la fonte GIUGNO 2011 ANNO 8 N 6 periodico dei terremotati o di resistenza umana € 1,00 ricomincio da quattro chi guasta l’acqua ne sarà guastato Gli incontri più belli della Scrittura Sacra avvengono vicino ai pozzi; uomini che incontrano donne che danno loro da bere, come Gesù presso la samaritana. Abramo e Isacco erano gli scavatori di pozzi. La dimostrazione della loro benedizione era che trovavano sempre l’acqua, quello era il segno che erano assistiti dalla buona volontà della divinità. Anch’io ho scavato un pozzo per l’acqua, qui sul campo. E ho visto l’acqua zampillare e uscire dalla terra. Al cinema si vedono persone che osservano sgorgare il petrolio e fanno baldoria attorno al nuovo pozzo. Ecco, quelli festeggiano la loro ricchezza personale. Chi invece fa spuntare l’acqua dal suolo sta aggiungendo ricchezza al mondo. L’acqua che vedevo venir fuori si incanalava, trovava la sua via. Sarebbe diventata nuvola, avrebbe raggiunto altre acque, apparteneva al mondo. Avevo quella fierezza e quell’allegria di aver contribuito alla ricchezza del mondo, non mia personale. Vogliono privatizzare l’acqua. Chi vuol privatizzare l’acqua deve dimostrare di essere anche il padrone delle nuvole, della pioggia, dei ghiacciai, degli arcobaleni. Quando un’assemblea vota la proprietà privata dell’acqua, sta facendo un’azione da banditi. Si sta spartendo un bottino che Molti lettori da diverse parti delnon è suo, che appartiene alla spel’Italia lamentano ritardi nella consegna del nostro periodico. Il cie umana, al mondo e alla vita. Chi disservizio è dovuto esclusivamen- metterà mano al furto dell’acqua, te alle poste in quanto noi provvesarà perseguitato dall’acqua. Chi la diamo alla spedizione sempre prima che termini il mese precedente sparge sarà disperso dall’acqua. Chi a quello di copertina. Se nella pri- la spreca sarà sprecato. Chi ne apma settimana del mese non vi è profitta e chi se ne appropria perstato ancora recapitato protestate, protestate, protestate con le poste. derà la sua proprietà. Erri De Luca Noi lo facciamo continuamente! Il tuo sostegno ci consente di esistere la fonte ABBONAMENTI PER IL 2011 ITALIA SOSTENITORI AUTOLESIONISTI € 10,00 € 20,00 € 30,00 2 fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo la fonte Direttore responsabile Antonio Di Lalla Tel/fax 0874732749 Redazione Dario Carlone Domenico D’Adamo Annamaria Mastropietro Maria Grazia Paduano Segreteria Marialucia Carlone Web master Pino Di Lalla www.lafonte2004.it E-mail [email protected] Quaderno n. 74 Chiuso in tipografia il 21/05/11 Stampato da Grafiche Sales S.r.l. via San Marco zona cip. 71016 San Severo (FG) Autorizzazione Tribunale di Larino n. 6/2004 Abbonamento Ordinario € 10,00 Sostenitore € 20,00 Autolesionista € 30,00 Estero € 30,00 ccp n. 4487558 intestato a: la fonte molise via Fiorentini, 10 86040 Ripabottoni (CB) mobilitiamoci tutti Antonio Di Lalla Il dodici giugno, cascasse il mondo, andrò a votare e, per quattro volte, una per ogni scheda, senza nessun tentennamento, metterò una bella croce sul Sì che chiede l’abrogazione di leggi sbagliate e assolutamente non condivisibili. C’è di tempo fino alle tre di pomeriggio del tredici ed è il caso che ci mobilitiamo tutti facendo anche opera di convincimento per andare al seggio in modo da evitare che sant’Antonio, il santo delle cose impossibili, debba pensarci lui a fare il miracolo in modo che si raggiunga il quorum. L’anomalia è che per scegliere un governo scellerato come quello attuale basta la maggioranza di coloro che vanno a votare, per cancellarne le porcate occorre la metà più uno degli aventi diritto al voto. Sarà una bella impresa, resa più difficile dal fatto che non si può contare su molti emigrati, universitari e i tanti ignavi e menefreghisti che si lasciano trasportare da qualunque corrente senza mai prendere posizione. Raddoppieremo l’impegno, perché la posta in gioco è troppo grande. Non è un problema di destra, di sinistra o di centro, tant’è che la mobilitazione dei partiti non c’è stata né per la raccolta delle firme, né si avverte troppo in questi giorni di informazione capillare. I professionisti della politica hanno poco interesse a che noi, persone comuni, ci occupiamo della cosa pubblica. Si sentono defraudati dall’impegno civile, non vogliono interferenze. E questo è un motivo in più per farci sentire. Abbiamo deciso di strappare il cartello che si sono attaccati alle terga: non disturbate il manovratore, perché, a differenza loro, ci sentiamo responsabili della nostra vita, del nostro futuro, del nostro pianeta. La responsa- bilità è non tollerare che altri agiscano al posto nostro, a nostra insaputa, a danno della collettività. Il referendum è un’occasione preziosa per far sentire la nostra voce, per dire ciò che ci sta a cuore, soprattutto oggi che ci hanno scippato anche la possibilità di scegliere le persone che devono governarci a livello nazionale, con quella mostruosa legge che mette deputati e senatori nelle esclusive mani dei segretari di partito che li designano quasi mai in base alla bravura. I risultati meschini, se non fossero tragici per la collettività, sono sotto gli occhi di tutti. Il parlamento è diventato il mercato delle vacche e loro si vendono al miglior offerente, inqualificabili prostituti d’alto bordo. Hanno posto i referendum alla terza tornata elettorale, con inutile sperpero di denaro pubblico e il più tardi possibile, per non favorire la partecipazione. Noi non ci lasceremo scoraggiare: non andremo né al mare né in montagna, ma a votare. Ancora una volta sarà Davide, con i suoi pochi e poveri mezzi, a sconfiggere l’altezzoso Golia di turno che cerca in tutti i modi di truccare le carte, impaurire e tenere soggiogate le persone. Se il governo ha agito nell’interesse dei cittadini, nel promulgare le leggi oggetto del referendum, perché ne teme il giudizio? Se fa di tutto per far saltare la consultazione, fingendo modifiche, non sarà perché il trucco c’è e spera che non si veda? Politici seri e responsabili, di qualunque partito, dovrebbero favorire la consultazione della base in quanto legittimazione del loro operato. I referendum possono essere fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo l’inizio di una riscoperta collettiva della passione civile, perciò andremo in ogni caso davanti ai seggi elettorali. Non siamo disposti a lasciarceli scippare. Dei contenuti dei quattro referendum ne parliamo a più voci e in diversi articoli. La posta in gioco è troppo grande per non correre il rischio di essere ripetitivi, senz’altro vogliamo essere esaustivi. Se Troisi annunciava nel suo primo fortunato film: Ricomincio da tre, ognuno di noi che si auspica il riscatto dell’Italia ricomincia da quattro sì. Due Sì sono per rivendicare la libertà dell’acqua: “essa è di pertinenza della terra, e come tale è un bene comune, il che vuol dire che appartiene di diritto all’intera umanità, e perciò a ciascun uomo e a ciascuna donna, e anzi ad ogni vivente, perché è la condizione della vita” (Raniero La Valle). Non essendo una merce non può essere privatizzata. È vero che viene privatizzata la gestione non l’acqua, ma nel momento in cui se ne ha l’esclusività di fatto se ne ha la proprietà. Il terzo Sì è per impedire la reintroduzione del nucleare. Già una volta abbiamo detto no, ora ci riprovano. Dopo Cernobyl e Fukushima, per quello che ci è dato conoscere, perché il più viene occultato, il nucleare è follia pura. È vero che intorno abbiamo centrali nucleari, ma l’impegno è sostituire con altro, prima che sia troppo tardi, quelle che ci sono, non costruirne ancora. Il sole ci invia 10 mila volte ciò che consumiamo come energia ogni giorno. Avanti allora con le energie rinnovabili. Il quarto Sì è per abrogare il legittimo impedimento, inventato da Alfano per far sì che il presidente del consiglio (i ministri sono stati aggiunti per rendere meno vistosa la legge) non risponda dei numerosi e gravi reati di cui è imputato. Perché temere la giustizia se si è innocenti? Ma, soprattutto, perché consentire che la legge non sia uguale per tutti? Riappropriamoci della sovranità popolare, andiamo a votare e la democrazia potrà emettere un nuovo primo vagi- 20 3 spiritualità partecipazione attiva Michele Tartaglia Quando un cristiano sente parlare dei comandamenti, appresi per la maggior parte di noi durante l’infanzia, probabilmente sente un moto di irritazione e repulsione, per il fatto che ci si trova di fronte a richieste imposte, senza che nessuno in fondo ne avesse mai sentito l’esigenza. Questo accade quando si apportano delle modifiche o dei tagli al testo sacro, che invece parla dei comandamenti come di qualcosa di accolto liberamente dal popolo stesso. I dieci comandamenti sono posti in apertura di un testo più ampio, che gli studiosi hanno chiamato “Codice dell’Alleanza”, tramandatoci in Es 20,1-23,19, al quale fa seguito, tra le altre cose, la stipulazione dell’alleanza tra Dio e Israele (Es 24,3-8). È importante leggere questo Codice nella sua cornice per comprendere che ruolo abbiano i comandamenti nel rapporto tra Dio e il popolo e come quest’ultimo sia pienamente coinvolto nel rendere effettiva la loro attuazione. All’inizio del decalogo c’è una frase che è stata eliminata nella formulazione catechistica cattolica: “Io sono il Signore Dio tuo che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù; non avrai altri dèi di fronte a me” (Es 20,2). I comandamenti sono fondati su un dono incommensurabile che Dio ha fatto al popolo: la libertà. Ed è proprio il dono della libertà che non può ammettere ora un vincolo imposto, una legge indiscutibile. Se il popolo non è più schiavo deve partecipare alla decisione di accogliere una legge, per quanto buona e santa. Se ciò non avvenisse, la liberazione di cui Dio si vanta sarebbe solo apparente. Invece la Scrittura 4 ci dice che, come Dio ha scelto liberamente il popolo d’Israele e liberamente ha deciso di liberarlo dalla schiavitù, anche il popolo deve liberamente accogliere Dio e la sua legge, non può subire la sua autorità. Alla fine della formulazione di questo codice, infatti, Mosè scende dal monte per leggere il suo contenuto a tutto il popolo, perché sia disposto ad accoglierlo non a scatola chiusa: per ben due volte Mosè legge il suo contenuto e per ben due volte il popolo dà il suo assenso ad esso. Si legge infatti in Es 24,3.7: “Mosé andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose insieme e disse: ‘Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!’… Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: ‘Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!’”. A questo episodio si collegano, poi, le esortazioni che Mosè stesso rivolge al popolo prima di entrare nella terra d’Israele: “Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore Dio tuo, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, perché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare sulla terra che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe” (Dt 30,19-20). A differenza di quanto normalmente si pensa della fede biblica, la Scrittura non parla mai di imposizione, ma sempre di scelta e di attiva partecipazione da parte dell’uomo a quanto Dio propone di fare per lui. Si potrebbe dire che il regime democratico non è solo un’idea della modernità, ma ha un fondamento nella bibbia, dove l’uomo non è presentato come ricettore passivo, ma come un attivo interlocutore dell’azione di Dio, anche nel decidere di assu- fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo mere delle leggi, che non sono espressione di un capriccio dispotico, bensì sono date per il buon funzionamento di una comunità che è nata da un anelito alla libertà. Partecipare alle decisioni sulla cosa pubblica non è quindi un optional per la fede, ne è parte integrante, perché è nella realizzazione umana della giustizia che si attua la risposta alla libertà donata da Dio. Nella maggior parte delle democrazie moderne il popolo non è direttamente chiamato ad approvare le leggi, ma lo fa attraverso dei delegati che siedono nei parlamenti, luoghi che dovrebbero esprimere il senso di rappresentanza rispondendo ai cittadini del proprio operato; c’è inoltre la possibilità in alcuni casi di abrogare quanto non è sentito conforme al bene della società, attraverso l’istituto referendario che è una risorsa preziosa per correggere gli errori o i soprusi di chi legifera. In entrambi i casi è fondamentale la consapevolezza che la partecipazione attiva alla vita civile è un bene per tutti. Se la delega in bianco e l’apatia nel correggere sono oggi dilaganti, lo si deve anche alla dimenticanza delle radici bibliche delle società moderne che, nonostante i momenti alti della nascita delle istituzioni democratiche, troppo presto sono tornate a concepire Dio (o l’autorità) come un padrone da temere o un padrino da compiacere, anziché un padre che ci chiama a condividere la responsabilità perchè tutti possano vivere e rimanere liberi.☺ [email protected] glossario “Prendo il caffè la mattina, mi guardo riflesso allo specchio del bar. Sono insieme a tante persone. Tutte come me. Hanno letto i titoli dei giornali, commentano le prodezze di Berlusconi. Siamo poco creativi … Non ci viene niente da dire” (Antonio Pascale, Qui dobbiamo fare qualcosa …). Eppure ci sarebbe tanto da dire, perché la società contemporanea si caratterizza, specialmente nel nostro occidente, per quella particolare “categoria” che va sotto il nome di opinione pubblica, concetto ripreso dalla cultura anglosassone. La Public Opinion [pronuncia: pablich opìnion], espressione facilmente traducibile in italiano sul piano linguistico, sta ad indicare l’insieme o somma delle convinzioni individuali dei componenti di una società: essa ha caratterizzato la società inglese (e successivamente quella americana) del XVIII secolo, una società che stava modificandosi in seguito al processo di urbanizzazione collegato alla rivoluzione industriale. In questo secolo fa la sua comparsa sulla scena sociale la categoria del “pubblico” inteso come gruppo di persone (in seguito chiamati cittadini) davanti agli occhi dei quali si verifica un evento, viene presa una decisione, sono affermate alcune dichiarazioni. Questo pubblico, per contrasto, esercita una azione di controllo, e quindi di giudizio, che si riflette, ad esempio, sulla prosecuzione o meno di un’iniziativa; la validità di una risoluzione viene espressa proprio grazie al confronto con la visione collettiva. Ciò che può sembrare oggi evidente ed assodato, qualche secolo fa rappre- facciamo opinione Dario Carlone sentava una formidabile novità, un modo, ancora da sperimentare, per stabilire princìpi che potessero essere compresi - meglio, condivisi - da un buon numero di appartenenti alla società (ancora rigidamente suddivisa in classi, in quei secoli!). Iniziava a diventare importante ciò che la gente pensava! Nonostante le inevitabili contraddizioni, nelle società anglosassoni, l’opinione pubblica continua a perseguire il suo compito di controllo, innanzitutto del potere politico: si pensi semplicemente alla pratica, ormai invalsa anche in Italia, dei sondaggi per valutare il gradimento o meno di un politico in carica, dal presidente degli Stati Uniti al Primo Ministro britannico. Attenzione e rispetto vengono riservati al giudizio dell’opinione pubblica così come rivelato dai sondaggi; ne conseguono perciò modifiche o cambiamenti nelle decisioni, revisione e correzione dell’operato degli amministratori, chiarimenti e spiegazioni fornite pubblicamente. Non appare però semplice conoscere effettivamente quale sia la reale opinione pubblica su un determinato argomento, né individuare quali possano essere i metodi corretti per rilevarla. E ancora viene da chiedersi a chi spetti la decisione riguardo a ciò che va sottoposto al giudizio collettivo, se, ad esempio, rendere pubblici documenti fotografici che ritraggono situazioni fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo altamente drammatiche, oppure limitarsi ad una spiegazione convincente circa il rifiuto di tale pubblicazione. Il concetto di opinione pubblica si è ormai esteso anche ad altre società, evolvendosi ed adattandosi ai presupposti culturali di ciascuna di esse. Relativamente alla nostra contemporaneità Antonio Pascale parla di un tipo di società largamente diffuso, la “società assorta” in cui “l’individuo non sceglie” ma si affida ai valori tradizionali nei quali si rispecchia, valori che diventano “una vera e propria