Registrato presso il Tribunale di Roma n. 381/87 del 24-06-1987 - Anno XVI - 2° Quadrimestre maggio - Agosto 2006 - n° 55
Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. in L. 27/02/2004 n° 46 art. 1 Comma 2, DCB - ROMA
Quadrimestrale dell’Associazione per l’Assistenza
Morale e Sociale negli Istituti Oncologici
Maggio - Agosto 2006
Sommario
Sommario
Retro di Copertina
2 Retro di Copertina
3 EDITORIALE
race
4 Komen
for the cure
5 Comunicato Stampa
6 Amicizia tra i volontari
di formazione
7 Corso
per volontari AMSO
8 Emozioni
9
non convenzionali
10 Trattamenti
per i malati di cancro
11 amica Poesia
prendere
12-13 Come
il Sole
i libri
14 Raccontare
L’ombra del vento
15 Amore per la vita
16-17 Diario Amso
18 DEPRESSIONE E CANCRO
19
20 ...e qualche volta trova
LA RICERCA
21
PRIMA DI TUTTO
22 Angoli di Roma
23 Informazione AMSO
Giornata nazionale
del malato oncologico
Volontari, nuovi benefici,
effetti collaterali
ARA PACIS
Mary STEVENSON CASSATT
“Bambine che giocano sulla spiaggia”
1884, olio su tela, Washington,
National Gallery of Art.
Mary STEVENSON CASSATT
N
el 1884, Mary Cassatt accompagna sua madre convalescente, in
un viaggio in Spagna ed è probabile che abbia realizzato questo
dipinto in quella circostanza. La composizione, tra le sue opere
più belle e conosciute raffigurante dei bambini, conserva un’apparenza di
immediatezza e di spontaneità, ma è stata in realtà attentamente studiata e la sua esecuzione risulta molto laboriosa: la tela viene infatti impostata in Spagna e sicuramente terminata nello studio di Parigi, subendo
numerosi ripensamenti e variazioni. Per capire fino in fondo il perché di
questi “strani spostamenti” bisogna ricordare che nella Parigi di fine ottocento, la professione di pittore era prerogativa esclusiva degli uomini.Alle
donne non era ufficialmente proibito dipingere, ma la loro attività veniva sottovaluta e guardata con una certa superficiale condiscendenza.
Non essendo libera di lavorare all’aperto, lungo i viali o nei locali, Mary
Cassatt è quindi costretta a ritrarre il mondo privato degli interni, raffigurando i protagonisti della sua vita domestica, un genere in cui si specializza, dimostrando una straordinaria penetrazione psicologica.
I suoi bambini, eguagliati solo da quelli di Renoir, esprimono una sorprendente vivacità interiore, che si manifesta nello sguardo, nei particolari del volto e nei minimi gesti, colti con estrema precisione.
Mary Cassatt nasce il 22 maggio 1844 a Pittsburg in Pensilvania U.S.A.,
quinta figlia di un ricco banchiere. Fin da bambina si appassiona alla pittura, ma deve combattere a lungo contro i pregiudizi della famiglia che
aveva previsto per lei, una vita molto più convenzionale.
Quando deciderà di recarsi in Europa per studiare pittura e vedere da
vicino i capolavori che tanto l’affascinavano, il padre dirà: “Preferirei piuttosto vedere morta mia figlia, che vederla vivere all’estero come una bohemienne”.
Stabilitasi a Parigi prende lezioni di pittura, frequenta l’accademia, incontra numerosi pittori, ma la folgorazione avviene quando scopre Degas e
i suoi quadri; dirà di lui : “Ha cambiato la mia vita. Ho visto l’arte come ho
sempre desiderato vederla”. Presto ne diventa l’allieva preferita, stringe
con lui un solido legame di amicizia e di stima reciproca che durerà tutta
la vita nonostante le divergenze caratteriali.
La vita di Mary Cassatt meriterebbe una descrizione molto più dettagliata di questi pochi cenni, ma ragioni di spazio non permettono altro
se non quello di essere da stimolo alla curiosità e al voler saperne di più.
La pittrice muore a Mensil- Théribus, Francia nel 1926 dopo un lungo
periodo di cecità e dopo aver fatto della sua vita un mix di coraggio,
talento e indipendenza che le garantiranno per sempre un posto ai vertici della sua professione. “Non ho fatto cosa ho desiderato” rivelò la Cassatt
verso la conclusione della sua vita, “ ma almeno ho provato a combattere”.
MFB
Amso Oggi
(quadrimestrale)
Registrato presso
il Tribunale di Roma
n° 381/87 del 24-6-1987
Direzione AMSO
Via delle Messi d’Oro, 156
000158 Roma
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Sito Internet:
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Direttore responsabile
Maria Fiorella Belli
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Hanno collaborato:
Lorella Salce (Ufficio Stampa
IFO)
Francesco Avallone
Pina Cervini
Paola Agatensi
Vera D’Angelo
Adriana Lucarelli
Rossana Scognamiglio
Adriana Gra
Padre Arnaldo Pangrazzi
Dott.ssa Desanka Raskovic
Dott. Tonino Cantelmi
Giovanni Lucchetti
Giorgio Andreina (Delfino)
Massimo Balletti
In redazione:
Aldo Nardini
Stampa
Tipografia Bonanni
Viale XXV Aprile, 75
Colleferro (Rm)
Tel./fax 06.97304456
Impaginazione grafica
Tipografia Bonanni
Editoriale
C
EDITORIALE
ari Lettori e Volontari,
“prendersi cura dell’altro presuppone
un dover prendersi cura di sé”
ci sono parole straniere, quasi sempre inglesismi come in questo caso, che riescono ad esprimere molto sinteticamente un concetto anche molto complesso.
Mi riferisco alla parola BURNOUT che tradotta letteralmente significa ESAURIMENTO o
BRUCIARE , ma che tuttavia presenta una molteplicità di significati e di sfaccettature.
Burnout significa “andare in tilt”,“essere fusi”,“essere scoppiati”, tutte espressioni che nel linguaggio quotidiano si riferiscono ad una sorta di logorio psicofisico che, a lungo andare, può bruciare le energie soprattutto di chi svolge una “professione d’aiuto”.
Medici, infermieri, psicologi, insegnanti, volontari, assistenti sociali sono le categorie e le figure più a rischio di burnout poiché sono costantemente in contatto con persone bisognose
d’aiuto o che si trovano a vivere situazioni di estremo disagio.
In questi casi il coinvolgimento emotivo è forte e può accadere di non avere più il distacco
necessario per svolgere efficacemente la propria professione o mansione.
Ricordo ancora la lezione sul burnout tenuta magistralmente dalla Dott.ssa Anna Ravenna
in un lontano Corso di Formazione, dove spiegava a noi futuri volontari, quanto sarebbe stato
difficile prendere le distanze, preservarci da questo stato di crisi, per altro così frequente tra
coloro che si impegnano nel volontariato oncologico.Tuttavia, il burnout se “riconosciuto” e trattato in tempo è un problema risolvibile.
E’ invece del tutto inutile, per non dire dannoso, una volta accusati i primi sintomi, continuare come se niente fosse cambiato in noi; si deve invece considerarlo come una splendida occasione per domandarsi qual è il senso di quello che stiamo facendo e trarne le debite conclusioni. Bisogna, in sintesi, imparare a badare un po’ di più a se stessi, a non chiudere la propria
identità dentro un ruolo e riprendere una serie di sane attività fuori dal contesto che ci ha
messo in crisi. E’ importante anche trovare qualcuno con cui parlare e che capisca il problema;
a volte un gruppo di supporto è come “un luogo sicuro” in cui ritrovare se stessi, ma anche la
semplice complicità di persone attente potrebbe bastare...
Fortunatamente abbiamo a disposizione strumenti per capire e porre rimedio a situazioni
poco piacevoli come appunto il burnout. E allora ecco un’altra parola, questa volta in italiano
purissimo, un po’ inusitata ma che è bene conoscere: la RESILIENZA che si traduce in “capacità dei materiali di resistere a urti improvvisi senza spezzarsi”. La resilienza in psicologia descrive quel tratto della personalità in cui convergono fattori di varia natura (emotivi, familiari, esperienze maturate ecc) che, con la loro azione, attivano le nostre risorse personali e le rendono
capaci di resistere agli stress e ai colpi che la vita ci infligge. Ci aiuta, insomma, a fronteggiare le
situazioni difficili e a trovare risposte adeguate e flessibili.
Messa di fronte ai problemi, la persona resiliente, li affronta non li subisce; guarda avanti, non
rimane prigioniera del passato, non sfugge dalla realtà e soprattutto è abile nel trarre insegnamenti utili, senza lasciarsi spaventare o bloccare.
Il burnout, può diventare paradossalmente un momento di “crescita personale”, proprio
perché in qualsiasi momento della vita si può e bisogna continuare a crescere.
Anche se essere resilienti non significa essere invincibili e infallibili (tutt’altro) ci si dispone
ad essere duttili e pronti al cambiamento quando è necessario, accettando di poter sbagliare,
ma sapendo tuttavia correggere le proprie azioni. Come?
Lavorando soprattutto nel rafforzare e amplificare le cose buone, le caratteristiche positive che sono in ognuno di noi.
Il direttore
In copertina:
Mary Stevenson Cassatt
3
Komen race
for the cure
a cura di
MARIA FIORELLA BELLI
Non è stata solo una maratona nata a scopo benefico “KOMEN
RACE for the CURE” (di corsa contro i tumori al seno), quella
che si è svolta a Roma, domenica mattina 21 Maggio u.s.
E’ stata qualcosa di più.
Un appuntamento per le donne: per quelle operate al seno e
per tutte le altre, alle quali è bene ricordare, con insistenza, che
la prevenzione resta una grande arma (l’unica?) per sconfiggere i
carcinomi, tutti.
Un evento sportivo-sociale quindi, nato dalla volontà di
“KOMEN ITALIA onlus”, costola, per così dire, dell’omonima
associazione americana che è giunta quest’anno alla settima edizione.
Il via ufficiale della maratona era stato dato lo scorso febbraio da
Flavia VELTRONI, Presidente Onorario della “RACE 2006”, che
ha consegnato il pettorale n°1 alla first Lady degli Stati Uniti
Laura Bush, nel corso di un incontro con le volontarie
dell’Associazione, svoltosi all’Università Cattolica della capitale.
La maratona, realizzata con la preziosa collaborazione del
Comune di Roma e della stessa Università Cattolica del Sacro
Cuore, ha preso il via dallo Stadio delle Terme di Caracalla, alla
presenza del Sindaco Walter Veltroni e di alcuni personaggi dello
spettacolo. Nella breve introduzione il Sindaco ha sottolineato,
tra l’altro, come lo splendido cielo di Roma facesse da degna cornice alla folla multicolore intervenuta. Il timone di testimonial è
passato da Elena Sofia Ricci alla giornalista Ilaria D’Amico, madrina di quest’edizione 2006.
Il percorso della mini-maratona (5 Km.) si è snodato attraverso
un itinerario veramente suggestivo e che ha toccato i monumenti storici della città come il Colosseo e il Circo Massimo.
Gran trionfo del rosa, il colore delle maglie indossate che, dicono, risultino quasi introvabili in quanto diventate dei veri “must”
ma che sono rigorosamente riservate alle donne operate al
seno.
