CONSIGLIO PROVINCIALE DI MILANO Processo verbale dell'adunanza del 12 luglio 2005 Addì, dodici luglio duemilacinque, in Milano, nell'Aula consiliare di via Vivaio n. 1, si è riunito il Consiglio provinciale per la trattazione degli argomenti iscritti agli ordini del giorno ordinario e supplementari dall’uno al ventotto diramati in data 13, 20 gennaio, 10, 17, 22 febbraio, 1, 10, 17 marzo, 7, 28 aprile, 5, 12, 19, 31 maggio, 14, 16, 23, 28, 30 giugno, 7 e 12 luglio 2005 con atti provinciali n. 1637/2005/4662/2004. A norma dell'art. 34 dello Statuto, la Presidenza dell'adunanza viene assunta dal Presidente del Consiglio provinciale, Vincenzo Ortolina. Partecipa alla seduta il Segretario generale della Provincia, Avv. Antonino Princiotta. Alle ore 18.15 il Presidente del Consiglio invita il Segretario a procedere all'appello nominale dei presenti. Rispondono all'appello i seguenti trentatré Consiglieri: Ortolina Vincenzo Angiuoni Pierluigi Ariazzi Costanzo Arrigoni Vittorio Bruschi Marco (detto Max) Calaminici Arturo Caputo Roberto Casati Ezio Cavicchioli Arianna Clerici Michele De Gaspari Mario De Nicola Giovanni Elli Enrico Foglia Giuseppe Fortunati Ombretta Frassinetti Paola Gaiardelli Andrea Gatti Massimo Gavazzi Attilio Greco Luigi Grimoldi Paolo Guerra Luca Maestri Pietro Maria Malinverno Marco Mauri Matteo Meroni Fabio Modugno Roberto Musciacchio Camilla Patta Antonello Pezzoni Alessandro Pioli Pier Mauro Pozzati Vittorio Scarano Giuseppe Assenti giustificati i Consiglieri Barbaro e Re. Sono altresì presenti gli Assessori provinciali: Barzaghi, Brembilla, Casati, Dioli, Grancini, Matteucci, Mezzi e Rotondi. Constatato che l’adunanza è valida per legalmente deliberare, il Presidente del Consiglio dichiara aperta la seduta, e così si esprime: “Come sapete, sono formalmente calendarizzati gli interventi ex art. 83. Ringrazio i Consiglieri perché vedo che nessuno si è iscritto, d’altra parte noi abbiamo un Consiglio dopodomani, quindi inizieremo naturalmente il Consiglio di giovedì con gli ex art. 83. Noi stasera dobbiamo soprattutto concludere il dibattito sul tema della riforma scolastica, poi io chiedo con forza, mi scuso con i Consiglieri, ma sono costretto a farlo, di aprire la 1 discussione sul Piano Faunistico Venatorio che è già stato rinviato e che necessita di essere approvato in questa seduta.” Nel frattempo è entrato in aula il Consigliere Censi. (presenti 34) Consigliere Elli: “Rapidamente sull’art. 83. Volevo ringraziare proprio lei, Presidente, leggo la sua nota: “Ho fatto una nuova sollecitazione alla Giunta per la tua interrogazione sul viaggio a New York, insisterò nelle prossime settimane”. La ringrazio per questa sua sollecitudine, vedo la presenza del Presidente Filippo Penati a tutte le riunioni, sui giornali e dove ci sono le televisioni c’è sempre, non riesce a trovare un minuto di tempo, da mesi, nonostante i solleciti miei e i solleciti suoi, per dare una risposta su cosa è andato a fare a New York, quanti soldi ha speso, qual è lo scopo della missione e gli obiettivi raggiunti. Credo che se la trasparenza deve guidare, come è stato detto, questo ente, è opportuno che il Presidente trovi un minuto non solo per le televisioni, ma anche per riferire al Consiglio, come dovrebbe essere suo preciso dovere, il senso della missione che ha fatto, all’insaputa di tutti, a New York. Missione importantissima, può darsi, gradiremmo saperlo.” Presidente del Consiglio: “Consigliere Elli, vorrei precisarle che all’insaputa di tutti è un termine improprio, le ho detto che aveva avvisato il Presidente del Consiglio. Ho spiegato che non ritenevo opportuno in quella situazione un’adesione diretta dei Consiglieri. Comunque riferirò naturalmente al Presidente. Vi chiedo soltanto a questo punto pochi minuti, per poter ogni tanto dare risposte alle interrogazioni, per dare la parola all’Assessore Brembilla sull’interrogazione del Consigliere Malinverno, a proposito della variante parziale delle aree sud - ovest Paullese.” Il Presidente del Consiglio pone quindi in trattazione lo: ARGOMENTO N. 1/66 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Interrogazione presentata in data 24 maggio 2005 dal Consigliere Malinverno, in merito a una variante parziale al PRG vigente denominata “Variante parziale aree sud – ovest Paullese”, approvata dal Consiglio comunale di Peschiera Borromeo in data 28 febbraio 2005. Assessore Brembilla: “Avevo preparato per il Consigliere Malinverno una risposta all’interrogazione, l’avevo preparata per l’ultimo Consiglio, che è stato sospeso per le note vicende che hanno colpito la città di Londra. In quella risposta dicevo che avevo interpellato l’Amministrazione di Peschiera ed ero in attesa di avere da questa Amministrazione delle informazioni, delle notizie, rispetto al fatto che non avessero tenuto conto del parere del Parco. La risposta, che anche è stata consegnata al Consigliere, diceva qualche giorno fa soltanto questo. Sono pervenute poi alla mia attenzione i chiarimenti da parte dell’Amministrazione di Peschiera, faccio consegnare poi al Consigliere la risposta scritta. Noi avevamo sollevato tre problemi, tre temi, come direttivo del Parco, e dall’Amministrazione comunale, secondo la documentazione che il Sindaco ci ha inviato, si è ottemperato a tutte le prescrizioni del direttivo. La prima è quella di adeguare lo strumento urbanistico comunale alla pianificazione del Parco. Secondo l’Amministrazione di Peschiera questo è già stato fatto, addirittura nel 2000, non c’erano le ragioni per fare ulteriori adempimenti, se non correzioni di errori materiali che erano stati compiuti nell’atto originario. La seconda richiesta era quella di togliere la strada senza sbocco, che non era prevista e non era prevedibile. 2 L’altra, il rispetto degli standard urbanistici che non poteva essere concretizzato all’interno delle aree ubicate nel Parco. Anche a questo l’Amministrazione di Peschiera ha risposto dando attuazione alle prescrizioni del direttivo del Parco. Questa è la nota che il Sindaco mi ha fatto pervenire nella data del Consiglio scorso, il 7 luglio, e con queste comunicazioni credo sia sufficiente la risposta all’interrogazione del Consigliere.” Nel frattempo sono entrati in aula i Consiglieri Accame, Dapei, Del Nero, Esposito, Lombardi, Nobili, Tranquillino. (presenti 41) Consigliere Malinverno: “Volevo ringraziare l’Assessore, deve avere la pazienza che verifichi con calma. Mi piacerebbe però avere la lettera del Sindaco, se me la fa avere in copia, la ringrazio molto.” Il Presidente del Consiglio pone quindi in trattazione lo: ARGOMENTO N. 43 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Dibattito sul tema della riforma scolastica. Presidente del Consiglio: “Ricorderò che sono già intervenuti i Consiglieri Bruschi, Frassinetti, Elli, Accame, Gavazzi, Arrigoni. Ricorderò poi che al termine della discussione metterò ai voti i due ordini del giorno presentati, rispettivamente, dalla maggioranza e dalla minoranza. Sono in attesa di leggere le vostre iscrizioni alla discussione. Do la parola al Consigliere Esposito.” Consigliere Esposito: “Innanzitutto due parole di scusa perché alcuni interventi nello scorso dibattito sul tema della scuola hanno procurato una qualche ilarità che io personalmente sono riuscito a stento a trattenere, anche perché alimentata, questa tendenziale ilarità, da un paio di interventi di cosiddetti tecnici sul tema della scuola, che non mi erano apparsi assolutamente tali fino in fondo. Ma, al di là di questa premessa, ho ascoltato con attenzione quanto è stato detto e sono stato combattuto tra rispondere o intervenire in maniera tendenzialmente ironica alle accuse che si fanno alla riforma del Ministro Moratti o se invece prendere fino in fondo sul serio alcune argomentazioni, delle quali talune hanno anche qualche fondamento sul piano delle preoccupazioni istituzionali. Allora mi sono ripromesso di lasciare agli atti due righe che avevo scritto sulla riforma Moratti e che ho voluto recuperare, già pubblicate sul ‘Punto della Martesana’ e che avevo sottoscritto nello scorso settembre, quando la polemica sull’avvio della riforma nel primo ciclo era scoppiata in tutta la sua forza per gli aspetti legati alla scuola primaria e alla scuola secondaria di primo grado, entrambe afferenti al primo ciclo. Ho notato lo scorso dibattito un paio di interventi che mi hanno sollecitato a una considerazione di carattere tendenzialmente amaro. Ho sentito quanto ha detto e scritto l’Assessore Barzaghi e quanto ha detto e scritto il Direttore regionale Dutto. Per quanto attiene l’intervento dell’Assessore Barzaghi ci troviamo di fronte ad una presa di posizione, una scelta di campo che io non contesto perché è del tutto legittima e tra l’altro prosegue le linee di un intervento e di una presenza della Provincia sul tema della scuola che erano già state nel programma della Giunta accennate, tratteggiate, quando al di là della praticabilità normativa si diceva che la Provincia intende sostenere “la costruzione di curricola scolastici tesi a formare criticamente i giovani, arricchendo il loro bagaglio di valori civili e democratici”. Era un passaggio che io ho colto e che avevo anche sottolineato al tempo in un manifesto. E, nel capitolo politiche formative, a onore dello spirito di collaborazione 3 istituzionale, questo l’ho detto con ironia, collaborazione istituzionale che viene anche invocata in questo intervento iniziale, almeno nelle pagine iniziali, “volontà di correggere in modo sostanziale e dal basso lo spirito della riforma Moratti della scuola.” E’ chiaro che ci troviamo, come ho già scritto, di fronte ad una linea di continuità, rispetto alla riforma Moratti, che è talmente scoperta, molto evidente, rispetto alla quale anche l’intervento dell’Assessore Barzaghi non procura stupore. Un paio di passaggi però mi hanno preoccupato, anche perché l’accenno alla “deforma”, faccio per dire, per quanto attiene il passaggio centrale mi ha impressionato, come anche il passaggio sulla cosiddetta formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della costituzione, lì dove Barzaghi notava questo “anche” come concessivo. Noi pensiamo, e io personalmente penso che la formazione spirituale e morale non debba essere riposta nei principi ispiratori della costituzione. Intanto, coeducare e non educare, ma se devo contribuire a costruire una formazione spirituale e morale che è affidata alla coscienza morale e civile della famiglia, sicuramente il mio testo di ideali e valori non è l’introduzione alla costituzione se non per quanto attiene lo spirito civico e civile dei diritti di cittadinanza ma ad altri testi. In particolare, personalmente per quanto attiene l’ispirazione e l’orientamento faccio riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa, per quanto attiene la praticabilità dei principi e valori che possono, a mio parere, ispirare una educazione che ha un riferimento nella tradizione e a un sistema di valori che pochi possono contestare. Detto questo, quell’intervento si chiudeva e si chiude con l’apertura di una nuova frontiera strategica per la democrazia del nostro Paese. Con “avvertimento”, nulla di paramafioso, a “un eventuale decreto che apparirebbe ai più come un vero e proprio colpo di mano, se così fosse, sarebbe un vero e proprio blitz. Se così fosse, il nostro profondo rispetto per le istituzioni non potrebbe che portarci a intraprendere un’azione istituzionale tesa a contrastare eventuali forzature”. Siamo alla prospettazione della Provincia militante sul tema della scuola. Siamo perfettamente in linea con quello che è stato detto; resta amara la considerazione che per cultura noi pensiamo, e questo lo dico all’amico e collega Barzaghi, che il ruolo di un Assessore della Provincia, nel momento in cui viene eletto, così come il Presidente della Provincia, noi pensiamo sempre debba fare un salto di qualità istituzionale per il quale cessi di essere parte e in qualche modo si sforzi di essere interprete di una voce più complessiva. Però, ripeto, non è un taglio, è uno stile che noi pretendiamo da tutti; fa riferimento ad una cultura che può essere assolutamente discussa e criticata. Dall’altra parte ho messo e ho comparato lo stile del Direttore regionale Dutto, il quale invece di raccontarci, come qualcuno diceva, gli amici anche del Gruppo, parole, ci ha elencato una serie di numeri. E’ stato assolutamente asciutto e mi piace ricordare, a fronte delle critiche che sono state fatte, la dimensione della spesa in Lombardia, da 4.900 miliardi a 5.200 miliardi di euro l’incremento della spesa, e solo per il fondo di istituto 44.000 a 5.300 miliardi. Gli organici stabili in questi ultimi quattro anni, con l’incremento dello 0,7% sul piano regionale e provinciale. Il 38% della popolazione assistita dal 39% di posti in organico, con uno “squilibrio” virtuoso. Il rapporto docenti studenti dell’area Ocse, 19 contro 22 per numero di alunni: il nostro è il 19 e il 22 quello dell’area Ocse. 10 alunni per docente, 17 per docente nell’area Ocse. Cito i dati che ha detto Dutto e che nessuno ha potuto né può contestare. Il tempo pieno è passato dal 37 al 41% nella Regione e dal 78 al 86% in Provincia. Si parlava di scomparsa del tempo pieno. Per l’infanzia statale, accanto alla generalizzazione del servizio, la presenza dell’infanzia statale, del sistema riferito allo Stato, quasi al 50% nella Regione Lombardia. Altri dati sono stati dati sul precariato, sui disabili, soprattutto per quanto atteneva le considerazioni sulla sensibilità ed efficienza dell’intervento sui disabili della Regione Lombardia nella 4 Provincia di Milano e il fondo sugli stranieri, a fronte di quel piano di lavoro di 54 docenti su 130 del nazionale. Il Direttore regionale Dutto è venuto a citarci questi dati e ha concluso dicendo che sarebbe un grave errore “non riconoscere quanto oggi viene quotidianamente realizzato nelle scuole, preferendo le controversie politiche. Gli studenti, a cui ci lega una responsabilità pubblica sono quelli che oggi sono nelle nostre scuole e non hanno il tempo di attendere la composizione delle controversie politiche”. Così ha chiuso il suo intervento Dutto. Mille altre cose avrei da dire su alcune chiare bugie che sono inserite anche nell’ordine del giorno che è stato proposto, in particolare quella del tempo pieno, quando si parlava della scomparsa. “E’ confermato, in via di prima applicazione per l’anno scolastico 2004/5 il numero dei posti attivati complessivamente a livello nazionale per l’anno scolastico 2003/4 per le attività di tempo pieno e di tempo prolungato, ai sensi delle norme previgenti. Per gli anni successivi ulteriori incrementi di posti per le stesse finalità possono essere attivati nell’ambito della consistenza dell’organico complessivo del personale docente”. E’ una delle tante bugie che io contesto e che sono contenute nell’ordine del giorno e per le quali ho una documentazione che però non mi consente di esaurire l’intervento entro il termine fissato. E’ per questo che ho scelto di leggere soltanto le due righe in considerazione sul tema della riforma, che vogliono essere invece più leggere e più ironiche di quanto sia un intervento serioso. La colpa non è dei Ministri che di volta in volta si accingono a riformare la scuola, se non si riesce talvolta a capire il senso che hanno i cambiamenti che ci propongono. Pensiamo al progetto Berlinguer che prevedeva contemporaneamente l’iscrizione alla prima superiore delle seconde e delle terze medie con un fantasioso meccanismo di estrazione a sorte, sostitutivo della promozione, l’onda anomala, ma nel significato equivoco che assume la parola “riforma”, anzi il prefisso “ri”, che è poco serio rispetto a molti altri che svolgono un ruolo ben preciso e inequivocabile. Se infatti viene anteposto alla parola nascere, assume il significato metaforico di nascere una seconda volta. Basta porlo davanti alla parola muovere che assume ben altra funzione. Se pensiamo a cosa combina davanti a gettare e ferire, ci accorgiamo che è un prefisso di cui non ci si può fidare. Limite del linguaggio, che assolve chiunque voglia compiere qualcosa di sensato nelle questioni che riguardano la scuola. Eppure questa sembra la volta buona, finalmente prevale il pragmatismo. Messi da parte i grandi pensatori, quelli che sanno di ………, mi scusino gli altri se non li cito, si ripristina il voto di condotta, perché finalmente qualcuno è entrato nelle classi e ha capito che metà del tempo del docente viene speso per inutili interventi disciplinari. Benissimo, si sono accorti anche che il docente vigilante in mensa può essere sprecato. Ma bene! Vuoi vedere che stavolta fanno piazza pulita di tutti quei progetti che hanno ridotto la scuola ad oratorio, in cui i docenti si improvvisano, spesso senza alcuna abilitazione specifica, esperti di teatro, informatica, scacchi, erboristeria, cinematografia e così via. Non sembra vero, finalmente qualcuno ha capito che il tempo che impieghi a studiare gli scacchi ti manca poi per il teorema di Pitagora. Da alcuni anni, infatti, arrivano alle medie ragazzi che sanno tutto sulla riproduzione delle piante, perché hanno seguito il progetto “Terra, amica terra”, ma non sanno leggere e scrivere. Da alcuni anni, in questa rappresentazione dei problemi scolastici, non può certo mancare un cenno sullo studio delle lingue straniere. Le classi di prima media venivano formate con alunni che avevano studiato alle elementari la lingua inglese, altri che avevano studiato il francese, altri lo spagnolo e altri ancora il tedesco. In base a quale criterio? Il criterio della maestra. Ma che criterio? Era il criterio che se una maestra aveva fatto il corso di 600 ore di tedesco, il bimbo imparava il tedesco e 5 se aveva fatto di francese, imparava il francese. Ma era sicuro che la maestra, dopo 600 ore, sapesse insegnare le lingue, soprattutto era sicuro che l’alunno le imparasse? Che importa, tanto poi quando arrivava alle medie ricominciava tutto daccapo. Esito: bastava assistere agli esami di terza media. Dopo 8 anni di studio delle lingue, il povero allievo non riusciva a mettere due parole in croce in nessuna delle tante lingue studiate, e i genitori erano anche contenti perché i loro figli avevano fatto il bilinguismo. Non fatemi tirare in ballo …… per documentare quanto siano importanti i primi anni di età per l’apprendimento delle lingue. Se le lingue però saranno studiate seguendo un percorso didattico che va dalla prima elementare alla terza media, dopo 8 anni di studio di una lingua l’esito sarà certamente diverso da quello attuale. Il quadro, infine, non è completo se non si mettono in piazza anche i problemi del tempo prolungato. Il tempo prolungato è un servizio, benissimo, ma perché deve essere intermittente? Il lunedì sì, il martedì no. Abbiamo scoperto che la compresenza nel tempo prolungato può essere uno spreco di risorse. Utilizziamo queste risorse ed estendiamo il tempo prolungato a tutti i giorni della settimana. Si vuole offrire un’opportunità in più a chi non ce la fa? Gli si imponga di frequentare la scuola al pomeriggio, visto che in Italia la bocciatura è un tabù e le scuole professionali sono, dicono, una discriminante sociale. Se in scienze si studiano gli oggetti della natura e in tecnica gli oggetti dell’uomo, perché i primi devono essere obbligatori e i secondi facoltativi? Perché gli insegnanti di educazione tecnica non possono insegnare anche in scienze, visto che spesso sono costretti a spiegare prima il fatto scientifico e poi quello tecnico? Perché con il grande bisogno che abbiamo di parlare bene almeno la lingua inglese, si erano ridotte le ore obbligatorie di inglese nelle scuole medie? Sì, ma perché non si dice anche che si possono affrontare questi problemi con l’autonomia, definendo un criterio per le materie facoltative e la compensazione? Con quale criterio si stabiliscono le materie facoltative? Con il criterio della maestra o quello del collegio? Non riesco proprio a capire che senso avrebbe una riforma del genere se non ci fosse l’autonomia, ma l’autonomia c’è, diversamente il termine riformare assumerebbe nella scuola italiana il significato che aveva quando si andava a fare la visita per essere arruolati.” Nel frattempo sono entrati in aula l’Assessore Corso ed il Vice Presidente del Consiglio Albetti. (presenti 42) Consigliere Modugno: “Inizio questo mio intervento chiedendo scusa a tutti i soggetti presenti nelle precedenti sedute del 30 giugno e del 7 luglio, che hanno dovuto sopportare i nostri regolamenti, a volte astrusi, comunque poco comprensibili a degli esterni e che hanno loro imposto tempi non coerenti alle loro aspettative. Scuse anche relative all’insieme del dibattito, che a volte, e qui mi trovo d’accordo stranamente con chi mi ha preceduto, il Consigliere Esposito, credo abbia raggiunto toni da Asilo Mariuccia, cosa che parlando di scuola ed essendo il soggetto in questione un’istituzione meritevole, potrebbe essere un onore ma che invece, trattandosi di una sede politica ed istituzionale, rischia di connotarsi come una forte caduta di stile e di credibilità. Ancora di più, e mi dispiace quando si sentono espressioni come “Assessore Spranghetta”, che, se dette in buonafede, raggiungono livelli da osteria, comunque disdicevoli per un’istituzione come è questo Consiglio, e che, se invece maliziose, sono irrispettose ed insultanti non soltanto per il diretto interessato, ma per tutta la nostra assemblea. Per entrare invece nel contesto del dibattito, che con