autorità” che nessuno ha intenzione di mettere in discussione perché “nelle società assorte prevale l’abitudine”. In esse quindi l’opinione pubblica si accoda ad un modo di pensare legato ad una visione del mondo “simbolica”, quasi anacronistica, lontana dalla realtà sempre in movimento e soggetta a modificazioni; mentre invece “l’individuo deve prendere atto che il rapporto che fino ad allora aveva stabilito con il mondo e con gli altri non è il solo e unico”. Pigrizia, disinteresse, timore di mettersi in discussione: tanti potrebbero essere i motivi per cui anche nella nostra società italiana l’opinione pubblica fatica a manifestarsi, mentre invece tante altre potrebbero essere le ragioni per far sentire la propria voce. Qualche passo è stato compiuto: molti italiani hanno ritenuto indispensabile interrogarsi e prendere coscienza di temi che riguardano la collettività, e si dichiarano pronti ad esprimere la loro (pubblica) “opinione” su di essi! ☺ [email protected] 5 impegno civile ai referendum non rinuncio! Alessia Mendozzi Il 12 e il 13 giugno siamo chiamati alle urne per esprimere il parere su temi delicati e importanti: l'acqua pubblica, l'energia nucleare, il legittimo impedimento. Tre temi, quattro quesiti (due sono quelli sull'acqua), una sola consapevolezza: la quasi totale assenza d'informazione nei canali "ufficiali". Se andare a votare è importante, farlo al referendum lo è ancora di più. È la massima espressione della volontà popolare, sicuramente quella più diretta. Purtroppo quello a cui assistiamo ormai da troppi anni è un crescente menefreghismo quando si tratta di referendum. Il più delle volte non solo non si raggiunge il quorum, ma la percentuale dei votanti è talmente bassa da sfiorare il ridicolo. La politica di palazzo - abituata fin da troppo tempo a decidere dentro le stanze dei bottoni, a imporre candidati, a fare orecchie da mercante - è l'unica che trae vantaggio da questo stato di cose. Perché la politica, quella vera, quella fatta dalla gente per la gente, perde la sua efficacia e il suo significato originario, proprio grazie alle azioni che vanno a screditare la parte attiva e sana della politica stessa. Così parte il boicottaggio al referendum. Ci sono vari strumenti per evitare che il popolo vada a votare. Primo: stabilire la data di voto nei mesi estivi. La gente si sa, ama andare al mare o in giro quando il clima è bello, perché "perdere tempo" andando a votare quando si può partire per una breve vacanza? Secondo: rendere il testo del quesito referendario il più complesso possibile. In questo modo, chi va a votare avrà non poche difficoltà a esprimere il suo voto... perché non capisce cosa ci sia scritto sulla scheda! Terzo: fare in modo di rigirare le domande e, di conseguenza, le risposte. Vale a dire, indicare sì per dire no e no per dire sì. Risultato? Una totale confusione. 6 Quarto: disinformare e/o non informare affatto. Lo strumento più infimo, quello più vile, quello a cui i media del sistema si attengono senza batter ciglio. Provate a chiedere ai vostri amici se sanno che il 12 e il 13 giugno si vota, se sanno che è un referendum, se sanno quali sono i temi o come si vota. Il risultato di tutto questo? Arrivare a far credere al popolo che il miglior strumento di partecipazione democratica che ha a disposizione in realtà non serva a niente... "perché tanto fanno sempre come vogliono loro". Nulla di più sbagliato! Se il potere non avesse paura del referendum, non userebbe ogni mezzo a sua disposizione per screditarlo, per evitare che se ne parli e che si informi la gente. Se pensiamo poi che i temi in esame sono fondamentali, la non partecipazione di massa è ancora più drammatica. Parliamo dell'energia nucleare. Sorvolando temporaneamente sul fatto che l'Italia si è già espressa con un secco 'no' al nucleare in un altro referendum negli anni 80, nessuno ha notato che la notizia della situazione nella centrale di Fukushima è sparita dai titoli dei telegiornali? Nessuno ha notato che non si parla più di quella che è stata considerata una seconda Chernobyl? Ma come? Non le ricordiamo più le conseguenze di quel disastro? Com'è la situazione lì? Chi ci informa più? Il governo ha dichiarato che per ora non si farà il nucleare in Italia. Un altro bel fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo trucchetto per tranquillizzare la gente e dire "ora che abbiamo fatto ‘sta cosa, non andate a votare, tanto non serve più". Sarà, ma dato che non mi fido, a votare ci vado e voto SI, perché vorrei che in questo Paese si investisse in energia pulita e non in un'energia dannosa, potenzialmente pericolosissima e con scorie che non si sa come smaltire, se non magari illegalmente. E che dire dell'acqua? Sono passate delle norme per privatizzarla, siamo chiamati a decidere se abrogarle. L'acqua. Stiamo parlando dell'acqua, non di una cosa di poco conto. Parliamo dell'acqua! Se vogliamo che la gestione sia pubblica, tocca anche in questo caso dire SI ai due quesiti a tema. Sul legittimo impedimento, comunque la pensiate, votare è importante. Non fosse altro per quel senso di responsabilità che gli abitanti di questo Paese stanno sempre più perdendo. È troppo facile, troppo comodo, dire che in Italia tutto fa schifo, che va tutto storto e che i politici pensano solo ai fatti loro. Sarà anche vero, ma se non facciamo la nostra parte, siamo complici. Un popolo che ama il suo Paese ne è responsabile. Il referendum è uno strumento democratico. Non gettiamolo alle ortiche, utilizziamolo! La sovranità appartiene al popolo. E questo non sono io a dirlo, ma l'articolo 1, comma 2, della nostra Costituzione, quella che è e deve rimanere la base fondamentale della democrazia della nostra nazione.☺ [email protected] NELLA prima delle sue "Maximes Morales" il duca di La Rochefoucauld scrive che "L'amore per se stessi quando supera il limite diventa una perversa passione sia per chi ne è invaso sia soprattutto per gli altri che egli vuole render suoi soggetti distruggendone l'indipendenza e trasformandola in amore verso di lui. Se l'uomo affetto da tale perversa passione si trova al vertice della società, gli effetti che ne derivano sono ancora più sconvolgenti poiché ogni equilibrio tra le varie istituzioni viene distrutto ed ogni libertà confiscata". Questa massima fu scritta nel 1657. nel palazzo A Nord si è alzato un vento di cambiamento che pone fine al ventennio berlusconiano e apre una nuova stagione politica. Un ex-parlamentare di Rifondazione Comunista ha rischiato di vincere al primo turno nella roccaforte del PDL, battendosi a mani nude contro un sistema di potere vischioso e una Letizia Moratti che ha messo sul piatto della campagna elettorale 20 milioni di euro. Torino ha eletto Fassino con ampio margine e anche a Bologna e in altre città il centrosinistra ha vinto al primo turno. La Lega Nord arretra e paga l’alleanza sempre più imbarazzante con Silvio Berlusconi. La base leghista è scossa dai comportamenti indecenti del Cavaliere, non gradisce le crociate contro i Magistrati e boccia il mercato del sottogoverno con logiche da basso impero che cozzano con le parole d’ordine del loro movimento. Il PDL arranca ovunque e non riesce a sfondare nemmeno a Napoli dove si illudeva di sbaragliare gli avversari. L’Italia è stanca delle eterne promesse sulle riforme liberali, sull’abbassamento delle tasse, sul rilancio degli investimenti, sull’apertura di nuovi cantieri e su tante altre amenità sventolate da decenni, e che restano perennemente nel libro dei sogni. La realtà è diversa. Il “Sistema Paese” non riparte come mostra la crescita del nostro Prodotto Interno Lordo dell’1% a fronte di un tendenziale che in Germania sfiora un più 5%. Il taglio degli investimenti sulla ricerca scientifica, sull’innovazione tecnologica, sulla scuola e sull’università minano alla base la competitività futura delle nostre imprese. Il debito pubblico è aumentato e il disavanzo primario è cresciuto ai livelli allarmanti del 1992-93 quando il Governo Amato prima, e quello presieduto da Carlo Azeglio Ciampi dopo, dovettero varare manovre pesantissime per evitare la bancarotta. Il Governo non ha utilizzato questi margini di indebitamento per realizzare infrastrutture, rilanciare l’edilizia e migliorare la competitività del sistema produttivo. Al contrario i cantieri sono fermi e si assiste a progressive pose della prima pietra per le stesse opere pubbliche con annunci ripetuti di natura meramente propagandistica. Le fasce medie scivolano verso un impoverimento progressivo. La casa resta un miraggio per le giovani coppie e per i cittadini meno abbienti che da decenni attendono politiche di sovvenzioni per l’edilizia convenzionata e popolare. Curarsi, viaggiare e studiare costa sempre di cambiare si deve Michele Petraroia più. Il lavoro si precarizza e il potere d’acquisto dei salari scende a livelli insopportabili con un costante spostamento di ricchezza che privilegia un’élite sempre più ristretta di notabili, professionisti, imprenditori e manager, che dichiarano al fisco redditi risibili e invece dispongono, tramite società prestanome, di ville lussuose, barche e macchinoni che sembrano aeroplani. La giustizia sociale è stata sepolta, l’uguaglianza dei cittadini è un palli- do ricordo ottocentesco, le pari opportunità di partenza tra territori e tra persone non sono più perseguite, il divario tra Nord e Sud è scomparso dall’agenda politica e gli unici obiettivi pervicacemente sostenuti dall’asse PDL-Lega Nord è l’asservimento della Magistratura al Governo, l’impunità dei potenti e il federalismo degli egoismi che salva le valli bergamasche e abbandona al declino l’osso appenninico e le aree meridionali. Gli italiani non ne possono più di un Governo che brucia il futuro, ci umilia sul proscenio mondiale e non è in grado di costruire una prospettiva di benessere generale. Il cambiamento stenta ad attecchire in Molise che è sempre lento nel recepire i mutamenti politici nazionali. La greppia di potere che tiene in fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo ostaggio i molisani ha costruito una macchina del consenso degna delle stagioni più oscure della democrazia italiana. Nonostante il controllo scientifico dell’elettorato tramite gli Enti di Sottogoverno regionale, il PDL è riuscito a vincere grazie all’incestuosa alleanza col FLI dell’odiato Fini. Senza i consensi di Pallante l’armata di De Matteis si sarebbe fermata sotto la soglia del 50% e sarebbe stato necessario il ballottaggio. Una vittoria a metà, frutto della sapiente regia di un Michele Iorio che rischia di rimanere disarcionato da un decreto attuativo del federalismo che vieta la ricandidatura ai governatori che hanno causato i disavanzi nella sanità. Secondo la legge del contrappasso l’unico leader italiano del PDL che continua a vincere viene pensionato d’ufficio da un provvedimento del suo partito. Il centrosinistra in una tale eventualità non esclude la possibilità di moltiplicare le sue incomprensibili divisioni per permettere all’asse Di Giacomo-Patriciello di sconfiggere l’alleanza Vitagliano-Frattura. Nell’auspicio che prima o poi prevalga il buonsenso e i dirigenti molisani del centrosinistra aprano le finestre per far entrare una ventata di aria fresca nel grigiore delle loro stanze, è opportuno mobilitarsi con telefonate, incontri, messaggi e iniziative per sostenere anche da lontano l’affermazione di Giuliano Pisapia. Parteciperò direttamente ad eventi promossi da giovani del Molise che lavorano a Milano la prossima settimana con la consapevolezza che non si svuota l’oceano con un secchiello, ma si è partecipi di un movimento di liberazione utile al futuro di quella città e dell’Italia. ☺ [email protected] 7 xx regione voglia di politica Cristina Muccilli Per contingenze familiari, per scelte di vita e convincimenti politici mi sono sentita spesso un marziano. Gli amici, chi per affetto, altri per autentica adesione, hanno guardato o con condiscendenza o con spirito solidale il mio rifiuto al voto, rifiuto che pratico da circa venti anni (eccezioni di rilievo i referendum di qualche anno fa disertati dalla maggioranza degli italiani). Da qualche giorno mi sento meno isolata, da quando cioè i risultati delle elezioni provinciali hanno fatto rilevare un dato importante: l'aumento di 5 punti percentuali dell'astensionismo. Siamo al 55,34% dei votanti, e l'altra metà? Possibile che nessuno dei politici locali si interroghi sui motivi determinanti questa così alta defezione, possibile che la nostra sinistra (?) - perché è innegabile che i voti mancanti siano di quell'area - non comprenda che l'astensione sia invece un voto pensato e sofferto che (essa) non è più in grado di raccogliere? La stessa considerazione merita il fenomeno crescente delle schede annullate - più del 4% -, nulle solo ai fini del conteggio dei voti ma validissime per esprimere dissenso; se così non fosse dovremmo ritenere che un sempre più considerevole numero di elettori è ignorante o tendente alla follia. Questa la premessa, vorrei invece far partire la tesi da ciò che il professore Novelli ha scritto su queste pagine “...e negare alla Storia la sua stessa evoluzione, il necessario germoglio delle condizioni che assicurano lo svolgimento naturale delle vicende individuali e collettive, prefi- 8 gurazione di un mondo fondato sulla condivisione dei destini comuni”. Ebbene questa negazione arriva non solo dall'area politicamente e “fisiologicamente” indifferente ai “destini comuni” ma anche da quella che questi destini dovrebbe abbracciare, condividere e guidare. Parlo ovviamente della sinistra indolente e traffichina, assente quasi in toto (salvando le eccezioni che pure sono valenti) dalla presa in carico dei bisogni dei sempre più deboli, dei sempre più ai margini, dei sempre più inascoltati. Di quella sinistra che non sa più rispondere perché non le interessa elaborare e comprendere, apatica e sperduta. Mi rivolgo a tutti coloro che sono diventati campioni di apnea pur di esprimere un voto, a quanti hanno abbassato la testa e perso la voce all'interno del proprio partito, ai marziani che in tutti questi anni sono stati guardati con sospetto e sufficienza e persino a quei politici autenticamente interessati alle sorti comuni, e dico loro che possiamo organizzarci, ora siamo tanti. Se dismettiamo i nostri panni di vassalli, se comprendiamo che il potere non è nelle mani di chi non ci rappresenta ma in quelle di chi non elegge, se torniamo a fare scelte consapevoli, ad esercitare il nostro diritto al controllo, a pretendere ascolto e tutela, forse anche noi avremo altre possibilità di crescita. Il prossimo appuntamento è dato dalle elezioni regionali, la proposta è questa: riuniamoci intorno ai bisogni e ai sogni comuni (senza aspettare “fuoriuscite” e “autoconvocazioni” risibili) ed elaboriamo strategie che nascano da questi; diamoci delle alternative convincenti e costituiamoci come forza autonoma. Potremmo lavorare insieme, dal basso e in maniera orizzontale, potremmo imporci come un movimento, potremmo decidere di esprimere consensi mirati o un dissenso organizzato e quindi difficile da ignorare. fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo Potremmo... Molti anni fa viveva nel mio paese un signore il quale aveva deciso di estraniarsi dalla vita comunitaria fino a che i suoi concittadini non avessero smesso di esprimere sindaci (pochi in circa quaranta anni) di esclusiva provenienza DC. Mantenne la sua condotta da esiliato fino ai festeggiamenti per l'elezione del nostro primo sindaco socialista, quando lo vedemmo arrivare con i suoi inseparabili cani e l'imprescindibile pipa; ridendo abbracciò tutti i presenti. Questa potrebbe essere un'alternativa valida, per i cani non ho posto ma sono parecchi anni che penso di sostituire alle sigarette una pipa magistrale. ☺ [email protected] vento del nord Ulula il vento del Nord come branco di lupi alla bufera. Sulla spiaggia deserta ondate gialle di rena s’innalzano, ribollono s’allungano, si frangono in densa schiuma, sospinta lontano. Gocce sul viso si posano scendono lievi graffiano l’anima: lacrime di disperati senza nome né patria ricchi solo di speranze e vigore con negli occhi un porto scelto per far fiorire un sogno di libertà, di vita più umana. Solo una bara di alghe han trovato su freddi fondali d’un mare lontano da case da culle sospese tra rami da braccia ricolme solo d’aria e d’amore. Nella notte nemica senza luna né stelle solo il tempo di leggere l’atroce condanna