rubrica d i Urnberto Serafini Sveglia ! Le immagini di questo numero di "Comuni d'EuropaMprendono manifestamente spunto dal breve articolo sulla mostra sul Caravaggio ed i caravaggeschi, pubblicato all'interno del giornale. Da Caravaggio, uomo tra gli uomini, interprete della realtà, le ragioni per il nascere della pittura moderna, affermatesi in poche stagioni in tutta Europa. In copertina: "Fanciullo morso do uo ramarro" Sopra: "Bacca adolescente" Chiaroscuro didlmberto Serafini Parlamentari europei, siamo solo all'inizio di un cammino comune 3 di Roberto Di Giovon Paola Novità in vista per il 2000-2006 4 di Silvana Paruolo Un pilota in città L!IFrar-B~rhin c ~ n n ~e t o r r -- 6 -p La donna è un raggio di luce divina di Renota M o t t i Donne democratiche d'Algeria di Molika Bnussouf - 2' 8 Caravaggio, maestro della pittura europea di Bonienico Truili Sistema federale di comunicazione di Flnuio S o n t i W n n o Interculturalità e comprensione di G i n n f r ~ ~ i cMortini o L1 13 Chi più di mezzo secolo fa era un militante per gli Stati Uniti d'Europa, calato nella realtà odierna italiana ed europea dovrebbe concludere c h e il vecchio obiettivo è s t a t o abbandonato: ormai si cerca di creare un assetto europeo che, con alcune integrazioni dov u t e ai tempi, assomiglia al bello sforz o di resuscitare l'Europa del 1 9 1 3 . L'Europa intergovernativa e niente aff a t t o sovranazionale imperversa e 1'Euro, invece di suscitare autentiche istituzioni sovranazionali, congrue ai problemi sovrastanti, ha scatenato una invadenza ossessiva dei capi di S t a t o e di governo (e dei capi di partito), che n o n lasciano il più piccolo spazio alla costruzione federale. Questo sul terreno squisitamente politico: d o p o la realizzazione dell'Euro (il quale gestisce una sua sovranità incontrollata, che o w i a m e n t e n o n p u ò durare più che t a n t o ) perfino i consigli del Piano Delors veng o n o ricordati con un sorriso, mentre nella Comunità n o n si realizza neanche una politica macroeconomica comune; nel frattempo si affida (per m o d o di dire) la politica estera e di sicurezza dell'unione europea a u n o sconosciuto (circa le questioni s t r e t t a m e n t e europee), c h e sarà controllato dalle burocrazie dei Ministeri degli Esteri di quindici paesi, il cui compito professionale e quello di sabotare ogni proposta di effettiva sovranazionalità. Secondo q u a n t o diceva u n t e m p o Spinelli, una situazione come l'attuale è tutta obiettivamente conservatrice, anzi reazionaria, sia gestita da partiti nominalmente di destra o di sinistra ( t u t t i legati al passato), mentre il partito progressista (quel partito di cui parlano a sproposit o t a n t i presunti "statisti") dovrebbe consistere oggi (nomi a parte, che non ci interessano) in un partito che difenda gli interessi del popolo europeo a livello sovranazionale, partendo da istituzioni che l o stesso Parlamento europeo esita a riproporre, d o p o l'exploit di Altiero nel 1 9 8 4 , s e g u i t o d a q u a l c h e modesta imitazione e poi dal nulla. Ma una cattiva situazione, dovuta a una classe politica di uomini nati vecchi, p o t r e b b e avere c o m e contraltare una cultura, un'organizzazione dei mezzi di comunicazione, una scuola, orientati a quegli obiettivi c h e h a n n o mosso alcuni di noi da ragazzi, q u a n d o dicevamo "bisogna a b b a t t e r e il fascismo ( o il nazismo) e creare fra gli Stati d e m o c r a t i c i la F e d e r a z i o n e e u r o p e a , cioè gli Stati Uniti d'Europa''. Viceversa [cito alla rinfusa) storici, giornalisti, Comuni d'Empa insegnanti, editori, ecc., n o n a i u t a n o in nessun m o d o la nostra critica e n o n solo n o n s o n o federalisti, ma (restiamo in Italia: un'altra volta allargheremo il discorso) assai spesso non h a n n o neanche digerito la cultura, gli orientamenti morali, la speranza di un futuro che n o n s i a n o ancora l a r g a m e n t e d i p e n denti da u n fascismo più o m e n o "buonista". Oggi c o m e o g g i la scuola italiana (attacchiamo subito il tema più penoso) n o n è più neanche quella che ancora in buona parte soprawiveva durante il fascismo: n o n si l e g g e più il libro "Cuore", ma neanche si fa il tifo per i personaggi u m a n i dei "Miserabili" di Victor Hugo, n é si legge il "Viaggio in Italia" di Goethe, n é si partecipa sentimentalmente alla poesia e all'azione di Byron in occasione del ricordo di u n o sconosciuto, un certo Santorre di Santarosa. Ma c'è di peggio: avendo accusato il Ministro della Pubblica Istruzion e di trascurare l'educazione europea dei nostri ragazzi, e avendogli suggerit o di far si che si diffonda nelle nostre scuole, c o m e negli a n n i c i n q u a n t a o sessanta, "11 mio granello di sabbia" di Luciano Bolis (ora tradotto in francese e letto nelle scuole francesi) o il racc o n t o degli eroici giovani tedeschi della "Rosa Bianca" - democratici e federalisti, tutti decapitati da Hitler -, scritto in un commovente libretto c h e girava nelle nostre scuole, con prefazione di Parri, in una cortese lettera di risposta il Ministro, col gusto evidente di una b a t t u t a , sosteneva c h e n o n p u ò fare l'editore perché n o n è il suo mestiere. Ma c h e dire della g r a n d e c u l t u r a delle nostre università e delle nostre riviste? della ventilata dedica a Bottai di una piazza di Roma? E del "distacco", non contrario ma indifferente o "pigro", di editori "impegnati"? Un editore non secondario ha nel suo deposito un libro straordinario, "L'italiano in Europa" di Gianfranco Folena, che dimostra come la migliore Italia ha contribuito a porre i f o n d a m e n t i della migliore E u r o p a , contrariamente alla contraffazione degli storici nazionalisti e fascisti: se Einaudi n o n fosse diretto da gente pigra o distratta, n o n manderebbe al macero le ultime copie di q u e s t o libro fuori del comune, ma lo ristamperebbe con un'introduzione che n e spiegasse la eccezionale attualità, perché - contrariamente agli euroscettici - fare la Federazione europea non è seguire l'Europacontinua a yog. 15 novembre 1999 Parlamentari europei, siamo solo alllinizio di un cammino comune di Roberto Di Giovan Paolo Cosa si p u ò chiedere di più al primo impatto di un incontro, a d u e riprese, con la metà dei parlamentari italiani in Europa e per di più anche (in maniera casuale: ci cenava accanto) con il Presidente della Commissione Prodi e il suo staff? C'è stato l'entusiasmo, la disponibilità, la scoperta (da parte di alcuni) o la riscoperta (da parte di altri) del ruolo dell'Aiccre, del Ccre e degli enti locali e regionali in genere. C'è stata la richiesta di rapporti più frequenti, di favorire gemellaggi e cooperazione, la disponibilità a lavorare a favore delle istanze delllAiccre e del Ccre in seno al Parlamento Europeo. la necessità di istituzioni più forti, di un confronto vero in Parlamento; di una reciproca comprensione politica [che non vuol dire assenza di conflitto) tra Parlamento e Commissione, e ancor di più rispetto ai Governi nazionali. Questo significa c h e presto a n c h e questi parlamentari europei avranno argomenti per comprendere che il Trattato di Amsterdam va riformato, dando ali al progetto politico europeo attraverso istituzioni politiche più forti e significative. E l'altra faccia della medaglia, lo abbiaino detto con chiarezza ai nostri parlamentari, è quella della Costituzione Europea. Che non è un feticcio. Che non è una fissazione dei federalisti europei. E la strada, l'unica, attraverso cui le istituzioni europee possono andare oltre l'accusa di essere solo euroburocrazia o solo tecnocrazia. Che Parlamento sarebbe quello dove il cittadino conta solo quando vota, una volta ogni cinque anni? Con quale autorità un Parlament o ed i suoi parlamentari possono parlare ai loro cittadini e al resto del mondo se la sovranità del popolo europeo vale solo per pochi secondi dentro la cabina elettorale? Personalinente, avendo proposto di dare vita alla Consulta dei parlamentari europei secondo la visione statutaria dell'Aiccre, sono stato molto contento di questa opportunità, attraverso la quale la nostra Associazione ha potuto ribadire che il nostro interesse all'Europa n o n è casuale o legato solainente all'evento. Che noi non ci dimenticheremo del ruolo dei parlamentari europei, e l i seguiremo, in questi anni di attività, passo passo, monitorando ed aiutando, proponendo e mettendoci a disposizione per la nostra esperienza continua, per i contatti europei tradizionalmente nostri, per una battaglia di idee e di fatti per una Europa unita, s o t t o i punti di vista non solo dell'economia, ma anche del sociale e del politico. C'è consapevolezza di essere ad un punto di non ritorno in Europa? Diciamo che nei circa 40 (tanti erano presenti) parlamentari europei che rappresentano l'Italia abbiaino trovato entusiasmo e voglia di fare; solo in alcuni dawero la consapevolezza delle sfide future. Ma già le prime sessioni di lavoro hanno fatto comprendere novembre 1999 Ecco, se ancora non c'è la dovuta attenzione al disegno complessivo della Carta Costituzionale Europea, si può dire invece che il rapporto con le radici del proprio mandato è stato cornpreso ed ha smosso attenzione e possibilità di iniziativa futura. Per tutte queste ragioni, l'incontro di Strasburgo è stata una pagina buona dell'Aiccre, ma, come abbiamo detto, è anche solo una pagina introduttiva di un libro tutto da sfogliare, magari anche utilizzando queste nostre pubblicazioni per suggerire, proporre, confrontare e soprattutto ospitare scritti e pensieri. rna speriamo soprattutt o fatti, dei parlamentari europei eletti dall'ltalia. comuni d'Empa 3 Novità in vista per il 2000-2006 di Silvana Paruolo Ai primi di ottobre 1 9 9 9 - primo fra i 1 5 Paesi membri dell'unione - l'ltalia ha (dopo concertazione partenariale delle autorita locali e delle parti sociali) contestualmente presentato: a ) il Piano naz.ionale di sviluppo del Mezzogiorno ( n e è titolare il Ministero del bilancio, tesoro e programmazione economica\, che - se t u t t o va b e n e - diventerà QCS (Quadro Comunitario di Sos t e g n o ) 2 0 0 0 - 2 0 0 6 , O b i e t t i v o l , nel marzo del 2000; b) i Programmi Operativi (PO) di attuazione del QCS 2000-2006, Obiettivo 1 : 7 P 0 regionali (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) e 7 P 0 multiregionali, per un tot a l e di 1 4 P 0 ( c o n t r o i 5 0 della Programmazione 1994- 1999). 