questa sono tre sedute che ci vede impegnati, vorrei ricordare le motivazioni che ci hanno spinto ad affrontarlo. Primo, una serie di valutazioni politiche di ordine generale, vista l’importanza dell’argomento. Secondo, le sollecitazioni pervenute a decine e decine da parte degli 6 enti locali, preoccupati dalle conseguenze che si abbattono su di loro e che ritengono inaccettabile come i costi di una scuola di qualità e garante per tutti di pari opportunità, vengano scaricati sulle singole dirigenze scolastiche e, di riflesso, ancora una volta sulle comunità locali, chiamate a ripianare con risorse proprie il deficit d’investimento dell’Amministrazione centrale nel settore dell’istruzione in generale, e nella scuola pubblica con particolarità. Lasciare ogni anno la definizione degli organici agli esiti della legge finanziaria significa infatti considerare precaria e/o marginale questa importante risorsa educativa. Terzo aspetto che ci ha spinto a questo dibattito, le pressioni popolari, dove però popolo non è un termine generico ma portatore di realtà e di soggetti vivi che agiscono nell’ambito scolastico. Penultimo, valutazioni sugli impatti che ci concernono come ente, come istituzione. Infine, l’opportunità, anzi la necessità istituzionale, di contribuire ad incidere nei confronti della legge in relazione all’offerta della prossima conferenza Stato/Regioni. Provo a cominciare ad entrare nel metodo. Su un problema fondamentale come la scuola, il processo educativo e formativo che ha come compito precipuo quello di formare i cittadini futuri, ci ritroviamo con la scelta della Ministra Moratti e del Governo tutto che si basa sul continuo, costante, reiterato scontro frontale con tutti i soggetti interessati, a partire dai docenti di ogni ordine e grado, dal personale della scuola non docente, con i ricercatori, con gli studenti, ma qui lasciamo cadere, con i genitori, con tutte le organizzazioni sindacali, con le categorie imprenditoriali. D’altronde, questo è un metodo che per la maggioranza governativa è stato pervicacemente perseguito dal bel principio della legislatura e su tutti quanti i fronti. E’ stato deciso di blindare un provvedimento che in realtà non riguarda la scuola in senso stretto, bensì il Paese tutto. La prospettiva dell’Italia è quella che ormai la stragrande maggioranza di tutti gli analisti definiscono il rischio di ripiegamento o, peggio ancora, di declino del nostro paese. Nel merito. Se si incrociano i dati delle tabelle Ocse sulla produttività del sistema scolastico in termini quantitativi e qualitativi e le tabelle relative agli andamenti demografici, si sottolinea come nel 2030 viene previsto che saremo in carenza di milioni di persone di fascia tra i 20 e i 40 anni, vedremo che c’è un problema che riguarda la capacità di riorganizzare l’offerta formativa e di conoscenza, di attivare popolazioni, generazioni, età che oggi sono disattive rispetto al mondo del lavoro, di rimontare un ritardo micidiale che abbiamo nelle conoscenze delle varie generazioni e produrre, attraverso un rinnovamento degli istituti di offerta della formazione, nella ricerca, e della loro trasferibilità, un flusso di conoscenza. Intendiamoci, a noi piace l’idea di scuola come strumento di inclusione, sappiamo che abbiamo di fronte passaggi nei quali i termini di flessibilità, delle divisioni, della frantumazione sociale richiederanno uno strumento più forte. Sappiamo però anche del tema del rapporto tra scuola ed economia. Vorrei chiedere a tanti degli interventi fatti dai banchi dell’opposizione, visto che sono stati così appassionati al rapporto tra scuola ed economia: con quali economisti parlate? Parlate forse con Confindustria? Che si parli con qualsiasi degli economisti oggi esistenti, non ce n’è uno che non vi dirà che tutto l’impianto della riforma è quantomeno improprio. Un’idea che si proponga di accostare l’offerta alla domanda, di piegare un sistema formativo ad una domanda di impresa così com’è adesso, è quantomeno inappropriato. Nessun economista lo sosterrebbe. Farlo sarebbe un errore gravissimo per il Paese, un qualsiasi economista direbbe che si deve partire con un intervento d’urto dal lato dell’offerta. Bisogna immettere più conoscenza diffusa e poi, dal lato della domanda, stimolare una sua riqualificazione. Ad esempio, patrimonializzando nei percorsi di lavoro e nei contratti l’acquisizione di conoscenze o alzando gli standard di qualità per le imprese. Sappiamo bene che non è facile 7 trovare risposte, certamente però esse non sono rappresentate dalla strada intrapresa con la cosiddetta riforma Moratti. Semmai la prima cosa che viene in mente è dire: facciamo un piano straordinario di edilizia scolastica, occupiamo in modo permanente le strutture scolastiche, attiviamo tutte le risorse presenti nel corpo docente. Altro che ridurle! Garantiamo un turnover adeguato, abbiamo bisogno di queste risorse. Lanciamo un piano di educazione per gli adulti ed investiamo su questo nella formazione professionale. Allarghiamo la conoscenza di base per tutti e non facciamo, sulla testa e nella testa di un ragazzino di 13 anni e della sua famiglia, una divisione tra il sapere ed il fare. Chi opera nella scuola, chi ha conosciuto il mondo scolastico e della formazione professionale, sa benissimo che si stanno mettendo su due binari diversi, a 13 anni, i giovani di questo Paese. Se in buonafede c’è chi pensa che questo non avvenga, che ciò si possa rimontare con passerelle, io credo si tratti di una prospettiva onirica. Non esiste questa prospettiva, abbiamo invece bisogno dell’operazione opposta, allargare la conoscenza di base per tutti e poi, su questo, innescare tutti gli altri processi. Per tali ragioni, di fronte ad un problema Paese, non ad un problema scuola specifico, bisognerebbe lasciare da parte le retoriche delle opportunità e del diritto/dovere. C’è una parola moderna, si chiama innalzamento dell’obbligo scolastico, una buona scuola per tutti. Viene spesso evocata la ricerca a Pisa sul livello di apprendimento nei Paesi Ocse, sfugge troppo però che quella stessa ricerca dice che i sistemi comprensivi, quelli cioè che non prevedono canalizzazioni degli alunni in scuole con obiettivi e curricoli diversi prima, e lo ripeto, prima dei 15 anni, hanno i migliori risultati in termini di equità ed efficacia. Equità, strana parola, significa garantire pari opportunità di accesso ma anche di successo scolastico, a prescindere dal capitale culturale della famiglia, dal reddito, dallo status. Se la scuola venisse meno alla sua funzione di grande vettore di mobilità sociale e di democratizzazione, verrebbe meno al suo ruolo. Essa non premierebbe gli sforzi e la passione di quei docenti, e sono tanti, che a tale impegno credono ed a tale impegno si riconoscono, apportandovi la loro alta professionalità e la loro etica pubblica. Certamente non è riformatore il modo in cui, con le previsioni delle quote regionali, viene minato il principio per noi basilare dell’autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche, sostituendo così un vecchio ed obsoleto centralismo ministeriale con un più strisciante e non meno insidioso centralismo regionale. E’ come se l’autonomia scolastica non fosse, come è invece, la cifra con cui leggere un autentico processo di raccordo tra territorio e scuola, tra esigenze di flessibilità e crescita culturale della comunità. Bisogna operare grazie all’istituzione scolastica, non contro, non in opposizione, ma assieme e con l’istruzione scolastica. Mi riferisco ad una scuola della comunità coerente con quel principio della sussidiarietà orizzontale che faceva dire a Don Sturzo: sono unitario ma federalista impenitente. Per ultimo, una riforma seria, quand’anche sbagliata e regressiva come io ritengo sia questa, si fa con le risorse. In questo caso, le risorse finanziarie non ci sono, a nessun livello. In sostanza, la riforma Moratti si può definire come una legge manifesto, della quale verranno lasciati in eredità al Paese solo gli effetti negativi. Non c’è alcuna risposta all’altezza delle attese, delle aspirazioni, dei bisogni dei ragazzi, delle famiglie, dei docenti, degli operatori della scuola, sulla cui passione e professionalità andava invece costruito un progetto di scuola condiviso e partecipato. Infine, ritengo necessario un passaggio su quelle che potrebbero essere, anzi saranno, le conseguenze relative all’approvazione del decreto legislativo concernente le norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni, sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione professionale, le cui competenze l’ente Provincia di Milano vuole rivendicare ed ampliare, proprio in conseguenza della nostra specificità, nelle esperienze avanzate già in essere, della nostra volontà di 8 contribuire al più vasto mondo del sistema educativo e formativo. Preso atto, tra l’altro, che la stessa Associazione di Coordinamento degli Enti di Formazione professionale della Lombardia dichiara come i processi di riforma della scuola secondaria sembrano prefigurare un ruolo sempre più marginale dei sistemi di formazione professionale regionale, nei quali tra l’altro si sono richiesti investimenti massicci, il cui venir meno porta la stessa Associazione a formalizzare lo stato di crisi dei propri associati. Preso atto che lo schema di decreto presenta una separazione tra il sistema dei licei e quello della formazione professionale, tale da prefigurare una declassificazione della stessa formazione professionale, convinto invece come sono che solo affermando, praticando e garantendo la pari dignità di tutti i percorsi formativi sarà possibile fare della cultura del lavoro un fattore di promozione sociale e raccordare le politiche di riforma del secondo ciclo dell’istruzione con il processo di innovazione della formazione, così come è indicato dall’Unione Europea ed auspicato dalla quasi totalità della società civile. Preso atto, per ultimo, che con il decreto 76/2005 sul diritto/dovere all’istruzione e formazione, non sono stati definiti i livelli essenziali di apprendimento e di competenze tali da garantire a tutti gli studenti la nuova configurazione della formazione professionale, unita al destino degli istituti tecnici e professionali, rendono l’impianto della riforma confuso ed irrealistico, tanto da imporci la richiesta di ritiro dei decreti attuativi stessi, allo scopo di un ripensamento complessivo dell’intera legge di riforma.” Nel frattempo è entrato in aula il Consigliere Colli. (presenti 43) Presiede il Vice Presidente del Consiglio Albetti. Consigliere Guerra: “Penso che la riforma Moratti rientra nella logica più vasta di una logica di una cultura che va oltre il tema della scuola, è una logica, è una concezione della società che colpisce il mercato del lavoro, la sanità, la concezione della carta costituzionale. D’altronde, il padre ispiratore di questa riforma è quello che dice che la costituzione italiana è di stampo sovietico, per cui da una concezione del genere è chiaro che consegue che la scuola deve essere fatta in un certo modo, in un’ottica e in una logica precisa. Vorrei dire questo, stiamo parlando del sistema scolastico pubblico, che è un architrave in questo Paese, anzi in questo Paese ha garantito l’istruzione e anche un’istruzione di alta qualità. Chi ha fatto probabilmente la scuola privata dice che vuole andare a trovare il papà Cervi e nessuno gli ha detto che il papà Cervi è morto e quindi ha avuto quel tipo di formazione. Io penso invece che in questo paese la scuola pubblica abbia svolto, in questi decenni, un grande compito, abbia fornito per decenni una cultura enorme in questo Paese ed è proprio questo sistema scolastico che viene oggi distrutto con la deforma Moratti, sono d’accordo con l’Assessore, perché la riforma nella storia delle socialdemocrazie è un concetto nobile, la riforma migliora una cosa che esiste, la deforma invece è qualcosa che distrugge quel poco o quel tanto, come io penso, che già esiste nel nostro Paese. La deforma Moratti distrugge quello che la scuola pubblica in questo Paese ha fatto per decenni e quello che ha dato in termini di patrimonio culturale nel nostro Paese. E’ la stessa logica che viene applicata nel mercato del lavoro con la legge 30, la cosiddetta Biagi, è la stessa logica che verrebbe applicata nel campo della sanità, sono le logiche di deforma che distruggono tutto quello che rientra nel cosiddetto welfare state del nostro Paese, nel nome della libertà, dell’autonomia. Poi questo concetto di libertà è curioso, perché la libertà da una parte politica viene solo letta in termini di impresa, ma la libertà nei diritti civili, invece, questa sfera non viene proprio toccata, per cui bisogna essere liberi con le imprese ma non liberi sui diritti civili. E’ una contraddizione, anzi su 9 questo campo il Polo diventa particolarmente oscurantista, attacca pesantemente sui diritti civili. Allora lì parlare di libertà diventa un tema alquanto difficile, astioso, anzi è meglio non parlarne. Volevo toccare semplicemente due aspetti di questa deforma Moratti. Il primo è quello che mi ha colpito particolarmente, è in pratica il punto ispiratore, che divide i licei dalle scuole professionali. Ecco, sotto questo punto penso che si ritorni indietro di quaranta anni, al 1962, dove c’erano le vecchie scuole dell’avviamento al lavoro, sono anni in cui io non c’ero neanche, ma leggendo, parlando, con gente più grande di me, mi ricorda il 1962, quando con un governo di centrosinistra, che poi era un centrosinistra democristiano con socialisti, si arrivò a quella grande conquista sociale in cui si aboliva questa divisione scolastica che si traduceva poi anche nella società, e si portava avanti nelle conquiste un concetto di scuola pubblica garantita a tutti, per dare a tutti le stesse opportunità. Guardate, la cosa più bella che io ho visto è sentire parlare un minatore del Sulcis, una persona che vive a 400 metri sotto terra, che dice: io ho passato la mia vita sotto terra, ma mio figlio fa l’avvocato, mio figlio fa l’ingegnere, mio figlio fa il medico. Ecco, io penso che la cosa più bella che il servizio pubblico in questo Paese ha garantito sia stato proprio questo, dare a tutti le stesse possibilità e non dividere classisticamente la scuola in funzione del ceto sociale, quindi: tu sei avvocato? Tuo figlio farà il liceo perché avrà la tua stessa preparazione, avrà le tue stesse possibilità. Tu sei operaio: tuo figlio andrà nelle scuole di formazione professionale, perché tu devi fare quello. Penso che in questa deforma Moratti si fa un salto indietro, ma anche culturalmente, si ha una concezione chiara della società. E’ molto chiara la società che viene rappresentata e viene tentata di costruire nell’ottica di questa deforma Moratti. Poi c’è una questione che io reputo sia scandalosa, cioè che in un Paese civile bisogna investire pesantemente sull’istruzione e sulla cultura, quindi battersi per l’innalzamento dell’obbligo scolastico, ma più come questione etica, morale, più come scelta di civiltà, perché come ci dicono i dati, un innalzamento dell’obbligo scolastico significa anche un innalzamento dell’economia di questo Paese, significa investire seriamente sul futuro, significa guardare avanti. Lo voglio dire con chiarezza, ma l’abbiamo detto in tutti gli ambiti, il nostro partito politico, se il centrosinistra dovesse vincere le prossime politiche, non si limiterà ad emendare, a correggere, a rivedere la legge Moratti. L’impegno che prendiamo è quello di abrogare la legge Moratti, di cancellarla, di fare, come primo atto simbolico, l’abrogazione di una legge che non ha nulla a che fare con la società, che non ha nulla a che fare con la scuola e che in questi mesi e in questi anni ha fatto vedere come dal basso, genitori, insegnanti, Comuni, enti locali, Province, chiaramente tutti comunisti, evidente, hanno dimostrato che questa legge non sta in piedi, proprio è endemicamente in crisi ed è improponibile. E’ una legge che non porterà frutti al nostro sistema, è una legge che ferisce moralmente questo Paese, ed è soprattutto una legge che cita, al comma 3, dell’art. 1, è impressionante questo, mi ha molto colpito: “Nel secondo ciclo del sistema educativo sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale e morale anche ispirata ai principi della carta costituzionale”. Ecco, in quell’anche si vede tutta l’ambiguità di questa legge, si vede tutta la pochezza di questa legge e soprattutto, lo ripeto per l’ennesima volta, si vede l’idea della società che questa legge prevede, la società divisa in classi, i ricchi nei licei per comandare e i figli degli operai a casa, in fabbrica, nelle diverse fabbriche. Vorrei chiudere con questo, vorrei vedere tanti minatori del Sulcis essere orgogliosi del proprio figlio e, conseguentemente, del sistema scolastico del nostro paese.” Presiede il Presidente del Consiglio Ortolina. 10 Assessore Rotondi: “Il mio, dico subito, vuole essere il contributo dell’Assessore alla formazione professionale. Quindi una mirata lettura del testo di legge e dei suoi decreti attuativi, a partire da un altrettanto mirato interesse: quale futuro per la formazione professionale lombarda e milanese è prefigurabile, concluso che fosse, ipotesi, il processo di riforma in itinere. Un interesse il mio che ha almeno tre ordini di ragioni diverse. - Il primo è istituzionale: la formazione professionale è materia attribuita alla competenza della Provincia; - In Provincia di Milano, seconda ragione, insistono gli enti storici della formazione professionale, espressione del privato sociale gli uni, significative istituzioni pubbliche sorte dalla volontà dei Comuni, dei Consorzi dei Comuni le altre, garanti di tutti i segmenti della formazione professionale (iniziale, superiore, continua, permanente). - Terza ragione, il programma del Presidente, su cui si è costituita questa maggioranza e questa Giunta. Leggo. 1) Punto centrale della mia proposta è la costituzione di reti territoriali, costituite da Agenzie formative in grado di rispondere alle domande diversificate degli utenti e delle famiglie, sia nella formazione d’ingresso nel mondo del lavoro sia nella formazione degli adulti, disoccupati e non. 2) Stretta integrazione tra istruzione e formazione per realizzare il rapporto tra scuola e mondo del lavoro e delle professioni, per favorire un orientamento efficace, per sostenere il successo formativo. In questo contesto la nuova Giunta si impegnerà a sostenere la sperimentazione di progetti integrati tra scuola e formazione professionale che consentano di ridurre la dispersione scolastica e di potenziare l’orientamento. Non uno di meno! E’ il nome della nostra politica, volta alla lotta alla dispersione scolastica e a favorire il successo formativo. Ciò sarà realizzato attraverso interventi volti a rendere efficaci i rapporti in orizzontale e verticale tra i diversi ordini e gradi del sistema educativo, interventi di orientamento scolastico e professionale, interventi atti a realizzare le pari opportunità. Durante la seduta consiliare dello scorso 12 maggio ebbi modo già di accennare alle mie ragioni di dissenso riguardo il testo di riforma, a partire da una lettura d’insieme del suo impianto. Io quelle ragioni confermo e non sto in questa sede a ripetere. Costruisco questo mio contributo piuttosto proponendomi di rispondere a tre domande, e di consegnare le tre risposte all’esame e al giudizio di questo Consiglio: 1. Quale formazione professionale garantisce la Provincia. 2. Quale formazione professionale dovrebbe e vorrebbe garantire. 