Per tutti gli altri: accompagnatori, sodali, amici e sostenitori, un
vero mare di maglie bianche col logo della “RACE for the
CURE”.
Anche l’AMSO ha partecipato alla passeggiata non competitiva
( 2 Km. attorno al perimetro dello Stadio) e per l’occasione sono
state indossate maglie col nostro logo.
I fondi raccolti in questa giornata, sono stati destinati all’educazione, alla prevenzione e alla cura del tumore al seno: in sei anni,
l’evento ha raccolto oltre un milione di euro, denaro canalizzato
al finanziamento di 60 progetti di altrettante Associazioni Italiane.
4
C
S
omunicato
tampa
IFO: si volta pagina
nella continuità istituzionale.
Nonis nomina Marianetti, direttore amministrativo
e Allocca, direttore sanitario.
L’assessore Battaglia: “Nuovo slancio e sempre
maggiore prestigio alle attività degli istituti”.
Roma, 8 giugno 2006 - Si è conclusa la cerimonia
del passaggio di testimone dal Commissario
Straordinario al nuovo Direttore Generale degli
Istituti Fisioterapici Ospitalieri - IFO: si passa dalla
fase di gestione straordinaria durata 12 anni a quella ordinaria prevista dalla legge regionale 2/2006.
“Questi Istituti sono una risorsa per la Regione e la
città di Roma,- ha detto Marino Nonis, nuovo
Direttore Generale IFO - fare in modo che sia
sempre più efficiente e più efficace penso sia un
atto doveroso e di corretta prospettiva. Da parte
mia l’assoluto impegno e disponibilità a cominciare
un reale processo di programmazione, che tenga
conto delle eccellenze e delle specificità degli Istituti
all’interno del servizio sanitario della Regione
Lazio.”
Il Dott. Marino Nonis ha oggi provveduto alla nomina della dott.ssa Amalia Allocca alla direzione sanitaria e del dott. Giorgio Marianetti, alla direzione
amministrativa degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri,
entrambi provenienti dall’azienda ospedaliera San
Camillo Forlanini..
“La legge regionale - ha detto l’assessore Augusto
Battaglia assessore alla sanità - ha ridefinito i compiti, i ruoli, le responsabilità, gli organismi che
dovranno gestire gli Istituti di Ricovero e Cura a
Carattere Scientifico-IRCCS. Partiamo da qui per
un nuovo lavoro nella continuità istituzionale, anche
se con protagonisti ed obiettivi nuovi. Dobbiamo
dare nuovo slancio e sempre maggiore prestigio
all’attività di oncologia dell’istituto Regina Elena e
alle attività di dermatologia e di assistenza agli
immigrati del San Gallicano.
Mi auguro che questa struttura qualifichi sempre di
più il nostro intervento all’interno di una rete nazionale e internazionale nei settori specialistici che
caratterizzano gli IFO tale da essere riferimento per
la rete della sanità regionale.”
“Il Ministero, - ha detto il Dott. Giovanni Zotta,
Direttore Generale della ricerca scientifica e tecnologica del Ministero della Salute - è pronto, accanto
alla Regione, e sul fronte della ricerca a collaborare
e a rendere questi Istituti sempre più importanti
sotto il profilo internazionale.”
Tutti gli intervenuti hanno formulato ringraziamenti
al Dott. Salvatore Cirignotta, Commissario
Straordinario uscente, che ha gestito nell’ultimo
anno gli IFO e che ha avuto il compito di traghettare l’ente verso una nuova fase tanto attesa.
Addetto Stampa IFO
Lorella Salce
06 52662753
339 2511133
ERRATA CORRIGE
L’ultima edizione AMSO OGGI è stata erroneamente
numerata (n° 51-52) anziché n° 54.
Ci scusiamo e proseguiamo con la corretta numerazione (n° 55).
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“Allo scopo di sensibilizzare tutti i volontari affinché i rapporti interpersonali intercorrenti tra gli stessi siano improntati al reciproco
rispetto, nell’ottica del superamento di eventuali atteggiamenti velati
da scarsa disponibilità e attenzione verso i colleghi di servizio, pubblichiamo di seguito questo articolo.”
Amicizia
tra i volontari
Tratto da “Far bene il bene”
di Padre ARNALDO PANGRAZZI
Uno dei doni più preziosi nella vita è l’amicizia. Un
antico proverbio lo conferma: “Chi trova un
amico, trova un tesoro”. Il volontariato è un luogo
in cui scoprire, coltivare e promuovere l’amicizia.
Se la prima forma di volontariato è in casa e con
i propri familiari, la seconda riguarda il rapporto
aperto e amichevole con altri volontari.
In un certo senso l’associazione diventa una
seconda famiglia, un luogo in cui sperimentare l’accoglienza e l’appartenenza, e a cui attingere la
forza per irradiare la propria presenza benefica sui
malati. E’ importante, perciò, che l’obiettivo del
dono di sé non rimanga relegato alla visita al malato, ma sappia incorporare il donarsi e lo stabilire
legami di reciproco supporto, affetto e rispetto
con altri volontari impegnati nella stessa missione.
E’ chiaro poi, che la natura gioca la sua parte per
cui le corde mentali ed emotive spingono a far
gravitare le proprie simpatie o antipatie verso una
o più persone anziché altre. L’amore, però, va al di
la dell’attrazione, della simpatia o antipatia, per
dare spazio e ospitalità alla diversità e alla comunione. Come il volontario non sceglie i malati da
visitare privilegiando i simpatici e i riconoscenti ed
emarginando i fastidiosi o gli scorbutici, così nella
vita di gruppo occorre educarsi a convivere creativamente con le differenze e a valorizzare prospettive o sensibilità diverse.
La vita nell’associazione è una scuola di vita da cui
attingere insegnamenti preziosi sul rapporto con
gli altri e sulle verità della vita.
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Elementi che promuovono
e ostacolano l’amicizia.
L’amicizia si inizia a costruire nel corso dell’itinerario formativo e si consolida nelle tappe successive del servizio.
Tra i momenti forti che contribuiscono a saldare l’amicizia spicca la sollecitudine e la vicinanza agli altri, specie quando questi sono impediti a svolgere il servizio per
ragione di salute propria o dei familiari. In queste occasioni una chiamata al telefono, un ascolto sincero, qualche
parola di conforto o di incoraggiamento trasmettono, a
chi è in difficoltà, l’affetto e la vicinanza di altri volontari.
Il sentirsi pensati, ricordati, amati, particolarmente nei
momenti critici, motiva a tornare al più presto al gruppo
e al servizio. Altre opportunità per far crescere l’amicizia
comprendono: condividere esperienze, difficoltà e successi; generare nuove idee o progetti; partecipare ad
incontri formativi; uscire insieme per una pizza ecc ecc.
Spesso, però, l’amicizia è sacrificata in nome di altre
preoccupazioni o priorità che prendono il sopravvento e
impediscono di creare un clima di sincerità e ospitalità in
cui anche il dissenso, i contrasti e i conflitti sono considerati come parte del processo democratico verso
nuove mete, un apporto per una visione più globale
della verità, un invito ad adattarsi ad altri caratteri e sensibilità.
Ostacoli frequenti
che precludono l’amicizia:
-
La prevalenza del principio “dell’io” sul “noi”
L’irrigidimento sulle proprie idee o posizioni
Il far valere il ruolo, sacrificando la relazione
Il rifiuto dell’altro e della sua personalità
Il pregiudizio e l’emarginazione verso chi la pensa
diversamente
- L’invidia o il sarcasmo verso chi possiede competenze
o ruoli specifici
- Le lotte intestine tra gruppi che difendono diverse visioni priorità od obiettivi e concepiscono come unica
soluzione al conflitto la vittoria di una corrente e la
sconfitta dell’altra.
Il terreno fecondo su cui innestare il servizio al malato è
attraverso un clima di amicizia tra volontari.
Corso di Formazione
per Volontari AMSO
Inizio corso 6 Novembre 2006
Anche quest’anno l’A.M.S.O. (Associazione per l’Assistenza Morale e Sociale
negli Istituti Oncologici), organizza un Corso di Formazione per nuovi volontari
presso il Centro Congressi “Raffaele Bastianelli” dell’Istituto “Regina Elena”
(IFO) in via Elio Chianesi n°53 - Roma.
Il Corso è aperto a tutte quelle persone che intendono diventare, dopo una adeguata preparazione VOLONTARI ONCOLOGICI.
Il programma sarà articolato in due tempi: teorico e pratico; la parte teorica del
corso, per altro molto interessante dal punto di vista medico-scientifico, sarà
tenuta da medici e personale para-medico dell’Istituto stesso e Assistenti
Volontari Amso.
Seguirà poi la parte “ pratica” che prevede un periodo di TIROCINIO un passaggio delicato e particolare, in cui si mettono in pratica tutte le nozioni fin qui
elaborate e assorbite e che sarà condotto da Assistenti AMSO di provata esperienza.
Fine prevista del Corso “teorico” entro Febbraio 2007.
Vi aspettiamo numerosi!
Orari delle lezioni:
Lunedì e Mercoledì
Dalle ore 17 alle ore 19
C/o il Centro Congressi “R. Bastianelli” - Via Elio Chianesi n°53
Mezzi di trasporto per raggiungere l’IFO:
Metropolitana B- Eur Fermi
Autobus n° 700 (navetta per l’Ospedale)
Per informazioni e adesioni rivolgersi:
segreteria AMSO dalle ore 9 alle ore 16
Tel. /fax 06.4181822 oppure 06.52662107
e-mail [email protected] - sito internet www.associazione-amso.it
7
Emozioni
Emozioni
emozioni
emozioni
di ADRIANA GRA
Ho conosciuto Raluka il giorno del suo ricovero nel reparto di Ginecologia, meno di due anni fa.
Era primavera e lei stava per compiere diciassette anni. Bellissima, aveva lunghi capelli neri chiusi
in una treccia. L’accompagnavano la madre Paola e la sorella Nicoletta. Prima di andarsene Paola
mi ha chiesto, in un italiano corretto, (è rumena), se sarei rimasta con Raluka per un po’, ed io
sorridendo, le ha risposto di si, che stesse tranquilla.
Raluka mi ha preso fiduciosa la mano ed è rimasta con me per tutto il tempo della mia permanenza nel reparto. Ancora sento la sua voce timida mentre mi diceva di avere tanta paura. “Di
cosa?” - ribattevo io, forse pensando che tanta bellezze e tanta gioventù non potessero essere
sfiorate dal male, che lo avrebbero in qualche modo esorcizzato. Siamo diventate amiche.
Tutti i giorni, verso sera dopo il lavoro, i genitori e la sorella venivano a trovarla ed era un piacere vederli così uniti.
Poi l’operazione, l’esame istologico. Paola, la madre mi interrogava pallida e seria : “La salveranno?”. Il cuore mi si stringeva mentre le dicevo di avere fiducia, di sperare...
Le ho incontrate nella hall dell’ospedale, se ne stavano andando a casa con i mezzi pubblici. Si
vedeva che Raluka camminava a fatica, ma la gioia le faceva dimenticare il dolore. Le ho accompagnate fino a casa e loro prontamente mi hanno invitata a salire.
