporto di corrispondenza fra la realtà storica e la riproduzione meccanica («la conformità» dei dati ai fatti ed alle cose rappresentate); ove la contestazione (con questo specifico contenuto) vi sia stata, la riproduzione, pur perdendo il suo pieno valore probatorio, conserva tuttavia il minor valore di un semplice elemento di prova, che può essere integrato da ulteriori elementi; l’accertamento della sussistenza e del contenuto della contestazione, avendo per oggetto fatti materiali, è funzione del giudice di merito e, ove sia esente da vizi logici, in sede di legittimità è insindacabile”. Sul significato di “elemento di prova” mi sembra opportuno, anzi doveroso, rimetterne l’analisi e le conseguenti valutazioni al contributo del Consigliere Paolo Fiore in tema di “valutazione della prova”. Al più, in questa sede ci possiamo limitare ad osservare che nell’intenzione del legislatore non è ormai più presente la tendenza ad irrigidire l’ammissione di determinati mezzi di prova: ed invero, ove non ricorrano (per la protezione di interessi processuali od extraprocessuali superiori) specifici divieti probatori, sembrerebbe prevalere comunque la finalità conservativa nei confronti dell’efficacia probatoria del documento (o, se si preferisce, si impone un favor per la sua utilizzabilità processuale), sia pur a livello meramente indiziario, ma –analogamente al sistema di procedura penale ex art. 189 c.p.p.- l’ammissione, la sua idoneità ad accertare i fatti e le modalità della sua acquisizione vengono pur sempre rimesse al libero e sovrano apprezzamento del giudice, ai sensi dell’art. 116, co. I, c.p.c., soprattutto quando non sussistano garanzie precostituite di autenticità e/o di genuinità. Può risultare interessante, al riguardo, un breve cenno ai divieti di utilizzabilità processuale che gli artt. 266 / 271 c.p.p. prevedono nel processo penale per le intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni (le quali sono inquadrate fra i mezzi di ricerca della prova) e che, comunque, non risultano espressamente recepiti dall’ordinamento processuale civilistico. In particolare, secondo un principio ormai consolidato, le registrazioni su nastro magnetico di conversazioni telefoniche ben possono costituire “fonte di prova”, ai sensi dell’art. 2712 c.c. “se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta con il tenore risultante dal nastro” e sia uno degli 324 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 324 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO interlocutori della medesima, alla pari del soggetto che ha realizzato e fa valere nei suoi confronti la registrazione, giacchè all’ammissibilità della prova non sarebbe di ostacolo la norma penale (ex art. 615-bis c.p.), la quale “incrimina le debite interferenze da parte di terzi estranei alla conversazione, ma non ne vieta la riproduzione da parte del destinatario”. 1.e) Ipotesi esemplificative di “riproduzioni meccaniche” Proprio in considerazione della rammentata clausola di “apertura” a nuove ipotesi inserita nella norma un’elencazione di fattispecie applicative non può che essere esemplificativa e non esaustiva; in questa sede, peraltro, per esigenze di tempo, mi limiterò ad affrontare succintamente le riproduzioni informatiche non formatesi, soprattutto sotto il profilo della relativa sottoscrizione, secondo la vigente disciplina normativa (che ci illustrerà successivamente la Collega BARBARIA), rimandando alla relazione scritta l’esame, anche dei relativi precedenti giurisprudenziali, riguardante la c.d. velina (ormai in disuso), le copie fotostatiche (per le quali vale richiamare anche l’art. 2719 c.c., complementare in tal caso all’art. 2712 c.c.), le bollette telefoniche, i dischi cronotachigrafi, le riproduzioni fonografiche. 1.e.1) In particolare, sulle riproduzioni informatiche La giurisprudenza, direi consolidata, ritiene che i documenti informatici privi di firma digitale vanno ricondotti tra le riproduzioni fotografiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose, la cui efficacia probatoria è disciplinata dall’art. 2712 c.c., con la conseguenza che, anche per essi, il disconoscimento della loro conformità ai fatti rappresentati non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata, previsto dall’art. 215, comma 2 c.p.c., perché, mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. 6 settembre 2001 n. 11445, che nella specie ha confermato la decisione di merito, che ai sensi dell’art. 2712, e dell’art. 5 comma 2 D.P.R. 10 novembre 1997 n. 513, aveva ritenuto provato il fatto costituente giusta causa di licenziamento di un esattore di casello autostradale sulla base dei dati risultanti dal sistema informatico del datore di lavoro, pur contestati dal lavoratore). Sul punto è indubbiamente interessante un raccordo con il contributo della Collega BARBARIA, in quanto la giurisprudenza, attraverso la portata estensiva dell’art. 2712 c.c., attribuisce potenziale rilevanza probatoria anche al documento informatico non predisposto e/o sottoscritto ai sensi di legge (ad esempio, e-mail e fax non inviate secondo la normativa vigente ai sensi dell’art. 17, co. II, D. lgs. n. 5/2003) al solito affidandosi al potere valutativo (e discrezionale) del Giudice, comunque censurabile anche ai sensi dell’art. 360, n. 5), c.p.c. (significativo l’esempio di VERDE al riguardo, e proprio in ordine alla sentenza della Suprema Corte n. 11445/2001, la quale, si è visto, ha ratificato l’attendibilità attribuita dal Giudice di merito alle risultanze del sistema informatico adottato dal datore di lavoro, si noti, peraltro, privato e non p.a.: si chiede VERDE, infatti, e se il datore di lavoro non fosse stato una grande azienda autostradale ma un modesto artigiano, che attendibilità avrebbe avuto il proprio sistema informatico, verosimilmente, mi si passi il termine, “casareccio” ? In tal caso, sarebbe risultata determinante ai fini del convincimento del Giudice una circostanza, le dimensioni dell’azienda, estranea alle modalità di riproduzione meccanica; circostanza, questa, quanto meno opinabile, se pur anche in tal caso mi rimetto ed attendo le opportune osservazioni del Consigliere Fiore sulla metodologia di “valutazione delle prova”). FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 325 325 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Concludendo, mi permetto di ribadire che nella casistica (non esaustiva) rammentata il disconoscimento giudiziale non implica automaticamente l’estromissione della potenziale fonte di prova dal giudizio, affidando al Giudice il compito (delicatissimo) di attribuire il livello, più o meno elevato, di residua rilevanza probatoria alla riproduzione comunque prodotta ed acquisita in giudizio, non risultando effettivamente un meccanismo di esclusione, anche formale, dal processo della riproduzione disconosciuta. 2) La rivoluzionaria c.t.u. preventiva ex art. 696 bis c.p.c. 2.a) Il contenuto della norma e cenni “storici” In apertura, ed anche in tal caso, è senz’altro necessario riportare il dato testuale della norma in esame, titolata come è noto “consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite”: “L’espletamento di una consulenza tecnica in via preventiva può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’art. 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti, derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti. Se le parti si sono conciliate si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Il processo verbale è esente dall’imposta di registro. Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito. Si applicano gli artt. da 191 a 197, in quanto compatibili”. Anche in tal caso per un cenno, per così dire “storiografico”, al concetto di consulenza tecnica in generale, mi riporto alla relazione a Vostra disposizione. L’innovativo art. 696 bis c.p.c. ha delegato al perito non solo la “determinazione” dei crediti, ma anche (e persino, almeno nell’ottica previgente) il loro “accertamento”. 2.b) Natura formalmente (e solo “apparentemente”) cautelare e sommaria del procedimento ex art. 696 bis c.p.c. E’ significativa la collocazione dell’innovativa norma in esame, introdotta, come anticipato in apertura, dal c.d. “decreto sulla competitività” (convertito nella l. n. 80/2005), nella Sezione IV, dedicata ai procedimenti di istruzione preventiva, nel Capo dunque (il III, del libro IV) riguardante i procedimenti cautelari. Ne consegue da una tale collocazione anzitutto la distinzione con la c.t.u. prevista dal Codice di rito agli artt. 191 e ss. nella Sezione riguardante l’”istruzione probatoria” del processo di cognizione disciplinato dal libro II e, per definizione, antitetico ai procedimenti cautelari. Sempre la collocazione e la numerazione stessa della norma (art. 696 bis c.p.c.) sembrerebbe in apparenza condizionare essenzialmente la portata della disposizione dalla precedente, l’art. 696 c.p.c. (riguardante l’”accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale”), sebbene il primo comma dell’art. 696 bis c.p.c. chiarisce immediatamente e testualmente che l’espletamento di una tale consulenza tecnica “può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’art. 696 c.p.c.”. La conseguenza principale e diretta di una tale esplicita deroga non può che essere la mancanza della ricorrenza del c.d. “periculum in mora” (o meglio delle ragioni “d’urgenza” ai sensi dell’art. 696, co. I, c.p.c., se non proprio del pregiudizio imminente ed irreparabile ex 326 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 326 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO art. 700 c.p.c.), al fine di potersi avvalere di tale innovativo strumento processuale e, pertanto, l’ovvia esclusione, quanto meno sostanziale se non proprio formale, di tale peculiare procedimento da quelli cautelari. Ancora, in caso di mancata conciliazione e su istanza di parte, la relazione é utilizzabile nel successivo giudizio di merito, non esaurendo dunque tale accertamento la propria funzione in ambito sommario e preventivo rispetto al giudizio a cognizione piena. 2.c) Finalità della norma Il legislatore ha opportunamente codificato l’esigenza della parte non tanto di precostituirsi una prova prima del processo, quanto piuttosto di veder tutelato in maniera rapida ed effettiva il diritto sostanziale leso. In altri termini, viene consentito l’accertamento del “quantum” (sia contrattuale che extracontrattuale), prescindendosi dall’”an”. VACCARELLA, che ha dato il nome alla Commissione che ha proposto anche l’introduzione di un tale strumento processuale, ha ritenuto che il fine di una tale innovazione fosse una “conciliazione giudiziale favorita”: infatti, se il compito svolto dal c.t.u. “preventivo”, vale a dire “tentare ove possibile, la conciliazione della lite”, ha esito positivo, il Giudice conferisce ufficiosità all’accordo raggiunto, consacrandolo nel relativo verbale di conciliazione. Il “favor” con il quale il legislatore guarda questo momento conciliativo è chiaramente testimoniato dal fatto che al verbale di conciliazione è attribuita la natura di titolo esecutivo, idoneo, perciò, ad iniziare persino l’esecuzione in forma specifica di cui all’art. 2932 c.c. o la possibile iscrizione di ipoteca giudiziale, il tutto con il beneficio dell’esenzione dall’imposta di registro. Nella relazione troverete anche lo stralcio della Presentazione dei lavori della suddetta Commissione per la riforma del processo civile, riguardante, al punto 52, il tema in esame. La formulazione dell’art. 696-bis c.p.c. lascia trasparire l’intenzione del legislatore di attribuire all’istituto una duplice funzione, destinata a realizzarsi alternativamente: da un lato, e principalmente, la funzione di base di una possibile conciliazione; dall’altro, in caso di mancata conciliazione, e dunque in via subordinata, la funzione di supporto istruttorio del successivo giudizio di merito. La prima delle due funzioni trova la sua ragion d’essere nel fatto che il contrasto tra le parti, sovente destinato a sfociare nella lite giudiziaria, trae fondamento, nella maggioranza dei casi, dall’ignoranza dei dati di fatto necessari alla composizione della contesa. L’istituto in questione si ispira ad una disposizione contemplata dall’ordinamento processuale tedesco, quella appunto della c.d. “consulenza conciliativa”, la quale mira ad evitare l’instaurazione del giudizio di cognizione ordinaria attraverso lo svolgimento di un ben più rapido procedimento, con ovvio intento deflattivo del contenzioso civile. Sebbene la conciliazione della lite costituisca lo scopo primario della norma, va rilevato che l’art. 696-bis c.p.c., intende altresì favorire l’espletamento di un atto istruttorio utile al successivo giudizio in caso di mancata conciliazione, in modo da evitare che la consulenza effettuata ante causam si risolva in uno spreco di energie. La norma distingue tre attività: l’accertamento (elemento innovativo), la determinazione quantificativa (già propria della “vecchia” peizia) ed il tentativo conciliativo (innovazione anch’essa, ma non assoluta, essendo già stata prevista una finalità conciliativa, francamente ignoro quanto in uso nella prassi, affidata alla c.t.u. contabile, ai sensi degli artt. 198 e 199 c.p.c.). Se il predetto tentativo ha esito positivo, si è visto che al verbale di conciliazione viene dal Giudice attribuita efficacia esecutiva “privilegiata”, non nel senso di maggior ampiezza FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 327 327 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO degli altri titoli esecutivi previsti ex lege, ma in virtù della significativa, e già rammentata, esenzione dall’imposta di registro prevista dall’art. 696-bis, co. IV, c.p.c.. 2.d) Aspetti procedurali In via generale, non sembrerebbero configurabili particolari problemi sotto tale profilo: difatti, in analogia con quanto previsto per l’art. 696 c.p.c. (anche ante novellam), l’istanza di c.t.u. preventiva va formalizzata con ricorso, in calce al quale il Giudice provvede con decreto alla fissazione dell’udienza per il giuramento del c.t.u. (nominato con lo stesso ricorso) e la formulazione dei quesiti; ai fini della fondamentale instaurazione del contraddittorio, anche in questa fase (e tanto più in considerazione della funzione conciliativa sottesa a questo mezzo processuale), il ricorso, completo del decreto del Giudice, andrà notificato alla “controparte”. In astratto potrebbe apparire problematica l’eventuale proponibilità in corso di causa del ricorso ex art. 696 bis c.p.c.. Difatti, almeno formalmente è prevista l’esperibilità solo in via preventiva (la portata testuale della norma e la sua collocazione non lascerebbero apparentemente dubbi al riguardo); indubbiamente, anche in considerazione delle notorie e spesso inaccettabili tempistiche del processo ordinario (anche in seguito alla recente novella, soprattutto nel caso del differimento d’ufficio della prima udienza), la presentazione di un’istanza di consulenza preventiva in corso di causa (ad esempio, successivamente all’iscrizione a ruolo della causa), se pur forse in contrasto con la ratio della norma (almeno di quella preminente, finalizzata all’evitare il contenzioso e non ad abbreviarne la durata), indubbiamente fornirebbe un contatto molto più veloce con il Giudice e la controparte, se pur solo ai fini conciliativi. In ogni caso, concludendo sul punto, e mutuando una esemplificativa e chiara espressione della dottrina, mentre l’a.t.p. ex art. 696 c.p.c. è strumento che mira a costituire una prova “prima del processo” ed “in vista dell’inevitabile processo”, l’istituto disciplinato dall’art. 696-bis c.p.c. pare configurare una prova “in luogo del processo”. 2.e) Casistica Come già segnalato, la recente emanazione della norma non ha consentito di rinvenire precedenti giurisprudenziali con le fonti ordinarie; tuttavia, l’ambito di applicazione della disposizione sembra potersi inquadrare tra quelle controversie in cui appaiono necessari accertamenti medico legali (cause di responsabilità professionale, casi di c.d. “mobbing”, infortunistica stradale e comunque da fatto illecito) ovvero, ed ovviamente, accertamenti peritali in genere (infiltrazioni ed altri tipi di danni tra proprietà limitrofe, accertamento di confini, ecc.), ma anche fattispecie in cui è in contestazione la quantificazione di un credito derivante da un titolo contrattuale, dunque non solo aquiliano (applicazione indebita di interessi bancari, danno emergente e lucro cessante da inadempimento di un contratto preliminare o definitivo, ovvero anche ex art. 1337 c.c.). Francesco Silvestri LE PROVE COME STRUMENTO DI RICERCA 1) Il tema della prova da sempre appassiona i logici, i matematici, i filosofi, gli scienziati e i giuristi di ogni branca (civilisti, penalisti, amministrativisti, tributaristi, avvocati rotali, operatori del diritto di ogni paese, epoca e tendenza). Prima di parlare della prova giuridica, é opportuno riflettere un momento sul concetto di prova in assoluto che – come vedremo – ha non poche conseguenze sul come il legislatore di ogni epoca “organizza” quel particolare momento del processo costituito dall’assunzione 328 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 328 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO della prova. 1.1) Partiamo dai processi del pensiero e dalla inferenza micidiale della prova: ciò agevolerà, io credo, la comprensione del meccanismo dello strumento di comparazione costituito dalla prova (Carnelutti). “Occorre per la scelta un termine di confronto: qualche cosa che sia fuori dalle affermazioni delle parti. Conviene che il giudice faccia con le due diverse affermazioni delle parti quel che fa l’orafo col metallo per sapere se é prezioso: adoperi la pietra di paragone. Questa pietra di paragone é la prova. La parola stessa, per la significazione propria che ha nel nostro linguaggio, mostra questa funzione comparativa della prova. Il significato elementare del vocabolo attiene al controllo di una affermazione o del risultato di una operazione (si pensi alla prova della operazione aritmetica): prova é tutto ciò che serve al giudice per il controllo delle domande o delle affermazioni delle parti”. 1.2) Si diceva dei processi del pensiero; il pensiero é illimitato: possiamo pensare tutto e su tutto: quel che si trova fuori o al di là del pensiero é rigorosamente impensabile. Esso può produrre modelli di spazio-tempo limitati o infiniti, in espansione o in contrazione. Ci permette di articolare il ricordo e l’avvenire, anche se di rado riflettiamo sulla fragilità logica del tempo futuro. Possiamo, per breve tempo, trattenere il respiro: non v’é prova che possiamo trattenere il pensiero; così come é impossibile avere la prova – al di fuori di noi stessi – dei nostri pensieri. Niente e nessuno può penetrare i miei pensieri in modo verificabile. Dire che un altro <<legge>> nel mio pensiero é solo una figura retorica. Posso nascondere completamente i miei pensieri. Nessun essere umano può pensare i miei pensieri per me. Ma, le interposizioni tra pensiero ed atto sono molteplici come la vita. Nessun pittore, per quanto capace, può trasferire appieno sulla tela la sua visione interna o quel che crede di vedere di fronte a sé. Perfino nella sua forma più rigorosa, la musica incorpora solo parzialmente il complesso di sentimenti, idee, relazioni astratte del suo compositore. <<Non ho le parole per dirlo>> dice l’amante, l’uomo colpito dal dolore; ma anche il poeta e il filosofo. L’opera d’arte, per quanto sovrana, il progetto politico o militare, l’edificazione materiale, il codice giuridico scendono a compromessi con l’ideale, con la finzione necessaria dell’assoluto. Le correlazioni fallite tra il pensiero e la sua realizzazione, tra ciò che abbiamo concepito e le realtà dell’esperienza, sono tali che non potremmo vivere senza speranza. 1.3) Ora, queste correlazioni noi le stabiliamo con un procedimento di verificazione interno: con le PROVE, appunto (si pensi alle prove d’amore); documentali, testimoniali, logiche, sociali, ambientali (chi sono, dove sono e perché) che ci dimostrano quel che siamo e la lontananza da quel che abbiamo pensato. La c.d. prova giuridica é enormemente influenzata dalla prova logica e matematica, scientifica e dalla prova storica. 1.3.1) La prova matematica SI INTENDE PER PROVA MATEMATICA IL RISULTATO DI UN PERCORSO RIGOROSAMENTE LOGICO SOSTENUTO PER DIMOSTRARE LA CONSISTENZA DELLA TESI ASSUNTA NEI CONFRONTI DELL’IPOTESI DATA ESEMPIO FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 329 329 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO IPOTESI: A, B, C SONO NUMERI; A E’ UGUALE a B, E B E’ UGUALE a C TESI: DIMOSTRARE CHE A E’ UGUALE a C PROVA SE A E’ UGUALE a B ALLORA A–B E’ UGUALE a ZERO. SE B E’ UGUALE a C ANCHE B–C E’ UGUALE a ZERO, QUINDI A–B E’ UGUALE a B–C e SI SCRIVE A– B = B–C. MA B–C SI PUO’ ANCHE SCRIVERE C–B VISTO CHE SONO UGUALI E CHE LA LORO DIFFERENZA DA’ SEMPRE ZERO. A QUESTO PUNTO ANCHE A– B=C–B, PER CUI ELIDENDO DALL’EQUAZIONE – B SI HA IL RISULTATO: A=C. 1.4) Kurt Gödel nel 1931 (aveva solo 25 anni) ha rivoluzionato lo studio della matematica con saggi che, non a caso, si chiamano <<LA PROVA DI GÖDEL” che portano a questi sconvolgenti risultati: a) incompletezza delle teorie formali e b) impossibilità di dimostrare all’interno delle stesse la loro coerenza. Ciò significa che in ogni teoria formale di un certo tipo specificato, esisterà una proposizione non dimostrabile né refutabile (viene da pensare subito al ricorso per cassazione ex art. 360 n. 5 c.p.c.). E’ un micidiale attacco al principio di non contraddizione di Aristotele. 1.4.1) Gödel (ma v. anche Kant nella “Critica della ragione pura” e nei “Prolegomeni ad ogni metafisica futura”) DIMOSTRA COME SIA POSSIBILE COSTRUIRE/DEDURRE UNA PROPOSIZIONE, A PARTIRE DA UN INSIEME DI ASSIOMI DI UNA TEORIA (ARITMETIZZABILE, O SUFFICIENTEMENTE COMPLESSA, AD ESEMPIO LA TEORIA DEI NUMERI INTERI DI PEANO), CHE NON E’ POSSIBILE DICHIARARE NE’ VERA NE’ FALSA VERSO GLI ASSIOMI STESSI. Con un linguaggio più preciso possiamo dire che se la teoria è non contraddittoria, allora non può riconoscere la verità o la falsità di tutte le proposizioni che possono essere costruite all’interno della teoria stessa (prima parte del teorema di Godel). Il teorema dimostra l’incompletezza sintattica dei sistemi assiomatici coerenti (simili a quelli esemplificati nei Principia Mathematica di Bertrand Russell), cioè l’impossibilità di dimostrare alcune proposizioni (che possono essere vere) e le loro contraddittorie dall’interno del sistema. Dimostra inoltre che la coerenza (la non-contraddittorietà) del sistema non è dimostrabile, o formalizzabile applicando il linguaggio del sistema stesso (quello dell’aritmetica e della logica elementare). Si può dire, quindi, che la verità matematica di una proposizione non può essere ridotta alla verità logica, nel senso che non può essere dimostrata all’interno di un certo sistema formale. Se tuttavia si va oltre la struttura formale della teoria si può dimostrare che alcune di queste proposizioni sono vere. Per superare questa situazione dobbiamo allargare la nostra teoria assumendo che la proposizione che non si è potuto dichiarare né vera né falsa, ovvero “indecidibile”, sia un ulteriore postulato della teoria. In questo modo la teoria originaria avrà dato origine a due nuove teorie, fra loro incompatibili, che possono essere sviluppate autonomamente e portare alla costruzione di altre proposizioni. A un certo punto inevitabilmente ci imbatteremo nuovamente, sia nella prima che nella seconda teoria, in una proposizione indecidibile e con la stessa tecnica vista prima arriveremo alla nascita di quattro teorie incompatibili e così via all’infinito. I risultati della matematica non sono quindi più validi in assoluto, ma solamente all’interno di una certa teoria, perché esiste sempre un altra teoria che afferma cose completamente diverse, come nel caso della geometria euclidea e di quella non-euclidea. 330 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 330 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO Godel ha, inoltre, dimostrato anche che la proprietà di una teoria di essere coerente è proprio una di quelle proposizioni “in decidibili” di cui abbiamo parlato (seconda parte del teorema di Godel). Le conseguenze di tutto questo sembrano devastanti, non solo per ogni teoria logica, che non si può mai pretendere di essere vera/coerente (vedi ad esempio la pretesa di teorizzare tutta la matematica da parte degli assiomi di Hilbert, oppure la teoria degli insiemi di Zermelo-Frenkel), ma per ogni “verità” scientifica. In realtà, tutto il nostro universo si basa su un cardine fondamentale della fisica attuale delle particelle (quantistica), detto “principio di indeterminazione” (di Heisenberg) che afferma che “non è mai possibile conoscere con esattezza al medesimo istante la posizione e la velocità di una particella (elettrone, fotone, atomo che sia)”, ovvero se ne conosci la posizione non puoi sapere quale sia la sua velocità, oppure se ne conosci la velocità non puoi sapere dove sia! Poiché questo è vero (ammesso che questa parola abbia ancora un senso) per ogni particella fisica, ogni corpo/oggetto dell’universo è soggetto al principio di indeterminazione, e sembrerebbe essere tutto aleatorio, se non intervenisse in nostro soccorso, almeno (e per fortuna!) per gli oggetti macroscopici (vedi ad esempio la luna di Einstein: “..se mi giro a non guardarla, potrebbe non essere là) un effetto che possiamo definire di compensazione, che tende ad annullare, o quasi, le oscillazioni quantistiche dei miliardi delle particelle componenti l’oggetto. Per cui si può affermare che “grossolanamente” l’oggetto non è soggetto ad indeterminazione (la luna è ferma dov’è). Se applichiamo tutto questo a quanto abbiamo sinora detto, possiamo anche affermare che ogni teoria assiomatica/scientifica/logica/concettuale possa essere “grossolanamente” vera, consistente e completa, e di questo (noi fortunati mortali) dobbiamo e possiamo accontentarci: il mondo va così! (Capitolo del dr. Carlo Piacentini). 1.4.2) La classe dei controfattuali – codificati grammaticalmente dalle proposizioni ipotetiche, al congiuntivo – é incommensurabile. Possiamo negare, trasmutare, <<disdire>> persino ciò che é più ovvio, più saldamente stabilito. Da un punto di vista logico, la verità dell’enunciato é indipendente dalla verità delle singole proposizioni che lo compongono (per es. “se Cesare non fosse stato assassinato, oggi Roma dominerebbe ancora il mondo”). Per essere un buon matematico non basta la logica, occorre anche immaginazione, intuizione, visione, ovvero tutte le qualità di un artista. Le dimostrazioni matematiche sono, di solito, l’ultimo passaggio di un complesso processo creativo, che ha molto dell’attività artistica. Talvolta la dimostrazione é necessaria per mantenere unita la struttura, un po’ come l’acciaio negli edifici, ma altre volte, quando sei veramente riuscito a mettere tutto assieme, la dimostrazione diventa soltanto l’ultimo tocco di vernice alle pareti (Michael F. Atiyah). Quante affinità con il nostro mestieraccio! (v. Satta, De Marsico, Biamonti, Fornario, ecc.) 1.5) Prova scientifica Si tratta di una procedura di accertamento della validità di teorie, della utilità di metodologie di indagine, della correttezza di risultati ottenuti, mediante un metodo (scientifico) rigoroso di valutazione avente caratteristiche di riproducibilità nello spazio e nel tempo e che presenti significatività ed utilità per lo scopo che la prova stessa intende perseguire. Perché la prova possa essere definita scientifica il metodo di valutazione deve essere condotto secondo un percorso logico che comprende i seguenti passi: · osservazione dei dati oggettivi disponibili; FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 331 331 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO · selezione, condotta da soggetto di provata esperienza, dei soli dati significativi; · impiego di leggi o teorie scientifiche applicabili al caso in oggetto; · valutazione finale come sintesi ragionata dei precedenti punti. (Capitolo del prof. Lucio Laurenti). 1.5.1) La ricerca della “verità” attraverso la prova scientifica. La ricerca della verità attraverso la ricerca della “prova” ha spinto sempre più l’uomo ad affinare e sviluppare , teorie , tecniche , procedure e metodologie scientifiche sempre più rigorose, nell’intento di dimostrare la validità delle tesi sostenute, con la maggior certezza possibile. La certezza della prova scientifica è misurata dal limite della conoscenza. La conoscenza che si alimenta della scienza è in continua evoluzione e mai come oggi la scienza pone in discussione se stessa e le teorie che sono stati i cardini dello sviluppo del XX secolo. Ovvero il pensiero scientifico e le sue teorie sono una variabile continua che non ha mai valore assoluto, ma lo sono solo in relazione al sistema di riferimento. Ancora oggi non esiste una teoria scientifica univoca in grado di descrivere l’universo, ed ogni teoria è caratterizzata da un grado di approssimazione. Pertanto, la logica che governa gli studi scientifici è ispirata da quella che Popper definiva “la precarietà delle teorie scientifiche”, qualificata dalla rapidissima evoluzione che nel tempo, ogni branca scientifica ed ogni metodologia subiscono costantemente, in contrapposizione con le regole del rito processuale, caratterizzato da una tendenziale stabilità. In questi anni di grande sviluppo tecnologico stiamo vivendo la più grande rivoluzione scientifica di tutti i tempi. La rivoluzione di cui stiamo parlando, iniziata negli anni trenta e ormai consolidata da continue verifiche, é conosciuta come la “Teoria della Meccanica Quantistica”. Le sue implicazioni nella tecnologia e nel nostro quotidiano sono talmente sconvolgenti da risultare quasi incredibili perfino per gli stessi scienziati che la concepirono. I fondamenti della meccanica quantistica possono essere (anche se in modo semplicistico) così riassunti: “ non esiste una realtà obbiettiva della materia ma solo una realtà di volta in volta creata dalle asserzioni dell’uomo”. La conclusione che si può trarre da questa teoria è che: “la realtà è tale solo se è presente l’uomo con le sue osservazioni, con i suoi esperimenti”. 1.5.2) A differenza delle precedenti rivoluzioni scientifiche le quali avevano posto l’uomo ai margini dell’universo, la teoria quantistica riporta l’uomo (l’osservatore) al centro della scena. È dal rapporto tra mente e materia che si costruisce la realtà, ovvero molte sono le realtà possibili. Seppure fortemente avversa al suo apparire (lo stesso Einstein per manifestare la sua contrarietà arrivò a dire “Dio non gioca a dadi”), la meccanica quantistica è oggi universalmente accettata ed è in grado di spiegare razionalmente molti misteri dell’universo. Il principio di indeterminazione postulato da Heisenberg che è alla base della meccanica quantistica, ha mutato l’edificio della scienza “tradizionale” basata sulla dualità. Il presupposto alla base della fisica classica , che osservatore e osservato fossero entità distinte, è definitivamente caduto. In sostanza è stato provato che non è possibile interagire con l’universo senza modificarlo. Questa è la straordinaria novità introdotta dalla fisica quantistica , ovvero la dipendenza della realtà obiettiva del mondo atomico di cui è costituito tutto l’universo, rispetto alle scelte effettuate da colui che si trova davanti alla apparecchiatura di misura. Se ad esempio lo sperimentatore decide di rilevare la posizione 332 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 332 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO di una particella, questa “cesserà” di esistere nella dimensione velocità , e posizione, e parleremo solo di probabilità di localizzazione (principio di indeterminazione). 1.5.3) I fisici si sono spinti così profondamente nell’analisi della materia e quindi dell’energia, da rendersi conto della verità di ciò che avevano sempre negato: la interdipendenza totale tra oggetto e soggetto. Esiste pertanto una relazione illimitata tra osservatore e osservato, ovvero la realtà si può modificare nel momento in cui diviene oggetto di indagine. L’osservazione, lo studio, alterano dunque la natura del reale, ovvero l’universo ci appare tale perché lo osserviamo. Se non la osservassimo la natura dell’intera creazione sarebbe altra. La meccanica quantistica pone fine al sogno di un’intera civiltà scientifica che si è sempre basata sul fatto indiscusso che osservatore e osservato fossero realtà indipendenti e che fosse possibile studiare una realtà “esterna” senza alterarla. Le grandi rivoluzioni della scienza sono spesso seguite da sconvolgimenti in campo filosofico e sociale. Certamente si tratta di teorie e ogni teoria è migliorabile o sostituibile. Ora, lentamente ma inesorabilmente, la meccanica quantistica sta entrando nella nostra vita, mettendo in discussione antiche certezze, facendoci considerare che molto spesso le realtà sono più di una e di questo bisogna tenere conto anche nel “metodo scientifico”, soprattutto quando viene assunto come prova. La ricerca scientifica non ha mai fine e non approda mai a verità ultime. Le leggi scientifiche frutto della ricerca descrivono spesso realtà parziali; la massa di un corpo, ad esempio nella meccanica classica è una costante, mentre nella meccanica relativistica è una grandezza che varia con la velocità dell’oggetto. Le due teorie si contraddicono, anche se di poco, e le loro verità non sono mai state dimostrate con totale certezza, anche se la possibilità di avvicinarsi alla verità è molto alta. Ma anche nella meccanica quantistica dobbiamo parlare di probabilità. Una delle conseguenze rivoluzionarie della fisica quantistica è la modificazione del principio causa/effetto. La fisica classica è deterministica: dato A, allora possiamo avere B. Una pallottola sparata contro una finestra manda sempre in frantumi i vetri. Su scala quantistica ciò è solo “probabilmente vero”: la maggior parte dei miliardi di particelle subatomiche che compongono la pallottola si scontrano con le particelle subatomiche del vetro, ma un certo numero va altrove e la traiettoria di ciascuna particella può essere prevista solo facendo appello alle leggi statistiche delle probabilità, e non a quelle di causa/effetto. 1.5.4) Quanto sopra esposto esaspera talvolta alcuni concetti base della teoria classica e di quella quantistica, all’unico scopo di farci riflettere che la “prova scientifica” può avere molti limiti e affinché la probabilità che si avvicini alla realtà diventi ragionevolmente alta, deve essere sempre ricercata nel modo più rigoroso possibile attraverso metodologie e protocolli sempre riproducibili. Il metodo scientifico utilizzato nella ricerca della prova non deve essere mai parziale ma devono sempre essere sviluppati tutti (poiché possono essere più di uno) i possibili protocolli di indagine chimico fisica, e le metodologie tecniche utilizzate devono essere rese pienamente attendibili dal livello del sapere acquisito dalla comunità scientifica, nel tentativo di avere la maggior probabilità possibile di avvicinarsi alla verità. “La verità è figlia del tempo”, aveva detto Menandro l’Ateniese nelle sue sentenze. Ma purtroppo il fattore tempo richiesto dal metodo scientifico per il controllo e la sperimentazione, porta spesso a lavori parziali determinando clamorosi errori che si ripercuotono FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 333 333 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO pesantemente nell’andamento processuale, considerando che la scienza è prova fino a equivalente prova contraria. (I capitoli nn. 1.5.1, 1.5.2, 1.5.3 e 1.5.4, sono del dr. Davide Collini). 1.5.5) PROVA FARMACEUTICA Possiamo definire come prova farmaceutica tutto l’insieme della documentazione sulla sperimentazione farmacologica che si deve presentare alle autorità sanitarie per convincerle a concedere l’autorizzazione alla registrazione, e quindi alla commercializzazione, di un nuovo farmaco. La sperimentazione degli effetti farmacologici di un farmaco si sviluppa attraverso diverse fasi finalizzate alla progressiva acquisizione degli elementi di valutazione concernenti l’efficacia e la tollerabilità del farmaco. Si distinguono per lo meno due fasi principali: sperimentazione preclinica e sperimentazione clinica. SPERIMENTAZIONE PRECLINICA Il primo obiettivo della sperimentazione preclinica è quello di verificare che la molecola identificata possieda effettivamente le proprietà terapeutiche che le sono state attribuite sulla base di studi preliminari puramente teorici. A questo scopo vengono utilizzati i cosiddetti modelli sperimentali della malattia. Si tratta di sistemi biologici in cui vengono ricreate sperimentalmente le stesse caratteristiche della patologia: si possono usare colture di cellule fatte crescere in laboratorio, i cosiddetti modelli in vitro, oppure si può ricorrere agli animali da laboratorio - in questo caso si parla di modelli in vivo. Il secondo obiettivo della preclinica è quello di verificare la potenzialità del nuovo farmaco di indurre effetti tossici negli animali come per esempio provocare mutazioni genetiche, nuocere alla capacità riproduttiva dell’animale, oppure provocare danni ai vari organi esaminati. Queste prove effettuate su animali sono regolate da specifiche norme e linee guida che servono a tutelare sia gli animali utilizzati, sia la riproducibilità ed attendibilità delle prove stesse. In pratica, la sperimentazione preclinica è il banco di prova del farmaco, superato il quale esso potrà procedere alla sperimentazione sull’uomo. SPERIMENTAZIONE CLINICA L’obiettivo degli studi clinici è quello di verificare se e in che misura un nuovo farmaco sia efficace. Il più delle volte gli studi clinici confrontano un nuovo approccio terapeutico con lo standard di cura già in uso. Perché la risposta sia soddisfacente dal punto di vista scientifico, si procede a un confronto diretto, condotto in base a regole precise, su un gruppo omogeneo di pazienti, che vengono sottoposti in maniera del tutto casuale ad una o all’altra terapia. Giacché anche la suggestione di coloro che partecipano allo studio (pazienti e medici) rischia di avere un effetto sull’efficacia della cura e sull’interpretazione dei risultati, nella sperimentazione clinica si ricorre, ogni volta che è possibile, agli studi detti “in cieco”. Ne esistono di diversi tipi: è “cieco” lo studio in cui i pazienti non sanno se stanno assumendo la sostanza in studio o quella di confronto; è in “doppio cieco” lo studio nel quale non solo i pazienti ma anche i medici che somministrano il farmaco non sanno a quali pazienti è stata somministrata la molecola in sperimentazione. A tutela dei diritti dei malati che prendono parte alla sperimentazione, la legge impone che ogni studio clinico sia prima approvato da un Comitato Etico, composto da persone di diversa professionalità (medici, ricercatori, giuristi, filosofi, religiosi, ecc.). Il loro compito consiste nel verificare in via preliminare che le ricerche siano realizzate nel modo migliore e nell’interesse del malato. Nessuna sperimentazione può essere avviata senza il parere 334 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 334 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO favorevole del Comitato Etico. E’ comunque opportuno ricordare che l’uso di un nuovo farmaco nell’uomo è preceduto da anni di studi in laboratori di farmacologia e tossicologia. Gli studi clinici vengono generalmente classificati in tre fasi successive: Studi di fase I Sono i primi studi condotti sull’uomo, su un piccolo numero di volontari sani (in genere poche decine). Lo scopo è quello di fornire una valutazione preliminare sulla sicurezza della sostanza e di confermare nell’uomo i dati ottenuti nella fase di ricerca preclinica, ovvero in laboratorio e sull’animale. Studi di fase II Sono chiamati anche “studi terapeutici pilota”. Il loro scopo è di dimostrare l’attività e di valutare ulteriormente la sicurezza di un farmaco in pazienti affetti da una malattia o da una condizione clinica per la quale il farmaco è proposto. Gli studi vengono condotti su un numero limitato di pazienti (100-200) e spesso, in un momento successivo, anche in modo comparativo con un placebo (sostanza inattiva) o con un altro farmaco. In questa fase si decide anche la dose più efficace e meglio tollerata. Studi di fase III Sono condotti su gruppi di pazienti più numerosi al fine di determinare il rapporto sicurezza/efficacia anche per cure prolungate nel tempo. Si indagano quindi le caratteristiche delle più frequenti reazioni avverse e degli effetti collaterali. In questa fase sono coinvolti in genere migliaia di pazienti in diversi Paesi. Sulla base delle “prove farmaceutiche” fornite dagli studi condotti nella preclinica e nelle prime tre fasi della clinica, le autorità sanitarie internazionali e nazionali verificano sicurezza ed efficacia del nuovo farmaco e ne autorizzano l’immissione in commercio (registrazione). L’intero processo dall’inizio della sperimentazione alla registrazione dura generalmente circa 10-12 anni. (Il capitolo é opera del dr. Fabrizio Samaritani). 1.6) Prova storica Nel secolo scorso autorevole dottrina affermava che: “Al pari dello storico il giudice ha di fronte a sé il fatto non come una realtà già esistente, ma come qualcosa da ricostruire. Gli strumenti dell’euristica, le accortezze dell’ermeneutica, l’esperienza del modo in cui di solito vanno le cose naturali ed umane e quindi l’attitudine a intuirne secondo verosimiglianza il corso quando ne siano noti solo alcuni elementi, sono armi comuni dello storico e del giudice, in tale processo parallelo delle loro intelligenze” (Calogero). In realtà, é un confronto fuorviante ove si intenda stabilire che il giudice é un ricercatore di verità al pari dello storico, e ciò per la semplice ragione che la ricerca del giudice avviene nell’ambito di un contesto (v. dopo, cap. n. 2.3) che é diverso da quello che caratterizza la ricerca dello storico. Può, quel raffronto, riuscire di qualche utilità se é utilizzato come una via per individuare se, quali e quante delle tecniche di ricerca dell’uno siano utilizzabili dall’altro. 2) La ricerca della verità Tradizionalmente la funzione della prova é stata ritenuta quella di scoprire la verità, dando origine ad un mito con conseguenze molto profonde. Nel senso della ricerca della verità si pronunciò tutta la dottrina del XIX secolo e anche buona parte di quella contemporanea: <<le prove sono i diversi mezzi attraverso i quali l’intelligenza giunge alla scoperta della verità>> (Bonnier) Senza pretendere di porre FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 335 335 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO questioni metafisiche (la verità che si raggiunge con l’intelligenza), fisiche (la verità che colpisce i sensi), o storiche (la verità che altri ci narrano), possiamo dire che oggi é opinione comune che quell’aspirazione fosse troppo ambiziosa. 2.1) Però, anche attualmente si contrappone uno schema di processo teso alla ricerca della verità materiale e un altro che si accontenta di una verità convenzionale; e si aggiunge che il primo modello é tipico di un’ideologia del processo per la quale lo Stato assume su di sé il compito di rendere giustizia sostanziale, mentre il secondo é uno schema cui fa ricorso lo Stato che, tramite il processo, mira ad assicurare la pace sociale. Rientrano nel primo modello i processi sovietici, tedeschi (Hitler), italiani dell’epoca fascista, e molto alla lontana, ed inteso cum grano salis, il processo del lavoro del 1973. 2.2) Quanto al secondo modello di processo, lo stesso risponde alle concezioni prevalenti nel mondo occidentale: Ciò non vuol dire che non esista l’aspirazione a processi <<giusti>> prospettandosi un ampio ventaglio di soluzioni che danno vita a diversi modelli di processi caratterizzati dalla diversa maniera di disciplinare le modalità di accertamento dei fatti. Proprio dalla matematica (il c.d. teorema di Bayes, sul calcolo matematico al fine del giudizio di probabilità) é venuto l’ammonimento di chi ha ricordato come il processo deve essere comprensibile alla collettività per la quale deve servire. 2.3) La necessità di rinunciare alla ricerca della verità emerge dalla semplice considerazione di alcune circostanze che sono connaturate con il processo civile (ricordate la diversità dell’indagine tra lo storico e il giudice? accennata al precedente cap. n. 1.6). (deduzione) ¯ a) i fatti non affermati almeno da una delle parti non esistono per il giudice, il quale non può andare alla ricerca degli stessi; (principio di non contestazione) ¯ b) i fatti affermati da entrambe le parti o affermati da una e ammessi dall’altra esistono per il giudice, il quale non può disconoscerli nella sentenza; c) rispetto i fatti controversi occorre ricordare che l’attività probatoria non é investigativa, ma semplicemente di verifica; ne consegue che: 2.3.1) in senso stretto, investigazione significa andare alla ricerca o alla scoperta di alcuni fatti sconosciuti ed é evidente che questo non é il presupposto del processo civile; in esso le parti hanno la facoltà esclusiva di affermare alcuni fatti e il giudice si limita a verificare l’esattezza di queste affermazioni, solo nel caso in cui esse siano state negate o contraddette. Soltanto rispetto ai fatti controversi occorre produrre la verifica o riprova. 2.3.2) Gli elementi oggetto di verifica non sono stabiliti discrezionalmente dal giudice, ma sono indicati dalle parti (che hanno il diritto di scegliere il mezzo di prova). In altri ordinamenti giuridici, quelli basati su una concezione autoritaria del giudice, quest’ultimo può decidere senza istanza di parte l’adozione dei mezzi di prova. Il giudice può non ammettere un mezzo di prova proposto dalle parti, ma non può ammettere un mezzo di prova da esse non richiesto (v. però, artt. 421, 117, 118, 210, 257, II c., c.p.c.). 2.3.3) L’attività di verifica si deve realizzare in conformità con il procedimento previsto dalla legge, e non in altra forma. 2.3.4) Nella verifica non si può utilizzare tutto, ossia non si possono sacrificare diritti che si considerano superiori alla stessa verità, come appare chiaro nella illiceità della prova, che 336 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 336 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO non consente di utilizzare alcune conoscenze al fine di considerare provati determinati fatti. 2.3.5) Regole legali di valutazione della prova 3) Convincere il giudice Cosa ben distinta é il convincimento psicologico del giudice (e qui l’avvocato deve essere magnetico, far trasparire quanto crede nelle ragioni del suo assistito), per il quale la prova é l’insieme di operazioni che servono a formare il suo convincimento su elementi processuali determinati. Abbandonata la pretesa di ottenere la verità, ossia la realtà oggettiva dei fatti, emerge la funzione di raggiungere un’altra realtà, anche se soggettiva: il convincimento del giudice. 3.1) Vi sono molti sistemi legali di raccolta delle prove. Analizzando decenni della nostra scienza processual civilistica possiamo rilevare – senza tema di smentita - IL FALLIMENTO DEL PRINCIPIO DI IMMEDIATEZZA E L’ALLONTANAMENTO DEL GIUDICE CIVILE DALLA C.D. PROVA-ORALE RAPPRESENTATIVA (Chiovenda, L’oralità e la prova, “Riv. dir. proc.”, 1924). Affermare che il giudice del fatto é in grado di apprezzare convenientemente l’attendibilità delle prove orali soltanto quando le assume di persona <<dal vivo>>, perché così può valorizzare elementi <<metatestuali>> come il tono della voce, l’espressione, la mimica dei dichiaranti, etc., é sicuramente un luogo comune della letteratura processualistica di ogni tempo, dal famoso rescritto dell’imperatore Adriano al passo di Mario Pagano. (<<nella viva voce parla eziandio il volto, gli occhi, il colore, il movimento, il tuono della voce, il modo di dire, e tant’altre picciole circostanze, le quali modificano e sviluppano il senso delle generali parole [...]). Guardate come le idee influenzano il legislatore; un riflesso del mito di Chiovenda, “il nostro maestro” (come lo definiva Calamandrei per impedire a Carnelutti di impadronirsi del diritto proc. civ. più di quanto fece) vi é nell’art. 207, III c., c.p.c. del codice “Grandi” del 1940. Norma quasi mai applicata. 3.2) Sta in contrario che tutti i più autorevoli studi di psicologia della testimonianza, almeno da quello di Cesare Musatti fino ai nostri giorni, insegnano che per il giudice le probabilità di ricavare seri giudizi di sincerità o di mendacio da queste impressioni immediate sono esattamente uguali a quelle che potrebbero darsi con il lancio di una monetina (Cavallone). Questo perché – come insegna George Steiner – nessuna vicinanza, che sia biologica, emotiva, sessuale, ideologica, o che sia quella di tutta una vita condivisa, di una coesistenza domestica o professionale, può permetterci di decifrare senza alcuna incertezza i pensieri di un altro. Lo stesso risultato si ottiene con il ricorso alle “droghe della verità>> nelle varie oscenità degli interrogatori. Abbracciamo l’essere amato, teniamo ra le braccia il bambino adorato, l’amico più caro ci stringe la mano. Tuttavia, non abbiamo alcuna prova dei pensieri suscitati, registrati internamente in quel momento. Nell’unione erotica, la corrente del pensiero, di ciò che é intensamente immaginato, scorre molto spesso altrove. Internamente, facciamo l’amore con un altro. Dietro il sorriso adorante del bambino, dell’amico intimo, può esserci la verità della noia, dell’indifferenza o perfino della repulsione. L’abilità di mentire, di nascondere e di mettere in atto finzioni é organica alla nostra umanità. Le arti, il comportamento sociale, lo stesso linguaggio sarebbero impossibili senza di essa. 3.3) Ma, allora perché insistere con le prove testimoniali? qui c’é il paradosso. Il nucleo inaccessibile della nostra singolarità, il più intimo, privato, impenetrabile dei nostri possedimenti é anche un luogo comune moltiplicato per miliardi. Benché espressi, detti o FORO ROMANO 2/2007 03_attivita del consiglio_2.pmd 337 337 22/06/2007, 11:18 ATTIVITA' DEL CONSIGLIO non detti, in forme lessicali, grammaticali e semantiche diverse, i nostri pensieri sono, in misura schiacciante, un universale umano, una proprietà comune. Sono stati pensati, sono pensati, saranno pensati milioni e milioni di volte da altri. Inaccessibilità, dunque, e comunanza; finzione e identità di pensiero. Impenetrabilità e reiterazione del nostro linguaggio, della nostra cultura, tempo ed ambiente. La prova, poi, verte non sul pensiero inteso come concepimento, ma sul pensiero tradotto in azione, che si é realizzato “materialmente” (un’opera, una organizzazione, un fatto). E’ comune, appartiene all’universale l’ideazione (pur così particolare) che ramifica in qualcosa di percepibile, di comprensibile, e quindi di riferibile. 3.4) Forse se ne sta rendendo conto perfino il nostro legislatore che – con l’art. 22 D. Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 – ha introdotto l’art. 816 ter c.p.c. per l’istruttoria probatoria nel procedimento arbitrale (o forse no?): “Gli arbitri possono assumere direttamente presso di sé la testimonianza, ovvero deliberare di assumere la deposizione del testimone, ove questi vi consenta, nella sua abitazione o nel suo ufficio: Possono altresì deliberare di assumere la deposizione richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte a quesiti nel termine che essi stessi stabiliscono” (finora tutta la compatta giurisprudenza ha ritenuto le dichiarazioni dei terzi meri argomenti di prova). Per la tesi dell’incostituzionalità di tale norma, v. Rubino – Sammartano, “Il diritto dell’arbitr.”, Padova, 2006, 766). L’umile abbandono della verità porta a definire la prova come l’attività processuale che tende a raggiungere la certezza del giudice rispetto agli elementi addotti dalle parti, certezza che, in alcuni casi, deriverà dal convincimento psicologico dello stesso giudice e, in altri, delle norme legali che fisseranno i fatti. Il giudice non può decidere <<in coscienza>>, giacché la necessità di motivare la sentenza deve portarlo a spiegare in modo ragionato come sia giunto a formare il proprio convincimento partendo dai mezzi di prova assunti. Tutto ciò senza mai dimenticare l’art. 2697 cod. civ. che ha la funzione di impedire sentenze di non liquet, e costituisce una scelta di civiltà giuridica giacché si proibisce al giudice di dare per esistenti fatti di cui non gli sia stata offerta prova piena e convincente. Avv. Carlo Silvetti 338 03_attivita del consiglio_2.pmd FORO ROMANO 2/2007 338 22/06/2007, 11:18 IL NOSTRO MONDO ADUNANZA DEL 1° MARZO 2007 - Il Consigliere Tesoriere Testa, anche in qualità di Coordinatore della Commissione per la responsabilità Civile, comunica di aver fatto inserire sul sito del Consiglio la dichiarazione del Ministro Bersani riportata sul quotidiano “Il Messaggero” del giorno 19 febbraio 2007, a pag. 14, in particolare ove il Ministro della Repubblica afferma: “ ‘un esercito di professionisti si occupa dell’inutile contenzioso sugli incidenti stradali invece noi, ad esempio, gli proponiamo di certificare le pratiche per l’avvio di imprese nell’ambito della semplificazione della burocrazia. Bisogna abituarsi a portare le risorse umane e materiali là dove sono utili’. In tutti questi anni varie offese sono state, anche gratuite, proferite nei confronti dei professionisti forensi. Ora, l’epiteto ‘inutile’ è una nuova verità che propina l’attuale classe governativa. Il Signor Ministro, che vorrebbe eliminare il contenzioso di migliaia di pratiche ove si verte su diritti costituzionalmente garantiti quali la salute, la proprietà, l’integrità patrimoniale dei cittadini, ci propone un nuovo lavoro: certificare l’avvio delle nuove imprese, proprio in un momento che, come è noto, attività artigianali e piccole e medie aziende chiudono per le eccessive vessazioni fiscali! Oltre trent’anni fa, in una capitale di uno Stato asiatico di antichissima civiltà, andò al potere un’elite rivoluzionaria che decretò come inutili i lavori svolti fino a quel momento da intellettuali e impiegati della piccola e media borghesia (professori, impiegati di banca, funzionari statali, professionisti, artigiani) e ordinò agli stessi di andare a vivere e lavorare in aperta campagna, ove furono trasportati con forza, per incrementare la produzione agricola dello Stato. Se la filosofia politica alla base del pensiero del Signor Ministro è la stessa, i professionisti forensi possono dirsi fortunati perchè, invece che campi di lavoro agricolo forzato, l’attuale classe governativa italiana propone loro, d’imperio, un inesplorato, anche se improbabile, ramo di attività lavorativa! Scherzi a parte, l’Ordine forense non si piegherà nè ai soprusi nè alle offese. Tenga conto il Ministro che, piuttosto, inutili sono le ore di fila davanti a Cancellerie deserte e blindate, nonchè gli anni, i lustri, di durata dei processi che una oculata Amministrazione della Giustizia potrebbe ridurre a tempi ragionevoli. I Colleghi romani reagiranno con dignità e fermezza, con ulteriori forme di protesta, dimostrando, anche con il lavoro quotidiano, l’insostituibile ruolo dell’Avvocatura nella vita civile della nostra Nazione.” Il Consigliere Tesoriere Testa chiede al Consiglio di prendere posizione con una nota di protesta. Il Consiglio approva e delega il Consigliere Tesoriere Testa. FORO ROMANO 2/2007 339 IL NOSTRO MONDO L’ABROGAZIONE DEL DIVIETO DI SVOLGERE PUBBLICITA’ INFORMATIVA DA PARTE DEGLI AVVOCATI - Considerazioni generali Il tema che abbiamo alla nostra attenzione va, necessariamente, inquadrato in quello più generale della deontologia professionale e dell’autogoverno della categoria, vale a dire della indipendenza dalla professione forense. Trattasi, quindi, di un valore fondante ed essenziale per il destino e per l’esistenza stessa della professione. Non serve illustrarlo perché è di immediata percezione e condivisione ove si rifletta che, diversamente, il controllo deontologico e il connesso esercizio del potere disciplinare, comunque configurato finirebbe nella disponibilità di terzi, con capacità, in ogni caso, repressiva necessariamente avente anche valore intimidante, ovviamente in via preventiva. Ne faccio un esempio storico e, quindi, tale da non coinvolgere l’attualità: “Gli statuti di Velletri” in tema di attività di avvocato o procuratore testualmente, al cap. XLIII, dettava: “Un avvocato o procuratore non deve patrocinare o procurare che per una parte soltanto, e non per ambedue le parti litiganti nella stessa causa, sotto pena di cento libbre di provvigioni per ogni contravventore. … Qualunque avvocato poi o procuratore che si rendesse colpevole di ciò sarà espulso per un anno dalla città di Velletri e suo territorio dal Podestà o Giudice, sotto la pena suddetta da defalcarsi ad esso Podestà e Giudice in tempo di loro sindacazione”. Il potere disciplinare spettava, quindi al Potestà e al giudice, e la pena era gravissima perché l’espulsione dalla città e dal suo territorio all’epoca rendeva se non impossibile, estremamente difficile la sopravvivenza: gli Statuti furono promulgati nel 1544, ma si richiamano a precedenti della seconda metà del secolo XII. Sono convinto, anzi siamo convinti che nella nostra professione sia essenziale l’esercizio della stessa nella sua libertà, certa e garantita. Consegue che, se questo elemento manca, la professione forense viene colpita al cuore. Voglio fare qui una citazione anche se potrebbe apparire un po’ retorica. Ma la retorica è sempre da esorcizzare anche se è buona e giusta? Credo di no e, quindi, eccomi a Mario Pagano con il suo “Processo criminale”, editato in Napoli nel 1787, che in tema di libertà civile scriveva: “Né solo col fatto, ma con la potenza eziandio di poterlo fare, ancora che non si arrechi violenza alcuna , offendesi la libertà. La sua delicatezza si è pur tale e tanta che ogni ombra l’offusca, ogni più lieve fiato l’aduggia. L’opinione sola di potere impunemente essere oppressi ci dispoglia della libera facoltà di valerci dei nostri diritti. Il timore attacca la libertà nella sua sorgente stessa: è un veleno nel fonte infuso onde scaturisce il fiume; laddove 340 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO l’esterna forza impedisce soltanto l’esercizio della libertà”. Pagano scriveva in relazione al processo penale e ai poteri che allora avevano i magistrati. Ora i tempi non sono più quelli e il nostro tema ha un territorio più limitato, ma per la libertà i principi non mutano e, pur con questa necessaria avvertenza, anche nel nostro caso non debbono essere mai dimenticati. Dopo queste generali considerazioni, ritengo opportuno proseguire la “storia” della nostra categoria, ovviamente con sintesi estrema, per richiamare l’attenzione su come si sia pervenuti all’attuale sistema organizzativo e funzionale degli organi dell’avvocatura (Consigli dell’Ordine e Consiglio Nazionale Forense). La professione dall’epoca romana, con varie mutazioni, cesure e cadute anche ampie, è passata attraverso i secoli dal procuratore di epoca giustinianea e dall’advocatus della legge Cincia (204 a.C.) pervenendo anche ad un culmine di cattiva fama con l’Azzecca-garbugli di manzoniana memoria. A nostro onore rammento, però, il rifiorire delle scienze giuridiche in varie scuole con prestigiosi giureconsulti, quali ad esempio Bartolo di Sassoferrato del secolo XIV, e la fama prestigiosa anche culturale degli avvocati che trovò in Francia le prime forme organizzative di gruppi con il nome di “Ordre” la cui fortuna, per alta e diffusa reputazione, ne consentì l’estensione, appunto, come e con l’appellativo di “Ordine” fino ai nostri giorni. Nello specifico, in Italia dopo l’Unità, con la legge n. 1938 del 1874 furono istituiti i “Collegi degli avvocati e procuratori” i quali avevano il potere di elezione dei Consigli degli Ordini, così sancendo la rilevanza di interesse pubblico dell’attività professionale, con la necessità di garantire e tutelare il prestigio di chi la esercitava e degli organismi di rappresentanza. Ecco un breve e nominalistico cenno al periodo fascista che, con vari provvedimenti, abolì gli Ordini sostituendo ad essi i “Sindacati fascisti degli avvocati e procuratori”. Tralascio il dettaglio dei provvedimenti che si susseguirono (per giungere al detto risultato conclusivo) e mi limito ad enunciarli: essi vanno dal 1926 (L. n. 453, r.d. 747 e r.d. 1683) al 1933 r.d.l. n. 1578 e 1934 l. n. 36. Va detto che, con la legislazione del 1926, si ebbe la istituzione del Consiglio Superiore Forense che, per la prima volta, rappresentò la rilevanza nazionale della professione forense. Ancora oggi sopravvive l’intera regolamentazione del 1933 e 1934 con gli aggiustamenti necessitati dal ritorno alla democrazia e, quindi, la conseguente abolizione dei Sindacati fascisti degli avvocati (d.lgs.lgt. 369 del 1944) nonché la ricostituzione dei Consigli dell’Ordine e la trasformazione del Consiglio Superiore Forense nel Consiglio Nazionale Forense, il tutto su base democratica ed elettiva così come ora li conosciamo. A ciò si provvide con il d.lgs.lgt. 23 nov. 1944 n. 382 che riguardava vari ordini professionali e, al capo IV, nei cinque articoli finali estendeva le norme alle professioni di avvocati e procuratori “fino a quando non FORO ROMANO 2/2007 341 IL NOSTRO MONDO si sarà provveduto alla riforma dell’Ordinamento forense, vale a dire che fino al 2007 ancora nulla si è fatto e, come si dice, “campa cavallo che l’erba cresce”. A nostro disdoro va ascritto un robusto contributo a che il cavallo tirasse a campare, obliterando quello che intorno a noi succedeva negli altri Paesi. Ci siamo arroccati nella difesa dell’esistente e in particolare gli Ordini spesso hanno, si fa per dire, volenterosamente contribuito alla conservazione talora anche in antagonismo con lo slancio e le iniziative di innovazione delle libere associazioni forensi, dalle quali temevano la sottrazione di funzioni: specificamente per la rappresentanza, ignorandone la necessaria distinzione tra quella obbligatoria, connessa a compiti pubblicistici, e quella volontaria relativa alle necessità di libera espressione della civile società. - IL CODICE DEONTOLOGICO FORENSE E IL D.L. 4 LUGLIO 2006 N. 223, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 4 AGOSTO 2006 N. 248. Il 17 aprile 1997, il Consiglio Nazionale Forense ebbe ad approvare il “Codice Deontologico Forense”. L’art. 17 di tale Codice vietava qualsiasi forma di pubblicità della attività professionale, consentendo soltanto “l’indicazione… nei rapporti con i terzi di un proprio particolare ramo di attività o specializzazione”. Prima di questa normativa non vi era alcuna espressa disposizione che vietasse la pubblicità dell’attività professionale. Si era, però, formato un diffuso orientamento decisionale dei Consigli dell’Ordine e del C.N.F., che considerava la detta pubblicità contraria al prestigio della professione e al rapporto fiduciario che dalla stessa deriva. La casistica al riguardo è molto estesa e il Collega Remo Danovi cita alcune significative decisioni del C.N.F. nel suo testo “Codice Deontologico forense” Pirola 1986: il 31 dic. 1954 veniva comunicata la radiazione ad un avvocato che persistentemente offriva prestazioni a mezzo di avvisi economici dei quotidiani; il 13 sett. 1956 – il 12 giugno 1957 – il 31ottobre 1963 – il 26 maggio 1966 furono emesse decisioni che sanzionavano la pubblicità. Il rilasciare interviste (fornendo proprie fotografie o anche senza fotografie) venne ritenuto illecito. Ugualmente dicasi per l’apparizione in trasmissioni televisive consentendo che scorresse la scritta con l’indicazione del proprio nome e indirizzo di studio. Alla base di tale orientamento venivano posti gli artt. 12 e 17 n. 3 del R.D.L. n. 1578del 1933: il primo articolo impone l’obbligo ai professionisti legali di adempiere “al loro ministero con dignità e con decoro, come si conviene all’altezza della funzione che sono chiamati ad esercitare nell’amministrazione della giustizia”; il secondo articolo stabilisce tra i requisiti per l’iscrizione all’Albo “la condotta specchiatissima e illibata”. 342 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO Vari commentatori, in verità, hanno pur sempre ritenuto indispensabile una larga diffusione della conoscenza delle proprie capacità professionali. In tal modo contrastavano l’orientamento rigoroso di cui si è detto, postulato anche con una terminologia enfatica che, come tale, si presta a una non difficile ironia: è facile, infatti, annotare che uno specchio specchiatissimo appare come una ipotesi di esagerata e impossibile perfezione, e l’illibata condotta approda, nel suo significato letterale, alla illibagione della stessa o alla sua virginale supposizione. Sta di fatto che ora abbiamo la legge che ha rimosso seccamente il divieto dell’art. 17 del Codice deontologico forense e di qualunque norma che vieti anche parzialmente la pubblicità informativa. Più esattamente le norme che riguardano l’attiva forense, che qui rilevano, sono desumibili dall’art. 2 del D.L. 233/2006 e dalla L. di conversione n. 248 del 4 agosto 2006. Eccola: Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali 1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali: a) l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti; b) il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall’ordine; c) omissis; 2 bis. All’art. 2233 del Codice Civile, il terzo comma è sostituito dal seguente: “Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi fra gli avvocati e i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali. 3. Le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1 sono adeguate, anche con l’adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali, entro il 1° gennaio 2007. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data le norme in contrasto con quanto previsto dal comma 1 sono in ogni caso nulle. Da siffatte norme si ricava che: I al primo comma, le finalità dichiarate sono quelle di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato. Non ce ne possiamo meravigliare per due ragioni, ciascuna esaustiva. La prima perché, nonostante sia ritenuta in contrasto con la nostra deontologia, FORO ROMANO 2/2007 343 IL NOSTRO MONDO la pubblicità dell’attività professionale era sempre ampiamente praticata pure con modalità talora più che indecorose; e le decisioni disciplinari erano sempre per difetto nella loro rincorsa ai casi anche perché il numero dei Consiglieri dell’Ordine (in costante e preoccupante fibrillazione elettorale) era ed è quanto mai inadeguato rispetto alla crescita del numero degli iscritti (ma di ciò si farà, subito dopo, maggior cenno). La seconda ragione è ironica ma non priva di concludenza per le auspicate finalità mercantili che possono riguardarci. Per altri e più ampi scopi fu ben spiegata e formulata da Hegel così: “Lo Stato, quale potere giudiziario, tiene mercato con determinatezze che si chiamano crimini e gli sono vendibili in cambio di altre determinatezze (le pene) ed il Codice penale è il listino dei prezzi correnti”. E come si sa, oso chiosare, nella nobile arte della mercatura se l’offerta supera la domanda si abbattono i prezzi; nel caso di specie si fanno i condoni o amnistie. II Alla lettera a) sono abrogate l’obbligatorietà delle tariffe fisse o minime e il divieto di pattuire compensi parametrati al conseguimento degli obiettivi. E, quindi, senza più i minimi obbligatori delle tariffe è possibile il patto di quota lite. E’ chiaro che la disposizione eccita le offerte mercantili e crea una dilatazione del potenziale procacciamento-accaparramento di clientela, scopo connaturale o per lo meno, come dire, non spurio della pubblicità. Se poi si pensa che le innovazioni investono un numero quanto mai elevato (stavo per dire straripante) di iscritti agli albi, avremo possibili effetti moltiplicati. Ma di questa enfiagione dei nostri albi portiamo una fondamentale responsabilità se teniamo conto delle trasmigrazioni per gli esami in zone “climaticamente” più agevoli se non addirittura franche e la larghezza del numero dei promossi agli esami da quando abbiamo ottenuto la responsabilità e la direzione delle Commissioni esaminatrici. Vediamo in tal modo realizzate le condizioni hegeliane per un buon mercato: sollecitazione dell’informazione pubblicitaria, sia pure sub specie informativa; aumento dell’offerta delle prestazioni, spinta dal gran numero degli offerenti; libertà di pattuire i compensi anche con la quota lite. Penso che non mancheranno nemmeno i possibili condoni sotto specie di una forte accelerazione al ribasso. Non resta che operare perché la nostra propensione alla dolce mercatura non travolga i limiti della dignità e del decoro. Debbo dire che il Codice deontologico aggiornato dal C.N.F. ci si è messo d’impegno con una buona normativa che appresso esaminerò. III Alla lettera b) è abrogato il divieto anche parziale di svolgere la pubblicità. Così la norma dispone seccamente, ma non con proprietà terminologica e concettuale. 344 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO Ed è di questo che dobbiamo maggiormente dire in collegamento con il n. 3 dell’art. 2 del D.L. in esame e relativa L. di conversione. Innanzi tutto, l’abrogazione del divieto di svolgere pubblicità informativa è limitata a quella che riguarda i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo i criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall’ordine. Consegue che vi è una pubblicità espressamente consentita e che ogni altro tipo di pubblicità è vietato; che quella consentita deve rispondere ai criteri di trasparenza e veridicità del messaggio; che l’ordine (leggi Consigli dell’Ordine con la seconda istanza del C.N.F.) deve verificare il rispetto di siffatti requisiti e, necessariamente, anche il merito della pubblicità. L’art. 2 bis è una mera conseguenza per il codice civile della lettera a) esaminata nel punto II. La dizione del comma precedente vietava, sotto pena di nullità, i patti tra avvocati e cliente – anche se per interposta persona – relativi ai beni oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio. La nuova formulazione consente di pattuire il compenso purché con forma scritta e, aggiungo, non in modo indegno e indecoroso. DISPOSIZIONI DEL CODICE FORENSE IN ADEGUAMENTO Il Codice Deontologico Forense, adottato dal C.N.F. il 17 aprile 1977, fu modificato dal Consiglio Nazionale in tre sedute alle date del 16 ottobre 1999, 26 ottobre 2002 e 27 gennaio 2006. Ora è stato adeguato alla legge del 4 agosto 2006 n. 248. E’ stata questa l’occasione per affrontare ampiamente il tema supportati anche dalle indicazioni della legge stessa e dal riconoscimento che la medesima attribuisce al Codice forense proprio con l’espressa previsione al n. 3, che ne dispone l’adeguamento e, in difetto, la nullità delle norme in contrasto con la nuova legge. E questo riconoscimento legislativo del Codice Deontologico Forense non è poca cosa perché al riguardo il C.N.F. non ha (non aveva) formale potere che promanasse o che fosse in qualche modo avallato da norme statuali. Non a caso l’avveduto, intelligente e volenteroso collega Remo Danovi (al quale si deve la gran parte del merito) ha cura di avvertire in premessa del testo già citato, che per formulare il Codice Forense sarebbe bastato sintetizzare i comportamenti più comuni … (le) violazioni più ricorrenti”, tanto più che la Cassazione ha affermato che “la potestà disciplinare è contenuta entro limiti precisi… dei precetti deontologici – i quali, anche se inespressi o espressi in forma generale, sono obiettivamente rilevabili dalla coscienza sociale e dall’etica professionale in un dato momento storico…”: Sez. Un. N. 3810 del 25 novembre 1974. Di modo che conclude, in premessa, Danovi “… la codificazione… deve essere considerata come un paradigma o modello per la migliore impostazione professionale”. FORO ROMANO 2/2007 345 IL NOSTRO MONDO E, quindi, nel Codice Forense, si hanno: l’art. 17 debitamente adeguato e il 17 bis che fissa le modalità dell’informazione. L’art. 17: dichiara che l’avvocato può dare informazioni sulla propria attività professionale, rispetto alla L. che abolisce il divieto di svolgere pubblicità informativa: è chiara la differenza poiché dare informazioni appare meno ampio e con spettro meno diffuso rispetto alla pubblicità informativa. A mio avviso le due dizioni non sono in contrasto di principio, ma appaiono di diverso rigore indicativo (fucile a pallottola o a pallini; getto d’acqua o pioggia diffusa). Sottolinea le finalità delle informazioni che devono ispirarsi all’affidamento della collettività e devono essere trasparenti e veritiere, ribadendo il potere di verifica dei competenti Consigli dell’Ordine. · Stabilisce il divieto di divulgare le informazioni riservate o coperte dal segreto professionale, né si può fare il nome dei propri clienti, anche se questi ultimi vi consentano. · Per forma e modalità, l’informazione deve rispettare la dignità e il decoro della professione. · In ogni caso, l’informazione non deve assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa. · Consente, senza fini di lucro, l’organizzazione e sponsorizzazione di seminari di studio, di corsi di formazione professionale ,di convegni di avvocati, attinenti alla professione forense. · Consente l’indicazione del nome di un avvocato defunto che abbia fatto parte dello studio e che abbia previsto espressamente siffatta indicazione o ne abbia disposto per testamento ovvero vi sia il consenso unanime dei soci. Con un sintetico giudizio globale, al di là di norme specifiche e, a mio parere, di dettaglio, è manifesto l’intento e il risultato di ben delineare la normativa, mantenendo fermo il principio del rigore così che viene evitato il pericolo di scadimento dell’attività professionale forense nella mercatura che è pur dolce (tale definibile rispetto agli “scambi” guerreschi tra popoli), ma che con la professione forense mal si accorda, specie se si aprisse, a pioggia diffusa, la propensione a debordare. Propensione che, peraltro, è già presente nell’ormai spropositato corpo degli iscritti che nell’intero nostro Paese sfiora il numero di 200.000 iscritti, se non sbaglio, e nella sola Roma i 20.000: si pensi che l’intero Giappone con oltre 80 milioni di abitanti ha proprio e in tutto 20.00 avvocati! Dell’armonica vita di questo grande numero di avvocati dovranno occuparsi i singoli Consigli dell’Ordine i quali non potranno non riferirsi ai principi deontologici (ovviamente in tema di informazione-pubblicità) sopra indicati e, comunque, nel rispetto della dignità e del decoro della professione: questo comporta la giusta sottolineatura e richiamo al noto art. 12 della lontana, ma vigente legislazione del 1933 e 1934. Opportunamente il Codice Forense ha obliterato il riferimento “all’altezza della 346 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO funzione che – gli avvocati – sono chiamati ad esercitare nell’amministrazione della giustizia”, di cui al già esaminato art. 12 della L. n. 36 del 1934, per non dire della specchiatissima e illibata condotta. Bastano, perché ben sufficienti, la dignità e il decoro levandoci di torno gli orpelli e le ridondanze che, nel passato, ci hanno fatto parlare di “missione” dell’avvocato, così sacralizzando il termine “ministero” già tanto impegnativo usato, nell’art. 12 del R.D.L. 1578/1933, per indicare l’attività dell’avvocato. Questo perché, a mio parere, il missionario va in Africa a curare i lebbrosi e non si avvolge nella toga, né calca il tocco tricolore per esercitare un lavoro professionale che deve essere necessariamente competente, onesto, dignitoso e decoroso anche quando non è strettamente e immediatamente connesso con l’amministrazione della giustizia. L’art. 17 bis: fissa, nel dettaglio, le modalità dell’informazione (pubblicità) consentita che qui appare superfluo elencare. L’art. 18: indica i criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste nel rispetto del dovere di discrezione e riservatezza: ma quanti sono equilibrati nella materia? Opportuno il rigore, quindi, in proposito. L’art. 19: conferma e specifica il divieto di accaparramento di clientela che è la naturale inclinazione della pubblicità, rectius informazione. Va sottolineato che, per tutte le disposizioni esaminate, l’intero territorio deontologico e disciplinare, è soggetto ai poteri-doveri dei Consigli dell’Ordine competenti. Giova, però, ulteriormente sottolineare che l’attività dei Consigli è espressamente voluta dalla legge (art. 2 lett. B L. 248 del 2006) e dal Codice Deontologico Forense negli esaminati artt. 17, 17 bis, nonché 18. Mi chiedo se i Consigli dell’Ordine, nella loro strutturazione attuale, siano adeguati a questi compiti che si aggiungono, in dilatazione di oneri, a tutti quelli che, comunque, già hanno, come ad esempio: i pareri, la tenuta degli albi e relativi controlli, i procedimenti disciplinari, i doveri di rappresentanza e informazione ecc. ecc.? Ma non scherziamo! L’attività degli attuali Consigli è condizionata e limitata duramente da due elementi di grande rilievo: il primo è che il numero dei componenti è assolutamente inadeguato, rispetto a quello degli iscritti e delle attività che questo comporta. Ad esempio: a Roma, con i famosi 20.000 iscritti, ci sono 15 Consiglieri, lo stesso numero di quando l’Ordine romano aveva 1.500/3000 iscritti. E per gli altri Consigli la condizione è analoga. Il secondo è che i Consiglieri sono in permanente fibrillazione elettorale per ché durano in carica solo due anni, dei quali il primo serve di rodaggio per l’attività, il secondo è di campagna elettorale, con tutto quel che segue. FORO ROMANO 2/2007 347 IL NOSTRO MONDO E’ proprio impossibile ottenere uno straccio di Decreto legge che almeno adegui il numero e la durata del mandato (ad es. un quadriennio non rinnovabile all’immediato, per più di una volta: così si evitano anche le incrostazioni, pur se involontarie, di potere, poiché di potere, appunto, anche si tratta). E perché non aggiungervi la costituzione delle Commissioni distrettuali disciplinari o qualcosa di simile? Al limite, si preveda almeno la possibilità di procedere per sezioni interne sul modello della Cassazione. Il resto della Legge professionale aspetterà forse tanto quanto fino ad ora ho personalmente atteso, visto che ho cominciato ad occuparmene da quando era Guardasigilli l’On. Gonella! Desidero concludere con una riflessione ed esortazione che forse potranno essere messe a carico della mia età. Ed ecco: non credo che bastino le regole, per buone e anche dure che siano, per rendere vivo e operante il senso della dignità e decoro professionale in un contesto di vigile deontologia. La cultura del “severamente vietato”, rispetto al semplice divieto, espresso o tacito che sia, non ha mai dato buoni frutti. Anzi indica, con uno slittamento semantico, una perdita di valore perché il “severamente vietato” può far supporre e quasi presuppone un divieto non severo di cui si può non tener conto. Pertanto è alla nostra coscienza che bisogna fare appello. Parafrasando Unamuno oserei dire che la nostra professione è essenzialmente insicura e faticosa, ma, nell’esercitarla, occorre conservare una condotta appassionatamente buona,. Dico appassionatamente e mi sovviene Helvétius che intitola un capitolo del suo “De l’esprit” così: “Come si diventa sciocchi quando si cessa di essere appassionati”. E l’avvocato non può e non deve diventare sciocco. 