3. Quale il contributo dell’offerta formativa di formazione professionale di competenza della Provincia alla costruzione della riforma del secondo ciclo del sistema educativo. A costo di limitare l’ampiezza delle argomentazioni, intendo fare interagire tra loro: scelte e contenuti della legge di riforma e del decreto in particolare sul secondo ciclo; - Cultura, storia e struttura della formazione professionale milanese e lombarda; Politiche della Provincia di Milano di promozione e sostegno dei diritti soggettivi, quindi dei diritti all’educazione, al lavoro, all’inclusione sociale. Da questa interazione derivo le mie proposte per quella che vorrei fosse la riforma della riforma; da subito ovviamente impegnandomi ad agire, nell’esercizio delle mie responsabilità, per la “più possibile” – mi sia consentita l’espressione – realizzazione di queste stesse proposte. Faccio partire il mio ragionamento da alcuni dati, da alcuni problemi oggettivi, li elenco senza alcun ordine particolare di priorità. • Dispersione ed evasione scolastico/formativa nella fascia di età tra i 14 e i 18 anni. 11 • Fisionomia della domanda di formazione, rispetto alla quale disponiamo di pochi dati ma i pochi dati disponibili descrivono una popolazione, peraltro in crescita in quest’ultimo triennio, che si rivolge alla formazione professionale perché offre un percorso formativo meno “scolasticizzato”, articolato sull’alternanza/presenza delle attività pratiche ed operative. • L’esistenza nell’ambito del mercato del lavoro lombardo, in particolare di quello della Provincia di Milano, di una significativa domanda di profili tecnici, con livelli di conoscenza e di competenze elevati e di professionalità alte o medio alte. • La grave condizione di precarizzazione e di crisi strutturale a cui è stato portato il sistema lombardo e milanese della formazione professionale, dalle scelte politico legislative, nonché programmatorio gestionali e finanziarie imposte dai governi nazionale e regionale. In data 7 giugno, come già ricordava il Consigliere Modugno, le Segreterie regionali Lombardia di CGIL, CISL, UIL Scuola hanno dichiarato lo stato di crisi strutturale del sistema della formazione professionale lombardo. In data 24 giugno le medesime Segreterie hanno dichiarato un’intera giornata di sciopero del personale direttivo, docente, tecnico ed ausiliario. Purtroppo, di giorno in giorno noi registriamo un continuo incremento degli esuberi, quindi dei collaboratori posti evidentemente in stand-by, in attesa di conoscere quale futuro il sistema della formazione professionale lombardo dovrà verificare. • La quantità e la caratterizzazione delle risorse finanziarie a sostegno dell’offerta di formazione professionale nel suo complesso. Qui sono almeno quattro i nodi che meritano attenzione: 1) le differenze attualmente esistenti in relazione ai meccanismi e alle modalità di finanziamento tra il sistema dell’istruzione e quello della formazione professionale; 2) le quantità finanziarie disponibili; 3) i criteri di accesso alle risorse pubbliche; 4) i meccanismi e gli strumenti giuridici da utilizzare per l’attribuzione delle risorse stesse, non vi è possibilità di paragone tra i due sistemi. • Ultimo problema, il ruolo programmatorio di governo attualmente svolto dalle Province, concentrato tutto sulla formazione iniziale. Peraltro questo dato, di fatto, risponde già alla mia prima domanda: quale formazione noi possiamo garantire oggi. A mio parere bastano questi cenni per dare conto delle ragioni del giudizio essenzialmente negativo riguardo la legge di riforma, in particolare il decreto del secondo ciclo, in quanto non risolvono, piuttosto acuiscono tutti gli accennati problemi. Altra questione che vorrei porre, l’urgenza di aprire un confronto con Ministero e Regione, previa auspicabilmente una ripresa di iniziativa del UPL che consenta alle Province lombarde di costruire e, ove possibile, concordare, una proposta unitaria riguardo il futuro della formazione professionale e il conseguente ruolo delle Province stesse. A tali fini io ho voluto innanzitutto tentare, in questi mesi, di costruire una posizione della Provincia di Milano riguardo le possibili prospettive della formazione professionale e del ruolo della Provincia. In tal modo tenterei di rispondere alla seconda domanda: quale formazione vorremmo e dovremmo garantire. Mi permetterei proporre al legislatore che l’architettura dell’offerta di formazione professionale sia definita innanzitutto secondo il criterio della doppia integrazione ed allargamento, in orizzontale (ovvero nell’ambito del singolo segmento, con particolare riferimento alla formazione iniziale), e in verticale (ovvero coerente col 12 principio dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, e in grado quindi di accompagnare in maniera significativa le politiche territoriali e di settore agite dalla Provincia): questa ipotesi tiene conto del fatto che in Lombardia, come in altre Regioni, vedi il Piemonte, vedi il Veneto, esiste un modello di formazione professionale certamente strutturato e ispirato ai principi che hanno portato, ad esempio, alla legge 845/78. Un secondo criterio ispiratore dell’offerta deve essere quello della sua differenziazione governata, ove il senso dell’aggettivo “governata” è tale per cui la pluralità e l’articolazione dell’offerta chiamano la Provincia ad un ruolo forte e qualificato di indirizzo, di programmazione, di monitoraggio, di valutazione. In tal senso mi pare evidente la pluralità, il pluralismo formativo consente, attraverso la partecipazione al sistema di più soggetti portatori di una proposta educativa, e quindi con l’aumento del ventaglio delle opportunità che ne consegue, il miglior perseguimento dell’obiettivo del “non uno di meno”, quindi, e dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Un terzo criterio - guida suggerirei, la realizzazione di un efficace intreccio tra istruzione, formazione professionale e realtà territoriali, in quanto è la “dimensione territoriale” l’ambito in relazione al quale fare interagire le politiche educative con quelle di coesione sociale e di sviluppo locale. I tre criteri che desidero sottolineare, a mio parere: - inverano il ruolo proprio della formazione professionale, così come è stato disegnato dalla legislazione vigente in materia, compresa tra la legge 59/97 e il nuovo Titolo V della Costituzione. Marcano a mio modo di vedere in modo esemplare, sia pure non esaustivo, le ragioni del dissenso e della distanza dalla legge di riforma. Nella legge 53 c’è un’oggettiva, a mio parere, sottovalutazione della formazione professionale, in generale della “cultura professionale”: vengono proposti percorsi di durata quadriennale per l’istruzione e la formazione professionale, largamente separati dall’istruzione; è presente una visione “localistica” della professionalità. Inoltre, lo schiacciare la formazione professionale sulla formazione iniziale o di ingresso è scelta che, tra le sue conseguenze, ha quelle di irrigidire un’offerta la cui caratteristica dovrebbe essere la flessibilità; nonché di ridurre notevolmente le risorse finanziarie per tutti gli altri interventi e segmenti della formazione professionale. Il disegno che proporrei si sostanzia nello sviluppo di una pluralità di percorsi che nel caso della formazione professionale indicherei in: • percorsi realizzati in integrazione tra istruzione e formazione professionale; • percorsi autonomi in filiera; • percorsi di formazione superiore e post diploma, a partire dagli IFTS, ma anche con collaborazioni più stabili, con singole università e con specifici settori “produttivi”, in concorrenza con la stessa tradizionale formazione accademica; • percorsi di formazione continua, di formazione permanente; • interventi destrutturati, modulari personalizzati, di orientamento e riorientamento per soggetti in particolari situazioni di difficoltà; • percorsi di alternanza; • percorsi per persone diversamente abili, cioè per cittadini extracomunitari e in generale per i soggetti a rischio di esclusione sociale; • percorsi a carattere sperimentale di recupero e sviluppo degli apprendimenti, un esempio: i LARSA. L’ipotesi quindi che vorrei portare avanti fa proprio il problema obiettivo della “piena scolarità” e ne prospetta una possibile risoluzione: il primo biennio del ciclo secondario del sistema educativo, forse oserei dire tutto il ciclo in realtà, non può 13 essere unico, anche se deve comunque rispondere a dei livelli essenziali di prestazioni e a dei traguardi analoghi, ma deve essere unitario, un sistema di offerta formativa pluralistico capace, per raccogliere la totalità delle e dei giovani, di risposte differenziate nelle quali l’integrazione tra istruzione e formazione professionale ha un ruolo determinante. Tre iniziative in questo 2005 l’Assessorato ha curato e sta curando, a mio parere rispondono alla logica in premessa dichiarata: ovvero quella di accompagnare sempre una presa di posizione politica, questo contributo ad esempio, durante questo dibattito, con una mirata e concreta azione istituzionale amministrativa che metta alla prova e giustifichi la stessa presa di posizione. Le tre iniziative sono: 1. L’istituzione dell’Agenzia per la Formazione, l’Orientamento e il Lavoro. Nelle linee guida noi ampiamente ridiamo il senso della formazione professionale che ho brevemente tentato di riassumere, e soprattutto indichiamo due indirizzi di fondo che devono costituire orientamenti per l’azione dell’Agenzia: uno di natura territoriale, quindi la valorizzazione dei contesti locali; il secondo, di natura tematica, con lo scopo di assicurare la massima integrazione tra le politiche dell’istruzione, della formazione professionale, dell’orientamento, dei servizi per il lavoro. 2. L’offerta di attività non ordinamentali che abbiamo gestito nel trascorso anno formativo, 2004/5: 310 corsi attivati in integrazione da 47 Enti di Formazione professionale e 90 Istituti scolastici, con la partecipazione di 4757 studenti, con un investimento pari a oltre € 4.600.000. La Provincia di Milano ha indicato modelli sperimentali di intervento che hanno coinvolto enti operanti nel sistema educativo di istruzione e formazione. La strutturazione in reti territoriali delle Agenzie formative accreditate e degli Istituti scolastici presenti sul territorio di Milano e Provincia favorisce e promuove un’offerta di istruzione e formazione professionale capace di rispondere adeguatamente alla necessità di prevenire i rischi di insuccesso e di abbandono da parte dei ragazzi. 3. L’ipotesi di attivare una collaborazione sistematica tra i Settori Istruzione e Formazione professionale, che abbiamo verificato con il collega Assessore Barzaghi, finalizzata all’assunzione da parte della Provincia stessa di un ruolo forte e qualificante in ordine al governo e alla regolazione territoriale dell’offerta di istruzione e formazione professionale. Il dibattito avvenuto in quest’aula deve trovare, a mio modo di vedere, possibili, concreti, tempestivi riscontri a partire dalla nostra stessa azione amministrativa. Ecco perché ha senso anche in quest’aula, anche in questa occasione, ragionare della formazione professionale presente in Provincia di Milano. Ha senso per contribuire a fare, a condizionare, quello che io vorrei, la riforma della riforma. Se tra gli obiettivi di un’efficace riforma del sistema educativo condividiamo debba esserci la piena scolarità, io chiedo perché non monitorare la congruità, rispetto a questo obiettivo, delle esperienze, delle sperimentazioni sviluppate dalle reti territoriali integrate, istruzione e formazione professionale in territori come il nostro, in cui insiste una congrua offerta di istituzioni scolastiche, di Agenzie formative. Quindi monitorare queste sperimentazioni, non ultimo tenuto conto delle attese che sono state indotte nelle famiglie e negli studenti interessati, non ultimo tenendo conto delle risorse tecnico professionali, nonché economiche, investite, e magari, ripeto l’auspicio, condizionare la riforma della riforma. Le Province lombarde, nello scorso 27 giugno, hanno portato all’attenzione dell’Assessore regionale all’Istruzione e Formazione professionale una nota politica. Mi piace qui ricordare un passo, a dimostrazione di come questi temi siano 14 fortemente all’attenzione di tutte le Province lombarde. Emerge, si dice nella nota inviata all’Assessore, la centralità della nuova legge regionale in materia di istruzione e formazione, con le necessarie correlazioni in tema di politiche del lavoro, di politiche sociali. E’ giunto il momento di dare vita ad un percorso formale con tempi certi, che favorisca un dibattito attento, al fine di costruire un sistema educativo unitario e nel contempo pluralistico, che consenta ai cittadini lombardi la possibilità di accesso ad un livello culturale più elevato nel raggiungimento del successo formativo, sostenendo in tal modo uno sviluppo equilibrato e competitivo del territorio attraverso un governo partecipato del sistema. Le Province lombarde attendono una risposta politica precisa da parte dell’Assessore regionale. Quindi concordo con quanti, a questo punto siamo in tanti, apprendo dalla rassegna stampa di oggi che le Regioni hanno chiesto di fermare, di bloccare l’attuazione della legge 53, io chiedo che però da subito si ponga mente e mano e si dichiarino i provvedimenti che proporremo per l’adozione, in quanto utili a modificare l’impianto della legge di riforma. Riconquistare un sistema educativo garante dei diritti di tutti e delle pari opportunità è possibile, è necessario, bisogna volerlo e bisogna lavorare, a mio parere, con urgenza e con altrettanta determinazione. Proprio con questo spirito, da testimone, consentitemi, dentro questa istituzione, e volendo comunque fare la propria parte, io ho l’ardire di porre all’attenzione del legislatore tanto nazionale quanto regionale quella che ho chiamato un’ipotesi di architettura dell’offerta di formazione professionale. Queste esperienze a cui ho fatto riferimento, insieme ad uno sguardo che spero oggettivo e attento a quella che è la “cultura formativa” della formazione professionale, possono contribuire a definire i contenuti della riforma della riforma. Ho la consapevolezza e la convinzione che un siffatto percorso, se fatto insieme da tutti, sia un’efficace esperienza e possa essere un utile strumento di conoscenza e di approfondimento per tanti, forse per tutti i decisori politico istituzionali. A mio parere è necessario sempre ascoltare per decidere, ma avendo deciso è necessario operare.” Nel frattempo è uscito dall’aula l’Assessore Mezzi. Consigliere Del Nero: “Mi capita di intervenire subito dopo l’Assessore Rotondi e ne approfitto per ringraziare l’Assessore del suo intervento, non tanto sul merito perché ci sarebbe anche su questo da discutere, da confrontarsi, da avere punti di accordo e punti di contrasto, ma quanto sul metodo usato e mi riferisco in particolare a quanto detto anche dal Consigliere Modugno a inizio del suo intervento, lamentandosi di come erano proceduti i lavori di questo Consiglio. Innanzitutto un tema come questo poteva essere affrontato in un convegno più che con un Consiglio straordinario; attraverso magari un seminario con ampio dibattito e confronto di idee e non con delle posizioni ideologiche precostituite. E la modalità dell’intervento dell’Assessore Rotondi mi conforta sul fatto che c’era la possibilità di un dibattito che potesse portare a dei risultati migliori di quanto invece avverrà con le mozioni o gli ordini del giorno che andremo a votare. Il Consiglio si è svolto come passerella con alcuni comizi, il primo dei quali quello dell’Assessore all’educazione Barzaghi. Di fatto il suo non è stato un intervento critico nei confronti della riforma Moratti e propositivo, è stato un comizio non utile alla costruzione di un contributo rispetto ai problemi che oggi la scuola ha. Sui problemi della scuola mi conforta invece l’intervento del Consigliere Guerra. Il Consigliere Guerra ha criticato questa riforma, non entrando nel merito, ma dicendo che fa parte di una linea strategica che è in linea con la riforma Biagi sul lavoro e la riforma sulla sanità. Mi auguro che sia in questa linea questa riforma, perché se così fosse sarebbe veramente una riforma utile. Devo anche dire che l’intervento del 15 Consigliere Guerra mi conforta ulteriormente perché se così non fosse e se questa riforma venisse, dall’eventuale vittoria della sinistra, spazzata via, si tornerebbe all’attuale sistema, che lui ha strenuamente difeso additandolo come un grande modello scolastico. Lui ha difeso strenuamente un modello che il Consigliere Guerra e buona parte di questa maggioranza, chi viene dalla storia del Consigliere Guerra, per anni ha contrastato. E’ il modello scolastico di 45 anni di governo democristiano, portato avanti da Ministri che oggi siedono in questa maggioranza, nel partito della Margherita. Un modello scolastico che oggi andate finalmente a riconoscere come un modello di scuola che ha avuto dei grandi meriti per questo Paese, che a nostro giudizio ha bisogno di essere rinnovato ma che voi finalmente, come sempre con 40 o 50 anni di ritardo, andate a riconoscere. Voglio però riprendere alcuni concetti espressi dall’Assessore Barzaghi, innanzitutto quando ha parlato di attacco senza precedenti alla scuola pubblica: vorrei capire dall’Assessore cosa intende per attacco alla scuola pubblica, cosa intende per scuola pubblica. Anche su questo tema, nel momento in cui dovrete andare a governare, come ritenete di fare fra un anno, dovreste chiarire il concetto di scuola pubblica che hanno esponenti della Margherita, che hanno anche esponenti dei D.S., ma dico della scuola pubblica o dei servizi pubblici in generale, rispetto a quanto espresso da questo Assessore, dovete chiarire al vostro interno cosa intendete per scuola pubblica. Tra l’altro, l’Assessore parla di questa riforma come di una riforma che ci porta prima degli anni ‘50 e pone come limite del cambiamento della scuola, la scuola media unica e la scuola di Don Milani. Quello che non mi è chiaro nella sua concezione, la scuola di Don Milani di Barbiana era una scuola libera, pubblica, statale? Io credo che fosse una scuola che se aveste governato voi in quegli anni non sarebbe mai esistita, non l’avreste mai consentita una scuola di quel genere nella vostra concezione. Dubito che un Ministro con le idee del nostro Assessore avrebbe consentito una scuola come quella. Quindi francamente mi sembra un riferimento alquanto curioso, ma ormai siamo abituati a questi strani passaggi. Il secondo aspetto, anche questo ripreso oltre che nell’intervento dell’Assessore sempre dal Consigliere Guerra e riguarda il problema che si dice nel comma 3 dell’art. 1, la “formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della costituzione”. Questo “anche”. Veramente, siete convinti che la formazione di un alunno è ispirata ai principi della costituzione? Cioè, la formazione di un ragazzo si forma sulla costituzione? Non ho capito! Anche sui principi della costituzione, valorizza la costituzione, nel senso che non è solo su quello, è sulla costituzione oltre che su altro. L’Assessore infatti dice: una costituzione che viene presa in considerazione solo dopo la formazione spirituale e morale. A parte che qui dice che la formazione spirituale e morale si forma anche con la costituzione, quindi non c’è un prima e un dopo, si forma anche con quello, e questo mette in crisi i valori laici e repubblicani su cui si fonda la costituzione? Veramente, ripeto, era un comizio, però siccome qua non c’era da prendere voti e fare campagna elettorale, mi sembra che fosse non adeguato il comizio. Mi riferisco all’intervento dell’Assessore. Questa riforma, ed è per questo che crea problemi, mette in discussione ed interroga fortemente una scuola che da un po’ di tempo è seduta su se stessa. Allora, o ci sono docenti disposti a rimettere in discussione il proprio ruolo e di fronte a questa riforma si interrogano e veramente discutono su quello che è oggi il loro ruolo, su come oggi funziona la scuola, allora si può anche andare a vedere che cosa c’è di buono e che cosa magari c’è da cambiare, ma ci vuole una posizione che non sia ideologica, una posizione che ritrovi nel corpo insegnante dei maestri, degli educatori che hanno voglia di cambiare e migliorare questa scuola. Devo dire, Assessore, mi spiace, ma anche l’ultima parte del suo intervento in cui preannuncia delle azioni istituzionali in 16 contrasto con eventuali azioni del Governo qualora il Governo facesse delle sperimentazioni, il preannunciare un’azione istituzionale contro un’altra istituzione non credo che sia elemento educativo rispetto al ruolo delle istituzioni. Termino. Quello che non mi è chiaro è quello che vuole essere la vostra proposta di riforma. Ripeto, la vostra riforma è quella che auspicano e che hanno portato avanti per 40 anni di governo ministri e parlamentari che oggi siedono nei banchi della Margherita o è quella dell’Assessore Barzaghi e dei suoi compagni di partito? Non credo che sia esattamente la stessa cosa, e fino a che non ci dite qual è la vostra riforma è difficile capire e trovare dei punti di incontro. Mi rendo conto che è diverso governare che stare all’opposizione, ma qualora doveste governare, questo punto dovrete chiarirlo. Per concludere, cito un esempio a mo’ quasi di battuta. Oggi in commissione 3^ si discuteva della Carta della partecipazione, il Consigliere Patta ha fatto un intervento sulla partecipazione citando le sane occupazioni annuali che tanto servono per la crescita democratica, sociale e partecipativa degli studenti, questo è quello che per anni ci avete sempre detto di queste occupazioni settimanali e quindicinali. Oggi il Consigliere Patta in commissione, forse prevedendo il suo passaggio alla maggioranza futura, ha detto che queste occupazioni sono un modo per perdere tempo e fare un po’ più di vacanza. Evidentemente, di fatto, questa è la modalità con cui pensate di governare quando passerete in maggioranza.” Consigliere Calaminici: “La volta scorsa io non sono stato presente al dibattito che, contrariamente a quello di questa sera, che mi sembra molto pacato e consapevole, mi è stato descritto come particolarmente vivace. Mi dispiace di non essere stato presente, non tanto per lo spettacolo della vivacità ma perché ne avrei approfittato, ammesso che fosse possibile, per capire meglio, non lo dico con ironia, il senso della riforma, la logica della riforma, come diceva prima Guerra, la cultura che sottintende la riforma, l’asse educativo, il programma educativo, il servizio che vuole rendere al Paese, i problemi ai quali in qualche modo intende rispondere. Faccio fatica a cogliere questa pienezza di intenzionalità, questa serietà nella legge Moratti. Faccio fatica, al di là di alcune superficiali suggestioni moderniste, un po’ di inglese, le tre “i”, ecc. e al di là di qualche riflesso vagamente classista, per dirla con il Vice Presidente del Consiglio: chi vuole, studi, chi no, vada a lavorare. Ma, al di là di queste cose, che non mi sembrano delineare un quadro concettuale particolarmente interessante, particolarmente chiaro, io non vedo in questa legge una sua missione. C’è forse più una volontà distruttiva rispetto alla scuola, che non una volontà costruttiva. Penso che noi dobbiamo ragionare seriamente perché una grande riforma, così come è stata la riforma