Di seguito il periodo della chemioterapia: Paola ha tagliato i lunghissimi capelli della figlia, immagino con quanta sofferenza! Le abbiamo dato una parrucca che Raluka ha scelto dopo averne
provate diverse davanti allo specchio, divertendosi a fare smorfiette come una bambina. Ricordo
com’era felice quando è tornata a restituirla e mi ha mostrato orgogliosa la crescita dei suoi
capelli nuovi. Mi raccontava che tutti la trovavano più bella con i capelli corti, più signorina, le dicevano.
A costo di chissà quali sacrifici, la mamma le faceva continui regali; piccoli gioielli e bei vestiti, pensati per quella figlia sfortunata. Lei, fiera, correva a mostrarmeli e mi diceva che erano un regalo
di mamma per una festa o una ricorrenza.
Poi è arrivato il giorno del suo diciottesimo compleanno proprio quando, in ospedale le avevano fissato una scintigrafia. E’ venuta da me dicendomi: “ Sai me la sono fatta spostare, mica posso
passare qui anche questo compleanno!”
Veniva spesso a trovarmi, sorridente si sedeva vicino a me, in silenzio. L’ultima volta che l’ho vista,
mi ha detto che la sua malattia era andata molto avanti, aveva attaccato il fegato. “Che mi faranno?” - chiedeva. “Qualcosa troveranno, stai tranquilla”- rispondevo.
Sono partita e al mio ritorno ho chiesto notizie alla dottoressa che l’aveva in cura. Mi è stato
detto che era stata dimessa dall’ospedale e che le avevano organizzato l’assistenza domiciliare.
Nel frattempo si erano attivate molte persone per aiutarla; una portantina rumena aveva dato
ospitalità a Raluka nella sua casa al mare, consentendole così di goderne la vista e di respirare aria
balsamica, altri avevano organizzato una colletta per comprare i biglietti aerei e consentire così a
Raluka e alla famiglia di tornare nella loro terra d’origine.
La mia giovanissima amica ci ha lasciati tre mesi fa. Sono venute oggi Paola e Nicoletta e me lo
hanno detto. Paola è bella, come lo era la figliola, i suoi occhi parlano di dignità e di dolore. Mentre
l’abbracciavo ho pensato che, in tutto questo tempo, non l’ho mai vista sorridere. Se fossi stata
un pittore, avrei dato il suo volto alla Mater Dolorosa....
8
nvegni
di PINA CERVINI
GIORNATA NAZIONALE
DEL MALATO ONCOLOGICO
“ Dare voce ai pazienti, umanizzare
le cure e vincere la vita.”
Con questo slogan ha debuttato a Roma sabato e domenica 3 e 4 giugno 2006, nei giardini della Mole Adriana di
Castel Sant’Angelo, la prima Giornata nazionale del
malato oncologico che insieme alla ricerca (AIRC) e
alla prevenzione (Lega Tumori) costituisce il terzo pilastro
della task force anticancro.
La manifestazione, promossa dalla F.A.V.O.(Federazione
delle Associazioni del Volontariato Oncologico), è stata
dedicata ai malati e ex malati e a tutti coloro che hanno
vissuto da vicino la malattia, condividendone ansie, preoccupazioni e speranze.
Animatore della Giornata è stato il presidente della
F.A.V.O. Prof. Francesco De Lorenzo che nel presentare l’iniziativa ha dichiarato che oggi in Italia vivono più
di 1.600.000 persone che
nella loro vita sono state
colpite dal cancro e le
stime prevedono che nel
2010
saranno
circa
2.000.000. Molto si è fatto
e si fa per la prevenzione e
la ricerca, molto poco, purtroppo, si è fatto e si fa per
chi convive con la malattia
anche per anni. I malati
oncologici cronici rappresentano oggi la nuova “disabilità di massa” con una
serie di bisogni espressi e
non e con l’esigenza di
vedere riconosciute tutele
giuridiche mirate alla pecu-
liarità e complessità delle patologie neoplastiche, anche al
fine di evitare una dolorosa emarginazione troppo spesso generata dall’ignoranza. Alla luce di queste considerazioni la F.A.V.O., con il sostegno di società scientifiche, ha
dato vita alla prima Giornata Nazionale del Malato
Oncologico che d’ora in poi si celebrerà nella prima
settimana di giugno, in concomitanza con quella degli
U.S.A. e del Canada, dove da anni si svolge il National
Survivors Day.
L’obiettivo della giornata è stato quello di porre l’attenzione soprattutto sul malato e non sulla malattia ed è
stata una vera e propria celebrazione della vita da parte
di chi ha imparato ad amarla e a difenderla con la forza
del dolore, nel timore di perderla e impegnandosi a
migliorarne la qualità.
Fra gli ospiti il Ministro Livia Turco e il Senatore
Francesco Cossiga; quest’ultimo ha ricevuto il Cedro
d’oro, simbolo della Giornata, ed è stato nominato
Presidente onorario della F.A.V.O.
Il Ministro Turco nel suo intervento ha spiegato che l’Italia
in campo oncologico ha raggiunto risultati di grande rilievo in termini di diagnosi e terapia, come testimoniato dal
tasso di sopravvivenza in costante crescita; tuttavia si registrano ancora disuguaglianze tra nord e sud del Paese:
paradossalmente nel meridione ci si ammala di meno ma
si muore di più. Bisogna quindi intervenire per valorizzare le eccellenze che vi sono, e sono tante, e correggere,
assumendo scelte condivise con le Regioni, le lacune
strutturali alla base di questa situazione. Il Servizio
Sanitario Nazionale, ha spiegato ancora il Ministro, è
basato su principi di solidarietà ed equità e deve poter
garantire la stessa qualità delle cure a tutti i cittadini
ovunque essi risiedano. Inoltre, il Ministro ha posto l’accento sulla terapia del dolore affinché diventi sempre più
parte dei livelli essenziali di assistenza e che sia diffusa in
tutto il territorio nazionale.
Anche l’aspetto psicologico gioca un ruolo importantissimo nella malattia e la Turco lo ha messo in evidenza
dicendo che c’è un sapere della sofferenza e della malattia che vanno ascoltati ed elaborati dalla scienza.
A conclusione della giornata, anche un momento di spettacolo grazie alla disponibilità del cabarettista Pippo
Franco e del cast del Bagaglino che hanno organizzato
uno show, breve ma divertente.
9
nvegni
TRATTAMENTI
NON CONVENZIONALI
PER I MALATI I DI CANCRO
di PINA CERVINI
Recentemente, presso l’Istituto Superiore della Sanità, si è tenuto il convegno “Trattamenti
non Convenzionali per i malati di cancro”, organizzato dall’AIMAC (Associazione Italiana
Malati di Cancro) in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e con il National
Cancer Institute.
Notevole è stata, in campo medico, la partecipazione da parte dei maggiori esperti a livello
nazionale e internazionale. Questi hanno sottolineato che i progressi della ricerca, con l’introduzione di nuove terapie mirate, stanno decisamente migliorando l’aspettativa e la qualità di
vita di molti malati di cancro. Ma nonostante ciò, più del 50% dei pazienti non si ritiene soddisfatto dalla medicina ufficiale e impropriamente fa ricorso a trattamenti non convenzionali
per proteggersi dagli effetti di terapie, che producono sofferenze collaterali, oppure con la speranza di sostituire le cure ufficiali quando queste non producono gli effetti desiderati.
Si tratta per lo più di pratiche della medicina tradizionale di paesi lontani quali India,
Cina, Giappone o di trattamenti omeopatici che prendono in considerazione non solo
la patologia d’organo, ma, con pari attenzione, lo stato emozionale della persona e le
sue sofferenze.
Però i trattamenti non convenzionali non sono del tutto innocui, perché quando si
assumono farmaci di diversa composizione, che possano essere convenzionali o non,
si va a “disturbare” l’attività terapeutica di ciascuno di essi, con il risultato di una riduzione del loro effetto o addirittura di una intossicazione nei casi più gravi. Pertanto è
stato ribadito, in questa sede, che è assolutamente indispensabile che gli operatori
sanitari valutino l’uso dei suddetti trattamenti con i loro pazienti e li informino sulle
terapie che possano essere potenzialmente efficaci, alla luce delle poche evidenze disponibili al riguardo. E’ inoltre importante impegnarsi per sviluppare un modello integrato di erogazione dell’assistenza sanitaria.
I risultati della collaborazione tra l’Istituto Superiore della Sanità, l’AIMAC e il National
Cancer Institute hanno portato all’elaborazione di un libretto informativo ad hoc con
l’obiettivo di fornire ai malati di cancro e alle loro famiglie una guida sicura sull’uso di
cure non convenzionali e che sarà distribuito gratuitamente alle associazioni dei pazienti.
Comunque le maggiori istituzioni scientifiche si sono interessate ai trattamenti non convenzionali ed hanno indicato
delle linee guida per orientare pazienti e terapisti, mentre
l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha posto
l’accento sulla necessità di una vigilanza da parte dei singoli Governi, affinché si attui una progressiva integrazione tra
le varie terapie. Integrazione che si fondi su risultati scientifici e sulla diffusione del maggior numero di informazioni
circa il corretto utilizzo dei farmaci e i loro effetti collaterali.
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amica
Poesia
TAGORE
1861-1941
Credete sia possibile “navigare” attorno ad una frase, aforisma
o poesia come un novello Colombo, alla scoperta di mondi
sconosciuti? Oppure come un’ape attorno ad un fiore quasi
volesse rimanerne ipnotizzata? Questo è successo a me, appena letta questa frase di TAGORE:
“Dormivo e sognavo che la vita
era gioia. Mi svegliai e vidi
che la vita era servizio. Volli
servire e vidi che servire era gioia.”
Provate a leggere questa frase più volte, proprio come se fosse
un “mantra”, cioè quelle preghiere che i buddisti ripetono
all’infinito con identica cadenza e inflessione vocale, fino a che,
misteriosamente si verifica una sorta di tranquillità e benessere psico-fisico, fino a raggiungere cioè l’agognato “nirvana”.
Molto più semplicisticamente, questa frase mi è sembrata
splendida e assolutamente inerente alla nostra attività di
volontariato. Il famoso “spirito di servizio” di cui noi dell’Amso
siamo giustamente fieri. Addirittura TAGORE fa coincidere il
“servizio” e il fare “dono di sé”, con la straordinaria sensazione-emozione che è la gioia; dono rarissimo e fugace, tuttavia
un mezzo a disposizione degli uomini che ne abbiano merito
o quanto meno che ne facciano ricerca.
Dopo questa considerazione ecco una poesia tratta da
“Gitanjali” 1909-1912, raccolta di poemi religiosi che diedero
grande fama a TAGORE:
Mi hai fatto senza fine
questa è la tua volontà.
Questo fragile vaso
continuamente tu vuoti
continuamente lo riempi
di vita sempre nuova.
Quando mi sfiorano le tue mani immortali
questo piccolo cuore si perde
in una gioia senza confini
e canta melodie ineffabili.
Su queste piccole mani
scendono i tuoi doni infiniti.
Passano le età, e tu continui a versare,
e ancora c’è spazio da riempire.
Il mio primo contatto con TAGORE risale all’adolescenza, quindi a quelle scoperte letterarie non propriamente scolastiche.