20 marzo 2007 Ennio Parrelli 348 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO Simposio gastronomico "De gustibus disputandum est…Ars Coquinaria Iuridica" La III edizione pubblica del Simposio gastronomico “De gustibus disputandum est…Ars Coquinaria Iuridica”, ideato e organizzato dall’avv. Antonella Sotira , tenutasi la sera del 04.06.2007 è stata ricca di sorprese. La più gradita è stata la partecipazione della Sig.ra Matilde Brandi, madrina della manifestazione. III Simposio Insignita della carica di Presidente della ComGastronomico missione Ufficiale di Degustazione, composta dal Presidente del Consiglio dell’Ordine dede gustibus ...disputandum est: gli Avvocati Alessandro Cassiani, l’avv. Sergio de Felice, il dott. Antonello Racanelli, il Ars coquinaria iuridica dott. Adelchi d’Ippolito, il criminologo Natale Fusaro, il Prof. Fabio Francario, il Prof. Tito Lucrezio Rizzo, il Prof. Stefano Bortone, il notaio Antonello Privitera, e tre professionisti super partes, tra cui il commercialista Marco Costantini, la Sig.ra Brandi, il cui voto valeva doppio, è stata l’ago della bilancia nel “fare giustizia” tra i concorrenti avvocati e magistrati. La gara ben articolata ha affidato alla Commisione Aestetica, tra i cui membri, oltre ad architetti, medici, commercialisti, in rappresentanza delle due squadre, vi erano il dott. Filippo Paone e l’avv. scrittore e saggista Massimiliano Kornmuller, il compito di valutare la mese en Roma, 4 giugno 2007 plate delle diverse portate e l’originalità del nomen di fantasia iuridica assegnato al piatto. Alla Commissione Contabile presieduta dall’avv. Luisa Melara, sotto l’alto controllo del Triunvirato De Iustitia Coquinaria, formato dall’avv. Antonio Conte, da un membro del CSM dott. Cosimo Ferri e dal notaio Massimo Saraceno, il conteggio dei voti e il controllo di legittimità. Madina della squadra degli avvocati la dott.ssa GianFederica Dito. Padrino della squadra dei magistrati l’avv. Luigi Di Majo. Un grande contributo all’organizzazione della serata è stato dato dagli avvocati Sergio De Felice, Angela Modafferi, Teresa Sotira. Sorprendenti per la vis creativa i nomen di fantasia giuridica dati ai piatti. Dall’”Affido condiviso: piccole fragole da tutelare immerse nel pan di spagna di genitori separati”,( dolce preparato dall’avv. Francesca Poalucci Storace e dall’avv. Bianca Terracciano) al “patteggiamento di peperoni e patate con beneficio di pomodoro”( contorno preparato dalla dott.ssa FORO ROMANO 2/2007 349 IL NOSTRO MONDO Maria Letiza Golfieri, sino al vincitore del Premio Frangipane “Fantasia Giuridica”: “Tiramisù canonico::da conservare humano modo” dell’avv. Mariaclara Ferrato, istituito dal conte Raffaele Frangipane, che nell’iniziativa ha coinvolto molti membri della nobiltà romana. Sorprendente anche la controversa vittoria della gara: Tre coppe sono andate ai magistrati, ma gli avvocati hanno vinto quattro premi ( il premio ARCHE’ “Sorriso giuridico”, sorteggiato dall’avv. Giuseppina Bevivino. è stato vinto dall’avv. Francesco Storace). Il premio miglior antipasto per il “416 quarter: associazione a delinquere di stampo zucchinoso” (carpaccio di zucchine con pecorino sardo, mandorle e tartufo) è andato all’avv. Alessandra Calabrò; il premio miglior primo piatto: “summum ius summa cura” (sartù di riso alla borbone) è andato alla dott.ssa Antonella Mazzei; il premio miglior secondo piatto “quid iudex inveniet in involtino? unam bufalam” (involtini di melanzane ripieni di carne e funghi) è andato alla dott.ssa Luigia Spinelli del Tribuna di Latina; il premio miglior contorno “comparsa di asparagi gratinati” è andato all’avv. Francesco Santini; il premio miglior dolce “babà extraordinem con frutti civili” è andato alla dott.ssa Rosalba di Giulio. Forse come in tutte le gare fra campioni bisognerà “andare ai rigori”, anche in ragione della gustosità dei piatti preparati dagli altri concorrenti: la delicata “pappa enfiteutica al pomodoro” dell’avv. Alessandro Bove, la squisita “suilla in verde, arista di maiale con salsa di melanzane e basilico” dell’avv. Caterina Borelli, il delicato antispato della dott.ssa De Cecilia “notifica di uvetta ex art.161 C.p.p su letto di peperoni”, che hanno lasciato l’acquolina in bocca. In concomitanza con la giornata UNICEF, il simposio gastronomico, non è stato solo l’incontro tra professionisti schierati su fronti opposti ma accomunati dall’amore per la giustizia, ma una vera e propria gara di solidarietà “verso i più piccoli” assistiti dall’Associazione ARCHE’, a cui sono andati i proventi della serata. Antonio Conte 350 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO TRA TOGHE, SWING E DIRITTO. GRANDE SUCCESSO ALL’ACQUA SANTA PER LA SECONDA TAPPA DEL “BMW ROMA – CHALLENGE TOUR DI GOLF FORENSE” Sotto il Patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e di quello della Federazione Italiana Golf Lazio, il 2 giugno al Golf di Roma Acqua Santa, nella culla del golf italiano, si è disputata la seconda tappa del “BMW Roma - Challenge Tour di Golf Forense”, manifestazione firmata ed organizzata dall’Avv. Nicola Colavita e dedicata ai professionisti che operano nel mondo del diritto (avvocati, notai, magistrati e commercialisti). La competizione - che ha visto gareggiare oltre 140 giocatore tra cui la splendida Top Model Vanessa Kelly ed il Presidente della F.I.G. Lazio, Dott. Andrea Pischiutta - è stata vinta nella I^ categoria netto dalla coppia composta da Alberto Pelosi e Corrado Di Marco. La coppia composta dall’Avv. Grabau e dal Dott. Alfiero, si è imposta nella I^ categoria Lordo. Nella categoria Ladies si è affermata la coppia composta dall’Avv. Livia Magrone Furlotti e Isabella Macchi di Cellere, mentre in quella Seniores ha trionfato la coppia composta dall’Avv. Luigi Macchi di Cellere e Bianca Martini Crotti. (n.d.r.: per foto e filmati della gara visita il sito www.golfforense.com). La premiazione - alla quale ha assistito anche il Prof. Franco Chimenti, FORO ROMANO 2/2007 351 IL NOSTRO MONDO Presidente della F.I.G., la cui presenza ha certificato il successo e la bontà della manifestazione - è stata effettuata dal Presidente del circolo Avv. Alberto Federici, il quale ha premiato le coppie vincenti insieme al Vice Presidente della FIG Lazio, Dott. Carlo Scatena, all’Avv. Antonio Conte, Consigliere Segretario dell’Ordine degli Avvocati di Roma ed al Dott. Claudio Distefano, Amministratore Delegato di BMW Roma. Molti i nomi illustri del mondo forense e non: oltre all’Avv. Giandomenico Magrone, vero e proprio Ambasciatore del Golf Forense, sono intervenuti alla manifestazione il delegato alla Cassa Forense Avv. Bruno Ricciotti, il consigliere “penalista” dell’Ordine degli Avvocati di Roma Avv. Livia Rossi, l’Avv. Enrico Gamba, gli Avvocati golfisti Paolo Berruti, Paolo Vitali, l’Avv. Carlo Bonzano, l’ex presidente della Corte di Appello di Roma Dott. Sebastiano La Greca, l’Avv. Alessia Montani, “Testimonial” del Golf Forense, la bellissima giornalista di Mediaset Susanna Galeazzi, il capo servizio del TG1 Attilio Romita. A fare gli onori di casa oltre all’Avv. Nicola Colavita e l’imprenditore Mauro Antonelli che con la sua attenta regia ha curato in maniera egregia e nei minimi particolari gli allestimenti della manifestazione. Appuntamento per la terza tappa del “BMW Roma – Challenge Tour di Golf Forense” il 29 settembre al Circolo Golf Club Marco Simone. a cura della Redazione 352 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO “BMW ROMA – 1° TROFEO DI BRIDGE FORENSE” Il mondo forense continua a dimostrare la propria dinamicità. Sotto il duplice patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e della Federazione Italiana Giuoco Bridge, il 16 e 17 giugno presso la Vigna dei Cardinali, si è disputato il 1° Trofeo di Bridge Forense, manifestazione organizzata dall’Avv. Nicola Colavita – già ideatore del Golf Forense - e dedicata ai professionisti che operano nel mondo del diritto (avvocati, notai, magistrati e commercialisti). La competizione – a cui hanno preso parte ben 80 giocatori - è stata vinta dalla coppia composta dall’Avv. Cristiano Mozzi e dal Dott. Andrea Riccioletti. La premiazione è stata effettuata dal Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma, l’Avv. Alessandro Cassiani e dall’Avv. Antonio Conte, Consigliere Segretario dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Tra gli ospiti del cocktail di fine gara anche l’Avv. Livia Rossi, altro Consigliere dell’Ordine. a cura della Redazione FORO ROMANO 2/2007 353 IL NOSTRO MONDO ALLEGATO ALL’INTERVENTO DEL PROCURATORE GENERALE NELL’ASSEMBLEA GENERALE DELLA CORTE D’APPELLO DI ROMA Roma, 27 gennaio 2007 ATTIVITÀ DELLE PROCURE DELLA REPUBBLICA PRESSO I TRIBUNALI DEL DISTRETTO NEL PERIODO 1° LUGLIO 2005 – 30 GIUGNO 2006. PREMESSA Anche quest’anno il panorama giudiziario delle Procure del distretto si caratterizza in negativo per due aspetti fondamentali. Nonostante il soddisfacente impegno dei magistrati, del personale amministrativo e di quello delle sezioni di Polizia Giudiziaria, permangono infatti due gravi limiti al retto esercizio dell’attività giurisdizionale: la cronica carenza di risorse materiali e personali e la cronica lentezza nella definizione dei procedimenti. Quanto al primo aspetto, viene ovunque segnalata l’insufficienza delle strutture di supporto materiale e, soprattutto, del personale amministrativo, che, anche per motivi di bilancio, si va assottigliando, senza che si sia provveduto alla sostituzione degli elementi collocati a riposo o comunque non più disponibili. Le suddette carenze sono rese ancor più significative dal proliferare delle incombenze processuali e formali. I numerosi adempimenti, frutto anche di ulteriori novelle processuali (anche per l’incidenza modesta dei riti alternativi, mai del tutto decollati) si traducono indubbiamente in una maggiore lentezza del percorso processuale, talvolta con la regressione del procedimento, che frustra l’attività precedentemente espletata dalle Procure. Quanto sopra viene a collidere col principio della ragionevole durata, il cui opportuno ed atteso inserimento nell’art. 111 della Costituzione non ha ancora prodotto, anche per alcune discrasie delle leggi ordinarie, i risultati sperati. La stessa legge 31.7.2006 n. 241, di concessione dell’indulto, varata anche con intenti deflattivi, e della quale si dirà nella sede propria (paragrafo B), non ha avuto alcun riflesso pratico sull’economia dei giudizi. A) CARATTERISTICHE DELLA CRIMINALITÀ NEL DISTRETTO E SUE LINEE DI TENDENZA. 1. Quanto ai delitti oggettivamente e soggettivamente politici, alla Procura Roma il gruppo specializzato nei delitti contro la personalità dello Stato ha svolto, proseguendo le intense attività degli anni precedenti, una proficua opera di investigazione e di gestione processuale nel settore del contrasto ai fenomeni di terrorismo interno e di matrice fondamentalista islamica, questi ultimi acuiti dal perdurare della crisi irachena e dall’inasprirsi della situazione afgana. In particolare, nel procedimento relativo alla strage per finalità di terrorismo compiuta 354 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO il 12.11.2003 in An Nassiryah, risultano identificati ed indagati personaggi di spicco della organizzazione terroristica coinvolta e si è svolto in Roma l’interrogatorio in videoconferenza di un detenuto che ha reso particolareggiate dichiarazioni confessorie, anche relativamente alla struttura dell’organizzazione. Importanti atti di indagine sono stati espletati anche nell’ambito del procedimento relativo al sequestro di quattro cittadini italiani commesso il 12.4.2004 e conclusosi con l’omicidio dell’ostaggio Quattrocchi Fabrizio, nel procedimento relativo all’omicidio di Nicola Calipari e ai fatti connessi, nel procedimento relativo agli attacchi a stazioni metropolitane e ad un bus, avvenuti a Londra il 21.7.2005. Quanto alla organizzazione Brigate Rosse – Partito Comunista Combattente, sono stati definiti in primo grado i processi relativi ai militanti individuati ed arrestati; significativa è stata l’azione della Procura nei confronti degli ambienti anarco.-insurrezionalisti, in particolare l’attività di indagine denominata “Cervantes” (di rilievo l’attività compiuta per la ricerca della latitante Scrocco Rose Anne, di nazionalità statunitense ed italiana, arrestata il 16.1.2006 ad Amsterdam e poi ristretta a Rebibbia). Numerosi procedimenti sono stati aperti per delitti in danno di connazionali, in relazione ad atti terroristici posti in essere in Iraq, Egitto ed Afghanistan. E’ stata concretizzata la realizzazione di una banca dati centralizzata a livello distrettuale. 2. Infiltrazioni mafiose, specialmente nei settori degli appalti, della droga e delle estorsioni, persistono, oltre che a Roma, nel Lazio meridionale e, in particolare, nella provincia di Latina, oltre che sulla parte del litorale laziale e territori contigui rientranti nel circondario di Velletri (Anzio, Nettuno, Ardea e Pomezia); sono state applicate numerose misure di prevenzione personale e sono in corso complesse istruttorie per misure patrimoniali. 3. Quanto ai reati contro la pubblica amministrazione, si mantiene elevato nel distretto il numero dei procedimenti, ma viene segnalato dalla Procura di Roma un decremento delle notizie di reato a carico di “noti”, che riguarda particolarmente i reati di cui agli artt. 316 e 322 del c.p.. 4. Fra i reati di maggiore allarme sociale stabile è il numero degli omicidi volontari e costante appare, specie nel Lazio meridionale, il dato relativo alle estorsioni e alle rapine, segnatamente in danno di tir, banche e gioiellerie: in aumento le rapine nel territorio di Latina. Sempre preoccupante è il fenomeno dello spaccio di stupefacenti, diffuso in tutto il territorio del distretto. La piazza romana continua a rivelarsi l’epicentro di organizzazioni particolarmente efficienti, in grado di movimentare ingenti quantitativi destinati sia al mercato locale che a quello di altre zone e regioni. Tutte le indagini rivelano la presenza di organizzazioni dotate di una discreta stabilità, sia a livello di spaccio locale (in quartieri o aree delimitate), sia a livello di fascia intermedia (in grado di interagire con i canali di approvvigionamento all’estero). Si registra, altresì, con particolare intensità, sia nel territorio romano che nelle zone del sud del Lazio, la presenza di relazioni stabili di interscambio tra le organizzazioni autoctone e quelle, il più delle volte coincidenti con organizzazioni camorristiche, operanti nelle aree FORO ROMANO 2/2007 355 IL NOSTRO MONDO de napoletano e del casertano, nel solco di una tradizione mai interrotta ed anzi attualmente particolarmente attiva, con alcuni canali di collegamento anche con compagini criminali operanti in Calabria. Tratto ricorrente è infine la notevole capacità di interlocuzione con aggregati criminali stranieri (importazione dalla Spagna-Marocco, dall’area Balcanica, dal Sudamerica, dai paesi africani, dall’Olanda, dal Regno Unito, dall’India, dal sud-est Asiatico): i traffici si avvalgono principalmente di una vasta rete di corrieri ovulatori o trasportatori, con preponderante contributo di soggetti nigeriani e con solidi appoggi di trafficanti italiani. 5. Rilevante è il numero dei reati commessi da cittadini stranieri, in particolare extracomunitari: si tratta spesso di clandestini, facile preda delle organizzazioni criminali, nelle quali vengono prontamente arruolati. Gli stranieri si sono anche resi responsabili di omicidi e rapine (spesso in danno di altri cittadini stranieri). A Roma risultano iscritti 24.287 procedimenti penali per reati commessi da cittadini extracomunitari contro i 19.475 procedimenti del periodo precedente. Rilevante è l’aumento, rispetto al periodo precedente, dei procedimenti per violazione dell’art. 14, co. 5 ter del D.L.vo n. 286 del 1998 e successive modificazioni (inottemperanza al provvedimento di espulsione), relativo a persone arrestate e giudicate in direttissima (da 1.648 a 4.023). Nel distretto è in aumento il numero delle informative pervenute per violazioni varie della legge sull’immigrazione, stabile quello relativo al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. 6. Quasi tutte le Procure riferiscono che i reati di violenza sessuale e pedofilia sono in aumento (ivi compreso il recente fenomeno delle violazioni via Internet). Gli uffici requirenti si vanno ormai attestando sulla sistematica utilizzazione dello strumento dell’audizione protetta nel corso dell’incidente probatorio delle vittime ed in particolare, dei minori e dei soggetti deboli (art. 392, co 1 bis c.p.p.). Appaiono sempre più necessari, fin dalla fase delle indagini preliminari, l’esigenza della specializzazione dei magistrati nella materia; il ricorso all’apporto ed all’ausilio degli esperti di scienze umane; lo stretto coordinamento fra le Procure ordinarie e la Procura per i Minorenni, sia relativamente ai casi di concorso di maggiorenni e minorenni nello stesso delitto di violenza sessuale, sia nel caso di reato commesso in danno di minori o nell’ambito della stessa famiglia. 7. Quanto agli omicidi colposi commessi con violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro, il fenomeno permane consistente in tutto il distretto, talvolta in imprese piccole con manodopera in nero, ma anche rispetto ai grandi lavori. La Procura di Roma segnala una perdurante inadeguatezza del livello di tutela, dal momento che si registrano ancora in quel territorio una ventina di infortuni mortali ogni anno, la maggior parte dei quali nelle attività edili, soprattutto per cadute dall’alto, ma anche per folgorazione (ciò anche a causa del lavoro nero e dell’utilizzazione di manodopera non adeguatamente formata). Nell’ultimo anno, a fronte di circa 4.000 ispezioni attivate dalle ASL nei cantieri, sono state elevati a Roma circa 3.000 verbali e sono stati avviati, nonostante l’esiguità del personale 356 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO tecnico, oltre 5.500 procedimenti penali relativi a circa 15.000 violazioni delle norme sulla sicurezza ed igiene del lavoro. Segno evidente di una forte illegalità diffusa, per contrastare la quale sarebbero opportune anche e soprattutto iniziative di tipo preventivo, di formazione e di sensibilizzazione dei lavoratori. 8. In materia di tutela dell’ambiente e del territorio nonché edilizia ed urbanistica, va segnalata l’interferenza dei condoni edilizi, che ha favorito sostanzialmente una percezione di impunità (alcune amministrazioni comunali sono ancora impegnate nell’istruttoria delle pratiche del 1994), anche per l’inerzia e l’inefficienza delle autorità preposte. L’attività di abusivismo edilizio e di illecita trasformazione del territorio anche quest’anno ha avuto in Roma diffusione sia nelle zone periferiche, attraverso la realizzazione di nuove costruzioni, sia nelle zone verdi di particolare rilievo ambientale, gravate da vincoli e comprese nei parchi e nelle riserve regionali, nonché su immobili preesistenti, ubicati spesso nelle parti più pregiate del centro storico della città o immediatamente adiacenti, tramite interventi tesi a stravolgere le strutture preesistenti e a modificare le destinazioni d’uso originarie dei manufatti. Tali illecite attività sono spesso accompagnate da ulteriori condotte criminose di falsificazione della documentazione presentata a corredo delle richieste dei necessari titoli abilitativi. La proficua collaborazione con gli organi di Polizia Giudiziaria e con gli organi centrali dell’amministrazione comunale, cui deve darsi atto di un’aumentata attenzione al fenomeno dell’abusivismo, ha peraltro consentito, nel periodo in esame, sia un tempestivo intervento in via amministrativa, con la demolizione di alcune opere, sia una rilevante diminuzione dei reati edilizi rispetto al precedete periodo (da 2.433 a 3.170). La Procura di Frosinone ha avviato un’indagine sul grave fenomeno dell’inquinamento del fiume Sacco che è tuttora in corso; quella di Tivoli è estremamente attiva nel perseguimento delle violazioni urbanistiche e di quelle afferenti ai parchi e alle aree archeologiche e ai numerosi abusi edilizi ivi perpetrati, quelle di Viterbo e Cassino hanno avviato importanti indagini su discariche abusive, fenomeno quest’ultimo particolarmente preoccupante, per la sempre più incombente problematica dello smaltimento dei rifiuti. 9. Quanto ai reati contro l’incolumità pubblica e la salute sono tuttora in corso da parte della Procura di Frosinone, come già si è detto, delicate indagini preliminari sull’inquinamento delle acque del fiume Sacco; numerose altre Procure del distretto hanno in corso procedimenti per la tutela delle acque dall’inquinamento e in materia di rifiuti; nel circondario di Latina il NAS fronteggia efficacemente il fenomeno dell’adulterazione delle sostanze alimentari. La Procura di Roma lamenta la diminuzione della quantità e della qualità dei controlli relativi all’accertamento delle violazioni delle norme di tutela ambientale e della salute pubblica: ciò è in parte dovuto alle carenze dell’apparato tecnico preposto, istituzionalmente, a tale controllo, ma anche alle continue e notevoli oscillazioni normative, culminate nel testo unico ambientale (D.lgs. del 2006), che presenta qualche aspetto di non linearità. 10. Le modifiche legislative in materia di reati societari hanno portato ad un rallentamento dell’attività di indagine e al rischio prescrizione. Bancarotta e fallimenti restano comunque stabili, mentre preoccupante e in aumento in alcune zone è il fenomeno FORO ROMANO 2/2007 357 IL NOSTRO MONDO dell’usura, anche grazie al proliferare sul territorio delle c.d. società finanziarie. La Procura di Roma segnala che, nonostante il numero delle denunce e dei procedimenti pendenti per il reato di usura si sia mantenuto sostanzialmente inalterato rispetto agli anni precedenti, il fenomeno è tuttora sommerso, nel senso che il numero delle denunce è di gran lunga inferiore alla sua reale diffusione: le ragioni sono diverse e vanno dalla necessità di non perdere l’ultimo canale di finanziamento alle minacce che provengono dagli ambienti criminali, che spesso gestiscono l’attività usuraria, essendo la stessa uno dei veicoli attraverso cui avviene il riciclaggio del denaro. Va comunque ricordato che ulteriori, rilevanti modifiche legislative sono intervenute, nell’anno trascorso, nella materia societaria, fallimentare e della tutela dei mercati finanziari, sull’onda dei clamorosi dissesti di grandi gruppi aziendali (es. Parmalat e Cirio): la legge 28.12.2005 n. 262 (cd. tutela del risparmio) e il D. L.vo 9.1.2006 n. 5, di riforma della legge fallimentare. Quanto alle indagini condotte dalla Procura i Roma vanno ricordati, tra gli altri, il procedimento relativo alla cd. “scalata” al Corriere della Sera, che ha portato all’adozione di misure cautelari personali e all’emissione di provvedimenti di sequestro di titoli e di ingenti somme di denaro, e il procedimento relativo all’ipotesi di estorsione ed aggiotaggio su azioni della S.S. Lazio. Il Procuratore di Frosinone segnala in quel territorio l’aggravarsi del fenomeno dell’usura, con coinvolgimento anche di persone note in ambito cittadino, informando che quell’Ufficio ha promosso, con buoni risultati, uno stretto collegamento con l’Ufficio prefettizio che dirige il fondo anti-usura. Il Procuratore di Latina, fortemente impegnato nelle indagini sul sempre più preoccupante fenomeno dell’usura, ha continuato il proficuo lavoro di collaborazione con la sezione di P.G. della Guardia di Finanza, con i vari comandi dello stesso Corpo dislocati sul territorio e con alcuni curatori, per il monitoraggio precoce dei fallimenti, al fine di tutelare i creditori (nel sud pontino il fenomeno è oggetto di particolare attenzione, data la sua connessione con la criminalità economico-finanziaria). 11. E’ generalmente giudicato efficace il nuovo sistema sanzionatorio in materia tributaria. 12. Soprattutto nel Lazio meridionale vengono segnalate iscrizioni relative ai reati concernenti le frodi comunitarie. 13. Viene in genere segnalato in notevole aumento, anche per i procedimenti a carico di ignoti, il fenomeno della criminalità informatica. B) ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DELL’UFFICIO ESECUZIONE E DEI TRIBUNALI E UFFICI DI SORVEGLIANZA. SITUAZIONE DELLE CARCERI NEL DISTRETTO. APPLICAZIONE DELLA LEGGE 31 LUGLIO 2006 N. 241 (INDULTO). Va ribadito nella materia quanto già sottolineato negli anni scorsi: la legge 27.5.1998 n. 165 (c.d. legge Simeone) ha posto definitivamente in crisi la pena, dal momento che l’esecuzione per residui di pena fino a tre o quattro anni nei casi indicati dall’art. 656 c.p.p. (fatta, ovviamente, eccezione per i reati di cui all’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario), 358 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO si protrae sino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza, con una dilazione temporale non trascurabile, atteso il carico di lavoro di quell’organo. Ne deriva la palese violazione del principio di ragionevole durata, incontestabilmente applicabile anche al procedimento esecutivo, che attua nel concreto la giurisdizione. Rilevante corollario è costituito da una sorta di formazione progressiva del giudicato, in base alla quale l’irrevocabilità della sentenza di condanna non ne comporta la esecutività: dopo la presentazione dell’istanza volta ad ottenere una misura alternativa, il giudicato si formerà soltanto dopo che il tribunale di Sorveglianza avrà deciso quale sia la pena concretamente da erogare (si pensi che ciò avviene nella maggior parte – circa 80% - delle sentenze di condanna). Quanto al lasso di tempo che intercorre tra il passaggio in giudicato delle sentenze e l’emissione dell’ordine di esecuzione ex art. 656 c.p.p., gli uffici esecuzione della Procura Generale e delle Procure del distretto emettono generalmente in tempo reale l’ordine che comporta la cattura del condannato e non oltre i due tre mesi l’ordine di esecuzione con contestuale decreto di sospensione ai sensi della legge Simeone. La legge 19.12.2002 n. 277 ha dato buona prova: saggia si è rivelata l’attribuzione al magistrato di Sorveglianza, senza alcuna formalità e senza la presenza delle parti, della potestà di riconoscere ed attuare il diritto alla riduzione della pena prevista dall’art. 54 dell’O.P., salvo eventuale reclamo all’organo collegiale (Tribunale di Sorveglianza). Quanto all’annoso problema delle demolizioni (in parte paralizzate dalle numerose domande di condono pendenti), da un lato le Procure hanno stipulato convenzioni con ditte specializzate, dall’altro dell’imminente esecuzione viene informata anche l’autorità amministrativa (comunale e regionale), sia per conoscere se sono state esercitare le potestà che la legge ad essa riserva, sia per “responsabilizzarla” sotto il duplice profilo della responsabilità penale (art. 328 C.P.) e di quella contabile. Nel distretto sono operanti 14 istituti di pena, alcuni caratterizzati per un notevole impegno trattamentale, nei quali viene particolarmente curato l’aspetto della sicurezza. Per quel che riguarda la popolazione detenuta, si segnala che al 31.7.2006, prima dell’applicazione della legge n. 241 del 2006, di concessione dell’indulto, negli istituti di pena del distretto erano presenti n. 5.989 detenuti (5.509 uomini e 480 donne): dopo l’indulto, alla data del 31.8.2006, erano presenti n. 3.873 detenuti (3.553 uomini e 320 donne). Alla data del 7.11.2006 il dato risultava in aumento (3.813 presenze di cui 3.537 uomini e 276 donne). Ne discende che il Provveditorato Regionale deve ancor oggi far fronte al problema del sovraffollamento della Casa Circondariale di Regina Coeli (per assicurare condizioni di vivibilità si procede periodicamente al trasferimento di detenuti negli altri istituti del distretto). L’attività di costante collegamento operata nei confronti dell’Assessorato della Sanità della Regione Lazio ha portato alla realizzazione di reparti detentivi presso gli ospedali Pertini di Roma e Belcolle di Viterbo. La recente legge 31 luglio 2006 n. 241 (emanata peraltro oltre il 30 giugno 2006 e pertanto al di fuori del periodo di interesse), che ha impegnato la Procura Generale e le Procure del FORO ROMANO 2/2007 359 IL NOSTRO MONDO Distretto in un rilevante sforzo organizzativo e ha comportato per tutti gli uffici requirenti un notevole aggravio di lavoro, per la necessità di provvedere in tempi stretti subito dopo la pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta ufficiale, non ha avuto alcun riflesso pratico sull’economia dei giudizi. Tutti i procedimenti, nessuno escluso, devono essere “lavorati” : nella fase di cognizione si perviene comunque ad una sentenza nella quale viene quasi sempre rimandata alla fase dell’esecuzione la quantificazione della pena totalmente o parzialmente condonata, mentre in executivis le Procure, dopo aver provveduto alle scarcerazioni provvisorie ex art. 672, 3° comma c.p.p., hanno investito i Tribunali o la Corte per la declaratoria dell’indulto; unico riflesso positivo è quello sul Tribunale di Sorveglianza, che sta rinviando a nuovo ruolo numerosi procedimenti in attesa di dette declaratorie, all’esito delle quali potrà essere emessa pronuncia di non luogo a provvedere. D’altra parte il provvedimento di indulto può provocare effetti paradossali: proprio la prospettiva di poter fruire del condono totale o parziale delle pene spinge gli imputati e i difensori ad allungare i tempi dei procedimenti, evitando di accedere a patteggiamenti o giudizi abbreviati e incrementando il ricorso alle impugnazioni, con ricadute negative sull’economia dei giudizi. L’unico dato rilevante appare in conclusione quello delle liberazioni provvisorie, ovvero delle cessazioni delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative ai sensi dell’art. 672, comma 3 c.p.p., da parte delle Procure che curano l’esecuzione delle sentenze di condanna, prima del provvedimento definitivo della Corte o dei Tribunali. C) RICOGNIZIONE DEGLI ASPETTI OPERATIVI E DEI RISULTATI APPLICATIVI INDOTTI DAL CODICE DI PROCEDURA PENALE 1. Non sono pervenute notizie significative sull’incidenza dell’attuale regime della connessione sulla durata dei processi. 2. Il necessario ricorso alle intercettazioni telefoniche ed ambientali è stato in genere limitato alle fattispecie più rilevanti, soprattutto al fine di contenere i costi dei servizi. Emblematico è l’esempio – oltre che della Procura di Roma - di una piccola Procura, quella di Rieti, la quale, con notevole risparmio per l’erario, ha opportunamente istituito un’unica sala di ascolto informatizzata, capace di coprire 99 linee, con l’intervento di un solo operatore; tutte le altre Procure, come si è detto, si sono mosse nella linea dell’ottimizzazione del rapporto costi-benefici. 3. Limitato è il numero dei procedimenti nei quali è intervenuta richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari: le percentuali sono assai modeste e si attestano, quasi in tutti i circondari, intorno all’1-3%. Se ne deduce che gli istituti processuali attualmente vigenti consentono di definire le indagini nei termini fisiologici previsti dall’art. 405 n. 2 c.p.p. 4. L’attribuzione della competenza penale al Giudice di Pace ha certamente avuto, nel circondario di Roma, un effetto deflattivo sul numero dei procedimenti penali di competenza del Tribunale Ordinario, attestandosi sui circa 9.000 procedimenti all’anno. Occorre tuttavia rilevare che i dati statistici evidenziano una ulteriore flessione nella produttività dell’Ufficio del Giudice di Pace, a fronte dell’andamento costante dell’Ufficio requirente. Nel periodo di riferimento sono state infatti inoltrate n. 3193 richieste di fissazione di 360 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO udienza, mentre risultano emesse solo 1.980 sentenze, il che ha determinato un arretrato che va ad aggiungersi a quello già notevole dell’anno precedente (2.129 sentenze, a fronte del 4.744 richieste di fissazione di udienza). Viene anche segnalata dalla Procura di Roma una forte disomogeneità degli orientamenti giurisprudenziali in sede dibattimentale, specialmente con riferimento alle questioni processuali. Quanto alla Procura, viene segnalato un andamento positivo e in linea di continuità con il periodo di rilevazione precedente, nonostante il protrarsi delle difficoltà determinate dalla note carenze di personale e di polizia giudiziaria, nonché dalle ulteriori incombenze disposte dal D.L. n. 144 del 2005, noto come decreto anti-terrorismo, che ha trasferito all’Ufficio della Procura le competenze precedentemente devolute alla Polizia Giudiziaria sia in materia di citazione a giudizio che di rappresentanza del P.M. in udienza. 5. Quanto alle misure cautelari personali, non sono emerse problematiche di particolare rilievo. La percentuale di accoglimento delle richieste di applicazione della custodia cautelare è stata in genere molto alta e si è collocata intorno ad una cifra che oscilla dal 75% al 90%. Nella quasi totalità i provvedimenti hanno superato il vaglio del Tribunale del Riesame, che talvolta ha dichiarato la perdita di efficacia della misura per ragioni connesse ad adempimenti di cancelleria: in tali casi è stata rinnovata la richiesta di misure. 6. Quanto alle indagini difensive viene segnalato lo scarso ricorso alla nuova figura, utilizzata sporadicamente solo rispetto a particolari reati, talvolta solo da parte degli indagati più abbienti. Scarsa disponibilità del Foro verso la difesa d’ufficio viene qua e là evidenziata, mentre per il patrocinio a spese dello Stato, a fronte di un certo aumento di richieste, specialmente da parte di imputati extracomunitari, viene sottolineata l’opportunità di una più profonda verifica delle condizioni economiche del richiedente, onde evitare ingiustificati danni all’erario. 7. E’ ormai da tempo a regime la nuova disciplina sulla acquisizione di prove all’estero e sulla loro utilizzazione (legge 5.10.2001 n. 367): non vengono segnalati problemi particolari relativi alla sua applicazione, né in punto di dilatazione della durata dei processi, né in punto di vanificazione di pregresse attività di indagine. 8. E’ tuttora esiguo, e comunque non rispondente alle aspettative del legislatore del 1988, il ricorso ai riti alternativi, inizialmente concepito come forte strumento deflattivo rispetto al rito ordinario, al quale si sarebbe dovuto pervenire solo in ipotesi limitate. La modesta incidenza dei riti alternativi opera in particolare per il patteggiamento (art. 444 c.p.p.), ma anche per l’abbreviato: riguardo a quest’ultimo rito va poi sottolineato che le recenti modifiche legislative e, in particolare, l’introduzione del giudizio abbreviato condizionato, hanno notevolmente aggravato il carico di lavoro del GUP, con inevitabile dilatazione dei tempi dell’udienza preliminare, che va sempre più qualificandosi come un vero e proprio dibattimento anticipato. 9. In genere soddisfacenti sono stati i rapporti dell’ufficio del Pubblico Ministero con la polizia giudiziaria e in particolare con le sezioni di polizia giudiziaria. L’organico delle sezioni è quasi ovunque adeguato (sia pure al limite minimo della FORO ROMANO 2/2007 361 IL NOSTRO MONDO sufficienza), salvo problemi attinenti alle attrezzature tecniche; buona la professionalità media dei componenti e stretta la collaborazione fra i magistrati requirenti e i componenti della sezione, talvolta sulla base di opportuni ordini di servizio. Il cosiddetto pacchetto antiterrorismo (legge 31.7.2005 n. 155, art. 17), sottraendo gli ufficiali di polizia giudiziaria ai compiti di notifica e di rappresentanza del p.m. davanti al giudice di pace e in udienza, è stata oggetto di valutazioni negative, per il grave appesantimento del carico di lavoro in quei settori, anche se viene per lo più apprezzata la restituzione ai compiti di istituto dei componenti le sezioni: e ciò nonostante le obiettive carenze negli organici degli ufficiali giudiziari e dei vice procuratori onorari (è partita la sperimentazione dell’utilizzo dei laureati in giurisprudenza frequentanti il secondo anno delle scuole di specializzazione). 10. La partecipazione di magistrati non togati alle udienze monocratiche con funzioni di pubblico ministero è stata in genere elevata. Va anche qui ricordato il negativo effetto pratico della legge del 31.7.2005 n. 155 (c.d. antiterrorismo), che ha fatto venir meno l’apporto degli ufficiali di polizia giudiziaria nelle udienze, con conseguente aggravio dei compiti dei magistrati onorari requirenti. 11. La maggiore novità nella materia dei rapporti giurisdizionali con le autorità straniere, regolata dal libro XI del Codice di Procedura penale e dalle convenzioni internazionali, è rappresentata dall’introduzione del mandato d’arresto europeo. L’istituto, destinato a sostituire l’estradizione nei paesi dell’Unione europea, costituisce un ulteriore passo verso la piena realizzazione di uno spazio giudiziario europeo e trova il suo fondamento nel mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie. La legge 22.4.2005 n. 69, che ha dato attuazione alla decisione quadro istituendo la nuova figura, è troppo recente perché si possano trarre conclusioni sulla sua operatività. Tuttavia, considerato che una delle finalità più rilevanti dell’istituto era rappresentato dall’abbattimento dei tempi della consegna delle persone ricercate (circa 18 mesi con l’estradizione), gli effetti appaiono già positivi: basti pensare che nel caso del terrorista sospettato dalle autorità britanniche di aver partecipato agli attentati alla metropolitana di Londra del 7 luglio 2005, soggetto richiesto in consegna appunto con il mandato d’arresto europeo, la consegna stessa ha potuto avere luogo in circa 90 giorni, periodo comprensivo anche del ricorso per Cassazione avanzato dall’interessato avverso la decisione della Corte di Appello (nel giudizio è intervenuto un rappresentante del Regno Unito). Al fine di consentire una applicazione piena e uniforme della nuova normativa, questa Procura Generale ha provveduto a diramare circolari e note di orientamento alle Procure della Repubblica del distretto; va altresì posta in rilievo l’iniziativa di inserire nel sito della Corte di Appello (www.giustizia.lazio.it) una rubrica curata e continuamente aggiornata dalla Procura Generale, dedicata al mandato d’arresto europeo, con informazioni, indicazioni e documentazione per la pratica applicazione del nuovo istituto. D) GIUSTIZIA MINORILE 1. Soddisfacente è stato il funzionamento della giustizia minorile (sia civile che penale), per il consueto impegno dei magistrati specializzati del distretto: l’attività dei magistrati addetti al Tribunale per i Minorenni ed alla Procura della Repubblica presso detto 362 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO Tribunale ha consentito il raggiungimento di risultati soddisfacenti, anche sotto il profilo della produttività. Positivi anche i risultati raggiunti dalla Sezione Persona e Famiglia della Corte di Appello. Come già segnalato negli anni precedenti, permangono numerose carenze normative nella materia minorile: manca un sistema di “pene minorili”, manca un ordinamento penitenziario speciale per i minorenni, manca un procedimento civile adeguato, in specie sotto il profilo del contraddittorio e delle garanzie difensive, manca una idonea disciplina della competenza amministrativa dei tribunali minorili, permane la debolezza del sistema di protezione dei minori, per scarsità di personale educativo e di strutture di accoglienza, particolarmente per i minori affetti da problemi psichici o evidenzianti gravi sintomi di devianza. Deve nuovamente segnalarsi la mancata entrata in vigore della parte processuale della legge n. 149 del 2001, ulteriormente prorogata fino al 30.6.2007. Già l’anno scorso si era segnalato che appare improcrastinabile la soluzione legislativa del problema della difesa d’ufficio nei procedimenti civili minorili che è pregiudiziale alla piena applicazione della legge. 2. L’organico dei magistrati minorili addetti al Tribunale è allo stato incompleto ed è appena sufficiente a far fronte al carico di lavoro corrente: risultano inoltre scoperti ben 12 posti su un organico di 66 di personale amministrativo presso il Tribunale per i Minorenni. 3. E’ buono l’apporto, in termini di qualità ed efficienza, dei servizi di assistenza sociale, la cui collaborazione è fondamentale per una efficace tutela dei minori e per fornire elementi di conoscenza al magistrato; positiva è la creazione, su iniziativa della Regione e della Presidenza del Tribunale per i Minorenni, di equipes integrate sul territorio. In taluni Comuni, specialmente in quelli di piccole dimensioni, i servizi sociali sono peraltro gravemente sottodimensionati (o addirittura part-time o assenti). 4. Quanto alle adozioni, in lieve aumento è il numero delle segnalazione di presumibile stato di abbandono (192 contro le 170 dell’anno precedente), mentre sostanzialmente costanti appaiono le dichiarazioni di adattabilità (99 contro 104). In aumento le dichiarazioni di disponibilità alle adozioni nazionali (1.340 contro 1.244), diminuite le richieste di idoneità alla adozione internazionale (906 contro 922). Il numero delle pronunce di adozione nazionale (107) e di adozione di minori stranieri (221) dimostra tuttavia come le domande continuino ad essere esorbitanti rispetto alle concrete possibilità di accoglimento. Rimane limitato il numero di adozioni in casi particolari ai sensi dell’art. 44 delle legge sull’adozione (in totale 76). I procedimenti in materia di sottrazione internazionale di minori e di violazione dei diritti di visita ai sensi della convenzione dell’Aja sono stati 18. In continua crescita risultano i procedimenti civili in materia di potestà genitoriale (artt. 330 e seg. C.C.), tanto da assumere rilievo numericamente preponderante (1.623 sono in procedimenti sopravvenuti nel corso dell’anno presso il Tribunale per i Minorenni, che riguardano casi di cattivo esercizio della potestà e di comportamenti pregiudizievoli nei confronti dei figli, con richiesta di provvedimenti ablativi o limitativi della potestà FORO ROMANO 2/2007 363 IL NOSTRO MONDO genitoriale). Il fenomeno dell’abuso all’infanzia, sia che si tratti di abuso materiale sia che si tratti di abuso psicologico, appare quindi nel distretto assai consistente. Va infine ricordato che importanti innovazioni sono state introdotte, sia sul piano sostanziale che su quelli processuale, dalla legge 8.2.2006 n. 54, sull’affidamento condiviso dei figli, legittimi o naturali: è prevedibile un incremento degli affari presso il Tribunale per i Minorenni rispetto alla competenza in materia di affidamento dei figli naturali, con verosimile estensione anche agli aspetti economici, questione finora riservata alla competenza del Tribunale Ordinario. Si verificato inoltre un notevole aggravio del lavoro della Sezione Persona e Famiglia della Corte di Appello, in conseguenza della reclamabilità immediata davanti al giudice superiore (introdotta dall’art. 2 della legge n. 54 del 2006) dei provvedimenti provvisori ed urgenti emessi dal Presidente del Tribunale in sede di separazione o divorzio, con relativa dilatazione dei tempi di definizione di tali giudizi. 5. Quanto alle linee di tendenza della criminalità minorile, si rileva in via generale una lieve diminuzione dei procedimenti penali e dei minori che delinquono (-2,53%). Tuttavia tale diminuzione non riguarda la gran parte dei delitti di maggiore allarme sociale. Si nota infatti, la preoccupante presenza dei delitti di omicidio (3 casi per la prima volta dopo quattro anni ) nonché il sensibile aumento dei delitti di rapina, violenza sessuale ed omicidio colposo. Prevalgono i reati contro il patrimonio (70,57%); fra i reati più gravi, tutti in significativo aumento, l’omicidio (3 casi), il tentato omicidio (13), l’estorsione (29), la violenza sessuale (53), la rapina consumata e tentata (274), lo spaccio di sostante stupefacenti (333). Il numero globale dei minori denunciati è stato di 5.307, di cui 3.750 maschi e 1.557 femmine, 2.371 italiani e 2.936 stranieri (questi ultimi costituiscono 55,32%). Un elemento particolarmente significativo è costituito dal consistente numero di minori non imputabili, italiani e stranieri infra-quattordicenni denunciati: 1.339 (1.2.12 nel periodo precedente) di cui ben 1.079 (1.009) stranieri e ben 1.056 (997) appartenenti all’area del nomadismo, dal che può desumersi il sempre più precoce ingresso dei minori di nazionalità straniera, spesso inseriti in famiglie criminogene nell’area della devianza. Non appare opportuno un decentramento della giustizia penale minorile, essendo pienamente razionale ed efficace l’attuale distribuzione a livello distrettuale dei Tribunali per i Minorenni. Quanto alle iniziative di recupero e al reinserimento dei minori interessati da procedimenti penali, talvolta i progetti di messa alla prova, elaborati dai servizi e recepiti dal giudice minorile, appaiono ripetitivi e insufficienti allo scopo, mentre permangono le note carenze di strutture idonee ad accogliere i minori dopo l’espiazione della pena o in genere i ragazzi difficili o devianti, il che rende difficile il definitivo recupero sociale. IL PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA Salvatore Vecchione 364 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO IL DANNO DA NON RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO L’EQUA RIPARAZIONE ASPETTI ED EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE DELLA C.D.: LEGGE PINTO Il 20 dicembre 2006 nel Locale Nanà in Piazza Mazzini a Roma, si è tenuto un incontro sul tema PROCESSI ED ORDINI FORENSI “MASTELLIZZATI” – L’APPLICAZIONE DELLA C.D. LEGGE PINTO PER LA DIFESA DELLA PROFESSIONE E DEI DIRITTI UMANI organizzato dall’AGIFOR – Associazione Giovanile Forense. Ha diretto l’incontro il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Avv. Alessandro Cassini ed il Consigliere Tesoriere dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Avv. Carlo Testa. Nel corso della serata sono state affrontate e dibattute varie problematiche inerenti i disagi della professione forense determinati dal cattivo funzionamento dell’apparato giudiziario e dagli ultimi noti interventi del legislatore che tendono a minare alla radice il valore e la dignità dell’attività degli avvocati e, quindi, dei diritti umani. L’Avv. Cristiana Consalvi, membro del Direttivo A.Gi.For e della Commissione Giovani dell’Ordine degli Avvocati di Roma, ha presentato e relazionato l’interessante libro scritto dall’Avv. Carlo Recchia: “IL DANNO DA NON RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO ED EQUA RIPARAZIONE” – Edizioni Giuffrè – (Collana Fatto e Diritto curata e curata dal Prof. Paolo Cendon), libro che, attraverso un’approfondita disamina della legge n. 89 del 24.3.2001, c.d.: Legge Pinto, nella sua applicazione, fornisce un valido, efficace ed aggiornato supporto per l’operatore. L’Avv. Recchia ricostruisce, infatti, la genesi della Legge Pinto attraverso un approfondito excursus sull’evoluzione del diritto ad una ragionevole durata del processo. Il diritto ad un processo di durata ragionevole, ossia a che la propria causa sia esaminata equamente ed entro un termine ragionevole è sancito nell’art 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4.11.50 (da tutti gli Stati membri dell’ allora Consiglio d’Europa) ed è stata ratificata in Italia con legge 4.8.55 n.848. L’Articolo 6 della Convenzione suona: “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e parziale...omissis”. Tra i diritti elencati nel primo titolo della convenzione accanto al diritto alla vita (art.2), alla libertà e alla sicurezza (art.5), alla libertà di pensiero (art.10) viene, quindi, menzionato il diritto ad un equo processo entro un termine ragionevole nell’art.6. La FORO ROMANO 2/2007 365 IL NOSTRO MONDO Convenzione volle, infatti, riconoscere a tale diritto pari valore e dignità del diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza etc., enumerandolo tra i diritti fondamentali della persona. Quale “strumento” di garanzia venne istituita la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (C.E.D.U.) a cui sia gli stati contraenti, sia le persone e i gruppi di privati possono fare ricorso tutte le volte in cui ritengano violati i diritti sanciti nella convenzione o nei suoi protocolli. Ai sensi dell’art.41 della convenzione infatti “in caso di accertata violazione della convenzione e dei suoi protocolli, e se il diritto interno dell’alta parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la corte accorda, se dal caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.” Sono stati proprio i cittadini italiani ad avere adito in numero sempre maggiore la Corte Europea per i diritti dell’uomo con sede a Strasburgo, lamentando la violazione al diritto ad una durata ragionevole del processo. Tanto che in seno al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa si è parlato proprio del c.d.: problema italiano. Finalmente – grazie anche a vigorose pressioni del Consiglio d’Europa - il Parlamento italiano, con la promulgazione della legge n.89 del 24.3.01 c.d. Legge Pinto, ha introdotto la possibilità di ricorrere al giudice italiano (nella specie la corte di appello) per ottenere un equa riparazione dei danni derivanti da processi civili, penali e amministrativi di durata eccessiva. In verità un primo passo verso il pieno riconoscimento del diritto ad un processo di durata ragionevole era stato fatto due anni prima con la legge costituzionale n.2 del 23.11.1999, di modifica dell’art. 111 Cost. che – nella nuova formulazione – recependo il contenuto dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo ha sancito: “ ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo ed imparziale, la legge ne assicura la ragionevole durata” Il diritto ad avere un processo equo e di durata ragionevole costituisce un vero e proprio diritto soggettivo a copertura costituzionale, fondamentale della persona, garantito sia a livello nazionale che europeo e già riconosciuto dalla nostra Costituzione implicitamente dagli artt. 24, 10 e 2, nonché espressamente dall’art. 111 (come modificato con legge del 1999) che integra l’art. 6 della Convenzione Europea. Prima della Legge Pinto l’equa riparazione per non ragionevole durata del processo era un istituto pressoché sconosciuto per il nostro ordinamento, mentre sussiste una ricca e copiosa giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo che ha definito nel corso degli anni il significato di “equo processo” ed i criteri in base ai quali è possibile stabilire se un processo abbia avuto o meno “durata ragionevole”. Il libro dell’Avv. Recchia ha il merito di ripercorrere sistematicamente l’evoluzione della legge Pinto, dalla sua entrata in vigore ad oggi, attraverso l’analisi della 366 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO giurisprudenza sia della corte di Strasburgo, sia del giudice nazionale e, in particolare, di quello di legittimità fornendo, così, un quadro completo della materia. E’ opportuno segnalare che nonostante la c.d.: Legge Pinto (art. 2) rimandi espressamente all’art. 6 della Convenzione e, quindi, ai principi interpretativi e parametri elaborati in seno alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in ordine alla riparazione del danno da processo irragionevolmente lungo, il giudice nazionale si è discostato più volte da tali principi (ad esempio: nel definire i parametri cronologici della durata un processo; oppure per determinare la somma da liquidarsi per ogni anno di ritardo • 1000-1500-2000 a seconda della situazione giuridica in gioco; nel limitare la riparazione del danno morale- pecunia doloris per gli enti collettivi e società, nel richiedere la prova del danno non patrimoniale etc.). Nel libro traspare spesso, con tono pacatamente polemico, questa tendenza del giudice nazionale, rispetto al giudice europeo, di dare un’interpretazione più “libera” del diritto ad un processo ragionevolmente lungo per restringere e limitare (sia qualitativamente che quantitativamente) le riparazioni del danno derivante dalla non ragionevole durata del processo. Tale tendenza non è, infatti, meramente teorica ed ha determinato in concreto, sopratutto nel corso degli ultimi anni, come conseguenza che un cospicuo numero di ricorsi venissero presentati o direttamente o dopo il giudizio di merito, dal cittadino italiano davanti alla Corte di Strasburgo proprio in virtù dell’art. 35 della Convenzione (insufficiente tutela) che stabilisce che la Corte Europea può procedere all’esame di un ricorso tutte le volte in cui il cittadino abbia subito un pregiudizio e “il ricorso non sia stato debitamente esaminato dal Tribunale nazionale”. L’Autore del libro parla in questa ipotesi di: revisio per saltum transanazionale : espressione che descrive perfettamente il fenomeno. Per porre rimedio a questa sorta di emigrazione delle cause è intervenuta di recente la Suprema Corte di Cassazione con quattro sentenze consecutive dello stesso giorno ed una di poco successiva (1338.1339,1340 e 1341 del 26.1.04- e la n.8568 del 23.4.05 ) attraverso le quali è stato affermato, in via generale, il precetto in base al quale il Giudice Territoriale si deve conformare nel suo operato ai criteri ed ai principi elaborati negli anni dalla Corte di Strasburgo e ciò in virtù ed in ossequio all’art. 2 Legge Pinto, che espressamente si richiama all’art. 6 della Convenzione: “Chi ha subito un danno patrimoniale e non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della L. 4.8.55 sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’ art, 6 paragrafo 1 della Convenzione, ha diritto ad un equo indennizzo” (art. 2 L.P.). Diversamente, infatti, si incorre in violazione di legge e, quindi, il decreto della FORO ROMANO 2/2007 367 IL NOSTRO MONDO Corte Territoriale è censurabile davanti alla Suprema Corte di Cassazione per violazione di legge e, in particolare, violazione dell’art. 2 L. Pinto e dell’art. 6 della Convenzione. A seguito delle sentenze poco sopra richiamate (1338,1339,1340 e 1341 del 2004) si può affermare che oggi i criteri elaborati dalla C.E.D.U., per la definizione e per l’individuazione del processo irragionevolmente lungo e, quindi, meritevole di riparazione del danno, sono ormai consolidati e, in particolare possono essere sinteticamente enumerati nel seguente modo: La durata del processo (elemento temporale): ovvero il tempo occorso per definire la vicenda processuale. La Corte Europea ha definito degli standard (3 anni- 2 anni e 7 mesi). In realtà la stessa Corte di Cassazione di recente ha stabilito che il termine può variare a seconda dei casi. Il computo della durata del tempo del processo per quanto riguarda l’inizio della decorrenza del termine se, trattasi di procedimento civile, si fa riferimento all’atto di citazione o al ricorso, mentre il termine finale può essere qualsivoglia provvedimento che definisce il giudizio, non solo quindi la sentenza passata in giudicato, ma anche – ad esempio – una transazione stragiudiziale. In materia penale l’inizio del giudizio non corrisponde alla nozione tecnica ovvero al rinvio a giudizio, ma con il primo atto che ha “ripercussioni importanti nella vita del privato” e, quindi, anche un interrogatorio per acquisire informazioni. Il termine finale può essere, invece, solo la sentenza. Il calcolo del tempo prevede che una volta individuato l’intero arco temporale del processo, il giudice dell’equa riparazione deve fare una selezione tra i segmenti temporali riferibili alle parti e quelli riferibili al giudice, sottraendo i primi dalla durata complessiva del processo. Ciò che risulta da tale sottrazione costituisce il tempo complessivo imputabile al giudice o, più in generale, alla macchina giustizia. Il comportamento processuale (elemento comportamentale) La Corte ha stabilito che non è sufficiente che un processo si sia protratto oltre un termine ragionevole per ottenere sic et simpliciter la riparazione del danno. Occorre infatti che le parti non abbiano contribuito con il loro comportamento ad allungare il processo, non deve, in sostanza, sussistere il concorso nel fatto del danneggiato. La Corte chiede cioè che le parti si siano comportate diligentemente. Naturalmente l’attività difensiva che si esplica attraverso comportamenti – ovviamente processuali – dilatatori non può essere riferita alla parte la quale deve – in ogni caso – potere esperire tutti i mezzi difensivi che gli sono consentiti (es. chiede legittimi rinvii per conseguire prescrizione del reato). La complessità del caso Questo terzo parametro costituisce un esimente solo per il giudice (rectius: per l’apparato giudiziario) e ricorre tutte le volte in cui il caso trattato si presenta particolarmente ed eccezionalmente complesso sia, ad esempio, per il numero degli imputati ad esempio, ovvero per il la copiosità e varietà del materiale probatorio da 368 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO esaminare e va valutato in concreto. 4Un altro parametro elaborato a Strasburgo, ma ancora non accolto dal giudice nazionale è costituito dai c.d. interessi in gioco ovvero status e diritti che sono coinvolti. I suddetti elementi vanno valutati unitamente, e non quindi, alternativamente, al fine di stabilire se un processo sia o meno ragionevolmente lungo ai fini della riparazione del danno. Il procedimento di equa riparazione in base alla c.d.: Legge Pinto non costituisce un atto di sfiducia nei confronti del Giudice e, infatti, prescinde totalmente dall’individuazione e dall’accertamento di una qualsivoglia responsabilità (con connesso risarcimento), in termini di colpa o dolo, del magistrato nello svolgimento della sua funzione: sussiste in tale ipotesi, come noto, il rimedio apprestato dalla L. 117/88 . Anche se i Decreti vanno trasmessi alla Corte dei Conti per valutare su eventuali responsabilità nella causazione della non ragionevole durata. La domanda di riparazione va proposta con ricorso (Art. 3 L.P.) davanti alla Corte di Appello competente individuata ex art. 11 c.p.p., regola non applicabile quando si impugnano procedimenti svolti davanti a giudici non ordinari (giudizi TAR e Corte dei Conti). Entro sei mesi dalla definizione del procedimento (ma può essere anche promosso a causa non terminata). Il rito è camerale e si conclude con decreto motivato immediatamente esecutivo che può essere impugnato davanti alla Corte di Cassazione. Legittimati attivi sono - anche a seguito delle più recenti sentenze della Cassazione - sia le persone fisiche, che giuridiche ed i c.d.: enti collettivi. Legittimati passivi sono: per danni da irragionevole durata di un processo ordinario (civile o penale) il Ministro di Grazia e Giustizia, per un processo militare il Ministro della Difesa, negli altri casi il Presidente del Consiglio dei Ministri, per i procedimenti tributari (limitatamente a quelli impugnabili: es. rimborso tributi) il Ministero della Finanza. Con riferimento al danno riparabile il libro dell’Avvocato Recchia contiene un approfondito ed interessante excursus sull’evoluzione giurisprudenziale in ordine alla prova del danno risarcibile di cui all’art. 6 Convenzione e, in particolare, attraverso l’esame delle sentenze più significative, dall’entrata in vigore della Legge Pinto a quelle più recenti, si passa da una tesi marcatamente restrittiva della risarcibilità, ad una più ampia e, invero, più conforme ai canoni interpretativi dettati dalla Corte di Strasburgo. Infatti, la prima giurisprudenza di legittimità riteneva che, in tema di giudizi per equa riprazione, il danno morale in senso lato o non patrimoniale, dovesse essere allegato e provato. Il che poneva il danneggiato davanti ad una classica probatio diabolica essendo davvero ardua la dimostrazione di stress e sofferenze che non producano evidenti patologie invalidanti. FORO ROMANO 2/2007 369 IL NOSTRO MONDO Questa tesi prendeva le mosse dalla concezione secondo la quale il diritto ad una ragionevole durata del processo non fosse un diritto della persona e, quindi, di rango costituzionale, in quanto troverebbe la sua fonte nella legge ordinaria. Successivamente, per temperare tale tesi si affermava (cfr: sentenze Cass. Civ.: 2130/03 – 5664/03) che era sufficiente fornire la prova del danno morale anche per via presuntiva considerato che costituisce una comune ed elementare nozione di psicologia il fatto che la pendenza di un processo penale, civile o amministrativo, produca nell’uomo medio - sulla base dell’id quod plerumque accidit – situazioni di stress, ansia, panico etc.. sofferenze psichiche appartenenti alla pura economia dell’interiorità, non esteriorizzate o esteriorizzabili. In questa direzione la Corte di Cassazione, con la nota sentenza del 5.8.04 n. 15093, afferma il principio in base al quale la prova del danno non patrimoniale è in re ipsa “nel senso che provata la sussistenza della violazione, ciò comporta nella normalità dei casi, anche la prova che essa abbia prodotto conseguenze non patrimoniali in danno della parte processuale” E la Corte di Cassazione, con la nota sentenza successiva n.3396 del 18.2.05 ha riconosciuto anche per gli enti collettivi e le persone giuridiche la riparazione del danno non patrimoniale, atteso che: “ i disagi ed i turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto normalmente provoca …” ben possono investire anche “le persone preposte alla gestione dell’ente ad ai suoi membri”. Invero la sopra evidenziata tendenza dei Giudici nazionali a non conformarsi ai principi interpretativi ed agli standard fissati dalla Corte Europea dei Diritti Umani ha avuto, sul piano pratico, l’effetto di incrementare a dismisura nel corso degli anni il numero dei giudizi promossi in via diretta alla Corte di Strasburgo; In sostanza si rinunciava al ricorso in Cassazione per ottenere una censura del decreto della Corte di Appello ritenuto meritevole di revisione proponendo subito l’ impugnativa direttamente alla Corte Europea e questa prassi costituisce una vera e propria violazione dell’art. 35 Convenzione che prevede espressamente che non si possa fare ricorso alla Corte Europea, se non dopo avere esperito tutti i rimedi previsti dall’ordinamento interno (c.d.: principio di sussidiarietà). Poiché i cittadini dei vari Paesi contraenti (ma soprattutto italiani) lamentavano il più delle volte, davanti al Giudice europeo, la mancata applicazione – da parte del Giudice nazionale - dei principi dettati dalla Giurisprudenza europea, e in particolare, il mancato riconoscimento del danno morale, la Corte di Strasburgo, per prassi riteneva ricevibile i ricorsi tutte le volte in cui accertava la insufficiente tutela. In tali casi, infatti, la Corte Europea può procedere all’esame di un ricorso tutte le volte in cui il cittadino abbia subito un pregiudizio e il “ricorso non sia stato debitamente esaminato dal Tribunale nazionale”.