Trasporto e consegna del calcestruzzo:
il parere dei fornitori del settore…
Intervista di Stefani Alessandrini, IMREADY Srl
Per conoscere più da vicino il settore del TRASPORTO e della CONSEGNA del
CALCESTRUZZO abbiamo intervistato alcuni degli operatori che tutti i giorni si
trovano a contatto con i produttori di calcestruzzo: i fornitori dei mezzi.
Risponde Alfonso Sciandra, LE ORU SpA
1. Il periodo che stiamo vivendo è senza dubbio uno dei più difficili che l’industria delle
costruzioni abbia attraversato negli ultimi anni. Alcuni dati ci riportano a valori di
produzione degli anni settanta. Non per tutti e non tutte le zone (italiane ed europee)
sono state coinvolte da questi trend. Sulla base della vostra esperienza, qual è
l’andamento del mercato? Questa situazione coinvolge tutti e allo stesso modo o ci
sono aree che si differenziano?
Senza dubbio i segnali che noi operatori del settore delle macchine da costruzione, ci troviamo
quotidianamente ad analizzare non possono far altro che confermare i macro numeri che tutti
gli operatori economici e gli analisti finanziari già da tempo comunicano attraverso i media. La
situazione del mercato nel settore delle costruzioni, e se possibile ancor peggio nel mondo dei
produttori di calcestruzzo ha raggiunto livelli così bassi che nessuno aveva previsto sia in
termini di caduta dei volumi e dei margini, sia in termini di durata della crisi stessa. Il calo a
livello del mercato interno si può considerare a ragion veduta piuttosto uniforme con qualche
eccezione per alcune aree dove si stanno ancora ultimando alcuni grossi lavori che però non
possono essere certamente considerati elementi positivi o segnali di un’inversione di
tendenza che ancora tarda ad arrivare. Non fosse altro per il ritardo cronico che caratterizza il
nostro paese quando si tratta di avviare progetti di una certa rilevanza e dei quali il nostro
Paese avrebbe necessità per adeguare il livello infrastrutturale agli altri paesi europei. Inoltre
il calo della domanda da parte dell’edilizia civile/industriale ha creato i presupposti affinché
le macchine presenti sul mercato siano superiori alla richiesta dello stesso, bloccando di fatto,
la richiesta di nuove attrezzature. Non è possibile un analisi generica del mercato europeo; qui
a fronte di situazioni peggiori di quella italiana (Spagna, Grecia e Portogallo) esistono aree
come quella Scandinava, quella Norvegese e Svedese, dove possiamo assistere, dopo un
periodo assolutamente limitato di leggero calo della domanda, ad un incremento delle
richieste di macchine.
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I paesi dell’area est Europa, soffrono un blocco degli ordinativi, rispetto all’exploit del periodo
2006-2009, per la mancanza di risorse adeguate dal punto di vista finanziario.
In paesi, dove il mercato dava segnali positivi, come la Germania e la Polonia (ricordiamo che i
lavori di preparazione agli Europei hanno offerto una buona opportunità di sviluppo per le
costruzioni) hanno segnato un calo che seppur leggerissimo potrebbe far supporre
un’inversione di tendenza rispetto a quanto fatto negli ultimi due anni.
In questo scenario meritano una citazione a parte i così detti General Contractors sia essi
italiani od europei, che forti del riconosciuto know-how riescono ancora, seppur con le
difficoltà del momento, ad imporsi nelle grandi opere a livello mondiale e che quindi, possono
e devono mantenere il livello ed il numero di macchine adeguato a garantire l’esecuzione
delle commesse. A fronte di commesse da soddisfare, prevalentemente estere rispetto al
paese di origine dell’impresa, fondamentalmente persiste la tendenza ad acquistare le
macchine direttamente dai fornitori abituali europei. Quest’opportunit{ di business, potrebbe
essere letta come l’unico elemento di INTERNAZIONALIZZAZIONE di un settore che,
purtroppo per tipologia di prodotto e/o modus operandi, non ha la possibilità di ampliare la
propria attività nei paesi emergenti come invece accade per altri settori industriali.
L’imprenditore del “concrete” potr{ decidere di avviare un’attivit{ in un nuovo paese,
innescando un nuovo fenomeno potremmo chiamare “emigrazione d’impresa”.
