1 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti RODOLFO RIDOLFI Per lamor dei poeti o principessa dei sogni segreti appunti su Dino Campana Edizioni Centro Studi Campaniani Enrico Consolini DINOC.PM5 1 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 2 © Rodolfo Ridolfi © Dicembre 2005 Tutti i diritti riservati. Senza regolare autorizzazione dellautore è vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia. In copertina: Francesco Galeotti Omaggio a Dino Campana DINOC.PM5 2 01/12/105, 17.07 3 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti INTRODUZIONE Ho scelto come titolo di questi miei appunti su Dino Campana Per lamor dei poeti o principessa dei sogni segreti per due motivi. Nel manoscritto de Il più lungo giorno Dino Campana titola questa lirica, inserita fra Linvetriata e La notte di fiera, Sul torrente notturno. La speranza, un vero e proprio scrigno dei sogni, delle speranze, delle illusioni e delle disillusioni del Grande Marradese. Lesaltazione della Poesia come unico antidoto alla forza inarrestabile di un percorso già scritto. Solo la poesia ci salverà. La seconda motivazione riguarda le sensazioni più autentiche che mi hanno spinto a questo lavoro, e fra queste lamore per la Poesia e la nostra meravigliosa lingua. Questo mio scritto nasce appunto dallamor dei poeti. La mia raccolta giovanile, dal titolo assai presuntuoso Weltanschauung del 1970, racchiude nella voglia di Poesia il programma del mio interesse più vero: arrivare a Campana, pur muovendo scolasticamente da DAnnunzio, poco amato, e transitando per Pascoli, più che dignitoso. Oggi per me Campana visto sempre più da vicino e sempre più contaminato da Dante, Leopardi, Verlaine e Whitman, diventa il gigante che si è rivelato nella sua poesia. In queste mie pagine, coltivo lambizione, come tanti appassionati campaniani, di aggiungere qualcosa di autentico sul piano critico e di vero su quello più semplicemente biografico. Lo studio e la ricerca sullappassionante vicenda letteraria ed umana del grande poeta di Marradi è infine il tentativo, un po egoistico e per alcuni forse, riduttivo, di ricordare come, nella dimensione universale che la Poesia di Dino Campana ha raggiunto, un po del suo sangue sia rimasto lassù, fra le rocce di Marradi, mescolandosi idealmente con il nostro. Marradi, dicembre 2005 DINOC.PM5 3 LAUTORE 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI DINOC.PM5 4 4 01/12/105, 17.07 5 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti PREFAZIONE di Christophe Mileschi Pochi poeti hanno suscitato schieramenti critici, pro o contro, così appassionati, verrebbe quasi da dire, così accaniti come Campana. I contro hanno a lungo dominato il campo, contribuendo, nella scia dei primi e famosi detrattori, a portar avanti tutta una serie di giudizi (e pregiudizi) e di concetti (e preconcetti) che non resistono ad una lettura attenta, seria ed equa della poesia del Marradese. Col passare degli anni, appare ormai fin troppo ovvio che chi decretò Campana troppo folle, o troppo rozzo, o troppo incolto e via dicendo per esser detto poeta genuino, ben poco aveva da dirci sul testo (che alla fine è quello che ci resta e vale, e con cui dobbiamo fare i conti), ma molto ci diceva (magari inconsciamente) su sé stesso, sulla propria insofferenza nei confronti dellesplosivo e geniale autodidatta, sui propri difficili rapporti con la cultura, con laudacia artistica ed intellettuale, con la nozione stessa di poesia, sulla propria paura della follia, e sulla propria riluttanza ad accogliere, in una tradizione poetica italiana che non aveva avuto (e non voleva) i suoi maudits, una voce decisamente anomala. Dico «anomala», ma meglio dovrei dire, considerando letimologia, «enorme». La poesia di Campana, infatti, non è a-normale, non è affatto priva di norme, e non potrebbe comunque esserlo (un discorso, per quanto sconvolto, presuppone necessariamente un codice, un sistema di regole e valori, non solo grammaticali); è poesia «e-norme», poesia in movimento, in fuga fuori dalle norme: da quelle vigenti a quei tempi (norme sociali, certo, si pensi alla vita scandalosa di Dino; norme estetiche anche, linguistiche, e poi concettuali, nazionali, spazio-temporali, epistemologiche ), ma pure (ed è laspetto più sconcertante, più terribile, più duraturo anche di quanto Campana ha lasciato) dalle norme che il testo stesso, per farsi, assume, accetta per buone, ma sempre provvisoriamente, ricusandole poi, anzi: contemporaneamente, nel suo disfarsi. E Campana sapeva, sapeva perfettamente, e comunque molto meglio di chi credette di poterlo liquidare convocando DAnnunzio, la psichiatria o la propria scienza catalogale, di scrivere così, e perché scriveva così: Fabbricare fabbricare fabbricare, Preferisco il rumore del mare Che dice fabbricare fare e disfare DINOC.PM5 5 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 6 Fare e disfare è tutto un lavorare. Ecco quello che so fare. In questa nenia di pochi versi, posteriori ai Canti Orfici, Campana racchiude con mirabile lucidità e concisione gli annessi e connessi della propria poetica. Il rifiuto di fabbricare poesia, di fabbricare e basta, di produrre versi applicando qualche metodo, sfornandoli da qualche stampo. Rifiuto che è anche agli albori dellera (che è tuttora e più che mai la nostra) della mercificazione della letteratura, quella che Campana chiamò lindustria del cadavere una precisa presa di posizione ideologica; la natura (qui il mare, in altri testi la montagna, la pampa, lacqua sorgiva, la stessa roccia, ferma solo in apparenza ) come modello (irraggiungibile) dellarte più autentica, perché sempre travagliata dal movimento, dalla tensione centrifuga. Limproponibilità, perciò, di unarte che si rapprenda in canoni definitivi (siano essi «tradizionali» o davanguardia), che diventi «scuola», emani «manifesti», promulghi nomenclature estetiche (da qui la convinzione che Campana, nella sua tragica coerenza, non abbia lasciato testi teorici, il che non vuol dire che la sua poesia non sia altamente teorizzabile). E, in positivo, laffermazione della propria scelta poetica ma anche esistenziale: fare e disfare, non arrestarsi mai paghi del proprio operato, nonostante la fatica, la sofferenza, e tendere sempre a una vita-poesia che piega, che piega e non posa, specchio della vita del clochard di Marradi, e del periodare del suo canto. E a chi pensasse di poter asserire che la sua poesia sgorga spontanea (e perciò, sempre un po sospetta) dai recessi dellanima, della follia o della rozzezza montanara, Campana risponde: il «fare e disfare è tutto un lavorare», la poesia campaniana è frutto di vigile sforzo, i suoi canti monumenti di tenacia solitaria, sapientemente pensati e organizzati, come la critica più attenta sta ormai, del resto, sempre meglio accertando. Nella forma dei versi sopraccitati, così falsamente facile e ludica, vi è poi qualcosaltro: limplicito distacco dalla propria arte (gli ormai noiosi canti orfici, li chiamerà lautore in una lettera dal manicomio), una forma di autoironia, la consapevolezza di quanto irrilevanti siano, alla fine, la vita delluomo e tutta la sua arte, dinnanzi allimmensità del tempo e dello spazio. Sbaglia dunque di grosso, chi si ostina a vedere in Campana il tipo del poeta ingenuo, grezzo, incolto, e via dicendo. I suoi canti cercano, sì, di accordarsi, forse di fondersi con una musica primordiale, una tellurica melodia, ma sanno, come ben DINOC.PM5 6 01/12/105, 17.07 7 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti pochi poeti del suo tempo seppero, che il traguardo non esiste, che la poesia non consegue risultati (come il mare non si ferma mai in una posa), e il poeta è colui che senza tregua cerca, fa e disfa e rifà, tenendo presente la molteplicità dei possibili discorsi, delle possibili rappresentazioni, e la loro irrimediabile insufficienza, colui che vive e scrive sapendo che vivere e scrivere vuol dire errare attraverso la lunga notte piena degli inganni delle varie immagini. La poesia di Campana è ricchissima di splendide formule, che dimostrano che l'Autore aveva maturato in modo non comune una insolita esperienza umana: esistenziale e culturale. È davvero sorprendente che, per lo meno in Italia, qualcuno, anche fra i critici più autorevoli, continui a non riconoscere nel poeta marradese una delle più grandi, lucide, profonde intelligenze poetiche, non solo del suo tempo. In Francia, cè chi non ama Rimbaud, Lautréamont, Nerval, Breton o Aragon; ma a nessuno verrebbe in mente, per giustificare il proprio giudizio, di dichiarare che non sono veri e propri poeti, o sono poeti solo a metà, o sono poeti sì, ma finché non versano nella pazzia (nel caso di Artaud, per esempio). Da anni ormai, molti si impegnano in un disfare i più rappresi luoghi comuni della critica campaniana, per aprir il campo ad altri discorsi. Non avrebbe senso citare i nomi di tutti gli studiosi, poeti, artisti, ed altri operatori culturali, che vi hanno contribuito, mossi dalla passione, dalla convinzione che a Campana fosse toccato una sorte ingiusta in vita ma anche, e più, in arte. In questa sede, basti dire che la nascita del Centro di Studi Campaniani ha segnato una tappa decisiva di questo processo, che possiamo ben chiamare di riabilitazione. Le numerose iniziative e manifestazioni promosse dal Centro stanno legittimando ormai altre immagini di Campana-uomo, scevre di false mitologie; mentre i lavori critici, come questo di Rodolfo Ridolfi, continuano a dimostrare che Campana, come poeta, era quanto mai consapevole del contesto in cui scriveva e delle poste (anche metaletterarie) in gioco nella scrittura; ben lungi dallessere sceso impreparato dalle sue montagne, Campana si inseriva in realtà, prima di tutti gli altri, nel concerto della poesia e del pensiero mondiale, parlando a noi, hic et nunc, della nostra condizione errabonda, cantando la nostalgia infinita della notte chiomata di muti canti, pallido amor degli erranti. Settembre 2005 DINOC.PM5 7 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 8 Poesia LETTERATURA È VITA! Ho sofferto là sulle rovine dignitose della sporca era dannunziana. Sono qui presente a questa vita umile di sempre che Pascoli ha segnato con il tratto profetico della sua penna. Torneremo lassù per sentire insieme con animo nuovo i Canti Orfici. Da WELTANSCHAUUNG di Rodolfo Ridolfi (Editrice Mondo Letterario - Milano, 1970) Stefano Scheda L'incontro di Regolo 1997 DINOC.PM5 8 01/12/105, 17.07 9 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti LA VITA Dino Campana era tarchiato, di mezza statura, si sarebbe detto un mercante, a giudicarlo dallapparenza, un eccentrico mercante con magri affari. Le commesse dei bar, i camerieri e gli estranei lo guardavano con circospetta ilarità. Aveva una lunga capigliatura biondo-rosso, folta e ricciuta, che gli incorniciava un viso di salute; due baffetti che sarrestavano allangolo delle labbra, e una barbetta economica che non sallontanava troppo dal mento. Nasce a Marradi, ultimo comune della Provincia di Firenze (Romagna Toscana) nella valle del Lamone, il 20 agosto 1885, da Giovanni, maestro elementare, e da Francesca Luti (detta Fanny), casalinga. La sua casa natale era in via Celestino Bianchi (nel quartiere vicino al Fiume detto lInferno) poi bombardata e distrutta durante la seconda guerra mondiale. Ha vissuto gran parte dei suoi giorni marradesi nella casa Campana di Via Pescetti. Il padre fu sempre affettuoso e comprensivo con lui; la madre, invece, definita con un po troppa fantasia unEmma Bovary senza il coraggio delladulterio, dicono smettesse di seguire il primogenito Dino alla nascita del secondo figlio Manlio, avvenuta nel 1888. Il rapporto fra Dino e la madre diventa un rapporto difficile, quasi di rifiuto. Dopo la nascita di Manlio, il Cocco, scriverà Giovanna Diletti Campana, Dino passò in seconda, o per meglio dire in terza linea. Ninni (Manlio), sempre Ninni, solo Ninni. Per questo, probabilmente, il poeta non sentì mai la madre realmente vicina e nutrì nei suoi confronti una forma dintenso odio-amore che sfogava in ricorrenti atti di aggressione. Proprio di aggressività morbosa in famiglia comincia a dar prova il giovane Campana - secondo quanto riferì il padre al professor Brugia (direttore del manicomio di Imola) - già nel 1900. Quello della malattia mentale di Campana è uno dei capitoli della sua vita più difficili da penetrare per comprendere meglio il suo universo. Da un lato, infatti, si è cercato di allontanare il problema del poeta pazzo senza neanche affrontarlo minimamente; dallaltro, invece, si è fatto ricorso troppo spesso alla nevrosi di Campana per ricercare nella sua opera il frutto della favorevole congiuntura genio-follia. DINOC.PM5 9 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 10 Lelemento biografico della pazzia nulla toglie o aggiunge alla grandezza della sua opera. Bisogna tuttavia tener conto, nellanalizzare questaspetto di Dino Campana, che in quegli anni ai Sindaci e ai Regi Pretori era dato lincarico di disporre lammissione dei dementi nei manicomi provinciali per un periodo dosservazione. Basterebbe questo per capire quanto approssimativa e arbitraria poteva essere una diagnosi così delicata come quella della malattia mentale, sebbene la decisione per lammissione in via definitiva negli ospedali di degenza spettasse agli psichiatri del tempo (ligi al principio che un sano in un manicomio non danneggia nessuno, salvo se stesso, mentre un demente dimesso è sempre un rischio, soprattutto per il medico che prende la decisione). Campana, quando era in uno stato di turbamento, non scriveva una sola riga, figuriamoci quando era pervaso dai momenti di crisi. In questa situazione Campana dopo i frequenti ma saltuari soggiorni in vari ospedali psichiatrici, fu internato definitivamente nellOspedale di Castel Pulci nel gennaio 1918 dove, alternando periodi di lucidità a ricadute, morì dopo unagonia di sei ore il 1 marzo 1932 per una presunta setticemia acuta contratta improvvisamente non si sa bene se per una ferita causata da un filo spinato, da un coltello da cucina o da un ferro da calza. Come un pazzo dei tanti, Campana fu sotterrato nel cimiterino di San Colombano, prossimo al manicomio. Il destino delle spoglie di Campana sarebbe stato quello di essere disperse, se non fosse stato per lintervento di Piero Bargellini. Questultimo si preoccupò di raccogliere il denaro sufficiente affinché la salma non fosse dispersa e le si trovasse una sistemazione migliore. Piero Bargellini si fece promotore di una sottoscrizione per raccogliere il denaro sufficiente a riscattare i resti del poeta dalla fossa comune cui erano destinati. Ma il risultato della questua fu misero e il progetto sarebbe rimasto tale se non fosse intervenuto il Ministro Bottai a far restaurare una cappella della vicina chiesa di Badia a Settimo e a disporre tutto affinché le ossa di Campana avessero la loro degna sepoltura, ed il segno della sua tomba restasse. Il 3 marzo 1942, a dieci anni dalla sua morte, Bargellini aveva invitato i fedeli di Campana alla sua tomba. E sulla piazza della stazione di Firenze, Bottai aveva dato loro appuntamento alle nove. Con DINOC.PM5 10 01/12/105, 17.07 11 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti Bottai era Lazzari. E cerano Papini e Attilio Vallecchi, Bargellini, E. Montale, Russo, De Robertis, Falqui, Timpanaro, Lisi. E Ottone Rosai, e Fallacara, con Papini, i soli a ricordare il volto vivo di Campana. E poi Gatto, Luzi, Parronchi, Bigongiari, Bo, Seroni, Berti, Santi, Hermet, Conti. Nel 1944, purtroppo, il campanile della Badia fu distrutto e così anche la cappellina scomparve, e fra le macerie sintravedeva la lapide di Dino Campana spezzata. Il 7 dicembre 1946 si trovò una nuova sistemazione ai piedi della navata sinistra della chiesa restaurata. Continuiamo a pensare che forse luogo migliore per la sua sepoltura sarebbe stato fra i suoi monti. Circa gli studi di Campana, sappiamo che frequentò le elementari a Marradi, dove lo zio Torquato era direttore didattico, poi studiò nel Convitto dei Salesiani di Faenza (1897-98) e nel Liceo-Ginnasio Torricelli (1899-1901); lo troviamo anche al Liceo DAzeglio di Carmagnola (Torino) dove ottiene la licenza. Nel 1903 si iscrive alla facoltà di Chimica pura di Bologna, lanno dopo passa a Chimica farmaceutica e si trasferisce a Firenze, allistituto di Studi Superiori; al quarto anno torna a Chimica pura (1906-1907). Era stato lo zio Torquato ad indirizzare Dino agli studi scientifici ma Campana, pur attratto dal genere di studi universitari che seguiva (in cui i procedimenti di separazione delle sostanze in base alle loro proprietà, la loro conseguente descrizione e trasformazione in altri elementi composti, rimandano ad unipotetica assimilazione alchemica di pensiero) non fu mai veramente dedito alla Chimica. Di Dino Campana ricorda nel suo libro lamico Mario Bejor di Bagnacavallo: Non lo vidi mai al tavolo da gioco, mai alterato dal vino o da liquori: come ho già detto, il suo eccitante favorito, necessario, era il caffè. Aveva vissuto un anno in montagna, segregato dal genere umano intellettuale, presso il montanaro Pietro Donatini di Cignato di Marradi. Correva tutto il giorno pei monti, spesso col fucile; e gli avveniva anche nelle sue trasposizioni del reale duccidere un agnello, che aveva un padrone, e pretendere di cuocerlo a mò di selvaggio fra gli sterpeti. A notte si metteva a scrivere al chiarore dun lume a petrolio, su la piccola tavola lasciatagli libera dai montanari andati a riposare; la cucuma del caffè, sola amica, presso. Lasciò lassù, quando dovette andarsene, DINOC.PM5 11 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 12 per la ribellione dei locatori alle stravaganze preoccupanti del Mat Campana. Un desiderio nostalgico di quel modo di vivere gli era rimasto e lo si sentiva uscire in queste espressioni: Andare sulla vetta della montagna ed arrostirsi la pecora uccisa! In questo amore per la natura selvaggia e per la solitudine che vi si accompagna, si coglie in lui un aspetto danima nordica che pure il suo volto, biondo rame dagli occhi celesti di smalto, rifletteva. Partecipò e diede la sua attività alla festa delle matricole. Lamico Gildo, studente di medicina, lo trovò con meraviglia a Genova. Mi ripetè al ritorno, stupefatto ancora, quello che il Campana gli aveva risposto alla sua domanda se sarebbe tornato a Bologna: Bologna! Città di beghine e di ruffiani, mai un omicidio, mai un fatto di sangue! Era il commiato. Tornò invece, durante la guerra, dopo il suo infelice ritorno dalle armi. Lincontrai nel vestibolo dellaula di lettere, quella di Carducci. Triste allaspetto, spento nello spirito. Mi confidò il suo disagio; e con affettuosa dedica il vecchio amico mi donò il suo libro, nel quale erano aggiunte a penna Toscanità ed Olimpia. Possiedo di Dino lautografo della Chimera, nella prima sua redazione, scritta nel retro dun vecchio orario murale della facoltà di Chimica-Farmaceutica per lanno 1911-12". Campana si dedica soprattutto allo studio dei grandi della letteratura, anche straniera, direttamente sui testi originali, grazie alla sua conoscenza delle lingue (francese, inglese, tedesco, spagnolo), conoscenza non scolastica e sistematica e tuttaltro che superficiale: Leggevo molto qua e là dirà Campana al Pariani. Carducci mi piaceva molto, Pascoli, DAnnunzio, Poe anche; lho letto molto Poe. Dei musicisti ammiravo molto Beethoven, Mozart, Schumann. Verdi anche mi piace; Spontini, Rossini Volevo studiare Chimica, ma poi non studiai più nulla perché non mi andava; mi misi a studiare il piano. Un po scrivevo, un po suonavo il piano. Afferma Mario Bejor: Egli frequentò le lezioni di Galletti dove talvolta andammo assieme e dove talvolta lo trovai (come in quel 1916, come ebbi a ricordare più sopra) e se anche è dimostrato che egli non sinteressò per il trapasso in Segreteria, rimane pur sempre che dal 1912 al 16 nelle sue permanenze a Bologna non frequentò altra aula. DINOC.PM5 12 01/12/105, 17.07 13 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti Poeta rozzamente colto lo definisce Pasolini e continua dicendo che particolarmente precisa era la sua cultura pittorica, dando lopportunità di definire meglio, in questo modo, lampiezza e lecletticità della cultura di Campana e di puntualizzare un altro dei suoi interessi culturali preminenti, la pittura. Nelle opere di Campana le descrizioni paesaggistiche, che acquistano sempre un senso di magia e non si risolvono mai nella riproduzione o nella maniera, risentono di un amore particolare nutrito dal poeta per larte di Michelangelo e Leonardo e rivelano unadesione cubista e metafisica. Campana fu amico di Soffici (il quale aderì al movimento futurista, poi al cubismo, ripiegando infine su posizioni tradizionali) che esercitò la sua attività di letterato, principalmente come critico darte vivace e brillante (diffuse in Italia la poesia di Rimbaud). Conobbe Costetti per il quale aveva posato nel 1913, per un ritratto) e fu in buoni rapporti con Primo Conti (di cui resta una piccola corrispondenza dellaprile 1918 con Raimondi circa il ricovero del comune amico poeta a San Salvi e poi a Castel Pulci. Nel 1907 Campana interrompe gli studi di Chimica pura per compiere uno dei suoi viaggi. Ungaretti mette in discussione la veridicità di questi viaggi, in aderenza ad una presunta assimilazione di Campana al gusto rimbaudiano dei viaggi fantastici, ma sbaglia. Abbiamo prove del suo viaggio in Francia e di quello in Sud America e della sua permanenza in Argentina e in America Latina, compiuto nella primavera-estate del 1908, del suo imprigionamento a Bruxelles per tre mesi, e poi a S. Gills per vagabondaggio, e infine nellasilo degli alienati di Tournay per le sue stravaganze. Di tutti questi viaggi rimangono numerosissime tracce nei Canti Orfici, lunica opera compiuta di Campana. I primi lavori letterari risalgono al 1907 e tutti i suoi esperimenti poetici sono raccolti nel Quaderno; esperimenti accantonati presumibilmente nel 1912, quando Campana inizia la stesura dei Canti Orfici. L8 dicembre pubblica nel Papiro, foglio goliardico bolognese, La chimera, Le cafard e Dualismo; nel febbraio sul Goliardo, Torre rossa-scorcio, e la prima stesura degli otto capitoli iniziali de La Notte. Nel 1913 consegna ai direttori di Lacerba, Papini e Soffici, il manoscritto de Il più lungo giorno che Soffici, in un trasloco, smarrisce. Il manoscritto rappresenta una DINOC.PM5 13 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 14 fase di avvicinamento ai Canti Orfici che la leggenda, assecondata dallo stesso poeta, vuole riscritti a memoria. Nel 1914 Campana a Marradi, grazie ai suoi amici, in particolare Luigi Bandini e Camillo Fabroni (Camill de sass), si accorda con il tipografo locale Bruno Ravagli per la stampa dei Canti Orfici che vende nei caffè letterari Paskosvki e le Giubbe Rosse a Firenze, e San Pietro a Bologna. Però prima di consegnare il libro scruta la fisionomia dellinterlocutore, strappa qua e là alcune pagine.... Tanto - gli dice - tu queste non le capiresti. Solo nel 1928 si avrà la prima ristampa dei Canti Orfici curata da Bino Binazzi. Nel frattempo Campana aveva scritto il Canto proletario italo-francese, che viene pubblicato sul foglio goliardico bolognese II cannone e Toscanità, pubblicato sulla Riviera Ligure. Nel 1915, allo scoppio della guerra spera di potersi arruolare volontario ma viene riformato allOspedale militare di Firenze. Trasferitosi nellaprile del 1916 a Lastra a Signa, conosce Sibilla Aleramo. Lamore, che lo lega alla donna, dura, ricambiato, fino allinverno dellanno successivo e ne rimangono testimonianze nella raccolta delle Lettere. Poi tutto cambia; qualcosa si spezza. Sibilla Aleramo sarà lultimo dei suoi sogni e delle sue ossessioni. Il 12 gennaio, a Lastra a Signa, Campana viene portato nellambulatorio dellufficiale sanitario con lordinanza del Sindaco per lammissione in manicomio. La tragedia dellultimo dei germani in Italia (forse lultimo dei poeti) è definitivamente conclusa. La famiglia e la maggioranza dei suoi concittadini non compresero subito il genio di Campana. La famiglia e Marradi per lungo tempo cercarono di rimuovere quella imbarazzante presenza tacendo. Mio padre, classe 1919 amico dinfanzia di Lello Campana, cugino di Dino non ricorda che qualcuno di casa Campana avesse parlato di Dino. Scoprì Campana ed i Canti Orfici quando nel 1936 Bruno Ravagli, il tipografo, consegnò a sua madre Agnese, che aveva un negozio di alimentari, due pacchi, legati con il fil di ferro, di venticinque copie, dei Canti Orfici. Copie che andarono perdute durante il periodo bellico. DINOC.PM5 14 01/12/105, 17.07 15 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti CANTI ORFICI Fra le iniziative più importanti e significative che il Centro Studi Campaniani aveva il dovere di realizzare, vi era la stampa anastatica dei Canti Orfici, edizione di Marradi - B. Ravagli del 1914, che è stata realizzata nel 1994 nello stesso numero di copie (mille) che, lotto giugno del 1914, Luigi Bandini commissionò al tipografo marradese Bruno Ravagli versando un anticipo di 110 lire (lo stampatore ne voleva 200 ma la sottoscrizione di quarantaquattro marradesi realizzò quella somma). Nellottantesimo anniversario di quellimportante avvenimento, quella ristampa ricordò come nella vicenda umana e poetica di Dino Campana il rapporto con la sua terra natale non fu soltanto un rapporto difficile e spesso di emarginazione, ma anche un rapporto di grande amore, segnato da alcune amicizie sincere, come furono quelle con Luigi Bandini e Anacleto Francini. I Canti Orfici nelledizione del 1914 sono una testimonianza storica di questindelebile legame fra Campana e la Romagna Toscana che nessuna leggenda e strumentale deformazione, potrà cancellare dagli animi e dalle menti più sensibili ed intelligenti. Quella ristampa, corredata dalla prefazione di Pedro Luis Ladròn De Guevara, dellUniversità di Murcia, volle anche sottolineare luniversalità della poesia di Dino Campana. Noi del Centro Studi immaginammo che quellevento editoriale, pensato non soltanto come azione culturale ma anche come atto di affetto di Marradi nei confronti del suo grande poeta, potesse coincidere con il ritorno di Dino Campana nella sua terra natale, in una delle Due Case di cui scriveva ad Emilio Cecchi l11 agosto 1917. Scrivendo la presentazione della anastatica, come già accadde sullEco delle Scalelle nel 1952 (ventesimo anniversario della morte di Dino Campana) e nel foglio 20 Agosto del 1955 (settantesimo anniversario della nascita di Dino Campana) e nelle altre significative ricorrenze del 1985 e del 1992, nutrimmo la speranza per il Ritorno che non cè stato. Da quel momento ci siamo dedicati allo studio ed alla ricerca sul grande Marradese come mai era accaduto prima. DINOC.PM5 15 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 16 II dottore, il farmacista, il prete, lufficiale della posta il maestro tutti quegli idioti di Marradi compongono laffresco della Tragedie. Il tempo ha sgretolato la saldezza del contesto, allontanato la leggenda e ha lasciato comparire lo splendore essenziale. Da un paese che suona come una maledizione, secondo limmaginario popolare, esce un poeta solitario che, nella natura, trova il rifugio contro gli ottusi rifiuti. Questo rifugio è: la notte con porte aperte sullinfinito. Per quanto contrari agli eccessi, non possiamo negare come la vicenda umana di Dino Campana sia costellata da una odiosa retorica che la famiglia e i benpensanti della provincia (Marradi) hanno determinato, costringendolo alle numerose ed avventurose partenze e ad immancabili ed irosi rientri. Ma alla fine i Canti Orfici sono pieni di versi meravigliosi, ed hanno