Leggendolo ebbi l’impressione di trovarmi di fronte ad una
religiosità fortissima, molto diversa dalla nostra, forse più libera e avvolgente, meno rigida e del tutto priva di dogmatismi
cattolici. Da allora in poi, tutte le mie letture successive sono
avvenute, per così dire, sotto il segno di questa prima impressione; TAGORE rimane per me qualcosa di bello, di dolce, di
pauroso e affascinante assieme, ma anche sinonimo di un’esile
immaturità.
Ma chi era TAGORE?
di MARIA FIORELLA BELLI
Rabindranath TAGORE
nacque a Calcutta il 6
maggio 1861 da una famiglia di antica nobiltà e di
illustri tradizioni letterarie. Educato in un
ambiente culturale molto
ricco, aperto cioè a tutte
le correnti filosofiche sia
indiane che occidentali,
scrisse e pubblicò le sue
prime poesie a soli 14
anni. Giovanissimo fu
mandato a studiare legge
in Inghilterra; farà ritorno
in patria senza laurea ma
con la convinzione che la
sua strada sarà la scrittura. A 30 anni sposa
Mrinalini Debi e con lei
compie una serie di viaggi
soprattutto in Europa,
continua a scrivere poesie
e saggi, ma iniziano a
prendere forma in lui due
grandi esigenze: l’istruzione dei giovani e la vita
politica del suo paese.
Nel 1901 fonda una
scuola, una sorta di ritiro per coloro che volevano meditare su
Dio. Successivamente diventerà la grande Università
Internazionale Visva-bharati.
Ma la vita, che fin qui era stata magnanima con lui, comincia a
presentare il conto: in poco tempo muoiono: la moglie, la figlia,
il padre, poi il figlio primogenito. Nel 1913 gli fu conferito il
premio Nobel e il titolo di Sir, titolo che Tagore restituirà per
protesta contro la strage compiuta dalla polizia inglese nel
Punjab. Continua la sua attività di conferenziere, traduttore e
scrittore, tutti i proventi sono destinati all’ampliamento
dell’Università da lui creata e che necessita di continui finanziamenti. Il versetto in sanscrito che Tagore scelse come motto
dell’Università è molto significativo: Yatra Visvam bhavaty ekanidam che significa “Là dove tutto il mondo si unisce in un
nido”. Un grande progetto di vita realizzato.
Quando muore,Tagore ha ormai ottant’anni. Mi piace pensare
che nella sua casa natale, a Calcutta, abbia accolto la morte
così, dolcemente:
Il giorno che la morte busserà
alla tua porta, cosa le offrirai?
Porgerò alla mia ospite la coppa
colma della mia vita - non lascerò
che se ne vada a mani vuote
...Quando alla fine dei miei giorni
la morte busserà alla mia porta.
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sole
Come prendere
il
dott.ssa DESANKA RASKOVIC*
da OK-La salute prima di tutto -giugno 2006
Da quando la stilista francese Coco Chanel la sdoganò, negli anni 20, la tintarella è simbolo di bellezza e di sensualità. Bisogna
però che sia anche sana. Ecco tutto quello che si deve sapere per non lasciarci la pelle.
Il sole che fa bene
Il Fratello Sole di San Francesco fa molto bene alla salute. Si deve a lui la sintesi della Vitamina
D3, necessaria per l’assorbimento del calcio e la salute dello scheletro. I raggi solari possono curare malattie della pelle, come la psoriasi e la vitiligine. E mettono di buonumore: combattono perfino certe forme di depressione.
Il sole che fa male
Fratellastro sole è il primo imputato del fotoinvecchiamento: ispessimento,
ingiallimento della pelle, comparsa di rughe e formazione di macchie brune o
bianche sono in buona parte colpa sua. Per questo è necessario proteggersi.
I raggi cattivi
La luce solare contiene, fra gli altri, i raggi ultravioletti (Uv). Quelli che
hanno un’azione sulla nostra pelle sono gli Uvb e gli Uva. Gli Uvb provocano la classica ustione, gli Uva, meno energici, sono quelli che causano
l’imbrunimento. Da entrambi è necessario difendersi. Gli Uvb, in particolare, provocano danni al tessuto connettivo e alle fibre
elastiche della pelle, possono modificare il codice genetico delle cellule e a lungo andare sono responsabili di alcuni tumori della pelle. Agli
Uva si devono invece le fotoallergie e le fotosensibilizzazioni.
La difesa della pelle
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I raggi Uvb si concentrano nelle ore centrali della giornata, dalle 11 alle 15,30.
I dermatologi americani hanno elaborato la shadow-rule, ovvero la regola dell’ombra, facile da comunicare e da seguire: quando l’ombra è più corta della
vostra altezza, meglio ritirarsi al chiuso.
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Le regole dell’ombra
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Ma la pelle ha imparato a difendersi dai raggi cattivi del sole. Come? Con
il processo che si chiama melanogenesi: la melatonina è un pigmento prodotto da cellule specializzate, i melanociti, incaricati della difesa dai raggi solari. Però la quantità di melanina non è uguale per tutti. Per
questo le persone molto chiare non si abbronzano mai e si scottano.
Vietato pensare che ci si può proteggere sotto l’ombrellone. La sabbia bianca riflette fino al
25% dei raggi Uvb, l’acqua fino al 95%. La neve, le superfici bianche e i metalli lucenti riflettono
fino al 70% dei raggi ultravioletti; gli Uvb penetrano per un metro sotto l’acqua e dunque
ci si può scottare anche mentre si nuota.Tutti i raggi inoltre possono attraversare le nubi.
Bambini col cappello
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Le nuvole e l’ombrellone
I bambini sono più a rischio degli adulti sotto il sole. Fino a tre anni d’età non hanno completato il sistema di produzione della melanina e sono soggetti, quindi, a fotoustioni anche gravi. Per questo i piccoli non dovrebbero mai esporsi al sole senza
maglietta e cappellino; è indispensabile, quindi, la protezione.
I numeri dei filtri ingannano
I filtri vanno usati sempre. Sono di due tipi: quelli che riflettono e quelli che assorbono le radiazioni. I primi (più adatti ai bambini)
sono anche detti fisici o minerali, i secondi chimici. La sigla che si legge sulle confezioni è di solito accompagnata da un numero;
ma, dato che non esiste una scala condivisa da tutte le case cosmetiche, meglio affidarsi alla dicitura, che invece è stata imposta
dalla regolamentazione europea: protezione bassa, media, alta, molto alta e ultra.
L’uso dei filtri non compromette l’abbronzatura, anzi vanno usati fino all’ultimo giorno. Il filtro totale non esiste.
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Occhio ai farmaci
Certi farmaci, come estroprogestinici, antibiotici, diuretici, possono indurre fotoallergie, Controllare sempre le indicazioni sul foglio
illustrativo.
Dottoressa Desanka Raskovic - dermatologa
Di origine croata, si è laureata all’Università di Zagabria. Dopo essersi trasferita in Italia, ha preso una seconda laurea a Siena, sempre in medicina e si è specializzata in dermatologia e malattie veneree alla Cattolica di Roma. E’ primario dermatologo dell’IDI
(Istituto Dermopatico dell’Immacolata - Irccs). Si interessa in particolare di dermatologia clinica, di dermocosmetologia e fisiopatologia cutanea.
TESTIMONIANZE DI SPECIALISTI
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E i nostri studi dimostrano che la tintarella va presa così
a cura di Mario Giuliacci
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meteorologo del Centro Meteo Epson
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Da qualche anno pare che il sole bruci di più. Ma è proprio vero? Gli studi ci dicono di si. Prima di
tutto il sole è oggi più forte che in passato. La quantità di energia solare che arriva sulla
terra è l’1% in più di 100 anni fa.
Per capire l’entità di questa cifra, si pensi che bastò un deficit di calore dello 0,50%
per provocare la piccola glaciazione dell’Europa, tra il 1500 e il 1800. L’aumento è colpa
in parte dell’effetto serra, in parte di una maggiore attività del sole. C’è poi un
altro fenomeno, il buco dell’ozono, che alle nostre latitudini consiste in un
assottigliamento dello strato di ozonosfera.
Ebbene, è proprio l’ozono a filtrare gli ultravioletti, di cui è noto il potere cancerogeno.
In estate la fascia di ozono, da noi, si è ridotta del 2%. Ciò che corrisponde,
secondo studi recenti, a un incremento del 4-5% di possibilità di contrarre
un carcinoma. Ecco perché si consiglia di evitare il sole nelle ore centrali
della giornata, quando i raggi del solari sono al pieno della loro potenza.
In montagna usa una protezione più alta che
al mare
a cura di Giovanni Leone
fotodermatologo del l’Istituto dermatologico San Gallicano - Ircss - di Roma
In montagna, protezione estrema. Per misurare l’intensità delle
radiazioni ad alta quota siamo andati sull’Himalaya. Come si fa?
C’è uno strumento che si fissa al suolo, capta i raggi e li traduce in una
cifra sul display. Oltre a questo ne abbiamo inventato uno noi: placchette
che contengono una sostanza sensibile alle radiazioni. Vengono applicate
sul viso dei volontari e alla fine della giornata si calcola la dose assorbita.
Risultato: ogni 1000 metri di quota i raggi aumentano del 12%. Se
saliamo a 4000 metri, quindi, avremo il 50% di energia solare in più.
Più si sale, più si riduce la distanza dal sole e più diminuisce la pressione atmosferica. Inoltre l’aria alle alte quote è più pulita e priva di pulviscolo, perciò filtra di meno. Attenzione soprattutto alle vacanze sui ghiacciai: il riflesso della
neve aumenta del 100% la quantità dei raggi ricevuti. La regola è che alle alte quote,
sia d’inverno sia d’estate, bisogna raddoppiare il filtro: se al mare usate il 20, per la
montagna prendete il 40.
Sappi che il sole non provoca il melanoma
a cura di Stefano Zurrida
aiuto di Umberto Veronesi - direzione scientifica dell’Ieo di Milano
Il Ministero della Salute americano, ha escluso che un’esposizione moderata al sole possa indurre il melanoma: il più raro,
ma il più temibile, fra i tumori della pelle. I ricercatori sono arrivati a questa conclusione per vari motivi: il primo è che il melanoma compare quasi sempre in aree del corpo che in genere restano coperte; in secondo luogo, questo tumore è più
frequente nelle zone del mondo, come il Nord Europa e compare poco,invece, nell’Africa equatoriale.
Di più, sembra colpire soprattutto le persone che passano la maggior parte del tempo al chiuso per esempio in ufficio. Le ragioni
sono ancora da chiarire e probabilmente vanno cercate in una predisposizione genetica e in problemi all’apparato immunitario. A
questo punto, anche se sembra paradossale, alcuni studiosi affermano che una moderata esposizione al sole può addirittura proteggere dal melanoma; basta trovare il giusto equilibrio. Perché stare troppo tempo al sole senza una protezione adeguata contro i raggi Uva e Uvb favorisce la nascita di altri tumori della pelle, come i carcinomi basocellulari e spinocellulari (quelli, per esempio, dei pescatori e dei contadini).
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a cura di ROSSANA SCOGNAMIGLIO
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L’OMBRA
DEL VENTO
di Carlos Ruiz Zafón
Titolo originale “La Sombra del Viento”. Carlos Ruiz Zafòn, nato a Barcellona nel 1964, è autore di vari romanzi. “La sombra del viento”, pubblicata nel 2001, tradotto in oltre 20 idiomi, è
uno dei più grandi successi internazionali della narrativa spagnola. Le edizioni si susseguono.