1 programmi nazionali riguardano: Ricerca scientifica, tecnologica e alta formazione; Scuola; Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorn o ; Sviluppo imprenditoriale locale; Trasporti; Pesca; Assistenza tecnica. Ora sta per essere a w i a t a una valutazione dei loro contenuti da parte della Commissione europea, c h e s e lo riterrà opportuno p u ò presentare proprie osservazioni e proposte di modifiche da negoziare - nel giro di cinque mesi - con lo S t a t o italiano e le amministrazioni competenti. E sulla base degli esiti di q u e s t o negoziato, c h e la Commissione e u r o p e a d e c i d e r à i l QCS 2 0 0 0 - 2 0 0 6 , Obiettivo 1 e i relativi P 0 (Programmi Operativi). Successivamente (presumibilmente d o p o marzo 2000), si passerà alle fasi di implementazione, coordinamento e sorveglianza. Le competenti autorita nazionali dovranno adottare i "Complementi di programma", nuovi dettagliati d o c u m e n t i di a t t u a z i o n e c h e n o n d e v o n o essere formalmente adottati dalla Commissione europea, anche se questa resta libera di fare delle osservazioni (in merito) nel quadro del partenariato. Le arnministrazioni titolari della gestione dei programmi dovranno avviare le misure previste anche dai regolamenti comunitari (adeg u a t o piano di informazione, pubblicità e divulgazione dei c o n t e n u t i dei prog r a m m i ; bandi di g a r a ; dispositivi per raccolta dati ecc.) per l'attuazione dei programmi. Ogni QCS e ogni P 0 sarà seguito da un Comitato di sorveglianza. E i residui della p r o g r a m m a z i o n e 1994-1 9 9 9 ? Gli stati membri h a n n o 2 anni di t e m p o per completare le spese i m p e g n a t e dai Piani di f i n a n z i a m e n t o già in vigore alla fine del 1999. 11 che significa c h e q u e s t e risorse a n d r a n n o spese entro la fine del 2001: e c h e le possibilità di riprogrammazione e rimod u l a z i o n e delle risorse n o n s p e s e nei tempi previsti finiranno col 1999. Per q u a n t o riguarda l ' o b i e t t i v o 2, c'è da regionalizzare le aree, beneficiarie degli aiuti comunitari. In merito, il primo ottobre 1 9 9 9 , I'ltalia ha present a t o una propria proposta di aree dell'ltalia Centro-Nord, candidate all'obiettivo 2. Sulla base di questa proposta, è s t a t o a v v i a t o u n n e g o z i a t o c o n la Commissione europea. comandazioni vanno colmate con gli interventi del FSE 2000-2006. Per scelta volontaria di alcune amministrazioni, col Piano s o n o stati contestualmente presentati alcuni dei 1 4 Programmi operativi regionali attuativi del QCS 2000-2006, Obiettivo 3. Sono le 1-4 regioni italiane del Centro-Nord, incluse l e p r o v i n c i e a u t o n o m e di B o l z a n o e Trento. Gli interventi del FSE nelle 7 reg i o n i del M e z z o g i o r n o r i e n t r a n o nel QCS 2000-2006, Obiettivo 1 . A t t u a l m e n t e , per q u a n t o riguarda l'obiettivo 3 , I'ltalia ha presentato alla Commissione europea u n P i a n o nazionale per l'obiettivo 3 (di cui è titolare il Ministero del lavoro) per le sole Regioni del Centro-Nord, c h e diventerà d o p o u n negoziato di c i n q u e mesi tra la Commissione europea e le c o m p e tenti autorità italiane - il QCS 2 0 0 0 2006, Obiettivo 3. P i a n o e QCS spiegan o le azioni concrete in cui tradurre le s c e l t e s t r a t e g i c h e . La l o r o m e s s a in opera è invece illustrata nei Programmi operativi (POI e nei successivi Complementi di programma. Sulla base della nuova normativa comunitaria (art. 1 3 del nuovo Regolament o generale), il Piano, predisposto dall'lsfol, è attualmente sul p u n t o di essere analizzato dalla Conferenza Stato-regioni e dal Cipe, prima di essere presentato all'Ue, e costituisce - tra l'altro - "per l'insieme del territorio ' n a z i o n a l e , u n Quadro di riferimento in materia di svil u p p o delle risorse u m a n e " , cui d e v e c o n f o r m a r s i a n c h e l ' o b i e t t i v o 1 : in realtà, il Piano-Obiettivo 3 ed il Quadro di riferimento s o n o di d u e d o c u m e n t i distinti. 11 Piano/Quadro, costituisce una specie di papà "strategico", sia per il QCS Obiettivo 1 sia per il QCS Obiettivo 3, che fissa le strategie uei Fondi comunitari a livello nazionale, per i nuovi campi di azione del FSE 2000-2006 (lstruzione, Formazione e Occupazione/Lavoro). È u n documerito politico in cui si analizza (alla luce del J o i n t Employement Report 1999) sia come viene realizzata a livello nazionale la strategia europea per l'occupazione [i NAP), sia la c o e r e n z a tra NAP e gli interventi dei Fondi comunitari nei settori FSE. 11 Sesto Rapporto periodico sulla situazione e l'evoluzione socio-economica delle regioni dell'unione europea (febbraio 1999) ha sottolineato che, benché siano constatabili dei progressi, il problema della coesione regionale resta notevole, nella misura in cui l'efficacia dei Fondi strutturali dell'Ue dipende da altri fattori, quali - ad esempio - b u o n e politiche macro-economiche e altre, al livello nazionale e di struttura dell'attività economica, nella regione in causa. Dal Rapporto, i fattori che sottendon o o c h e o s t a c o l a n o la competitività (intesa quale capacità di una regione a stabilire, q u a n d o è esposta a una competizione esterna, livelli relativamente alti di occupazione e di reddito) vengon o individuati in: scarto tecnologico, ripartizione settoriale delle Pmi, investim e n t o diretto estero, infrastrutture di trasporto, scarsa disponibilità di energia, disparità di capitale u m a n o , fattori istit u z i o n a l i . M o l t o resta q u i n d i da fare, anche in vista dell'allargamento ai PECO (Paesi dell'Europa centro-orientale). Le R a c c o m a n d a z i o n i rivolte dalla Commissione e u r o p e a ai singoli Stati membri e all'ltalia, sulla base del J o i n t Employement Report 1999, saranno alla base del negoziato per QCS Obiettivo 3 : il che significa che, per la Commissione, le lacune italiane evidenziate nelle Rac- Comuni d'Europa Intanto. la riforma dei Fondi strutturali 2000-2006 è stata oramai adottata. E - che si tratti di obiettivi, procedure di prograrnrnazione, gestione e sorveglianza - le novità non mancano. A. La concentrazione geografica e finanziaria è stata ulteriormente rafforzata. Gli obiettivi prioritari passano da 6 (nella programmazione 1994- 1999) a 3: 1 ) lo sviluppo e l'aggiustamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo (regioni in cui il Pil pro-capite è inferiore al 75010 della media comunitaria): in questo obiettivo sono state inserite anche le zone del vecchio obiettivo 6 (regioni molto popolate) e le regioni (ai sensi del Trattato) ultraperiferiche (dipartimenti francesi d'oltremare). Per le regioni attualmente beneficiarie dei fondi che nel 2000 cesseranno di esserlo è previsto un regime transitorio di aiuto. Sono previsti anche due programmi speciali: Peace a favore del processo di pace nell'lrlanda del Nord, e un programma a f2vore di determinate regioni svedesi. L A N U O V A R I F O R M A D E I F O N D I S T R I J T T U R A L I C O M U N I T A R I Il concerto ideale L ) la riconversione economica e sociale d e l l e z o n e in d i f f i c o l t à s t r u t t u r a l e : questo nuovo obiettivo assorbe i vecchi obiettivi 2 (regioni in declino industriale) e 5 b (aggiustamento strutturale delle z o n e rurali) ed è allargato ad altre z o n e ( z o n e urbane in difficoltà, z o n e in crisi dipendenti dalla pesca e z o n e in riconversione fortemente dipendenti dai servizi). La ripartizione indicativa delle risorse è la seguente: 10oio per le z o n e industriali e di servizi, 5% per zon e rurali, 2% per z o n e urbane, loio per z o n e dipendenti dalla pesca. Per le z o n e vecchi obiettivi 2 e 5 b è previsto u n regime transitorio. 