(art.35). Il problema si è posto in modo concreto anche e, soprattutto, con riferimento al 370 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO diverso criterio di quantificazione del danno adottato dal Giudice nazionale rispetto a quello applicato dal Giudice di Strasburgo. Si ricorreva spesso alla Corte Europea proprio perché i criteri che applicava consentivano una maggiore e più generosa quantificazione del danno. Invero negli ultimi anni il Giudice nazionale si è attenuto maggiormente ai criteri interpretativi ed agli standard dettati dalla Corte Europea Diritti Umani, conformandosi ai suoi parametri anche sotto l’aspetto quantitativo e riconoscendo tra • 1.000 fino ad • 2.000 per ogni anno di ritardo a seconda delle situazioni giuridiche soggettive in gioco. Tuttavia vi è ancora una incisiva differenza: il Giudice di Strasburgo liquida le predette somme per ogni anno di durata del processo, mentre le Corti nazionali, attenendosi alla lettera della Legge Pinto, continuano a considerare ancora il solo periodo eccedente la ragionevole durata, con evidente e conseguente riduzione dell’entità della liquidazione del danno. La Corte Europea infatti, una volta accertato che un procedimento è irragionevolmente lungo, procede a quantificare il danno tenendo conto dell’intera durata del processo (ad esempio quantifica in • 1.000,00 il danno per ogni anno di un processo irragionevolmente durato sei anni (invece di tre) e quindi l’importo complessivo liquidato è pari a • 6.000. Secondo la legge Pinto, invece, il criterio di liquidazione è diverso e meno satisfattivo considerato che l’art. 2 prevede espressamente che “Il giudice determina la riparazione a norma dell’art. 2056 c.c. osservando le seguenti disposizioni: a) rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di cui al comma uno”. Con lo stesso esempio di cui sopra si arriva alla liquidazione di solo la metà ovvero del periodo eccedente la ragionevole durata (3 anni), cioè • 3.000. Ci si augura per il futuro che anche le Corti italiane, siano più sensibili e, quindi, più generose nella liquidazione del danno per violazione al diritto soggettivo e proprio della persona, costituzionalmente protetto, a che ogni persona veda trattata la propria causa equamente ed in tempi ragionevoli. Avv. Cristiana Consalvi (Direttivo A.Gi.For – Commissione Giovani Ordine degli Avvocati di Roma). Avv. Cristiana Consalvi FORO ROMANO 2/2007 371 IL NOSTRO MONDO NASCE LA CAMERA ARBITRALE DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA Il processo civile italiano somiglia sempre di più ad un dinosauro, sopravvissuto miracolosamente all’impatto del meteorite, che si aggira smarrito in un mondo diverso dal suo, un mondo nel quale non si riconosce. Nonostante le ripetute novelle succedutesi dal 1940 ad oggi, l’impianto formalistico e le cadenze temporali del sistema processuale di questo Paese non sono cambiate, anzi si sono per certi aspetti aggravate risultando oggi lontanissime dalle esigenze dell’economia degli scambi della società contemporanea caratterizzata da tempi sempre più veloci. La situazione, da tempo insostenibile, si va aggravando ogni giorno di più per la insufficienza delle risorse umane e finanziarie che l’esecutivo, di qualunque colore politico, rifiuta di fornire alla giustizia civile. Perfino Draghi, Governatore della Banca d’Italia, nella sua relazione di fine maggio ha denunciato, evento senza precedenti, gli effetti disastrosi delle carenze della giustizia civile sullo sviluppo del Paese. Vede dunque opportunamente la luce, dopo breve gestazione, la Camera Arbitrale dell’Ordine degli Avvocati di Roma; un nuovo e prezioso strumento per la soluzione delle controversie che si colloca nella linea delle ADR (Alternative Dispute Resolutions” – arbitrati, conciliazioni – di derivazione anglosassone ormai largamente praticate non solo quale rimedio all’inefficienza del sistema giudiziario ma quale strumento di soluzione dei conflitti adeguato alle esigenze e ai tempi della economia contemporanea e in genere della dinamica sociale ormai incompatibili con quelli della giustizia ordinaria. Si tratta inoltre di una iniziativa per un verso dovuta, per altro verso indifferibile: dovuta in quanto, come è noto, l’Unione Europea da tempo ha segnalato e raccomandato l’adozione di strumenti per la soluzione stragiudiziale delle controversie, indifferibile perché si moltiplicano ormai le Camere Arbitrali e gli Organismi di Conciliazione segnatamente dopo le modifiche alla disciplina dell’Arbitrato introdotte dal D. lgs. 2.02.2006 n. 40 e l’introduzione delle procedure di conciliazione e arbitrato nelle materie di cui ai titoli V e VI del D. lgs. n. 5/03 seguito dal D.M. n. 222/04 recante i criteri e le modalità di iscrizione degli Organismi di Conciliazione. Senza parlare di iniziative già da tempo in essere quali le Camere Arbitrali istituite con L. 580/93 operanti attraverso la fitta rete delle Camere di Commercio. In Italia complessivamente il fenomeno dell’arbitrato e della conciliazione, entrambi riconducibili allo schema delle ADR, ha avuto già concrete e rilevanti attuazioni, basti pensare alla procedure attivate presso Telecom, all’Ombudsman 372 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO bancario, alla Camera Arbitrale in Agricoltura, alla Camera dei Lavori Pubblici e, largamente popolare per recenti vicende sportive, alla Camera di Conciliazione per lo Sport; senza parlare delle procedure di conciliazione nella contrattazione collettiva del lavoro pubblico e privato, delle molteplici iniziative di uguale oggetto a livelli locali. A livello europeo basti ricordare poi la Cour Européenne d’Arbitrage, la International Chamber of Commerce di Parigi. Si tratta insomma di una esigenza imposta dall’attualità rispetto alla quale l’Ordine Forense rischiava di rimanere escluso pur essendo in grado di offrire un servizio di alto livello e di indiscutibile pregio. Di più, le ADR promosse dal Consiglio dell’Ordine non sottrarranno agli Avvocati occasioni di lavoro ma al contrario ne dilateranno gli spazi e le specificità professionali sia quali arbitri sia quali conciliatori sia quali difensori e/o consulenti delle parti nelle procedure di ADR. Di qui l’esigenza che gli stessi Colleghi si rendano promotori, già nella fase di consulenza e assistenza contrattuale, dell’inserimento nei contratti di clausole compromissorie o della stipula di compromessi per arbitrato amministrato secondo il regolamento della Camera Arbitrale Nazionale e Internazionale dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Per quanto necessario il regolamento e i formulari sono attingibili sul sito del Consiglio dell’Ordine di Roma. Avv. Giorgio della Valle FORO ROMANO 2/2007 373 IL NOSTRO MONDO NECROLOGI IN RICORDO DI CARLO FORNARIO Breve riassunto delle parole pronunciate al Consiglio dell’Ordine il 14/6/06 Avevo preparato una scaletta; purtroppo i miei occhi non mi permettono di leggere, quindi mi affido alla memoria che mi è rimasta e all’improvvisazione. Accennerò il ricordo di Carlo Fornario sotto tre aspetti: l’amico, l’avvocato e l’uomo. a. I miei rapporti di amicizia non hanno data d’inizio. Ed è stato un sentimento vero, sincero e palese. Avevamo due caratteri tutt’affatto diversi – sempre sereno e tranquillo lui, io quasi sempre intransigente su alcuni punti e spesso reattivo – ma ci ha sempre unito l’identità e il rispetto di certi fondamentali valori che non possono non essere comuni a chi crede nella solidarietà umana, oltre la profonda stima reciproca. Malato, nella impossibilità di presenziare le udienze del Tribunale, mi chiamò per pregarmi di discutere in Cassazione un suo ricorso, il che mi dimostrò ancora una volta la fiducia che egli aveva in me. Se mal non ricordo, la causa andò male (certamente per mia colpa perché Carlo aveva scritto un’ottima difesa!). b. Come avvocato non posso non ricordarne, oltre la conoscenza della legge, lo studio attento della specie di fatto e la chiarezza con la quale esponeva le sue tesi davanti ai giudici, sempre con grande tranquillità. Lavoratore indefesso; so che dormiva poco e, specialmente quando ricopriva la carica – che tenne a lungo – di Presidente del Consiglio dell’Ordine di Roma studiava i fascicoli alle luci dell’alba. c. Ma il ricordo di Carlo riguarda soprattutto l’uomo, la sua modestia, la sua umiltà, il suo equilibrio, virtù queste proprie di chi sa di valere. Negli anni in cui feci parte del Consiglio dell’Ordine di Roma che egli presiedeva con grande diligenza, prestigio e passione, non posso dimenticare quando il mio fervore nella trattazione di problemi, specialmente deontologici, portava al dissenso con qualche collega Carlo interveniva con calma e saggezza. Solo una volta, quando forse io ero andato oltre un certo limite, egli fermamente ma anche affettuosamente mi disse: Enrico adesso basta. La personalità dell’uomo era completata dall’amore per la musica lirica e sinfonica che egli prediligeva, forse, più del diritto. Credo di aver detto di Carlo Fornario quello che l’animo mi ha dettato. Avv. Enrico Biamonti 374 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO Prof. Avv. Adelmo Manna DISCORSO IN OCCASIONE DELLA COMMEMORAZIONE DELL’AVV. GABRIELLA NICCOLAJ 13 dicembre 2005 - Aula degli Avvocati del Palazzo di Giustizia Piazza Cavour di Roma Sono profondamente grato all’Ordine degli Avvocati di Roma, ed in particolare al suo Presidente, Avv. Alessandro Cassiani, alla Camera Penale di Roma ed al suo Presidente, Avv. Renato Borzone, per avere indetto questa cerimonia commemorativa in onore di mia madre, Avv. Gabriella Niccolaj. Sono altresì sinceramente grato a tutti gli intervenuti, che con la loro presenza hanno voluto onorare la memoria di mia madre, e soprattutto ringrazio i Conss. Paolo Colella ed Adelchi d’Ippolito, del Tribunale penale di Roma, per le belle parole con le quali hanno voluto ricordare mia madre, nei loro interventi. Il fatto che questa commemorazione si svolga nell’Aula degli Avvocati del Palazzo di Giustizia di Roma è significativa. In quest’Aula infatti, in epoca fascista, si svolgevano i processi innanzi al Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, tra i quali ricordiamo, tra l’altro, e non solo per l’importanza ed il calibro morale e politico degli imputati, il c.d. ‘processone’, a carico di Gramsci, Terracini, ed altri esponenti della vita politica del Paese, di assoluto rilievo. In quel processo mio nonno, Avv. On. Adelmo Niccolaj, difendeva uno degli imputati, come sempre devoto alla causa del garantismo individuale e dell’ideologia socialista. Ed è proprio lungo il crinale delle più alte idee socialiste che si dipana il ‘filo rosso’ che unisce mia madre a suo padre, l’Avv. On. Adelmo Niccolaj. Erano infatti entrambi strenui sostenitori delle idee socialiste, proprie di un socialismo di tipo non già marxista-ortodosso, dalla matrice principalmente economico-massimalista, ma di ascendenza, invece, soreliana, nel quale quindi prevalente era la componente lato sensu’giuridica’, intesa quale affermazione della eguaglianza giuridico-sociale di tutte le persone, indipendentemente dagli status e dalle condizioni socio-economico-culturali loro proprie, nella prospettiva (ispiratrice del principio di cui al capoverso dell’art. 3 Cost.) di un superamento delle disuguaglianze che caratterizzano la società moderna, dal suo nascere. Tale concezione del socialismo, cui mia madre (come già suo padre) è stata sempre fedele, si fonda in primo luogo essenzialmente sulla sinergia funzionale che lega i valori della libertà e dell’eguaglianza, secondo una prospettiva di ascendenza illuministica che assegna ai diritti fondamentali della persona ed all’eguaglianza delle persone nel diritto e di fronte ad esso il ruolo primario nella costruzione della società, rappresentando essi stessi ad un tempo il fine ultimo dello Stato di diritto ed il criterio di legittimazione esterna del potere statuale. In tale prospettiva, sempre cara a mia madre, gioca un ruolo fondamentale il diritto alla difesa, inteso quale diritto fondamentale ed inviolabile della persona, presupposto per la tutela del cittadino rispetto a possibili’abusi del diritto’, conditio sine qua non della garanzia di un corretto esercizio del potere e del diritto nel contesto dei rapporti tra cittadino e Stato; come del resto sancito dall’art. 24 Cost., dall’art. 6 della Carta europea dei diritti dell’Uomo, dall’art. 9 della Carta di Nizza, ora trasfusa nella Costituzione Europea. Ed è con lo spirito della più strenua fedeltà a questa finalità individual-garantista del diritto di difesa, inteso quale diritto fondamentale ed inviolabile della persona, che mia madre ha svolto FORO ROMANO 2/2007 375 IL NOSTRO MONDO il suo ruolo di avvocato, ricoprendo peraltro incarichi di assoluto rilievo, tra i quali in particolare quello di Consigliere tesoriere dell’Ordine degli Avvocati di Roma, dal 1962 al 1971; quello di Tesoriere della Camera Penale di Roma (nel 1966, sotto la Presidenza dell’Avv. Nicola Madia, con il Segretariato dell’Avv. Pietro d’Ovidio), facendo peraltro parte del Consiglio Direttivo della medesima Camera Penale per molti anni e contribuendo in maniera determinante alla nascita di quell’ente di coordinamento di estrema rilevanza che è l’Unione delle Camere Penali. L’assoluta rilevanza degli incarichi svolti da mia madre appare del resto di spessore ancora maggiore ove si consideri come, nei primi anni sessanta, l’accesso alle donne alle professioni forensi fosse notevolmente limitato e tendenzialmente ostacolato da pregiudizi sessisti e culturali. Mia madre fu infatti tra le prime donne in Italia ad occuparsi della giustizia penale, favorendo ed impegnandosi a fondo per il riconoscimento alle donne dei diritto di accesso alla magistratura. E’ stata peraltro attiva partecipante all’Unione delle Donne Giuriste, sostenendo come la lotta per l’eguaglianza delle persone non possa prescindere dal riconoscimento della parità dei diritti e delle libertà ad ambo i sessi, ed evidenziando come il diritto rappresenti il terreno essenziale per l’affermazione di questi principi. Nel 1986 ha svolto un ruolo di notevole rilevanza quale socio fondatore e componente del Collegio dei Probiviri (dal 1986 al 1992) dell’Associazione ‘Consulta per la Giustizia Europea dei Diritti dell’uomo’, Associazione avente per scopo principale quello di “diffondere negli enti associati la conoscenza dei diritti umani e dei relativi strumenti di tutela giurisdizionale davanti alla magistratura italiana ed altri organi internazionali competenti ed in particolare davanti agli organi giurisdizionali di Strasburgo (Commissione europea e Corte europea dei Diritti dell’Uomo), in forza della legge italiana del 4 agosto 1955, n. 848, che ha recepito nel nostro ordinamento nazionale la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo ed in particolare dell’art. 25 della stessa Convenzione che, dall’1 agosto 1973 anche in Italia, consente il ricorso di ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppo di privati che pretenda di essere vittima di una violazione da parte dello Stato italiano dei diritti riconosciuti dalla citata Convenzione”. L’avv. Gabriella Niccolaj è stata inoltre socia fondatrice e Presidente del Lions Club Roma ‘Augustus’, partecipando attivamente alla vita dell’Associazione. Dei suoi oltre cinquant’anni di professione io ricordo, per delicatezza della materia trattata, nonché per il ruolo di assoluto rilievo che ivi ebbe mia madre, uno degli ultimi processi che abbiamo svolto insieme, il processo Fronteddu, vertente su un caso di maltrattamenti in famiglia, commessi dalla madre della vittima in concorso con suo cognato (padre della bambina). Questo processo ha rappresentato un’occasione di strenuo scontro non soltanto tra due donne dalla personalità estremamente forte e determinata (mia madre da un lato ed il Pubblico Ministero dall’altro, la Dr.ssa Lina Cusano), ma anche e soprattutto tra due interpretazioni del ruolo della donna e della finalità stessa del diritto penale, nella sua perenne tensione tra istanze individualgarantiste da un lato ed esigenze socialdifensive e generalpreventive dall’altro. Concluderei questo mio breve intervento parafrasando le parole che il Prof. Giorgio Marinucci utilizzò per uno dei miei due Maestri (l’altro è il Prof. Giuliano Vassalli), Prof. Franco Bricola, in occasione della sua commemorazione. Non potrei infatti descrivere mia madre con parole diverse da queste: una donna piccola, fisicamente minuta; modesta perché mai ha dimostrato la consapevolezza della sua levatura, morale, professionale, giuridica; grande, come spero di avere illustrato con le mie parole. 376 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO Abbiamo ricevuto numerose lettere di solidarietà da parte di tutti i Consigli dell’Ordine degli Avvocati italiani e Istituzioni sulla grave iniziativa del Ministro di Giustizia di sfrattarci dalla nostra sede storica del Palazzo di Giustizia di Roma che portiamo a conoscenza di tutti i Colleghi. Nota di Redazione SFRATTO DALLA STORICA SEDE La solidarietà da parte di tutti i Consigli dell’Ordine degli Avvocati italiani che insorgono contro l’assurda decisione di sfrattare dal “Palazzaccio” di Roma il nostro Consiglio dell’Ordine Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bari Estratto del verbale della seduta del 24 gennaio 2007 Omissis Punto n. 2 all’Ordine del Giorno (Comunicazioni del Presidente, Segretario e Tesoriere) Il Consiglio, delibera di integrare il precedente verbale esprimendo la solidarietà al Consiglio dell’Ordine di Roma per il preannunciato “sfratto” dalla sede in piazza Cavour, altresì il proprio disappunto per l’improvvida iniziativa che dimostra la insensibilità verso la Avvocatura tutta. Omissis E’ copia conforme all’originale Bari, 5 febbraio 2007 Il Consigliere Segretario Avv. Giovanni Schiavoni Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bologna Estratto dal libro dei verbali del Consiglio Ordine Avvocati di Bologna Adunanza del 26 febbraio 2007 Omissis 3) COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENZA Omissis L’anno 2007, e questo giorno di lunedì 26 del mese di febbraio, alle ore 15.30 si è riunito nella sua Sede il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, presenti gli Avvocati: STRAZZIARI LUCIO PRESIDENTE – CALLEGARO SANDRO Segretario f.f. – ATTI ANNALISA – BERTI ARNOALDI VELI GIOVANNI – CLAUSI-SCHETTINI GUIDO – CRISTONI CLAUDIO – MASE’ DARI FLAVIA – PACIFICO FAUSTO SERGIO – SPINZO ANTONIO – ZAMBELLI TIZIANA Omissis 3) COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENZA Omissis 4) Riferisce il Presidente avv. Lucio Strazziari sulla nota 21 dicembre 2006, con cui il Presidente dell’Ordine Forense di Roma, avv. Alessandro Cassiani, segnala che il Ministro della Giustizia, on. Clemente Mastella, su iniziativa del Presidente dott. Marvulli, intende emettere un decreto con il quale verrebbe disposto il rilascio dei locali di Piazza Cavour a Roma, nei quali ha sede, da oltre cento anni, il Consiglio dell’Ordine Forense di Roma. FORO ROMANO 2/2007 377 IL NOSTRO MONDO All’esito del riferimento, IL CONSIGLIO - ritenuto che tale iniziativa, ove attuata, finirebbe per rappresentare inaccettabile delegittimazione della Avvocatura del Foro di Roma, il cui Consiglio trova da sempre collocazione nell’edificio ove ha sede la più alta Autorità Giudiziaria, nel pieno riconoscimento della classe forense quale componente fondamentale della giurisdizione; MANIFESTA contrarietà e sorpresa per tale iniziativa, ed ESPRIME piena solidarietà al Consiglio dell’Ordine Forense di Roma, e a tutti i Colleghi del detto Foro, e SOLLECITA tutte le Autorità preposte ad intervenire per evitare che possa avere attuazione la detta iniziativa che pregiudicherebbe non solo l’Ordine Forense di Roma, ma l’intera Avvocatura Italiana. Omissis IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE F.to Avv. Sandro Callegaro F.to Avv. Lucio Strazziari Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bolzano ESTRATTO DAL VERBALE DELLA SEDUTA DEL CONSIGLIO DEL 19.01.2007 IL CONSIGLIO (omissis da 1 a 51) 52) Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bolzano, vista la nota del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Avv. Alessandro Cassiani, con la quale è stata segnalata la fondata preoccupazione che per iniziativa del Ministero di Giustizia venga meno la disponibilità dei locali in uso al Consiglio presso la sede della Suprema Corte di Cassazione; considerato che da ben 100 anni tali uffici sono simbolo di riferimento non solo per l’Avvocatura romana ma per tutta l’Avvocatura italiana, che l’ubicazione degli uffici dell’ordine nella stessa sede dell’Alta Magistratura costituisce il dovuto riconoscimento, formale e sostanziale, del ruolo svolto dall’Avvocatura; delibera di esprimere piena ed assoluta solidarietà al Consiglio dell’Ordine di Roma ed ai Colleghi tutti di quell’Ordine, e, contestato comunque il metodo adottato, auspica un pronto ripensamento. (omissis) Il Consigliere Segretario Il Presidente f.to avv. Maria Carmela CARRIERE f.to avv. Peter PLATTER Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Cagliari Caro Alessandro, Ti comunico che il Consiglio, nella seduta dell’8 gennaio scorso, ha deliberato all’unanimità di esprimere incondizionata solidarietà all’intera Avvocatura Romana invitando, per il Tuo tramite, il Ministro a recedere dall’improvvida iniziativa di sottrarre al Consiglio dell’Ordine i locali siti presso la Suprema Corte di Cassazione. Questo Consiglio ha rilevato, a riguardo, che la sede del C.O.A. di Roma presso i suddetti locali ha un insostituibile valore, non soltanto simbolico, riferito al ruolo dall’Avvocatura 378 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, e costituisce altresì un punto di riferimento per l’Avvocatura Italiana tutta. Con affetto e stima. Il Presidente (Avv. Ettore Atzori) Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Castrovillari L’anno 2007, il giorno 23 del mese di gennaio, alle ore 16:00, si è riunito il Consiglio dell’Ordine Forense con l’intervento dei sigg. avvocati: Avv. Mario Rosa Presidente, Avv. Maria Teresa Vincenzi Consigliere Segretario, Avv. Elio Stabile Consigliere Tesoriere, e i Consiglieri: Avv. Alfredo Ceccherini, Avv. Alessandro Ferrara, Avv. Francesco Paolo Gallo, Avv. Loredana Ferraina, Avv. Gaetano M. Bloise, Avv. Giorgio Pisani OMISSIS Il Consiglio letta la comunicazione n. 971 del 15/01/2007, del Presidente dell’Ordine di Roma, relativa alla preannunciata intenzione da parte del Ministro della Giustizia di far venir meno la disponibilità dei locali in uso al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma all’interno della sede della Corte di Cassazione, ove ha sede da oltre 100 anni; considerato che la presenza dell’Ordine romano nel Palazzo della Suprema Corte è da sempre punto di riferimento di tutta l’Avvocatura italiana e che l’ubicazione dei detti uffici nel Palazzo di Giustizia costituisce il dovuto riconoscimento, formale e sostanziale, del ruolo svolto dall’Avvocatura; all’unanimità delibera di esprimere fermo dissenso e contrarietà per l’inopportuna riferita iniziativa, nonché la propria solidarietà nei confronti del Consiglio dell’Ordine di Roma, con l’auspicio di un immediato ripensamento. f.to Il Consigliere Segretario Avv. Maria Teresa Vincenzi f.to Il Presidente Avv. Mario Rosa Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Gorizia ESTRATTO DEL VERBALE N. 3 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Gorizia del giorno 7 febbraio 2007. Sono presenti gli avv.ti: GARLATTI Bruno, MULITSCH Paolo, RUSSO Alfredo, MACORATTI Piero e CAVALLO Stefano. OMISSIS Presiede l’avv. Bruno Garlatti e verbalizza l’avv. Paolo Mulitsch. OMISSIS Il Consiglio, - sentita la relazione del Presidente, - letta la nota del 21 aprile 2006, con la quale il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, avv. Alessandro Cassiani, ha comunicato che, su iniziativa del FORO ROMANO 2/2007 379 IL NOSTRO MONDO Primo presidente della Corte di Cassazione, il Ministro della Giustizia, on. Clemente Mastella sta per emanare un decreto con ordine a detto Consiglio, di rilasciare i locali, siti nel Palazzo di Giustizia di Piazza Cavour, ove è la sede del Consiglio da oltre 100 anni, - rilevato che la naturale sede del Consiglio dell’Ordine di Roma non può che essere quella attuale, nel palazzo di Giustizia di Piazza Cavour, che rappresenta un punto di riferimento per gli Avvocati di tutta Italia; - ritenuto che la minaccia di “sfratto” da parte del Primo Presidente della Corte di Cassazione e del Ministro della Giustizia rappresenta un inaudito atto di autorità, che viene a mortificare non solo l’Avvocatura Romana ma la intera Avvocatura Italiana; delibera di esprimere lo sdegno e la indignazione della classe forense di Gorizia per la iniziativa del Primo Presidente della Corte di Cassazione e per il paventato intervento del Ministro della Giustizia, auspica l’intervento del Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera e del Senato, del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Presidente della Regione Lazio, della Provincia e del Sindaco di Roma, del Presidente del Consiglio Nazionale Forense e di tutti gli Ordini Forensi d’Italia, allo scopo di evitare che il minacciato provvedimento venga posto in essere, invita il Presidente del Consiglio Nazionale Forense e tutti i Presidenti degli Ordini Forensi di Italia ad adottare le più opportune iniziative, per impedire che venga ulteriormente mortificata la dignità dell’intera Avvocatura, già ampiamente mortificata da tutti i recenti provvedimenti legislativi. OMISSIS IL CONSIGLIERE SEGRETARIO (avv. Paolo Mulitsch) IL PRESIDENTE DELL’ORDINE (avv. Bruno Garlatti) Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Latina VERBALE DELLA SEDUTA DEL 13/02/2007 OMISSIS Sul VII° punto all’o.d.g. OMISSIS il Consiglio, vista la nota del 21/12/2006 del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Avv. Alessandro Cassiani, con la quale si segnala la preoccupazione che venga meno la disponibilità dei locali di Piazza Cavour – Roma presso la sede della Suprema Corte di Cassazione, ove ha sede il Consiglio dell’Ordine di Roma da oltre 100 anni; UDITA la relazione del Presidente; RITENUTO che la presenza del detto Consiglio nella storica sede rappresenta un riconoscimento e riferimento non solo per l’Avvocatura romana, ma per tutta l’Avvocatura italiana; MANIFESTA 380 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO la propria contrarietà ed indignazione per l’iniziativa adottata; ESPRIME profonda e sentita solidarietà al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma; SOLLECITA l’intervento autorevole da parte delle Istituzioni della Repubblica e degli Organismi Nazionali Istituzionali e Politici della Avvocatura; INVITA il Presidente della Corte di Cassazione a desistere dalla indicata iniziativa tesa ad allontanare il Consiglio dell’Ordine dalla sua naturale e storica sede DICHIARA la disponibilità a fornire sostegno in ogni sede. Latina, 13 febbraio 2007 Il Consigliere Segretario Avv. Giovanni Lauretti Il Presidente Avv. Giovanni Malinconico Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Messina L’anno duemilaesette, il giorno 24 del mese di gennaio, alle ore 16,00 in Messina, nei soliti locali, si è riunito il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina con l’intervento dei signori: omissis Il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma, con lettere pervenute il 19.01.07 prot. n. 291 e il 29.12.06, prot. n. 4550, ha denunziato il rischio che l’Ordine degli Avvocati di Roma sia “sfrattato” dalla storica sede del Palazzo Cavour. Il Consiglio delibera di esprimere la propria contrarietà e dissenso per l’iniziativa certamente inopportuna, ingiustificata ed offensiva per l’intera Avvocatura; auspica che il Ministro della Giustizia non emetta l’annunciato decreto; invita tutte le Autorità competenti ad intervenire in favore dell’Avvocatura romana alla quale esprime solidarietà, condividendone tutte le iniziative di contrasto che saranno assunte. Omissis Il Consigliere Segretario f.f. f.to avv. Vincenzo Ciraolo Il Presidente f.to avv. Francesco Marullo di Condojanni Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Pistoia Riunione consiliare del 26 gennaio 2007 Omissis “Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pistoia all’unanimità LETTA la nota del 21/12/06 e del 15/1/07 del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, avv. Alessandro Cassiani, il quale comunica che, su iniziativa del Primo Presidente della Corte di Cassazione, dott. Marvulli, il Ministro della Giustizia, On. Clemente Mastella, sarebbe FORO ROMANO 2/2007 381 IL NOSTRO MONDO in procinto di sottoscrivere un decreto che dispone il rilascio, da parte del Consiglio dell’Ordine di Roma, dei locali di Piazza Cavour – Roma presso il Palazzo di Giustizia, ove lo stesso ha sede da oltre 100 anni; MANIFESTA Sorpresa per una iniziativa che appare inopportuna e in contrasto con gli interessi, la dignità degli avvocati di Roma e dell’intera avvocatura SOLLECITA l’autorevole intervento di tutte le Autorità preposte, per evitare che venga posto in essere un atto che punirebbe non solo l’Ordine di Roma ma l’intera Avvocatura Italiana”. Omissis Il Consigliere Segretario Il Presidente Avv. Giuseppe Alibrandi avv. Giancarlo Bellizzi Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Potenza Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Potenza, nella riunione consiliare del 25 gennaio 2007, letta la nota del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma del 21.12.2006 con la quale si lamenta l’imminente emanazione di un decreto ministeriale che dovrebbe disporre il rilascio da parte del Consiglio di Roma della sede di Via Cavour, ha deliberato di manifestare il proprio dissenso per l’improvvida iniziativa e di esprimere solidarietà agli Avvocati del Foro di Roma; e di sollecitare l’intervento di tutte le autorità preposte perché impediscano l’emissione dell’annunziato decreto. IL CONSIGLIERE SEGRETARIO Avv. Enzo Sarli IL PRESIDENTE Avv. Michele Valente Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia L’anno 2007 e questo giorno 29 del mese di gennaio alle ore 15.00 presso la sede del Consiglio dell’Ordine sono presenti: PRESIDENTE Avv. Eugenio Chierici SEGRETARIO Avv. Tiziana Ficarelli TESORIERE Avv. Alessandro Verona Consiglieri Avv.ti: CARMELO CATALIOTTI, RAFFAELE COLUCCIO, CECILIA BARILLI, LUIGI ALBERTINI, DOMENICO NORIS BUCCH, ENRICA SASSI, BENSO TIRELLI, MONICA RANELLUCCI, BRUNO PEZZAROSSI Assenti giustificati: AVV. MARIO BURANI, STEFANO COSCI, BRUNELLA BERTANI Omissis MANIFESTAZIONE DI SOLIDARIETA’ ALL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA Il Consiglio, letta la nota del 21.12.2006 del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, avv. Alessandro Cassiani, il quale lamenta che, su iniziativa del Presidente dott. Marvulli, il Ministro 382 FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO della Giustizia, On. Clemente Mastella, è in procinto di sottoscrivere un decreto che dispone il rilascio, da parte del Consiglio dell’Ordine di Roma, dei locali di Piazza Cavour – Roma presso il Palazzo di Giustizia, ove lo stesso ha sede da oltre 100 anni; manifesta disappunto per una iniziativa inopportuna e ingiustificata. Sollecita l’autorevole intervento di tutte le Autorità preposte, per evitare che venga posto in essere un atto che punisce indebitamente non solo l’Ordine di Roma, ma l’intera Avvocatura Italiana. Omissis IL PRESIDENTE IL SEGRETARIO f.to Avv. Eugenio Chierici f.to Avv. Tiziana Ficarelli Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Spoleto Il giorno cinque del mese di febbraio dell’anno duemilasette si è riunito il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Spoleto, per deliberare sui seguenti punti all’ordine del giorno: - OMISSIS SOLIDARIETA’ AL CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA Il Consiglio, ESAMINATA la nota con cui il collega Alessandro Cassiani, nella sua qualità di Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma, segnala il concreto ed imminente pericolo che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma venga “sfrattato” dalla storica e prestigiosa sede di Piazza Cavour; RILEVATO che vicende di questo tipo, per lo stravolgimento che verrebbero a determinare devono essere innanzitutto accuratamente ponderate e discusse, tenendo conto delle esigenze di tutti i soggetti coinvolti; RILEVATO altresì che la presenza dell’ordine degli Avvocati di Roma nella sede di Piazza Cavour costituisce da sempre punto di riferimento dell’intera Avvocatura italiana e simbolo del ruolo essenziale ed imprescindibile che l’Avvocatura stessa deve ricoprire nella amministrazione della Giustizia e del riconoscimento che ad essa è dovuto da parte delle Istituzioni; DELIBERA, all’unanimità, di esprimere piena e motivata solidarietà al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, auspicando al riguardo un pronto ripensamento. - OMISSIS Del chè il presente verbale, letto, confermato e sottoscritto. Il Presidente F.to Paolo Feliziani Il Segretario F.to Maria Letizia Angelini Paroli Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Tolmezzo Verbale di adunanza del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Tolmezzo in data 21 febbraio 2007 alle ore 11.00. Sono presenti i Signori: Avv. Silvio Beorchia Presidente, Avv. Piero Cella Consigliere Segretario, Avv. Francesco Marcolini Consigliere Tesoriere, e i Consiglieri Avv. Barbara Comparetti, Avv. Francesco Vespasiano, Avv. Daniela Cattarino, Avv. Giunio Pedrazzoli Il Consiglio dell’Ordine, Letta la nota in data 21 dicembre 2006 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma; FORO ROMANO 2/2007 383 IL NOSTRO MONDO Preso atto che il primo Presidente ed il V. Presidente della Corte di Cassazione hanno espresso la volontà di “sfrattare” il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma dal Palazzo di Piazza Cavour; Considerato che il Consiglio dell’Ordine di Roma ivi ha la storica sede da oltre cento anni; che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati è un’Istituzione rappresentativa dell’Avvocatura, vale a dire di una parte essenziale ed imprescindibile per l’amministrazione della Giustizia; ritenuto che non vi sono plausibili motivi per allontanare il Consiglio dell’Ordine privilegiando la permanenza di Enti, ivi allocati, non funzionali rispetto all’attività giudiziaria; ESPRIME Profonda solidarietà al Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Roma e si associa alla protesta avanzata e DICHIARA La disponibilità a fornire sostegno in ogni sede. Il Presidente Il Consigliere Segretario Avv. Silvio Beorchia avv. Piero Cella Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Trani Delibera 8/2/2007 n. 1530 IL CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI TRANI nella seduta dell’8/2/2007, all’unanimità, delibera quanto segue: LETTE le note del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma del 28/12/2006, prot. 3066/06, e del 18/1/2007, prot. 174/07, con le quali si segnala la fondata preoccupazione che l’Ordine di Roma venga privato della sua sede, storicamente risalente ad oltre cento anni, presso il Palazzo della Corte Suprema di Cassazione a Piazza Cavour, a seguito della iniziativa della Presidenza della Corte di Cassazione e della paventata adesione del Ministro della Giustizia, CONSIDERATO che la sede dell’Ordine di Roma nel palazzo della Corte Suprema di Cassazione costituisce punto di riferimento, sia ideale che funzionale, non solo per l’Avvocatura romana ma per tutta l’Avvocatura italiana, ESPRIME sconcerto e vibrata protesta verso l’ingiustificata iniziativa e piena solidarietà al Consiglio dell’Ordine di Roma e a tutta l’Avvocatura romana, AUSPICA il pronto intervento delle Autorità istituzionali e politiche sia dello Stato che dell’Avvocatura per evitare che la paventata eliminazione della sede abbia luogo, DISPONE l’invio di copia della presente delibera al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Giustizia, al Presidente della Corte di Cassazione, al Presidente del Consiglio Nazionale Forense, al Presidente della Cassa Forense, al Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, al Presidente del Consiglio dell’Ordine di Roma, a tutti i Presidenti degli Ordini nazionali ed ai Presidenti delle Associazioni Nazionali Forensi. F.to Il Consigliere Segretario avv. Salvatore Pasquadibisceglie 384 F.to Il Presidente avv. Bruno Pietro Logoluso FORO ROMANO 2/2007 IL NOSTRO MONDO Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Velletri OMISSIS Il Presidente riferisce della missiva dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma con la quale si porta a conoscenza che è stata proposta la loro estromissione da Piazza Cavour. Il Consiglio dopo ampia discussione all’unanimità delibera di approvare il seguente documento: IL CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI VELLETRI Letta La comunicazione inviata il 21.12.2006 dal Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma Avv. Alessandro Cassiani, con la quale segnala il paventato “sfratto” del Consiglio dalla sua naturale sede di Piazza Cavour; rilevato che la sede del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma è ubicata da oltre un secolo nei locali di Piazza Cavour; ritenuto che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati è istituzione rappresentativa dell’Avvocatura ed in particolare il Consiglio dell’Ordine di Roma può e deve ritenersi punto di riferimento dell’intera Avvocatura italiana; ritenuto, infine che l’eventuale accoglimento della richiesta avanzata dal Presidente della Suprema Corte, determinerebbe notevoli disagi all’Ordine capitolino e, quindi, ad un soggetto coessenziale per il corretto esercizio della Giurisdizione; esprime la solidarietà dell’Ordine degli Avvocati di Velletri al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ed ai colleghi tutti esercenti in quel Foro, invitando il Presidente della Corte di Cassazione a desistere da ogni iniziativa finalizzata ad estromettere il COA di Roma dalla sua naturale sede istituzionale. Il Segretario Avv. Raffaele Marchetti Il Presidente Avv. Giuseppe Perica Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Vicenza Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vicenza, nella seduta del 24/01/2007, LETTA la nota del 21.12.2006 del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Avv. Alessandro Cassiani, il quale lamenta che, su iniziativa del Presidente della Corte di Cassazione, Dott. Marvulli, il Ministro della Giustizia, On.le Clemente Mastella è in procinto di sottoscrivere un decreto che dispone il rilascio, da parte del Consiglio dell’Ordine di Roma, dei locali di Piazza Cavour – Roma, presso il Palazzo di Giustizia, ove lo stesso ha sede da “oltre 100 anni”; CONSIDERATO che il paventato “sfratto” è gravemente lesivo degli interessi e della dignità dell’intera Avvocatura; considerato altresì che la presenza del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e dei suoi uffici FORO ROMANO 2/2007 385 IL NOSTRO MONDO presso il “Palazzaccio” di Piazza Cavour a Roma costituisce un prezioso ed irrinunziabile punto di riferimento per tutti gli Avvocati di altri distretti d’Italia che ivi si recano per svolgere l’attività difensiva avanti alla Suprema Corte; DELIBERA di manifestare il proprio sdegno e la propria contrarietà avverso l’improvvida iniziativa adottata dal Presidente Marvulli e per il paventato intervento adesivo del Ministero della Giustizia; SOLLECITA l’autorevole intervento del Capo dello Stato, dei Presidenti di Camera e Senato, del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Presidente del Consiglio Nazionale Forense, del Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, dei Presidenti dei Consigli degli Ordini degli Avvocati per evitare che venga adottato il mortificante provvedimento in questione; INVITA il Presidente del Consiglio Nazionale forense, i Presidenti degli Ordini degli Avvocati ed il Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura ad adottare ogni opportuna iniziativa al riguardo. 386 FORO ROMANO 2/2007 COMUNICAZIONI E NOTIZIE Lettere del Pres. Avv. CASSIANI Alessandro indirizzate al Dott. SCOTTI Luigi e all’Avv. LI GOTTI Luigi in merito a due telegrammi inviati il 7 febbraio 2007 e il 13 febbraio 2007 all’On. MASTELLA Clemente. Roma, 7 febbraio 2007 Preg.mo Signor Presidente Luigi Scotti Sottosegretario al Ministero della Giustizia Ministero della Giustizia Via Arenula, 71 00186 – ROMA Egregio Presidente, Le invio copia di un telegramma trasmesso al Ministro Mastella. La situazione non richiede commenti. Memore di quanto ha tentato di fare in passato e della profonda conoscenza dei problemi che affliggono gli Operatori della Giustizia, confido in un Suo autorevole intervento. In attesa, La ringrazio anticipatamente e Le invio il mio più sincero saluto. Suo Alessandro Cassiani Preg.mo Signor. Avv. Luigi Li Gotti Sottosegretario al Ministero della Giustizia Ministero della Giustizia Via Arenula, 71 00186 – ROMA Caro Luigi, Ti rimetto copia di un telegramma che ho inviato al Ministro Mastella. Sono certo che vorrai intervenire autorevolmente e tempestivamente. Conosco infatti il Tuo attaccamento all’Avvocatura e la Tua conoscenza dei problemi che l’affliggono. Resto in attesa di un Tuo cenno e intanto Ti invio il mio più affettuoso saluto. Tuo Alessandro Cassiani Allegato Telegramma n. 58/A del 7 febbraio 2007 All’On. Clemente Mastella Ministro della Giustizia Via Arenula, 71 00186 – ROMA Signor Ministro, a Roma la Giustizia Civile è paralizzata. Irrisolti problemi che investono Personale e strutture inadeguate, sono la causa di rivendicazioni che di fatto penalizzano i cittadini e gli Avvocati i quali non possono più assicurare l’esercizio del Diritto di Difesa, previsto come inviolabile dalla Costituzione. File interminabili di Operatori occupano i corridoi degli Uffici Giudiziari in attesa di poter accedere alle Cancellerie. Tale insostenibile situazione è ormai esplosiva ed esige un Suo immediato intervento. E’ ora di affrontare problematiche che da troppi anni attendono una risposta! Auspico che questo mio appello non resti, come è avvenuto in passato, inascoltato. Chiedo di poterLa incontrare nelle prossime ore insieme ai Rappresentanti delle altre categorie interessate. In attesa di un cesso di risposta anche telefonico, le invio i miei più cordiali saluti. Alessandro Cassiani Roma, 13 febbraio 2007 Preg.mo Signor Presidente Luigi Scotti Sottosegretario al Ministero della Giustizia Ministero della Giustizia Via Arenula, 71 00186 – ROMA Egregio Presidente, Le rimetto copia di un telegramma trasmesso oggi al Signor Ministro. Mi appello alla Sua conoscenza dei problemi e La prego di intervenire. FORO ROMANO 2/2007 05_comunicazioni e notizie.pmd 387 387 22/06/2007, 11:30 COMUNICAZIONI E NOTIZIE Colgo l’occasione per ringraziarLa e Le invio il mio più cordiale saluto. Suo, Alessandro Cassiani Allegato Telegramma n. 121GA del 13 febbraio 2007 All’On. Clemente Mastella Ministro della Giustizia Via Arenula, 71 00186 – ROMA Signor Ministro, nell’ambito delle iniziative di protesta del Personale di Cancelleria in servizio presso il Tribunale Civile di Roma, venerdì 9 febbraio 2007 è stata indetta un’assemblea a seguito della quale sono state chiuse tutte le cancellerie senza che fosse costituito alcun presidio d’emergenza. Soltanto verso le ore 12, dopo le vibranti proteste degli Avvocati, sono stati aperti due uffici presso la Sezione Fallimentare e presso il Giudice Tutelare. Le conseguenze di quanto avvenuto sono particolarmente gravi atteso che gli Avvocati si sono trovati nella materiale impossibilità di espletare gli adempimenti così detti “ultimo giorno” con relativo maturarsi di decadenze e preclusioni in danno dei Cittadini. Considerate l’estrema gravità ed eccezionalità della situazione, ritengo urgente e indispensabile che Lei intervenga con un decreto di rimessione in termini per le scadenze e le preclusioni maturate nonché di sospensione dei termini fino alla cessazione dell’agitazione con riferimento ai procedimenti civili pendenti innanzi al Tribunale Civile di Roma. Interpretando il pensiero di tutti gli iscritti, resto in ansiosa attesa. Intanto, Le invio cordiali saluti. Alessandro Cassiani Presidente Ordine Avvocati Roma 388 05_comunicazioni e notizie.pmd ESTRATTO DAL VERBALE DELL’ADUNANZA DEL 15 MARZO 2007 (omissis) - Il Consigliere Cerè riferisce al Consiglio che in data 24 febbraio 2007 si è svolta la gara di sci organizzata dallo Sci Club Avvocati Romani e patrocinata dal Consiglio dell’Ordine che ha visto la partecipazione di numerosi avvocati. Si trascrivono di seguito gli ordini di arrivo delle varie categorie: Baby Sprint - 1) Alessandro Pesce (1.09,74; 2) Umberto Cirilli (1.13,61); 3) Vanda Cirilli (1.17,98). Dame – 1) Marina Dominech (1.06,90); Gina Fratta (1.13,16); 3) Cinzia De Micheli (1.21,59). Seniores Femminili – 1) Virginia Garrafa (52,10); 2) Gaia Gelera (57,81); 3) Irma Conti (59,26). Pionieri – 1) Giorgio Gelera (1.16,09); 2) Andrea Nascani (1.20,60). Veterani – 1) Carlo Alfredo Rotili (56,00); 2) Andrea Lapponi (1.10,40). Amatori – 1) Fabio Cirilli (51,27); 2) Francesco Storace (51,60); 3) Andrea Galante (55,02); 4) Stefano Piras (56,66); 5) Giuseppe Catinelli (56,67); 6) Francesco Cantone (56,76); 7) Ennio Sciamanna (1.03.46); 8) Roberto Catucci (1.05,29); 9) Claudio Macioci (1.07,77); 10) Fabrizio Gizzi (1.21,47). Seniores Maschili – 1) Andrea De Amicis (50,58); 2) Alessandro De Angelis (50,67); 3) Stefano Sabatino (52,04); 4) Giammichele Cortese (53,53); 5) Carlo Santoro (54,49); 6) Pietro Rossi (54,52); 7) Francesco Cherra (54,86); 8) Giovanni Fontana (55,06); 9) Matteo Padellaro (55,71); 10) Stefano Bona (56,08). Il Consiglio ne prende atto e si congratula con tutti i partecipanti. E’ estratto conforme all’originale. Roma, 23 marzo 2007 Il Consigliere Segretario (Avv. Antonio Conte) FORO ROMANO 2/2007 388 22/06/2007, 11:30 COMUNICAZIONI E NOTIZIE ESTRATTO DAL VERBALE DELL’ADUNANZA DEL 15 MARZO 2007 (omissis) - Il Consigliere Cerè comunica che dal 6 al 10 marzo 2007 a Piancavallo si sono svolte le gare di sci: slalom speciale, slalom gigante, fondo e slalom parallelo a squadre. Gli Avvocati del Foro di Roma si sono classificati, al termine delle gare, al secondo posto dopo gli Avvocati di Vicenza e prima di quelli di Pordenone, Verona e Bolzano. In particolare l’Avv. Giorgio Gelera si è classificato al terzo posto dei master B7; l’Avv. Cesare Berti si è classificato al secondo posto dei master B9; l’Avv. Simona De Angelis si è classificata al primo posto dei master C2; l’Avv. Irma Conti si è classificata al secondo posto dei master C1; l’Avv. Lucilla Berti si è classificata al quinto posto dei master C1; l’Avv. Piero Orlando si è classificato al quinto posto del master A2; l’Avv. Alessandro De Angelis si è classificato al terzo posto del master A2; l’Avv. Luca Sabelli si è classificato al primo posto del master A4. Il Consiglio ne prende atto e si congratula con tutti i partecipanti. E’ estratto conforme all’originale. Roma, 23 marzo 2007 Il Consigliere Segretario (Avv. Antonio Conte) FORO ROMANO 2/2007 05_comunicazioni e notizie.pmd 389 389 22/06/2007, 11:30 COMUNICAZIONI E NOTIZIE ADUNANZA DEL 29 MARZO 2007 Approvazione modifiche al Regolamento in attuazione della legge 241/90 - Il Presidente riferisce sulla comunicazione pervenuta il 27 marzo 2007 dall’Avv. Paolo Berruti con la quale, a seguito dell’incarico ricevuto dal Consiglio il 15 febbraio 2007 di revisione del Regolamento di attuazione della legge 7 agosto 1990 n. 241 nella parte relativa all’accesso degli interessati agli atti del procedimento disciplinare, propone alcune modifiche ad integrazione del suddetto Regolamento sul “Diritto di accesso” e sulla “Entrata in vigore”: “- pag. 6, sub “Diritto di accesso” (rigo sesto) “...(per i quali l’accesso è consentito solo all’incolpato, al Pubblico Ministero ed alla parte esponente)...”; - pag. 6, sub “Diritto di accesso” (rigo quarto) va eliminato il riferimento all’abrogato art. 8 del D.P.R. n. 352/1992, sostituendolo con “e del D.P.R. 12 aprile 2006 n. 184”; - pag. 7 dopo il terzo rigo va aggiunto: “Nei procedimenti attinenti alle materie suindicate è, comunque, escluso l’accesso informale ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. n. 184/2006 ed è ammesso il solo accesso formale, come disciplinato dall’art. 6 dell’anzidetto D.P.R. n. 184/2006. Copia dell’istanza di accesso è inviata, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, dal funzionario responsabile del procedimento al soggetto controinteressato, il quale può presentare -entro dieci giorni dalla ricezione di detta comunicazione- motivata opposizione alla richiesta di accesso; decorso tale termine l’ufficio competente provvede sulla richiesta di accesso, accertata la ricezione della comunicazione predetta”; - pag. 7 sub “Entrata in vigore” il primo periodo va sostituito con “Il presente Regolamento sostituisce il precedente Regolamento adottato dal Consiglio il 7 aprile 2005 ed entrerà in vigore il 30 marzo 2007”. Il Consiglio approva le modifiche così come proposte dall’Avv. Paolo Berruti al regolamento approvato dal Consiglio nell’adunanza del 17 settembre 1992 e modificato nella successiva adunanza del 7 aprile 2005, che di seguito si riporta integralmente nella versione aggiornata. PROVVEDIMENTI DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE 7 AGOSTO 1990 N.241 Procedure di rilievo disciplinare 1.- Le questioni di rilievo disciplinare, delle quali si sia avuta conoscenza diretta o tramite atti trasmessi al Consiglio dell’Ordine, formano oggetto di procedura preliminare diretta ad accertare i fatti fondamentali ai fin della loro valutazione da parte del Consiglio. 2.- L’esame e gli accertamenti relativi alle questioni di cui al punto 1 sono delegati ai singoli Consiglieri con esclusione del Presidente e del Segretario secondo criteri assolutamente oggettivi; in particolare ai Consiglieri verranno assegnate secondo l’ordine di anzianità le pratiche seguendo l’ordine della loro numerazione. Tale criterio può essere derogato solo in base a determinazione motivata del Presidente e ratificata dal Consiglio ove si ritenga che una determinata pratica debba essere assegnata ad un determinato Consigliere per ragioni attinenti all’oggetto della pratica o alla specifica competenza professionale del Consigliere; in questo caso la pratica e il Consigliere al quale viene assegnata vengono “saltati” ai fin della progressiva assegnazione delle pratiche secondo il criterio generale. 3.- Il Consigliere delegato comunica l’oggetto della pratica al professionista interessato, al quale chiede i necessari chiarimenti, e compie tutti gli atti necessari per la delibazione della pratica; il Consigliere delegato assume la posizione di “responsabile del procedimento” ai sensi dell’art. 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ed esercita i poteri e le funzioni di cui all’art. 6 della 390 05_comunicazioni e notizie.pmd FORO ROMANO 2/2007 390 22/06/2007, 11:30 COMUNICAZIONI E NOTIZIE stessa legge. 4.- La comunicazione dell’oggetto della pratica al professionista interessato è fatta ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990 con le forme di cui all’art. 8 ai fini dell’esercizio delle facoltà di cui all’art. 10 della stessa legge. Il carattere personale del procedimento disciplinare e la specifica attinenza del procedimento al professionista interessato portano ad escludere la possibilità di intervento nel procedimento di altri soggetti: tale esclusione vale anche nei confronti di chi abbia eventualmente portato a conoscenza il fatto con un esposto, soggetto che nella procedura disciplinare di carattere preliminare può essere soltanto sentito nell’ambito degli accertamenti istruttori di cui al precedente comma. 5.- Il Consigliere delegato riferisce dell’esito delle indagini al Presidente o ad altro Consigliere delegato dal Presidente secondo turni predeterrninati e provvede a presentare, almeno dieci giorni prima della data fissata per la seduta consiliare, proposta motivata di archiviazione o di apertura di procedimento disciplinare, in modo che il Consiglio possa provvedere entro novanta giorni dalla data di inizio della procedura preliminare (data da identificare con la conoscenza della questione da parte del Consiglio). Ove, a seguito dell’esame del Consiglio, si manifesti la necessità o l’opportunità di un ulteriore approfondimento delle indagini, la pratica viene riassegnata allo stesso Consigliere delegato ai sensi del precedente punto 2 per lo svolgimento delle operazioni di cui al punto 3; in questo caso il termine per l’adozione delle relative determinazioni è prorogato di novanta giorni e la pratica viene presentata al Consiglio per le relative determinazioni ai sensi di quanto previsto nella prima parte di questo punto 5. 6.- Le determinazioni del Consiglio in ordine all’archiviazione della procedura o all’apertura di procedimento disciplinare sono succintamente motivate e vengono comunicate al professionista interessato. Dell’archiviazione viene, altresì, data notizia all’esponente. 7.- In caso di apertura del procedimento disciplinare questo si svolge secondo le modalità previste dalle norme vigenti, assumendo il Consigliere delegato ai sensi del punto 2 la funzione di istruttore; il Consigliere istruttore, nel più breve tempo possibile, compie gli atti istruttori eventualmente necessari e, previa individuazione dei testimoni dei quali è opportuna l’audizione, chiede che il Presidente provveda alla fissazione della data per la trattazione ed alla designazione del Consigliere relatore tenuto conto dell’oggetto del procedimento e delle specifiche competenze dei Consiglieri. 8.- La trattazione del procedimento disciplinare avviene normalmente in un’unica riunione, previa audizione dell’interessato che ha la facoltà di farsi assistere da non più di due difensori iscritti nell’Albo degli Avvocati dello stesso Ordine o di altro Ordine; è in linea di massima escluso ogni rinvio della trattazione, salvo il caso di assoluta e comprovata impossibilità di essere presente dell’incolpato o del suo difensore o di esigenze istruttorie. Nel caso di rinvio della trattazione questo è disposto per una adunanza prossima, ferma restando la designazione del Consigliere relatore; ove il rinvio sia disposto in presenza dell’incolpato o del difensore e dei testimoni già citati, questo tiene luogo della notificazione del relativo avviso. 9.- Le riunioni del Consiglio, nelle quali vengono trattate questioni disciplinari, non sono pubbliche. 10.- Le decisioni dei procedimenti disciplinari, redatte ai sensi dell’art. 51 R.D. n. 37 del 22 gennaio 1934 e succintamente motivate, sono depositate, unitamente alla motivazione, nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia negli Uffici di Segreteria dell’Ordine e vengono notificate nei modi e nei termini dell’art. 50 del R.D.L. n. 1578 del 27 novembre 1933. Iscrizioni e cancellazioni Le procedure di iscrizione e cancellazione si svolgono secondo le modalità previste dalle FORO ROMANO 2/2007 05_comunicazioni e notizie.pmd 391 391 22/06/2007, 11:30 COMUNICAZIONI E NOTIZIE norme vigenti, osservando altresì le seguenti regole procedurali e sostanziali: a) all’atto dell’inizio del procedimento si provvede alla sua assegnazione ad un Consigliere delegato per i relativi adempimenti; l’assegnazione può essere fatta globalmente con riferimento alle procedure che dovranno svolgersi in un determinato periodo; b) il Consigliere delegato assume la posizione di “responsabile del procedimento” ai sensi dell’art. 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ed esercita i poteri e le funzioni di cui all’art. 6 della stessa legge; c) le comunicazioni che devono essere fatte ai professionisti interessati (nel caso di procedure di cancellazione) dovranno osservare le forme di cui all’art. 8 della legge n. 241/1990 ai fini dell’esercizio delle facoltà di cui all’art. 10 della stessa legge; d) il Consigliere delegato riferisce al Consiglio nel più breve termine possibile al fine dell’adozione delle relative determinazioni; e) relativamente alle procedure di iscrizione il Consiglio, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, dispone tempestivamente la convocazione dell’interessato per comunicargli i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza; entro il termine di dieci giorni dalla comparizione avanti al Consiglio l’interessato può presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti. La convocazione dell’interessato interrompe i termini per concludere il procedimento, che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine a tal fine assegnato all’istante. f) le deliberazioni di rigetto di domanda di iscrizione, di cancellazione di professionisti e di diniego del rilascio di attestati di compiuta pratica, succintamente motivate, sono depositate negli Uffici di Segreteria dell’Ordine entro venti giorni dalla pronuncia e vengono notificate nei modi e nei termini dell’art . 37 R.D.L. n. 1578 del 27 novembre 1933. Pareri su note di onorari 1.- Il Consigliere Segretario provvede ad assegnare per l’istruttoria le richieste di pareti su note di onorari ai singoli Consiglieri secondo il criterio di cui al punto 2 delle procedure di rilievo disciplinare. Per le richieste di pareri su note di onorari di valore superiore a E. 50.000,00 l’istruttoria è affidata a due Consiglieri, secondo gli stessi criteri. 2.- Il Consigliere delegato assume la posizione di “responsabile del procedimento” ai sensi dell’art. 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ed esercita i poteri e le funzioni di cui all’art. 6 della stessa legge. 3.- Il Consigliere delegato riferisce -ove necessario anche per scritto- al Consiglio con la massima sollecitudine. Ove, peraltro, dalla pratica non risulti l’atto di conferimento del mandato professionale o si manifestino esigenze dì particolari approfondimenti, la richiesta viene comunicata in copia al cliente per metterlo nella condizione di controdedurre; in questo caso il Consigliere delegato riferisce al Consiglio dopo la ricezione delle deduzioni del cliente e degli eventuali ulteriori accertamenti o, nel caso di mancanza di deduzioni, dopo trenta giorni dall’invio della comunicazione al cliente (data della raccomandata). 4.- I provvedimenti relativi alle richieste di pareri su note di onorari di valore superiore a E. 100.000,00 sono adottati previa audizione del professionista interessato avanti al Consiglio; a tal fine i Consiglieri delegati, non appena ricevuta in assegnazione la pratica, dispongono la convocazione del professionista per la prima adunanza utile del Consiglio, compatibilmente con il ruolo degli affari già in trattazione. Nell’adunanza stabilita i Consiglieri delegati svolgono la relazione illustrativa della pratica e richiedono al professionista i chiarimenti che abbiano a rendersi necessari; ove emerga l’esigenza di particolari approfondimenti può essere assegnato 392 05_comunicazioni e notizie.pmd FORO ROMANO 2/2007 392 22/06/2007, 11:30 COMUNICAZIONI E NOTIZIE al professionista un termine, non superiore a trenta giorni, per la produzione di documentazione e di note illustrative. 5.- Le valutazioni in ordine alle richieste sono adottate entro trenta giorni dalla data della presentazione della richiesta o dal momento in cui essa può essere presentata al Consiglio ai sensi del precedente punto 3. Ove si manifesti l’opportunità di ulteriori indagini istruttorie il Consiglio ne incarica il Consigliere delegato; in questo caso il termine per l’emissione del parere è prorogato di sessanta giorni. Per i procedimenti ai sensi del precedente punto 4 il termine per l’emissione del parere è di trenta giorni dalla data dell’audizione del professionista interessato avanti al Consiglio ovvero, in caso di assegnazione del successivo termine per la produzione di documentazione e note, dalla data di scadenza di quest’ultimo. 6.- Ove il parere non possa essere espresso nei termini richiesti dal professionista interessato, il Consigliere delegato, prima dell’adozione da parte del Consiglio di un provvedimento, in tutto o in parte negativo, convoca tempestivamente l’istante per comunicargli i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza; entro dieci giorni dalla comparizione l’istante può presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documentazione. La convocazione del professionista interessato interrompe i termini per concludere il procedimento, che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine a tal fine assegnato. 7.- Le determinazioni in ordine alle richieste di parere sono succintamente motivate. Alle parti interessate può essere rilasciata copia della richiesta del professionista, della determinazione del Consiglio e della documentazione esibita, ove ancora esistente agli atti dell’ufficio, salvi i limiti di cui all’art. 8, quinto comma, D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352. Conciliazioni Ove su richiesta di una delle parti interessate o a seguito di determinazione del Consiglio si debba procedere ad un tentativo di conciliazione tra le parti, la relativa procedura viene svolta dal Consigliere all’uopo delegato; in questo caso il termine per l’emissione del parere, eventualmente richiesto, rimane sospeso fino all’esaurimento della procedura di conciliazione, salvo che una delle parti non richieda di rimettere la questione al Consiglio per la valutazione della richiesta di parere. Tentativi di conciliazione ai sensi dell’art. 22.II del Codice Deontologico Forense 1.- Il Consigliere Segretario provvede ad assegnare le questioni concernenti le comunicazioni dei difensori ai sensi dell’art. 22.II del Codice Deontologico Forense ai singoli Consiglieri secondo il criterio di cui al punto 2 delle procedure di rilievo disciplinare. 2.- Il Consigliere delegato dispone, nel più breve tempo possibile, la convocazione delle parti interessate e compie tutti gli atti necessari per l’esperimento del tentativo di conciliazione, in modo che la procedura possa concludersi entro trenta giorni dalla data in cui la comunicazione di cui al precedente punto 1 è pervenuta al Consiglio, salvo il caso di cui al successivo punto 3; il Consigliere delegato assume la posizione di “responsabile del procedimento” ai sensi dell’art. 5 della legge 7 agosto 1990 n. 241 ed esercita le funzioni previste dall’art. 6 della stessa legge. 3.- Nella data fissata per la comparizione delle parti il Consigliere delegato esperisce il tentativo di conciliazione; a richiesta degli interessati, ove si rendano necessari od opportuni approfondimenti della questione finalizzati alla conciliazione, il Consigliere delegato fissa la data di una nuova comparizione non oltre i trenta giorni successivi. 4.- Quando le parti interessate si conciliano, il Consigliere delegato redige il processo verbale FORO ROMANO 2/2007 05_comunicazioni e notizie.pmd 393 393 22/06/2007, 11:30 COMUNICAZIONI E NOTIZIE di comparizione, nel quale viene dato atto delle condizioni e dei termini sostanziali dell’intervenuto accordo, nonché delle modalità della sua esecuzione. Ove, al contrario, il tentativo di conciliazione non sortisca esito positivo, il processo verbale di comparizione delle parti interessate dà semplicemente atto della loro presenza avanti al Consigliere delegato ai fini dell’attestazione di esperimento della procedura ai sensi dell’art. 22 del Codice Deontologico Forense. Disposizioni di carattere generale Ai termini per gli adempimenti di competenza del Consiglio o di singoli Consiglieri previsti nei precedenti capi si applica la sospensione nel periodo feriale secondo le modalità vigenti per i termini processuali. Diritto di accesso Salvo quanto stabilito nel presente regolamento l’accesso ai documenti ai sensi dell’art. 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241 è escluso, ai sensi del secondo e quarto comma dell’art. 24 della stessa legge e del D.P.R. 12 aprile 2006 n.184 per tutti gli atti dei procedimenti disciplinari, anche per le fasi preliminari (per i quali l’accesso è consentito solo all’incolpato, al Pubblico Ministero e alla parte esponente), e delle procedure di assistenza (per le quali l’accesso è consentito solo all’assistito), delle procedure relative a note di onorari ed a pratiche di conciliazione (per le quali l’accesso è consentito solo alle parti direttamente interessate), delle procedure di conciliazione ai sensi degli artt. 14, comma 1 lettera f) del R.D.L. n. 1578 del 27 novembre 1933 e 22 del Codice Deontologico Forense (per le quali l’accesso è consentito solo alle parti direttamente interessate ed è limitato alla disponibilità del solo processo verbale di comparizione degli interessati avanti al Consigliere delegato). Nei procedimenti attinenti alle materie suindicate è, comunque, escluso l’accesso informale ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. n.184/2006 ed è ammesso il solo accesso formale, come disciplinato dall’art. 6 dell’anzidetto D.P.R. 184/2006. Copia dell’istanza di accesso è inviata, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, dal funzionario responsabile del procedimento al soggetto controinteressato, il quale può presentare -entro dieci giorni dalla ricezione di detta comunicazione- motivata opposizione alla richiesta di accesso; decorso tale termine l’ufficio competente provvede sulla richiesta di accesso, accertata la ricezione della comunicazione predetta. Entrata in vigore Il presente Regolamento sostituisce il precedente Regolamento adottato dal Consiglio il 7 aprile 2005 ed entrerà in vigore il 30 marzo 2007. 394 05_comunicazioni e notizie.pmd FORO ROMANO 2/2007 394 22/06/2007, 11:30 PARERI DEONTOLOGICI Adunanza del 1° marzo 2007 Il Consiglio - Vista la richiesta di parere presentato in data 27 dicembre 2006 dall’Avv. (omissis) e dall’Avv. (omissis) con la quale si chiede se sia conforme ai dettami deontologici il comportamento di un avvocato il quale, già difensore di una parte in un giudizio penale, assuma anche la difesa di altra parte in potenziale conflitto di interessi con la prima e mantenga l’incarico professionale anche dopo la revoca del mandato da parte dell’assistito inizialmente difeso; - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; - Considerato che - l’art.37 codice deontologico forense prevede che sussistano ipotesi di conflitto di interessi in tre casi: 1) quando l’espletamento di un nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro assistito; 2) quando la conoscenza degli affari di una parte possa avvantaggiare ingiustamente un altro assistito; 3) quando lo svolgimento di al cui precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico. Nella fattispecie, stando al resoconto dei richiedenti, potrebbero astrattamente configurarsi le ipotesi di cui ai numeri 1) e 2). Peraltro, al di là della forte conflittualità venutasi a creare tra l’avvocato e l’assistito che ha poi revocato il mandato, che potrebbe comportare motivo di opportunità dall’astenersi a portare avanti la difesa del coimputato nello stesso processo, non risulta provata, allo stato, la sussistenza di concreti elementi idonei ad integrare le ipotesi di conflitto di cui alla citata norma. Tale valutazione non può dunque che essere rimessa al professionista, unico soggetto a conoscenza delle circostanze di fatto che sottendono alla fattispecie. *** Adunanza dell’8 marzo 2007 - Vista la richiesta avanzata dall’Avv. (omissis) in ordine alla possibilità di entrare a far parte o costituire un’associazione professionale da parte di Docente Universitario a tempo pieno; Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; premesso - che l’attività di esercizio della professione forense, può essere svolta dal singolo professionista avvocato, iscritto all’Albo professionale, sia in forma singola che in forma associata ad altri colleghi, aventi gli stessi requisiti previsti ex lege, al fine di provvedere al mandato professionale o alla prestazione d’opera professionale, diversa cosa appare quella sommariamente indicata nella richiesta di parere, ove di fatto si chiede una sorta di avallo o benestare alla partecipazione di un docente universitario a tempo pieno in un’associazione professionale, seppur nei limiti previsti dalla seconda parte dell’art. 11 del D.P.R. n. 382/ FORO ROMANO 2/2007 395 PARERI DEONTOLOGICI 1980 e modificato dalla Legge 18 marzo 1989 n. 118 e cioè di ..”partecipare alla associazione professionale limitando il proprio esercizio professionale alla sola attività di ‘consulenza’ in favore di Pubbliche Amministrazioni, Enti Pubblici, Organismi etc.”; - che, l’istante richiamava una precedente decisione di questo Consiglio del 6 luglio 1998 in senso positivo senza allegare copia; ritenuto - che l’attività professionale svolta dai partecipanti all’associazione professionale, a prescindere dal regolamento interno imposto o autoimposto dagli stessi professionisti che ne fanno parte, è del tutto paritaria ed uguale a quella svolta dal singolo avvocato, sia in sede giudiziale che stragiudiziale con i relativi aspetti fiscali derivanti a seguito della retribuzione dei compensi; - che, la norma richiamata intende differenziare l’attività professionale autonoma da quella dipendente ed esclusiva in favore anche di un Ente, Università e quant’altro, escludendo ogni e qualsiasi tipo di fattispecie ibrida o attività multiforme, lasciando, nella seconda parte del testo, la possibilità all’interessato di svolgere alcune attività di consulenza limitatamente in favore della Pubblica Amministrazione o Enti similari, rimarcando, però, ancora una volta la differenziazione con il professionista autonomo. Premesso quanto sopra esprime parere nel senso di ritenere incompatibile la partecipazione del docente a tempo pieno alla formazione e/o costituzione di un’associazione professionale. *** - Vista la richiesta di parere deontologico presentata dall’Avv. (omissis), con la quale veniva avanzata richiesta volta a conoscere se un avvocato -in ragione della ormai prevista dei “promotori” assicurativi di essere iscritti all’interno del Registro intermediari assicurativi e riassicurativi- anche ove l’attività sia svolta come “segnalatore occasionale”; Considerato - che l’art. 10 del Codice Deontologico forense equipara la professione o comunque l’attività di collaboratore con una impresa di agenti assicurativi è equipollente ed assimilabile ad altre attività di intermediazione finanziaria; - che nel caso di iscrizione dell’avvocato al Registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi sulla base di quanto previsto dalla parte 3 Leg.att. ISVAP n. 5 del 2006, si verrebbe a creare una situazione di incompatibilità sempre ai sensi degli artt. 10 e 16 del Codice Deontologico forense; Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; esprime parere negativo circa la compatibilità tra l’iscrizione all’Albo Avvocati e l’iscrizione al nuovo Registro degli intermediari assicurativi. *** - L’Avv. (omissis) rappresenta al Consiglio, chiedendone un parere d’ordine deontologico, un caso, che direttamente lo concerne e i cui termini possono così riassumersi sulla 396 FORO ROMANO 2/2007 PARERI DEONTOLOGICI scorta di quanto da lui specificato: a) è stato nominato difensore di fiducia da A, persona raggiunta da avviso di garanzia per una ipotesi di reato associativo; b) il P.M. ha delegato l’interrogatorio alla Polizia giudiziaria; c) nel corso dell’espletamento i verbalizzanti, dopo aver chiesto ed ottenuto informazioni concernenti l’oggetto dell’indagine, hanno rivolto all’indagato domande relative ad altro argomento, concettualmente e processualmente distinto ed autonomo, riguardante il possibile coinvolgimento di B, funzionario di P.S., in un’asserita ipotesi di corruzione passiva per atti contrari ai doveri d’ufficio; d) A ha risposto a quanto chiestogli; e) si dà peraltro il caso che esso Avv. (omissis), presente all’interrogatorio nell’espletamento del mandato ricevuto, assista fiduciariamente lo stesso B in altri procedimenti, anch’essi senza relazione di sorta né, ovviamente, con quello di cui all’interrogatorio come sopra delegato né con la vicenda inerente alla sipposta corruzione; f) esso Avv. (omissis), terminato l’esame e avvertita la singolarità della situazione venutasi a creare, ha innanzitutto chiesto la secretazione dell’atto per poi, dopo aver fatto presente al cliente le ragioni che gli imponevano la rinuncia al mandato conferitogli, recatosi dal P.M. per ivi darvi veste formale non senza spiegarne verbalmente le motivazioni. Domanda, l’Avv. (omissis), se vi siano le ragioni ostative all’assunzione della difesa di B qualora gliene venga fatta richiesta da parte dell’interessato, una volta che dovesse essere instaurato procedimento penale nei confronti di costui per la cennata implicazione in quel delitto di corruzione rispetto al quale A potrebbe d’altra parte assumere, con notevole probabilità, la veste di testimone a seguito di quanto come sopra riferito ai verbalizzanti. Premesso quanto sopra si osserva: la possibile ostativa potrebbe al limite discendere dal disposto dell’art.37 del codice deontologico che sancisce il dovere dell’avvocato di astenersi dalla prestazione professionale in caso di sussistenza di un conflitto di interessi con il proprio assistito. Senonché, nessuna delle tre ipotesi previste al punto 1 della normativa in questione -le uniche in astratto concepibili- è ravvisabile nella specie descritta. Non la prima (espletamento di un nuovo mandato che determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro assistito), perchè non risulta in nessun modo che A abbia comunque confidato all’Avv. (omissis) informazioni o notizie di qualsivoglia natura relative alla vicenda che potrebbe vedere implicato B e perché quanto dallo stesso A riferito a tal proposito in sede di interrogatorio è stato, com’è ovvio, debitamente verbalizzato e costituisce parte integrale ed ufficiale dell’incarto, come tale conoscibile da qualsivoglia difensore a sensi di legge. Non la seconda (conoscenza di affari di una parte che possa avvantaggiare ingiustamente altro assistito), perchè manifestamente estranea all’ipotesi de qua. Non la terza (svolgimento di un precedente mandato che limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico), perchè nessun condizionamento sembra poter conseguire dall’avere appreso, assistendo all’interrogatorio di A, quanto da lui riferito a seguito di domande estranee al suo preciso oggetto, rivoltegli su iniziativa dei verbalizzanti e da costoro debitamente documentate, unitamente alle risposte, in funzione dei successivi sviluppi processuali, non rilevando sotto il profilo deontologico eventuali situazioni di personale disagio del professionista, in quanto tali rimesse alla sua esclusiva ed incensurabile valutazione. FORO ROMANO 2/2007 397 PARERI DEONTOLOGICI E’ appena il caso di soggiungere, da ultimo, che non si verte neppure in una possibile assunzione divietata di incarico contro un ex-cliente (art.51 del codice cit.), innanzitutto perchè, all’evidenza, l’eventuale futura assistenza di B non significa ricevere un mandato da espletare contro A, allo stato semplice testimone e non già parte, e poi perchè, come già osservato, non si è in presenza dell’utilizzazione di notizie acquisite in ragione del rapporto professionale esauritosi. Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; esprime parere nel senso che non sussistano, allo stato, ragioni ostative all’eventuale assunzione della difesa di B nel procedimento penale che dovesse instaurarsi a seguito dei fatti come sopra narrati. *** - L’Avv. (omissis) del Foro di Roma chiede per scrupolo professionale se può depositare -in un giudizio civile la proposta transattiva- inoltratagli via fax il 2 maggio 2006 dal Collega Avv. (omissis) per conto dei suoi assistiti e già perfezionata con la sua accettazione e quella di questi ultimi. Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; - ritenuto che il quesito attiene ad una fattispecie concreta per la quale vi è in corso un giudizio; - rilevato che non è possibile un opinamento relativo a questioni in ordine alla cui valutazione il Consiglio potrebbe essere investito in altra sede; dichiara inammissibile la domanda. *** - Letta la richiesta dell’Avv. (omissis) e dei Dott.ri (omissis) del 24 febbraio 2007, finalizzata ad ottenere parere deontologico in ordine alla possibilità o meno di poter collaborare a titolo gratuito, con la Soc. (omissis) a r.l. che lo avevano contattato al fine di commissionargli la redazione e/o commento di articoli di natura legale che verranno pubblicati sul periodico “(omissis)”; Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; - rilevato che l’attività di consulenza così come rappresentata nel quesito formulato non appare in contrasto con le norme del Codice Deontologico forense così come recentemente modificato esprime parere nel senso di non ritenere sussistenti elementi ostativi all’assunzione dell’incarico. *** Il Consiglio - Vista la richiesta di parere deontologico presentata in data 2 febbraio 2007 dall’Avvocato (omissis) circa la possibilità per tre professionisti che condividono la locazione e 398 FORO ROMANO 2/2007 PARERI DEONTOLOGICI gestione dello studio, senza essere associati, di adottare una carta intestata comune che esponga un logo grafico dello studio accompagnato dai nomi e recapiti dei professionisti stessi, nonchè circa la possibilità di indicare una domiciliazione dello studio in Milano ed infine circa la possibilità di inserire questi stessi dati nel sito web in corso di elaborazione; - Udita la relazione dei Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; rilevato - che quanto richiesto dall’Avv. (omissis) non appare in contrasto con il disposto dell’art. 17 bis del Codice Deontologico forense così come recentemente modificato; - che, in particolare, è necessario che nella carta intestata risultino nominativi e recapiti dei singoli professionisti; - che è consentito indicare il logo dello studio e gli eventuali recapiti secondari; - che gli stessi dati devono essere riportati nel sito web della cui forma e del cui contenuto dovrà peraltro essere data previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine e ciò ai sensi della citata norma esprime parere nel senso di non ravvisare elementi ostativi in ordine alla richiesta così come formulata. *** Adunanza del 15 marzo 2007 - Vista la richiesta di parere deontologico presentata dall’Avv. (omissis) in data 16 gennaio 2007; premesso che il quesito attiene alla producibilità in giudizio della corrispondenza -scambiata tra il legale della Società successivamente dichiarata fallita e il legale della Società creditrice da convenire nel giudizio per revocatoria fallimentare, diversi sia da quello nominato Curatore sia da quello incaricato della curatela di promuovere l’azione giudiziale- classificata “riservata personale” o “confidenziale” e contenente la rappresentazione dello stato di decozione della Società, la proposta transattiva delle obbligazioni intercorrenti, nonchè la scientia decotionis da parte del creditore; considerato che l’art. 28 del Codice Deontologico forense, com’è noto, vieta la producibilità in giudizio della corrispondenza intercorsa tra colleghi qualificata “riservata personale” o comunque contenente proposte transattive; che il fondamento della norma poggia, fondamentalmente, su due principi: 1) da un lato l’avvocato, oltre ad essere il difensore sul piano tecnico giuridico, è anche arbitro della conduzione della lite e dunque della possibilità di conciliazione della stessa; 2) dall’altro egli deve mantenere una posizione di terzietà rispetto alla lite e non deve identificarsi con la parte in causa; che, sulla base di tali principi, l’obbligo della riservatezza della corrispondenza intercorsa tra colleghi consente ai patroni delle parti di svolgere la loro funzione al riparo da ritorsioni di proposte conciliative, ammissioni o consapevolezze di torti laddove, in assenza di tale principio, i patroni stessi sarebbero indotti a non far ricorso agli atti scritti con il conseguente FORO ROMANO 2/2007 399 PARERI DEONTOLOGICI venir meno di iniziative conciliative e dunque con mortificazione dei principi di collaborazione che sono alla base dell’attività legale; che, dunque, sulla base di quanto sopra esposto, il principio della riservatezza della corrispondenza di cui alla citata norma è rivolto ai legali che assistono parti contrapposte in giudizio e non è esteso a soggetti diversi cosicchè, per esempio, non possono ritenersi riservate le lettere scambiate tra una parte e il patrono della parte avversa; che, nella fattispecie di cui al quesito, si verte in tema di giudizio di revocatoria fallimentare ove, obiettivo principale è quello dell’accertamento dello stato di decozione del debitore, nel mentre la corrispondenza che dovrebbe essere prodotta è relativa ad una fase precedente ed estranea a detto giudizio ed è intercorsa tra i legali -quello del creditore e quello del debitore- che in quel momento tentavano di comporre una controversia; che il Curatore fallimentare -ancorchè avvocato- è un Pubblico Ufficiale incaricato di ricostruire l’attivo e il passivo dell’azienda fallita attraverso tutti gli elementi pervenuti nella sua disponibilità; che l’avvocato della curatela fallimentare è soggetto terzo rispetto alle trattative precedentemente intercorse tra i legali delle parti; che, peraltro, gli avvocati delle parti, confidando sul principio del dovere della riservatezza e del divieto di produzione in giudizio della corrispondenza, potrebbero -nella corrispondenza stessa- aver fatto cenno a dettagli che, se rivelati, potrebbero essere pregiudizievoli agli interessi dei propri assistiti; che, dunque, il quesito va risolto con riferimento alla fattispecie concreta; che, peraltro, non è dato a questo Consiglio esprimersi su fattispecie in ordine alle quali potrebbe in futuro essere investito per valutazioni di natura disciplinare; premesso quanto sopra Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; ritiene la questione risolvibile sulla base degli elementi di fatto relativi al caso concreto la cui valutazione non può che essere rimessa ai soggetti interessati. *** - Vista la richiesta di parere deontologico presentata dagli Avv.ti (omissis) con la quale chiedono se il patto stipulato fra avvocato e cliente che preveda un compenso inferiore al minimo tariffario, possa risultare in contrasto con gli artt. 5 e 43 secondo comma Codice Deontologico forense, nonchè possa ledere la dignità dell’avvocato e discostarsi dall’art. 36 della Costituzione. Il Consiglio Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; osserva alla luce di quanto disposto dal D.L. 4 luglio 2006 n. 223, così come convertito, che prevede -tra l’altro- l’obbligo dell’adeguamento della disciplina deontologica al nuovo testo di legge entro il 1° gennaio 2007, il testo dell’art. 43 del Codice Deontologico forense relativo alle “richieste di pagamento” è stato modificato nella seduta del 18 gennaio 2007 dal Consiglio 400 FORO ROMANO 2/2007 PARERI DEONTOLOGICI Nazionale Forense. Il testo riformato ha soppresso il IV canone complementare della citata norma, che consentiva di concordare onorari forfettari purchè non derogassero dai minimi di tariffa, ed ha sancito, al II canone complementare, il divieto di richiedere compensi manifestamente sproporzionati all’attività svolta. Tale ultima disposizione era già prevista nel testo previgente con riferimento, peraltro, ai soli compensi manifestamente eccessivi. L’abrogazione di tale esplicito riferimento, comporta l’estensione del divieto di richiesta di compensi sproporzionati anche a quelli troppo contenuti rispetto all’attività svolta. Ciò in quanto, seppur non più vincolato a minimi tariffari inderogabili alla luce della recente riforma legislativa, l’avvocato è pur sempre tenuto al rispetto dei doveri di dignità e decoro che sottendono all’esercizio della professione forense. In assenza di un criterio oggettivo, sarà dunque il professionista stesso che, caso per caso, dovrà concordare con il cliente compensi che -seppur inferiori agli abrogati minimi tariffaridovranno essere, rispetto all’attività svolta, di entità tale da garantire il rispetto dei succitati principi. *** - L’Avv. (omissis) ha chiesto un parere circa la possibilità di difendere la moglie di un suo ex-cliente (marito) nel procedimento per separazione giudiziale, attesa la natura riguardante la vertenza precedente, relativa a risarcimento di danni derivati da incidente stradale verificatosi nell’anno 2006 e conclusasi in via stragiudiziale nel corso dello stesso anno. Il Consiglio Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; premesso che l’art. 51 del Codice Deontologico forense prevede che si possa assumere l’incarico professionale nei confronti di un ex cliente solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale e l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza; che le due dette condizioni devono dunque sussistere congiuntamente e non alternativamente; che nella fattispecie di cui al quesito difetta il requisito del lasso temporale trascorso esprime parere nel senso che non sia ammissibile, allo stato, l’assunzione dell’incarico professionale contro l’ex cliente. *** - Vista la richiesta di parere deontologico presentata in data 20 febbraio 2007 dall’Avv. (omissis) in ordine alla possibilità di pubblicizzare il proprio studio figurando tra gli sponsors di un teatro di quartiere di Roma; Il Consiglio Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; osserva FORO ROMANO 2/2007 401 PARERI DEONTOLOGICI l’art. 2 della legge n. 248 del 4 agosto 2006 ha rimosso il divieto di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonchè i costi complessivi delle prestazioni precisando, peraltro, che il messaggio deve rispettare criteri di trasparenza e veridicità il cui controllo è affidato all’Ordine professionale. Va osservato che la nuova disciplina ha rimosso un divieto, quanto ai contenuti, che era già stato ampiamente soppresso dalla precedente riforma del Codice Deontologico -articoli 17 e 17 bis- approvata nella seduta del 27 gennaio 2006 del Consiglio Nazionale Forense. La riforma in questione, infatti, già consentiva di dare informazione sui titoli conseguiti e sui diplomi di specializzazione. La norma legislativa ha invece effettivamente innovato, ammettendo la pubblicità informativa sulle caratteristiche del servizio offerto e sui costi delle prestazioni, pur prevedendo che il relativo messaggio sia sottoposto al controllo dell’Ordine professionale. Le modifiche apportate al Codice Deontologico Forense nella seduta del 18 gennaio 2007 alla luce della nuova normativa, hanno dunque conseguentemente riguardato -tra l’altro- il testo dell’art. 17 prevedendo che il contenuto e la forma dell’informazione debbano essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività e che debbano rispondere ai criteri di trasparenza e veridicità. L’informazione stessa, inoltre, non dovrà assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa. Quanto ai mezzi di informazione consentiti essi sono previsti dall’art. 17 bis che, nella nuova formulazione, ha eliminato le limitazioni concernenti i mezzi e gli strumenti utilizzabili fermo restando, ovviamente, che questi dovranno essere adeguati al decoro della professione. I doveri di probità, dignità e decoro costituiscono infatti il cardine su cui poggia la professione forense e non hanno costituito oggetto di modifica alcuna. Venendo più specificamente all’oggetto del quesito proposto va osservato come l’attività rappresentata attenga, non tanto all’informazione quanto alla sponsorizzazione. A tal proposito va rilevato come l’art. 17 Codice Deontologico forense consenta esclusivamente la sponsorizzazione di “... seminari di studio, corsi di formazione professionale e di convegni in discipline attinenti alla professione forense”. Ciò ben si comprende se sol si tenga presente che il fine ultimo per cui si consente la “pubblicità” è pur sempre quello di informare l’utenza in ordine al servizio e alla qualità dell’attività professionale svolta dall’avvocato e non, al contrario, quello di un ritorno di natura commerciale da parte dell’avvocato stesso. Per quanto sopra esposto esprime parere nel senso di ritenere non conforme alle norme deontologiche vigenti l’attività rappresentata nel quesito. *** Il Consiglio - Vista la richiesta presentata in data 22 febbraio 2007 dalla Dott.ssa (omissis) in ordine alla possibilità di ottenere un nulla osta al patrocinio innanzi ad un Tribunale facente parte di un distretto diverso da quello in cui è ricompreso l’Ordine presso il quale la suddetta - 402 FORO ROMANO 2/2007 PARERI DEONTOLOGICI praticante abilitata- risulta iscritta; - Udita la relazione dei Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; - considerato che l’art. 1 co. 2 della legge 24 luglio 1985 n. 406 non prevede eccezioni di sorta e che, in particolare, nessuna disposizione normativa prevede la possibilità del rilascio di nulla osta che deroghino alla norma stessa; dichiara inammissibile la domanda. *** - Vista la richiesta di parere deontologico pervenuta in data 23 gennaio 2007 (e meglio specificata in data 8 febbraio 2007) dall’Avv. (omissis), in ordine alla possibilità di pubblicizzare il proprio studio legale su un’autovettura Smart; Il Consiglio Udita la relazione dei Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; osserva l’art. 2 della legge n. 248 del 4 agosto 2006 ha rimosso il divieto di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonchè i costi complessivi delle prestazioni precisando, peraltro, che il messaggio deve rispettare criteri di trasparenza e veridicità il cui controllo è affidato all’Ordine professionale. Va osservato che la nuova disciplina ha rimosso un divieto, quanto ai contenuti, che era già stato ampiamente soppresso dalla precedente riforma del Codice Deontologico -artt. 17 e 17 bis- approvata nella seduta del 27 gennaio 2006 del Consiglio Nazionale Forense. La riforma in questione, infatti, già consentiva di dare informazione sui titoli conseguiti e sui diplomi di specializzazione. La norma legislativa ha invece effettivamente innovato, ammettendo la pubblicità informativa sulle caratteristiche del servizio offerto e sui costi delle prestazioni, pur prevedendo che il relativo messaggio sia sottoposto al controllo dell’Ordine professionale. Le modifiche apportate al Codice Deontologico Forense nella seduta del 18 gennaio 2007 alla luce della nuova normativa, hanno dunque conseguentemente riguardato -tra l’altro- il testo dell’art. 17 prevedendo che il contenuto e la forma dell’informazione debbano essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività e che debbano rispondere ai criteri di trasparenza e veridicità. L’informazione stessa, inoltre, non dovrà assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa. Quanto ai mezzi di informazione consentiti essi sono previsti dall’art. 17 bis del Codice Deontologico Forense che, nella nuova formulazione, ha eliminato le limitazioni concernenti i mezzi e gli strumenti utilizzabili fermo restando, ovviamente, che questi dovranno essere adeguati al decoro della professione. I doveri di probità, dignità e decoro costituiscono infatti il cardine su cui poggia la professione forense e non hanno costituito oggetto di modifica alcuna. Venendo più specificamente all’oggetto del quesito proposto, va osservato come, se FORO ROMANO 2/2007 403 PARERI DEONTOLOGICI quanto al contenuto, il messaggio pubblicitario possa essere ritenuto conforme alla vigente normativa deontologica, altrettanto non possa dirsi quanto alla forma e alle modalità di informazione che si intendono utilizzare. L’apposizione di scritte sugli sportelli -o su altra parte- di un’autovettura- è infatti strumento proprio della pubblicità commerciale e non appare conforme ai principi di dignità e decoro della professione forense. *** - Con istanza del 6 marzo 2007 l’Avv. (omissis), premesso di aver assistito nel 2005 una coppia in sede di divorzio congiunto e che nel corrente anno l’ex marito si è rivolto ad altro difensore per chiedere la modifica delle condizioni divorzili sia in tema di affidamento, sia in ordine agli aspetti patrimoniali, attesa la disponibilità dello stesso a concedere liberatoria all’Avv. (omissis) per assumere la difesa della moglie come gradito da quest’ultima, chiede se, in ultima ipotesi, sussista ugualmente una situazione di incompatibilità; Il Consiglio Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; osserva l’art. 51, I canone complementare del Codice Deontologico forense, sancisce il divieto -per l’avvocato che abbia assistito congiuntamente i coniugi in controversie familiari- dal prestare la propria assistenza in controversie successive tra i medesimi in favore di uno di essi; per giunta, nel caso di specie, l’oggetto del giudizio per cui il richiedente dovrebbe assumere il mandato nei confronti dell’ex cliente, è strettamente connesso al mandato espletato in precedenza (anche) in favore del predetto. Da ciò potrebbe conseguire la possibilità, per l’avvocato, di utilizzare nel nuovo giudizio, contro l’ex assistito, notizie apprese in occasione dell’espletamento del precedente incarico con conseguente violazione dei doveri di cui all’art. 9 Codice deontologico forense. Nè la liberatoria, che si assume concessa dall’ex cliente, appare idonea a superare il citato divieto attesa l’impossibilità di valutare ex ante lo sviluppo e le problematiche connesse al giudizio che ci si accinge ad intraprendere. *** - Vista la richiesta di parere deontologico presentata in data 9 marzo 2007 dall’Avv. (omissis) relativa alla possibilità di informare il pubblico circa la propria attività professionale attraverso il recapito di lettere nelle cassette della posta di privati e/o aziende; Il Consiglio Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; osserva l’art. 2 della legge n. 248 del 4 agosto 2006 ha rimosso il divieto di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonchè i costi complessivi delle prestazioni precisando, peraltro, che il messaggio deve rispettare criteri di trasparenza e veridicità il cui controllo è affidato all’Ordine professionale. Va osservato che la nuova disciplina ha rimosso un divieto, quanto ai contenuti, che era 404 FORO ROMANO 2/2007 PARERI DEONTOLOGICI già stato ampiamente soppresso dalla precedente riforma del Codice Deontologico -artt. 17 e 17 bis- approvata nella seduta del 27 gennaio 2006 del Consiglio Nazionale Forense. La riforma in questione, infatti, già consentiva di dare informazione sui titoli conseguiti e sui diplomi di specializzazione. La norma legislativa ha invece effettivamente innovato, ammettendo la pubblicità informativa sulle caratteristiche del servizio offerto e sui costi delle prestazioni, pur prevedendo che il relativo messaggio sia sottoposto al controllo dell’Ordine professionale. Le modifiche apportate al Codice Deontologico Forense nella seduta del 18 gennaio 2007 alla luce della nuova normativa, hanno dunque conseguentemente riguardato -tra l’altro- il testo dell’art. 17 prevedendo che il contenuto e la forma dell’informazione debbano essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività e che debbano rispondere ai criteri di trasparenza e veridicità. L’informazione stessa, inoltre, non dovrà assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa. Quanto ai mezzi di informazione consentiti essi sono previsti dall’art. 17 bis che, nella nuova formulazione, ha eliminato le limitazioni concernenti i mezzi e gli strumenti utilizzabili fermo restando, ovviamente, che questi dovranno essere adeguati al decoro della professione. I doveri di probità, dignità e decoro costituiscono infatti il cardine su cui poggia la professione forense e non hanno costituito oggetto di modifica alcuna. Venendo più specificamente all’oggetto del quesito proposto, va osservato come lo stesso non attenga tanto al contenuto del messaggio informativo sulle caratteristiche dell’attività professionale offerta quanto alla possibilità di acquisire, tramite il messaggio stesso, nuova clientela. A tale proposito va osservato che il Codice Deontologico, così come riformato, ha spostato il canone II della precedente formulazione dell’art. 17 (che prevede il divieto di offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico) inserendolo nell’art. 19 che concerne il divieto di accaparramento della clientela. Non va dunque confusa la possibilità di fornire informazioni sulla propria attività professionale con quella di offrire le proprie prestazioni in luoghi collettivi e/o ad una moltitudine indiscriminata di soggetti. Quanto alle modalità e alla forma dell’informazione, va osservato che il recapito di corrispondenza a soggetti indeterminati attraverso l’inserimento di lettere nella cassetta della posta, appare strumento proprio della pubblicità commerciale e come tale non conforme ai principi di dignità e decoro della professione forense. *** - Vista la richiesta di parere deontologico presentata in data 9 marzo 2007 dall’Avv. (omissis) relativa alla possibilità di informare il pubblico circa la propria attività professionale attraverso il recapito di lettere nelle cassette della posta di privati e/o aziende; Il Consiglio Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; FORO ROMANO 2/2007 405 PARERI DEONTOLOGICI osserva l’art. 2 della legge n. 248 del 4 agosto 2006 ha rimosso il divieto di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonchè i costi complessivi delle prestazioni precisando, peraltro, che il messaggio deve rispettare criteri di trasparenza e veridicità il cui controllo è affidato all’Ordine professionale. Va osservato che la nuova disciplina ha rimosso un divieto, quanto ai contenuti, che era già stato ampiamente soppresso dalla precedente riforma del Codice Deontologico -artt. 17 e 17 bis- approvata nella seduta del 27 gennaio 2006 del Consiglio Nazionale Forense. La riforma in questione, infatti, già consentiva di dare informazione sui titoli conseguiti e sui diplomi di specializzazione. La norma legislativa ha invece effettivamente innovato, ammettendo la pubblicità informativa sulle caratteristiche del servizio offerto e sui costi delle prestazioni, pur prevedendo che il relativo messaggio sia sottoposto al controllo dell’Ordine professionale. Le modifiche apportate al Codice Deontologico Forense nella seduta del 18 gennaio 2007 alla luce della nuova normativa, hanno dunque conseguentemente riguardato -tra l’altro- il testo dell’art. 17 prevedendo che il contenuto e la forma dell’informazione debbano essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività e che debbano rispondere ai criteri di trasparenza e veridicità. L’informazione stessa, inoltre, non dovrà assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa. Quanto ai mezzi di informazione consentiti essi sono previsti dall’art. 17 bis che, nella nuova formulazione, ha eliminato le limitazioni concernenti i mezzi e gli strumenti utilizzabili fermo restando, ovviamente, che questi dovranno essere adeguati al decoro della professione. I doveri di probità, dignità e decoro costituiscono infatti il cardine su cui poggia la professione forense e non hanno costituito oggetto di modifica alcuna. Venendo più specificamente all’oggetto del quesito proposto, va osservato come lo stesso non attenga tanto al contenuto del messaggio informativo sulle caratteristiche dell’attività professionale offerta quanto alla possibilità di acquisire, tramite il messaggio stesso, nuova clientela. A tale proposito va osservato che il Codice Deontologico, così come riformato, ha spostato il canone II della precedente formulazione dell’art. 17 (che prevede il divieto di offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico) inserendolo nell’art. 19 che concerne il divieto di accaparramento della clientela. Non va dunque confusa la possibilità di fornire informazioni sulla propria attività professionale con quella di offrire le proprie prestazioni in luoghi collettivi e/o ad una moltitudine indiscriminata di soggetti. Quanto alle modalità e alla forma dell’informazione, va osservato che il recapito di corrispondenza a soggetti indeterminati attraverso l’inserimento di lettere nella cassetta della posta, appare strumento proprio della pubblicità commerciale e come tale non conforme ai principi di dignità e decoro della professione forense. 406 FORO ROMANO 2/2007 PARERI DEONTOLOGICI Adunanza del 22 marzo 2007 L’Avv. (omissis) ha formulato richiesta di parere in ordine alla possibilità di eseguire notificazione a mezzo del servizio postale di contratti di finanziamenti, cessioni del quinto dello stipendio, previa procura speciale notarile da allegare agli atti da notificare. Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; - Attesa l’inconferenza dell’argomento in merito al Codice Deontologico forense e l’inopportunità di esprimere qualsiasi parere preventivo; dichiara inammissibile la richiesta così come formulata. *** Gli Avvocati (omissis) con istanza del 20 marzo 2007 chiedevano chiarimenti in ordine all’interpretazione dell’art. 85 c.p.c. avendo ricevuto una revoca di incarico da parte di un loro cliente per il quale curavano molteplici procedimenti. In particolare chiedevano se fosse sufficiente una revoca per tutti i procedimenti pendenti oppure una revoca specificamente identificativa per ogni vertenza di riferimento. Chiedevano inoltre quale fosse la differenza tra la revoca di una singola procura speciale e la revoca di una procura generale alle liti. Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; osserva - per quanto riguarda il primo aspetto non vi è dubbio che, indipendentemente dal numero, ogni mandato è stato conferito, nella fattispecie indicata, con una procura specifica, la quale, in modo altrettanto specifico, dovrà essere revocata non potendosi considerare valida ed efficace, a tal fine, una generica revoca. E’ appena il caso di ricordare che la procura viene conferita ed il rapporto nasce sull’intuitus personae riferito alla singola fattispecie e conseguentemente nello stesso modo deve cessare; - per quanto riguarda il secondo aspetto va rilevato che mentre la singola procura speciale è riferita ad una ipotesi specifica, la procura generale alle liti viene invece conferita al procuratore per consentire al medesimo, in ovvio accordo con la mandante, di agire direttamente per suo conto senza il conferimento, di volta in volta, di un singolo mandato. Per tale motivo l’eventuale revoca di una procura generale alle liti annulla in toto la rappresentatività del procuratore facendolo decadere da ogni attività su tale presupposto intrapresa. *** L’Avv. (omissis) ha formulato richiesta di parere in merito alla possibilità di eseguire le notifiche dei contratti, conclusi con la clientela e riguardanti erogazione di prestiti contro cessione del quinto dello stipendio ed operazioni assimilate, alle amministrazioni datrici di lavoro ai sensi e per gli effetti del D.P.R. 180/50. All’uopo l’Avv. (omissis) fa presente di essere abilitato dal Consiglio dell’Ordine dal 13 FORO ROMANO 2/2007 407 PARERI DEONTOLOGICI aprile 2000 (14/2000 Not.) ad effettuare tali notifiche a mezzo servizio postale. Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; - Vista la inconferenza dell’argomento in merito al Codice Deontologico forense dichiara inammissibile la richiesta così come formulata. *** Adunanza del 5 aprile 2007 L’Avv. (omissis), con istanza del 21 marzo 2007, ha chiesto un parere deontologico in merito al comportamento da adottare in relazione alla nomina di difensore d’ufficio, in presenza di altra nomina di fiducia già conferita dall’interessato. Il Consiglio - Udito il Consigliere Rossi, anche a nome del Consigliere Testa oggi assente, quali coordinatori della Commissione Deontologica; - Visto l’art. 23 sub III del Codice Deontologico forense, con il quale si stabilisce che il difensore di fiducia “è tenuto a comunicare tempestivamente con mezzi idonei al collega, già nominato d’ufficio, il mandato ricevuto”; - Considerato che tale adempimento è stato esperito, ancorchè con semplice comunicazione via telefono, a seguito di invito trasmesso via fax dall’avvocato nominato d’ufficio; ritiene che siano state rispettate le condizioni deontologiche richiamate a tal proposito. *** Adunanza del 26 aprile 2007 - L’Avv. (omissis), con istanza pervenuta il 19 marzo 2007, ha chiesto al Consiglio di essere autorizzato a rinunciare ad una difesa d’ufficio o quantomeno di esserne esonerato con contestuale nomina di altro collega iscritto nell’elenco. Dopo avere riferito circa l’attività da lui diligentemente spiegata nella veste anzidetta, adduce, a sostegno, il contegno irriguardoso dell’assistita così come manifestatosi nell’unica comunicazione, peraltro solo telefonica, avuta con costei tramite il Carabiniere di servizio (“io non voglio fare niente, io non la conosco nemmeno, ma lei chi è, ecc.”), cessata per di più con la deliberata interruzione del colloquio da parte della stessa. Aggiunge, in particolare, che detto contegno comporta oltretutto l’impossibilità di predisporre una informata e adeguata linea difensiva nel corso del procedimento tuttora in fase di indagini preliminari a seguito della reiezione di una domanda di archiviazione. La richiesta è stata trasmessa alla Commissione Deontologica stante il suo ritenuto profilo deontologico. Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; osserva in proposito, che il difensore d’ufficio ha certamente l’obbligo di prestare il patrocinio e che la sua sostituzione può avere luogo solo per giustificato motivo (art. 97 co. V c.p.p.), il quale 408 FORO ROMANO 2/2007 PARERI DEONTOLOGICI ultimo non può peraltro intendersi limitato alle sole ipotesi di incompatibilità disciplinate dall’art. 106 stesso Codice, dovendosi invece ritenere esteso a quelle situazioni che rendano impossibile la prestazione medesima. E’ da ritenere che rientri tra queste, oltre ovviamente l’impossibilità d’ordine fisiopsichico per infermità o comunque sensibile disagio comportamentale, quella conseguente al venire meno delle condizioni minime che consentano all’avvocato di esercitare l’ufficio demandatogli nel rispetto della dignità personale che è suo dovere tutelare e che è principio scritto a chiare lettere nelle tavole fondamentali della professione (artt. 12 e 38 R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578; art. 5 del Codice Deontologico). L’esonero dall’obbligo della prestazione in presenza di uno dei testè cennati motivi di giustificazione postula peraltro, da un lato, la richiesta di sostituzione da rivolgere al giudice procedente e, dall’altro, il dovere di perseverare nella difesa finchè alla sostituzione stessa non si sia provveduto e non sia trascorso il termine eventualmente concesso al subentrante ex art. 108 c.p.p. A tanto dovranno pertanto uniformarsi i colleghi difensori d’ufficio che versino effettivamente nelle situazioni sopra descritte. *** - L’Avv. (omissis), con richiesta pervenuta il 30 marzo 2007, riferendosi ad una vertenza fra coniugi, premette che, avendo ricevuto mandato dalla moglie di addivenire ad una separazione consensuale, ha avuto un unico contatto con il marito allorquando lo stesso si è recato presso il suo studio per esaminare e quindi sottoscrivere il relativo ricorso le cui condizioni erano già state previamente, laboriosamente e personalmente concordate dagli interessati. Fa presente peraltro che lo stesso marito non si è presentato all’udienza presidenziale, come del resto preannunciatogli il giorno prima dai figli della coppia. Con la predetta istanza chiede se vi siano cause ostative d’ordine deontologico all’eventuale accettazione del mandato ad assistere la moglie nel giudizio di separazione contenziosa che la stessa intende intraprendere. Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; osserva - che il vigente art. 51 del Codice Deontologico Forense, in tema di conflitto di interessi e più specificamente nell’argomento in questione, stabilisce che “l’avvocato che abbia assistito congiuntamente i coniugi in controversie familiari deve astenersi dal prestare la propria assistenza in controversie successive tra i medesimi in favore di uno di essi”. La nozione di “assistenza congiunta” presuppone, naturalmente, l’espletamento, da parte del comune avvocato, di un’opera professionale che dell’assistenza medesima rivesta le caratteristiche cui certo non sono alieni consigli, suggerimenti, rielaborazioni di testi concordati altrove, ecc. Se dunque una semplice firma apposta, sia pur previo semplice controllo della conformità a quanto altrove stabilito, dell’atto predisposto dal legale, può non rientrare nella nozione surriferita, è peraltro evidente che sarà solo quest’ultimo a potersi e doversi regolare FORO ROMANO 2/2007 409 PARERI DEONTOLOGICI in proposito sulla scorta di quanto a sua diretta ed esclusiva conoscenza, accettando il mandato propostogli se consapevole di non avere comunque interferito nella decisione del marito di apporre la propria sottoscrizione al ricorso ovvero, al contrario, astenendosene ove diverso sia stato il suo contegno. Vengono in tal modo salvaguardati sia la libera autodeterminazione del professionista e sia la correlativa libertà dell’Ordine, eventualmente chiamato a valutarne il comportamento in effetti osservato. *** - L’Avv. (omissis), con istanza pervenuta il 4 aprile 2007, chiede il parere del Consiglio in ordine alla liceità deontologica dell’eventuale menzione, da parte sua e nel corpo di un ricorso per ingiunzione o -in alternativa- di un atto di citazione, di due scritture espressamente qualificate di natura riservata e confidenziale. Riferisce, va chiarito per la precisione, che di dette scritture egli ha avuto conoscenza avendo assistito un proprio cliente in una controversia stragiudiziale concernente cessione di quote di una società quotata in borsa e che, in detta sede, le parti hanno per l’appunto sottoscritto le due scritture anzidette con l’intesa che mai le stesse avrebbero dovuto essere “portate all’attenzione” dell’Autorità Giudiziaria, stante anche la contemporanea pendenza di processi penali nei quali erano ambedue coinvolte. Motiva la propria richiesta avendo in prospettiva l’intenzione di adire l’Autorità Giudiziaria per conseguire il soddisfacimento degli onorari spettantigli, rimasti invece insoluti e, intendendo previamente conoscere, paventando una possibile responsabilità disciplinare, per violazione del segreto professionale, quale sia, in proposito, “l’orientamento della Commissione Deontologica”. Ciò premesso, va innanzitutto chiarito che non rientra tra le funzioni della Commissione Deontologica, nè del Consiglio, il rilascio di una qualsivoglia sorta di nulla-osta preventivo relativo a quel contegno che il singolo legale intenda, in ipotesi, osservare nella situazione concreta da lui prospettata, dovendo la stessa, per contro, esprimersi per esclusiva generalità di enunciazioni e con stretto riferimento al ritenuto ambito di applicazione della normativa cui è preposta. Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; - Trascorrendo pertanto al principio che regola la materia e chiarito, per l’esattezza, che non tanto tratterebbesi, nella specie, di violazione del segreto professionale quanto invece di contegno incidente nella categoria degli atti e documenti intercorsi tra le parti e i rispettivi legali cui sia stato impresso il sigillo della riservatezza. E’ da ritenere non corretto il comportamento dell’avvocato che, ancorchè non producendo in giudizio atti e documenti intercorsi tra le parti, agli stessi faccia riferimento mediante richiamo del loro contenuto ovvero loro menzione. L’art. 28 del Codice Deontologico, benchè attinente al divieto di produrre la corrispondenza riservata scambiata con il collega e inserito proprio perciò nel Titolo II relativo per l’appunto ai “rapporti con i colleghi”, è da ritenere infatti che abbia portata di maggior respiro, non potendo non riguardare altresì e a maggior ragione, per manifesti rilievi d’ordine 410 FORO ROMANO 2/2007 PARERI DEONTOLOGICI logico e sistematico, le scritture confidenziali e riservate alla cui stesura e approvazione si sia pervenuti a seguito di elaborazione congiunta delle parti assistite dai rispettivi legali che dunque, avendovi contribuito, sono astretti alle stesse regole di divieto di produzione in giudizio e, del pari, di specifica menzione (non per nulla l’art. 28 cit., al suo primo comma, parla di lettere riservate che “non possono essere prodotte o riferite in giudizio”). Maggiore e intuitiva cogenza assume il divieto qualora, come prospettato nella richiesta, le scritture possano avere attinenza con contigue pendenze penali tra le stesse parti. *** - L’Avv. (omissis), con istanza depositata il 12 aprile 2007, essendo stata invitata dall’(omissis) ad impegnarsi per qualche mese, in territorio estero -indica (omissis) quale possibile assegnazione- nell’espletamento di consulenze propriamente di diritto internazionale e più specificamente attinenti alla tutela dei diritti umani, fa presente che si tratterebbe di incarico non retribuito e per il quale le verrebbe corrisposta una sola diaria per sopperire alle spese di sussistenza da sostenere nel singolo Paese di destinazione, con esclusione pertanto di qualsivoglia necessità di fatturazione, e chiarisce, sotto il profilo della qualificazione giuridica del rapporto da istituirsi, che si verterebbe in un’ipotesi di distacco da parte di uno Stato, quale l’Italia, membro dell’Organizzazione in questione, di propri funzionari e anche, come nella specie, di professionisti presso le Missioni in Paesi in cosiddetta via di sviluppo. Si domanda se possa incorrere, qualora accettasse, in incompatibilità con i doveri discendenti dall’iscrizione nell’Albo, con conseguenti riflessi sulla prosecuzione dell’attività professionale una volta cessato l’incarico medesimo, e chiede in proposito il parere del Consiglio. Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; ritiene che nulla osti alla prestazione, da parte di un avvocato, del tipo di attività delineato nella richiesta. Essa si inquadra nell’ambito di una di quelle organizzazioni internazionali volte a favorire l’instaurazione di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni e di cui la Costituzione della Repubblica, al suo articolo 11, fa specifico riconoscimento. Sembra quindi doversi escludere, già in base a questa considerazione, che possa ravvisarsi un’infrazione al dovere di indipendenza sancito dall’art. 10 del Codice Deontologico Forense, cui va aggiunta quella ulteriore, desunta dalla circoscritta temporaneità del distacco, che non consente di ravvisare un’incisione negativa sul requisito della residenza dell’avvocato nella circoscrizione del Tribunale ove è iscritto (art. 10 della Legge Professionale). L’asserita gratuità dell’incarico consente poi di argomentare conclusivamente col ribadire, anche sotto tale profilo, l’esclusione della violazione del cennato dovere di indipendenza. *** - Lo Studio Legale (omissis), con istanza depositata il 28 marzo 2007, ha sottoposto all’attenzione del Consiglio, tramite l’Avv. (omissis) suo componente, il testo del bando di FORO ROMANO 2/2007 411 PARERI DEONTOLOGICI concorso, riservato a giovani laureati in giurisprudenza, avente ad oggetto l’attribuzione di due borse di studio e specializzazione post-laurea presso una Università degli Stati Uniti d’America per il solo anno accademico 2007-2008, dell’importo massimo di euro (omissis) ciascuna. Il Consiglio - Uditi i Consiglieri Rossi e Testa, quali coordinatori della Commissione Deontologica; - chiamato a pronunciarsi in proposito, esprime parere favorevole. Contribuisce certamente all’adempimento del dovere di aggiornamento professionale sancito per ogni singolo avvocato dall’art. 13 del Codice Deontologico Forense, l’organizzazione e la sponsorizzazione -ai sensi del susseguente art. 17 e a cura di avvocati terzi nonchè di società e/o associazioni di avvocati- di seminari di studio, corsi di formazione professionale e convegni in discipline attinenti alla professione forense. L’indizione, come nella specie, di un bando di concorso con conseguente attribuzione di borse di studio obbedisce alle stesse finalità culturali, ove si consideri che essa è finalizzata al conseguimento del master in materie giuridiche oltre che all’espletamento di una ricerca, da effettuarsi nel periodo di studio, in tema di “attività dell’impresa e tutela degli investitori” e alla redazione di una tesi su un argomento prefisso dallo Studio richiedente sulla scorta della consulenza richiesta, in unione a suoi esponenti, ad un Comitato Scientifico di docenti universitari in discipline giuridiche, economiche e finanziarie. D’altra parte, la previsione, quali requisiti per la partecipazione al concorso, dell’età massima inferiore al compimento del 29° anno di età, di una votazione di laurea non inferiore a 107/110 e -in alternativa- a votazioni equiparabili a seconda della normativa applicabile e, infine, dell’ottima conoscenza della lingua inglese parlata e scritta, depongono ulteriormente a favore della serietà dell’indizione medesima e del suo opportuno ancoramento allo scopo pratico perseguito, che è quello di consentire a giovani meritevoli di arricchire il proprio patrimonio culturale, meta assai probabilmente non attingibile senza il forte sostegno finanziario loro concesso, mediante l’approfondita conoscenza sul posto di esperienze teorico-pratiche di primaria importanza sia in ambito internazionale che nei suoi riflessi sul diritto interno e di aprire loro prospettive concrete di avviamento professionale. Positivo apprezzamento va riservato, da ultimo, alla clausola che non consente di partecipare al concorso ai laureati che abbiano in atto, dal momento della presentazione della domanda fino al termine del corso, un qualsiasi rapporto di collaborazione professionale con lo stesso Studio Legale (omissis). 412 FORO ROMANO 2/2007 EXTRAVAGANTES SUL CALENDARIO ROMANO Ai re Romolo e Numa viene attribuito anche il merito di aver introdotto il calendarium, perciò detto anche romuleo o numano, quale utile strumento per l’esercizio del potere politico-religioso fondato sulle cerimonie religiose comunque connesse alla vita civile distinta in dies fasti e nec fasti in cui secondo, o meno, il favore delle divinità erano permesse o vietate certune attività. In origine constava di dieci mesi ed iniziava dal mese di marzo, quando la natura irrompe con tutto il suo vigore; e fu detto lunare in quanto regolato sull’intervallo tra due novilunii, pari al cosiddetto mese lunare, quanto il corso della rivoluzione completa della Luna intorno alla Terra ( da non confondere con la rotazione , sul proprio asse). Dal VI sec. a.C. divenne lunisolare in cui le fasi della Luna o lunazioni erano rapportate al moto del Sole, le due entità cosmiche più importanti che dalle origini quotidianamente sempre allo stesso modo ripetono i fenomeni contrassegnati rispettivamente dall’alba e dal tramonto, dalle lunazioni e fasi lunari che si susseguono ogni mese sinodico di circa 29 giorni con : - Luna nuova o novilunio, quando la Luna è in congiunzione, ossia dalla stessa parte del Sole rispetto alla Terra, per cui il suo emisfero risulta oscurato;- Luna piena o plenilunio quando invece la Luna si trova in opposizione, cioè dalla parte opposta del Sole rispetto alla Terra per cui risulta ben visibile la sua parte illuminata. Tra queste due posizioni ve ne sono talune peculiari in corrispondenza delle fasi dette del primo quarto e dell’ ultimo quarto in cui l’emisfero lunare, illuminato dal Sole, è visto dalla Terra soltanto a metà. Si dice allora che la Terra, il Sole e la Luna sono in quadratura, cioè ai vertici di un triangolo rettangolo ideale, con la Terra dalla parte dell’angolo retto. Da queste fasi principali, che sono separate da intervalli di 7g9h11m ( durata del mese sinodico diviso quattro ...la settimana ), si hanno poi tutte le possibili condizioni di illuminazione intermedie. Ora bisogna fare alcune considerazioni di natura astronomica: a ) la durata dell’anno solare ( o tropico ) dovuto al moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole è di circa 365 giorni, 5h, 48m, 46 s e quindi non coincide con l’anno civile stabilito in 365 giorni interi e tale differenza è all’origine ancora oggi della difficoltà di elaborare un calendario perfetto; b ) il mese sinodico è pari a 29g 12h44m3s e corrisponde alla rivoluzione della Luna intorno alla Terra riferita all’allineamento Terra-Sole-Luna ( mentre, com’ è noto, il più preciso mese sidereo di 27g7h43m12s ha come riferimento una stella della Sfera o volta celeste ). I Romani in un primo momento avevano stabilito la durata dell’anno in 355 giorni suddivisi in 12 mesi lunari di 29 giorni circa e di conseguenza, tenuto conto dei precedenti punti a ) e b ), si rendeva necessaria una correzione, come del resto avviene ancora oggi, per riallineare l’anno civile con l’anno solare. Cosa che avveniva ogni due anni ad opera dei Pontefici che, secondo i loro calcoli, compensavano col mese intercalare detto mercedonius i 22 – 23 giorni mancanti, inserendoli dopo il 23 Febbraio, correggendo così il calendario che era indietro di circa 11 giorni l’anno rispetto all’anno solare. Anche nelle varie città-stato della Grecia, ancorchè in Roma, furono adottati vari calendari prima lunari e successivamente lunisolari dotati di ingegnosi sistemi per fissare le date e compensare lo scarto per difetto tra l’anno solare e l’anno civile. Celebre è il calendario ateniese; l’anno attico dell’epoca di Solone, ad esempio, iniziava nella seconda metà del mese Ecatombeone ( Luglio ) dopo il solstizio d’estate. Tre decadi formavano il mese all’inizio contrassegnato dalla luna nuova. Tuttora sono lunari i calendari Ebraico e Musulmano. Dal 153 a.C. l’anno ebbe inizio il 1° Gennaio, in propizia coincidenza all’insediamento dei Consoli, e i mesi da dieci, con l’aggiunta di Ianuarius e Februarius, furono portati a dodici. La stessa etimologia dei mesi è ispirata alle divinità e alle festività sacre ricorrenti nel periodo e correlate alle varie fasi e cicli del mondo agricolo-pastorale di allora: FORO ROMANO 2/2007 413 EXTRAVAGANTES Ianuarius, sacro a Ianus, Giano, divinità agreste a protezione delle porte della città ( ianua ) e dei confini tra i fondi; Februarius , mese dei Februa ossia delle purificazioni; Martius, a Marte, divinità in origine agricola poi guerriera; Aprilis, sacro a Venere, e Maius a Maia, dea della vegetazione; quindi Iunius, sacro a Giunone, dea della prosperità e della famiglia ; seguono Quintilis e Sextilis, cioè il quinto e il sesto mese,che in età imperiale, divennero, rispettivamente, Iulius, in onore di Giulio Cesare, e Augustus, in onore di Augusto imperatore; infine, September, il 7° mese; ultimi, October, l’8°; November e December, rispettivamente il 9° e il 10° . All’origine essi erano aggettivi e quindi venivano uniti al sostantivo mensis; successivamente divennero meri sostantivi. Nel 45 a.C. Giulio Cesare, avvalendosi dell’opera dell’astronomo Sosigene di Alessandria, introdusse il calendario solare, che da lui prese il nome di giuliano, soppresse il mercedonius e aumentò il numero di giorni a 365, stabilendo 31 giorni per i mesi di Marzo, Maggio, Luglio e Ottobre; aggiunse inoltre due giorni ai mesi di Gennaio, Agosto, Dicembre, che divennero di 31; un giorno ad Aprile, Giugno e Settembre, di 30; Febbraio di 28. L’anno solare fu approssimato a 365 giorni e 6 ore, mentre l’anno civile era, e tuttora, di 365 giorni; le sei ore in difetto per anno in un quadriennio comportavano quindi la differenza di un giorno che nel prosieguo si sarebbe accumulata. Per eliminare l’inconveniente ogni quattro anni, tra il 23 e il 24 Febbraio, il Pontefice intercalava un giorno, il bissexto kalendas Martias, da cui il nome di bisestile dato appunto all’anno che risultava così di 366 giorni ( e pertanto comportava necessariamente la modifica delle date, dai termini ordinari, nelle seguenti: 24 = ante diem bis VI Kalendas Martias ( abbr. a.d. bis VI Kal. Mar. ); 25 = a.d. VI Kal. Mar. ; 26 = a.d. V Kal. Mar.; 27 = a.d. IV Kal. Mar.; 28 = a.d. III Kal. Mar.; 29 = pridie Kal. Mar.). Il calendarium giuliano trovò definitiva applicazione soltanto dall’8 d.C. per ordine di Augusto ed è rimasto pressochè in vigore per la Chiesa ortodossa fino ai nostri giorni. L’elemento lunare- che aveva regolato i tempi remoti - rimase sistematicamente anche nei calendari successivi, con il mese sempre contrassegnato da tre giorni fissi corrispondenti ad altrettanti fasi della luna: al novilunio le Kalendae, il 1° di ogni mese, dal greco kaléò e latino calo, calare, cioè il chiamare a raccolta / convocare il populus da parte del Pontefice sul colle Palatino presso il tempio di Giunone Moneta, cui il dies era dedicato, per annunciargli le festività religiose e il principio del mese con la formula “Dies te quinque ( vel septem ) calo, Iuno Covella (Novella )”, ripetuta cinque o sette volte a seconda dei giorni mancanti alle nonae, determinando così anche le Idi . E da Kalendae, dapprincipio riferito soltanto al primo giorno del mese, si passò a calendarium per indicare l’intero intervallo annuale quantunque si ritiene, invero, che tale termine fosse piuttosto riferito al particolare registro, una sorta di scadenziario, tenuto dal liberto, ove erano annotati le somme o beni fungibili in deposito o a prestito coi relativi interessi , foenus o fenus, quale corrispettivo per il loro uso, le usurae, che giusto si scontavano alle calende, ossia il primo del mese. Al I° quarto di luna, il 5 del mese, corrispondevano le Nonae, cioè il nono giorno antecedente le Idi, le quali in coincidenza del plenilunio cadevano di conseguenza il 13. Il significato di idus è incerto e forse etrusco e probabilmente indicava la luminosità dovuta al plenilunio oppure la divisione del mese in due parti quando la luna da crescente diventa calante. Certo era dies sacro a Giove tant’è che per l’occasione, il più importante tra i Flamines majores, il Flamen Dialis addetto al suo culto gli sacrificava una pecora bianca detta appunto ovis idulis. Da queste date i Romani determinavano anche gli altri giorni aggiungendo Pridie o Postridie per indicare rispettivamente il giorno precedente o successivo alle suddette date ; se intermedio, si contavano, invece, tanti giorni – inclusi il dies a quo quanto il dies ad quem - occorrenti alle successive kalendas vel Nonas vel Idos. Nei mesi di Marzo, Maggio, Luglio e Ottobre le nonae cadevano il 7; mentre le Idi il 15. 414 FORO ROMANO 2/2007 EXTRAVAGANTES La giornata era divisa in giorno e notte rispettivamente scandite dalle Horae e dalle Vigiliae per complessive ventiquattro ore: la notte, dalle sei della sera alle sei del mattino, divise in quattro parti di tre ore ciascuna dette vigiliae dai turni di guardia che dall’uso militare passò nella vita civile. Il giorno era invece diviso in dodici horae, numerate dalla prima, le sei del mattino, alla dodicesima, le diciotto di sera. Gli anni, poi, venivano indicati ab urbe condita o ricorrendo all’eponimia dei Consoli in carica. Ne risulta una raccolta frammentata ma ordinata nei fasti consulari e capitolini gelosamente custoditi dai Pontefici . Con l’era cristiana si usò la locuzione ante e post Cristum natum, così come sostituita nel VI sec. d.C. dal monaco Dionigi l’Exiguus a ab incarnatione Domini in uso dall’era di Diocleziano. Infine, il calendario gregoriano del Pontefice Gregorio XIII ( 1572 – 1585 ), tuttora in vigore, altro non è che un calendario giuliano modificato da una peculiare commisione tra cui si distinsero il medico calabrese di Cirò, Luigi Giglio, e il tedesco Critoforo Clavio. Se fosse continuato il calendario giuliano, coi ritardi accumulati, la Pasqua sarebbe infatti stata celebrata in estate. Furono apportate pertanto le seguenti innovazioni: a ) le settimane, in cui si dividono i mesi, di durata quasi uguali alle fasi lunari, con la lunghezza media dell’anno civile prossima a quella dell’anno tropico per correggere lo scarto in difetto di 11 minuti e 14 secondi che già nel XVI secolo avrebbe fatto anticipare all’11 Marzo la data dell’equinozio di primavera del 21; b ) l’ eliminazione dei 10 giorni di differenza tra l’anno civile ( o calanderiale ) e l’anno solare ricorrendo all’artificio di saltare direttamente dal 4 Ottobre 1582 al 15 Ottobre 1582; c ) per l’avvenire, gli anni secolari sarebbero stati considerati bisestili soltanto quelli in cui il gruppo di cifre precedenti i due zeri è divisibile per quattro. Da tempo si sta pensando ad un calendario universale con l’anno diviso in 52 settimane e 4 trimestri di 91 giorni, composti da tre mesi rispettivamente di 31, 30 e 30 giorni con inizio del trimestre la domenica ( restano fuori 1 o 2 giorni l’anno se bisestile ) . In tal modo l’anno e ciascun trimestre inizierebbe sempre di domenica evitando gli artificiosi computi del ciclo settimanale dovuti alla diversa lunghezza dei mesi. Ma sul punto ci sono ancora difficoltà e resistenze da parte delle varie religioni diverse dalla cattolica, quali l’ebraica e musulmana. Roma, 22 Maggio 2007 Avv. Domenico Giustiniani HABEMUS STATUTUM 1) Quel quarantotto del 1848 2) Una proposta di lettura di una costituzione dimenticata 3) Il nodo politico dell’art. 5 ( 25 Luglio 1943 ) e il fragoroso risveglio di una costituzione 1) Tutto sarebbe cambiato, niente sarebbe stato più come prima. Questo era il comune proposito dei rappresentanti del Terzo Stato riunitisi nella Sala della Pallacorda, i quali giurarono (20 Giugno 1789) di non separarsi mai “fino a che non si fosse data e affermata su solide basi la costituzione del regno” secondo la formula adottata da Bailly, il presidente dell’assemblea “sfrattata” da Versailles per volere di Luigi XVI. Il nuovo e auspicato regime politico avrebbe portato1 alla nascita di una monarchia non più assoluta, bensì costituzionale, limited, per usare le parole di A. Hamilton2 Sessant’anni più tardi, in quel quarantotto del nostro 1848 risorgimentale, quella promessa solenne era ancora valida, anzi era stata fatta propria anche dai patrioti italiani e Carlo Alberto FORO ROMANO 2/2007 415 EXTRAVAGANTES di Savoia, re di Sardegna (1831-1848), sapeva che, una volta terminati i lavori per la redazione dello Statuto ad opera dei suoi Ministri riunitisi sotto la sua presidenza, sarebbe iniziato per il Piemonte un nuovo corso istituzionale di stampo liberale, con l’abbandono definitivo del ruolo della Corona quale autorità accentratrice dei tre poteri costituzionali, come notoriamente teorizzati da Montesquieu. La concessione in data 4 Marzo 1848 dello Statuto Albertino, entrato in vigore l’8 Maggio dello stesso anno, a far tempo dal giorno della prima riunione delle Camere subalpine, rappresenta un punto di netta cesura con l’ordinamento politico dell’antico regime sabaudo di stampo assolutista, come restaurato con un forte senso anacronistico durante i lavori del Congresso di Vienna (1814-1815) dalle potenze europee, che avevano sconfitto la Francia napoleonica, la quale aveva tradito le conquiste della Rivoluzione. Lo Statuto3, costituzione ottriata emanata da Carlo Alberto, basata su un solido pactum unionis tra la Corona e la emergente classe borghese, vivrà gli iniziali momenti di gloria piemontesi durante la Prima Guerra di Indipendenza e resterà in vigore all’indomani della sconfitta sabauda ad opera dell’Impero degli Asburgo. In seguito, con la proclamazione dell’Unità di Italia, lo Statuto sarà elevato al rango di legge fondamentale per i territori degli stati regionali annessi per via plebiscitaria. L’auctoritas metagiuridica e il significato delle conquiste liberali dello Statuto, ben di più del posto dallo stesso occupato nella gerarchia delle fonti4, contribuiranno alla nascita di una sistema coeso dal punto di vista politico e sociale, in un’Italia ancora profondamente malata di un campanilismo dalle profonde radici basso-medievali, nella quale, all’indomani del 1861, continuavano a circolare le valute degli stati preunitari nelle transazioni commerciali più comuni. La scelta di denominare la legge fondamentale del regno statuto e non costituzione allontanava sicuramente l’eco rivoluzionario francese, ancora vivo in un Piemonte da sempre vicino alle vicende politiche interne transalpine e si presentava parimenti per forma juris più vicina a una tradizionale fonte giuridica italiana del Basso Medioevo, lo statuto comunale5, il più delle volte espressione politica di una conjuratio. Lo Statuto presentava un tessuto normativo basato su una distribuzione dei tre poteri costituzionali, anche se tra quest’ultimi solo grazie a constitutional conventions di natura extragiuridica si affermerà quel sistema di bilanciamenti proprio della forma parlamentare. Da principio, infatti, “al re sono attribuiti poteri forti”6; egli detiene in toto il potere esecutivo (art.5) e rappresenta uno dei tre rami del potere legislativo, che divide con la Camera dei Deputati e il Senato del Regno (art.3), in ossequio al principio anglosassone the King in Parliament. Inoltre “la Giustizia emana dal Re”, quasi si trattasse di un fascio di raggi di luce, che si dispiegano dalla sua persona; donde il potere giurisdizionale non godeva, secondo la lettera dello Statuto, di guarentigie apprezzabili, anzi con l’andare del tempo diverrà un apparato alle strette dipendenze di quello esecutivo. Quest’ultimo non conosce inizialmente al suo vertice politico la natura collegiale del Governo, in quanto “il Re nomina e revoca i suoi Ministri”, uti singuli secondo il laconico dettato dell’ art. 65, né la persona del Presidente del Consiglio, figura che solo de facto entrerà nel panorama costituzionale statutario. Infine va inoltre ricordata la diffusa opinione per cui lo Statuto si presentava come un documento flessibile (seppur in origine rigido), in quanto non prevedeva procedure aggravate per la sua revisione7. 2) La flessibilità:ecco l’atavica colpa dello Statuto, a volte sporadicamente ricordata nel corso degli studi universitari istituzionali, per esaltare, in sede di confronto con la nostra costituzione 416 FORO ROMANO 2/2007 EXTRAVAGANTES del 1948, il carattere rigido di quest’ultimo documento. Invero si ricordi come anche la costituzione inglese in senso sostanziale si presenti storicamente flessibile; ciononostante il paese d’oltremanica 8 ha conosciuto la limitazione del potere assoluto della Corona già agli inizi del secolo XIII, con la nascita, in epoca moderna, della forma di governo parlamentare, evidenziando la sua aspirazione a presentarsi come uno stato liberale ante litteram, prima che questo si cristallizzasse sul continente nel corso del secolo XIX. Al di là della flessibilità giuridica della costituzione inglese, si osserva come quest’ultima sia politicamente rigida (al pari dello Statuto), così da non permettere de facto che nessun potere si muova al di fuori dei propri limiti secolarmente delineati. Tale evoluzione è poi dovuta principalmente alle già richiamate constitutional conventions, regole extragiuridiche di natura politica, che certo non hanno nella flessibilità un limite, bensì un presupposto per la loro pacifica osservanza9. In proposito si propone di accantonare la diatriba rigidità-flessibilità della carta ottriata quarantottina, per optare in favore della sua natura elastica, come evidenziato dal Rossi, e cioè della idoneità di tale documento ad adattarsi “alle variabili necessità dei tempi e delle circostanze, perché le sue formule sintetiche e generiche lasciano largo margine al loro sviluppo ed integrazione, mediante leggi costituzionali particolari, consuetudini e interpretazioni varie10”. Del resto lo Statuto, seppur mostrandosi giuridicamente flessibile anche nei suoi primi anni di vigenza, presentava come rigida la sua auctoritas politica, quale summa di valori sui quali doveva fondarsi prima il Piemonte del nuovo corso costituzionale e poi il frammentato stato unitario. Inoltre l’esperienza istituzionale statutaria può considerarsi un vera fonte di insegnamenti politici anche per il nostro attuale sistema costituzionale. La prima forma di governo parlamentare11 vide infatti la luce nel nostro paese sotto il vigore dello Statuto ed ebbe ad evolversi al di là di ogni precetto contenuto in quel documento e il nostro ordinamento vigente fa di certo proprio il corso costituzionale presente nel c.d. sessantennio liberale unitario (1861-1922). In tema di Bill of Rights si osserva poi come molte libertà siano riconosciute dalla nostra costituzione del 1948 quali delineatesi sotto il vigore dello Statuto12. Quest’ultimo merita di essere studiato e approfondito ancora oggi, anche nell’ambito di uno studio comparatistico, quale punto di contatto tra la tradizione giuridica continentale e quella di common law. Le parole del Cavour sulle pagine del Risorgimento13 del 10 Marzo 1848, pur prive di eccessivo entusiasmo politico per la concessione sovrana, mostrano come lo Statuto, influenzato apertis verbis dai principi politici in nuce liberali dell’ordinamento francese, pur restaurato, rappresentasse un punto di inizio per un nuovo corso istituzionale di stampo parlamentare in senso razionalizzato secondo la tradizione pubblicistica inglese, nel quale la assemblea elettiva si poneva al centro dell’ordinamento costituzionale e godeva di un mai spento e sopito potere costituente, da esercitarsi nelle forme della legislazione ordinaria. È del resto ben noto come il futuro Capo di Governo della prima Italia unita non nascondesse una profonda ammirazione per il sistema politico dell’Inghilterra, nonché per l’inclinazione liberale e liberista di tale nazione. Del resto lo Statuto recepiva (art. 10)14 inoltre una manifestazione del fondamentale principio anglosassone no taxation without representation. 3) Non si può di certo negare che lo Statuto, già nel periodo della Destra storica (1861-1876), si sia visto spogliare del suo carattere rigido in senso giuridico, “trafitto” da leggi ordinarie15, tese con noncuranza e irriverenza a emendarlo, o da semplici prassi parlamentari16. FORO ROMANO 2/2007 417 EXTRAVAGANTES Il carattere rigido tornerà a caratterizzare lo Statuto per mano del Fascismo, la forza politica che più di ogni altra ha tentato di modificarlo profondamente, senza mai formalmente abrogarlo in toto per motivi di opportunità politica17. Del resto la lex legum, lo Statuto, “non c’è più” e non rimane di esso nient’altro che un Santo Sepolcro vuoto18, davanti al quale è inutile porsi di guardia. Ma questa costituzione dormiente durante il ventennio avrà modo di risvegliarsi in modo assai fragoroso la mattina del 25 Luglio 1943; Vittorio Emanuele III, infatti, si muove politicamente non tanto sulla base del voto del Gran Consiglio, che la notte precedente aveva sfiduciato Mussolini, ma secondo il chiaro dettato dell’art. 519 dello Statuto, che attribuiva in toto il potere esecutivo alla sua persona; il Duce non era che uno dei suoi Ministri, che egli poteva nominare e revocare ad libitum ai sensi dell’art. 65 della carta albertina. La lettera dello Statuto è dunque restaurata nel suo originario vigore quarantottino quasi cent’anni dopo e si presenta più che mai viva e attuale in articulo mortis, permettendo un “colpo” di stato monarchico. I fatti che seguono risultano a tutti ben noti; la diarchia, ovvero la scomoda coabitazione del Fascismo e della Corona nell’alveo dello stato totalitario, ormai logora da anni, si scioglierà quella mattina d’estate. L’interregno (1943-1946) che porterà al referendum del 2 Giugno 1946 sarà retto dalla c.d. costituzione provvisoria, per usare le parole di Calamandrei, costituita dai tre decreti legislativi luogotenenziali (nn. 151/1944, 146/1945 e 98/1946). L’auctoritas dello Statuto aveva dunque legittimato un punto di cesura costituzionale, nel quale la Corona si scopriva politicamente, per vedersi riconosciute le sue prerogative istituzionali in un’ottica neosonniniana, ovvero ancorata ad una interpretazione letterale e non evolutiva della lex legum del 1848. Rimangono l’auspicio e la speranza che oggi l’interesse per lo studio dello Statuto Albertino non si arresti nell’ambito della archeologia giuridica o di diffusi pregiudizi, ma si comprenda, come si è cercato di illustrare in queste pur sommarie considerazioni, quanto il nostro attuale ordinamento politico sia tributario di tale costituzione e della esperienza istituzionale, che l’ha cottraddistinta, in un’ottica di continuità. Conoscere le radici delle nostre libertà di ogni giorno le rende politicamente “rigide” nel profondo di ciascuno di noi e ci spinge a preservarle con più fermezza, non dandole mai per scontate. Dott. Fernando De Angelis Link Campus University of Malta NOTE 1 In data 8 Febbraio 1848 Carlo Alberto aveva fatto pubblicare un proclama costituzionale con il quale venivano adottate, come si legge nel preambolo, “le seguenti basi di uno Statuto fondamentale per istabilire nei Nostri Stati un compiuto sistema di governo rappresentativo”. Il re “Magnanimo” aveva già in precedenza avviato un lento e progressivo ammodernamento dello stato sabaudo, facendosi promotore di un ampio intervento di codificazione di ispirazione napoleonica, nonché introducendo, tra il 1847 e il 1848, un sistema rappresentativo, seppur a suffragio assai ristretto, a livello provinciale e comunale, permettendo inoltre uno moderato esercizio della libertà di stampa e eliminando, in base alla lettera patente del 18 Febbraio 1848, ogni distinzione giuridica per motivi di ordine religioso. Lo stesso Carlo Alberto, da reggente del Regno di Sardegna, aveva concesso nel Marzo 1821 la costituzione di Cadice del 1812, la prima carta ottocentesca a definirsi “liberale”, punto di unione del costituzionalismo britannico 418 FORO ROMANO 2/2007 EXTRAVAGANTES nel mar Mediterraneo e della c.d. constitucion historica spagnola. 2 Sul tema della limited constitution si rimanda al saggio n. 78 in“Federalist Papers” (1787-88). 3 In molte parti fedele traduzione delle costituzioni francesi del 1791 e del 1814 (come novellata nel 1830). 4 L’art. 1 delle c.d. Preleggi del 1942 annovera quali prime nella gerarchia delle fonti le leggi, non facendo menzione dello Statuto Albertino (al tempo ancora formalmente vigente) o di altro documento di natura costituzionale. 5 Oggi con il termine statuto si indica la norma fondante per il funzionamento delle Regioni e dei c.d. enti locali, quali regolati dal T.U. di cui al D.lvo 267/2000. 6 R. Martucci, Storia costituzionale italiana, pagg. 45 ss., Carocci, Roma, 2002. 7 A contrario vengono comunemente considerate rigide le costituzioni, come quella italiana del 1948, che predispongano un iter più aggravato per la loro modifica rispetto a quello legislativo ordinario (ex plurimis v. C. Esposito, La validità delle leggi (1934), pag. 164, Giuffrè, Milano, 1964; diversamente A. Pace, Potere costituente, Rigidità costituzionale, Autovincoli legislativi, pagg. 1 ss., Cedam, Padova, 1997). 8 Eppure, paradossalmente le prime costituzioni rigide scritte, i “Fundamental Orders“ dei coloni americani del Connecticut (1638) e l’ “Instrument of Government” promulgato da Cromwell nel 1653, nascono in un ambiente politico inglese di spirito protestante. 9 Le conventions o consuetudini costituzionali si presentano come fonti integratrici della nostra costituzione in senso sostanziale, seppur prive di carattere giuridico. Si configurano quali prassi o accordi taciti tra i vari organi costituzionali interessati, la cui validità risulta legata alla clausola rebus sic stantibus: in tal senso si rimanda al disposto dell’art 88/1 della nostra Carta, per cui il Capo dello Sato “può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o una sola di esse”. La facoltà presidenziale si presenta di pronta comprensione; in realtà la casistica in cui dovesse risultare opportuno esercitarla, è disciplinata dalle suddette fonti di natura prettamente politica (ad esempio allorché l’organo esecutivo goda di un instabile rapporto fiduciario con uno dei due rami parlamentari). 10 In La “elasticità” dello Statuto Albertino (1939) in Scritti vari di diritto pubblico, vol. VI, Giuffrè, Milano, pag. 11, 1941. 11 La medesima “selvaggia” forma di governo, che trae origine dal primo Trasformismo, quale delineatosi sotto Depretis, risulta caratterizzata da una forte instabilità dell’organo politico esecutivo e ha contrassegnato tutto il periodo della c. d. “Prima Repubblica”. 12 Si pensi alla libertà di riunione, quale ad oggi costituzionalmente prevista (art. 17), che può essere esercitata pacificatamene e senz’armi, come disposto già nella formulazione statutaria (art. 32) e in quella della costituzione belga del 1831 (art. 19). 13 In Tutti gli scritti di Camillo Cavour, a cura di Piscedda e G.Talamo, vol. III, Centro Studi Piemontesi, Torino, pag. 1115, 1976. 14 “(…) ogni legge di imposizione di tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato, sarà presentata prima alla Camera dei Deputati”. 15 Ex plurimis la l. 3204/1876, che trasformò “la milizia comunale”, prevista dall’art. 76 dello Statuto, in “milizia territoriale” facente parte della “forza armata governativa” o le leggi attributive dei pieni poteri al Governo del Re in occasione delle tre guerre risorgimentali (l. 759/1848, 3345/1959 e 2872/1966), approvate in chiara violazione del dettato costituzionale statutario. 16 Come quella di non discutere e di non approvare i codici articolo per articolo ex art. 55/2 dello Statuto, ma di autorizzarne con legge la pubblicazione mediante decreto reale, previo parere delle commissioni parlamentari. 17 Del resto le esperienze tese a redigere una costituzione unidocumentale fascista erano naufragate negli anni 192425, nonostante gli approfonditi lavori preparatori della Commissione dei “Quindici” e di quella dei “Diciotto Soloni”. La Carta del Lavoro e le altri leggi fascistissime, come quella (n. 100/1926) sui poteri del Governo, rappresentano la normativa costituzionale in senso sostanziale del regime. Da ultimo l’art. 12 della legge sul Gran Consiglio del Fascismo (n. 2693/1928) introdusse un iter parlamentare aggravato per le leggi che riguardassero “questioni aventi carattere costituzionale”, ripristinando la natura rigida dello Statuto. 18 Per usare le parole pronunciate nel discorso del capo del Fascismo al Senato in data 12 Maggio 1928, Per la riforma della Costituzione v. amplius in Opera Omnia di Benito Mussolini, a cura di E. e D. Susmel, vol. XXIII, pag. 147, La Fenice, Firenze, 1956. 19 V. anche art. 13 della Carta costituzionale francese del 1814. FORO ROMANO 2/2007 419 EXTRAVAGANTES PHILOGHELOS Una sconfitta ineluttabile Un giovane aveva fatto causa al padre per il riconoscimento di un suo credito, consistente in una piccola somma di denaro. I due furono portati avanti a Pittaco, uno dei sette saggi della Grecia. Pittaco si rivolse al giovane e gli disse: “Senti, se tu perderai la causa sarai condannato ma se la vincerai, meriteresti ugualmente di essere condannato”. La ricchezza non è sinonimo di capacità Platone era contrario all’usanza in vigore ad Atene di dare le magistrature ai signori più ricchi della città. Soleva dire che ciò era come se si affidasse il comando della nave al passeggero più ricco. Vivere in armonia ha grande peso Il console romano Publio Rutilio era un uomo molto grasso. Un giorno assistette ad una accesa disputa tra alcuni concittadini che litigavano tra loro, probabilmente per motivi politici. Cercò inutilmente di riportarli alla calma e alla fine li convinse dicendo: “Amici miei, come voi vedete, io sono un uomo molto grasso. Mia moglie è più grassa di me, eppure quando andiamo d’accordo, un piccolo lettuccio basta per tutti e due, mentre quando litighiamo tutta la casa ci sembra piccola e non ci basta più”. (da Ateneo) La adulazione paga sempre A Ugo di Tiberiade, fatto prigioniero durante la terza crociata, fu concesso dal saladino, grande sultano d’Egitto e Siria, un anno di tempo per procurarsi la somma necessaria per il riscatto. Il saladino gli disse: “non vi sarà certamente un cristiano più prode di te che non sia disposto ad aiutarti, anzi si affretterà a farlo”. Rispose Ugo di Tiberiade: “Non conosco tra i cristiani alcuno che sia più prode di Voi e pertanto permettetemi che cominci da Voi a chiedere un aiuto economico”. Il saladino, allora generosamente gli condonò metà della somma richiesta per il riscatto. Giustizia casalinga Alcuni mercanti avevano acquistato da Plinio il giovane, l’uva delle sue ville, sperando di rivenderla per fare un giusto guadagno. Plinio fu irremovibile e non concesse loro alcuno sconto, per cui i mercanti se ne andarono delusi, pagando tuttavia la somma richiesta. Plinio ci ripensò e richiamò i mercanti, restituendo parte della somma ricevuta, dicendo loro: “sono stato per tanti anni pretore ed ho reso giustizia in pubblico; Mi piace ora rendere giustizia anche a casa mia e in privato”. a cura di Giovanni Cipollone 420 FORO ROMANO 2/2007 RAPPORTI INTERNAZIONALI Adunanza del 1° marzo 2007 AUDIZIONE AVV. ENRICO SCOCCINI - RELAZIONE SULLA CONFERENZA DI VIENNA DEI PRESIDENTI DEI CONSIGLI DELL’ORDINE D’EUROPA - Viene ammesso in Aula l’Avv. Enrico Scoccini il quale svolge una relazione sulla Conferenza di Vienna del 16 febbraio 2007, che integralmente si trascrive: “Si è tenuta a Vienna, il 16 febbraio 2007 la trentacinquesima Conferenza dei Presidenti dei Consigli dell’Ordine e delle Associazioni europee degli Avvocati. Per il Consiglio dell’Ordine di Roma il Presidente Cassiani ha delegato l’Avv. Enrico Scoccini. La Conferenza è un appuntamento annuale importante, in quanto ciascuna delegazione nazionale degli Avvocati riferisce sull’attività svolta, sulle iniziative e sugli obiettivi che intende conseguire, consentendo quindi uno scambio utile di informazioni, esperienze e valutazioni sullo stato della professione forense. In un momento in cui l’attività professionale dell’avvocato ha subito e sta subendo profonde trasformazioni, anche per effetto di interventi normativi del legislatore comunitario, l’incontro di Vienna è stato particolarmente utile per cogliere i termini dell’attuale dibattito sullo stato e sulle prospettive della professione legale in generale e forense in particolare. I temi sono ricorrenti e le problematiche per la gran parte comuni, pur nella diversità di soluzioni che ad esse vengono proposte, a dimostrazione di una situazione comune a tutti i Paesi europei, comunitari e non, di profondo cambiamento del quadro normativo ed istituzionale attinente la professione legale in relazione ad un mutato quadro economico, sociale e di mercato in cui i servizi legali vengono offerti e richiesti. Per l’Italia era presente il Presidente del Consiglio Nazionale Forense Guido Alpa, il quale ha riferito sulle ultime vicende legislative introdotte nel nostro Paese dal noto decreto Bersani di agosto, sui suoi contenuti e sulla posizione fortemente critica del mondo forense nei confronti di tale intervento legislativo. Ha pure riferito sulle iniziative che il Consiglio Nazionale Forense ha assunto per migliorare la situazione degli Avvocati italiani, quale la realizzazione di un network informatico tra tutti gli Avvocati italiani, per facilitare la diffusione di notizie, lavori, informazioni, e a crescere la qualità dei servizi legali in uno scenario di maggiore concorrenza e competitività. In tale quadro vanno pure collocate le iniziative di offrire il servizio di firma digitale certificata agli Avvocati, e i contributi per i test di funzionamento del nuovo processo civile telematico. Anche in Inghilterra e Galles, sono in corso modifiche legislative per quanto attiene i servizi legali, essendo stato redatto un primo disegno di legge (il legal service bill del 24 novembre 2006), rispetto al quale la Law Society ha costantemente interloquito con il Governo e con il Parlamento (attualmente è all’esame della Camera dei Lords). Il disegno di legge recepisce molte delle indicazioni fornite dalla Commissione presieduta da Sir David Clementi, istituita nel dicembre 2004, i cui punti fondamentali erano: lo svolgimento della professione legale deve avvenire sotto la sorveglianza di un nuovo Consiglio dei servizi legali (Legal services Board); la separazione tra funzioni di rappresentanza e funzioni di controllo all’interno del corpo professionale; l’istituzione di un ufficio di risarcimenti contro gli errori degli Avvocati nei confronti dei consumatori; la partecipazione di non Avvocati (nonsolicitors) a società di Avvocati (Law Firms). La Law Society è sostanzialmente favorevole al FORO ROMANO 2/2007 08_rapporti internazionali.pmd 421 421 22/06/2007, 11:34 RAPPORTI INTERNAZIONALI disegno di legge governativo, che ritiene idonea alle esigenze attuali della professione legale, anche se rivendica la propria autonomia per quanto attiene alla disciplina complessiva della professione legale, compresi i rapporti tra avvocati e non avvocati, lasciando al Legal Services Board il compito di intervento solo quando le regole dettate dalla Law Society non hanno dimostrato la loro insufficienza. La Scozia, sulla scia delle commissioni Clementi, ha pure modificato, in parte, la propria legislazione sulla professione legale, costituendo un organo per la risoluzione delle controversie tra clienti e avvocati. La Law Society scozzese ha avuto un atteggiamento di riserva nei confronti del nuovo organismo, anche in relazione al fatto che nella versione originale del testo legislativo non era previsto appello contro le sue decisioni. Con la modifica del dicembre 2006 è stata introdotta la possibilità di appello al Tribunale Ordinario, la Law Society è stata un interlocutore costante in tutte le modifiche legislative introdotte dal Parlamento scozzese in tema di professione legale, anche per quanto attiene all’introduzione di norme sulla limitazione delle spese legali nei processi penali, rispetto alle quali, a fronte di una posizione di totale contestazione da parte della Law Society, l’esecutivo della Scozia ha profondamente modificato la propria posizione iniziale. La Law Society svolge un ruolo molto importante anche nella formazione professionale degli avvocati scozzesi, in un’ottica di aumento della qualità dei servizi. Anche la Spagna, tra i grandi Paesi europei, ha in corso una modifica al proprio sistema normativo della professione legale. Il 31 ottobre 2006 è stata pubblicata la legge sull’accesso alla professione legale. E’ una legge molto attesa dall’avvocatura spagnola, in quanto la Spagna era l’unico Paese europeo del tutto privo di una specifica disciplina di accesso alle professioni legali. La nuova legge prevede una lunga vacatio legis di 5 anni, durante i quali sia le Scuole legali che le Università svolgeranno dei corsi per la preparazione all’esame finale. Anche la Spagna ha in via di approvazione una legge sulle società tra professionisti, comprese quelle tra avvocati, che possono avere soci non professionisti fino ad un quarto del capitale sociale. E’ pure da segnalare, per quanto riguarda la Spagna, il decreto reale del novembre 2006, che introduce un particolare rapporto di lavoro, per gli avvocati che lavorano nei grandi studi legali e che ricevono una retribuzione per il loro lavoro. La nuova disciplina stabilisce i diritti e i doveri di tali professionisti, la loro indipendenza, il particolare rapporto fiduciario con i titolari dello studio, ed altri interessanti profili che dovrebbero essere presi in considerazione anche nel nostro Paese, ad avviso di chi scrive. Anche la Spagna, ha avviato un importante programma di informatizzazione dell’attività legale, mettendo a disposizione degli avvocati spagnoli strumenti informatici, quali la firma elettronica certificata, servizi di gestione delle e-mail, accesso alla consultazione di banche dati esterne e servizi connessi, quali ad esempio, il deposito di documenti processuali nei giudizi (solo in alcune Corti, ma a breve esteso a tutti i Tribunali), servizi di notificazione, ed altre banche dati di uso frequente per i professionisti. Minori novità per la Francia, che ha introdotto di recente la società tra avvocati, aperta anche a non avvocati, entro limiti ben determinati. L’Avvocatura di Francia ha poi condotto una forte opposizione alla legge che ha introdotto in Francia la direttiva comunitaria sul riciclaggio di denaro illecito, impugnando la legge innanzi al Consiglio di Stato e quindi chiedendo che la questione fosse rimessa alla Corte di Giustizia Europea. 