per tutti noi, che ci siamo avvicinati al mistero campaniano e alla purezza della sua lirica con la presunzione che solo chi vive i luoghi ed i percorsi di questo lembo di terra fra Romagna e Toscana può conoscerli meglio, il sapore del ricordo affettivo più caro. Dino Campana disse a Paolo Toschi mostrandogli la bozza dei Canti Orfici: Voglio che lo legga anche Lei, il mio volume; non posso regalargliene una copia, ma Le darò le bozze, tanto fra i poeti non si fanno complimenti. E Toschi scrive: oggi sfoglio quelle bozze segnate di correzioni a lapis copiativo o a penna, grosse come se fossero scritte con un fiammifero. Il ritrovamento delle bozze di stampa dei Canti Orfici ci ha consentito di dare vita al progetto, che cullavamo da tempo, di unedizione dei Canti Orfici che riproponesse la lezione originale, quella del 1914, integrata da quelle poche correzioni autografe di Campana, contenute nelle bozze di stampa, ma ignorate dal tipografo Ravagli. Il 20 agosto 2004 pubblicammo quella edizione impreziosita dagli importanti ed originali contributi di Paolo Berruti, Luigi Bonaffini, Fiorenza Ceragioli, Pedro Luis Ladron De Guevara e Christophe Mileschi, tutti autorevoli membri del nostro comitato scientifico. Con quel lavoro il Centro Studi ha voluto insistere, senza illudersi di illuminare il segreto umano del poeta, sui tratti distintivi della poesia campaniana che maggiormente resistono DINOC.PM5 16 01/12/105, 17.07 17 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti al tempo. Una poesia, quella di Campana, che si snoda lungo i sentieri, le strade ed i mari della partenza e del ritorno (Cè molto Nerval in questo). I Canti Orfici, DIE TRAGÖDIE DES LETZTEN GERMANEN IN ITALIEN Tragedia dellultimo Germano in Italia, si aprono con una dedica a Guglielmo II, imperatore dei Germani. Un omaggio ad un popolo idealizzato nella aspirazione al superuomo di Nietzsche e al suo condottiero, con il quale terminò la grande gloria tedesca e limpero, od un dispetto al farmacista, al sindaco, allarciprete ecc., ecc. di Marradi come certifica, in modo autografo, sulla copia dei Canti Orfici donata a Giuseppe De Robertis il 23 novembre del 1914? Anche questa rimane una delle apparenti contraddizioni campaniane che ci spingono ad una incessante ricerca sulle mille sfaccettature del nostro Poeta e sulle contemporanee diverse chiavi di lettura. È tuttavia certo che il Germano rappresenta per Campana la purezza morale, come "lAdamo" per Whitman. Campana è un irriducibile e da questa irriducibilità prende via un processo che porta il Germano verso molteplici passaggi e tradimenti. Fin dallinizio degli Orfici, nel sottotitolo, esso si lega allItalia, in epigrafe, invece, viene connesso allimmaginario americano di Whitman. Campana parla del «Germano (ideale non reale)» e scrive: Se vivo o morto lei si occuperà ancora di me la prego di non dimenticare le ultime parole - They were all torn and covered with the boys blood - che sono le uniche importanti del libro. La citazione è di Walt Whitman che adoro nel Song of Myself quando parla della cattura del flour of the race of rangers. Dalla race of rangers al Germano, agli italiani Dante, Leopardi e Segantini (Il germano inteso come emblema delluomo superiore), tra America, Germania e Italia, questi intrecci tracciano un contesto, percorso da idee ricorrenti: passaggio, purezza, condanna, esilio. Campana sceglie di definirsi Germano e non usa mai il termine Tedesco. Compie questa scelta perché è coerente con il suo intento di creare una figura che sia simbolo di una purezza e di una nobiltà di spirito rare ed inattuali. Per questo Campana usa il vocabolo più dotto e letterario, quello dal sapore più antico. Se tedesco è un termine che si basa sullappartenenza concreta a una terra, germano è segnato da una profondità temporale che rende DINOC.PM5 17 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 18 più sfumati i tratti territoriali. Bisogna anche tener presente come nellItalia del primo Novecento, tedesco fosse aggettivo vago e carico di segni ostili e negativi. È netta la differenza tra il Germano del sottotitolo (ripreso ne La Notte dalla figura di Faust) e la descrizione che troviamo, nella prosa Firenze, nellatmosfera fumosa e cupa di unosteria: «Tre tedeschi irsuti sparuti e scalcagnati seggono compostamente attorno ad un litro. Uno di loro dalla faccia di Cristo è rivestito da una tunica da prete che tiene raccolta sulle ginocchia». I Canti Orfici vogliono provare la tragedia, letteraria prima ancora che umana, di un superstite, il poeta appunto, puro e senza patria in unItalia senza purezza. Cercavo idealmente una patria non avendone. La citazione finale, dal Song of Myself di Whitman, riferita in modo non proprio preciso, per Campana significava Erano tutti stracciati e coperti col sangue del fanciullo. Una purezza perduta appunto che determina la tragedia di chi sa bene che solo la Poesia ci può salvare, ma la poesia si è persa, è stata contaminata e va ricercata e ripristinata assolutamente. Lispirazione goethiana è trasferita in «unaurea perfettamente nietzschiana», lo snodarsi della sua vicenda umana e poetica è vissuto come un percorso affidato al destino. Campana, come tutti, deve rassegnarsi ed accettare gli effetti che esso determina. Dino Campana ha per Nietzsche unammirazione totale; lideologia nietzschiana rappresenta la guida della sua vita, al pari di una religione mitica. Cè in Campana unadesione convinta alla filosofia di Nietzsche, al suo orfismo, alla bibbia dello Zarathustra, della Nascita della tragedia e della Gaia Scienza: manuali di vita pratica, oltre che di poetica. Campana tenta disperatamente di vivere questa sorta di vangelo nietzschiano, di attuarlo genuinamente, in modo diverso da DAnnunzio, «con la dedizione e linnocenza del credente, delliniziato, delluomo che vuole elevarsi idealmente verso la bellezza apollinea». Ha improntato la sua breve vita a questa ideologia, «nella sofferenza e nella miseria dellinfelice ai margini della società, nel deserto zarathustriano, nella poesia crepuscolare che in un solo istante abolisce il tempo e riporta tutto alla più semplice armonia». DINOC.PM5 18 01/12/105, 17.07 19 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti In questottica, in questa fuga verso mete sconosciute, si trovano le condizioni per accedere alluniverso segreto e nascosto delle cose. Il titolo Canti Orfici, con il suo chiaro richiamo al mito di Orfeo, ci rivela che la parola e il canto poetico rappresentano per il Marradese un modo di fuggire dallumano e una ricerca continua e assoluta verso il divino. Per farsi creatore, il poeta deve accettare di realizzare una perdita di identità, anticipando la morte. Orfeo, con la sua discesa agli inferi alla ricerca di Euridice, realizza questa esperienza della morte anticipata; ma Euridice è anche simbolo del divino, tanto che la sua resurrezione rappresenterebbe un ritorno immediato del divino stesso alla coscienza umana. Orfeo, attraverso il suo canto, ha accesso agli inferi; la sua parola poetica ne placa i mostri e tuttavia è destinato a fallire voltandosi indietro a guardare Euridice, così la perde e la condanna al silenzio. Quel voltarsi indietro, quel voler guardare ad ogni costo, testimoniano la volontà di assoluto e allo stesso tempo condannano alla perdita del divino, a cui si può accedere soltanto con liniziazione al mistero. In tal modo la poesia, perduto il divino, potrà farsi solo nostalgia del divino stesso. ].atti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza, dice Dante nel XXVI canto dellInferno ricordando come gli uomini abbiano, nella loro memoria, nella loro cultura, lesigenza di un mondo che non si appiattisca sul suo lato brutale e materiale, ma si proietti in unansia di miglioramento, in una tensione etica che possa dare un senso alla vita. Il richiamo ad Orfeo nel titolo del libro di Campana diventa significativo in quanto apre la strada ad una nuova verifica della poesia come spazio, fuori del limite del tempo e della storia, in cui la parola gioca tutte le sue possibilità espressive, e, soprattutto, ci offre una chiave di lettura per capire la continua ricerca del poeta di vette spirituali e divine attraverso linevitabile passaggio della notte. Campana piega lo scritto a superare i vincoli cui è legato e inventa un processo di discontinuità del segno linguistico che punta al recupero della mobilità della parola. Nel linguaggio poetico campaniano la parola è una realtà fisica da sperimentare e non uno strumento. Lindefinito e lincertezza segnano la realtà notturna degli Orfici. Sembrare ed essere, sogno e DINOC.PM5 19 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 20 realtà, desiderio e morte giocano sul baratro della voragine infernale e, attraverso il cinema e la velocità, presenze cruente e salvifiche si accendono sullorizzonte scheletrico del mondo. Il verso spazia nei ricordi dellinfanzia del mondo, si riversa nel mito e questo perde le sue caratteristiche fuori del tempo e dello spazio. Nella poesia la realtà si trasforma ed il verso conduce lo spirito verso lignoto. La poesia è lo spazio aperto in cui si compie il percorso tra materia e immaginario. Uno spazio che diventa orfico per il viaggio conoscitivo del poeta Campana consapevole che il poeta Orfeo, attraverso la conoscenza di cui è depositario conduce alla virtù. I Canti si aprono con La Notte, vita vissuta e trasfigurata come strumento di introspezione e riflessione, che ci regala straordinarie pagine liriche, dove classicismo e modernità si fondono e riversano sul lettore attento musica e colore, ma anche un fiume di citazioni culturali di grande spessore. II poeta discende nei propri inferi: "Dioniso riguarda, esamina e sublima, condensa, pospone, onirico, il mondo arido e dolce dei piaceri sterili Solo addolcendo il luogo dellamore, ove meandri e labirinti si stravolgono". Il simultaneo, il senza-soluzione di continuità è orfico, quindi può essere cantato. Il femminile si rappresenta tra canti e urli come notte, come corpo scuro, non scrutabile, con chioma di muti canti. Un simbolo svuota ogni possibilità duso profondo; si svela allora una cinematografia sentimentale notturna antro della Sibilla nel quale furiosamente perdersi. Eugenio Pardini Crepuscolo Mediterraneo 1994. DINOC.PM5 20 01/12/105, 17.07 21 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti FAENZA: RICORDO UNA VECCHIA CITTÀ, ROSSA DI MURA E TURRITA Linizio si affida alla memoria e allinconscio; i ricordi e le impressioni, pur partendo dal reale, non tardano a divenire simboli. Faenza ritorna continuamente nel corso dei Canti, essa fu infatti, per Campana, un punto di riferimento per tutta la sua infanzia e adolescenza. Faenza è il luogo dove "il corso del tempo fu sospeso", la sede della grossa torre barocca che porta i simboli dellantica fede, la città carica di storia dove persino i volti delle ragazze richiamano un passato a suo modo perfetto, ma divenuto indecifrabile. Sono immagini pittoriche, anzi scorci cinematografici. Il lunghissimo viale dei platani a Faenza (Lo Stradone) è dominato dalla torre barbara, emblema vivo di un mito lontano e selvaggio entro il quale si agitano ricordi di zingare, grandi figure romane, profili bizantini e divini primitivi, e la campana argentina della limpida sera sembra evocare eteree dolcezze spirituali, subito contrastate dal ricordo malinconico e decadente delle prostitute della casa di appuntamento. Nellantico silenzio delle strade, circondate da chiese e conventi, una misera umanità lacera e servile striscia abiezione ed umiltà davanti a minacciosi volti barbuti di frati, cupi come il destino di questi infelici mendicanti. Limmagine della città viene riportata attraverso alcuni dei suoi elementi architettonici come una grossa torre barocca o i suoi Palazzi rossi. La città si anima di qualche cosa di danzante, presenze femminili attraversano le sue piazze come creature misteriose e affascinanti. Faenza sembra racchiudere un simbolismo magico e oscuro, come se le sue mura e le sue strade significassero per il poeta qualche cosa di molto diverso da un semplice centro cittadino: Ascolto: la grossa torre barocca ora accesa mette nellaria un senso di liberazione. La torre suscita in Campana una sensazione di liberazione, come se lo staccasse dalla sua condizione umana e terrena. Questa torre ha un orologio che dalla sua posizione dominante segna linevitabile passare del tempo e illuminando una piccola Madonna bianca porta illuminati i simboli del tempo e della fede. DINOC.PM5 21 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 22 Lunica presenza umana è rappresentata da matrone piene di fascino che il poeta percepisce quasi come elementi architettonici, sospesi in un atmosfera onirica. Quelle figure femminili conferiscono alla situazione una nota di vita, qualche cosa di danzante. La piazza ha un carattere di scenario nelle logge ad archi bianchi leggeri e potenti. Faenza torna nuovamente nei Canti con figure femminili, molto diverse dalle adolescenti di Firenze. Passa la pescatrice povera nel caffè concerto, rete sul capo e le spalle di velo nero tenue fitto di neri punti per la piazza viva di archi leggeri e potenti. Accanto una rete nera a triangolo a berretta ricade su una spalla che si schiude: un viso bruno aquilino di indovina uguale alla notte di Michelangiolo" e poi Ofelia la mia ostessa è pallida e le lunghe ciglia le frangiano appena gli occhi: il suo viso è classico e insieme avventuroso. Queste donne rimandano certamente alla pittura e alla poesia. Faenza è per Campana un simbolo: La vita ha qui un forte senso naturalistico. Come in Spagna. Felicità di vivere in un paese senza filosofia. Faenza sembra incorporare lidea dello slancio vitale e primario della danza, ma come la Spagna è abitata da gente immediata, sanguigna, assolutamente terrestre. Poteva sfuggire al grande marradese la vocazione propria di Faenza ad essere l Atene della Romagna ed ecco allora: II museo. Ribera e Baccarini. Nel corpo dellantico palazzo rosso affogato nel meriggio sordo lombra cova sulla rozza parete delle nude stampe scheletriche. Spicca ancora una volta sulla scenografia campaniana lelemento artistico e la danza, Durer, Ribera. Leco dei secchi accordi chiaramente rifluente nellombra che è sorda. Ragazzine alla marinara, le lisce gambe lattee che passano a scatti strisciando spinte da un vago prurito bianco. Un delicato busto di adolescente, luce gioconda dello spirito italiano sorride, una bianca purità virginea conservata nei delicati incavi del marmo. Grandi figure della tradizione classica chiudono la loro forza fra le ciglia. E così lo spirito italiano si fa depositario della grande tradizione classica. I lampi del poeta intrecciano ricordi di amori faentini e bolognesi nel profumo, un po lascivo, di rose spampanate e nella volgarità debordante, scomposta e opulenta delle vecchie ruffiane che ci conducono con la mente alle sculture di Botero. DINOC.PM5 22 01/12/105, 17.07 23 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti Si sovrappongono i primi sogni delle giovani sartine incuriosite dal mistero e la fuga oltre le Alpi, le scintille raminghe di amori improvvisi nel nitore delle vette e la sensualità selvaggia della Pampa che rivive nella sfiancata lussuria del ritorno, abbandonato e spossato nelle forme dellamore evanescente. Io vidi dalle solitudini mistiche staccarsi una tortora La Verna, Campigno, Stia, Marradi, La Falterona, Dante e la sua poesia di movimento e Laggiù nel crepuscolo la pianura di Romagna dove si perde il grido di Francesca guerriera, amante, mistica, benigna di nobiltà umana, antica Romagna. Ed è cristiana l'ospitalità dei contadini che offrono lacqua al poeta-viandante arso di sete e limpido (di raccoglimento inconscio e serenità conventuale) lo sguardo della ragazzina dallampio cappello di paglia. A La Verna una richiesta di aiuto al Santo Francesco da parte di una peccatrice pentita, in anni lontani già nota al poeta, grafita sulle pareti del corridoio della Via Crucis, evoca in lui un sospiro di nostalgica purezza mistica, di angeli e gigli e inconscia preghiera alla Vergine Maria. II corridoio, percorso da fredde correnti daria, sente viva la presenza del Santo, ombra di Cristo. Lanima del poeta, improvvisamente sola, cerca un appoggio, un appiglio, una fede, nella triste ora mentre una campana dalla semplice chiesetta francescana tintinna nel chiostro. Ancora una volta la tensione che lo anima non riesce a placarsi: pare il giorno dallombra, il giorno piagner che si muore. Qui il ricordo dantesco, più che un richiamo alla tradizione, ha laspetto di una evocazione disgiunta dai confini dello spazio e del tempo: Lacqua del mulino corre piana e invisibile nella gora. Rivedo un fanciullo, lo stesso fanciullo, laggiù steso sullerba. Sembra dormire. Ripenso alla mia fanciullezza: quanto tempo è trascorso da quando i bagliori magnetici delle stelle mi dissero per la prima volta dellinfinità delle morti! il tempo è scorso, si è addensato, è scorso: così come lacqua scorre, immobile per quel fanciullo: lasciando dietro a sé il silenzio, la gora profonda e uguale: conservando il silenzio come ogni giorno lombra.... Pure qui le gore e lacqua, le stesse che compaiono sullo sfondo delle pitture di Leonardo e che il poeta sembra sentire, insieme a Dante, Goethe, S. Francesco dAssisi e Michelangelo, DINOC.PM5 23 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 24 particolarmente vicino è il suo compagno di viaggio, anche lui «giurò fede allazzurro» riaffermando la propria dedizione allarte dopo «la sorda lotta notturna» della quale si legge, in II più lungo giorno: « poi che ne la sorda lotta notturna / La più potente anima seconda ebbe frante le nostre catene / Noi ci svegliammo piangendo: ed era lazzurro mattino. / Ombre deroi veleggiavano: eran colonne dazzurro / I puri pensieri dellalba o cuore ricorda: ricorda, e piangendo / Giurammo ancor fede allazzurro». Mi torna in mente un altro luogo del manoscritto, solo uno dei tanti che, in maniera più o meno esplicita, elevano il pittore a misura dellessere del poeta nel mondo: Su lo sfondo le Alpi un bianco delicato mistero: forse così tu tra gli scogli chiara gora vegliata dal sorriso del sogno? Forse così tu il riso di Simonetta e di Beatrice sullacque specchianti del lago estatico delloblio Leonardo fìngevi? Le Alpi sullo sfondo un bianco delicato mistero per la verginità dei miei pensieri salivo o immagini di sogno, chiusi occhi stanchi di amare il tuo Cristo Leonardo! Pallide immagini doloranti di ricordi oscuri prima che il sogno nel dolore si facesse carne!. La Falterona verde nero e argento: la sua solenne tristezza che si gonfia come un enorme cavallone pietrificato, che lascia dietro a sé una cavalleria di screpolature screpolature, e screpolature nella roccia fino ai ribollimenti arenosi di colline laggiù sul piano di Toscana: Castagno, casette di macigno disperse a mezza costa, finestre che ho visto accese: così a le creature del paesaggio cubistico, in luce appena dorata di occhi interni tra i fini capelli vegetali il rettangolo della testa in linea occultamente fine dai fini tratti traspare il sorriso di Cerere bionda: limpidi sotto la linea del sopra ciglio nero i chiari occhi grigi: la dolcezza della linea delle labbra, la serenità del sopra ciglio memoria della poesia toscana che fu. Tu già avevi compreso o Leonardo, o divino primitivo! Campana ama Leonardo come si ama qualcuno che abbia lo stesso sentire, lidentica passione. I dipinti del grande artista del Rinascimento ricordano che quelle rocce e quei laghi e la classicità dei profili, dolci nella «linea delle labbra», sereni nella «linea del sopra ciglio nero», appartengono ad un tempo perduto forse per sempre, recuperabile nel richiamo nostalgico DINOC.PM5 24 01/12/105, 17.07 25 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti dellarte. In essa sola il poeta sa di poter essere. Quando il passato è rinnegato in nome di un presente vissuto, quando larte è rinchiusa nei musei che i futuristi vogliono distruggere e la poesia agonizza nel cordoglio retorico di una letteratura bugiarda e venduta al pragmatismo imperante che sprofonderà il paese nella catastrofe della grande guerra, la sola reazione possibile è rivivere il passato nella perfezione artistica. Leonardo è «divino» perché «primitivo» « perché ha divinamente raffigurato gli elementi primi ». Campana intende liberarsi nella sacralità della natura caotica e barbarica, cui rare figure umane, come la grossa prostituta, danno una nota grottesca alla Botero, ma che, daltronde, solo da altre e più lievi figure possono trarre un sospiro di pietà e Caterina, la consolatrice, la pura, assiste con dolce pianto un dolore di madre con le onde e le linee che della pittura toscana fecero poesia. La delicatezza della natura è intonata al canto dellusignolo e allarmonia del frusciare delle foglie e dello scorrere del fiume, ma al poeta più simile è lalto volo dei falchi e il loro squittire. Lacqua è lelemento primordiale, ma anche la regina del paesaggio, scavato su strati di roccia. La musica dellacqua è quella del ricordo di Campana, del mondo e dei sogni, nellinesausta lotta alla paura e alla morte. La patria del cuore è la terra di Romagna, sognata e adorata, dalla immobile ieraticità bizantina, ma anche sede e viva interprete di passioni e di guerre, e ispiratrice di poeti. Il ricordo della fanciullezza ha il profumo dellincenso e delle preghiere del crepuscolo ma anche del desiderio lontano di glorie del mito del viaggio (lontani miracolosi destini) che le esperienze vissute hanno resa solo temporanea evasione a quel ritorno, in cui il futuro si confonde col presente ed il passato, ed ogni attimo è parte delleterno in cui si dissolve. Marradi, la piccola patria, è la culla dellanima del poeta, che ivi ritorna dopo anni di pellegrinaggio e la musica del fiume è la colonna sonora che fa da sottofondo allo scorrere di un paesaggio in cui un caleidoscopio di colori sorride al sorgere del giorno mentre la neve è caduta sugli alti monti lontani. Le pagine più suggestive e poetiche sono quelle dove si fondono richiami alla tradizione e il desiderio di avanguardia. Campana soffre intimamente il contrasto e la lacerazione della solitudine e della incomprensione, e, questa sofferenza, DINOC.PM5 25 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 26 determina atmosfere più elevate e sfumate, incomprensibili alle anime mediocri. Non cè in Campana lesasperato tecnicismo del grammofono DAnnunzio, ma una sincera consapevolezza di quotidiane intime lotte, anche interiori e della ricerca di un vero amore. Da questa condizione, dove materia e spirito si incontrano e si confondono, scaturiscono le malinconiche e notturne fioche luci dei postriboli, dalla cui fatiscente atmosfera esce a tratti il senso di latina pietas per quelle infelici giovani ed una pungente nostalgia per la purezza della propria infanzia. Quanta ironia cè nella Giornata di un nevrastenico dove, con pochi tratti di penna, Campana dipinge il microcosmo di Bologna (la dotta e sacerdotale). La monotonia della nebbia di dicembre avvolge i sibili dello scalo merci e gli antichi bastioni rossi e le studentesse, a gruppi, sotto i portici, hanno un atteggiamento superficiale di compiacimento del proprio ruolo. Tutto mi è indifferente Tutto fonde come la neve in questo pantano e la descrizione di un ennesimo amore si chiude con una invocazione a Satana, che ha tutto laspetto della citazione letteraria, del richiamo a Carducci per una intenzione non blasfema quanto evocativa di cupe e pessimistiche atmosfere, in cui il ricordo di Ofelia e della sua ingenua purezza di innocente vittima del destino, sembra assumere valore autobiografico nella disperazione della tragedia del vivere umano, cui il poeta non può opporre che la purezza del suo canto. Lirregolare Campana incontra Regolo misterioso alter ego mendicante alla deriva del mondo e inquieta presenza. Con lui ci si abbandona allirreparabile ...lultima follia vivere. Immagini di un viaggio e della montagna: Langelo appare nello scorcio giusto del sogno. Voi siete macchiati del mio sangue innocente sangue di fanciullo è il colophon campaniano da Foglie derba. Cè più mondo in Dino Campana che nei racconti di cento esploratori. Cè più conoscenza e vera cultura nel Marradese che nelle ripetitive e noiose dissertazioni di cento baroni del sapere, cè più genialità e futuro nel nostro Poeta che in mille complicatissimi congegni scientifici. È per questo che non ci stanchiamo di leggerlo, è per questo che lo sentiamo vivo e vicino. DINOC.PM5 26 01/12/105, 17.07 27 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti Lanfranco Materiale Ricordo una vecchia città... 