del 1962, della scuola media unificata, che ha risposto ad un grande bisogno del Paese di emancipazione, di avanzamento, di rinnovamento, di accompagnare lo sforzo che il Paese allora faceva per costruirsi nuove basi materiali, spirituali, culturali per andare avanti. Un grande sforzo che ha segnato la storia del nostro Paese. Lo slancio di quello sforzo vale ancora oggi e oggi ci troviamo di fronte ad un passaggio d’epoca non meno impegnativo, non meno serio, se pensiamo alle difficoltà che abbiamo nel campo economico produttivo e alle sfide che ci vengono lanciate in questo campo, se pensiamo al cambiamento della società, cambiamento non solo delle culture, non solo degli stili di vita, non solo della composizione sociale, della presenza di larghi strati di immigrati, di popolazione che fa molta fatica ad inserirsi nel tessuto sociale, se pensiamo ai problemi della nostra democrazia, della partecipazione, della fatica che la politica fa a governare questo Paese. Credo che ci troviamo di fronte ad un passaggio d’epoca che la scuola deve accompagnare, rispetto al quale la scuola non può chiamarsi fuori, non può essere estranea. Bene, nella riforma Moratti non vedo nulla che si confronti con questo livello di problemi. Non 17 vedo nulla. Non si tratta di fare della critica facile e di negare pregiudizialmente, si tratta semplicemente di vedere i problemi da un’altra angolatura. A cosa serve questa riforma? Quale servizio vuole rendere al Paese, quali sono i problemi che vuole affrontare. Voglio ricordare che il nostro Paese è ancora oggi piagato da bassissimi livelli culturali. Oltre a milioni di italiani che purtroppo sono completamente analfabeti, sono non meno di cinque milioni, c’è una parte rilevantissima di semianalfabeti e circa i 2/3 degli italiani mancano degli strumenti fondamentali per poter esercitare quei diritti democratici di partecipazione piena alla vita nazionale, alla vita del nostro Paese. C’è un grande gap, c’è una grande arretratezza, c’è uno spazio smisurato di arretratezza. C’è un problema di qualità della scuola, la nostra scuola è una scuola dove il problema della dispersione è ancora enorme. Diciamo dispersione quello che una volta, con termini più crudi, chiamavamo mortalità scolastica, ecc. Ma la dispersione è un fatto enorme che si chiama evasione, si chiama abbandono, si chiama bocciature, ripetenze, si chiama disagio diffuso, difficoltà di rapporti con la famiglia, si chiama tanti nomi. Noi sommiamo tutto con il termine dispersione, che è un termine abbastanza morbido, ma la realtà non è morbida, la realtà è grave. Abbiamo il problema della riqualificazione della scuola rispetto ai compiti nuovi che deve affrontare. Abbiamo il problema dello sviluppo del Paese, abbiamo nei giorni scorsi affrontato in questa sede il tema delle crisi industriali. L’Assessore, oltre alla relazione, ci ha dato del materiale molto interessante. Il problema è serio perché non riguarda un fatto contingente, non si tratta di una crisi ciclica, si tratta invece di problemi profondi, strutturali, che mettono in discussione l’assetto complessivo del nostro Paese, mettono in discussione la salute delle nostre aziende, la qualità delle nostre aziende, ci si riferiva all’irresponsabilità delle imprese che è molto forte, molto diffusa, alla irresponsabilità anche dei cittadini nei confronti del fisco, tanti problemi. E questa crisi è una crisi di carenza di capitale culturale. Capitale culturale è la somma di conoscenze, di cui un individuo, un gruppo, una società dispone. Noi abbiamo uno svantaggio, un gap nei confronti di altri Paesi e non possiamo certo alzare solo piagnistei nei confronti della Cina che farebbe una concorrenza sleale, ecc. Attenzione, queste cose non sono vere, noi sbagliamo profondamente se diamo interpretazioni comode. In verità ci sono altri Paesi qui in Europa che sanno competere con la Cina, che hanno la capacità di confrontarsi, che hanno trovato nella Cina un grande mercato, ma sono Paesi in cui il grado culturale diffuso, medio, la scolarizzazione media è molto più alta della nostra. Questo è il punto, non c’è dicotomia tra la scuola, la produzione, ecc. Il sistema Paese nel suo complesso è incapace di competere, e noi che vogliamo cittadini democratici, cioè in grado effettivamente di esercitare appieno i loro diritti, la loro sovranità, noi che vogliamo recitare una parte importante nel consesso delle nazioni e in Europa, abbiamo bisogno di una scuola più forte, una scuola che disponga di più mezzi, che sia più qualificata, in cui gli studenti possano studiare di più e meglio, con più supporti, bene questa legge rispetto a tutte queste cose è un arretramento secco, netto. Mi ha fatto impressione, forse lo avrete anche detto, mi ha fatto proprio molta impressione la lettura di questo parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, questa requisitoria che viene da un organismo che non è un gruppo di vecchi bolscevichi, qui ci sono dentro anche personalità di destra, c’è di tutto nel Consiglio nazionale della pubblica istruzione e questo documento è stato votato all’unanimità. Questo documento è una requisitoria che toglie il respiro, e dopo questo documento noi non dovremmo più discutere della riforma Moratti, ma assieme dovremmo discutere cosa facciamo, intanto per bloccare la riforma Moratti e poi cosa facciamo noi complessivamente, sostenuti da quella responsabilità verso il Paese che è 18 assolutamente un dovere civico, un dovere nei confronti del nostro Paese. Non avevo mai letto una critica così puntuale, così incalzante, da togliere il respiro. Credo che dopo questo documento la nostra discussione avrebbe dovuto ricominciare non dalla legge Moratti ma da cosa fare per andare avanti, per andare oltre. Stamattina leggevo questo libretto sulla dispersione scolastica, un glossario dei termini che si usano, anche nuovi, pacatissimo, poi non dà giudizi neanche sulla riforma Moratti in genere, salvo su questo punto, in cui parla dell’obbligo scolastico. Dice: come già detto, inoltre, la legge Moratti rappresenta il primo caso al mondo in cui l’obbligo invece di aumentare diminuisce con effetti potenzialmente negativi proprio per i soggetti a maggior rischio di abbandonare gli studi. E’ il primo caso al mondo in cui è stata abrogata la legge n. 9/1999 che portava l’obbligo scolastico da 8 a 10 anni, abolita la quale si rientra nella legge 1962 di riforma della scuola dell’obbligo, che appunto definiva l’obbligo in 8 anni o in 15 anni, ecc. Il libro è recentissimo, rientriamo pari pari ad oltre 43 anni fa, il primo anno di applicazione della legge di riforma io iniziai ad insegnare, quindi lo ricordo molto bene, vissi completamente tutta la fase di applicazione della riforma, il cambiamento nella scuola, di quella grande riforma che certo oggi andrebbe riaffrontata in termini nuovi all’altezza dell’epoca in cui viviamo, che è un’epoca di grandi, radicali, profonde trasformazioni e anche di grandi e radicali ingiustizie ai quali noi dovremmo provvedere.” Nel frattempo è entrato in aula l’Assessore Gasparini. Presidente del Consiglio: “Prima di dare la parola al Consigliere Patta, ricordo il percorso che abbiamo deciso e stabilito per questa sera, o perlomeno che io ho proposto, cioè noi dobbiamo arrivare ad approvare i due ordini del giorno, poi però dobbiamo aprire la discussione sul Piano Faunistico Venatorio, quindi i Gruppi valutino che c’è questo calendario davanti. Tra l’altro non ci sarà interruzione, non c’è buffet, c’è un bar che offre qualcosa, comunque teniamo conto, insisto, che abbiamo questo secondo punto, quindi se è possibile autolimitarsi credo sia opportuno.” Consigliere Patta: “Voglio premettere a questo mio intervento le scuse a nome del Consiglio alla Segretaria della CGIL Scuola Alfia Nicotra per il modo indegno in cui è stato considerato il suo intervento, con una gazzarra goliardica e temo fosse tale, insieme ai frizzi e ai lazzi, non solo per i contenuti, forse per i contenuti incompresi, espressi da una persona che è una professionista della scuola e una che per lavoro studia questi problemi e su questi problemi potrebbe dare lezione alla maggior parte dei presenti, ma temo forse amplificati perché donna, e quindi ancor più gravi. Quindi faccio le mie scuse del Consiglio ad Alfia. Voglio aggiungere un’altra questione, è stata fatta un’offesa ancor più grave nell’ultimo Consiglio nei confronti dell’Assessore Barzaghi, che ha una storia personale che nessuno qui dentro può mettere in discussione, o assimilare a comportamenti evocati da termini già ripetuti in questo Consiglio per ben due volte. Ritengo la cosa di una gravità inaudita, ritengo che il Consiglio debba condannare questo atteggiamento. Il tempo pieno è stato in questo Paese, e il tempo pieno italiano nel mondo, l’esperienza didattica pedagogica più innovativa degli ultimi trenta anni, capace di risvegliare forme di impegno dei lavoratori della scuola e di innovazioni e di sperimentazioni pedagogiche che hanno fatto scuola nel mondo. Se la scuola elementare italiana è stata per anni al secondo posto nel mondo nelle graduatorie Ocse come qualità, ciò è dovuto in buona parte a quell’esperienza straordinaria che è stato il tempo pieno. Bisogna intendersi di scuola per capire cosa vuole dire e non 19 banalizzare questo tema. Bisogna capire che il tempo pieno è una scuola che ha permesso a tutti gli alunni di affrontare l’apprendimento secondo tempi e ritmi didattici propri della loro formazione, della loro provenienza, bisogna aver chiaro come il tempo pieno si sia raffrontato con le più moderne teorie educative, quella per esempio delle diverse intelligenze che superava la visione spiritualistica dei geni si nasce e basta una mamma maestra per farli emergere. Bisogna aver visto come il tempo pieno ha permesso gli approfondimenti disciplinari, insieme con un’attenzione completamente nuova alla maturazione globale dell’alunno, ottenuta anche grazie al lavoro di team e al confronto delle esperienze che il bambino veniva compiendo nelle diverse discipline. Bisogna aver conosciuto il tempo pieno per aver visto tutte le discipline avere pari dignità, insieme alle intelligenze espresse dai bambini che le affrontavano. Bisogna aver visto come il tempo pieno ha fornito a tutti gli alunni di ogni estrazione sociale, di ogni provenienza, quel supporto pedagogico anche quando ci si trovava di fronte a famiglie che non erano in grado di fornirlo. Bisogna aver visto come il tempo pieno abbia svolto una funzione che chi studia i problemi della scuola italiana nelle università e nelle professioni ha conosciuto, ha evidenziato, ha riconosciuto come elementi fondamentali della storia dell’istruzione nel nostro Paese. Il tempo pieno ha svolto infine anche una funzione di servizio. Certo, ha realizzato la possibilità per molte famiglie di non dover ricorrere alla scuola privata, perché poi siamo qui di fronte ad un paradosso, chi condanna il tempo pieno nei corridoi lo fa in nome del fatto che il bambino deve restare più in famiglia, tranne poi consegnare i figli per tutta la giornata alla scuola privata, che cresce e prospera proprio perché garantisce un’attenzione diversificata ai bambini per tutta la giornata. Credo che il colpo che questo Governo vuole dare al tempo pieno sia un elemento di una gravità incredibile, quasi quanto un altro tema criticabilissimo, l’introduzione del tutor. Avevamo una scuola in cui gli insegnanti erano organizzati per team, in cui gli insegnanti insieme alle discipline avevano pari valore. Oggi siamo di fronte ad una gerarchizzazione delle materie, insieme ad una gerarchizzazione dei lavoratori, con corrispondente umiliazione di una parte fondamentale di essi, e la loro deresponsabilizzazione rispetto al lavoro, perché rispondono al capo, non rispondono al progetto educativo. Scompare l’obbligo, abbiamo il diritto/dovere. Qui c’è un vulnus alla costituzione, noi abbiamo nella costituzione un obbligo, questa legge colpisce un obbligo previsto dalla costituzione. L’altro elemento che io ritengo paradigmatico di questa, non so come chiamarla, è comica, Consigliere Esposito, questa tua analisi linguistica che non tiene conto del fatto che le parole hanno anche uno spessore che si consolida nel corso della storia, non sono giochetti di “ri”, “in”, ecc. Questa deforma prevede il doppio canale, con opportunità diversificate. Qui c’è un problema che voi non potete eludere, nessuno può eludere, si chiede ad un ragazzino di 12 anni e mezzo di scegliere se percorrere un percorso definito, l’ha ricordato l’Assessore, terminale, ironia delle parole, che significa che porta direttamente al lavoro, o di scegliere un percorso più nobile, più arricchente, più ricco di formazione e non solo di specializzazione, più ricco di conoscenze di una cultura più generale, di base, che approfondisce le radici del nostro sapere, che rende la persona più colta in senso lato, in senso positivo. Tutto questo avviene a 12 anni e mezzo, non in terza media, in seconda media, perché in seconda media si introducono delle materie opzionali scelte, per le quali hai già fatto la scelta. Quindi siamo di fronte a che cosa? Ditela questa cosa. In base a che cosa sceglierà questo bambino, se non in base alle possibilità economiche della famiglia? Citate Barbiana, non l’avete letto, forse non avete visto neanche il titolo della ‘Lettera ad una professoressa’. ‘La Lettera ad una professoressa’, quando parlava e accusava gli insegnanti delle scuole pubbliche che facevano parti uguali fra disuguali, intendeva 20 dire che a chi ha meno devi dare di più. La riforma Moratti, a chi ha meno dà di meno. La scuola di Barbiana, caro collega, era la scuola che rispondeva alla mancanza del tempo pieno, era la scuola che rispondeva ai bisogni degli alunni svantaggiati in difficoltà di apprendimento che il tempo pieno non dava, voi volete togliere questo tempo pieno che invece ha preso quella lezione e costruisce percorsi didattici differenziati a chi è in grave difficoltà di apprendimento. C’è qui una divisione, in un’età precoce, da vergognarsi. Forse in questi anni ci hanno parlato, ci hanno ubriacato della parola flessibilità, della necessità di essere tutti flessibili. Noi ci eravamo cascati quando avevamo assunto l’accezione nobile di questa parola, pensandola come flessibilità intellettuale, logico cognitiva, psicologica. Ci eravamo cascati! Invece ci avete portato a un modello economico produttivo che quando parla di flessibilità intende un sistema produttivo fondato sulla competizione del prezzo, che vuole dire pagare meno i lavoratori e dargli meno diritti. Un modello produttivo che ci sta portando a scivolare indietro nella gerarchia internazionale delle produzioni, con perdite crescenti del nostro Paese nelle quote del mercato internazionale. Solo in Italia, guardate, la crisi c’è dappertutto, non ci nascondiamo dietro a ciò, la Germania e la Francia non perdono quote di mercato, le perde l’Italia. Perché? Perché non è più in grado di competere nei settori alti, dove valgono l’innovazione, la conoscenza, la ricerca. Non è più in grado di competere perché ha assunto il modello del nordest che compete sui lavoratori dequalificati, ma non riuscirà mai a competere con la Cina, che paga uno stipendio tante volte tanto. Allora è un modello a perdere, il modello del doppio canale è questo modello, la produzione di ragazzi, di lavoratori dequalificati che conosceranno, come unica flessibilità, quella del lavoro precario. Questo è il modello che voi ci proponete. Invece, cosa sarebbe necessario se si fosse conseguenti con le parole? Se si assumesse che si va verso la società della conoscenza tanto decantata? Se bisogna competere sull’innovazione, sulla ricerca e sulla produttività? All’età di mio padre, di vostro padre, uno imparava a fare il tornitore, imparava a tirare la lima a dodici anni e bastava, perché faceva quella cosa per tutta la vita, nei suoi limiti e nella sua bassa qualificazione professionale garantito, in grado di comprarsi una casa, di fare figli. Oggi non è più così, oggi c’è una rapidissima obsolescenza delle competenze, quello che hai imparato quest’anno a livello di competenze non è più valido l’anno prossimo, e allora occorre una formazione di base solida, occorre una flessibilità che è mentale, cognitiva, intellettuale, che renda le persone in grado di adattarsi al cambiamento, che renda le persone in grado di imparare dall’esperienza e di produrre da sé le competenze che via via sono necessarie. La scuola che voi proponete impedisce ad un pezzo di Paese proprio questa possibilità. Allora Guerra, insieme a me, non si potrà commuovere più, di fronte al figlio del minatore che diventa dottore, perché gli state preparando un futuro in cui minatore il padre, minatore il figlio, e soprattutto succede un’altra cosa. Voi parlate della libertà, vi chiamate Casa della Libertà, una delle libertà fondamentali che ha l’uomo quando diventa uomo e viene maturando, una delle libertà fondamentali, voi lo sapete, è che di fronte a quelle pochissime possibilità di scelta che ognuno di noi eredita dalla propria famiglia, uno sia in grado di scegliere, che possa scegliere davvero. Ma come sceglie uno che non ha strumenti culturali, intellettuali, se a dodici anni e mezzo lo mandate in un percorso di quella formazione minima di base, che permette di scegliere i percorsi della vita. Quale libertà è questa? E il cittadino? Come fa il cittadino a sottrarsi al ritmo incessante delle informazioni che oggi sono sempre più veloci, più violente, più difficili da decodificare. Come fa il cittadino a decidere il partito, a decidere come votare? Voi volete persone che non sono in grado di scegliere perché sono più controllabili, perché sono più assoggettabili. In Provincia abbiamo assunto un programma di governo che prevede un modello di 21 sviluppo e un modello di società in cui la conoscenza, in cui l’innovazione, la formazione, la ricerca, hanno un ruolo fondamentale. Domani come Unione sceglieremo un modello in cui la formazione di base si lega strettamente a un’ipotesi di sviluppo che vuole riportare l’Italia a primeggiare nei settori alti, a fare ricerca come negli anni ‘60, a produrre brevetti come negli anni ‘60, e non a finire ultimi nella graduatoria mondiale, siamo sotto il Portogallo, sotto la Grecia. In questo modello di sviluppo che noi abbiamo in mente, la formazione ha un ruolo fondamentale. …. Di fronte a questa sedicente riforma, che esclude parti consistenti dei bambini, della popolazione, da diritti fondamentali, noi sosteniamo la necessità di interventi radicalmente sostitutivi che introducano una formazione adeguata al modello di sviluppo di società e di uomo che noi abbiamo in mente.” Presidente del Consiglio: “Do la parola al Consigliere Dapei, poi se il Consiglio me lo consente, considererei chiuso il dibattito generale, per aprire poi la discussione e la votazione sui due ordini del giorno.” Consigliere Dapei: “In questi anni, negli anni passati, il tema che abbiamo trattato oggi e la volta scorsa, quello della scuola, è stato centrale in questo ente. Nei cinque anni passati ci siamo caratterizzati per aver saputo finalmente dare un piano di coordinamento al territorio, abbiamo prolungato alcune metropolitane oltre la città di Milano, abbiamo ereditato un’area che era una raffineria, oggi è la più grande fiera del mondo grazie a questa Provincia che ha saputo bonificarla e dotarla delle infrastrutture adeguate e quant’altro. Comunque, con obiettività, con distacco, anche solo guardando le cifre dei bilanci consuntivi, dobbiamo fare una fotografia di che cosa ha più che altro caratterizzato l’azione politica amministrativa di questo ente, non possiamo non dire che è stata l’azione sulla scuola. Dal 1999 al 2003, parlo di cifre di consuntivo, il Ragioniere Capo non è cambiato, quindi sono dati che credo nessuno potrà contestare, sono stati impiegati da questo ente 313 milioni e rotti di euro per la parte corrente e 272 milioni di euro, bisogna moltiplicare per 2.000 per il vecchio conio, quindi parliamo di circa 1.000 miliardi delle vecchie lire in totale, in conto capitale. Quindi non solo non abbiamo mai perso la bussola su questo argomento, ma siamo riusciti, ripeto per un’azione politico amministrativa, quindi con delibere, con impegni di spesa, con progetti, con realizzazioni, soprattutto ricordo sul tema dell’edilizia scolastica che particolarmente impegna le competenze della Provincia, avendo ereditato centinaia di istituti che, per le più diverse ragioni, non erano neanche a norma, neanche per i ragazzi, oltre che per i lavoratori della scuola impiegati lì quotidianamente, abbiamo lasciato in eredità tutto un patrimonio a disposizione del mondo della scuola in cui un effetto benefico questi grandi investimenti hanno avuto e questo è sotto gli occhi di tutti. Non solo è stato centrale il tema della scuola per l’istituzione Provincia, lo è stato anche, oggi che siamo all’opposizione possiamo più tranquillamente buttarla sul piano politico, per la nostra parte politica. Ricordo perfettamente quando ci avvicinavamo alle elezioni del 2000 e gli ordini del giorno non erano sulla Moratti ma erano sulle iniziative politiche e sulla scuola di Formigoni. Perché è innegabile che era stato fatto diventare oggetto di Agenda della politica nazionale, neanche regionale, quello che era l’innovativo nelle idee di Formigoni e dei partiti che lo hanno influenzato e che ne hanno sostenuto l’azione politica. Bene, non solo quella battaglia è stata vinta in