422 08_rapporti internazionali.pmd FORO ROMANO 2/2007 422 22/06/2007, 11:34 RAPPORTI INTERNAZIONALI Interessanti anche le novità sul fronte dei nuovi Paesi entrati nell’Unione Europea. La Polonia nel 2005 ha introdotto una legislazione di totale liberalizzazione della professione legale, consentendone l’esercizio senza l’esercizio della pratica nel superamento di esame. Contro tale legislazione hanno ricorso gli avvocati polacchi alla Corte Costituzionale, la quale ha dichiarato incostituzionale la legge nella parte in cui limita il potere di autoregolamentazione dei corpi professionali. La modifica legislativa approntata dal Parlamento nel gennaio 2007, non supera le critiche dell’Avvocatura polacca, in quanto ancora eccessivamente aperta all’accesso della professione, senza alcun serio controllo sulla preparazione professionale di coloro che si iscrivono nelle liste degli avvocati. Nè meno contestata è la disciplina sulla deontologia professionale e sulla responsabilità, rimessa non ad un organo interno all’Avvocatura, ma direttamente ai Tribunali ordinari. Contro tale disciplina l’Avvocatura polacca ha chiesto l’intervento degli organismi internazionali, quali la CCBE, l’IBA, l’UIA, i quali sono intervenuti presso il Ministro della Giustizia, per chiedere una modifica al disegno di legge, tuttora in discussione al Parlamento, che sta esaminando la riforma delle procedure penali e civili. L’atteggiamento del governo polacco è in generale fortemente negativo nei confronti dei tradizionali principi di autonomia, indipendenza dell’Avvocatura, tentando, con ripetuti provvedimenti legislativi di limitare la riservatezza professionale nei rapporti tra cliente e avvocato, limitando l’importo massimo delle spese legali, introducendo la figura professionale del “consulente legale”, assolutamente libera da ogni qualsiasi disciplina di accesso, controllo, ecc. Infine, nella breve carrellata sulla situazione della professione legale in Europa, è da segnalare la novità legislativa in Romania, la quale pure ha approvato nuove leggi sulla professione forense, introducendo la società a responsabilità limitata per l’esercizio della professione, una nuova disciplina dei rapporti tra cliente ed avvocato al fine di evitare possibili conflitti di interesse; nuove regole deontologiche tra avvocati per assicurare una concorrenza leale, compresa la disciplina della pubblicità degli studi. Inoltre è stata introdotta una disciplina dell’attività fiduciaria che possono svolgere gli avvocati, in particolare quali depositari di somma di denaro; nell’ambito di procedure giudiziarie o liquidatorie, gestione di valori finanziari o beni per conto del cliente. Naturalmente la nuova disciplina prevede norme dirette a tutelare il cliente, per quanto attiene alla separazione dei patrimoni, all’informazione, ecc. Alla Conferenza di Vienna hanno poi partecipato i Presidenti delle maggiori Associazioni internazionali di avvocati, quali la CCBE, l’IBA e l’UIA, i quali hanno espresso le rispettive posizioni sulle questioni che oggi, a livello non solo europeo, riguardano la professione forense della quale, è, in sintesi, da dire, non sembra emergere con chiarezza un nuovo e chiaro modello di avvocato, oscillando, e le esperienze sopra riportate ne sono una sintetica testimonianza, tra il modello tradizionale di avvocato come delineato nei codici e nella normativa della prima metà del secolo scorso, e un modello alternativo di avvocato imprenditore, ancora non delineato con esattezza nei suoi contenuti e forme.” FORO ROMANO 2/2007 08_rapporti internazionali.pmd 423 423 22/06/2007, 11:34 SEGNALAZIONI E RECENSIONI RECENSIONI IL DIRITTO COMPARATO DOPO LA RIFORMA Francesco DE FRANCHIS, Milano, 2006, Giuffré Ad iniziativa dell’ufficio studi del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, questo libro è stato presentato il 16 gennaio presso la sede della Cassa Nazionale Forense da Alessandro Cassiani, Maurizio de Tilla, Giovanni Cipollone, Titta Mazzuca, Carlo Martuccelli e dai prof. Guido Alpa e Paolo Spada. Ecco un saggio il cui titolo, alquanto riduttivo, nasconde in realtà una sorprendente miniera di stimoli intellettuali, di richiami storici, di collegamenti che di solito sfuggono anche all’osservatore attento che si accosti al fenomeno giuridico. Dalla storia, alla teoria generale del diritto, alla filosofia, all’economia alla politica, alla morale, l’autore si presenta con un testo oltremodo gradevole che, per fare solo alcuni nomi, da Edward Coke a James Madison a Thomas Jefferson a Franz Kafka a Gaetano Salvemini a Giuseppe Maranini a Piero Calamandrei e Tullio Ascarelli accompagnano il lettore in un lungo viaggio pieno di scoperte. Ma forse l’aspetto saliente di questo insolito saggio consiste nel prospettare e insistere sulla natura interdisciplinare del fenomeno giuridico in una società complessa come quella in cui viviamo. La riforma alla quale allude il titolo non è quella luterana (di cui peraltro pure si parla), ma quella, più modesta, dei corsi universitari italiani, definita anche della cosiddetta laurea breve (cosiddetto 3+2), poi, a sua volta, superata da una successiva riforma che introduce la cosiddetta laurea magistrale (o laurea lunga) in giurisprudenza (1+4). Premessa di un discorso ben più ampio, resta il fatto che l’assetto degli studi universitari assume una importanza innegabile perché è dalla università che escono sia gli operatori del diritto, sia gli studiosi di esso. Per quanto attiene in particolare a noi avvocati, il libro dedica un capitolo di particolare interesse al tema del rapporto tra diritto e processo insistendo sul concetto di fondo della funzione della giurisdizione quale garante dello Stato di diritto; senza una adeguata giurisdizione, egli soggiunge, una società dell’Occidente ritorna allo stato di natura. Ma l’autore si precipita a precisare anche che diritto non è solo quello che promana dalle aule di giustizia; come, per fare solo un esempio, nel caso di milioni di contratti spontaneamente osservati, il che non li fa meno regolati dal diritto di quanto lo siano dei contratti di cui si occupa una sentenza. L’autore mette in dubbio la adeguatezza delle riforme universitarie adottate fin qui propugnando una diversa didattica e, per non pochi versi, anche una diversa, più avanzata, scienza giuridica. Per Francesco de Franchis lo studio del diritto non può più consistere nell’anatomia delle strutture giuridiche, ma deve abbracciare la fisiologia del diritto nelle sue implicazioni politiche, economiche ed etiche. E qui – tema sostanzialmente negletto dalla nostra didattica – egli insiste sul ruolo centrale che l’interpretazione occupa nella vita del diritto; ma, egli domanda, come si fa ad interpretare il diritto, quando si trascura la costituzione, ossia la pietra miliare dalla quale dovrebbe partire e ritornare ogni discorso sul diritto? Ecco, data la notevole vastità degli interessi dell’autore e i collegamenti che egli fa intravedere al lettore, sembra quasi di assistere ad una giostra pirotecnica che spesso minaccia di abbagliare 424 09_segnalazioni e recensioni.pmd FORO ROMANO 2/2007 424 22/06/2007, 11:36 SEGNALAZIONI E RECENSIONI il lettore e sviarlo lungo i tanti rivoli in cui il diritto si scioglie. Ma Francesco de Franchis non finisce come l’apprendista stregone, perché pur avendo evocato un vasto mare di immagini, riesce a tenere dritta la barra della sua barca e a condurla in porto con un’opera che insolitamente riesce a fare del diritto addirittura una lettura divertente. Parafrasando Werner Sombart, noto sociologo tedesco, egli afferma che le idee giuridiche sono come le perle: ossia che per tenerle assieme esse abbisognano di un filo, e che spetta allo studioso avvertito di mostrarlo al lettore. Alla ricerca di un nuovo modo di comunicare col lettore, Francesco de Franchis sconvolge la convenzionale rappresentazione del diritto adottando un diverso stile ed un linguaggio drammatizzante che riflette il lato politico-passionale della materia. Sì, perché per de Franchis il diritto è anche passione. Il libro si snoda in un saggio molto originale che offre un insolito spaccato su una pratica didattica che ha ormai ridotto lo studio del diritto ad uno spezzatino senza né capo né coda. Come si spiega che negli Stati Uniti perfino i bambini delle elementari conoscono gli articoli più importanti della costituzione, mentre da noi la materia del diritto è riservata agli specialisti che ne fanno un polpettone indigeribile per chiunque vi si accosti, studente o semplice curioso che sia? Perché il dovere di farsi capire dalla gente non è sentito dai nostri giuristi? Eppure il diritto è la parte caratterizzante dell’Occidente: senza diritto l’Occidente non esiste neanche. Secondo de Franchis, in una situazione in cui nelle nostre università i libri di testo sono quasi l’unico strumento di apprendimento, in cui, insomma, da noi il diritto si studia a casa, urgono diversi libri di testo che annullino quella separatezza tra diritto, politica, economia e morale che si frappone alla conoscenza di una parte fondamentale della vita quotidiana, ossia le leggi, le regole e i principi che ci governano o dovrebbero governarci. Egli rileva che la politica si traduce quasi sempre in formule giuridiche: educare quindi la gente al diritto significa anche, per molti versi, educarla alla politica. Per de Franchis non esiste neutralità del sapere giuridico, e tantomeno del sapere in genere, ed è quindi essenziale lasciar intendere ai ragazzi e a chiunque si voglia accostare al diritto quali sono le forze politiche, economiche e morali che presiedono alla confezione delle leggi. Contrariamente alla usuale difficoltà dei testi giuridici, questo è invece leggibilissimo, accessibile non solo a una matricola ma anche a qualsiasi persona di media cultura, non specialista, che sia curiosa di indagare un fenomeno sociale tanto importante. Facciamo un esempio: amnistia. Contrasta o no con il senso elementare di giustizia?, o, in un linguaggio colto, con lo stato di diritto?: è giusta nei confronti delle vittime dei reati? Non è essa in contrasto con il principio che la legge è uguale per tutti? Il rapporto tra Politica e Diritto non è di face definizione; ma come mai possono esserci buone leggi se la politica fallisce? Ecco un libro che, nonostante talune sue esasperazioni, infonde nel lettore, in definitiva, una nota di ottimismo: la società complessa non può fare a meno dei giuristi ma questi ultimi devono inventarsi un nuovo ruolo e non arretrare di fronte alle loro responsabilità nascondendosi dietro il camice dello scienziato, consapevoli invece delle loro responsabilità nella società complessa. Come dice il suo autore, si tratta di un libro “per grandi e piccini” al quale si augura il successo che merita. Alessandro Cassiani FORO ROMANO 2/2007 09_segnalazioni e recensioni.pmd 425 425 22/06/2007, 11:36 SEGNALAZIONI E RECENSIONI L’INVALIDITÀ PER CAUSA DI SERVIZIO E L’EQUO INDENNIZZO NEL PUBBLICO IMPIEGO FERRARI Gennaro, Milano, Giuffrè, 2007, pagg. 286, euro 20,00. Nell’ambito della Collana “Teoria e pratica del diritto – Sezione IV – Diritto amministrativo”, edita dalla Casa Giuffrè, viene pubblicata la terza edizione interamente riveduta e aggiornata del volume “L’invalidità per causa di servizio e l’equo indennizzo nel pubblico impiego” del dott. Gennaro Ferrari, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato. Il volume costituisce una edizione completamente nuova del testo già pubblicato a cura dello stesso Autore: tale riedizione si è resa necessaria dovendosi procedere ad una completa ricostruzione dell’istituto dopo le radicali riforme che di esso ha realizzato il D.P.R. 29 ottobre 2004, n. 461, che ha proceduto ad una disciplina unitaria dell’istituto sotto il profilo sia sostanziale che procedimentale e ad una ridefinizione della competenza degli organi dal punto di vista sia diagnostico sia decisionale. Il testo affronta, quindi, tutta la problematica propria dell’istituto e, premessa la trattazione fondamentale degli istituti dell’invalidità per causa di servizio e dell’equo indennizzo a favore dei pubblici dipendenti, esamina approfonditamente i procedimenti amministrativi per l’accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio e per la liquidazione dell’equo indennizzo, fornendo poi all’interprete le linee essenziali per la tutela giurisdizionale anche in relazione alla problematica del riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e Giudice amministrativo; il volume è corredato di un’appendice legislativa, che riporta tra l’altro il testo completo del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, ed è arricchito nella trattazione dal sistematico e puntuale richiamo alle soluzioni date dalla giurisprudenza agli innumerevoli problemi insorti in sede applicativa (problematiche ancora oggi di fondamentale rilievo, in quanto il D.P.R. n. 461/2001, considerata la propria finalità sintetizzatrice del vario materiale legislativo e regolamentare precedentemente emanato, dovrà anche in futuro essere costantemente integrato dall’intervento interpretativo e chiarificatore in sede giurisprudenziale). L’opera è, quindi, di eminente rilievo pratico e di sicura utilità per gli Avvocati e per tutti gli operatori, ai quali se ne raccomanda la consultazione per essere aiutati nella trattazione delle questioni in sede amministrativa e contenziosa. Prof. Avv. Filippo Lubrano 426 09_segnalazioni e recensioni.pmd FORO ROMANO 2/2007 426 22/06/2007, 11:36 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE RIFORMA DELLE PROFESSIONI Cari Colleghi e Cari Amici, ritengo utile trasmetterVi il testo della audizione che il Presidente della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, prof. Antonio Catricalà, ha reso avanti le Commissioni riunite Giustizia e Attività produttive della Camera dei deputati in data 8 marzo u.s. e ai cui dubbi ho risposto nella relazione di apertura dell’Anno C.N.F. che il Consiglio celebrerà il prossimo 14 marzo, e che sarà mia cura inviarVi. Audizione del Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà, presso le Commissioni riunite II (Giustizia) e X (Attività produttive) della Camera dei Deputati – 8 marzo 2007 – nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla riforma delle professioni. Onorevoli Presidenti, onorevoli Deputati, l’Autorità, che presiedo, è grata a codeste Commissioni riunite per averle dato la possibilità di esprimere la propria posizione in merito alla riforma delle professioni. Intendo assolvere a tale compito, formulando alcune linee di intervento che potrebbero costituire una base di riflessione per un disegno organico di riforma delle professioni, dopo aver chiarito le ragioni che consigliano un simile intervento. Infine, saranno svolte alcune prime osservazioni in merito al disegno di legge governativo AC 2160. Contesto e problematiche. Si è diffusa ormai un’ampia consapevolezza, a livello di analisi tecnica, della necessità per l’Italia di promuovere un riforma della regolazione volta ad eliminare quegli ostacoli che ingiustificatamente frenano lo sviluppo complessivo del Paese, particolarmente nel settore delle professioni. E’ dal 1997, con l’approvazione dell’Indagine Conoscitiva sul settore degli Ordini Professionali, che l’Autorità si era espressa in favore di una riforma, rappresentando gli evidenti benefici che ne deriverebbero alla collettività, in termini di riduzione dei costi e di trasparenza delle regole. Ad analoghe conclusioni sono giunti gli studi delle più autorevoli organizzazioni per la cooperazione economica a livello internazionale e mondiale. Ne sono eloquente testimonianza le indicazioni del Fondo Monetario Internazionale, che nel rapporto sulla situazione italiana del 2 novembre 2005, ha chiaramente stigmatizzato le criticità regolatorie che impediscono lo sviluppo di efficienti mercati nel settore dei servizi professionali, con danno grave per l’economia intera del Paese. Nello stessa direzione vanno le osservazioni dell’OCSE nel rapporto sull’Italia del 2005, che vede una delle cause della debolezza economica del Paese proprio nelle inefficienze dei mercati delle professioni, in quanto regolati in maniera eccessivamente protezionistica. La Commissione europea, dal canto suo, nella Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali1 ha analizzato le limitazioni alla concorrenza che caratterizzano la regolamentazione dei servizi professionali negli Stati membri e ha messo in evidenza che esse derivano, in particolare, dalla fissazione o raccomandazione dei prezzi, dalle restrizioni all’accesso alla professione e all’attività pubblicitaria, dai regimi di riserva previsti per talune attività, dalle regolamentazioni inerenti l’organizzazione e la struttura aziendale dell’attività. FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 427 427 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Nella Relazione citata, pur riconoscendo le peculiarità dei servizi professionali, la Commissione ha, tuttavia, auspicato che la revisione complessiva della regolamentazione dei singoli Stati membri in materia di servizi professionali avvenga possibilmente coinvolgendo gli stessi professionisti. In particolare, la Commissione ha indicato un percorso volto a verificare l’effettiva funzionalità della regolazione dei servizi professionali alla tutela degli interessi degli utenti, mediante l’applicazione alle stesse di un test di proporzionalità. La stessa Commissione ha esaminato, nel corso del 2004 e del 2005, la necessità, proporzionalità e giustificazione della disciplina del settore nell’ambito di incontri con le autorità nazionali di regolamentazione, con le associazioni europee degli organismi professionali e con le organizzazioni dei consumatori, invitando le autorità nazionali garanti della concorrenza a fare altrettanto. Infine, la Commissione europea nella Comunicazione su I servizi professionali - Proseguire la riforma, del 5 settembre 2005 ha riscontrato che i Paesi che hanno compiuto i maggiori sforzi in termini di liberalizzazione sono quelli in cui i legislatori hanno lavorato a stretto contatto con le autorità antitrust nazionali o, comunque, hanno tenuto conto delle analisi svolte da tali autorità sulle restrizioni vigenti. Non solo gli organi tecnici sopra citati hanno manifestato simili orientamenti. Da ultimo, il 12 ottobre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (A6-0272/ 2006), sul seguito alla relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, nella quale si ribadisce l’importanza dei servizi al fine di promuovere la competitività dell’economia europea e la necessità che le riforme da attuare nell’ambito della strategia di Lisbona includano i servizi professionali in quanto settore chiave dell’economia europea. In particolare, il Parlamento europeo ha ribadito la pregiudiziale necessità di garantire anche nel settore nel settore delle libere professioni, la piena applicazione delle norme del Trattato CE in materia di tutela della concorrenza e di mercato interno. Poi più in dettaglio ha invitato gli Stati membri a garantire accesso e mobilità nell’ambito dei servizi professionali e ad agevolare il passaggio dalla formazione universitaria e post-universitaria alle professioni; ha sottolineato la necessità di porre fine alle regolamentazioni speciali nel campo della pubblicità, limitandole in futuro a casi eccezionali debitamente giustificati, per consentire ai professionisti di fornire agli utenti informazioni sulle loro qualifiche e specializzazioni professionali e sui servizi da essi offerti; ha poi ritenuto importante rafforzare gli standard etici e la protezione dei consumatori nell’ambito dei servizi professionali; ha, infine, considerato che l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime e il divieto di contrattare compensi legati al risultato raggiunto potrebbero costituire un ostacolo per la qualità dei servizi e la concorrenza ed invita gli Stati membri ad adottare misure meno restrittive e più adeguate al rispetto dei princîpi di non discriminazione, necessità e proporzionalità. In questo contesto, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel biennio 2004/ 2005, aderendo all’invito della Commissione europea, ha promosso incontri con i rappresentanti di alcuni ordini professionali volti ad analizzare le restrizioni della concorrenza che ancora caratterizzano il settore delle professioni intellettuali. L’attività svolta ha evidenziato che in Italia l’applicazione dei principi di concorrenza ai servizi professionali è ancora vista con diffidenza non solo da parte di alcune categorie di professionisti, ma anche dalle stesse autorità di regolamentazione. Si fatica, tuttora, a considerare l’attività professionale come attività d’impresa ed è, in ultima analisi, per tale 428 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 428 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE motivo che nel nostro Paese una riforma strutturale delle professioni stenta a decollare. Degno di nota è il recente intervento della legge 4 agosto 2006, n. 248, di conversione del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. decreto Bersani), che ha introdotto misure di promozione della concorrenza nel settore delle professioni. La legge si ispira dichiaratamente, tra l’altro, alle indicazioni della Commissione europea ed alle segnalazioni di questa Autorità e stabilisce interventi rilevanti. In particolare all’articolo 2 prescrive l’abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari che prevedono l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime, nonché il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti; l’abrogazione del divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni e stabilisce che la pubblicità di attività professionali deve essere informata a criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall’ordine. Si prevede, inoltre, l’abrogazione del divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, stabilendo che “l’oggetto sociale relativo all’attività libero-professionale deve essere esclusivo”, che “il medesimo professionista non può partecipare a più di una società” e che “la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità. Viene disposto, infine, che le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le limitazioni alla concorrenza ora richiamate devono essere adeguate al nuovo contesto normativo entro il 1° gennaio 2007. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data, le norme deontologiche e pattizie in contrasto con quanto previsto dal decreto sono in ogni caso nulle. 6. Nel periodo successivo all’emanazione del decreto Bersani, alcuni organismi rappresentativi dei professionisti hanno assunto decisioni volte ad interpretare in senso restrittivo le disposizioni sulle professioni contenute nel decreto anzidetto. Inoltre, lo stesso legislatore non è sembrato molto coerente nel momento in cui con D. Lgs. 1° agosto 2006 n. 349, successivamente all’entrata in vigore del decreto Bersani, ha modificato la legge notarile n.89/1913, nella parte relativa alla definizione degli onorari, in senso non coerente con il decreto. Sono poi pervenute all’Autorità segnalazioni di singoli professionisti relative a comportamenti di alcuni organismi professionali tesi a precludere ai propri iscritti l’opportunità di avvalersi delle leve concorrenziali previste nel decreto Bersani. Allo scopo di verificare lo stato del recepimento delle norme pro-concorrenziali sopra richiamati, l’Autorità, nell’adunanza del 18 gennaio 2007, ha deliberato l’apertura di un’indagine conoscitiva. Tale indagine è volta a verificare l’atteggiamento degli ordini in relazione: all’obbligatorietà di tariffe fisse o delle tariffe minime; al divieto dei c.d. patti di quota lite; al divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa; al divieto di costituire società interdisciplinari tra professionisti. Considerata l’ampiezza dei soggetti destinatari di tale obbligo di adeguamento dei rispettivi codici deontologici, allo stato, l’Autorità ha ritenuto opportuno svolgere l’attività di indagine con particolare riguardo agli ordini ed ai collegi rappresentativi delle professioni di architetto, avvocato, commercialista e ragioniere, consulente del lavoro, farmacista, geologo, geometra, giornalista e pubblicista, ingegnere, medico e odontoiatra, notaio, perito FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 429 429 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE industriale e psicologo. L’indagine è attualmente in corso e delle informazioni acquisite si darà conto nel prosieguo, in relazione alle specifiche tematiche trattate nell’illustrazione di linee generali di riforma. … Linee di riforma Si è consapevoli del fatto che la materia è particolarmente complessa per gli importanti interessi pubblici che sono ad essa connessi. Ma proprio per tale ragione, si ritiene che l’apporto di un’autorità tecnica in sede dibattito politico possa essere più utile se formulato con la maggiore chiarezza possibile e senza ambiguità, in modo da rendere inequivocabilmente la logica che dovrebbe guidare, dal punto di vista dell’efficienza, l’intervento normativo. Naturalmente, spetterà a codesto Parlamento la doverosa ricerca di un punto di equilibrio tra le esigenze del corretto funzionamento del mercato e gli altri interessi pubblici interferenti, ritenuti meritevoli di tutela. Occorre chiarire che l’approccio che si suggerisce non intende certo mettere in discussione l’esistenza e l’importanza del ruolo svolto dalle professioni ed in particolare le professioni liberali e che le regole della concorrenza non possono essere ritenute incompatibili con l’esistenza delle libere professioni o degli ordini, ma possono costituire, per contro, uno strumento per favorire un continuo rinnovamento del settore. Si ha, infatti, piena consapevolezza degli interessi fondamentali del singolo e della collettività che sono spesso collegati ai servizi professionali, nonché del fatto che alcune attività professionali contribuiscono alla diffusione dell’innovazione scientifica e tecnologica nell’interesse della competitività del Paese. Si ritiene, tuttavia, che i principi di concorrenza possano essere applicati in modo compatibile con le esigenze di protezione sociale e di tutela degli interessi pubblici che devono essere garantite dalla regolazione dei servizi professionali. Si tratta, in sostanza di superare quelle criticità già segnalate sia dagli organismi internazionali, sia dall’Autorità garante nella “Relazione sull’attività svolta nel biennio 2004/2005 per la promozione della liberalizzazione dei servizi professionali”. Sul piano metodologico sarebbe opportuno un approccio generale che si riferisca a tutti i servizi professionali, in quanto interventi limitati ad alcune categorie soltanto rischiano di non avere l’impatto benefico desiderato sull’economia del Paese. L’esito della vicenda relativa alla direttiva Bolkestein, che nel corso del procedimento di approvazione è stata via via depotenziata con la previsione di una serie lunghissima di eccezioni, sta lì a dimostrare l’importanza di un processo decisionale di riforma graduale, meditato, ma anche tendenzialmente generale. Per tale ragione, appare sconsigliabile avventurarsi in definizioni legislative dei servizi professionali, che allo stato, infatti, non esistono. Sembra più opportuno riferirsi semplicemente al concetto di servizio, secondo la accezione residuale propria dell’acquis communautaire, cioè una prestazione di rilievo economico che non rientra nella nozione di merce o di capitale. Vista la complessità tecnica e politica di un’opera di riforma generale delle professioni, sarebbe opportuno procedere secondo un percorso normativo graduale, che definisca in una legge di delega i principi e i criteri cui deve essere ispirata la regolazione dei servizi 430 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 430 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE professionali e incida direttamente solo su quegli aspetti maggiormente restrittivi del buon funzionamento del mercato, non assistiti da valide giustificazioni di interesse generale. Al livello della legislazione delegante spetterebbe, in sostanza, di definire quel minimum di regole per il buon funzionamento dei mercati dei servizi, i criteri per lo svolgimento di un’accurata regulation review e per la predisposizione della conseguente e coerente regolazione efficiente del settore. Alla fonte delegata spetterebbe, dopo un’attenta analisi della situazione normativa vigente e delle reali dinamiche economiche, la disciplina concreta di quegli aspetti più particolari delle diverse attività professionali. Segnatamente, in questa fase, sulla base dei criteri stabiliti nella legge delega si dovrebbero individuare gli interessi generali da tutelare e gli strumenti più idonei e proporzionati da utilizzare, in relazione alle singole professioni. A tale scopo, si potrebbe pensare di istituire una Commissione tecnica, composta oltre che dai rappresentati dei Ministeri competenti ed eventualmente se sarà ritenuto opportuno da rappresentanti di questa Autorità, anche dai rappresentati delle professioni. Ciò potrebbe costituire un valido ausilio al legislatore governativo delegato e consentire una riforma maggiormente condivisa. L’intervento che si ipotizza avrebbe la funzione di predeterminare un contenuto minimo di regolazione che sia più coerente con un’economia di “mercato aperta ed in libera concorrenza” (art.4 del Trattato CE). Si tratterebbe, dunque, non tanto di una legge generale, quanto di una legge di principi di applicazione generale che inciderebbe su quegli aspetti più rilevanti, dal punto di vista dell’efficienza, che sono presenti nelle varie discipline settoriali, le quali dunque potrebbero restare in vigore per le parti non incompatibili. Il principio di fondo cui l’intervento regolatorio dovrebbe ispirarsi è quello secondo cui le normali dinamiche di mercato, lasciate libere di agire, riescono meglio degli interventi del pubblico potere a selezionare i servizi nella quantità, qualità e gamma ritenuti più adeguati dagli utenti. Tale processo di liberalizzazione avrebbe lo scopo di rendere più efficienti i mercati dei servizi, con vantaggio per l’economia generale del Paese. Tuttavia, siccome in pratica possono esserci delle situazioni in cui il mercato non è in grado di raggiungere spontaneamente gli esiti di efficienza indicati o, comunque, quegli esiti che fossero socialmente auspicabili, si prevede la possibilità di interventi regolatori, i quali però dovranno essere attentamente sagomati in relazione alle date circostanze, secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità. Per chiarezza espositiva si affronteranno partitamente le singole tematiche. Accesso alle professioni Sarebbe opportuno affermare la regola generale per cui l’accesso ad una professione e, dunque, la possibilità di prestare i relativi servizi, sono liberi in linea di principio, salve le ipotesi in cui dimostrate esigenze di tutela di interessi generali richiedano che siano stabiliti particolari requisiti di ordine morale e/o tecnico. L’opportunità di inserire tali requisiti, ad opera del legislatore delegato e solo dopo le analisi che si stanno descrivendo, dovrebbe essere valutata alla luce di effettive e dimostrate esigenze di interesse generale, non altrimenti perseguibili. A tale scopo, si potrebbe ipotizzare la necessità di una valutazione di adeguatezza e proporzionalità che prenda in considerazione anche la c.d. ipotesi zero, cioè l’eventualità di non imporre, in relazione a determinati servizi, l’obbligatorietà di alcun FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 431 431 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE requisito, lasciando la selezione dei professionisti migliori alle normali dinamiche di mercato e la tutela degli utenti e dei consumatori alle ordinarie regole in tema di responsabilità contrattuale. Nell’ottica di favorire l’accesso, si dovrebbe prevedere una graduazione nei requisiti che possono essere richiesti che va dalle ipotesi meno restrittive a quelle più restrittive, da scegliere in relazione alle specifiche esigenze di tutela che si manifestano. Si potrebbe, ad esempio, pensare all’istituzione di corsi scolastici ed universitari che consentano di conseguire direttamente l’abilitazione e la possibilità di imporre l’esame di Stato, preceduto o non dal tirocinio, a seconda delle circostanze. Il periodo di tirocinio dovrebbe essere proporzionato alle esigenze di apprendimento pratico delle diverse professioni e dovrebbe poter essere svolto, non solo presso il professionista, ma anche presso strutture, pubbliche e private, che svolgano la stessa attività e, se possibile, nell’ambito degli stessi corsi di studio. Sarebbe sempre necessario stabilire una norma volta a garantire esplicitamente che gli ordini non condizionino i giudizi cui è subordinato l’accesso dei nuovi entranti. Una delle più gravi restrizioni esistenti nell’attuale disciplina delle professioni è la limitazione numerica degli accessi prevista per alcune professioni (notai e farmacisti titolari). Sarebbe opportuno prendere in seria considerazione l’eventualità di eliminare tali restrizioni, la cui esistenza, come attualmente disciplinata, non sembra funzionale alla protezione di alcun interesse generale. Nello stesso tempo ci si dovrebbe fare carico di risolvere gli eventuali problemi che potrebbero derivare da tale eliminazione in termini di non raggiungimento in certe specifiche aree dei livelli ritenuti essenziali con riferimento a prestazioni concernenti diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art.117, comma 2, lett.m, della Costituzione). A tale scopo si può pensare di istituire un meccanismo in virtù del quale il Governo nazionale fissa con decreto delegato il livello del servizio ritenuto essenziale e l’amministrazione competente, che può essere diversa a seconda delle professioni implicate, è chiamata a verificare sul campo se detto livello è raggiunto a seguito del normale svolgersi delle dinamiche di mercato. Nel caso in cui si accerti che in particolare zone detti livelli non sono raggiunti, allora è stabilito che siano individuati di volta in volta i rimedi, tra cui si contemplano interventi pubblici diretti o l’imposizione di oneri di servizio pubblico, da selezionare mediante criteri di adeguatezza e proporzionalità. In ogni caso, per chi svolge funzioni pubbliche come i notai, sarebbe comunque necessario ed improcrastinabile un intervento volto quanto meno a fare in modo che tutti i posti già previsti dalla attuale normativa siano coperti. Risulta, infatti, che su 5320 previsti dalle tabelle attuali siano in servizio soltanto 4650 notai. Un’effettiva annualità dei concorsi, la cui durata dovrebbe essere radicalmente limitata, aiuterebbe a questo scopo. Sarebbe poi opportuno che la distribuzione delle sedi sul territorio potesse seguire le logiche del mercato libero. Ciò garantirebbe una tendenziale migliore distribuzione dei notai sull’intero territorio nazionale, diversamente da ciò che accade oggi. Nelle zone in cui, nonostante ciò, si verificasse un’effettiva deficienza del servizio si potrebbe puntualmente intervenire nel senso sopra proposto. 432 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 432 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Regime delle esclusive La questione della riserva di attività costituisce un altro grave ostacolo al funzionamento dei mercati. Se non adeguatamente limitate rischiano ritradursi in una protezione per i professionisti titolari, con danno per i consumatori ed il mercato. Sarebbe, quindi, opportuno affermare la regola per cui l’attribuzione di riserve di attività e la loro puntuale estensione dovrebbero sempre essere giustificate da esigenze di tutela degli utenti del servizio, che non possono essere soddisfatte altrimenti che con l’istituzione della riserva stessa. A tale scopo, si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di prevedere un processo di riesame di tutte le riserve attualmente previste dalla legislazione vigente volto a verificare la loro obiettiva giustificazione. L’esito di tale processo di regulation review può essere: la loro eliminazione, se non saranno ritenute giustificate, oppure, in caso contrario, si dovrà verificare la possibilità almeno di ampliare il novero dei professionisti abilitati, facendo riferimento a quelli dotati di competenze analoghe (si pensi, ad esempio, ad alcune esclusive dei notai, che potrebbero essere aperte anche agli avvocati o, anche, ai commercialisti). Si potrebbero fissare normativamente due criteri, da utilizzare congiuntamente, per valutare la giustificazione di una riserva: uno positivo ed uno negativo. In base al primo, la riserva può essere giustificata solo se appare l’unico modo per evitare un danno all’utente del servizio in parola. Ciò si verificherà essenzialmente con riferimento ai servizi per i quali si possono determinare rilevanti costi sociali in caso di inadeguata erogazione della prestazione e che, nel contempo, risultano caratterizzati da un’elevata complessità delle prestazioni che impedisce agli utenti di valutare, anche ex post, la qualità del medesimo e la congruità dei prezzi praticati. E dunque, quando si possa prevedere che le ordinarie regole di responsabilità contrattuale risultino assolutamente inefficaci per tutelare gli interessi degli utenti e consumatori. Il secondo criterio dovrebbe chiarire invece quando non possono essere giustificate le riserve e cioè, quando, l’attività in parola può essere adeguatamente sostituita dall’attività di appositi uffici pubblici (un esempio evidente è la certificazione dei passaggi di proprietà degli immobili) o possa essere adeguatamente svolta anche da altri professionisti, rispetto a quelli attualmente abilitati. Ordini ed albi L’apparato ordinistico, con le sue funzioni di stabile vigilanza sull’attività del professionista, costituisce una misura di controllo pubblico delle attività private incisiva, che deve dunque essere giustificata da particolari esigenze di tutela, che sarebbe opportuno definire nominativamente, in sede legislativa. Si potrebbe pensare, ad esempio, alla tutela della salute, al diritto di difesa, alla certezza dei negozi, alla sicurezza degli impianti e delle costruzioni. Sarebbe, dunque, opportuno promuovere un’attività di verifica dell’attuale assetto, volta a censire la situazione attuale, mantenere tali particolari istituzioni soltanto nei casi in cui in cui esse siano effettivamente giustificati da interessi generali e disporne l’eliminazione quando tale giustificazione non fosse in concreto rinvenibile. In mancanza dell’incidenza sugli interessi così puntualmente indicati, non sembra che l’attività professionale esiga un controllo stabile e pervasivo quale quello apprestato dagli ordini, con i connessi costi di gestione che gravano i prima battuta sugli stessi iscritti, ma, FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 433 433 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE in ultima istanza, inevitabilmente sulla collettività. Poiché storicamente gli ordini nascono come espressione autonoma delle varie corporazioni e successivamente si vedono spesso affidate competenze regolatorie autoritative in ordine alla stessa professione, il rischio alto che resta è quello di un esercizio del potere nell’interesse proprio della categoria, anziché nell’interesse generale. Tale rischio potrebbe essere neutralizzato ipotizzando le seguenti cautele. a) Ridisegnare i compiti degli ordini che si dovrebbero incentrare sulla tutela dell’affidamento dei terzi, della correttezza nello svolgimento della prestazione professionale e sull’aggiornamento professionale. Tali attività dovrebbero poi essere svolte in modo non distorsivo, come sembra invece stia accadendo in molti casi nei quali, dopo avere imposto ai propri iscritti di dimostrare l’aggiornamento mediante il raggiungimento di un certo numero di crediti formativi, l’ordine stabilisce che questi possono essere acquisti esclusivamente mediante la partecipazione ad attività svolte da Fondazioni, loro emanazione, il cui scopo statutario è appunto l’offerta di crediti formativi. Tali realtà pongono problemi sotto il profilo della concorrenza, atteso che si rischia di assistere, nei fatti, alla creazione di nuove riserve di attività, decise dagli stessi ordini. b) Sarebbe opportuno che gli organi di governo degli ordini non siano più espressione esclusiva degli appartenenti ma siano composti in prevalenza da soggetti che rappresentino effettivamente interessi pubblici, da individuare tra appartenenti all’amministrazione vigilante e tra rappresentanti delle associazioni di consumatori; c) I codici deontologici dovrebbero limitarsi a contenere norme di tipo etico a garanzia, da un lato, di un elevato livello di tutela degli interessi dell’utente della professione, e dall’altro, a garanzia della libertà, autonomia e coscienza del professionista. Essi non dovrebbero mai riguardare questioni relative al comportamento economico degli stessi professionisti nella loro offerta di servizi sul mercato. d) Si dovrebbe prevedere che i controlli sugli iscritti possano essere attivati e sollecitati, secondo procedure da definire nel dettaglio in sede di legislazione delegata, anche dalla pubblica amministrazione vigilante, evitando con ciò la possibilità che gli illeciti disciplinari restino coperti nell’interesse della categoria. Nelle professioni per le quali, a seguito dell’attività di verifica svolta secondo i criteri indicati, si fosse giunti alla conclusione che l’ordine non sia necessario, secondo un criterio di proporzionalità, potrebbe prevedersi l’istituzione o il mantenimento di albi, tenuti dall’amministrazione vigilante, che provvederebbe al controllo sugli iscritti, anche su istanza degli utenti lesi, attraverso procedure amministrative contenziose. Salvi sempre gli ordinari rimedi civilistici. Libere associazioni di professionisti Con riguardo alla domanda di regolamentazione espressa dalle professioni non rappresentate da ordini, si ritiene condivisibile la richiesta di una certificazione (che conferisca una sorta di marchio di qualità); tuttavia ciò non deve condurre all’istituzione di nuovi albi e ordini o, comunque, all’introduzione di modalità selettive e limitative simili a quelle previste per le professioni protette. L’esercizio di una professione infatti dovrebbe essere in linea di principio, libero e, pertanto, le limitazioni poste dal legislatore all’esercizio di tale attività dovrebbero assumere 434 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 434 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE carattere eccezionale e trovare una giustificazione nella particolare rilevanza dell’attività svolta. Tali esigenze di carattere generale non appaiono sempre ricorrere per le stesse professioni protette e risultano quindi difficilmente riscontrabili per le professioni c.d. emergenti. Pertanto, l’Autorità è dell’avviso che, anche ove oggetto di riconoscimento, le associazioni delle professioni non regolamentate dovrebbero prevedere l’adesione volontaria. L’associazione potrebbe comunque predisporre sistemi di verifica del possesso e mantenimento di predeterminati requisiti di competenza e professionalità da parte degli iscritti, nonché del rispetto di regole di condotta professionale, purché finalizzate alla realizzazione dell’obiettivo di garantire la qualità delle prestazioni. In questo senso, l’iscrizione all’associazione garantirebbe al professionista l’acquisizione di una certificazione di qualità. In altri termini, il modello descritto si basa sul riconoscimento di un certo titolo di studio che abilita alla professione e sul riconoscimento di associazioni che garantiscono la formazione dei propri iscritti e il rispetto, da parte degli stessi, di alcune regole deontologiche essenziali. Un sistema siffatto si presta a conciliare le esigenze di coloro che aspirano ad appartenere ad una categoria pubblicamente riconosciuta, senza precludere l’esercizio della medesima attività a coloro che non hanno le medesime aspirazioni, nel contempo garantendo ai consumatori la libertà di poter eventualmente scegliere tra servizi di qualità differente cui, verosimilmente, corrispondono prezzi differenti. Libera determinazione dei corrispettivi nei servizi professionali Anche con riferimento alle professioni non vi sono ragioni per le quali non si debba applicare la regola, fondamentale di un’economia di mercato efficiente, che esige che il prezzo dei servizi sia stabilito d’intesa tra le parti. Allo scopo di tutelare i consumatori in date circostanze, è possibile ammettere l’unica eccezione delle tariffe massime. Su tali aspetti è intervenuta la legge 4 agosto 2006, n. 248, di conversione del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 che ha previsto l’abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari che prevedono l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime, nonché il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti. Il medesimo intervento normativo ha dato termine fino al 1 gennaio 2007 per adeguare le disposizioni deontologiche pattizie e i codici di autodisciplina. Da un primissimo esame delle informazioni ad oggi raccolte nell’ambito dell’Indagine conoscitiva, il quadro che emerge non è confortante. Molti ordini infatti hanno mantenuto nei propri codici deontologici disposizioni intese a limitare i comportamenti economici dei professionisti, in termini di prezzi offerti e di promozione della propria attività. Permangono inoltre previsioni di carattere generale, di norma nelle sezioni dei codici che disciplinano i rapporti tra colleghi (ad esempio, il divieto di accaparramento di clientela nel codice forense), da cui traspare un’accezione negativa della concorrenza, spesso considerata un disvalore e non uno strumento indispensabile per garantire il rinnovamento del settore. In particolare emerge un uso improprio della nozione di decoro della professione, che diviene il veicolo per reintrodurre limitazioni alla concorrenza che il legislatore ha inteso eliminare. Così viene ritenuto indecoroso il mancato rispetto dei minimi tariffari, l’utilizzo di alcuni mezzi di comunicazione, il ricorso alla pubblicità comparativa, ecc. (cfr. la circolare del CNF del settembre 2006 incentrata sulla diversa valutazione dei comportamenti di prezzo e di promozione pubblicitaria degli avvocati a seconda se esaminati alla luce delle FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 435 435 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE previsioni di legge o di quelle deontologiche). La nozione di decoro dovrebbe invece essere utilizzata per imporre regole volte alla salvaguardia dell’etica professionale, come si è chiarito parlando degli ordini. L’Autorità è consapevole che lo stesso codice civile, all’art. 2233, stabilisce che i compensi dei professionisti debbano essere commisurati al decoro della professione (oltre che all’importanza dell’opera). Si ritiene tuttavia che questa disposizione non possa essere invocata per reintrodurre l’obbligatorietà dei minimi tariffari o limitazioni alla pubblicità professionale che il decreto Bersani ha invece inteso abrogare. Sul punto, pertanto, sarebbe opportuno un intervento del legislatore volto ad evitare che ,tramite la nozione di decoro, venga surrettiziamente reintrodotto quanto il legislatore ha deciso di eliminare dagli ordinamenti professionali. Anche in questo caso poi, si potrebbe pensare ad un meccanismo di riesame dei procedimenti tariffari esistenti volto ad adeguarli alla prescrizione di stabilire solo tariffe massime e solo nei casi in cui se ne registri l’effettiva esigenza per la tutela dei consumatori, da cui andrebbe distinta la posizione delle imprese, cioè di chi si avvale dei servizi professionali non per sue esigenze personali, ma nell’ambito della propria attività economica. In quest’ultimo caso potrebbe non essere ritenuto necessario imporre un sistema di tariffe massime. La tariffa, quando giustificata per queste ragioni, dovrebbe poi essere concretamente stabilita in modo più trasparente e immediatamente percepibile per il consumatore, specialmente con riferimento agli atti standardizzati (ad esempio, può interessare quanto costa un divorzio nel suo complesso, a seconda delle tipologie che statisticamente ricorrono con più frequenza, piuttosto che sapere i prezzi delle singole attività in cui può teoricamente essere frazionato l’esercizio della attività legale). Si potrebbe ritenere poi utile che nei procedimenti tariffari possano partecipare anche associazioni dei consumatori così da arricchire il quadro cognitivo dell’amministrazione decidente. Pubblicità dei servizi professionali I divieti di pubblicità presenti per molte professioni non appaiono giustificati dalla necessità di tutela di alcun interesse generale. Né, d’altro canto, la tutela del decoro della professione, come già notato, appare un’esigenza tale da giustificare quello che nei fatti è un grave ostacolo all’attività economica dei professionisti, specie dei nuovi entranti nel mercato che sono quelli che stimolano più efficacemente la concorrenza, e un grave limite alla informazione dei consumatori. Del resto sarà lo stesso mercato, se ciò risponderà ad esigenze dei consumatori effettivamente avvertite, che valuterà l’affidabilità del professionista anche in relazione alle forme ed ai contenuti della pubblicità dal medesimo diffusa. Auspicabile sarebbe dunque prevedere la generale liceità della pubblicità, naturalmente nei limiti di quanto consentito dalle vigenti normative comunitarie e nazionali a tutela del consumatore. Il recente intervento legislativo, si limita a consentire la pubblicità informativa, prevedendo che gli ordini ne verifichino trasparenza e pubblicità. Dall’indagine risulta che tale intervento è stato da alcuni ordini limitato nella ratio e nell’ambito di applicazione. In particolare, è comune a molti dei codici deontologici oggetto di esame nell’Indagine conoscitiva la previsione secondo cui il professionista è tenuto ad 436 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 436 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE ottenere la previa autorizzazione dell’ordine per le proprie iniziative pubblicitarie (ad esempio, il codice dei farmacisti), altri codici prevedono invece la preventiva comunicazione (quello degli avvocati e dei commercialisti). Invero, il decreto Bersani postula un’attività degli ordini di verifica ex post della trasparenza e veridicità dei messaggi diffusi dai professionisti, ma non di autorizzarne la diffusione ex ante. Alla luce di tali evidenze, allora la proposta di intervento legislativo volto a dichiarare incontrovertibilmente la generale liceità della pubblicità, nei limiti di quanto consentito dalle vigenti normative comunitarie e nazionali a tutela del consumatore, può costituire uno strumento utile per superare tali resistenze. Società tra professionisti E’ uno strumento idoneo a potenziare l’attività dei professionisti, nell’attuale contesto di globalizzazione specie nella fornitura di particolari servizi, quali la consulenza legale, societaria, contabile, fiscale, progettuale, solo per fare qualche esempio, senza con ciò far venire meno le garanzie connesse alla precisa imputabilità personale degli atti necessari alla prestazione del relativo servizio. In materia di organizzazione dell’attività professionale, il decreto Bersani consente le società multidisciplinari. Si tratta di un’importante presa d’atto delle evoluzioni che negli ultimi anni stanno interessando il settore dei servizi professionali. E’ un fatto l’aumento crescente della domanda di servizi professionali proveniente dalle imprese, le quali necessitano non solo di servizi specializzati ma spesso anche di approcci di tipo interdisciplinare. Rispetto ad una domanda così articolata anche l’offerta di servizi professionali è divenuta più articolata: accanto ai soggetti che esercitano la professione in forma individuale (rivolgendosi a una clientela consolidata), ve ne sono altri che investono su conoscenze specialistiche (e, quindi, si collocano in particolari nicchie di mercato) ed altri ancora che si orientano verso servizi più elaborati (così necessitando di un’organizzazione più complessa e di dimensioni più ampie). In un siffatto scenario definire a priori gli assetti organizzativi e dimensionali nell’erogazione dei servizi professionali rischia di ostacolare i professionisti che intendono rispondere alla domanda nel modo più adeguato. Basti pensare, nel campo dei servizi legali, che studi e società estere hanno potuto espandersi in altri Paesi proprio in ragione di regolamentazioni meno restrittive. Il che, peraltro, dimostra che i professionisti sempre meno possono prescindere dalla concorrenza estera. Il decreto Bersani appare far salvi i principi della personalità della prestazione e della responsabilità diretta ed individuale del professionista. Sul punto, si può valutare la possibilità di interpretate tali principi alla luce dell’evoluzione del settore, al fine di ricondurli non tanto all’obbligo del professionista di eseguire direttamente la prestazione, ma facendone piuttosto derivare l’obbligo per il professionista medesimo di assumere la direzione e la responsabilità dell’erogazione del servizio. In tal modo, potrebbe essere consentita la partecipazione alle società di professionisti anche a soggetti che non prestano il servizio. Simili soluzioni non farebbero venir meno la vigilanza dell’ordine sul professionista che opera all’interno della società, nella misura in cui si consentisse la partecipazione di soci di capitale in misura limitata, prevedendo che la maggioranza del capitale sociale e dei voti sia comunque detenuta dai professionisti che FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 437 437 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE esercitano la professione all’interno della società. Prime osservazioni in merito al disegno di legge n. AC 2160. Alla luce delle considerazioni svolte, si espongono alcune considerazioni in merito al disegno di legge governativo, al vostro esame. E’ sicuramente un intervento per molti aspetti innovativo. Tra questi si possono segnalare: il richiamo ai principi di concorrenza e alla previsione al parere dell’Autorità sui decreti delegati, il compito degli ordini di vigilare sul rispetto della concorrenza, la previsione massima del tirocinio obbligatorio solo per le professioni di interesse generale (12 mesi); la prescrizione che nelle commissioni giudicatrici dell’esame di abilitazione i rappresentanti dell’ordine non siano presenti in posizione maggioritaria e garantiscano forme di indipendenza degli organismi che esercitano il potere disciplinare. Vi sono tuttavia alcune ombre, che si segnalano a titolo di esempio. In merito alla riorganizzazione delle attività riservate, vista la distinzione tra professioni intellettuali di interesse generale, che giustificherebbero le restrizioni all’accesso e le riserve di attività, e professioni intellettuali tout court si dovrebbe individuare e chiarire che cosa si intende per “interesse generale”. In altri termini il legislatore delegante dovrebbe indicare puntuali criteri per l’individuazione delle professioni il cui esercizio riguarda interessi di carattere generale, al fine di giustificare la presenza di riserve solo nei casi in cui il servizio professionale, se mal erogato, si presta ad incidere negativamente su detti interessi generali. In tal modo si eviterebbe che in sede di delega vengano fatte rientrare nella nozione di professione di interesse generale un numero eccessivo di professioni. Nella medesima prospettiva, anche le disposizioni che prevedono la costituzione di sezioni degli ordini, albi o professioni (art. 4, lett. a, art. 5, comma 1, lett. a, art. 5, comma 2, lett. b) destano alcune perplessità secondo una prospettiva di efficiente funzionamento del mercato e necessitano di un chiarimento, in quanto possono essere strumenti utilizzati per creare attività riservate a favore dei rispettivi iscritti e, quindi, sottratte alla concorrenza. Ancora, in tema di associazioni (art. 8) sarebbe auspicabile un ripensamento sul punto che permetta a tutte le associazioni di professionisti e non solo a quelle riconosciute ai sensi di tale disposizione di rilasciare attestazioni particolari. In tema di pubblicità, il disegno di legge in esame prevede che i decreti legislativi consentano la diffusione della pubblicità informativa: poiché il decreto Bersani ha abrogato tutte le norme regolamentari, deontologiche e pattizie che vietano la pubblicità informativa, tale previsione rischia di essere un passo indietro, invece che in avanti, circa la liberalizzazione di tale aspetto. Inoltre, appare auspicabile eliminare il riferimento alla “trasparenza” e “veridicità” cui dovrebbe essere improntata la pubblicità dei professionisti (art. 3 lett. l), sia per la ridondanza di tale disposizione a fronte di una disciplina oramai consolidata in materia di pubblicità ingannevole e sia perché essa potrebbe fare erroneamente ritenere agli ordini di potere o dovere controllare, addirittura in via preventiva, la pubblicità degli iscritti sotto i due profili della trasparenza e della veridicità (come molto ordini hanno già previsto). Infine, si osserva che, con riguardo ai poteri disciplinari si richiama la nozione di “credibilità” e “decoro” (“comportamenti contrari alla credibilità e al decoro della professione” (art. 7, lett. f); con riferimento alla disciplina dei codici deontologici si afferma che essi devono “garantire la credibilità della professione” (art. 7, lett. a). Sarebbe opportuno che la legge 438 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 438 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE individuasse un contenuto minimo di tali due concetti indeterminati, al fine di delimitarne l’ambito di applicazione e di non permetterne un uso improprio teso a reintrodurre limitazioni ai comportamenti concorrenziali. Contenuto che deve essere relativo ai principi dell’etica professionale, come sopra indicato. Cari Colleghi e Cari Amici, il Consiglio nazionale forense, nella seduta amministrativa del 14 dicembre scorso, ha preso atto dello schema di “ Regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari “, redatto ai sensi degli artt. 20 e 21 del Codice in materia di protezione dei dati personali, che allego alla presente perché i Consigli dell’Ordine lo adottino come previsto entro il 31 dicembre prossimo, salvo proroghe dell’ultima ora. REGOLAMENTO PER IL TRATTAMENTO DEI DATI SENSIBILI E GIUDIZIARI IN ATTUAZIONE DEL D.Lg. 196/2003 Il ……………. PREMESSO CHE : - gli articoli 20, comma 2, e 21, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”) stabiliscono che nei casi in cui una disposizione di legge specifichi la finalità di rilevante interesse pubblico, ma non i tipi di dati sensibili e giudiziari trattabili ed i tipi di operazioni su questi eseguibili, il trattamento è consentito solo in riferimento a quei tipi di dati e di operazioni identificati e resi pubblici a cura dei soggetti che ne effettuano il trattamento, in relazione alle specifiche finalità perseguite nei singoli casi; - il medesimo articolo 20, comma 2, prevede che detta identificazione debba essere effettuata nel rispetto dei principi di cui all’articolo 22 del citato Codice, in particolare, assicurando che i soggetti pubblici: a) trattino i soli dati sensibili e giudiziari indispensabili per le relative attività istituzionali che non possono essere adempiute, caso per caso, mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura diversa; b) raccolgano detti dati, di regola, presso l’interessato; c) verifichino periodicamente l’esattezza, l’aggiornamento dei dati sensibili e giudiziari, nonché la loro pertinenza, completezza, non eccedenza ed indispensabilità rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi; d) trattino i dati sensibili e giudiziari contenuti in elenchi, registri o banche di dati, tenuti con l’ausilio di strumenti elettronici, con tecniche di cifratura o mediante l’utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che li rendano temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi; e) conservino i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale separatamente da altri dati personali trattati per finalità che non richiedono il loro utilizzo; - sempre ai sensi del citato articolo 20, comma 2, detta identificazione deve avvenire con FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 439 439 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE atto di natura regolamentare adottato in conformità al parere espresso dal Garante, ai sensi dell’articolo 154, comma 1, lettera g); - l’articolo 20, comma 4, del Codice, prevede che l’identificazione di cui sopra venga aggiornata e integrata periodicamente; VISTE le restanti disposizioni del Codice; CONSIDERATO che possono spiegare effetti maggiormente significativi per l’interessato le operazioni svolte, in particolare, pressoché interamente mediante siti web, o volte a definire in forma completamente automatizzata profili o personalità di interessati, le interconnessioni e i raffronti tra banche di dati gestite da diversi titolari, oppure con altre informazioni sensibili e giudiziarie detenute dal medesimo titolare del trattamento, nonché la comunicazione e la diffusione; RITENUTO necessario indicare analiticamente nelle schede allegate, con riferimento alle predette operazioni che possono spiegare effetti maggiormente significativi per l’interessato, quelle effettuate da ciascun Consiglio/Collegio ed in particolare le operazioni di comunicazione a terzi e di diffusione; RITENUTO altresì di indicare sinteticamente anche le operazioni ordinarie che ciascun Consiglio/Collegio deve necessariamente svolgere per perseguire le finalità di rilevante interesse pubblico individuate per legge (operazioni di raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, consultazione, elaborazione, modificazione, selezione, estrazione, utilizzo, blocco, cancellazione e distruzione); CONSIDERATO che per quanto concerne tutti i trattamenti di cui al presente regolamento è stato verificato il rispetto dei principi e delle garanzie previste dall’articolo 22 del Codice, con particolare riferimento alla pertinenza, non eccedenza e indispensabilità dei dati sensibili e giudiziari utilizzati rispetto alle finalità perseguite; all’indispensabilità delle predette operazioni per il perseguimento delle finalità di rilevante interesse pubblico individuate per legge, nonché all’esistenza di fonti normative idonee a rendere lecite le medesime operazioni o, ove richiesta, all’indicazione scritta dei motivi; VISTO il provvedimento generale del Garante della protezione dei dati personali del 30 giugno 2005 (pubblicato in G.U. n. 170 del 23 luglio 2005); VISTA l’autorizzazione generale del Garante per la protezione dei dati personali n. 7/ 05 relativa al trattamento dei dati a carattere giudiziario; ACQUISITO in data …………….. il parere del Garante per la protezione dei dati personali ai sensi dell’articolo 154, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196; CONSIDERATA la necessità di dare a detto regolamento la più ampia diffusione nell’ambito della categoria attraverso la pubblicazione anche nel sito Internet di ciascun Consiglio/Collegio; RILEVATO che il presente atto non comporta impegno di spesa e pertanto non ha rilevanza sotto il profilo contabile, eccezion fatta delle spese eventualmente sostenute per la sua diffusione. DELIBERA di adottare il seguente regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari ai sensi del Codice in materia di protezione dei dati personali: 440 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 440 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE ARTICOLO 1 Oggetto del Regolamento Il presente Regolamento in attuazione del D.Lg. 30 giugno 2003, n. 196, identifica i tipi di dati sensibili e giudiziari e le operazioni eseguibili da parte di ciascun Consiglio/Collegio nello svolgimento delle proprie funzioni istituzionali. ARTICOLO 2 Individuazione dei tipi di dati e di operazioni eseguibili In attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 20, comma 2, e 21, comma 2, del D.Lg. 30 giugno 2003, n. 196, gli allegati che formano parte integrante del presente Regolamento, contraddistinti dai numeri da 1 a 6, identificano i tipi di dati sensibili e giudiziari per cui è consentito il relativo trattamento, nonché le operazioni eseguibili in riferimento alle specifiche finalità di rilevante interesse pubblico perseguite nei singoli casi ed espressamente elencate nel D.Lg. n. 196/2003. I dati sensibili e giudiziari individuati dal presente Regolamento sono trattati previa verifica della loro pertinenza, completezza e indispensabilità rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi. Le operazioni di comunicazione e diffusione individuate nel presente regolamento sono ammesse soltanto se indispensabili allo svolgimento degli obblighi o compiti di volta in volta indicati, per il perseguimento delle rilevanti finalità di interesse pubblico specificate e nel rispetto delle disposizioni rilevanti in materia di protezione dei dati personali, nonché degli altri limiti stabiliti dalla legge e dai regolamenti. Sono inutilizzabili i dati trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali (articoli 11 e 22, comma 5, del D.Lg. n. 196/2003). ARTICOLO 3 Riferimenti normativi Al fine di una maggiore semplificazione e leggibilità del presente Regolamento, le disposizioni di legge citate negli articoli che seguono, si intendono come recanti le successive modifiche e integrazioni. ARTICOLO 4 Articolazione del Regolamento Il presente Regolamento individua i tipi di dati trattati e le operazioni eseguite da ciascun Consiglio/Collegio, seguendo l’elenco della seguente tabella: N° allegato 1 2 3 Denominazione del trattamento Gestione delle risorse umane impiegate a vario titolo presso il Consiglio/Collegio Nazionale o Territoriale Gestione e tenuta dell’Albo [e dei Registri, Elenchi degli (inserire tipologia iscritti ed inserire specificità della professione)]; organizzazione e gestione degli esami di Stato Gestione dei dati in materia disciplinare, sia in funzione amministrativa che giurisdizionale FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 441 441 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE 4 6 Gestione componenti degli organi elettivi e materia elettorale 5 Attività di formazione obbligatoria e/o facoltativa degli iscritti e gestione delle iscrizioni Gestione del contenzioso giudiziale, stragiudiziale e attività di consulenza ARTICOLO 5 Norma di chiusura Il presente Regolamento entra in vigore il giorno stesso della sua delibera di adozione e, a norma dell’articolo 20 D.Lg. 196/2003, comma 4, è aggiornato ed integrato periodicamente, adottando adeguate forme di pubblicità. Roma ..... 2006 Il Segretario Il Presidente REGOLAMENTO PER GLI ORDINI PROFESSIONALI Allegato n. 1 DENOMINAZIONE DEL TRATTAMENTO Gestione delle risorse umane impiegate a vario titolo presso il Consiglio/Collegio Nazionale o Territoriale FONTE NORMATIVA - CCNL relativo al Personale del comparto degli Enti pubblici non economici; - CCNL relativo al Personale dirigente del comparto; - Legge istitutiva del Consiglio/Collegio Nazionale o Territoriale ed eventuali norme integrative e regolamentari concernenti il rapporto di lavoro; - Artt. 409 e ss. c.p.c. (Controversie individuali di lavoro – Tentativi obbligatori di conciliazione); - D.P.R. 487/1994 (Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni); - Legge 241/1990; - D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184. Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi; - L. 8 marzo 1989, n. 101 (Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane); - Codice civile (artt. 2094-2134); - D.P.R. 30.06.1965, n. 1124; (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali); - L. 20.05.1970, n. 300; Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento. (Statuto dei Lavoratori); - L. 24.05.1970, n. 336; Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati; - L. 7.02.1990, n. 19; (Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della 442 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 442 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE pena e destituzione dei pubblici dipendenti) - D.Lg. 19.09.1994, n. 626; (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/ 655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro); - D.P.R. 31-8-1999 n. 394 Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’art. 1, comma 6, del D.Lg. 25 luglio 1998, n. 286; - L. 12.03.1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili.); - L. 8.03.2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città.); - D.Llgs. 18.08.2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali); - D.Lg. 30.03.2001 n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche); - D.Lg. 26.03.2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53); - L. 6.03.2001, n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale); - D.Lg. 15.08.1991, n. 277; (Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212.); - L. 27 marzo 2001 n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato nei confronti dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni); - L. 14.04.1982, n. 164; (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso.); - L. 5 febbraio 1992, n. 104 Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate; - D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 (Regolamento recante semplificazione del procedimento per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata, ordinaria e dell’equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie); - D.Lg. 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30 ). - D.Lg. 8 aprile 2003, n. 66 “Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/ 34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro; - D.Lg. 7 marzo 2005 n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale) come integrato e modificato dal D.Lg. 4 aprile 2006 n. 159; - D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 (testo unico delle disposizioni legislative regolamentari in materia di documentazione amministrativa); - D.P.C.M. n. 325/88 procedure per l’”attuazione del principio di mobilità” nell’ambito delle pubbliche amministrazioni; - Art. 653 c.p.p. Efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare. [ *Le fonti sopra indicate si intendono comprensive delle successive modifiche ed integrazioni] FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 443 443 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE RILEVANTI FINALITA’ DI INTERESSE PUBBLICO Sono contenute nei seguenti articoli del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lg. 30.06.2003 n. 196): - ART. 112; - ART 68. TIPI DI DATI TRATTATI Dati sensibili e giudiziari concernenti: - lo stato di salute: patologie attuali, patologie pregresse, dati sulla salute relativi anche ai familiari, terapie in corso; - origine etnica; - convinzioni politiche e sindacali, religiose, filosofiche e di altro genere; - vita sessuale soltanto in relazione ad una eventuale rettificazione di attribuzione di sesso; - dati di carattere giudiziario (art.4, comma 1, lett. e) D.Lg. 30.06.2003 n. 196). OPERAZIONI ESEGUITE Trattamento “ordinario” dei dati, in particolare: Raccolta: presso gli interessati e presso terzi Elaborazione: in forma cartacea e con modalità informatizzate Particolari forme di trattamento: Comunicazioni dei dati a: a) organizzazioni sindacali ai fini della gestione dei permessi e delle trattenute sindacali relativamente ai dipendenti che hanno rilasciato delega; b) enti assistenziali, previdenziali e assicurativi e autorità locali di pubblica sicurezza a fini assistenziali e previdenziali, nonché per rilevazione di eventuali patologie o infortuni sul lavoro; c) compagnie di assicurazioni su richiesta dell’interessato o qualora sia previsto dal contratto di assicurazione: d) Presidenza del Consiglio dei Ministri in relazione alla rilevazione annuale dei permessi per cariche sindacali e funzioni pubbliche elettive (D.lg. n. 165/2001); e) uffici competenti per il collocamento obbligatorio, relativamente ai dati anagrafici degli assunti appartenenti alle “categorie protette”; f) strutture sanitarie competenti per le visite fiscali (CCNL relativo al Personale del comparto degli Enti pubblici non economici); g) enti di appartenenza dei lavoratori comandati in entrata e in uscita (per definire il trattamento retributivo del dipendente); h) Ministero economia e finanze nel caso in cui l’ente svolga funzioni di centro assistenza fiscale (ai sensi dell’art. 17 del D.M. 31.05.1999, n. 164 e nel rispetto dell’art. 12 bis del D.P.R. 29.09.1973, n. 600); i) enti competenti in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro j) strutture sanitarie competenti per visite fiscali e Medico competente (D.Lg. n. 626/94). 