2005. DINOC.PM5 27 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 28 LA CHIMERA Non so se tra rocce il tuo pallido Viso mapparve, o sorriso Di lontananze ignote Fosti, la china eburnea Fronte fulgente o giovine Suora de la Gioconda: O delle primavere Spente, per i tuoi mitici pallori O Regina o Regina adolescente: Ma per il tuo ignoto poema Di voluttà e di dolore Musica fanciulla esangue, Segnato di linea di sangue Nel cerchio delle labbra sinuose, Regina de la melodia: Ma per il vergine capo Reclino, io poeta notturno Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo, Io per il tuo dolce mistero Io per il tuo divenir taciturno. Non so se la fiamma pallida Fu dei capelli il vivente Segno del suo pallore, Non so se fu un dolce vapore, Dolce sul mio dolore, Sorriso di un volto notturno: Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti E limmobilità dei firmamenti E i gonfii che vanno piangenti E lombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera. DINOC.PM5 28 01/12/105, 17.07 29 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti CAMPANA: IDEE E POLITICA Neuro Bonifazi afferma che Dino Campana è stato guidato dalla ideologia nietzschiana, intesa come la ragione mitica, alla iniziazione della vita e della poesia, ha avuto una cultura straordinaria, conosceva molte lingue e leggeva testi stranieri nella loro lingua originale. Ha, in un certo senso, messo in pratica il dettato nietzschiano, più che per il superuomo, per quella sua capacità di elevarsi idealmente verso la bellezza apollinea, nobilitarsi alla luce dellassoluto contro tutte le viltà e le povertà del quotidiano (solo così possono spiegarsi i suoi comportamenti, gli atteggiamenti, le sue fughe, i suoi viaggi). Racconta Mario Bejor: Si stimava iniziato ad una espressione darte superiore; non accessibile ai comuni poeti, Canti Orfici, orchestra della natura, si lanciava a perdersi; e pazzamente talvolta smaniava, prima di dar fuori, purificati, la sua opera, il suo pensiero . Mi leggeva un giorno, là, nella mia cameretta, un brano di prosa, che poi incluse nei suoi Canti. Dalle Alpi Apuane lispirazione laveva portato a rievocare la Pietà di Michelangelo in San Pietro a Roma: E quelle ginocchia cedevano, cedevano al sacro peso Si tacque, poi, volto a me, con fare concitato, chiese: Chi è, chi è...; e al mio prudente mutismo, rispose con slancio: LItalia! Nelle memorie del Pariani viene invece negata questa allegoria, in cui identifica lItalia nella giovane Madonna. Si piegano, sincurvano le giovani ginocchia! e la voce forte ed addolorata esprimeva tutto il poeta mutato in un solo sentimento. I due che egli riconosceva maestri, senza dichiararlo, ma da come sesprimeva, erano Nietzsche per la filosofia, Verlaine per la poesia; delluno prendeva la dedizione, talvolta malata per eccesso, e dellaltro il superamento violento, egoistico esplodente a tratti in furori di distruzione. Nietzsche gli procuro anche, per richiesta traduzione dun passo difficile, una ricompensa di cinquanta lire da un professore dellUniversità. Il Comune di Marradi a lungo è stato oggetto di fortissime critiche per non aver fatto molto per onorare la memoria di Dino Campana. Il ministro della Cultura Bottai, sollecitato da Bargellini, fu invece decisivo, per dare a Campana nel 1942, DINOC.PM5 29 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 30 dieci anni dopo la morte, una sepoltura dignitosa ed il giusto e solenne riconoscimento insieme a tutti gli uomini della cultura del tempo. Negli anni 50 a Marradi, durante i Consigli Comunali, ci furono addirittura dei Consiglieri che non volevano sentir parlare di Campana considerandolo non solo È Mat, ma addirittura un precursore del fascismo. E quando i cittadini di Marradi lanciarono lidea di onorare questo Dino Campana, si opposero per due anni consecutivi, nel 1952 e nel 1953, allo stanziamento in bilancio di cinquecento mila lire per le celebrazioni. Ai soliti idioti di Marradi si aggiunse la Giunta provinciale amministrativa che ritenne di depennare il capitolo di bilancio con il pretesto che le finanze del Comune di Marradi erano deficitarie. Anche in tempi più recenti, negli anni Ottanta, la proposta di introdurre accanto a Marradi, Campana, come nuovo nome del Comune, fu contestata e respinta da coloro che ritenevano più importanti le castagne. Quando si decise di titolare una via a Sibilla Aleramo, due signore del Consiglio Comunale non esitarono a manifestare il loro dissenso morale, astenendosi. Emblematiche del clima degli anni 50 sono due lettere del senatore Emilio Sereni e del sindaco in merito allintitolazione di una via a Dino Campana che alla fine avvenne nel 1954 al ponte di Villanzeda con una commemorazione del marradese professor Sergio Zacchini che ricorda: avevo letto i Canti Orfici in seconda ginnasio e nella commemorazione ricordai i luoghi campaniani e Campigno e citai ...Lazzurro si apre tra questi due alberi, il noce è davanti alle finestre della mia stanza . Ecco la lettera indirizzata allonorevole Emilio Sereni dal Sindaco: «Caro Senatore, Ci è stato proposto da più cittadini di intitolare una via del nostro capoluogo al defunto poeta Dino Campana. Dino Campana era marradese e noi ben volentieri aderiremmo alla richiesta. Desideriamo però sapere da te se il valore di Campana è tale da meritare il riconoscimento. Ciò anche in rapporto al momento politico attuale. Grazie. Cordialmente, f/to: II Sindaco» DINOC.PM5 30 01/12/105, 17.07 31 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti Il Senatore Comunista Sereni così rispondeva al Compagno Sindaco di Marradi: «Caro Compagno, penso che sia giusto intitolare a Dino Campana una via del vostro capoluogo. Dino Campana è indubbiamente un nome autorevole della poesia moderna e ormai passato storia della letteratura. Non cè nessun riserbo politico nei sue confronti. Tanto più che la sua pazzia toglieva ogni responsabilità ad ogni sua posizione politica, né, daltronde, ne ebbe mai dichiaratamente reazionarie. Sarebbe bene fare inaugurare la via ad uno scrittore toscano. Vedete di scrivere a Romano Bilenchi, a Firenze, se volesse lui parlare per loccasione. f/to: Sereni» Dino Campana fu un uomo spesso frainteso. La varietà e le contraddizioni delle sue prese di posizione in pochi anni (dallinterventismo allantibellicismo, dal germanesimo al patriottismo italiano, allaccanimento filofrancese, dallaristocraticismo al populismo) hanno alimentato limmagine di un poeta confuso sul piano delle idee, della politica e della società, tanto che più volte, i suoi discorsi politici sono stati considerati dal potere e dalla cultura ufficiale, ad esso asservita, appendici legate alla contingenza dellepoca, da tenere ben distinte e separate dal poeta puro. Delle idee autentiche di Dino, Mario Bejor ricorda: Lo scalpore sollevato dalla dedica posta ai suoi Canti Orfici nel momento in cui gran parte della gioventù studentesca italiana si schierava per il liberalismo-democratico francese, è noto a tutti; come pure i pettegolezzi susseguenti. A Guglielmo II imperatore dei Germani No, non fu generata dalla rabbia messagli in corpo dallottusità degli interventisti del suo paese; un poeta serio come Dino, sacerdote della propria arte, non pone una menzogna ed uno sberleffo sulla fronte della propria creatura: la prima, lattesa, ladorata. No, signori critici, Campana vedeva nellesplosione tedesca linizio di quella volontà quale potenza su un mondo mediocre, borghesissimo, che lo stomacava. Per lo stesso concetto filosofico, in lui linfa spirituale, sarruolò volontario, perché DINOC.PM5 31 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 32 anche per lItalia, sua amata, era venuto il momento di forare la giubba rossa delle stelle pure per la volontà di potenza. II nemico non importa; è latto per sé che vale. Lasciò correre le chiacchiere e le avvalorò anche con il suo silenzio, perché fu intimorito dallo scandalo; ed alle copie che ancora aveva presso di sé strappò il foglio del frontespizio con la dedica. Direttamente o indirettamente, linterpretazione di Soffici, secondo cui il Germano è poco più che un incidente di percorso, ha resistito fino ai giorni nostri. Il Germano sembra essere difficilmente accettabile per la critica più strettamente letteraria, perché costringe a travalicare i confini della letteratura. Per troppo tempo il modo di leggere Campana è stato quello di confinarlo nellambiente dellermetismo fiorentino e della poesia pura, privo di qualsiasi interesse per i discorsi politici. Gianfranco Contini, ad esempio, pur affermando di voler lasciare la biografia di Campana, e dunque anche i suoi gesti politici, fuori dalla valutazione della sua poesia, finisce per emettere una sentenza impropria e politica: «Questo anarchico, questo bohémien non seppe liberare luomo dordine che era in lui». Anche Ruggero Jacobbi, estimatore di Campana poeta, non gradisce la dimensione civile e politica di Dino Campana, che bolla come poco autentica, giungendo ad usare espressioni molto forti quando parla di Campana «decadente come persona e cittadino», «popolano», «provinciale». La grandezza della poesia campaniana confligge con il mondo esterno ed i gesti del Campana politico, non possono essere rimossi o relegati nel mondo della pazzia, perché non sono in sintonia con la cultura egemone e dominante, impegnata ad accaparrarsi un grande poeta che lo vorrebbe, però, epurato o addirittura modificato strumentalmente a seconda degli interessi del momento. La dedica sul libro al Kaiser, a guerra iniziata, la conversione ad unidea di democrazia, italo-francese, ed infine il sostegno al nazionalismo, è questo Dino Campana. La sua non è poesia ideologica, ma per questo il Campana politico, con le sue idee, è capace di darci il sapore di unepoca, e con le sue «istintive ripulse», il «continuo sfuggire», la «sistematica protesta» ci fa riflettere. Se allarghiamo lo sguardo oltre i Canti Orfici, anche allepistolario e ai frammenti sparsi o inediti, salta agli occhi DINOC.PM5 32 01/12/105, 17.07 33 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti una quantità di discorsi politici, tutti ai margini dellopera campaniana, come il frontespizio e la dedica germanici. Questo insieme di considerazioni politiche potrebbe forse essere qualcosa di più di un velleitarismo dellindividuo Campana, indicando invece un collegamento della scrittura con una dimensione politica più profonda e decisiva di quanto non sembri indicare. Pier Paolo Pasolini parlava di una «sostanziale innocuità di fronte al reale che è stata strumentalizzata dalla cultura di destra», la quale si sarebbe subito impadronita di Campana. La follia della Destra è sempre stata formale e retorica: ecco dunque un folle vero che faceva al caso suo. Pur con tutta la cautela del caso, dobbiamo denunciare la strumentalità dei letterati italiani tradizionali, primi fra tutti gli ermetici, che hanno visto in lui lespressione vivente e politicamente pericolosa dell'aspirazione nietzscheana al superuomo interiore, spiritualista e delirante. Campana non fa della poesia civile o politica. I Canti Orfici non parlano delle cose della politica, che pure stavano trascinando lEuropa verso la catastrofe, mobilitando, oltre a masse enormi di popolazione, anche la quasi totalità del mondo intellettuale. La politica, in Campana, non è tanto il contenuto della poesia, ma nemmeno soltanto un contesto che la colpisce di riflesso. Cè, con buona pace di chi non gradisce, tutta una tradizione illustre di poesia civile italiana che, dalle origini, era giunta fino al tempo di Campana, passando per la mediazione classicistica di Carducci e le esperienze più decadenti di Pascoli (populismo contadino) e DAnnunzio (estetismo della politica); perfino i futuristi vi si riallacciavano, proponendo una poesia che aveva la politica e gli eventi storici tra i suoi oggetti più frequentati una poesia civile sui generis, certo, e dassalto, ma che raccoglieva e rilanciava leloquenza e la retorica tipiche della tradizione italiana; una poesia che pretendeva di farsi portavoce e sprone dei destini della nazione. Non a caso Filippo Tommaso Marinetti scrisse anche il testo del Movimento politico futurista e un Manifesto del partito politico futurista. Campana mantiene, sullEuropa, sulla guerra, sulle razze, sulla questione nordsud, la nettezza di certe sue prese di posizione, confermando un rapporto, sottotraccia ma evidente, tra letteratura e politica. Certo, quella di Campana non è una poesia con la politica per DINOC.PM5 33 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 34 oggetto, ma letteratura che nasce dal contatto con la dimensione politica. La sua devozione a Nietzsche fin da giovanissimo è testimoniata anche da Mario Bejor, suo compagno a Bologna: Egli, sacerdote di Nietzsche, esaltatore di Nietzsche, di cui sera saturato, in così umile, mesto sembiante da destare lilarità in chi non lavesse compreso! Si perdeva volontieri e a lungo ad illustrare le teorie estetiche di quel filosofo, che leggeva con facilità nella lingua originale. Lispirazione è Nietzsche, attraverso le figure del Germano e dellItalia che determinano la Tragedia, echeggiando un vecchio triplicismo e implicazioni culturali patrimonio comune del decadentismo; ma questo non è che il punto di partenza, la materia di cui Campana si serve per far scattare procedimenti poetici e politici assolutamente originali. Il Germano non è dunque un incidente di percorso e una boutade di provincia, come sostiene Soffici. Il significato della Tragedia dellultimo Germano in Italia e la dedica al Kaiser, è Campana stesso a spiegarla: Ora io dissi: «Die Tragedie des letzen Germanen in Italien», mostrando di avere conservato la purezza morale del Germano che è stata la causa della loro morte in Italia. Ma io dicevo ciò in senso imperialistico e idealistico non naturalistico (cercavo idealmente una patria non avendone). Il Germano inteso come rappresentante del tipo morale superiore (Dante, Leopardi, Segantini). Un forte senso di appartenenza ad una comunità, più grande nei rapporti fra lindividuo e la società. Il passaggio dal germanesimo al populismo patriottico, dalle figure del Germano e del boy whitmaniano a quella del povero italiano emigrante, risultano quindi coerenti al sogno di una comunità di patria. LItalia del Canto proletario e il povero italiano si accomunano, così al boy e al Germano in quanto vittime di un assassinio subìto. Massacro, non solo simbolico, ma letterale, se si pensa al fronte e alla trincea. In questottica, i Canti Orfici sono anche un piccolo libro contenente poesie patriottiche pensando alla patria come ad un fine che il movimento della vita e della scrittura di Campana non riesce mai ad intercettare. La prova? A M.N. (A Mario Novaro) è un componimento continuamente rimaneggiato, riscritto e pubblicato in forma frammentaria ed incompiuta (con numerose righe di sospensione) DINOC.PM5 34 01/12/105, 17.07 35 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti nel maggio 1916 su La Riviera Ligure, con lindicazione Domodossola 1915. In una lettera a Cecchi dell8 aprile 1916, Campana, dopo aver riportato il secondo e il terzo gruppo di versi della poesia, scrive: «così comincia una poesia nazionale che continua in un rude canto popolare». Il fatto sorprendente è che la poesia, nella versione spedita a Novaro per la pubblicazione, reca in calce la firma: Dino Campana - Poeta germanicus, la quale verrà mantenuta anche nella versione stampata sulla rivista, benché lo stesso Novaro, in una lettera dal fronte della Carnia dellaprile 1916, avverta: «Nasconda il poeta germanicus». Campana infatti aveva premesso alla poesia una precisa raccomandazione: «Sic per lortografia e per lintegrità». Ma come torri dacciaio Nel cuore bruno della sera Il mio spirito ricrea Per un bacio taciturno. Campana cominciò nel Taccuino il lungo lavoro compositivo della Canzone dandole per titolo: Canto proletario italo-francese. Le stesure occupano pagine e pagine, fitte di correzioni e varianti, che si accavallano a penna e a lapis. Il Canto proletario italo-francese, il cui titolo era in origine Canto dellespatriato, ha tra i molti motivi che lo compongono elementi del paesaggio alpino e della fatica degli italiani per il traforo del Sempione. La successiva indicazione Domodossola 1915, prelude lespatrio di Campana in Svizzera avvenuto nella primavera del 1914 e poi in quella del 1915. Il Taccuino attesta una lunga elaborazione del 1915, ma Campana chiederà di pubblicare il canto soltanto lanno seguente. Nel febbraio del 1915 Campana è a Torino, e vi resta un mese circa, per poi trasferirsi a Domodossola e di lì in Svizzera, a Ginevra, dove lavora fino a maggio come operaio presso il Comitato delle Società italiane. Lentrata in guerra dellItalia, dichiarata ufficialmente il 24 maggio, lo spinge a fare ritorno in patria per arruolarsi volontario, ma invano. Alla visita medica Campana verrà riformato, subendo in seguito un breve ricovero in clinica. Dunque Canto dellespatriato, ha un significato preciso, presto ulteriormente specificato in Canto proletario italo-francese: la condizione del poeta è, anche materialmente, la stessa DINOC.PM5 35 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 36 di quella numerosissima umanità proletaria che non vede altra via di scampo se luscire dalla propria terra, lo scegliere il partito dei deboli, come lo chiama Campana, ossia la partenza. Emerge un Campana inedito, attento alla questione sociale. Campana è consapevole che limmagine dellItalia si regge su fondamenta fragili, lontane dal principio di innocenza degli umili. Limmagine del popolo italiano, in parte ripresa anche nella prosa Arabesco-Olimpia, è allusivamente rivelatrice: Nel verde si spostarono le rondinelle Sotto il ponte in riva al secondo fiume Per conche lacqua lucente Come un secondo cadavere II bianco il rosso il verde. Iller Incerti Dino Campana 1995 DINOC.PM5 36 01/12/105, 17.07 37 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti IL SANGUE DEL RAGAZZO WALT WHITMAN, MARIETTA ALBONI, DINO CAMPANA E GENOVA Dino Campana chiude gli Orfici con una citazione a colophon da Walt Whitman: «They were all torn / and coverd with / the boys / blood». Il poeta si identifica in quel ragazzo, vittima innocente e pura di un mondo impuro e colpevole. Carlo Pariani nelle sue Vite non romanzate scrive: Lepigrafe finale tradusse così: Erano tutti stracciati e coperti col sangue del fanciullo, aggiunse È una poesia di un americano, Walt Withman. A Sibilla Aleramo che scrivendogli aveva parlato di Whitman e si era fatta bella con lui per aver recensito Foglie derba (dieci anni prima aveva usato due versi di Whitman: Dammi il tuo tono o morte, / perchio possa accordarmici, come epigrafe al suo Dialogo con la Psiche del museo di Napoli, prosa scritta in un momento di crisi esistenziale durante i viaggi tra il 1908 e il 1909 nelle zone terremotate in Calabria e Sicilia, che avrebbe visto la luce trentanni dopo la sua morte), Campana risponde da Rifredo di Mugello il 22 luglio 1916: Egregia Sibilla Vorrei scrivervi ma non posso. Sono orribilmente annoiato. Conoscete Walt Whitman? Non capisco come facciate a vivere a Firenze e a conoscere certa gente. Non parlo di Cecchi che stimo e di Baldini (uno dei pochi amici di Dino sul quale mai si riversarono le sue ire). Studierò un tipo di voi. Bisognerebbe che avessi il vostro ritratto. Guardatevi da S. Francesco. Una pecorella e voi? Vi preferisco così. Mi avete riconosciuto per italiano: credo, egregia Sibilla, che non avrò eredi. Anderò col mio famoso fardello dove anderò. Finita la guerra non esisterò più ammesso che esista ancora. Vi prego, se potete di trovarmi qualche acquirente per il mio libro. Lo invierò immediatamente. Vi bacio la mano. Perché Walt Whitman e chi era Whitman? Conservo gelosamente una dedica autografa di Lello Campana, cugino di Dino, del 7 settembre 1971, lanno successivo alla DINOC.PM5 37 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 38 pubblicazione del mio libretto di poesie Weltanschauung e lanno prima della stampa del suo ben più importante Malinconie Ingabbiate. Al caro Rodolfo con affetto. Amico di una sera e di una vita ipodermoclisi per me di gioventù e furore tu per il mondo vai grazie di stasera son fermo aspetto lultimo tranvai. Lello Campana, anchegli poeta e grande appassionato di armi, mio buon amico nonostante la differenza di età, più volte, parlandomi di poesia, mi raccontava del suo cugino e dellavventuroso viaggio di Dino nel Sud America. Quando partì da Genova ( laveva accompagnato mio padre Torquato) aveva con se una lettura che lo entusiasmava Leaves of Grass di Walt Whitman e la pistola belga calibro 38, che, aggiungeva Lello, ho usato tanto anchio. Genova è con Faenza la città più importante degli Orfici. In Liguria Dino Campana trovò sempre straordinaria ispirazione e diversi amici tra i quali Camillo Sbarbaro che lo ospitò nella sua casa di Genova, in Via Montaldo. Le riviste letterarie della Liguria si sono sempre occupate di Campana con grande scrupolo ed attenzione. Laspetto genovese dei Canti Orfici, che ha, in quello straordinario poema che è Genova, la sua più alta e lirica espressione, introduce per la prima volta nella poesia italiana unimmagine moderna della città che supera e travolge lo stereotipo monumentale per farci vivere la città ligure come città della gente, di una folla in movimento, fra vicoli e postriboli, con effetti e giochi di luce che la rendono viva e palpitante, dinamica, operosa e meccanica, nel ritmo incalzante del suo porto. Un dinamismo che esplode dal monte al mare, come cascata di vita cittadina. La velocità, il ritmo, un recondito spirito futuristico e marinettiano abbracciano la città. Il poeta ama Genova più di ogni altra città italiana e sembra essere corrisposto in un modo così intimo da cantarla con una DINOC.PM5 38 01/12/105, 17.07 39 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti lirica così alta che nessuno era riuscito prima ad esprimere. Ricorda Mario Bejor nel suo Dino Campana a Bologna: Del suo girovagare ricordava, ammaliato, Genova; ed avendo io pure di quella città un ricordo di sogno, mi scrisse su brevi foglietti due poesie ispirate a quel porto, e forse in precedenza composte. Le ho rimesse al fratello, Dott. Manlio. Tutte e due incomplete si perdono in un ecc. ecc., che per Campana aveva il significato di congedo allanima invitata ed inoltrata dai versi precedenti fino alla presenza della poesia eterna, cosmica, inesprimibile, nella quale egli si immergeva, perdendosi O città fantastica o gorgo di fremiti sordi... Campana conosce molto bene lopera di Whitman, anzi dice di adorarlo. La sua lirica, infatti, e la sua stessa vita spesso si confondono dentro Le foglie derba, ma lAmerica di Whitman sono gli States, lArgentina è molto diversa. Nella lettera a Cecchi, Marradi 1916, Campana scrive la prego di non dimenticare le ultime parole They were all torn and covered with the boys blood che sono le uniche importanti del libro. La citazione è di Walt Whitman che adoro nel Song of Myself quando parla della cattura del flour of the race of rangers. Walt Whitman nacque nel 1819 a West Hills, Long Island, da una famiglia modesta che nel 1823 si trasferì a Brooklyn. Whitman frequentò la scuola pubblica dal 1823 al 1830. Poi il ragazzo imparò il lavoro di tipografo, e dal 1835 lo troviamo a New York impiegato in una tipografia. Fece in seguito il maestro elementare, il fattorino, il giornalista. Campana, come il poeta americano, fa cento mestieri e viaggia molto. Whitman e Campana sono due grandi uomini di cultura fuori dalle baronie accademiche. A New York, Whitman edita il quotidiano Aurora e lEvening Tattler, poi torna a Brooklyn e scrive per il Long Island Star. Nel febbraio del 1848, un avvenimento destinato a lasciare tracce profonde nella poesia di Whitman: un viaggio che lo porta per la prima volta lontano dal New England, sino a New Orleans. Resta a New Orleans sino a maggio, poi ritorna a Brooklyn risalendo il Missisipi e navigando sui Grandi Laghi. Nel 1833, dopo anni in cui poco lasciava intravedere un futuro di poeta, proprio come Dino Campana, pubblica la prima edizione di Foglie derba. DINOC.PM5 39 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 40 Il libro non porta il nome delleditore, né quello dellautore; include un ritratto di Whitman in abito da operaio, e consiste di dodici poesie senza titolo e una prefazione. La seconda edizione, con il nome dellautore, è pubblicata nel 1836. Whitman come Campana adora la musica e il canto. The teeming lady comes, The lustrous orb, Venus contralto, the blooming mother, Sister of loftiest gods, Albonis self I hear. In quegli anni ascoltai, in buona edizione, tutte le opere italiane e le altre allora in voga, la Sonnambula, I Puritani, Der Freischutz, Gli Ugonotti, La figlia del reggimento, Faust, La stella del Nord, Polluto, ecc. Tra quelle che gustavo maggiormente erano lErnani, il Rigoletto e Il trovatore di Verdi, insieme alla Lucia, la Lucrezia e La favorita di Donizetti, il Masaniello di Auber o il Guglielmo Tell e La gazza ladra di Rossini. Andai a sentire lAlboni ogni volta che cantò a New York o nelle vicinanze. Marietta Alboni (Anna Maria Marzia Alboni), che ha vissuto e studiato a Cesena prima di diventare una primadonna dellOpera di Parigi, era nata nel 1826 a Città di Castello (PG) da genitori romagnoli là trasferitisi, e ritornati a Cesena, terra d'origine, nei primi anni '30. Marietta Alboni è considerata una delle più celebri cantanti liriche della storia, forse il più grande contralto di tutti i tempi. Voce straordinaria per timbro, sonorità ed estensione, vantò una tecnica di formazione altrettanto eccezionale. La sua voce copriva due ottave dal sol basso al do acuto. Allieva prodigio, della quale Rossini scrisse in una lettera indirizzata a Donizetti nel 1843: la natura ha dotato questa ragazza di molti mezzi. Walt Withman la cita più volte nei suoi lavori, ebbe a dire di lei tra laltro: forse suoni più dolci mai uscirono da labbra umane e nella raccolta di poesie Foglie derba la chiama Orbe lucente, Venere contralto. Withman nel 1860 va a Boston per la terza edizione del suo libro, la prima con un editore ufficiale, Thayer and Eldridge. Nel 1861 scoppia la Guerra di Secessione e Whitman è a Washington, prima è volontario in un ospedale militare, poi DINOC.PM5 40 01/12/105, 17.07 41 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti impiegato al Dipartimento degli Interni. Nel 1867 esce la quarta edizione di Foglie derba e nel 1868, per la prima volta, una scelta delle poesie di Whitman è pubblicata a Londra. La quinta edizione è del 1871. Nel 1873 Whitman rimane parzialmente paralizzato; nello stesso anno muore sua madre e il poeta si trasferisce dal fratello George a Camden, nel New Jersey. La sesta edizione del libro è del 1876, la settima del 1882. Intanto Whitman compie qualche viaggio: va a St. Louis, poi nellOntario a trovare il dottor Bucke, che scriverà il primo studio critico su di lui. Nel 1884 affitta una casa in Mickle Street, a Camden. Nel 1888 ha unaltra paralisi e l'anno successivo appare lottava edizione di Foglie derba. Nel 1891 Whitman comincia la preparazione della cosiddetta deatb-bed edition che sarà pubblicata nel 1892. Nello stesso anno, il 26 di marzo, muore a settantadue anni. Viene sepolto nel cimitero di Harleigh, a Carriden, New Jersey. Emily Dickinson, dice egli è già morto ed è stato sepolto più volte, ha «attraversato» molteplici funerali. Ha prefigurato molti addii, mai completamente convinto che si tratti dellultimo, anzi sempre più certo che finché le Foglie derba vivranno laddio non si verificherà mai. Ciò non tanto per unorgogliosa affermazione della propria importanza di poeta, quanto per linfinita espansibilità nel tempo e nello spazio del modello di comunicazione poetica che egli propone. Withman canta gli Stati Uniti dAmerica e sa che la vita di quella nazione attende di essere trattata nel modo gigantesco e generoso che merita È certa una cosa: la poesia withmaniana, tra esaltazioni e denigrazioni, ha attraversato un secolo e mezzo, influenzando tutta la poesia americana, ma anche quella che attinge ad altre radici da T. S. Eliot a Ezra Pound, da F. Garcia Lorca a J. L. Borges, Pablo Neruda, fino a Dino Campana e Cesare Pavese, che si laureò con una tesi su Whitman e da lui attinse lispirazione di Lavorare stanca. Whitman è il centro della letteratura statunitense. Foglie derba nacque da una serie di libriccini di appunti, (la mente ci porta subito ai Taccuini campaniani) ispirati da letture, esperienze e osservazioni. Le sue fonti letterarie furono ampie: da Omero a Eschilo, da Dante a Shakespeare, Milton e i romantici inglesi, dagli antichi poemi indù alla Saga dei Nibelunghi e alla Bibbia. Dal primo gruppo di dodici lunghe poesie, Foglie DINOC.PM5 41 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 42 derba si sviluppò in successive nove edizioni, crescendo biologicamente, come per accumulo, fino a raccogliere circa cinquecento testi poetici. I suoi versi sono lespressione di una forte fiducia nellindividuo; lumanità sembra brillare di una felicità primitiva capace di creare lideale di una nazione di puri, i quali non conoscono il peccato delle origini. Laccostamento con i divini primitivi di Campana non è forzato; Whitman conosceva le teorie di Elias Hicks, un predicatore quacchero eretico che professava una credenza costituita dalla fusione di motivi gnostici, orfici ed entusiastici. Questo aspetto, e le letture delle teorie epicuree e dellidealismo tedesco porta il poeta ad un atteggiamento di ingenuo ottimismo. La poesia di Foglie derba è ispirata a gente comune, fatta di muratori, marinai, calzolai, tagliaboschi Whitman è, insomma, solamente un poeta come lo fu Campana, ma come per Campana, i suoi versi, radicati in una terra e in un popolo, sono in grado di parlare a chiunque. Scrive Campana ad Alfredo Reghini, Maestro Venerabile della Massoneria mistico, mago, e matematico, sottoscrittore per il conferimento della cittadinanza di Firenze a Dino Campana: Il diario della nuova Italia dovrebbe raccogliere gli articoli importanti già apparsi mettendoli in luce di attualità con gli avvenimenti della vita individuale e nazionale di oggi. La realtà come attuazione dello spirito. Come Campana, Whitman è stregato dalla natura, con i suoi campi aperti, le tempeste, le montagne e il mare, ma anche dall«opera delluomo» che «è egualmente grande nellartificiale». In particolare egli sofferma lo sguardo su strade, ruggenti locomotive in fuga, linee telegrafiche e linee di piroscafi, tutti lacci che annodano e collegano i vasti spazi del globo. Lispirazione di Whitman esprime una sorta di vitalismo elettrico (chi è più elettrico di Dino?). Whitman