termini locali con una riconferma che addirittura è diventata triconferma, ma quel tema che anche gli oppositori della nostra politica sulla scuola lombarda hanno voluto fosse un tema nazionale, convinti che avrebbe avuto ripercussioni nazionali di un certo tipo, si sono dovuti ricredere e hanno capito che quella battaglia politica l’hanno persa. Ricordiamoci che nel 2001, adesso lo diamo 22 per scontato, ma nella modifica costituzionale portata avanti solo dal centrosinistra a fine mandato legislativo, il ruolo delle Regioni nel comparto della scuola, che quanto mai tradizionalmente era quanto più di incentrato su logiche di tipo statale, quel modello è stato totalmente scardinato, non da noi, ma da quelli che fino all’anno prima o due anni prima ci additavano, noi lombardi, noi modello del buono scuola, del diritto per tutti, anche per i più deboli a poter scegliere, quel modello che poi è stato esportato, sempre su Agenda nazionale, su altri comparti, la sanità e quant’altro. Quindi noi non abbiamo avuto nessuna difficoltà ad affrontare il dibattito che è stato voluto qua dalla maggioranza. Credo che gli interventi dei miei colleghi Bruschi, Esposito, Gavazzi, Del Nero ma anche gli amici delle altre forze politiche abbiano confermato non solo la serietà, la competenza che su questo tema siamo orgogliosi di poter portare anche come contributo, ma anche siamo orgogliosi di avere suggerito, su richiesta della maggioranza, i nominativi di due persone, di due esterni che hanno preso qui la parola ed hanno portato, con serietà, pacatezza, anche un certo distacco ma anche – può sembrare contraddittorio ma non lo è – con passione, delle posizioni che sono contestabili, ma legittimamente sono le nostre e le portiamo avanti, ripeto, con orgoglio. Ebbene, perché abbiamo parecchie perplessità sul fatto che sia stato un dibattito serio? Abbiamo apprezzato le scuse di qualcuno che si è riferito alla gazzarra dell’altra volta, sono scuse un po’ tardive, comunque ce le aspettavamo prima o poi. Ebbene, forse molti non sanno che c’era un accordo all’interno della riunione dei capi Gruppo, per cui ci dovevano essere sei interventi di esterni, la maggioranza avrebbe fatto quattro nomi e ci erano stati chiesti due nomi. Noi questi due nomi li abbiamo fatti, gli interventi sono stati una dozzina. Ci era stato detto che gli Assessori avrebbero portato due tecnici neutrali, che avrebbero all’inizio descritto la riforma, per quello noi ci arrabbiavamo quando i tecnici ci parlavano della loro posizione e ci dicevano che legittimamente si contrapponevano alla nostra, perché gli accordi erano altri. Si era detto delle persone neutrali, per poi aprire la fase anche di esterni scelti rispettivamente, questa è stata l’impostazione data da altri e che noi abbiamo fatta nostra per necessità, oltre che per virtù. Quindi, due interventi non neutrali, una dozzina di interventi che tutti ricordiamo, che qualcuno ha chiamato una gazzarra, noi siamo d’accordo. Noi siamo più che perplessi, convinti, Presidente, può sembrare una battuta ma ci crediamo veramente, che se Silvio Berlusconi avesse candidato a Sindaco di Milano, due mesi fa, Giuliano Urbani, questa seduta e quella precedente l’avremmo impiegata per discutere dei disastri del Ministro uscente ai beni culturali e di come le competenze della Provincia sui beni culturali siano state violentate dalle nuove riforme e quant’altro. Potrei fare vari nomi di vari Ministri impegnati su Milano, certo è che il timbro di protocollo in alto a destra dell’ordine del giorno della maggioranza, di critica alla riforma Moratti, segue di 46 minuti l’Ansa in cui Berlusconi riconferma il nome della Moratti come candidato Sindaco di Milano. Allora diciamoci che questa non è l’avvio della legislatura, noi non siamo al 12 luglio del 2004, ma siamo al 12 luglio 2005, è passato un anno, anzi più di un anno. In questo anno qua, a parlare di scuola, la maggioranza non era mai venuta tranne, ricorderà anche l’amico De Nicola e qualcun altro nottambulo come me, una volta in cui la maggioranza portò un ordine del giorno sul tema della scuola e non ebbe neanche il numero legale per approvarselo. Questo era l’interesse di questa maggioranza sul tema della scuola e le sue implicazioni politico amministrative dell’ente, questo doveva essere il tema, poi si è parlato di tutt’altro, fino a quando Berlusconi non ha detto: candiderò la Moratti. Quindi noi sappiamo che questa in realtà è una tappa, se il candidato rimarrà Moratti, da qua all’anno prossimo non si parlerà d’altro. Se il candidato sarà un altro, della 23 riforma della scuola non si parlerà più ma si parlerà d’altro. Ebbene, è legittimo contestare la riforma, è anche legittimo dire che chi vince poi la può anche cancellare. Io l’ho sentito dire per il PTCP, in un anno qui non è successo, tante altre cose fatte anche in passato poi non si è più visto, ma arrivare qui a dire che il deficit di competitività del Paese è colpa della Moratti, fa ridere. E’ colpa di Berlusconi, fa ridere, ma fa ridere anche se si dicesse che è colpa di Amato o di D’Alema o di Prodi prima di loro, per dire gli ultimi cinque premier negli ultimi dieci anni. Perché quando si parla di competitività, rispetto alla questione della capacità di una classe dirigente di fare sistema, alla capacità delle nuove leve che la scuola regala al Paese, al sistema produttivo, culturale, non si può pensare in una logica di settimane, di mesi o anche di singoli anni. Se noi oggi perdiamo colpi, ammesso che perdiamo più colpi di altri Paesi, non è colpa della riforma Moratti. Anzi, la riforma Moratti vuole essere la risposta a questo problema. Non sarà una risposta efficace, lo vedremo se non verrà cancellata, non ci sarà neanche la controprova se invece succederà quello che ho sentito dire, quindi qualcun altro prenderà il governo del Paese e la cancellerà. Ma venire a raccontare che la competitività di oggi, che è il risultato degli ultimi decenni, degli ultimi quinquenni, è colpa della riforma che si sta chiedendo di non far partire, la dice lunga sulla strumentalità di certe argomentazioni. L’Assessore si è lamentato, anche per interposta persona, del fatto che alcuni di noi particolarmente appassionati, anche innamorati del confronto politico, quindi contando che dall’altra parte ci fosse altrettanto fair play per potersi anche permettere un aggettivo di troppo, al limite aspettandosene un altro altrettanto di troppo, deve secondo noi riflettere su una cosa, e qui rendo merito ad una persona che non è del mio Gruppo consiliare. Paola Frassinetti credo che non si possa non definire un politico di razza, con le sue idee forti, che ha sempre portato avanti da quando aveva la gonnellina il sabato a scuola, quando la gonnellina rossonera la mette per andare allo stadio. Anzi, siamo particolarmente su certi temi della politica distanti, per quanto lei è forte nelle sue posizioni e convinta nelle sue posizioni. Eppure, è stata un Assessore con le competenze di cui stiamo parlando, a cui tutti hanno riconosciuto un ottimo lavoro, ha saputo distinguere tra quella che era la sua carica politica, il fatto di spenderla nell’agone della politica, con il fatto di essere un bravo amministratore che ha portato bene - per giudizio unanime, anche del Presidente Penati, lo ricordo è stato detto anche qui in aula - le competenze sulle sue spalle. Assessore, noi siamo rimasti male, per andare al sodo, anche perché ho preso troppo tempo, quando ci siamo sentiti dire, da chi non ha nessuna legittimazione, se non quella di governare per aver vinto al ballottaggio, comunque per aver legittimamente vinto sulla Provincia. Quindi lei non può parlare a nome dei milanesi o quant’altro, lei deve governare sulle competenze che le sono state date. Quando lei definisce, nel discorso che ha fatto, che abbiamo, delle forzature i passaggi legislativi e che a quelle forzature voi, non si è capito bene chi, se lei come istituzione, e sarebbe gravissimo, se lei come attore della politica, e ci inquieta, quando lei dice che contrasterete in tutte le forme, quando lei dice quelle cose ci inquieta molto, perché ognuno deve fare le sue cose. …… Mi avvio a chiudere dicendo, Presidente, che tutto il discorso è partito dal suo intervento tutto politico, che ha cercato la polemica politica e non la risoluzione a dei problemi a cui la politica può dare delle risposte, tanto è vero che l’intervento dell’altro Assessore competente, Presidente, per materia è stato l’undicesimo tra i Consiglieri, dopo i 13 interventi degli esterni, quasi incidentale, cioè a ¾ della seconda giornata è intervenuto anche l’altro Assessore. Lei, Assessore Barzaghi, persona esperta, capace, deve assumere un maggior senso del limite che il suo ruolo istituzionale, secondo noi, impone. Lei è l’Assessore all’educazione, io ho letto anche educazione, ormai gli scappellotti a mio figlio li do quando non è maleducato, lei, Assessore, deve ripensare alle cose che ha detto e capire meglio 24 perché il dibattito ha preso la strada che ha preso, anche cercando di capire che pensavamo di avere davanti uno che usa il fioretto quanto noi e ci saremmo aspettati un colpo di fioretto e non evocare i tribunali o altro… Presidente, è stato da parte nostra un dibattito serio, all’interno di una gazzarra, l’ha definita il capo Gruppo di Rifondazione, organizzata per motivi elettoralistici, che costituisce uno dei momenti più bassi nel dibattito, diciamo politico, ma non ci sembra che non sia stato più di tanto, di questo ente negli ultimi anni.” Nel frattempo sono usciti dall’aula gli Assessori Brembilla, Corso e Gasparini mentre è entrato in aula il Vice Presidente della Provincia Mattioli. Consigliere Tranquillino: “Dirò delle cose molto brevemente, Signor Presidente, perché ho avuto modo di essere vicino al percorso di questa riforma, anche in alcuni momenti di mobilitazione. Mi spiace che qualcuno non abbia colto il senso delle affermazioni fatte dal collega capo Gruppo, compagno, Antonello Patta, oggi. Perché il compagno Antonello Patta intendeva dire un’altra cosa; infatti io sono convinto che gli articoli su ‘Libero’ e sull’altro fogliaccio di proprietà di Paolo Berlusconi, ‘Il Giornale’, siano degli articoli scriteriati per quello che concerne la partecipazione di genitori e di studenti alle mobilitazioni avutesi contro le riforme. Quelli erano altri casi, sappiamo bene che c’è anche chi per scavallarsi la cosa si fa l’autogestione in un certo modo. Non è il caso delle mobilitazioni contro la riforma Moratti. Volevo precisarlo io, e pregherei la Presidenza di garantirmi perché fino a quando è intervenuto il Consigliere Del Nero noi non abbiamo interrotto, desidererei che la stessa cosa valesse per noi. Devo dire che tutto quello che è all’interno di questo documento del Dipartimento per l’Istruzione, un contributo sullo schema di decreto legislativo, è un’adunanza di circa 15 giorni fa, poco più, parla il Consiglio Nazionale della pubblica istruzione - vedo che i banchi del centrodestra, tra le altre cose, sono piuttosto deserti, a differenza di altre volte, quando si tratta di fare ostruzionismo in modo anche piuttosto colorito -, è bene che si sappia che questa riforma apre dei varchi nell’esistente senza riempirne gli spazi. Ci sono pezzi di indeterminatezza, e io mi impegno a fare avere ai Consiglieri colleghi dell’opposizione il documento in questione, perché parla chiaro, circa l’indeterminatezza di questa riforma su tutta una serie di questioni che io adesso potrei anche citare, ma che per la promessa che ho fatto di essere breve non farò. Devo dire invece che quello che mi allarma è sentire affermare con convinzione, dai banchi dell’opposizione, che questa sarebbe una riforma che contribuirebbe a far fare un salto in avanti per quello che concerne la formazione e il futuro di questo Paese, perché di questo stiamo parlando. L’altro giorno sono stato presso la Direzione Generale regionale con il prof. Dutto, era presente anche l’Assessore …… sono un po’ stanco, abbiamo fatto troppe ore di riunione, era presente l’ex Provveditore Zenga, devo dire che lì mi sono reso conto di una cosa, che per quello che riguarda le risorse assegnate, e parlo di scuola, sul tema degli stranieri e sul tema dei disabili, per davvero non mi sembrava che la cosa fosse confortante. Anzi, devo dire che il quadro che abbiamo avuto, e ci sarà un aggiornamento ancora, ci sarà un altro tavolo, devo dire che è stato un quadro veramente desolante, assai poco rassicurante, e io sono convinto che la Provincia di Milano oggi, in quest’aula, stia svolgendo un’opera meritoria, ma non perché sarà risolutiva l’opera che sta svolgendo nel cambiare i destini della scuola italiana, perché quelli probabilmente forse concorreremo a cambiarli noi quando vi avremo tolti dal governo l’anno venturo. Il fatto è che sembra che voi siate totalmente distanti dalla realtà e io sono convinto che così come tante volte si vogliono prendere delle posizioni bipartisan, si vuole che tutti appassionatamente si voti insieme qualche cosa, quando si vuole armonizzare, quando 25 si vuole essere educati, secondo me anche al di sopra delle righe, perché delle differenze sostanziali e profondissime permangono tra noi e voi, tra questo Gruppo consiliare poi men che meno, sicuramente, signor Presidente, non ho visto preoccupazioni nelle affermazioni dei banchi del centrodestra, cioè dell’opposizione, per quel che concerne la situazione delle risorse economiche. E guardate che tutta l’indeterminatezza che è contenuta in questo documento non è solamente un’indeterminatezza che mi fa pensare che in questo Paese, parimenti alla sanità pubblica, si voglia sfavorire la scuola pubblica, perché poi gli inni alla sussidiarietà io li sento come delle litanie dell’unghia incarnita qui dentro, fuori da qui, nelle commissioni giorno dopo giorno. Mi pare di capire invece che non solamente non ci si preoccupi del pubblico, e questa è la cosa più grave, probabilmente si vuole danneggiare il pubblico perché si vogliono aprire fette di mercato all’interno del settore privato, anche per quello che concerne la scuola. Mi sto facendo questa convinzione. Chiudo, signor Presidente, perché avevo promesso la brevità. Penso che responsabilmente sarebbe bene che qualcuno andasse a fare una indagine della realtà circostante, perché certi interventi paiono, a uno come me, che non ha mai considerato l’ideologia una bestemmia, perché l’ideologia a me appare come una logica delle idee, quindi non ho mai demonizzato l’ideologia, devo notare invece che, pregiudizialmente, e davvero per partito preso, qui non si voglia neanche prendere atto di come questa riforma, io la chiamo controriforma, concorra a buttare la nostra scuola nell’incertezza, sicuramente a un profondo senso di classe, questo sicuramente, e sentire qualcuno che insorge quando si richiama Don Milani, francamente, Signor Presidente, lo trovo esilarante, perché per me Don Milani sicuramente non era un rivoluzionario, non era niente altro che una persona di buonsenso che a quel tempo ha dato un contributo che ancora oggi ricordiamo. Anzi, colleghi, io sono convinto di una cosa, non tutti magari l’hanno letto, leggiamo il libro ‘Lettera ad una professoressa’. Lo so che tu sei ecumenico, Albetti, non ti preoccupare. Signor Presidente, io ho chiuso, non posso non mancare di manifestare un certo disagio perché mi sarei aspettato meno insorgenza e meno spirito di parte su un tema che per davvero oggi possiamo considerare un tema che dovrebbe preoccupare tutti quanti. Ho sentito io personalmente, a questo proposito, della gente che per davvero ha votato per lo schieramento del centrodestra, dichiararsi preoccupata in ordine a questa riforma. Vedo che i colleghi rischiano di essere più realisti del re.“ Presidente del Consiglio: “Abbiamo finito la discussione generale. E’ stato un dibattito difficile, intenso, che anch’io ho avuto qualche difficoltà a gestire. Non sono stato attentissimo a tutte le ore del dibattito, mi pare ci sia stata qualche stonatura, qualche parola di troppo nei confronti dell’Assessore, andrò anche a fare una mia verifica, c’è stato qualche atteggiamento anche nei confronti dei relatori, citava prima il Consigliere Patta la Segretaria della CGIL. Dico però che in realtà qui c’è una questione che riguarda l’aula, di fatto noi abbiamo tenuto un Consiglio “straordinario” organizzato in modo particolare, in qualche misura è stato un mix fra Consiglio e assemblea, e questo inevitabilmente comporta e ha comportato qualche eccesso di partecipazione, partecipazione emotiva naturalmente, anche se io credo che in ciascuno di noi, in tutti coloro che sono intervenuti, c’è stata e c’è una grande passione politica su posizioni politiche anche diametralmente opposte ma in entrambi i casi una grande passione politica. Mi scuso come Presidente del Consiglio nei confronti di coloro, dell’aula, della Giunta, che si fossero sentiti offesi per taluni comportamenti, però, ribadisco, è stato un Consiglio tutto particolare. Credo che, essendo nella fase di revisione del regolamento dovremo anche provare a definire meglio le modalità di organizzazione di Consigli come questo. Ovviamente la 26 partecipazione esterna ai gruppi sociali ecc., è un fatto importante, assolutamente positivo, va forse regolamentato un pochino meglio e in questo senso io intendo impegnarmi in rapporto e in accordo con la commissione che si sta occupando di statuto e di regolamento. Ciò detto, passiamo alla “discussione”, immaginando che ormai in realtà abbiamo sostanzialmente detto tutto, dei due ordini del giorno, quello presentato per conto della maggioranza a prima firma del Consigliere Patta, quello presentato per i Consiglieri di minoranza a firma della Consigliere Frassinetti, alla quale do subito la parola per dichiarazione di voto, chiedendo se anche da parte della maggioranza c’è qualcuno che volesse intervenire per dichiarazione di voto e ricordando che il percorso di votazione sarà il seguente: i due ordini del giorno vengono votati secondo i tempi di presentazione, prima quello della maggioranza, presentato il 28 giugno, poi quello della minoranza, presentato il 30 giugno.” Il Presidente del Consiglio pone quindi in trattazione lo: ARGOMENTO N. 2/48 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Ordine del giorno presentato in data 28 giugno 2005, primo firmatario il Consigliere Patta, sulla legge 53/2003 (riforma scolastica) e relativi provvedimenti attuativi. e lo: ARGOMENTO N. 2/49 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Ordine del giorno presentato in data 30 giugno 2005, primo firmatario il Consigliere Frassinetti, in merito alla riforma scolastica. Consigliere Frassinetti: “Per dichiarazione di voto. E’ evidente che nel fare la dichiarazione di voto mi devo obbligatoriamente riportare a quelle che sono state le linee guida del mio intervento della volta scorsa sul tema, perché le motivazioni che mi hanno indotto, insieme agli altri colleghi dell’opposizione a stilare questo ordine del giorno alternativo, in contrapposizione a quello presentato dalla maggioranza, sono evidenti. Ci sono due modi di pensare la scuola contrapposti, anche se io ritengo, come dicevo anche la scorsa volta, che questo sia un argomento dove bisogna cercare anche i punti di incontro, però credo che sia abbastanza importante per noi difendere questo nuovo impianto educativo, spesso e volentieri in maniera demagogica contestato dalla maggioranza. I punti che noi abbiamo voluto evidenziare nel nostro ordine del giorno riguardano la strutturazione del sistema educativo, quindi l’importanza della difesa della scuola elementare, con la valorizzazione della scuola media inferiore come piattaforma qualitativa di ingresso nella scuola superiore, poi credo e ritengo che il discorso a mio avviso demagogico che viene fatto sul momento della scelta e su una presunta discriminazione alla quale andrebbero incontro i figli degli appartenenti alle classi sociali più povere non sia vero. Non è vero anche se è evidente che bisogna intervenire nel tessuto sociale per far sì che tutti abbiano la possibilità di poter accedere alle scuole alle quali vogliono accedere, secondo le loro competenze e il loro merito. Non credo che le riforme o le bozze di riforma presentate dalla sinistra in questi anni supplissero a quello che sicuramente è un problema. Credo invece che questo impianto del doppio canale abbia e dia la possibilità di far sì che l’ingresso nel mondo del lavoro sia un ingresso con delle potenzialità qualitative uniche, adeguate a una scuola che va verso l’Europa. Non sono assolutamente d’accordo che in questa riforma ci sia l’annullamento della scuola pubblica, ma anzi che la scuola pubblica sia e debba essere sicuramente fondamentale nella formazione degli studenti e dei 27 giovani. Poi ribadisco come, con stupore, ho verificato che nell’ordine del giorno della maggioranza non ci sia alcun riferimento esplicito a quelli che sono i ruoli della Provincia nel mondo della scuola superiore. E qui do ragione al Consigliere Dapei, al capo Gruppo di Forza Italia, quando ritengo che la discussione abbia sfiorato dei momenti di puro dibattito demagogico, perché siamo nell’aula del Consiglio provinciale e abbiamo il dovere, il compito di evidenziare quelle che sono le prerogative della Provincia, anche perché alla luce delle riforme istituzionali noi vediamo in questo campo le possibilità di ridisegnare la rete scolastica sul territorio, di ampliare l’offerta formativa, di creare nuove