444 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 444 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE k) Soggetti pubblici e privati ai quali, ai sensi delle leggi regionali/provinciali, viene affidato il servizio di formazione del personale (le comunicazioni contengono dati sensibili soltanto nel caso in cui tali servizi siano rivolti a particolari categorie di lavoratori, ad es. disabili); l) Autorità giudiziaria (C.P. e C.P.P.); m) Collegio di conciliazione di cui all’art. 66 del D.Lg. 165/2001. Descrizione del trattamento Sono di seguito descritte le principali caratteristiche: - dati inerenti lo stato di salute per esigenze di: gestione delle risorse umane verifica dell’attitudine a determinati lavori, idoneità al servizio, assunzioni del personale appartenente alle c.d. categorie protette, avviamento al lavoro degli inabili, maternità, igiene e sicurezza sul luogo di lavoro, equo indennizzo, causa di servizio, svolgimento di pratiche assicurative e previdenziali obbligatori e contrattuali, trattamenti assistenziali, riscatti e ricongiunzioni previdenziali, denunce di infortunio e/o sinistro, fruizione di particolari esenzioni o permessi lavorativi per il personale dipendente, collegati a particolari condizioni di salute dei dipendenti o dei loro familiari; - dati inerenti lo stato di salute dei dipendenti e dei loro familiari acquisiti ai fini dell’assistenza fiscale e dell’erogazione dei benefici socio assistenziali contrattualmente previsti; - dati idonei a rilevare l’adesione a sindacati o ad organizzazioni di carattere sindacale per gli adempimenti connessi al versamento delle quote di iscrizione o all’esercizio dei diritti sindacali; - dati idonei a rilevare le opinioni politiche o le convinzioni religiose o l’adesione a partiti politici, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale per esigenze connesse alle elezioni ed al riconoscimento di permessi (anche per particolari festività e bandi di concorso), aspettative; - dati relativi alle convinzioni filosofiche o d’altro genere (obiezione di coscienza, dati di archivio); - dati idonei a rivelare l’origine etnica ai fini concessione dei benefici previsti dalla legge; - dati sensibili e giudiziari che rilevano nell’ambito di procedimenti disciplinari a carico del personale e, in generale, nei giudizi pendenti di fronte a tutte le giurisdizioni che coinvolgono docenti, dipendenti, collaboratori esterni. Inoltre nelle memorie scritte depositate dall’Amministrazione presso il Collegio di conciliazione, possono essere contenuti dati sensibili e giudiziari nella misura in cui ciò sia strettamente indispensabile ai fini dell’esperimento del tentativo di conciliazione. REGOLAMENTO PER GLI ORDINI PROFESSIONALI Allegato n. 2 DENOMINAZIONE DEL TRATTAMENTO Gestione e tenuta dell’Albo [e dei Registri, Elenchi degli (inserire tipologia iscritti ed inserire specificità della professione)]; organizzazione e gestione degli esami di Stato FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 445 445 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE FONTE NORMATIVA - Legge istitutiva del Consiglio/Collegio Nazionale o Territoriale ed eventuali norme integrative e regolamentari in senso stretto nonché eventuali norme speciali in materia di iscrizione all’Albo e/o Registro e/o Elenchi ove previsti; - D.Lg. 27 gennaio 1992 n.115 (Attuazione della direttiva 89/48/CEE relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni); D.Lg. 2 maggio 1994 n. 319 (Attuazione della direttiva 92/51/CEE relativa ad un secondo sistema generale di riconoscimento della formazione professionale che integra la direttiva 89/48/CEE.). D.Lg. 25 luglio 1998 n. 286 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). Art. 49 D.P.R. 31 agosto 1999 n. 394 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’art. 1 comma 6, del D.Lg. 25 luglio 1998 n. 286). L. 26 dicembre 1981 n. 763 (normativa organica per i profughi). - Articoli 19 e 30 c.p. (Interdizione dall’esercizio della professione) - Art. 348 c.p. (Abusivo esercizio di una professione) - Art. 622 c.p. (Rivelazione di segreto professionale) - Art. 653 c.p.p. (Efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare) - L.27 marzo 2001 n°97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato nei confronti dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni); - D.Lg. 7 marzo 2005 n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale) come integrato e modificato dal D.Lgs 4 aprile 2006 n. 159 - D.Lg. 9 gennaio 2006 n. 5 (riforma organica delle procedure concorsuali) - 5 D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 (testo unico delle disposizioni legislative regolamentari in materia di documentazione amministrativa) - L. 21 dicembre 1999 n. 526 Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 1999 Art. 16 (Norme in materia di domicilio professionale). [ *Le fonti sopra indicate si intendono comprensive delle successive modificazioni] RILEVANTI FINALITA’ DI INTERESSE PUBBLICO Sono contenute nei seguenti articoli del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lg. 30.06.2003 n. 196): -ART. 68 -ART. 112 comma 2 lett f). TIPI DI DATI TRATTATI Dati sensibili e giudiziari concernenti: - lo stato di salute: patologie attuali, patologie pregresse, dati sulla salute relativi anche ai familiari, terapie in corso; - vita sessuale soltanto in relazione ad una eventuale rettificazione di attribuzione di sesso; 446 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 446 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE - dati di carattere giudiziario (art.4, comma 1, lett. e) D.Lg. 30.06.2003 n. 196). OPERAZIONI ESEGUITE Trattamento “ordinario” dei dati, in particolare: Raccolta: presso gli interessati e presso terzi Elaborazione: in forma cartacea e con modalità informatizzate Particolari forme di trattamento: Comunicazioni a: a) Consiglio/Collegio Nazionale o Territoriale per i provvedimenti di competenza; b) Consigli/Collegi Nazionali e/o territoriali di altre Professioni presso i quali l’interessato svolga determinate funzioni, ove indispensabile; c) Istituto pubblico e/o privato previdenziale di competenza; d) Uffici Giudiziari competenti. Descrizione del trattamento 1. Gestione e tenuta dell’Albo Sono di seguito descritte le principali caratteristiche: - dati sensibili concernenti la vita sessuale soltanto in relazione ad una eventuale rettificazione di attribuzione di sesso, ai fini della rettifica da parte del Consiglio/Collegio dei dati contenuti per legge nell’albo, elenco o registro - dati giudiziari, rilevanti nella gestione e tenuta dell’albo, elenco o registro; tali dati vengono acquisiti al momento della presentazione delle domande di iscrizione agli albi, elenchi e registri e vengono poi esaminati ed aggiornati al fine di verificare l’esistenza e la permanenza dei requisiti richiesti. I dati giudiziari possono rilevare ai fini della cancellazione dell’iscritto all’Albo o al Registro o Elenco e ai fini dell’adozione dei provvedimenti disciplinari da parte del Consiglio/Collegio o sanzioni penali da parte dell’Autorità giudiziaria, che si riflettono sull’attività di gestione e tenuta dell’Albo da parte del Consiglio/ Collegio. - dati sensibili relativi allo stato di salute degli iscritti all’Albo, Registro o Elenco. 2. Organizzazione e gestione degli esami di Stato Sono di seguito descritte le principali caratteristiche: - dati sensibili relativi allo stato di salute e giudiziari dei candidati al fine di consentire la partecipazione all’esame e l’eventuale predisposizione dell’ausilio richiesto, ai sensi della L. 104/1992. REGOLAMENTO PER GLI ORDINI PROFESSIONALI Allegato n. 3 DENOMINAZIONE DEL TRATTAMENTO Gestione dei dati in materia disciplinare degli iscritti sia in funzione amministrativa che giurisdizionale. FONTE NORMATIVA - Legge istitutiva del Consiglio/Collegio Nazionale o Territoriale ed eventuali norme FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 447 447 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE integrative e regolamentari in senso stretto nonché eventuali norme speciali in materia disciplinare e di iscrizione di cancellazione dagli Elenchi dall’Albo e dal Registro e in materia elettorale, sia in funzione amministrativa che giurisdizionale; - Codice deontologico professionale - Codice penale,con particolare riferimento agli articoli 19 e 30 c.p. (Interdizione dall’esercizio della professione; art. 348 c.p. (Abusivo esercizio di una professione); Art. 622 c.p. (Rivelazione di segreto professionale); Codice di Procedura Penale, con particolare riferimento all’art. 653 c.p.p. (Efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare); - Codice Civile e Codice di Procedura Civile; - L.27 marzo 2001 n°97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato nei confronti dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni); [ *Le fonti sopra indicate si intendono comprensive delle successive modificazioni] RILEVANTI FINALITA’ DI INTERESSE PUBBLICO Sono contenute nei seguenti articoli del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lg. 30.06.2003 n. 196): - ART. 67; - ART. 68; - ART. 71. TIPI DI DATI TRATTATI Dati sensibili e giudiziari concernenti: - lo stato di salute: patologie attuali, patologie pregresse, dati sulla salute relativi anche a terzi, terapie in corso; - convinzioni politiche e sindacali, religiose, filosofiche e di altro genere; - vita sessuale soltanto in relazione all’oggetto d’incolpazione dell’iscritto; - dati di carattere giudiziario (art.4, comma 1, lett. e) D.Lg. 30.06.2003 n. 196). OPERAZIONI ESEGUITE Trattamento “ordinario” dei dati, in particolare: Raccolta: presso gli interessati e presso terzi Elaborazione: in forma cartacea e con modalità informatizzate Particolari forme di trattamento: Comunicazioni a: a) Consiglio/Collegio Nazionale o Territoriale per i provvedimenti di competenza; b) Consigli/Collegi Nazionali e/o territoriali di altre Professioni presso i quali l’interessato svolga determinate funzioni, ove indispensabile; c) Uffici Giudiziari competenti. Descrizione del trattamento Nell’esercizio dell’attività del Consiglio/Collegio amministrativa o giurisdizionale volta ad accertare la commissione di un illecito deontologico da parte dell’iscritto e nell’attività 448 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 448 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE di irrogazione delle relative sanzioni disciplinari, il Consiglio/Collegio può acquisire dall’interessato, da enti pubblici, dagli uffici giudiziari o da terzi dati sensibili e giudiziari del soggetto sottoposto a procedimento disciplinare o di terzi. REGOLAMENTO PER GLI ORDINI PROFESSIONALI Allegato n. 4 DENOMINAZIONE DEL TRATTAMENTO Gestione componenti degli organi elettivi e materia elettorale FONTE NORMATIVA Legge istitutiva del Consiglio/Collegio Nazionale o Territoriale ed eventuali norme integrative e regolamentari in senso stretto nonché eventuali norme speciali in materia di amministrazione e contabilità dei Consigli degli Ordini e Collegi e sulle Commissioni interne professionali – ove previste. [ *Le fonti sopra indicate si intendono comprensive delle successive modificazioni] RILEVANTI FINALITA’ DI INTERESSE PUBBLICO Sono contenute nel seguente articolo del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lg. 30.06.2003 n. 196): ART. 65. TIPI DI DATI TRATTATI Dati sensibili e giudiziari concernenti: - lo stato di salute; - convinzioni politiche e sindacali; - dati di carattere giudiziario (art. 4, comma 1, lett. e) D. Lg. 30.06.2003 n. 196) OPERAZIONI ESEGUITE Trattamento “ordinario” dei dati, in particolare: Raccolta: presso gli interessati e presso terzi Elaborazione: in forma cartacea e con modalità informatizzate Particolari forme di trattamento: Diffusione: limitatamente ai risultati elettorali. Descrizione del trattamento Il trattamento concerne i dati indispensabili allo svolgimento delle elezioni e alla gestione dei componenti degli organi elettivi dei componenti degli organi del Consiglio/Collegio, anche in relazione anche l’applicazione dei vari istituti previsti dalla normativa di riferimento (gestione economica ed organizzativa). REGOLAMENTO PER GLI ORDINI PROFESSIONALI Allegato n. 5 DENOMINAZIONE DEL TRATTAMENTO Attività di formazione obbligatoria e/o facoltativa degli iscritti e gestione delle iscrizioni FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 449 449 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE FONTE NORMATIVA - Legge istitutiva del Consiglio/Collegio ed eventuali norme integrative, anche regolamentari, in materia di iscrizione all’Albo e/o Registro o Elenco; - norme inerenti i procedimenti per la tenuta dell’Albo e del Registro o Elenco – ove previste; - norme recanti disposizioni in materia di modifica dello status di iscritto all’Albo e/o Registro o Elenco; - Eventuali norme specifiche sulla formazione obbligatoria per gli iscritti al Consiglio/ Collegio [ *Le fonti sopra indicate si intendono comprensive delle successive modificazioni] RILEVANTI FINALITA’ DI INTERESSE PUBBLICO Sono contenute nei seguenti articoli del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lg. 30.06.2003 n. 196): -ART. 68 comma 2 lett. e); -ART. 86 comma 1 lett. c); -ART. 95. TIPI DI DATI TRATTATI Dati sensibili e giudiziari concernenti: - lo stato di salute: patologie attuali, patologie pregresse, dati sulla salute relativi anche ai familiari, terapie in corso; - dati idonei a rivelare le opinioni politiche o l’adesione a partiti, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale; - dati di carattere giudiziario (art.4, comma 1, lett. e) D.Lg. 30.06.2003 n. 196). OPERAZIONI ESEGUITE Trattamento “ordinario” dei dati, in particolare: Raccolta: presso gli interessati e presso terzi Elaborazione: in forma cartacea e con modalità informatizzate Particolari forme di trattamento: Comunicazioni a: a) Consigli/Collegi professionali, b) Scuole di aggiornamento professionale; c) Scuole di formazione; d) Gestori strutture immobiliari ove indispensabile, per aderire a specifiche richieste degli interessati o riconoscere loro benefici. Descrizione del Trattamento Sono di seguito descritte le principali caratteristiche: - dati sulla salute relativi agli iscritti all’Albo e/o al Registro e/o Elenco diversamente abili, ove indispensabile, per aderire a specifiche richieste degli interessati o riconoscere loro 450 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 450 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE benefici (es. per il superamento delle barriere architettoniche per giungere alle aule di lezione); - dati sulla salute e giudiziari anche ai fini di un eventuale controllo sulle autocertificazioni e di eventuali esoneri dal versamento delle quote di iscrizione, per la frequenza delle lezioni, nonché per la fruizione di eventuali agevolazioni previste dalla legge; - dati idonei a rivelare le opinioni politiche o l’adesione a partiti, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale per esigenze connesse allo svolgimento dei calendari delle lezioni. REGOLAMENTO PER GLI ORDINI PROFESSIONALI Allegato n. 6 DENOMINAZIONE DEL TRATTAMENTO Gestione del contenzioso giudiziale, stragiudiziale e attività di consulenza Attività: gestione del contenzioso per finalità di azione e di difesa dell’Ente in sede amministrativa, di giurisdizione ordinaria, di giurisdizione amministrativa o contabile nonché in sede stragiudiziale e per consulenza o per accertamento resa nel rispetto dei compiti istituzionali ad Enti pubblici e privati. FONTE NORMATIVA - Legge istitutiva del Consiglio/Collegio ed eventuali norme integrative, anche regolamentari, in materia di iscrizione all’Albo e/o Registro; - Codice Civile; Codice di Procedura Civile; - Codice Penale; Codice di Procedura Penale; - R.D. 642/1907 (Regolamento per la procedura innanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato); R.D. 1054/1924 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato); - R.D. 1038/1933 (Approvazione del Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei Conti); D.P.R. 3/1957 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato); - L. 300/1970 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento); - L. 336/1970 (Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati); - L. 1034/1971 (Istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali); - L. 689/81 (Modifiche al sistema penale); - D.Lg. 285/1992 (Codice della Strada); - D.Lg. 546/1992 (Disposizioni sul Processo Tributario); - D.P.R. 487/1994 (Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni); - L. 335/1995 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare); - D.M. 187/1997 (Regolamento recante modalità applicative delle disposizioni contenute all’articolo 2, comma 12, della L. 8 Agosto 1995 n. 335, concernenti l’attribuzione della pensione di inabilità ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche iscritti a forme di previdenza esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria); - D.P.R. 260/1998 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 451 451 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE di esecuzione delle decisioni di condanna e risarcimento di danno erariale, a norma dell’art. 20, comma 8, della L. 15.03.1997 n. 59); - L. 205/2000 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa); - D.Lg. 445/2000 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa); - L. 241/1990 (Nuove norme sul procedimento amministrativo); - D.Lg. 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni); - D.P.R. 461/2001 (Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell’equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie); - D.M. 31 gennaio 2001 (Procedimento di riscossione dei crediti conseguenti a decisioni di condanna della Corte dei Conti a carico dei responsabili per danno erariale in attuazione dell’art. 4 del D.P.R. 24 giugno 1998 n. 260); - C.C.N.L. vigenti relativo al Personale del comparto degli Enti pubblici non economici; [ *Le fonti sopra indicate si intendono comprensive delle successive modificazioni] RILEVANTI FINALITA’ DI INTERESSE PUBBLICO Sono contenute nei seguenti articoli del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lg. 30.06.2003 n. 196): -ART. 71 -ART. 67. TIPI DI DATI TRATTATI Dati sensibili e giudiziari concernenti: - lo stato di salute: patologie attuali, patologie pregresse, dati sulla salute relativi anche ai familiari, terapie in corso; - origine etnica; - convinzioni politiche e sindacali, religiose, filosofiche e di altro genere; - vita sessuale; - dati di carattere giudiziario (art.4, comma 1, lett. e) D.Lg. 30.06.2003 n. 196). OPERAZIONI ESEGUITE Trattamento “ordinario” dei dati, in particolare: Raccolta: presso gli interessati e presso terzi Elaborazione: in forma cartacea e con modalità informatizzate Particolari forme di trattamento: Comunicazioni a: a) Avvocatura distrettuale e generale dello Stato, ai fini della gestione del contenzioso giurisdizionale; b) Autorità giurisdizionale di qualsiasi ordine e funzione, arbitri, Amministrazioni interessate o controinteressate nei vari contenziosi anche ai fini della gestione dei ricorsi 452 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 452 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE straordinari al Presidente della Repubblica, Organi di Polizia giudiziaria, Commissioni Tributarie, Uffici Provinciali del Lavoro ai fini del tentativo obbligatorio di conciliazione, Corte dei Conti, Consiglio di Stato in sede consultiva; c) Liberi professionisti, ai fini di patrocinio o di consulenza, compresi quelli di controparte quando dovuto; d) Compagnie di assicurazione, in caso di polizze assicurative che prevedano tali comunicazioni; e) Altri Consigli/Collegi professionali, Organizzazioni sindacali, Enti previdenziali e assicurativi coinvolti nel contenzioso. Descrizione del trattamento Il trattamento dei dati sensibili e giudiziari è effettuato nella misura in cui ciò sia indispensabile per fornire ai difensori e all’Autorità giudiziaria gli elementi necessari per la tutela degli interessi della difesa in sede giudiziaria e stragiudiziale ovvero per istruire la pratica relativa ad un ricorso straordinario al Capo dello Stato. Dietro richiesta dell’Autorità giudiziaria possono essere forniti dati sensibili e giudiziari di cui sia in possesso il Consiglio/ Collegio. Per incarico del Vice Presidente del Consiglio Nazionale Forense, avv. Pierluigi Tirale, si trasmette il testo del REGOLAMENTO PER LA FORMAZIONE PERMANENTE che il C.N.F. ha definitivamente approvato nella seduta amministrativa del 18 gennaio 2007. IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE considerato ·) che al Consiglio Nazionale Forense e ai Consigli dell’Ordine degli Avvocati è affidato il compito di tutelare l’interesse pubblico al corretto esercizio della professione e quello di garantire la competenza e la professionalità dei propri iscritti, nell’interesse della collettività; ·) che al Consiglio Nazionale Forense è attribuito dall’ordinamento professionale il potere di determinare i principi della deontologia professionale e le sue deliberazioni costituiscono regolamenti adottati in forza di un autonomo potere che ripete la sua disciplina da leggi speciali, in conformità dell’art. 3 delle disposizioni sulla legge in generale; ·) che è dovere dell’avvocato svolgere la propria attività professionale nel rispetto dei principi imposti dall’appartenenza alle organizzazioni professionali comunitarie e di quelli stabiliti dall’ordinamento interno, nonché dei principi individuati dal codice deontologico forense; ·) che, in particolare, il preambolo del codice deontologico forense affida all’avvocato il compito di tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo, in tal modo, all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia; ·) che l’art. 12 del Codice deontologico forense impone all’avvocato il dovere di competenza; ·) che l’art. 13 del Codice deontologico forense dispone: ««È dovere dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 453 453 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE particolare riferimento ai settori nei quali svolga l’attività. I. L’avvocato realizza la propria formazione permanente con lo studio individuale e la partecipazione a iniziative culturali in campo giuridico e forense. II. E’ dovere deontologico dell’avvocato quello di rispettare i regolamenti del Consiglio nazionale forense e del Consiglio dell’Ordine di appartenenza concernenti gli obblighi e i programmi formativi»; ·) che l’esercizio della funzione di avvocato, stante la continua produzione normativa e il progressivo affinarsi dei canoni di interpretazione del diritto, impone la necessità di un costante aggiornamento, al fine di assicurare la più elevata qualità della prestazione professionale; HA APPROVATO IL SEGUENTE REGOLAMENTO Articolo 1 Formazione professionale continua Tutti gli avvocati iscritti all’Albo hanno l’obbligo deontologico di mantenere e migliorare la propria preparazione professionale, curandone l’aggiornamento. A tal fine, essi hanno il dovere di partecipare alle attività di formazione professionale continua disciplinate dal presente regolamento, secondo le modalità ivi indicate. Con l’espressione “formazione professionale continua” si intende ogni attività di aggiornamento, accrescimento e approfondimento delle conoscenze e delle competenze professionali, mediante la partecipazione ad iniziative culturali in campo giuridico e forense. Articolo 2 Durata e contenuto dell’obbligo L’obbligo di formazione decorre dalla data di iscrizione all’albo. L’anno formativo coincide con quello solare. Il periodo di valutazione della formazione continua ha durata triennale. L’unità di misura della formazione continua è il “credito formativo”. Ai fini dell’assolvimento degli obblighi di cui all’art. 1, ogni iscritto deve conseguire nel triennio almeno n. 90 crediti formativi, che sono attribuiti secondo i criteri indicati nei successivi artt. 3 e 4, di cui almeno n. 20 crediti formativi debbono essere conseguiti in ogni singolo anno formativo. Ogni iscritto sceglie liberamente gli eventi e le attività formative da svolgere, in relazione ai settori di attività professionale esercitata, nell’ambito di quelle indicate ai successivi articoli 3 e 4, ma almeno n.5 crediti formativi annuali devono derivare da attività ed eventi formativi aventi ad oggetto l’ordinamento professionale e la deontologia. La verifica dell’adempimento del dovere di formazione continua è esercitata dai Consigli dell’Ordine con le modalità previste dal successivo art. 8. L’adempimento dell’obbligo formativo costituisce presupposto per l’indicazione del settore di attività prevalente ai sensi dell’art. 17 bis del codice deontologico. Articolo 3 Eventi formativi Integra assolvimento degli obblighi di formazione professionale continua la partecipazione effettiva agli eventi di seguito indicati, promossi, organizzati, o accreditati anche 454 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 454 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE stabilmente dal Consiglio Nazionale Forense e dai Consigli dell’Ordine e dalla Cassa Nazionale di previdenza forense: a) corsi di aggiornamento e masters, anche eseguiti con modalità telematiche nei limiti in cui sia possibile il controllo della partecipazione; b) seminari, convegni, giornate di studio e tavole rotonde; c) commissioni di studio, gruppi di lavoro istituiti dagli organismi sopra elencati o da organismi nazionali ed internazionali della categoria professionale; d) gli altri eventi individuati dal Consiglio Nazionale Forense e dai Consigli dell’Ordine. La partecipazione agli eventi formativi sopra indicati attribuisce n. 3 crediti formativi per ogni metà giornata di partecipazione, con il limite massimo di n. 9 crediti per la partecipazione ad ogni singolo evento formativo. La partecipazione agli eventi di cui alle lettere a) e b) promossi od organizzati da altri enti, istituzioni, associazioni forensi od organismi pubblici o privati dà luogo al conseguimento dei medesimi crediti formativi, ove gli eventi stessi siano stati preventivamente accreditati dal Consiglio nazionale forense o dai Consigli dell’Ordine. L’accreditamento viene concesso valutando la tipologia e la qualità dell’evento formativo, nonché gli argomenti trattati. Articolo 4 Attività formative Integra assolvimento degli obblighi di formazione professionale continua lo svolgimento delle attività di seguito indicate: a) relazioni o lezioni negli eventi formativi di cui alle lettere a) e b) dell’art. 3, ovvero nelle scuole forensi o nelle scuole di specializzazione per le professioni legali; b) pubblicazioni in materia giuridica su riviste specializzate a diffusione nazionale, ovvero pubblicazioni di libri, saggi, monografie o trattati, anche come opere collettanee, su argomenti giuridici; c) docenze in materie giuridiche in Università, in istituti universitari ed enti equiparati; d) partecipazione alle commissioni per gli esami di Stato di avvocato. Il Consiglio dell’Ordine attribuisce i crediti formativi per le attività sopra indicate, tenuto conto della natura della attività svolta e dell’impegno dalla stessa richiesto, con il limite massimo di n. 6 crediti per le attività di cui alla lettera a), di n. 6 crediti per le attività di cui alla lettera b), di n. 15 crediti per le attività di cui alla lettera c) e di n. 12 crediti per le attività di cui alla lettera d). Articolo 5 Esoneri Sono esonerati dagli obblighi formativi, relativamente alle materie di insegnamento, i docenti universitari di ruolo, di prima e seconda fascia, nonché i ricercatori con incarico di insegnamento. Il Consiglio dell’Ordine, su domanda dell’interessato, può esonerare, anche parzialmente, per gravi motivi, l’iscritto dallo svolgimento dell’attività formativa. Nei casi di: – maternità FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 455 455 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE – grave malattia o infortunio – interruzione per un periodo non inferiore a sei mesi dell’attività professionale – altre ipotesi indicate dal Consiglio Nazionale Forense l’esonero può essere accordato limitatamente al periodo in cui l’impedimento si verifica. All’esonero consegue la riduzione dei crediti formativi da acquisire nel corso del triennio, proporzionalmente alla durata dell’esonero. Articolo 6 Adempimenti degli iscritti e inosservanza dell’obbligo formativo Ciascun iscritto deve depositare, a richiesta del Consiglio dell’Ordine al quale è iscritto, una sintetica relazione che certifica il percorso formativo seguito nell’anno precedente, indicando gli eventi formativi seguiti e documentando le attività formative svolte. Costituisce illecito disciplinare il mancato adempimento dell’obbligo formativo e la mancata o infedele certificazione del percorso formativo seguito. La sanzione è commisurata alla gravità della violazione. Articolo 7 Attività del Consiglio dell’Ordine Ciascun Consiglio dell’Ordine dà attuazione alle attività di formazione professionale e vigila sull’effettivo adempimento dell’obbligo formativo da parte degli iscritti nei modi e con i mezzi ritenuti più opportuni, regolando le modalità del rilascio degli attestati di partecipazione agli eventi formativi organizzati dallo stesso Consiglio. In particolare, i Consigli dell’Ordine, entro il 30 novembre di ogni anno, predispongono, anche di concerto tra loro, un programma degli eventi formativi che intendono organizzare nel corso dell’anno solare successivo, indicando i crediti formativi attribuiti per la partecipazione a ciascun evento. Nel programma annuale devono essere previsti eventi formativi aventi ad oggetto l’ordinamento professionale e la deontologia. I Consigli dell’Ordine realizzano il programma, anche di concerto con altri Consigli dell’Ordine e favoriscono, ove possibile, la formazione gratuita, utilizzando risorse proprie o quelle ottenibili da sovvenzioni o contribuzioni erogate da enti finanziatori pubblici o privati per la partecipazione agli eventi formativi. Entro il 30 novembre di ogni anno, i Consigli dell’Ordine sono tenuti a comunicare al Consiglio Nazionale Forense una relazione che illustri il programma formativo dell’anno solare successivo e indichi i criteri e le finalità cui il Consiglio si è attenuto nella predisposizione del programma stesso. Articolo 8 Controlli del Consiglio dell’Ordine Il Consiglio dell’Ordine verifica l’effettivo adempimento dell’obbligo formativo da parte degli iscritti, secondo le modalità che dovranno ssere contenute nella relazione illustrativa del programma formativo, di cui al precedente art. 7, attribuendo agli eventi e alle attività formative documentate i crediti formativi secondo i criteri indicati dagli artt. 3 e 4. Ai fini della verifica, il Consiglio dell’Ordine può chiedere all’iscritto e ai soggetti che hanno organizzato gli eventi formativi chiarimenti e documentazione integrativa. 456 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 456 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Ove i chiarimenti non siano forniti e la documentazione integrativa richiesta non sia depositata entro il termine di giorni 20 dalla richiesta, il Consiglio non attribuisce crediti formativi per gli eventi e le attività che non risultino adeguatamente documentate. Per lo svolgimento di tali attività, il Consiglio dell’Ordine può avvalersi di apposita commissione, costituita anche da avvocati esterni al Consiglio. Ove il Consiglio si sia avvalso di tale facoltà, il parere espresso dalla commissione è obbligatorio, ma può essere disatteso dal Consiglio con deliberazione motivata. Articolo 9 Attribuzioni del Consiglio Nazionale Forense Il Consiglio Nazionale Forense promuove ed indirizza lo svolgimento della formazione professionale continua, individuandone i nuovi settori di sviluppo e favorisce l’ampliamento dell’offerta formativa, anche organizzando direttamente, o per il tramite della Fondazione dell’Avvocatura Italiana e del Centro per la Formazione, eventi formativi. Il Consiglio Nazionale Forense, anche avvalendosi della Fondazione dell’Avvocatura Italiana e del Centro per la Formazione, assiste i Consigli dell’Ordine nella predisposizione e nell’attuazione dei programmi formativi e vigila sull’adempimento da parte dei Consigli delle incombenze ad essi affidate. Il Consiglio Nazionale Forense valuta le relazioni trasmesse dai Consigli dell’Ordine a norma del precedente art. 7, esprimendo il proprio parere sull’adeguatezza dei programmi formativi organizzati dai Consigli dell’Ordine, eventualmente indicando le modifiche che vi debbano essere apportate, con l’obiettivo di assicurare l’effettività e l’uniformità delle formazione continua. Il parere del Consiglio Nazionale Forense deve essere espresso entro il termine di quaranta giorni dalla presentazione delle relazioni; diversamente il programma formativo si intende approvato. In caso di parere negativo, il Consiglio dell’Ordine è tenuto nei trenta giorni successivi a trasmettere un nuovo programma formativo, che tenga conto delle indicazioni e dei rilievi formulati dal Consiglio Nazionale Forense. Articolo 10 Norme di attuazione Il Consiglio Nazionale Forense emana le norme di attuazione e coordinamento che si rendessero necessarie in sede di applicazione del presente regolamento. Articolo 11 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore dal 1 luglio 2007. Il primo periodo di valutazione della formazione continua decorre dal 1 gennaio 2008. RELAZIONE SUL REGOLAMENTO PER LA FORMAZIONE CONTINUA DELLA PROFESSIONE DI AVVOCATO Il dibattito sull’esigenza di adottare, anche per la professione di avvocato, un regolamen- FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 457 457 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE to che sancisse il dovere di aggiornamento, mediante l’adozione di regole idonee a garantire un adeguamento continuo della cultura professionale, era aperto da anni nell’avvocatura. Alcuni anni fa la questione era stata ampiamente discussa nel corso di un Congresso tenutosi ad Ancona. Tuttavia, l’esito della discussione finì con il mortificare ogni iniziativa volta a sperimentare un sistema di formazione continua. Le polemiche suscitate dal dibattito, l’affermazione che un regolamento ad hoc avrebbe dato luogo ad una struttura meramente burocratica, incapace di dar contenuto ad una iniziativa che pareva velleitaria, la tesi, da più parti prospettata, che lo studio individuale rappresenta l’unico vero strumento formativo del professionista legale, costrinsero il Consiglio nazionale forense a ripensare l’iniziativa, che, come sovente accade, finì con l’essere accantonata. Accantonare l’idea non valse, tuttavia, a risolvere la questione, che non soltanto rimaneva aperta, ma che anzi esigeva, con evidenza sempre maggiore, di essere affrontata. Affrontare non significa, o non significa sempre, risolvere. Ma il timore di affrontare una questione così delicata e, al tempo stesso, così rilevante per le sorti della professione e per la sua dignità, se non si evolve nella prudente ricerca di una soluzione, diventa il segno di una irragionevole rinuncia, se non di una abdicazione al ruolo che il Consiglio nazionale, e con esso il sistema ordinistico, riveste nella struttura della professione forense. L’Ordinamento riconosce alla nostra professione, in ragione della sua funzione attiva nell’esercizio della giurisdizione, del suo ruolo inteso alla tutela dei diritti individuali e collettivi, del suo contributo essenziale per la realizzazione del sistema di garanzie previsto dalla Costituzione, autonomia e libertà e, quindi, la capacità di autodeterminarsi, in funzione del raggiungimento di quei fini che lo stesso Ordinamento ha inteso raggiungere, mediante la costruzione di un sistema fondato sugli Ordini e sul Consiglio nazionale: di un sistema, cioè, fondato su enti pubblici, ai quali lo Stato affida il controllo della categoria professionale, attribuendo loro il compito di accertare che gli iscritti all’albo rispettino i doveri imposti dalla professione ed assegnando loro la funzione della tutela pubblica dell’affidamento che i cittadini debbono riporre nei soggetti che ottengono l’iscrizione all’ albo professionale. Fra i tanti doveri che l’Ordinamento pone a carico del professionista forense vi è, forse prima di ogni altro, quello della competenza. Che senso mai avrebbe affidare ad una categoria professionale che non cura la propria competenza, che non ha approfondita conoscenza delle norme, che non si fa carico di seguire l’evoluzione giurisprudenziale nella loro applicazione, che trascura di valutare il significato della loro collocazione sistematica, il compito di difendere i diritti dei cittadini davanti al giudice e davanti ad ogni altra Autorità? Per queste ragioni, dopo una lunga pausa di riflessione, il Consiglio nazionale dedicò nuova attenzione al problema della formazione professionale ed all’idea di favorirne e di controllarne il continuo adeguamento. Frattanto, si andavano moltiplicando i segni che un’ulteriore attesa non era tollerabile. Tutti gli Ordini professionali e fra questi i dottori commercialisti, i ragionieri, i medici, i farmacisti, i geometri, i notai, i revisori contabili avevano adottato propri regolamenti di disciplina della formazione professionale continua, intesa, come si legge all’art. 1 del regolamento approvato dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, quale «attività di aggiornamento e di approfondimento, in forma collettiva, delle conoscenze e delle competenze tecniche sulle materie oggetto di esercizio di attività professionale, che non sostituisce, ma integra, lo 458 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 458 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE studio e l’approfondimento individuali, che sono presupposti per l’esercizio dell’attività professionale». Per ognuna delle professioni indicate, la formazione continua ha trovato la propria disciplina in regolamenti approvati dai Consigli nazionali e nessuno ha mai dubitato che essi difettassero del potere di dettare norme vincolanti per i professionisti appartenenti alla categoria da essi governata. Del resto, il dubbio sulla legittimità dell’integrazione, ad opera del Consiglio nazionale forense, delle norme che dettano i principi della professione e che disciplinano i doveri dell’avvocato e sulla natura cogente di tale integrazione è stato da tempo risolto dalla giurisprudenza. Ed invero, la Suprema Corte, a Sezioni Unite, ha affermato la legittimità dell’integrazione delle clausole generali, contenute nella legge, con il ricorso a fonti normative diverse, anche di rango infralegislativo, rilevando che l’Ordinamento professionale affida agli organi deputati all’esercizio della funzione disciplinare il potere di adattare la previsione legale astratta ai casi concreti, facendo riferimento a regole già contenute in specifiche previsioni di legge o desunte da canoni di condotta condivisi dalla collettività, o da principi deontologici dettati dai singoli ordinamenti professionali. In sintesi, la Suprema Corte ha affermato che l’autogoverno della professione si realizza attraverso l’attribuzione all’autonomia degli Ordini professionali, enti esponenziali della categoria, sia del potere di applicare in via amministrativa (i consigli dell’ordine locali) e giurisdizionale (il Consiglio nazionale forense) le sanzioni previste dalla legge, sia della funzione di produzione normativa all’interno della categoria, attraverso l’enunciazione delle regole di condotta che i singoli iscritti sono tenuti ad osservare nello svolgimento dell’attività professionale (cfr. Cass. civ., sez. Unite, 6 giugno 2002, n. 8225). Sul punto, si è pronunciata, anche recentemente, la Corte di Cassazione a sezioni Unite, con sentenza 3 maggio 2005, n. 9097: affrontando l’eccezione di illegittimità costituzionale del complesso normativo contenuto nel codice deontologico forense, la Suprema Corte la ha dichiarata manifestamente infondata, sull’assunto che le deliberazioni con le quali il Consiglio nazionale forense procede alla determinazione dei principi di deontologia professionale e delle ipotesi di violazione degli stessi, costituiscono regolamenti adottati da una Autorità non statuale, in forza di un autonomo potere in materia, che ripete la sua disciplina da leggi speciali, in conformità dell’art. 3, comma 2, delle disposizioni sulla legge in generale. ***** Molte avvocature straniere hanno, da tempo, adottato sistemi di formazione permanente, con la finalità di assicurare l’aggiornamento e il perfezionamento delle conoscenze necessarie all’esercizio della professione e il CCBE, l’Organismo europeo che raccoglie le rappresentanza di tutte le avvocature nazionali, a ciò sollecitato dalla maggioranza delle delegazioni che lo compongono, ha organizzato un gruppo di lavoro, con il fine di studiare le diverse modalità con cui ciascun Paese ha disciplinato la formazione e con lo scopo di redigere un comune schema di “continuing training”, al quale dovranno adeguarsi le strutture professionali dei diversi Paesi appartenenti alla Comunità. Allineandosi ai recenti orientamenti emersi in sede comunitaria, i più recenti disegni e progetti di legge sulla riforma delle professioni in generale e quelli che concernono la professione di avvocato prevedono l’obbligo della formazione permanente, l’istituzione di corsi finalizzati alla qualificazione professionale ed alla specializzazione. Infine, la legge 4 FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 459 459 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE agosto 2006 n. 248, che ha convertito in legge il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, ha statuito, all’art. 2, comma 3, che le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1 fossero adeguate, anche con l’adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali, entro il 1° gennaio 2007. Le considerazioni sopra esposte, l’evoluzione delle norme interne, gli orientamenti emergenti in sede comunitaria ed, infine, il fatto che alcuni Ordini locali, raccogliendo i segnali che provenivano dal dibattito da tempo avviato dal Consiglio nazionale forense con gli Ordini territoriali, avevano inteso anticipare, in sede locale, iniziative tendenti a rendere obbligatoria la formazione continua, hanno indotto il Consiglio a rompere gli indugi e a superare le resistenze provenienti da quelle fasce meno evolute della professione, che sono sorde ad ogni sollecitazione volta a modernizzare la professione e a rendere più trasparente il controllo sulla qualità tecnica del servizio reso dal professionista. ***** Il codice deontologico forense, già nella sua precedente formulazione, prevedeva il dovere di competenza (art. 12) e quello di aggiornamento professionale (art. 13). Quest’ultima norma stabiliva che «è dovere dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori nei quali è svolta l’attività» professionale, disponendo al canone I che la preparazione del professionista forense si realizza, oltre che con lo studio individuale, con la partecipazione ad iniziative culturali in campo giuridico e forense. La norma, con la revisione approvata il 26 gennaio 2006, è stata completata con l’introduzione di un ulteriore canone, che sancisce il «dovere deontologico di rispettare i regolamenti del Consiglio nazionale forense e del Consiglio dell’Ordine di appartenenza concernenti gli obblighi e i programmi formativi». La norma, così come riformulata, risponde in modo più trasparente alla funzione che l’Ordinamento attribuisce al Consiglio Nazionale Forense e agli Ordini territoriali di tutelare l’interesse pubblico al corretto esercizio della professione e di assicurare la competenza e la professionalità dei propri iscritti, nell’interesse della collettività e dei soggetti che si rivolgono al professionista per ottenere la tutela dei loro diritti lesi. Adempiendo, dunque, alla funzione sopra indicata, il Consiglio nazionale ha adottato un regolamento, i cui requisiti si possono sintetizzare come segue: · La formazione continua è obbligatoria per tutti coloro che siano iscritti all’albo professionale; ogni iscritto è tenuto, quindi, a compiere attività di aggiornamento, accrescimento e approfondimento delle conoscenze e delle competenze professionali, mediante la partecipazione ad iniziative culturali in campo giuridico e forense. · Ogni professionista è tenuto a conseguire, nell’ambito di un triennio, almeno 90 crediti formativi, attribuiti secondo i criteri indicati negli artt. 3 e 4 del regolamento, ed almeno 20 crediti formativi debbono essere conseguiti in ogni singolo anno solare. · Ogni iscritto ha la facoltà di scegliere liberamente gli eventi e le attività formative da svolgere, in relazione ai settori di attività professionale esercitata, ma almeno 5 crediti formativi annuali debbono derivare da attività ed eventi formativi aventi ad oggetto l’ordinamento professionale e la deontologia. · L’adempimento dell’obbligo formativo costituisce presupposto per l’indicazione del settore di attività prevalente ai sensi dell’art. 17 bis del codice deontologico. 460 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 460 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE · Sono esonerati dagli obblighi formativi, relativamente alle materie di insegnamento, i docenti universitari di ruolo, di prima e seconda fascia, nonché i ricercatori con incarico di insegnamento. Il Consiglio dell’Ordine, su domanda dell’interessato, può esonerare, anche parzialmente, per gravi motivi, singoli iscritti dallo svolgimento dell’attività formativa, mentre, in caso di maternità, grave malattia o infortunio, interruzione dell’attività professionale per un periodo non inferiore a sei mesi o in altre ipotesi indicate dal Consiglio Nazionale Forense, l’esonero può essere accordato limitatamente al periodo in cui l’impedimento si verifica. All’esonero consegue la riduzione dei crediti formativi da acquisire nel corso del triennio, proporzionalmente alla durata dell’esonero. · Il mancato adempimento dell’obbligo formativo e la mancata o infedele certificazione del percorso formativo seguito costituiscono illecito disciplinare, sanzionato a seconda della gravità della violazione commessa. · Integra assolvimento degli obblighi di formazione professionale continua la partecipazione effettiva agli eventi promossi, organizzati, o accreditati anche stabilmente dal Consiglio Nazionale Forense e dai Consigli dell’Ordine, sia che consistano in: a) corsi di aggiornamento e masters, anche eseguiti con modalità telematiche nei limiti in cui sia possibile il controllo della partecipazione; b) seminari, convegni, giornate di studio e tavole rotonde; c) commissioni di studio, gruppi di lavoro istituiti dagli organismi sopra elencati o da organismi nazionali ed internazionali della categoria professionale; d) in altri eventi specificamente individuati dal Consiglio Nazionale Forense e dai Consigli dell’Ordine. La partecipazione a corsi di aggiornamento, masters, seminari, convegni, giornate di studio, che siano stati promossi od organizzati da enti, istituzioni, associazioni forensi od organismi pubblici o privati dà luogo al conseguimento dei medesimi crediti formativi, sempre che gli eventi siano stati accreditati dal Consiglio nazionale forense o dai Consigli dell’Ordine, previa valutazione della tipologia e della qualità dell’evento formativo. · Integra, inoltre, assolvimento degli obblighi di formazione professionale continua lo svolgimento di: a) relazioni o lezioni negli eventi formativi di cui alle lettere a) e b) dell’art. 3, ovvero nelle scuole forensi o nelle scuole di specializzazione per le professioni legali; b) pubblicazioni in materia giuridica su riviste specializzate a diffusione nazionale, ovvero pubblicazioni di libri, saggi, monografie o trattati, anche come opere collettanee, su argomenti giuridici; c) docenze in materie giuridiche in Università, in istituti universitari ed enti equiparati; d) partecipazione alle commissioni per gli esami di Stato di avvocato. · Il controllo della formazione continua è affidato ai Consigli dell’Ordine, che, per lo svolgimento di tali attività, possono avvalersi di apposita commissione, costituita anche da avvocati esterni al Consiglio. In tal caso il parere espresso dalla commissione è obbligatorio, ma può essere disatteso solo con deliberazione motivata. · Il Consiglio nazionale forense ha il compito di promuovere ed indirizzare lo svolgimento della formazione professionale continua, individuandone i nuovi settori di sviluppo e favorendo l’ampliamento dell’offerta formativa anche gratuita. Il Consiglio FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 461 461 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE nazionale, anche avvalendosi delle strutture formative ad esso collegate, assiste i Consigli dell’Ordine nella predisposizione e nell’attuazione dei programmi formativi e vigila sull’adempimento da parte dei Consigli dell’Ordine delle incombenze ad essi affidate. In ragione della novità della disciplina regolamentare introdotta e della prevedibili difficoltà che potrebbero sorgere in sede di prima applicazione del regolamento, il Consiglio nazionale si è riservato di emanare le norme di attuazione e coordinamento che si rendessero necessarie, all’esito delle prima fase di sperimentazione. Non si possono, ovviamente, ignorare o sottovalutare le difficoltà che insorgeranno in sede di applicazione del regolamento e le resistenze che alcune frange della categoria professionale potranno opporre alla sua applicazione. Tuttavia il regolamento costituirà un forte stimolo alla promozione della cultura professionale, favorirà la preparazione dell’avvocato, adeguandola al progressivo affinarsi dei canoni di interpretazione del diritto e contribuirà, così, ad assicurare una migliore qualità della prestazione professionale, rafforzando e elevando la considerazione sociale di cui il professionista forense deve godere, nell’adempimento della funzione che l’Ordinamento gli attribuisce. LA VERSIONE DEFINITIVA DELLA DIRETTIVA SUI SERVIZI E IL SUO AMBITO DI OPERATIVITÀ PER L’ AVVOCATURA. Pubblicata sulla G.U. del 27.12.2006 ( L 376/36) la direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (2006/123/CE del 12 .12.2006) deve essere recepita dagli Stati Membri entro il 28.12.2009 . La versione finale non si discosta molto dal testo approvato quale “posizione comune” dal Parlamento e dal Consiglio dell’ Unione europea. Essa ha un ambito di applicazione residuale rispetto alla attività forense, in virtù delle deroghe stabilite da alcune sue disposizioni. Ed infatti: (i) l’art.3 prevede che le regole introdotte da questa direttiva confliggenti con quelle introdotte da altri atti comunitari in ordine all’accesso o all’esercizio di specifiche attività professionali cedono rispetto a questi ultimi; in materia di attività forense gli atti comunitari che prevalgono sulla direttiva in esame sono per l’appunto la direttiva n. 77/249 sulla libera prestazione di servizi, la direttiva n. 48/89 sulla libertà di stabilimento con il titolo omologo del Paese ospitante (previo esame di complemento), la direttiva n.5/98 sullo stabilimento permanente con il titolo di origine, la direttiva n.36/05 (che deve essere attuata entro il 20.20.2007) sulle qualifiche professionali; (ii) l’art. 5 c.3 prevede l’esenzione esplicita dalle procedure di rilascio di certificati; (iii) l’art. 17 prevede l’esenzione esplicita della attività forense dall’ applicazione dell’ art. 16 riguardante la libera prestazione di servizi. Tra i “considerando” ( che esplicitano le finalità della direttiva e chiariscono anche in via interpretativa il contenuto delle sue disposizioni) occorre porre in rilievo: - il n. 88 che, in generale, precisa che il principio di libera prestazione di servizi non si applica alle attività riservate agli avvocati, ivi compresa, negli ordinamenti nei quali la riserva è prevista, anche la consulenza giuridica; nel nostro Paese la consulenza non è attività riservata, ma la direttiva indirettamente conferma che tale riserva non sarebbe in contrasto 462 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 462 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE con la libera circolazione dei servizi; - il n. 33, che precisa come per gli altri aspetti della disciplina prevista siano inclusi i servizi di consulenza legale a favore di imprese e di consumatori (là dove la consulenza non sia riservata); - il n. 73 il quale, al di là dei casi delle qualifiche professionali, consente l’esonero dal divieto di tariffe minime e massime se imposte specificamente da autorità competenti per la prestazione di determinati servizi compatibilmente con la libertà di stabilimento; questo considerando può essere interpretato alla luce della sentenza Cipolla della Corte di Giustizia depositata il 5.12.2006; - il n. 95 il quale legittima sempre le tariffe se giustificate dalle caratteristiche tecniche della professione; - il n. 100 che esclude i divieti assoluti o totali di comunicazioni commerciali per le professioni regolamentate e rinvia a codici di condotta di ambito comunitario; -il n. 101 che ammette lo svolgimento di servizi multidisciplinari ma anche le relative restrizioni purché necessarie ad assicurare l’indipendenza e l’integrità delle professioni regolamentate; - il n. 114 che raccomanda l’adozione di codici di condotta da parte delle professioni regolamentate intesi a garantirne l’indipendenza, l’imparzialità e il segreto professionale. Tralasciando le regole sulla semplificazione amministrativa e sulla libertà di stabilimento, e le aree già coperte dalle direttive pregresse o esplicitamente escluse dalla direttiva in esame rimangono alcune disposizioni che afferiscono anche all’ attività forense. Sono conservate per gli avvocati la doppia osservazione delle regole giuridiche inerenti la professione sia nel paese d’origine sia nel paese ospitante e così pure la “doppia deontologia”. Le novità riguardano essenzialmente la qualità dei servizi. L’art.22 prevede le informazioni che il professionista deve fornire al destinatario, termine che non distingue tra consumatori e imprese (note, status, forma giuridica, indirizzo e tutti gli altri dati identificativi, iscrizione all’albo e Ordine competente, dati di registrazione all’ IVA, qualifica professionale e Stato membro nel quale è stata acquisita, clausole contrattuali eventualmente praticate, prezzo del servizio se precostituito, assicurazione, se esistente). Le informazioni possono essere fornite spontaneamente, oppure essere rese accessibili nel luogo ove si svolge l’attività, oppure inserite nel sito del professionista, oppure nei fogli illustrativi del servizio. Nel caso il “prezzo” della prestazione, cioè il compenso, non sia predefinito – come accade normalmente nell’esercizio dell’attività forense – la direttiva non si oppone alla introduzione di tariffe; è solo necessario porre il cliente in condizione di poter conoscere i criteri con cui si calcola il compenso oppure consegnare un preventivo sufficientemente dettagliato. Il sistema più semplice è la vacazione; tuttavia, si possono impiegare le tariffe al momento della conclusione del contratto d’opera, ovvero farvi riferimento in via integrativa, sempreché ogni informazione ed ogni criterio di calcolo siano chiari e comprensibili, e conosciuti in tempo anteriore all’assunzione del mandato professionale. E’ evidente che non è possibile prefigurare in anticipo né la sua durata né le possibili complicazioni processuali , sicché qualunque sia il criterio utilizzato per calcolare il compenso, il cliente non può ab inizio conoscere quanto spenderà perché non lo può prevedere neppure l’avvocato. Ma la FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 463 463 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE direttiva è flessibile sul punto, e salva sempre la specificità della professione considerata. Occorre anche informare il destinatario delle regole professionali vigenti: la normativa di legge, alla quale si può fare rinvio con mezzi anche informatici, il codice deontologico, l’esistenza di organismi di conciliazione presso gli Ordini (e, nel caso di tariffe o compensi, la procedura conciliativa già prevista dalla disciplina forense). E’ soppresso ogni divieto in materia di pubblicità: l’art.24 c.1 si riferisce esplicitamente alle professioni regolamentate, ma vi è un temperamento ( all’art. 24 c.2) che impone la conformità del messaggio alle regole professionali, tenendo conto della specificità della professione , nonché della indipendenza, della integrità, della dignità e del segreto professionale. Ciò significa che, in via legislativa ( nel testo di attuazione) ovvero in via deontologica sono ammesse limitazioni, purché non configgenti con il principio di nondiscriminazione, con il principio di proporzionalità e siano giustificate da motivi imperativi di interesse generale ( secondo le definizioni di tali termini indicate nell’art. 15). Per quanto riguarda l’organizzazione dell’attività professionale – ferma la libertà di scegliere le forme più opportune - si possono svolgere attività multidisciplinari , ma è consentito apporre limitazioni per evitare i conflitti d’interesse, per garantire indipendenza e imparzialità, regole deontologiche specifiche per rendere le attività compatibili tra loro e per custodire il segreto professionale. La qualità del servizio può essere certificata da un organismo indipendente o accreditato (ma si tratta di iniziativa semplicemente volontaria) o si può fare ricorso a carte di qualità o marchi predisposti da ordini professionali a livello comunitario. Se si considera che la versione aggiornata del testo del codice deontologico , che sarà pubblicata prossimamente , già tiene conto di quasi tutte queste prescrizioni, per l’ Avvocatura non sarà difficile dare attuazione alla direttiva nel triennio venturo, anche ricorrendo semplicemente alle prescrizioni del codice, se il legislatore , al momento dell’attuazione, vorrà riconoscere la specificità della professione forense e attribuire al Consiglio Nazionale Forense il compito di adeguare la disciplina di settore alla direttiva. Come è noto, qualsiasi atto avente natura regolamentare è ammesso per attuare le direttive nell’ordinamento interno. DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 12 DICEMBRE 2006 , RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO Gazzetta ufficiale n. L 376 del 27/12/2006 pag. 0036 - 0068 Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 47, paragrafo 2, prima e terza frase, e l’articolo 55, 464 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 464 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [1], visto il parere del Comitato delle regioni [2], deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato [3], considerando quanto segue: (1) La Comunità mira a stabilire legami sempre più stretti tra gli Stati ed i popoli europei e a garantire il progresso economico e sociale. Conformemente all’articolo 14, paragrafo 2, del trattato il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione dei servizi. A norma dell’articolo 43 del trattato è assicurata la libertà di stabilimento. L’articolo 49 sancisce il diritto di prestare servizi all’interno della Comunità. L’eliminazione delle barriere allo sviluppo del settore dei servizi tra Stati membri costituisce uno strumento essenziale per rafforzare l’integrazione fra i popoli europei e per promuovere un progresso economico e sociale equilibrato e duraturo. Nell’eliminazione di questi ostacoli è essenziale garantire che lo sviluppo del settore dei servizi contribuisca all’adempimento dei compiti previsti dall’articolo 2 del trattato di promuovere nell’insieme della Comunità uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri. (2) Una maggiore competitività del mercato dei servizi è essenziale per promuovere la crescita economica e creare posti di lavoro nell’Unione europea. Attualmente un elevato numero di ostacoli nel mercato interno impedisce ai prestatori, in particolare alle piccole e medie imprese (PMI), di espandersi oltre i confini nazionali e di sfruttare appieno il mercato unico. Tale situazione indebolisce la competitività globale dei prestatori dell’Unione europea. Un libero mercato che induca gli Stati membri ad eliminare le restrizioni alla circolazione transfrontaliera dei servizi, incrementando al tempo stesso la trasparenza e l’informazione dei consumatori, consentirebbe agli stessi una più ampia facoltà di scelta e migliori servizi a prezzi inferiori. (3) La relazione della Commissione sullo “Stato del mercato interno dei servizi” ha elencato i numerosi ostacoli che impediscono o rallentano lo sviluppo dei servizi tra Stati membri, in particolare dei servizi prestati dalle PMI, le quali sono predominanti nel settore dei servizi. La relazione conclude che dieci anni dopo il previsto completamento del mercato interno esiste un notevole divario tra la visione di un’economia integrata per l’Unione europea e la realtà vissuta dai cittadini e dai prestatori europei. Gli ostacoli elencati riguardano un’ampia varietà di servizi in tutte le fasi dell’attività del prestatore e presentano numerose caratteristiche comuni, compreso il fatto di derivare spesso da procedure amministrative eccessivamente gravose, dall’incertezza giuridica che caratterizza le attività transfrontaliere e dalla mancanza di fiducia reciproca tra Stati membri. (4) I servizi costituiscono il motore della crescita economica e rappresentano il 70 % del PIL e dei posti di lavoro nella maggior parte degli Stati membri, ma la frammentazione del mercato interno si ripercuote negativamente sul complesso dell’economia europea, in particolare sulla competitività delle PMI e la circolazione dei lavoratori, ed impedisce ai FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 465 465 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE consumatori di avere accesso ad una maggiore scelta di servizi a prezzi competitivi. È importante sottolineare che il settore dei servizi costituisce un settore chiave in materia di occupazione, soprattutto per le donne, e che esse possono, pertanto, trarre enormi benefici dalle nuove opportunità offerte dal completamento del mercato interno dei servizi. Il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno sottolineato che l’eliminazione degli ostacoli giuridici alla realizzazione di un vero mercato interno costituisce una priorità per conseguire l’obiettivo stabilito dal Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 di migliorare l’occupazione e la coesione sociale e di pervenire ad una crescita economica sostenibile allo scopo di fare dell’Unione europea l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo entro il 2010 con nuovi e migliori posti di lavoro. L’eliminazione di questi ostacoli, accompagnata da un avanzato modello sociale europeo, rappresenta pertanto una premessa per superare le difficoltà incontrate nell’attuazione dell’agenda di Lisbona e per rilanciare l’economia europea, soprattutto in termini di occupazione e investimento. È quindi importante realizzare un mercato unico dei servizi, mantenendo un equilibrio tra apertura dei mercati, servizi pubblici nonché diritti sociali e del consumatore. (5) È necessario quindi eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato. Poiché gli ostacoli al mercato interno dei servizi riguardano tanto gli operatori che intendono stabilirsi in altri Stati membri quanto quelli che prestano un servizio in un altro Stato membro senza stabilirvisi, occorre permettere ai prestatori di sviluppare le proprie attività nel mercato interno stabilendosi in uno Stato membro o avvalendosi della libera circolazione dei servizi. I prestatori devono poter scegliere tra queste due libertà, in funzione della loro strategia di sviluppo in ciascuno Stato membro. (6) Non è possibile eliminare questi ostacoli soltanto grazie all’applicazione diretta degli articoli 43 e 49 del trattato in quanto, da un lato, il trattamento caso per caso mediante l’avvio di procedimenti di infrazione nei confronti degli Stati membri interessati si rivelerebbe estremamente complesso da gestire per le istituzioni nazionali e comunitarie, in particolare dopo l’allargamento e, dall’altro lato, l’eliminazione di numerosi ostacoli richiede un coordinamento preliminare delle legislazioni nazionali, anche al fine di istituire una cooperazione amministrativa. Come è stato riconosciuto dal Parlamento europeo e dal Consiglio, un intervento legislativo comunitario permette di istituire un vero mercato interno dei servizi. (7) La presente direttiva istituisce un quadro giuridico generale a vantaggio di un’ampia varietà di servizi pur tenendo conto nel contempo delle specificità di ogni tipo d’attività o di professione e del loro sistema di regolamentazione. Tale quadro giuridico si basa su un approccio dinamico e selettivo che consiste nell’eliminare in via prioritaria gli ostacoli che possono essere rimossi rapidamente e, per quanto riguarda gli altri ostacoli, nell’avviare un processo di valutazione, consultazione e armonizzazione complementare in merito a questioni specifiche grazie al quale sarà possibile modernizzare progressivamente ed in maniera coordinata i sistemi nazionali che disciplinano le attività di servizi, operazione indispensabile per realizzare un vero mercato interno dei servizi entro il 2010. È opportuno prevedere una combinazione equilibrata di misure che riguardano l’armonizzazione mirata, la cooperazione amministrativa, la disposizione sulla libera prestazione di servizi e che 466 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 466 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE promuovono l’elaborazione di codici di condotta su determinate questioni. Questo coordinamento delle legislazioni nazionali dovrebbe garantire un grado elevato d’integrazione giuridica comunitaria ed un livello elevato di tutela degli obiettivi d’interesse generale, in particolare la tutela dei consumatori, che è fondamentale per stabilire la fiducia reciproca tra Stati membri. La presente direttiva prende altresì in considerazione altri obiettivi d’interesse generale, compresa la protezione dell’ambiente, la pubblica sicurezza e la sanità pubblica nonché la necessità di rispettare il diritto del lavoro. (8) È opportuno che le disposizioni della presente direttiva relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi si applichino soltanto nella misura in cui le attività in questione sono aperte alla concorrenza e non obblighino pertanto gli Stati membri a liberalizzare i servizi d’interesse economico generale, a privatizzare gli enti pubblici che forniscono tali servizi o ad abolire i monopoli esistenti per quanto riguarda altre attività o certi servizi di distribuzione. (9) La presente direttiva si applica unicamente ai requisiti che influenzano l’accesso all’attività di servizi o il suo esercizio. Pertanto essa non si applica a requisiti come le norme del codice stradale, le norme riguardanti lo sviluppo e l’uso delle terre, la pianificazione urbana e rurale, le regolamentazioni edilizie nonché le sanzioni amministrative comminate per inosservanza di tali norme che non disciplinano o non influenzano specificatamente l’attività di servizi, ma devono essere rispettate dai prestatori nello svolgimento della loro attività economica, alla stessa stregua dei singoli che agiscono a titolo privato. (10) La presente direttiva non concerne i requisiti che disciplinano l’accesso ai finanziamenti pubblici per taluni prestatori. Tali requisiti comprendono in particolare quelli che stabiliscono le condizioni in base alle quali i prestatori hanno diritto a beneficiare di finanziamenti pubblici, comprese specifiche condizioni contrattuali, e in particolare le norme di qualità che vanno osservate per poter beneficiare dei finanziamenti pubblici, ad esempio per quanto riguarda i servizi sociali. (11) La presente direttiva non pregiudica le misure adottate dagli Stati membri, conformemente al diritto comunitario, per quanto riguarda la protezione o la promozione della diversità linguistica e culturale e il pluralismo dei media, compresi i relativi finanziamenti. La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di applicare le loro norme e i loro principi fondamentali in materia di libertà di stampa e di espressione. La presente direttiva non incide sulle norme legislative degli Stati membri che vietano la discriminazione in base alla nazionalità oppure per i motivi specificati all’articolo 13 del trattato. (12) La presente direttiva è volta a creare un quadro giuridico per assicurare la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri. Essa non armonizza né incide sul diritto penale. Gli Stati membri non dovrebbero poter limitare la libertà di fornire servizi applicando disposizioni di diritto penale che riguardano specificamente l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della stessa aggirando le norme stabilite nella presente direttiva. (13) È altrettanto importante che la presente direttiva rispetti pienamente le iniziative comunitarie basate sull’articolo 137 del trattato al fine di conseguire gli obiettivi previsti all’articolo 136 del trattato per quanto riguarda la promozione dell’occupazione e il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. (14) La presente direttiva non incide sulle condizioni di lavoro e di occupazione, FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 467 467 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE compresi i periodi massimi di lavoro e i periodi minimi di riposo, la durata minima delle ferie annuali retribuite, i salari minimi nonché la salute, la sicurezza e l’igiene sul lavoro, che gli Stati membri applicano in conformità del diritto comunitario; inoltre, la presente direttiva non incide sulle relazioni tra le parti sociali, compresi i diritti di negoziare e concludere accordi collettivi, di scioperare e di intraprendere azioni sindacali in conformità del diritto e delle prassi nazionali che rispettano il diritto comunitario, né si applica ai servizi forniti dalle agenzie di lavoro interinale. La presente direttiva non incide sulla normativa degli Stati membri in materia di sicurezza sociale. (15) La presente direttiva rispetta l’esercizio dei diritti fondamentali applicabili negli Stati membri quali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nelle relative spiegazioni, armonizzandoli con le libertà fondamentali di cui agli articoli 43 e 49 del trattato. Tali diritti fondamentali includono, fra l’altro, il diritto a intraprendere un’azione sindacale in conformità del diritto e delle prassi nazionali che rispettano il diritto comunitario. (16) La presente direttiva riguarda soltanto i prestatori stabiliti in uno Stato membro e non tratta gli aspetti esterni. Essa non riguarda i negoziati nell’ambito di organizzazioni internazionali per gli scambi di servizi, in particolare nel quadro del GATS. (17) La presente direttiva si applica soltanto ai servizi che sono prestati dietro corrispettivo economico. I servizi d’interesse generale non rientrano nella definizione di cui all’articolo 50 del trattato e sono pertanto esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva. I servizi d’interesse economico generale sono servizi che, essendo prestati dietro corrispettivo economico, rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva. Tuttavia, alcuni servizi d’interesse economico generale, per esempio quelli che possono esistere nel settore dei trasporti, sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva, mentre altri servizi d’interesse economico generale, per esempio quelli che possono esistere nel settore postale, sono oggetto di una deroga alla disposizione sulla libera prestazione di servizi stabilita nella presente direttiva. La presente direttiva non riguarda il finanziamento dei servizi d’interesse economico generale e non si applica alle sovvenzioni concesse dagli Stati membri, in particolare nel settore sociale, in conformità delle norme comunitarie sulla concorrenza. La presente direttiva non si occupa del follow-up del Libro bianco della Commissione sui servizi d’interesse generale. (18) Occorre escludere dal campo di applicazione della presente direttiva i servizi finanziari, essendo tali attività oggetto di una normativa comunitaria specifica volta a realizzare, al pari della presente direttiva, un vero mercato interno dei servizi. Pertanto, tale esclusione concerne tutti i servizi finanziari quali l’attività bancaria, il credito, l’assicurazione, compresa la riassicurazione, le pensioni professionali o individuali, i titoli, gli investimenti, i fondi, i servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti, compresi i servizi di cui all’allegato I della direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, concernente l’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio [4]. (19) Poiché nel 2002 è stata adottata una serie di atti normativi relativi ai servizi e alle reti di comunicazione elettronica nonché alle risorse e ai servizi associati, che ha istituito una disciplina volta ad agevolare l’accesso a tali attività nel mercato interno grazie, in particolare, all’eliminazione della maggior parte dei regimi di autorizzazione individuale, è necessario 468 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 468 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE escludere le questioni disciplinate da tali atti dal campo di applicazione della presente direttiva. (20) Le esclusioni dal campo di applicazione riguardanti le materie attinenti ai servizi di comunicazione elettronica oggetto delle direttive 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime (direttiva accesso) [5], 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni) [6], 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) [7], 2002/22/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) [8] e 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) [9] si applicano non solo a questioni specificamente trattate in dette direttive, ma anche a questioni per le quali le direttive lasciano esplicitamente agli Stati membri la facoltà di adottare talune misure a livello nazionale. (21) I servizi di trasporto, compresi i trasporti urbani, i taxi e le ambulanze nonché i servizi portuali, sono esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva. (22) L’esclusione dei servizi sanitari dall’ambito della presente direttiva dovrebbe comprendere i servizi sanitari e farmaceutici forniti da professionisti del settore sanitario ai propri pazienti per valutare, mantenere o ripristinare le loro condizioni di salute, laddove tali attività sono riservate a professioni del settore sanitario regolamentate nello Stato membro in cui i servizi vengono forniti. (23) La presente direttiva non incide sul rimborso dei costi dei servizi sanitari prestati in uno Stato membro diverso da quello in cui il destinatario del servizio risiede. La Corte di giustizia ha in numerose occasioni esaminato la questione e riconosciuto i diritti del paziente. È importante affrontare la questione in un altro atto giuridico comunitario, a fini di maggiore certezza e chiarezza giuridica, nella misura in cui essa non sia già oggetto del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità [10]. (24) Occorre altresì escludere dal campo di applicazione della presente direttiva i servizi audiovisivi, a prescindere dal modo di trasmissione, anche all’interno dei cinema. Inoltre, la presente direttiva non dovrebbe applicarsi agli aiuti erogati dagli Stati membri nel settore audiovisivo oggetto delle norme comunitarie sulla concorrenza. (25) È opportuno escludere dal campo d’applicazione della presente direttiva i giochi con denaro, ivi comprese le lotterie e le scommesse, tenuto conto della natura specifica di tali attività che comportano da parte degli Stati membri l’attuazione di politiche di ordine pubblico e di tutela dei consumatori. (26) La presente direttiva non osta all’applicazione dell’articolo 45 del trattato. (27) La presente direttiva non dovrebbe applicarsi ai servizi sociali nel settore degli alloggi, dell’assistenza all’infanzia e del sostegno alle famiglie e alle persone bisognose, FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 469 469 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE forniti dallo Stato a livello nazionale, regionale o locale da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato per sostenere persone che si trovano in condizione di particolare bisogno a titolo permanente o temporaneo, perché hanno un reddito familiare insufficiente, o sono totalmente o parzialmente dipendenti e rischiano di essere emarginate. È opportuno che la presente direttiva non incida su tali servizi in quanto essi sono essenziali per garantire i diritti fondamentali alla dignità e all’integrità umana e costituiscono una manifestazione dei principi di coesione e solidarietà sociale. (28) La presente direttiva non riguarda il finanziamento dei servizi sociali, né il sistema di aiuti ad esso collegato. Essa non incide sui criteri o le condizioni stabiliti dagli Stati membri per assicurare che tali servizi sociali effettivamente giovino all’interesse pubblico e alla coesione sociale. Inoltre la presente direttiva non dovrebbe incidere sul principio del servizio universale nell’ambito dei servizi sociali degli Stati membri. (29) Poiché il trattato prevede basi giuridiche specifiche in materia fiscale e considerate le norme comunitarie già adottate in questo ambito, occorre escludere il settore fiscale dal campo di applicazione della presente direttiva. (30) Esiste già un notevole corpus di norme comunitarie sulle attività di servizi. La presente direttiva viene ad aggiungersi all’acquis comunitario per completarlo. I conflitti tra la presente direttiva ed altri atti comunitari sono stati identificati e sono contemplati dalla presente direttiva, anche tramite deroghe. Tuttavia, occorre prevedere una regola che disciplini eventuali casi residui ed eccezionali in cui sussiste un conflitto tra una delle disposizioni della presente direttiva ed una disposizione di un altro atto comunitario. L’esistenza di un siffatto conflitto dovrebbe essere determinata nel rispetto delle norme del trattato relative al diritto di stabilimento ed alla libera circolazione dei servizi. (31) La presente direttiva è coerente con la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali [11] e non pregiudica tale direttiva. Essa riguarda questioni diverse da quelle relative alle qualifiche professionali, quali l’assicurazione di responsabilità professionale, le comunicazioni commerciali, le attività multidisciplinari e la semplificazione amministrativa. Per quanto concerne la prestazione di servizi transfrontalieri a titolo temporaneo, una delle deroghe alla disposizione sulla libera prestazione di servizi previste dalla presente direttiva assicura che il titolo II sulla libera prestazione di servizi della direttiva 2005/36/CE resti impregiudicato. Pertanto, la disposizione sulla libera prestazione di servizi non incide su nessuna delle misure applicabili a norma di tale direttiva 2005/36/CE nello Stato membro in cui viene fornito un servizio. (32) La presente direttiva è coerente con la legislazione comunitaria relativa alla tutela dei consumatori, come la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’ 11 maggio 2005 relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (direttiva sulle pratiche commerciali sleali) [12] e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori (“regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori”) [13]. (33) Tra i servizi oggetto della presente direttiva rientrano numerose attività in costante evoluzione, fra le quali figurano: i servizi alle imprese, quali i servizi di consulenza manageriale e gestionale, i servizi di certificazione e di collaudo, i servizi di gestione delle 470 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 470 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE strutture, compresi i servizi di manutenzione degli uffici, i servizi di pubblicità o i servizi connessi alle assunzioni e i servizi degli agenti commerciali. Sono oggetto della presente direttiva anche i servizi prestati sia alle imprese sia ai consumatori, quali i servizi di consulenza legale o fiscale, i servizi collegati con il settore immobiliare, come le agenzie immobiliari, l’edilizia, compresi i servizi degli architetti, la distribuzione, l’organizzazione di fiere, il noleggio di auto, le agenzie di viaggi. Nell’ambito di applicazione della presente direttiva rientrano altresì i servizi ai consumatori, quali i servizi nel settore del turismo, compresi i servizi delle guide turistiche, i servizi ricreativi, i centri sportivi, i parchi di divertimento e, nella misura in cui non sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva, i servizi a domicilio, come l’assistenza agli anziani. Queste attività possono riguardare servizi che richiedono la vicinanza del prestatore e del destinatario della prestazione, servizi che comportano lo spostamento del destinatario o del prestatore e servizi che possono essere prestati a distanza, anche via Internet. (34) Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, la valutazione di determinate attività, in particolare di quelle finanziate con fondi pubblici o esercitate da enti pubblici, deve essere effettuata, per stabilire se costituiscono un “servizio”, caso per caso alla luce delle loro caratteristiche, in particolare del modo in cui sono prestate, organizzate e finanziate nello Stato membro interessato. La Corte di giustizia ha ritenuto che la caratteristica fondamentale della retribuzione sia rappresentata dal fatto che essa costituisce un corrispettivo economico per i servizi prestati, ed ha riconosciuto che la caratteristica della retribuzione è assente nelle attività svolte dallo Stato o per conto dello Stato senza corrispettivo economico nel quadro dei suoi doveri in ambito sociale, culturale, educativo e giudiziario, quali i corsi assicurati nel quadro del sistema nazionale di pubblica istruzione o la gestione di regimi di sicurezza sociale che non svolgono un’attività economica. Il pagamento di una tassa da parte dei destinatari, ad esempio una tassa di insegnamento o di iscrizione pagata dagli studenti per contribuire in parte alle spese di funzionamento di un sistema, non costituisce di per sé retribuzione in quanto il servizio continua ad essere essenzialmente finanziato con fondi pubblici. Queste attività non rientrano pertanto nella definizione di “servizio” di cui all’articolo 50 del trattato e sono quindi escluse dal campo d’applicazione della presente direttiva. (35) Le attività sportive amatoriali senza scopo di lucro rivestono una notevole importanza sociale. Tali attività perseguono spesso finalità esclusivamente sociali o ricreative. Pertanto, esse non possono costituire un’attività economica ai sensi del diritto comunitario e non dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della presente direttiva. (36) La nozione di prestatore dovrebbe comprende qualsiasi persona fisica, avente la cittadinanza di uno Stato membro, o persona giuridica che esplica un’attività di servizio in tale Stato membro esercitando la libertà di stabilimento o la libera circolazione dei servizi. La nozione di prestatore quindi non dovrebbe limitarsi solo al caso in cui il servizio venga prestato attraverso le frontiere nell’ambito della libera circolazione dei servizi, ma dovrebbe comprendere anche la fattispecie in cui un operatore si stabilisce in uno Stato membro per svilupparvi le proprie attività di servizio. La nozione di prestatore, d’altra parte, non dovrebbe coprire il caso delle succursali di società di paesi terzi in uno Stato membro poiché, in conformità dell’articolo 48 del trattato, la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi si applicano soltanto alle società costituite conformemente alla legislazione di uno FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 471 471 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità. Il concetto di destinatario dovrebbe coprire anche i cittadini di paesi terzi che beneficiano già di diritti loro conferiti da atti comunitari quali il regolamento (CEE) n. 1408/71, la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo [14], il regolamento del Consiglio (CE) n. 859/2003 del Consiglio, del 14 maggio 2003, che estende le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/ 72 ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità [15] e la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri [16]. Inoltre, gli Stati membri possono estendere il concetto di destinatario ad altri cittadini di paesi terzi presenti sul loro territorio. (37) Il luogo di stabilimento del prestatore dovrebbe essere determinato in conformità della giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo la quale la nozione di stabilimento implica l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata mediante l’insediamento in pianta stabile. Tale requisito può essere soddisfatto anche nel caso in cui una società sia costituita a tempo determinato o abbia in affitto un fabbricato o un impianto per lo svolgimento della sua attività. Esso può altresì essere soddisfatto allorché uno Stato membro rilasci autorizzazioni di durata limitata soltanto per particolari servizi. Lo stabilimento non deve necessariamente assumere la forma di una filiale, succursale o rappresentanza, ma può consistere in un ufficio gestito dal personale del prestatore o da una persona indipendente ma autorizzata ad agire su base permanente per conto dell’impresa, come nel caso di una rappresentanza. Secondo questa definizione, che comporta l’esercizio effettivo di un’attività economica nel luogo di stabilimento del prestatore di servizi, una semplice casella postale non costituisce uno stabilimento. Se uno stesso prestatore ha più luoghi di stabilimento, è importante determinare da quale luogo di stabilimento è prestato il servizio effettivo in questione. Nei casi in cui è difficile determinare da quale dei vari luoghi di stabilimento un determinato servizio è prestato, tale luogo è quello in cui il prestatore ha il centro delle sue attività per quanto concerne tale servizio specifico. (38) La nozione di “persona giuridica” secondo le disposizioni del trattato in materia di stabilimento lascia agli operatori la libertà di scegliere la forma giuridica che ritengono opportuna per svolgere la loro attività. Di conseguenza, per “persone giuridiche” ai sensi del trattato si intendono tutte le entità costituite conformemente al diritto di uno Stato membro o da esso disciplinate, a prescindere dalla loro forma giuridica. (39) La nozione di regime di autorizzazione dovrebbe comprendere, in particolare, le procedure amministrative per il rilascio di autorizzazioni, licenze, approvazioni o concessioni, ma anche l’obbligo, per potere esercitare l’attività, di essere iscritto in un albo professionale, in un registro, ruolo o in una banca dati, di essere convenzionato con un organismo o di ottenere una tessera professionale. L’autorizzazione può essere concessa non solo in base ad una decisione formale, ma anche in base ad una decisione implicita derivante, ad esempio, dal silenzio dell’autorità competente o dal fatto che l’interessato debba attendere l’avviso di ricevimento di una dichiarazione per iniziare l’attività o affinché quest’ultima sia legittima. 