negli occhi feroci di turpi mercanti. Il loro lamento è ora nel vento come nenia di schiavi in catene nel buio di stive infestate, diventa preghiera. Norma Malacrida xx regione La desertificazione del Molise o la morìa dei centri abitati non sono solo addebitabili al calo demografico, sono il risultato di una mancata programmazione territoriale. Le contestazioni mosse al POR 2007-2013 non erano strumentali, ma giorno per giorno trovano, purtroppo, riscontro oggettivo. La cosa ancor più grave è quella che nessuno si è accorto degli investimenti programmati sull’asse autostradale di collegamento Venafro-Termoli, né si è avuta contezza di altre tipologie di sviluppo territoriale. L’unico strumento che ha fatto qualche piccolo passo è quello legato al fondo sociale, che ha dato un minimo di sostengo ai comuni per le attività di assistenza, interventi di integrazione salariale. Ma anche questo segmento non aveva, sin dall’inizio, una ampia ed articolata strategia, per cui si è limitato a piccole cose. La costituzione degli ambiti di zona, tra l’altro, ha solo aggravato la spesa di funzionamento senza dare le risposte che i cittadini si attendevano. Tant’è che alle reiterate richieste di diversi comuni che si trovano in uno stato di enorme difficoltà economica per le vicende legate agli affidi dei minori a strutture autorizzate, quasi tutte allocate fuori regione, la politica regionale non ha saputo dare una risposta, se non palliativi. La questione, che sembrerebbe poca cosa, sta ponendo sul lastrico alcuni comuni e finisce così di mettere in ginocchio il modello organizzativo molisano. Da una parte mancano interventi strutturali seri che possano invertire la tendenza al calo demografico che oggi è il primo problema del Molise, dall’altra dobbiamo assistere a realizzazione di infrastrutture faraoniche e inutili. Alla già menzionata palestra di Morrone, oggi dobbiamo aggiungere la piscina di San Giuliano di Puglia che per funzionare ha bisogno di diverse centinaia di migliaia di euro l’anno. Per raggiungere un adeguato standard di funzionamento necessiterebbe di un bacino a quattro cifre di utenti. Dove sono? Dove li andiamo a prendere? E allora perché disperdere risorse mortificando la comunità che è ai limiti della sopravvivenza? Già paghiamo benzina e gasolio più di tutti in Italia, riscaldarsi con il metano nei piccoli centri è diventato un lusso, ammalarsi è vietato perché i ticket sono altissimi e il servizio sanitario pubblico poco qualificato. La riforma sanitaria doveva essere attuata con molto anticipo ripensando ai assenza di idee servizi sul territorio e non solo ai primariati da salvare; il piano di dimensionamento scolastico non è un atto amministrativo, ma una scelta politica impegnativa che deve guardare al futuro dei nostri paesi e delle nostre comunità. I provvedimenti sul federalismo, le norme varate lo scorso mese di luglio, con il famigerato Decreto legge n. 78/2010, hanno posto le premesse per far chiudere diversi comuni della regione. Ci stiamo prendendo in giro da soli: se non cambiamo le condizioni sul piano governativo questa regione rischia di scomparire nel breve volgere di qualche anno. Raccontare altre storie significa dire bugie alla gente e agli amministratori locali che, però, non sono privi di colpe. Gli Amministratori sono ancora in tempo per rivedere la programmazione regionale, dando il massimo sostegno alle iniziative locali consorziate per rilanciare le piccole attività artigianali, le attività commerciali, l’agricoltura di qualità. Da poco il Molise ha avuto il riconoscimento della Tintilia come vino Doc: intorno a questo riconoscimento si sarebbe già dovuto sviluppare un piano di marketing territoriale e una campagna di informazione e di investimenti molto forte per cercare di aumentare la produzione, preparando altri terreni alla coltivazione. E intorno alla Tintilia costruire il polo di attrazione della tipicità molisana turistica ed enogastronomica. Stupisce e meraviglia che non sia iniziato il percorso per il riconosci- fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo mento della DOP anche per la Pampanella. Ma siamo al punto di partenza: non c’è programmazione e non ci sono idee. Noi però non vogliamo assistere inermi all’agonia della Regione, per questo chiamiamo a raccolta tutti quelli che hanno voglia di impegnarsi e lavorare per il Molise del futuro. Ai segretari dei partiti di centrosinistra chiediamo di uscire dalle loro sacrestie e di guardare alla società civile. Ci sono tante persone, capaci e pulite, che potrebbero guidare la coalizione alle prossime elezioni regionali per una proposta politica alternativa a quella attuale. La società non ha bisogno di candidati che siano “contro” qualcuno, ma di persone che facciano proposte di governo diverse, molto coraggiose. Il nome circolato in questo periodo, quello di Paolo Di Laura Frattura è sicuramente positivo, ma la sola vicinanza a Roberto Ruta gli fa perdere tutta la credibilità che si è conquistata come presidente della Camera di Commercio. Il mondo dell’associazionismo e del volontariato invita a riflettere e a coinvolgere a qualsiasi titolo personaggi di spessore, non vincolati a tessere ma forti di idee, capaci di fare scelte, che hanno dimostrato di avere a cuore il bene comune quali Antonio Varrone, Leo Leone, Franco Novelli, Enrico Colavita, Rossella Ferro, Lucio Francario, la stessa Micaela Fanelli che ha commesso un gravissimo errore nell’accettare la candidatura alla presidenza della Provincia: i volponi avevano il solo scopo di offuscare un personaggio emergente.☺ [email protected] DONA IL TUO 5 x 1000 ALLA NARDACCHIONE la nostra Cooperativa impegnata da anni nei servizi alle persone. Fai la tua scelta….. INSERISCI LA P.IVA 00249590704 NELLA TUA DICHIARAZIONE DEI REDDITI 9 xx regione cerco risposte Gianni Mancino Il quotidiano La Repubblica del 5 maggio scorso ha riportato una dichiarazione del Presidente Napolitano, titolata: “Se non diventa affidabile la sinistra resterà all’opposizione”. Bersani c'è rimasto male: “Il mio Pd lavora già sodo per l’iniziativa”, ha risposto. Avrà il motore che gira a vuoto, mi verrebbe da dire. Collego gli autorevoli pareri con l’analisi fatta lo scorso numero de La Fonte, intitolata Voglia di perdere, sulla situazione di questa parte politica qui in Molise, un quadro nel quale si può ben dire che “il sonno della ragione genera mostri”. Vediamo cosa accade: sanità e aumento di tasse, ricostruzione postterremoto bloccata, aggressioni al territorio, con pale eoliche, centrali nucleari, perforazioni marine, inquinamenti di terreni e di acque e conseguenti tumori in Basso Molise. Non c’è da stare allegri! Chi è al potere non amministra, ma spadroneggia, come confermano anche le tante sentenze del Tar, che condannano le iniziative di chi “sgoverna”. Non si può non notare che i ricorsi amministrativi non sono partiti dall'opposizione in senso stretto, ma da iniziative di singoli, realizzati per far risaltare l'inerzia o l'assenza di questo centrosinistra, più che per convincimento politico. Perché tutto questo? La situazione non nasce per caso, quanto piuttosto dalla mancanza di spirito critico, e di contrapposizione di una forza all’altra. Mi sembra che quel che è venuto meno al centrosinistra è il faro della cultura, lo stare in mezzo alla gente, che, infatti, progressivamente, lo sta abbandonando. L’errore è stato quello di trascurare punti di riferimento validi, in nome di una finta modernità, in realtà miopi scelte di individualisti. Se, poi, questo modo di porsi ha portato al tracollo, che fanno? Finché c’è gente che li vota, resistono, sconfitta dopo sconfitta, come dimostra la vicenda della presunta candidatura del Presidente della Camera di Commercio. Sponsorizzano nomi a priori, fingendo svecchiamenti, ma è divenuto un abbraccio mortale, vista l’ecatombe elettorale a ripetizione. Non che il centrodestra sia diverso, sia ben chiaro, solo che li c’è il padrone unico. La domanda è: “In questa situazione, l’onesto elettore di centrosinistra, quello che rimpiange i Nenni, i Saragat, i Pertini, i Berlinguer, cosa deve fare?”. Secondo me l'unica è guardare altrove. Di Pietro, con la sua Italia dei Valori, ha dato solo una prima e troppo parziale risposta al bisogno di cambiamento; non ho visto una Via Marconi, 62/64 CAMPOBASSO 10 fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo innovazione profonda ed efficace, anche loro sono rimasti impigliati nella solita politica. Ci voleva più coraggio da parte loro, secondo me. Allora, cos'altro c’è di buono, anche qui da noi? Alcuni eventi, quali la lotta all’eolico selvaggio, e l’unione di forze civili che ne è conseguita, questa stessa testata, nella quale è possibile esprimere liberamente un pensiero, hanno fatto intravedere come ci siano valide e buone forze che ambiscono al bene comune, che non è problema di stare di qua o di là. Mi chiedo cosa impedisce a queste forze di costituirsi in un organico e continuato disegno, invece di limitarsi ad eventi sporadici! Tornando al “che fare”, l'unica voce fuori dal coro al momento porta il nome di Beppe Grillo e il suo movimento: piaccia o meno, lui e il suo movimento ci sono. Al suo nominare ho già visto mal di pancia, inorridimenti, storcersi di nasi, critiche violente, “l'antipolitica”. Come se ciò che sta producendo la “politica ufficiale” fosse buono! Cito questo nome in maniera volutamente provocatoria. Mi sembra finora non si sia per nulla parlato di lui, qui da noi. Ma arriverà, prima o poi: ha propri candidati a Vasto, per esempio. Se vogliamo continuare a mettere la polvere sotto il tappeto, prego, ci si può accomodare. Già il centrosinistra ha affermato di aver perso il Piemonte per “colpa” di questo personaggio, con un mero ragionamento aritmetico (la Bresso + i voti di Grillo = più voti di Cota), come se fosse assodato che quei voti appartengono di diritto al centrosinistra: anche fosse, ha fatto di tutto per perderli! E allora, chiedo, tolto lui, c’è qualcosa di “nuovo-buono” in giro? Roberto Saviano? Di politica lui non ne fa. Qualcuno mi risponda, per favore, gliene sarò grato. Facciamo in fretta però, intanto che s'aspetta un presunto rinnovamento del centrosinistra, la realtà incombe.☺ [email protected] legalità cancellata una legge vergognosa Per oltre un anno a Bonefro è stato esposto uno striscione con la scritta: io ospito i clandestini. E tu? Oggettivamente dava fastidio: ai filogovernativi, perché vi vedevano una contestazione del governo che aveva fatto approvare da un insulso parlamento un’aberrante legge nota come pacchetto sicurezza; agli amanti del diritto, perché era un invito alla disobbedienza civile; naturalmente a tutti quelli che ripongono ancora fiducia nel presidente della Repubblica, perché contestava, neppure troppo velatamente, la sua facilità di firma su tutto ciò che il governo gli pone sulla scrivania; dava fastidio addirittura anche a quelli che Giovane, brava, scaltra e snella il prezzo giusto è la Fanelli. A chi ammicca, con chi parla e a chi sente è candidata da pessima gente Con Pallante amore a prima vista ma da Di Pietro si mette in pista. Il Terzo Polo o l’Italia dei Valori per lei son tutte rose e fiori. Fini ci crede, i centristi sono pronti ecco che parte per altri fronti. Tonino intuisce e non la inserisce ecco il Fortore che la favorisce. Tutti per uno, uno per tutti coi sindaci naviga tra i tumulti. Veltroni invia un Principe romano per riverirla col baciamano. E questi unisce il Gal, i Modem e Bruno ma gira gira non c’è nessuno. Si autoconvoca con Astore il suo vecchio primo amore. Compagni lottiamo per le primarie ma capisce che non è aria. Sfoglia sfoglia la margherita e prende la bacchetta tra le dita. Spinta dai comuni per Palazzo Magno l’avevano voluto e esposto in bell’evidenza perché è triste dover mettere in piazza una certezza così scontata quale il diritto inalienabile di ogni persona ad esistere ed essere visibile senza che ciò sia un reato. Finalmente a fine aprile la corte di giustizia europea ha reso giustizia a tutti dichiarando che il reato di clandestinità, inventato dalla Lega, non ha nessun fondamento giuridico e dunque non esiste. Anche se tardi - ci saremmo attesi, in verità, le barricate quando entrò in vigore ai primi di luglio del 2009 - il Vaticano ha così commentato, attraverso il presidente del pontificio consiglio per i migranti: la sentenza “dimostra attenzione alla persona umana anche quando si trova in una situazione irregolare. Questa attenzione alla persona è alla base della sollecitudine pastorale della chiesa e della sua dottrina sociale”. Una domanda: chi era nella legalità? Finalmente si è fatto chiarezza su una legge vergognosa che aveva contribuito unicamente al sovraffollamento carcerario. Ora tutti devono sapere che l’irregolare è una persona, non un criminale.☺ ode alla presidente (mancata) già si prepara al grande bagno. Ecco improvviso una telefonata e il lesto Roberto se l’è giuocata. Mi immolo, mi batto e con voi lotto e lascia Pallante tutto di botto. Il cuore mi chiama ed è sempre rosso ma Leva svelto la butta nel fosso. La giostra si avvia tra monti e vallate e lei si prepara alle scalate. Gongola e strepita sorridente e già attrezza la sua corrente. La scuola è buona e di prima mano di quel mastro Vitagliano. Sinistra o destra scegli che vuoi tanto non sono affari suoi. La politica è un arte, da recitare a soggetto che serve solo a salir sul tetto. Il Governatore guarda sornione e pregusta la vincita da vecchio volpone. fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo La partita è truccata lo sanno anche i sassi e Micaela si rompe le ossa. Paga pedaggio per entrare in pista ma cova vendetta bRuta e trista. Con Massimo sagace e perspicace si avvia una fase di lotta senza pace. Giovani, giovanotti e signorine meneranno fendenti con tanto teatrino. Via i vecchi politicanti che son tutti dei questuanti è giunta l’ora dei briganti. Ma in quel di Riccia c’è aria funesta per l’incredibile batosta. Sarà astuta, brillante e pure eloquente ma non ha convinto la sua gente. Che vuoi che sia, o la tua o la mia e pure l’astuzia smarrisce la via. Il Guappo 11 libera molise difendere la democrazia Franco Novelli Ci chiediamo spesso che significhi “Legalità” e cosa implichi per un cittadino rispettare le indicazioni sulla legalità. La “legalità” è osservare le norme e rimanere nel loro ambito. Si dice che la violenza non è consentita, nessuno arbitrariamente deve ricorrere ad essa; si sostiene che non si può rubare né usare violenza su chicchessia; ciò viene affermato non certo per prescrivere un limite alla propria personale libertà ma per consentire l’operatività di uno strumento al quale ciascuno di noi deve guardare con interesse, impegnandosi a metterlo in pratica. La legge non viene proposta perché un gruppo tenda a controllare altri gruppi, ma perché essa risulti utile e necessaria per una condivisa convivenza civile. In una comunità la legge è necessaria e deve essere considerata un vincolo, un imperativo categorico necessario per il bene e l’utilità di tutti. E ciò anche quando una norma potrebbe confliggere con i convincimenti personali. Una collettività, piccola o grande, si dà una regola condivisa, la applica necessariamente per il vantaggio di tutti. Una società social-comunista o liberalborghese assume la legge come limite e controllo dei comportamenti individuali, collettivi e di classe. Ci deve essere chi emana la legge (il Parlamento) e chi la fa rispettare (la Magistratura) e ciò deve applicarsi in ogni tipo di società civile. La “legalità” è il rispetto della legge; al contrario, l’“illegalità” comporta che il sistema delle leggi viene trascurato da singoli individui (l’omicida; il ladro; il corruttore e il corrotto; etc.) o da gruppi legati da interessi speculativi, illegali e di conseguenza malavitosi; infine, dal ceto sociale, abbiente e borghese, che intende imporre un regime totalitario, non democratico (per esempio, attraverso il controllo feroce dei mezzi di comunicazione o il ricatto immorale ed immotivato a danno dei lavoratori che lottano per la propria dignità di uomini o per la difesa dei diritti sindacali acquisiti in lunghi anni di lotta politica e civile). Gli strumenti di tale deriva di illegalità sono il danaro, e, di conseguenza, la corruzione posta a modello esemplare di comportamento leci- 12 to. In questo caso, sia in uno stato socialcomunista che in uno liberal-borghese, l’illegalità è uguale e contrasta