specializzazioni, di contemperare l’edilizia scolastica alle nuove esigenze della didattica, in un sistema di flessibilità anche architettonica che valorizzi la scuola nel suo complesso. Tutte queste cose vanno evidenziate nell’ordine del giorno della maggioranza. Noi l’abbiamo fatto, l’abbiamo fatto nella parte finale dell’ordine del giorno, dove parliamo di attivazione di indirizzi adeguati ai tempi, di riduzione del problema del pendolarismo scolastico. L’Assessore Barzaghi sicuramente sa che molti studenti sono obbligati ad andare anche fuori dalla Provincia, e che c’è un progetto, con l’aiuto del Cisem, per cercare di ridurre questo pendolarismo, che poi fa parte della quotidianità, appartiene a quel ruolo di quotidianità degli studenti della Provincia di Milano. Questi quindi i punti importanti, qualificanti, la difesa dell’autonomia scolastica, i rapporti con gli enti locali, con il CSA, con il territorio, sempre in un equilibrio che spesso è difficoltoso ma che deve essere un equilibrio armonico, perché la scuola è fatta di testa ma è fatta anche di cuore, è fatta anche di passione, è fatta anche di persone e lavoratori che ogni giorno devono incontrare e affrontare una realtà diversificata. Quindi un ente come la Provincia è ora messo in condizione di far sì che tutto questo possa essere regolamentato. Noi chiediamo che venga continuata questa politica di elaborazione dell’attivazione di indirizzi, della qualificazione dell’attività di orientamento perché solo con un buon orientamento si può naturalmente supplire a quello che sicuramente può essere un momento importante e cruciale, il momento della scelta della suola superiore che a mio avviso però va fatto a 13 anni e questo non è, come ho detto anche nel mio intervento precedente, un problema se c’è un orientamento, un’attività di orientamento precisa e mirata. Non siamo per una scuola che parcheggia gli studenti in un biennio generico, perché riteniamo che pur in un sistema che deve vedere la contemperazione delle attività tecniche di laboratorio a quelle umanistiche, debba esserci sempre un senso comune, un senso di appartenenza che deve far sì che ogni giorno la preparazione debba poi portare ad una qualità e una qualifica dello studente. Noi, nel nome di questa qualità, crediamo che il nostro ordine del giorno abbia un senso e per questo la dichiarazione che io faccio è quella di voto favorevole.” Consigliere Foglia: “La dichiarazione di voto sarà a nome di tutta la maggioranza di questo Consiglio, sottolineando in questo modo anche l’unitarietà dello sforzo che è stato fatto da parte di tutta la coalizione di centrosinistra, dell’Unione, in Provincia di Milano, che è la fotografia di un dibattito che è stato indotto nel corso di questi anni, e che ci ha fatto percorrere una strada che per molti di noi era anche sconosciuta e che ha messo in evidenza limiti e incapacità di governo su un terreno come quello della scuola, che noi riteniamo fondamentale. Siamo convinti infatti che la scuola, l’università, la ricerca, rappresentino per una vera classe dirigente di un Paese, che voglia veramente promuovere lo sviluppo e la crescita, un terreno essenziale su cui investire. Un Paese può crescere solo se cresce il livello culturale della maggioranza dei suoi cittadini, se ci sono adeguati investimenti in istruzione, formazione, ricerca e innovazione. Per questo, il sapere e la conoscenza costituiscono una frontiera strategica e indispensabile per sostenere e rafforzare il concetto di democrazia. Noi 28 riteniamo che la legge Moratti debba essere completamente rivista, si è parlato qui di riforma della riforma, e debba essere sostituita da una serie di provvedimenti legislativi che garantiscono in primo luogo il carattere unitario e nazionale del sistema scolastico, che rilanci una strategica funzione sociale e culturale che recuperi i principi costituzionali violati, se ne è discusso molto qui, ad esempio l’obbligo scolastico, che si rafforzi l’autonomia scolastica quale principio costituzionale valorizzando la capacità di autogoverno, che si recuperino e consolidino le esperienze innovative che la scuola ha prodotto e sperimentato sotto il profilo pedagogico, didattico e educativo. Noi crediamo di poter affermare, confortati dal dibattito che c’è stato in quest’aula nel corso di queste giornate e dai contributi sostanziali, certo alcuni di parte, degli operatori della scuola, dei genitori, che fanno parte di questo vasto mondo della scuola, ma che riteniamo essere un’espressione autentica del disagio che la scuola sta vivendo in questi anni e che questa riforma sicuramente non ha placato, non ha fermato. Noi possiamo affermare dunque con certezza che la scuola pubblica ha bisogno di un’attenzione vera e ha bisogno soprattutto di esser ascoltata, quello che abbiamo fatto noi. Quindi c’è bisogno di un progetto che parta dalla dignità grande di questo mondo, dalla sua voglia di autonomia e di responsabilità, dai suoi valori forti dichiarati e praticati. La scuola, appunto, come luogo in cui si formano cittadini consapevoli dove si costruiscono le fondamenta di un’etica pubblica, laica e condivisa, rispettosa delle scelte, delle fedi, delle convinzioni di ognuna e di ognuno. Un progetto che dovrà mettere in moto grande impegno, una grande ambizione anche nella correzione, nella revisione di questa legge, grande passione e un dibattito culturale che sicuramente non si può fermare soltanto nelle sedi istituzionali ma che deve ricomprendere tutto il mondo che della scuola è artefice e protagonista ogni giorno. Per quanto ci è possibile, per quanto ci può competere, noi guardiamo con attenzione a questo mondo e siamo contenti di avere potuto accogliere qui queste opinioni anche diverse, sappiamo di non essere esattamente in sintonia con un’altra parte di questo Consiglio, sappiamo però che abbiamo compiti di governo per le competenze che la Provincia ha e riteniamo che quotidianamente l’Assessore Barzaghi, l’Assessore Rotondi, pratichino una strada prevista dal nostro programma elettorale, che abbiamo proposto agli elettori, fortemente coerente con questi principi, con queste convinzioni, supportate, confortate dal contributo di esterni a questo Consiglio che nel corso di questo dibattito abbiamo voluto ascoltare. Il nostro ordine del giorno crediamo che possa ricevere, ovviamente e naturalmente, il consenso di tutta la maggioranza proprio perché l’invito che noi stiamo rivolgendo alla conferenza Stato Regioni sia un ulteriore tassello che si aggiunge all’espressione che già hanno avuto modo di confermare Consigli comunali, Consigli provinciali, consigli di istituto, collegi dei docenti, al fine di fermare l’iter attuativo di questo decreto. Dunque crediamo di avere fatto la nostra parte, che sicuramente non si ferma qui, per instillare, se non altro, il dubbio nei confronti di chi ha concepito una legge di questa portata e ha, d’altro canto, visto fiorire anche molto spesso quasi esclusivamente spontaneamente un moto di protesta, un moto di rifiuto. Non crediamo di avere le soluzioni per tutti i problemi di questa nazione, di questo mondo, pensiamo però su questo tema di essere fortemente convinti di perseguire questa strada, e, pertanto, chiediamo a tutto il Consiglio un voto positivo su questo nostro ordine del giorno.” Consigliere Esposito: “La dichiarazione di voto mi dà l’occasione per richiamare alcuni aspetti. Io credo che, Presidente, lei ha ragione quando ha detto che abbiamo 29 costruito un’occasione che avrebbe avuto forse modo di essere regolamentata in maniera diversa e avere spazi più ampi di discussione. Io la ringrazio di questa occasione, anche se il nostro capo Gruppo Dapei ha richiamato la possibile strumentalità di argomenti come quello legato alla riforma Moratti nelle prospettive che si aprono per tutti i gruppi politici. Questo però dell’intervento finale e dichiarazione di voto mi dà la possibilità di rammentare ai buoni maestri che sono intervenuti e che noi apprezziamo, anche se preferiamo alla pedagogista il pedagogo, chi fa attività educativa ogni giorno, per noi l’atto educativo è l’educazione in atto, quindi quelli che parlano di scuola ci piacciono un po’ meno di quelli che la fanno la scuola. Detto questo, a coloro che sono gli ottimi maestri che abbiamo ascoltato, volevamo richiamare che su una di quelle bandiere sulle quali hanno argomentato il dissenso alla riforma Moratti, richiamare soltanto la famosa e conosciuta legge 148/90 per quanto attiene i nuovi ordinamenti delle elementari e il tempo pieno che è stato allora defunto, insieme alla figura del tutor che è stato introdotto, sia pure non limitato alle 18 ore. Leggi che non sono state fatte dal centrodestra, 148 del 4.6.1990, il tempo pieno dal 1990, nei termini in cui lo si difende, non c’è più e non lo abbiamo cassato noi, né noi abbiamo introdotto la figura del tutor o adombrata come è adombrata all’art. 5. Detto questo, per quanto attiene le competenze istituzionali, sono tutte chiare quelle regionali dopo il Titolo V e quelle statuali, anzi abbiamo messo in qualche modo una pezza alla legislazione concorrente che ha costruito qualche problema alla Corte Costituzionale negli ultimi anni. Per quanto attiene l’istruzione e la formazione professionale le competenze per quanto attiene la scuola e questi temi sono estremamente chiari. La conferenza Stato Regioni è appunto un momento di quelli che consentiranno di chiarire le cose riguardo alla riforma Moratti. Per quanto attiene lo sviluppo produttivo e la Confindustria che è stata richiamata da tutti, volevo dire che Gianfelice Rocca, che è il vicepresidente della Confindustria, che dice che il diritto dovere di istruzione e formazione per tutti gli studenti fino a 18 anni, la valorizzazione della formazione professionale, l’alternanza scuola lavoro, la formazione professionale superiore, il sistema di valutazione e la nascita dei licei economici e dei licei tecnologici a indirizzi sono i tasselli di una trasformazione dell’ordinamento scolastico che punta alla crescita del capitale umano, alla flessibilità organizzativa, raccordo scuola impresa, e alla salvaguardia delle specificità della cultura tecnologica italiana, fondamentale per le nostre imprese. Nella formulazione del decreto esistono i presupposti perché i licei tecnologici rappresentino la continuità, l’evoluzione della grande tradizione dell’istruzione tecnica, da cui le imprese hanno attinto per anni tecnici e periti preparati e provenienti da un percorso formativo vicino al mondo industriale. L’attuazione coerente di questo indirizzo sarà quindi fondamentale. C’è ora da augurarsi, dice la Confindustria, che l’iter del decreto vada avanti speditamente per mettere in condizioni scuole, capi istituto e docenti, di procedere con serenità nella realizzazione della riforma. Ho voluto richiamare questo perché la Confindustria è stata citata qualche volta a sproposito riguardo alle eccessive preoccupazioni che questa riforma, che è in atto e che parte in maniera sperimentale per il secondo ciclo dal primo settembre, sta camminando. Ultima considerazione, prima di dare l’appoggio all’ordine del giorno della Frassinetti e dire le nostre perplessità sull’ordine del giorno presentato dalla maggioranza e sul ruolo che la Provincia deve svolgere. Noi a giugno faremo le elezioni politiche e può darsi che il centrosinistra vinca le elezioni. Veniamo da una cultura per la quale le leggi vanno osservate e fatte osservare. Se verrà abrogata la riforma Moratti e ci sarà una legge che il libero Parlamento di questo Paese adotterà, noi osserveremo quella legge che il libero Parlamento ha prodotto e la faremo osservare.” 30 Presidente del Consiglio: “Ovviamente io non intervengo sugli interventi, però attenzione, la dichiarazione di voto non dovrebbe essere un prolungamento della discussione generale. La dichiarazione di voto è la posizione del Consigliere sul documento che si va a votare.” Consigliere Bruschi: “Vedrò di stare tassativamente nei limiti della dichiarazione di voto, per annunciare il mio voto favorevole all’ordine del giorno Frassinetti e il mio voto contrario, con alcune perplessità all’ordine del giorno della maggioranza. Dico subito quali sono le perplessità. La prima perplessità è che manca in quell’ordine del giorno una presa di distanza netta e irrevocabile, come pure ho sentito in alcuni degli interventi fatti in quest’aula, nei confronti della legge 53. Si punta il dito contro i decreti attuativi, ma nulla si dice riguardo ad una legge che io chiamo Moratti/Bertagna ma dovrei chiamare quasi Berlinguer/De Mauro/Bertagna/Moratti perché quella legge è la legge Berlinguer De Mauro, con la significativa innovazione dovuta non alle scalmane del centrodestra ma dovuta alla riforma del Titolo V della costituzione, che faceva della legge Berlinguer De Mauro una cosa incostituzionale perché mancavano tutte le competenze regionali. Questa è la prima perplessità che quasi mi porterebbe a aderire ad una parte dell’ordine del giorno della maggioranza. La seconda perplessità è data dall’intervento dell’Assessore Rotondi. L’Assessore Rotondi nel suo intervento, come al solito molto tecnico, molto puntuale, molto attento anche alle sfumature, ha per i 4/5 detto cose che mi sento pienamente di condividere e sarei stato proprio curioso di vedere la compattezza dell’Unione messa alla prova di alcune cose concrete dette dall’Assessore Rotondi. Ne cito soltanto due: quando parla di pluralità di offerte è ovvio che questa pluralità di offerte parla di pubblico e parla di privato, soprattutto se quest’accenno è anche aggiunto ad un altro accenno, agli enti di formazione della Provincia di Milano, alcuni pubblici, molti privati. Quando si parla della scuola di Barbiana si parla di un’applicazione, fatta anche obtorto collo, contro addirittura le gerarchie ecclesiastiche per molti versi, di un principio di sussidiarietà e di sperimentalità. Io ritengo che la legge Moratti tutte queste cose le garantisca. Ritengo che il dibattito sui decreti attuativi, che pure non mi convincono appieno, non ho vergogna a dirlo, sarebbe stato migliore se noi ci fossimo spogliati da quella sacra ideologia che tutte le volte che si tocca la scuola, da 100 anni a questa parte, parlo anche addirittura del Parlamento liberale, provoca dei sussulti e degli sconquassi. Detto questo, mi corre l’obbligo di fare una precisazione. Nel corso della seduta di Consiglio, io ebbi a dirle, Presidente, anche se dal pubblico ricevo delle interruzioni non mi tuteli, non ho alcun bisogno di essere tutelato in quest’aula, perché quando ci sono scambi di battute, di accuse o quant’altro mi difendo da solo. Quello che mi è dispiaciuto è stata la mancanza del Consigliere Barbaro, che di solito è il mio interruttore ufficiale, facciamo degli scambi che purtroppo non sono ripresi al microfono e me ne dispiaccio. Uno dei miei libri da comodino è “Onorevole stia zitto”, proprio perché io ritengo che la politica non possa mai essere disgiunta dalla passionalità. Io non mi sono arrabbiato con il Consigliere Barbaro quando mi diede del bugiardo in quest’aula, mi spiegai con il Consigliere Barbaro, ebbi modo di intervenire e ci chiarimmo a vicenda, mi arrabbiai solo in un caso, molto forte, quando certe accuse di nanismo politico o altro vennero fatte non in quest’aula dove io potevo rispondere ma fuori da quest’aula, dove la possibilità di rispondere non mi era data. Per cui lascio al senso della battuta anche acre di ognuno il saperle accettare e rispondere a tono. Se Penati mi avesse dato del nano politico in quest’aula, io gli avrei dato del Capitan Fracassa.” 31 Consigliere Elli: “Ho seguito il dibattito con una certa attenzione e devo, come sempre, notare l’assenza praticamente di tutti gli Assessori, che dimostra uno scarsissimo interesse a questo dibattito che pure è estremamente importante. Solo due, ma sono quattordici, e Penati non c’è mai, c’è in tutte le televisioni. Comunque io non ho mai interrotto, chiedo di non essere interrotto. Che la nostra scuola debba essere riformata credo che sia un’esigenza che ormai sia sentita da tutti da più di cinquanta anni, hanno provato tutti a spizzichi e bocconi fatti male, l’ultima fallita è la riforma Berlinguer e adesso ci prova la Moratti. Non è certo la riforma migliore del mondo, ma perlomeno ha un coordinamento globale che va dall’università alla prima infanzia. Ho seguito il dibattito senza pregiudizi, perché dovrei scegliere la proposta della maggioranza? Nel documento della maggioranza si dice: scuola primaria, il nuovo orario annulla il tempo pieno. Palesemente falso, la scuola dell’infanzia va da un minimo di 24 ore ad un massimo di 50. Ma più di 50 ore cosa si può fare? Che tempo pieno state chiedendo? Questa affermazione è falsa, può arrivare a 50. Alla scuola secondaria viene ridotto il tempo pieno. Nella scuola secondaria vengono offerte a tutti 27, 40 ore prolungabili. Ma qual è il tempo pieno che auspicate? Io non l’ho ancora capito, non si riduce nulla e questa è un’altra affermazione falsa, e così via, ci sono delle affermazioni nel vostro ordine del giorno che sono palesemente strumentali e false. Così come ho sentito i discorsi fatti da alcuni della maggioranza, che hanno elogiato il ritorno agli anni ‘60, come se la scuola degli anni ‘60 fosse il meglio del mondo, e il collega vicino a chi elogiava gli anni ‘60 diceva che questa riforma Moratti vuole ritornare agli anni ‘60 e quindi era pessima. Mettetevi d’accordo, almeno possiamo decidere cosa fare. Qual è la scuola che rimpiangete? Questo non si capisce, voi state semplicemente dicendo una serie di no e non ponete nessuna proposta. Le ho lette bene, sono dichiarazioni di principio ma senza mai entrare nel merito, come quella della scuola di Barbiana. La scuola di Barbiana credo l’avete letta tutti, perlomeno qui è stata raccontata molto. Si chiede nella scuola di Barbiana un forte impegno degli insegnanti, certo, a tempo pieno, ma si chiede anche che i ragazzi studino e fortemente, altrimenti Don Milani li mandava a lavorare. Questo è un discorso fondamentale per la scuola, occorre definire qual è l’obbligo, e lì ci arrivano tutti, dopodiché studiano i migliori anche, caro Patta, gratuitamente. Studiano i migliori! Come facevano, per esempio, e su questo io sono d’accordo, in tutti gli stati dominati allora dal regime sovietico, in cui la scuola era gratuita però chi non dava il rendimento previsto smetteva. Perché? Perché erano soldi pubblici che dovevano essere spesi in funzione di un rendimento che si voleva essere eccellente e hanno prodotto un eccellente livello scolastico. Allora è troppo facile dire una serie di no, occorre anche fare delle proposte coerenti, mettetevi d’accordo e fate un discorso di un ordine del giorno coerente, che contenendo una serie di ambiguità e di falsità noi chiaramente non voteremo e invece voteremo l’altro su cui poi siamo anche in grado di emendarlo, ma nel dibattito non c’è più spazio e quindi noi lo voteremo tal quale.” Nel frattempo è uscita dall’aula il Vice Presidente Vicario del Consiglio Cavicchioli. (presenti 42) Dopodiché, chiusa la discussione il Presidente del Consiglio sottopone ai voti del Consiglio il seguente ordine del giorno: ARGOMENTO N. 2/48 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Ordine del giorno presentato in data 28 giugno 2005, primo firmatario il Consigliere Patta, sulla legge 53/2003 (riforma scolastica) e relativi provvedimenti attuativi. 