3) adattamento e tnodernizzazione delle politiche e sistemi d'educazione, fortnazione e occupazione: questo nuovo obiettivo assorbe gli obiettivi 3 (lotta alla disoccupazione di lunga durata, inserimento professionale dei giovani e delle persone svantaggiate) e 4 (adattamento dei lavoratori ai mutamenti industriali e all'evoluzione del sistema di produzione). P u ò intervenire su t u t t o il territorio comunitario ad eccezione delle Regioni obiettivo 1 . Costituisce il quadro di riferimento in materia di sviluppo delle risorse umane, tenendo conto dei bisogni delle z o n e in riconversione economica e sociale. Le misure del vecchio obiettivo 5a (adattamento delle strutture agricole e di pesca) saranno finanziate nel quadro dell'obiettivo l e per il resto del territorio comunitario dal Feoga-Garanzia (che n o n è un Fondo strutturale ma che c o n t r i b u i s c e alla realizzazione dell'obiettivo 2) e dall'lfop (che è oramai u n Fondo strutturale). B. Una progratnmazione strategica e integrata, semplificazione e decentramen- to. Restano invariati gli strumenti di programmazione: Quadri Comunitari di sostegno/QCS e Programmi operativi/PO (le cui proposte possono essere presentate c o n t e s t u a l m e n t e al p r o g e t t o di QCS o molto più tardi, dopo la sua adozione). Una novità consiste nel fatto che P 0 e DOCUP si limiteranno a definire gli assi strategici, le allocazioni finanziarie e le modalità di messa in opera. Successivamente, spetterà agli Stati o alle Regioni responsabili l'adozione - per ciascun prog r a m m a - di u n nuovo d o c u m e n t o : il "Complemento di programma", che stabilisce in particolare i beneficiari e I'allocazione finanziaria delle diverse misure previste. Altre novità riguardano: concertazion e nel quadro di u n partenariato allarg a t o ; un'unica autorità di gestione per programma; Comitati di sorveglianza in cui la Commissione avrà solo u n ruolo c o n s u l t i v o . Alla C o m m i s s i o n e s p e t t a quindi la sorveglianza dinamica e strategica delle priorità della progratnmazione. AIl'Autorità di gestione spetta la gestione e conformità con gli accordi ragg i u n t i c o n la C o m m i s s i o n e e c o n gli orientamenti del Comitato di sorveglianza. Al Comitato di sorveglianza spetta la s o r v e g l i a n z a della s t r a t e g i a e la s u a e v e n t u a l e revisione. Resta i l principio dell'addizionalità: il che dovrebbe significrare anche coordinamento tra gli istituti di programmazione negoziata italiana e quelli previsti dalle programmazioni di matrice comunitaria. C. Partenariato allargato e approfondito. 11 partenariato (concertazione) istituzionale Ue-Stato-Regioni-Autonomie locali è s t a t o i n t r o d o t t o dalla riforma dei Fondi del 1988. Comuni d'Europa Con la revisione del 1993, tra gli attori della concertazione sono state ammess e a n c h e le parti economiche e sociali (rappresentanti di imprenditori e di lavoratori), ma con un rinvio - circa la loro modalità di partecipazione ai lavori (consultazione o co-decisione?) - alle regole e prassi proprie di ciascun Stato membro. Con la riforma 2000-2006, il partenariato è ulteriormente approfondito [dovrebbe costituire la nortna d u r a n t e t u t t o i l processo: dall'elaborazione delle strategie fino alle valutazioni ex post degli interventi) e ampliato (a organismi attivi sul territorio, o che a t t u a n o azioni s o s t e n u t e dai Fondi strutturali, quali ad esempio parti sociali, associazioni locali, organizzazioni n o n governative ecc. attive in campi quali occupazione, sviluppo sostenibile, pari o p portunità u o m o - d o n n a ecc). 1 Comitati di sorveglianza dovrebbero essere sede istituzionale di concertaz i o n e strategica. Per metterli in grado di funzionare, a mio avviso, oggi più di ieri, sarebbe ora di avviare una riflessione organica in particolare sui p u n t i seguenti: a) la messa a p u n t o di un dispositivo operativo (chi fa cosa, come, q u a n d o e perché?) per u n a vera implementazione delle funzioni di sorvegliana, coordinamento, monitoraggio e val u t a z i o n e ; b ) u n a Assistenza t e c n i c a q u a n d o o p p o r t u n o sistemica, e c o m u n e a più Comitati di sorveglianza (CdS): C) last b u t n o t least, la messa a p u n t o di u n Regolamento i n t e r n o del CdSITipo c h e chiarisca attori, contenuti, metodi e fasi di ciascuna funzione e degli stessi indicatori (dall'ex-ante al monitoraggio alla valutazione ex-post). I L P I L O T A G G I O D E I P I A N I S T R A T E G I C I U R B A N I I N E U R O P A Un pilota in citta di Franqois Burhin e Anne Storz umerose città europee si svil u p p a n o oggi intorno ad una visione politica, articolata a t torno a delle strategie che vengono poi tradotte in piani .di sviluppo. Una delle principali caratteristiche è di allargare il concetto di territorio ad una visione più globale di sviluppo della "Cité". Constatiamo dopo una prima generazione di piani, che è significativo attirare I'attenzione al pilotaggio ed alla valutazione, al fine di conservare gli sforzi intrapresi nel tempo, niirare a tradurre le intenzioni in fatti ed inquadrare la motivazione degli attori. In effetti, iitia delle sfide maggiori dei piani urbanistici è di potere adattarsi ai cambiamenti del contesto e di imparare delle azioni già realizzate. Disporre di un "tableau de bord" evolutivo e concreto e di un sistema di pilotaggio strategico è una delle condizioni sine qua non per u n o sviluppo sostenibile. La Società belga di consulenza degli Enti pubblici OGM ha analizzato alcuni di questi dispositivi di pilotaggio in vari paesi europei (Belgio, Austria, Spag n a , Svizzera) e si p r o p o n e di f a r e i l p u n t o sulla nuova generazione dei piani di sviluppo. Circa 1'80% della popolazione europea vive in città, ciò significa che l'Europa è i l c o n t i n e n t e i l più u r b a n i z z a t o del m o n d o e quindi il problema dell'urbanizzazione è u n o dei temi più significativi dei prossimi anni. Da u n a p a r t e , gli a g g l o m e r a t i u r b a n i c o n c e n t r a n o le difficoltà alle q u a l i è confrontata la società in generale: disoccupazione, tensioni sociali, c o n g e stione, inquinamento, insicurezza. Dall'altra p a r t e , s o n o a n c h e i l l u o g o di creazione della ricchezza e i l centro di sviluppo ciiltiirale e sociale, ed atiche per il cittadino iiii Iiiogo di vita, di lavoro, di consiimo e di divertimento. La strategia è i i i i arte, che suppone l i t i incontro tra iiitiiito ed uso perfetto della tecnica; le decisioni strategiche si prop o n g o n o di acqiiistare e m a n t e n e r e a l u n g o termine uii vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza. Nell'ambito della pianificazione pubblica, è i m p o r t a n t e notare c h e numerose città o regioni h a n n o già a d o t t a t o dei piani di sviluppo da più di 15 anni. Però poche s o n o quelle che m e t t o n o in pratica u n ' azione c o e r e n t e d ' i m p l e m e n t a zione, e troppo spesso il piano rimane u n o strumento temporaneo di affermazione politica. Alcuni esempi europei testimoniano dell'importanza del pilotaggio come leva di sviluppo, ma anche come strumento, per- N mettendo di restaurare la credibilità della politica con la trasparenza ed il seguito a lungo termine doviito al pilotaggio. 11 pilotaggio è diventato setnpre pii] necessario dalla complessità crescente della questione dello sviluppo urbano. In effetti, numerose città m e t t o n o in opera dei piani di sviluppo che comprendono anche varie tematirhe come l'ambiente, la qualità della vita, l'occupazione, lo sviluppo sociale e la solidarietà, la cultura, ecc. Una parte delle regioni o citta analizzate h a n n o o p t a t o nel loro piano per la coordinazione tramite un canale di gestione del territorio, che offre u n o s t r u m e n t o coerente per organizzare lo sviluppo socio-ecotioinico e culturale nell'insieme dei temi che lo riguardano. E il caso di Amsterdatn (Open S t a d ) o di Ginevra (Plati Stratégique], c h e h a n n o d a t o al territorio ed alla gestione lo s t a t u t o di strunietito che federa il loro sviluppo. Itivece, altre città o regioni h a n n o completato qiiest'approccio territoriale con un piano strategico. E il caso di Vienna per esempio (Step]. Altre ancora rendon o coerente il piano strategico attravers o un'affermazione decisiva del loro svil u p p o e c o n o m i c o o ambientale, c o m e Bilbao per il c a m p o economico e Copenhagen per il campo ambientale. Q u e l l o c h e c h i a m i a m o " s p e t t r o " è la vastità di t e m i c h e s o n o ripresi nella p i a n i f i c a z i o n e e c h e d e t e r m i n a poi i metodi di messa in opera e di controllo c h e c h i a m i a m o q u i " p i l o t a g g i o " del piano strategico. 