con i legittimi interessi popolari, l’eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge e la punibilità di tutti i rei. Guantanamo, ad esempio, il gulag sovietico siberiano, il conflitto armato nei paesi del Vicino o del Medio Oriente (Palestina - Libano - Iraq - Afganistan) sono tutti illegittimi e illegali, espressione di una forma di prepotenza del potere finanziario e politico sulle fasce popolari e su quelle medio-borghesi. Ancora: il processo 7 Aprile, anni fa, è risultato abnorme e alla lunga illegittimo nonché violento nei confronti di un lungo elenco di persone innocenti e delle loro famiglie fragili ed indifese; il contratto metalmeccanico nazionale del lavoro sospeso sostanzialmente da Confindustria esprime tutto il disagio sociale e i pericoli di deriva democratica ai quali si sta andando incontro in Italia, a causa della crisi economica e dei ricatti indigesti del ceto imprenditoriale. Il comportamento di Confindustria, i cui soci applaudono il dirigente tedesco della Thyssen Krupp condannato a 16 anni di reclusione per la morte dei 6 operai a Torino, è preoccupante, irriguardoso, volgare, offensivo della memoria dei deceduti sul lavoro; i ricatti del dirigente Fiat Marchionne sono pretestuosi, arroganti e frutto di irrisione degli accordi contrattuali che le leggi dello stato debbono tutelare, così come viene richiesto. È fuori di ogni logica giuridica la legge che il governo nazionale ha emanato lo scorso anno e per la quale la clandestinità è perseguita come reato penale: logica razzista e xenofoba per eccellenza! Tutte queste forme di “illegalità” sono certamente la manifestazione della tensione “ad delendum” di un potere coercitivo e antidemocratico. Quindi, la legge è “imperium”, obbligo, vincolo per imporre la convivenza socialmente pacifica, il rispetto e la cultura della solidarietà e della condivisione, forme strumentali di una democrazia adulta e funzionante. L’obbligatorietà dell’ottemperanza fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo alla legge per il cittadino qualunque o per una comunità nazionale è fondamentale, se si vuole la pace. Immanuel Kant sostiene che la legge è sì coercitiva ma porta alla cessazione di ogni forma di contrasti violenti e armati. Ci vuole la legge, ma perché essa sia democratica e rispettosa di tutti e di tutte le classi sociali, è assolutamente necessario che i cittadini si attivino per la sua applicazione universalistica, come lo spirito delle norme quando si asserisce che la legge è uguale per tutti. La definizione oggettivamente più completa di “legalità” è quella che alimenta la partecipazione democratica dei cittadini e delle classi sociali alle vicende del proprio Paese. Ora anche noi italiani abbiamo il “libretto rosso” (come le guardie della Rivoluzione maoista cinese degli Anni Sessanta del XX secolo): è, senza infingimenti, la nostra Carta Costituzionale. La rivoluzione, che oggi dobbiamo realizzare, è la minuta ed attenta applicazione delle norme della Costituzione, sulla quale i Padri hanno scritto parole e concetti “titanici” (soprattutto per i tempi che corrono!). Siamo in una fase storico-sociale in cui è necessario fare quadrato attorno alla Costituzione e ai suoi “leggendari” articoli, per non lasciarcela strappare dai ceti ricchi o da qualche cialtrone che, come l’imbianchino tedesco, è disposto a distruggere la nostra democrazia, disprezzando quotidianamente quanti esprimono un giudizio o un pensiero alternativi al quadro politico attuale. Difendere la democrazia, come pure il diritto legittimo e costituzionale al lavoro, forma essenziale per esprimere la propria personalità e per non vivere da schiavi, contrastare le ingiustizie sociali oggi e i peregrini e volgari affondi contro la Costituzione è come fare la rivoluzione. Partecipare in prima persona alla dinamica delle vicende del paese è questa la definizione più precisa e coerente che si possa indicare della “legalità”. ☺ [email protected] sabbiature città d’agrigento, l'ospedale con le pareti di sabbia. il direttore sanitario: "è un toccasana per i re u m a t i s m i " . realtà locali Mentre la destra molisana è in tripudio per il completamento della filiera che vede nelle sue grinfie la regione, le città e ora le province, anche alcuni figuri che si ostinano a rimanere nel centrosinistra, fino al totale azzeramento, cantano vittoria. Roberto Ruta e i suoi accoliti, infatti, hanno servito un altro favore a Miche Iorio, che non riuscirà ricompensarli mai abbastanza, e la sinistra, sempre più autolesionista, anziché fare una buona volta pulizia, cacciandoli a pedate e inibendo loro anche solo di avvicinarsi alle sedi, già progetta con i sinistrati come riperdere alle prossime elezioni regionali. Inizierà così il secondo ciclo di sconfitte con un responsabile certo, anche se non unico. Solo il geometra di Casacalenda, al di là delle apparenze, non sa più a quale santo affidare il suo futuro politico. Finora, legato a sant’Onofrio, era riuscito a mantenersi sempre a galla (nessun riferimento, per carità, al materiale organico) saltando come la quaglia (non se la prenda la Lipu per l’accostamento) da un partito all’altro senza il benché minimo scrupolo di schieramento. Lo guidava una sola certezza: mai la seconda volta con la stessa casacca; della serie: spremuto un limone bisogna cercarne un altro. E c’è da dargli atto che almeno questi progetti gli sono andati a gonfie vele. Sugli altri prima o poi indagherà la magistratura. Da quando, infaustamente, il parroco di Casacalenda l’ha vincolato a padre Pio, facendogli inaugurare un centro a lui dedicato, sono iniziati anche gli infortuni. Sarà una casualità, ma il detto popolare non viene smentito: scherza con i fanti, ma lascia stare i santi. Se cambiare padrone gli ha sempre portato bene, cambiare protettore sembrerebbe proprio di no. Il giardiniere, a cui ha affidato il paese, pensando che fosse il suo orto, sta saccheg- il geometra di casacalenda Antonio Di Lalla - Domenico D’Adamo dalla polizia postale. Pensava di cavalcarlo, ma quando un ronzino mena calci a destra e a manca rischia di disarcionare anche l’improvvisato cavallerizzo. Perché un fatto è certo, la gente, e non solo quella per bene, non ne può più. D’altronde quando si scommette su un brocco per apparire migliore che cosa ci si può attendere? Che cosa ti progetta, allora, il geometra per le elezioni provinciali e controllare se è ancora il più leccato del reame? Fa indossare la sua attuale casacca a un suo fido per vedere di nascosto l’effetto che fa, come cantava Jannacci. No, tu no, è stato il responso per niente soddisfacente delle urne. E ora va alla ricerca di chi gli spieghi se ce l’avevano con lui o con la sua controfigura. Troverà chi gli presta un’altra livrea per novembre o, per la prima volta, Grazie a dei buontemponi rinasce la crea- sfidando l’ira dei santi antagonisti, si ripresenterà con lo stesso simbolo e la stessa tività a Casacalenda e l’amministrazione comunale finalmente faccia? Ma soprattutto chi si nasconde dentro il vestito del geometra di Casacalenha un degno monumento. da? Sul prossimo numero si inizierà a svelare l’arcano. ☺ giando tutto il raccolto tanto che pare gli finanzi i viaggi in Canada pur di tenerlo lontano il più possibile. Già condannato, ora ci manca solo che venga iscritto nel registro degli indagati. Che era spregiudicato lo sapeva da quando circolava il sito “sticazzi.it” attenzionato anche CAMPOBASSO fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo 13 cultura musica d’autore Olga Sanese Dalla zampogna alla musica classica, passando per Paolo Fresu: intervista al musicologo molisano Mario Evangelista “Non ricordo bene quale sia stato il mio primo incontro con la musica. Perchè in realtà è questa la variabile (molto stabile!) che da sempre accompagna la mia esistenza”. Inizia così il racconto del musicologo Mario Evangelista, classe ’84, insegnante di chitarra e critico musicale, nato e cresciuto a Campobasso ma che ora vive a Firenze. Com’è iniziata la tua “carriera” musicale? A dodici anni cominciai a giocare con la chitarra, senza sapere cosa fosse. Da lì in poi è stata un’escalation di passione. Nell’adolescenza sono passato all’elettrica e durante il liceo scientifico (fatto per me - di classici latini, storia e filosofia più che di matematica e fisica) facevo dei mini tour tra Isernia e Campobasso che raggiungevano proporzioni woodstockiane (pubblico escluso). Ma il grande passo avanti l’hai fatto quando hai deciso di fare di questo hobby una scelta di vita… Sì, scegliendo di studiare Musicologia all’Università Firenze, dove ho 14 incontrato finalmente la musica classica, soprattutto l’espressionismo tedesco, la Seconda scuola di Vienna e poi le avanguardie post weberniane. La prima cosa che ho portato da Campobasso all’Università è stata la mia chitarra e l’amplificatore, talmente grande da poter essere utilizzato come comodino-libreria. Il ricordo più bello dell’Università sono le lezioni di Armonia del prof. Franco Piperno: in due ore potevamo parlare di tutto, dagli intrecci polifonici di Josquin De Prez alla psichedelia di Aoxomoxoa dei Grateful Dead, fino ai recenti Coldplay (allora era appena uscito il singolo Yellow). Nel frattempo, facendo il pendolare, ho preso lezioni private di chitarra a Roma e poi a Milano con Bebo Ferra, chitarrista del Devil Quartet di Paolo Fresu. E come te la cavi con la musica molisana? Nel 2005 ho deciso di acquistare la mia prima zampogna e di approfondire la musica della mia terra. Da allora tutti i miei amici sanno che ogni Pasquetta o Ferragosto dovranno sopportare un saltarello o una pastorale fuori stagione… Dopo tanto studio, sei riuscito ad inserirti nel mercato della musica? fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo Oggi cerco di campare insegnando chitarra privatamente, suonando in giro, scrivendo di musica su riviste specializzate sia di etnomusicologia che di jazz… sperando così di arrivare alla pensione minima di mia nonna! La parte più bella dell’insegnamento è lo scambio reciproco tra allievo e docente, in cui l’esperienza didattica si può trasformare in esperienza di vita. È sconcertante come insegnare sia in realtà una forma insospettabile di studio. Al momento, poi, sto correggendo le bozze di un mio libro sul compositore Sylvano Bussotti che è già atteso da una casa editrice toscana. L’elaborato in realtà è la mia tesi di laurea specialistica. Prima o poi tornerai in Molise? Ogni giorno penso ad un mio ritorno in patria e sempre di più ciò mi sembra una follia. Torno sempre volentieri nella mia Terra, le sono affezionato, mi manca quando sono via e, quando cerco tranquillità, penso ai suoi luoghi incontaminati ed alla semplicità delle persone. Purtroppo però credo che i tempi non siano ancora maturi per poter essere musicista e musicologo in regione. Il Molise è un posto eccezionale, il luogo ideale dove nascere e crescere fino alla maturità... ma poi? Spero che vengano tempi migliori in cui cervelli e talenti molisani facciano ritorno nella nostra terra. ☺ [email protected] cultura Un terremoto il movimento avversativo de “L’infinito” di Leopardi: di fronte una siepe che impedisce allo sguardo la visione dell’orizzonte più lontano, “Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovraumani silenzi, e profondissima quiete”; quindi, forza dell’ossimoro, il dolce naufragare del poeta nel mare illimitato del pensiero e delle sue concezioni fantastiche. Chiave di volta dalle strettezze del reale alla sconfinata vastità dell’oltre ideale, il verbo fingere: come Leopardi nessuno ha esaltato l’immaginativa, facoltà unicamente umana, riscatto e salvezza dall’angustia dell’immanente e volano verso un trascendente cui tutti ambiscono, quand’anche neghino. È il quid della poesia tradurre la materialità, fin la più greve e onusta, in un pulviscolo aereo che si libra lieve, per tornare al peso originario dopo averlo deriso con volute ispirate e rivelatrici: perciò sono poetici la Loreto impagliata e il busto di Alfieri e le povere cose di pessimo, de “L’Amica di Nonna Speranza”, e poetici sono i minimi atti, i poveri strumenti umani avvinti alla catena della necessità di cui scrive Vittorio Sereni. Terra della poesia, della tensione all’infinito e della nostalgia, sorta di infinità retroversa, sarebbe - per me è - il Molise. Il Molise, lande desolate e silenzio che dura chilometri, interrotto solo da un frusciare di foglie o un cinguettio d’uccelli; il Molise del vento libero di ondeggiare; il Molise così aspro e selvaggio e straordinariamente naturale, monotono mai, maestà di monti e declivi sinuosi, coltivati a frutta e grano, più spesso coperti di boscaglia e faggeti o querceti; il Molise con le sue chiese romaniche, torri di guardia numerose e discrete, di una bellezza semplice e in tanto disarmante; il Molise di pietre muffite e vecchie imposte che affacciano su antri bui: anche nella contemplazione di quegli spiragli di un passato lontano l’immaginazione si dilata. Il Molise dell’infinito: chissà, potrebbe essere questa la tanto decantata vocazione turistica della nostra regione, lungi dall’informe aggregato di ipermercati, dalla cementificazione a grappolo, dalla posa manieristica e snaturante di l’infinito nel molise Luciana Zingaro prati all’inglese e recinti da fields. Lo cerco ogni giorno l’infinito nel Molise, mentre cammino specie; di volta in volta ne trovo un pezzetto, l’essenziale per sollevare lo spirito; in occasioni speciali, poi, la ricerca si rivela più fruttuosa. Così mi è capitato di recente, in coincidenza di due eventi disparati: lo spettacolo dei falò accesi in onore di San Giorgio nel paese paterno, Mirabello Sannitico, e la visita alla chiesa rupestre di Santa Maria delle Grotte a Rocchetta al Volturno, in provincia di Isernia. A Mirabello, la festa per San Giorgio, patrono del paese, si protrae per una settimana ed è incorniciata dal rito dei falò, accesi una prima volta la sera del giorno sedici di aprile, una seconda volta la sera della vigilia della festa vera e propria, il ventidue aprile. I falò, detti laure, pire composte da ramoscelli d’ulivo o stecchi e arbusti secchi, vengono allestiti spontaneamente dai mirabellesi nel paese, nelle campagne circostanti e, in numero di tredici, lungo la strada che conduce alla chiesa intitolata al santo patrono, la badìa di San Giorgio, situata su di un colle di fronte al paese. Stando all’interpretazione fornitane dall’antropologo Mauro Gioielli, le laure avrebbero assolto in origine ad una triplice funzione di purificazione, propiziazione, tutela; di fatto i mirabellesi di ora vivono il rito dei fuochi come un’opportunità di condivisione e gioia tra amici e parenti, e come momento di raccoglimento e riflessione fomentati dal calore del fuoco. Quest’anno le laure le ho viste da Ferrazzano, da un paio di chilometri di distanza in linea d’aria e dall’alto, quindi: le luci dei fuochi a puntellare il paese sottostante e le sue contrade mi hanno lasciato dentro il sapore buono della tradizione devota e della speranza; nel silenzio buio di Ferrazzano, al solito fresco e ventilato, quel bagliore vivo e morbido mi ha immerso nel magico incanto fuori dal tempo che è per me l’infinito. Stesso trasporto durante la visita alla chiesa rupestre di Santa Maria delle fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo Grotte, a Rocchetta al Volturno, questa volta in diurno e in compagnia di un gruppo nutrito di amici e conoscenti, tutti guidati dall’architetto Franco Valente, eccezionale conoscitore e divulgatore della cultura archeologica e artistica del Molise. Santa Maria delle Grotte è tra le meraviglie misconosciute della nostra regione: addossata ad una parete di roccia, non visibile dalla strada e raggiungibile solo tramite una rampa di scale intagliate nel terriccio, la chiesa, di origine benedettina, emerge all’improvviso da uno sfolgorio di verde vario coi suoi blocchi robusti di travertino lievemente rosato, ed è in quel luogo tanto ben inserita, accoccolata tra rupi e bosco, che, dopo la prima sorpresa, pare quasi ovvio debba trovarvisi, come nel suo habitat naturale. La sovrapposizione di stili che caratterizza la chiesa, tanto per quel che riguarda l‘aspetto architettonico-strutturale quanto per quel che riguarda il profilo iconico e pittorico, da una parte conferma la lunga presenza e il funzionamento plurisecolare di Santa Maria delle Grotte, dall’altra rende problematici la ricostruzione della storia del monumento ed il riconoscimento