foglio pluralista, democratico e, quindi, rivoluzionario anno 14 – numero 160 – Novembre 2014 www.ilsale.net Facebook Il Sale e-mail: [email protected] 2 Sommario Pagine 3 e 4 A proposito di privatizzazioni Pagina 5 e 6 Libere divagazioni di Carmelo R. Viola di Luciano Martocchia Pagine 7 e 8 "La caduta del muro di Berlino" presentato da Mill Pagine 9 e 10 A proposito di classe, coscienza di classe e partito Pagine 11 e 12 PESCARA: CITTA' TURISTICA SENZA TURISTI! di Lucio Garofalo di Antonio Mucci Pagine 13 e 14 L'assemblea nazionale verso lo sciopero sociale del 14 nov... di Marina Zenobbio Pagine 15 e 16 Furto e menzogna Pagine 17 e 18 Come Cambiare il mondo Pagina 19 I NOSTRI PRINCIPI di Tonino D'Orazio presentato da Mario Boyer de "Il Sale" 3 A proposito di privatizzazioni : SE DICIAMO IDIOZIA (ANTROPOZOICA) ISTITUZIONALE di : Carmelo R. Viola - 15 febbraio 2006 La privatizzazione di un servizio pubblico è un ritorno alla giungla, perché, come dice un proverbio siciliano, è come “affidare la pecora al lupo”. Questa espressione non è una battuta né una forzatura e nemmeno un’opinione campata per aria: è la valutazione oggettiva del filo conduttore di quel nuovo corso del capitalismo, che va sotto il nome di neoliberismo e che ha tutta l’aria di essere un’innovazione, avveniristica più che liberale, per il solo fatto di richiamarsi alla libertà. (La famosa “libertà economica” sta per “libertà bellica”!) Non ci troviamo davanti ad un’espressione retorica o che so io bensì davanti ad una logica dinamica estremamente rigorosa e semplice, evidente ed accessibile a chiunque non abbia già indossato i paraocchi. Un servizio pubblico, proprio perché tale, non può essere gestito da un privato per “la contradizione che nol consente” (come diceva Dante) : infatti, i fini dell’uno e dell’altro sono in diretta contrapposizione e quindi incompatibili. Vero è che il pubblico e il privato sono destinati a conciliarsi ma a condizione che seguano comportamenti complementari ovvero che si integrino a vicenda dando luogo alla socialità funzionale, al socialismo nel senso biologicamente reale della parola. Ma ciò non può avvenire se si scambiano le competenze: un’azienda privata persegue necessariamente profitti privati, non il bene pubblico e comune. E non per volontà del privato ma per il meccanismo stesso della produzione aziendale. C’è da fare una netta distinzione di fondo. Uno Stato può gestire tutti i servizi pubblici in due modi diametralmente opposti: a) può farlo come azienda di tipo capitalistico che compra il lavoro al minor costo possibile consentito dal mercato e vende i prodotti al maggior prezzo possibile (sempre secondo le leggi del mercato e della pubblicità). Il pubblico - cioè la società - sarebbe amministrato-governato da uno Stato-azienda capitalista. Secondo alcuni tale Stato sarebbe addirittura comunista! Ovvero, il comunismo altro non sarebbe che un capitalismo di Stato! Se così fosse, Marx ed Engels avrebbero potuto fare a meno di eseguire lunghi studi: sarebbe bastato suggerire di passare allo Stato ogni azienda privata produttrice di beni e servizi. L’affermazione “capitalismo di Stato uguale a comunismo” ha del puerile ma anche del furbesco: essa viene fatta circolare da privati capitalisti tesi a moltiplicare il proprio capitale a proprio piacimento. Per questi il vero capitalismo è quello privato. B) Altro modo di gestire l’economia è quello di produrre in maniera appunto socialistica, cioè senza sfruttamento parassitario del lavoro. 4 Perciò, per stare ai tempi, che con la caduta dell’Urss avrebbero dimostrato la irrealizzabilità del comunismo, bisognerebbe realizzare il vero capitalismo, l’economia naturale ovvero presuntivamente cònsona alla natura dell’uomo. E ci sono riusciti. Oggi per capitalismo s’intende solo il neoliberismo (cioè il ritorno della gestione dell’economia nelle mani dei privati). Ogni intervento dello Stato nel processo lavoro-retribuzione a favore dei lavoratori è bollato come assistenzialismo filo comunista! Tutto dev’essere guadagnato in una competizione fra due forze dispari, “padroni-lavoratori”, sia pure con l’assistenza sempre meno tollerata del sindacato. Tuttavia, bisogna ammettere che i fautori del capitalismo puro o fondamentalista hanno ragione (ogni intervento sarebbe come impacciare la forza del predatore a favore della preda) ma solo limitatamente all’essere il neoliberismo il vero capitalismo integrale e radicale (proprio “alla Pannella”, fautore della cancellazione dell’art. 8 contro la facile causa di licenziamento) ma non nel senso che questo risponda alla natura dell’uomo. L’uomo è quello che diventa - recita la biologia