in Foglie derba usa linusuale aggettivo elettrico 20 volte, anche come sinonimo di spirituale; sono elettrici il corpo, la città, lanima, la vita, la voce Lelettricità scorre come una linfa. Il poeta percepisce il suo scorrere non solo nel suo corpo, ma anche nelle vene del suo Paese. Questo flusso deve dar vita a una letteratura vigorosa e ancora insospettata. Egli canta la vita immensa in passione, pulsazioni e forza passion, pulse, and power (Dediche). Molto dopo Whitman, i futuristi punteranno a creare DINOC.PM5 42 01/12/105, 17.07 43 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti unarte nuova, a misura di un mondo dominato dalle scosse elettriche e dalla rapidità e quindi libera da regole grammaticali e di bello stile. Scrive Dino Campana a Papini La vostra speranza sia: fondare lalta coltura italiana. Fondarla sul violento groviglio delle forze nelle città elettriche delle selvagge anime del popolo, del vero popolo, non di una massa di lecchini, finocchi, camerieri, cantastorie, saltimbanchi. Giornalisti e filosofi come siete a Firenze. Alla luce di queste osservazioni, leggendo con attenzione lopera di Whitman, ci si rende conto che la vastità e l«elettricità» delle immagini che escono dalla sua penna sono la proiezione viva di un desiderio. Essa è «vera» perché poetica e non perché biografica; seguendo lemergere dellio si colgono passaggi di grande intensità, capaci di valutare anche le delusioni che lio ideale è costretto a subire, (è così anche per Campana). Basta leggere Relitti Marini: Deluso, respinto, piegato a terra, / Oppresso da me stesso, che ho osato aprir bocca, / Conscio ora che tra tante vane parole, i cui echi ricadono su me, non ho mai avuto la minima idea di chi o che cosa io sia, / Ma che di fronte a tutte le mie arroganti poesie il mio vero Io (real Me) resta intatto, inespresso, tuttora inattinto, / E, ritiratosi lontano, mi irride con beffarde congratulazioni e inchini, / Con scrosci di lontane risate ironiche per ogni parola che ho scritto, / In silenzio indicando questi canti, e poi la sabbia che mè sotto i piedi, / Mavvedo che non ho mai nulla capito, neppure una cosa, e che nessuno vi riesce, / La natura, qui, in vista del mare, approfittando di me per scagliarsi su me e ferirmi, / Perché ho avuto laudacia daprir bocca e cantare. La poesia di Whitman, come quella di Dino Campana, è permeata della Divina Commedia, che Whitman raccontò di avere letto in un bosco. La lettura allaperto, fece sì che Whitman non si sentisse schiacciato da questo capolavoro. Il vagabondo, giornalista autodidatta e girovago, che, a differenza di Campana visse a lungo, affascinò ed influenzò Dino. Whitman poeta per poeti, dunque, oltre che, come voleva, poeta per la gente comune e ci ha consapevolmente consegnato unopera aperta, così come aperta concepiva la realtà americana, paradigma, prima ancora che metafora, di storia in divenire. Whitman è autore di una poesia che sembra brulicare di idee. Essendo poeta, Whitman sapeva che le idee sono pericolose; DINOC.PM5 43 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 44 ma ne subiva il mediocre adescamento; essendo incline ad apprezzare la stupidità, se ne lasciava intossicare. Uno dei versi più famosi di Whitman è quello in cui, interrogato da un fanciullo su che cosa sia lerba, avanza lipotesi che sia «lo stendardo della sua vocazione fatto col verde tessuto della speranza». «O forse è il fazzoletto del Signore in un ricordo profumato lasciato cadere di proposito...» «or a handkerchief designedly dropped». Ecco: questo misterioso «handkerchief» del Signore un dono profumato lasciato cadere «di proposito» come «remembrancer», per non farsi dimenticare. Che Campana conoscesse molto bene Leaves of Grass è dunque un dato di fatto, ed è anche certo che a questo libro Campana attribuiva un valore molto particolare. Solitamente, quando si parla dellinfluenza di Whitman su Campana, si tende a ricordare lincoraggiamento che ne sarebbe venuto a liberarsi delle strutture metriche tradizionali, e il valore esemplare che lesperienza metrico-ritmica di such a master of English free verse avrebbe assunto per la metrica dei Canti Orfici. In realtà, se è vero che il verso libero di Whitman ha rappresentato per molti, soprattutto per i futuristi, un punto di riferimento fondamentale in molte esperienze di rinnovamento metrico nella lirica in lingua italiana della prima parte del Novecento, non è però altrettanto esatto sostenere la stessa cosa a proposito di Campana. La metrica dei Canti, molto distante dal verso libero, è frutto di una fusione di metri tradizionali in modo particolare, lendecasillabo. In altre parole linflusso di Whitman sui Canti, sicuramente presente, anzi profondo, non si esprime soltanto sul piano della metrica; Whitman racconta dellassassinio a tradimento dei quattrocentododici che si erano arresi, di fronte alle forze nemiche soverchianti, dopo aver trattato una resa onorevole. Nel resoconto del massacro spicca, anche perché chiude il brano, la scena che ha colpito la fantasia di Campana fino allimmedesimazione. Se il sangue del boy chiudeva i Canti Orfici (connotandoli tragicamente), questo avveniva anche raccogliendo le suggestioni di un altro testo delle Leaves of Grass. Ed a questultimo, probabilmente, Campana sommava le suggestioni della sezione Drum Taps del libro di Whitman, dove il racconto delle esperienze di infermiere durante la Guerra di secessione DINOC.PM5 44 01/12/105, 17.07 45 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti è costellato di sangue, morti e feriti (quasi sempre giovani, e, appunto, boys, con risultati di una violenza quasi espressionistica). Campana, come Whitman, vuole lasciare nelle proprie pagine il segno visibile di sé stesso ma, diversamente da Whitman, le tracce che lascia non possono essere riassunte e sublimate nellarmonia di una collettività che progredisce verso la propria libertà. Campana, nel complesso del suo libro, finisce tuttavia per ricavare da Whitman tratti di entusiasmo che connotano il bardo e il vate che si intravede anche nei Canti Orfici. Un tentativo di comunicarci lesaltazione delluomo nuovo, che nellimpossibilità di affermarsi lascia i segni della propria tragedia. Nel finale di Pampa, si possono cogliere diversi riferimenti a Whitman, e in particolare quello svilupparsi di fantasticherie e riflessioni sul destino degli uomini durante il bivacco notturno nella prateria (tipico di parecchie poesie di Whitman, soprattutto nella citata sezione Drum Taps): Mi ero alzato sotto le stelle impassibili, sulla terra infinitamente deserta e misteriosa, dalla sua tenda luomo libero tendeva le braccia al cielo infinito non deturpato dallombra di Nessun Dio. Ci si accorge di nuovo di come Campana utilizzi elementi discordanti della sua cultura creando loro una nuova coerenza: qui la possibilità delluomo libero (che nasce, probabilmente non a caso, nella Pampa, cioè nel nuovo mondo americano) sintreccia con la dichiarazione della sparizione dal cielo dellombra di Dio. Questa sparizione non è altro che il compimento e il superamento della morte di Dio che, mettendo fine alla decadenza dellOccidente e al nichilismo, inaugura la possibilità del superuomo predicato da Zarathustra. Nei Canti Orfici è la riconciliazione con la natura e con la terra a consentire la nascita delluomo libero. E allora fu che nel mio intorpidimento finale io sentii con delizia luomo nuovo nascere. Campana conserva poco di Carducci e ancora meno di DAnnunzio; la chiave fondamentale dei Canti Orfici sta proprio nello Zarathustra e quel tanto di ottimistico, di antitetico al maledettismo che troviamo nei Canti Orfici, è letterariamente molto legato alla suggestione del poeta statunitense, anche se le due esperienze sono radicalmente diverse. Whitman ha uno stile fondato sullelenco, il catalogo. La sua scrittura si articola su DINOC.PM5 45 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 46 un movimento di sviluppo lineare, quello dello scrittore spettatore lungo una strada; infatti la finzione che inaugura molte delle poesie è proprio quella del poeta che cammina (o magari che vola sopra gli Stati Uniti) ed elenca via via ciò che vede. Whitman ha una incrollabile fiducia nella realtà e nel radicamento in una collettività da cui attinge visioni e rappresentazioni poetiche. Questa fiducia nella realtà (e soprattutto nella realtà e solidità delle proprie visioni poetiche) è necessariamente dipendente dalla fiducia in una metafisica che, non solo garantisce unesperienza poetica, ma soprattutto fonda una morale ed una politica condivise da tutta la collettività. In questo senso Whitman è lontano dallo sradicamento sociale spesso tipico del poeta, ma è noto come sia necessario distinguere bene per comparare la poesia di uno statunitense della seconda metà dellOttocento a quella degli europei dello stesso periodo. Campana interpreta Whitman trasformando la sicurezza entusiastica del Song of Myself nella finale identificazione autosacrificale della figura del boy (che è anche, si ricorderà, lOrfeo fatto a pezzi dalle Menadi). Nel testo dei Canti Orfici la ripetizione è funzionale ad un movimento perpetuo, e per questo non produce monotonia. Ma questa instabilità è propria di un poeta, Campana, che predilige lostentazione del sacrificio legata ad un evidente narcisismo. Ed infine potremmo affermare, a buona ragione, che i Canti Orfici sono un canto di un Myself impossibile, di un poeta che cerca e perde la propria Euridice, ma cerca anche se stesso, e finisce, come Orfeo, lacerato e diviso. DINOC.PM5 46 01/12/105, 17.07 47 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti SULLA PRESENZA DI MICHELANGELO BUONARROTI NELLA POESIA DI DINO CAMPANA La musica, il colore, la pittura, la scultura e larchitettura sono palpabilmente presenti nella poetica campaniana. Nella sua opera, che è traduzione letteraria della sua alta cultura, decisivo è il rapporto con la pittura e con la scultura. Giotto, Michelangelo, Raffaello, Leonardo sono fra le citazioni dei Canti Orfici che Campana predilige. Nel libro Vita non romanzata di Dino Campana del 1938, Carlo Pariani ricorda come La Notte nei Canti Orfici si divida in sedici capoversi, e nel nono il nome del Buonarroti richiami il plastico atteggiamento di una scultura: Michelangelo fece la Notte. Venne la notte : poi che Michelangelo aveva ripiegato sulle sue ginocchia stanche di cammino colei che piega, che piega e non posa, regina barbara sotto il peso di tutto il sogno umano, e lo sbattere delle pose arcane e volente delle barbare travolte regine antiche aveva udito Dante spegnersi nel grido di Francesca . La reminiscenza michelangiolesca è fortissima. Si pensi alle figure femminili, viste sovente come ultime rappresentanti di una serie infinita che risale fino alle donne antiche, che quasi sempre appaiono con volti e posture che richiamano le arti figurative di altri secoli. Ricordo, ad esempio, le cariatidi de La Notte, la Notte di Michelangelo, le figure bizantine. Talora queste immagini sono esplicite, come la Chimera suora della Gioconda leonardesca, altre volte possiamo ritrovare una traccia chiarificatrice del testo degli Orfici in altri suoi scritti. Condotto da imperscrutabili stati danimo, Dino vagherà nelle grandi città dItalia e dEuropa come tra i silenzi delle nevi alpine, o ancora nella dolcezza severa dei paesaggi autoctoni (tra il presagio dei suoi divini primitivi, Dante, Leonardo, Michelangelo, Frate Francesco) o nel vastissimo soffio della Pampa argentina: unico sincero tentativo devasione, questo, verso un più aperto orizzonte ove tentar di collocare, una volte per sempre, la propria inattuata (ed inattuabile) realtà. Per questo è possibile collocare Campana in una regione culturale tra classicismo e modernità, tra Michelangelo e Leopardi tra Whitman, Verlaine, Rimbaud e Marinetti. DINOC.PM5 47 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 48 SUR LA PRESENCE DE MICHEL ANGE BUONARROTI DANS LA POËSIE DE DINO CAMPANA La musique, la couleur, la sculpture et larchitcture sont palpablement présentes dans lapoétique campanienne. Dans son oeuvre, qui est la traduction littéraire de sa haute culture, decisifs sont les rapports avec la peinture et la sculpture, Giotto, Michel-Ange, Raphaël Léonard sont entre les citations des Chants Orphiques que Campana préfère. Dans le livre Vie non romancée de Dino Campana de 1938 Carlo Pariani rappelle comme La Nuit dans les Chants Orphiques se divise en seize alinéas, et dans le neuviçme, le nom de Buonarroti rappelle le comportement plastique dune sculpture: Michel-Ange fit la Nuit. Vint la nuit: après que Michel Ange eut replié sur ses genoux fatigué de marcher, celle qui plie et ne se repose pas, reine barbare sous le poids de tout songe humain, et le choc des poses arcanes et violentes d antiques reines barbares bouleversèes, Dante lavait entendu séteindre dans le cri de Francesca . La réminescence michel-angelesque est trçs forte, il suffit de penser aux figures féminines, vues souvent comme dultimes représentantes dune série infinie qui remonte jusq aux femmes antiques, qui presque toujours apparaissent avec des visages et des postures qui rappellent arts plastiques dautres siècles. Je rappelle, par exemple, les cariatides de La Nuit, la Nuit de Michel Ange, les figures byzantines. Parfois ces images sont explicites, comme la Chimçre «soeur» de la Joconde de Leonard, dautre fois nous pouvons retrouver une trace révélatrice du texte des Orphiques dans dautres de ses écrits. Conduit par dimpénétrables états dâme, Dino vaguera dans le grandes villes dItalie et dEurope comme entre les silences des neiges alpines. Ou encore, dans la douceur sévère des paysages autoctones (entre le présage de ses «divins ancêtres», Dante, Leonard, Michel Ange, Frçre François) o? dans le très vaste souffle de la Pampa argentine: unique sincère tentative dévasion, ceci, vers un horizon plus ouvert o? tenter de placer, une fois pour toutes, sa propre irréalisée (et irréalisable) realité. Pour cela, il est possible de placer Campana dans une séries culturelle, entre le classicisme et le modernisme, entre MichelAnge, Leopardi, Whitman, Verlaine, Rimbaud et Marinetti. DINOC.PM5 48 01/12/105, 17.07 49 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti O POESIA PIÙ NON TORNERAI: VOLEVO NEL PAESAGGIO COLLOCARE DEI RICORDI Veggente, visionario, orfico, germanico, mediterraneo, allucinato, fantastico vagabondo dello spirito, poeta della notte, poeta barbaro, Rimbaud della Romagna. Queste formule con cui i critici hanno cercato di chiarire la personalità poetica di Dino Campana non riescono a pieno, nessuna, ad illuminare il segreto umano del poeta perché, come tutte le definizioni, limitano in un ambito troppo angusto la materia dellarte e dimenticano il rapporto materia e forma da cui nasce il canto. Non intendo avventurarmi, in questa sede, nei meandri di questa ricerca, mi limiterò a sottolineare come appropriato e condivisibile sia lidea del critico darte Vittorio Sgarbi là dove sostiene che tra i tratti distintivi della poesia campaniana che maggiormente resistono al tempo e sopportano il nostro irrefrenabile processo di attualizzazione, cè lindelebile forza culturale ed artistica di esprimere il sapore depoca. Questa caratteristica, applicata al paesaggio, rende a lunghi tratti la poesia campaniana un mirabile obbiettivo fotografico e spesso cinematografico che si posa sullimmagine cogliendone lanima e colorandola con uno stato danimo consapevole, che spesso si trasforma in un vero e proprio stato di grazia, Campana affermava di voler nel paesaggio collocare dei ricordi. Sul paesaggio aleggia una misteriosa lontananza, prossima a quella di leopardiane memoria del Canto del pastore errante. Come il Leopardi, Campana sentì il fascino delle ore crepuscolari, della luna immota sui campi, delle stelle silenti, del canto che si perde nelle strade solitarie, della finestra illuminata nel buio della notte mediterranea, del silenzio occhiuto dei fuochi. Leopardiana è anche la trasfigurazione fantastica della donna e spesso latmosfera lirica. In Campana lattimo è colto nella sua fuggevolezza, ma non spenge nellanimo lansia disperata di libertà destinata a rimanere insoddisfatta. Scriveva la Inghilleri: Non illuminazione che fende le zone oscurate della mente, non vaticinio dettato dalle misteriose forze dellinconoscibile, ma transumata ebbrezza fuor dei sensi in DINOC.PM5 49 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 50 unaura pura da umane miserie in quellebbrezza in cui alluomo giunge più dolce il suono della vita mentre le voci di dolore si sono mutate in canto. Il linguaggio poetico libero da ogni legame permette zone di silenzio perché più alto risuoni il canto, campi dombra che fanno più splendido il colore. I Canti Orfici sono un grande album di un paesaggio influenzato da citazioni culturali tutte importanti, Dante, S. Francesco, Giotto, Michelangelo, Leonardo, Piero della Francesca, ma anche un modo rivoluzionario di leggere, dimpaginare di mettere a fuoco e di riprendere e fotografare il paesaggio, senza che questo perda il valore pittorico e letterario. Una poesia, quella di Campana, che si snoda lungo i sentieri, le strade ed i mari della partenza e del ritorno. Un itinerario giocato su punti di luce in continuo movimento, spesso accompagnato ad una moderna e percettibile sensazione di scorci di taglio decisamente cinematografico. Il mattino arride sulle cime dei monti. In alto sulle cuspidi di un triangolo desolato sillumina il Castello, più alto e più lontano (Marradi) La Chiesa ha un portico a colonnette quadrate di sasso intero nudo ed elegante, semplice e austero, veramente toscano: tra i cipressi scorgo alti portici (Sulla Falterona). La Falterona verde, nero e argento ribollimenti arenosi di colline laggiù sul piano di Toscana (Campigna, foresta della Falterona). Lazzurro si apre tra questi due alberi, il noce è davanti alla finestra della mia stanza (Presso Campigno). Potrei continuare a cogliere la dolcezza severa dei paesaggi toscani (tra il presagio dei suoi divini primitivi, Dante, Leonardo, Michelangelo, Frate Francesco) o quella barbarica e bizantina della Romagna, o nel vastissimo soffio della Pampa argentina. DINOC.PM5 50 01/12/105, 17.07 51 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti I WANTED TO PLACE MY MEMORIES IN THE LANDSCAPE Seer, visionary, visual, Orphic, Germanie, Mediterranean, hallucinated, fantastic spiritual vagabond, poet of the night, barbarian poet. No one of these epithets with which crìtìcs have attempted to encapsulate the poetic personality of Dino Campana fully succeeds in illuminating the human secret of the poet because, like all definitions, they attempt to confine too narrowly the matter of art, forgetting the relationship between matter and form from which song is born. It is not my intention here to penetrate into the intricacies of this research; I limit myself to stressing how appropriate and convincing the idea of the art critic Vittorio Sgarbi appears to be when he maintains that, among the distinctive features of Campanas poetry which weather best and stand up to our relentless process of actualisation, is the indelible cultural and artistic force with which he expresses the flavour of the time. This characteristic, applied to the landscape, renders the broad strokes of Campanas poetry a wonderful photographic, and frequently cinematographic lens, which lingers on the image, grasping its soul and colouring it with a conscious state of mind which is frequently transformed into a veritable state of grace; Campana himself declared that he wished to place memories in the landscape. Hovering over this landscape is an aura of mysterious distance very close to that of Giacomo Leopardis Canto del pastore errante (Song of the wandering shepherd). Like Leopardi, Campana felt the attraction of the twilight hours, of the moon motionless above the fields, of the silent stars, of the song losing itself among the deserted streets, of the window lit up in the dark of the Mediterranean night, of the vigilant silence of fires. Also akin to Leopardi is the fantastic transfiguration of woman, and the frequently lyric atmosphere. Campana succeeds in grasping the fleeting moment, but this does not manage to extinguish in his soul the desperate yearning for freedom which is destined to remain unsatisfied. As Inghilleri wrote not illumination which rends open the darkened areas of the mind, not a prophecy dictated by the mysterious forces of the unknowable, but an intoxication migrating DINOC.PM5 51 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 52 beyond sense, in a pure aura of human misery, in that intoxication in which man hears more sweetly the sound of life, while the voices of pain are transformed into song. Free of all bonds, the poetic language enables areas of silence where the song sounds louder, fields of shadow which make the colour more brilliant. The Canti Orfici is a great album illustrating a landscape influenced by cultural references which are entirely Tuscan - Giotto, Michelangelo, Leonardo, Piero della Francesca - but also a revolutionary mode of reading, of making up, of focusing and shooting and photographing the landscape without this losing its pictorial and literary value. Campanas is a poetry which unwinds along the footpaths, roads and seaways of departure and homecoming. An itinerary playing on points of light in continual movement, frequently accompanied by a modern and perceptible sensation of views of a decidedly cinematographical slant. The moming smiles on the mountain peaks. On high, on the cusps of a desolate triangle the Castle brightens, higher and more distant... (Marradi). ...The Church has a portico with squared pillars of solid stones, naked and elegant, simple and austere, truly Tuscan: among the cypresses I glimpse tall porticoes... (On Mount Falterona). The Falterona, green, black and silver sandy effervescence of hills down there on the Tuscan plain (Campigna, Falterona forest). The azure opens between these two trees. The walnut tree stands before the window of my room.. (Near Campigno). We could go on gathering examples of this austere gentleness of the Tuscan landscapes (amidst the portents of its divine primitives Leonardo, Michelangelo, Friar Francis) or of the barbaric and Byzantine nature of Romagna, or of the vast reaches of the Argentine Pampas. DINOC.PM5 52 01/12/105, 17.07 53 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti DINO CAMPANA E LA SARDEGNA DI SEBASTIANO SATTA Forse è per una coincidenza assolutamente involontaria, o forse per linconscia volontà di ripercorrere uno dei tanti inimmaginabili e magici percorsi di Dino Campana, che subito dopo lannuale e rituale celebrazione del Grande Orfico (in occasione della ricorrenza della sua nascita, il 20 agosto) sono partito da Marradi per le vacanze in Sardegna con un pensiero fisso: provare a comprendere come verosimilmente Campana avesse vissuto il contatto con lisola, in occasione di uno dei suoi viaggi nellinverno del 1915. Campana scrive a Papini, in una lettera del primo febbraio di quellanno, «la Sardegna è un paese arido e scoraggiante: sono ora a Torino»; e a Soffici maggio 1915 da Ginevra: «Quando partii da Firenze andai in Sardegna». Sicuramente Campana non arrivò in Sardegna casualmente, e non solo perché sua cognata era sarda, ma guidato dalla grande determinazione di verificare di persona le immagini, le suggestioni, gli stimoli letterari ricevuti da Sebastiano Satta (morto a Nuoro nel 1914) i cui Canti Barbaricini erano ben noti al grande marradese. Si ricordi la citazione di un verso della lirica Tedio (in Chiacchierata serale): «Era il granito delle tombe la rosa centifoglie», che Campana scrive nel periodo torinese subito dopo essere stato in Sardegna. Due anni dopo quella visita-soggiorno in Gallura, a proposito della Sardegna e della sua Prosa in poesia, contenuta nel Taccuino (del quale conservo una copia della preziosa edizione del 1949 curata dal Matacotta), Campana scrive da Marina di Pisa nellottobre 1916 a Sibilla Aleramo: « Laggiù nei tramonti una volta in Sardegna entrai in una casa con fuori una vecchia lanterna di ferro che illuminava la parete di granito. Fuori la via metteva sulla costa pietrosa che scendeva dallaltipiano al mare. Questo ricordo che non ricorda nulla è così forte in me! La costa bianca di macigni aveva bevuto il tramonto muto e rosso che chiudeva lisola e ora colla lanterna rugginosa solo le stelle sullaltipiano brillavano a me e a Garcia. Io baciai la parete di granito senza pensare e non so ancora perché. Ricordo che in DINOC.PM5 53 01/12/105, 17.07 R ODOLFO R IDOLFI 54 quella casa stava la sarda moglie dellalcolizzato amico dellamico del nostro amico. Bevemmo il moscato bianco salmastro di Sardegna ed è idiota come mi ricordo di tutto questo». La Sardegna di Campana è un quadro intenso e vero della Gallura, della Maddalena, dellAltipiano di Tempio con sullo sfondo i monti di Aggius. Prosa in poesia riempie quasi cinque fogli del suo Taccuino e inizia la sua suggestiva descrizione con il motivo bizantino, a lui così caro, e che ricorre nella Notte dei Canti Orfici (il Taccuino è successivo alla pubblicazione dei Canti Orfici, Marradi-Ravagli 1914). Prosa in poesia con alcune pennellate racchiude, insieme allincalzare della poesia campaniana (che trasmette subito a chi la legge il movimento delle onde del mare), una Sardegna vera e forte, una cultura antica legata con la sua originalità «an vecchio bon sangue italiano». Tutta mediterranea, dai toni forti e nello stesso tempo intriganti e magici, la Sardegna, pur non accolta nei Canti Orfici perché scoperta e vissuta dopo il 1914, come la Toscana, la Romagna, la Liguria e il Piemonte, appartiene a pieno titolo ai luoghi campaniani. In una lettera dellagosto 1913 a Sibilla Aleramo, Campana scriveva: «Dalle rupi di Campigno, nelle cui rupi pietrose abita permanentemente il falco io spero di superarle e di volare sopra di esse con tutta la fierezza e la forza dellaquila. Fra tutti gli aeroplani moderni, anche il mio seguirà il suo destino. O la morte o la Gloria!». Campigno non è poi così lontano dagli aspri picchi della Sardegna. Campana riuscì a volare in quella terra immergendosi in quella antica e straordinaria cultura, armato della sua grande sensibilità, della sua straordinaria conoscenza, di un Taccuino e di una matita per immortalare lisola, nella gloria di un frammento della sua poesia. DINOC.PM5 54 01/12/105, 17.08 55 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti «Un verde bizantino Sopra un occhio dorato » Descrivo le lastre a quadri Dellisola Maddalena «Per scale di granito Ci sono i vecchi lampioni E pure si trova le femmine Allisola Maddalena Per scale di granito Un organetto che sona E signorine donate A n vecchio bon sangue italiano Un verde bizantino Sopra un occhio dorato Sopra le lastre a losanga Dellisola Maddalena La Giuseppina si affaccia E tutta vestita di rosso La casa è di granito E sona lorganetto Sotto linsegna di ruggine Sopra le lastre a losanga Dellisola Maddalena Nel rantolo dellancora Che stanca le bandiere Si stanca sul granito Sopra le lastre a quadri Dellisola Maddalena Collombra dellocchio dorato Labete che riparte Con cigoli di carene Dellancora portandosi Solo il segnale la sera Chè stanca la bandiera Ai monti lontani di Aggius Ondeggia la rossa bandiera». DINOC.PM5 55 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 56 CHIACCHIERATA SERALE DI DINO CAMPANA Forse se qui non avesse abitato il mio amore io non avrei mai scoperto. Pure abitando il mio amore qui È inutile descrivere ciò Cioè un mazzo di fiori secchi allangolo con una grande insegna sulle vetrate ed io guardare le