1 pilotaggio ha per obiettivo primario di prolungare nel medio e l u n g o termine il consenso ottenut o all'adozione del piano di sviluppo, e di m e t t e r e " s o t t o pressione" l'insieme degli attori interessati. In altre parole, consiste nel mettere in ordine di battaglia gli attori a secondo dei metodi di management pubblico. Per fare ciò, la prima tappa è di mettere a p u n t o degli indicatori che variano a s e c o n d o dei p i a n i . Q u e s t i i n d i c a t o r i "esterni" permettono sia di tnisurare l'evoluzione del territorio interessato, tramite altri indicatori generali chiamati "di contesto", sia di tenere s o t t o controllo iiiia serie di dati considerati come strategici per lo sviluppo del territorio. Gli indicatori di contesto riguardano generalmente dei campi dove esistono già degli studi statistici disponibili. Si p u ò citare per esempio l'evoluzione demografica, la struttura economica, la sanità, l'educazione, i trasporti, il turismo, ecc. 1 Comuni d'Empa Di solito, questi indicatori sono coiifroiitati a quelli di altre regioni o città, che s o n o considerate come riferimento o com e co~icorrenti,e ciò permette di notare gli sviluppi comparati a livello europeo. Questi indicatori f a n n o parte di iin programma europeo intitolato "Audit Urbano". Altri indicatori di questo tipo s o n o diffusi a livello internazionale. come per esempio tramite "les Comparaisons lnternationales" pubblicato dalla Città di Ginevra, che effettua una cotnparazione della città con 10 altre città o regioni di altri paesi. ccanto a questi indicatori cos i d d e t t i e s t e r n i , esiste atiche u n altro tipo di indicatori chiamati "interni", che servono a misurare lo sforzo concreto degli attori pubblici, ma a n c h e privati, nella realizzazione degli obiettivi definiti nel piano. S o n o chiamati interni perché f a n n o parte del management strategico degli attori locali e s o n o quindi collegati al sistema di animazione, leadership e reporting organizz a t o attorno al piano. Si è constatato, d u r a n t e lo studio delI'OGM, che diverse città s o n o orientate a d iniziare la s p e r i m e n t a z i o n e di tali indicatori. Per ora, la situazione è contrastata tra Bilbao, dove s o n o presenti delle esperienze a n c o r a t e , Vienna c h e deve sempre iniziare. Bruxelles, dove si osserva in questi iiltimi mesi un'esperienza pilota in q u e s t o senso (PRD, Pian o Regionale di Sviluppo), e Amsterdam dove non esistono ancora tracce di questi indicatori. Queste pratiche di management pubblic o riguardano quasi esclusivamente gli attori locali, pubblici, para-pubblici ed in alcuni casi a n c h e privati. Una delle pratiche più comuni è la pratica della contrattualizzazione, che si è sviluppata negli ultimi anni, permettendo di unire gli obiettivi del piano all'interno dei vari organismi pubblici interessati alle politiche settoriali locali (trasporto, alloggio, occupazione, formazione, ecc). B r u x e l l e s p o s s i e d e in q i i e s t ' a m b i t o un'esperienza molto positiva, c h e si traduce in pratica tramite i contratti di ges t i o n e conclusi c o n le a z i e n d e c h e si occupano di trasporto pubblico, di occupazione, ecc. Vengono sviluppati quindi tra l'autorità pubblica - federale, regionale o locale - e le entità convenzionate, che possono essere pubbliche, private o miste. Questa pratica conosce un successo importante in Belgio ed è sicuraniente trasferibile ili iiiimerose realtà europee. A novembre 1999 L ' A L T R A M E T A D E L C I E L O I S L A M I C O La donna e un raggio di luce divina (Rumi, xiii secolo) di Renata Landotti P r e d i c a i r i c i nell'Asia Centrale. Oulema nelle m o s c h e e femminili in Cina. Ostaggi in Afghanistan. Pretesto e alibi in Algeria. Bersaglio del clero oscurantista in Iran. Strumento del sogno rivoluzionario in Libia. Donne al governo il molti Paesi musulmani. Eroine, regine, capipopolo cancellate, se non negate, dalla memoria storica ufficiale. I n Libia, la crisi dell'uomo musulmano è esasperata dalla posizione del colonnello Kadhafi che, ossessionato dalla umiliazione del m o n d o arabo da parte di Israele, si serve dell'emancipazione delle d o n n e musulmane c o m e di un elettroshock che risvegli gli uomini. Le donne, spiegava in un discorso del 1982, devono impadronirsi delle armi maschili "sia delle armi da fuoco che delle armi della scienza, della cultura e della rivoluzione", diventare esse stesse ufficiali per far vergognare quegli uomini che non h a n n o più sangue nelle vene. E n o n è m e n o tenero nei confronti delle "galline da cova", che non pensano ad altro che a farsi ricoprire di seta e d'oro dai loro mariti. Diciassette anni d o p o queste parole, i chiavistelli che tenevano le d o n n e segreg a t e in casa e nell'ignoranza, sotto la tutela di un padre o di un marito, sono ufficialmente, se non di fatto, ormai saltati, nonos t a n t e la forte opposizione da parte del Congresso. 11 codice dello statuto personale garantisce alle d o n n e libiche dei diritti paragonabili a quelli delle d o n n e tunisine, anche se in Libia la poligamia non è ancora stata abolita ufficialmente. L'istruzione femminile, anche nelle zone rurali, è del 96% ma la separazione tra i sessi è ancora rigorosa, e allora l'università funziona anche da luogo privilegiato per trovare marito, alternativo al tradizionale club femminile della moschea di quartiere. La i?iaygior partr dei non-musulmani conoscono della d o n na musulmana solo l'immagine stereotipata di essere passivo e oppresso, soprattutto laddove gli islamici h a n n o conquistato il governo della cosa pubblica. Ma quanti sono coscienti del fatto che, ad esempio, è stata un'assemblea "socialista", "d'avanguardia" e "rivoluzionaria" a votare il codice della famiglia, il "codice dell'infamia", in Algeria. Quanti sanno dell'esistenza dell'egiziana Zeinab Al-Ghazali, pioniera islamica e mitica combattente dei Fratelli Musulmani, avversaria del potere allo stesso titolo degli uomini, nonostante l'ostilità dell'ambicnte profondamente conservatore. Quanti sanno dell'esistenza di Zanàn (Le donne), la rivista iraniana indipendente, fondata da una militante della rivoluzione islamica, e risultato della collaborazione tra d o n n e laiche e musulmane. Donne di vedute diverse, che la fondatrice ha saputo riunire attorno alla rivendicazione della parità dei diritti e della rimessa in discussione dei rapporti sociali tra i d u e sessi al di là delle divergenze ideologiche e culturali. E q u a n t o altro n o n sappiamo del quotidiano impegno sociale, politico, intellettuale delle d o n n e musulmane? Lrr rrliyione musulmana non è più misogina delle altre religioni. Anzi, dal momento che lo spazio dedicato all'uomo e alla d o n n a si basa sulle pratiche del profeta, ossia di un u o m o e non di un dio, i bisogni più primari sono tenuti in considerazion e e trattati con maggiore flessibilità. Il problema della condizione della donna musulmana nasce dall'arbitrarietà dell'interpretazione del testo sacro e dei detti del profeta, come magistralmente dimostrato anche dalla sociologa Fatma Mernissi. Purtroppo si continua ad invocare la legge coranica in n o m e della liberazione della donna e al tempo stesso per giustificare le discriminazioni e gli attentati ai suoi diritti. E la d o n n a è la prima, ma non la sola, a pagare il prezzo della connivenza tra gli islamici, il potere e i movimenti politici. Nell'ardua e dibattuta diatriba sulla separazione tra religione e stato, la questione femminile, più di ogni altro problema, è al centro della lotta per la laicità e per una democrazia diffusa. Un rapido esrrine del panorama politico dei Paesi musulmani potrebbe essere così riassunto: tale Stato, tale islamismo. In effetti sembra esistere una correlazione tra il ruolo riservato dai poteri pubblici alle donne e la posizione in materia da parte delle varie compagini islamiche. In Egitto, esiste una correlazione tra il discorso dei Fratelli Musulmani sulla poligamia e la legge del 1985, che sancisce il diritto da parte del giudice di stabilire se una donna può chiedere il divorzio nel caso il marito decida di prendere una seconda moglie. In Arabia Saudita, esiste una correlazione tra la polizia religiosa, che controlla la moralità delle donne saudite, e i propositi molto conservatori dell'opposizione radicale islamica del paese. In Tunisia, esiste una correlazione tra la relativa moderazion e degli islamici tunisini e il codice di statuto personale emanato nel 1957 che vieta poligamia e interdizione. In Algeria, esiste una continuità tra il F1S che chiede il mantenimento del Codice della Famiglia e il potere che l'ha adottato prima della comparsa del FIS. novembre 1999 L'irruzione delle d o n n e velate nello spazio u r b a n o , dalla Turchia al Marocco, ma anche nelle città europee, simbolizza una tripla rottura veicolata dall'islamismo: rottura con I'lslam tradizionalelfamiglia, con I'lslam ufficiale/stato e con la modernità occidentale. Saranno le donne, laiche e musulmane, con il loro i m p e g n o q u o t i d i a n o e diffuso, sempre più organizzato, sempre più vicino all'elaborazione di un modello femminista che corrisponda al loro specifico, a svolgere u n o ruolo chiave nei cambiamenti delle società post-islamiche che si sono evolut e o si stanno evolvendo in interazione con I'lslam politico. @ i m a Mernissi, D o n n e del Profeta. La condizione femminile ~,%171slam, Ed. EClG, Genova, 1992; a m l o u n , Les f e m m e s d a n s l e d i s c o u r s islainiste, in: es e t lslamisme, Confluences Méditerranée, n. 27 Autom98, Ed. L'Harmattan, Paris; m%* 5 , " ~ u c h i n r Yavari-d'Hellencourt, Le f é m i n i s m e post-islamiste L-. e11 Iran, in: Revue des mondes musulmans e t d e la Méditer* s7az;ée, n. 85-86, Edisud, Aix-en-Provence, 1998; i .W iea * ?*-**A* @-4%ymond Mansour, Plongée d a n s "l'enfer" d e Kadhafi. Trente " -a& d e revolution libyenne, Le Monde, 1/9/1999. Comuni d'Empa L A C O N D I Z I O N E F E M M I N I L E I N U N P A E S E M A R T O R I A T O Donne democratiche d'Algeria di Malika Boussouf Le donne algerine devono fare i conti con la povertà, espressione della violenza economica derivata dal sottosviluppo; devono fare i conti con lo statuto della famiglia votato nel giugno 1984, espressione della violenza di Stato; e devono fare i conti con il terrorismo, espressione della violenza degli integralisti islaniici. Per loro, come per alcuni partiti occidentali di estrenia destra, il posto della donna e la casa e il tempo dedicato al lavoro o alla professione è tempo perso a discapito delle faccende domestiche. Quello clrc .scljur P il tcsro tlcll'iiircrr~crirodi /Lf«likrr B o ~ r s s o ~ ! f irr occo.sioilr dclltr VI1 Cor$crcrrztr tlcllr Citth Ger)iellrrti (le1 n/l~~rliicrrtrrreo(Rrr!lii.sti, rrirrqqio 1999). Mrrlikii Boussoi!