472 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 472 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE (40) La nozione di “motivi imperativi di interesse generale” cui fanno riferimento alcune disposizioni della presente direttiva è stata progressivamente elaborata dalla Corte di giustizia nella propria giurisprudenza relativa agli articoli 43 e 49 del trattato, e potrebbe continuare ad evolvere. La nozione, come riconosciuto nella giurisprudenza della Corte di giustizia, copre almeno i seguenti motivi: l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza e la sanità pubblica ai sensi degli articoli 46 e 55 del trattato, il mantenimento dell’ordine sociale, gli obiettivi di politica sociale, la tutela dei destinatari di servizi, la tutela dei consumatori, la tutela dei lavoratori, compresa la protezione sociale dei lavoratori, il benessere degli animali, la salvaguardia dell’equilibrio finanziario del regime di sicurezza sociale, la prevenzione della frode, la prevenzione della concorrenza sleale, la protezione dell’ambiente e dell’ambiente urbano, compreso l’assetto territoriale in ambito urbano e rurale, la tutela dei creditori, la salvaguardia della sana amministrazione della giustizia, la sicurezza stradale, la tutela della proprietà intellettuale, gli obiettivi di politica culturale, compresa la salvaguardia della libertà di espressione dei vari elementi presenti nella società e, in particolare, dei valori sociali, culturali, religiosi e filosofici, la necessità di assicurare un elevato livello di istruzione, il mantenimento del pluralismo della stampa e la politica di promozione della lingua nazionale, la conservazione del patrimonio nazionale storico e artistico, e la politica veterinaria. (41) Il concetto di “ordine pubblico”, come interpretato dalla Corte di giustizia, comprende la protezione contro una minaccia effettiva e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della collettività e può includere, in particolare, questioni legate alla dignità umana, alla tutela dei minori e degli adulti vulnerabili ed al benessere degli animali. Analogamente, la nozione di pubblica sicurezza comprende le questioni di incolumità pubblica. (42) Le norme relative alle procedure amministrative non dovrebbero mirare ad armonizzare le procedure amministrative, ma a sopprimere regimi di autorizzazione, procedure e formalità eccessivamente onerosi che ostacolano la libertà di stabilimento e la creazione di nuove società di servizi che ne derivano. (43) Una delle principali difficoltà incontrate, in particolare dalle PMI, nell’accesso alle attività di servizi e nel loro esercizio è rappresentato dalla complessità, dalla lunghezza e dall’incertezza giuridica delle procedure amministrative. Per questa ragione, sul modello di alcune iniziative in materia di modernizzazione delle buone pratiche amministrative avviate a livello comunitario e nazionale, è necessario stabilire principi di semplificazione amministrativa, in particolare mediante la limitazione dell’obbligo di autorizzazione preliminare ai casi in cui essa è indispensabile e l’introduzione del principio della tacita autorizzazione da parte delle autorità competenti allo scadere di un determinato termine. Tale azione di modernizzazione, pur mantenendo gli obblighi di trasparenza e di aggiornamento delle informazioni relative agli operatori, ha il fine di eliminare i ritardi, i costi e gli effetti dissuasivi che derivano, ad esempio, da procedure non necessarie o eccessivamente complesse e onerose, dalla duplicazione delle procedure, dalle complicazioni burocratiche nella presentazione di documenti, dall’abuso di potere da parte delle autorità competenti, dai termini di risposta non precisati o eccessivamente lunghi, dalla validità limitata dell’autorizzazione rilasciata o da costi e sanzioni sproporzionati. Tali pratiche hanno effetti dissuasivi particolarmente rilevanti nel caso dei prestatori che intendono sviluppare le loro attività in FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 473 473 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE altri Stati membri e che avvertono l’esigenza di una modernizzazione coordinata in un mercato interno allargato a venticinque Stati membri. (44) Gli Stati membri dovrebbero introdurre, se del caso, formulari armonizzati a livello comunitario, definiti dalla Commissione, equipollenti ai certificati, agli attestati o ad eventuali altri documenti in materia di stabilimento. (45) Per valutare la necessità di semplificare le procedure e le formalità gli Stati membri dovrebbero poter in particolare tener conto della necessità, del numero, degli eventuali doppioni, dei costi, della chiarezza e dell’accessibilità di tali procedure e formalità nonché dei ritardi e delle difficoltà pratiche cui potrebbero dar luogo per il prestatore in questione. (46) Per agevolare l’accesso alle attività di servizi e il loro esercizio nel mercato interno, è necessario fissare l’obiettivo, comune a tutti gli Stati membri, di una semplificazione amministrativa e prevedere disposizioni riguardanti, in particolare, gli sportelli unici, il diritto all’informazione, le procedure per via elettronica e la definizione di un quadro per i regimi di autorizzazione. Altre misure adottate a livello nazionale per raggiungere quest’obiettivo potrebbero consistere nel ridurre il numero delle procedure e formalità applicabili alle attività di servizi, limitandole a quelle indispensabili per conseguire un obiettivo di interesse generale e che non rappresentano, per contenuto o finalità, dei doppioni. (47) Ai fini della semplificazione amministrativa, è opportuno evitare di imporre in maniera generale requisiti formali, quali la presentazione di documenti originali, di copie autenticate o di una traduzione autenticata, tranne qualora ciò sia giustificato obiettivamente da un motivo imperativo di interesse generale, come la tutela dei lavoratori, la sanità pubblica, la protezione dell’ambiente o la protezione dei consumatori. Occorre inoltre garantire che un’autorizzazione dia normalmente accesso ad un’attività di servizi, o al suo esercizio, su tutto il territorio nazionale a meno che un motivo imperativo di interesse generale non giustifichi obiettivamente un’autorizzazione specifica per ogni stabilimento, ad esempio nel caso di ogni insediamento di grandi centri commerciali, o un’autorizzazione limitata ad una parte specifica del territorio nazionale. (48) Al fine di semplificare ulteriormente le procedure amministrative è opportuno fare in modo che ogni prestatore abbia un interlocutore unico tramite il quale espletare tutte le procedure e formalità (in prosieguo: sportello unico). Il numero degli sportelli unici per Stato membro può variare secondo le competenze regionali o locali o in funzione delle attività interessate. La creazione degli sportelli unici, infatti, non dovrebbe interferire nella divisione dei compiti tra le autorità competenti in seno ad ogni sistema nazionale. Quando la competenza spetta a diverse autorità a livello regionale o locale, una di esse può assumersi il ruolo di sportello unico e coordinare le attività con le altre autorità. Gli sportelli unici possono essere costituiti non soltanto da autorità amministrative ma anche da camere di commercio e dell’artigianato ovvero da organismi o ordini professionali o enti privati ai quali uno Stato membro ha deciso di affidare questa funzione. Gli sportelli unici sono destinati a svolgere un ruolo importante di assistenza al prestatore sia come autorità direttamente competente a rilasciare i documenti necessari per accedere ad un’attività di servizio sia come intermediario tra il prestatore e le autorità direttamente competenti. (49) La tassa che può essere riscossa dagli sportelli unici dovrebbe essere proporzionale al costo delle procedure e formalità espletate. Ciò non dovrebbe impedire che gli Stati 474 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 474 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE membri affidino allo sportello unico la riscossione di altri oneri amministrativi come quelli degli organi di controllo. (50) È necessario che i prestatori e i destinatari abbiano un agevole accesso a taluni tipi di informazione. Ciascuno Stato membro dovrebbe determinare le modalità con le quali fornire informazioni a prestatori e destinatari nell’ambito della presente direttiva. In particolare, gli Stati membri possono ottemperare all’obbligo di garantire che le informazioni pertinenti siano facilmente accessibili ai prestatori e destinatari consentendo al pubblico l’accesso a tali informazioni attraverso un sito web. Le informazioni dovrebbero essere comunicate in modo chiaro e univoco. (51) L’informazione fornita a prestatori e destinatari dovrebbe includere, in particolare, informazioni relative alle procedure e alle formalità, ai dati delle autorità competenti, alle condizioni di accesso ai registri pubblici e alle banche dati pubbliche nonché informazioni concernenti le possibilità di ricorso disponibili e gli estremi delle associazioni e delle organizzazioni presso le quali i prestatori o i destinatari possono ricevere assistenza pratica. L’obbligo delle autorità competenti di assistere prestatori e destinatari non comprende l’assistenza giuridica per singoli casi. Tuttavia, dovrebbero essere fornite informazioni generali sulla maniera in cui i requisiti sono normalmente interpretati o applicati. Spetta del pari agli Stati membri dirimere questioni quali la responsabilità in caso di comunicazione di informazioni errate o fuorvianti. (52) La realizzazione in tempi ragionevolmente brevi di un sistema di procedure e di formalità espletate per via elettronica costituirà la condicio sine qua non della semplificazione amministrativa nel settore delle attività di servizi, a beneficio dei prestatori, dei destinatari e delle autorità competenti. Per ottemperare all’obbligo vigente in relazione ai risultati, può rivelarsi necessario adattare le legislazioni e le altre regolamentazioni nazionali applicabili ai servizi. Tale obbligo non osta a che gli Stati membri offrano, oltre a mezzi elettronici, altri strumenti per espletare tali procedure e formalità. Il fatto che tali procedure e formalità debbano poter essere espletate a distanza richiede, in particolare, che gli Stati membri provvedano affinché ciò possa avvenire a livello transfrontaliero. Restano escluse da tale obbligo le procedure o le formalità che, per loro natura, non possono essere espletate a distanza. Inoltre, ciò non interferisce con la legislazione degli Stati membri sull’uso delle lingue. (53) Ai fini del rilascio di licenze per talune attività di servizi l’autorità competente può richiedere un colloquio con il richiedente al fine di valutarne l’integrità personale e l’idoneità a svolgere l’attività in questione. In questi casi, l’espletamento delle formalità per via elettronica potrebbe non essere appropriato. (54) La possibilità di avere accesso ad un’attività di servizi dovrebbe essere subordinata al rilascio di un’autorizzazione da parte delle autorità competenti soltanto se ciò è conforme ai principi di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità. Ciò significa, in particolare, che l’imposizione di un’autorizzazione dovrebbe essere ammissibile soltanto nei casi in cui un controllo a posteriori non sarebbe efficace a causa dell’impossibilità di constatare a posteriori le carenze dei servizi interessati e tenuto debito conto dei rischi e dei pericoli che potrebbero risultare dall’assenza di un controllo a priori. Queste disposizioni della direttiva non possono tuttavia giustificare regimi di autorizzazione che sono vietati da altri atti comunitari, quali la direttiva 1999/93/CE del 13 dicembre 1999 del Parlamento FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 475 475 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE europeo e del Consiglio relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche [17] o la direttiva 2000/31/CE dell’ 8 giugno 2000 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (“direttiva sul commercio elettronico”) [18]. I risultati del processo di valutazione reciproca consentiranno di determinare a livello comunitario i tipi di attività per le quali i regimi di autorizzazione dovrebbero essere soppressi. (55) La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicata la facoltà degli Stati membri di revocare successivamente le autorizzazioni, quando non sussistono più le condizioni per il loro rilascio. (56) Conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, la sanità pubblica, la tutela dei consumatori, la salute degli animali e la protezione dell’ambiente urbano costituiscono motivi imperativi di interesse generale. Tali motivi imperativi possono giustificare l’applicazione di regimi di autorizzazione e altre restrizioni. Tuttavia, tali regimi di autorizzazione o restrizioni non dovrebbero discriminare in base alla nazionalità. Inoltre, dovrebbero essere sempre rispettati i principi di necessità e proporzionalità. (57) Le disposizioni della presente direttiva relative ai regimi di autorizzazione dovrebbero riguardare i casi in cui l’accesso ad un’attività di servizio o il suo esercizio da parte di operatori richieda la decisione di un’autorità competente. Ciò non riguarda né le decisioni delle autorità competenti relative all’istituzione di un ente pubblico o privato per la prestazione di un servizio particolare, né la conclusione di contratti da parte delle autorità competenti per la prestazione di un servizio particolare, che è disciplinata dalle norme sugli appalti pubblici, poiché la presente direttiva non si occupa di tali norme. (58) Per agevolare l’accesso alle attività di servizi e il loro esercizio è importante valutare i regimi di autorizzazione e la relativa motivazione e redigere una relazione al riguardo. Quest’obbligo di relazione riguarda solo l’esistenza dei regimi di autorizzazione e non i criteri e le condizioni di rilascio dell’autorizzazione stessa. (59) L’autorizzazione dovrebbe di regola consentire al prestatore di avere accesso all’attività di servizio o di esercitare tale attività in tutto il territorio nazionale, a meno che un limite territoriale sia giustificato da un motivo imperativo di interesse generale. Ad esempio, la protezione dell’ambiente può giustificare la necessità di ottenere una singola autorizzazione per ciascuna installazione sul territorio nazionale. Tale disposizione non dovrebbe pregiudicare le competenze regionali o locali per la concessione di autorizzazioni all’interno degli Stati membri. (60) La presente direttiva, e in particolare le disposizioni concernenti i regimi di autorizzazione e la portata territoriale di un’autorizzazione, non pregiudica la ripartizione delle competenze regionali o locali all’interno di uno Stato membro, compresa l’autonomia regionale e locale e l’impiego di lingue ufficiali. (61) La disposizione relativa al divieto di duplicazione delle condizioni di rilascio dell’autorizzazione non dovrebbe ostare a che gli Stati membri applichino le proprie condizioni specificate nel regime di autorizzazione. Essa dovrebbe prescrivere solo che le autorità competenti, nell’esaminare se le condizioni siano soddisfatte dal richiedente, prendano in considerazione le condizioni equivalenti già soddisfatte dal richiedente in un altro Stato membro. Questa disposizione non dovrebbe prescrivere che siano applicate le condizioni di rilascio dell’autorizzazione previste dal regime di autorizzazione di un altro Stato membro. 476 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 476 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE (62) Nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche, è opportuno prevedere una procedura di selezione tra diversi candidati potenziali, al fine di sviluppare, tramite la libera concorrenza, la qualità e le condizioni di offerta di servizi a disposizione degli utenti. Tale procedura dovrebbe offrire garanzie di trasparenza e di imparzialità e l’autorizzazione così rilasciata non dovrebbe avere una durata eccessiva, non dovrebbe poter essere rinnovata automaticamente o conferire vantaggi al prestatore uscente. In particolare, la durata dell’autorizzazione concessa dovrebbe essere fissata in modo da non restringere o limitare la libera concorrenza al di là di quanto è necessario per garantire l’ammortamento degli investimenti e la remunerazione equa dei capitali investiti. La presente disposizione non dovrebbe ostare a che gli Stati membri limitino il numero di autorizzazioni per ragioni diverse dalla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche. Le autorizzazioni in questione dovrebbero comunque ottemperare alle altre disposizioni della presente direttiva relative ai regimi di autorizzazione. (63) Qualora non siano previsti regimi diversi, in mancanza di risposta entro un determinato termine, l’autorizzazione si dovrebbe considerare rilasciata. Per determinate attività possono tuttavia essere previsti regimi diversi se ciò è obiettivamente giustificato da motivi imperativi di interesse generale, ivi compresi interessi legittimi di terzi. Tali regimi potrebbero comprendere norme nazionali secondo cui, in mancanza di risposta da parte dell’autorità competente, la domanda si considera respinta; tale rifiuto è impugnabile di fronte alle giurisdizioni competenti. (64) Al fine della creazione di un vero mercato interno dei servizi è necessario sopprimere le restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi ancora presenti nella legislazione di taluni Stati membri e incompatibili, rispettivamente, con gli articoli 43 e 49 del trattato. Le restrizioni da vietare incidono in modo particolare sul mercato interno dei servizi e dovrebbero essere al più presto eliminate in modo sistematico. (65) La libertà di stabilimento è basata, in particolare, sul principio della parità di trattamento che non soltanto comporta il divieto di ogni forma di discriminazione fondata sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi forma di discriminazione indiretta basata su criteri diversi ma tali da portare di fatto allo stesso risultato. L’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio in uno Stato membro, a titolo principale come a titolo secondario, non dovrebbero quindi essere subordinati a criteri quali il luogo di stabilimento, di residenza, di domicilio o di prestazione principale dell’attività. Tali criteri non dovrebbero contemplare tuttavia i requisiti secondo cui è obbligatoria la presenza di un prestatore o di un suo dipendente o rappresentante nell’esercizio della sua attività se ciò è giustificato da motivi imperativi di interesse pubblico. Uno Stato membro non dovrebbe inoltre limitare la capacità giuridica e la capacità processuale delle società costituite conformemente alla legislazione di un altro Stato membro sul cui territorio queste hanno lo stabilimento principale. Inoltre, uno Stato membro non dovrebbe poter prevedere forme di vantaggio per prestatori che abbiano un legame particolare con un contesto socioeconomico nazionale o locale, né limitare in funzione del luogo di stabilimento del prestatore la facoltà di quest’ultimo di acquisire, usare o alienare diritti e beni o di accedere alle diverse forme di credito e di alloggio, nella misura in cui queste facoltà sono utili all’accesso alla sua attività o all’esercizio effettivo della stessa. (66) L’accesso a, o l’esercizio di, un’attività di servizi sul territorio di uno Stato membro non FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 477 477 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE dovrebbe essere soggetto ad una prova economica. Il divieto di richiedere una dimostrazione della capacità economica come condizione per la concessione di un’autorizzazione riguarda le prove economiche in quanto tali e non gli altri requisiti giustificati obiettivamente da motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dell’ambiente urbano, la politica sociale e gli obiettivi in materia di sanità pubblica. Tale divieto dovrebbe lasciare impregiudicato l’esercizio delle competenze delle autorità preposte all’applicazione del diritto della concorrenza. (67) Per quanto concerne le assicurazioni o le garanzie finanziarie, il divieto di prevedere requisiti dovrebbe riguardare solo l’obbligo che le assicurazioni o le garanzie finanziarie prescritte provengano da un’istituzione finanziaria stabilita nello Stato membro in questione. (68) Per quanto concerne la precedente iscrizione in un registro, il divieto di imporre requisiti dovrebbe riguardare solo l’obbligo per il prestatore di essere stato iscritto per un determinato periodo in un registro dello Stato membro in questione prima dello stabilimento. (69) Al fine di coordinare la modernizzazione delle norme e regolamentazioni nazionali in modo coerente con le esigenze del mercato interno, è necessario valutare taluni requisiti nazionali non discriminatori che, per le loro caratteristiche proprie, potrebbero sensibilmente limitare, se non addirittura impedire, l’accesso a un’attività o il suo esercizio nell’ambito della libertà di stabilimento. Tale processo di valutazione dovrebbe essere limitato alla compatibilità di detti requisiti con i criteri già stabiliti dalla Corte di giustizia in materia di libertà di stabilimento. Esso non riguarda l’applicazione del diritto comunitario della concorrenza. Detti requisiti, qualora siano discriminatori o non giustificati obiettivamente da motivi imperativi di interesse generale o sproporzionati, devono essere soppressi o modificati. L’esito di tale valutazione sarà diverso a seconda della natura delle attività e dell’interesse generale considerati. In particolare, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, tali requisiti potrebbero essere pienamente giustificati quando perseguono obiettivi di politica sociale. (70) Ai fini della presente direttiva e fatto salvo l’articolo 16 del trattato, possono essere considerati servizi d’interesse economico generale soltanto i servizi la cui fornitura costituisca adempimento di una specifica missione d’interesse pubblico affidata al prestatore dallo Stato membro interessato. Tale affidamento dovrebbe essere effettuato mediante uno o più atti, la cui forma è stabilita da ciascuno Stato membro, e precisare la natura di tale specifica missione. (71) La procedura di valutazione reciproca prevista dalla presente direttiva non dovrebbe pregiudicare la libertà degli Stati membri di stabilire nei rispettivi ordinamenti giuridici un elevato livello di tutela degli interessi generali, in particolare per quanto riguarda gli obiettivi di politica sociale. Inoltre, è necessario che il processo di valutazione reciproca tenga pienamente conto delle specificità dei servizi di interesse economico generale e delle funzioni particolari a essi assegnate. Tali specificità possono giustificare talune restrizioni alla libertà di stabilimento, soprattutto quando tali restrizioni mirino alla protezione della sanità pubblica e ad obiettivi di politica sociale e qualora soddisfino le condizioni di cui all’articolo 15, paragrafo 3, lettere a), b) e c). Ad esempio, per quanto riguarda l’obbligo di assumere una specifica forma giuridica al fine di prestare determinati servizi in campo sociale, la Corte di giustizia ha già riconosciuto che può essere giustificato imporre al prestatore il requisito di non avere scopo di lucro. (72) I servizi d’interesse economico generale sono correlati a compiti importanti relativi 478 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 478 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE alla coesione sociale e territoriale. La realizzazione di tali compiti non dovrebbe essere ostacolata dal processo di valutazione previsto dalla presente direttiva. Tale processo non dovrebbe incidere sui requisiti necessari per la realizzazione dei compiti in questione mentre occorre al contempo esaminare la questione delle restrizioni ingiustificate alla libertà di stabilimento. (73) Fra i requisiti da prendere in esame figurano i regimi nazionali che, per motivi diversi da quelli relativi alle qualifiche professionali, riservano a prestatori particolari l’accesso a talune attività. Tali requisiti comprendono gli obblighi che impongono al prestatore di avere un determinato status giuridico, in particolare di essere una persona giuridica, una società di persone, un’organizzazione senza scopo di lucro o una società di proprietà di sole persone fisiche, e gli obblighi in materia di partecipazione azionaria in una società, in particolare l’obbligo di disporre di un capitale minimo per determinate attività di servizi oppure di avere una particolare qualifica per detenere capitale in determinate società o per gestirle. La valutazione della compatibilità delle tariffe obbligatorie minime e/o massime con la libertà di stabilimento riguarda soltanto le tariffe specificamente imposte dalle autorità competenti per la prestazione di determinati servizi e non, ad esempio, le norme generali in materia di determinazione dei prezzi, ad esempio per la locazione di immobili. (74) Il processo di valutazione reciproca implica che nel periodo di recepimento gli Stati membri debbano procedere ad un esame (“screening”) della loro legislazione per determinare l’eventuale presenza dei summenzionati requisiti nel loro ordinamento giuridico e, prima dello scadere del periodo di recepimento, debbano elaborare una relazione sui risultati di tale esame. Ogni relazione sarà trasmessa a tutti gli altri Stati membri e a tutte le parti interessate. Gli Stati membri disporranno allora di sei mesi per trasmettere le loro osservazioni in materia. Entro l’anno successivo alla data di recepimento della presente direttiva, la Commissione elaborerà una relazione di sintesi corredandola, se del caso, di proposte riguardanti ulteriori iniziative. Se necessario, la Commissione assisterà gli Stati membri nella definizione di una metodologia comune, con la loro collaborazione. (75) Il fatto che la presente direttiva specifichi un certo numero di requisiti che gli Stati membri devono sopprimere o valutare nel corso del periodo di recepimento lascia impregiudicate le procedure di infrazione che possono essere avviate nei confronti di uno Stato membro che ha mancato di ottemperare agli obblighi derivanti dagli articoli 43 o 49 del trattato. (76) La presente direttiva non riguarda l’applicazione degli articoli 28, 29 e 30 del trattato relativi alla libera circolazione delle merci. Le restrizioni vietate in forza della disposizione sulla libera prestazione di servizi riguardano i requisiti applicabili all’accesso alle attività di servizi o al loro esercizio e non quelli applicabili alle merci in quanto tali. (77) Quando un operatore si sposta in un altro Stato membro per esercitarvi un’attività di servizi occorre distinguere le situazioni che rientrano nella libertà di stabilimento da quelle coperte, a motivo del carattere temporaneo dell’attività considerata, dalla libera circolazione dei servizi. Per quanto concerne la distinzione tra la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia l’elemento chiave è lo stabilimento o meno dell’operatore nello Stato membro in cui presta il servizio in questione. Se l’operatore è stabilito nello Stato membro in cui presta i suoi servizi, rientra nel campo di applicazione della libertà di stabilimento. Se invece non è stabilito nello Stato FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 479 479 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE membro in cui viene fornito il servizio, le sue attività sono oggetto della libera circolazione dei servizi. Secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia, occorre valutare il carattere temporaneo delle attività considerate non solo in funzione della durata della prestazione, ma anche in funzione della sua regolarità, periodicità o continuità. Il carattere temporaneo della prestazione non dovrebbe in ogni caso escludere che il prestatore possa dotarsi, nello Stato membro in cui è fornito il servizio, di una determinata infrastruttura, come un ufficio o uno studio, nella misura in cui tale infrastruttura è necessaria per l’esecuzione della prestazione in questione. (78) Al fine di garantire la realizzazione efficace della libera circolazione dei servizi e di garantire ai destinatari e ai prestatori la possibilità di beneficiare e di fornire servizi nell’insieme della Comunità senza l’ostacolo delle frontiere, è opportuno chiarire in che misura possono essere imposti gli obblighi previsti dalla legislazione dello Stato membro in cui viene prestato il servizio. È necessario prevedere che la disposizione sulla libera prestazione di servizi non impedisce allo Stato membro nel quale viene prestato il servizio di applicare, in conformità dei principi di cui all’articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a c), i propri requisiti specifici per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza o per la tutela della salute pubblica o dell’ambiente. (79) La Corte di giustizia ha costantemente ritenuto che uno Stato membro conserva il diritto di adottare misure atte ad impedire ai prestatori di trarre profitto abusivamente dai principi del mercato interno. Gli abusi commessi da un prestatore dovrebbero essere stabiliti caso per caso. (80) È necessario provvedere affinché i prestatori possano prendere con sé attrezzature che sono parte integrante della prestazione del loro servizio allorché si spostano per prestare servizi in un altro Stato membro. In particolare, è importante evitare le fattispecie in cui sarebbe impossibile prestare il servizio in quanto manca l’attrezzatura, le situazioni in cui i prestatori sostengono costi aggiuntivi, ad esempio perché affittano o acquistano attrezzature diverse rispetto a quelle che utilizzano abitualmente ovvero perché debbono modificare significativamente, rispetto alle loro abitudini, il modo in cui svolgono la loro attività. (81) La nozione di attrezzatura non si riferisce ad oggetti materiali che sono forniti dal prestatore al cliente o che diventano parte integrante di un oggetto materiale in esito all’attività di servizi, come i materiali edilizi o i pezzi di ricambio, o che sono consumati o abbandonati in loco nel corso delle prestazioni di servizi, come i carburanti, gli esplosivi, i fuochi d’artificio, i pesticidi, i veleni o i medicinali. (82) Le disposizioni della presente direttiva non dovrebbero pregiudicare l’applicazione da parte di uno Stato membro di norme in materia di condizioni di occupazione. Le norme derivanti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dovrebbero, conformemente al trattato, essere giustificate da ragioni attinenti alla tutela dei lavoratori, non discriminatorie, necessarie e proporzionate, secondo l’interpretazione della Corte di giustizia, nonché conformi ad altre normative comunitarie pertinenti. (83) Occorre prevedere che si possa derogare alla disposizione sulla libera prestazione di servizi soltanto nei settori oggetto di deroghe. Tali deroghe sono necessarie per tener conto del grado di integrazione del mercato interno o di talune norme comunitarie relative ai servizi che prevedono che un prestatore sia soggetto ad una legislazione diversa da quella dello Stato membro di stabilimento. Inoltre, a titolo eccezionale, dovrebbero altresì essere 480 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 480 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE prese misure nei confronti di un prestatore in taluni casi specifici e a determinate condizioni sostanziali e procedurali rigorose. Inoltre, le restrizioni alla libera circolazione dei servizi dovrebbero essere consentite, in via eccezionale, soltanto se conformi ai diritti fondamentali che, fanno parte integrante dei principi generali di diritto sanciti nell’ordinamento giuridico della Comunità. (84) La deroga alla disposizione sulla libera prestazione di servizi relativa ai servizi postali dovrebbe applicarsi sia alle attività riservate al prestatore del servizio universale che ad altri servizi postali. (85) La deroga alla disposizione sulla libera prestazione di servizi relativa al recupero giudiziario dei crediti e il riferimento ad un eventuale futuro strumento di armonizzazione riguardano soltanto l’accesso ad attività che consistono, in particolare, nel promuovere dinanzi ad un giudice azioni connesse al recupero di crediti, nonché il loro esercizio. (86) La presente direttiva non concerne le condizioni di lavoro e di occupazione che, in conformità della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996 relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi [19], si applicano ai lavoratori distaccati per prestare un servizio nel territorio di un altro Stato membro. In tali casi, la direttiva 96/71/CE prevede che i prestatori debbano conformarsi alle condizioni di lavoro e di occupazione applicabili, in alcuni settori elencati, nello Stato membro in cui viene prestato il servizio. Tali condizioni sono: periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo, durata minima delle ferie annuali retribuite, tariffe minime salariali, comprese le tariffe per lavoro straordinario, condizioni di cessione temporanea dei lavoratori, in particolare la tutela dei lavoratori ceduti da imprese di lavoro interinale, salute, sicurezza e igiene sul lavoro, provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti, puerpere, bambini e giovani, parità di trattamento tra uomo e donna nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione. Ciò riguarda non solo le condizioni di lavoro e occupazione stabilite per legge, ma anche quelle stabilite in contratti collettivi o sentenze arbitrali, che siano ufficialmente dichiarati o siano di fatto universalmente applicabili ai sensi della direttiva 96/71/CE. La presente direttiva, inoltre, non dovrebbe impedire agli Stati membri di applicare condizioni di lavoro e di occupazione a materie diverse da quelle elencate nell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71/CE per motivi di ordine pubblico. (87) La presente direttiva non riguarda inoltre le condizioni di lavoro e di occupazione qualora il lavoratore che presta un servizio transfrontaliero sia assunto nello Stato membro in cui è fornita la prestazione. La presente direttiva non dovrebbe incidere neppure sul diritto degli Stati membri in cui viene prestato il servizio di determinare l’esistenza di un rapporto di lavoro e la distinzione tra lavoratori autonomi e lavoratori subordinati, compresi i “falsi lavoratori autonomi”. A tale proposito, la caratteristica essenziale di un rapporto di lavoro ai sensi dell’articolo 39 del trattato dovrebbe essere il fatto che per un determinato periodo di tempo una persona fornisce servizi per conto e sotto la direzione di un’altra persona in cambio di una remunerazione; qualsiasi attività che una persona svolge al di fuori di un rapporto subordinato deve essere classificata come attività svolta a titolo autonomo ai sensi degli articoli 43 e 49 del trattato. (88) La disposizione sulla libera prestazione di servizi non dovrebbe applicarsi nei casi in cui, in conformità del diritto comunitario, un’attività sia riservata in uno Stato membro FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 481 481 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE ad una professione specifica, ad esempio qualora sia previsto l’esercizio esclusivo della consulenza giuridica da parte degli avvocati. (89) La deroga alla disposizione sulla libera prestazione di servizi per quanto riguarda questioni inerenti all’immatricolazione di veicoli presi in leasing in uno Stato membro diverso da quello in cui vengono utilizzati risulta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, la quale ha riconosciuto che uno Stato membro possa assoggettare a tale obbligo, a condizioni commisurate, i veicoli utilizzati sul suo territorio. Tale esclusione non riguarda il noleggio a titolo occasionale o temporaneo. (90) Le relazioni contrattuali tra il prestatore e il cliente nonché tra il datore di lavoro e il dipendente non sono soggette alla presente direttiva. La legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali del prestatore è determinata dalle norme di diritto internazionale privato. (91) Occorre lasciare agli Stati membri la possibilità di assumere nei confronti di un prestatore stabilito in un altro Stato membro, in via eccezionale, misure che derogano alla disposizione sulla libera prestazione di servizi per motivi attinenti alla sicurezza dei servizi. Tuttavia tale possibilità dovrebbe essere utilizzata solo in assenza di un’armonizzazione comunitaria. (92) Le restrizioni alla libera circolazione dei servizi contrarie alla presente direttiva possono scaturire non solo da misure assunte nei confronti dei prestatori, ma anche dai numerosi ostacoli alla fruizione di servizi da parte dei destinatari e in particolare da parte dei consumatori. La presente direttiva cita, a titolo di esempio, determinati tipi di restrizioni applicate ad un destinatario che desidera fruire di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro. Vi figurano altresì le fattispecie in cui i destinatari di un servizio sottostanno all’obbligo di ottenere un’autorizzazione dalle proprie autorità competenti o di presentare una dichiarazione presso di esse per poter fruire di un servizio di un prestatore stabilito in un altro Stato membro. Ciò non riguarda i regimi generali di autorizzazione che si applicano anche alla fruizione di un servizio fornito da un prestatore stabilito nello stesso Stato membro. (93) La nozione di aiuti finanziari previsti per la fruizione di un particolare servizio non dovrebbe applicarsi né ai regimi di aiuti concessi dagli Stati membri, in particolare nel settore sociale o nel settore culturale, che sono contemplati da norme comunitarie in materia di concorrenza, né all’assistenza finanziaria generale non connessa alla fruizione di un particolare servizio, ad esempio le borse di studio o i prestiti a studenti. (94) Conformemente alle disposizioni del trattato in materia di libera circolazione dei servizi, le discriminazioni fondate sulla cittadinanza o sulla residenza, a livello nazionale o locale, del destinatario sono vietate. Tali discriminazioni potrebbero assumere la forma di un obbligo, imposto soltanto ai cittadini di un altro Stato membro, di fornire documenti originali, copie autenticate, un certificato di cittadinanza o traduzioni ufficiali di documenti per poter fruire di un servizio o di condizioni o tariffe più vantaggiose. Tuttavia, il divieto di applicare requisiti discriminatori non dovrebbe ostare a che possano essere riservati a taluni destinatari determinati vantaggi, soprattutto tariffari, se ciò avviene in base a criteri oggettivi e legittimi. (95) Il principio di non discriminazione nel mercato interno implica che l’accesso di un destinatario, in particolare di un consumatore, a un servizio offerto al pubblico non possa 482 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 482 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE essere negato o reso più difficile in base al criterio della nazionalità o del luogo di residenza del destinatario contenuto nelle condizioni generali a disposizione del pubblico. Ciò non impedisce di prevedere, in queste condizioni generali, tariffe e condizioni variabili per la prestazione di un servizio se direttamente giustificate da fattori oggettivi che possono variare da paese a paese, quali i costi supplementari derivanti dalla distanza, le caratteristiche tecniche della prestazione, le diverse condizioni del mercato, come una domanda maggiore o minore influenzata dalla stagionalità, i periodi di ferie diversi negli Stati membri e i prezzi diversi della concorrenza, o i rischi aggiuntivi in relazione a normative diverse da quelle dello Stato membro di stabilimento. Ciò non implica neanche che la mancata prestazione di un servizio ad un consumatore perché non si detengono i diritti di proprietà intellettuale richiesti in un particolare territorio costituisca una discriminazione illegittima. (96) Tra i mezzi con i quali il prestatore può rendere facilmente accessibili al destinatario le informazioni che è tenuto a fornire è opportuno prevedere la comunicazione del suo indirizzo di posta elettronica, compreso il suo sito web. Inoltre, le informazioni che il prestatore ha l’obbligo di rendere disponibili nella documentazione con cui illustra in modo dettagliato i suoi servizi non dovrebbero consistere in comunicazioni commerciali di carattere generale come la pubblicità, ma piuttosto in una descrizione dettagliata dei servizi proposti, anche tramite documenti presentati su un sito web. (97) Occorre prevedere nella presente direttiva delle norme relative all’alta qualità dei servizi, che soddisfino in particolare requisiti di informazione e trasparenza. Tali norme dovrebbero applicarsi sia nel caso di prestazioni di servizi transfrontalieri tra Stati membri, sia nel caso di servizi offerti da un prestatore all’interno dello Stato membro in cui egli è stabilito senza imporre inutili oneri alle piccole e medie imprese. Esse non dovrebbero impedire in nessun caso agli Stati membri di applicare, conformemente alla presente direttiva e ad altre norme comunitarie, requisiti di qualità supplementari o diversi. (98) Gli operatori che prestano servizi che presentano un rischio diretto e particolare per la salute o la sicurezza o un rischio finanziario per il destinatario o terzi dovrebbero in linea di principio essere coperti da un’adeguata assicurazione di responsabilità professionale o da un’altra forma di garanzia equivalente o comparabile; ciò implica, in particolare, che di norma tale operatore dovrebbe avere un’adeguata copertura assicurativa per i servizi che fornisce in uno o più Stati membri diversi dallo Stato membro di stabilimento. (99) L’assicurazione o garanzia dovrebbe essere adeguata alla natura e alla portata del rischio. I prestatori dovrebbero disporre pertanto di una copertura transfrontaliera solo se effettivamente prestano servizi in altri Stati membri. Gli Stati membri non dovrebbero stabilire norme più particolareggiate in materia di copertura assicurativa e fissare ad esempio soglie minime per il capitale assicurato o limiti per le esclusioni dalla copertura assicurativa. I prestatori e le imprese di assicurazione dovrebbero mantenersi flessibili in modo da negoziare polizze assicurative mirate in funzione della natura e della portata esatte del rischio. Inoltre, non è necessario stabilire per legge l’obbligo di contrarre un’assicurazione adeguata. Dovrebbe essere sufficiente che l’obbligo di assicurazione faccia parte delle regole deontologiche stabilite dagli ordini o organismi professionali. Infine, le imprese di assicurazione non dovrebbero essere sottoposte all’obbligo di fornire una copertura assicurativa. (100) Occorre sopprimere i divieti totali in materia di comunicazioni commerciali per le professioni regolamentate, revocando non i divieti relativi al contenuto di una comunica- FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 483 483 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE zione commerciale bensì quei divieti che, in generale e per una determinata professione, proibiscono una o più forme di comunicazione commerciale, ad esempio il divieto assoluto di pubblicità in un determinato o in determinati mezzi di comunicazione. Per quanto riguarda il contenuto e le modalità delle comunicazioni commerciali, occorre incoraggiare gli operatori del settore ad elaborare, nel rispetto del diritto comunitario, codici di condotta a livello comunitario. (101) È necessario ed è nell’interesse dei destinatari, in particolare dei consumatori, assicurare che i prestatori abbiano la possibilità di fornire servizi multidisciplinari e che le restrizioni a questo riguardo siano limitate a quanto necessario per assicurare l’imparzialità nonché l’indipendenza e l’integrità delle professioni regolamentate. Ciò lascia impregiudicati le restrizioni o i divieti relativi all’esercizio di particolari attività intesi ad assicurare l’indipendenza nei casi in cui uno Stato membro affida ad un prestatore un particolare compito, segnatamente nel settore dello sviluppo urbano e non dovrebbe incidere sull’applicazione delle norme in materia di concorrenza. (102) Al fine di migliorare la trasparenza e di favorire valutazioni fondate su criteri comparabili per quanto riguarda la qualità dei servizi offerti e forniti ai destinatari, è importante che le informazioni sul significato dei marchi di qualità e di altri segni distintivi relativi a tali servizi siano facilmente accessibili. L’obbligo di trasparenza riveste particolare importanza in settori quali il turismo, in particolare il settore alberghiero, per i quali il ricorso a sistemi di classificazione è generalizzato. Inoltre, occorre analizzare in che misura la normalizzazione europea può contribuire a favorire la compatibilità e la qualità dei servizi. Le norme europee sono elaborate dagli organismi europei di normalizzazione, ossia il Comitato europeo di normazione (CEN), il Comitato europeo di normalizzazione elettronica (CENELEC) e l’Istituto europeo per le norme di telecomunicazione (ETSI). Se necessario, la Commissione può, conformemente alle procedure previste dalla direttiva 98/ 34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione [20], affidare un mandato per l’elaborazione di specifiche norme europee. (103) Per risolvere potenziali problemi di esecuzione delle decisioni giudiziarie, è opportuno prevedere che gli Stati membri riconoscano garanzie equivalenti costituite presso istituzioni o organismi quali banche, assicuratori o altri prestatori di servizi finanziari stabiliti in un altro Stato membro. (104) Lo sviluppo di una rete di autorità degli Stati membri preposte alla tutela dei consumatori, oggetto del regolamento (CE) n. 2006/2004, è complementare alla cooperazione prevista nella presente direttiva. L’applicazione della legislazione in materia di tutela dei consumatori alle situazioni transfrontaliere, in particolare in relazione alle nuove pratiche di marketing e di vendita, come pure la necessità di eliminare alcuni ostacoli specifici alla cooperazione in questo settore, richiedono un maggior grado di cooperazione fra Stati membri. In questo settore occorre in particolare provvedere affinché gli Stati membri impongano agli operatori di cessare sul loro territorio le pratiche illegali a scapito dei consumatori di un altro Stato membro. (105) La cooperazione amministrativa è essenziale ai fini del corretto funzionamento del mercato interno dei servizi. La mancanza di cooperazione tra gli Stati membri comporta la 484 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 484 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE proliferazione delle norme applicabili ai prestatori o la duplicazione dei controlli sulle attività transfrontaliere e può essere sfruttata da operatori disonesti per evitare le verifiche o eludere le norme nazionali applicabili ai servizi. È dunque essenziale prevedere in capo agli Stati membri obblighi chiari e giuridicamente vincolanti di effettiva cooperazione. (106) Ai fini del capo relativo alla cooperazione amministrativa, con il termine “controllo” si dovrebbe fare riferimento ad attività quali il controllo e l’accertamento dei fatti, la soluzione di problemi, l’esecuzione e l’irrogazione di sanzioni e le successive attività di follow-up. (107) In circostanze normali la mutua assistenza dovrebbe essere attuata direttamente tra le autorità competenti. I punti di contatto designati dagli Stati membri dovrebbero essere chiamati a facilitare tale processo solo se insorgono difficoltà, ad esempio se occorre assistenza per individuare l’autorità competente. (108) Taluni obblighi di mutua assistenza dovrebbero applicarsi a tutte le questioni contemplate dalla presente direttiva, comprese quelle relative ai casi in cui un prestatore si stabilisce in un altro Stato membro. Altri obblighi di mutua assistenza dovrebbero applicarsi soltanto nei casi di prestazione di servizi transfrontalieri nei quali si applica la disposizione sulla libera prestazione di servizi. Un’ulteriore serie di obblighi dovrebbe applicarsi in tutti i casi di prestazione di servizi transfrontalieri, compresi i settori non coperti dalla disposizione sulla libera prestazione di servizi. La prestazione di servizi transfrontalieri dovrebbe comprendere i casi di servizi prestati a distanza e quelli in cui il destinatario si reca nello Stato membro di stabilimento del prestatore per fruire degli stessi. (109) Nel caso dello spostamento del prestatore in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di stabilimento, è opportuno prevedere tra questi due Stati membri un’assistenza reciproca che consenta al primo di procedere a verifiche, ispezioni e indagini su richiesta dello Stato membro di stabilimento o di effettuare di propria iniziativa tali verifiche se si tratta esclusivamente di constatazioni fattuali. (110) Non dovrebbe essere possibile agli Stati membri aggirare le norme stabilite nella presente direttiva, compresa la disposizione sulla libera prestazione di servizi, effettuando controlli, ispezioni o indagini che siano discriminatorie o sproporzionate. (111) Le disposizioni della presente direttiva riguardanti lo scambio di informazioni sull’onorabilità dei prestatori dovrebbero lasciare impregiudicate le iniziative nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, in particolare in materia di scambio di informazioni tra autorità degli Stati membri preposte all’applicazione della legge e di casellari giudiziari. (112) La cooperazione tra Stati membri richiede un sistema elettronico di informazione che funzioni correttamente per consentire alle autorità competenti di individuare agevolmente i loro interlocutori negli altri Stati membri e comunicare in modo efficiente. (113) Occorre disporre che gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, incoraggino le parti interessate ad elaborare codici di condotta a livello comunitario finalizzati, in particolare, a promuovere la qualità dei servizi e tenendo conto delle caratteristiche specifiche di ciascuna professione. I codici di condotta devono rispettare il diritto comunitario e in particolare il diritto della concorrenza. Essi non dovrebbero essere incompatibili con le norme di deontologia professionale giuridicamente vincolanti negli Stati membri. FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 485 485 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE (114) Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare l’elaborazione di codici di condotta a livello comunitario, specialmente da parte di ordini, organismi o associazioni professionali. Tali codici di condotta dovrebbero includere, a seconda della natura specifica di ogni professione, norme per le comunicazioni commerciali relative alle professioni regolamentate e norme deontologiche delle professioni regolamentate intese a garantire l’indipendenza, l’imparzialità e il segreto professionale. Dovrebbero inoltre essere inserite in tali codici di condotta le condizioni cui sono soggette le attività degli agenti immobiliari. Gli Stati membri dovrebbero adottare misure di accompagnamento per incoraggiare gli ordini, gli organismi e le associazioni professionali ad applicare a livello nazionale questi codici di condotta adottati a livello comunitario. (115) I codici di condotta a livello comunitario hanno lo scopo di fissare regole di condotta minime sono complementari ai requisiti di legge degli Stati membri. Essi non ostano, in conformità del diritto comunitario, a che gli Stati membri adottino con legge misure più rigorose, ovvero a che gli organismi o ordini professionali nazionali prevedano una maggiore tutela nei rispettivi codici nazionali di condotta. (116) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire la soppressione degli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera prestazione dei servizi fra Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni dell’azione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (117) Le misure necessarie per l’attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione [21], (118) Conformemente al paragrafo 34 dell’accordo interistituzionale “Legiferare meglio” [22], gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la direttiva e i provvedimenti di recepimento, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi. 2. La presente direttiva non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi. 3. La presente direttiva non riguarda né l’abolizione di monopoli che forniscono servizi 486 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 486 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE né gli aiuti concessi dagli Stati membri cui si applicano le regole comunitarie di concorrenza. La presente direttiva lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti. 4. La presente direttiva non pregiudica le misure adottate a livello comunitario o nazionale, in conformità del diritto comunitario, volte a tutelare o a promuovere la diversità culturale o linguistica o il pluralismo dei media. 5. La presente direttiva non incide sulla normativa degli Stati membri in materia di diritto penale. Tuttavia gli Stati membri non possono limitare la libertà di fornire servizi applicando disposizioni di diritto penale che disciplinano specificamente o influenzano l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della stessa, aggirando le norme stabilite nella presente direttiva. 6. La presente direttiva non pregiudica la legislazione del lavoro, segnatamente le disposizioni giuridiche o contrattuali che disciplinano le condizioni di occupazione, le condizioni di lavoro, compresa la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, e il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori, che gli Stati membri applicano in conformità del diritto nazionale che rispetta il diritto comunitario. Parimenti, la presente direttiva non incide sulla normativa degli Stati membri in materia di sicurezza sociale. 7. La presente direttiva non pregiudica l’esercizio dei diritti fondamentali quali riconosciuti dagli Stati membri e dal diritto comunitario, né il diritto di negoziare, concludere ed eseguire accordi collettivi e di intraprendere azioni sindacali in conformità del diritto e delle prassi nazionali che rispettano il diritto comunitario. Articolo 2 Campo di applicazione 1. La presente direttiva si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro. 2. La presente direttiva non si applica alle attività seguenti: a) i servizi non economici d’interesse generale; b) i servizi finanziari quali l’attività bancaria, il credito, l’assicurazione e la riassicurazione, le pensioni professionali o individuali, i titoli, gli investimenti, i fondi, i servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti, compresi i servizi di cui all’allegato I della direttiva 2006/48/CE; c) i servizi e le reti di comunicazione elettronica nonché le risorse e i servizi associati in relazione alle materie disciplinate dalle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/CE e 2002/58/CE; d) i servizi nel settore dei trasporti, ivi compresi i servizi portuali, che rientrano nell’ambito di applicazione del titolo V del trattato CE; e) i servizi delle agenzie di lavoro interinale; f) i servizi sanitari, indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata; g) i servizi audiovisivi, ivi compresi i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 487 487 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE produzione, distribuzione e trasmissione, e i servizi radiofonici; h) le attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, comprese le lotterie, i giochi d’azzardo nei casinò e le scommesse; i) le attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri di cui all’articolo 45 del trattato; j) i servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all’infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato; k) i servizi privati di sicurezza; l) i servizi forniti da notai e ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione. 3. La presente direttiva non si applica al settore fiscale. Articolo 3 Relazione con le altre disposizioni del diritto comunitario 1. Se disposizioni della presente direttiva confliggono con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche. Tra tali atti comunitari rientrano: a) la direttiva 96/71/CE; b) il regolamento (CEE) n. 1408/71; c) la direttiva 89/552/CEE del Consiglio del 3 ottobre 1989 relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive [23]; d) la direttiva 2005/36/CE. 2. La presente direttiva non riguarda le norme di diritto internazionale privato, in particolare quelle che disciplinano la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali, ivi comprese quelle che garantiscono che i consumatori beneficeranno della tutela riconosciuta loro dalla normativa sulla protezione dei consumatori vigente nel loro Stato membro. 3. Gli Stati membri applicano le disposizioni della presente direttiva nel rispetto delle norme del trattato che disciplinano il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei servizi. Articolo 4 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) “servizio”: qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 50 del trattato fornita normalmente dietro retribuzione; 2) “prestatore”: qualsiasi persona fisica, avente la cittadinanza di uno Stato membro, o qualsiasi persona giuridica di cui all’articolo 48 del trattato, stabilita in uno Stato membro, che offre o fornisce un servizio; 3) “destinatario”: qualsiasi persona fisica che sia cittadino di uno Stato membro o che 488 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 488 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE goda di diritti conferitile da atti comunitari o qualsiasi persona giuridica, di cui all’articolo 48 del trattato, stabilita in uno Stato membro che, a scopo professionale o per altri scopi, fruisce o intende fruire di un servizio; 4) “Stato membro di stabilimento”: lo Stato membro nel cui territorio è stabilito il prestatore del servizio considerato; 5) “stabilimento”: l’esercizio effettivo di un’attività economica di cui all’articolo 43 del trattato a tempo indeterminato da parte del prestatore, con un’infrastruttura stabile a partire dalla quale viene effettivamente svolta l’attività di prestazione di servizi; 6) “regime di autorizzazione”: qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio; 7) “requisito”: qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative, dalle regole degli organismi e ordini professionali o dalle regole collettive di associazioni o organizzazioni professionali adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica; le norme stabilite dai contratti collettivi negoziati dalle parti sociali non sono considerate di per sé come requisiti ai sensi della presente direttiva; 8) “motivi imperativi d’interesse generale”: motivi riconosciuti come tali dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, tra i quali: l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale; 9) “autorità competente”: qualsiasi organo o qualsiasi istituzione responsabile, in uno Stato membro, del controllo o della disciplina delle attività di servizi, in particolare le autorità amministrative, ivi compresi gli organi giurisdizionali che agiscono in tale veste, gli ordini professionali e le associazioni o organismi professionali che, nell’ambito della propria autonomia giuridica, disciplinano collettivamente l’accesso alle attività di servizi o il loro esercizio; 10) “Stato membro nel quale è prestato il servizio”: lo Stato membro in cui il servizio è fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro; 11) “professione regolamentata”: un’attività professionale o un insieme di attività professionali ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/36/CE; 12) “comunicazione commerciale”: qualsiasi forma di comunicazione destinata a promuovere, direttamente o indirettamente, beni, servizi, o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di una persona che svolge un’attività commerciale, industriale o artigianale o che esercita una professione regolamentata. Non costituiscono, di per sé, comunicazioni commerciali le informazioni seguenti: a) le informazioni che permettono l’accesso diretto all’attività dell’impresa, dell’organizzazione o della persona, in particolare un nome di dominio o un indirizzo di posta elettronica, b) le comunicazioni relative ai beni, ai servizi o all’immagine dell’impresa, dell’organiz- FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 489 489 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE zazione o della persona elaborate in modo indipendente, in particolare se fornite in assenza di un corrispettivo economico. CAPO II SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA Articolo 5 Semplificazione delle procedure 1. Gli Stati membri esaminano le procedure e le formalità relative all’accesso ad un’attività di servizi ed al suo esercizio. Laddove le procedure e formalità esaminate ai sensi del presente paragrafo non sono sufficientemente semplici, gli Stati membri le semplificano. 2. La Commissione può stabilire formulari armonizzati a livello comunitario conformemente alla procedura di cui all’articolo 40, paragrafo 2. Tali formulari sono equivalenti ai certificati, agli attestati e a tutti gli altri documenti richiesti ai prestatori. 3. Gli Stati membri che chiedono ad un prestatore o ad un destinatario di fornire un certificato, un attestato o qualsiasi altro documento comprovante il rispetto di un particolare requisito, accettano i documenti rilasciati da un altro Stato membro che abbiano finalità equivalenti o dai quali risulti che il requisito in questione è rispettato. Essi non impongono la presentazione di documenti rilasciati da un altro Stato membro sotto forma di originale, di copia conforme o di traduzione autenticata salvo i casi previsti da altre norme comunitarie o salvo le eccezioni giustificate da motivi imperativi d’interesse generale, fra cui l’ordine pubblico e la sicurezza. Il primo comma non pregiudica il diritto degli Stati membri di richiedere traduzioni non autenticate di documenti in una delle loro lingue ufficiali. 4. Il paragrafo 3 non si applica ai documenti cui fanno riferimento l’articolo 7, paragrafo 2 e l’articolo 50 della direttiva 2005/36/CE, gli articoli 45, paragrafo 3, 46, 49 e 50 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi [24], l’articolo 3, paragrafo 2 della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 1998 volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica [25], la direttiva 68/151/CEE del Consiglio del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste negli Stati membri alle società a monte dell’articolo 58, secondo comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi [26] e la undicesima direttiva 89/666/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989 relativa alla pubblicità delle succursali create in uno Stato membro da taluni tipi di società soggette al diritto di un altro Stato [27]. Articolo 6 Sportello unico 1. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori possano espletare le procedure e le formalità seguenti, mediante i punti di contatto denominati sportelli unici: a) tutte le procedure e le formalità necessarie per poter svolgere le sue attività di servizi, in particolare le dichiarazioni, notifiche o istanze necessarie ad ottenere l’autorizzazione 490 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 490 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE delle autorità competenti, ivi comprese le domande di inserimento in registri, ruoli, banche dati, o di iscrizione ad organismi o ordini ovvero associazioni professionali; b) le domande di autorizzazione necessarie all’esercizio delle sue attività di servizi. 