vetrate in punta di piedi se qui fosse il mio amore e non cera. - La via era scura e stretta allangolo della grande piazza - Riprese. Perché descrivere ciò? Pure per quanto secco fosse quel mazzo di fiori sentii una gran pace venire sopra di me. Così passavamo davanti alle grandi lettere nere dellinsegna colorata e quando ci volgemmo dalla vetrata ci parve una ragazza leggera e bianca passare davanti al cristallo e forse gli angoli della bocca chiusa e amorosa davanti allinsegna dellalbergo dellAgnello per la via scura e stretta in curva allangolo della grande piazza. «Era il granito delle tombe la rosa centifoglie» mentre a noi le stelle parevano spuntare ad una ad una dietro i giocattoli giganteschi delle Alpi. Le Alpi. Il monolite dellobelisco bianco, i due Gemelli pagani allentrata dellimmenso palazzo nellarco romano le ali e gli angeli gotici a cui la luna insanguinava gli angoli della bocca mentre passavano dei profumi di muschio i volti troppo fieri di essere pallidi forati da stelle troppo azzurre come la ragazza che si levò come si leva unombra davanti alla vetrata allangolo della grande piazza allinsegna dellalbergo dellAgnello per la via curva allangolo della grande piazza. TEDIO DI SEBASTIANO SATTA In altra terra, o patria, io bevvi il vino De tuoi colli: e rividi, in una gaia Visione, la fulgida giogaia Di Montalbo e il mio bel monte vicino. Cantava il capinera e il cardellino Presso la fonte lungo la giuncaia, E, nel sogno, odorava il rosmarino Lungo i filari dove luva invaia. DINOC.PM5 56 01/12/105, 17.08 57 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti O patria, o sogno! Ora nel cuor mi tace Anche questo desìo, che in più romito Angolo il mio pensiero si raccoglie. Pur là vi canta, nella vitrea pace De lalba, un nido: e sapre tra il granito Delle tombe la rosa centifoglie. SEBASTIANO SATTA Poeta tra i massimi della Sardegna, avvocato, giornalista, nacque a Nuoro nel 1867. Durante il servizio militare a Bologna, ebbe modo di conoscere lopera poetica del Carducci. Studiò giurisprudenza a Sassari, dove collaborò con il quotidiano LIsola. Laureatosi, esercitò la professione di avvocato penalista, distinguendosi per le profonde competenze in campo giuridico e per lispirata eloquenza. Satta fu anche un appassionato poeta in lingua sarda e italiana: sono particolarmente importanti i Versi ribelli, raccolta di poesie con la quale esordì, nel 1893; lode Primo maggio, del 1896; i Canti barbaricini, del 1910; i Canti del Salto e della Tanca, pubblicati postumi nel 1924. Le poesie di Satta scaturiscono da una profonda umanità e da una forte coscienza sociale. Egli amò intensamente la Barbagia, terra natale, rude e bellissima al tempo stesso, apprezzandone ogni suo aspetto, anche quello più fosco. Non nascose mai di nutrire simpatia e rispetto per la folta schiera di banditi che, per sfuggire alla cattura, si davano alla macchia, vivendo una vita dura, misteriosa e affascinante; dopo tutto, secondo Satta, i banditi altro non erano che degli uomini divenuti simili ad animali randagi, che manifestavano con le loro gesta fuorilegge una barbarica ribellione ad un ordine sociale ingiusto e inaccettabile. La poesia sattiana mette dunque in luce tutta la tragedia della sfortunata Sardegna, immortalata come madreprefica, o meglio, madre in bende nere che sta grande e fiera in un pensier di morte. Sciagure familiari, ristrettezze economiche ed una salute cagionevole avevano reso non facile la sua vita. Colpito da paralisi, il poeta visse gli ultimi sei anni in dolorosa immobilità, morendo a Nuoro nel 1914, a 47 anni. DINOC.PM5 57 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 58 CINEMA E VELOCITÀ IN DINO CAMPANA Cinema e velocità sono aspetti molto marcati della modernità di Campana. La tradizione letteraria (Dante, Leopardi, Carducci, Pascoli) e pittorico-scultorea (Leonardo, Michelangelo, Ghirlandaio, Della Robbia) sono sorgenti dalle quali Campana attinge per la sua poesia. La modernità ed in modo particolare la velocità ed il cinema sono strettamente legati al Futurismo. Certamente Campana non condivideva il punto 10 del Manifesto del Futurismo Noi vogliamo distruggere i Musei e le Biblioteche e neppure il punto 3 Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, linsonnia febbrile, il passo di corsa perché la letteratura aveva fino ad allora esaltato limmobilità pensosa, lestasi ed il sonno. Campana dice: Ogni tanto scrivevo dei versi balzani ma non ero futurista. Il verso libero futurista è falso, non è armonico. È una improvvisazione senza colore e senza armonia. Io facevo un poco di arte. I Futuristi li trovavo vuoti. Ciò nonostante Campana è molto vicino al Cubismo ed al Futurismo. Il punto 4 del Manifesto futurista, quello della nuova bellezza, la velocità ed il cinema, lo coinvolge molto e caratterizza in più parti la sua poesia che è sintesi fra modernità e tradizione. Campana è il primo poeta - non so se ce ne sono altri - che dedica una poesia ispirata al Giro dItalia, la cui prima edizione è del 1909, Giro dItalia in bicicletta (1º arrivato al traguardo di Marradi), con taglio decisamente futurista, come pure confermerà unaltra versione della stessa poesia dedicata, col titolo Traguardo, a Marinetti. Il tema del cinema in Campana è stato accennato da molti critici che parlano, di volta in volta, di tecnica cinematografica, di consapevole procedimento cinematografico che annulla la dimensione cronologica. Nel manoscritto Il più lungo giorno la prima composizione appare con il titolo Scorci bizantini e notti cinematografiche e cancellato si può leggere in alto: Cinematografia sentimentale che doveva essere il titolo della parte che diventerà La Notte. Nel 1895 i Fratelli Lumière costruirono la camera portatile e filmarono le prime scene esterne; la prima ripresa in movimento avvenne a Venezia su una gondola nel 1897. Le proiezioni avvenivano nei caffè concerto e nelle fiere DINOC.PM5 58 01/12/105, 17.08 59 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti in apposite baracche. Trasferiamoci a Faenza e vediamo un po quello che succedeva allinizio del 900. Il settimanale Il Lamone, periodico faentino che usciva la domenica, il 21 maggio del 1905 scriveva: Il cinematografo che è stato presentato ieri sera allArena Borghesi, richiamò molto pubblico e ottenne un lieto successo. Lo stesso settimanale il 17 settembre dello stesso anno annuncia la proiezione dellassedio e capitolazione di Port Arthur (Guerra russo-giapponese). La diffusione del cinema continua in Romagna il 24 settembre 1905 Il Lamone: il grande cinematografo Lumière si è installato con un grandissimo padiglione nella Piazza Pasi del Borgo DUrbecco. Torniamo ai Canti Orfici dove nella Notte rinveniamo una delle prime descrizioni dello stato danimo che il cinematografo muto produce nello spettatore che si trova di fronte al grande schermo. Il poeta si trova in una fiera (Le fiere del bestiame si svolgevano a Faenza la seconda domenica di luglio che, in quellanno, cadde il 9 luglio, la domenica dAgosto prima di SantElena, in quellanno, il 20 agosto, compleanno di Campana). Sarà Faenza oppure Marradi come ha minuziosamente descritto e cercato di provare Franco Scalini nel suo libro Nellodore pirico di sera di Fiera Ambientazione della sera di fiera e della festa destate e altre note campaniane? Personalmente sono portato a considerare il 22 luglio del 1906 la sera di Fiera (Festa) e Marradi il luogo. I fuochi dartificio (in fondo alla piazza delle scuole, Via Umberto Iº) sono finiti, nellaria lodore della polvere, il silenzio dopo il forte rumore dei fuochi, gli occhi stanchi di guardare il cielo ed il poeta scopre che è accanto ad una ragazza. Non sappiamo se ci sia un rapporto fra loro, neanche se si conoscono; la ragazza si sente attirata da una baracca dove offrono le più grandi invenzioni del momento, il cinematografo, (presso lospedale di Marradi, allinizio del campo dellartiglieria) e decide di entrare e dietro di lei luomo e gli spettatori che già sono seduti rivolgono lo sguardo verso chi entra quando lo spettacolo è cominciato. E lì ci sono le vedute ed appaiono dei panorami scheletrici del mondo che non sono altro che le città attraverso il cinema muto, i soldati morti a Port Arthur e le odalische. E si sente lodore della segatura (che si usa per asciugare il fondo della baracca) e le donne sono DINOC.PM5 59 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 60 stupite per quella invenzione che permette loro di vedere Parigi e Londra e la battaglia di Muckden senza uscire dal paese (Marradi). E si esce dalla baracca come ci si è entrati senza sapere dove andare e con quella sensazione di essere fuori dal tempo Noi guardammo intorno doveva essere tardi. La ragazza è presso di me perché è immobile alla porta della baracca, ma ognuno prenderà la sua strada. Sentii con una punta di amarezza tosto consolata che mai più le sarei stato vicino, e raccoglie unaltra delle sensazioni che ancoroggi il cinema ci procura: la vicinanza di una persona sconosciuta nel buio, come non sarà possibile in altre circostanze, perché quella situazione si verifica soltanto nellintimità della coppia. Molto probabilmente, come sostiene Franco Scalini, Campana prenderà il treno per Parigi. Cè in Pampa un altro spaccato di velocità cinematografica che assume una forte connotazione lirica. La poesia del poeta di Marradi non è mai visionaria né tantomeno frutto di effetti della follia, ma scaturisce dalla grandezza poetica e dalla dimensione culturale di Dino Campana che parte sempre dalla realtà quotidiana per creare uno stile ed una poesia così alta, fuori dal tempo e dallo spazio, come soltanto i grandissimi della letteratura hanno saputo fare. Oggi il cinema guarda a Campana: la sua poesia, la sua vita il rapporto epistolare ed amoroso con Sibilla sono sceneggiature pronte per la cinematografia ed infatti sono già stati realizzati quattro films su di lui. Inganni, regista e sceneggiatore Luigi Faccini, 1984, con Bruno Zanin e Olga Karlatos e Mattia Sbragia, prodotto da Futura Film Off Limits, durata 96. Il film ha partecipato a un numero rilevante di Festival fra cui: Valencia, Avellino, Gand, Nairobi, Madrid, Buenos Aires, ma è stato visto pochissimo nelle sale. Il più lungo giorno, regista e sceneggiatore Roberto Riviello, 1999, con Gianni Cavina (Dino Campana), Luca Gai (Dino da bambino), Tazio Torrini (Dino adolescente), Luca Biagini (Giovanni Campana), Enrica Maria Modugno (Fanny), Roberto Nobile (dott. Pariani), Enzo Brogi (Manlio), Giuseppe Battiston (zio Mario), prodotto da Antonio e Pupi Avati per la DUEA film. DINOC.PM5 60 01/12/105, 17.08 61 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti Dino Campana, regia e sceneggiatura di M. Moretti, interpreti: Ugo Fortini (Dino Campana giovane), Fabrizio Celiai (Dino Campana in manicomio), Maria Jutta Pick (Sibilla), 1974. Pellicola restaurata nel 1999. Un viaggio chiamato amore, regia: Michele Placido; soggetto e sceneggiatura: H. Sch Ribon, M. Placido; fotografia: L. Bigazzi, musica: C. Crivelli; interpreti. L. Morante (Aleramo), Stefano Accorsi (Dino Campana), Alessandro Haber (Andrea Cena), Calate; (Leonetta Cecchi Pieraccini), Diego Ribon (Emilie Cecchi); prodotto da Cattleya / Rai C Stream, 2002. Emilio Tadini Firenze 1997 GIRO DITALIA IN BICICLETTA (Iº ARRIVATO AL TRAGUARDO DI MARRADI) Dallalta ripida china precipite Come movente nel caos dun turbine Come un movente grido del turbine Come il nocchiero del cuore insaziato. Bolgia di roccia alpestre: grida di turbe rideste Vita primeva di turbe in ebbrezze: Un bronzeo corpo dal turbine Si dona alla terra con lancio leggero. Oscilla di vertigine il silenzio dentro la muta catastrofe di rocce ardente dintorno. - Tu balzi anelante fuggente fuggente nel palpito indomo Un grido fremente dai mille che rugge e scompare con te Balza una turba in caccia si snoda sannoda una turba Vola una turba in caccia Dionisos Dionisos Dionisos. DINOC.PM5 61 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 62 NE LA SERA DEI FUOCHI Ne la sera dei fuochi de la festa destate. Ne la luce deliziosa e bianca, quando i nostri orecchi riposavano appena nel silenzio e i nostri occhi erano stanchi de le girandole di fuoco, de le stelle multi colori che avevano lasciato un odore pirico, una vaga gravezza rossa nellaria, e il camminare accanto ci aveva illanguiditi esaltandoAlessandra Binini 1997 ci di una nostra troppo diversa bellezza, lei fine e bruna, pura negli occhi e nel viso, perduto il barbaglio della collana dal collo ignudo, camminava ora a tratti inesperta stringendo il ventaglio. Fu attratta verso la baracca: la sua vestaglia bianca a fini strappi azzurri ondeggiò nella luce diffusa, ed io seguii il suo pallore segnato sulla sua fronte dalla frangia notturna dei suoi capelli. Entrammo. Dei visi bruni di autocrati, rasserenati dalla fanciullezza e dalla festa, si volsero verso di noi. Profondamente limpidi nella luce. E guardammo le vedute. Tutto era di unirrealtà spettrale. Cerano dei panorami scheletrici di città. Dei morti bizzarri guardavano il cielo in pose legnose. Una odalisca di gomma respirava, sommessamente e volgeva attorno gli occhi didolo. E lodore acuto della segatura che felpava i passi e il sussurrio delle signorine del paese attonite di quel mistero, È così Parigi? Ecco Londra. La battaglia di Muckden. Noi guardavamo intorno: doveva essere tardi. Tutte quelle cose viste per gli occhi magnetici delle lenti in quella, luce di sogno! Immobile presso a me io la sentivo divenire lontana e straniera mentre il suo fascino si approfondiva, sotto la frangia notturna dei suoi capelli. Si mosse. Ed io sentii con una punta damarezza tosto consolata che mai più le sarei stato vicino. La seguii dunque come si segue un sogno che si ama vano: così eravamo divenuti a un tratto lontani e stranieri dopo lo strepito della festa. davanti al panorama-scheletrico del mondo. DINOC.PM5 62 01/12/105, 17.08 63 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti IL PIÙ LUNGO GIORNO Nella straordinaria e drammatica vicenda umana e poetica di Dino Campana, la consegna del manoscritto a Giovanni Papini ed Ardengo Soffici nellinverno del 1913, il suo smarrimento, le insistenti, quanto inutili, richieste di Campana per riottenerlo, sono avvolte nella leggenda e fanno parte del mito. Il ritrovamento de Il più lungo giorno, avvenuto in modo banale, casuale ed insperato per merito della vedova di Soffici, (ufficialmente, probabilmente fu lo stesso Soffici a ritrovarlo) nella casa di Poggio a Caiano, ci ha restituito questa preziosissima prova dellimpianto originario della poetica campaniana che i cari sciacalli del cupolone fiorentino non avevano saputo ed in parte, non avevano voluto cogliere fino in fondo impegnati comerano a fare le puttane alla serata futurista. Campana aveva una cultura straordinaria ed il culto per la perfezione filologica e questo fatto è largamente testimoniato dalla tragicità con la quale vive la perdita del manoscritto, tanto da far pensare fino al suo ritrovamento che Il più lungo giorno contenesse una più alta espressione della poesia campaniana rispetto ai Canti Orfici, soprattutto perché Campana, in questo contribuendo ad alimentare il mito, affermava di aver ricostruito a memoria il testo del manoscritto consegnato a Soffici e Papini. Fortunatamente così non è stato, anche se, come dimostrano alcuni testi che compaiono sia nel manoscritto che negli Orfici, lo smarrimento aveva costretto il grande marradese a fare a meno dellultima stesura che aveva dovuto, effettivamente, ricostruire a memoria prima di trasmettere a Luigi Bandini, il suo amico marradese che cercherà senza successo di convincere leditore Vallecchi a pubblicarli, il testo per ledizione del 1914. Caro Gigino - scriveva Campana nellautunno del 1913 - mi trovo disperato e sperso per il mondo. Ti mando il manoscritto che spero sarà comprensibile. Esso testimonia qualche cosa in mio favore, forse testimonia che io non ho meritato la mia sorte. A chi altro mandarlo? Tu mi hai conosciuto e mi hai compatito, spero che lo farai ancora. Dunque abbiti i miei più cari saluti e più vivi ringraziamenti. Sarà quello che sarà: sarà quello che deve essere: ma noi ci siamo conosciuti DINOC.PM5 63 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 64 e ci amiamo. Scrivimi fermo posta Berna Svizzera. Tuo Dino. Dal punto di vista critico il manoscritto de Il più lungo giorno è significativo perché rappresenta un importante momento di avvicinamento allelaborazione dei Canti Orfici nelledizione marradese del 1914 stampata dalla tipografia Ravagli, lunica riconosciuta e accettata da Dino Campana: la lezione originale. Personalmente mi ha sempre affascinato il fatto che Scorci bizantini insieme a Morti cinematografiche fossero i sottotitoli de La Notte ne Il più lungo giorno. Cinematografia sentimentale era loriginario titolo de La Notte a voler significare come la dimensione cronologica venisse annullata nei picchi della poesia di Campana che, uscendo dal tempo, si conquistava insieme alluniversalità limmortalità. Stefano Mercatali Crepuscolo Mediterraneo 1995 DINOC.PM5 64 Maurizio Rogai La Notte 1996 01/12/105, 17.08 65 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti LA VERITÀ SUL RITROVAMENTO DEL MANOSCRITTO DE IL PIÙ LUNGO GIORNO La vicenda del manoscritto è nota. Nel Novembre del 1913 Dino consegna a Papini a suo dire la sola e unica copia delle sue poesie; per disattenzione o altro, Ardengo Soffici (codirettore della rivista Lacerba) smarrì il manoscritto del poeta di Marradi, e a nulla valsero le minacce e le preghiere che a più riprese Campana rivolse sia a Papini (al quale era stato consegnato il manoscritto) che a Soffici. Questa sparizione, casuale o voluta, provocò nel poeta delusione, disperazione, rabbia; ma anche un frenetico desiderio di vedersi stampato, di realizzare il suo sogno di poeta. Soffici in un trasloco lo perse, costringendo il poeta (che ha sempre dichiarato che quello scritto era lunica copia di cui disponeva) a un lavoro di rielaborazione che in pochissimi mesi portarono ai Canti Orfici come sono stati pubblicati. Rinvenuto fra le carte di Soffici (probabilmente dallo stesso Soffici), il manoscritto campaniano è stato studiato a fondo, con la conclusione che la perdita da parte di Soffici costrinse e impose a Campana una rielaborazione, in pochi mesi, su testi che conservava (alcuni, per esempio, nel Quaderno), che lo porterà alla sintesi ultima e più matura dei Canti Orfici. Il più lungo giorno vergato con particolare cura, quasi sicuramente nella soffitta della sua casa a Marradi, dove il poeta si ritirava per studiare e per scrivere, come testimonia nel 1957 il fratello Manlio, fu consegnato da Dino Campana a Papini e Soffici per un eventuale pubblicazione. Siamo nel 1914, la guerra è già scoppiata e Dino a settembre arriva a piedi a Firenze per vendere il suo libro alla gente seduta ai tavolini delle Giubbe Rosse e a quelli del Paszkowski. Dino vede il suo libro accettato, forse più per gioco che per un reale interesse, e si permette anche di strapparne qualche pagina, prima di consegnarlo allacquirente che non laveva completamente convinto di poter capire tutta la sua poesia. Il capolavoro dei Canti Orfici fu stampato soltanto grazie alla sottoscrizione avvenuta nel 1914 fra i quarantaquattro concittadini del poeta. Alla comunità marradese va dunque il merito di avere reso possibile la pubblicazione del grande capolavoro letterario del 900. DINOC.PM5 65 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 66 Nel 1964 muore Ardengo Soffici e, fin dal 1965, Luigi Cavallo nota tra le carte di Soffici a Poggio a Caiano, il manoscritto smarrito. Per vari motivi i familiari di Ardengo Soffici non ritennero opportuno dare subito notizia del ritrovamento, che fu data soltanto nel 1971 con un articolo di Mario Luzi sul Corriere della Sera del 17 giugno intitolato Un eccezionale ritrovamento fra le carte di Soffici. Il quaderno di Dino Campana. Lautografo, risultato di grande utilità per gli studi campaniani, venne consegnato agli eredi del poeta. Nel 1973, a cura di Archivi-Roma, dintesa con la Casa Editrice Vallecchi di Firenze, fu pubblicata la riproduzione anastatica de Il più lungo giorno con prefazione di Enrico Falqui e testo critico di Domenico De Robertis. Nel 2001, essendo da parecchio tempo esaurita la edizione Archivi - Vallecchi, il Centro Studi Campaniani Enrico Consolini, di Marradi curò una nuova edizione dellimportante manoscritto. Luigi Cavallo, critico darte e profondo conoscitore di Soffici e di Rosai (possiede la copia autografa dei Canti del 1914 donata da Dino Campana ad Ottone Rosai completa di dedica al Kaiser) curatore fra laltro dellesposizione su Soffici che si svolse a Firenze alla Galleria Pananti dal 4 ottobre al 15 novembre 2001, cui fu affidato larchivio Soffici dallanno della scomparsa del maestro, ha fatto luce sulla verità del ritrovamento de Il più lungo giorno una versione più rusticana come la definisce, dei Canti Orfici. Cavallo ha più volte affermato e scritto di avere visto il manoscritto a Poggio a Caiano fra le carte di Soffici già nel 1965, conservato in posizione privilegiata insieme alle lettere di Mussolini. Quindi, non un ritrovamento, quello del 71, ma una scelta di opportunità. In questa operazione di restituzione ritardata del manoscritto, fu coinvolto Mario Luzi. Luzi scelto come persona degna e Valeria Soffici chiese a Cavallo cosa ne pensasse. Io premetti perché fosse lui afferma Cavallo ed aggiunge: Molto probabilmente Soffici aveva individuato il manoscritto da tempo, forse nel 1947 quando riordinò le sue carte nel secondo dopoguerra ma non aveva ancora deciso cosa farne. Sì io lo vidi agli inizi del 1965, Valeria (Soffici Gattai figlia di Ardengo) e Maria (la moglie) volevano riconsegnarlo agli eredi che purtroppo ne hanno fatto mercato, mi ha detto Cavallo. Non cè DINOC.PM5 66 01/12/105, 17.08 67 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti necessità di nessuna polemica; daltro canto Soffici aveva offerto a Sigfrido Bartolini tanti documenti del suo immenso archivio e fra questi poteva finirci anche il manoscritto de Il più lungo giorno. La critica e tutti noi avevamo accettato la versione, del miracolo che ha permesso di chiarire tutto o quasi. Dopo la scomparsa di Soffici, nel 1971 la vedova, signora Maria Soffici, riordinando le carte del marito (materiale di notevole interesse, è da supporre, per le fitte relazioni che intrattenne con artisti e scrittori di mezza Europa), ritrova il famoso fascicolo; Mario Luzi ne dà notizia al mondo, su cinque colonne nelle pagine del Corriere della Sera, il 17 giugno dello stesso anno, immaginando meraviglie da una improbabile riapparizione del testo perduto, mentre invece abbiamo dovuto prendere atto che le cose, per la verità, non sono andate proprio così. Ma qual è il rapporto fra il manoscritto del Il più lungo giorno e i Canti Orfici? Come dicono Enrico Falqui (nella introduzione) e Domenico De Robertis (nel commento critico al testo), in effetti il manoscritto appare come una bella copia, uno status non definitivo del testo, una redazione ordinata del materiale proveniente da altre carte, alle quali sicuramente Dino attinse anche per la redazione finale del suo libro. In pratica i Canti Orfici riprendono per circa due terzi con poche varianti la struttura e il testo del manoscritto, perdendo per strada solo alcune poesie che sono state recuperate e pubblicate in altre carte venute alla luce prima del ritrovamento. La storia della ricostruzione a memoria dellintero libro è da considerarsi pura leggenda. Luzi sostiene: Molto emozionata, la figlia Valeria mi comunicò la notizia ma alla mia impazienza di vedere il reperto oppose la necessità del consenso materno. In realtà madre e figlia erano molto comprese della responsabilità del ritrovamento, ma infine maturò tra loro la convinzione che il primo dovere fosse di rendere pubblica la cosa, ed è proprio ciò che vado facendo. Intanto si sono luna e laltra, daccordo con gli altri due figli, orientate e confermate nel proponimento di donare il quaderno a una importante Biblioteca e sperano che non sorgano ostacoli a questo loro disegno. Le notizie che ci dà Luigi Cavallo nellarticolo pubblicato nel 2002 su Il Giornale sono davvero sorprendenti. Quando Valeria Soffici mi cercò per comunicarmi il ritrovamento del manoscritto DINOC.PM5 67 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 68 campaniano tra le carte del padre, non mi disse che il fortunato evento si era verificato sei anni prima secondo la data memorizzata da Cavallo. Ma Luigi Cavallo insiste di aver visto tra le carte di Ardengo Soffici, vicino alle lettere a Mussolini, a Poggio a Caiano il manoscritto de Il più lungo giorno. Il 3 marzo 2005 Luigi Cavallo mi ha scritto una lettera e mi ha inviato larticolo pubblicato dal Giornale che qui di seguito riporto: Il manoscritto dei Canti Orfici fu ritrovato nellarchivio di Soffici nel 65. Molto dopo infatti affiorò il manoscritto di unaltra poesia di Campana, Domodossola 1915, tuttora nellarchivio di Poggio (riprodotta nel volume di Campana curato da Gabriel Cacho Millet - Le mie lettere sono fatte per essere bruciate, 1978). Di quel ritrovamento furono comunque informati i figli di Soffici, Valeria e Sergio, e il genero di Papini, intimo di famiglia, Barna Occhini. Si tenga presente in ogni caso che Maria Soffici, anche con qualche sottolineatura vivace di carattere, si dichiarava unica proprietaria e custode delle carte del marito, finché ebbe forze. Era tale il suo attaccamento a ogni foglio che Ardengo aveva toccato, da far scattare una sorta di gelosa ritrosia per ogni richiesta di pubblicazione. Il rispetto per lautografo di Campana consigliava di non affrettare la diffusione della notizia, di sondare a fondo nelle carte, di non divulgare quel ritrovamento in tempi del tutto inadatti, senza per questo che venisse in mente che si stava commettendo un arbitrio grave nei confronti della storia di Campana, come scrive Luzi. Lintenzione era di non dare appigli per mescolare fatti di carattere squisitamente letterario con argomentali politici, vista la damnatio memoriae da cui era stata afflitta la figura di Soffici. Le infauste vicende politiche del Sessantotto giustificarono ulteriore prudenza. Vedendo nellinsieme quanto accadde, mi sembra che per la famiglia Soffici fosse più che lecito attendere anni meno sinistri, e una voce adeguata come quella di Mario Luzi per rendere pubblico il ritrovamento del manoscritto. Lautografo venne consegnato agli eredi del poeta. Nel 2004 è andato allasta ed è divenuto proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze che a sua volta lo ha consegnato alla Biblioteca Marucelliana di Firenze. DINOC.PM5 68 01/12/105, 17.08 69 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti IL PIANOFORTE DI DINO CAMPANA BEL AMÌ E PAPE GURIOLI Pape Gurioli appartiene a quel gruppo ristretto di giovani, oggi quarantenni, (Massimo Barzagli, Cesare Fabbri, Stefano Mercatali, Maurizio Rogai ed altri) che essendo pervasi da spirito artistico e culturale erano molto attratti dal carisma di Enrico Consolini. Da Enrico hanno mutuato lamore per Dino Campana. Pape è un musicista puro, come se ne incontrano pochi. Nel quadro della ricerca su Campana e, più in generale, sulla cultura di questo lembo di Romagna Toscana, ci siamo imbattuti spesso su Anacleto Francini, anchegli marradese, conosciuto come Bel Ami, commediografo, autore di numerose commedie-operette e giornalista, autore fra laltro della famosissima canzone Creola. Anacleto Francini, primo, di una bella famiglia italiana, come lui stesso scrisse nacque a Marradi il 25 agosto 1887; Campana era nato il 20 agosto di due anni prima. In una foto-ricordo