delle varie sue fasi di ampliamento e ristrutturazione. Lo ha ben sottolineato la nostra guida, nel mentre che ci esponeva tutto lo scibile intorno alla chiesa. Io, rapita da tanta bellezza, sono stata felice di sapere, ma anche di sapere di non poter sapere oltre: poco importa l’esatta cognizione della realtà quando cerchi l’evasione della fantasia e ne segui lo slancio libertario; allora l’incompiuto, la frattura non rimediabile, il punto di oscurità sono anzi più funzionali. Sempre Leopardi, nello Zibaldone, sosteneva che il poetico, in uno o in altro modo, si trova sempre consistere nel lontano, nell’indefinito, nel vago: per quel che vale, ha tutto il mio appoggio. A presto. ☺ [email protected] 15 arte chiesa dell’assunta in ripalimosani Gaetano Jacobucci La parrocchiale della Beata Vergine Assunta in Cielo è una ulteriore testimonianza del barocco molisano. Situata nel centro dell’antico abitato nei pressi del castello, alla sommità di una gradinata costruita su tre profondi archi a tutto sesto, conferisce alla stessa uno spettacolare e suggestivo aspetto scenografico. L’origine medievale della costruzione è stata cancellata dai terremoti succedutisi in più eventi, fino al rovinoso sisma del 1805, che provocò danni in seguito ai quali dovette subire interventi di restauro e consolidamento. L’assetto progettuale del XVIII secolo fu realizzato dall’ architetto Nunzio Margiotta di Pescopennataro, la cui formazione artistica risente dell’influenza partenopea; nel 1770 aveva curato la ricostruzione della Parrocchiale di S. Martino Vescovo di Campodipietra. Le due chiese presentano molte analogie. La facciata è tripartita da paraste e presenta un susseguirsi di andamenti curvilinei. Balza alla vista il virtuosismo della ricerca dei particolari decorativi. Il portale centrale, sormontato da un archivolto e dallo stemma del Comune di Ripalimosani, è ricco di elementi ornamentali. Sul lato sinistro della chiesa s’innalza la torre campanaria formata da quattro piani divisi da trabeazioni e da cornici mistilinee, mentre la cella campanaria, costruita negli anni ottanta del XIX secolo, presenta una struttura a pilastri a fasce verdi e gialle e cupola maiolicata. L’interno La pianta della Chiesa è a tre navate. Nella navata destra si scorge l’altare dell’Epifania in marmi policromi con decorazione di allegorie e motivi liturgici, sormontato da un dipinto di scuola napoletana con l’Adorazione dei Magi. Gli altari della 16 Madonna del Rosario e del Sacro Cuore, ricchi di ornati settecenteschi, testimoniano il gusto della bellezza e l’eleganza dei fregi. Il pulpito in legno intagliato, sul secondo pilastro sinistro della navata centrale, con motivi floreali e drappi; un’aquila bicipite dalle ali aperte, recante sul petto lo stemma comunale. I confessionali e il coro sono di pregevole fattura d’ intaglio, così anche l’organo settecentesco ricco di decorazioni con puttini che fanno squillare le trombe. La Sindone Una copia della Sacra Sindone è conservata nella parrocchiale, dono del Duca Carlo Emanuele I di Savoia a Giulio Cesare Riccardo, Arcivescovo di Bari; questi, a sua volta, la donò al fratello Fabio, feudatario di Ripalimosani. Successivamente il duca Ottavio il 7 settembre 1807 fece dono alla parrocchiale di Ripalimosani perché fosse venerata dai fedeli. Il prezioso manufatto fu esposto per la prima volta il 7 maggio 1899. La Sindone di Ripalimosani è la terza copia: la prima, donata alla Santa Sede, è conservata nella cappella del Guarini nel Duomo di Torino. La cappella è posta nella parte absidale del duomo a contatto con il Palazzo Reale. Sul corpo cilindrico il Guarini innestò tre pennacchi che reggono il tamburo dove sei finestroni si alternano a nicchie convesse. Di grande originalità il coronamento a pagoda della cupola ottenuta dalla progressiva diminuzione degli elementi concentrici utilizzati. Recentemente la costruzione è stata pesantemente danneggiata da un incendio e la teca miracolosamente salvata. La seconda copia fu eseguita al tempo di Carlo V nel 1538 e la copia di Ripalimosani, la terza, intorno al 1542 (cfr. C. Carano Chiese del Molise,2004).☺ [email protected] fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo Nel 1874, De Amicis si lascia andare ad una severissima autocritica, che sembra preannunciare con singolare lucidità molti dei difetti tradizionalmente imputati alla sua opera più famosa: “Un manzonismo annacquato, senza coraggiose affermazioni; [...] un tirar sempre al cuore a tradimento, quando si dovrebbe tirare alla testa”. Interessante soprattutto questa contrapposizione tra cuore e testa: il primo luogo degli affetti più facili e immediati, contrapposto ad una razionalità rigorosa e impegnata a comprendere e interagire in modo responsabile con il mondo. Eppure, singolarmente, dodici anni dopo queste dichiarazioni tanto severe, sarà proprio su questa medesima contrapposizione che De Amicis costruirà Cuore, e fin dal titolo si evince chiaramente quale delle due parti prenda il sopravvento. E non si può certo dire che il successo di Cuore fosse un risultato inaspettato: giornalista esperto, accorto conoscitore dei meccanismi sottesi alla realtà sociale del suo tempo, De Amicis era del tutto consapevole della funzione che il suo libro avrebbe avuto. L’autore sa che, a venticinque anni dalla nascita del Regno d’Italia (il romanzo di De Amicis risale infatti al 1886), un’impresa di unificazione nazionale attraverso un’opera letteraria, con la ricerca di un linguaggio accessibile a tutti e di un sistema di valori comune, facilmente assimilabile ma nello stesso tempo in grado di farsi carico di quella carica ideale necessaria al costituirsi di una nuova nazione, sarebbe stata un’operazione vincente. Un’operazione che, con il suo esito straordinariamente positivo, potrebbe essere paragonata al ruolo avuto dalla televisione nell’Italia del secondo dopoguerra. Ma al di là dello sviluppo narrativo (un romanzo sotto forma di diario, interrotto da lettere dei genitori o delle sorelle, nove racconti dettati dal maestro men- il calabrone cuore batti-cuore Loredana Alberti Sì, caro Enrico, lo studio ti è duro, come ti dice tua madre, non ti vedo ancora andare alla scuola con quell'animo risoluto e con quel viso ridente, ch'io vorrei. Tu fai ancora il restìo. Ma senti: pensa un po' che misera, spregevole cosa sarebbe la tua giornata se tu non andassi a scuola! A mani giunte, a capo a una settimana, domanderesti di ritornarci, roso dalla noia e dalla vergogna, stomacato dei tuoi trastulli e della tua esistenza. Tutti, tutti studiano. La piccola vedetta lombarda. Racsilmente ad edificazione della scolaresca), tutto vive in superficie, i piccoli protagonisti rimangono statici e perennemente uguali a se stessi, al ruolo particolare che a ciascuno di essi è stato affidato. Enrico, quieto eroe della medietas borghese; Garrone, incarnazione della bontà semplice e sincera del popolo; Franti, il reietto, il peccatore, che solo l’altrui generosità potrà salvare; si muovono in un teatrino di piccoli modelli di vita, incarnano l’ideologia e i valori della borghesia umbertina. È facile sottolineare i limiti e le ingenuità ideologiche che segnano quest’opera: come si è visto, lo stesso De Amicis ne era consapevole e, d’altronde, egli diede prova altrove di ben altre doti letterarie: si pensi ai suoi numerosi reportage di viaggi, o a uno scritto come Sull’oceano (1899), forte denuncia delle terribili condizioni di vita degli emigranti, che testimonia chiaramente le convinzioni socialiste maturate dallo scrittore. A ben guardare, anche il registro patetico sentimentale adottato in Cuore nasceva dalla volontà di agire sulla realtà, di cambiarla in meglio: anche se l’assunto di partenza era che il popolo semplice poteva lavorare solo di sentimento, e non di intelletto. Come Perboni alla sua scolaresca il primo giorno di scuola, così pure De Amicis pareva esortare i lettori: “Mostratemi che siete ragazzi di cuore”. Quindi, parlare male di Cuore di Edmondo De Amicis è fin troppo facile: alcuni esempi? La scuola 28, venerdì conto mensile 26, sabato Dare la vita per il proprio paese, come il ragazzo lombardo, è una grande virtù, ma tu non trascurare le virtù piccole, figliuolo. Questa mattina, camminando davanti a me quando tornavamo dalla scuola, passasti accanto a una povera, che teneva fra le ginocchia un bambino stentato e smorto, e che ti domandò l'elemosina. Tu la guardasti e non le desti nulla, e pure ci avevi dei soldi in tasca. Senti, figliuolo. Non abituarti a passare indifferente davanti alla miseria che tende la mano, e tanto meno davanti a una madre che chiede un soldo per il suo bambino. Pensa che forse quel bambino aveva fame! pensa allo strazio di quella povera donna. Il piccolo scrivano fiorentino. Racconto mensile. Gratitudine 31, sabato Il tuo compagno Stardi non si lamenta mai del suo maestro, ne son certo. Il maestro era di fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo malumore, era impaziente; - tu lo dici in tono di risentimento. Pensa un po' quante volte fai degli atti d'impazienza tu, e con chi? con tuo padre e con tua madre, coi quali la tua impazienza è un delitto. Ha ben ragione il tuo maestro di essere qualche volta impaziente! E se ci tornasse qualche dubbio sull’operazione de amicisiana e sulla fin troppo nota rivalsa di “diario minimo” di Eco con il suo elogio sui “franti” darei da regista innamorata del neo realismo rosselliniano (e non solo) tre fotogrammi: 1) da “Roma città aperta” dove Anna Magnani viene uccisa davanti al figlio; 2) da “ladri di biciclette” di De Sica dove il bambino salva il padre maltrattato dopo il furto della bicicletta; e soprattutto 3) da Germania anno zero dove il volto drammatico, reale e quasi snaturato del piccolo protagonista che dell’angoscia vera, senza cuore in mano, prima di compiere il tragico volo, si guarda intorno con sperduto male di vivere. Vi prego parliamo ricordandoci delle lezioni di questi maestri, di quei bambini di ieri che anche oggi si sporgono ai davanzali delle nostre menti senza stereotipi di sorta, con un male di vivere che ci impone non la melassa a tradimento del libro Cuore che ci ha fatto piangere e sentire colpevoli ma la contrattazione cuore-testa che il libro Cuore non ha. ☺ [email protected] 17 did@mondo la ricchezza della diversità In questa rubrica - dedicata ai temi della scuola e dell’educazione, con un occhio speciale rivolto ai diritti umani e alla mondialità - dalla quale spesso ci piace lanciare qualche proposta didattica interessante e, talvolta, innovativa nei contenuti e nei metodi, ospitiamo oggi un’esperienza svoltasi nel corso dell’anno scolastico che sta per chiudersi: la classe coinvolta è stata la 3E della scuola secondaria di I grado dell’Istituto Comprensivo “G. Pallotta” di Bojano (CB) e il tema prescelto è stato proprio quello dei diritti umani, con particolare attenzione all’universo della malattia e della disabilità. Lasciamo parlare, dunque, direttamente Angela e Samira, a nome di tutti i compagni che, con loro due, hanno condiviso quest’anno un cammino formativo importante, alla scoperta di atteggiamenti pericolosi come il pregiudizio, ma anche alla conquista di una consapevolezza nuova: quella che la diversità, anziché essere un problema o una minaccia, è una risorsa che ci fa tutti più ricchi. Il tema dei diritti umani è uno dei più complessi della società contemporanea e la scuola è, per noi ragazzi, un grande aiuto per comprenderne i diversi aspetti, rifletterci su ed essere ben informati. Proprio per questo motivo, con la nostra classe, durante le ore di italiano, abbiamo realizzato quest’anno un progetto riguardante questa delicata tematica. Partendo dalla lettura guidata della DUDU (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani - 1948), esaminata anche attraverso un filmato, ci siamo occupati dei diritti di numerose categorie di persone, entrando nel concreto di situazioni molto diverse e problematiche: gli immigrati, i detenuti, le donne, i bambini, i senza fissa dimora (che noi abbiamo sempre chiamato “barboni”), i lavoratori, i malati, eccetera, toccando così anche numerosi problemi di stretta attualità: i respingimenti in Libia e la legislazione italiana sull’immigrazione (con l’aiuto degli operatori della sezione di Campobasso di Amnesty International), il caso Mirafiori, i genocidi 18 classici e moderni (come quello dei Tutsi in Rwanda), i Premi Nobel per la pace (come quello proposto, nel 2011, per le donne africane), l’eutanasia. I metodi utilizzati sono stati molto vari: dal libro di testo (la nostra antologia, infatti, conteneva una sezione ricchissima dedicata ai diritti umani e ci ha fornito il filo del discorso), ad alcuni film (“Si può fare” di Giulio Manfredonia e “Iqbal” di Cinzia Torrini), dall’incontro con alcuni esperti (gli operatori di Amnesty, appunto, ma anche quelli dell’Associazione Italiana Persone Down), al commento di alcune notizie di cronaca o di alcuni brani di approfondimento. Il momento che, tuttavia, ci ha coinvolto di più è stato quello in cui abbiamo approfondito i diritti dei disabili e il cosiddetto “disagio psichico”, che colpisce persone vittime di problemi mentali di diversa origine e di diversa gravità. In classe, con i nostri compagni, abbiamo dunque letto vari brani sulle problematiche dei disabili, riflettendo molto e confrontando le varie opinioni di tutti. Grazie ad un paio di esperienze, poi, abbiamo avuto la possibilità di immergerci nella realtà di queste persone, tentando di andare oltre le apparenze e i pregiudizi, per comprendere quale fosse realmente la loro vita quotidiana. Siamo andati, dunque, a Campobasso, presso un centro diurno per persone affette dalla sindrome di Down, chiamato “Casa Nostra”, e presso la Cooperativa “Laboratorio Aperto”, che fa lavorare persone che soffrono di disagio psichico, dando loro l’opportunità di realizzarsi e di essere economicamente indipendenti. “Casa Nostra” ospita, dalla matti- fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo na alle prime ore del pomeriggio, dei ragazzi colpiti dalla sindrome di Down: essi vivono lì dentro una vita assolutamente “normale”, scrivono, dipingono, provvedono alla spesa e alla pulizia del centro, ascoltano la musica e giocano al karaoke, ballano, ma soprattutto ed è la cosa che ci ha colpito di più - riescono a cucinare. Ultimamente stanno anche cominciando a pernottare lì nel weekend, dopo aver passato il sabato sera insieme: in pizzeria, in discoteca, dove vogliono. In ogni azione sono accompagnati dagli operatori, pazientemente coordinati dalla signora Patrizia che ci ha accolti, ma nessuno li sostituisce nelle cose da fare. La casa è tutta decorata da loro, che hanno scelto colori vivaci per arredarla ed è molto accogliente. Dopo aver visitato “Casa Nostra”, ci siamo spostati presso la cooperativa “Laboratorio Aperto”: qui, il presidente Antonio Barrea ci ha mostrato come questi ragazzi abbiano la capacità di realizzare quadri, piccoli gioielli e oggetti d’artigianato, creando delle vere e proprie opere d’arte: lavorare, ci ha spiegato, li aiuta a recuperare la fiducia e l’autostima, e a diminuire le dosi di farmaci e i ricoveri. È il sistema che suggeriva lo psichiatra Franco Basaglia all’inizio degli anni ’80, quando la legge 180 appena approvata e a lui intitolata - chiuse i manicomi per far posto proprio a questo tipo di cooperative che valorizzano il malato e lo “curano” senza farmaci, ma con la dignità del lavoro. Non pensavamo che questo tipo di persone potesse condurre un certo tipo di vita e potesse rendersi davvero “utile” alla società, in fondo pensavamo che i “malati” vanno assistiti con cura ma senza una reale possibilità di far fare loro grossi progressi: invece abbiamo scoperto che non è così, che hanno molto da dare, e molto in comune con noi. Per giunta sono stati contenti di accoglierci e raccontarci quello che fanno, e non sappiamo se per tutti è stato facile, quindi li ringraziamo di cuore. Ora sappiamo qualcosa in più sulla vita di queste persone ma soprattutto abbiamo imparato a guardarli con occhi diversi. Angela Arena e Samira Rochdi, per i ragazzi della 3E visto e sentito Chi si aspettava la classica pellicola anti-clericale, pronto ad eseguire l’equazione Moretti=comunista=sparare a zero sulla Chiesa, ci è rimasto male. Molto male. Habemus Papam è difatti un film che prende solo a pretesto la situazione del conclave, che si trova ad eleggere il nuovo Papa, per rappresentare sul grande