CONSIGLIO PROVINCIALE DI MILANO
Processo verbale dell'adunanza del 12 luglio 2005
Addì, dodici luglio duemilacinque, in Milano, nell'Aula consiliare di via Vivaio n. 1,
si è riunito il Consiglio provinciale per la trattazione degli argomenti iscritti agli
ordini del giorno ordinario e supplementari dall’uno al ventotto diramati in data 13,
20 gennaio, 10, 17, 22 febbraio, 1, 10, 17 marzo, 7, 28 aprile, 5, 12, 19, 31 maggio,
14, 16, 23, 28, 30 giugno, 7 e 12 luglio 2005 con atti provinciali n.
1637/2005/4662/2004.
A norma dell'art. 34 dello Statuto, la Presidenza dell'adunanza viene assunta dal
Presidente del Consiglio provinciale, Vincenzo Ortolina.
Partecipa alla seduta il Segretario generale della Provincia, Avv. Antonino Princiotta.
Alle ore 18.15 il Presidente del Consiglio invita il Segretario a procedere all'appello
nominale dei presenti.
Rispondono all'appello i seguenti trentatré Consiglieri:
Ortolina Vincenzo
Angiuoni Pierluigi
Ariazzi Costanzo
Arrigoni Vittorio
Bruschi Marco (detto Max)
Calaminici Arturo
Caputo Roberto
Casati Ezio
Cavicchioli Arianna
Clerici Michele
De Gaspari Mario
De Nicola Giovanni
Elli Enrico
Foglia Giuseppe
Fortunati Ombretta
Frassinetti Paola
Gaiardelli Andrea
Gatti Massimo
Gavazzi Attilio
Greco Luigi
Grimoldi Paolo
Guerra Luca
Maestri Pietro Maria
Malinverno Marco
Mauri Matteo
Meroni Fabio
Modugno Roberto
Musciacchio Camilla
Patta Antonello
Pezzoni Alessandro
Pioli Pier Mauro
Pozzati Vittorio
Scarano Giuseppe
Assenti giustificati i Consiglieri Barbaro e Re.
Sono altresì presenti gli Assessori provinciali: Barzaghi, Brembilla, Casati, Dioli,
Grancini, Matteucci, Mezzi e Rotondi.
Constatato che l’adunanza è valida per legalmente deliberare, il Presidente del
Consiglio dichiara aperta la seduta, e così si esprime: “Come sapete, sono
formalmente calendarizzati gli interventi ex art. 83. Ringrazio i Consiglieri perché
vedo che nessuno si è iscritto, d’altra parte noi abbiamo un Consiglio dopodomani,
quindi inizieremo naturalmente il Consiglio di giovedì con gli ex art. 83. Noi stasera
dobbiamo soprattutto concludere il dibattito sul tema della riforma scolastica, poi io
chiedo con forza, mi scuso con i Consiglieri, ma sono costretto a farlo, di aprire la
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discussione sul Piano Faunistico Venatorio che è già stato rinviato e che necessita di
essere approvato in questa seduta.”
Nel frattempo è entrato in aula il Consigliere Censi. (presenti 34)
Consigliere Elli: “Rapidamente sull’art. 83. Volevo ringraziare proprio lei,
Presidente, leggo la sua nota: “Ho fatto una nuova sollecitazione alla Giunta per la tua
interrogazione sul viaggio a New York, insisterò nelle prossime settimane”. La
ringrazio per questa sua sollecitudine, vedo la presenza del Presidente Filippo Penati
a tutte le riunioni, sui giornali e dove ci sono le televisioni c’è sempre, non riesce a
trovare un minuto di tempo, da mesi, nonostante i solleciti miei e i solleciti suoi, per
dare una risposta su cosa è andato a fare a New York, quanti soldi ha speso, qual è lo
scopo della missione e gli obiettivi raggiunti. Credo che se la trasparenza deve
guidare, come è stato detto, questo ente, è opportuno che il Presidente trovi un minuto
non solo per le televisioni, ma anche per riferire al Consiglio, come dovrebbe essere
suo preciso dovere, il senso della missione che ha fatto, all’insaputa di tutti, a New
York. Missione importantissima, può darsi, gradiremmo saperlo.”
Presidente del Consiglio: “Consigliere Elli, vorrei precisarle che all’insaputa di tutti è
un termine improprio, le ho detto che aveva avvisato il Presidente del Consiglio. Ho
spiegato che non ritenevo opportuno in quella situazione un’adesione diretta dei
Consiglieri. Comunque riferirò naturalmente al Presidente.
Vi chiedo soltanto a questo punto pochi minuti, per poter ogni tanto dare risposte alle
interrogazioni, per dare la parola all’Assessore Brembilla sull’interrogazione del
Consigliere Malinverno, a proposito della variante parziale delle aree sud - ovest
Paullese.”
Il Presidente del Consiglio pone quindi in trattazione lo:
ARGOMENTO N. 1/66 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Interrogazione presentata
in data 24 maggio 2005 dal Consigliere Malinverno, in merito a una variante parziale
al PRG vigente denominata “Variante parziale aree sud – ovest Paullese”, approvata
dal Consiglio comunale di Peschiera Borromeo in data 28 febbraio 2005.
Assessore Brembilla: “Avevo preparato per il Consigliere Malinverno una risposta
all’interrogazione, l’avevo preparata per l’ultimo Consiglio, che è stato sospeso per le
note vicende che hanno colpito la città di Londra. In quella risposta dicevo che avevo
interpellato l’Amministrazione di Peschiera ed ero in attesa di avere da questa
Amministrazione delle informazioni, delle notizie, rispetto al fatto che non avessero
tenuto conto del parere del Parco. La risposta, che anche è stata consegnata al
Consigliere, diceva qualche giorno fa soltanto questo.
Sono pervenute poi alla mia attenzione i chiarimenti da parte dell’Amministrazione di
Peschiera, faccio consegnare poi al Consigliere la risposta scritta. Noi avevamo
sollevato tre problemi, tre temi, come direttivo del Parco, e dall’Amministrazione
comunale, secondo la documentazione che il Sindaco ci ha inviato, si è ottemperato a
tutte le prescrizioni del direttivo.
La prima è quella di adeguare lo strumento urbanistico comunale alla pianificazione
del Parco. Secondo l’Amministrazione di Peschiera questo è già stato fatto,
addirittura nel 2000, non c’erano le ragioni per fare ulteriori adempimenti, se non
correzioni di errori materiali che erano stati compiuti nell’atto originario.
La seconda richiesta era quella di togliere la strada senza sbocco, che non era prevista
e non era prevedibile.
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L’altra, il rispetto degli standard urbanistici che non poteva essere concretizzato
all’interno delle aree ubicate nel Parco. Anche a questo l’Amministrazione di
Peschiera ha risposto dando attuazione alle prescrizioni del direttivo del Parco.
Questa è la nota che il Sindaco mi ha fatto pervenire nella data del Consiglio scorso,
il 7 luglio, e con queste comunicazioni credo sia sufficiente la risposta
all’interrogazione del Consigliere.”
Nel frattempo sono entrati in aula i Consiglieri Accame, Dapei, Del Nero, Esposito,
Lombardi, Nobili, Tranquillino. (presenti 41)
Consigliere Malinverno: “Volevo ringraziare l’Assessore, deve avere la pazienza che
verifichi con calma. Mi piacerebbe però avere la lettera del Sindaco, se me la fa avere
in copia, la ringrazio molto.”
Il Presidente del Consiglio pone quindi in trattazione lo:
ARGOMENTO N. 43 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Dibattito sul tema della
riforma scolastica.
Presidente del Consiglio: “Ricorderò che sono già intervenuti i Consiglieri Bruschi,
Frassinetti, Elli, Accame, Gavazzi, Arrigoni. Ricorderò poi che al termine della
discussione metterò ai voti i due ordini del giorno presentati, rispettivamente, dalla
maggioranza e dalla minoranza. Sono in attesa di leggere le vostre iscrizioni alla
discussione. Do la parola al Consigliere Esposito.”
Consigliere Esposito: “Innanzitutto due parole di scusa perché alcuni interventi nello
scorso dibattito sul tema della scuola hanno procurato una qualche ilarità che io
personalmente sono riuscito a stento a trattenere, anche perché alimentata, questa
tendenziale ilarità, da un paio di interventi di cosiddetti tecnici sul tema della scuola,
che non mi erano apparsi assolutamente tali fino in fondo.
Ma, al di là di questa premessa, ho ascoltato con attenzione quanto è stato detto e
sono stato combattuto tra rispondere o intervenire in maniera tendenzialmente ironica
alle accuse che si fanno alla riforma del Ministro Moratti o se invece prendere fino in
fondo sul serio alcune argomentazioni, delle quali talune hanno anche qualche
fondamento sul piano delle preoccupazioni istituzionali. Allora mi sono ripromesso di
lasciare agli atti due righe che avevo scritto sulla riforma Moratti e che ho voluto
recuperare, già pubblicate sul ‘Punto della Martesana’ e che avevo sottoscritto nello
scorso settembre, quando la polemica sull’avvio della riforma nel primo ciclo era
scoppiata in tutta la sua forza per gli aspetti legati alla scuola primaria e alla scuola
secondaria di primo grado, entrambe afferenti al primo ciclo.
Ho notato lo scorso dibattito un paio di interventi che mi hanno sollecitato a una
considerazione di carattere tendenzialmente amaro. Ho sentito quanto ha detto e
scritto l’Assessore Barzaghi e quanto ha detto e scritto il Direttore regionale Dutto.
Per quanto attiene l’intervento dell’Assessore Barzaghi ci troviamo di fronte ad una
presa di posizione, una scelta di campo che io non contesto perché è del tutto
legittima e tra l’altro prosegue le linee di un intervento e di una presenza della
Provincia sul tema della scuola che erano già state nel programma della Giunta
accennate, tratteggiate, quando al di là della praticabilità normativa si diceva che la
Provincia intende sostenere “la costruzione di curricola scolastici tesi a formare
criticamente i giovani, arricchendo il loro bagaglio di valori civili e democratici”. Era
un passaggio che io ho colto e che avevo anche sottolineato al tempo in un manifesto.
E, nel capitolo politiche formative, a onore dello spirito di collaborazione
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istituzionale, questo l’ho detto con ironia, collaborazione istituzionale che viene
anche invocata in questo intervento iniziale, almeno nelle pagine iniziali, “volontà di
correggere in modo sostanziale e dal basso lo spirito della riforma Moratti della
scuola.” E’ chiaro che ci troviamo, come ho già scritto, di fronte ad una linea di
continuità, rispetto alla riforma Moratti, che è talmente scoperta, molto evidente,
rispetto alla quale anche l’intervento dell’Assessore Barzaghi non procura stupore.
Un paio di passaggi però mi hanno preoccupato, anche perché l’accenno alla
“deforma”, faccio per dire, per quanto attiene il passaggio centrale mi ha
impressionato, come anche il passaggio sulla cosiddetta formazione spirituale e
morale, anche ispirata ai principi della costituzione, lì dove Barzaghi notava questo
“anche” come concessivo.
Noi pensiamo, e io personalmente penso che la formazione spirituale e morale non
debba essere riposta nei principi ispiratori della costituzione. Intanto, coeducare e non
educare, ma se devo contribuire a costruire una formazione spirituale e morale che è
affidata alla coscienza morale e civile della famiglia, sicuramente il mio testo di ideali
e valori non è l’introduzione alla costituzione se non per quanto attiene lo spirito
civico e civile dei diritti di cittadinanza ma ad altri testi. In particolare, personalmente
per quanto attiene l’ispirazione e l’orientamento faccio riferimento alla Dottrina
sociale della Chiesa, per quanto attiene la praticabilità dei principi e valori che
possono, a mio parere, ispirare una educazione che ha un riferimento nella tradizione
e a un sistema di valori che pochi possono contestare.
Detto questo, quell’intervento si chiudeva e si chiude con l’apertura di una nuova
frontiera strategica per la democrazia del nostro Paese. Con “avvertimento”, nulla di
paramafioso, a “un eventuale decreto che apparirebbe ai più come un vero e proprio
colpo di mano, se così fosse, sarebbe un vero e proprio blitz. Se così fosse, il nostro
profondo rispetto per le istituzioni non potrebbe che portarci a intraprendere
un’azione istituzionale tesa a contrastare eventuali forzature”. Siamo alla
prospettazione della Provincia militante sul tema della scuola. Siamo perfettamente in
linea con quello che è stato detto; resta amara la considerazione che per cultura noi
pensiamo, e questo lo dico all’amico e collega Barzaghi, che il ruolo di un Assessore
della Provincia, nel momento in cui viene eletto, così come il Presidente della
Provincia, noi pensiamo sempre debba fare un salto di qualità istituzionale per il
quale cessi di essere parte e in qualche modo si sforzi di essere interprete di una voce
più complessiva. Però, ripeto, non è un taglio, è uno stile che noi pretendiamo da tutti;
fa riferimento ad una cultura che può essere assolutamente discussa e criticata.
Dall’altra parte ho messo e ho comparato lo stile del Direttore regionale Dutto, il
quale invece di raccontarci, come qualcuno diceva, gli amici anche del Gruppo,
parole, ci ha elencato una serie di numeri. E’ stato assolutamente asciutto e mi piace
ricordare, a fronte delle critiche che sono state fatte, la dimensione della spesa in
Lombardia, da 4.900 miliardi a 5.200 miliardi di euro l’incremento della spesa, e solo
per il fondo di istituto 44.000 a 5.300 miliardi. Gli organici stabili in questi ultimi
quattro anni, con l’incremento dello 0,7% sul piano regionale e provinciale. Il 38%
della popolazione assistita dal 39% di posti in organico, con uno “squilibrio”
virtuoso. Il rapporto docenti studenti dell’area Ocse, 19 contro 22 per numero di
alunni: il nostro è il 19 e il 22 quello dell’area Ocse. 10 alunni per docente, 17 per
docente nell’area Ocse. Cito i dati che ha detto Dutto e che nessuno ha potuto né può
contestare. Il tempo pieno è passato dal 37 al 41% nella Regione e dal 78 al 86% in
Provincia. Si parlava di scomparsa del tempo pieno. Per l’infanzia statale, accanto
alla generalizzazione del servizio, la presenza dell’infanzia statale, del sistema riferito
allo Stato, quasi al 50% nella Regione Lombardia. Altri dati sono stati dati sul
precariato, sui disabili, soprattutto per quanto atteneva le considerazioni sulla
sensibilità ed efficienza dell’intervento sui disabili della Regione Lombardia nella
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Provincia di Milano e il fondo sugli stranieri, a fronte di quel piano di lavoro di 54
docenti su 130 del nazionale.
Il Direttore regionale Dutto è venuto a citarci questi dati e ha concluso dicendo che
sarebbe un grave errore “non riconoscere quanto oggi viene quotidianamente
realizzato nelle scuole, preferendo le controversie politiche. Gli studenti, a cui ci lega
una responsabilità pubblica sono quelli che oggi sono nelle nostre scuole e non hanno
il tempo di attendere la composizione delle controversie politiche”. Così ha chiuso il
suo intervento Dutto.
Mille altre cose avrei da dire su alcune chiare bugie che sono inserite anche
nell’ordine del giorno che è stato proposto, in particolare quella del tempo pieno,
quando si parlava della scomparsa. “E’ confermato, in via di prima applicazione per
l’anno scolastico 2004/5 il numero dei posti attivati complessivamente a livello
nazionale per l’anno scolastico 2003/4 per le attività di tempo pieno e di tempo
prolungato, ai sensi delle norme previgenti. Per gli anni successivi ulteriori
incrementi di posti per le stesse finalità possono essere attivati nell’ambito della
consistenza dell’organico complessivo del personale docente”. E’ una delle tante
bugie che io contesto e che sono contenute nell’ordine del giorno e per le quali ho una
documentazione che però non mi consente di esaurire l’intervento entro il termine
fissato. E’ per questo che ho scelto di leggere soltanto le due righe in considerazione
sul tema della riforma, che vogliono essere invece più leggere e più ironiche di
quanto sia un intervento serioso.
La colpa non è dei Ministri che di volta in volta si accingono a riformare la scuola, se
non si riesce talvolta a capire il senso che hanno i cambiamenti che ci propongono.
Pensiamo al progetto Berlinguer che prevedeva contemporaneamente l’iscrizione alla
prima superiore delle seconde e delle terze medie con un fantasioso meccanismo di
estrazione a sorte, sostitutivo della promozione, l’onda anomala, ma nel significato
equivoco che assume la parola “riforma”, anzi il prefisso “ri”, che è poco serio
rispetto a molti altri che svolgono un ruolo ben preciso e inequivocabile. Se infatti
viene anteposto alla parola nascere, assume il significato metaforico di nascere una
seconda volta. Basta porlo davanti alla parola muovere che assume ben altra funzione.
Se pensiamo a cosa combina davanti a gettare e ferire, ci accorgiamo che è un
prefisso di cui non ci si può fidare. Limite del linguaggio, che assolve chiunque
voglia compiere qualcosa di sensato nelle questioni che riguardano la scuola. Eppure
questa sembra la volta buona, finalmente prevale il pragmatismo. Messi da parte i
grandi pensatori, quelli che sanno di ………, mi scusino gli altri se non li cito, si
ripristina il voto di condotta, perché finalmente qualcuno è entrato nelle classi e ha
capito che metà del tempo del docente viene speso per inutili interventi disciplinari.
Benissimo, si sono accorti anche che il docente vigilante in mensa può essere
sprecato. Ma bene! Vuoi vedere che stavolta fanno piazza pulita di tutti quei progetti
che hanno ridotto la scuola ad oratorio, in cui i docenti si improvvisano, spesso senza
alcuna abilitazione specifica, esperti di teatro, informatica, scacchi, erboristeria,
cinematografia e così via. Non sembra vero, finalmente qualcuno ha capito che il
tempo che impieghi a studiare gli scacchi ti manca poi per il teorema di Pitagora. Da
alcuni anni, infatti, arrivano alle medie ragazzi che sanno tutto sulla riproduzione
delle piante, perché hanno seguito il progetto “Terra, amica terra”, ma non sanno
leggere e scrivere.
Da alcuni anni, in questa rappresentazione dei problemi scolastici, non può certo
mancare un cenno sullo studio delle lingue straniere. Le classi di prima media
venivano formate con alunni che avevano studiato alle elementari la lingua inglese,
altri che avevano studiato il francese, altri lo spagnolo e altri ancora il tedesco. In
base a quale criterio? Il criterio della maestra. Ma che criterio? Era il criterio che se
una maestra aveva fatto il corso di 600 ore di tedesco, il bimbo imparava il tedesco e
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se aveva fatto di francese, imparava il francese. Ma era sicuro che la maestra, dopo
600 ore, sapesse insegnare le lingue, soprattutto era sicuro che l’alunno le imparasse?
Che importa, tanto poi quando arrivava alle medie ricominciava tutto daccapo. Esito:
bastava assistere agli esami di terza media. Dopo 8 anni di studio delle lingue, il
povero allievo non riusciva a mettere due parole in croce in nessuna delle tante lingue
studiate, e i genitori erano anche contenti perché i loro figli avevano fatto il
bilinguismo. Non fatemi tirare in ballo …… per documentare quanto siano importanti
i primi anni di età per l’apprendimento delle lingue. Se le lingue però saranno studiate
seguendo un percorso didattico che va dalla prima elementare alla terza media, dopo
8 anni di studio di una lingua l’esito sarà certamente diverso da quello attuale.
Il quadro, infine, non è completo se non si mettono in piazza anche i problemi del
tempo prolungato. Il tempo prolungato è un servizio, benissimo, ma perché deve
essere intermittente? Il lunedì sì, il martedì no. Abbiamo scoperto che la compresenza
nel tempo prolungato può essere uno spreco di risorse. Utilizziamo queste risorse ed
estendiamo il tempo prolungato a tutti i giorni della settimana. Si vuole offrire
un’opportunità in più a chi non ce la fa? Gli si imponga di frequentare la scuola al
pomeriggio, visto che in Italia la bocciatura è un tabù e le scuole professionali sono,
dicono, una discriminante sociale. Se in scienze si studiano gli oggetti della natura e
in tecnica gli oggetti dell’uomo, perché i primi devono essere obbligatori e i secondi
facoltativi? Perché gli insegnanti di educazione tecnica non possono insegnare anche
in scienze, visto che spesso sono costretti a spiegare prima il fatto scientifico e poi
quello tecnico? Perché con il grande bisogno che abbiamo di parlare bene almeno la
lingua inglese, si erano ridotte le ore obbligatorie di inglese nelle scuole medie? Sì,
ma perché non si dice anche che si possono affrontare questi problemi con
l’autonomia, definendo un criterio per le materie facoltative e la compensazione? Con
quale criterio si stabiliscono le materie facoltative? Con il criterio della maestra o
quello del collegio? Non riesco proprio a capire che senso avrebbe una riforma del
genere se non ci fosse l’autonomia, ma l’autonomia c’è, diversamente il termine
riformare assumerebbe nella scuola italiana il significato che aveva quando si andava
a fare la visita per essere arruolati.”