della III classe elementare maschile, scattata il 10 Giugno 1894, Francini appare insieme a Dino Campana; e Dino Campana farà parte del Coro degli ubriachi nella commedia musicale II Marciapiede dellAgosto 1910 e nello Zibaldone, commedia satirica del 1911, avrà la parte del Pedagogo. A Torino Campana lavorerà come strillone nel 1918 per la Gazzetta del Popolo, giornale di cui Francini era redattore capo. Di Francini, il grande poeta orfico ha scritto il 2 Febbraio del 1915 a Papini: un toscano austero della vecchia razza, non mai contenuto di quello che fa, un autentico e vigorosissimo temperamento dartista, un altissimo ingegno. Giampaolo Gurioli, Pape, da quel sensibile artista che è, ha colto il collegamento fra Campana e Francini e nella sua musica, che è consapevole ricerca ed esaltazione delle sue radici, non ha mancato di sottolineare questo percorso e questo intreccio fra il suo modo di fare musica richiamando Francini e onorando Campana anche attraverso lopera di uno scultore geniale quale è Luigi Ontani. Ricordo a questo proposito il suo concerto D'Inno Campana Piano nel cortile del Palazzo delle Esposizioni a Faenza nel 1997. Lomaggio che farò con il DInno Campana Piano - DINOC.PM5 69 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 70 raccontò - sarà il tentativo di mettere insieme e fondere lesperienza di Luigi Ontani, che ha realizzato il logo della mostra ispirandosi appunto a Dino Campana, intrecciandola con lesperienza di un uomo di cultura marradese come Anacleto Francini, autore di Creola, che ha lavorato con il nome di Bel Amì". Da questo trittico di suggestioni ne uscì una musica, che partendo dalla famosissima canzone Creola, trasportò tutti gli ascoltatori fra la lirica di Campana e le immagini affidate alla ceramica di Luigi Ontani liberandoli dal limite del tempo e dello spazio. Pape Gurioli, pianista e compositore, figlio delleclettico musicista Cinto, che in realtà si chiamava Marco, nel suo brano A Marè ha voluto immortalare i rintocchi delle campane di Marradi. Quelle della Naja che scandisce le ore dalla cupola rossa con il suo leone della torre comunale, quelle della Chiesa delle Domenicane, quelle della Chiesa di San Lorenzo e la campanella che segnava linizio delle lezioni nella scuola elementare Giovanni Pascoli, oggi Centro Dino Campana. Una melodia impressa nella mente dellartista fin dalletà di sei anni. Tutto questo sarebbe, soltanto un cenno ad un illustre marradese delloggi ed un omaggio a Marradi, originale e degno di nota, se non fosse che Pape Gurioli deve anche la sua genialità allesercizio su quel magico strumento che è il pianoforte verticale lasciatogli dal padre che (come si legge nei documenti e nella corrispondenza) lo aveva acquistato, a rate per tre mila lire, da Manlio Campana, fratello del poeta Dino. Cè scritto, infatti, nella ricevuta rilasciata a Marradi il 25 agosto 1947 a firma Manlio Campana: Ricevo dal sig. Giacinto Gurioli lire millecinquecento in conto pagamento pianoforte. Restano ancora lire millecinquecento". Dalle Campane a Dino Campana, al suo pianoforte, quello della casa dello zio Torquato in Via Pascetti dove Campana trascorreva i suoi giorni marradesi. È lì che imparerà a suonare il pianoforte Volevo studiare chimica, ma poi non studiai più nulla perché non mi andava; mi misi a studiare il piano confesserà al Pariani ed ancora un po scrivevo un po sonavo il piano. Stiedi in Argentina facendo il pianista . Dei musicisti ammiravo molto Beethoven, Mozart, Schumann. Verdi anche mi piace; Spontini, Rossini. Eh! Questi li so tutti; suonavo sempre la DINOC.PM5 70 01/12/105, 17.08 71 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti musica italiana in Argentina. Fra i cento mestieri esercitati, proprio come Walt Whitman, Campana fu pianista nei bordelli di Buenos Aires. Molti hanno messo in dubbio il viaggio di Campana in Argentina e fra le argomentazioni addotte, insieme a quella delle tende gialle nella pampa, qualcuno ha voluto sottolineare come avesse potuto Campana essere pianista a Buenos Aires, senza conoscere il pianoforte e dove lavesse imparato: suonavo il piano nei caffè dellArgentina quando non avevo denaro, suonavo nei ritrovi, nei bordelli. Larcano è svelato il pianoforte esiste ed a conservarlo gelosamente provvede Pape Gurioli a Marradi. William Catellani Dualismo 1997 DINOC.PM5 71 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 72 CAMPANA A RAVENNA: ALLIEVO DEL 40º REGGIMENTO FANTERIA DAL 4 GENNAIO DEL 1903 AL 4 AGOSTO DEL 1904 La notizia che vuole Dino Campana nei primi otto mesi del 1904 presso lAccademia Militare di Modena è infondata ed inequivocabilmente smentita dai dati del Registro di Leva del Distretto militare di Firenze, anno 1885, e da altri documenti che dimostrano come il poeta non frequentò lAccademia militare e non pensò mai di diventare ufficiale superiore in servizio permanente. Una comunicazione del Distretto militare di Firenze, 18 dicembre 1903, avvisava: «il giovane Campana Dino che la domanda da lui inoltrata per lammissione nel plotone allievi Ufficiali del 40º Reggimento Fanteria, di stanza in Ravenna, venne accolta favorevolmente e che dovrà trovarsi alla sede del reggimento stesso il giorno 4 Gennaio prossimo alle ore 9». Campana fu dunque allievo ufficiale volontario a Ravenna. Questo importante particolare certifica come il poeta di Marradi volesse diventare, almeno per il periodo della ferma obbligatoria, sottotenente, ovvero, quello che oggi definiamo un ufficiale di complemento. Il plotone allievi ufficiali di cui fece parte costitutiva, fra laltro, un distaccamento del 40º Reggimento Fanteria Bologna: istituzione militare che dal 1900 al 1905 ebbe sede a Bologna, da cui prese il nome per esservi stata costituita durante la seconda guerra dindipendenza. Il foglio matricolare di Campana e il registro per lestrazione della leva della classe 1885, documenti conservati presso lArchivio di Stato di Firenze, sono chiari al riguardo. Campana, Possidente e benestante, secondo documenti inediti dell Archivio della Provincia di Firenze, stava svolgendo il servizio militare a Ravenna dopo aver deciso di anticiparlo di un paio danni e di compierlo come sottotenente. Il Poeta aveva approfittato di particolari agevolazioni previste dalle leggi e dai regolamenti del tempo per facilitare lingresso temporaneo nei quadri inferiori dellesercito ai giovani di buona condizione sociale. La decisione di diventare ufficiale subalterno, in linea con il personaggio, anche Rimbaud fu soldato volontario, va correlata con la iscrizione alla Facoltà di Scienze dellUniversità DINOC.PM5 72 01/12/105, 17.08 73 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti di Bologna. Nellautunno del 1903 Campana, matricola a chimica pura, presenta la domanda di arruolamento come consentiva lart. 48 della Legge sul Reclutamento al 40º Reggimento Fanteria Bologna, direttamente «al corpo nel quale aspira[va] prestare servizio». Questa scelta molto probabilmente fu determinata dal bisogno profondo di sentirsi accettato e di rientrare nella normalità (Più tardi nel 1911 cercherà di ottenere lammissione agli esami di concorso per la carriera di allievo delegato di pubblica sicurezza) e dalla consapevolezza che, una volta rientrato al reggimento bolognese dopo aver seguito il corso allievi ufficiali presso il distaccamento di Ravenna, avrebbe potuto studiare con maggiore serenità usufruendo della maggiore libertà e indipendenza di cui godevano i sottoufficiali rispetto ai soldati. Sul foglio matricolare si può leggere come Campana (classe 1885) si arruolasse prima del tempo e fosse inserito nel contingente dei nati nel 1883. Il 4 aprile 1904 conseguì i galloni rossi di caporale. La riga successiva del documento riporta la seguente annotazione: «Cessò dalla qualità di allievo ufficiale per non aver superato gli esami al grado di sergente, lì 4 agosto 1904». Campana, da Ravenna, fu rispedito direttamente a casa senza nemmeno aver ottenuto il grado intermedio di sergente. Sempre sul suo foglio matricolare si legge: «Prosciolto dal servizio per applicazione dellart 353 dellIstruzione complementare al regolamento sul reclutamento». Questo articolo racchiude forse le vere ragioni dellespulsione di Campana dal corso allievi ufficiali: problemi caratteriali, il manifestarsi dellirrequietezza e dellimpulsività? Oppure, progressiva disaffezione da parte sua per quella vita in divisa fatta di interminabili addestramenti quotidiani alluso delle armi e di lezioni ripetitive sullimpiego tattico e strategico della fanteria? Le autorità militari rilasciarono, tuttavia, una dichiarazione di buona condotta, poi trascritta sul suo foglio matricolare che gli avrebbe consentito, una volta giunto il momento della chiamata del contingente di leva al quale apparteneva, di poter completare ladempimento del servizio militare nel Regio Esercito con il grado di caporale. Lanno seguente, con dieci giorni di preavviso, Campana fu chiamato alle armi, e il 24 novembre 1905 si recò alla Caserma del Carmine di Firenze, dove richiese ed ottenne il rinvio di un DINOC.PM5 73 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 74 anno del servizio militare per motivi di studio. Dopo undici mesi, leggiamo ancora sul foglio matricolare: «Chiamato alle armi per prestare il servizio con la classe 1886 e non giunto perché ricoverato al manicomio di Imola, lì 23 ottobre 1906». Lundici novembre Campana fu congedato dufficio, pur mancando la sua firma in calce al verbale (dichiarazione Mod. 46) redatto dalla competente commissione dinchiesta. I due ufficiali e lufficiale medico della suddetta commissione stimarono superfluo un viaggio fino a Imola per vedere il caporale Campana che venne congedato perché al manicomio. Ciò nonostante Campana «Nel 1915 partecipa alla campagna interventista» e si presenta al Distretto militare di Firenze perché vuole arruolarsi come volontario per il fronte ma, dopo un accertamento delle sue condizioni presso lOspedale militare del Maglio, viene riformato una seconda volta. Campana non si arrende. Dopo due anni, qualche settimana prima di essere ricoverato nel manicomio di Castel Pulci, da dove non uscirà più, tenta nuovamente ed invano la via dellarruolamento volontario. I documenti confermano quanto Campana racconterà al Pariani e cioè che era stato riformato tre volte: lultima il 19 dicembre del 1917. Dino Campana morirà il 1 marzo 1932. Per una svista assai curiosa, non la sola, il timbro mandato in congedo assoluto è della fine del 1945, quando lui era morto ormai da più di tredici anni. Piero Strada Immagini del viaggio e della montagna 1992 DINOC.PM5 74 01/12/105, 17.08 75 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti LUIGI BANDINI E DINO CAMPANA A noi il prof. Bandini è carissimo non solo per il suo alto fascino culturale, ma anche per lattenzione quotidiana dedicata al caro amico, scorbutico quanto si vuole, ma sempre amico, Dino Campana. Il poeta orfico, potè infatti pubblicare a Marradi, nel 1914, i suoi Canti Orfici grazie al grande interessamento dellamico Gigino che aveva colto tutta la sublimità di quellimpegno poetico. Fu proprio Bandini che trattò con lo stampatore Bruno Ravagli e lo persuase a stampare la poesia campaniana che rivoluzionerà il Novecento culturale italiano e mondiale. È Lui, infatti, insieme a Camillo Fabroni il testimone del contratto di Campana con lo stampatore Bruno Ravagli, è lui il garante per gli impegni assunti dalle parti. Sì lui, lamico carissimo di Dino il quale, da Berna nellautunno-inverno del 1913, in preda ad una crisi dellanimo profonda, gli inviò il manoscritto dei Notturni come al solo essere che avrebbe saputo leggerli e capirli, come il solo che avrebbe potuto aiutarlo. E lo aiutò. Luigi Bandini, Gigino, era pregato anche dal padre di Campana, Giovanni, il quale lo considerava il solo capace di fare qualcosa di buono e di bello per il suo disgraziato figliolo. Bandini era considerato a buona ragione il più idoneo e il più capace di dare risposte soddisfacenti a tutti coloro che, ragguardevoli o meno, chiedevano notizie sul Poeta e sulla sua poesia. Anche il sindaco del Paese indicava il professor Gigino a quanti desideravano essere informati sul poeta dei Canti Orfici. Le testimonianze più significative del rapporto fra Bandini e Campana si possono rinvenire nelle carte Bandini, come il biglietto da Berna senza data, probabilmente dellautunno del 1913, che preannuncia linvio del manoscritto dei Notturni. Contratto per la stampa del libro Canti Orfici (presso la Tipografia Bruno Ravagli di Marradi): Io sottoscritto mimpegno di stampare mille copie del libro Canti Orfici del Sign. Dino Campana entro il mese di Luglio p.v. alle seguenti condizioni: Primo: il prezzo combinato è di Lire quaranta al foglio di sedici pagine ciascuna delle quali avrà un formato di stampa di centimetri sedici per sette in caratteri corpo dieci. La copertina DINOC.PM5 75 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 76 dovrà essere in carta a mano grigia con titolo in rosso. Il libro sarà legato e pronto per vendere. Secondo: allatto del contratto mi vengono versate Lire centodieci (110) e per garanzia del restante mio avere il signor Campana mi lascia in deposito le copie stampate che io conserverò fino a che non mi sia ricoperto del mio avere mediante la vendita. Mimpegno però a far pervenire appena stampate venti copie allautore e di consegnare ai componenti la nota dei sottoscrittori consegnatami e da me e dai signori Campana e Bandini firmata le quarantaquattro copie già pagate. Terzo. Il prezzo del libro è di lire due e cinquanta ai rivenditori solamente concederò lo sconto in caso però se entro il 1914 non mi sarò interamente ricoperto del mio avere avrò piena libertà di vendita a qualunque prezzo. Data del presente contratto sette Giugno Millenovecentoquattordici, sottoscritto in Marradi Bruno Ravagli accettato in ogni sua parte da me Dino Campana Luigi Bandini testimoni - Fabroni Camillo teste. Degna di nota la cartolina postale del padre di Dino Campana, Giovanni, a Bandini in risposta alla cartolina e alla lettera di Bandini a Giovanni Campana del 1924 e la lettera di Bandini a Giovanni Papini l11 marzo del 1927 nella quale lamico di Dino dice: ...Grande è stato linflusso che Ella ha avuto sulla mia anima, e più in verità, per quello che è stato in passato che non per quello che è attualmente... Luomo Papini. Influsso che ella non ignora quanto sia stato potente in tutta la gioventù italiana di allora. Allora io parlavo di Lei con un mio compaesano che Ella ha ben conosciuto, infelicissimo amico... Dino Campana. E merito mio se è stato salvato quel poco che egli ha prodotto, attraverso quellorribile edizione di Canti Orfici che Ella conosce; brutta quanto si vuole, ma pure la sola che gli riuscì di far stampare. Merito mio intendo per questo; che è dubbio se, senza una mia paziente opera di mediazione ininterrotta, lo stampatore lavrebbe portata a termine... Aveva mandato a me, non completo, il manoscritto dalla Svizzera. Temeva che gli venisse sottratto dalla polizia, o temeva forse per la sua vita stessa; conservo il biglietto piuttosto enigmatico con il quale mi preavvertì dellinvio. Poco dopo giunse lui stesso in Paese... DINOC.PM5 76 01/12/105, 17.08 77 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti Un giorno mi disse: Non hai detto che le mie cose ti piacciono? Dunque se sei meno fetido filisteo di quello che in verità sembri, mi devi tu stesso aiutare per farle pubblicare... In lui, così come io lho conosciuto, cera, non lincapacità di distinguere fra sogno e realtà, che sarebbe stata già follia, ma come un sordo perpetuo rancore verso la necessità della distinzione. Era come se egli volesse la realtà concreta del suo fantasma poetico, e, nonostante ogni evidenza, non si adattasse al fallimento di questo suo volere... Dirò che gli diveniva realmente vissuta lesperienza, il mito dellanima divina, eterna, universale, impigliata nei lacci di una realtà, non straniera, ma fattasi lontana; dellanima esule decaduta? Certo qualche cosa di molto vicino a questo era in lui, in quella sua ansia di liberazione. Ma era piuttosto un gran senso panico, per cui dovevano le cose stesse liberarsi con lui, assurgendo con lui al cielo lirico, partecipi deternità. E quando il miracolo si compiva, quando la risposta agognata gli veniva dalle cose, la sua anima celebrava vere feste di felicità. Al marradese Bandini la letteratura italiana deve molto più di quanto qualche pseudo intellettuale dei giorni nostri, avvezzo a rincorrere il luogo comune di una Marradi tutta ostile a Campana, non immagini neppure lontanamente. A questi cultori dellimprovvisazione e della superficialità, che scrivono senza sapere, consigliamo un viaggio di approfondimento dentro le carte Bandini e dentro i documenti conservati presso il Centro Studi Campaniani di Marradi. Proprio a Falqui dobbiamo muovere un appunto, nella sua cronistoria ci riferisce che ad un certo punto Campana «combina con il tipografo locale Bruno Ravagli la stampa dellopera». Ma come sarebbe stato possibile per il poeta, spiantato, senza una lira in tasca affrontare quelle ingenti spese? Ebbene cera stato allora un vero, grande amico per Campana: Luigi Bandini afflitto da una grave deformità fisica, ma di rarissima intelligenza. Allora studiava da solo e sarebbe diventato un filosofo che alcuni oggi ancora ricordano per un prezioso e corposo saggio su Shaftesbury, e perché fu lui ad inaugurare la collana dei saggi di Einaudi, con «Uomo e valore», una riaffermazione della dignità delluomo nellimperante fascismo, un manifesto morale per i giovani intellettuali di allora. Giuliano Innamorati, avuti dallerede del DINOC.PM5 77 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 78 Bandini gli inediti, li pubblicò su Paragone Letteratura (n. 90/ 1957) accompagnandoli da unesegesi critica del testo. Dunque nella vita disperata del poeta ci fu qualcuno che ebbe veramente fede in lui, un qualcuno così poco importante da non meritare di essere scovato e citato dal Falqui nella sua cronistoria dei Canti Orfici, un qualcuno così poco importante senza il quale forse i Canti non avrebbero visto la luce. Sono cose che capitano ai poeti veri, a quelli che vengono riconosciuti dopo la morte e sono cose che capitano a chi aiuta i poeti al di fuori delleconomico «do ut des» delle amicizie letterarie. Giovanni Costetti Ritratto di Dino Campana 1913 DINOC.PM5 78 01/12/105, 17.08 79 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti CAMPANA DAL VIVO In occasione della ricorrenza del settantesimo anniversario della morte di Dino Campana, (Castelpulci 1 marzo 1932), il Centro Studi Campaniani pubblicò il libro curato da Pedro Luis Ladrón De Guevara Mellado, Campana dal vivo. Nel libro il ricordo del Poeta scorre nella memoria di molti coprotagonisti della vicenda umana e letteraria di Dino Campana, amplificandosi ed imprimendosi nella fantasia del lettore che diventa attento ascoltatore delle testimonianze narrate che concorrono a realizzare quel Campana dal vivo che è lobiettivo di fondo che Ladron De Guevara insegue con intelligenza e profonda conoscenza. Il centro campaniano, ha partecipato con grande convinzione a questa originale operazione culturale che De Guevara ha pensato e realizzato. Campana è indubbiamente mito e spesso i confini tra realtà, immaginazione e sogno sfumano a tal punto da consentire diversi e variegati modi di interpretare e di farsi coinvolgere dalla lirica e dalla vicenda campaniana fino a consentire le più impensabili trasfigurazioni dello scorrere effettivo e del susseguirsi drammatico ed ironico della breve vita del grande marradese. Sarebbe meglio continuare il percorso senza voltarsi indietro ma noi, con Orfeo, preferiamo volgere lo sguardo alla conoscenza anche a rischio di rimanere impietriti. La vita dellautore dei Canti Orfici attraversa fisicamente la nostra quotidianità e questa è una grande fortuna, un vero privilegio che ci impone di corrispondere con uno sforzo di sempre maggior conoscenza, di ulteriore produzione e divulgazione di tutto quanto può servire ad offrire Campana dal vivo ad una platea sempre più ampia di amanti della poesia alta e pura. II colore, la musica, larte materica sono palpabilmente presenti in Campana che li trasfigura in un simbolismo onirico, ma nel contempo autenticamente vero. De Guevara, che è uno dei più attenti conoscitori del valore dei colori nella poetica campaniana, con questo importante lavoro ci offre tutte insieme queste preziose testimonianze e questi scritti sulla vita e sulla poesia dellultimo grande poeta barbarico, magico interprete di una terra in cui si fondono i tratti di una antica cultura etrusca con quella celtica per dar vita ad una poesia dove i valori classici ed una grande modernità si compenetrano in una forma ed in una purezza irripetibili. DINOC.PM5 79 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 80 IL CATALOGO DEGLI SCRITTI: IMPORTANTE BIBLIOGRAFIA CAMPANIANA La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per linformazione e leditoria, ha assegnato al Centro Studi Campaniani di Marradi il Premio della Cultura. Lambitissimo riconoscimento ha premiato la nostra attività che, mai come nel quinquennio 1998-2003 aveva prodotto un contributo così importante di ricerca e di studio sul grande poeta di Marradi. Questo approfondito e minuzioso lavoro di catalogazione bibliografica, curato con pazienza da Franco Scalini, ha concluso un periodo doro dellattività editoriale del Centro e segnato linizio di nuovi e sempre più prestigiosi impegni a favore degli studiosi e degli appassionati di Dino Campana. Il catalogo degli scritti, pubblicato insieme ad una appendice che ha incuriosito i ricercatori e gli studiosi ad ulteriori esplorazioni nelluniverso campaniano, è stata la prima, minuziosa e completa bibliografia, dopo quelle che ci offrirono insigni campanisti come: Enrico Falqui nellormai lontano 1960 e nel 1973, Cesare Galimberti nel 1966, e Antonio Corsaro e Marcello Verdenelli nel 1985 in occasione del centenario della nascita di Dino Campana. Il catalogo curato da Franco Scalini integra, per numero e per qualità di riferimenti, le precedenti fatiche e aggiorna la bibliografia al 2002. Non solo abbraccia il periodo compreso fra il 1912 ed il 2002, ma è tutto riferito a materiali consultabili presso il Centro Studi Campaniani Enrico Consolini. In questi anni lattenzione nazionale ed internazionale su Dino Campana, sugli Orfici, sul Taccuinetto, sul carteggio, sia pure con chiavi di lettura diversificate, ha incoraggiato una miriade di iniziative su Campana e la sua poetica ed ha determinato una diffusione popolare della figura e della poesia del grande marradese soprattutto fra le giovani generazioni. Iniziative e confronti culturali di grande profilo, come il Convegno organizzato dallUniversità degli Studi di Macerata o poesia tu più non tornerai: Campana moderno al quale il Centro ha dato il suo contributo e del quale sono stati pubblicati gli atti, e pubblicazioni come quella che abbiamo DINOC.PM5 80 01/12/105, 17.08 81 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti proposto agli studiosi, ai ricercatori, a tutti gli appassionati della poesia campaniana rappresentano gli strumenti indispensabili per il difficile, ma nello stesso tempo piacevolissimo, percorso del sapere campaniano. Gian Ruggero Manzoni A Dino Campana 1997 DINOC.PM5 81 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 82 DA MARIO BEJOR A LADRA POESIA DI FRANCESCO Oltre a suonare il piano Campana doveva seguire i corsi di Chimica a Bologna dove ebbe fra i suoi amici Mario Bejor autore di Dino Campana a Bologna 1911-1916, nonno di Francesco cantautore e poeta che ha reso con la Canzone Ladra Poesia, quello che con modestia eccessiva definisce piccolo omaggio al Poeta. La scelta di Francesco Bejor di scrivere una canzone dedicata al poeta marradese nasce da una storia familiare, da un processo osmotico che vede un nipote ricordare, attraverso il velo di un grande poeta, la vita e le esperienze del nonno Mario. Mario Bejor, fu collega dUniversità di Dino Campana e scrisse il testo dedicato al periodo bolognese del poeta, ultimato il 29 dicembre 1941 edito in cinquecento copie numerate dalla società tipografica editrice di Bagnacavallo nel settembre 1943. Il CD, edito dalle edizioni musicali e discografiche Galletti-Boston di Faenza, è stato realizzato grazie alla Cassa di Risparmio di Ravenna, il Centro Studi Campaniani Enrico Consolini, il Circolo e lAccademia degli Incamminati. Le parole e la musica di Bejor sono state impreziosite dallarrangiamento del musicista Pape Gurioli, che vi ha inserito richiami musicali di grande spessore culturale, che traggono ispirazione dalla vita di Campana e dalle sue poesie. Vi troviamo Genova, (il fischio di un piroscafo, dà linizio al Brano), poi il tango argentino, per ricordarci la Pampa vista da Dino, il tutto intessuto di modernità e di futurismo. Ad eseguire le musiche un gruppo di giovani musicisti, alcuni dei quali hanno partecipato agli MTV Music Awards con Laura Pausini: Fabio Sartoni (marradese) alla batteria, Mirko Guerra chitarre, Camilla Missio contrabbasso elettrico, Stefano Fariselli sax soprano. Alla stesura dei cori di Annamaria Rizzi ha partecipato Martino Giorgini. La parte grafica del CD, curata dal Laboratorio immagine di Giampaolo Ossani, utilizzando una stampa realizzata per il salone del libro di Parigi del 2003, che ritrae Campana nella foto di gruppo del Liceo Torricelli di Faenza, risce a dare graficamente lidea, affiancando a lato del poeta Francesco Bejor ed il nonno Mario, di quel DINOC.PM5 82 01/12/105, 17.08 83 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti processo osmotico, di quel velo, che è stato lispirazione, lincipit, di questo lavoro. il vecchio amico DINO CAMPANA è la dedica con la quale si apre il libro di Mario Bejor Dino Campana a Bologna 1911-1916. Comparve fra noi, se la memoria non minganna, sul finire dellinverno 1911-12; portato dalla comune origine regionale, non da preesistenti amicizie. In sul principio ci trattò in massa più come un elemento a lui necessario che variata compagnia nella quale inserirsi. Noi si formava un gruppo di giovani sui venti-ventitrè anni, liberi dai legami di famiglia, i più, venuti dalle province limitrofe, iscritti allUniversità e affratellati dallamore dellarte. Ristretti a mezzi, tanto da obbligarne qualcuno nelle strettoie dun impiego, si trascorreva la sera, e quasi sempre pure la notte, ad eccitare i nostri sogni in atteggiamenti, espressioni, confidenze ad ognuno diversi e caratteristici; ma che portavano commiste linfluenze accentuate di DAnnunzio Limmaginifico, Corrado Brando, La Voce, il Quartier Latin. Pasti da ottanta centesimi alla Cervetta, stretti, a gomito a gomito, attorno alla tavola circolare, che ospitava noi emilianiromagnoli, in faccia a quella rettangolare dei calabri-siciliani. Quanta freschezza di spirito, scintillio dingegno sprizzavano e sintrecciavano in quellumile, appartata camera, durante quei pasti frugali! ...passar filosofi e poeti... Sfide tumultuose al gioco del bigliardo e delle carte, nelle quali il freddo interesse cedeva al prorompere di vivacissime discussioni politiche e letterarie, a pirotecnici, fantastici programmi di divertimenti e simposi, a progettate estrose avventure galanti. Serotini ritrovi in via Rizzoli, al bar Ideal soprannominato da noi delle vergini, dove il nostro elemento imperava e manteneva un regime desuberante chiasso. Passeggiate agresti notturne o prolungate permanenze in case ospitali. Ecco come si spendeva il nostro massimo impulso vitale: Era il maggio odoroso; e tu sollevi così menare il giorno! Al quale impulso, una disinteressata, nebulosa