32 IL CONSIGLIO PROVINCIALE in adunanza 12 luglio 2005 Evidenziando che: − sono prioritari adeguati investimenti nella scuola e nella formazione professionale per il futuro di ogni Paese civile e democratico (come previsto dagli obiettivi fissati da Lisbona 2000); − è indispensabile investire nel sistema educativo per riuscire a coniugare sviluppo economico, equità sociale e attenzione alle nuove generazioni; − è necessario incrementare la qualità dell’istruzione pubblica e della formazione professionale, condizione imprescindibile per la crescita del Paese e delle persone, assicurando a ciascuno pari opportunità; − sono necessari adeguati finanziamenti, risorse umane, strumenti e materiali per la scuola pubblica, la formazione professionale, l’università e la ricerca ESPRIME una forte critica all’impostazione della Legge 53/2003 e ai relativi decreti attuativi. In particolare: − il Decreto Legislativo n.59/2004 relativo alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo di istruzione e la Circolare applicativa n.29 del 5 marzo 2004; − lo Schema di Decreto Legislativo concernente le norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di Istruzione e Formazione (approvato in via preliminare nella seduta del Consiglio dei Ministri il 27-05-05). Le motivazioni sono le seguenti: Scuola primaria − il nuovo orario annulla il “tempo pieno” come modello pedagogico-didattico riconosciuto nella sua validità e nella sua applicazione al 95% nell’area della Provincia di Milano; − l’introduzione della figura del “tutor” scardina l’organizzazione per team degli insegnanti, favorisce la strutturazione gerarchica del corpo docente e accentra le competenze legate ai piani di studio personalizzati (portfolio e rapporti con le famiglie); − il Governo ha determinato tagli consistenti sugli organici con le ultime finanziarie. Scuola secondaria di primo grado − viene ridotto il tempo scuola, di fatto annullando il tempo prolungato e le sue potenzialità progettuali; − si riducono le ore destinate alle singole materie (scompare l’educazione tecnica, le ore di lettere vengono ridotte settimanalmente da 11 a 9 e le ore di lingua inglese a 2); − si conferma la figura del tutor con i problemi già esposti. Secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione − non vengono ben definiti i rapporti tra Stato e Regioni rispetto ai compiti 33 − − − − − − − − − − istituzionali, disarticolando l’unitarietà del sistema formativo; viene modificato profondamente il concetto costituzionale di obbligo scolastico, sostituendolo con un ambiguo “diritto-dovere”, anche sotto il profilo giuridico; non vengono offerte pari opportunità nei due canali dell’istruzione liceale e dell’istruzione e formazione professionale (per durata, certificazioni, percorsi, sbocchi, competenze istituzionali); viene effettuata una netta distinzione tra percorsi propedeutici all’università e percorsi terminali, cioè finalizzati al lavoro, con il rischio di una dequalificazione del sapere professionale e tecnico, annullando l’attuale area tecnico-professionale (gli Istituti tecnici e professionali); si propone un modello economico e sociale arretrato lontano dai “bisogni di un’economia e società basati sul fattore conoscenza “(Rapporto Educational 2004 - Confindustria); si introduce una separazione precoce dei percorsi, obbligando i tredicenni ad effettuare una scelta prematura e non consapevole e, in questo modo, si accentuano le condizioni socio-culturali di partenza, penalizzando quelle più svantaggiate; si colpisce l’autonomia delle istituzioni scolastiche, anche non assicurando risorse adeguate; non vengono previsti adeguati interventi finanziari per il personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario, per l’edilizia scolastica e la strumentazione didattica; il previsto inserimento della formazione professionale (soprattutto pubblica) all’interno del sistema di I.F.P. pone a rischio, in mancanza di una definizione chiara dei meccanismi di finanziamento e di una rete stabile e governata di strutture erogatrici, l’esistenza stessa dell’offerta di formazione professionale e la sua tradizione storica di intervento in Lombardia; la netta separazione tra i percorsi di formazione iniziale e il resto dell’offerta (superiore, permanente, degli adulti e legata alle esigenze del territorio) rende problematica la costruzione di un sistema formativo ispirato ai principi dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e dello sviluppo verticale, garantendo comunque a tutti pari opportunità formative; il decreto non presenta condizioni e percorsi utili alla definizione di un Sistema Formativo Integrato. Il Consiglio Provinciale, affermando la sua forte critica all’attuale progetto di Riforma INDICA la necessità del ritiro dei Decreti attuativi, per ripensare complessivamente la Legge 28 marzo 2003, n. 53 (Legge Moratti), al fine di emanare nuovi provvedimenti legislativi che modifichino l’impianto della Legge di riforma per conseguire i seguenti obiettivi: − riaffermare l’esigenza di certezze organizzative, gestionali e finanziarie per l’insieme del sistema educativo e, in particolare, per quanto riguarda il tempo pieno e prolungato nella scuola elementare e media; − innalzare l’obbligo scolastico da subito a 16 anni, con la prospettiva di arrivare a breve a 18 anni attraverso un biennio unitario e orientativo, all’interno di un sistema educativo di qualità capace di valorizzare i diversi stili cognitivi, di 34 − − − − accrescere la cultura di base, professionale e del lavoro, al fine di formare un cittadino pienamente responsabile e inserito in un contesto europeo; ripensare un disegno di riforma che delinei un sistema educativo caratterizzato da percorsi con pari opportunità di accesso all’università e alla formazione Postdiploma; rilanciare l’autonomia scolastica, anche attraverso adeguate risorse finanziarie; progettare un sistema educativo che sappia interpretare e affrontare i livelli di insuccesso e abbandono scolastico, promuovendo politiche contro la dispersione scolastica, anche attraverso iniziative di orientamento e riorientamento; avviare politiche di professionalizzazione e di valorizzazione di tutto il personale della scuola e della formazione professionale. Il Consiglio Provinciale ribadisce inoltre che un sistema educativo di qualità non può che essere costruito con quanti da tempo si prodigano in questa direzione e INVITA la Conferenza Stato-Regioni, chiamata ad esprimere un parere sullo schema di decreto relativo al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a tener conto dei molteplici pronunciamenti democratici di numerosi Consigli comunali e provinciali, nonché dei Consigli d’Istituto e dei Collegi docenti, al fine di fermare l’iter attuativo del decreto, rispetto al quale lo stesso CNPI “manifesta perplessità circa la legittimità formale degli atti... coessenziali alla sua approvazione..”. AUSPICA che la Regione Lombardia tenga conto di questo pronunciamento al tavolo della Conferenza Unificata. Il Presidente del Consiglio dà inizio alla votazione con sistema elettronico; terminate le operazioni di voto, dichiara approvato l’ordine del giorno con venticinque voti a favore, sette contrari (Vice Presidente del Consiglio Albetti e Consiglieri Bruschi, Dapei, Elli, Esposito, Frassinetti e Lombardi); non partecipano al voto i Consiglieri Accame, Clerici, Colli, Del Nero, De Nicola, Gavazzi, Grimoldi, Malinverno, Meroni e Musciacchio. Il Presidente del Consiglio dà atto del risultato della votazione. Successivamente il Presidente del Consiglio sottopone ai voti del Consiglio il seguente ordine del giorno: ARGOMENTO N. 2/49 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Ordine del giorno presentato in data 30 giugno 2005, primo firmatario il Consigliere Frassinetti, in merito alla riforma scolastica. IL CONSIGLIO PROVINCIALE in adunanza 12 luglio 2005 PREMESSO CHE: 35 la scuola deve mettere al centro la persona, educando i giovani ai valori della cultura e della convivenza civile e deve allo stesso tempo essere custode delle identità e tradizioni territoriali, nazionali ed europee. La scuola deve altresì rappresentare un luogo di socialità ed insegnare il senso civico ed il rispetto umano; CONSIDERATO CHE: la Riforma Moratti ha ridisegnato, in un nuovo quadro istituzionale, una nuova scuola, in linea coi tempi e con le esigenze della società; ESPRIME apprezzamento al nuovo modello educativo così come esplicitato dalla legge 53/2003 e ai relativi decreti attuativi e in particolare evidenzia come sussistano essenziali miglioramenti nei diversi cicli prospettati dalla predetta legge. In particolare: • Primo ciclo: la Riforma Moratti garantisce la libertà per le famiglie di scegliere tra le diverse attività offerte dalla scuola dell’autonomia; inoltre introduce l’insegnamento della lingua inglese e dell’informatica sin dalla prima classe della scuola primaria; personalizza i piani di studio; • Secondo ciclo: il diritto e dovere all’istruzione si colloca in un sistema unitario ma diversificato in cui sono presenti percorsi formativi liceali e percorsi dell’istruzione e formazione professionale. Il sistema della nuova legge garantisce a tutti uguali opportunità per accedere ai livelli di formazione secondo le proprie capacità, attitudini e aspirazioni. Il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni amplia il vecchio obbligo scolastico formativo; TENUTO CONTO CHE il nuovo art. 117 Cost. conferma la potestà regolamentare di Comuni, Province e Città Metropolitane “in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite” e che pertanto la Provincia rafforza le funzioni di programmazione e coordinamento territoriale. In particolare: • sono stati riuniti presso la Provincia i compiti di edilizia sull’intera scuola secondaria superiore, ponendo al contempo le basi perché tutta l’edilizia scolastica del settore diventi competenza della Provincia; • sono state ampliate le attribuzioni di deleghe da parte delle Regioni alle Province in materia di formazione professionale; • sono state poste le basi per una organizzazione sistemica dell’offerta di istruzione-formazione; IMPEGNA LA GIUNTA a far sì che il nostro Ente continui sulla strada già intrapresa precedentemente, sia per quanto riguarda gli investimenti in edilizia scolastica, sia svolgendo il ruolo di programmazione dell’offerta formativa sul territorio in modo efficace attraverso: a) l’attivazione di indirizzi adeguati ai tempi, nel rispetto delle istituzioni scolastiche, in modo da favorire l’integrazione degli studenti nel mondo del lavoro, valorizzando le produzioni e le tradizioni delle nostre imprese; b) un rapporto costante di intesa e collaborazione con i Comuni, l’U.S.R. e con il CSA, per favorire una attenta programmazione territoriale; 36 c) la qualificazione delle attività di orientamento ed il monitoraggio sul territorio per ridurre al massimo il pendolarismo studentesco; d) l’incremento delle iniziative extraordinamentali, anche attraverso l’applicazione del principio della sussidiarietà; e ad affinare la logica programmatoria partecipata, sia per quanto riguarda la localizzazione degli edifici scolastici sia per la pianificazione territoriale dell’offerta scolastica nel rispetto dell’autonomia scolastica. Il Presidente del Consiglio dà inizio alla votazione con sistema elettronico; terminate le operazioni di voto, dichiara respinto l’ordine del giorno con venticinque voti contrari, sei a favore (Consiglieri Bruschi, Dapei, Elli, Esposito, Frassinetti e Lombardi); non partecipano al voto i Consiglieri Accame, Albetti, Clerici, Colli, Del Nero, De Nicola, Gavazzi, Grimoldi, Malinverno, Meroni e Musciacchio. Il Presidente del Consiglio dà atto del risultato della votazione. Esce dall’aula l’Assessore Dioli. Il Presidente del Consiglio pone quindi in trattazione lo: ARGOMENTO N. 46 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Piano Faunistico Venatorio per il territorio della Provincia di Milano 2005/2009. Assessore Grancini: “Cercherò di riassumere brevemente i contenuti del Piano Faunistico che dobbiamo stasera, spero e auspico, approvare. Come sapete bene, noi abbiamo approvato le linee guida per la stesura del Piano il 14 dicembre scorso. In quelle linee guida erano contenute tutte le delimitazioni e tutte le aree che intendevamo andare a definire, e soprattutto andare a concertare con le varie associazioni. Nelle linee guida prevedevamo di mantenere non meno del 25% di territorio a tutela della fauna selvatica. Tale percentuale si è attestata, dopo gli incontri e dopo le valutazioni, i confronti e la verifica delle leggi attualmente in essere, compresi il Piano Territoriale e le leggi regionali, al 25,2%. Come previsto nelle medesime linee guida, il Piano Faunistico Venatorio ha recepito le istituende aree a parco naturale previste dal Parco Agricolo Sud Milano e dal Parco delle Groane, anche se non sono ancora approvate, e quindi in attesa della loro approvazione regionale e relativa tabellazione, si è ritenuto opportuno classificarle come zone di protezione di competenza provinciale, nelle quali vige comunque il divieto di caccia. Inoltre, tra le zone a tutela previste nel precedente Piano, si è ritenuto opportuno non mantenere la zona di ripopolamento e cattura di Cuggiono, Inveruno, in quanto non più idonea per le finalità per le quali era stata istituita, e tale mancata riconferma è stata condivisa da tutte le associazioni di categoria. In considerazione dell’istituzione della nuova Provincia di Monza, si è ritenuto opportuno prevedere fin da ora un ambito territoriale di caccia che comprenda tutte le municipalità che andranno a far parte della nuova Provincia. L’assessorato inoltre, con riferimento alla Rete Natura 2000 e relativo recepimento regionale, ha proceduto ad elaborare uno studio dettagliato sulla valutazione di incidenza, non solamente sui SIC e sulle zone di ripopolamento speciale ma sull’intero territorio provinciale. Devo inoltre precisare che i siti di importanza comunitaria, i SIC, sono quasi totalmente ubicati all’interno delle zone a tutela, mentre le zone di protezione speciale sono ubicate nella loro totalità all’interno di 37 dette zone a tutela. Abbiamo sentito le associazioni interessate, si è provveduto a ridefinire i confini di alcune zone a tutela già esistenti, assestandole sui confini naturali: le strade, le ferrovie, i corsi d’acqua, anche per controllare al meglio queste zone nei loro confini. Tengo a precisare inoltre che in dette zone l’assessorato provvede annualmente ad investire risorse finanziarie quali contributi da erogare agli agricoltori per la realizzazione di interventi di recupero e miglioramento ambientale, tesi a favorire la riproduzione naturale delle specie selvatiche sia stanziali che migratorie. Essendo in queste zone vietata l’attività venatoria, gli uffici provvedono, previa perizia, alla quantificazione e successivo indennizzo dei danni causati alle colture agricole dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita. A differenza del precedente Piano, inoltre, sono stati dedicati dei capitoli sulle rotte migratorie, metodi di censimento, dati per l’elaborazione della carta e le vocazioni faunistiche, reti ecologiche e gli indirizzi ad uso degli ambiti territoriali caccia per interventi miglioramento ambientale di gestione faunistica. A completamento di tutto ciò si è ritenuto opportuno comprendere nel Piano anche alcune schede descrittive delle specie di fauna selvatica presenti sul territorio provinciale, nonché di alcune razze canine tra quelle maggiormente utilizzate per l’esercizio dell’attività faunistica. In accordo con tutte le associazioni interessate si è ritenuto opportuno prevedere una percentuale inferiore rispetto a quella prevista dalla legge per l’istituzione delle Aziende agrituristico venatorie. Per quanto concerne San Colombano al Lambro, di cui avevamo discusso anche nel momento della presentazione delle linee di indirizzo, dopo l’incontro con il Comune e tutte le associazioni che gravitano su detta municipalità, si è mantenuta inalterata l’attuale situazione con l’unica eccezione condivisa da tutti di ridurre la superficie della zona di ripopolamento e cattura ubicata sul fiume Lambro. Concludo questa prima parte ritenendomi soddisfatto e ringraziando per il lavoro svolto i tecnici dell’ufficio, della collaborazione dei tecnici che sono stati designati da tutte le associazioni ambientaliste e venatorie, che con l’obiettivo io dico concreto e qualificato di voler raggiungere una definizione concordata sul Piano Faunistico della Provincia di Milano, ha potuto permettere a noi di portare un documento, seppur voluminoso, però completo di tutte quelle parti che fanno sì che la Provincia di Milano, la prima in Lombardia ma credo anche in Italia, lo sta adottando con tutti quei criteri di studi che sono lì elencati e visivi. Per maggiore specificazione, perché sono stati oggetto di serrato confronto, illustro le parti fondamentali che fanno parte del Piano, anche per rendere molto più chiare alcune definizioni che sono state adottate per quanto riguarda i parchi della nostra Provincia. Il Parco regionale Nord Milano è stato confermato come Parco regionale, anche con l’ultimo Piano Territoriale di Coordinamento del 2002, dunque è totalmente a divieto di caccia. Ciò significa che anche ai fini della programmazione faunistica venatoria è assolutamente equiparabile a un’area a parco naturale. La sua estensione è pari a 626 ettari, derivata dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, come abbiamo già detto nella nota del 10.5.2005. Ho voluto cercare di andare veloce ma ho saltato un periodo. Comunque, il 10.5.2005 al servizio gestione attività venatoria e pescatoria è stato indicato da parte del settore pianificazione territoriale provinciale, la dimensione territoriale del parco che poi è risultata poco chiara per quanto riguarda gli ettari. Tutto è stato chiarito. In questo modo, pur avendo portato gli ettari nella giusta definizione, la percentuale di risultanza è comunque sopra il 25%, attestandosi al 25,2%. Il Parco regionale della Valle del Lambro, che comprende il Parco di Monza, di 650 ettari di superficie è interamente ricompreso nell’area Parco Naturale del Parco regionale, come indicato nei dati forniti dal servizio gestione e dal settore 38 pianificazione territoriale provinciale. Ciò significa che anch’esso è totalmente classificato area a parco naturale, dal Piano Territoriale stesso e dalla delibera della Giunta Regionale del 28.7.2000. Quindi, come tale, è stato conteggiato nel nostro Piano Faunistico e dalle cartografie che sono allegate. Voglio fare un’ultima considerazione, che nel calcolo delle zone (i cacciatori non saranno molto contenti ma anche loro hanno alla fine concordato con le loro associazione e negli incontri), di togliere dalle aree a caccia, pertanto non sono state calcolate, le fasce di rispetto tra le strade a dove si può cacciare, cioè i famosi 50 metri. Come molte Province fanno del resto. Noi non l’abbiamo fatto, intanto perché comunque non si può cacciare ugualmente, ma ho voluto rimarcare il fatto che anche le associazioni dei cacciatori, alla fine, hanno voluto dare una mano concreta per far sì che il Piano uscisse con il consenso di tutti. Finisco congratulandomi, nel senso che mi è arrivata una lettera, mandata al Presidente e a me, lo dico perché credo sia abbastanza importante non tanto e solo per il sottoscritto ma per il lavoro fatto dai tecnici dell’assessorato. La lettera è firmata da tutte le associazioni, Enpa, Gol, Lac, Lipu, Picchio Verde, Winderness, WWF, che pur ribadendo le loro posizioni in merito alla caccia e al tema complessivo della gestione venatoria in Italia e della legge in discussione a livello nazionale, desiderano esprimere soddisfazione per il lavoro svolto dalla Provincia di Milano in occasione della predisposizione di questo Piano Faunistico. In particolare ringraziano l’Assessore, lo dico perché fa sempre piacere, e naturalmente i funzionari per aver valorizzato, attraverso la collaborazione, la maggior parte delle proposte avanzate dalle associazioni di protezione ambientale, oltre che per la costante e cortese disponibilità dimostrata durante tutte le fasi dell’iter procedurale. Ho letto la lettera per sottolineare il lavoro, un ottimo lavoro, nel quale abbiamo saputo coniugare in questi mesi le diverse esigenze sia delle associazioni ambientaliste, di difesa degli uccelli o della fauna in modo generale. Con queste parole rivolgo un invito ad approvare il Piano Faunistico così come è stato presentato, in modo da renderlo operativo sin dalla prossima campagna venatoria che inizierà, come sapete, dal prossimo settembre, e ciò consente di fare tutti gli adempimenti che già sono iniziati con la riunione di oggi pomeriggio da parte della consulta, per il calendario e quant’altro necessario. Se naturalmente ritengono i Consiglieri, potremo dare almeno la visione di quelle che sono le aree più importanti riferite al Piano Faunistico, in modo che poi si possa intervenire con maggiore cognizione di causa.” Nel frattempo sono usciti dall’aula i Consiglieri Clerici, Colli, Elli, Grimoldi, Malinverno e Meroni. (presenti 36) Presiede il Vice Presidente del Consiglio Albetti. Vice Presidente del Consiglio: “Mentre i tecnici ci vanno vedere le immagini del Piano si fanno gli interventi.” Consigliere Lombardi: “Cercherò ovviamente di limitare l’intervento perché a quest’ora e con una cena saltata, probabilmente più che di fauna si rischia di parlare solo di selvaggina, facendoci del male. Devo dire che certamente questo Piano ha molti aspetti positivi, ovviamente è nostro ruolo quello di soffermarci sugli aspetti che vanno integrati e completati, a nostro modo di vedere. Innanzitutto è nostra opinione senz’altro, credo che sia opinione anche di voi tutti, che non c’è stato quel salto di qualità in termini di protezione dell’ambiente riguardo alla pressione venatoria che probabilmente era legittimo attendersi data la componente forte che si autodefinisce ambientalista e che è presente nella 39 maggioranza di centrosinistra di questa Provincia. 