Nel frattempo sono entrati in aula l’Assessore Corso ed il Vice Presidente del
Consiglio Albetti. (presenti 42)
Consigliere Modugno: “Inizio questo mio intervento chiedendo scusa a tutti i soggetti
presenti nelle precedenti sedute del 30 giugno e del 7 luglio, che hanno dovuto
sopportare i nostri regolamenti, a volte astrusi, comunque poco comprensibili a degli
esterni e che hanno loro imposto tempi non coerenti alle loro aspettative. Scuse anche
relative all’insieme del dibattito, che a volte, e qui mi trovo d’accordo stranamente
con chi mi ha preceduto, il Consigliere Esposito, credo abbia raggiunto toni da Asilo
Mariuccia, cosa che parlando di scuola ed essendo il soggetto in questione
un’istituzione meritevole, potrebbe essere un onore ma che invece, trattandosi di una
sede politica ed istituzionale, rischia di connotarsi come una forte caduta di stile e di
credibilità. Ancora di più, e mi dispiace quando si sentono espressioni come
“Assessore Spranghetta”, che, se dette in buonafede, raggiungono livelli da osteria,
comunque disdicevoli per un’istituzione come è questo Consiglio, e che, se invece
maliziose, sono irrispettose ed insultanti non soltanto per il diretto interessato, ma per
tutta la nostra assemblea.
Per entrare invece nel contesto del dibattito, che con questa sono tre sedute che ci
vede impegnati, vorrei ricordare le motivazioni che ci hanno spinto ad affrontarlo.
Primo, una serie di valutazioni politiche di ordine generale, vista l’importanza
dell’argomento. Secondo, le sollecitazioni pervenute a decine e decine da parte degli
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enti locali, preoccupati dalle conseguenze che si abbattono su di loro e che ritengono
inaccettabile come i costi di una scuola di qualità e garante per tutti di pari
opportunità, vengano scaricati sulle singole dirigenze scolastiche e, di riflesso, ancora
una volta sulle comunità locali, chiamate a ripianare con risorse proprie il deficit
d’investimento dell’Amministrazione centrale nel settore dell’istruzione in generale, e
nella scuola pubblica con particolarità. Lasciare ogni anno la definizione degli
organici agli esiti della legge finanziaria significa infatti considerare precaria e/o
marginale questa importante risorsa educativa.
Terzo aspetto che ci ha spinto a questo dibattito, le pressioni popolari, dove però
popolo non è un termine generico ma portatore di realtà e di soggetti vivi che
agiscono nell’ambito scolastico. Penultimo, valutazioni sugli impatti che ci
concernono come ente, come istituzione. Infine, l’opportunità, anzi la necessità
istituzionale, di contribuire ad incidere nei confronti della legge in relazione
all’offerta della prossima conferenza Stato/Regioni.
Provo a cominciare ad entrare nel metodo. Su un problema fondamentale come la
scuola, il processo educativo e formativo che ha come compito precipuo quello di
formare i cittadini futuri, ci ritroviamo con la scelta della Ministra Moratti e del
Governo tutto che si basa sul continuo, costante, reiterato scontro frontale con tutti i
soggetti interessati, a partire dai docenti di ogni ordine e grado, dal personale della
scuola non docente, con i ricercatori, con gli studenti, ma qui lasciamo cadere, con i
genitori, con tutte le organizzazioni sindacali, con le categorie imprenditoriali.
D’altronde, questo è un metodo che per la maggioranza governativa è stato
pervicacemente perseguito dal bel principio della legislatura e su tutti quanti i fronti.
E’ stato deciso di blindare un provvedimento che in realtà non riguarda la scuola in
senso stretto, bensì il Paese tutto. La prospettiva dell’Italia è quella che ormai la
stragrande maggioranza di tutti gli analisti definiscono il rischio di ripiegamento o,
peggio ancora, di declino del nostro paese.
Nel merito. Se si incrociano i dati delle tabelle Ocse sulla produttività del sistema
scolastico in termini quantitativi e qualitativi e le tabelle relative agli andamenti
demografici, si sottolinea come nel 2030 viene previsto che saremo in carenza di
milioni di persone di fascia tra i 20 e i 40 anni, vedremo che c’è un problema che
riguarda la capacità di riorganizzare l’offerta formativa e di conoscenza, di attivare
popolazioni, generazioni, età che oggi sono disattive rispetto al mondo del lavoro, di
rimontare un ritardo micidiale che abbiamo nelle conoscenze delle varie generazioni e
produrre, attraverso un rinnovamento degli istituti di offerta della formazione, nella
ricerca, e della loro trasferibilità, un flusso di conoscenza. Intendiamoci, a noi piace
l’idea di scuola come strumento di inclusione, sappiamo che abbiamo di fronte
passaggi nei quali i termini di flessibilità, delle divisioni, della frantumazione sociale
richiederanno uno strumento più forte. Sappiamo però anche del tema del rapporto tra
scuola ed economia.
Vorrei chiedere a tanti degli interventi fatti dai banchi dell’opposizione, visto che
sono stati così appassionati al rapporto tra scuola ed economia: con quali economisti
parlate? Parlate forse con Confindustria? Che si parli con qualsiasi degli economisti
oggi esistenti, non ce n’è uno che non vi dirà che tutto l’impianto della riforma è
quantomeno improprio. Un’idea che si proponga di accostare l’offerta alla domanda,
di piegare un sistema formativo ad una domanda di impresa così com’è adesso, è
quantomeno inappropriato. Nessun economista lo sosterrebbe. Farlo sarebbe un errore
gravissimo per il Paese, un qualsiasi economista direbbe che si deve partire con un
intervento d’urto dal lato dell’offerta. Bisogna immettere più conoscenza diffusa e
poi, dal lato della domanda, stimolare una sua riqualificazione. Ad esempio,
patrimonializzando nei percorsi di lavoro e nei contratti l’acquisizione di conoscenze
o alzando gli standard di qualità per le imprese. Sappiamo bene che non è facile
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trovare risposte, certamente però esse non sono rappresentate dalla strada intrapresa
con la cosiddetta riforma Moratti. Semmai la prima cosa che viene in mente è dire:
facciamo un piano straordinario di edilizia scolastica, occupiamo in modo permanente
le strutture scolastiche, attiviamo tutte le risorse presenti nel corpo docente. Altro che
ridurle! Garantiamo un turnover adeguato, abbiamo bisogno di queste risorse.
Lanciamo un piano di educazione per gli adulti ed investiamo su questo nella
formazione professionale. Allarghiamo la conoscenza di base per tutti e non
facciamo, sulla testa e nella testa di un ragazzino di 13 anni e della sua famiglia, una
divisione tra il sapere ed il fare. Chi opera nella scuola, chi ha conosciuto il mondo
scolastico e della formazione professionale, sa benissimo che si stanno mettendo su
due binari diversi, a 13 anni, i giovani di questo Paese. Se in buonafede c’è chi pensa
che questo non avvenga, che ciò si possa rimontare con passerelle, io credo si tratti di
una prospettiva onirica. Non esiste questa prospettiva, abbiamo invece bisogno
dell’operazione opposta, allargare la conoscenza di base per tutti e poi, su questo,
innescare tutti gli altri processi.
Per tali ragioni, di fronte ad un problema Paese, non ad un problema scuola specifico,
bisognerebbe lasciare da parte le retoriche delle opportunità e del diritto/dovere. C’è
una parola moderna, si chiama innalzamento dell’obbligo scolastico, una buona
scuola per tutti. Viene spesso evocata la ricerca a Pisa sul livello di apprendimento
nei Paesi Ocse, sfugge troppo però che quella stessa ricerca dice che i sistemi
comprensivi, quelli cioè che non prevedono canalizzazioni degli alunni in scuole con
obiettivi e curricoli diversi prima, e lo ripeto, prima dei 15 anni, hanno i migliori
risultati in termini di equità ed efficacia. Equità, strana parola, significa garantire pari
opportunità di accesso ma anche di successo scolastico, a prescindere dal capitale
culturale della famiglia, dal reddito, dallo status. Se la scuola venisse meno alla sua
funzione di grande vettore di mobilità sociale e di democratizzazione, verrebbe meno
al suo ruolo. Essa non premierebbe gli sforzi e la passione di quei docenti, e sono
tanti, che a tale impegno credono ed a tale impegno si riconoscono, apportandovi la
loro alta professionalità e la loro etica pubblica. Certamente non è riformatore il modo
in cui, con le previsioni delle quote regionali, viene minato il principio per noi
basilare dell’autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche,
sostituendo così un vecchio ed obsoleto centralismo ministeriale con un più
strisciante e non meno insidioso centralismo regionale. E’ come se l’autonomia
scolastica non fosse, come è invece, la cifra con cui leggere un autentico processo di
raccordo tra territorio e scuola, tra esigenze di flessibilità e crescita culturale della
comunità. Bisogna operare grazie all’istituzione scolastica, non contro, non in
opposizione, ma assieme e con l’istruzione scolastica. Mi riferisco ad una scuola della
comunità coerente con quel principio della sussidiarietà orizzontale che faceva dire a
Don Sturzo: sono unitario ma federalista impenitente.
Per ultimo, una riforma seria, quand’anche sbagliata e regressiva come io ritengo sia
questa, si fa con le risorse. In questo caso, le risorse finanziarie non ci sono, a nessun
livello. In sostanza, la riforma Moratti si può definire come una legge manifesto, della
quale verranno lasciati in eredità al Paese solo gli effetti negativi. Non c’è alcuna
risposta all’altezza delle attese, delle aspirazioni, dei bisogni dei ragazzi, delle
famiglie, dei docenti, degli operatori della scuola, sulla cui passione e professionalità
andava invece costruito un progetto di scuola condiviso e partecipato.
Infine, ritengo necessario un passaggio su quelle che potrebbero essere, anzi saranno,
le conseguenze relative all’approvazione del decreto legislativo concernente le norme
generali ed i livelli essenziali delle prestazioni, sul secondo ciclo del sistema
educativo di istruzione e formazione professionale, le cui competenze l’ente
Provincia di Milano vuole rivendicare ed ampliare, proprio in conseguenza della
nostra specificità, nelle esperienze avanzate già in essere, della nostra volontà di
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contribuire al più vasto mondo del sistema educativo e formativo. Preso atto, tra
l’altro, che la stessa Associazione di Coordinamento degli Enti di Formazione
professionale della Lombardia dichiara come i processi di riforma della scuola
secondaria sembrano prefigurare un ruolo sempre più marginale dei sistemi di
formazione professionale regionale, nei quali tra l’altro si sono richiesti investimenti
massicci, il cui venir meno porta la stessa Associazione a formalizzare lo stato di crisi
dei propri associati. Preso atto che lo schema di decreto presenta una separazione tra
il sistema dei licei e quello della formazione professionale, tale da prefigurare una
declassificazione della stessa formazione professionale, convinto invece come sono
che solo affermando, praticando e garantendo la pari dignità di tutti i percorsi
formativi sarà possibile fare della cultura del lavoro un fattore di promozione sociale
e raccordare le politiche di riforma del secondo ciclo dell’istruzione con il processo di
innovazione della formazione, così come è indicato dall’Unione Europea ed auspicato
dalla quasi totalità della società civile. Preso atto, per ultimo, che con il decreto
76/2005 sul diritto/dovere all’istruzione e formazione, non sono stati definiti i livelli
essenziali di apprendimento e di competenze tali da garantire a tutti gli studenti la
nuova configurazione della formazione professionale, unita al destino degli istituti
tecnici e professionali, rendono l’impianto della riforma confuso ed irrealistico, tanto
da imporci la richiesta di ritiro dei decreti attuativi stessi, allo scopo di un
ripensamento complessivo dell’intera legge di riforma.”
Nel frattempo è entrato in aula il Consigliere Colli. (presenti 43)
Presiede il Vice Presidente del Consiglio Albetti.
Consigliere Guerra: “Penso che la riforma Moratti rientra nella logica più vasta di una
logica di una cultura che va oltre il tema della scuola, è una logica, è una concezione
della società che colpisce il mercato del lavoro, la sanità, la concezione della carta
costituzionale. D’altronde, il padre ispiratore di questa riforma è quello che dice che
la costituzione italiana è di stampo sovietico, per cui da una concezione del genere è
chiaro che consegue che la scuola deve essere fatta in un certo modo, in un’ottica e in
una logica precisa.
Vorrei dire questo, stiamo parlando del sistema scolastico pubblico, che è un
architrave in questo Paese, anzi in questo Paese ha garantito l’istruzione e anche
un’istruzione di alta qualità. Chi ha fatto probabilmente la scuola privata dice che
vuole andare a trovare il papà Cervi e nessuno gli ha detto che il papà Cervi è morto e
quindi ha avuto quel tipo di formazione. Io penso invece che in questo paese la scuola
pubblica abbia svolto, in questi decenni, un grande compito, abbia fornito per decenni
una cultura enorme in questo Paese ed è proprio questo sistema scolastico che viene
oggi distrutto con la deforma Moratti, sono d’accordo con l’Assessore, perché la
riforma nella storia delle socialdemocrazie è un concetto nobile, la riforma migliora
una cosa che esiste, la deforma invece è qualcosa che distrugge quel poco o quel
tanto, come io penso, che già esiste nel nostro Paese. La deforma Moratti distrugge
quello che la scuola pubblica in questo Paese ha fatto per decenni e quello che ha dato
in termini di patrimonio culturale nel nostro Paese. E’ la stessa logica che viene
applicata nel mercato del lavoro con la legge 30, la cosiddetta Biagi, è la stessa logica
che verrebbe applicata nel campo della sanità, sono le logiche di deforma che
distruggono tutto quello che rientra nel cosiddetto welfare state del nostro Paese, nel
nome della libertà, dell’autonomia. Poi questo concetto di libertà è curioso, perché la
libertà da una parte politica viene solo letta in termini di impresa, ma la libertà nei
diritti civili, invece, questa sfera non viene proprio toccata, per cui bisogna essere
liberi con le imprese ma non liberi sui diritti civili. E’ una contraddizione, anzi su
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questo campo il Polo diventa particolarmente oscurantista, attacca pesantemente sui
diritti civili. Allora lì parlare di libertà diventa un tema alquanto difficile, astioso, anzi
è meglio non parlarne.
Volevo toccare semplicemente due aspetti di questa deforma Moratti. Il primo è
quello che mi ha colpito particolarmente, è in pratica il punto ispiratore, che divide i
licei dalle scuole professionali. Ecco, sotto questo punto penso che si ritorni indietro
di quaranta anni, al 1962, dove c’erano le vecchie scuole dell’avviamento al lavoro,
sono anni in cui io non c’ero neanche, ma leggendo, parlando, con gente più grande di
me, mi ricorda il 1962, quando con un governo di centrosinistra, che poi era un
centrosinistra democristiano con socialisti, si arrivò a quella grande conquista sociale
in cui si aboliva questa divisione scolastica che si traduceva poi anche nella società, e
si portava avanti nelle conquiste un concetto di scuola pubblica garantita a tutti, per
dare a tutti le stesse opportunità.
Guardate, la cosa più bella che io ho visto è sentire parlare un minatore del Sulcis,
una persona che vive a 400 metri sotto terra, che dice: io ho passato la mia vita sotto
terra, ma mio figlio fa l’avvocato, mio figlio fa l’ingegnere, mio figlio fa il medico.
Ecco, io penso che la cosa più bella che il servizio pubblico in questo Paese ha
garantito sia stato proprio questo, dare a tutti le stesse possibilità e non dividere
classisticamente la scuola in funzione del ceto sociale, quindi: tu sei avvocato? Tuo
figlio farà il liceo perché avrà la tua stessa preparazione, avrà le tue stesse possibilità.
Tu sei operaio: tuo figlio andrà nelle scuole di formazione professionale, perché tu
devi fare quello.
Penso che in questa deforma Moratti si fa un salto indietro, ma anche culturalmente,
si ha una concezione chiara della società. E’ molto chiara la società che viene
rappresentata e viene tentata di costruire nell’ottica di questa deforma Moratti.
Poi c’è una questione che io reputo sia scandalosa, cioè che in un Paese civile bisogna
investire pesantemente sull’istruzione e sulla cultura, quindi battersi per
l’innalzamento dell’obbligo scolastico, ma più come questione etica, morale, più
come scelta di civiltà, perché come ci dicono i dati, un innalzamento dell’obbligo
scolastico significa anche un innalzamento dell’economia di questo Paese, significa
investire seriamente sul futuro, significa guardare avanti. Lo voglio dire con
chiarezza, ma l’abbiamo detto in tutti gli ambiti, il nostro partito politico, se il
centrosinistra dovesse vincere le prossime politiche, non si limiterà ad emendare, a
correggere, a rivedere la legge Moratti. L’impegno che prendiamo è quello di
abrogare la legge Moratti, di cancellarla, di fare, come primo atto simbolico,
l’abrogazione di una legge che non ha nulla a che fare con la società, che non ha nulla
a che fare con la scuola e che in questi mesi e in questi anni ha fatto vedere come dal
basso, genitori, insegnanti, Comuni, enti locali, Province, chiaramente tutti comunisti,
evidente, hanno dimostrato che questa legge non sta in piedi, proprio è
endemicamente in crisi ed è improponibile. E’ una legge che non porterà frutti al
nostro sistema, è una legge che ferisce moralmente questo Paese, ed è soprattutto una
legge che cita, al comma 3, dell’art. 1, è impressionante questo, mi ha molto colpito:
“Nel secondo ciclo del sistema educativo sono promossi il conseguimento di una
formazione spirituale e morale anche ispirata ai principi della carta costituzionale”.
Ecco, in quell’anche si vede tutta l’ambiguità di questa legge, si vede tutta la
pochezza di questa legge e soprattutto, lo ripeto per l’ennesima volta, si vede l’idea
della società che questa legge prevede, la società divisa in classi, i ricchi nei licei per
comandare e i figli degli operai a casa, in fabbrica, nelle diverse fabbriche.
Vorrei chiudere con questo, vorrei vedere tanti minatori del Sulcis essere orgogliosi
del proprio figlio e, conseguentemente, del sistema scolastico del nostro paese.”
Presiede il Presidente del Consiglio Ortolina.
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Assessore Rotondi: “Il mio, dico subito, vuole essere il contributo dell’Assessore alla
formazione professionale. Quindi una mirata lettura del testo di legge e dei suoi
decreti attuativi, a partire da un altrettanto mirato interesse: quale futuro per la
formazione professionale lombarda e milanese è prefigurabile, concluso che fosse,
ipotesi, il processo di riforma in itinere. Un interesse il mio che ha almeno tre ordini
di ragioni diverse. - Il primo è istituzionale: la formazione professionale è materia
attribuita alla competenza della Provincia; - In Provincia di Milano, seconda ragione,
insistono gli enti storici della formazione professionale, espressione del privato
sociale gli uni, significative istituzioni pubbliche sorte dalla volontà dei Comuni, dei
Consorzi dei Comuni le altre, garanti di tutti i segmenti della formazione
professionale (iniziale, superiore, continua, permanente). - Terza ragione, il
programma del Presidente, su cui si è costituita questa maggioranza e questa Giunta.
Leggo.
1) Punto centrale della mia proposta è la costituzione di reti territoriali, costituite
da Agenzie formative in grado di rispondere alle domande diversificate degli
utenti e delle famiglie, sia nella formazione d’ingresso nel mondo del lavoro
sia nella formazione degli adulti, disoccupati e non.
2) Stretta integrazione tra istruzione e formazione per realizzare il rapporto tra
scuola e mondo del lavoro e delle professioni, per favorire un orientamento
efficace, per sostenere il successo formativo. In questo contesto la nuova
Giunta si impegnerà a sostenere la sperimentazione di progetti integrati tra
scuola e formazione professionale che consentano di ridurre la dispersione
scolastica e di potenziare l’orientamento. Non uno di meno! E’ il nome della
nostra politica, volta alla lotta alla dispersione scolastica e a favorire il
successo formativo. Ciò sarà realizzato attraverso interventi volti a rendere
efficaci i rapporti in orizzontale e verticale tra i diversi ordini e gradi del
sistema educativo, interventi di orientamento scolastico e professionale,
interventi atti a realizzare le pari opportunità.
Durante la seduta consiliare dello scorso 12 maggio ebbi modo già di accennare alle
mie ragioni di dissenso riguardo il testo di riforma, a partire da una lettura d’insieme
del suo impianto. Io quelle ragioni confermo e non sto in questa sede a ripetere.
Costruisco questo mio contributo piuttosto proponendomi di rispondere a tre
domande, e di consegnare le tre risposte all’esame e al giudizio di questo Consiglio:
1. Quale formazione professionale garantisce la Provincia.
2. Quale formazione professionale dovrebbe e vorrebbe garantire.
3. Quale il contributo dell’offerta formativa di formazione professionale di
competenza della Provincia alla costruzione della riforma del secondo ciclo
del sistema educativo.
A costo di limitare l’ampiezza delle argomentazioni, intendo fare interagire tra loro: scelte e contenuti della legge di riforma e del decreto in particolare sul secondo ciclo;
- Cultura, storia e struttura della formazione professionale milanese e lombarda; Politiche della Provincia di Milano di promozione e sostegno dei diritti soggettivi,
quindi dei diritti all’educazione, al lavoro, all’inclusione sociale.
Da questa interazione derivo le mie proposte per quella che vorrei fosse la riforma
della riforma; da subito ovviamente impegnandomi ad agire, nell’esercizio delle mie
responsabilità, per la “più possibile” – mi sia consentita l’espressione – realizzazione
di queste stesse proposte.
Faccio partire il mio ragionamento da alcuni dati, da alcuni problemi oggettivi, li
elenco senza alcun ordine particolare di priorità.
• Dispersione ed evasione scolastico/formativa nella fascia di età tra i 14 e i 18
anni.
11
•
Fisionomia della domanda di formazione, rispetto alla quale disponiamo di
pochi dati ma i pochi dati disponibili descrivono una popolazione, peraltro in
crescita in quest’ultimo triennio, che si rivolge alla formazione professionale
perché offre un percorso formativo meno “scolasticizzato”, articolato
sull’alternanza/presenza delle attività pratiche ed operative.
• L’esistenza nell’ambito del mercato del lavoro lombardo, in particolare di
quello della Provincia di Milano, di una significativa domanda di profili
tecnici, con livelli di conoscenza e di competenze elevati e di professionalità
alte o medio alte.