idealità comune, dava un tocco di grazia anche nei momenti più bruschi. In una sera dunque, mentre, dopo cena, si passeggiava sotto i portici solitari di via Farini, accennando in coro a stornelli to- DINOC.PM5 83 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 84 scano-romagnoli, ecco mettersi a capo del gruppo uno, improvvisamente apparso: aspetto campagnolo, tarchiato, capelli fluenti sulle spalle alla decadente, barba corta rossigna, cappelluccio tondo e stivali rozzi; e con voce stentorea, alternata di toni gravi ed acuti, battendo il grosso tacco ritmicamente al canto, richiedere a gesti risoluti, imperiosi da noi una serietà ed un impegno da corale liturgico. Amava, come poi dimostrò, il canto, nel quale espandeva tutto sé stesso: canto popolare, portato giù dai suoi monti di Marradi e di Palazzuolo. E ne ricordava altri, primordiali nenie, raccolti in Argentina; ma questi ultimi preludevano a tristezze gravi, improvvise, nelle quali simmiseriva, taciturno. Mi fu presentato da Olindo Fabbri, di Sarsina; mite, caro compagno, al quale la sorte, col suo indifferente piede, portò la stessa morte dellaltro. Questi, già randagio studente di chimica-farmaceutica, ancora i selvaggi venti dei suoi monti, delle pampas, delloceano fra i capelli; Olindo, mite pascoliano, iscritto in lettere allUniversità ed impiegato alla Cassa di Risparmio per scarsezza di mezzi; io gli studi presto troncati sorretto dalla retribuzione dun modesto impegno, formammo in breve un piccolo nucleo nel gruppo e la reciproca simpatia fece sbocciare le confidenze. Per la verità, Campana, sciatto allaspetto e rude nei modi, non destava simpatia; ma la sua personalità artistica, decisamente superiore, ed il completo disinteresse nelle cose dello spirito come negli atti della vita, simposero alla mia ammirazione. Il mio sereno riconoscimento, la mia schietta umiltà gli diedero la certezza dei miei sentimenti; ed egli, diffidentissimo sotto manifestazioni dingenua semplicità infantile, trovò in me un appoggio morale e mi si legò di vera amicizia. Abitavo allora in via Castiglione, in una piccola camera affittata, piano terreno, la finestra posta in alto, aperta sotto il portico. Dino non suonava mai alla porta; ma con un balzo saggrappava ad una sbarra dellinferriata, ed issandosi su lo sporto del parapetto a scapito dei vestiti e delle scarpe, che incalcinava tamburellava per richiamo sui vetri. Mario Bejor racconta ancora quando Campana, studente di chimica allUniversità di Bologna, trovandosi un giorno casualmente alla stazione ferroviaria, vide in partenza il treno per Milano: Sentii che in quello fuggiva la mia vita! Vi balzai su, DINOC.PM5 84 01/12/105, 17.08 85 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti e non avendo che due soldi in tasca, mi nascosi nel gabinetto e mi vi chiusi fino a Milano. Passai poi in Svizzera a piedi; e di là a Parigi. Campana considerava Parigi il centro della più alta ed intensa espressione letterario-artistica dellepoca: Là pulivo le vetrine per mangiare e maccomunai a tre nichilisti russi: due uomini ed una donna. Al ritorno a Bologna, voleva studiare lettere. Nutriva per il professor Galletti un rispetto di scolaro a maestro; ben raro a trovarsi, ed addirittura incredibile in uno scapigliato di tale fatta; ma in lui si nascondeva, gettato in fondo, un grande timido. Una sera però in camera mia, mentre come al solito si preparava una macchina di caffè, del quale era ghiottissimo e che beveva a mezzi litri gli avvenne di propagare laccensione al bottiglione dellalcool, pieno dessenza. La fiamma sprizzò livida fuori in lunga lingua con un rumore, che annunciava a me, inesperto, catastrofi. Campana, calmo, guardò, poi col grosso dito pollice tappò la bottiglia. Tutto si spense; niente scoppiò. E a me, muto Sono stato studente di chimica. Bejor ricorda di Dino Campana come sui monti di Marradi, avesse inseguito giovanette e ragazze, barbaro e selvaggio, spaurendo quelle e ponendole in angosciosa fuga e come invece a Bologna contrapponendosi al costume dei compagni, mai sabbandonò a facili, carnali, venali amori; anche quando per condiscendenza seguì la compagnia, e tanto meno li desiderò. Certe donne, che una volta erano le prime a riempire la vuota forma muliebre, scottante nel cuore e nei sensi dei giovani, gli erano necessarie nel paesaggio suo poetico; e non oltre. Prediligeva Verlaine del quale aveva tradotto poesie con tale aderenza e perfetta espressione poetica italiana da sfidare le simili magie di DAnnunzio. Nella traduzione de II bacio di Verlaine che Campana dedica alla cuginetta la bellezza nobile del verso rivestiva la chiara espressione dei parigino, rendendo la poesia migliore delloriginale. Se avete presente il ritratto di Rimbaud schizzato a penna da Verlaine, rileverete il portamento, lacconciatura più la barbetta , il vestire simili di Campana; ma questi non ebbe mai concetti od espressioni DINOC.PM5 85 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 86 borghesi commisti allarte, come invece avvenne sovente a quei decadenti anche quando toccarono il sublime. IL BACIO Baiser! Rose trémière au jardin des earesses! Vif accompagnement sur le clavier des dents! Des doux refrains quAmour chante en les coeurs ardents Avec sa voix darchange aux langueurs charmeresses? Sonore et gracieux Baiser, divin Baiser! Volupté nonpareille, ivresse inénarrable! Salut! lhomme, peuché sur ta coupé adorable, S y grise d un bonheur qu il ne sait épuiser. Comme le vin du Rhin et comme la musique, Tu consoles et tu berces, et le chagrin Expire avec la moue en ton pli purpurin Qun plus grand, Goethe ou Will, te dresse un vers classique. Moi, je ne puis, chétif trouvère de Paris, Toffrir que ce bouquet de strophes enfantines: Sois bénin et, pour prix, sur les lévres mutines DUne que je connais, Baiser, descends, et ris. Antenore Rovesti Faenza 1997 DINOC.PM5 86 01/12/105, 17.08 87 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti CAMPANA: IL RUSSO TORNA A CASA Lassociazione faentina Cosmopolite è stata artefice della collaborazione fra Ipertesto ed il Centro Studi Campaniani di Marradi. Grazie a Cosmopolite che opera ispirandosi a principi di solidarietà, di tutela della dignità delle persone e interviene in particolare nellarea dellEuropa Orientale, che ha fatto da tramite fra leditore della federazione russa Igor Abramicev, che fra laltro parla un buon italiano, ed il Centro Studi Campaniani di Marradi, nel n. 2 della rivista Ipertesto, a pag. 28 e 30 compaiono due articoli critici sulla Poesia di Dino Campana e a pag 33 una scheda sul Centro Campaniano di Marradi, tutto rigorosamente in caratteri cirillici. La rivista letteraria Ipertesto è distribuita nella città di Ufa, capitale della Repubblica Autonoma di Bashkiria nella Federazione Russa, un milione e centomila abitanti, 1200 chilometri circa ad est di Mosca. Evidentemente leditore Abramicev, estimatore di Campana, è rimasto affascinato da il Russo, violinista e pittore. Curvo sullorlo della stufa scriveva febbrilmente La penna scorreva, strideva spasmodica: perché era uscito per salvare altri uomini? Curvo, sullorlo della stufa la testa barbuta, il russo scriveva, scriveva, scriveva Fuori dalla prigione il poeta ha di nuovo un contatto con una umanità misera e derelitta. In un ampio stanzone pulverulento turbinavano i rifiuti della società, questi esseri umani vengono osservati da Campana, il quale però non riesce a trovare un punto di contatto con loro e ciò gli provoca un senso di estraneità. Questi uomini, che rappresentano il lato della poetica campaniana più infernale e maudit, si oppongono in modo netto e profondo all'ammirazione del poeta per la natura intatta e vigorosa del Sud America o per le altezze spirituali della poesia. Questi esseri umani dai volti disfatti dal vizio e dalla lussuria, incarnazioni di un'umanità gretta, diventano simbolo di una parte dellanima di Campana e quindi ne sono quasi un ritratto. Lautore sa di appartenervi, sa che il suo essere è scisso in due parti, una tesa al sublime e alla perfezione della creazione poetica, laltra frequentatrice di bassi fondi e osterie malfamate. DINOC.PM5 87 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 88 Il russo, in questo passo, è proprio lemblema di questa condizione: delinquente, in carcere come Campana, ma allo stesso tempo scrittore che nei suoi lavori trascrive tutta la sua sofferenza e il dolore della vita. In un angolo una testa spasmodica, una barba rossastra, un viso emaciato disfatto, coi segni di una lotta terribile. Era il russo, violinista e pittore. Curvo sullorlo della stufa scriveva febbrilmente. Su questuomo grava la colpa, la colpa per qualcosa che non è specificato e diventa quindi colpa universale e generale, quasi una condizione inscindibile dallesistenza. I frati diventano, con la loro presenza maligna e diabolica i garanti di questa colpa e quindi condizione necessaria perché la colpa esista. Russo era condannato. Da diciannove mesi rinchiuso, affamato, spiato implacabilmente doveva confessare, aveva confessato. E il supplizio del fango! Con la loro placida gioia i frati, col loro ghigno muto i delinquenti gli avevano detto quando con una parola, con un gesto, con un pianto irrefrenabile aveva a volta a volta scoperto un po del suo segreto. Campana si sente solidale verso il russo, perché sente di condividere con lui la stessa condizione di dolore. Parlava: quando, mentre mi fissava cogli occhi spaventati e vuoti, io cercando nel Fondo degli occhi grigio opachi uno sguardo, uno sguardo mi parve di distinguere, che li riempiva: non dì terrore: quasi infantile inconscio, come di meraviglia. Dalle sbarre della sua cella, Campana osserva lo sbocciare della primavera e nel rosso crepuscolo, il suo sguardo si perde per la città turrita. In questultima parte domina il colore rosso, simbolo di sangue: il Russo era stato ucciso. Lapoteosi della religione cristiana sembra essersi compiuta, il Russo come Cristo, diventa agnello sacrificale per salvare lumanità dai suoi peccati. Vittima di un crudele destino. Il pulviscolo doro che avvolgeva la città parve ad un tratto sublimarsi in un sacrificio sanguigno Una dolcezza acuta, una dolcezza di martirio, del suo martirio mi si torceva pei nervi. La penna scorreva strideva spasmodica: perché era uscito per salvare altri uomini? Campana come il Russo trova nella scrittura e nella creazione artistica lunico modo per esorcizzare il grumo interiore di DINOC.PM5 88 01/12/105, 17.08 89 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti dolore esistenziale In quanto poeti e scrittori essi sono veggenti, ovvero riescono a vedere oltre le apparenze sensibili per penetrare nei misteri dellesistenza, riescono a decifrare i geroglifici della vita e a coglierne lessenza, ovvero, il dolore. Il brano si chiude con frasi ironiche e beffarde, per sottolineare il cinismo con cui il martirio degli uomini si compie: Non essendovi in Belgio lestradizione legale per i delinquenti politici avevano compito lufficio i frati della Carità Cristiana. Iller Incerti Il Russo 1991 DINOC.PM5 89 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 90 ARTISTI PER DINO CAMPANA 1998 Realizzare quel catalogo che come Centro Studi abbiamo patrocinato, promosso e pensato, è stato indubbiamente un traguardo molto importante. Dare vita ad un Museo darte contemporanea ispirato ai Canti Orfici ed alla poesia campaniana è una ambizione che abbiamo perseguito con grande determinazione e con grande impegno poiché avevamo ed abbiamo chiaro il concetto di come la poesia di Dino Campana sia universalmente riconosciuta per la sua purezza e per il suo afflato artistico perché si fonde nella musica e nei colori che evoca, nei sentimenti e nelle sensazioni che stimola, nella ricchezza di cultura che esprime. Dopo avere indirizzato la nostra opera di ricerca e di studio ai documenti darchivio, dopo esserci occupati della ristampa anastatica dei Canti del 1914, della produzione teatrale ispirata a Campana, dellallestimento della mostra permanente, delle pubblicazioni e dei documenti e del Premio letterario, realizzammo quella esposizione darte contemporanea che, dopo la fase itinerante che ha coinvolto città e luoghi campaniani, ha trovato una definitiva collocazione a Marradi, in quelledificio scolastico che vide Campana alunno allinizio del 900 ed il padre Giovanni e lo zio Torquato insegnanti. Il colore di Dino Campana ha trovato e trova quindi una sua naturale continuità nelle opere degli artisti che hanno voluto aderire al nostro progetto e che non finiremo di ringraziare di cuore insieme a Matilde Hernandez, appassionata e competente studiosa campaniana e fervida ispiratrice del progetto. Del progetto per il museo il catalogo è il documento fondamentale e per la sua preziosità va ad arricchire il patrimonio campaniano che il Centro Studi, di concerto con il Comune di Marradi, si prodiga per difendere ed accrescere. DINOC.PM5 90 01/12/105, 17.08 91 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti FANTASIA SU UN QUADRO DARDENGO SOFFICI Faccia, zig zag anatomico che oscura La passione torva di una vecchia luna Che guarda sospesa al soffitto In una taverna café chantant DAmerica: la rossa velocità Di luci funambola che tango Spagnola cinerina Isterica in tango di luci si disfa: Che guarda nel café chantant DAmerica: Sul piano martellato tre Fiammelle rosse si sono accese da sé. LE VELE LE VELE LE VELE Che schioccano e frustano al vento Che gonfia di vane sequele Le vele le vele le vele! Che tesson e tesson: lamento Volubil che londa che ammorza Ne londa volubile smorza... Ne lultimo schianto crudele... Le vele le vele le vele MARRADI Il vecchio castello che ride sereno sullalto La valle canora dove si snoda lazzurro fiume Che rotto e muggente a tratti canta epopea E sereno riposa in larghi specchi dazzurro: Vita e sogno che in fondo alla mistica valle Agitate lanima dei secoli passati: Ora per voi la speranza Nellaria ininterrottamente Sopra lombra del bosco che la annega Sale in lontano appello Insaziabilmente Batte al mio cuor che trema di vertigine. DINOC.PM5 91 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 92 ENRICO CONSOLINI E DINO CAMPANA: PANCREAS In occasione del decimo anniversario della scomparsa di Enrico Consolini, il Centro Studi a Lui titolato ha ritenuto di ricordarne la memoria con la ristampa anastatica di Pancreas (Fantasie cosmiche 1970), la raccolta di scritti e poesie di Enrico Consolini, impreziosita da cinque fogli inediti scritti da Enrico nel periodo 1984-1988. Enrico rimarrà, per tutti noi, una grande ed indimenticabile figura di intellettuale, uno studioso attento ed appassionato di Dino Campana, cui Marradi deve lidea e la realizzazione del Premio letterario e le tante iniziative culturali che lo fanno ricordare per la sua passione civile, per la sua riconosciuta intelligenza e per il suo impegno di Sindaco. Liniziativa editoriale della quale ci siamo fatti carico non ha solo un intento commemorativo, ma vuole soprattutto sottolineare come Pancreas, Fantasie cosmiche, il lavoro giovanile che Enrico fece stampare nel 1970 quando aveva appena 25 anni, rappresenti un modo ed uno stile straordinariamente elegante e maturo di scrivere. La nitidezza ed i chiaro scuri, le tinte forti e le tinte delicate della sua prosa e della sua poesia ricordano Campana e Whitman. La sottile ironia che pervade lopera di Consolini rappresenta una delle caratteristiche umane ed oratorie che chi ha conosciuto lautore di Pancreas, coglie immediatamente. La ristampa, che si deve alla preziosa collaborazione della sorella di Enrico, Marisa ed alla moglie Nara che ci ha concesso cinque importanti fogli inediti di poesie e prose di Enrico nella sua grafica semplice ed essenziale, vuole essere un importante documento marradese da conservare gelosamente. I fogli scritti da Enrico Consolini, nel periodo 1984-1988, sono pagine letterarie e poetiche di grande valore ed interesse, si ricollegano in una armonica continuità artistica e letteraria a Pancreas, ma sono anche una testimonianza della ulteriore maturazione della sensibilità dellautore, della sua attenta conoscenza dellanimo umano e dei sentimenti, del suo grande amore per la cultura e della sua compiuta visione del mondo. È sempre Campana il crocevia, quasi ossessivo, di Consolini che, meglio di ogni altro, sente ed interpreta quasi teatralmente la poesia del DINOC.PM5 92 01/12/105, 17.08 93 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti grande marradese. Per questo motivo nessuna iniziativa ci è sembrata più appropriata per ricordare Enrico della pubblicazione di questa parte del suo animo e della sua vita che ci sono mancati così prematuramente, lasciandoci ancor oggi una grande nostalgia ed un grande rimpianto. Oggi coltiviamo lidea di rappresentare anche a Marradi, al Teatro degli Animosi, la riduzione teatrale di Pancreas che un amico, un campaniano autentico ed un affermato artista di Teatro, come Ugo De Vita ha scritto e portato in scena. LEONE Io lo ricordo al sole (Paralizzato sotto le logge) Sulla vetta il leone Vomita al sogno La sua pace di metallo Al vento (cigolando) Dal campanile moro Una Rapida mossa di volo In viaggio verso i massi Una sera finito il mercato Si staccò una lacrima Dalla cornice rotta Di palazzo cannone E cadde sulla piazza Come un fulmine. Era lunedì Ma sui cortili scavati A beffeggiar lalterigia patema Dei monti abbattuti dalla spada Calò una pace mortale Come un lenzuolo insanguinato Di sogni. FIORI Fiori membrane E femmine puttane Sul prato che sorride dottorale Lottica fonte della vanità (naturale) Una fiumana di petali in cornice Ricamati dalla psicologia disastrosa Dei romantici di moda. Da Pancreas Fantasie Cosmiche 1970 DINOC.PM5 93 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 94 DINO CAMPANA E SIBILLA ALERAMO: I GIORNI DEL VINO E DELLE ROSE Per il Centro Studi è stato, non solo doveroso, ma anche motivo di orgoglio concorrere alla presentazione di un lavoro di un campaniano appassionato e tenace come Ivo Morini. Un lavoro composito, fatto di azioni sceniche, di lettere da riproporre teatralmente e di una selezione di liriche. Nel suo sforzo di ricerca e nella sua produzione, Morini non poteva ignorare una pagina affascinante, intrigante e altamente lirica, quale quella scaturita dalla relazione fra Dino Campana e Sibilla Aleramo. Morini conosce bene i luoghi che si trovano nelle vicinanze di Firenzuola: Rifredo, Il Barco, Casetta di Tiara e quindi ne intuisce, meglio di altri, linfluenza scenografica. Non ci sorprendono quindi i risultati di questo suo lavoro che riesce a cogliere i toni di straordinaria poesia, che si confondono e spesso sfumano in un autentico delirio amoroso, quali quelli contenuti nello scambio epistolare fra Dino e Sibilla. Dalle lettere di Sibilla ricaviamo appassionate e tenere dichiarazioni damore, ma anche sofferenza e dolore: Dicevi cheri tu che mi amavi, Dino! Sono io, sono io che amo te. Che dipendo dalla tua vita. Non chiedo altro. Ti adoro. Vivo perché mhai detto che il mio amore, di cui non hai bisogno, ti è però caro. Adorato. Dino, io e te ci siamo amati come non era possibile amarsi di più, come nessuno potrà mai amare di più ... Dino, fa di salvare nella tua anima il ricordo del nostro amore, poiché non hai saputo voler salvare lamore nella vita, fa di portarlo nelleternità comio lo porterò. Ho una grande malinconia, un grande amore, una parola, non so quale, da dire. Non so quel che la vita vuole da me. Se debbo resistere in questa solitudine, in questa preghiera di ogni istante rinunciare a vederti. Siamo in presenza della testimonianza scritta di una vicenda tragica che si chiuderà per Campana nel manicomio, non prima però di aver espresso lincanto della sua poesia, e per Sibilla nel tentativo, per la verità frammentario, di intonazioni e di spunti lirici. Dalle lettere emerge una irripetibile, interessante e contraddittoria idea della vita e dellarte. DINOC.PM5 94 01/12/105, 17.08 95 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti Nella lettera della madre di Campana a Sibilla, la singolare umanità del figliolo è fonte di ansie e di preoccupazioni, anche economiche, dovendo la famiglia provvedere al sostentamento economico di Dino: Solo chiedeva il suo mensile che cera freddo e la spesa della legna in più. A posta corrente il babbo gli mandò le trenta lire quindicinali Circa il venti ebbe le altre ottanta lire, e il primo di marzo altre trenta È un benedetto figliolo che bene non può stare, ai nostri occhi, fa il possibile per stare male e fare star male i suoi. Noi a nulla siamo riesciti, solo vediamo che ha bisogno di mettere ad effetto quando dice di partire; ci siamo indotti a passarle quanto le nostre misere forze lo permettono per evitare in lui e a noi cose spiacevoli. Nelle lettere di Campana, che Sibilla giudica più tardi il documento straziante della follia, è la malattia a fondare la sua condizione, di personaggio negativo, perché il poeta raccoglie in sé tutti i valori negativi della società. Campana ostenta continuamente lirregolarità, lo sradicamento, il vagabondaggio, la solitudine, la sfortuna, lindigenza, il carcere. Iai trop souffert et quelque peu de mon sang est reste colle aux rochers de là haut, Come sapete ho la testa vuota. Piena del vento iemale che empie questa valle dinferno. Ho sofferto molto più di ora, la speranza di liberarmi da questa catena di dolori e di miserie, di darmi il modo di andarmene lontano. Volevo morire Sono troppo stanco e troppo ammalato. È linferno della malattia a compromettere ogni rapporto, a rendere impossibile lamore tra il poeta, vittima della sorte e della società del suo tempo, e Sibilla: Povero Dino, come lo rivedo sempre qual era, in quei giorni del nostro primo incontro, immagine della felicità ebbra, e la follia chera in lui, non mi si manifestò che un mese o due di poi, e per un anno la tragedia avviluppò ambedue, in un diverso aspetto e grado. Perché non ho mai scritto quella che è stata forse la storia più allucinante della mia vita? Ho, adombrata la figura di Dino nel soggetto di un film rimasto inedito, e anche in una sola scena di Francesca Diamante. Penso a Campana, alle sue magnifiche membra datleta, che racchiudevano uno spirito che il vento della vita spense. Tutta la sera mè ondeggiata alla memoria limmagine di lui, della sua pazzia, e quellaltipiano deserto, in quelle DINOC.PM5 95 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 96 prime poche notti estive del nostro amore che son rimaste le più pervase dinfinito chio abbia vissuto. Nei Canti Orfici, non cè traccia della malattia che rende impossibile la poesia, come Campana dichiara nellepistolario: Sono troppo stanco e troppo ammalato per cercar di comprendere. Prendo il partito dei più deboli, il mio solito partito: parto. Regalo a chi ne ha bisogno quel poco di poesia che può esser sorta in te dal nostro amore. Non posso dirti altro che questo. Mia cara sono realmente ammalato non ho potuto sopportare lattesa delle tue lettere... Io ti amo tanto e rimpiango la poesia solo perché essa saprebbe baciare il tuo corpo di psiche e il tuo viso roseo e nero colla bocca sfiorita di faunessa. Perdonami se non voglio essere più poeta neppure per te. Sai che neppure le acque e neppure il silenzio sanno più dirmi nulla e senti la mia infinita desolazione. Sibilla appare invece in questo epistolario animata da una ideologia, esaltatrice della vita e delluomo, che si fonda sullappassionata lettura di Nietzsche. Molto più tardi, il 26 gennaio 1941, Sibilla ancora dichiara: Nietzsche... Per quanti anni mi ha accompagnato! Anche quando non portavo nelle valigie, nel mio lungo periodo randagio Zarathustra o lOrigine della Tragedia, sempre avevo con me un suo ritratto, insieme a quello di Ibsen, a quello di Whitman. Solo questultimo viso era bello e chiaro, consolatore; gli altri due, accigliati, staccati; ma Ibsen, mi era come il simbolo della mia coscienza, mai rinnegata al tempo in cui avevo lasciato marito e figlio per essere in pace con me stessa come scrissi nella chiusa di Una donna; e in quanto a Nietzsche, mera caro, gli volevo infinitamente bene, quasi lavessi incontrato vivo, ultimo grande sofferente, grande martire, lui che sferzava tutti i sottomessi, tutti i succubi, e, ad ogni apertura di pagina, sferza ancora oggi anche me se stanchezza del vivere mi tenta. La tensione spirituale e la tragedia che si spinge alle soglie della distruzione sono altissime in tutto lepistolario. Più tardi in Orsa Minore (1938) Sibilla annota: Siamo nati per guardare con i nostri occhi la vita, e perché in questo senso ogni essere umano può fare della propria esistenza una cosa originale, unopera darte e in un altro luogo: Io ho sempre vissuto, filosoficamente, nel concetto del relativo, dellumano, dellapparenza, parallelo però ad un costante senso del mistero e dellarmonia universale. DINOC.PM5 96 01/12/105, 17.08 97 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti Fede nellorganismo ideale che chiamiamo vita, io, filosoficamente, non lho mai avuta. Ho avuto fede sempre soltanto in me perché mi son sentita sempre la sola realtà in un mondo di vaghe forme. Tutta la vita non è che il riflesso del mio essere. E questo mio essere non ha finalità, non si traccia alcun codice, ma vive, ossia cresce, e guarda intorno crescere il mondo delle apparenze Io sono. E così come sono, mi piaccio Non ho da render conto della mia esistenza che a me stessa Io sono la schiava del mio istinto di grandezza. Nelle Lettere affiora la stessa tensione eroica legata allidea del superuomo, emerge lo stesso spirito dellUlisse di Dante, con lorgoglio di essere una donna poeta e unanticipazione, un annuncio del tipo che vivrà sulla terra, fra secoli, della donna libera, spirituale, nonostante langoscia del rapporto amoroso: Io, che non vorrei, che mai avrei voluto cambiarmi con unaltra creatura, io che so, il mio valore, so anche tutta la mia miseria, so che se tu domani mi scrivessi che è stato un sogno, che ti sei svegliato, che non mi ami, troverei nel mio orrore da chinare il capo Dino tutto quanto ho vissuto e voluto, dopo aver benedetto ogni sforzo e ogni martirio credendo ogni volta di crescere e dadunar luce in me, come mi trovo davanti a te! In questa ideologia, esaltatrice della vita e della propria grandezza umana e poetica, lamore non è solo pura effusione sentimentale, passione delirante e angosciosa, ma lunica possibilità di attingere lassoluto, come Sibilla scrive in Amo dunque sono: Cercavo lamore come il più certo tramite per giungere a Dio. Con la persuasione assoluta che soltanto per suo mezzo mi sarebbe dato di accostarmi al principio divino allessenza invisibile delluniverso Mi son sentita diversa da ogni altra, insostituibile, sola e di me stessa signora Perché io son nata poeta, non santa. Tutti i poeti, anche i più grandi, anche gli iniziati come Dante e Goethe, non han forse richiesto il soccorso damore, e non forse mediante lamore son penetrati nei regni occulti, o li hanno, col loro canto, creati? Lesperienza damore è il mezzo per attingere al divino, allessenza delluniverso, è il tema su cui sincentra, nella perfetta coincidenza di arte e vita, non solo lepistolario, ma tutta lopera di Sibilla. La poetessa, infatti, confessa in Amo dunque sono: Tutto, nella mia vita, si trasforma in cosa darte, perfino sul DINOC.PM5 97 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 98 limite della morte, perfino lallucinatoria visione della posterità. Daltronde anche la protagonista del Romanzo Una donna (1906), molti anni prima affermava: Io mi trovai colla penna sospesa in cima alla prima pagina del quaderno. Oh, dire, dire a qualcuno il mio dolore, la mia miseria; dirlo a me stessa anzi solo a me stessa, in una forma