L’imprenditore produce e vende in situ con il supporto di fornitori e manodopera locale senza
alcuna ricaduta economica sul paese d’origine.
2. La manutenzione di queste macchine è una fase molto importante sia per la vita della
macchina stessa, sia per la sicurezza degli operatori. Può descriverci quali sono le
operazioni di manutenzione ordinaria e quali quelle di manutenzione straordinaria
consigliate sui vostri mezzi? E quali tra queste, quelle a cui prestar maggior
attenzione ?
In ragione della nostra maggior esperienza nel mondo del trasporto rispetto al pompaggio
vorremmo soffermarci ad un analisi più attenta verso le betoniere, spesso considerate
macchine semplici e per questo, a torto, non bisognose di attenzione e manutenzione
ordinaria.
È importante considerare il numero dei mezzi in circolazione: rapporto di 5/1 tra betoniere e
pompe, pertanto la probabilità che si verifichi un evento pericoloso è certamente più elevata.
Non dobbiamo dimenticare che questa tipologia di macchina rappresenta un pericolo
concreto per gli operatori laddove non vengano rispettate regole basilari di utilizzo e
manutenzione. Da sempre un punto critico ma essenziale della gestione di una autobetoniera
è la pulizia interna del tamburo e in senso più generale la sua manutenzione.
Per cercare di ridurre i rischi in tal senso la nostra azienda ha seguito due direzioni:
1.
riducendo la frequenza delle attività straordinarie di manutenzione potenzialmente
pericolose come la sostituzione degli elementi interni del tamburo (spirali e piatto di
protezione) utilizzando per la loro costruzione solo acciai antiusura che garantiscono una
maggior durata;
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2.
concentrando R&D su nuovi sistemi di sicurezza da installare sulle betoniere al fine di
scongiurare ogni pericolo durante le operazioni che necessariamente devono essere svolte
all’interno del tamburo. Un esempio concreto del risultato di questa attivit{ è il keylife.
3. Quali sono le richieste più comuni che gli operatori di questo settore le rivolgono?
Funzionalità nuove? Maggiore produttività? Semplificazioni in termini di
manutenzione? Servizi di assistenza “più vicini”? Consumi inferiori? E come rispondete
a queste richieste?
Riteniamo fondamentale cercare di comprendere al meglio le esigenze dell’operatore. Non
dobbiamo mai dimenticare che l’operatore della betoniera/pompa è abituato a pensare ed
agire in ragione delle SUE esigenze lavorative e quindi richiede:
a)
semplificazione nell’utilizzo delle macchine e negli interventi di manutenzione
b)
riduzione dei costi di esercizio dei mezzi
c)
riduzione dei fermi macchina
d)
rete assistenza qualificata presente in modo capillare sul territorio.
È fondamentale pertanto che già in fase di progettazione, la macchina sia sempre più in
sintonia con il modus operandi degli utilizzatori per soddisfare concretamente le esigenze
degli stessi. In questo senso la nostra azienda da diversi anni ha concentrato i propri sforzi
sugli aspetti di ergonomia che da un lato rendono più sicuro e agevole l’uso della macchina e
dall’altro incontrano le richieste degli operatori.
Tra le richieste più ricorrenti (soprattutto oggigiorno), la riduzione dei costi di esercizio
occupa certamente un posto di rilievo.
Le nostre betoniere sono state recentemente sottoposte ad un profondo lavoro di verifica
sotto il punto di vista del rendimento (in termini di energia consumata). Lo studio di “un
action core” ovvero un sistema bilanciato e calibrato del gruppo riduttore-pompa e motore
idraulico specifico per ogni singolo modello di betoniera e di veicolo abbinato, permette
l’ottimizzazione dei consumi riducendo la quantit{ di carburante impiegato, l’usura del
motore veicolo e l’inquinamento acustico ed atmosferico.
Per una disamina oggettiva sull’argomento “fermo macchina” dobbiamo appropriarci di un
concetto che spesso nel mondo del cantiere ed in particolare per le betoniere non è ancora
stato pienamente recepito da parte degli operatori:
“RIDURRE IL RISCHIO FERMO MACCHINA = PIANIFICARE E MONITORARE LE VERIFICHE
PERIODICHE E LE MANUTENZIONI“.