2. L’istituzione degli sportelli unici non pregiudica la ripartizione di funzioni e competenze tra le autorità all’interno dei sistemi nazionali. Articolo 7 Diritto all’informazione 1. Gli Stati membri provvedono affinché per il tramite degli sportelli unici i prestatori e i destinatari possano agevolmente prendere conoscenza delle informazioni seguenti: a) i requisiti applicabili ai prestatori stabiliti sul territorio di uno Stato membro, in particolare quelli relativi alle procedure e alle formalità da espletare per accedere alle attività di servizi ed esercitarle; b) i dati necessari per entrare direttamente in contatto con le autorità competenti, compresi quelli delle autorità competenti in materia di esercizio delle attività di servizi; c) i mezzi e le condizioni di accesso alle banche dati e ai registri pubblici relativi ai prestatori ed ai servizi; d) i mezzi di ricorso esistenti in genere in caso di controversie tra le autorità competenti ed il prestatore o il destinatario, o tra un prestatore ed un destinatario, o tra prestatori; e) i dati di associazioni o organizzazioni diverse dalle autorità competenti presso le quali i prestatori o i destinatari possono ottenere assistenza pratica. 2. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori e i destinatari possano beneficiare, su richiesta, dell’assistenza delle autorità competenti, che consiste nel fornire informazioni sul modo in cui i requisiti di cui al paragrafo 1, lettera a), vengono generalmente interpretati ed applicati. Ove opportuno, tale assistenza include una semplice guida esplicativa. L’informazione è fornita in un linguaggio semplice e comprensibile. 3. Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni e l’assistenza di cui ai paragrafi 1 e 2 siano fornite in modo chiaro e non ambiguo, siano facilmente accessibili a distanza e per via elettronica e siano aggiornate. 4. Gli Stati membri provvedono affinché gli sportelli unici e le autorità competenti rispondano con la massima sollecitudine alle domande di informazioni o alle richieste di assistenza di cui ai paragrafi 1 e 2 e, in caso di richiesta irregolare o infondata, ne informino senza indugio il richiedente. 5. Gli Stati membri e la Commissione adottano misure di accompagnamento volte ad incoraggiare gli sportelli unici a rendere accessibili le informazioni di cui al presente articolo in altre lingue comunitarie. Ciò non pregiudica la legislazione degli Stati membri in materia di impiego delle lingue. 6. L’obbligo, per le autorità competenti, di assistere i prestatori e i destinatari non impone a tali autorità di prestare consulenza legale in singoli casi ma riguarda soltanto un’informazione generale sul modo in cui i requisiti sono di norma interpretati e applicati. Articolo 8 Procedure per via elettronica 1. Gli Stati membri provvedono affinché le procedure e le formalità relative all’accesso FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 491 491 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE ad un’attività di servizio e al suo esercizio possano essere espletate con facilità, a distanza e per via elettronica, mediante lo sportello unico e le autorità competenti. 2. Il paragrafo 1 non riguarda i controlli del luogo in cui il servizio è prestato o delle attrezzature utilizzate dal prestatore, o l’esame fisico dell’idoneità o dell’integrità personale di quest’ultimo o del suo personale responsabile. 3. La Commissione adotta, secondo la procedura di cui all’articolo 40, paragrafo 2, le modalità d’applicazione del paragrafo 1 del presente articolo al fine di agevolare l’interoperabilità dei sistemi di informazione e l’uso di procedure per via elettronica fra Stati membri, tenendo conto di standard comuni stabiliti a livello comunitario. CAPO III LIBERTÀ DI STABILIMENTO DEI PRESTATORI SEZIONE 1 Autorizzazioni Articolo 9 Regimi di autorizzazione 1. Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti: a) il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore; b) la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale; c) l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia. 2. Nella relazione prevista all’articolo 39, paragrafo 1, gli Stati membri indicano i propri regimi di autorizzazione e ne motivano la conformità al paragrafo 1 del presente articolo. 3. Le disposizioni della presente sezione non si applicano agli aspetti dei regimi di autorizzazione che sono disciplinati direttamente o indirettamente da altri strumenti comunitari. Articolo 10 Condizioni di rilascio dell’autorizzazione 1. I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario. 2. I criteri di cui al paragrafo 1 devono essere: a) non discriminatori; b) giustificati da un motivo imperativo di interesse generale; c) commisurati all’obiettivo di interesse generale; d) chiari e inequivocabili; e) oggettivi; f) resi pubblici preventivamente; g) trasparenti e accessibili. 492 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 492 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE 3. Le condizioni di rilascio dell’autorizzazione relativa ad un nuovo stabilimento non rappresentano un doppione di requisiti e controlli equivalenti o sostanzialmente comparabili, quanto a finalità, a quelli ai quali il prestatore è già assoggettato in un altro Stato membro o nello stesso Stato membro. I punti di contatto di cui all’articolo 28, paragrafo 2 e il prestatore assistono l’autorità competente fornendo le informazioni necessarie in merito a questi requisiti. 4. L’autorizzazione permette al prestatore di accedere all’attività di servizi o di esercitarla su tutto il territorio nazionale, anche mediante l’apertura di rappresentanze, succursali, filiali o uffici, tranne nei casi in cui la necessità di un’autorizzazione specifica o di una limitazione dell’autorizzazione ad una determinata parte del territorio per ogni stabilimento sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale. 5. L’autorizzazione è concessa non appena da un adeguato esame risulti che le condizioni stabilite per ottenere l’autorizzazione sono soddisfatte. 6. Salvo nel caso del rilascio di un’autorizzazione, qualsiasi decisione delle autorità competenti, ivi compreso il diniego o il ritiro di un’autorizzazione deve essere motivata, e poter essere oggetto di un ricorso dinanzi a un tribunale o ad un’altra istanza di appello. 7. Il presente articolo non mette in discussione la ripartizione di competenze, a livello locale o regionale, delle autorità degli Stati membri che concedono tale autorizzazione. Articolo 11 Durata di validità dell’autorizzazione 1. L’autorizzazione rilasciata al prestatore non ha durata limitata, ad eccezione dei casi seguenti: a) l’autorizzazione prevede il rinnovo automatico o è esclusivamente soggetta al costante rispetto dei requisiti; b) il numero di autorizzazioni disponibili è limitato da un motivo imperativo di interesse generale; c) una durata limitata è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale. 2. Il paragrafo 1 non riguarda il termine massimo entro il quale il prestatore deve effettivamente cominciare la sua attività dopo aver ricevuto l’autorizzazione. 3. Gli Stati membri assoggettano un prestatore all’obbligo di informare lo sportello unico competente di cui all’articolo 6 dei seguenti cambiamenti: a) l’apertura di filiali le cui attività rientrano nel campo di applicazione del regime di autorizzazione; b) i cambiamenti della sua situazione che comportino il venir meno del rispetto delle condizioni di autorizzazione. 4. Il presente articolo non pregiudica la facoltà degli Stati membri di revocare le autorizzazioni qualora non siano più rispettate le condizioni di autorizzazione. Articolo 12 Selezione tra diversi candidati 1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 493 493 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. 2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami. 3. Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d’interesse generale conformi al diritto comunitario. Articolo 13 Procedure di autorizzazione 1. Le procedure e le formalità di autorizzazione devono essere chiare, rese pubbliche preventivamente e tali da garantire ai richiedenti che la loro domanda sarà trattata con obiettività e imparzialità. 2. Le procedure e le formalità di autorizzazione non sono dissuasive e non complicano o ritardano indebitamente la prestazione del servizio. Esse devono essere facilmente accessibili e gli oneri che ne possono derivare per i richiedenti devono essere ragionevoli e commisurati ai costi delle procedure di autorizzazione e non essere superiori ai costi delle procedure. 3. Le procedure e le formalità di autorizzazione sono tali da garantire ai richiedenti che la loro domanda sia trattata con la massima sollecitudine e, in ogni modo, entro un termine di risposta ragionevole prestabilito e reso pubblico preventivamente. Il termine decorre solo dal momento in cui viene presentata tutta la documentazione. Qualora giustificato dalla complessità della questione il termine può essere prorogato una volta dall’autorità competente per un periodo limitato La proroga e la sua durata deve essere debitamente motivata e notificata al richiedente prima della scadenza del periodo iniziale. 4. In mancanza di risposta entro il termine stabilito o prorogato conformemente al paragrafo 3 l’autorizzazione si considera rilasciata. Può tuttavia essere previsto un regime diverso se giustificato da un motivo imperativo di interesse generale, incluso un interesse legittimo di terzi. 5. Ogni domanda di autorizzazione è oggetto di una ricevuta inviata con la massima sollecitudine. La ricevuta deve contenere le informazioni seguenti: a) il termine di cui al paragrafo 3; b) i mezzi di ricorso previsti; c) laddove applicabile, la menzione che, in mancanza di risposta entro il termine previsto, l’autorizzazione è considerata come concessa. 6. Qualora la domanda sia incompleta, i richiedenti sono informati quanto prima della necessità di presentare ulteriori documenti, nonché degli eventuali effetti sul termine di risposta di cui al paragrafo 3. 7. Qualora una domanda sia respinta in quanto non rispetta le procedure o le formalità necessarie, i richiedenti devono esserne informati il più presto possibile. 494 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 494 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE SEZIONE 2 Requisiti vietati o soggetti a valutazione Articolo 14 Requisiti vietati Gli Stati membri non subordinano l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio al rispetto dei requisiti seguenti: 1) requisiti discriminatori fondati direttamente o indirettamente sulla cittadinanza o, per quanto riguarda le società, sull’ubicazione della sede legale, in particolare: a) il requisito della cittadinanza per il prestatore, il suo personale, i detentori di capitale sociale o i membri degli organi di direzione e vigilanza; b) il requisito della residenza sul loro territorio per il prestatore, il suo personale, i detentori di capitale sociale o i membri degli organi di direzione e vigilanza; 2) il divieto di avere stabilimenti in più di uno Stato membro o di essere iscritti nei registri o ruoli di organismi, ordini o associazioni professionali di diversi Stati membri; 3) restrizioni della libertà, per il prestatore, di scegliere tra essere stabilito a titolo principale o secondario, in particolare l’obbligo per il prestatore, di avere lo stabilimento principale sul loro territorio o restrizioni alla libertà di scegliere tra essere stabilito in forma di rappresentanza, succursale o filiale; 4) condizioni di reciprocità con lo Stato membro nel quale il prestatore ha già uno stabilimento, salvo quelle previste in atti comunitari riguardanti l’energia; 5) l’applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che subordina il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività o alla valutazione dell’adeguatezza dell’attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente; tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale; 6) il coinvolgimento diretto o indiretto di operatori concorrenti, anche in seno agli organi consultivi, ai fini del rilascio di autorizzazioni o ai fini dell’adozione di altre decisioni delle autorità competenti, ad eccezione degli organismi o ordini e delle associazioni professionali o di altre organizzazioni che agiscono in qualità di autorità competente; tale divieto non riguarda la consultazione di organismi quali le camere di commercio o le parti sociali su questioni diverse dalle singole domande di autorizzazione né la consultazione del grande pubblico; 7) l’obbligo di presentare, individualmente o con altri, una garanzia finanziaria o di sottoscrivere un’assicurazione presso un prestatore o presso un organismo stabilito sul territorio degli Stati membri in questione. Ciò non pregiudica la facoltà, per gli Stati membri, di esigere un’assicurazione o garanzie finanziarie in quanto tali come pure i requisiti relativi alla partecipazione a un fondo collettivo di indennizzo, ad esempio per i membri di organismi o ordini o di organizzazioni professionali; 8) l’obbligo di essere già stato iscritto per un determinato periodo nei registri degli Stati membri in questione o di aver in precedenza esercitato l’attività sul loro territorio per un determinato periodo. FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 495 495 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Articolo 15 Requisiti da valutare 1. Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico prevede i requisiti di cui al paragrafo 2 e provvedono affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3. Gli Stati membri adattano le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle conformi a tali condizioni. 2. Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti: a) restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori; b) requisiti che impongono al prestatore di avere un determinato statuto giuridico; c) obblighi relativi alla detenzione del capitale di una società; d) requisiti diversi da quelli relativi alle questioni disciplinate dalla direttiva 2005/36/CE o da quelli previsti in altre norme comunitarie, che riservano l’accesso alle attività di servizi in questione a prestatori particolari a motivo della natura specifica dell’attività; e) il divieto di disporre di più stabilimenti sullo stesso territorio nazionale; f) requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti; g) tariffe obbligatorie minime e/o massime che il prestatore deve rispettare; h) l’obbligo per il prestatore di fornire, insieme al suo servizio, altri servizi specifici. 3. Gli Stati membri verificano che i requisiti di cui al paragrafo 2 soddisfino le condizioni seguenti: a) non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale; b) necessità: i requisiti sono giustificati da un motivo imperativo di interesse generale; c) proporzionalità: i requisiti devono essere tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito; essi non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo; inoltre non deve essere possibile sostituire questi requisiti con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato. 4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano alla legislazione riguardante i servizi d’interesse economico generale solo in quanto la loro applicazione non osti all’adempimento, in linea di diritto o di fatto, della specifica missione loro affidata. 5. Nella relazione di valutazione reciproca di cui all’articolo 39, paragrafo 1, gli Stati membri precisano quanto segue: a) i requisiti che intendono mantenere e le ragioni per le quali ritengono che tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3; b) i requisiti che sono stati soppressi o attenuati. 6. A decorrere dal 28 dicembre 2006 gli Stati membri possono introdurre nuovi requisiti quali quelli indicati al paragrafo 2 soltanto quando essi sono conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3. 7. Gli Stati membri notificano alla Commissione, in fase di progetto, le nuove disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedono i requisiti di cui al paragrafo 6, specificandone le motivazioni. La Commissione comunica tali disposizioni agli altri Stati membri. La notifica non osta a che gli Stati membri adottino le disposizioni in questione. 496 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 496 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Entro un termine di tre mesi a decorrere dalla notifica, la Commissione esamina la compatibilità di queste nuove disposizioni con il diritto comunitario e adotta, all’occorrenza, una decisione per chiedere allo Stato membro interessato di astenersi dall’adottarle o di sopprimerle. Con la notifica di un progetto di disposizione di diritto interno ai sensi della direttiva 98/ 34/CE si soddisfa al tempo stesso l’obbligo di notifica previsto dalla presente direttiva. CAPO IV LIBERA CIRCOLAZIONE DEI SERVIZI SEZIONE 1 Libera prestazione di servizi e deroghe relative Articolo 16 Libera prestazione di servizi 1. Gli Stati membri rispettano il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti. Lo Stato membro in cui il servizio viene prestato assicura il libero accesso a un’attività di servizi e il libero esercizio della medesima sul proprio territorio. Gli Stati membri non possono subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti principi: a) non discriminazione: i requisiti non possono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o, nel caso di persone giuridiche, della sede, b) necessità: i requisiti devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’ambiente, c) proporzionalità: i requisiti sono tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo. 2. Gli Stati membri non possono restringere la libera circolazione dei servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, in particolare, imponendo i requisiti seguenti: a) l’obbligo per il prestatore di essere stabilito sul loro territorio; b) l’obbligo per il prestatore di ottenere un’autorizzazione dalle autorità competenti, compresa l’iscrizione in un registro o a un ordine professionale sul loro territorio, salvo i casi previsti dalla presente direttiva o da altri strumenti di diritto comunitario; c) il divieto imposto al prestatore di dotarsi sul loro territorio di una determinata forma o tipo di infrastruttura, inclusi uffici o uno studio, necessaria all’esecuzione delle prestazioni in questione; d) l’applicazione di un regime contrattuale particolare tra il prestatore e il destinatario che impedisca o limiti la prestazione di servizi a titolo indipendente; e) l’obbligo per il prestatore di essere in possesso di un documento di identità specifico per l’esercizio di un’attività di servizi rilasciato dalle loro autorità competenti; f) i requisiti, a eccezione di quelli in materia di salute e di sicurezza sul posto di lavoro, relativi all’uso di attrezzature e di materiali che costituiscono parte integrante della prestazione del servizio; g) le restrizioni alla libera circolazione dei servizi di cui all’articolo 19. 3. Allo Stato membro in cui il prestatore si reca non può essere impedito di imporre FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 497 497 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE requisiti relativi alla prestazione di un’attività di servizi qualora siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o tutela dell’ambiente, e in conformità del paragrafo 1. Allo stesso modo, a quello Stato membro non può essere impedito di applicare, conformemente al diritto comunitario, le proprie norme in materia di condizioni di occupazione, comprese le norme che figurano negli accordi collettivi. 4. Entro il 28 dicembre 2011 e previa consultazione degli Stati membri e delle parti sociali a livello comunitario, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente articolo, in cui esamina la necessità di proporre misure di armonizzazione per le attività di servizi che rientrano nel campo d’applicazione della presente direttiva. Articolo 17 Ulteriori deroghe alla libera prestazione di servizi L’articolo 16 non si applica: 1) ai servizi di interesse economico generale forniti in un altro Stato membro, fra cui: a) nel settore postale, i servizi contemplati dalla direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio [28]; b) nel settore dell’energia elettrica, i servizi contemplati dalla direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003 relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica [29]; c) nel settore del gas, i servizi contemplati dalla direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003 relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale [30]; d) i servizi di distribuzione e fornitura idriche e i servizi di gestione delle acque reflue; e) il trattamento dei rifiuti; 2) alle materie disciplinate dalla direttiva 96/71/CE; 3) alle materie disciplinate dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati [31]; 4) alle materie disciplinate dalla direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati [32]; 5) alle attività di recupero giudiziario dei crediti; 6) alle materie disciplinate dal titolo II della direttiva 2005/36/CE, compresi i requisiti negli Stati membri dove il servizio è prestato che riservano un’attività ad una particolare professione; 7) alle materie disciplinate dal regolamento (CEE) 1408/71; 8) per quanto riguarda le formalità amministrative relative alla libera circolazione delle persone ed alla loro residenza, alle questioni disciplinate dalle disposizioni della direttiva 2004/38/CE, che stabiliscono le formalità amministrative a carico dei beneficiari da espletare presso le autorità competenti dello Stato membro in cui è prestato il servizio; 9) per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi che si spostano in un altro Stato membro nell’ambito di una prestazione di servizi, alla possibilità per gli Stati membri di imporre 498 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 498 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE l’obbligo di un visto o di un permesso di soggiorno ai cittadini di paesi terzi che non godono del regime di riconoscimento reciproco di cui all’articolo 21 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni [33], o alla possibilità di imporre ai cittadini di paesi terzi l’obbligo di presentarsi alle autorità competenti dello Stato membro in cui è prestato il servizio al momento del loro ingresso o successivamente; 10) per quanto riguarda le spedizioni di rifiuti, le materie disciplinate dal regolamento (CEE) n. 259/93 del Consiglio, del 1o febbraio 1993, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio [34]; 11) ai diritti d’autore e diritti connessi, ai diritti di cui alla direttiva 87/54/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1986, sulla tutela giuridica delle topografie di prodotti a semiconduttori [35] e alla direttiva 96/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’ 11 marzo 1996 relativa alla tutela giuridica delle banche di dati [36] nonché ai diritti di proprietà industriale; 12) agli atti per i quali la legge richiede l’intervento di un notaio; 13) alle materie disciplinate dalla direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati [37]; 14) all’immatricolazione dei veicoli presi in leasing in un altro Stato membro; 15) alle disposizioni riguardanti obblighi contrattuali e non contrattuali, compresa la forma dei contratti, determinate in virtù delle norme di diritto internazionale privato. Articolo 18 Deroghe per casi individuali 1. In deroga all’articolo 16 e a titolo eccezionale, uno Stato membro può prendere nei confronti di un prestatore stabilito in un altro Stato membro misure relative alla sicurezza dei servizi. 2. Le misure di cui al paragrafo 1 possono essere assunte esclusivamente nel rispetto della procedura di mutua assistenza prevista all’articolo 35 e se sono soddisfatte le condizioni seguenti: a) le disposizioni nazionali a norma delle quali sono assunte le misure non hanno fatto oggetto di un’armonizzazione comunitaria riguardante il settore della sicurezza dei servizi; b) le misure proteggono maggiormente il destinatario rispetto a quelle che adotterebbe lo Stato membro di stabilimento in conformità delle sue disposizioni nazionali; c) lo Stato membro di stabilimento non ha adottato alcuna misura o ha adottato misure insufficienti rispetto a quelle di cui all’articolo 35, paragrafo 2; d) le misure sono proporzionate. 3. I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicate le disposizioni che garantiscono la libertà di prestazione dei servizi o che permettono deroghe a detta libertà, previste in atti comunitari. FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 499 499 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE SEZIONE 2 Diritti dei destinatari di servizi Articolo 19 Restrizioni vietate Gli Stati membri non possono imporre al destinatario requisiti che limitano l’utilizzazione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, in particolare i requisiti seguenti: a) l’obbligo di ottenere un’autorizzazione dalle loro autorità competenti o quello di presentare una dichiarazione presso di esse; b) limiti discriminatori alla concessione di aiuti finanziari a causa del fatto che il prestatore è stabilito in un altro Stato membro o in ragione del luogo in cui il servizio è prestato. Articolo 20 Non discriminazione 1. Gli Stati membri provvedono affinché al destinatario non vengano imposti requisiti discriminatori fondati sulla sua nazionalità o sul suo luogo di residenza. 2. Gli Stati membri provvedono affinché le condizioni generali di accesso a un servizio che il prestatore mette a disposizione del grande pubblico non contengano condizioni discriminatorie basate sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario, ferma restando la possibilità di prevedere condizioni d’accesso differenti allorché queste sono direttamente giustificate da criteri oggettivi. Articolo 21 Assistenza ai destinatari 1. Gli Stati membri provvedono affinché i destinatari possano ottenere nello Stato membro in cui risiedono le seguenti informazioni: a) informazioni generali sui requisiti applicati negli altri Stati membri in materia di accesso alle attività di servizi e al loro esercizio, in particolare quelli connessi con la tutela dei consumatori; b) informazioni generali sui mezzi di ricorso esperibili in caso di controversia tra un prestatore e un destinatario; c) i dati delle associazioni o organizzazioni, compresi gli sportelli della rete dei centri europei dei consumatori, presso le quali i prestatori o i destinatari possono ottenere assistenza pratica. Se del caso, la consulenza delle autorità competenti include una semplice guida esplicativa. Le informazioni e l’assistenza sono fornite in modo chiaro e univoco, sono facilmente accessibili a distanza anche per via elettronica e sono tenute aggiornate. 2. Gli Stati membri possono affidare il compito di cui al paragrafo 1 agli sportelli unici o ad altri organismi quali i punti di contatto della rete dei centri europei dei consumatori, le associazioni di consumatori o i centri Euro Info. Gli Stati membri comunicano i nomi e gli indirizzi degli organismi designati alla Commissione, che li trasmette a tutti gli Stati membri. 500 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 500 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE 3. In ottemperanza delle disposizioni dei paragrafi 1 e 2, l’organismo interpellato dal destinatario si rivolge, se necessario, all’organismo pertinente dello Stato membro interessato. Quest’ultimo comunica con la massima sollecitudine le informazioni richieste all’organismo richiedente, che le trasmette al destinatario. Gli Stati membri provvedono affinché tali organismi si assistano reciprocamente e si adoperino per instaurare forme efficaci di cooperazione. Gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, adottano le modalità pratiche necessarie all’attuazione del paragrafo 1. 4. La Commissione adotta, conformemente alla procedura di cui all’articolo 40, paragrafo 2, le misure d’applicazione dei paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo, precisando le modalità tecniche degli scambi di informazioni fra organismi di Stati membri diversi e, in particolare, l’interoperabilità dei sistemi di informazione, tenendo conto delle norme comuni. CAPO V QUALITÀ DEI SERVIZI Articolo 22 Informazioni sui prestatori e sui loro servizi 1. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori mettano a disposizione del destinatario le informazioni seguenti: a) il nome del prestatore, il suo status e forma giuridica, l’indirizzo postale al quale il prestatore è stabilito e tutti i dati necessari per entrare rapidamente in contatto e comunicare con il prestatore direttamente e, se del caso, per via elettronica; b) ove il prestatore sia iscritto in un registro commerciale o altro registro pubblico analogo, la denominazione di tale registro ed il numero di immatricolazione del prestatore o mezzi equivalenti atti ad identificarlo in tale registro; c) ove l’attività sia assoggettata ad un regime di autorizzazione, i dati dell’autorità competente o dello sportello unico; d) ove il prestatore eserciti un’attività soggetta all’IVA, il numero di identificazione di cui all’articolo 22, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme [38]; e) per quanto riguarda le professioni regolamentate, gli ordini professionali o gli organismi affini presso i quali il prestatore è iscritto, la qualifica professionale e lo Stato membro nel quale è stata acquisita; f) le eventuali clausole e condizioni generali applicate dal prestatore; g) l’esistenza di eventuali clausole contrattuali utilizzate dal prestatore relative alla legge applicabile al contratto e/o alla giurisdizione competente; h) l’esistenza di un’eventuale garanzia post vendita, non imposta dalla legge; i) il prezzo del servizio, laddove esso è predefinito dal prestatore per un determinato tipo di servizio; j) le principali caratteristiche del servizio, se non già apparenti dal contesto; k) l’assicurazione o le garanzie di cui all’articolo 23, paragrafo 1, in particolare il nome FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 501 501 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE e l’indirizzo dell’assicuratore o del garante e la copertura geografica. 2. Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni di cui al paragrafo 1, a scelta del prestatore: a) siano comunicate dal prestatore di propria iniziativa; b) siano facilmente accessibili al destinatario sul luogo della prestazione del servizio o di stipula del contratto; c) siano facilmente accessibili al destinatario per via elettronica tramite un indirizzo comunicato dal prestatore; d) figurino in tutti i documenti informativi che il prestatore fornisce al destinatario per presentare dettagliatamente il servizio offerto. 3. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori, su richiesta del destinatario, comunichino le seguenti informazioni supplementari: a) ove non vi sia un prezzo predefinito dal prestatore per un determinato tipo di servizio, il costo del servizio o, se non è possibile indicare un prezzo esatto, il metodo di calcolo del prezzo per permettere al destinatario di verificarlo, o un preventivo sufficientemente dettagliato; b) per quanto riguarda le professioni regolamentate, un riferimento alle regole professionali in vigore nello Stato membro di stabilimento e ai mezzi per prenderne visione; c) informazioni sulle loro attività multidisciplinari e sulle associazioni che sono direttamente collegate al servizio in questione, nonché sulle misure assunte per evitare conflitti di interesse. Dette informazioni sono inserite in ogni documento informativo nel quale i prestatori danno una descrizione dettagliata dei loro servizi; d) gli eventuali codici di condotta ai quali il prestatore è assoggettato, nonché l’indirizzo al quale tali codici possono essere consultati per via elettronica, con un’indicazione delle versioni linguistiche disponibili; e) se un prestatore è assoggettato a un codice di condotta o è membro di un’associazione commerciale o di un organismo o ordine professionale che prevede il ricorso ad un meccanismo extragiudiziale di risoluzione delle controversie, informazioni a questo riguardo. Il prestatore specifica in che modo è possibile reperire informazioni dettagliate sulle caratteristiche e le condizioni di ricorso a meccanismi extragiudiziali di risoluzione delle controversie. 4. Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni che il prestatore è tenuto a fornire in conformità del presente capo siano rese disponibili o comunicate in modo chiaro e senza ambiguità nonché in tempo utile prima della stipula del contratto o, in assenza di contratto scritto, prima che il servizio sia prestato. 5. I requisiti in materia di informazione di cui al presente capo si aggiungono ai requisiti già previsti dal diritto comunitario e non ostano a che gli Stati membri impongano requisiti supplementari in materia di informazioni ai prestatori stabiliti sul loro territorio. 6. La Commissione può, conformemente alla procedura di cui all’articolo 40, paragrafo 2, precisare il contenuto delle informazioni di cui ai paragrafi 1 e 3 del presente articolo in funzione della specificità di talune attività e può precisare le modalità pratiche di applicazione del paragrafo 2 del presente articolo. 502 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 502 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Articolo 23 Assicurazioni e garanzie in caso di responsabilità professionale 1. Gli Stati membri possono provvedere affinché i prestatori i cui servizi presentano un rischio diretto e particolare per la salute o per la sicurezza del destinatario o di un terzo o per la sicurezza finanziaria del destinatario sottoscrivano un’assicurazione di responsabilità professionale commisurata alla natura e alla portata del rischio o forniscano una garanzia o prevedano altre disposizioni analoghe equivalenti o essenzialmente comparabili quanto a finalità. 2. Quando un prestatore si stabilisce sul loro territorio, gli Stati membri non possono imporgli un’assicurazione di responsabilità professionale o una garanzia se è già coperto da una garanzia equivalente o essenzialmente comparabile, quanto a finalità e copertura fornita in termini di rischio o capitale assicurati o massimale della garanzia, nonché eventuali esclusioni dalla copertura, in un altro Stato membro in cui è già stabilito. Qualora l’equivalenza sia solo parziale, gli Stati membri possono esigere una garanzia complementare per gli aspetti non ancora coperti. Quando uno Stato membro richiede ai prestatori di servizi stabiliti sul suo territorio di sottoscrivere un’assicurazione di responsabilità professionale o altra garanzia, detto Stato membro accetta quale prova sufficiente un attestato dell’esistenza di tale assicurazione rilasciato da istituti di credito e assicuratori stabiliti in un altro Stato membro. 3. I paragrafi 1 e 2 non incidono sull’applicabilità dei regimi di assicurazione o di garanzia professionale previsti in altri strumenti comunitari. 4. Nell’ambito dell’applicazione del paragrafo 1, la Commissione può stabilire un elenco dei servizi che presentano le caratteristiche di cui al paragrafo 1 del presente articolo secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 40, paragrafo 2. La Commissione può inoltre adottare misure intese a emendare elementi non essenziali della presente direttiva integrandola con la fissazione di criteri comuni per definire il carattere appropriato, in funzione della natura e della portata del rischio, dell’assicurazione o delle garanzie precisate al paragrafo 1 del presente articolo secondo la procedura di cui all’articolo 40, paragrafo 3. 5. Ai fini del presente articolo, per - “rischio diretto e particolare” s’intende un rischio derivante direttamente dalla prestazione del servizio; - “salute e sicurezza” s’intende, in relazione a un destinatario o a terzi, la prevenzione del decesso o di gravi danni corporali; - “sicurezza finanziaria” s’intende, in relazione a un destinatario, la prevenzione di perdite significative di denaro o del valore di un bene; - “assicurazione di responsabilità professionale” s’intende l’assicurazione sottoscritta da un prestatore con riguardo alle potenziali responsabilità nei confronti dei destinatari e, se del caso, di terzi, derivanti dalla prestazione del servizio. Articolo 24 Comunicazioni commerciali emananti dalle professioni regolamentate 1. Gli Stati membri sopprimono tutti i divieti totali in materia di comunicazioni commerciali per le professioni regolamentate. 2. Gli Stati membri provvedono affinché le comunicazioni commerciali che emanano FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 503 503 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE dalle professioni regolamentate ottemperino alle regole professionali, in conformità del diritto comunitario, riguardanti, in particolare, l’indipendenza, la dignità e l’integrità della professione nonché il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione. Le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali sono non discriminatorie, giustificate da motivi imperativi di interesse generale e proporzionate. Articolo 25 Attività multidisciplinari 1. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse. Tuttavia, tali requisiti possono essere imposti ai prestatori seguenti: a) le professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità; b) i prestatori che forniscono servizi di certificazione, di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui ciò sia giustificato per assicurarne l’indipendenza e l’imparzialità. 2. Quando le attività multidisciplinari tra i prestatori di cui al paragrafo 1, lettere a) e b) sono autorizzate, gli Stati membri provvedono affinché: a) siano evitati i conflitti di interesse e le incompatibilità tra determinate attività; b) siano garantite l’indipendenza e l’imparzialità che talune attività richiedono; c) le regole di deontologia professionale e di condotta relative alle diverse attività siano compatibili tra loro, soprattutto in materia di segreto professionale. 3. Nella relazione di cui all’articolo 39, paragrafo 1, gli Stati membri precisano i prestatori soggetti ai requisiti di cui al paragrafo 1 del presente articolo, il contenuto dei requisiti e le ragioni per le quali li ritengono giustificati. Articolo 26 Politica in materia di qualità dei servizi 1. Gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, adottano misure di accompagnamento volte ad incoraggiare i prestatori a garantire, su base volontaria, la qualità dei servizi, in particolare: a) facendo certificare o valutare le loro attività da organismi indipendenti o accreditati; b) elaborando una carta di qualità propria o aderendo alle carte o ai marchi di qualità messi a punto da organismi e ordini professionali a livello comunitario. 2. Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni sul significato di taluni marchi e sui criteri di attribuzione dei marchi e di altri attestati di qualità relativi ai servizi siano facilmente accessibili ai prestatori e ai destinatari. 3. Gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, adottano misure di accompagnamento volte ad incoraggiare gli ordini professionali, le camere di commercio e artigianato e le associazioni dei consumatori negli Stati membri a collaborare a livello comunitario per promuovere la qualità dei servizi, in particolare facilitando il riconoscimento della qualità dei prestatori. 504 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 504 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE 4. Gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, adottano misure di accompagnamento volte ad incoraggiare lo sviluppo della comunicazione critica, in particolare da parte delle associazioni dei consumatori, relativa alle qualità e ai difetti dei servizi, in particolare lo sviluppo a livello comunitario di prove o collaudi comparativi e della comunicazione dei loro risultati. 5. Gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, incoraggiano lo sviluppo di norme volontarie europee intese ad agevolare la compatibilità fra servizi forniti da prestatori di Stati membri diversi, l’informazione del destinatario e la qualità dei servizi. Articolo 27 Risoluzione delle controversie 1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti generali necessari affinché i prestatori forniscano i propri dati, in particolare un indirizzo postale, un numero di fax o un indirizzo di posta elettronica e un numero telefonico ai quali tutti i destinatari, compresi quelli residenti in un altro Stato membro, possono presentare un reclamo o chiedere informazioni sul servizio fornito. I prestatori forniscono il loro domicilio legale se questo non coincide con il loro indirizzo abituale per la corrispondenza. Gli Stati membri adottano i provvedimenti generali necessari affinché i prestatori rispondano ai reclami di cui al primo comma con la massima sollecitudine e diano prova di buona volontà per trovare soluzioni soddisfacenti. 2. Gli Stati membri adottano i provvedimenti generali necessari affinché i prestatori siano tenuti a provare che gli obblighi di informazione previsti dalla presente direttiva sono rispettati e che le informazioni sono esatte. 3. Qualora per ottemperare ad una decisione giudiziaria sia necessaria una garanzia finanziaria, gli Stati membri riconoscono le garanzie equivalenti costituite presso un istituto di credito o un assicuratore stabilito in un altro Stato membro. L’istituto di credito deve essere autorizzato in uno Stato membro ai sensi della direttiva 2006/48/CE e l’assicuratore autorizzato, come appropriato, ai sensi della prima direttiva 73/239/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1973, recante coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di accesso e di esercizio dell’assicurazione diretta diversa dall’assicurazione sulla vita [39] in materia di accesso e di esercizio dell’assicurazione diretta diversa dall’assicurazione sulla vita e della direttiva 2002/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativa all’assicurazione sulla vita [40]. 4. Gli Stati membri adottano i provvedimenti generali necessari affinché i prestatori, soggetti ad un codice di condotta o membri di un’associazione o di un organismo professionale che prevede il ricorso ad un meccanismo di regolamentazione extragiudiziario, ne informino il destinatario facendone menzione in tutti i documenti che presentano in modo dettagliato uno dei loro servizi e indichino in che modo è possibile reperire informazioni dettagliate sulle caratteristiche e le condizioni di ricorso a tale meccanismo. CAPO VI COOPERAZIONE AMMINISTRATIVA FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 505 505 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Articolo 28 Mutua assistenza - Obblighi generali 1. Gli Stati membri si prestano assistenza reciproca e si adoperano per instaurare forme di collaborazione efficaci onde garantire il controllo dei prestatori e dei loro servizi. 2. Ai fini del presente capo, gli Stati membri designano uno o più punti di contatto comunicandone i dati agli altri Stati membri e alla Commissione. La Commissione pubblica e aggiorna regolarmente l’elenco dei punti di contatto. 3. Le richieste di informazioni e le richieste di effettuare verifiche, ispezioni e indagini a titolo del presente capo sono debitamente motivate, in particolare specificando la ragione della richiesta. Le informazioni scambiate sono utilizzate solo in relazione alla questione per cui sono state richieste. 4. Qualora ricevano una richiesta di assistenza dalle autorità competenti di un altro Stato membro, gli Stati membri provvedono affinché i prestatori stabiliti sul loro territorio comunichino alle loro autorità competenti tutte le informazioni necessarie al controllo delle loro attività in conformità della legislazione nazionale. 5. Qualora insorgano difficoltà nel soddisfare una richiesta di informazioni o nell’effettuare verifiche, ispezioni o indagini, gli Stati membri in causa avvertono sollecitamente lo Stato membro richiedente al fine di trovare una soluzione. 6. Gli Stati membri forniscono al più presto e per via elettronica le informazioni richieste da altri Stati membri o dalla Commissione. 7. Gli Stati membri provvedono affinché i registri nei quali i prestatori sono iscritti e che possono essere consultati dalle autorità competenti sul loro territorio siano altresì consultabili, alle stesse condizioni, dalle competenti autorità omologhe degli altri Stati membri. 8. Gli Stati membri comunicano alla Commissione informazioni su casi in cui altri Stati membri non assolvono ai loro obblighi di mutua assistenza. Laddove necessario, la Commissione prende misure appropriate, comprese quelle di cui all’articolo 226 del trattato, per assicurare che gli Stati membri in questione assolvano ai loro obblighi di mutua assistenza. La Commissione informa periodicamente gli Stati membri circa il funzionamento delle disposizioni relative alla mutua assistenza. Articolo 29 Mutua assistenza - Obblighi generali per lo Stato membro di stabilimento 1. Per quanto riguarda i prestatori che forniscono servizi in un altro Stato membro, lo Stato membro di stabilimento fornisce le informazioni sui prestatori stabiliti sul suo territorio richieste da un altro Stato membro, in particolare la conferma del loro stabilimento sul suo territorio e del fatto che, a quanto gli risulta, essi non vi esercitano attività in modo illegale. 2. Lo Stato membro di stabilimento procede alle verifiche, ispezioni e indagini richieste da un altro Stato membro e informa quest’ultimo dei risultati e, se del caso, dei provvedimenti presi. In tale contesto le autorità competenti intervengono nei limiti delle competenze loro attribuite nei rispettivi Stati membri. Le autorità competenti possono decidere le misure più appropriate da assumere, caso per caso, per soddisfare la richiesta di un altro Stato membro. 3. Qualora venga a conoscenza di comportamenti o atti precisi di un prestatore stabilito 506 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 506 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE sul suo territorio che presta servizi in altri Stati membri che, a sua conoscenza, possano causare grave pregiudizio alla salute o alla sicurezza delle persone o all’ambiente, lo Stato membro di stabilimento ne informa al più presto gli altri Stati membri e la Commissione. Articolo 30 Controllo da parte dello Stato membro di stabilimento in caso di spostamento temporaneo del prestatore in un altro Stato membro 1. Nei casi non contemplati dall’articolo 31, paragrafo 1, lo Stato membro di stabilimento controlla il rispetto dei suoi requisiti in conformità dei poteri di sorveglianza previsti dal suo ordinamento nazionale, in particolare mediante misure di controllo sul luogo di stabilimento del prestatore. 2. Lo Stato membro di stabilimento non può omettere di adottare misure di controllo o di esecuzione sul proprio territorio per il motivo che il servizio è stato prestato o ha causato danni in un altro Stato membro. 3. L’obbligo di cui al paragrafo 1 non comporta il dovere per lo Stato membro di stabilimento di effettuare verifiche e controlli fattuali nel territorio dello Stato membro in cui è prestato il servizio. Tali verifiche e controlli sono effettuati dalle autorità dello Stato membro in cui il prestatore svolge temporaneamente la sua attività, su richiesta delle autorità dello Stato membro di stabilimento, in conformità dell’articolo 31. Articolo 31 Controllo da parte dello Stato membro in cui è prestato il servizio in caso di spostamento temporaneo del prestatore 1. Per quanto riguarda i requisiti nazionali che possono essere imposti in base all’articolo 16 o 17, lo Stato membro in cui è prestato il servizio è responsabile del controllo sull’attività del prestatore sul suo territorio. In conformità del diritto comunitario, lo Stato membro in cui è prestato il servizio: a) adotta tutte le misure necessarie al fine di garantire che il prestatore si conformi a tali requisiti per quanto riguarda l’accesso a un’attività di servizi sul proprio territorio e il suo esercizio; b) procede alle verifiche, ispezioni e indagini necessarie per controllare il servizio prestato. 2. Per quanto riguarda i requisiti diversi da quelli di cui al paragrafo 1, nel caso in cui un prestatore si sposti temporaneamente in un altro Stato membro in cui non è stabilito per prestarvi un servizio, le autorità competenti di tale Stato membro partecipano al controllo del prestatore conformemente ai paragrafi 3 e 4. 3. Su richiesta dello Stato membro di stabilimento, le autorità competenti dello Stato membro in cui è prestato il servizio procedono alle verifiche, ispezioni e indagini necessarie per assicurare un efficace controllo da parte dello Stato membro di stabilimento, intervenendo nei limiti delle competenze loro attribuite nel loro Stato membro. Le autorità competenti possono decidere le misure più appropriate da assumere, caso per caso, per soddisfare la richiesta dello Stato membro di stabilimento. 4. Di loro iniziativa, le autorità competenti dello Stato membro in cui è prestato il servizio possono procedere a verifiche, ispezioni e indagini sul posto, purché queste non siano FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 507 507 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE discriminatorie, non siano motivate dal fatto che il prestatore è stabilito in un altro Stato membro e siano proporzionate. Articolo 32 Meccanismo di allerta 1. Qualora uno Stato membro venga a conoscenza di circostanze o fatti precisi gravi riguardanti un’attività di servizi che potrebbero provocare un pregiudizio grave alla salute o alla sicurezza delle persone o all’ambiente nel suo territorio o nel territorio di altri Stati membri, ne informa al più presto lo Stato membro di stabilimento, gli altri Stati membri interessati e la Commissione. 2. La Commissione promuove la creazione di una rete europea delle autorità degli Stati membri e vi partecipa, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del paragrafo 1. 3. La Commissione adotta e aggiorna regolarmente, conformemente alla procedura di cui all’articolo 40, paragrafo 2, norme dettagliate concernenti la gestione della rete di cui al paragrafo 2 del presente articolo. Articolo 33 Informazioni sull’onorabilità dei prestatori 1. Gli Stati membri comunicano, su richiesta di un’autorità competente di un altro Stato membro, conformemente al loro diritto nazionale, le informazioni relative alle azioni disciplinari o amministrative promosse o alle sanzioni penali irrogate e alle decisioni relative all’insolvenza o alla bancarotta fraudolenta assunte dalle loro autorità competenti nei confronti di un prestatore che siano direttamente pertinenti alla competenza del prestatore o alla sua affidabilità professionale. Lo Stato membro che comunica tali informazioni ne informa il prestatore interessato. Una richiesta effettuata a norma del primo comma deve essere debitamente sostanziata, in particolare per quanto riguarda i motivi della richiesta d’informazione. 2. Le sanzioni e le azioni di cui al paragrafo 1 sono comunicate solo se è stata assunta una decisione definitiva. Riguardo alle altre decisioni esecutorie di cui al paragrafo 1, lo Stato membro che comunica le informazioni precisa se si tratta di una decisione definitiva o se è stato presentato un ricorso contro la decisione in causa, nel qual caso lo Stato membro in questione è tenuto a indicare la data alla quale si prevede che sia pronunciata la decisione sul ricorso. Esso precisa inoltre le disposizioni di diritto interno conformemente alle quali il prestatore è stato condannato o sanzionato. 3. Il paragrafo 1 e il paragrafo 2 devono essere applicati nel rispetto delle regole in materia di comunicazione dei dati personali e dei diritti garantiti nello Stato membro in questione alle persone che subiscono condanne o sanzioni, anche da parte degli organismi o ordini professionali. Ogni informazione in questione che sia pubblica deve essere accessibile ai consumatori. Articolo 34 Misure di accompagnamento 1. La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, istituisce un sistema 508 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 508 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE elettronico per lo scambio di informazioni tra gli Stati membri tenendo conto dei sistemi di informazione esistenti. 2. Gli Stati membri, con l’assistenza della Commissione, adottano misure di accompagnamento per agevolare lo scambio di funzionari incaricati di dare esecuzione alla mutua assistenza e la formazione dei funzionari stessi, compresa la formazione linguistica e quella informatica. 3. La Commissione valuta la necessità di istituire un programma pluriennale per organizzare i pertinenti scambi di funzionari e la formazione. Articolo 35 Mutua assistenza in caso di deroghe caso per caso 1. Qualora uno Stato membro intenda assumere una misura conformemente all’articolo 18, si applica la procedura di cui ai paragrafi da 2 a 6 del presente articolo, senza pregiudizio delle procedure giudiziarie, compresi i procedimenti e gli atti preliminari compiuti nel quadro di un’indagine penale. 2. Lo Stato membro di cui al paragrafo 1 chiede allo Stato membro di stabilimento di assumere misure nei confronti del prestatore, fornendo tutte le informazioni pertinenti sul servizio in causa e sulle circostanze della fattispecie. Lo Stato membro di stabilimento verifica con la massima sollecitudine se il prestatore esercita legalmente le sue attività e accerta i fatti all’origine della richiesta. Esso comunica al più presto allo Stato membro che ha presentato la richiesta le misure assunte o previste o, se del caso, i motivi per i quali non è stata assunta alcuna misura. 3. Dopo la comunicazione dello Stato membro di stabilimento di cui al paragrafo 2, secondo comma, lo Stato membro che ha presentato la richiesta notifica alla Commissione e allo Stato membro di stabilimento la sua intenzione di prendere misure, precisando le ragioni seguenti: a) le ragioni per le quali ritiene che le misure assunte o previste dallo Stato membro di stabilimento siano insufficienti; b) le ragioni per le quali ritiene che le misure che prevede di assumere rispettino le condizioni di cui all’articolo 18. 4. Le misure possono essere assunte solo allo scadere di quindici giorni lavorativi a decorrere dalla notifica di cui al paragrafo 3. 5. Senza pregiudizio della facoltà, per lo Stato membro che ha presentato la richiesta, di assumere le misure in questione allo scadere del termine di cui al paragrafo 4, la Commissione esamina al più presto la compatibilità delle misure notificate con il diritto comunitario. Qualora giunga alla conclusione che la misura è incompatibile con il diritto comunitario, la Commissione adotta una decisione in cui chiede allo Stato membro interessato di astenersi dall’assumere le misure proposte o di sospendere con urgenza le misure assunte. 6. In caso di urgenza, lo Stato membro che intende assumere una misura può derogare alle disposizioni dei paragrafi 2, 3 e 4. In questo caso, le misure sono notificate con la massima sollecitudine alla Commissione e allo Stato membro di stabilimento, specificando i motivi che giustificano l’urgenza. FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 509 509 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Articolo 36 Misure di esecuzione Le misure intese a modificare gli elementi non essenziali del presente capo integrandolo con la precisazione dei termini di cui agli articoli 28 e 35 sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 40, paragrafo 3.. La Commissione adotta inoltre le modalità pratiche degli scambi di informazioni per via elettronica fra Stati membri, e in particolare le disposizioni sull’interoperabilità dei sistemi di informazione, secondo la procedura di cui all’articolo 40, paragrafo 2. CAPO VII PROGRAMMA DI CONVERGENZA Articolo 37 Codici di condotta a livello comunitario 1. Gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, adottano misure di accompagnamento volte a incoraggiare l’elaborazione di codici di condotta a livello comunitario, specialmente da parte di ordini, organismi o associazioni professionali, intesi ad agevolare la prestazione transfrontaliera di servizi o lo stabilimento di un prestatore in un altro Stato membro, nel rispetto del diritto comunitario. 2. Gli Stati membri provvedono affinché i codici di condotta di cui al paragrafo 1 siano accessibili a distanza, per via elettronica. Articolo 38 Armonizzazione complementare La Commissione esamina, entro il 28 dicembre 2010, la possibilità di presentare proposte di misure d’armonizzazione sulle seguenti questioni: a) l’accesso alle attività di recupero giudiziario dei crediti; b) i servizi privati di sicurezza e trasporto di denaro contante e valori. Articolo 39 Valutazione reciproca 1. Entro il 28 dicembre 2009, gli Stati membri presentano una relazione alla Commissione contenente le informazioni di cui alle seguenti disposizioni: a) articolo 9, paragrafo 2, relativo ai regimi di autorizzazione; b) articolo 15, paragrafo 5, relativo ai requisiti da valutare; c) articolo 25, paragrafo 3, relativo alle attività multidisciplinari. 2. La Commissione trasmette le relazioni di cui al paragrafo 1 agli Stati membri che, entro un termine di sei mesi dalla ricezione, comunicano le loro osservazioni su ciascuna relazione. Entro lo stesso termine, la Commissione consulta le parti interessate su tali relazioni. 3. La Commissione trasmette le relazioni e le osservazioni degli Stati membri al comitato di cui all’articolo 40, paragrafo 1, che può formulare osservazioni. 4. Alla luce delle osservazioni di cui ai paragrafi 2 e 3, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 28 dicembre 2010, una relazione di sintesi accompagnata, se del caso, da proposte di iniziative supplementari. 510 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 510 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE 5. Entro il 28 dicembre 2009, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sui requisiti nazionali la cui applicazione potrebbe rientrare nell’articolo 16, paragrafo 1, terzo comma e paragrafo 3, prima frase, specificando i motivi per cui ritengono che l’applicazione di detti requisiti sia conforme ai criteri di cui all’articolo 16, paragrafo 1, terzo comma e all’articolo 16, paragrafo 3, prima frase. Successivamente, gli Stati membri comunicano alla Commissione le eventuali modifiche dei requisiti, inclusi i nuovi requisiti, di cui sopra specificandone le motivazioni. La Commissione comunica tali requisiti agli altri Stati membri. La comunicazione non osta a che gli Stati membri adottino le disposizioni in questione. La Commissione fornisce successivamente, su base annuale, analisi e orientamenti in materia di applicazione di tali disposizioni nel contesto della presente direttiva. Articolo 40 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 di tale decisione. Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4 e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 41 Clausola di revisione Entro il 28 dicembre 2011 e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione completa sull’applicazione della presente direttiva. Conformemente all’articolo 16, paragrafo 4, la relazione tratta in particolare l’applicazione dell’articolo 16. Essa esamina inoltre se siano necessarie ulteriori misure per le materie escluse dal campo di applicazione della presente direttiva. La relazione è accompagnata, se del caso, da proposte intese a modificare la presente direttiva al fine di completare il mercato interno dei servizi. Articolo 42 Modifica della direttiva 98/27/CE Nell’allegato della direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori [41], è aggiunto il seguente punto: “13. Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36).” Articolo 43 Protezione dei dati personali L’attuazione e l’applicazione della presente direttiva e, in particolare, delle disposizioni relative al controllo, ottemperano alle norme sulla protezione dei dati personali di cui alle FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 511 511 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE direttive 95/46/CE e 2002/58/CE. CAPO VIII DISPOSIZIONI FINALI Articolo 44 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente direttiva entro il 28 dicembre 2009. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto nazionale adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva. Articolo 45 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 46 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 12 dicembre 2006. Per il Parlamento europeo Il presidente J. Borrell Fontelles Per il Consiglio Il presidente M. Pekkarinen [1] GU C 221 del 8.9.2005, pag. 113. [2] GU C 43 del 18.2.2005, pag. 18. [3] Parere del Parlamento europeo del 16 febbraio 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). Posizione comune del Consiglio del 24 luglio 2006 (GU C 270 E del 7.11.2006, pag. 1), posizione del Parlamento europeo del 15 novembre 2006 e decisione del Consiglio dell’ 11 dicembre 2006. [4] GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1. [5] GU L 108 del 24.4.2002, pag. 7. [6] GU L 108 del 24.4.2002, pag. 21. [7] GU L 108 del 24.4.2002, pag. 33. [8] GU L 108 del 24.4.2002, pag. 51. [9] GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37. Direttiva modificata dalla direttiva 2006/24/CE GU L 105 del 13.4.2006, pag. 54). [10] GU L 149 del 5.7.1971, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 629/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 114 del 27.4.2006, pag. 1). 512 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 512 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE [11] GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22. [12] GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22. [13] GU L 364 del 9.12.2004, pag. 1. Regolamento modificato dalla direttiva 2005/29/CE. [14] GU L 16 del 23.1.2004, pag. 44. [15] GU L 124 del 20.5.2003, pag. 1. [16] GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77. [17] GU L 13 del 19.1.2000, pag. 12. [18] GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1. [19] GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1. [20] GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37. Direttiva modificata da ultimo dall’atto di adesione del 2003. [21] GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). [22] GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. [23] GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23. Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 202 del 30.7.1997, pag. 60). [24] GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 2083/2005 della Commissione (GU L 333 del 20.12.2005, pag. 28). [25] GU L 77 del 14.3.1998, pag. 36. Direttiva modificata dall’Atto di adesione del 2003. [26] GU L 65 del 14.3.1968, pag. 8. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 221 del 4.9.2003, pag. 13). [27] GU L 395 del 30.12.1989, pag. 36. [28] GU L 15 del 21.1.1998, pag. 14. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/ 2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1) [29] GU L 176 del 15.7.2003, pag. 37. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 2006/653/CE della Commissione (GU L 270 del 29.9.2006, pag. 72). [30] GU L 176 del 15.7.2003, pag. 57. [31] GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003. [32] GU L 78 del 26.3.1977, pag. 17. Direttiva modificata da ultimo dall’Atto di adesione del 2003. [33] GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19. Convenzione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1160/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 191 del 22.7.2005, pag. 18). [34] GU L 30 del 6.2.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento della Commissione (CE) n. 2557/2001 (GU L 349 del 31.12.2001, pag. 1). [35] GU L 24 del 27.1.1987, pag. 36. [36] GU L 77 del 27.3.1996, pag. 20. [37] GU L 157 del 9.6.2006, pag. 87. [38] GU L 145 del 13.6.1977, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/18/CE (GU L 51 del 22.2.2006, pag. 12). [39] GU L 228 del 16.8.1973, pag. 3. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2005/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 323 del 9.12.2005, pag. 1). [40] GU L 345 del 19.12.2002, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2005/68/CE. [41] GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 51. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2005/29/CE. FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 513 513 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE ABILITAZIONE AL PATROCINIO DEL PRATICANTE AVVOCATO Illustri Colleghi e Cari Amici, con riferimento ad alcune rilevanti questioni attinenti la decorrenza e alla durata del periodo di abilitazione temporanea al patrocinio legale concessa al praticante dall’art. 8 della legge professionale forense, appare opportuno ritornare sull’argomento e meglio chiarire la posizione assunta dalla Commissione Consultiva e poi approvata da questo Consiglio Nazionale. Su questo punto il testo normativo presenta alcuni margini di incertezza, una difficoltà che si è aggravata, nel corso degli anni, a causa delle ripetute e disordinate modifiche apportate dal legislatore alla durata ed alla modalità di svolgimento della pratica forense. Poiché vi è stata, nel recente passato, una molteplicità di pronunciamenti giurisdizionali e di pareri resi su queste questioni, la Commissione consultiva ha ritenuto di deferire al Consiglio in seduta plenaria l’assunzione di una posizione atta ad agevolare l’opera dei Consigli dell’Ordine circondariali, al fine di garantire un’omogeneità di trattamento sul territorio nazionale. Il Consiglio nazionale, nella seduta amministrativa del 23 novembre 2006, ha deliberato la interpretazione delle varie norme attinenti all’argomento come segue: la prima problematica attiene al momento di decorrenza dell’abilitazione al patrocinio: di fronte ad alcuni dubbi sollevati riguardo agli effetti del giuramento del praticante aspirante all’abilitazione, deve ritenersi che il momento nel quale ha inizio la facoltà di patrocinare in giudizio non possa che essere quello della favorevole delibera del Consiglio dell’Ordine, che ha carattere costitutivo e produce effetti ex nunc. Il pronunciamento del Consiglio è, infatti, l’atto terminale del procedimento volto a verificare, in capo all’istante, la sussistenza dei requisiti e delle qualità necessarie per svolgere, ancorché per un tempo limitato ed entro limiti prefissati, la professione forense. Esso è posto in attuazione dell’art. 8 del R.D. 37/ 1934, il quale prescrive una serie di formalità e controlli che sono necessari e doverosi ai fini dell’iscrizione del praticante tra gli abilitati. Anche i dubbi suscitati dal riferimento del secondo comma dell’art. 4, R.D. 37/1934, ove enuncia il principio per cui «per i praticanti che esercitano il patrocinio davanti alle preture a termini dell’art. 8 del r.d.l. 28 novembre 1933, n. 1578 il periodo di pratica decorre dal giorno in cui hanno prestato il giuramento», devono essere fugati. La disposizione citata, infatti, si riferisce alla durata della pratica e non alla decorrenza del periodo di abilitazione: essa non trova quindi applicazione nel quadro normativo attuale, atteso che il praticante acquisisce il diritto a patrocinare ben dopo l’inizio della pratica (almeno dopo un anno). La norma possedeva un senso autonomo sotto la vigenza del precedente ordinamento, ed in particolare quando aveva vigore il testo originario dell’art. 8 del r.d.l. 1578/1933 (cfr. G.U. 5 dicembre 1933, n. 281), che conferiva il diritto a patrocinare a tutti i laureati iscritti nel registro speciale dei praticanti procuratori. Una seconda questione, di non minore rilievo, attiene alla durata complessiva del periodo di abilitazione. Anche in questo caso il testo della disposizione di riferimento (il medesimo art. 8 l.p.f.) presenta tratti di indeterminatezza, allorquando afferma che «I praticanti avvocati dopo un anno dalla iscrizione nel registro […], sono ammessi, per un periodo non 514 10_consiglio nazionale forense.pmd FORO ROMANO 2/2007 514 22/06/2007, 11:39 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE superiore a sei anni, ad esercitare il patrocinio». Non si chiarisce espressamente, quindi, se colui che presenti la domanda di ammissione al patrocinio successivamente all’inizio del secondo anno di pratica abbia diritto di godere di sei anni pieni di abilitazione, ovvero se tale periodo debba computarsi comunque con riferimento al primo giorno del secondo anno di tirocinio. L’interpretazione della norma deve avere, perciò, riguardo alla ratio della legge e porsi in un’ottica di garanzia della funzione formativa, sia della pratica nel suo complesso, sia dell’abilitazione transitoria al tirocinio. Il legislatore del 1933 non ha, in effetti, conferito alcun diritto a godere di interi sei anni di abilitazione al patrocinio, ma ha indicato un periodo «non superiore» al sessennio nel quale si possa svolgere la funzione di difesa in giudizio. Ciò induce a ritenere che la lettura della disposizione più conforme allo spirito della legge professionale sia quella per cui ciascun praticante dispone della facoltà di chiedere ed ottenere, a partire dal perfezionarsi del primo anno di tirocinio, ed entro la conclusione del secondo anno del tirocinio medesimo, l’abilitazione a patrocinare, ma questi non avrà diritto, producendo la domanda in ritardo rispetto all’inizio del periodo a sua disposizione, di prolungare artificiosamente la pratica per poter godere di un sessennio pieno di abilitazione. A ciò si aggiunge che il patrocinio del praticante ha una sua funzione formativa e professionalizzante ben delineata, ma è comunque finalizzato ad indirizzare il praticante verso il superamento dell’esame di Stato, e non può prolungarsi in modo eccessivo, introducendo una forma di precariato professionale od un modo surrettizio di esercizio della professione forense. In sintesi, sulla scorta delle considerazioni che precedono, il Consiglio nazionale forense ha ritenuto di doversi pronunciare – salva ovviamente la propria piena autonomia di giudizio in sede giurisdizionale – nel senso che il patrocinio può essere concesso in ogni momento nel corso del secondo anno di pratica, ma che la sua durata deve essere comunque computata a partire dal primo giorno del secondo anno di iscrizione nel registro dei praticanti, di talché la permanenza nel registro medesimo non può, in nessun caso, superare i sei anni successivi al primo anno di pratica senza abilitazione. Con i più cordiali saluti. Il Consigliere Coordinatore la Commissione Consultiva f.to avv. Francesco Morgese IlPresidente FORO ROMANO 2/2007 10_consiglio nazionale forense.pmd 515 515 22/06/2007, 11:39 BILANCIO Relazione del Collegio dei Revisori dei Conti SUL CONSUNTIVO DELL’ANNO 2006 DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA Egregi Colleghi, il rendiconto finanziario/economico/patrimoniale dell’anno 2006, predisposto dal Consiglio dell’Ordine che ha anche redatto la relativa relazione, presenta un disavanzo economico di euro 427.120 leggermente superiore rispetto alle previsioni (euro 364.834), per maggiori costi di funzionamento, al preventivo approvato nell’Assemblea Ordinaria del 12 luglio 2006. Detto disavanzo sarà coperto con parte dell’avanzo economico degli esercizi precedenti che si riduce da euro 1.473.159 a euro 1.046.039. In particolare per il rendiconto finanziario si precisa: - le entrate finanziarie definitivamente accertate sono risultate pari a euro 4.820.764 a fronte di una previsione di euro 4.885.340; - le uscite finanziarie definitivamente accertate sono risultate pari a euro 5.280.112 a fronte di una previsione di euro 5.158.174. Per quanto riguarda la gestione di cassa, a fronte di previsioni per euro 6.878.025, si rilevano riscossioni per euro 4.873.568. Il totale di residui attivi a fine esercizio risulta di euro 1.921.376. Per quanto invece riguarda le uscite, a fronte di previsioni per euro 8.113.970, a consuntivo i pagamenti sono risultati di euro 5.329.112. I residui passivi totali al termine dell’esercizio sono di euro 2.899.784. Tra detti residui passivi è incluso anche l’importo relativo all’«acquisto sede», acquisto che anche per quest’anno non si è verificato. L’importo in questione è attualmente pari a euro 1.250.022. Nel merito delle singole voci, non vi sono particolari osservazioni da fare essendo sufficientemente chiara la relazione del Consiglio. Il rendiconto finanziario è corredato dal conto economico e dalla situazione patrimoniale al 31 dicembre 2006. Il conto economico rileva solo le spese e le entrate di competenza dell’esercizio 2006 e, come riferito, presenta un disavanzo di euro 427.120. La situazione patrimoniale rappresenta la consistenza patrimoniale dell’Ordine al 31 dicembre 2006 e riporta anche i dati della situazione dell’anno precedente consentendo in tal modo il riscontro delle variazioni patrimoniali intervenute. Le attività complessive assommano a euro 4.967.998 e i beni materiali indicati come “immobilizzazioni tecniche”, vale a dire biblioteca, mobili, macchine e attrezzature sono esposte o a valore simbolico (biblioteca) o al costo di acquisto integral- 516 13_bilancio senza quadri excel.pmd FORO ROMANO 2/2007 516 22/06/2007, 01:02 BILANCIO mente ammortizzato, con apposita iscrizione al passivo di poste di pari importo. Le passività complessive ivi incluso il fondo per acquisto sede assommano a euro 3.647.786 ed il patrimonio netto assomma a euro 1.320.213. Nel corso dell’anno il Collegio ha effettuato le consuete verifiche periodiche e formulato alcune circostanziate osservazioni non rilevando, comunque, alcuna anomalia degna di nota. A seguito della richiesta del Collegio in merito all’effettiva esigibilità dei crediti verso gli iscritti, il Consiglio ha posto in essere idonee azioni per il recupero ed a fronte di probabili casi di inesigibilità ha costituito nell’esercizio 2006 un apposito fondo svalutazione crediti di euro 10.000 ed ha previsto di incrementarlo di ulteriori euro 70.000 nel preventivo dell’anno 2007. Il Collegio infine evidenzia che, a seguito dell’aumento delle quote annuali degli iscritti, il preventivo 2007 predisposto dal Consiglio non presenta alcun disavanzo e chiude in pareggio. Il Collegio dei Revisori, per quanto di propria competenza, invita l’Assemblea ad approvare il consuntivo 2006 corredato dalla relazione. Egregi Colleghi, con l’approvazione del consuntivo 2006 scade il mandato a noi conferito nel corso dell’Assemblea del 26 maggio 2005, e pertanto Vi ringraziamo per la fiducia accordataci e Vi invitiamo a nominare il nuovo Collegio dei Revisori dei Conti. Roma, 3 aprile 2007 I Revisori dei Conti Avv. Alberto Palattella Avv. Romeo Brunetti Avv. Vincenza Di Martino Avv. Mario Guido Avv. Luigi Mannucci FORO ROMANO 2/2007 13_bilancio senza quadri excel.pmd 517 517 22/06/2007, 01:02 BILANCIO RELAZIONE AL CONTO CONSUNTIVO 2006 Gentili Colleghe e cari Colleghi Il conto consuntivo risulta composto dai seguenti prospetti: 1) Rendiconto finanziario; 2) Situazione patrimoniale; 3) Conto economico; 4) Situazione amministrativa. Rendiconto finanziario Il rendiconto finanziario tiene conto delle entrate e delle spese distinte