nuova, decisa, che mi rivelasse qualche angolo ancora oscuro del mio destino! Un libro, il libro Ah, la visione di quel libro che sentivo necessario, di un libro damore e di dolore, che fosse straziante e insieme fecondo, inesorabile e pietoso, che mostrasse al mondo intero lanima femminile moderna e sapesse trarre da ciò la pura essenza, il capolavoro equivalente ad una vita Più tardi, in Orsa Minore Sibilla chiarisce e corregge questa affermazione: Quando ho scritto questa frase, un capolavoro equivalente ad una vita, invertivo lordine comune dei termini, e parlavo forse da vera donna, per cui la vita sta sempre sopra larte. Lardore e il dolore della vicenda biografica di Sibilla, compresa la passione per il poeta folle, attraverso lepistolario, tracciano il quadro dellidentificazione dellarte con la vita e la celebrazione del compito di donna-poeta. Solo in alcuni brevi frammenti si esaltano nella poesia gli elementi dellattrazione e della fusione che erano stati infinitamente più profondi e tragici; ma appunto perciò vennero subito consunti, incendiati. Anche successivamente in Orsa Minore la vitalità del ricordo, la prevalenza biografia annullano la capacità di essere liberi dascoltare il proprio pianto e dinnamorarsene sino al tramutarlo in canto. Sibilla nel Diario di una donna confessa: Forse per questo, per non recidere da me la vitalità del ricordo, non ho mai raccontato quei miei mesi favolosi col poeta folle, Morirò senza aver raccontato, risuscitato, il nostro amore. Sibilla Aleramo ha il merito di aver conservato gran parte della corrispondenza inerente la sua storia damore con Dino Campana, insieme ad alcuni versi e scritti, qualche cartolina e una copia con dedica dei Canti. Franco Matacotta di Fermo, il suo giovane amante del 1936, che si laureò con una tesi su Ungaretti, Aleramo e Campana, è il primo ad avere a disposizione i documenti e le carte riguardanti Campana e, prima della pubblicazione di Campana-Aleramo, Lettere Vallecchi 1958, nel marzo 1941, su Prospettive, firmò un commento agli inediti DINOC.PM5 98 01/12/105, 17.08 99 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti campaniani, scrivendo: Pagine e pagine di lettere chio rileggo, foglietti laceri e stinti, taluni come segnati dallimpronta delle lacrime, scritti su tavole di osterie e di caffè durante il suo vagabondaggio tra le colline del Mugello e le montagne del Piemonte o nelle soste di Firenze, nellanno del suo ultimo disperato amore, gridi di passione e di rivalsa, suppliche, singhiozzi, imprecazioni, e ancora gridi di rinuncia suprema, mentre la pazzia già lo stava attanagliando, confessioni che una strana ventura ha voluto io fossi il primo a risollevare dallombra del passato, e che un giorno, forse, la donna a cui furono dirette si risolverà a far pubbliche per devozione allo spirito della poesia che pure in lei arde. Larticolo conteneva alcune parti della tesi di laurea e qualche pagina nuova. L8 aprile 1946, tramite Sibilla, Matacotta consegna ad Angioletti alcuni inediti campaniani, dei quali lAleramo non coglie limportanza ed il valore, che il 25 aprile vengono pubblicati su La Fiera Letteraria. Fra questi, sia pure in forma parziale, la famosa lettera che chiude con le parole le mie lettere sono fatte per essere bruciate. In particolare la prima lettera non ancora stampata, viene citata da Matacotta su La Fiera Letteraria del 31 luglio 1949. La relazione fra Sibilla e Franco Matacotta finisce nel 1947 ma questo non impedisce nel 1949 alle edizioni Amici della Poesia di Fermo (lindirizzo della casa editrice coincide con quello della sua abitazione e lintervento dellAleramo è certo) la pubblicazione del volume, intitolato Taccuino, Matacotta contenente anche i versi che Dino aveva scritto per Sibilla (I piloni fanno il fiume più bello, Sul più illustre paesaggio, In un momento e Vi amai nella città dove per sole), tutti datati in modo errato estate 1916. Nel 1958 Sibilla smentisce quanto aveva sempre affermato ed accetta di pubblicare le sue lettere e quelle di Dino. Il volume è curato da Gallo e la Prefazione è di Luzi. Franco Matacotta, con manifesto disappunto della scrittrice che gli scrive Franco, chi ti ha dato il permesso di pubblicare i miei ritratti e la lettera inedita di Dino? Codesta lettera doveva evidentemente essere fra le tante carte che tu hai sottratto dal mio armadio prima di lasciare la soffitta. E come mai, tu letterato, interpreti lultima frase di tale lettera come una disposizione testamentaria, mentre è semplicemente il singhiozzo dun poeta. E tu, proprio tu, mi accusi di violazione! DINOC.PM5 99 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 100 Io diedi il consenso, lanno scorso, della pubblicazione al caro e nobilissimo Niccolò Gallo), pubblica la versione integrale della lettera che contiene Come delle torri dacciaio e chiude con le mie lettere sono fatte per essere bruciate. Sibilla muore il 13 gennaio 1960. La prima lettera di Sibilla a Campana, quella di Dino da Livorno e, probabilmente, altri interessanti documenti si trovano presso lArchivio Matacotta. La condizione di Campana, ma soprattutto la consapevole disparità fra la grandezza della sua poesia rispetto allonesto tentativo dellAleramo grava sulle liriche che Sibilla scrive per il poeta, soffoca la sua scrittura, la rende consapevole di aver composto, rispetto a Campana, i versi brutti della poesia. Cè un ramo in fiore, le poesie che Sibilla compone per Campana, raccolte nelle Lettere e riprese poi in altre opere poetiche, mancano di risonanza lirica. Leccesso dardore e di dolore accende e tende il linguaggio, si arresta alla confessione, allannotazione troppo realistica. Lideale di unarte intimamente autobiografica, distinto e deffusione, nella quale la donna vorrebbe trarre, dal sentimento, una originale e viva poesia, naufraga e frana insieme al convincimento della inesistenza della donna in arte finché ella non abbia preso possesso di se medesima, non abbia espresso il proprio valore spirituale, oggi ancor sconosciuto, indipendentemente da ogni suggestione dello spirito maschile ... Finora luomo ha creato, la donna no. Limpossibilità dellamore con tutto il dramma di sofferenza e di follia, diviene limpossibilità della poesia a cui Sibilla affida tutto quanto essa ha sofferto e goduto: Miei versi/mia nobiltà, / voi soli / di tutto quanto, / alla vita donai, / voi soli restate. La poesia di Sibilla è al di fuori della tragedia di Campana; ma alle suggestioni dellopera del poeta si deve, soprattutto nella prima raccolta Momenti, la scelta della costruzione per sostenere ed accrescere la trama sonora e riprenderla ritmicamente, la predilezione per luso musicale dellinterpunzione, per gli aggettivi, soprattutto di colore, per le continue riprese di temi dannunziani e di un lessico che proviene dalla poesia decadente. Lattenzione letteraria, cinematografica e teatrale sul rapporto fra Campana e lAleramo, di questi ultimi anni è una vera e propria campanamania, testimone della resistenza assoluta del poeta di Marradi alla corrosione del tempo, della DINOC.PM5 100 01/12/105, 17.08 101 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti sua purezza poetica e della sua modernità. Mentre scorrevo il testo di Morini, I giorni del vino e delle rose, una piacevole lettura, ma anche una nuova testimonianza dellamore di Ivo Morini per Dino Campana, per una improvvisa associazione di idee mi sono ricordato di un vecchio volume Il Tesoretto, Almanacco dello Specchio del 1942. In quella edizione, subito dopo il titolo I poeti lArte ed un disegno di Arturo Tosi, compaiono quattro liriche: Donna Genovese, A una T Dagli occhi Ferrigni, Une Femme Qui Passe, Furibondo, ed allora ho pensato che in fondo la poesia di Dino Campana è, per tanta parte, cinematografia sentimentale in versione tridimensionale, come anche il lavoro di Morini conferma. Cinema, fotografia, musica e teatro sono aspetti molto marcati della modernità di Campana. IN UN MOMENTO In un momento Sono sfiorite le rose I petali caduti Perché io non potevo dimenticare le rose Le cercavamo insieme Abbiamo trovato delle rose Erano le sue rose erano le mie rose Questo viaggio chiamavamo amore Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose Che brillavano un momento al sole del mattino Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi Le rose che non erano le nostre rose Le mie rose le sue rose. P.S. E così dimenticammo le rose. DINOC.PM5 101 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 102 LA NOTTE DELLA COMETA: VASSALLI USA CAMPANA Ancora una volta il Corriere della Sera, come era già accaduto nel settembre del 1989, nel agosto del 1997 e nel novembre 2003, ha pubblicato il solito, ripetitivo, articolo di Sebastiano Vassalli che pretende di essere lerede di Dino Campana e offende tutti coloro che non accettano la sua verità. Già nellagosto del 1997 scrissi in modo molto sbrigativo e burocratico: In merito alla stanca polemica personale di Sebastiano Vassalli nei confronti di Marradi che ciclicamente si ripresenta senza nessuna novità di rilievo (ricordo che quanto riportato dai giornali nei giorni scorsi è contenuto nel libercolo di Lolini-Vassalli edito dallObliquo nellaprile del lontano 1988 e poi ripreso e ristampato per i tipi dellEinaudi con il titolo Belle lettere) mi sento autorizzato a riproporre, senza nulla aggiungere, la lettera che inviai a Vassalli il 28 settembre 1989. Come presidente del Centro Studi Campaniani, sono a disposizione di Vassalli e di tutti coloro, che per ignoranza, hanno una visione distorta del rapporto Campana-Marradi. Se Vassalli vorrà venire a Marradi presso il Centro potrà documentarsi e discutere con noi recuperando preziose informazioni ed un livello di conoscenza su Campana che in anni ed anni di studi ed approfondimenti, veri o presunti, evidentemente non ha ancora conseguito . Il 28 settembre 1989 avevo scritto: Egregio Vassalli, a suo tempo (1985 mi pare) ho letto il Suo romanzo La Notte della Cometa sono uno che ha la fortuna, forse per lei la sventura, di essere nato a Marradi (posto da incubo o antica volta specchio velato?) e pur dovendo vivere la maggior parte del mio tempo lontano, sono molto affezionato a quel piccolo mondo assassino fra Firenze e Marradi che mi ha concesso il privilegio dallottobre del 1988 di essere Sindaco. A lei le risaie della pianura vercellese e la coltivazione del giardino a noi marradesi gli archi, i ponti, la Madonnina, la Filanda, Campigno, monte Filetto.... La Notte della Cometa è un buon romanzo, naturalmente a lei non interessa niente che glielo dica un comunissimo lettore, le basta, come a tutti quelli che operano nel vostro mondo il successo di critica e le copie vendute ; io comunque approfitto DINOC.PM5 102 01/12/105, 17.08 103 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti per dirle che delle vere o presunte inesattezze, delle minuscole o macroscopiche bugie, degli irrilevanti o stravolgenti errori, del suo scarso o immane sforzo di lavoro e di ricerca non intendo occuparmi. Trovo il suo libro piacevole, ricco di versi e prose campaniani e ritengo che sia stato molto importante per riportare attenzione su Dino Campana. Magari penso che sia lei che ottiene dignità occupandosi di Campana e non viceversa, magari penso che lei non sia il depositario della verità e neppure della riscoperta campaniana, magari penso che il Comune di Marradi, quando nell80 iniziò ad occuparsi di Campana in maniera più organica, riprendendo segnali e timide iniziative che già si erano manifestate negli anni 50, 60', 70, non avesse a disposizione il materiale epocale indotto dal suo romanzo (recensioni, critiche, ritagli di giornali e copie di nastri delle televisioni di tutto il mondo) per espropriarla di una primogenitura totalizzante della quale lei pare convinto. Ma ciò che penso non è sicuramente per lei rilevante e daltra parte il motivo di questa mia è un altro: Marradi, non il Comune, non i suoi abitanti, non la lirica di Dino Campana, ma il libercolo (per il valore quantitativo sintende) edito dallObliquo nellaprile del 1988, speravo sinceramente che lo avesse scritto tutto il carneade Lolini. La mia speranza purtroppo è stata vana, il volumetto è anche il suo. Allora in una confidenza-verità, che nessun archivista riuscirà a smontare né tanto meno i grandi critici del Ticino o gli eccelsi letterati della Voce adriatica, le dico che fa proprio schifo. Forse contiene più verità del Suo romanzo, forse il lavoro di ricerca è stato più attento e puntuale, forse lavorare a quattro zampe è una cosa più difficile, ma il prodotto è veramente scadente Mi scuso di averle rubato tempo prezioso, ma a me bastava questo sfogo da uomo libero, capace di ribellarsi ad un potente della penna come lei è (lo voglia o no). Non sono affatto convinto, che lei sia il nuovo Campana, ma sicuramente uno dei tanti vice-Narciso. Vassalli afferma in tempi più recenti: Consegno la memoria di Dino ai film melensi, alle biografie deliranti o troppo circospette, ai chissà! e alle strizzatine docchi, ai premi letterari a lui intitolati e alla compagnia di villeggianti che ogni estate si riunisce a Marradi per assegnarli . ed ancora hanno vinto loro. Tra il premio e il Centro Studi DINOC.PM5 103 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 104 Campaniani, che ha sede in Comune, ogni estate si crea una compagnia di villeggianti. È lì che si è formato quel partito marradese che tiene insieme tutte le falsità sulla vita di Campana . Ancora balle e macroscopiche inesattezze. Tutto nasce per il romanzo, uscito nel 1984, La notte della cometa, un romanzo non una biografia, mancando qualsiasi riscontro a moltissime notizia date di fantasia, e fondate sul personalissimo immedesimarsi dellautore con il poeta di Marradi. La notte della cometa è un romanzo dove documenti pochi e invenzione narrativa, novantanove per cento, sono mescolati. Nel settembre del 1983 Vassalli trascorse parecchi giorni a Marradi prima di pubblicare il suo romanzo nel novembre del 1984 e di presentarlo, insieme al sindaco Enrico Consolini, il 9 febbraio del 1985 nellaula magna della scuola media dove al romanziere furono contestate alcune vistose fandonie presenti nel romanzo-verità. A chi gli chiedeva come mai durante il suo soggiorno a Marradi, non si fosse recato in Comune per prendere visione dei documenti campaniani venuti alla luce già da tempo, e che ad esempio Gabriel Cacho Millet aveva continuamente consultato per le sue opere, Vassalli rispose di non essersi recato in Comune per il semplice motivo che gli era stato detto che a Marradi non avrebbe trovato nulla, nessun documento. Nel 1988, come ho già ricordato Vassalli, con Attilio Lolini, pubblica un libretto intitolato «Marradi» (che include anche testi già compresi in un racconto pubblicato sullUnità del 27 agosto 1985 dal titolo «Vita con Sebastiano»). Chi lo ha letto rimane interdetto per lodio, la violenza, le menzogne, le invettive, gli insulti e le calunnie che contiene. Di Marradi Vassalli ignora la storia, la vita intellettuale, lalto numero di personaggi che si sono distinti nei vari campi dellarte, della letteratura e delle scienze. Fra laltro ai tempi di Campana, Marradi era uno dei Comuni più evoluti e moderni dItalia, dotato di energia elettrica, che veniva prodotta, per luso industriale e lilluminazione, nella centrale idroelettrica costruita dalling. Lorenzo Fabbri. Il paese vantava un teatro allitaliana edificato alla fine del 700, quattro tipografìe, un moderno attrezzato ospedale, tre banche, fabbriche di laterizi, un grande e moderno mulino a cilindri, tre filande della seta. In questo DINOC.PM5 104 01/12/105, 17.08 105 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti contesto lappellativo di «zotici» attribuito da Vassalli ai marradesi di fine 800 (pag. 21 de La notte della cometa) risulta gratuito ed antistorico. Per lapprofondimento degli ormai famosi errori e per le fanfaluche vassalliane rimando allimpietosa analisi di Franco Scalini, (Presidente del Centro Studi Campaniani E. Consolini, dal 1988 al 1993) nel suo Aspetti comici del romanzo La notte della cometa e osservazioni sui falsi contenuti. Risposta a Sebastiano Vassalli dal paese di Dino Campana. Scalini segnala con dovizia di documentazione citata, ventidue macroscopici errori e frottole contenute ne La notte della cometa. Vassalli insiste a fantasticare di un Campana tormentato con lelettroshock: ma la pratica terapeutica è stata attivata nel 1938, e Campana è morto nel 1932; sulla sifilide del poeta, ipotesi del tutto priva di riscontri oggettivi; descrive lalbergo di Marradi dove alloggiò nel 1983 affermando che è lalbergo dove si incontrarono Dino e Sibilla ignorando che allepoca non esisteva; fa confusione fra «Casetta» in comune di Firenzuola e «Casetta di Tiara», che è invece in comune di Palazzuolo sul Senio, dove soggiornarono, nel 1916, Dino Campana e Sibilla Aleramo; afferma che Dino Campana fu cadetto dellAccademia Militare di Modena, mentre Campana non fu mai in quellAccademia, ma a Ravenna; racconta di Campana che nella notte tra il 18 e il 19 maggio 1910, avvenimento della cometa, si aggira per Piazzale Michelangelo a Firenze, ignorando che quella notte il poeta non poteva essere a Firenze, perché si trovava in Belgio. Parla dello zio di Dino Mario, come di un maniaco sessuale. Per quanto si possa essere benevoli e tolleranti, è impossibile quindi accettare lidea che Vassalli sia il depositario della verità certificata su Campana. Ogni studioso, ogni appassionato di Campana sa bene che negli ultimi venti anni moltissimi hanno lavorato sodo per restituire a Campana e, quel che più conta, alla sua poesia interpretazioni attendibili, finalmente libere dalle incrostazioni leggendarie del mito del poeta pazzo. E quindi stupefacente che lo scrittore ligure ignori limmenso lavoro di qualche centinaio di instancabili ricercatori e studiosi di documenti e testimonianze campaniane. Studiosi che hanno contribuito a far emergere nuove sfaccettature, piccoli o grandi frammenti di un Campana più DINOC.PM5 105 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 106 vero. Lelenco occuperebbe molto spazio (rimando al prezioso Catalogo degli scritti (1912-2002) del nostro Centro Studi Campaniani). Vassalli, è il furbetto di turno o il misantropo prigioniero di una catena di errori, inesattezze, assurdità? Eppure il suo libro rincorre una personalissima chimera. Lo scrive lui stesso che se Dino non ci fosse stato lo avrebbe comunque inventato come personaggio di romanzo, quindi è consapevole di aver scritto un romanzo, anche se, senza i versi e le prose poetiche di Dino Campana, che Vassalli ripropone a piene mani, non avrebbe ottenuto il successo registrato. Nino Beghelli Mio antico cuore 1991 DINOC.PM5 106 01/12/105, 17.08 107 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti RINGRAZIAMENTI Questo volume è stato possibile per il contributo di idee, di suggerimenti, e per la collaborazione di moltissime persone. Molte di loro, forse, non se ne sono neppure accorte, ma io sento comunque il dovere di ringraziarle: Anna e Mirna Gentilini e tutti gli altri del Centro Studi Campaniani Enrico Consolini, Raffaella e Giuliana Ridolfi, Silva Gurioli, Emilia Chiarini ed Elisabetta Giovannardi. Utilissimi mi sono stati Documentazione Campaniana - Catalogo degli scritti curato da Franco Scalini ed i libri ed i saggi dei componenti il Comitato Scientifico a partire da Christophe Mileschi autore della Prefazione e con lui Paolo Berruti, Luigi Bonaffini, Fiorenza Ceragioli, Pedro Luis Ladron de Guevara, Giorgio Luti e Mario Graziano Parri, tutti autorevolissimi docenti universitari, ma soprattutto campanisti insigni. Per la biografia campaniana fondamentali sono stati i testi di: Carlo Pariani, Mario Bejor, Enrico Falqui, Gabriel Cacho Millet, Gianni Turchetta, Luigi Cavallo ed i tanti documenti darchivio consultati. Sono grato agli artisti: Nino Beghelli, Alessandra Binini, William Catellani, Iller Incerti, Francesco Galeotti, Lanfranco Materiale, Gian Ruggero Manzoni, Stefano Mercatali, Eugenio Pardini, Maurizio Rogai, Antenore Rovesti, Stefano Scheda, Piero Strada, Emilio Tadini, Enrico Visani, perché con la riproduzione delle loro opere, tutte di proprietà del Centro Studi Campaniani, che si aggiungono a quella famosissima di Giovanni Costetti, ho potuto impreziosire la mia pubblicazione. Un ringraziamento particolare ai giornalisti: Vittorio Feltri, Massimiliano Lussana, Riccardo Mazzoni, Gabriele Canè, Mauro Manunza, Nicola Coccia, Paolo Guidotti, Franco Fregni, Emanuele Conti, Maria Neri, Mario Scarponi, Francesco Donati ed alle redazioni dei quotidiani: Libero, Il Giornale, La Repubblica, La Nazione, Il Resto del Carlino, LUnione Sarda, La Voce di Romagna, e Il Corriere di Romagna, che hanno ospitato alcuni miei articoli su Dino Campana che sono stati lincipit per questo libro. LAUTORE DINOC.PM5 107 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI 108 BIBLIOGRAFIA CAMPANA, Dino, Canti Orfici, Marradi, Tipografia F. Ravagli, 1914. CAMPANA, Dino, Inediti, a cura di Enrico Falqui, Firenze, Vallecchi Editore, 1942. CAMPANA, Dino, Taccuino, a cura di Franco Matacotta, Fermo, Ediz. Amici della Poesia, 1949. CAMPANA, Dino, Canti Orfici e altri scritti, a cura di Enrico Falqui, Firenze, Vallecchi Editore, 1952. CAMPANA, Dino ALERAMO, Sibilla, Lettere a cura di Niccolò Gallo, prefazione di Mario Luzi, Firenze, Vallecchi Editore, 1958 CAMPANA, Dino, Taccuinetto faentino, a cura di Domenico De Robertis, prefazione di Enrico Falqui, Firenze, Vallecchi Editore, 1960. CAMPANA, Dino, Canti Orfici,con il commento di Fiorenza Ceragioli, Firenze, Vallecchi Editore, 1987. CAMPANA, Dino, Il più lungo giorno. Riproduzione anastatica del manoscritto, prefazione di Rodolfo Ridolfi, Marradi, Centro Studi Campaniani E. Consolini, 2001. 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DINOC.PM5 109 01/12/105, 17.08 R ODOLFO R IDOLFI DINOC.PM5 110 110 01/12/105, 17.08 111 Per l'amor dei poeti o principessa dei sogni segreti INDICE Introduzione .................................................................................................................................... » Prefazione di Christophe Mileschi ............................................................................................. » Letteratura è vita! .......................................................................................................................... » La vita .............................................................................................................................................. » Canti Orfici ..................................................................................................................................... » Faenza: Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita ............................................ » La Chimera ..................................................................................................................................... » Campana: idee e politica ............................................................................................................. » Il sangue del ragazzo Walt Whitman, Marietta Alboni, Dino Campana e Genova .. » Sulla presenza di Michelangelo Buonarroti nella poesia di Dino Campana ................... » Sur la presence de Michel Ange Buonarroti dans la poësie de Dino Campana ............ » O poesia più non tornerai: volevo nel paesaggio collocare dei ricordi ................... » I wanted to place my memories in the landscape ................................................................ » Dino Campana e la Sardegna di Sebastiano Satta ................................................................ » Chiacchierata serale di Dino Campana .................................................................................... » Tedio di Sebastiano Satta ............................................................................................................. » Sebastiano Satta ............................................................................................................................. » Cinema e velocità in Dino Campana ........................................................................................ » Giro d'Italia in bicicletta .............................................................................................................. » Ne la sera dei fuochi .................................................................................................................... » Il più lungo giorno ....................................................................................................................... » La verità sul ritrovamento del manoscritto de Il più lungo giorno ............................. » Il pianoforte di Dino Campana Bel Amì e Pape Gurioli ................................................. » Campana a Ravenna: allievo del 40º Reggimento Fanteria dal 4 gennaio del 1903 al 4 agosto del 1904 ....................................................................... » Luigi Bandini e Dino Campana ................................................................................................. » Campana dal vivo ..................................................................................................................... » Il catalogo degli scritti: importante bibliografia campaniana ............................................. » Da Mario Bejor a Ladra Poesia di Francesco ..................................................................... » Il bacio ............................................................................................................................................. » Campana: il russo torna a casa ............................................................................................. » Artisti per Dino Campana 1998 ................................................................................................. » Fantasia su un quadro d'Ardengo Soffici ................................................................................ » Le vele le vele le vele .................................................................................................................. » Marradi ............................................................................................................................................ » Enrico Consolini e Dino Campana: Pancreas ..................................................................... » Leone ................................................................................................................................................ » Fiori .................................................................................................................................................. » Dino Campana e Sibilla Aleramo: I giorni del vino e delle rose ...................................... » In un momento .............................................................................................................................. » La notte della cometa Vassalli usa Campana ..................................................................... » Ringraziamenti ............................................................................................................................... » Bibliografia ...................................................................................................................................... » DINOC.PM5 111 01/12/105, 17.08 3 5 8 9 15 21 28 29 37 47 48 49 51 53 56 56 57 58 61 62 63 65 69 72 75 79 80 82 86 87 90 91 91 91 92 93 93 94 101 102 107 108 R ODOLFO R IDOLFI 112 Finito di stampare coi tipi della Tipo-Litografia Fabbri s.n.c. di Modigliana (Fc) Dicembre 2005 ISBN 88-88562-04-4 DINOC.PM5 112 01/12/105, 17.08