Al contrario, spesso, con l’illusione di ridurre il fermo macchina vengono eliminate in parte o
del tutto le attività di ordinaria manutenzione, che gli operatori percepiscono come un
momento improduttivo da relegare solo al bisogno. A questo punto però la manutenzione da
preventiva ed ordinaria si trasforma in un intervento straordinario con un aggravio dei costi
diretti (per il ripristino delle rotture/danni) ed indiretti (macchine ferme in officina per tempi
prolungati). Proprio in ragione di quest’ottica, primi nel mercato, da quasi 1 anno, abbiamo
lanciato un programma denominato 30+30 nel quale a fronte di una manutenzione
programmata regolata da un libretto macchina, l’operatore usufruisce di una garanzia base di
30 mesi estendibile ad ulteriori 30 includendo nel pacchetto base anche una durata minima
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garantita delle parti importanti come il tamburo e le relative spirali. Tale servizio garantisce
una tracciabilit{ delle manutenzioni eseguite e quindi dello stato di “salute” della macchina
arricchendola di un valore aggiunto sia in termini di perfetta efficienza che di maggiore valore
residuo al momento della rivendita.
Naturalmente l’operativit{ dei controlli è garantita da una buona presenza sul territorio di
centri assistenza che nel corso degli ultimi anni sono stati implementati: oggi i nostri clienti e
noi stessi possiamo contare su ben 45 centri assistenza che ci affiancano nelle sfide di tutti i
giorni.
4. Parliamo ora di sicurezza. Nonostante i livelli di sicurezza di queste macchine stiano
diventando sempre più avanzati considerando numerose variabili, ancora oggi
purtroppo assistiamo a vari incidenti. Quali pensa possano essere le cause? Quali
sono, secondo lei, gli errori più comuni? Cosa si può fare di più? Come azienda quali
dispositivi avete recentemente messo a punto per aumentare i livelli di sicurezza
nell'uso di tali macchine?
Quando parliamo di sicurezza ci piace ricordare che IMER si è sempre distinta nel ricercare e
adottare sistemi di sicurezza all’avanguardia sulle proprie macchine, spesso prima ancora che
le normative vigenti li impongano. Fa parte della cultura aziendale seguire la filosofia del
prevenire a prescindere dalla necessit{ “obbligata”. A livello europeo da tempo collaboriamo
con gruppi di lavoro specifici, il sistema key life sopra citato ne è un esempio.
Queste premesse implicano un impegno continuo nel progettare e realizzare macchine
sempre più sicure, dovere primario per chi vuole restare tra i leaders di mercato.
Crediamo sia altrettanto importante affiancare, sempre più quest’attivit{, ad una attivit{ di
formazione in sinergia con gli enti preposti alla formazione e alla tutela.
Complicare una macchina, magari rendendola più “sicura” può innescare dei comportamenti
estremamente pericolosi (un dispositivo che rallenta troppo le operazioni di manutenzione o
di lavoro viene spesso modificato/rimosso da chi con la macchina deve lavorare tutti i giorni)
senza contare che questi dispositivi comportano necessariamente l’innalzamento del costo
della macchina stessa. La cronaca ci porta alla luce sempre più spesso testimonianze di
incidenti che accadono ad operatori esperti che facendo eccessivo affidamento sulla propria
esperienza rischiano molto più del dovuto. Ricordiamo che da anni siamo attivi affinché sia
riconosciuta una professionalit{ “sicura” dove la consapevolezza del rischio è parte essenziale
del proprio bagaglio formativo. Un “patentino” che abiliti all’esercizio tali professionisti è
strumento essenziale a garanzia di una continua formazione a tutela della sicurezza sul lavoro.
Un processo formativo serio e concreto si può sintetizzare nelle seguenti fasi:
•
Redazione di un piano formativo
•
Formazione e qualifica dell’operatore,
•
Definizione di un sistema di valutazione delle sue capacità e del livello di competenza
acquisito
•
Rilascio del “patentino”
•
Continuo up grade del livello professionale.
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Formare significa per il costruttore investire nell’operatore che utilizzando le macchine nel
miglior modo possibile ne esalta le caratteristiche riducendo i rischi insiti nell’attivit{
lavorativa.
Questa è la sfida nella quale tutti i costruttori, con il supporto degli operatori e delle imprese,
dovrebbero affrontare.
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