• La grave condizione di precarizzazione e di crisi strutturale a cui è stato
portato il sistema lombardo e milanese della formazione professionale, dalle
scelte politico legislative, nonché programmatorio gestionali e finanziarie
imposte dai governi nazionale e regionale. In data 7 giugno, come già
ricordava il Consigliere Modugno, le Segreterie regionali Lombardia di CGIL,
CISL, UIL Scuola hanno dichiarato lo stato di crisi strutturale del sistema
della formazione professionale lombardo. In data 24 giugno le medesime
Segreterie hanno dichiarato un’intera giornata di sciopero del personale
direttivo, docente, tecnico ed ausiliario. Purtroppo, di giorno in giorno noi
registriamo un continuo incremento degli esuberi, quindi dei collaboratori
posti evidentemente in stand-by, in attesa di conoscere quale futuro il sistema
della formazione professionale lombardo dovrà verificare.
• La quantità e la caratterizzazione delle risorse finanziarie a sostegno
dell’offerta di formazione professionale nel suo complesso. Qui sono almeno
quattro i nodi che meritano attenzione:
1) le differenze attualmente esistenti in relazione ai meccanismi e alle
modalità di finanziamento tra il sistema dell’istruzione e quello della
formazione professionale;
2) le quantità finanziarie disponibili;
3) i criteri di accesso alle risorse pubbliche;
4) i meccanismi e gli strumenti giuridici da utilizzare per l’attribuzione delle
risorse stesse, non vi è possibilità di paragone tra i due sistemi.
• Ultimo problema, il ruolo programmatorio di governo attualmente svolto dalle
Province, concentrato tutto sulla formazione iniziale. Peraltro questo dato, di
fatto, risponde già alla mia prima domanda: quale formazione noi possiamo
garantire oggi.
A mio parere bastano questi cenni per dare conto delle ragioni del giudizio
essenzialmente negativo riguardo la legge di riforma, in particolare il decreto del
secondo ciclo, in quanto non risolvono, piuttosto acuiscono tutti gli accennati
problemi.
Altra questione che vorrei porre, l’urgenza di aprire un confronto con Ministero e
Regione, previa auspicabilmente una ripresa di iniziativa del UPL che consenta alle
Province lombarde di costruire e, ove possibile, concordare, una proposta unitaria
riguardo il futuro della formazione professionale e il conseguente ruolo delle
Province stesse.
A tali fini io ho voluto innanzitutto tentare, in questi mesi, di costruire una posizione
della Provincia di Milano riguardo le possibili prospettive della formazione
professionale e del ruolo della Provincia. In tal modo tenterei di rispondere alla
seconda domanda: quale formazione vorremmo e dovremmo garantire. Mi
permetterei proporre al legislatore che l’architettura dell’offerta di formazione
professionale sia definita innanzitutto secondo il criterio della doppia integrazione ed
allargamento, in orizzontale (ovvero nell’ambito del singolo segmento, con
particolare riferimento alla formazione iniziale), e in verticale (ovvero coerente col
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principio dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, e in grado quindi di
accompagnare in maniera significativa le politiche territoriali e di settore agite dalla
Provincia): questa ipotesi tiene conto del fatto che in Lombardia, come in altre
Regioni, vedi il Piemonte, vedi il Veneto, esiste un modello di formazione
professionale certamente strutturato e ispirato ai principi che hanno portato, ad
esempio, alla legge 845/78.
Un secondo criterio ispiratore dell’offerta deve essere quello della sua
differenziazione governata, ove il senso dell’aggettivo “governata” è tale per cui la
pluralità e l’articolazione dell’offerta chiamano la Provincia ad un ruolo forte e
qualificato di indirizzo, di programmazione, di monitoraggio, di valutazione. In tal
senso mi pare evidente la pluralità, il pluralismo formativo consente, attraverso la
partecipazione al sistema di più soggetti portatori di una proposta educativa, e quindi
con l’aumento del ventaglio delle opportunità che ne consegue, il miglior
perseguimento dell’obiettivo del “non uno di meno”, quindi, e dell’apprendimento
lungo tutto l’arco della vita.
Un terzo criterio - guida suggerirei, la realizzazione di un efficace intreccio tra
istruzione, formazione professionale e realtà territoriali, in quanto è la “dimensione
territoriale” l’ambito in relazione al quale fare interagire le politiche educative con
quelle di coesione sociale e di sviluppo locale.
I tre criteri che desidero sottolineare, a mio parere: - inverano il ruolo proprio della
formazione professionale, così come è stato disegnato dalla legislazione vigente in
materia, compresa tra la legge 59/97 e il nuovo Titolo V della Costituzione. Marcano
a mio modo di vedere in modo esemplare, sia pure non esaustivo, le ragioni del
dissenso e della distanza dalla legge di riforma. Nella legge 53 c’è un’oggettiva, a
mio parere, sottovalutazione della formazione professionale, in generale della
“cultura professionale”: vengono proposti percorsi di durata quadriennale per
l’istruzione e la formazione professionale, largamente separati dall’istruzione; è
presente una visione “localistica” della professionalità. Inoltre, lo schiacciare la
formazione professionale sulla formazione iniziale o di ingresso è scelta che, tra le
sue conseguenze, ha quelle di irrigidire un’offerta la cui caratteristica dovrebbe essere
la flessibilità; nonché di ridurre notevolmente le risorse finanziarie per tutti gli altri
interventi e segmenti della formazione professionale.
Il disegno che proporrei si sostanzia nello sviluppo di una pluralità di percorsi che nel
caso della formazione professionale indicherei in:
• percorsi realizzati in integrazione tra istruzione e formazione professionale;
• percorsi autonomi in filiera;
• percorsi di formazione superiore e post diploma, a partire dagli IFTS, ma
anche con collaborazioni più stabili, con singole università e con specifici
settori “produttivi”, in concorrenza con la stessa tradizionale formazione
accademica;
• percorsi di formazione continua, di formazione permanente;
• interventi destrutturati, modulari personalizzati, di orientamento e
riorientamento per soggetti in particolari situazioni di difficoltà;
• percorsi di alternanza;
• percorsi per persone diversamente abili, cioè per cittadini extracomunitari e in
generale per i soggetti a rischio di esclusione sociale;
• percorsi a carattere sperimentale di recupero e sviluppo degli apprendimenti,
un esempio: i LARSA.
L’ipotesi quindi che vorrei portare avanti fa proprio il problema obiettivo della “piena
scolarità” e ne prospetta una possibile risoluzione: il primo biennio del ciclo
secondario del sistema educativo, forse oserei dire tutto il ciclo in realtà, non può
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essere unico, anche se deve comunque rispondere a dei livelli essenziali di prestazioni
e a dei traguardi analoghi, ma deve essere unitario, un sistema di offerta formativa
pluralistico capace, per raccogliere la totalità delle e dei giovani, di risposte
differenziate nelle quali l’integrazione tra istruzione e formazione professionale ha un
ruolo determinante.
Tre iniziative in questo 2005 l’Assessorato ha curato e sta curando, a mio parere
rispondono alla logica in premessa dichiarata: ovvero quella di accompagnare sempre
una presa di posizione politica, questo contributo ad esempio, durante questo
dibattito, con una mirata e concreta azione istituzionale amministrativa che metta alla
prova e giustifichi la stessa presa di posizione.
Le tre iniziative sono:
1. L’istituzione dell’Agenzia per la Formazione, l’Orientamento e il Lavoro.
Nelle linee guida noi ampiamente ridiamo il senso della formazione
professionale che ho brevemente tentato di riassumere, e soprattutto
indichiamo due indirizzi di fondo che devono costituire orientamenti per
l’azione dell’Agenzia: uno di natura territoriale, quindi la valorizzazione dei
contesti locali; il secondo, di natura tematica, con lo scopo di assicurare la
massima integrazione tra le politiche dell’istruzione, della formazione
professionale, dell’orientamento, dei servizi per il lavoro.
2. L’offerta di attività non ordinamentali che abbiamo gestito nel trascorso anno
formativo, 2004/5: 310 corsi attivati in integrazione da 47 Enti di Formazione
professionale e 90 Istituti scolastici, con la partecipazione di 4757 studenti,
con un investimento pari a oltre € 4.600.000. La Provincia di Milano ha
indicato modelli sperimentali di intervento che hanno coinvolto enti operanti
nel sistema educativo di istruzione e formazione. La strutturazione in reti
territoriali delle Agenzie formative accreditate e degli Istituti scolastici
presenti sul territorio di Milano e Provincia favorisce e promuove un’offerta
di istruzione e formazione professionale capace di rispondere adeguatamente
alla necessità di prevenire i rischi di insuccesso e di abbandono da parte dei
ragazzi.
3. L’ipotesi di attivare una collaborazione sistematica tra i Settori Istruzione e
Formazione professionale, che abbiamo verificato con il collega Assessore
Barzaghi, finalizzata all’assunzione da parte della Provincia stessa di un ruolo
forte e qualificante in ordine al governo e alla regolazione territoriale
dell’offerta di istruzione e formazione professionale.
Il dibattito avvenuto in quest’aula deve trovare, a mio modo di vedere, possibili,
concreti, tempestivi riscontri a partire dalla nostra stessa azione amministrativa. Ecco
perché ha senso anche in quest’aula, anche in questa occasione, ragionare della
formazione professionale presente in Provincia di Milano. Ha senso per contribuire a
fare, a condizionare, quello che io vorrei, la riforma della riforma.
Se tra gli obiettivi di un’efficace riforma del sistema educativo condividiamo debba
esserci la piena scolarità, io chiedo perché non monitorare la congruità, rispetto a
questo obiettivo, delle esperienze, delle sperimentazioni sviluppate dalle reti
territoriali integrate, istruzione e formazione professionale in territori come il nostro,
in cui insiste una congrua offerta di istituzioni scolastiche, di Agenzie formative.
Quindi monitorare queste sperimentazioni, non ultimo tenuto conto delle attese che
sono state indotte nelle famiglie e negli studenti interessati, non ultimo tenendo conto
delle risorse tecnico professionali, nonché economiche, investite, e magari, ripeto
l’auspicio, condizionare la riforma della riforma.
Le Province lombarde, nello scorso 27 giugno, hanno portato all’attenzione
dell’Assessore regionale all’Istruzione e Formazione professionale una nota politica.
Mi piace qui ricordare un passo, a dimostrazione di come questi temi siano
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fortemente all’attenzione di tutte le Province lombarde. Emerge, si dice nella nota
inviata all’Assessore, la centralità della nuova legge regionale in materia di istruzione
e formazione, con le necessarie correlazioni in tema di politiche del lavoro, di
politiche sociali. E’ giunto il momento di dare vita ad un percorso formale con tempi
certi, che favorisca un dibattito attento, al fine di costruire un sistema educativo
unitario e nel contempo pluralistico, che consenta ai cittadini lombardi la possibilità
di accesso ad un livello culturale più elevato nel raggiungimento del successo
formativo, sostenendo in tal modo uno sviluppo equilibrato e competitivo del
territorio attraverso un governo partecipato del sistema. Le Province lombarde
attendono una risposta politica precisa da parte dell’Assessore regionale. Quindi
concordo con quanti, a questo punto siamo in tanti, apprendo dalla rassegna stampa di
oggi che le Regioni hanno chiesto di fermare, di bloccare l’attuazione della legge 53,
io chiedo che però da subito si ponga mente e mano e si dichiarino i provvedimenti
che proporremo per l’adozione, in quanto utili a modificare l’impianto della legge di
riforma. Riconquistare un sistema educativo garante dei diritti di tutti e delle pari
opportunità è possibile, è necessario, bisogna volerlo e bisogna lavorare, a mio parere,
con urgenza e con altrettanta determinazione.
Proprio con questo spirito, da testimone, consentitemi, dentro questa istituzione, e
volendo comunque fare la propria parte, io ho l’ardire di porre all’attenzione del
legislatore tanto nazionale quanto regionale quella che ho chiamato un’ipotesi di
architettura dell’offerta di formazione professionale. Queste esperienze a cui ho fatto
riferimento, insieme ad uno sguardo che spero oggettivo e attento a quella che è la
“cultura formativa” della formazione professionale, possono contribuire a definire i
contenuti della riforma della riforma.
Ho la consapevolezza e la convinzione che un siffatto percorso, se fatto insieme da
tutti, sia un’efficace esperienza e possa essere un utile strumento di conoscenza e di
approfondimento per tanti, forse per tutti i decisori politico istituzionali. A mio parere
è necessario sempre ascoltare per decidere, ma avendo deciso è necessario operare.”
Nel frattempo è uscito dall’aula l’Assessore Mezzi.
Consigliere Del Nero: “Mi capita di intervenire subito dopo l’Assessore Rotondi e ne
approfitto per ringraziare l’Assessore del suo intervento, non tanto sul merito perché
ci sarebbe anche su questo da discutere, da confrontarsi, da avere punti di accordo e
punti di contrasto, ma quanto sul metodo usato e mi riferisco in particolare a quanto
detto anche dal Consigliere Modugno a inizio del suo intervento, lamentandosi di
come erano proceduti i lavori di questo Consiglio. Innanzitutto un tema come questo
poteva essere affrontato in un convegno più che con un Consiglio straordinario;
attraverso magari un seminario con ampio dibattito e confronto di idee e non con
delle posizioni ideologiche precostituite. E la modalità dell’intervento dell’Assessore
Rotondi mi conforta sul fatto che c’era la possibilità di un dibattito che potesse
portare a dei risultati migliori di quanto invece avverrà con le mozioni o gli ordini del
giorno che andremo a votare.
Il Consiglio si è svolto come passerella con alcuni comizi, il primo dei quali quello
dell’Assessore all’educazione Barzaghi. Di fatto il suo non è stato un intervento
critico nei confronti della riforma Moratti e propositivo, è stato un comizio non utile
alla costruzione di un contributo rispetto ai problemi che oggi la scuola ha.
Sui problemi della scuola mi conforta invece l’intervento del Consigliere Guerra. Il
Consigliere Guerra ha criticato questa riforma, non entrando nel merito, ma dicendo
che fa parte di una linea strategica che è in linea con la riforma Biagi sul lavoro e la
riforma sulla sanità. Mi auguro che sia in questa linea questa riforma, perché se così
fosse sarebbe veramente una riforma utile. Devo anche dire che l’intervento del
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Consigliere Guerra mi conforta ulteriormente perché se così non fosse e se questa
riforma venisse, dall’eventuale vittoria della sinistra, spazzata via, si tornerebbe
all’attuale sistema, che lui ha strenuamente difeso additandolo come un grande
modello scolastico.
Lui ha difeso strenuamente un modello che il Consigliere Guerra e buona parte di
questa maggioranza, chi viene dalla storia del Consigliere Guerra, per anni ha
contrastato. E’ il modello scolastico di 45 anni di governo democristiano, portato
avanti da Ministri che oggi siedono in questa maggioranza, nel partito della
Margherita. Un modello scolastico che oggi andate finalmente a riconoscere come un
modello di scuola che ha avuto dei grandi meriti per questo Paese, che a nostro
giudizio ha bisogno di essere rinnovato ma che voi finalmente, come sempre con 40 o
50 anni di ritardo, andate a riconoscere.
Voglio però riprendere alcuni concetti espressi dall’Assessore Barzaghi, innanzitutto
quando ha parlato di attacco senza precedenti alla scuola pubblica: vorrei capire
dall’Assessore cosa intende per attacco alla scuola pubblica, cosa intende per scuola
pubblica. Anche su questo tema, nel momento in cui dovrete andare a governare,
come ritenete di fare fra un anno, dovreste chiarire il concetto di scuola pubblica che
hanno esponenti della Margherita, che hanno anche esponenti dei D.S., ma dico della
scuola pubblica o dei servizi pubblici in generale, rispetto a quanto espresso da questo
Assessore, dovete chiarire al vostro interno cosa intendete per scuola pubblica. Tra
l’altro, l’Assessore parla di questa riforma come di una riforma che ci porta prima
degli anni ‘50 e pone come limite del cambiamento della scuola, la scuola media
unica e la scuola di Don Milani. Quello che non mi è chiaro nella sua concezione, la
scuola di Don Milani di Barbiana era una scuola libera, pubblica, statale? Io credo che
fosse una scuola che se aveste governato voi in quegli anni non sarebbe mai esistita,
non l’avreste mai consentita una scuola di quel genere nella vostra concezione.
Dubito che un Ministro con le idee del nostro Assessore avrebbe consentito una
scuola come quella. Quindi francamente mi sembra un riferimento alquanto curioso,
ma ormai siamo abituati a questi strani passaggi.
Il secondo aspetto, anche questo ripreso oltre che nell’intervento dell’Assessore
sempre dal Consigliere Guerra e riguarda il problema che si dice nel comma 3
dell’art. 1, la “formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della
costituzione”. Questo “anche”. Veramente, siete convinti che la formazione di un
alunno è ispirata ai principi della costituzione? Cioè, la formazione di un ragazzo si
forma sulla costituzione? Non ho capito! Anche sui principi della costituzione,
valorizza la costituzione, nel senso che non è solo su quello, è sulla costituzione oltre
che su altro. L’Assessore infatti dice: una costituzione che viene presa in
considerazione solo dopo la formazione spirituale e morale. A parte che qui dice che
la formazione spirituale e morale si forma anche con la costituzione, quindi non c’è
un prima e un dopo, si forma anche con quello, e questo mette in crisi i valori laici e
repubblicani su cui si fonda la costituzione? Veramente, ripeto, era un comizio, però
siccome qua non c’era da prendere voti e fare campagna elettorale, mi sembra che
fosse non adeguato il comizio. Mi riferisco all’intervento dell’Assessore.
Questa riforma, ed è per questo che crea problemi, mette in discussione ed interroga
fortemente una scuola che da un po’ di tempo è seduta su se stessa. Allora, o ci sono
docenti disposti a rimettere in discussione il proprio ruolo e di fronte a questa riforma
si interrogano e veramente discutono su quello che è oggi il loro ruolo, su come oggi
funziona la scuola, allora si può anche andare a vedere che cosa c’è di buono e che
cosa magari c’è da cambiare, ma ci vuole una posizione che non sia ideologica, una
posizione che ritrovi nel corpo insegnante dei maestri, degli educatori che hanno
voglia di cambiare e migliorare questa scuola. Devo dire, Assessore, mi spiace, ma
anche l’ultima parte del suo intervento in cui preannuncia delle azioni istituzionali in
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contrasto con eventuali azioni del Governo qualora il Governo facesse delle
sperimentazioni, il preannunciare un’azione istituzionale contro un’altra istituzione
non credo che sia elemento educativo rispetto al ruolo delle istituzioni.
Termino. Quello che non mi è chiaro è quello che vuole essere la vostra proposta di
riforma. Ripeto, la vostra riforma è quella che auspicano e che hanno portato avanti
per 40 anni di governo ministri e parlamentari che oggi siedono nei banchi della
Margherita o è quella dell’Assessore Barzaghi e dei suoi compagni di partito? Non
credo che sia esattamente la stessa cosa, e fino a che non ci dite qual è la vostra
riforma è difficile capire e trovare dei punti di incontro. Mi rendo conto che è diverso
governare che stare all’opposizione, ma qualora doveste governare, questo punto
dovrete chiarirlo. Per concludere, cito un esempio a mo’ quasi di battuta. Oggi in
commissione 3^ si discuteva della Carta della partecipazione, il Consigliere Patta ha
fatto un intervento sulla partecipazione citando le sane occupazioni annuali che tanto
servono per la crescita democratica, sociale e partecipativa degli studenti, questo è
quello che per anni ci avete sempre detto di queste occupazioni settimanali e
quindicinali. Oggi il Consigliere Patta in commissione, forse prevedendo il suo
passaggio alla maggioranza futura, ha detto che queste occupazioni sono un modo per
perdere tempo e fare un po’ più di vacanza. Evidentemente, di fatto, questa è la
modalità con cui pensate di governare quando passerete in maggioranza.”
Consigliere Calaminici: “La volta scorsa io non sono stato presente al dibattito che,
contrariamente a quello di questa sera, che mi sembra molto pacato e consapevole, mi
è stato descritto come particolarmente vivace. Mi dispiace di non essere stato
presente, non tanto per lo spettacolo della vivacità ma perché ne avrei approfittato,
ammesso che fosse possibile, per capire meglio, non lo dico con ironia, il senso della
riforma, la logica della riforma, come diceva prima Guerra, la cultura che sottintende
la riforma, l’asse educativo, il programma educativo, il servizio che vuole rendere al
Paese, i problemi ai quali in qualche modo intende rispondere. Faccio fatica a
cogliere questa pienezza di intenzionalità, questa serietà nella legge Moratti. Faccio
fatica, al di là di alcune superficiali suggestioni moderniste, un po’ di inglese, le tre
“i”, ecc. e al di là di qualche riflesso vagamente classista, per dirla con il Vice
Presidente del Consiglio: chi vuole, studi, chi no, vada a lavorare. Ma, al di là di
queste cose, che non mi sembrano delineare un quadro concettuale particolarmente
interessante, particolarmente chiaro, io non vedo in questa legge una sua missione.
C’è forse più una volontà distruttiva rispetto alla scuola, che non una volontà
costruttiva.