/; rrritn irr/rrirc (le1 s u o prii5c. nriirtrccitr~o(li r~iortr,rirll'otto6rc 1993 rlierre rIJ"7(/rrt(r ( / ( I / c o ~ i t ; r r ~ ~ (1r ~5rccr~i i ~ i eper "Alg6ric A c t ~ 1 o l i / 6 " . (/(I 5i (Iirricrrr. Rir~rrriic11c1Y L I O 11rrcsc r /rrr~~r(i cor)rt>irii]i(iro Ma come si spiega che anche le donne che hanno scelto di rimanere in casa non sfuggono alla barbarie dei gruppi islamici armati? Come si spiega che anche le donne che hanno optato per il velo - molto spesso per paura delle rappresaglie dei fondamentalisti religiosi non sono più al riparo dallo stupro o dalla decapitazione? Si spiega con il fatto che l'uso del velo non è che una forzatura per umiliare la donna a beneficio dell'inconscio collettivo maschile. \~?ecirrlrdel rluotirlirirro "Le Soir- d'Algrric", rloi'c rrrttorri i. rcdatrorc crrpo. 111 "Virlrc twc1lrc.e" (Ed. Calnrtrrrir Lcrlj.. 1995), si t-rrcc~orirrr(.ori irir(i riuroOiogrr!/io i11 cui rrrtrti~~crso Nirla, il suo rloppio. csl7rirlrc 1'~rylc.iiztr.Iri "ticc~essi/ir(li trsrii?roiiirrrc, cori le prirole c Ic r3rriiir pii/ c.r-irdc, il crrlrlario di l ~ i t t oLiìr prirse". Eppure in Algeria nessuno, assolutamente nessuno, può negare nè dimenticare la partecipazione attiva delle donne alla guerra di libera.sC~tiprcrti(iggiorr (Icr~ro(~t-rrzi~i (~irlilc~, /(i c o r r ~ l i z i o r i c ~ ~ f r ~ ~ ~ ~ ~ ~ i r i i l r , zione nazionale. 11 colonialismo francese non ha liberato la donna algerina, ma l'indipendenza algerina non l'ha certo favorita. La guerra cor~rcci hri coi!fi.rrrroto A.lriliko Bo~~.s.sor!f: iroir P (~(irrihintrr. di liberazione nazionale Iia permesso sì alle donne algerine - almeno a quelle che hanno preso le armi - di trasgredire e di infrangere molti tabù, ma nel 1962 aueste stesse donne, di cui noi siamo le eredi. sono state rimandate a casa ai loro fornelli, sono state tradite all'indomani dell'indipendenza, sono state allontanate da tutti i livelli di potere decisionale. Le alleanze tra il potere, gli integralisti e i conservatori sono sempre state giocate, di fatto, alle spalle delle donne. Lo statuto della famiglia, il cosiddetto statuto dell'infamia, votato nel giugno 1984 dai deputati. uomini e donne. tutti provenienti dal Front de Libération Nationale (FLN, l'ex partito unico), ha ridotto la donna alla condizione di schiava, I'ha schiacciata, I'ha consegnata imbavagliata e con le mani legate alle violenze integraliste. Nono.strrrrrl, i rcccrrti riililriiiirlorti iirtcriii c/ic.friiirio 5l1r~rar-cirr uri(i All'indomani delle elezioni presidenziali del novembre 1995, le donne hanno avuto la confertna che sarebbero rimaste in balia delle forze oscurantiste, forze alle quali aveva ufficialmente aderito il potere, affidando delle cariche di governo agli integralisti islamici. In Algeria le leggi sono fatte dagli uomini e per gli uomini, per i l loro benessere fisico e psicologico: chi è contrario a questa prassi viene automaticamente tacciato di permissivismo nei confronti di una cultura straniera, quella dell'occidente, che potrebbe così infiltrarsi nella cultura arabo-islamica, cioè quella cultura che, sola e in modo esclusivo, dovrebbe regolamentare la società algerina. La Maddalena Mi è stato chiesto tli parlare del ruolo della donna nell'area mediterranea: ho accettato volentieri di esporre il mio punto di vista sull'argomento, ma limitatamente alla mia esperienza di donna algerina. Ci tengo a questa precisazione perché occorre distinguere tra le donne che vivono a Nord e le donne che vivono a Sud del Mediterraneo: infatti le differenze sociali, economiche, ideologiche e politiche tra le d u e rive fanno si che le donne mediterranee possano godere in modo molto diverso dei propri diritti. Da anni esistono associazioni di d o n n e democratiche che si batt o n o su più fronti, mosse da una salda volontà di emanciparsi dalla tutela maschile. Lottano per la difesa dei diritti delle dorine, per la parità dei diritti degli uomini e delle d o n n e davanti alla legge, per l'abrogazione dello s t a t u t o della famiglia o almeno, in un primo momento, per un s u o emendamento. Fra i ventidue e m e n d a m e n t i già presentati vi i., ad esempio, la s o p p r e<lone ~~' della poligamia. L'uomo algerino ha diritto di sposare fino a q u a t t r o d o n n e c o n t e m p o r a n e a m e n t e . La d o n n a algerina, per sposarsi, ha bisogno di un tutore: il padre, un fratello, u n o zio. un cugino o, in mancanza di maschi in famiglia, un giudice. Le d o n n e s o n o cioè considerate come eterne minori. La situazione più paradossale si verifica nel caso in cui la futura sposa, orfana di padre, fratello, zio, o cugino, ricopra lei stessa la funzione di giudice: in tal caso dovrà ricorrere alla tutela di un s u o collega maschio. Inoltre, le condizioni del divorzio s o n o generalmente sfavorevoli per la d o n n a : l'alloggio spetta sempre al marito mentre la moglie ripudiata, a cui vengono quasi sempre affidati i figli, rimane senza tetto. Capita spesso di incontrare per la strada Comuni d'Eui.opa L A C O N D I Z I O N E F E M M I N I L E d o n n e costrette a mendicare con accanto i figli che, seduti sul marciapiede, fanno i compiti. Grazie al lavoro di assistenza quotidiana da parte delle associazioni di donne democratiche e del lavoro di sensibilizrazione <volto porta a porta, o per niezzo di riunioni o conferenze organizzate dalla stampa indipendente, si è formata una fitta rete di donne sensibili ai propri diritti, alla dignità e all'ilguaglianza. Anch'io, giornalista indipendente e non inserita in alcuna struttura, sono stata sollecitata ad offrire la mia solidarietà incaricandomi del trasporto da e per la scuola di una ragazza molto brillante negli studi: il padre aveva buttato fuori di casa tutta la famiglia, il liceo che lei frequentava si trova a 50 chilometri da casa e, non potendosi permettere di pagare l'autobus, aveva rinunciato a frequentare la scuola. È importante sottolineare il ruolo coraggioso della donna algerina in una realtà quasi insopportabile: quando non viene violentata, strangolata, decapitata o fatta a pezzi, quando riesce a sottrarsi ai macellai integralisti, trova la forza di farsi carico degli orfani, dando cosi prova di un forte senso civile. Non è facile rendere l'idea, a chi non vive la nostra realti, del coraggio delle donne algerine. Forse non sapete che molte ragazze vengono irrimediabilmente sfigurate con l'acido o con il catrame bollente. Forse non sapete che molte donne vengono rapite dagli integralisti islamici per servire loro da materasso e da domestiche nei loro rifugi insanguinati. In occasione di una perquisizione in un villaggio ad ovest clel paese sono state liberate centoventi donnc, tra cui una ragazza di dodici anni al nono mese di gravidanza. Dopo alcune settimane di ricovero in ospedale, è finalmente riuscita a parlare degli assalti disumani che aveva dovuto subire. ma oyni VOIta che le si chiedeva il suo nome, o il nome di suo padre, si chiudeva in un mutismo impenetrabile. Sono oriiiai noti i cortei e le manifestazioni del movimento delle donne democratiche algerine per denunciare I'integralisnio e la connivenza del governo. L'Algeria è I'unico paese nel mondo arabomusulmano dove un così gran numero di donne scende in strada per manifestare e dove il velo è diventato uii mezzo di seduzione. Proprio così. Poichè gli integralisti paragonano la donna al diavolo, questo tliavolo si è vendicato stravolgendo la funzione del velo: l'ha trasformato in un vestito alla moda. Invece di nascondere la bellezza, il velo la esalta e la donna algerina può guardare in modo sornione e provocatorio all'uonio, convinto di aver raggiunto il suo scopo nell'imporre il rispetto per la sua schizofrenia sessuale. Eppure queste donne sono musulinane devote e osservanti. Potrei citare altri esempi di resistenza delle donne, di quelle donne che lavorano, mandano i figli a scuola malgiado le minacce, vanno dal parrucchiere, fanno da madre e da padre prowedendo alla soprawivenza delle famiglie degli esiliati. Ogiii qualvolta l'Algeria vive una profonda crisi sociale, la produzione del senso sociale rimane onore ed onere delle donne. Esse orientano spontaneamente la società vprso la separazione tra religione e politica, verso una conoscenza e una pratica drll'lslam come religione e non come strument o di potere per gli uni e di niassacri per gli altri. Le donne algerine sono riuscite ad ottenere il diritto all'aborto per le ragazze violentate dai terroristi: fino ad un anno fà era inipensabiie parlare puhhlicamente di interruzione cli gravidanza. Certo l'aborto terapeutico esisteva legalmente, nia purtroppo le giovani, e meno giovani, "peccatrici" vittime degli integralisti religiosi, se tentavano di abortire clandestinaniente in condizioni precarie erano fatalmente alla inercè di qualsiasi "macellaio-redentore", convinto di essere autorizzato rlirettaniente da Dio a far pagare a caro prezzo le conseguenze di i111 atto sessuale vietato dalla religione al (li fuori del matrimonio. Le ragazze e le donne rapite e poi violentate collettivamente nei nascondigli degli integralisti islamici facevano molta fatica a riprendersi, sia psicologicaniente che