“Ancora ricordo l’alba di quel giorno in cui mio padre mi portò, per la prima volta, a visitare il
Cimitero dei libri dimenticati...” Così inizia il fantasioso romanzo ambientato nella Barcellona
del 1945, che, reduce da una sanguinosa guerra civile, sta tentando di rimarginare profonde
ferite e ricucire strappi prodotti nel tessuto sociale da un crudele, assurdo conflitto fratricida.
Padre e figlio protagonisti della vicenda, vivono modestamente e cercano di colmare il vuoto
lasciato dalla morte di una donna che, con la sua scomparsa, ha creato un silenzio impossibile
da riempire con parole.
Il ragazzo, Daniel, che al momento della morte di sua madre contava appena 4 anni, racconta
a lei, nel tentativo di sentirla ancora al suo fianco, le vicissitudini e le angosce vissute accanto
al padre, un appassionato libraio.
L’avventura di Daniel prende il via alle cinque di un mattino d’estate del 1945; suo padre lo conduce attraverso le sinuose strade della città, fino a quello che a Daniel sembra “il cadavere
abbandonato di un palazzo”, dove sono accolti da un piccolo vecchio signore che introduce i
due ospiti in una incredibile gigantesca biblioteca.
Qui il vecchio signore da al bimbo il benvenuto nel Cimitero dei libri dimenticati; l’usanza è
che, nel corso della prima visita alla biblioteca, si debba scegliere un libro da adottare, per assicurargli gelosa custodia e vivo ricordo. E’ la promessa che dovrà fare chi sceglie un libro.
Daniel viene attratto da un volumetto che si affaccia timidamente da uno scaffale, rilegato in
pelle color vino, con un titolo “sussurrato” in lettere dorate... “L’ombra del vento”... un libro
che fin dalle prime pagine segna una traccia nel cuore del bambino il quale si rende consapevole che le parole lette lo accompagneranno per tutta la vita, costruendo un rifugio al quale tornerà anche dopo aver letto molti altri libri, scoperto mondi, acquisito nozioni, dimenticato avvenimenti.
Lo spirito di ricerca, proprio dell’essere umano, induce Daniel a svolgere indagini sull’autore
del “suo” libro, ciò che darà il via allo sviluppo di un romanzo nel romanzo.
E così la quieta esistenza un po’ piatta del giovane protagonista subirà una svolta decisiva che
influenzerà anche gli anni a venire, riserbando continue sorprese
Non sarebbe generoso nei confronti di un futuro lettore, tracciare la trama completa dell’avventura tra il fantastico e il poliziesco, che il protagonista vive nell’arco di dieci anni di possesso del libro. Inoltre non va sottovalutata la difficoltà di presentare in poche righe un affresco di
situazioni che si susseguono come bamboline russe e che vanno assaporate con calma per gustare questo sorprendente romanzo.
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incontri
Amore
per
la vita
di VERA D’ANGELO
Nella mia lunga esperienza di Assistente Amso, ho avuto modo di incontrare
molte persone che hanno affrontato e affrontano la malattia tumorale con molta
dignità e molto coraggio; queste persone riescono ad essere d’esempio ai loro
stessi familiari e agli altri pazienti.
Una di queste persone è Marisa: una piacevole signora della terza età, che ama
vestire con eleganza, ama giocare a bridge con le amiche coetanee, segue con
passione le vicende della sua squadra del cuore (la Roma), senza tuttavia trascurare alcuna occasione per festeggiare le rituali ricorrenze.
A Carnevale, ha telefonato alle amiche perché, non essendo in condizioni di
potersi muovere da casa, invitava ad andare da lei, nella sua accogliente dimora
dove vive sola, con un piccolo aiuto domestico. “Non si può rinunciare a frappe e
castagnole!”. Marisa si esprime amabilmente e argutamente nella sua cadenza
romanesca.
Eppure Marisa convive con l’infermità e col dolore da circa vent’anni; prima una
lunga ed invalidante malattia tumorale del marito, che ha amorevolmente assistito per tredici anni, con completa dedizione specialmente nell’ultimo periodo di
vita del consorte. A chi elogiava il suo eroico comportamento rispondeva - “Non
sono coraggiosa, sono una moglie innamorata”.
Ma che fosse certamente coraggiosa oltre che innamorata del suo Mario, lo ha
dimostrato quando, dopo due anni di vedovanza, ha dovuto affrontare, in prima
persona, una battaglia faticosa con la malattia.
Era Ferragosto di cinque anni fa. Dopo l’isolamento forzato in casa ed il conseguente cocente dolore per la recente perdita, grazie ad amiche premurose, era riuscita a partecipare di nuovo alla vita sociale. Era in vacanza con la figlia quando
si accorse di uno strano gonfiore alla guancia che interessava anche parte del collo.
Marisa non diede troppo peso al fenomeno, anche perché erano giorni di festa. Purtroppo, i controlli medici e le successive analisi cliniche, confermarono l’esistenza di un tumore.
Dopo un primo naturale smarrimento, anche in questa occasione, la forte tempra di Marisa è riuscita ad affrontare con
decisione la sorte avversa. Si è sottoposta, con determinazione e fiducia nei medici e fede in Dio, alle cure chemioterapiche, con tutte le difficoltà che queste comportano.
In alcuni periodi, ha dovuto assumere molti medicinali e per questo diceva con l’arguzia di sempre:- “Il mio cervello è
diventato un computer che mi segnala le varie scadenze giornaliere!”
Si è adattata a diete ferree ed è riuscita a contenere il suo peso, nei limiti prescritti dai medici.
Non le sono mancati, certo, momenti di sconforto, ma con l’aiuto dei familiari, degli amici e con le cure efficaci dei medici e del personale ospedaliero, è sempre riuscita a superare i momenti più critici. E’ un vero piacere ascoltarla quando
racconta dell’incontro-scontro, a vent’anni, col giovane e aitante capitano che sarebbe poi, diventato suo marito...
Buon proseguimento, Marisa!
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Diario
Amso
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25-26 Marzo 2006
21 Maggio 2006
“RACE for the CURE” - Allo Stadio delle Terme di Caracalla ha
preso il via la settima mini-maratona di 5 Km. e la passeggiata di 2
Km., a sostegno della lotta ai tumori al seno.
Più di 20.000 partecipanti hanno tagliato il traguardo di questo,
che è diventato uno degli appuntamenti più attesi della capitale. Il
Sindaco Walter Veltroni ha ufficialmente dato il via alla maratona,
assieme alla testimonial-madrina di quest’edizione 2006, la giornalista ILARIA D’AMICO. L’Amso ha partecipato con i seguenti volontari:
Luisa Crescenzi, Enrica Marini, Maria Fiorella Belli, Adriana
Lucarelli, Artemisia Staglianò, Daniela Busciolano, Liana Ricci,
Elisabetta De Toma, Eliana Rossetti, Rino Passalacqua.
“Riscriviamo il lessico della solidarietà”
con questo titolo si è aperta a Vitinia, l’Assemblea
Nazionale del M.O.V.I. (Movimento del
Volontariato Italiano). L’Assemblea è servita a rinnovare il Comitato Nazionale e la Presidenza. Ad
aprire i lavori è stato il Pres. uscente Emanuele
Alecci, che ha invitato tutti a contribuire con la
propria esperienza alla riflessione e alla individuazione delle linee strategiche per il prossimo triennio. L’obiettivo è quello di rifondare il movimento
ripercorrendo la sua storia e riattualizzandola alla
luce dei nuovi bisogni. Dopo il dibattito che si è
incentrato sul documento “Il Volontariato che
sognamo”, i lavori si sono conclusi con l’approvazione degli eletti. Successivamente Graziamaria
Dente è stata nominata presidente del M.O.V.I.
raccogliendo il voto unanime del Comitato
Nazionale. Per L’Amso erano presenti: Maria Sofia
Barbasetti e Pina Cervini.
27 Aprile
La A.S.L. “RM C” - Distretto 9 di Viale Monza n°2, ha chiesto la collaborazione di nostri volontari Amso da inserire nel progetto di assistenza domiciliare
“UNITA’ ORGANIZZATIVA FASE TERMINALE”. Gli assistenti che volessero
aderire a questa proposta, sono pregati di contattare la segreteria.
15 Maggio 2006
Presso la sede IFO al “Centro Congressi R. Bastianelli”, riunione
mensile Assistenti Amso, con comunicazioni del Consiglio
Direttivo e presentazione nuovi Assistenti del 58° Corso di
Formazione. A seguire, nell’ambito della Formazione
Permanente un intervento della Psicologa, dott.ssa ANTONIA
TRAMONTANA sul tema “Le varie problematiche che si possono
incontrare durante lo svolgimento del nostro servizio in ospedale”.
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Presso la sede in Via delle Messi D’Oro, 156 Aula Magna. Si è svolta la RIUNIONE MENSILE PER ASSISTENTI E FORMAZIONE
PERMANENTE. La riunione divisa in due parti ha avuto il seguente svolgimento: Riunione mensile Assistenti con comunicazioni
varie del Consiglio Direttivo; e Formazione Permanente, con intervento della Dott.ssa SACCHI (Direttore del Dipartimento di
Oncologia Sperimentale) sul tema “Ricerca per terapie innovative”.
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Presso il Centro Servizi del Volontariato (CESVSPES), si è tenuto il secondo incontro delle
Associazioni aderenti alla “Rete Oncologica”.
Dal primo incontro, che si era tenuto il 13
Marzo, erano scaturite alcune tracce per il futuro lavoro della “rete oncologica” e cioè riuscire
a creare un terreno di confronto e collaborazione tra le associazioni che si occupano di
oncologia nel Lazio.
Tutto ciò al fine di favorire la circolazione di
informazioni, lo scambio di competenze e di
creare nuove energie per rispondere al meglio
ai bisogni degli assistiti, ma anche delle associazioni stesse.
Nell’ambito di questo scambio abbiamo ritenuto opportuno fornire alla SPES la nostra pubblicazione sulle lezioni dei Corsi di Formazione
dei Volontari AMSO. I lavori sono proseguiti
con la stesura di una mappa delle associazioni
vecchie e nuove, aderenti alla Rete. Per l’Amso
era presente Maria Sofia Barbasetti.
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10 Aprile 2006
24 Maggio 2006
Si ricorda che l’AMSO è sempre accanto al
paziente in modo del tutto particolare a coloro che, terminata la degenza, tornano a casa.
L’AMSO infatti, continuerà ad assistere moralmente a domicilio quanti lo desiderano.
Per informazioni il nostro numero telefonico/fax è:
06.4181822 - 06.52662107
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Presso il Centro Convegni Bastianelli si è svolto un Convegno
sui tumori del Colon-retto. Dopo un breve saluto del
Commissario Straordinario Dott. Salvatore Cirignotta, il
Direttore Scientifico prof. Francesco Cognetti ha introdotto
le tematiche del convegno, seguito dal prof. Edmondo
Terzoli che ha presentato l’iniziativa dei lavori. Dopo l’intervento di una paziente, la dott.ssa Patrizia Pugliese ha parlato della prevenzione delle neoplasie colon-rettali e dei suoi
molteplici aspetti psicologici. Anche il nostro Presidente
prof. Antonio Riccio ha parlato del ruolo delle associazioni
di volontariato impegnate a coadiuvare il lavori dei medici e
degli infermieri. Erano presenti per l’Amso: Anna Elisa
Epilman, Angela Clericuzio, Maria Gloria Casentini,
Vincenza Nicolai, Elisa Ricci, Maria Sofia Barbasetti.