Penso che noi dobbiamo ragionare seriamente perché una grande riforma, così come è
stata la riforma del 1962, della scuola media unificata, che ha risposto ad un grande
bisogno del Paese di emancipazione, di avanzamento, di rinnovamento, di
accompagnare lo sforzo che il Paese allora faceva per costruirsi nuove basi materiali,
spirituali, culturali per andare avanti. Un grande sforzo che ha segnato la storia del
nostro Paese. Lo slancio di quello sforzo vale ancora oggi e oggi ci troviamo di fronte
ad un passaggio d’epoca non meno impegnativo, non meno serio, se pensiamo alle
difficoltà che abbiamo nel campo economico produttivo e alle sfide che ci vengono
lanciate in questo campo, se pensiamo al cambiamento della società, cambiamento
non solo delle culture, non solo degli stili di vita, non solo della composizione
sociale, della presenza di larghi strati di immigrati, di popolazione che fa molta fatica
ad inserirsi nel tessuto sociale, se pensiamo ai problemi della nostra democrazia, della
partecipazione, della fatica che la politica fa a governare questo Paese. Credo che ci
troviamo di fronte ad un passaggio d’epoca che la scuola deve accompagnare, rispetto
al quale la scuola non può chiamarsi fuori, non può essere estranea. Bene, nella
riforma Moratti non vedo nulla che si confronti con questo livello di problemi. Non
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vedo nulla. Non si tratta di fare della critica facile e di negare pregiudizialmente, si
tratta semplicemente di vedere i problemi da un’altra angolatura. A cosa serve questa
riforma? Quale servizio vuole rendere al Paese, quali sono i problemi che vuole
affrontare. Voglio ricordare che il nostro Paese è ancora oggi piagato da bassissimi
livelli culturali. Oltre a milioni di italiani che purtroppo sono completamente
analfabeti, sono non meno di cinque milioni, c’è una parte rilevantissima di
semianalfabeti e circa i 2/3 degli italiani mancano degli strumenti fondamentali per
poter esercitare quei diritti democratici di partecipazione piena alla vita nazionale,
alla vita del nostro Paese. C’è un grande gap, c’è una grande arretratezza, c’è uno
spazio smisurato di arretratezza.
C’è un problema di qualità della scuola, la nostra scuola è una scuola dove il
problema della dispersione è ancora enorme. Diciamo dispersione quello che una
volta, con termini più crudi, chiamavamo mortalità scolastica, ecc. Ma la dispersione
è un fatto enorme che si chiama evasione, si chiama abbandono, si chiama bocciature,
ripetenze, si chiama disagio diffuso, difficoltà di rapporti con la famiglia, si chiama
tanti nomi. Noi sommiamo tutto con il termine dispersione, che è un termine
abbastanza morbido, ma la realtà non è morbida, la realtà è grave. Abbiamo il
problema della riqualificazione della scuola rispetto ai compiti nuovi che deve
affrontare.
Abbiamo il problema dello sviluppo del Paese, abbiamo nei giorni scorsi affrontato in
questa sede il tema delle crisi industriali. L’Assessore, oltre alla relazione, ci ha dato
del materiale molto interessante. Il problema è serio perché non riguarda un fatto
contingente, non si tratta di una crisi ciclica, si tratta invece di problemi profondi,
strutturali, che mettono in discussione l’assetto complessivo del nostro Paese,
mettono in discussione la salute delle nostre aziende, la qualità delle nostre aziende,
ci si riferiva all’irresponsabilità delle imprese che è molto forte, molto diffusa, alla
irresponsabilità anche dei cittadini nei confronti del fisco, tanti problemi. E questa
crisi è una crisi di carenza di capitale culturale. Capitale culturale è la somma di
conoscenze, di cui un individuo, un gruppo, una società dispone. Noi abbiamo uno
svantaggio, un gap nei confronti di altri Paesi e non possiamo certo alzare solo
piagnistei nei confronti della Cina che farebbe una concorrenza sleale, ecc.
Attenzione, queste cose non sono vere, noi sbagliamo profondamente se diamo
interpretazioni comode. In verità ci sono altri Paesi qui in Europa che sanno
competere con la Cina, che hanno la capacità di confrontarsi, che hanno trovato nella
Cina un grande mercato, ma sono Paesi in cui il grado culturale diffuso, medio, la
scolarizzazione media è molto più alta della nostra. Questo è il punto, non c’è
dicotomia tra la scuola, la produzione, ecc. Il sistema Paese nel suo complesso è
incapace di competere, e noi che vogliamo cittadini democratici, cioè in grado
effettivamente di esercitare appieno i loro diritti, la loro sovranità, noi che vogliamo
recitare una parte importante nel consesso delle nazioni e in Europa, abbiamo bisogno
di una scuola più forte, una scuola che disponga di più mezzi, che sia più qualificata,
in cui gli studenti possano studiare di più e meglio, con più supporti, bene questa
legge rispetto a tutte queste cose è un arretramento secco, netto. Mi ha fatto
impressione, forse lo avrete anche detto, mi ha fatto proprio molta impressione la
lettura di questo parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, questa
requisitoria che viene da un organismo che non è un gruppo di vecchi bolscevichi, qui
ci sono dentro anche personalità di destra, c’è di tutto nel Consiglio nazionale della
pubblica istruzione e questo documento è stato votato all’unanimità. Questo
documento è una requisitoria che toglie il respiro, e dopo questo documento noi non
dovremmo più discutere della riforma Moratti, ma assieme dovremmo discutere cosa
facciamo, intanto per bloccare la riforma Moratti e poi cosa facciamo noi
complessivamente, sostenuti da quella responsabilità verso il Paese che è
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assolutamente un dovere civico, un dovere nei confronti del nostro Paese. Non avevo
mai letto una critica così puntuale, così incalzante, da togliere il respiro.
Credo che dopo questo documento la nostra discussione avrebbe dovuto ricominciare
non dalla legge Moratti ma da cosa fare per andare avanti, per andare oltre.
Stamattina leggevo questo libretto sulla dispersione scolastica, un glossario dei
termini che si usano, anche nuovi, pacatissimo, poi non dà giudizi neanche sulla
riforma Moratti in genere, salvo su questo punto, in cui parla dell’obbligo scolastico.
Dice: come già detto, inoltre, la legge Moratti rappresenta il primo caso al mondo in
cui l’obbligo invece di aumentare diminuisce con effetti potenzialmente negativi
proprio per i soggetti a maggior rischio di abbandonare gli studi. E’ il primo caso al
mondo in cui è stata abrogata la legge n. 9/1999 che portava l’obbligo scolastico da 8
a 10 anni, abolita la quale si rientra nella legge 1962 di riforma della scuola
dell’obbligo, che appunto definiva l’obbligo in 8 anni o in 15 anni, ecc. Il libro è
recentissimo, rientriamo pari pari ad oltre 43 anni fa, il primo anno di applicazione
della legge di riforma io iniziai ad insegnare, quindi lo ricordo molto bene, vissi
completamente tutta la fase di applicazione della riforma, il cambiamento nella
scuola, di quella grande riforma che certo oggi andrebbe riaffrontata in termini nuovi
all’altezza dell’epoca in cui viviamo, che è un’epoca di grandi, radicali, profonde
trasformazioni e anche di grandi e radicali ingiustizie ai quali noi dovremmo
provvedere.”
Nel frattempo è entrato in aula l’Assessore Gasparini.
Presidente del Consiglio: “Prima di dare la parola al Consigliere Patta, ricordo il
percorso che abbiamo deciso e stabilito per questa sera, o perlomeno che io ho
proposto, cioè noi dobbiamo arrivare ad approvare i due ordini del giorno, poi però
dobbiamo aprire la discussione sul Piano Faunistico Venatorio, quindi i Gruppi
valutino che c’è questo calendario davanti. Tra l’altro non ci sarà interruzione, non
c’è buffet, c’è un bar che offre qualcosa, comunque teniamo conto, insisto, che
abbiamo questo secondo punto, quindi se è possibile autolimitarsi credo sia
opportuno.”
Consigliere Patta: “Voglio premettere a questo mio intervento le scuse a nome del
Consiglio alla Segretaria della CGIL Scuola Alfia Nicotra per il modo indegno in cui
è stato considerato il suo intervento, con una gazzarra goliardica e temo fosse tale,
insieme ai frizzi e ai lazzi, non solo per i contenuti, forse per i contenuti incompresi,
espressi da una persona che è una professionista della scuola e una che per lavoro
studia questi problemi e su questi problemi potrebbe dare lezione alla maggior parte
dei presenti, ma temo forse amplificati perché donna, e quindi ancor più gravi. Quindi
faccio le mie scuse del Consiglio ad Alfia. Voglio aggiungere un’altra questione, è
stata fatta un’offesa ancor più grave nell’ultimo Consiglio nei confronti
dell’Assessore Barzaghi, che ha una storia personale che nessuno qui dentro può
mettere in discussione, o assimilare a comportamenti evocati da termini già ripetuti in
questo Consiglio per ben due volte. Ritengo la cosa di una gravità inaudita, ritengo
che il Consiglio debba condannare questo atteggiamento.
Il tempo pieno è stato in questo Paese, e il tempo pieno italiano nel mondo,
l’esperienza didattica pedagogica più innovativa degli ultimi trenta anni, capace di
risvegliare forme di impegno dei lavoratori della scuola e di innovazioni e di
sperimentazioni pedagogiche che hanno fatto scuola nel mondo. Se la scuola
elementare italiana è stata per anni al secondo posto nel mondo nelle graduatorie
Ocse come qualità, ciò è dovuto in buona parte a quell’esperienza straordinaria che è
stato il tempo pieno. Bisogna intendersi di scuola per capire cosa vuole dire e non
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banalizzare questo tema. Bisogna capire che il tempo pieno è una scuola che ha
permesso a tutti gli alunni di affrontare l’apprendimento secondo tempi e ritmi
didattici propri della loro formazione, della loro provenienza, bisogna aver chiaro
come il tempo pieno si sia raffrontato con le più moderne teorie educative, quella per
esempio delle diverse intelligenze che superava la visione spiritualistica dei geni si
nasce e basta una mamma maestra per farli emergere. Bisogna aver visto come il
tempo pieno ha permesso gli approfondimenti disciplinari, insieme con un’attenzione
completamente nuova alla maturazione globale dell’alunno, ottenuta anche grazie al
lavoro di team e al confronto delle esperienze che il bambino veniva compiendo nelle
diverse discipline. Bisogna aver conosciuto il tempo pieno per aver visto tutte le
discipline avere pari dignità, insieme alle intelligenze espresse dai bambini che le
affrontavano. Bisogna aver visto come il tempo pieno ha fornito a tutti gli alunni di
ogni estrazione sociale, di ogni provenienza, quel supporto pedagogico anche quando
ci si trovava di fronte a famiglie che non erano in grado di fornirlo. Bisogna aver
visto come il tempo pieno abbia svolto una funzione che chi studia i problemi della
scuola italiana nelle università e nelle professioni ha conosciuto, ha evidenziato, ha
riconosciuto come elementi fondamentali della storia dell’istruzione nel nostro Paese.
Il tempo pieno ha svolto infine anche una funzione di servizio. Certo, ha realizzato la
possibilità per molte famiglie di non dover ricorrere alla scuola privata, perché poi
siamo qui di fronte ad un paradosso, chi condanna il tempo pieno nei corridoi lo fa in
nome del fatto che il bambino deve restare più in famiglia, tranne poi consegnare i
figli per tutta la giornata alla scuola privata, che cresce e prospera proprio perché
garantisce un’attenzione diversificata ai bambini per tutta la giornata.
Credo che il colpo che questo Governo vuole dare al tempo pieno sia un elemento di
una gravità incredibile, quasi quanto un altro tema criticabilissimo, l’introduzione del
tutor. Avevamo una scuola in cui gli insegnanti erano organizzati per team, in cui gli
insegnanti insieme alle discipline avevano pari valore. Oggi siamo di fronte ad una
gerarchizzazione delle materie, insieme ad una gerarchizzazione dei lavoratori, con
corrispondente umiliazione di una parte fondamentale di essi, e la loro
deresponsabilizzazione rispetto al lavoro, perché rispondono al capo, non rispondono
al progetto educativo.
Scompare l’obbligo, abbiamo il diritto/dovere. Qui c’è un vulnus alla costituzione,
noi abbiamo nella costituzione un obbligo, questa legge colpisce un obbligo previsto
dalla costituzione.
L’altro elemento che io ritengo paradigmatico di questa, non so come chiamarla, è
comica, Consigliere Esposito, questa tua analisi linguistica che non tiene conto del
fatto che le parole hanno anche uno spessore che si consolida nel corso della storia,
non sono giochetti di “ri”, “in”, ecc. Questa deforma prevede il doppio canale, con
opportunità diversificate. Qui c’è un problema che voi non potete eludere, nessuno
può eludere, si chiede ad un ragazzino di 12 anni e mezzo di scegliere se percorrere
un percorso definito, l’ha ricordato l’Assessore, terminale, ironia delle parole, che
significa che porta direttamente al lavoro, o di scegliere un percorso più nobile, più
arricchente, più ricco di formazione e non solo di specializzazione, più ricco di
conoscenze di una cultura più generale, di base, che approfondisce le radici del nostro
sapere, che rende la persona più colta in senso lato, in senso positivo. Tutto questo
avviene a 12 anni e mezzo, non in terza media, in seconda media, perché in seconda
media si introducono delle materie opzionali scelte, per le quali hai già fatto la scelta.
Quindi siamo di fronte a che cosa? Ditela questa cosa. In base a che cosa sceglierà
questo bambino, se non in base alle possibilità economiche della famiglia? Citate
Barbiana, non l’avete letto, forse non avete visto neanche il titolo della ‘Lettera ad
una professoressa’. ‘La Lettera ad una professoressa’, quando parlava e accusava gli
insegnanti delle scuole pubbliche che facevano parti uguali fra disuguali, intendeva
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dire che a chi ha meno devi dare di più. La riforma Moratti, a chi ha meno dà di
meno. La scuola di Barbiana, caro collega, era la scuola che rispondeva alla
mancanza del tempo pieno, era la scuola che rispondeva ai bisogni degli alunni
svantaggiati in difficoltà di apprendimento che il tempo pieno non dava, voi volete
togliere questo tempo pieno che invece ha preso quella lezione e costruisce percorsi
didattici differenziati a chi è in grave difficoltà di apprendimento.
C’è qui una divisione, in un’età precoce, da vergognarsi. Forse in questi anni ci hanno
parlato, ci hanno ubriacato della parola flessibilità, della necessità di essere tutti
flessibili. Noi ci eravamo cascati quando avevamo assunto l’accezione nobile di
questa parola, pensandola come flessibilità intellettuale, logico cognitiva, psicologica.
Ci eravamo cascati! Invece ci avete portato a un modello economico produttivo che
quando parla di flessibilità intende un sistema produttivo fondato sulla competizione
del prezzo, che vuole dire pagare meno i lavoratori e dargli meno diritti. Un modello
produttivo che ci sta portando a scivolare indietro nella gerarchia internazionale delle
produzioni, con perdite crescenti del nostro Paese nelle quote del mercato
internazionale. Solo in Italia, guardate, la crisi c’è dappertutto, non ci nascondiamo
dietro a ciò, la Germania e la Francia non perdono quote di mercato, le perde l’Italia.
Perché? Perché non è più in grado di competere nei settori alti, dove valgono
l’innovazione, la conoscenza, la ricerca. Non è più in grado di competere perché ha
assunto il modello del nordest che compete sui lavoratori dequalificati, ma non
riuscirà mai a competere con la Cina, che paga uno stipendio tante volte tanto. Allora
è un modello a perdere, il modello del doppio canale è questo modello, la produzione
di ragazzi, di lavoratori dequalificati che conosceranno, come unica flessibilità, quella
del lavoro precario. Questo è il modello che voi ci proponete.
Invece, cosa sarebbe necessario se si fosse conseguenti con le parole? Se si assumesse
che si va verso la società della conoscenza tanto decantata? Se bisogna competere
sull’innovazione, sulla ricerca e sulla produttività? All’età di mio padre, di vostro
padre, uno imparava a fare il tornitore, imparava a tirare la lima a dodici anni e
bastava, perché faceva quella cosa per tutta la vita, nei suoi limiti e nella sua bassa
qualificazione professionale garantito, in grado di comprarsi una casa, di fare figli.
Oggi non è più così, oggi c’è una rapidissima obsolescenza delle competenze, quello
che hai imparato quest’anno a livello di competenze non è più valido l’anno
prossimo, e allora occorre una formazione di base solida, occorre una flessibilità che
è mentale, cognitiva, intellettuale, che renda le persone in grado di adattarsi al
cambiamento, che renda le persone in grado di imparare dall’esperienza e di produrre
da sé le competenze che via via sono necessarie. La scuola che voi proponete
impedisce ad un pezzo di Paese proprio questa possibilità.
Allora Guerra, insieme a me, non si potrà commuovere più, di fronte al figlio del
minatore che diventa dottore, perché gli state preparando un futuro in cui minatore il
padre, minatore il figlio, e soprattutto succede un’altra cosa. Voi parlate della libertà,
vi chiamate Casa della Libertà, una delle libertà fondamentali che ha l’uomo quando
diventa uomo e viene maturando, una delle libertà fondamentali, voi lo sapete, è che
di fronte a quelle pochissime possibilità di scelta che ognuno di noi eredita dalla
propria famiglia, uno sia in grado di scegliere, che possa scegliere davvero. Ma come
sceglie uno che non ha strumenti culturali, intellettuali, se a dodici anni e mezzo lo
mandate in un percorso di quella formazione minima di base, che permette di
scegliere i percorsi della vita. Quale libertà è questa? E il cittadino? Come fa il
cittadino a sottrarsi al ritmo incessante delle informazioni che oggi sono sempre più
veloci, più violente, più difficili da decodificare. Come fa il cittadino a decidere il
partito, a decidere come votare? Voi volete persone che non sono in grado di
scegliere perché sono più controllabili, perché sono più assoggettabili.
In Provincia abbiamo assunto un programma di governo che prevede un modello di
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sviluppo e un modello di società in cui la conoscenza, in cui l’innovazione, la
formazione, la ricerca, hanno un ruolo fondamentale. Domani come Unione
sceglieremo un modello in cui la formazione di base si lega strettamente a un’ipotesi
di sviluppo che vuole riportare l’Italia a primeggiare nei settori alti, a fare ricerca
come negli anni ‘60, a produrre brevetti come negli anni ‘60, e non a finire ultimi
nella graduatoria mondiale, siamo sotto il Portogallo, sotto la Grecia. In questo
modello di sviluppo che noi abbiamo in mente, la formazione ha un ruolo
fondamentale. …. Di fronte a questa sedicente riforma, che esclude parti consistenti
dei bambini, della popolazione, da diritti fondamentali, noi sosteniamo la necessità di
interventi radicalmente sostitutivi che introducano una formazione adeguata al
modello di sviluppo di società e di uomo che noi abbiamo in mente.”
Presidente del Consiglio: “Do la parola al Consigliere Dapei, poi se il Consiglio me lo
consente, considererei chiuso il dibattito generale, per aprire poi la discussione e la
votazione sui due ordini del giorno.”
Consigliere Dapei: “In questi anni, negli anni passati, il tema che abbiamo trattato
oggi e la volta scorsa, quello della scuola, è stato centrale in questo ente. Nei cinque
anni passati ci siamo caratterizzati per aver saputo finalmente dare un piano di
coordinamento al territorio, abbiamo prolungato alcune metropolitane oltre la città di
Milano, abbiamo ereditato un’area che era una raffineria, oggi è la più grande fiera
del mondo grazie a questa Provincia che ha saputo bonificarla e dotarla delle
infrastrutture adeguate e quant’altro. Comunque, con obiettività, con distacco, anche
solo guardando le cifre dei bilanci consuntivi, dobbiamo fare una fotografia di che
cosa ha più che altro caratterizzato l’azione politica amministrativa di questo ente,
non possiamo non dire che è stata l’azione sulla scuola. Dal 1999 al 2003, parlo di
cifre di consuntivo, il Ragioniere Capo non è cambiato, quindi sono dati che credo
nessuno potrà contestare, sono stati impiegati da questo ente 313 milioni e rotti di
euro per la parte corrente e 272 milioni di euro, bisogna moltiplicare per 2.000 per il
vecchio conio, quindi parliamo di circa 1.000 miliardi delle vecchie lire in totale, in
conto capitale. Quindi non solo non abbiamo mai perso la bussola su questo
argomento, ma siamo riusciti, ripeto per un’azione politico amministrativa, quindi
con delibere, con impegni di spesa, con progetti, con realizzazioni, soprattutto ricordo
sul tema dell’edilizia scolastica che particolarmente impegna le competenze della
Provincia, avendo ereditato centinaia di istituti che, per le più diverse ragioni, non
erano neanche a norma, neanche per i ragazzi, oltre che per i lavoratori della scuola
impiegati lì quotidianamente, abbiamo lasciato in eredità tutto un patrimonio a
disposizione del mondo della scuola in cui un effetto benefico questi grandi
investimenti hanno avuto e questo è sotto gli occhi di tutti.
Non solo è stato centrale il tema della scuola per l’istituzione Provincia, lo è stato
anche, oggi che siamo all’opposizione possiamo più tranquillamente buttarla sul
piano politico, per la nostra parte politica. Ricordo perfettamente quando ci
avvicinavamo alle elezioni del 2000 e gli ordini del giorno non erano sulla Moratti ma
erano sulle iniziative politiche e sulla scuola di Formigoni. Perché è innegabile che
era stato fatto diventare oggetto di Agenda della politica nazionale, neanche
regionale, quello che era l’innovativo nelle idee di Formigoni e dei partiti che lo
hanno influenzato e che ne hanno sostenuto l’azione politica. Bene, non solo quella
battaglia è stata vinta in termini locali con una riconferma che addirittura è diventata
triconferma, ma quel tema che anche gli oppositori della nostra politica sulla scuola
lombarda hanno voluto fosse un tema nazionale, convinti che avrebbe avuto
ripercussioni nazionali di un certo tipo, si sono dovuti ricredere e hanno capito che
quella battaglia politica l’hanno persa. Ricordiamoci che nel 2001, adesso lo diamo
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per scontato, ma nella modifica costituzionale portata avanti solo dal centrosinistra a
fine mandato legislativo, il ruolo delle Regioni nel comparto della scuola, che quanto
mai tradizionalmente era quanto più di incentrato su logiche di tipo statale, quel
modello è stato totalmente scardinato, non da noi, ma da quelli che fino all’anno
prima o due anni prima ci additavano, noi lombardi, noi modello del buono scuola,
del diritto per tutti, anche per i più deboli a poter scegliere, quel modello che poi è
stato esportato, sempre su Agenda nazionale, su altri comparti, la sanità e quant’altro.