socialmente. Nonostante ciò, è stato molto difficile far capire e far accettare che non potevano essere IIV U N P A E S E M A R T O R I A I O costrette a subire una gravidanza che avrebbe significato la prosecuzione del loro incubo. "Quante volte è stata violentata ?" "Cinquanta volte" "Quanti erano ?" "Dodici, quindici ... non lo so ... non mi ricordo. Mi facevano male ... Erano sporchi ... Non ci permettevano di lavarci ..." Le donne che riescono a parlare lo fanno con lo sguardo fisso di aniniale ferito a morte. "Hanno d e t t o che Fella non andava più bene per avere rapporti. L'hanno trucidata...". Fella e t u t t e le altre che sono state messe incinte sono morte nel modo più barbaro perchè non sono riuscit e a scappare. Le soprawissute possono ora beneficiare dei prowedimenti presi l'anno scorso dopo una poleiiiica senza precedenti su una presunta fatwa (decreto religioso) contro l'autorizzazione all'interruzione della gravidanza per le donne vittime di aggressioni sessuali da parte dei niilitanti dei gruppi islamici armati (GIA]. Purtroppo la polemica era stata scatenata dal Ministro della Solidarietà e della Famiglia, una donna, interessata solo a dare di se l'immagine di donna rispettosa delle tradizioni e irreprensibile sul piano morale, perchè educata nel rispetto di presunte usanze ancestrali. Ma oggi noi algerine non capiamo più: il nostro grido di aiuto rimane senza risposte. Proprio nel momento in cui ci aspettavamo un sostegno, in nome del principio dell'universalità clei diritti della persona umana, là dove ci aspettavamo almeno un atteggiamento di neutralità, ci siamo trovate di fronte acl una campagna di denigrazione e di attacchi, ad una strategia di einarginazione e di isolamento dovuta probabilmente anche ad un'analisi limitata e preconcetta della situazione algerina. Faccio un esempio: è convinzione diffusa che tutti coloro che in Algeria si oppongono al progetto di Stato teocratico e alle forze che appoggiano questo progetto, coiiie i partiti islamici di Hamas, Ennahda o clel FIS, sono automaticamente schierati dalla parte del potere al governo. Non è cosi. Noi che viviaiiio questa realtà riteniamo questa tesi cosi superficiale da fare sorridere, se non fosse per le sofferenze patite dal nostro popolo. In nonie di cosa il nostro paese dovrebbe essere ridotto a clue schieramenti? E come si collocano le centinaia di migliaia di algerine e algerini che non si riconoscono in nessuno dei due fronti e che si battono per costruire la democrazia? O ancora: la discriminazione e l'oppressione in Algeria, e nelle terre dell'lslani in generale, è un fatto culturale. Non è cosi. Noi abbiamo un'altra concezione della cultura e sianio convinti che nessun sistema oppressivo può essere elevato a fatto culturale. L'universalità dei diritti della persona umana esige inoltre rigore e vigilanza nei confronti della discriminazione delle donne che, in ogni luogo e sotto ogni cielo, è un fatto politico. Ho citato, tra gli altri, questi due luoghi comuni perchè chiariscono la strategia di isolamento internazionale della lotta delle donne democratiche in Algeria. Nonostante ciò, noi algerine non ci consideriamo né paranoiche né vittime, ma convinte militanti della lotta per i diritti delle donne e decise a vincere nel nostro paese, qualunque sia il prezzo pacifico da pagare. Questo isolamento internazionale inette invece in luce l'incapacità della riva Nord di contribuire alla costruzione dell'area mediterranea, un progetto ambizioso per realizzare il quale è necessario ascoltare l'Altro, è necessario rispettare i diritti dei popoli a produrre la loro storia, è necessario riconoscere la sovranità delle donne ed il loro diritto a produrre la loro storia. Sono algerina e non intendo essere considerata alla stregua di uno dei tanti stereotipi con i quali viene sbrigativamente etichettato il mio paese: un barile di petrolio, un gasdotto, un barbuto armato di coltello insanguinato. Sono algerina e se ho davanti a me un futuro di lotte, combatterò pacificamente per una causa che considero vitale: l'autonomia delle donne. Comuni d'Europa A P R O P O S I T O D I U N A R E C E N T E M O S T R A A P A D O V A Caravaggio, maestro della pittura europea di Domenico Trulli A "Caravaggio e i suoi" è stata dedicata una ben riuscita ed apprezzata mostra, o r g a n i z z a t a s o t t o la c u r a di Claudio Strinati e Rossella Vodret, esperti della rnateria, c h e d o p o il gran successo di Hartford (Stati Uniti), di San Paolo del Brasile e di Roma - ove è stata ospitata nelle berniniane mura di Palazzo Barberini - è infine approdata al Palazzo Zabarella di Padova. Un itinerario artistico che, d o c u m e n t a t o d a circa c i n q u a n t a opere, abbraccia quasi mezzo secolo di storia, riaffermaiido la maestria del Caravaggio, personaggio che, irnpersotiato dal proprio travaglio esistenziale - genio e sregolatezza a n t e litterarn - apre la via all'arte moderna coii il s u o coraggioso anticlassicismo. Un anticlassicismo che coiitraddistingue il faticoso percorso di Miclielangelo Merisi (Caravaggio 1571 Porto Ercole 1610), un percorso che, iniziato in giovane età con un apprendistato a Milano, presso il pittore Simone Peterzano, io porta nel 1592 a Rorna. In questa città, dopo aver lavorato nella bottega del Cavalier d'Arpino, riesce ad ottenere le prime committenze; già da queste tele si denota la sua inquieta personalità: in lui fermenta una congenita avversità per l'accademismo del s u o tempo, che insorge contro una retorica comunemente accettata. Un rilevare e rivelare la natura nella sua reale dimensione. Un contatto più diretto - con q u a n t o accade s o t t o i nostri occhi. Una più vera rappresentazione della natura circostante, con particolare rilievo al rapporto luce-ombra, che si fa testimonianza di un intimo sentire. Questo nuovo linguaggio esplicita lo stato d'animo d'un travagliato artista, che si dimena tra bettole e bische, tra taverne e bordelli, che, ricercato per omicidio, si rifugia prima nella campagna romana e poi a Napoli, a Malta ed in Sicilia, da dove cerca di raggiungere Roma, essendo stato graziato. Ma nel suo rientro, colpito dalla malaria, muore sulla paludosa spiaggia della Maremma. Ecco il mitico Narciso, mentre incantato si specchia nella fonte: una prova riuscita del Caravaggio, che - come annota il Bellori nel libro sugli artisti del Seicento - si libera dalla sudditanza dell'Arpinate, per il quale dipingeva solo quadri di frutta e fiori: coii "gran rammarico di vedersi tolto alle figure". Quelle figure che, gradualmente illurninate da effetti cliiaroscurali, sono argornento dei suoi capolavori, come il San Giovannino, il San Francesco in meditazione e la Giuditta e Oloferne, attualmente in restauro. Ed a proposito di lavori di restauro, fino ad alcune settimane addietro, si poteva ammirare, nella Chiesa del Carmine a Firenze, la grande tela de La decollazione del Battista. Sono opere di un maestro, anche se non ebbe scolari, ma solo seguaci, tra i quali il Saraceni, del quale sono esposte la Mad o n n a con Bambino e Sant'Anna, San Gregorio Magno, Santa Cecilia e l'Angelo, soggetti religiosi a cui si contrappongono quelli popolari di Manfredi: Bacco e un bevitore, Giocatore di carte. Del Baglione, che fu anche biografo del Caravaggio, del Borgianni e del Gentileschi, si fanno apprezzare rispettivamente la Lavanda dei piedi ed u n lusinghiero Amor Sacro e Arnor Profano, la Sacra Famiglia, un accigliato Autoritratto e un estatico San Francesco. Di apprezzabile fattura s o n o pure La Pietà di Stanzione - più suggestiva dell'omonima tela conservata al Museo di S. Martino a Napoli -, Distacco di San Pietro e San Paolo di Serodine e il cinico Cratete di Luca Giordano. Anche all'estero l'arte del Merisi trova adepti come il Ribera, "che - come riferisce lo storico Matteo Marangoni - ha sap u t o così ben sfruttare la fama da restare sino ad oggi il più illustre dei seguaci del Caravaggio"; ma tra gli altri artisti stranieri non possiamo tralasciare i francesi Valentin d e Boulogne e il Vouet e il Bigot, i nordici Michiels Sweert, Hendrick Ter Brugghen e il van Honthorst. "Caravaggio e i suoi" (catalogo Electa Napoli) è un itinerario di grande importanza tra la storia e la cultura dell'Europa del XV11 secolo: possiamo pur dire "il Caravaggio va1 bene una mostra". C O S T R U I R E L A P A C E N E L L A G I U S T I Z I A E N E L L A S O L I D A R I E T À Sistema federale di comunicazione di Flavio Santi Colonna Si parla molto di globalizzazione, di multiniedialità, della Società dell'informazione. Questo problema attualmente interessa essenzialmente le società evolute e tecnologicaniente avanzate ed ancor piìi è awertito da una società niillenaria ricca, articolata, complessa come quella europea. Vengono proposte in modo dogmatico analisi ed esperienze nate in altri contesti, in altre culture. La Società dell'informazione viene presentata esaltando la efficienza tecnologica e il profitto economico, quasi fosse un prodotto confezionato in cellophane da consegnare chiavi in mano ad un consumatore che deve solo pagare. Proposte interessanti e iniziative importanti non hanno una adeguata circolazione. Esistono studi, analisi settoriali, emergono contributi di valore, ma non awiene uno scambio, un confronto e i materiali restano chiusi nel loro "ghetto parcellizzato". La opinione pubblica non e informata sugli aspetti