31 Maggio 2006
e-mail: [email protected]
www.associazione-amso.it
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14 Giugno 2006
Presso il Polo Oncologico Istituto “Regina Elena” Centro Congressi
“R. Bastianelli”, si è svolta la RIUNIONE MENSILE ASSISTENTI E
FORMAZIONE PERMANENTE. Detta riunione si è articolata in
due parti: la prima parte riservata alle comunicazioni da parte del
Consiglio Direttivo Amso; nella seconda parte la nostra Assistente
Volontaria, sig.Pina Cervini è intervenuta sul tema “Aggiornarsi su
cosa è il Volontariato oggi, le sue leggi e i nostri doveri”.
14 Giugno 2006
L’Amso è stata invitata, unitamente ad altre Associazioni di volontariato, alla
premiazione di un torneo di calcetto “TORNEO DELLA SPERANZA” in
memoria di Luciano Onofri e Roberta Liberti. I proventi della serata saranno
devoluti alle associazioni presenti. Per l’Amso erano presenti: Luisa Crescenzi,
Angela Clericuzio, Maria Luisa Rosso, Rino Passalacqua e Maria Sofia
Barbasetti che ha fatto una breve presentazione della nostra attività.
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La LILT (Lega Italiana Lotta Tumori) ha celebrato la Giornata Mondiale senza
Tabacco. I temi trattati sono stati estremamente interessanti, soprattutto quello dell’integrazione delle diverse iniziative del settore,
nonché la proposta di intervenire direttamente nelle scuole per sensibilizzare i giovani, sui
danni provocati dal fumo. La LILT peraltro non
si limita alla lotta al tabagismo, ma vanta un
largo ventaglio di interessi nel settore medico
specifico. Sempre attivo è il numero verde SOS
Fumo 800998877, grazie al quale la LILT fornisce ogni anno informazioni preziose a migliaia
di persone che decidono di smettere di fumare. Per l’Amso era presente Piero Fantozzi.
AMSO è presente su internet alla
voce Oncologia al seguente indirizzo
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25 Maggio 2006
1 Giugno 2006
Presso la Sede Sociale dell’ A.M.S.O. in Via delle
Messi d’oro, 156 Roma, ha avuto luogo la XLIII
Assemblea Ordinaria dei Soci. Erano presenti: il
Presidente prof. Antonio Riccio, il Vice Presidente e
Responsabile di Casa AMSO Sig.ra Lia Rodoletti, il
Segretario Generale e Coordinatore dell’Ospedale
Sig.ra Maria Sofia Barbasetti , il tesoriere Linda
Nardone, i Consiglieri Luisa Crescenzi e M.Gloria
Casentini . Presenziavano inoltre la Sig. Rosanna
Scognamiglio Coordinatrice del Reparto di Radio
Terapia e il Dott. Facciotti Presidente del Collegio
Sindacale.
In apertura dei lavori, il Prof. Riccio ha comunicato
all’Assemblea la Sua volontà di “lasciare” la
Presidenza Amso che per ben dieci anni lo ha visto
impegnato in numerose attività delle quali a solo
titolo esemplificativo, ha tracciato un veloce excursus. Il Relatore ha concluso il proprio intervento
rivolgendo ai partecipanti un invito a sostenere il
nome del Prof. Santoro, per il futuro incarico di
Presidente dell’Associazione.
I lavori sono proseguiti secondo l’ordine del giorno,
con la relazione sull’attività svolta nell’anno 2005,
quindi si è proseguito con la lettura dei bilanci consuntivo 2005 e preventivo 2006 a fronte dei quali
le richieste di chiarimenti avanzate da alcuni
Assistenti Volontari, hanno trovato da parte del Dr.
Facciotti, Presidente del Collegio Sindacale, risposte
ampiamente esaustive. Messi a votazione, i bilanci
sono stati approvati all’unanimità.
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Inaugurazione del nuovo “Centro di Documentazione sul Volontariato
e il Terzo Settore SPES-FIVOL”, con cui si è inteso lanciare, a livello
nazionale, l’unificazione dei patrimoni documentali di SPES e FIVOL. A
seguire si sono presentati i risultati della ricerca” La riforma dei servizi
sociosanitari. L’impegno del volontariato”, volta a mettere in luce modalità e difficoltà che ad oggi caratterizzano la partecipazione espressa
dalla L. 328/00. Per l’Amso: Pina Cervini e Maria Sofia Barbasetti.
21 giugno 2006
3 - 4 Giugno 2006
Roma - Giardini della Mole Adriana Castel Sant’Angelo
Celebrazione della Prima Giornata Nazionale del Malato Oncologico Istituita con la Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla
F.A.V.O ( Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia)
che hanno unito le loro forze per ascoltare con maggiore attenzione le esigenze dei malati e per impegnarsi a fornire loro informazioni e servizi sempre
migliori. Sono state coinvolte nelle due giornate tutte le Associazioni più rappresentative a livello nazionale, senza tuttavia trascurare le realtà associative
minori a livello locale. Le associazioni costituiscono la forza trainante per diffondere la cultura della prevenzione e una maggior conoscenza delle problematiche legate alla malattia cancro. Le associazioni capofila per la realizzazione dei progetti che caratterizzano questa campagna sono: AIMAC - AISTOM ANDOS - FIAGOP - GIGI GHIROTTI - ANVOLT - AILAR - ANTEA.
Anche l’AMSO era presente con uno stand e materiale illustrativo della nostra
attività, condiviso con l’Associazione MOBY DICK. Numerosi volontari Amso
hanno partecipato alle giornate con turnazioni e scambi di ruoli.
17
DEPRESSIONE
E CANCRO
L’umore è sotto i tacchi, alzarsi la
mattina ed iniziare la giornata è
faticoso, viene voglia di piangere, il
cervello è percorso da pensieri
foschi ed inquietanti, il sonno non
è riposo ed una vago dolore interiore si tramuta in tremiti non visibili: è la depressione, la patologia
psichica che sembra voler segnare l’inizio di questo terzo millennio se, come previsto dall’OMS, sarà già nei prossimi anni la
prima causa di invalidità civile nei Paesi cosiddetti civilizzati.
E’ come se l’incredibile accelerazione dei nostri tempi evidenziasse in maniera impietosa la fragilità dell’uomo di oggi: il disagio psichico in generale appare in crescita e l’OMS calcola che
almeno un adulto su cinque nel corso della vita presenterà un
qualche disturbo psichico necessitante cura.
La depressione sembra essere nel complesso una delle patologie psichiche più frequenti; ovviamente alcune condizioni
appaiono più rischiose di altre: per esempio la separazione, le
perdite ed il lutto sono situazioni particolarmente significative
per il manifestarsi della depressione. La malattia in generale e
la patologia neoplastica in particolare costituiscono un evidente fattore di rischio. Infatti alla depressione sembrano particolarmente esposti i pazienti affetti da patologie oncologiche:
secondo molti studi un paziente ogni 5 presenta una patologia depressiva. Ancora più strisciante, in ambito oncologico, è
la cosiddetta depressione sottosoglia, cioè un quadro depressivo non pienamente espresso sul piano sintomatico, ma già in
grado di interferire con la vita del paziente.
Ad alcuni può sembrare scontato che una patologia di così
forte impatto emotivo come quella neoplastica si associ alla
depressione. Eppure questo riconoscimento non è affatto
scontato. Infatti numerosi studi hanno dimostrato che la depressione è sottovalutata nel paziente affetto da patologia neoplastica. I motivi sono molteplici, ma il dato conclusivo è che la
depressione è spesso non riconosciuta e quindi non trattata.
In parte ciò è anche collegato allo stigma che si associa alla sofferenza mentale, alla vergogna ad esprimere la propria sofferenza emotiva, le proprie paure e le angosce, quasi come se
ciò fosse segno di una debolezza da nascondere. In parte lo
scarso riconoscimento della depressione è legato alla necessità di concentrare energie e terapie sulle problematiche neoplastiche e alla tendenza a spiegare le sofferenze emotive
come un inevitabile prezzo da pagare. Infine alcuni sintomi
della depressione vengono attribuiti alla patologia neoplastica
ed alle terapie mediche in atto. Nel complesso comunque, in
percentuali anche pari al 50%, la depressione non viene diagnosticata correttamente.
I criteri per la diagnosi di depressione, in generale, sono costituiti dalla presenza di umore depresso, anedonia (mancanza di
piacere per le attività che comunemente davano piacere al
paziente), perdita dell’energia vitale, della motivazione e apatia,
irrequietezza o al contrario inibizione, alterazioni sessuali, alterazioni dell’appetito e del sonno (insonnia o al contrario
eccesso di sonno), idee di morte, disturbi cognitivi (difficoltà
nella concentrazione, perdita di capacità dell’attenzione, disturbi della memoria), chiusura in se stessi, irritabilità, pessimismo,
sensi di colpa e perdita della stima di se. Ovviamente i quadri
18
*Dott. TONINO CANTELMI
Dirigente Medico Psichiatra
Ambulatorio di Psichiatria- IFO-
clinici hanno una variabilità fenomenologia individuale, una
espressività sintomatica di intensità diversa e una percezione
soggettiva della sofferenza che fanno sì che ogni paziente
depresso sia diverso dagli altri. In ogni caso però la depressione sottrae al paziente la capacità di lottare e di sperare, deteriora i rapporti interpersonali e peggiora in modo significativo
la capacità di reagire alle avversità . Molti definiscono la depressione come la patologia della speranza: un depresso si percepisce infatti proprio come una persona inaiutabile.
E quali sono le conseguenze della depressione quando non
viene riconosciuta e trattata? Sono molte e gravi: non trattare
la depressione significa per esempio incrementare la sofferenza soggettiva, peggiorare la qualità della vita, aumentare la disabilità e persino peggiorare la risposta alle terapie. Alcuni studi
evidenziano come la depressione sia associata ad una maggiore percezione ed intensità del dolore neoplastico, poiché
amplifica la sintomatologia algica attraverso meccanismi neurotrasmettitoriali. Molte e complesse sono le interazioni tra
sistema immunitario e depressione e queste rendono ancora
più forte il legame fra depressione e patologia oncologica. In
generale molti studi evidenziano che la depressione provoca
un deterioramento della risposta immunologia antitumorale. In
alcuni casi è stato evidenziato come la depressione possa precedere l’esordio di una sintomatologia neoplastica, lasciando
inferire complicate interconnessioni tra la patologia depressiva
e quella oncologica.
Non c’è dubbio: l’esame di tutte le ricerche condotte sinora
sul rapporto fra depressione e cancro porta a poter affermare che trattare la depressione è doveroso e che sottovalutarla ha conseguenze dannose per il paziente.
Ci sono molte risorse per la terapia della depressione, piuttosto efficaci e sicure. Gli antidepressivi oggi disponibili sono connotati da un ottimo profilo di sicurezza e tollerabilità, anche in
condizioni di comorbidità con patologie organiche significative.