Quindi noi non abbiamo avuto nessuna difficoltà ad affrontare il dibattito che è stato
voluto qua dalla maggioranza. Credo che gli interventi dei miei colleghi Bruschi,
Esposito, Gavazzi, Del Nero ma anche gli amici delle altre forze politiche abbiano
confermato non solo la serietà, la competenza che su questo tema siamo orgogliosi di
poter portare anche come contributo, ma anche siamo orgogliosi di avere suggerito,
su richiesta della maggioranza, i nominativi di due persone, di due esterni che hanno
preso qui la parola ed hanno portato, con serietà, pacatezza, anche un certo distacco
ma anche – può sembrare contraddittorio ma non lo è – con passione, delle posizioni
che sono contestabili, ma legittimamente sono le nostre e le portiamo avanti, ripeto,
con orgoglio.
Ebbene, perché abbiamo parecchie perplessità sul fatto che sia stato un dibattito
serio? Abbiamo apprezzato le scuse di qualcuno che si è riferito alla gazzarra
dell’altra volta, sono scuse un po’ tardive, comunque ce le aspettavamo prima o poi.
Ebbene, forse molti non sanno che c’era un accordo all’interno della riunione dei capi
Gruppo, per cui ci dovevano essere sei interventi di esterni, la maggioranza avrebbe
fatto quattro nomi e ci erano stati chiesti due nomi. Noi questi due nomi li abbiamo
fatti, gli interventi sono stati una dozzina. Ci era stato detto che gli Assessori
avrebbero portato due tecnici neutrali, che avrebbero all’inizio descritto la riforma,
per quello noi ci arrabbiavamo quando i tecnici ci parlavano della loro posizione e ci
dicevano che legittimamente si contrapponevano alla nostra, perché gli accordi erano
altri. Si era detto delle persone neutrali, per poi aprire la fase anche di esterni scelti
rispettivamente, questa è stata l’impostazione data da altri e che noi abbiamo fatta
nostra per necessità, oltre che per virtù. Quindi, due interventi non neutrali, una
dozzina di interventi che tutti ricordiamo, che qualcuno ha chiamato una gazzarra, noi
siamo d’accordo.
Noi siamo più che perplessi, convinti, Presidente, può sembrare una battuta ma ci
crediamo veramente, che se Silvio Berlusconi avesse candidato a Sindaco di Milano,
due mesi fa, Giuliano Urbani, questa seduta e quella precedente l’avremmo impiegata
per discutere dei disastri del Ministro uscente ai beni culturali e di come le
competenze della Provincia sui beni culturali siano state violentate dalle nuove
riforme e quant’altro. Potrei fare vari nomi di vari Ministri impegnati su Milano, certo
è che il timbro di protocollo in alto a destra dell’ordine del giorno della maggioranza,
di critica alla riforma Moratti, segue di 46 minuti l’Ansa in cui Berlusconi riconferma
il nome della Moratti come candidato Sindaco di Milano. Allora diciamoci che questa
non è l’avvio della legislatura, noi non siamo al 12 luglio del 2004, ma siamo al 12
luglio 2005, è passato un anno, anzi più di un anno. In questo anno qua, a parlare di
scuola, la maggioranza non era mai venuta tranne, ricorderà anche l’amico De Nicola
e qualcun altro nottambulo come me, una volta in cui la maggioranza portò un ordine
del giorno sul tema della scuola e non ebbe neanche il numero legale per
approvarselo. Questo era l’interesse di questa maggioranza sul tema della scuola e le
sue implicazioni politico amministrative dell’ente, questo doveva essere il tema, poi
si è parlato di tutt’altro, fino a quando Berlusconi non ha detto: candiderò la Moratti.
Quindi noi sappiamo che questa in realtà è una tappa, se il candidato rimarrà Moratti,
da qua all’anno prossimo non si parlerà d’altro. Se il candidato sarà un altro, della
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riforma della scuola non si parlerà più ma si parlerà d’altro.
Ebbene, è legittimo contestare la riforma, è anche legittimo dire che chi vince poi la
può anche cancellare. Io l’ho sentito dire per il PTCP, in un anno qui non è successo,
tante altre cose fatte anche in passato poi non si è più visto, ma arrivare qui a dire che
il deficit di competitività del Paese è colpa della Moratti, fa ridere. E’ colpa di
Berlusconi, fa ridere, ma fa ridere anche se si dicesse che è colpa di Amato o di
D’Alema o di Prodi prima di loro, per dire gli ultimi cinque premier negli ultimi dieci
anni. Perché quando si parla di competitività, rispetto alla questione della capacità di
una classe dirigente di fare sistema, alla capacità delle nuove leve che la scuola regala
al Paese, al sistema produttivo, culturale, non si può pensare in una logica di
settimane, di mesi o anche di singoli anni. Se noi oggi perdiamo colpi, ammesso che
perdiamo più colpi di altri Paesi, non è colpa della riforma Moratti. Anzi, la riforma
Moratti vuole essere la risposta a questo problema. Non sarà una risposta efficace, lo
vedremo se non verrà cancellata, non ci sarà neanche la controprova se invece
succederà quello che ho sentito dire, quindi qualcun altro prenderà il governo del
Paese e la cancellerà. Ma venire a raccontare che la competitività di oggi, che è il
risultato degli ultimi decenni, degli ultimi quinquenni, è colpa della riforma che si sta
chiedendo di non far partire, la dice lunga sulla strumentalità di certe argomentazioni.
L’Assessore si è lamentato, anche per interposta persona, del fatto che alcuni di noi
particolarmente appassionati, anche innamorati del confronto politico, quindi
contando che dall’altra parte ci fosse altrettanto fair play per potersi anche permettere
un aggettivo di troppo, al limite aspettandosene un altro altrettanto di troppo, deve
secondo noi riflettere su una cosa, e qui rendo merito ad una persona che non è del
mio Gruppo consiliare. Paola Frassinetti credo che non si possa non definire un
politico di razza, con le sue idee forti, che ha sempre portato avanti da quando aveva
la gonnellina il sabato a scuola, quando la gonnellina rossonera la mette per andare
allo stadio. Anzi, siamo particolarmente su certi temi della politica distanti, per
quanto lei è forte nelle sue posizioni e convinta nelle sue posizioni. Eppure, è stata un
Assessore con le competenze di cui stiamo parlando, a cui tutti hanno riconosciuto un
ottimo lavoro, ha saputo distinguere tra quella che era la sua carica politica, il fatto di
spenderla nell’agone della politica, con il fatto di essere un bravo amministratore che
ha portato bene - per giudizio unanime, anche del Presidente Penati, lo ricordo è stato
detto anche qui in aula - le competenze sulle sue spalle.
Assessore, noi siamo rimasti male, per andare al sodo, anche perché ho preso troppo
tempo, quando ci siamo sentiti dire, da chi non ha nessuna legittimazione, se non
quella di governare per aver vinto al ballottaggio, comunque per aver legittimamente
vinto sulla Provincia. Quindi lei non può parlare a nome dei milanesi o quant’altro,
lei deve governare sulle competenze che le sono state date. Quando lei definisce, nel
discorso che ha fatto, che abbiamo, delle forzature i passaggi legislativi e che a quelle
forzature voi, non si è capito bene chi, se lei come istituzione, e sarebbe gravissimo,
se lei come attore della politica, e ci inquieta, quando lei dice che contrasterete in
tutte le forme, quando lei dice quelle cose ci inquieta molto, perché ognuno deve fare
le sue cose. …… Mi avvio a chiudere dicendo, Presidente, che tutto il discorso è
partito dal suo intervento tutto politico, che ha cercato la polemica politica e non la
risoluzione a dei problemi a cui la politica può dare delle risposte, tanto è vero che
l’intervento dell’altro Assessore competente, Presidente, per materia è stato
l’undicesimo tra i Consiglieri, dopo i 13 interventi degli esterni, quasi incidentale,
cioè a ¾ della seconda giornata è intervenuto anche l’altro Assessore. Lei, Assessore
Barzaghi, persona esperta, capace, deve assumere un maggior senso del limite che il
suo ruolo istituzionale, secondo noi, impone. Lei è l’Assessore all’educazione, io ho
letto anche educazione, ormai gli scappellotti a mio figlio li do quando non è
maleducato, lei, Assessore, deve ripensare alle cose che ha detto e capire meglio
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perché il dibattito ha preso la strada che ha preso, anche cercando di capire che
pensavamo di avere davanti uno che usa il fioretto quanto noi e ci saremmo aspettati
un colpo di fioretto e non evocare i tribunali o altro…
Presidente, è stato da parte nostra un dibattito serio, all’interno di una gazzarra, l’ha
definita il capo Gruppo di Rifondazione, organizzata per motivi elettoralistici, che
costituisce uno dei momenti più bassi nel dibattito, diciamo politico, ma non ci
sembra che non sia stato più di tanto, di questo ente negli ultimi anni.”
Nel frattempo sono usciti dall’aula gli Assessori Brembilla, Corso e Gasparini mentre
è entrato in aula il Vice Presidente della Provincia Mattioli.
Consigliere Tranquillino: “Dirò delle cose molto brevemente, Signor Presidente,
perché ho avuto modo di essere vicino al percorso di questa riforma, anche in alcuni
momenti di mobilitazione. Mi spiace che qualcuno non abbia colto il senso delle
affermazioni fatte dal collega capo Gruppo, compagno, Antonello Patta, oggi. Perché
il compagno Antonello Patta intendeva dire un’altra cosa; infatti io sono convinto che
gli articoli su ‘Libero’ e sull’altro fogliaccio di proprietà di Paolo Berlusconi, ‘Il
Giornale’, siano degli articoli scriteriati per quello che concerne la partecipazione di
genitori e di studenti alle mobilitazioni avutesi contro le riforme. Quelli erano altri
casi, sappiamo bene che c’è anche chi per scavallarsi la cosa si fa l’autogestione in un
certo modo. Non è il caso delle mobilitazioni contro la riforma Moratti. Volevo
precisarlo io, e pregherei la Presidenza di garantirmi perché fino a quando è
intervenuto il Consigliere Del Nero noi non abbiamo interrotto, desidererei che la
stessa cosa valesse per noi.
Devo dire che tutto quello che è all’interno di questo documento del Dipartimento per
l’Istruzione, un contributo sullo schema di decreto legislativo, è un’adunanza di circa
15 giorni fa, poco più, parla il Consiglio Nazionale della pubblica istruzione - vedo
che i banchi del centrodestra, tra le altre cose, sono piuttosto deserti, a differenza di
altre volte, quando si tratta di fare ostruzionismo in modo anche piuttosto colorito -, è
bene che si sappia che questa riforma apre dei varchi nell’esistente senza riempirne
gli spazi. Ci sono pezzi di indeterminatezza, e io mi impegno a fare avere ai
Consiglieri colleghi dell’opposizione il documento in questione, perché parla chiaro,
circa l’indeterminatezza di questa riforma su tutta una serie di questioni che io adesso
potrei anche citare, ma che per la promessa che ho fatto di essere breve non farò.
Devo dire invece che quello che mi allarma è sentire affermare con convinzione, dai
banchi dell’opposizione, che questa sarebbe una riforma che contribuirebbe a far fare
un salto in avanti per quello che concerne la formazione e il futuro di questo Paese,
perché di questo stiamo parlando. L’altro giorno sono stato presso la Direzione
Generale regionale con il prof. Dutto, era presente anche l’Assessore …… sono un
po’ stanco, abbiamo fatto troppe ore di riunione, era presente l’ex Provveditore
Zenga, devo dire che lì mi sono reso conto di una cosa, che per quello che riguarda le
risorse assegnate, e parlo di scuola, sul tema degli stranieri e sul tema dei disabili, per
davvero non mi sembrava che la cosa fosse confortante. Anzi, devo dire che il quadro
che abbiamo avuto, e ci sarà un aggiornamento ancora, ci sarà un altro tavolo, devo
dire che è stato un quadro veramente desolante, assai poco rassicurante, e io sono
convinto che la Provincia di Milano oggi, in quest’aula, stia svolgendo un’opera
meritoria, ma non perché sarà risolutiva l’opera che sta svolgendo nel cambiare i
destini della scuola italiana, perché quelli probabilmente forse concorreremo a
cambiarli noi quando vi avremo tolti dal governo l’anno venturo. Il fatto è che sembra
che voi siate totalmente distanti dalla realtà e io sono convinto che così come tante
volte si vogliono prendere delle posizioni bipartisan, si vuole che tutti
appassionatamente si voti insieme qualche cosa, quando si vuole armonizzare, quando
25
si vuole essere educati, secondo me anche al di sopra delle righe, perché delle
differenze sostanziali e profondissime permangono tra noi e voi, tra questo Gruppo
consiliare poi men che meno, sicuramente, signor Presidente, non ho visto
preoccupazioni nelle affermazioni dei banchi del centrodestra, cioè dell’opposizione,
per quel che concerne la situazione delle risorse economiche. E guardate che tutta
l’indeterminatezza che è contenuta in questo documento non è solamente
un’indeterminatezza che mi fa pensare che in questo Paese, parimenti alla sanità
pubblica, si voglia sfavorire la scuola pubblica, perché poi gli inni alla sussidiarietà io
li sento come delle litanie dell’unghia incarnita qui dentro, fuori da qui, nelle
commissioni giorno dopo giorno. Mi pare di capire invece che non solamente non ci
si preoccupi del pubblico, e questa è la cosa più grave, probabilmente si vuole
danneggiare il pubblico perché si vogliono aprire fette di mercato all’interno del
settore privato, anche per quello che concerne la scuola. Mi sto facendo questa
convinzione.
Chiudo, signor Presidente, perché avevo promesso la brevità. Penso che
responsabilmente sarebbe bene che qualcuno andasse a fare una indagine della realtà
circostante, perché certi interventi paiono, a uno come me, che non ha mai
considerato l’ideologia una bestemmia, perché l’ideologia a me appare come una
logica delle idee, quindi non ho mai demonizzato l’ideologia, devo notare invece che,
pregiudizialmente, e davvero per partito preso, qui non si voglia neanche prendere
atto di come questa riforma, io la chiamo controriforma, concorra a buttare la nostra
scuola nell’incertezza, sicuramente a un profondo senso di classe, questo sicuramente,
e sentire qualcuno che insorge quando si richiama Don Milani, francamente, Signor
Presidente, lo trovo esilarante, perché per me Don Milani sicuramente non era un
rivoluzionario, non era niente altro che una persona di buonsenso che a quel tempo ha
dato un contributo che ancora oggi ricordiamo. Anzi, colleghi, io sono convinto di
una cosa, non tutti magari l’hanno letto, leggiamo il libro ‘Lettera ad una
professoressa’. Lo so che tu sei ecumenico, Albetti, non ti preoccupare.
Signor Presidente, io ho chiuso, non posso non mancare di manifestare un certo
disagio perché mi sarei aspettato meno insorgenza e meno spirito di parte su un tema
che per davvero oggi possiamo considerare un tema che dovrebbe preoccupare tutti
quanti. Ho sentito io personalmente, a questo proposito, della gente che per davvero
ha votato per lo schieramento del centrodestra, dichiararsi preoccupata in ordine a
questa riforma. Vedo che i colleghi rischiano di essere più realisti del re.“
Presidente del Consiglio: “Abbiamo finito la discussione generale. E’ stato un
dibattito difficile, intenso, che anch’io ho avuto qualche difficoltà a gestire. Non sono
stato attentissimo a tutte le ore del dibattito, mi pare ci sia stata qualche stonatura,
qualche parola di troppo nei confronti dell’Assessore, andrò anche a fare una mia
verifica, c’è stato qualche atteggiamento anche nei confronti dei relatori, citava prima
il Consigliere Patta la Segretaria della CGIL. Dico però che in realtà qui c’è una
questione che riguarda l’aula, di fatto noi abbiamo tenuto un Consiglio
“straordinario” organizzato in modo particolare, in qualche misura è stato un mix fra
Consiglio e assemblea, e questo inevitabilmente comporta e ha comportato qualche
eccesso di partecipazione, partecipazione emotiva naturalmente, anche se io credo che
in ciascuno di noi, in tutti coloro che sono intervenuti, c’è stata e c’è una grande
passione politica su posizioni politiche anche diametralmente opposte ma in entrambi
i casi una grande passione politica. Mi scuso come Presidente del Consiglio nei
confronti di coloro, dell’aula, della Giunta, che si fossero sentiti offesi per taluni
comportamenti, però, ribadisco, è stato un Consiglio tutto particolare. Credo che,
essendo nella fase di revisione del regolamento dovremo anche provare a definire
meglio le modalità di organizzazione di Consigli come questo. Ovviamente la
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partecipazione esterna ai gruppi sociali ecc., è un fatto importante, assolutamente
positivo, va forse regolamentato un pochino meglio e in questo senso io intendo
impegnarmi in rapporto e in accordo con la commissione che si sta occupando di
statuto e di regolamento.
Ciò detto, passiamo alla “discussione”, immaginando che ormai in realtà abbiamo
sostanzialmente detto tutto, dei due ordini del giorno, quello presentato per conto
della maggioranza a prima firma del Consigliere Patta, quello presentato per i
Consiglieri di minoranza a firma della Consigliere Frassinetti, alla quale do subito la
parola per dichiarazione di voto, chiedendo se anche da parte della maggioranza c’è
qualcuno che volesse intervenire per dichiarazione di voto e ricordando che il
percorso di votazione sarà il seguente: i due ordini del giorno vengono votati secondo
i tempi di presentazione, prima quello della maggioranza, presentato il 28 giugno, poi
quello della minoranza, presentato il 30 giugno.”
Il Presidente del Consiglio pone quindi in trattazione lo:
ARGOMENTO N. 2/48 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Ordine del giorno
presentato in data 28 giugno 2005, primo firmatario il Consigliere Patta, sulla legge
53/2003 (riforma scolastica) e relativi provvedimenti attuativi.
e lo:
ARGOMENTO N. 2/49 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Ordine del giorno
presentato in data 30 giugno 2005, primo firmatario il Consigliere Frassinetti, in
merito alla riforma scolastica.
Consigliere Frassinetti: “Per dichiarazione di voto. E’ evidente che nel fare la
dichiarazione di voto mi devo obbligatoriamente riportare a quelle che sono state le
linee guida del mio intervento della volta scorsa sul tema, perché le motivazioni che
mi hanno indotto, insieme agli altri colleghi dell’opposizione a stilare questo ordine
del giorno alternativo, in contrapposizione a quello presentato dalla maggioranza,
sono evidenti. Ci sono due modi di pensare la scuola contrapposti, anche se io
ritengo, come dicevo anche la scorsa volta, che questo sia un argomento dove bisogna
cercare anche i punti di incontro, però credo che sia abbastanza importante per noi
difendere questo nuovo impianto educativo, spesso e volentieri in maniera
demagogica contestato dalla maggioranza.
I punti che noi abbiamo voluto evidenziare nel nostro ordine del giorno riguardano la
strutturazione del sistema educativo, quindi l’importanza della difesa della scuola
elementare, con la valorizzazione della scuola media inferiore come piattaforma
qualitativa di ingresso nella scuola superiore, poi credo e ritengo che il discorso a mio
avviso demagogico che viene fatto sul momento della scelta e su una presunta
discriminazione alla quale andrebbero incontro i figli degli appartenenti alle classi
sociali più povere non sia vero. Non è vero anche se è evidente che bisogna
intervenire nel tessuto sociale per far sì che tutti abbiano la possibilità di poter
accedere alle scuole alle quali vogliono accedere, secondo le loro competenze e il loro
merito. Non credo che le riforme o le bozze di riforma presentate dalla sinistra in
questi anni supplissero a quello che sicuramente è un problema. Credo invece che
questo impianto del doppio canale abbia e dia la possibilità di far sì che l’ingresso nel
mondo del lavoro sia un ingresso con delle potenzialità qualitative uniche, adeguate a
una scuola che va verso l’Europa. Non sono assolutamente d’accordo che in questa
riforma ci sia l’annullamento della scuola pubblica, ma anzi che la scuola pubblica sia
e debba essere sicuramente fondamentale nella formazione degli studenti e dei
27
giovani. Poi ribadisco come, con stupore, ho verificato che nell’ordine del giorno
della maggioranza non ci sia alcun riferimento esplicito a quelli che sono i ruoli della
Provincia nel mondo della scuola superiore. E qui do ragione al Consigliere Dapei, al
capo Gruppo di Forza Italia, quando ritengo che la discussione abbia sfiorato dei
momenti di puro dibattito demagogico, perché siamo nell’aula del Consiglio
provinciale e abbiamo il dovere, il compito di evidenziare quelle che sono le
prerogative della Provincia, anche perché alla luce delle riforme istituzionali noi
vediamo in questo campo le possibilità di ridisegnare la rete scolastica sul territorio,
di ampliare l’offerta formativa, di creare nuove specializzazioni, di contemperare
l’edilizia scolastica alle nuove esigenze della didattica, in un sistema di flessibilità
anche architettonica che valorizzi la scuola nel suo complesso. Tutte queste cose
vanno evidenziate nell’ordine del giorno della maggioranza. Noi l’abbiamo fatto,
l’abbiamo fatto nella parte finale dell’ordine del giorno, dove parliamo di attivazione
di indirizzi adeguati ai tempi, di riduzione del problema del pendolarismo scolastico.