fondamentali e sui gravi rischi derivanti da una "globalizzazione" forzata e considera, di conseguenza, come primari aspetti marginali e secondari. Molto opportunamente il Governo, dopo l'incontro di Palazzo Chiyi del 26 giugno del 1997, ha costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Economico - il "Forum della Società dell'inforinazione" (legge 23 agosto 1988, n. 400). Successive iniziative di proniozione e l'ultima Conferenza nazionale del 3 0 giugno - 1 luglio, "11 Piano d'azione per lo sviluppo della Società dell'lnformazione - un Progetto per l'ltalia", hanno pubblicizzato il problema. L'importante e lodevole iniziativa della Presidenza del Consiglio è un primo passo per studiare e definire il ruolo della comunicazione nelle sue diverse componenti (espressione, informazione, formazione, trasniissione della memoria storica) nel processo di globalizzazione in atto. Internet non è la Società dell'informazione (interessa - secondo il recente rapporto Hdp dell'ONU - 700 milioni di persone nel mondo, 233 milioni nei 30 paesi più ricchi) nè può definire il ruolo della comunicazione nel mondo: non esaurisce il problema. Se si vuole governare il progetto di globalizzazione i11 atto, le nuove tecnologie non vanno demonizzate, né mitizzate, vanno analizzate, nella loro comnovembre 1999 plessità, nella loro dimensione etica e politica, per essere utilizzate da tutti a vantaggio di tutti i cittadini. Occorre una maggiore presenza critica delle Istituzioni [prima fra tutte il Parlamento) e del Paese. Alla rivoluzione informatica manca, ancora, un approccio multidisciplinare che ne colga e ne destrutturi la complessità, una analisi critica delle conseguenze sociali e politiche che da essa possono derivare nei diversi campi dell'agire dell'uoino. Se la Politica, che si esprime principalmente attraverso le Istituzioni democratiche, trascura la dimensione etica - gli aspetti politici e culturali - e le finalità sociali della informazione e della comunicazione, corre il rischio di cedere per iin "piatto di lenticchie" il "diritt o di primogenitura". Bisogna pensare, cominciando dal nostro Paese e dall'Europa, un Sistema Mondiale Federale di Comunicazione, costruito da tutti nel rispetto delle diverse identità culturali. Per queste ragioni, chiediamo al Parlamento, al Forum della Società dell'informazione, al Ministro delle comunicazioni, alle Associazioni delle Autonomie Locali, di patrocinare e sostenere la realizzazione di una Convenzione europea: "Da Albertano da Brescia a McBride. Comunicare per conoscersi, per unirsi nel rispetto delle diversità. Un sistema federale di comunicazione per costruire la pace nella giustizia e nella solidarietà". La Convenzione, promossa dall'ADCP (Associazione per il Diritto a Comunicare e per la Pace) nell'ambito del progetto "Kant 2000" e delle Celebrazioni Kantiane della Pace (2004), si propone di: fornire al confronto le indispensabili basi culturali sulla comunicazione (storiche, filosofiche, giuridiche, sociologictie, scientifiche e tecnologiche) con la ricerca "La Comunicazione strumento e condizione della Pace"; disegnare la "Mappa delle esigenze di comunicazione eluse o represse" con un censimento di esigenze e proposte; studiare i problemi della globalizzazione; trovare democraticamente soli~zionipraticabili che facciano dei mezzi di comunicazione un servizio pubblico per costruire la Pace; * elaborare, partendo dal patrimonio culturale europeo, una ipotesi di "Sistema Federale di Comunicazione". Comuni d'Empa PROGRAMMA URBANO PARCHEGGI Benvenuta tranquillità. Posti a u t o in p r e p a r a z i o n e p e r voi 00136 - PIAZZALE MEDAGLIE D'ORO L!3o 00176 - PIAZZA DEI CONDOTTIERI 72 00139 - VIA ATENE0 SALESIANO 155 00176 - PIAZZA R. MALATESTA 00139 - PIAZZA FILATTIERA 128 00177 - VIA DELLA STAZ. PRENESTINA 172 00139 - PIAZZA VIMERCATI 177 00179 - LARGO FALVATERRA 107 00182 - PIAZZA EPIRO 122 00141 - PIAZZA SEMPIONE 74 00141 - VIA VAL D'OSSOLA 194 126 00182 - VIA ORVIETO/TERNI 73 00182 - VIA TARANTO (CASALMAGGIORE) 71 214 00191 - VIA FABBRONI 89 330 00193 - VIA ORAZIO PULVILLO 112 120 00141 - VIA VAL PADANA - VAL DI SANGRO 79 00141 - VIA VAL PADANA - VAL SANTERNO 00141 - LARGO VALSABBIA 00149 - PIAZZA A. LORENZINI 80 00195 - VIA CORRIDONI-BAINSIZZA 00149 - VIA G. RICCI CURBASTRO 99 00195 - VIA CORRIDONI-CACCINO 00153 - LARGO TOJA 64 00195 - VIA TIMAVO/PIAZZA RANDACCIO 148 00199 - VIAMASCAGNI-BOITO 105 00159 - LARGO DE DOMINICIS 102 00162 - VIA MARSICA 97 00165 - VIA SATOLLI 140 00167 - VIA GANDINO - MORICCA 177 p 00199 - VIA MASCAGNI-MANCINELLI 00199 - VIA PICCINNI-VAL NERINA PARCOOP RM SOC. COOP A.R.L. - VIA SALARIA, 280 - 00199 ROMA Tel. 068552813 94 67 176 p L e- I' , N S I O N I D I C O M U N I 1 3 ' t " ~ o lnterculturalita e comprensione di Gianfranco Martini La V11 Conferenza delle città gernellate del Mediterraneo, svoltasi a Ragusa nel maggio scorso, ha aperto nuove prospettive all'impegno dell'Aiccre (ma anche del Ccre) per un dialogo euro-mediterraneo non episodico e non occasionale. Anche a seguito di quanto emerso dai lavori e dai contatti verificatisi nel corso della Conferenza, I'Aiccre si è posto come obiettivo, sviluppando in forma più organica una attenzione di lunga data, quello di una riflessione strategica e a largo raggio sui problemi dello sviluppo dell'area mediterranea, per un sistema di relazioni pacifiche e di cooperazione tra enti locali dei paesi rivieraschi del Mediterraneo e dell'Adriatico. E' stato creato un apposito Gruppo di lavoro, la cui presidenza è stata affidata a Franco Providenti, già Sindaco di Messina e attuale membro della Direzione nazionale dell'Aiccre, che svolgerà la sua attività in stretto collegamento con la Federazione regionale siciliana dell'Associazione (ma anche con altre federazioni regionali maggiormente interessate a questi temi) e con la Regione autonoma della Sicilia, istituzionalmente attenta a detti problemi. 11 Gruppo di lavoro intende approfondire la conoscenza di nuove possibilità di concrete forme di cooperaziorie e la sua azione potrà essere utile per arricchire anche i contenuti delle future Conferenze delle città gemellate del Mediterraneo, pur costituendo un'iniziativa da esse autonoma e con un proprio ruolo. Una importante riunione si è già svolta a Palermo il 6 novembre scorso, alla quale hanno partecipato atnministratori locali e regionale ed esperti italiani e di altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo. L'incontro ha consentito la messa a punto di un programma articolato di lavoro che consentirà di aprire interessanti prospettive per la cooperazione decentrata euro-mediterranea, nella quale 1'Aiccre intende svolgere un ruolo di impulso e di coordinamento. Proprio al fine di contribuire a tale approfondimento, che riguarda non solo il Gruppo di lavoro ma la generalità dei soci dell'Aiccre, "Comuni d'Europa7' intende accentuare il suo impegno, già manifestato più volte nel passato, a dibattere problemi e situazioni che hanno appunto attinenza con il Mediterraneo. In questo numero ci occuperemo di due pubblicazioni che ci sono sembrate particolarmente stitnolanti anche per gli eletti locali e il ruolo che loro compete nei rapporti tra l'amministrazione locale, operatori culturali, mondo della scuola e dei "inedia" e la nuova situazione creatasi a seguito di una crescente immigrazione dai paesi dell'altra riva del Mediterraneo. 11 primo stimolo nasce dalla lettura di due saggi che sintetizzano le lezioni svolte nel corso di un setninario su "Clslam e la comunicazione", tenutosi all'lssr di Milano nell'anno accadenlico 1996-97(1). Qual è l'immagine dell'lslam nei mass-media e nei libri di testo intesi come strumento e veicolo di circolazione culturale nella scuola? Non è certo il caso di sottolineare il significato e la rilevanza di questi interrogativi. Non sembri esagerato dire che I'lslam resta tuttora per molti versi un mondo sconosciuto, anche se esso occupa spesso le prime pagine dei quotidiani e i contenuti dei telegiornali. Va subito precisato, che l'imtnigrazione di musulmani in Italia, nel corso degli ultimi vent'anni, ha portato con crescente urgenza la necessità di una corretta comprensione del fenomeno da parte dell'opinione pubblica e quindi da parte degli operatori dell'informazione e nel campo scolastico ed educativo. Si pensi alla politica internazionale, dove c'è una sovrabboridanza di articoli e servizi in occasione di specifici eventi significativi, mentre sono spesso carenti l'analisi approfondita dei probletni e l'attenzione "costante". Poiche i mezzi d'informazione diperidono in mi- Comuni d'Empa ~ L E R E C E N S I O N I D I C O M U N I D ' E U R O P A completa una trilogia di opere che costituiscorio, dal 1992, la testiinoniaiiza dell'iinpegno costante dell'lrssae Piemonte sui temi dell'educazione interculturale. Questa trilogia (il terzo volume rivela una specifica attenzione alla cultura e alla comunità araba) è ricca di analisi e di provocazioiii: dalle indagini teoriche in tema di interculturalità, all'approfoiidirnetito della conoscenza delle culture "altre", dalle indagini sulla presenza delle varie comunità etniche in Europa e in Italia, alle sperirnetitazioni di diverse politiche di integrazione, dalle esperienze in atto, ai tentativi di tradurre questa migliore conoscenza in concrete ed efficaci prassi educative e didattiche. Non è possibile sintetizzare il ricco contenuto del