schermo le paure, le ansie, il senso di inadeguatezza e di sconforto che sovente ci assale quando ci troviamo di fronte ad eventi e decisioni della nostra vita che rappresentano una svolta. Michel Piccoli, il personaggio principale nel ruolo del Papa, è allo stesso tempo un vecchietto smarrito di un'umanità straordinaria. Piccoli non è probabilmente l'uomo di cui tutti avrebbero bisogno, ma è troppo consapevole della realtà che lo aspetta per poter davvero credere di poter cambiare qualcosa. Non un vile, ma un uomo lucidissimo, che in giorni di potenti improvvisati, guidati da ambizione incontrollata, ha il coraggio per fare un passo indietro. La caratterizzazione marcata di questo personaggio rende perciò il film di Moretti una vicenda umana sul senso di responsabilità. Questo pontefice diventato improvvisamente umano e privo di carisma che scende tra gli uomini, ne condivide le tribolazioni (molto bella la scena sull’autobus urbano) e cammina, letteralmente, con loro, ha una sua forza e bellezza. Il ruolo di Moretti nel film è piuttosto dissacrante, come spesso è accaduto nella filmografia del regista romano. Nelle vesti di psicologo, viene convocato in Vaticano dai cardinali per convincere il pontefice appena eletto a vincere la ritrosia che gli impedisce di accettare il suo nuovo ruolo. Il progetto fallisce, il Papa non vuole saperne e dopo una seduta effettuata presso lo studio della moglie di Moretti (Margherita Buy), anch’essa psicologa, riesce a fuggire per le vie di Roma, vestito in abiti “borghesi”, da comune cittadino. Moretti però è trattenuto in Vaticano, in attesa che il Papa decida di rientrare, e riempie il suo tempo giocando a scopone con i cardinali, organizzando tra loro un torneo di pallavolo, e mettendone in risalto i lati più umani, se vogliamo infantili. Si sorride e si ride certo anche delle loro debolezze ma sono e restano delle persone. La parte morettiana ha in habemus papam Francesco de Lisio questo un significato ed è quello di cambiare il registro al film, sdoppiandone anche il cuore, facendo in modo che fosse anche altrove (ovvero le vie di Roma, i mezzi pubblici, un albergo) rispetto ai luoghi deputati (Vaticano, piazza San Pietro, televisione). Il palcoscenico altrove rispetto al protagonista, il tirare fuori il Papa dal Vaticano per metterne a nudo gli aspetti più umani è un modo molto potente di raccontare, che ha fatto centro. Non mancano richiami all’indimenticato Karol Wojtyla (una certa passione per il teatro che sarà determinante durante le scene finali…). Probabilmente con Habemus Papam siamo di fronte al film più maturo del regista, il Papa di Moretti si interroga e ci interroga, laici e credenti. Il tributo di applausi e consensi che la pellicola ha avuto di recente al festival di Cannes, riuscendo nell’incredibile intento di far commuovere visibilmente Nanni Moretti, è la conclusione più adatta, alla quale non serve aggiungere altro, per rivederlo al cinema oppure acquistare il dvd non appena sarà disponibile nei negozi specializzati. ☺ creatività “Se avessimo una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare”. In questa frase, contenuta nei Frammenti del poeta Novalis, si imbatté un giorno Gianni Rodari, maestro elementare, giornalista e soprattutto scrittore per ragazzi. Nacque così la famosa Grammatica della fantasia, dove si parla di alcuni modi di inventare storie per i bambini e di aiutare i bambini a fabbricarsi da soli le loro storie partendo dal così detto binomio fantastico: una parola singola, scelta a caso, con la sua forza evocativa di immagini, ricordi, personaggi, avvenimenti del passato, agisce quando incontra una seconda parola che la costringe ad uscire dai binari dell’abitudine e a scoprirsi nuove capacità di significato. Un libretto, questo, che può essere utile - come dice lui - a chi crede alla necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola. Suo motto dal buon sapore democratico era: “Tutti gli usi della parola a tutti”, non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo. Il processo creativo è insito nella natura umana e va quindi sviluppato in ogni persona (con tutto quel che ne consegue di felicità di esprimersi e di giocare con la fantasia) affinché il mondo possa cambiare gioiosamente e giocosamente. L’immaginazione, stimolata fin dall’infanzia, applicherà i suoi strumenti su tutti i tratti dell’esperienza: dalla matematica alla musica, all’impegno politico, all’utopia ed aprirà il repertorio del potenziale, dell’ipotetico, del possibile, dell’impossibile…, spingendoci a credere che il mondo possa continuare e diventare più umano. Impariamo tutti a immaginare, ad essere visionari; se coltiviamo l’innocenza e la creatività dentro l’esperienza quotidiana impareremo a vedere il Mondo in un granello di sabbia, / e un Paradiso in un fiore selvatico, / racchiudere l’Infinito nella palma della mano, / e l’Eternità in un’ora (W.Blake). Carolina [email protected] fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo 19 cristianità la carta ecumenica Giovanni Anziani La Carta Ecumenica compie dieci anni. Era infatti il 22 aprile 2001 quando a Strasburgo gli allora presidenti della Conferenze delle chiese europee (KEK), il metropolita ortodosso Jeremie, e del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE), il vescovo Miloslav Vlk, sottoscrissero il documento che indica le linee guida dell’ecumenismo e della cooperazione tra le chiese del vecchio continente. In un’epoca di anniversari, questo è passato nel completo silenzio non solo nei circuiti dei grandi mezzi di comunicazione, ma anche nella realtà delle chiese cristiane, almeno in Molise. Eppure la Carta Ecumenica è un documento che incoraggia e sfida le chiese. In taluni casi frutto di compromessi tra posizioni diverse, la Carta Ecumenica ha visto le tre famiglie confessionali cristiane del continente riconoscere cose importantissime: il diritto di libertà religiosa dei singoli e delle altre confessioni; il ripudio del nazionalismo e del razzismo; il riconoscimento di uno speciale rapporto che lega i cristiani agli ebrei, e l’importanza del dialogo con l’islam e le alte religioni. Il bollettino di notizie evangeliche (NEV) della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI) nel suo ultimo numero ricorda in particolare che “In Italia la Carta Ecumenica è stata l’argomento del III Convegno ecumenico nazionale, tenutosi nel giugno del 2006 a Terni e coinciso con la seconda tappa della III Assemblea ecumenica europea di Sibiu 20 (Romania). Il documento finale dell’incontro indicava nella Carta ecumenica “il parametro delle relazioni reciproche” tra i promotori del Convegno, cioè la FCEI, la Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana (CEI) e la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia”. Nata da una sollecitazione della II Assemblea ecumenica europea (Graz, 1997), stilata da una commissione congiunta KEK-CCEE attraverso un’ampia consultazione con le chiese europee, la Carta si divide in 3 capitoli e 12 punti che delineano gli ambiti dell’impegno comune per il dialogo e la collaborazione a tutti i livelli della vita della chiesa, descrivendo le responsabilità ecumeniche fondamentali. Il primo capitolo, che confessa la chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”, enuncia l’impegno a cercare una comprensione comune del messaggio di Cristo e l’unità visibile della sua Chiesa. Il secondo capitolo è dedicato alla “comunione visibile” delle chiese in Europa, con gli impegni ad annunciare insieme l’Evangelo della salvezza, ad operare insieme nella diaconia, a proteggere le minoranze, a pregare insieme, a continuare il dialogo anche nelle materie etiche controverse. Il terzo capitolo tratta della responsabilità delle chiese per la costruzione dell’Europa, per la riconciliazione di popoli e culture. Il testo infine riprende il tema della salvaguardia del Creato, già messo in evi- fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo denza dalle assemblee di Basilea e Graz, e si chiude poi con tre brevi paragrafi sull’approfondimento del rapporto con gli ebrei, con i musulmani e con altre religioni e visioni del mondo. Più che celebrare una data, forse può essere importante riprendere in mano questa “Carta” come chiese cristiane in Molise per riflettere sul cammino di credenti nell’unico Signore per comprendere quale sia la responsabilità futura per i popoli dell’Europa. Sapranno i credenti nel Principe della Pace incontrarsi e insieme accettare le sfide dell’Evangelo affinché questa Europa sia un luogo ove uomini e donne di molte nazioni si mettono in cammino per costruire un futuro di pace? ☺ [email protected] Quattro stelle Quattro stelle appuntate al cielo del mio cortile ritagliato da tetti e terrazzi, cielo nero che incombe su questo container di silenzi ed ombre. La sera è un vuoto quieto. Guardo le stelle. Hanno il freddo splendore di astri irraggiungibili indomabili, seguono la logica delle leggi eterne. E noi, cellule infinitesimali dell’Universo, siamo le stelle cadenti che si accendono, si spengono in un baleno come in un cielo d’agosto. Lina D’Incecco terzo settore “So che abbiamo appena iniziato ad apprendere che gli uomini possono davvero imparare solo se vogliono ricercare e sanno ricercare insieme”. Il pensiero di Danilo Dolci, grande testimone dell’azione nonviolenta, orientata all’im- pegno sociale a sostegno dei più deboli, ci può essere di stimolo nel rilanciare un cammino di proposte che non si arenano davanti ad eventi che turbano la storia dei nostri giorni come è sempre accaduto anche in passato. Triestino di nascita, scende in Sicilia per costruire insieme a bambini, maestri, famiglie e contadini una società aperta ad un futuro diverso. Erano gli anni ’50-’60 ed ebbe modo così di scoprire i mali di una regione dal passato di grande rilievo culturale e politico. E non si arrese neppure di fronte alla scoperta del fenomeno mafia! Un modello che occorre rilanciare oggi, di fronte a politiche di stampo leghista, chiuse al rapporto con gli stranieri al punto da organizzare rastrellamenti per respingerli nel paese di provenienza. Esordire con esempi di tal fatta può e deve incoraggiare chiunque ha volontà di intraprendere sentieri nuovi di fronte al diffondersi di una cultura malata di rancore e di un vezzo quotidiano di confliggere ad ogni costo e da qualsiasi postazione. Per questo riprendiamo un discorso che sulla Fonte ha trovato già ampi spazi di accoglienza. Forse non è male che in un clima elettorale, che ci vede coinvolti fino all’autunno, ci si ponga in atteggiamento di lettura accorta e di posizione equilibrata e consapevole in momenti in cui i rischi in cui si incorre sono sostanzialmente due: inebriarsi nel frastuono elettorale… o ricorrere alla soluzione di astenersi dal partecipare. Qualcuno, utilizzando una categoria gramsciana, ha contrassegnato la storia italiana del momento che stiamo attraversando e all’aria che si respira sul territorio con questo giudizio: “l’egemonia culturale, oggi, è detenuta dalla comunità del rancore”. È una opinione diffusa tra esperti sul tema “comunità” e trova ampie testimonianze quotidiane a conferma dell’analisi citata. I più “insigni” testimoni del rancore diffuso sono i politici che infestano le trasmissioni televisive e, giorno dopo giorno, forniscono al popolo italiano, e penso insieme per costruire Leo Leone in particolare alle giovani generazioni, modelli inauditi di indisciplina nel parlare che nulla ha a che vedere con la politica intesa come spazio assegnato alla individuazione e al perseguimento del bene comune. Salta fuori ormai la conferma che il territorio è orfano di politica, in quanto su di esso ricade il pessimo frutto di un conflitto tra le parti alle prese con questioni che riguardano soprattutto la salvaguardia di interessi di casta, per cui molti territori ristretti o frammentati rischiano la deserti- pio di sussidiarietà”. Così si pronuncia l’art. 118 della Costituzione che ciascun cittadino deve difendere e applicare nell’interloquire con i politici, non solo, ma anche nell’assumersi le responsabilità di operare per cambiare il clima di dissidio diffuso che ci circonda. Occorre allora costituirsi come agenti civili che ripongano il territorio al centro della politica e recuperino la dimensione di attivismo sociale contro la malattia diffusa della delega o, peggio, della rassegnazione all’esistente. La questione riguarda anche tutto il mondo dell’associazionismo di terzo settore che da tanti esperti è ritenuto spazio di fermento per rilanciare una cultura del dialogo e della reciprocità emarginata da pessimi esempi maturati all’interno di comuni e territori infestati dalle teorie malsane della Lega. Una politica che sale dal basso può giovare a chi governa e a chi è governato. Occorre rilanciare la cultura del dialogo che può unire anche soggetti dalle opinioni diverse su molti aspetti che non impediscono, comunque, l’incontro sulle sfide che riguardano il bene comune. Riscopriamo i luoghi per coglierne le risorse e i bisogni emergenti e su di essi rilanciamo la ricerca, l’intraprendenza, la cooperazione estesa a soggetti singoli e gruppi che si fanno carico di tradurre in azione quel passo della Costituzione che rilancia il principio, spesso occultato, che assegna la sovranità al popolo. Ed è contenuto nel primo articolo della Costituzione. ☺ ficazione. Tale esito è ancor più accentuato dal fenomeno della globalizzazione che ha fatto chiudere piccole aziende e attività lavorative in molti settori. E i giovani soprattutto ne pagano i prezzi più alti. Riprendere il sentiero della proposta, anche in terra molisana! [email protected] Ci incoraggia un tratto della costituzione italiana di cui poco si parla e che non sta molto a cuore della politica: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa di Salvatore Angela dei cittadini, singoli e tel. 0874 732384 associati, per lo svolgimento di attività di Via XX settembre 185 interesse generale, BONEFRO sulla base del princi- Ferramenta - casalinghi fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo 21 pillole di lupo terra mia: la tentazione Z’ Vassilucc’e "Adesso tutti vogliono difendere la mia terra ed il mio mare!" bofonchiò il vecchio pescatore, mentre sulla banchina del porto una folla di manifestanti si era radunata per una cosa con un nome strano: no oil day. C'è pure il cantante, il bolognese, quello che ha la villa alle isole Tremiti. Allora è sicuramente una cosa seria! disse ad alta voce quel vecchio, mettendo in mostra, con una bella risata, i pochi denti rimastigli. Il Popolo, in verità tolti i politici pagati, quelli aspiranti a farsi pagare del Popolo delle Libertà-del Popolo Democraticodel popolo della protesta-di quello dei Valori, le coccarde, i gonfaloni, le forze dell'ordine... appariva piuttosto assente; era, invece, piuttosto presente, rumoroso, entusiasta e senza regole alla festa del 18° scudetto di quella squadra di Milano che gioca a pallone, inquinando di "tifo" tutte le strade del paese! quel giocatore grintoso e "terrone DOC", in televisione lo ha detto candidamente: con un Presidente che ci mette i soldi, si può vincere tutto! e... di soldi si tratta. Quella del vecchio che bofonchia, naturalmente, è una memoria dei tempi andati, quando era ancora possibile salvare il pianeta Terra ed i suoi Abitanti, animali compresi, dallo sfruttamento di tutto e di tutti. Allora, nei "luoghi" della cultura, si parlava di colonialismo, imperialismo, capitalismo, comunismo, liberismo... codici di lettura dell'ordine della società. Si pensava che le regole vecchie e nuove di altrettanti poteri, avrebbero consentito di "liberare" abitanti e pianeta dalla distruzione. Poi sono accaduti eventi che hanno "obliato" speranze e nuovi poteri. Le ideologie hanno lasciato il passo ai conti e alla pianificazione dei rendiconti. Così, destre, centri e sinistre si sono alternate a ristabi- 22 lire la razionalizzazione dei bilanci pubblici, tranne quello dei nuovi Re, satrapi e satrapini. Nel privato, poi, il singolo cittadino, con il denaro raccolto qua e là, si concede quanto il denaro permette. Con il denaro puoi fare tutto: sicuramente non fa la felicità, ma certamente fa la differenza, diventa il nuovo slogan rivoluzionario. Quel popolo, ormai assente nelle progettualità del futuro, compra la macchina e butta fuori dal finestrino di tutto e di più; va a lavorare sui pescherecci e butta a mare di tutto; fuma la sigaretta e butta la cicca dovunque si