Permangono molti pregiudizi sull’uso degli antidepressivi
(fanno dormire, danno dipendenza, cambiano il carattere,
ecc...), ma si tratta per l’appunto di pregiudizi, facilmente superabili con una corretta informazione. Peraltro sono molteplici
le prove di efficacia a favore della psicoterapia ad orientamento cognitivo: molti studi controllati evidenziano l’efficacia della
psicoterapia cognitiva nei disturbi depressivi, a volte con risultati sovrapponibili ai trattamenti farmacologici. In altri termini
la depressione non è invincibile e tutti possono riconquistare
la voglia di combattere.
*Il dott. Tonino Cantelmi è Psichiatra e Psicoterapeuta. Autore
di circa 150 pubblicazioni scientifiche e di oltre 20 libri, ha
diretto, tra le altre cose, il Centro per i Disturbi di Attacchi di
Panico e Patologie Correlate presso l’Ospedale “Nuovo Regina
Margherita” ed è stato Direttore dell’Area di Psichiatria
dell’Assessorato Sanità della Regione Lazio; ha avuto numerosi
incarichi di Docenze Universitarie ed è Componente della
“Commissione per la Salute Mentale” del Ministero della
Salute.
E’ Presidente dell’Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri
Cattolici e Presidente dell’Associazione Psicoterapeuti della
Società di Medicina Psicosomatica.
V
MA I VALORI NON POSSONO CAMBIARE
OLONTARI,
NUOVI BENEFICI,
EFFETTI COLLATERALI
di GIORGIO ANDREINA (Delfino)
Il volontariato è in crisi?
Si sta trasformando in qualcos’altro?
Capirne la vera natura e i vantaggi che
porta è anche il primo passo per
trasmetterne i valori, in modo coerente
ai giovani, fin da bambini.
Come tutti i grandi fenomeni sociali, anche il volontariato, crescendo, si è
ramificato in percorsi non tutti e non sempre chiari e condivisibili. Si parla per
esempio di una trasformazione rapida nel terzo settore, per cui i volontari finiscono per essere retribuiti...o di professionisti che si prestano a collaborare
gratuitamente con un’istituzione per trarne vantaggi in termini di immagine da
investire poi nell’attività retribuita.
L’interesse nei confronti del fenomeno pare ridotto, se anche la Fivol
(Federazione Italiana per il Volontariato) è stata costretta, dopo una forte riduzione di finanziamenti, a ridimensionarsi e addirittura a chiudere la sua bella rivista
dopo 14 anni. Le ricerche italiane sul fenomeno hanno privilegiato l’aspetto statistico e sociale: sappiamo quanti erano o quanto sono i gruppi, di quali dimensioni, in
quali regioni, in quale campo specifico svolgono la propria attività ecc,ecc. Meno sappiamo su chi è davvero il volontario, le sue motivazioni e quali vantaggi trae da questa sua attività non retribuita, dal tipo di servizio che ha scelto e dalle persone in stato
di difficoltà con le quali si confronta.
Possiamo rifarci a ricerche condotte negli Stati Uniti, dove sono stati dimostrati gli effetti positivi del volontariato in relazione alla salute sia fisica che psichica. Chi si è assunto la
responsabilità di donare tempo ed energie ad ammalati, anziani, carcerati, tossicodipendenti e
così via, presenta un quadro generale assai migliore rispetto al resto della popolazione.
GLI EFFETTI DELLA SOLIDARIETA’
Ricerche scientifiche hanno dimostrato che la solidarietà concreta può avere conseguenze più
ampie e profonde, cioè a più vasto raggio rispetto alla cerchia ristretta dei beneficiati e dei
benefattori
Da un campione di 1.800 volontari ospedalieri, è emerso che essi risultano più vitali, più sani
e sereni, meno depressi e sostenuti da un maggior senso di autostima rispetto alla media della
popolazione. Il contatto con chi ha bisogno, infatti, arricchisce l’esistenza, mostra situazioni interessanti, anche nella loro frequente drammaticità, aiuta a riconsiderare le proprie priorità e a
dare maggior peso alle cose più importanti. Inoltre rende più consapevoli delle proprie doti: il
coraggio, la generosità, la costanza, e l’ottimismo.
DARE IL MEGLIO DI SE
Di questi aspetti parla un recente libro di Marino Parodi “Scopri la forza della gioia che è
in te. 10 piccoli passi per la felicità”. Il saggio sottolinea che, grazie alla donazione, viene a
cadere o almeno a ridursi l’ansia del risultato legato alla prestazione: quando si dona liberamente tutto fluisce più spontaneamente e l’attenzione si sposta dal risultato alla donazione.
Un monito che spesso viene portato a chi si occupa molto degli altri è che non perda di vista
sé stesso. Alfred ADLER, uno dei maggiori psicologi del secolo scorso, lo definiva un falso
problema. Adler che dell’altruismo e della solidarietà aveva fatto una scuola di vita, ripeteva
che se una persona sceglie il contributo come significato di fondo della propria esistenza, dovrà
per forza dare il meglio di sé per raggiungere lo scopo. Diventerà sempre più ricettiva nei confronti delle necessità altrui e tenderà ad evolversi costantemente. Ma forse è il momento di
ripensare bene ai significati veri del fare volontariato, qualcosa che si fa per gli altri ma prima
ancora per sé stessi. Chiarirsi i principi più autentici del volontariato è anche il primo passo
per trasmetterli, in modo coerente ai giovani, fin da bambini.
E di giovani capaci di apprezzare la forza interiore, la passione, la bellezza e il valore sociale del
volontariato, la nostra società ha sempre più bisogno. Anche per aiutare questi giovani a crescere e a maturare come persone responsabili e capaci di solidarietà.
19
incontri
di ADRIANA LUCARELLI
...e qualche volta trova
“Un ricercatore è colui che cerca, non necessariamente colui che trova”. L’incipit del suo racconto preferito le tornò alla mente e intanto, con passo rapido percorreva i lunghi corridoi che portavano verso il Reparto dove prestava assistenza. “Chi incontrerò oggi?” Si
chiese formulando la domanda che si poneva ogni volta prima di iniziare il turno di servizio: la domanda che in qualche modo esprimeva il desiderio di potere interagire efficacemente con i pazienti che avrebbe incontrato, ma anche quella che le permetteva di
allontanare dalla sua mente pensieri e preoccupazioni personali. Quel pomeriggio
conobbe una paziente: Lucia, una donna bionda con gli occhi azzurri, lo sguardo mesto
e il volto solcato da una profonda sofferenza. La salutò con simpatia e Lucia, mostrando interesse verso il camice che
indossava, rispose al saluto.
Durante gli anni di volontariato, aveva compreso che nel servizio in ospedale, vigono regole diverse e quasi opposte
rispetto a quelle consuete della vita quotidiana: non è necessario lottare contro la diagnosi perché questa è stata già
decretata; non bisogna parlare molto: la comunicazione avviene secondo canali diversi, spesso non verbali... E’ necessario
acuire l’osservazione e prestare un’attenzione sempre vigile. Ci sono degli indizi che possono favorire il contatto. Il timbro e l’accento della voce che esprimono lo stato d’animo del paziente le sue radici linguistiche e culturali, poi gli oggetti poggiati sul comodino: rari e preziosi testimoni di un’identità sofferente e di un vissuto fuori dall’ospedale.
“Da quanto tempo è in Reparto?” “Una settimana” rispose Lucia. “Esco domani”. A differenza di altre volte, quando la
notizia di poter tornare a casa aveva rappresentato per un paziente motivo di contentezza, non vide nessun lampo di
felicità nello sguardo di Lucia. “Tre settimane fa ero venuta e mi avevano praticato una quadrantectomia, poi mi telefonarono e mi dissero di tornare: bisognava togliere tutto!” Con una mano si toccò la parte sinistra del torace indicando il
seno che non c’era più. “Capisco” disse la volontaria. E Lucia subito aggiunse: “A me non interessa, purché abbiano tolto
il male”. La volontaria avvertì una dicotomia fra quelle parole pronunciate a bassa voce e il suo sguardo triste. Le prese
una mano e allora avvenne un fatto imprevisto. Gli occhi di Lucia diventarono rossi e umidi. “Non bisogna avere paura
delle emozioni.” Pensò rapidamente la volontaria. Avvertendo la tristezza di Lucia, l’abbracciò e lei, forse sentendosi compresa, si concesse di esprimere tutto il suo dolore con un pianto lungo, sconsolato e silenzioso.
“Lei è calabrese?” accennò la volontaria. Gli occhi di Lucia si illuminarono. “Sì, vengo da Sibari, provincia di Cosenza; mia
figlia abita a Roma col marito: lavorano con i computer, ma gli altri due figli sono a casa con mio marito. Domani verranno a prendermi, tutti assieme”.“Suo marito è stato a Roma?” chiese la volontaria e Lucia subito replicò:“Sì, mi ha accompagnato ed è rimasto due giorni soli dopo l’operazione perché da mia figlia non c’era possibilità. Loro hanno solo una
camera. La vita a Roma è cara”. “E’ vero, replicò la volontaria. Poi aggiunse:“Noi abbiamo una casa per i pazienti che vengono da lontano: si chiama “Casa Amso” ed è assolutamente gratuita”. “Davvero?” “Si”, ribadì la volontaria che poi scherzosamente aggiunse: “Certo non ci si può presentare con tutta la famiglia!”. Lucia sorrise e lei le mostrò una locandina di
Casa Amso, spiegandole come funzionava la prenotazione.“Se dovrà tornare per un controllo con suo marito, potrà telefonare o farsi prenotare una stanza da sua figlia che è brava con il computer!”. Lucia la guardò con riconoscenza e serbò
con cura la locandina.
Ora Lucia era sorridente e sembrava finalmente serena. Ma, la volontaria sapeva che il problema maggiore di Lucia, in
quel momento, era l’amputazione del seno. Le disse: “Quando uscirà dal reparto, con il foglio di dimissioni può andare
dal suo medico di famiglia che le prescriverà una protesi. Ne ha pieno diritto e la ASL gliela consegnerà gratuitamente”.
Lucia l’ascoltò con interesse. Lei continuò: “Intanto, se crede, noi dell’Amso possiamo darle una protesi provvisoria: qualcosa che può utilizzare subito, quando esce domani”. Il volto di Lucia diventò raggiante. E finalmente si confidò: “Sa, io mi
vergognavo a farmi vedere così!” Dopo qualche minuto la volontaria tornò nella stanza e quando la vide entrare Lucia
le andò incontro contenta. Osservò la protesi sigillata, corrispondente alla sua misura: un preziosissimo dono che la fece
sorridere soddisfatta. Poi, guardando la volontaria con gratitudine le disse: “Che Dio la benedica!”
Quel pomeriggio, percorrendo a ritroso i corridoi che portavano verso l’ufficio dell’Associazione, la volontaria pensò: “Un
ricercatore è uno che cerca e che qualche volta trova...”
20
LA RICERCA PRIMA DI TUTTO
A cura di MASSIMO BALLETTI
Da OK-La salute prima di tutto- maggio 2006
DOVEVA SCOVARE LE MINE;
OGGI SCOPRE SE LA PROSTATA
È OK: IN DUE MINUTI
Prof. LUCIO MIANO*
Succede come all’aeroporto, quando passi al metal detector. La differenza è che invece di segnalare il metallo nascosto, questo nuovo strumento scopre se c’è qualche problema alla prostata; ipertrofia, infiammazioni, calcificazioni, ma
soprattutto tumori maligni.