25,2% è la percentuale di protezione dalla pressione faunistica, se andiamo a considerare gli incrementi anche in termini di riserve naturali, parchi regionali, foreste di pianura e quant’altro, andiamo a vedere che questa percentuale si è incrementata sostanzialmente di un po’ di più ed è un fatto questo dovuto, proprio per il contesto ambientale che è senz’altro migliorato, soprattutto grazie ad alcuni interventi sul territorio della Regione Lombardia. Per quanto riguarda il Piano Faunistico nel suo complesso, a vedere il volume del Piano Faunistico sembra quasi di trovarsi di fronte ad un’opera omnia, che racchiude tutto lo scibile riguardo alla fauna in Provincia e alla gestione venatoria. In realtà, nello stesso dispositivo di delibera che molti di voi avranno letto, si vede che in un certo senso si mettono le mani avanti, per cui si dice che prossimamente c’è da attendersi alcune modifiche, alcuni aggiustamenti e quello che noi abbiamo qui davanti viene anche in delibera detto come un Piano non esaustivo dell’aspetto venatorio in Provincia di Milano. Un altro punto che mi premeva far notare è come abbiamo dovuto lasciare per strada una decisione riguardo ad esempio il Parco del Roccolo. Il Piano Faunistico dice in premessa che uno degli obiettivi principali del Piano è il governo dell’attività venatoria compatibilmente con il governo dell’attività di tutela delle aree naturali presenti sul territorio provinciale. Ebbene, a quanto ci risulta, all’interno del Parco del Roccolo che è localizzato nella zona di Arluno, Canegrate e quant’altro, c’è una forte diatriba in atto tra associazioni ambientaliste e associazioni di cacciatori riguardo a quei famosi 25 ettari che si vogliono sottrarre all’attività venatoria. Non entro nel merito sul fatto che sia giusto o meno giusto, lì abbiamo una presenza in quei pochi Comuni di 200 cacciatori circa, se non ricordo male, prendo atto però del fatto che la Provincia ha rimandato la decisione all’ambito territoriale di caccia e credo invece sia dovere dell’istituzione quello di mediare in una situazione che, a quanto mi è stato detto anche in questi ultimi giorni, è difficile. C’è un rapporto difficile tra cacciatori, che ritengono di essere, forse anche giustamente, i depositari, quelli che hanno avuto la primogenitura per quanto riguarda il Parco del Roccolo, i veri difensori di questa zona, e gli ambientalisti che invece sembrerebbero voler relegare la caccia al di fuori di questo territorio. Tra l’altro ci sono anche forti perplessità riguardo alla capacità di quel territorio di essere luogo di ripopolamento per la fauna selvatica, per cui ci sono degli aspetti ancora tutti da chiarire, che noi in commissione abbiamo visto che abbiamo rimandato ad altri tavoli e ad altri momenti. Un’altra cosa che mi premeva rilevare, come ho fatto già in commissione, è che al Piano Faunistico Venatorio si è aggiunto uno studio di incidenza che è anche molto interessante e che riguarda la relazione esistente fra il Piano Faunistico e i siti di importanza comunitaria, quindi le parti di ambiente più meritevoli di protezione. Questo studio di incidenza secondo me è uno studio interessante, credo che si potevano trovare all’interno della Provincia, nei mesi che ci hanno separato dall’adozione delle linee programmatiche all’adozione del Piano Faunistico, credo che sarebbe stato importante trovare all’interno della Provincia le competenze che ci sono per evitare di appaltare all’esterno uno studio di incidenza. Ma quello che mi preme rilevare qui è che lo studio di incidenza, importante, doveva essere fatto prima della redazione del Piano Faunistico, invece è stato commissionato questo studio di incidenza a metà aprile. Pertanto noi andiamo ad approvare un Piano e abbiamo appaltato uno studio di incidenza senza poi godere dei benefici di questo studio. Per cui abbiamo, secondo me, speso € 10.000 inutilmente, perché questo studio forse ci servirà per le modifiche successive ma non è servito senz’altro oggi per definire meglio questo Piano Faunistico, tanto è vero che uno degli elementi che più sono stati rimarcati, anche da parte di esponenti significativi della maggioranza, una delle 40 carenze più significative di questo Piano Faunistico è il fatto che non affronta con decisione il tema dei corridoi faunistici. I corridoi faunistici sono quelle zone di protezione che permettono, tra un’oasi faunistica e un’altra, l’osmosi della fauna, la migrazione delle fauna in modo tale che la pressione venatoria non isoli le presenze faunistiche e anche i ripopolamenti siano più efficaci. Noi in quest’aula abbiamo tante volte sentito parlare della necessità di mettere in rete i parchi, di costruire reti in vari settori, in vari argomenti, questo del Piano Faunistico è secondo me un momento in cui andava ben spesa questa tendenza a mettere in rete. Non è stato fatto con decisione, secondo me poteva essere invece un elemento qualificante che distingue un po’ la relazione enciclopedica che in qualche passaggio di questo Piano si vede con chiarezza, vedi le schede della fauna presenti nella Provincia di Milano, quindi il voler presentare anche e affrontare in maniera decisa i corridoi faunistici sarebbe stato più qualificante per questo Piano.” Nel frattempo sono usciti dall’aula i Consiglieri Accame, Del Nero, De Nicola e Musciacchio. (presenti 32) Consigliere Gaiardelli: “Parto da un dato che abbiamo già discusso anche quando abbiamo parlato del Piano Agricolo provinciale, cioè la Provincia di Milano ha oltre il 50% delle sue aree sottratte alla naturalità e all’agricoltura. Quindi è una Provincia che è fortemente antropizzata, densamente abitata, infrastrutturata, dove quindi la sostenibilità è un obiettivo difficile, difficilissimo da raggiungere, in particolare all’interno della pianificazione faunistico venatoria. Anche perché la caccia è un’attività a forte impatto sull’ambiente, non voglio dare giudizi ideologici rispetto al tema caccia, ma mi limito a farne una valutazione di buonsenso e dico che essendo un’attività a forte incidenza, richiede spazi ampi, richiede regolamentazione all’interno di quello che è il prelievo venatorio, anche per non compromettere le specie, la conservazione delle specie. Si capisce credo da questi dati numerici, da questo fatto, che il 50% della nostra Provincia è sottratto alla naturalità, si capisce come sia difficile stendere un Piano Faunistico indirizzato verso la sostenibilità ambientale, perché la strada della sostenibilità si percorre in primo luogo attraverso la conservazione e la difesa del territorio, anche dall’urbanizzazione che è poi anche la difesa delle diversità ambientali, che peraltro è contenuta all’interno del Piano, perché nel Piano si parla anche di miglioramenti ambientali, pensiamo alla formazione di zone boscate, di zone umide, il mantenimento di prati stabili, il mantenimento in alcune zone di zone incolte, quindi il mantenimento di una diversità anche nella coltivazione dei suoli. Dicevo, la sostenibilità si raggiunge sì attraverso il mantenimento e la difesa del territorio ma anche sottraendo alcune zone alla caccia e queste zone devono essere in numero e dimensioni adeguate per permettere la riproduzione della fauna. Io credo che all’interno di questo Piano si sia cercato, perlomeno rispetto al Piano precedente, di apportare un miglioramento anche sotto questo punto di vista, perché si passa da un 22% del territorio tutelato ad un 25% del territorio agrosilvopastorale tutelato. Si raggiunge la sostenibilità poi anche attraverso la costruzione della rete ecologica. Condivido in parte l’intervento del collega Lombardi, il tema della rete ecologica è un tema che dovrà essere sicuramente affrontato nei prossimi anni, nei prossimi Piani. Purtroppo, quello che noi abbiamo di fronte in termini di pianificazione territoriale provinciale è un Piano Territoriale di Coordinamento dove la rete ecologica è semplicemente una serie di linee tirate, non dico a caso, ma dove a volte queste linee di rete ecologica coincidono con le linee delle infrastrutture principali. Quindi, già da questo aspetto si capisce come possa essere una rete ecologica di difficile attuazione. 41 In questo Piano però in parte questo tentativo è stato fatto, e dobbiamo dire che ci sono delle zone del territorio della Provincia di Milano dove questa rete ecologica è meglio leggibile, come nella parte sud del territorio, e delle parti del territorio provinciale dove questa rete ecologica probabilmente deve essere infittita, penso alle zone dell’est e dell’ovest milanese, ben più difficile pensare di infittire la rete ecologica nel nord, nella Provincia di Monza e Brianza, dove gli spazi non urbanizzati sono rimasti pressoché nulli. Credo che il tema della rete ecologica sia uno dei temi che debba essere affrontato nei prossimi anni e non solo dal settore caccia ma da tutto il settore della pianificazione territoriale e deve restare al centro della nostra agenda politica. Devo dire che all’interno di questo Piano, dal nostro punto di vista ci sono dei significativi miglioramenti. Credo sia significativo anche il fatto che l’Assessore abbia ricevuto l’apprezzamento delle associazioni ambientaliste. Io credo che un Piano ben strutturato, in fin dei conti fa bene alla fauna ma fa bene poi anche ai cacciatori. Se andiamo a leggere i dati dell’immissione della fauna di questi anni, scopriamo che nella nostra Provincia si immettono 30.000 fagiani ogni anno e pressoché nessuno di questi animali arriva alla successiva stagione di caccia. Si immettono 12.000 starne e ¾ di questi animali non arriva neppure all’inizio della stagione di caccia. L’idea dell’immissione, della reintroduzione della fauna dovrebbe costituire l’ultima strategia di intervento, mentre la vera strategia di intervento è quella di permettere la colonizzazione del territorio da parte dei nuclei selvatici. Concludo dicendo che ci sono degli elementi sicuramente di novità all’interno del Piano. Ci sono, ne siamo coscienti, l’abbiamo dibattuto anche in commissione, alcuni elementi che dovranno essere costruiti anche nei prossimi anni. C’è, ad esempio, la questione della rete ecologica che deve essere infittita, però non possiamo coscientemente pensare di lasciare la ricerca della soluzione di questo difficile problema solamente in mano all’assessorato dell’Assessore Grancini, ma è un problema di pianificazione territoriale. C’è a nostro parere anche da costruire, sempre di concerto con il settore della pianificazione, un migliore rapporto tra quelle che sono le aree dei parchi e in particolare dei Plis e le zone di non caccia. Purtroppo, per legislazione, all’interno dei Plis, che sono i parchi locali di interesse sovracomunale, è oggi permesso di cacciare, mentre sappiamo che questi parchi vengono costituiti in genere proprio per favorire anche la fruibilità delle persone, dei cittadini e quindi le due attività sono chiaramente tra loro in contrasto. E’ anche per far fronte a questo tipo di problemi che abbiamo poi preparato un ordine del giorno da collegare alla deliberazione, che riguarda il Parco del Bosco del Roccolo, cui faceva riferimento il Consigliere Lombardi, quindi non è vero che la Provincia si è dimenticata di questo problema, che ci è stato sollecitato dalle Amministrazioni locali. In commissione l’Assessore ci ha spiegato che ha chiesto all’ambito territoriale di caccia di far fronte a questo problema, costituendo una zona di ambientamento e rifugio. A noi sta bene questa scelta dell’Assessore, ma vogliamo fare qualcosa di più, però lo vogliamo fare con un atto ufficiale del Consiglio provinciale, quindi vi chiediamo di votare anche l’ordine del giorno collegato alla delibera, in modo tale che questo impegno dell’Assessore diventi anche un impegno nostro di verifica perché questa zona di tutela venga costituita.” Presiede il Presidente del Consiglio Ortolina. Presidente del Consiglio: “Prima dell’approvazione della delibera sul Piano Faunistico Venatorio metterò ai voti l’ordine del giorno che ha illustrato testè il Consigliere Gaiardelli.” 42 Consigliere Albetti: “Solo per una dichiarazione di voto, collegata anche all’ordine del giorno. Io sono sempre più insofferente al fatto che ogni volta che c’è una delibera o c’è un Piano da approvare, questo debba essere legittimato, supportato, ecc., da un ordine del giorno. Anche perché in questo caso mi sembra davvero inutile, perché nella delibera che noi andiamo ad approvare c’è scritto: considerato che si rende necessario fare istituire a Milano ovest una zona di ambientamento e rifugio presso il Bosco del Roccolo, come da cartografia allegata. Noi andiamo a fare un ordine del giorno in cui diciamo: auspichiamo che questo avvenga. Cioè, c’è sempre qualcuno che deve mettere qualcosa in più. Comunque, al di là di questa sottolineatura che spesso io faccio, perché altrimenti non si comprende, siccome stiamo parlando di caccia, come mai il capo Gruppo Gaiardelli fosse così favorevole a questo Piano, perché di solito ai Verdi, quando si parla di caccia, si raddrizzano i capelli. Infatti, all’interno dei parchi c’è sempre questa lotta tra chi non vuole far fare la caccia, quindi vuole sottrarre sempre di più territorio alla possibilità di cacciare e chi invece, i cacciatori, vorrebbe aumentare questa possibilità. Non ci resta che, come ha detto il Consigliere Lombardi, dare un consenso per l’operato svolto dagli uffici, dall’Assessore, nella stesura del Piano. Noi vorremmo che siano a questo punto i cacciatori a dire se questo Piano va bene o no, per cui noi saremmo per un voto di astensione sull’ordine del giorno, se sarà apprezzato lo diranno quelli che sparano. Nella mia esperienza di Consigliere proprio in quest’aula ho assistito a delle battaglie trasversali ai partiti, perché quelli che sparano quando devono difendere la loro categoria non ci sono partiti che tengano, siccome constato che di cacciatori qui non ce ne sono, e non lo sono nemmeno io, dico che il Piano Faunistico lo verificheremo nella sua attuazione. Noi, pur apprezzando il lavoro svolto, diamo un voto di astensione e chiediamo ai sottoscrittori dell’ordine del giorno di ritirarlo, perché ci sembra inutile quando l’oggetto è già compreso all’interno della delibera.” Presidente del Consiglio: “Scusi Consigliere Gaiardelli, rispetto a questa richiesta? Lo dica formalmente al microfono.” Consigliere Gaiardelli: “Non ritiriamo l’ordine del giorno. Anzi, quello che diceva il Consigliere Albetti è in contrasto con quanto diceva il Consigliere Lombardi. Noi abbiamo aggiunto un impegno per l’Assessore, nel caso in cui questa zona non venisse attuata dall’ambito territoriale di caccia, trasferiamo questo impegno all’Assessore e quindi vogliamo farci carico come Consiglio provinciale dell’istituzione di questo Parco e di questa zona di difesa.” Presidente del Consiglio: “Il Consigliere Lombardi è stato tirato in causa, pochissimi minuti per favore.” Consigliere Lombardi: “Solo per dire che in realtà non esiste nessun contrasto, soltanto che la mediazione di cui io parlavo, quindi la decisione conseguente della Provincia, secondo me deve venire a seguito di un incontro formale, fatto magari in commissione ambiente, tra le due parti in causa, quindi le associazioni dei cacciatori della zona e le associazioni ambientaliste della zona. Questo argomento è stato affrontato in commissione anche con qualche spigolatura, secondo me ha bisogno di approfondimenti. Quindi la mediazione, secondo me, deve essere fatta in commissione.” Consigliere Frassinetti: “Per dichiarazione di voto. Anch’io, a nome del Gruppo di Alleanza Nazionale, mi asterrò sull’ordine del giorno, con delle considerazioni di tipo 43 procedurale che condivido e che vanno ad uniformarsi con quelle fatte dal Vice Presidente del Consiglio Albetti poc’anzi. Credo che sull’argomento ci sia comunque una volontà di trovare un equilibrio, anche se questo conflitto che da sempre esiste tra un’anima verde ambientalista e le necessità dei cacciatori, che pure sono numerosi in queste aree, andrà prima o poi ricomposto con un giusto equilibrio. Ringrazio l’Assessore perché la documentazione vedo che è molto nutrita e tecnicamente e facilmente leggibile, che non è una cosa semplice in un argomento del genere. Ritengo che questo ordine del giorno potesse già considerarsi contenuto nella delibera, ma visto che il Presidente della commissione lo vuole mantenere, il voto di A.N. sarà l’astensione.” Assessore Grancini: “Ho voluto specificare prima, così come è previsto nella delibera, che per quanto riguarda il Parco del Roccolo abbiamo raggiunto un accordo sia con le rappresentanze delle associazioni venatorie, per cui anche i cacciatori, sia con le Amministrazioni comunali e con le associazioni ambientaliste che chiedevano l’istituzione di questa oasi, tenendo conto che questa oasi non è una roba nuova, sta dentro in un parco, quello del Roccolo, che per l’80% è già zona di ripopolamento e cattura, cioè una zona dove non si caccia. Si è istituita all’interno del parco, vicino a questa cascina particolare, dove fanno attività di un certo tipo, frequentata da bambini, ecc., un’oasi di 25 ettari. Avendo raggiunto l’accordo, per la massima fiducia che ho sempre nei confronti delle persone, non ho voluto inserirla all’interno della deliberazione di questo Piano, ma ho dato fiducia all’ambito territoriale caccia che può istituirla. Però, ho inserito nella delibera che qualora l’ATC non la attuasse, è facoltà della Giunta di farlo, tenendo conto che è previsto dalla L.R. 93, all’art. 20, comma 5. Per cui, massima fiducia, però se loro non la attuano entro i primi di settembre, chiaramente la Giunta, non di surroga ma essendo facoltà, istituisce questa oasi. L’ordine del giorno, certo, è una spinta a far sì che la Giunta lo faccia, se lo vuole mantenere il Presidente Gaiardelli ne ha facoltà, nel senso che il Consiglio è sovrano in questo senso, però è molto chiara la delibera. Volevo aggiungere solo una cosa per chiarezza, sui corridoi ecologici. Noi abbiamo inserito tutti quelli che sono previsti dal Piano Territoriale. E’ il Piano Territoriale che decide i corridoi ecologici. Certo, da adesso in avanti, sulla base delle esigenze o delle scelte di Piano, ci saranno tutti gli studi finalizzati a far sì che questi vengano inseriti all’interno della nostra scelta faunistica. Finisco dichiarando, dopo aver letto la lettera sul nostro Piano Faunistico delle associazioni ambientaliste, che ringraziano pubblicamente e ciò dovrebbe gratificare tutti, che il Comitato Tecnico di cui facevano parte anche tutte le associazioni venatorie l’ha approvato, pur affermando: ancora una volta ci avete ridotto il territorio ad uso della caccia, perché dal 23 siamo al 25%. Detto questo, anche loro hanno approvato, così come è stato presentato, il Piano Faunistico, per cui vi è un consenso di massima e per questo ringrazio ancora sia i tecnici che la commissione stessa che ci ha aiutato, nell’esame della deliberazione, a fare gli aggiustamenti che ci erano stati richiesti in fase di consultazione.” Dopodiché, chiusa la discussione il Presidente del Consiglio sottopone ai voti del Consiglio il seguente ordine del giorno: OGGETTO: Ordine del giorno presentato in data 12 luglio 2005, primo firmatario il Consigliere Gaiardelli, per chiedere l’istituzione della zona di ambientamento e rifugio del Bosco del Roccolo. (Collegato alla delibera di approvazione del Piano faunistico venatorio 2005/2009). 44 IL CONSIGLIO PROVINCIALE DI MILANO in adunanza 12 luglio 2005 approvando il Piano Faunistico Venatorio 2005/2009 presentato dalla Giunta Provinciale; PREMESSO che la Legge stabilisce che le Province devono predisporre appositi piani faunistici venatori al fine della conservazione della specie animale e al miglioramento ambientale; RICORDATO che i piani faunistici venatori definiscono anche le zone del territorio destinate a tutela; ASCOLTATA la relazione dell’Assessore Grancini; CONDIVISA la necessità che sia utile l’istituzione di una nuova zona a tutela per il Parco del Roccolo, tra i comuni di Busto Garolfo, Canegrate e Parabiago, anche al fine di garantire le condizioni di sicurezza e l’incolumità dei cittadini, i quali sono abituali fruitori della zona durante il tempo libero e quindi tale attività è incompatibile con l’attività venatoria; CHIEDE che venga istituita dall’ATC n.2 Milano Ovest una zona di ambientamento e rifugio, presso il Bosco del Roccolo tra i comuni di Busto Garolfo, Canegrate e Parabiago; IMPEGNA l’Assessore Grancini a verificare la realizzazione, o qualora 1’Ambito Territoriale di Caccia non provveda, alla istituzione, della zona di ambientamento e rifugio del Bosco del Roccolo, prima della nuova stagione venatoria 2005/2006. Il Presidente del Consiglio dà inizio alla votazione con sistema elettronico; terminate le operazioni di voto, dichiara approvato l’ordine del giorno con ventitré voti a favore e cinque astenuti (Vice Presidente del Consiglio, Albetti e Consiglieri Dapei, Esposito, Frassinetti e Lombardi); non partecipano al voto i Consiglieri Bruschi, Censi, Gavazzi, Guerra. Il Presidente del Consiglio dà atto del risultato della votazione. 45 Il Presidente del Consiglio sottopone quindi ai voti del Consiglio il provvedimento proposto dalla Giunta. Il Presidente del Consiglio dà inizio alla votazione con sistema elettronico; terminate le operazioni di voto, dichiara approvata la deliberazione con ventiquattro voti a favore, cinque astenuti (Consiglieri Albetti, Dapei, Esposito, Frassinetti e Lombardi); non partecipano al voto i Consiglieri Bruschi, Censi e Gavazzi. Il Presidente del Consiglio dà atto del risultato della votazione. Il Presidente del Consiglio, stante l'urgenza del provvedimento, propone di dichiarare la presente deliberazione immediatamente eseguibile, ai sensi dell'art. 134, comma 4, del D. lgs. 18 agosto 2000, n. 267. La proposta risulta approvata con venticinque voti a favore; non partecipano al voto i Consiglieri Bruschi, Casati, Censi, Esposito, Frassinetti, Gavazzi e Lombardi. Dopodiché, il Presidente del Consiglio pone quindi in votazione lo: ARGOMENTO N. 44 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Approvazione dei processi verbali delle adunanze consiliari del 18 e 25 novembre, 2, 9, 14 e 16 dicembre 2004. Il Presidente del Consiglio dà inizio alla votazione con sistema elettronico; terminate le operazioni di voto, dichiara approvati i processi verbali con ventinove voti a favore; non partecipano al voto i Consiglieri Bruschi, Censi e Gavazzi. Il Presidente del Consiglio dà atto del risultato della votazione. Dopodiché, alle ore 22.00 del 12 luglio 2005, il Presidente del Consiglio toglie la seduta e significa che il Consiglio è convocato per il giorno 14 luglio 2005. Del che si è redatto il presente verbale che viene come in appresso sottoscritto. IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO (Vincenzo Ortolina) IL SEGRETARIO GENERALE (Antonino Princiotta) 46