trova... ma, siete mai stati alle Tremiti? Barche di tutte le dimensioni inquinano mare ed ambiente! Pendolari delle vacanze e vacanzieri DOC scaricano e lasciano sull'isola di tutto e di più! Ma, siete mai saliti sul Gran Sasso? L'ultima volta, qualche mese fa, prima che la neve rendesse impervia e pericolosa l'ascesa al Vecchio Vegliardo d'Abruzzo, sulla cima ho raccolto una busta (!) di cicche. Salite sul monte Patalecchia, quello di Castel Petroso, sopra il santuario, dove ci sono i ripetitori, e guardate sotto la cima: hanno buttato giù di tutto e di più! L'Adriatico è un pezzetto di un bacino d'acqua dove transitano giornalmente centinaia di fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo mezzi che utilizzano "oil" e piattaforme ne esistono già e da tempo. Agli operai della FIAT hanno sottoposto un referendum della serie se vuoi lavorare, firma; ai cittadini del mondo e di quel piccolo pezzo di mondo che si chiama Tremiti, qualcuno della corte, amico di quelli arraffati sulla banchina del porto, ha comunicato è necessario trivellare, perchè altrimenti la tua macchina si ferma. La logica è quella di ieri: tale e quale! ... anche l'aspirante ricco, se avesse "azioni" in quella SpA, si meraviglierebbe che qualcuno osa opporsi: "Ma non dobbiamo fare soldi? E poi, in Africa sì e qui no? Perché?". Ho cercato risposte, ho coltivato speranze, ho scelto di lavorare con i "lavoratori del forse" e non ho mai abbandonato, nonostante le scelte differenti, la raccomandazione suggeritami da un amico caro: "Quando sei stanco e confuso, sali sui monti e guarda in alto: digita al Cielo le tue coordinate, avrai le risposte che cerchi"... ed il Vento portò un Suo messaggio: ...Di nuovo il Tentatore lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». Ma... (Mt 4,8-11). "Forse"...senz'altro in quel "ma" c'è una decisiva, ferma, chiara risposta: in assenza di un "Oltre significativo", gli Adamo ed il Popolo deresponsabilizzati democraticamente, abbandonati ad ascoltare scribi, farisei e dottori della legge e della politica, distratti dalle omissioni di questi, raccolgono frutti proibiti e adorano il vitello d'oro. Abbandonati negli scaffali impolverati le ideologie, le religioni, le regole, i sogni... siamo diventati, un pò tutti, prezzolati del potere e del denaro: "forse" è ancora tempo di deserto, di scelte coraggiose condivise, di un'economia solidale e... di un Popolo nuovo che cacci dal Tempio i mercanti! ☺ [email protected] ambiente Amici de La fonte, è con grande gioia che vi aggiorno sul viaggio in Italia di mons. Luis Infanti de la Mora, vescovo nella Patagonia cilena ove l’Enel vuole costruire megacentrali idroelettriche, sottraendo l’acqua alla popolazione locale, per trasportare l’energia elettrica lontano. Per questo motivo egli ha scritto la lettera pastorale “dacci oggi la nostra acqua quotidiana” che è una forte denuncia della privatizzazione dell’acqua bene comune. Le tappe sono state: Pescara, Termoli, Anguillara, Roma (convegno ecumenico), Reggio Emilia, Finale Ligure, Napoli, Foggia, Torremaggiore, Fano, Ferrara, Cremona, Pinerolo, Padova, Verona e Firenze. Ottima la partecipazione, non in termini numerici (da 40 persone ad un max di 200) ma di qualità. I temi affrontati sono: "le chiese e l'acqua, diritti umani e privatizzazione dei beni comuni", "verso i referendum, i beni comuni riscrivono la democrazia". Molto interessanti gli spunti di riflessione ed i collegamenti con la campagna referendaria non solo per l'acqua bene comune, ma anche sul tema dell’energia nucleare. Ottime le accoglienze, vivaci e resistenti le realtà in lotta. Sembra che questa battaglia abbia davvero risvegliato il desiderio di unirsi al di là di ogni confine o muro di separazione. Come giustamente ha fatto notare Luis Infanti: "la realtà non è casuale. Siamo di fronte non più ad un epoca in cambiamento, ma ad un cambiamento d'epoca”. Essa è caratterizzata da forte instabilità e da strutture di potere che escludono i popoli, le culture, le persone più vulnerabili (non solo poveri, ma veri e propri esclusi). Inoltre i poteri forti comprano il potere governativo e legislativo, quando non anche quello giudiziario, piegando la volontà popolare ad interessi di grandi soggetti economici che senza scrupoli sottraggono beni e risorse senza alcun rispetto per le popolazioni locali. In questo contesto si inserisce la crisi ecologica con conflitti potenziali o reali causati dalla necessità di approvvigionarsi di riserve e di fonti di energia che sono esauribili e che vengono spacciate per inesauribili. Le energie di morte (petrolio, carbone, gas e nucleare) sono nelle mani di veri e propri monopoli. La casa comune (terra, acqua, aria e sole-luce) viene aggredita ed i più vulnerabili non hanno la acqua quotidiana Antonio De Lellis capacità di reagire. Luis Infanti propone una visione del mondo Ecocentrica, che supera quella antropocentrica, con l'uomo al centro e tutto al suo servizio (propria della tradizione della Chiesa), e quella cosmocentrica (il cosmo al centro e tutto in sua funzione con un ruolo dell'uomo residuale). Ognuna di queste due logiche è escludente e figlia di una narrazione di eliminazione dei problemi a partire dal chi crea problemi ("non possiamo eliminare la povertà, eliminiamo i poveri"). La visione Ecocentrica parte dalla considerazione che la Terra è di Dio e che tutto è stato creato affinché raggiunga la pienezza (persone, piante, animali). Abbiamo tutti bisogno di una conversione ecologica (nuova cultura, sobrietà e comunione da sostituire all'aggressività). Buona resistenza! restiamo umani. Notizie dal Cile La Commissione ambientale della regione meridionale dell’Aysen ha approvato con undici voti a favore e uno contrario il progetto “HidroAysen”, che prevede la costruzione di cinque dighe sui fiumi Pascua e Baker, nella Patagonia cilena. L’energia prodotta dagli impianti idroelettrici, per un totale di 2.750 megawatt, dovrebbe poi essere trasportata a 2.300 chilometri di distanza, verso Santiago del Cile e il suo distretto industriale, tramite una linea di trasmissione composta da seimila torri alte fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo 70 metri che attraverserà nove regioni, sei parchi nazionali e 67 comuni e che nei prossimi mesi dovrà passare al vaglio delle competenti autorità ambientali. “Enorme delusione” è stata espressa dalla Campagna italiana Patagonia senza Dighe, una delle numerose organizzazioni internazionali riunite nel Consiglio di difesa della Patagonia cilena, da mesi impegnata in un’opera di sensibilizzazione sul controverso progetto. Le organizzazioni denunciano l’impatto ambientale delle dighe, che una volta realizzate sommergeranno ben 5.600 ettari di un raro ecosistema forestale, con impatti socio-ambientali enormi per una delle aree di maggior pregio naturalistico del Pianeta. Inoltre il Consiglio di difesa della Patagonia cilena denuncia “interessi nascosti” dietro l’obiettivo pubblicamente dichiarato di fornire energia ‘verde’, in un paese che potrebbe ricavare energia dall’oceano e dal sole con maggior facilità. Sono prevalentemente interessi economici, secondo il Consiglio, a motivare la costruzione delle dighe. L’italiana Enel è capofila del progetto “HidroAysen”, tramite la sua controllata Endesa. L’Enel controlla già i diritti dell’acqua dei fiumi del sud del Cile sulla base di leggi risalenti al periodo della dittatura di Augusto Pinochet. Da mesi è in corso una mobilitazione popolare per recuperare questi diritti a favore della popolazione cilena. ☺ [email protected] nuovi lettori crescono Auguri a Carmen ed Enzo che hanno dato alla luce Francesco. Il riscatto del Molise è iniziato: come primo gesto ha mostrato il pugno chiuso. *** Al primo compleanno facciamo gli auguri a Rossana e a Sebastiano per la loro passione per la vita e ai genitori Tina e Pietro che con amore e abnegazione si prendono cura di loro. 23 ambiente quattro sì Angela Damiano Nelle ultime settimane le hanno provate di tutte per boicottare i Referendum e confondere il popolo italiano: ma i Referendum si faranno, è legittimo e BISOGNA ANDARE A VOTARE CON 4 SI! Non credete a tutte le fandonie che sentite o leggete. VENITE A VOTARE! Per dire NO dobbiamo barrare quattro SI di cui 3 sono sull’ambiente: 2 SI sono contro la Privatizzazione dell’ACQUA e 1 SI è contro il ritorno del Nucleare in Italia! Perché è importante raggiungere il quorum? Perché il referendum è l’unica possibilità per far capire cosa vogliamo a chi ci governa! Chi non vota al referendum oltre a non meritare l’appellativo di cittadino, perché di fatto non svolge il suo dovere, non potrà lamentarsi poi se la Centrale nucleare gli è sorta sotto casa, se mangia cibo radioattivo, se aumentano i malati di cancro, se la bolletta dell’acqua è più salata, se oltre alla luce poi gli tagliano anche l’acqua, se deve pagare perché nella sua proprietà c’è un pozzo o una sorgente, se ha sete ma deve pagare per bere, se sono stati spesi dei soldi per il referendum, se… e tanti altri se. È un dovere di ciascun cittadino andare al referendum anche per tutti quelli che non possono votare e che un giorno ci potranno chiedere: tu cosa hai fatto quel giorno? Hai votato SI? I nostri SI li dobbiamo anche alle generazioni future! ACQUA. È stato detto e scritto molto da noi e da altri ma non è mai abbastanza per informare su questo bene così prezioso, indispensabile alla vita ed esauribile, sì l’acqua potabile può non esserlo più se continuiamo con questa gestione insostenibile nel mondo ma anche in Italia dove il 24 Molise, ricordiamo, è la regione che possiede un acquedotto “colabrodo” con oltre il 60% delle perdite di acqua prima che questa arrivi al rubinetto. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2005-2015 “Decennio Internazionale dell’Acqua” durante il quale si ci deve impegnare al fine di garantire a tutti gli esseri umani e alle generazioni future l’accesso dell’acqua. L’Italia non può rispondere con la PRIVATIZZAZIONE! L’ACQUA: è un bene comune dell’umanità, un diritto di tutti gli esseri viventi. Il Diritto dell’acqua ancora non c’è e nemmeno la garanzia di una gestione equa, solidale e sostenibile. Di recente ho avuto modo di leggere il libro “Acqua il consumo in Italia” di Fabrizio Martire e Roberto Tiberi che vorrei riassumere citando alcuni dei dati Istat (anno 2003) più importanti, a mio modesto parere. I dati mostrano come la disponibilità del servizio di acqua potabile in Italia sembra garantita al 98,9% dei cittadini mentre se si valuta l’irregolarità della sua erogazione scopriamo che la media nazionale è pari al 17% mentre supera il 31% per le famiglie che vivono in Sardegna, Sicilia (il 41%) e Calabria (43%). In poche parole 1/5 dei residenti non usufruiscono di una erogazione continua di acqua potabile. Nello stesso anno il consumo medio nazionale di acqua potabile per uso domestico è stato di circa 72 metri cubi per abitante anche se questo dato oscilla con l’irregolarità dell’erogazione, come è facile presupporre. Ma l’acqua potabile che esce dai rubinetti è davvero tale? Il 40,2% degli italiani non si fida dell’acqua che esce dal proprio rubinetto! Eppure, nello stesso anno, il contenuto dei nitrati è stato di 9,4 mg/l (media nazionale) che si trova al di sotto della soglia massima consentita che è 50 mg/l che non viene superata nemmeno dal picco massimo trovato in Sicilia (24 mg/l) mentre alcune regioni non superano fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo nemmeno il valore guida di 5mg/l: Basilicata (2,4), Molise (2,5) e Abruzzo (2,6), Marche (4,8) e Calabria (4,9). Anche se i nitrati non sono l’unico valore di cui tenere conto. Esistono infatti circa una ventina di sostanze tossiche che vengono analizzate se si tratta di acqua potabile che esce dai rubinetti mentre non vi è l’obbligo di indicazione in etichetta per quella minerale imbottigliata che risulta essere così “non potabilizzata” . Un’analisi in laboratorio con i parametri dell’acqua di casa dichiarerebbe “non potabile” molte delle acque in bottiglia, infatti passando dal rubinetto alla bottiglia, alcune sostanze possono essere superiori 5 volte come l’arsenico o 40 volte come il manganese. Eppure l’87,5% degli intervistati dichiara di consumare acqua minerale e per il 73,2% è l’unica acqua che bevono. Così l’acqua potabile viene utilizzata per usi diversi dall’abbeveraggio e allora ci chiediamo anche noi perché in Italia si permette questo spreco di risorsa preziosa? Quanto è sostenibile tutto ciò? Non è quindi opportuno differenziare l’uso dell’acqua visto che poi l’acqua potabile viene utilizzata anche in agricoltura e nell’industria? Cosa c’entra tutto questo con la privatizzazione? Provate a immaginare cosa accade quando una multinazionale mette le mani sull’acqua: può chiudere il rubinetto, può aumentare i prezzi, può cambiare i parametri di valutazione della potabilizzazione aumentando le soglie minime, può diventare politicamente ed economicamente potente a danno dei più deboli. NUCLEARE. Cosa ribadire? Si basa su una fonte esauribile, su una risorsa che non abbiamo e che crea problemi sociali, ambientali e di salute laddove viene estratta, che non sarà mai sicura, che produce scorie radioattive permanenti che lasceremo in eredità alle generazioni future insieme ai loro effetti sulla salute. Non è la soluzione al problema energetico in Italia che ricordiamo è un falso problema! Risparmio energetico e tetti solari sono la soluzione migliore per tutti! Allora che aspettate? Mobilitiamoci per un futuro migliore. Votate con 4 SI! Vi aspettiamo numerosi alle urne!!! ☺ [email protected] GIUGNO ARCOBALENI VIVENTI Domenica 5, ore 10.30 L’appuntamento più seguito nel tripudio di colori delle tante farfalle dell’Oasi. le nostre erbe Delle numerose specie di achillea, la più conosciuta - anche perché diffusissima - è l’Achillea millefolium (nota come millefoglio, perché ogni singola foglia è suddivisa in numerosissime e minuscole foglioline). È una pianta erbacea perenne, rustica e vigorosa, con steli fiorali che possono raggiungere l’altezza di 60-70 centimetri. Tutta la pianta emana un caratteristico odore aromatico che può ricordare la canfora. Tale profumo è facilmente avvertibile strofinando la pianta fra le mani. Cresce spontanea ovunque nelle nostre regioni, esclusa la Sicilia. È più diffusa nelle zone collinari e montane fino a 2.000 metri di altitudine ed è facile trovarla nei terreni incolti e lungo i bordi delle strade, nei pascoli sassosi, nei prati aridi. Tutte le achillee hanno in comune alcune caratteristiche che le diversificano dalle altre piante della famiglia delle Composite: infatti presentano i fiori riuniti in corimbi a forma di ombrella. Le infiorescenze sono vistose, e i capolini, eleganti, sono di solito bianchi, talvolta anche rosati o anche rossicci. La fioritura si protrae dalla primavera all’autunno inoltrato. Ma il millefoglio, che, come già detto, si distingue soprattutto per le caratteristiche foglie verdi e morbide, può essere coltivato in giardino come pianta ornamentale per creare aiuole e bordure di sicuro effetto. Data la notevole diffusione allo stato spontaneo, normalmente questa specie non è coltivata. Volendo, è però possibile introdurla con successo nel piccolo orto familiare e in giardino, visto che la sua coltivazione non presenta alcun problema: non ha bisogno di particolari cure né di trattamenti antiparassitari; la riproduzione può avvenire per seme e successivo trapianto oppure tramite gli stoloni che la pianta è in grado di produrre. Della pianta si raccolgono le foglie novelle, cioè quelle più tenere, nei mesi primaverili. Sia le foglie mature, sia soprattutto le sommità fiorite, fresche o essiccate, vanno raccolte da fine maggio a settembre. Le sommità fiorite si fanno poi essiccare tenendole appese, legate a mazzetti, in un posto fresco e ombroso, e si conservano in contenitori di vetro all’asciutto. l’achillea Gildo Giannotti È una pianta che si utilizza per uso esterno, interno ed anche in cucina. Per uso esterno si può preparare un infuso per detergere abrasioni, piccole ferite ed infiammazioni della cute. Si pongono in 100 ml di acqua bollente 8 grammi di sommità fiorite ed essiccate di achillea; si lasciano riposare fino a completo raffreddamento; si filtra e si fanno lavaggi o si applicano garze imbevute di infuso sulla parte interessata per almeno 10-15 minuti. L’achillea deve infatti il suo nome all’eroe greco Achille che, secondo la leggenda, ne apprese le proprietà medicinali dal suo maestro Chirone, e la utilizzava, durante l’assedio di Troia, per curare le ferite dei compagni. Ma anche i medici delle legioni romane, raccomandavano di sfregare la pianta sulle ferite per una più pronta e rapida guarigione. A conferma delle virtù vulnerarie, cioè delle capacità di disinfettare, di curare e cicatrizzare piaghe e ferite, la tradizione popolare ha dato a questa pianta altri nomi come “stagna sangue”, “erba del soldato”, ecc. Per uso interno si può preparare un infuso adatto a una digestione difficile e calmante dei dolori addominali: si versa un cucchiaino colmo di sommità fiorite in una tazza di acqua bollente; si fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo lascia in infusione venti minuti e si beve un’ora dopo i pasti, dolcificando con un cucchiaino di miele. Attenzione alle possibili allergie nei soggetti predisposti: non si devono somministrare preparati a base di achillea a bambini di età inferiore ai due anni. Per il suo sapore gradevolmente amaro, inoltre, questa pianta è anche utilizzata dall’industria per la preparazione di aperitivi, liquori e birra. Nelle campagne l’achillea era utilizzata per la sua proprietà di conservare il vino, tanto è vero che si usava mettere un sacchetto di semi o rami fioriti nella botte. Aperitivo all’achillea. Mettere in infusione in un litro di vino rosato e genuino 10 g di fiori di achillea, ben puliti e scelti, e alcuni pezzetti della parte gialla della buccia di limone. Colare dopo 10 giorni e imbottigliare con cura. Servire come aperitivo aggiungendo nel bicchiere una buccia di limone. Estratto di achillea. Mettere in un vaso le sommità fiorite di achillea scegliendo con cura le più belle e coprire con alcol da liquori. Agitare il vaso ogni giorno e dopo 10 giorni filtrare l’estratto e imbottigliare. Alcune gocce sopra una zolletta di zucchero, prese prima o dopo i pasti, possono sostituire la tisana nei casi di digestione difficile. L’estratto permette di avere già pronta la preparazione in ogni stagione dell’anno.