volume, che spazia dai vari aspetti della cultura araba alla realtà complessa della attuale presenza araba iii Europa e più particolarmente in Italia e a Torino, per analizzare infine le esperienze interculturali che awicinano il mondo arabo. Senza voler penalizzare gli altri contributi, ricordiamo le pagine che trattano degli incontri sull'lslam con gli studenti organizzati da singole scuole o da enti pubblici, e dei corsi di lingua e cultura araba, o quelle che riguardano conferenze e proiezioni cinematografiche o laboratori teatrali. Sono pochi cenni relativi ad un ventaglio di suggerimenti che potranno favorire utili sollecitazioni anche agli amministratori locali, specie agli assessori alla cultura, alla formazione professionale e all'istruzione. sura sempre maggiore dalle grandi agenzie internazionali, le notizie appaiono spesso staiidardizzate e appiattite. Anche nel cainpo dell'immigrazione, I'lslam è oggetto di informazione per i problemi di alimentazione, per i matrimoni misti, per i luoghi di preghiera e gli orari di lavoro in relazione a esigenze specifiche di orclirie religioso, per la cronaca nera, ma rare sono le inchieste serie, la "voce diretta" e le testimonianze degli immigrati. E' frequente I'itiipressiotie che, comunemente, l'lslam continui ad essere visto cotiie uria tiiiriaccia alla civiltà occidentale, secondo una accumulazione di idee preconcette, senza una sufficiente consapevolezza che le società musulmane sono plurali. diverse, persino contraddittorie. Vivere con I'lslam implica saper distiiiguere, oltre che vigilare. In particolare è necessario distinguere il concetto di religione in occidente e nel mondo musulmano, ove la coinuriità religiosa si identifica con la comunità politica: distinguere i termini di "arabo" e "musulmano"; distinguere fondamentalismo, integralismo, radicalismo. Queste due ultime situazioni nori sono certo monopolio dell'lslam e del suo credo religioso. Per quanto riguarda I'lslam e i libri di testo. uria seria ed approfondita indagine sui contenuti delle varie discipline, cioè sui programmi e come essi interagiscano con l'allievo mediante la mediazione dell'insegnante, rivelerebbe certamente carenze quantitative (cioè di spazio dedicato all'lslain) e qualitative e richiederebbe una seria valutazione delle opzioiii didattiche, cioè dell'approccio metodologico adottato. Cindagiiie di cui si è parlato all'inizio di queste considerazioni non è - e non vuole essere - esaustiva, ma è già di per sé significativa. Ne risulta che in Italia l'lslam è considerato troppo spesso come fetiorneno medioevale (l'epoca delle conquiste musulmane e delle crociate) e che errori grossolani (ad esempio che fu Maometto a scrivere il Corano) si riscontrano in vari libri di testo. Questi riferimenti ai processi educativi costituiscono l'oggetto della seconda pubblicazione di cui ci occupiamo(2). E' un volume che - ( l ) "lslam e comunicazione", di Federico Tagliaferri, e "L'Islam e i aibri d i testo", di Sergio De Carli 42) "Cultura a r a b a e società m u l t i e t n i c a . Per u n ' e d u c a z i o n e interculturale", a cura di Laura Oferte, Irssae Piemorite, Bollati Boringhieri, 1998 - HOLIDAY INN ROME EUR PARCO DEI MEDICI SPECIALISTI IN CONGRESSI Come mescolare lavoro e svago lasciando separati i sapori Se la scelta dei più esigenti cade s u Eur Parco dei Medici di Roma i l motivo c'è: le grandi sale capaci di accogliere da 8 a 700 persone, dotate di tutte le apparecchiature indispensabili per conferenze, riunioni, conventions: impianti per traduzione simultanea, attrezzature visive e audiovisive... I l fatto che siamo specialisti in congressi è un'ottima ragione per sceglierci. Ma non l'unica. Potete aggiungere una serie di altri ingredienti, tutti selezionatissimi. 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Viale Castello della Magliana, 65 - 00148 Roma Tel. 06165581 - T e l e f a x 0616557005 Comuni d'Europa - Telex 61 3302 novembre 1999 Comuni Direttore: Goffredo Bettini Direttore responsabile: Umberto Serafini In redazione: Mario Marsala [responsabile) Lucia Corrias, Giuseppe D'Andrea, Benedetto Licata, Anna Pennestri Gestione editoriale: Europea srl unipersonale Piazza di Trevi 86 001 87 Roma Direzione e redazione: Piazza di Trevi 86 001 87 Roma Indirizzo telegrafico: Comuneuropa - Roma te]. (06) 69940461 fax (06) 6793275 http://www.aiccre.it email: [email protected] Progetto grafico e impaginazione: Maria Teresa Zaccagnini - Roma segue da pag. 2 reclame dei funzionari della Comunità, ma far amare maggiormente u n a vecchia patria c h e h a t u t t i i meriti per contribuire a creare una bella Europa. Ma se sollecitiamo gli editori (e, perché n o ? la stampa dei grandi quotidiani cosiddetti indipendenti), si arriva a episodi che n o n fanno parte di u n Risorgim e n t o e u r o p e o . E d m o n d o Paolini, i l massimo studioso di Altiero Spinelli, al termine di tre anni di intenso lavoro, ha consegnato un libro su Spinelli, che ha per sottotitolo "Dalla lotta antifascista alla battaglia per la Federazione europea, 1920- 1948: documenti e testimonianze": l'editore, che abitualmente aveva pubblicato di Paolini tutti gli scritti di Spinelli da lui curati, oltre a libri essenziali su Spinelli, d a t o che c'era una "commessa" in corso ha pubblicato i l libro, ma - cambiato il vento manageriale delle "amicizie" distributive - ha privato (incredibilmente) un'opera di fondamentale importanza di una qualsiasi pubblicità e - in base ad un mistero che non è affatto misterioso - il volume, mandato ai giornali che recensivano abitualmente la produzione di Paolini, n o n ha avuto nessun riscontro (con rarissime eccezioni), quasi che all'auto-sabotaggio della casa editrice d e 11 Mulino si associasse la corporazione di recensori abituali di tutti i massimi quotidiani. Ma non s o n o citazioni sporadiche, come quelle che io s t o ora facendo, che dimostrino perentoriamente qualcosa: basta s p a s s i o n a t a m e n t e seguire t u t t o quello che si scrive, si pubblica, si fa o g g e t t o di lezioni e di cronache nel nostro m o n d o della s t a m p a colta (e ormai, coi più recenti mezzi di comunicazione, nei nuovi canali inventati dalla novembre 1999 tecnologia avanzata), per rendersi cont o c h e la p r i n c i p a l e p r e o c c u p a z i o n e della nostra stagione è la rivisitazione culturale di Giovanni Gentile, sorridend o per qualche s u o peccatuccio veniale di fascismo, e trascurando la criminale connivenza con la guerra razzista di Hitler, e (una vera infamia) appoggiando perfino Subas Chandra Bose, l'indiano che seguiva le milizie giapponesi, avanzanti nell'Asia del sud-est con paurose crudeltà, peggio che naziste, per liberare (si fa per dire) I'lndia, scacciando gli inglesi e r e g a l a n d o al s u o Paese u n a nuova, assai peggiore schiavitù. Concludendo questa mia breve nota, nata dall'ira e non dallo scoraggiamento, devo ribadire che tutto quel mondo adulto italiano (ma cose analoghe si potrebbero dire per le altre componenti nazionali della sedicente Unione europea) sta tradendo come non mai - e si tratta di quasi tutti gli uomini che hanno un briciolo di potere (politico, economico o culturale) - l'ideale di un'Europa unita impeg n a t a a battersi per la pace e per u n mondo diverso, e insieme tradendo tanti adolescenti nella loro ricerca confusa di un ideale civile. l o dedico questa nota che è di battaglia - a mio nipote Paolo, di quattordici anni e abitante in una città diversa dalla mia: quando aveva o t t o o nove anni trovò casualmente e lesse il "Diario di Anna Frank". Da allora Paolo si è formato una piccola biblioteca di 29 libri sull'0locausto e sugli orrori dell'ultimo conflitto mondiale (quello terminato con l'atomo): ma ha anche imparato a diffidare dei troppi politici nati-vecchi e - lo spero - non si ritirerà sdegnoso sul monte, ma si batterà, come parecchi di noi q u a n d o eravamo ragazzi, per gli Stati Uniti d'Europa (quelli veri!) e per la pace, nella giustizia e nella libertà. Comuni d'Empa Stampa: Salemi Pro. Edit. srl - Roma Questo numero è stato finito di stampare nel mese di novembre 1999 ISSN 0010-4973 Abbonamento annuo per la Comunità europea, inclusa l'Italia L. 30.000 Estero L. 40.000, per Enti L. 150.000 Sostenitore L. 500.000 Benemerito L. 1.000.000 1 versamenti devono essere effettuati: 1 ) sul c/c bancario n. 40131 intestato a Europea srl unipersonale c/o Banca di Roma, dipendenza 88 (CAB 03379; ABI 3002). Piazza SS. Apostoli. 75 - 001 87 Roma, specificando la causale del versamento; 2) sul ccp n. 38276002 intestato a "Comuni d'Europan, Piazza di Trevi, 86 00187 Roma; 3) a mezzo assegno circolare - non trasferibile intestato a: Europea srl unipersonale, specificando la causale del versamento. Aut. Tnb. di Roma n. 4696 dell' 1 1 -6- 1955 un tesoro prezioso come l'energia e puro come l'acqua. m- Acea S.p.A. è oggi la più grande impresa italiana multiservizi degli Enti Locali. 1 suoi ambiti di intervento spaziano dalla gestione dell'intero ciclo dell'acqua (captazione, trasporto, distribuzione, raccolta e depurazione) alla tutela della qualità dell'aria, dalla produzione e distribuzione di energia elettrica e telecalore, all'illuminazione ambientale e alla valorizzazione del patrimonio culturale. Servizi erogati con impegno e professionalità 24 ore su 24, 365 giorni l'anno, da quasi cento anni. 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