Ha una buona affidabilità, anche se è ancora in fase sperimentale, ed elimina l’imbarazzo, insostenibile per molti uomini, di subire una visita rettale o un’ecografia trans-rettale.
Si chiama Trimprob, ed è un’invenzione italiana.
L’esame con il Trimprob (questo è il nome dello strumento) viene eseguito passando l’attrezzo a pochi cm. dal
paziente, che non deve nemmeno svestirsi. Il tutto dura
appena due o tre minuti e fornisce un immediato riscontro:
su un monitor compare infatti, fin dall’inizio, una linea tratteggiata rossa. Se rimane fino al termine dell’ispezione, va
tutto bene e si torna a casa tranquilli. Se invece scompare,
qualche problema c’è e bisognerà avviare nuovi accertamenti. Il Trimprob attualmente viene sperimentato in una
quarantina tra ospedali e cliniche private. Non può ancora
sostituire gli esami tradizionali, ma appare in grado di affiancarli. E infatti il Servizio Sanitario Nazionale lo
rimborsa, assimilando i risultati ottenuti con questa tecnica alle ecografie. Il Trimprob è una sonda cilindrica lunga circa 30 cm. che emette onde elettromagnetiche a diverse frequenze. Se le onde incontrano una
massa tumorale, interferiscono con le cellule cancerose ed entrano, come dicono i fisici, in risonanza.
Il Trimprob non danneggia i tessuti, perché emette onde di
potenza molto debole, simile a quelle dei telefoni cellulari
ed è infinitamente meno invasivo di altri esami.
E’ stato calcolato, a questo proposito, che il rifiuto di sottoporsi all’esplorazione rettale è in qualche modo collegabile
a circa un terzo delle malattie prostatiche più gravi, che non
vengono diagnosticate in tempo proprio per questo timore. Dal marzo 2004 ad oggi, circa 2000 persone sono state
esaminate con questa attrezzatura all’ospedale Sant’Andrea
di Roma, ed altre migliaia nei vari centri sparsi per l’Italia.
Il Trimprob può escludere la presenza di un tumore con
un’attendibilità del 95%. Non è il 100% però ci siamo vicini.
Ma è altrettanto in grado di trovare un tumore, e lo fa con
grande accuratezza, come dimostra lo studio eseguito su
750 pazienti con un sospetto di neoplasia alla prostata.
Quando l’apparecchio ha indicato la presenza del tumore,
nel 73% dei casi anche la biopsia ha confermato la diagnosi.
Certo, per quanto riguarda il Trimprob non siamo ancora
nella fase definitiva e lo stesso ministero della Salute ha
chiesto ulteriori approfondimenti. Al momento possiamo
dire che lo strumento può aiutarci a individuare le situazioni in cui qualcosa non va.
*Prof. LUCIO MIANO
urologo
Laureato in medicina e chirurgia all’Università di Pavia,
specializzandosi poi in Urologia all’Università La Sapienza
di Roma e Primario dell’Unità Operativa Complessa di
Urologia dell’Ospedale Sant’Andrea, che è sede della seconda facoltà di medicina e chirurgia.
L’INVENTORE È UN FISICO PUGLIESE
L’inventore del Trimprob è un fisico pugliese laureato
anche in ingegneria Clarbruno Vedruccio, 49 anni, che
insegna metodologia della ricerca all’Università di Urbino,
ma ha studiato a lungo negli USA senza mai occuparsi, in
verità, di questioni mediche. Il Trimprob deriva da un’apparecchiatura destinata a scopi militari: doveva servire
per scoprire le mine antiuomo nascoste nel terreno. Come ha fatto Vedruccio a capire che il Trimprob
poteva essere utile anche in medicina? “Durante le ricerche” - racconta, “ mi era venuta la gastrite. Passandomi la
sonda all’altezza dello stomaco, ho visto che mi segnalava
un’infiammazione...allora ho
capito che funzionava!”
“Se il metodo venisse valutato da
studi approfonditi, potremo considerare un possibile allargamento della metodica
ad altri tumori” - dice
Umberto Veronesi “All’Istituto europeo
di Oncologia di
Milano ne stiamo saggiando
le potenzialità
sul fronte del
tumore al seno”.
Clarbruno Vedruccio
21
Angoli di
di FRANCESCO AVALLONE
Roma
ARA PACIS
(prima parte)
“Quando tornai a Roma dalla Gallia e dalla Spagna, sotto
il consolato di Tiberio Nerone e Publio Quintilio, compiute
felicemente le imprese in quelle province, il Senato decretò
che per il mio ritorno si dovesse consacrare l’ara della Pace
Augustea presso il Campo Marzio e dispose che in essa i
magistrati, i sacerdoti e le vergini vestali celebrassero ogni
anno un sacrificio”. Con queste parole, tratte dalle Res
Gestae*, Augusto ricorda la decisione del Senato romano di
dedicargli un altare della pace per celebrare il suo ritorno.
L’altare fu inaugurato nel 9 secolo a.C.: era nata l’Ara Pacis.
I suoi primi reperti vennero alla luce nel 1568, quando, nell’attuale Via in Lucina, vennero trovati nove blocchi di
marmo scolpiti. In quell’area, al tempo dei Romani conosciuta come Campo Marzio, c’era anche un orologio solare
(Horologium), costituito da uno gnomone, cioè da un
monolite di granito, alto 21,80 metri, portato a Roma nel
10 a.C. dal tempio di Heliopolis e collocato nell’odierna
Piazza del Parlamento, e da una superficie lastricata trapezioidale, di circa 110 metri per 60 metri (arrivava fino all’attuale Largo Goldoni) sulla quale un reticolo di listelli di
bronzo disegnava i quadranti di una immensa meridiana
recante i simboli dei mesi, dei giorni, delle ore e dei segni
zodiacali.
Per farsene una idea basta recarsi in Via Campo Marzio: lì,
al civico 47, tra le due porte di un bar, c’è una riproduzione in scala dell’Horologium. Il civico 48 della stessa via è un
edificio in disuso, frequentato solo da un calzolaio e dai suoi
clienti: e otto metri sotto il livello stradale, nelle cantine, c’è
un tratto di superficie lastricata, che fino a una decina di anni
or sono, era visibile grazie alla disponibilità del ciabattino,
che aveva le chiavi per l’accesso; ora non più perché la
struttura è priva dei requisiti di sicurezza.
Miglior sorte è toccata all’obelisco, che Pio VI fece restaurare e trasportare in Piazza Montecitorio, dove fa bella
mostra di sé. Dal momento che le cose o si fanno bene o
non si fanno affatto, Augusto fece disporre le due strutture
in modo che il 23 settembre, giorno della sua nascita, l’ombra dell’obelisco si proiettasse sull’Ara Pacis. Quando si dice
la modestia di un predestinato!
Negli scavi del 1937, vari elementi decorativi vennero riportati alla luce con prodigiose tecniche di congelamento del
22
terreno, il cui utilizzo fu necessario per la salvaguardia degli
edifici soprastanti in presenza di una falda acquifera.
All’approssimarsi del bimillenario della nascita di Augusto,
con l’intento di porre in evidenza le grandi opere romane,
era iniziata la demolizione delle strutture adiacenti il
Mausoleo di Augusto, con il risultato, tra l’altro, di lasciare
prive del contesto in cui erano state concepite le due chiese vicine: San Rocco e San Girolamo degli Illirici, affiancate su Via di Ripetta.
Davanti all’edificio c’erano due obelischi: uno nel 1587 fu
fatto collocare da Sisto V all’Esquilino (facciata posteriore
della basilica di Santa Maria Maggiore, l’altro nel 1786 fu
fatto collocare da Pio VI nel gruppo della fontana di Monte
Cavallo, cioè davanti al Quirinale). Secondo un primo progetto del 1935 la prospettiva principale del complesso si
doveva avere da Via del Corso; Mussolini intervenne nell’iter progettuale e decise che la visione principale dovesse
aversi dal Tevere. Sempre nell’ambito della politica di valorizzazione della romanità, nel 1937 Bottai e Mussolini decisero che l’Ara Pacis dovesse essere ricostruita nei pressi del
Mausoleo. Il progetto definitivo per la nuova collocazione fu
presentato nel novembre dello stesso anno: mancava meno
di un anno al 23 settembre 1938, data fissata per la celebrazione del bimillenario.
* Le “Res Gestae Divi Augusti” sono il racconto della carriera politica dell’Imperatore. Incise in bronzo ornavano il
Mausoleo. Una loro copia è conservata nel “monumentum
Ancyranum”, ad Ankara. Chi non ama i lunghi viaggi può
vedere una copia della copia al Museo della Civiltà Romana,
a Roma, zona Eur.
ASSOCIAZIONE PER L’ASSISTENZA
MORALE E SOCIALE NEGLI
ISTITUTI ONCOLOGICI
L’A.M.S.O. è stata fondata nel 1968 allo scopo di fornire un servizio di sostegno ed
informazioni ai malati ricoverati presso il Polo Oncologico Istituto Regina Elena.
Ente riconosciuto con D.P.R. n. 16/5/1972 (G.U. n. 205 del 7/8/1972 - Iscr.ne Registro Regionale D.P.G.R.
n. 664 del 18/4/1994) - ONLUS ai sensi del D.L.G.S. 460/1997, art. 10, comma 8 - C.F. 97025440583
37 anni di assistenza
al paziente oncologico
Le attività dell’Associazione
• Sostegno ed informazione nell’atrio dell’ospedale
• Sostegno ed informazione nei reparti di
• Assistenza ai pazienti in fase di ricovero
• Assistenza morale e sociale ai pazienti oncologici
radiodiagnostica, radioterapia ed ematologia
nei reparti di degenza e in dayhospital e ai parenti
di pazienti ricoverati
• Casa di accoglienza A.M.S.O.
• Acquisto di materiale protesico provvisorio per
• Acquisto di materiale utile a migliorare la qualità
pazienti mastectomizzate
• Servizio gratuito di parrucchiere alle pazienti
della degenza
• Numero verde per ogni informazione
• Periodico di informazione “AMSO Oggi”
• Corsi di formazione per assistenti volontari
ricoverate
Una casa
una famiglia
Casa di accoglienza A.M.S.O.
La casa nasce e si mantiene
esclusivamente grazie ai
contributi versati volontariamente da privati.
La casa ospita gratuitamente malati oncologici
(non residenti a Roma), in
cura presso l’Istituto
Regina Elena, accompagnati anche da un parente.
L’ospitalità viene concessa
esclusivamente a persone
segnalate dagli Assistenti
A.M.S.O. presso l’ospedale
e attraverso il
NUMERO VERDE 800-015341
(il prossimo corso inizierà il 6 novembre 2006)
Servizio operativo presso
Polo Oncologico - Istituto Regina Elena
Via Chianesi, 53 - 00128 Roma
Segreteria
Via delle Messi d’Oro, 156 - 00158 Roma
Tel./fax 06.4181822 - 06.52662107
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intestati a: A.M.S.O. Associazione Assistenza Morale
e Sociale negli Istituti Oncologici
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23
CASA
AMSO
ASSOCIAZIONE
PER L’ASSISTENZA
MORALE E SOCIALE
NEGLI ISTITUTI
ONCOLOGICI
casa
amso
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i Medici dell’Istituto “Regina
Elena per lo studio e la cura
dei tumori” di Roma
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dal lunedì al venerdì
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