L’Assessore Barzaghi sicuramente sa che molti studenti sono obbligati ad andare
anche fuori dalla Provincia, e che c’è un progetto, con l’aiuto del Cisem, per cercare
di ridurre questo pendolarismo, che poi fa parte della quotidianità, appartiene a quel
ruolo di quotidianità degli studenti della Provincia di Milano. Questi quindi i punti
importanti, qualificanti, la difesa dell’autonomia scolastica, i rapporti con gli enti
locali, con il CSA, con il territorio, sempre in un equilibrio che spesso è difficoltoso
ma che deve essere un equilibrio armonico, perché la scuola è fatta di testa ma è fatta
anche di cuore, è fatta anche di passione, è fatta anche di persone e lavoratori che
ogni giorno devono incontrare e affrontare una realtà diversificata. Quindi un ente
come la Provincia è ora messo in condizione di far sì che tutto questo possa essere
regolamentato. Noi chiediamo che venga continuata questa politica di elaborazione
dell’attivazione di indirizzi, della qualificazione dell’attività di orientamento perché
solo con un buon orientamento si può naturalmente supplire a quello che sicuramente
può essere un momento importante e cruciale, il momento della scelta della suola
superiore che a mio avviso però va fatto a 13 anni e questo non è, come ho detto
anche nel mio intervento precedente, un problema se c’è un orientamento, un’attività
di orientamento precisa e mirata. Non siamo per una scuola che parcheggia gli
studenti in un biennio generico, perché riteniamo che pur in un sistema che deve
vedere la contemperazione delle attività tecniche di laboratorio a quelle umanistiche,
debba esserci sempre un senso comune, un senso di appartenenza che deve far sì che
ogni giorno la preparazione debba poi portare ad una qualità e una qualifica dello
studente. Noi, nel nome di questa qualità, crediamo che il nostro ordine del giorno
abbia un senso e per questo la dichiarazione che io faccio è quella di voto
favorevole.”
Consigliere Foglia: “La dichiarazione di voto sarà a nome di tutta la maggioranza di
questo Consiglio, sottolineando in questo modo anche l’unitarietà dello sforzo che è
stato fatto da parte di tutta la coalizione di centrosinistra, dell’Unione, in Provincia di
Milano, che è la fotografia di un dibattito che è stato indotto nel corso di questi anni,
e che ci ha fatto percorrere una strada che per molti di noi era anche sconosciuta e che
ha messo in evidenza limiti e incapacità di governo su un terreno come quello della
scuola, che noi riteniamo fondamentale. Siamo convinti infatti che la scuola,
l’università, la ricerca, rappresentino per una vera classe dirigente di un Paese, che
voglia veramente promuovere lo sviluppo e la crescita, un terreno essenziale su cui
investire. Un Paese può crescere solo se cresce il livello culturale della maggioranza
dei suoi cittadini, se ci sono adeguati investimenti in istruzione, formazione, ricerca e
innovazione. Per questo, il sapere e la conoscenza costituiscono una frontiera
strategica e indispensabile per sostenere e rafforzare il concetto di democrazia. Noi
28
riteniamo che la legge Moratti debba essere completamente rivista, si è parlato qui di
riforma della riforma, e debba essere sostituita da una serie di provvedimenti
legislativi che garantiscono in primo luogo il carattere unitario e nazionale del sistema
scolastico, che rilanci una strategica funzione sociale e culturale che recuperi i
principi costituzionali violati, se ne è discusso molto qui, ad esempio l’obbligo
scolastico, che si rafforzi l’autonomia scolastica quale principio costituzionale
valorizzando la capacità di autogoverno, che si recuperino e consolidino le esperienze
innovative che la scuola ha prodotto e sperimentato sotto il profilo pedagogico,
didattico e educativo.
Noi crediamo di poter affermare, confortati dal dibattito che c’è stato in quest’aula nel
corso di queste giornate e dai contributi sostanziali, certo alcuni di parte, degli
operatori della scuola, dei genitori, che fanno parte di questo vasto mondo della
scuola, ma che riteniamo essere un’espressione autentica del disagio che la scuola sta
vivendo in questi anni e che questa riforma sicuramente non ha placato, non ha
fermato.
Noi possiamo affermare dunque con certezza che la scuola pubblica ha bisogno di
un’attenzione vera e ha bisogno soprattutto di esser ascoltata, quello che abbiamo
fatto noi. Quindi c’è bisogno di un progetto che parta dalla dignità grande di questo
mondo, dalla sua voglia di autonomia e di responsabilità, dai suoi valori forti
dichiarati e praticati. La scuola, appunto, come luogo in cui si formano cittadini
consapevoli dove si costruiscono le fondamenta di un’etica pubblica, laica e
condivisa, rispettosa delle scelte, delle fedi, delle convinzioni di ognuna e di ognuno.
Un progetto che dovrà mettere in moto grande impegno, una grande ambizione anche
nella correzione, nella revisione di questa legge, grande passione e un dibattito
culturale che sicuramente non si può fermare soltanto nelle sedi istituzionali ma che
deve ricomprendere tutto il mondo che della scuola è artefice e protagonista ogni
giorno.
Per quanto ci è possibile, per quanto ci può competere, noi guardiamo con attenzione
a questo mondo e siamo contenti di avere potuto accogliere qui queste opinioni anche
diverse, sappiamo di non essere esattamente in sintonia con un’altra parte di questo
Consiglio, sappiamo però che abbiamo compiti di governo per le competenze che la
Provincia ha e riteniamo che quotidianamente l’Assessore Barzaghi, l’Assessore
Rotondi, pratichino una strada prevista dal nostro programma elettorale, che abbiamo
proposto agli elettori, fortemente coerente con questi principi, con queste convinzioni,
supportate, confortate dal contributo di esterni a questo Consiglio che nel corso di
questo dibattito abbiamo voluto ascoltare.
Il nostro ordine del giorno crediamo che possa ricevere, ovviamente e naturalmente, il
consenso di tutta la maggioranza proprio perché l’invito che noi stiamo rivolgendo
alla conferenza Stato Regioni sia un ulteriore tassello che si aggiunge all’espressione
che già hanno avuto modo di confermare Consigli comunali, Consigli provinciali,
consigli di istituto, collegi dei docenti, al fine di fermare l’iter attuativo di questo
decreto. Dunque crediamo di avere fatto la nostra parte, che sicuramente non si ferma
qui, per instillare, se non altro, il dubbio nei confronti di chi ha concepito una legge di
questa portata e ha, d’altro canto, visto fiorire anche molto spesso quasi
esclusivamente spontaneamente un moto di protesta, un moto di rifiuto. Non
crediamo di avere le soluzioni per tutti i problemi di questa nazione, di questo mondo,
pensiamo però su questo tema di essere fortemente convinti di perseguire questa
strada, e, pertanto, chiediamo a tutto il Consiglio un voto positivo su questo nostro
ordine del giorno.”
Consigliere Esposito: “La dichiarazione di voto mi dà l’occasione per richiamare
alcuni aspetti. Io credo che, Presidente, lei ha ragione quando ha detto che abbiamo
29
costruito un’occasione che avrebbe avuto forse modo di essere regolamentata in
maniera diversa e avere spazi più ampi di discussione. Io la ringrazio di questa
occasione, anche se il nostro capo Gruppo Dapei ha richiamato la possibile
strumentalità di argomenti come quello legato alla riforma Moratti nelle prospettive
che si aprono per tutti i gruppi politici. Questo però dell’intervento finale e
dichiarazione di voto mi dà la possibilità di rammentare ai buoni maestri che sono
intervenuti e che noi apprezziamo, anche se preferiamo alla pedagogista il pedagogo,
chi fa attività educativa ogni giorno, per noi l’atto educativo è l’educazione in atto,
quindi quelli che parlano di scuola ci piacciono un po’ meno di quelli che la fanno la
scuola. Detto questo, a coloro che sono gli ottimi maestri che abbiamo ascoltato,
volevamo richiamare che su una di quelle bandiere sulle quali hanno argomentato il
dissenso alla riforma Moratti, richiamare soltanto la famosa e conosciuta legge
148/90 per quanto attiene i nuovi ordinamenti delle elementari e il tempo pieno che è
stato allora defunto, insieme alla figura del tutor che è stato introdotto, sia pure non
limitato alle 18 ore. Leggi che non sono state fatte dal centrodestra, 148 del 4.6.1990,
il tempo pieno dal 1990, nei termini in cui lo si difende, non c’è più e non lo abbiamo
cassato noi, né noi abbiamo introdotto la figura del tutor o adombrata come è
adombrata all’art. 5.
Detto questo, per quanto attiene le competenze istituzionali, sono tutte chiare quelle
regionali dopo il Titolo V e quelle statuali, anzi abbiamo messo in qualche modo una
pezza alla legislazione concorrente che ha costruito qualche problema alla Corte
Costituzionale negli ultimi anni. Per quanto attiene l’istruzione e la formazione
professionale le competenze per quanto attiene la scuola e questi temi sono
estremamente chiari. La conferenza Stato Regioni è appunto un momento di quelli
che consentiranno di chiarire le cose riguardo alla riforma Moratti. Per quanto attiene
lo sviluppo produttivo e la Confindustria che è stata richiamata da tutti, volevo dire
che Gianfelice Rocca, che è il vicepresidente della Confindustria, che dice che il
diritto dovere di istruzione e formazione per tutti gli studenti fino a 18 anni, la
valorizzazione della formazione professionale, l’alternanza scuola lavoro, la
formazione professionale superiore, il sistema di valutazione e la nascita dei licei
economici e dei licei tecnologici a indirizzi sono i tasselli di una trasformazione
dell’ordinamento scolastico che punta alla crescita del capitale umano, alla flessibilità
organizzativa, raccordo scuola impresa, e alla salvaguardia delle specificità della
cultura tecnologica italiana, fondamentale per le nostre imprese. Nella formulazione
del decreto esistono i presupposti perché i licei tecnologici rappresentino la
continuità, l’evoluzione della grande tradizione dell’istruzione tecnica, da cui le
imprese hanno attinto per anni tecnici e periti preparati e provenienti da un percorso
formativo vicino al mondo industriale. L’attuazione coerente di questo indirizzo sarà
quindi fondamentale. C’è ora da augurarsi, dice la Confindustria, che l’iter del
decreto vada avanti speditamente per mettere in condizioni scuole, capi istituto e
docenti, di procedere con serenità nella realizzazione della riforma. Ho voluto
richiamare questo perché la Confindustria è stata citata qualche volta a sproposito
riguardo alle eccessive preoccupazioni che questa riforma, che è in atto e che parte in
maniera sperimentale per il secondo ciclo dal primo settembre, sta camminando.
Ultima considerazione, prima di dare l’appoggio all’ordine del giorno della
Frassinetti e dire le nostre perplessità sull’ordine del giorno presentato dalla
maggioranza e sul ruolo che la Provincia deve svolgere. Noi a giugno faremo le
elezioni politiche e può darsi che il centrosinistra vinca le elezioni. Veniamo da una
cultura per la quale le leggi vanno osservate e fatte osservare. Se verrà abrogata la
riforma Moratti e ci sarà una legge che il libero Parlamento di questo Paese adotterà,
noi osserveremo quella legge che il libero Parlamento ha prodotto e la faremo
osservare.”
30
Presidente del Consiglio: “Ovviamente io non intervengo sugli interventi, però
attenzione, la dichiarazione di voto non dovrebbe essere un prolungamento della
discussione generale. La dichiarazione di voto è la posizione del Consigliere sul
documento che si va a votare.”
Consigliere Bruschi: “Vedrò di stare tassativamente nei limiti della dichiarazione di
voto, per annunciare il mio voto favorevole all’ordine del giorno Frassinetti e il mio
voto contrario, con alcune perplessità all’ordine del giorno della maggioranza. Dico
subito quali sono le perplessità. La prima perplessità è che manca in quell’ordine del
giorno una presa di distanza netta e irrevocabile, come pure ho sentito in alcuni degli
interventi fatti in quest’aula, nei confronti della legge 53. Si punta il dito contro i
decreti attuativi, ma nulla si dice riguardo ad una legge che io chiamo
Moratti/Bertagna ma dovrei chiamare quasi Berlinguer/De Mauro/Bertagna/Moratti
perché quella legge è la legge Berlinguer De Mauro, con la significativa innovazione
dovuta non alle scalmane del centrodestra ma dovuta alla riforma del Titolo V della
costituzione, che faceva della legge Berlinguer De Mauro una cosa incostituzionale
perché mancavano tutte le competenze regionali. Questa è la prima perplessità che
quasi mi porterebbe a aderire ad una parte dell’ordine del giorno della maggioranza.
La seconda perplessità è data dall’intervento dell’Assessore Rotondi. L’Assessore
Rotondi nel suo intervento, come al solito molto tecnico, molto puntuale, molto
attento anche alle sfumature, ha per i 4/5 detto cose che mi sento pienamente di
condividere e sarei stato proprio curioso di vedere la compattezza dell’Unione messa
alla prova di alcune cose concrete dette dall’Assessore Rotondi. Ne cito soltanto due:
quando parla di pluralità di offerte è ovvio che questa pluralità di offerte parla di
pubblico e parla di privato, soprattutto se quest’accenno è anche aggiunto ad un altro
accenno, agli enti di formazione della Provincia di Milano, alcuni pubblici, molti
privati. Quando si parla della scuola di Barbiana si parla di un’applicazione, fatta
anche obtorto collo, contro addirittura le gerarchie ecclesiastiche per molti versi, di un
principio di sussidiarietà e di sperimentalità.
Io ritengo che la legge Moratti tutte queste cose le garantisca. Ritengo che il dibattito
sui decreti attuativi, che pure non mi convincono appieno, non ho vergogna a dirlo,
sarebbe stato migliore se noi ci fossimo spogliati da quella sacra ideologia che tutte le
volte che si tocca la scuola, da 100 anni a questa parte, parlo anche addirittura del
Parlamento liberale, provoca dei sussulti e degli sconquassi.
Detto questo, mi corre l’obbligo di fare una precisazione. Nel corso della seduta di
Consiglio, io ebbi a dirle, Presidente, anche se dal pubblico ricevo delle interruzioni
non mi tuteli, non ho alcun bisogno di essere tutelato in quest’aula, perché quando ci
sono scambi di battute, di accuse o quant’altro mi difendo da solo. Quello che mi è
dispiaciuto è stata la mancanza del Consigliere Barbaro, che di solito è il mio
interruttore ufficiale, facciamo degli scambi che purtroppo non sono ripresi al
microfono e me ne dispiaccio. Uno dei miei libri da comodino è “Onorevole stia
zitto”, proprio perché io ritengo che la politica non possa mai essere disgiunta dalla
passionalità. Io non mi sono arrabbiato con il Consigliere Barbaro quando mi diede
del bugiardo in quest’aula, mi spiegai con il Consigliere Barbaro, ebbi modo di
intervenire e ci chiarimmo a vicenda, mi arrabbiai solo in un caso, molto forte,
quando certe accuse di nanismo politico o altro vennero fatte non in quest’aula dove
io potevo rispondere ma fuori da quest’aula, dove la possibilità di rispondere non mi
era data. Per cui lascio al senso della battuta anche acre di ognuno il saperle accettare
e rispondere a tono. Se Penati mi avesse dato del nano politico in quest’aula, io gli
avrei dato del Capitan Fracassa.”
31
Consigliere Elli: “Ho seguito il dibattito con una certa attenzione e devo, come
sempre, notare l’assenza praticamente di tutti gli Assessori, che dimostra uno
scarsissimo interesse a questo dibattito che pure è estremamente importante. Solo
due, ma sono quattordici, e Penati non c’è mai, c’è in tutte le televisioni. Comunque
io non ho mai interrotto, chiedo di non essere interrotto.
Che la nostra scuola debba essere riformata credo che sia un’esigenza che ormai sia
sentita da tutti da più di cinquanta anni, hanno provato tutti a spizzichi e bocconi fatti
male, l’ultima fallita è la riforma Berlinguer e adesso ci prova la Moratti. Non è certo
la riforma migliore del mondo, ma perlomeno ha un coordinamento globale che va
dall’università alla prima infanzia. Ho seguito il dibattito senza pregiudizi, perché
dovrei scegliere la proposta della maggioranza? Nel documento della maggioranza si
dice: scuola primaria, il nuovo orario annulla il tempo pieno. Palesemente falso, la
scuola dell’infanzia va da un minimo di 24 ore ad un massimo di 50. Ma più di 50 ore
cosa si può fare? Che tempo pieno state chiedendo? Questa affermazione è falsa, può
arrivare a 50. Alla scuola secondaria viene ridotto il tempo pieno. Nella scuola
secondaria vengono offerte a tutti 27, 40 ore prolungabili. Ma qual è il tempo pieno
che auspicate? Io non l’ho ancora capito, non si riduce nulla e questa è un’altra
affermazione falsa, e così via, ci sono delle affermazioni nel vostro ordine del giorno
che sono palesemente strumentali e false. Così come ho sentito i discorsi fatti da
alcuni della maggioranza, che hanno elogiato il ritorno agli anni ‘60, come se la
scuola degli anni ‘60 fosse il meglio del mondo, e il collega vicino a chi elogiava gli
anni ‘60 diceva che questa riforma Moratti vuole ritornare agli anni ‘60 e quindi era
pessima. Mettetevi d’accordo, almeno possiamo decidere cosa fare. Qual è la scuola
che rimpiangete? Questo non si capisce, voi state semplicemente dicendo una serie di
no e non ponete nessuna proposta. Le ho lette bene, sono dichiarazioni di principio
ma senza mai entrare nel merito, come quella della scuola di Barbiana. La scuola di
Barbiana credo l’avete letta tutti, perlomeno qui è stata raccontata molto. Si chiede
nella scuola di Barbiana un forte impegno degli insegnanti, certo, a tempo pieno, ma
si chiede anche che i ragazzi studino e fortemente, altrimenti Don Milani li mandava
a lavorare. Questo è un discorso fondamentale per la scuola, occorre definire qual è
l’obbligo, e lì ci arrivano tutti, dopodiché studiano i migliori anche, caro Patta,
gratuitamente. Studiano i migliori! Come facevano, per esempio, e su questo io sono
d’accordo, in tutti gli stati dominati allora dal regime sovietico, in cui la scuola era
gratuita però chi non dava il rendimento previsto smetteva. Perché? Perché erano
soldi pubblici che dovevano essere spesi in funzione di un rendimento che si voleva
essere eccellente e hanno prodotto un eccellente livello scolastico. Allora è troppo
facile dire una serie di no, occorre anche fare delle proposte coerenti, mettetevi
d’accordo e fate un discorso di un ordine del giorno coerente, che contenendo una
serie di ambiguità e di falsità noi chiaramente non voteremo e invece voteremo l’altro
su cui poi siamo anche in grado di emendarlo, ma nel dibattito non c’è più spazio e
quindi noi lo voteremo tal quale.”
Nel frattempo è uscita dall’aula il Vice Presidente Vicario del Consiglio Cavicchioli.
(presenti 42)
Dopodiché, chiusa la discussione il Presidente del Consiglio sottopone ai voti del
Consiglio il seguente ordine del giorno:
ARGOMENTO N. 2/48 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Ordine del giorno
presentato in data 28 giugno 2005, primo firmatario il Consigliere Patta, sulla legge
53/2003 (riforma scolastica) e relativi provvedimenti attuativi.
32
IL CONSIGLIO PROVINCIALE
in adunanza 12 luglio 2005
Evidenziando che:
− sono prioritari adeguati investimenti nella scuola e nella formazione professionale
per il futuro di ogni Paese civile e democratico (come previsto dagli obiettivi
fissati da Lisbona 2000);
− è indispensabile investire nel sistema educativo per riuscire a coniugare sviluppo
economico, equità sociale e attenzione alle nuove generazioni;
− è necessario incrementare la qualità dell’istruzione pubblica e della formazione
professionale, condizione imprescindibile per la crescita del Paese e delle persone,
assicurando a ciascuno pari opportunità;
− sono necessari adeguati finanziamenti, risorse umane, strumenti e materiali per la
scuola pubblica, la formazione professionale, l’università e la ricerca
ESPRIME
una forte critica all’impostazione della Legge 53/2003 e ai relativi decreti attuativi. In
particolare:
− il Decreto Legislativo n.59/2004 relativo alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo
di istruzione e la Circolare applicativa n.29 del 5 marzo 2004;
− lo Schema di Decreto Legislativo concernente le norme generali ed i livelli
essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di Istruzione e
Formazione (approvato in via preliminare nella seduta del Consiglio dei Ministri
il 27-05-05).
Le motivazioni sono le seguenti:
Scuola primaria
− il nuovo orario annulla il “tempo pieno” come modello pedagogico-didattico
riconosciuto nella sua validità e nella sua applicazione al 95% nell’area della
Provincia di Milano;
− l’introduzione della figura del “tutor” scardina l’organizzazione per team degli
insegnanti, favorisce la strutturazione gerarchica del corpo docente e accentra le
competenze legate ai piani di studio personalizzati (portfolio e rapporti con le
famiglie);
− il Governo ha determinato tagli consistenti sugli organici con le ultime
finanziarie.
Scuola secondaria di primo grado
− viene ridotto il tempo scuola, di fatto annullando il tempo prolungato e le sue
potenzialità progettuali;
− si riducono le ore destinate alle singole materie (scompare l’educazione tecnica, le
ore di lettere vengono ridotte settimanalmente da 11 a 9 e le ore di lingua inglese
a 2);
− si conferma la figura del tutor con i problemi già esposti.
Secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione
− non vengono ben definiti i rapporti tra Stato e Regioni rispetto ai compiti
33
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istituzionali, disarticolando l’unitarietà del sistema formativo;
viene modificato profondamente il concetto costituzionale di obbligo scolastico,
sostituendolo con un ambiguo “diritto-dovere”, anche sotto il profilo giuridico;
non vengono offerte pari opportunità nei due canali dell’istruzione liceale e
dell’istruzione e formazione professionale (per durata, certificazioni, percorsi,
sbocchi, competenze istituzionali);
viene effettuata una netta distinzione tra percorsi propedeutici all’università e
percorsi terminali, cioè finalizzati al lavoro, con il rischio di una dequalificazione
del sapere professionale e tecnico, annullando l’attuale area tecnico-professionale
(gli Istituti tecnici e professionali);
si propone un modello economico e sociale arretrato lontano dai “bisogni di
un’economia e società basati sul fattore conoscenza “(Rapporto Educational
2004 - Confindustria);
si introduce una separazione precoce dei percorsi, obbligando i tredicenni ad
effettuare una scelta prematura e non consapevole e, in questo modo, si
accentuano le condizioni socio-culturali di partenza, penalizzando quelle più
svantaggiate;
si colpisce l’autonomia delle istituzioni scolastiche, anche non assicurando risorse
adeguate;
non vengono previsti adeguati interventi finanziari per il personale docente,
amministrativo, tecnico e ausiliario, per l’edilizia scolastica e la strumentazione
didattica;
il previsto inserimento della formazione professionale (soprattutto pubblica)
all’interno del sistema di I.F.P. pone a rischio, in mancanza di una definizione
chiara dei meccanismi di finanziamento e di una rete stabile e governata di
strutture erogatrici, l’esistenza stessa dell’offerta di formazione professionale e la
sua tradizione storica di intervento in Lombardia;
la netta separazione tra i percorsi di formazione iniziale e il resto dell’offerta
(superiore, permanente, degli adulti e legata alle esigenze del territorio) rende
problematica la costruzione di un sistema formativo ispirato ai principi
dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e dello sviluppo verticale,
garantendo comunque a tutti pari opportunità formative;
il decreto non presenta condizioni e percorsi utili alla definizione di un Sistema
Formativo Integrato.
Il Consiglio Provinciale, affermando la sua forte critica all’attuale progetto di
Riforma
INDICA
la necessità del ritiro dei Decreti attuativi, per ripensare complessivamente la Legge
28 marzo 2003, n. 53 (Legge Moratti), al fine di emanare nuovi provvedimenti
legislativi che modifichino l’impianto della Legge di riforma per conseguire i
seguenti obiettivi:
− riaffermare l’esigenza di certezze organizzative, gestionali e finanziarie per
l’insieme del sistema educativo e, in particolare, per quanto riguarda il tempo
pieno e prolungato nella scuola elementare e media;
− innalzare l’obbligo scolastico da subito a 16 anni, con la prospettiva di arrivare a
breve a 18 anni attraverso un biennio unitario e orientativo, all’interno di un
sistema educativo di qualità capace di valorizzare i diversi stili cognitivi, di
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−
−
−
−
accrescere la cultura di base, professionale e del lavoro, al fine di formare un
cittadino pienamente responsabile e inserito in un contesto europeo;
ripensare un disegno di riforma che delinei un sistema educativo caratterizzato da
percorsi con pari opportunità di accesso all’università e alla formazione Postdiploma;
rilanciare l’autonomia scolastica, anche attraverso adeguate risorse finanziarie;
progettare un sistema educativo che sappia interpretare e affrontare i livelli di
insuccesso e abbandono scolastico, promuovendo politiche contro la dispersione
scolastica, anche attraverso iniziative di orientamento e riorientamento;
avviare politiche di professionalizzazione e di valorizzazione di tutto il personale
della scuola e della formazione professionale.
Il Consiglio Provinciale ribadisce inoltre che un sistema educativo di qualità non può
che essere costruito con quanti da tempo si prodigano in questa direzione e
INVITA
la Conferenza Stato-Regioni, chiamata ad esprimere un parere sullo schema di
decreto relativo al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a
tener conto dei molteplici pronunciamenti democratici di numerosi Consigli comunali
e provinciali, nonché dei Consigli d’Istituto e dei Collegi docenti, al fine di fermare
l’iter attuativo del decreto, rispetto al quale lo stesso CNPI “manifesta perplessità
circa la legittimità formale degli atti... coessenziali alla sua approvazione..”.
AUSPICA
che la Regione Lombardia tenga conto di questo pronunciamento al tavolo della
Conferenza Unificata.
Il Presidente del Consiglio dà inizio alla votazione con sistema elettronico; terminate
le operazioni di voto, dichiara approvato l’ordine del giorno con venticinque voti a
favore, sette contrari (Vice Presidente del Consiglio Albetti e Consiglieri Bruschi,
Dapei, Elli, Esposito, Frassinetti e Lombardi); non partecipano al voto i Consiglieri
Accame, Clerici, Colli, Del Nero, De Nicola, Gavazzi, Grimoldi, Malinverno, Meroni
e Musciacchio.
Il Presidente del Consiglio dà atto del risultato della votazione.
Successivamente il Presidente del Consiglio sottopone ai voti del Consiglio il
seguente ordine del giorno:
ARGOMENTO N. 2/49 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Ordine del giorno
presentato in data 30 giugno 2005, primo firmatario il Consigliere Frassinetti, in
merito alla riforma scolastica.
IL CONSIGLIO PROVINCIALE
in adunanza 12 luglio 2005
PREMESSO CHE:
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la scuola deve mettere al centro la persona, educando i giovani ai valori della cultura
e della convivenza civile e deve allo stesso tempo essere custode delle identità e
tradizioni territoriali, nazionali ed europee. La scuola deve altresì rappresentare un
luogo di socialità ed insegnare il senso civico ed il rispetto umano;
CONSIDERATO CHE:
la Riforma Moratti ha ridisegnato, in un nuovo quadro istituzionale, una nuova
scuola, in linea coi tempi e con le esigenze della società;
ESPRIME
apprezzamento al nuovo modello educativo così come esplicitato dalla legge 53/2003
e ai relativi decreti attuativi e in particolare evidenzia come sussistano essenziali
miglioramenti nei diversi cicli prospettati dalla predetta legge.
In particolare:
• Primo ciclo: la Riforma Moratti garantisce la libertà per le famiglie di
scegliere tra le diverse attività offerte dalla scuola dell’autonomia; inoltre
introduce l’insegnamento della lingua inglese e dell’informatica sin dalla
prima classe della scuola primaria; personalizza i piani di studio;
• Secondo ciclo: il diritto e dovere all’istruzione si colloca in un sistema
unitario ma diversificato in cui sono presenti percorsi formativi liceali e
percorsi dell’istruzione e formazione professionale. Il sistema della nuova
legge garantisce a tutti uguali opportunità per accedere ai livelli di formazione
secondo le proprie capacità, attitudini e aspirazioni. Il diritto-dovere
all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni amplia il vecchio
obbligo scolastico formativo;
TENUTO CONTO CHE
il nuovo art. 117 Cost. conferma la potestà regolamentare di Comuni, Province e Città
Metropolitane “in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle
funzioni loro attribuite” e che pertanto la Provincia rafforza le funzioni di
programmazione e coordinamento territoriale. In particolare:
• sono stati riuniti presso la Provincia i compiti di edilizia sull’intera scuola
secondaria superiore, ponendo al contempo le basi perché tutta l’edilizia
scolastica del settore diventi competenza della Provincia;
• sono state ampliate le attribuzioni di deleghe da parte delle Regioni alle
Province in materia di formazione professionale;
• sono state poste le basi per una organizzazione sistemica dell’offerta di
istruzione-formazione;
IMPEGNA LA GIUNTA
a far sì che il nostro Ente continui sulla strada già intrapresa precedentemente, sia per
quanto riguarda gli investimenti in edilizia scolastica, sia svolgendo il ruolo di
programmazione dell’offerta formativa sul territorio in modo efficace attraverso:
a) l’attivazione di indirizzi adeguati ai tempi, nel rispetto delle istituzioni
scolastiche, in modo da favorire l’integrazione degli studenti nel mondo del
lavoro, valorizzando le produzioni e le tradizioni delle nostre imprese;
b) un rapporto costante di intesa e collaborazione con i Comuni, l’U.S.R. e con il
CSA, per favorire una attenta programmazione territoriale;
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c) la qualificazione delle attività di orientamento ed il monitoraggio sul territorio
per ridurre al massimo il pendolarismo studentesco;
d) l’incremento delle iniziative extraordinamentali, anche attraverso
l’applicazione del principio della sussidiarietà;
e ad affinare la logica programmatoria partecipata, sia per quanto riguarda la
localizzazione degli edifici scolastici sia per la pianificazione territoriale dell’offerta
scolastica nel rispetto dell’autonomia scolastica.
Il Presidente del Consiglio dà inizio alla votazione con sistema elettronico; terminate
le operazioni di voto, dichiara respinto l’ordine del giorno con venticinque voti
contrari, sei a favore (Consiglieri Bruschi, Dapei, Elli, Esposito, Frassinetti e
Lombardi); non partecipano al voto i Consiglieri Accame, Albetti, Clerici, Colli, Del
Nero, De Nicola, Gavazzi, Grimoldi, Malinverno, Meroni e Musciacchio.
Il Presidente del Consiglio dà atto del risultato della votazione.
Esce dall’aula l’Assessore Dioli.
Il Presidente del Consiglio pone quindi in trattazione lo:
ARGOMENTO N. 46 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Piano Faunistico Venatorio
per il territorio della Provincia di Milano 2005/2009.
Assessore Grancini: “Cercherò di riassumere brevemente i contenuti del Piano
Faunistico che dobbiamo stasera, spero e auspico, approvare. Come sapete bene, noi
abbiamo approvato le linee guida per la stesura del Piano il 14 dicembre scorso. In
quelle linee guida erano contenute tutte le delimitazioni e tutte le aree che
intendevamo andare a definire, e soprattutto andare a concertare con le varie
associazioni. Nelle linee guida prevedevamo di mantenere non meno del 25% di
territorio a tutela della fauna selvatica. Tale percentuale si è attestata, dopo gli
incontri e dopo le valutazioni, i confronti e la verifica delle leggi attualmente in
essere, compresi il Piano Territoriale e le leggi regionali, al 25,2%.
Come previsto nelle medesime linee guida, il Piano Faunistico Venatorio ha recepito
le istituende aree a parco naturale previste dal Parco Agricolo Sud Milano e dal Parco
delle Groane, anche se non sono ancora approvate, e quindi in attesa della loro
approvazione regionale e relativa tabellazione, si è ritenuto opportuno classificarle
come zone di protezione di competenza provinciale, nelle quali vige comunque il
divieto di caccia.
Inoltre, tra le zone a tutela previste nel precedente Piano, si è ritenuto opportuno non
mantenere la zona di ripopolamento e cattura di Cuggiono, Inveruno, in quanto non
più idonea per le finalità per le quali era stata istituita, e tale mancata riconferma è
stata condivisa da tutte le associazioni di categoria.
In considerazione dell’istituzione della nuova Provincia di Monza, si è ritenuto
opportuno prevedere fin da ora un ambito territoriale di caccia che comprenda tutte le
municipalità che andranno a far parte della nuova Provincia.
L’assessorato inoltre, con riferimento alla Rete Natura 2000 e relativo recepimento
regionale, ha proceduto ad elaborare uno studio dettagliato sulla valutazione di
incidenza, non solamente sui SIC e sulle zone di ripopolamento speciale ma
sull’intero territorio provinciale. Devo inoltre precisare che i siti di importanza
comunitaria, i SIC, sono quasi totalmente ubicati all’interno delle zone a tutela,
mentre le zone di protezione speciale sono ubicate nella loro totalità all’interno di
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dette zone a tutela.
Abbiamo sentito le associazioni interessate, si è provveduto a ridefinire i confini di
alcune zone a tutela già esistenti, assestandole sui confini naturali: le strade, le
ferrovie, i corsi d’acqua, anche per controllare al meglio queste zone nei loro confini.
Tengo a precisare inoltre che in dette zone l’assessorato provvede annualmente ad
investire risorse finanziarie quali contributi da erogare agli agricoltori per la
realizzazione di interventi di recupero e miglioramento ambientale, tesi a favorire la
riproduzione naturale delle specie selvatiche sia stanziali che migratorie. Essendo in
queste zone vietata l’attività venatoria, gli uffici provvedono, previa perizia, alla
quantificazione e successivo indennizzo dei danni causati alle colture agricole dalla
fauna selvatica e domestica inselvatichita.
A differenza del precedente Piano, inoltre, sono stati dedicati dei capitoli sulle rotte
migratorie, metodi di censimento, dati per l’elaborazione della carta e le vocazioni
faunistiche, reti ecologiche e gli indirizzi ad uso degli ambiti territoriali caccia per
interventi miglioramento ambientale di gestione faunistica. A completamento di tutto
ciò si è ritenuto opportuno comprendere nel Piano anche alcune schede descrittive
delle specie di fauna selvatica presenti sul territorio provinciale, nonché di alcune
razze canine tra quelle maggiormente utilizzate per l’esercizio dell’attività faunistica.
In accordo con tutte le associazioni interessate si è ritenuto opportuno prevedere una
percentuale inferiore rispetto a quella prevista dalla legge per l’istituzione delle
Aziende agrituristico venatorie.
Per quanto concerne San Colombano al Lambro, di cui avevamo discusso anche nel
momento della presentazione delle linee di indirizzo, dopo l’incontro con il Comune e
tutte le associazioni che gravitano su detta municipalità, si è mantenuta inalterata
l’attuale situazione con l’unica eccezione condivisa da tutti di ridurre la superficie
della zona di ripopolamento e cattura ubicata sul fiume Lambro.
Concludo questa prima parte ritenendomi soddisfatto e ringraziando per il lavoro
svolto i tecnici dell’ufficio, della collaborazione dei tecnici che sono stati designati da
tutte le associazioni ambientaliste e venatorie, che con l’obiettivo io dico concreto e
qualificato di voler raggiungere una definizione concordata sul Piano Faunistico della
Provincia di Milano, ha potuto permettere a noi di portare un documento, seppur
voluminoso, però completo di tutte quelle parti che fanno sì che la Provincia di
Milano, la prima in Lombardia ma credo anche in Italia, lo sta adottando con tutti
quei criteri di studi che sono lì elencati e visivi.
Per maggiore specificazione, perché sono stati oggetto di serrato confronto, illustro le
parti fondamentali che fanno parte del Piano, anche per rendere molto più chiare
alcune definizioni che sono state adottate per quanto riguarda i parchi della nostra
Provincia. Il Parco regionale Nord Milano è stato confermato come Parco regionale,
anche con l’ultimo Piano Territoriale di Coordinamento del 2002, dunque è
totalmente a divieto di caccia. Ciò significa che anche ai fini della programmazione
faunistica venatoria è assolutamente equiparabile a un’area a parco naturale. La sua
estensione è pari a 626 ettari, derivata dal Piano Territoriale di Coordinamento
Provinciale, come abbiamo già detto nella nota del 10.5.2005. Ho voluto cercare di
andare veloce ma ho saltato un periodo. Comunque, il 10.5.2005 al servizio gestione
attività venatoria e pescatoria è stato indicato da parte del settore pianificazione
territoriale provinciale, la dimensione territoriale del parco che poi è risultata poco
chiara per quanto riguarda gli ettari. Tutto è stato chiarito. In questo modo, pur
avendo portato gli ettari nella giusta definizione, la percentuale di risultanza è
comunque sopra il 25%, attestandosi al 25,2%.
Il Parco regionale della Valle del Lambro, che comprende il Parco di Monza, di 650
ettari di superficie è interamente ricompreso nell’area Parco Naturale del Parco
regionale, come indicato nei dati forniti dal servizio gestione e dal settore
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pianificazione territoriale provinciale. Ciò significa che anch’esso è totalmente
classificato area a parco naturale, dal Piano Territoriale stesso e dalla delibera della
Giunta Regionale del 28.7.2000. Quindi, come tale, è stato conteggiato nel nostro
Piano Faunistico e dalle cartografie che sono allegate.
Voglio fare un’ultima considerazione, che nel calcolo delle zone (i cacciatori non
saranno molto contenti ma anche loro hanno alla fine concordato con le loro
associazione e negli incontri), di togliere dalle aree a caccia, pertanto non sono state
calcolate, le fasce di rispetto tra le strade a dove si può cacciare, cioè i famosi 50
metri. Come molte Province fanno del resto. Noi non l’abbiamo fatto, intanto perché
comunque non si può cacciare ugualmente, ma ho voluto rimarcare il fatto che anche
le associazioni dei cacciatori, alla fine, hanno voluto dare una mano concreta per far
sì che il Piano uscisse con il consenso di tutti.
Finisco congratulandomi, nel senso che mi è arrivata una lettera, mandata al
Presidente e a me, lo dico perché credo sia abbastanza importante non tanto e solo per
il sottoscritto ma per il lavoro fatto dai tecnici dell’assessorato. La lettera è firmata da
tutte le associazioni, Enpa, Gol, Lac, Lipu, Picchio Verde, Winderness, WWF, che
pur ribadendo le loro posizioni in merito alla caccia e al tema complessivo della
gestione venatoria in Italia e della legge in discussione a livello nazionale, desiderano
esprimere soddisfazione per il lavoro svolto dalla Provincia di Milano in occasione
della predisposizione di questo Piano Faunistico. In particolare ringraziano
l’Assessore, lo dico perché fa sempre piacere, e naturalmente i funzionari per aver
valorizzato, attraverso la collaborazione, la maggior parte delle proposte avanzate
dalle associazioni di protezione ambientale, oltre che per la costante e cortese
disponibilità dimostrata durante tutte le fasi dell’iter procedurale.
Ho letto la lettera per sottolineare il lavoro, un ottimo lavoro, nel quale abbiamo
saputo coniugare in questi mesi le diverse esigenze sia delle associazioni
ambientaliste, di difesa degli uccelli o della fauna in modo generale. Con queste
parole rivolgo un invito ad approvare il Piano Faunistico così come è stato presentato,
in modo da renderlo operativo sin dalla prossima campagna venatoria che inizierà,
come sapete, dal prossimo settembre, e ciò consente di fare tutti gli adempimenti che
già sono iniziati con la riunione di oggi pomeriggio da parte della consulta, per il
calendario e quant’altro necessario. Se naturalmente ritengono i Consiglieri, potremo
dare almeno la visione di quelle che sono le aree più importanti riferite al Piano
Faunistico, in modo che poi si possa intervenire con maggiore cognizione di causa.”
Nel frattempo sono usciti dall’aula i Consiglieri Clerici, Colli, Elli, Grimoldi,
Malinverno e Meroni. (presenti 36)
Presiede il Vice Presidente del Consiglio Albetti.
Vice Presidente del Consiglio: “Mentre i tecnici ci vanno vedere le immagini del
Piano si fanno gli interventi.”
Consigliere Lombardi: “Cercherò ovviamente di limitare l’intervento perché a
quest’ora e con una cena saltata, probabilmente più che di fauna si rischia di parlare
solo di selvaggina, facendoci del male. Devo dire che certamente questo Piano ha
molti aspetti positivi, ovviamente è nostro ruolo quello di soffermarci sugli aspetti
che vanno integrati e completati, a nostro modo di vedere.
Innanzitutto è nostra opinione senz’altro, credo che sia opinione anche di voi tutti,
che non c’è stato quel salto di qualità in termini di protezione dell’ambiente riguardo
alla pressione venatoria che probabilmente era legittimo attendersi data la
componente forte che si autodefinisce ambientalista e che è presente nella
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maggioranza di centrosinistra di questa Provincia. 25,2% è la percentuale di
protezione dalla pressione faunistica, se andiamo a considerare gli incrementi anche
in termini di riserve naturali, parchi regionali, foreste di pianura e quant’altro,
andiamo a vedere che questa percentuale si è incrementata sostanzialmente di un po’
di più ed è un fatto questo dovuto, proprio per il contesto ambientale che è senz’altro
migliorato, soprattutto grazie ad alcuni interventi sul territorio della Regione
Lombardia.
Per quanto riguarda il Piano Faunistico nel suo complesso, a vedere il volume del
Piano Faunistico sembra quasi di trovarsi di fronte ad un’opera omnia, che racchiude
tutto lo scibile riguardo alla fauna in Provincia e alla gestione venatoria. In realtà,
nello stesso dispositivo di delibera che molti di voi avranno letto, si vede che in un
certo senso si mettono le mani avanti, per cui si dice che prossimamente c’è da
attendersi alcune modifiche, alcuni aggiustamenti e quello che noi abbiamo qui
davanti viene anche in delibera detto come un Piano non esaustivo dell’aspetto
venatorio in Provincia di Milano.