☺ [email protected] 25 società terremoti Giulia D’Ambrosio Una visita a l'Aquila era un desiderio che covavo da tempo. Dopo il sisma di quel maledetto 6 Aprile di due anni fa non avevo avuto il coraggio di guardare in faccia quella tragica realtà. A riflettori spenti, mentre la città compie dignitosamente i suoi passi per rimettersi in piedi, percorro le strade del suo magnifico e malconcio centro storico. La sensazione inaspettata e piacevole è quella di sentire che gli aquilani covano dentro una grande energia per rinascere, non sono per nulla rassegnati, la città è intrisa di cultura, i giovani amano la città e penso che dalla devastazione si può uscire quando la gente non resta inerte, quando ci si rimbocca le maniche, nonostante tutte le contrarietà. Non un solo muro è imbrattato dai writers, la città è circondata dal verde e tante sono le iniziative in ogni angolo del centro storico la rendono bella ed accogliente nonostante lo tsunami. Un rapido pensiero mi riporta al terremoto meno recente del Molise e mi chiedo: è colpa dell'isolamento dei nostri piccoli comuni o della rassegnazione di molti e la guerra di pochi la vera ragione dell'oblio, del profitto e della vita violata nelle casette di legno di Bonefro? Non può essere e non è solo affar loro. Sono affari nostri. Il disagio di chi, a distanza di nove anni, non vede ancora la luce di una vera risoluzione è un disagio del Molise, non solo di chi ha subìto il danno. La Fonte del resto non ha smesso un solo istante di denunciare e di lottare per un ritorno alla normalità. Faccio un rapido volo col pensiero ed arrivo a pensa- 26 re alla mia città. Campobasso, capoluogo di regione, afflitta da tanti piccoli terremoti quotidiani che la rendono appassita e fragile. Una città senza più un disegno, non uno straccio di piano regolatore, non un piano del traffico, marciapiedi sconnessi, erbacce ovunque. Persino lo storico parco cittadino “Villa De Capoa”, frutto dell'antica e generosa donazione di un privato, non solo langue per l'abbandono, ma se vuoi ristorarti tra il verde di un giardino all'italiana lo trovi chiuso nei week end e nella pausa pranzo. È così che parliamo di accoglienza? Niente giochi, cari bambini! Accontentatevi di qualche giochino a pagamento al centro commerciale! Un giorno il bimbo di una cliente del mio negozio di biancheria, tirava il cappotto alla mamma e urlava “Voglio andare a Campobasso!” - Ma, sei a Campobasso!- rispondo io meravigliata e la mamma precisava che per suo figlio “Campobasso” voleva dire Centro Commerciale! Un fenomeno diffuso quello della dissociazione degli ambienti urbani dopo l'avvento dei nuovi insediamenti periferici ed artificiali. Ma la città è quel luogo che mette insieme tutti i tasselli di una vita in comune, la città custodisce la storia, conserva ricordi di vita, organizza l'economia, ma serve soprattutto per incontrarsi. Una cittadina di provincia è lo spazio ideale per le relazioni. Se fai una passeggiata non ti sentirai mai solo, incontrerai l'amico, il parente, ti godrai una giornata di sole, entrerai in chiesa per una preghiera ed un segno di croce per cominciare bene la giornata. Guarderai le vetrine, preparate con cura, e ti servirai della banca, fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo dell'ufficio postale, del tuo medico di famiglia, ecc. Vita di città e città della nostra vita. Uno spettacolo in teatro, una mostra d'arte, un museo aperto, ma soprattutto la cura della dignità della città, della bellezza. Abbiamo tanto bisogno di bellezza, ci aiuterebbe almeno a superare un momento non facile della nostra vita economica e sociale che è ogni giorno un terremoto dell'anima. Amministratori svogliati e distratti ci fanno sentire impotenti e le competenze specifiche sono ormai un miraggio, in politica. Intrecciare i bisogni in comune, mettersi a disposizione dei bisogni dei cittadini con generosità, è pura utopia. Campobasso è una città troppo statica e rigida che, invece, necessita di un nuovo, veloce e rapido cambiamento. La nostra è una città che si sta isolando, nonostante le grandi potenzialità che possiede. E proprio in quest’ottica è necessario smuovere le coscienze, rimboccarsi le maniche ed adoperarsi, fin da subito, per il rilancio del commercio locale restituendoci un futuro possibile, assicurando, al contempo, ricchezza e lavoro. Abbiamo bisogno di mettere in relazione cultura, università, imprese, ambiente per fermare la fuga delle nuove generazioni, ma per trattenerli dobbiamo prospettare la possibilità di aprire loro il varco, abbracciando il merito e investendo sulle loro potenzialità affinché si sentano partecipi della nostra vita comune e dunque della città. ☺ [email protected] I politici e i pannolini hanno qualcosa in comune… hanno bisogno di essere cambiati SPESSO E PER LO STESSO MOTIVO! etica Negli ultimi decenni diversi episodi hanno suscitato profonde preoccupazioni per la protezione dell’ambiente e dell’habitat umano, della sicurezza e della salute dell’uomo. Si tratta, solo per citare alcuni esempi, di grandi catastrofi ecologiche (naufragio delle petroliere Amoco Cadiz, Prestigi, esplosione della piattaforma nel Golfo del Messico), di emissioni nell’ambiente di prodotti chimici o comunque tossici ( Seveso 1976, Bophal 1984), di perdite di materiale radioattivo (Three Mile Island, Chermobyl, Fukushima), di alterazioni della catena alimentare, anche dovute ad incidente, (secondo l’immaginifico linguaggio dei “media”: mucca pazza), ecc. Ciò ha suscitato: a) una crescente attenzione dell’opinione pubblica alle potenziali implicazioni, anche di lungo periodo, dell’attuale modello di sviluppo tecnologico ed industriale; b) un clima di progressiva sfiducia nei riguardi dei meccanismi pubblici di controllo; c) la necessità per i Governi di individuare nuovi principi in grado di facilitare, da una parte, la valutazione ed il contenimento dei rischi e, dall’altra, la gestione di questi ultimi non solo ai fini della loro accettabilità sociale, ma anche per consentire uno sviluppo realmente sostenibile. L’esperienza, infine, ci ha resi edotti del fatto che la gravità degli episodi ricordati, taluni dei quali ripetutisi, talvolta ha dato luogo ad emergenze ed eventi catastrofici immediati, ma altre volte è emersa solo molto tempo dopo la manifestazione del rischio collegato all’evento in questione, dando luogo a conseguenze sanitarie o ecologiche “ritardate” il cui nesso di causalità è stato accertato. Emerge in questo modo una diversa dimensione del rischio, di natura più subdola e di tipo non solo qualitativo (tossico), ma anche quantitativo, che invoca l’esigenza di far precedere lo sviluppo industriale da una fase più articolata di ricerca per conseguire i margini di sicurezza necessari e per verificare le ipotesi scientifiche iniziali. Tali sollecitazioni hanno prodotto due ordini di conseguenze: da un lato, la richiesta dei cittadini di essere previamente informati e di partecipare alle decisioni che riguardano tanto lo sviluppo tecnico-scientifico, quanto gli insediamenti industriali; dall’altra, una la società del rischio Silvio Malic maggiore consapevolezza dei governi di prendere in considerazione comportamenti e decisioni orientati alla prevenzione, ove possibile, o al nuovo criterio di precauzione, qualora esistano significativi margini di incertezza sul rapporto tra rischio e conseguenze dannose di determinate attività per l’uomo e per l’ambiente. Così, accanto ad approcci ispirati alla tolleranza zero si è affermata l’esigenza di una più attenta valutazione della proporzionalità tra rischi e benefici in grado di orientare lo sviluppo tecnicoscientifico, secondo un principio di mediazione tra esigenze e sensibilità diverse, proprie della scienza, dell’industria ed della società civile. Per concorrere al diffondersi di un sentimento di responsabilità più maturo nell’opinione pubblica, é opportuno sviscerare alcuni aspetti etico-giuridici che investono la cosiddetta “società postindustriale”, la quale ha provocato una nuova sensibilità nei confronti del rischio e del controllo di alcune espressioni dello stesso tramite il “principio di precauzione”. Si dovrà, pur se in breve, fare riferimento al contesto internazionale e comunitario europeo, più sensibile alle sollecitazioni sottese all’applicazione del principio di precauzione di quanto non abbia dimostrato esserlo, finora, il contesto italiano, che pure di recente ha visto fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo l’adozione di alcuni provvedimenti normativi ispirati al principio in esame. Si delineano, in breve, tre passaggi di riflessione su cui soffermarsi: 1) lo scenario nel quale si iscrive il principio di precauzione come conseguenza dei fattori che hanno concorso a determinare il concetto di società del rischio; 2) i criteri di identificazione e valutazione del rischio, con l’obiettivo della tutela della sicurezza-salute collettiva, tenendo presenti sia le posizioni ed i criteri adottati dagli esperti, sia, per altri versi e nella debita proporzione, le posizioni diffuse nell’opinione pubblica e fra i cittadiniutenti; 3) infine, gli strumenti sociali (filosofici, giuridici ed organizzativi) mediante i quali la società contemporanea reagisce di fronte ai rischi nel vasto campo delle attività umane preso in considerazione. Si incontreranno concetti di amplissimo rilievo, sui quali non sarà possibile soffermarsi dettagliatamente: si citano ad esempio la questione dello “sviluppo sostenibile” o quella dell’assetto dei poteri legislativi in materia ambientale, che nelle nuova versione dell’art. 117 della Costituzione italiana è affidata allo Stato con la formula piena “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”; a tali concetti ci si dovrà ispirare per le riflessioni, le decisioni e le buone prassi necessarie.☺ 27 sisma gli splendidi della sinistra Domenico D’Adamo Fare una campagna elettorale senza mai pronunciare la parola “centrosinistra” per Danilo Leva e Roberto Ruta, che da sempre non osano esprimere alcun pensiero compiuto, è stata una passeggiata. Pretendere che i molisani se la bevessero, questo sì che è stato più complicato. I due fenomeni avrebbero preferito far cadere il presidente uscente D’Ascanio già due anni fa. Per loro, uno del centrodestra tipo De Matteis è sempre meglio di niente. A fare da sponda ai due ci si è messo un altro gigante della politica nazionale, l’On. Antonio Di Pietro. Tutti e tre insieme sono arrivati a poco più del 20% dei consensi e, uno dei tre, in verità più bravo degli altri due, dopo lo strepitoso insuccesso, ritiene di aver ridato grandezza al suo partito per averlo riportato al primo posto nel grande universo della sinistra: se non si trattasse del Segretario Regionale del PD qualcuno potrebbe anche crederci, ma il Molise è piccolo e le voci girano. Tutti e tre hanno scaricato il Presidente uscente ma non ci hanno detto mai il perché, in quanto sarebbe stato veramente imbarazzante, per loro naturalmente. Qualcuno ha tentato di giustificare l’indegna cagnara imbastendo singolari tesi politiche che evocassero aree politiche alternative, non si è capito bene a che cosa visto che di alternativo al centrosinistra non c’è né il sopra né il sotto, c’è solo il centro destra; comunque le regionali sono alle porte e presto lo capiremo. In realtà la gestione amministrativa guidata da D’Ascanio non è stata diversa da quella di Massa e di Chieffo 28 che il popolo della sinistra ha sempre giudicato positivamente; è dunque di palmare evidenza che le critiche rivolte al governo provinciale dagli esponenti della maggioranza avevano il solo scopo di scalare il Partito Democratico, che ancora vive in perenne stato confusionale da quando ha rimediato la sonora batosta alle ultime elezioni politiche. Pochi giorni fa, senza che nessuno glielo avesse richiesto, il leader di Alternativa, per portarsi avanti nel lavoro, in vista delle future elezioni regionali, avendo annusato l’odore del formaggio, lui che da anni non vince neanche a bigliardino, si è subito speso nella promozione di alcuni candidati da offrire alle primarie. Pare che i nominati, Di Pietro e Frattura, a seguito dell’annuncio del commissario tecnico, non abbiano mai smesso di toccarsi le palle, e a Leva, il terzo dei nominati, che invece ci ha creduto, hanno detto: vai avanti tu che a noi viene da ridere. In questa atmosfera da “Grande fratello”, nella Regione peggio amministrata d’Italia - non è un caso che Iorio è ultimo nella classifica dei governatori - il centrodestra ha conseguito il miglior risultato. Qui da noi, a differenza di quanto dichiarato a Milano, pare che Bersani avrebbe detto: “noi abbiamo perso e voi avete vinto”. Se il concetto espresso dal segretario del PD non è risultato di facile comprensione al giovane Leva e al suo amico Ruta, sarà il caso che della questione se ne occupi il 118, inutile fonte febbraio gennaio 2005 la fonte giugno2005 2011 la la lafonte fontegennaio marzo disturbare i vertici del PD nazionale. A Roma, da un decennio a questa parte, hanno ricevuto solo delusioni dal Molise e tuttavia non hanno mai mosso un dito perché questo non accadesse. Ora non c’è più tempo, le elezioni regionali sono alle porte e, per il bene del Molise e non solo della sinistra, sarà indispensabile non consentire agli strateghi della sconfitta di frequentare anche la più inutile delle assemblee condominiali: potrebbero proporsi quali amministratori e sarebbe drammatico per gli ignari inquilini. Alle prossime consultazioni di novembre il centrosinistra, attraverso lo strumento delle primarie e non quello delle sagrestie, dovrà ricercare il suo leader il quale, insieme a chi vorrà starci, elaborerà un programma di governo credibile e concreto che dica a tutti i molisani: il paese dei balocchi proposto da Iorio e compagni a distanza dieci anni è risultato essere solo una favola. Per essere ritenuti in grado di affrontare e risolvere i gravi problemi ereditati dal precedente governo di destra sarà necessario l’impegno di tutti, perché nessuno nel nostro paese, nei prossimi anni, sarà disposto a tirar fuori un euro in più del dovuto per la terra di Iorio il quale, dopo il risultato elettorale ottenuto alle provinciali, va sbandierando che il suo amico Berlusconi gli ha promesso impegni milionari per la sanità, le strade, e soprattutto per il terremoto, chissà perché proprio ora che si è dimesso il sedicente SubCommissario.☺ [email protected]