Un altro punto che mi premeva far notare è come abbiamo dovuto lasciare per strada
una decisione riguardo ad esempio il Parco del Roccolo. Il Piano Faunistico dice in
premessa che uno degli obiettivi principali del Piano è il governo dell’attività
venatoria compatibilmente con il governo dell’attività di tutela delle aree naturali
presenti sul territorio provinciale. Ebbene, a quanto ci risulta, all’interno del Parco del
Roccolo che è localizzato nella zona di Arluno, Canegrate e quant’altro, c’è una forte
diatriba in atto tra associazioni ambientaliste e associazioni di cacciatori riguardo a
quei famosi 25 ettari che si vogliono sottrarre all’attività venatoria. Non entro nel
merito sul fatto che sia giusto o meno giusto, lì abbiamo una presenza in quei pochi
Comuni di 200 cacciatori circa, se non ricordo male, prendo atto però del fatto che la
Provincia ha rimandato la decisione all’ambito territoriale di caccia e credo invece sia
dovere dell’istituzione quello di mediare in una situazione che, a quanto mi è stato
detto anche in questi ultimi giorni, è difficile. C’è un rapporto difficile tra cacciatori,
che ritengono di essere, forse anche giustamente, i depositari, quelli che hanno avuto
la primogenitura per quanto riguarda il Parco del Roccolo, i veri difensori di questa
zona, e gli ambientalisti che invece sembrerebbero voler relegare la caccia al di fuori
di questo territorio. Tra l’altro ci sono anche forti perplessità riguardo alla capacità di
quel territorio di essere luogo di ripopolamento per la fauna selvatica, per cui ci sono
degli aspetti ancora tutti da chiarire, che noi in commissione abbiamo visto che
abbiamo rimandato ad altri tavoli e ad altri momenti.
Un’altra cosa che mi premeva rilevare, come ho fatto già in commissione, è che al
Piano Faunistico Venatorio si è aggiunto uno studio di incidenza che è anche molto
interessante e che riguarda la relazione esistente fra il Piano Faunistico e i siti di
importanza comunitaria, quindi le parti di ambiente più meritevoli di protezione.
Questo studio di incidenza secondo me è uno studio interessante, credo che si
potevano trovare all’interno della Provincia, nei mesi che ci hanno separato
dall’adozione delle linee programmatiche all’adozione del Piano Faunistico, credo
che sarebbe stato importante trovare all’interno della Provincia le competenze che ci
sono per evitare di appaltare all’esterno uno studio di incidenza. Ma quello che mi
preme rilevare qui è che lo studio di incidenza, importante, doveva essere fatto prima
della redazione del Piano Faunistico, invece è stato commissionato questo studio di
incidenza a metà aprile. Pertanto noi andiamo ad approvare un Piano e abbiamo
appaltato uno studio di incidenza senza poi godere dei benefici di questo studio. Per
cui abbiamo, secondo me, speso € 10.000 inutilmente, perché questo studio forse ci
servirà per le modifiche successive ma non è servito senz’altro oggi per definire
meglio questo Piano Faunistico, tanto è vero che uno degli elementi che più sono stati
rimarcati, anche da parte di esponenti significativi della maggioranza, una delle
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carenze più significative di questo Piano Faunistico è il fatto che non affronta con
decisione il tema dei corridoi faunistici. I corridoi faunistici sono quelle zone di
protezione che permettono, tra un’oasi faunistica e un’altra, l’osmosi della fauna, la
migrazione delle fauna in modo tale che la pressione venatoria non isoli le presenze
faunistiche e anche i ripopolamenti siano più efficaci. Noi in quest’aula abbiamo tante
volte sentito parlare della necessità di mettere in rete i parchi, di costruire reti in vari
settori, in vari argomenti, questo del Piano Faunistico è secondo me un momento in
cui andava ben spesa questa tendenza a mettere in rete. Non è stato fatto con
decisione, secondo me poteva essere invece un elemento qualificante che distingue un
po’ la relazione enciclopedica che in qualche passaggio di questo Piano si vede con
chiarezza, vedi le schede della fauna presenti nella Provincia di Milano, quindi il
voler presentare anche e affrontare in maniera decisa i corridoi faunistici sarebbe stato
più qualificante per questo Piano.”
Nel frattempo sono usciti dall’aula i Consiglieri Accame, Del Nero, De Nicola e
Musciacchio. (presenti 32)
Consigliere Gaiardelli: “Parto da un dato che abbiamo già discusso anche quando
abbiamo parlato del Piano Agricolo provinciale, cioè la Provincia di Milano ha oltre il
50% delle sue aree sottratte alla naturalità e all’agricoltura. Quindi è una Provincia
che è fortemente antropizzata, densamente abitata, infrastrutturata, dove quindi la
sostenibilità è un obiettivo difficile, difficilissimo da raggiungere, in particolare
all’interno della pianificazione faunistico venatoria. Anche perché la caccia è
un’attività a forte impatto sull’ambiente, non voglio dare giudizi ideologici rispetto al
tema caccia, ma mi limito a farne una valutazione di buonsenso e dico che essendo
un’attività a forte incidenza, richiede spazi ampi, richiede regolamentazione
all’interno di quello che è il prelievo venatorio, anche per non compromettere le
specie, la conservazione delle specie. Si capisce credo da questi dati numerici, da
questo fatto, che il 50% della nostra Provincia è sottratto alla naturalità, si capisce
come sia difficile stendere un Piano Faunistico indirizzato verso la sostenibilità
ambientale, perché la strada della sostenibilità si percorre in primo luogo attraverso la
conservazione e la difesa del territorio, anche dall’urbanizzazione che è poi anche la
difesa delle diversità ambientali, che peraltro è contenuta all’interno del Piano, perché
nel Piano si parla anche di miglioramenti ambientali, pensiamo alla formazione di
zone boscate, di zone umide, il mantenimento di prati stabili, il mantenimento in
alcune zone di zone incolte, quindi il mantenimento di una diversità anche nella
coltivazione dei suoli. Dicevo, la sostenibilità si raggiunge sì attraverso il
mantenimento e la difesa del territorio ma anche sottraendo alcune zone alla caccia e
queste zone devono essere in numero e dimensioni adeguate per permettere la
riproduzione della fauna.
Io credo che all’interno di questo Piano si sia cercato, perlomeno rispetto al Piano
precedente, di apportare un miglioramento anche sotto questo punto di vista, perché si
passa da un 22% del territorio tutelato ad un 25% del territorio agrosilvopastorale
tutelato. Si raggiunge la sostenibilità poi anche attraverso la costruzione della rete
ecologica. Condivido in parte l’intervento del collega Lombardi, il tema della rete
ecologica è un tema che dovrà essere sicuramente affrontato nei prossimi anni, nei
prossimi Piani. Purtroppo, quello che noi abbiamo di fronte in termini di
pianificazione territoriale provinciale è un Piano Territoriale di Coordinamento dove
la rete ecologica è semplicemente una serie di linee tirate, non dico a caso, ma dove a
volte queste linee di rete ecologica coincidono con le linee delle infrastrutture
principali. Quindi, già da questo aspetto si capisce come possa essere una rete
ecologica di difficile attuazione.
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In questo Piano però in parte questo tentativo è stato fatto, e dobbiamo dire che ci
sono delle zone del territorio della Provincia di Milano dove questa rete ecologica è
meglio leggibile, come nella parte sud del territorio, e delle parti del territorio
provinciale dove questa rete ecologica probabilmente deve essere infittita, penso alle
zone dell’est e dell’ovest milanese, ben più difficile pensare di infittire la rete
ecologica nel nord, nella Provincia di Monza e Brianza, dove gli spazi non
urbanizzati sono rimasti pressoché nulli. Credo che il tema della rete ecologica sia
uno dei temi che debba essere affrontato nei prossimi anni e non solo dal settore
caccia ma da tutto il settore della pianificazione territoriale e deve restare al centro
della nostra agenda politica.
Devo dire che all’interno di questo Piano, dal nostro punto di vista ci sono dei
significativi miglioramenti. Credo sia significativo anche il fatto che l’Assessore
abbia ricevuto l’apprezzamento delle associazioni ambientaliste. Io credo che un
Piano ben strutturato, in fin dei conti fa bene alla fauna ma fa bene poi anche ai
cacciatori. Se andiamo a leggere i dati dell’immissione della fauna di questi anni,
scopriamo che nella nostra Provincia si immettono 30.000 fagiani ogni anno e
pressoché nessuno di questi animali arriva alla successiva stagione di caccia. Si
immettono 12.000 starne e ¾ di questi animali non arriva neppure all’inizio della
stagione di caccia. L’idea dell’immissione, della reintroduzione della fauna dovrebbe
costituire l’ultima strategia di intervento, mentre la vera strategia di intervento è
quella di permettere la colonizzazione del territorio da parte dei nuclei selvatici.
Concludo dicendo che ci sono degli elementi sicuramente di novità all’interno del
Piano. Ci sono, ne siamo coscienti, l’abbiamo dibattuto anche in commissione, alcuni
elementi che dovranno essere costruiti anche nei prossimi anni. C’è, ad esempio, la
questione della rete ecologica che deve essere infittita, però non possiamo
coscientemente pensare di lasciare la ricerca della soluzione di questo difficile
problema solamente in mano all’assessorato dell’Assessore Grancini, ma è un
problema di pianificazione territoriale. C’è a nostro parere anche da costruire, sempre
di concerto con il settore della pianificazione, un migliore rapporto tra quelle che
sono le aree dei parchi e in particolare dei Plis e le zone di non caccia. Purtroppo, per
legislazione, all’interno dei Plis, che sono i parchi locali di interesse sovracomunale, è
oggi permesso di cacciare, mentre sappiamo che questi parchi vengono costituiti in
genere proprio per favorire anche la fruibilità delle persone, dei cittadini e quindi le
due attività sono chiaramente tra loro in contrasto. E’ anche per far fronte a questo
tipo di problemi che abbiamo poi preparato un ordine del giorno da collegare alla
deliberazione, che riguarda il Parco del Bosco del Roccolo, cui faceva riferimento il
Consigliere Lombardi, quindi non è vero che la Provincia si è dimenticata di questo
problema, che ci è stato sollecitato dalle Amministrazioni locali. In commissione
l’Assessore ci ha spiegato che ha chiesto all’ambito territoriale di caccia di far fronte
a questo problema, costituendo una zona di ambientamento e rifugio. A noi sta bene
questa scelta dell’Assessore, ma vogliamo fare qualcosa di più, però lo vogliamo fare
con un atto ufficiale del Consiglio provinciale, quindi vi chiediamo di votare anche
l’ordine del giorno collegato alla delibera, in modo tale che questo impegno
dell’Assessore diventi anche un impegno nostro di verifica perché questa zona di
tutela venga costituita.”
Presiede il Presidente del Consiglio Ortolina.
Presidente del Consiglio: “Prima dell’approvazione della delibera sul Piano
Faunistico Venatorio metterò ai voti l’ordine del giorno che ha illustrato testè il
Consigliere Gaiardelli.”
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Consigliere Albetti: “Solo per una dichiarazione di voto, collegata anche all’ordine
del giorno. Io sono sempre più insofferente al fatto che ogni volta che c’è una delibera
o c’è un Piano da approvare, questo debba essere legittimato, supportato, ecc., da un
ordine del giorno. Anche perché in questo caso mi sembra davvero inutile, perché
nella delibera che noi andiamo ad approvare c’è scritto: considerato che si rende
necessario fare istituire a Milano ovest una zona di ambientamento e rifugio presso il
Bosco del Roccolo, come da cartografia allegata. Noi andiamo a fare un ordine del
giorno in cui diciamo: auspichiamo che questo avvenga. Cioè, c’è sempre qualcuno
che deve mettere qualcosa in più.
Comunque, al di là di questa sottolineatura che spesso io faccio, perché altrimenti non
si comprende, siccome stiamo parlando di caccia, come mai il capo Gruppo Gaiardelli
fosse così favorevole a questo Piano, perché di solito ai Verdi, quando si parla di
caccia, si raddrizzano i capelli. Infatti, all’interno dei parchi c’è sempre questa lotta
tra chi non vuole far fare la caccia, quindi vuole sottrarre sempre di più territorio alla
possibilità di cacciare e chi invece, i cacciatori, vorrebbe aumentare questa possibilità.
Non ci resta che, come ha detto il Consigliere Lombardi, dare un consenso per
l’operato svolto dagli uffici, dall’Assessore, nella stesura del Piano. Noi vorremmo
che siano a questo punto i cacciatori a dire se questo Piano va bene o no, per cui noi
saremmo per un voto di astensione sull’ordine del giorno, se sarà apprezzato lo
diranno quelli che sparano. Nella mia esperienza di Consigliere proprio in quest’aula
ho assistito a delle battaglie trasversali ai partiti, perché quelli che sparano quando
devono difendere la loro categoria non ci sono partiti che tengano, siccome constato
che di cacciatori qui non ce ne sono, e non lo sono nemmeno io, dico che il Piano
Faunistico lo verificheremo nella sua attuazione. Noi, pur apprezzando il lavoro
svolto, diamo un voto di astensione e chiediamo ai sottoscrittori dell’ordine del
giorno di ritirarlo, perché ci sembra inutile quando l’oggetto è già compreso
all’interno della delibera.”
Presidente del Consiglio: “Scusi Consigliere Gaiardelli, rispetto a questa richiesta? Lo
dica formalmente al microfono.”
Consigliere Gaiardelli: “Non ritiriamo l’ordine del giorno. Anzi, quello che diceva il
Consigliere Albetti è in contrasto con quanto diceva il Consigliere Lombardi. Noi
abbiamo aggiunto un impegno per l’Assessore, nel caso in cui questa zona non
venisse attuata dall’ambito territoriale di caccia, trasferiamo questo impegno
all’Assessore e quindi vogliamo farci carico come Consiglio provinciale
dell’istituzione di questo Parco e di questa zona di difesa.”
Presidente del Consiglio: “Il Consigliere Lombardi è stato tirato in causa, pochissimi
minuti per favore.”
Consigliere Lombardi: “Solo per dire che in realtà non esiste nessun contrasto,
soltanto che la mediazione di cui io parlavo, quindi la decisione conseguente della
Provincia, secondo me deve venire a seguito di un incontro formale, fatto magari in
commissione ambiente, tra le due parti in causa, quindi le associazioni dei cacciatori
della zona e le associazioni ambientaliste della zona. Questo argomento è stato
affrontato in commissione anche con qualche spigolatura, secondo me ha bisogno di
approfondimenti. Quindi la mediazione, secondo me, deve essere fatta in
commissione.”
Consigliere Frassinetti: “Per dichiarazione di voto. Anch’io, a nome del Gruppo di
Alleanza Nazionale, mi asterrò sull’ordine del giorno, con delle considerazioni di tipo
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procedurale che condivido e che vanno ad uniformarsi con quelle fatte dal Vice
Presidente del Consiglio Albetti poc’anzi. Credo che sull’argomento ci sia comunque
una volontà di trovare un equilibrio, anche se questo conflitto che da sempre esiste tra
un’anima verde ambientalista e le necessità dei cacciatori, che pure sono numerosi in
queste aree, andrà prima o poi ricomposto con un giusto equilibrio. Ringrazio
l’Assessore perché la documentazione vedo che è molto nutrita e tecnicamente e
facilmente leggibile, che non è una cosa semplice in un argomento del genere.
Ritengo che questo ordine del giorno potesse già considerarsi contenuto nella
delibera, ma visto che il Presidente della commissione lo vuole mantenere, il voto di
A.N. sarà l’astensione.”
Assessore Grancini: “Ho voluto specificare prima, così come è previsto nella
delibera, che per quanto riguarda il Parco del Roccolo abbiamo raggiunto un accordo
sia con le rappresentanze delle associazioni venatorie, per cui anche i cacciatori, sia
con le Amministrazioni comunali e con le associazioni ambientaliste che chiedevano
l’istituzione di questa oasi, tenendo conto che questa oasi non è una roba nuova, sta
dentro in un parco, quello del Roccolo, che per l’80% è già zona di ripopolamento e
cattura, cioè una zona dove non si caccia. Si è istituita all’interno del parco, vicino a
questa cascina particolare, dove fanno attività di un certo tipo, frequentata da
bambini, ecc., un’oasi di 25 ettari. Avendo raggiunto l’accordo, per la massima
fiducia che ho sempre nei confronti delle persone, non ho voluto inserirla all’interno
della deliberazione di questo Piano, ma ho dato fiducia all’ambito territoriale caccia
che può istituirla. Però, ho inserito nella delibera che qualora l’ATC non la attuasse, è
facoltà della Giunta di farlo, tenendo conto che è previsto dalla L.R. 93, all’art. 20,
comma 5. Per cui, massima fiducia, però se loro non la attuano entro i primi di
settembre, chiaramente la Giunta, non di surroga ma essendo facoltà, istituisce questa
oasi.
L’ordine del giorno, certo, è una spinta a far sì che la Giunta lo faccia, se lo vuole
mantenere il Presidente Gaiardelli ne ha facoltà, nel senso che il Consiglio è sovrano
in questo senso, però è molto chiara la delibera.
Volevo aggiungere solo una cosa per chiarezza, sui corridoi ecologici. Noi abbiamo
inserito tutti quelli che sono previsti dal Piano Territoriale. E’ il Piano Territoriale che
decide i corridoi ecologici. Certo, da adesso in avanti, sulla base delle esigenze o
delle scelte di Piano, ci saranno tutti gli studi finalizzati a far sì che questi vengano
inseriti all’interno della nostra scelta faunistica.
Finisco dichiarando, dopo aver letto la lettera sul nostro Piano Faunistico delle
associazioni ambientaliste, che ringraziano pubblicamente e ciò dovrebbe gratificare
tutti, che il Comitato Tecnico di cui facevano parte anche tutte le associazioni
venatorie l’ha approvato, pur affermando: ancora una volta ci avete ridotto il territorio
ad uso della caccia, perché dal 23 siamo al 25%. Detto questo, anche loro hanno
approvato, così come è stato presentato, il Piano Faunistico, per cui vi è un consenso
di massima e per questo ringrazio ancora sia i tecnici che la commissione stessa che
ci ha aiutato, nell’esame della deliberazione, a fare gli aggiustamenti che ci erano stati
richiesti in fase di consultazione.”
Dopodiché, chiusa la discussione il Presidente del Consiglio sottopone ai voti del
Consiglio il seguente ordine del giorno:
OGGETTO: Ordine del giorno presentato in data 12 luglio 2005, primo firmatario il
Consigliere Gaiardelli, per chiedere l’istituzione della zona di ambientamento e
rifugio del Bosco del Roccolo. (Collegato alla delibera di approvazione del Piano
faunistico venatorio 2005/2009).
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IL CONSIGLIO PROVINCIALE DI MILANO
in adunanza 12 luglio 2005
approvando il Piano Faunistico Venatorio 2005/2009 presentato dalla Giunta
Provinciale;
PREMESSO
che la Legge stabilisce che le Province devono predisporre appositi piani faunistici
venatori al fine della conservazione della specie animale e al miglioramento
ambientale;
RICORDATO
che i piani faunistici venatori definiscono anche le zone del territorio destinate a
tutela;
ASCOLTATA
la relazione dell’Assessore Grancini;
CONDIVISA
la necessità che sia utile l’istituzione di una nuova zona a tutela per il Parco del
Roccolo, tra i comuni di Busto Garolfo, Canegrate e Parabiago, anche al fine di
garantire le condizioni di sicurezza e l’incolumità dei cittadini, i quali sono abituali
fruitori della zona durante il tempo libero e quindi tale attività è incompatibile con
l’attività venatoria;
CHIEDE
che venga istituita dall’ATC n.2 Milano Ovest una zona di ambientamento e rifugio,
presso il Bosco del Roccolo tra i comuni di Busto Garolfo, Canegrate e Parabiago;
IMPEGNA
l’Assessore Grancini a verificare la realizzazione, o qualora 1’Ambito Territoriale di
Caccia non provveda, alla istituzione, della zona di ambientamento e rifugio del
Bosco del Roccolo, prima della nuova stagione venatoria 2005/2006.
Il Presidente del Consiglio dà inizio alla votazione con sistema elettronico; terminate
le operazioni di voto, dichiara approvato l’ordine del giorno con ventitré voti a favore
e cinque astenuti (Vice Presidente del Consiglio, Albetti e Consiglieri Dapei,
Esposito, Frassinetti e Lombardi); non partecipano al voto i Consiglieri Bruschi,
Censi, Gavazzi, Guerra.
Il Presidente del Consiglio dà atto del risultato della votazione.
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Il Presidente del Consiglio sottopone quindi ai voti del Consiglio il provvedimento
proposto dalla Giunta.
Il Presidente del Consiglio dà inizio alla votazione con sistema elettronico; terminate
le operazioni di voto, dichiara approvata la deliberazione con ventiquattro voti a
favore, cinque astenuti (Consiglieri Albetti, Dapei, Esposito, Frassinetti e Lombardi);
non partecipano al voto i Consiglieri Bruschi, Censi e Gavazzi.
Il Presidente del Consiglio dà atto del risultato della votazione.
Il Presidente del Consiglio, stante l'urgenza del provvedimento, propone di dichiarare
la presente deliberazione immediatamente eseguibile, ai sensi dell'art. 134, comma 4,
del D. lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
La proposta risulta approvata con venticinque voti a favore; non partecipano al voto i
Consiglieri Bruschi, Casati, Censi, Esposito, Frassinetti, Gavazzi e Lombardi.
Dopodiché, il Presidente del Consiglio pone quindi in votazione lo:
ARGOMENTO N. 44 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Approvazione dei processi
verbali delle adunanze consiliari del 18 e 25 novembre, 2, 9, 14 e 16 dicembre 2004.
Il Presidente del Consiglio dà inizio alla votazione con sistema elettronico; terminate
le operazioni di voto, dichiara approvati i processi verbali con ventinove voti a
favore; non partecipano al voto i Consiglieri Bruschi, Censi e Gavazzi.
Il Presidente del Consiglio dà atto del risultato della votazione.
Dopodiché, alle ore 22.00 del 12 luglio 2005, il Presidente del Consiglio toglie la
seduta e significa che il Consiglio è convocato per il giorno 14 luglio 2005.
Del che si è redatto il presente verbale che viene come in appresso sottoscritto.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
(Vincenzo Ortolina)
IL SEGRETARIO GENERALE
(Antonino Princiotta)
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12 luglio 2005 - Città metropolitana di Milano