sociale. Il che significa che risponde sì alla natura dell’uomo primitivo, che non è ancora l’uomo, ma solo il bambino-adolescente dell’uomo evoluzionalmente adulto o dell’uomo propriamente detto: dell’uomo che può-deve “divenire”. Si tratta dell’antropozoo o uomo-animale, che si arricchisce di tecnologia - soprattutto militare - e si camuffa, scambiando il progresso tecnologico, che è neutrale come qualunque strumento, con lo sviluppo civile, che è tale solo se significa maggiore possibilità di rispondere ai diritti naturali. Esso antropozoo gioca sulla psicologia infantile che tende all’accentramento, all’egocentrismo, alla gara, alla sfida, al piacere della provocazione, alla trasgressione e al possesso senza limiti. L’uomo dei capitalisti è tutto focalizzato sulla psicologia del bambino e sull’analogia con il mondo animale. Con la giungla (sic!). Infatti, l’animale, il bambino, l’adolescente e l’uomo comune (medio) tendono al superamento dell’altro, alla prevalenza fine a se è stessa non foss’altro per rispondere - con modi e mezzi primitivi - al bisogno di esistere e sussistere. Dunque, il capitalismo sarebbe naturale! Ma se prendiamo come parametri esistenziali i comportamenti dei bassi livelli biologici e biosociali, dovremmo trovare naturale (e finiamo per trovare naturale) anche ogni forma di violenza e di crimine per prevalere: per valere di più, per possedere di più, per avere più potere! A dire il vero è quanto si osserva nel comportamento degli Usa, che, al momento rappresentano la superpotenza antropozoica più pericolosa per la specie umana. Ora, l’affermazione che sia “quella” la natura dell’uomo non è soltanto un errore ma una menzogna e l’espressione di una deficienza mentale. Il “compimento” dell’uomo è una conquista: l’uomo “vero” sta nell’alto dell’ideale scala evoluzionale della specie. E’ un possibile punto di arrivo: è la possibile futura società di uomini “compiuti” cioè evoluzionalmente adulti. E perché tale fine, non metafisico ma soltanto biosociale, venga raggiunto, è necessario non solo l’impegno - la volontà/filo conduttore dell’evoluzione come crescita progressiva di consapevolezza e di responsabilità morale (di sintonia ed empatia biosocioaffettiva) ma anche evitare che l’amministrazione dell’economia, insomma della produzione dei beni e dei servizi attraverso il lavoro, della gestione degli stessi e della loro fruizione, avvengano con mezzi e modi che riproducono il formarsi di privilegi e di condizioni di esclusione e di sacrificio gratuito che caratterizzano la società immatura. L’ondata di privatizzazioni, seguita al fallimento dell’esperimento sovietico (esperimento osteggiato e sabotato in tutti i modi possibili e inimmaginabili dal circostante mondo capitalista) - il Muro di Berlino ne era soltanto un erroneo drammatico baluardo di autodifesa - è la rivincita barbarica del capitalismo ma soprattutto una sconfitta della specie umana, che si avvia, con il ritorno alla giungla, alla propria progressiva fatale estinzione. ... continua nel prossimo numero de Il Sale 5 Libere divagazioni Luciano Martocchia Evitiamo le autocelebrazioni Qualche anno fa al Circo Massimo di Roma fu indetta una grande manifestazione con l'allora segretario generale CGIL Sergio Cofferati e si parlò di una partecipazione d tre milioni di persone : dato infondato perchè è dimostrato che il Circo Massimo non può contere tre milioni di persone. Oggi si parla di un corteo di un milione di persone e trattasi di agiografia di un'organizzazione e tentativo di rafforzare un potere personale della Camusso in seno alla CGIL ormai in piena crisi e calo d'iscritti. Questa agiografia è deleteria per il Sindacato dei lavoratori soprattutto quando esiste uno scollamento e distanza siderale tra le lotte corporative degli occupati e l'assenza totale fra i disoccupati/studenti e precari, figure quest'ultime-co.co.co introdotte purtroppo dal centro- sinistra con l'appoggio persino di Rifondazione Comunista . Le manifestazioni organizzate meticolosamente con le cifre mirabolanti di milioni di persone dichiarate dal Sindacato poi a conti fatti smentite dalla realtà ( ed è dimostrato ) con una spesa enorme mettendo in moto apparati burocratici capillari, molto bravi perchè lo fanno di mestiere, ormai non tengono più il passo con il paese reale , perchè queste manifestazioni sono il classico cerino acceso che durano il tempo necessario alla consumazione del picciolo , poi il buio, vuoto, il nulla, e servono solo a rafforzare il potere personale degli alti dirigenti sindacali, dimostrano tutto lo scollegamento tra lavoratori occupati e precari/disoccupati, in cui i primi ormai da circa 30 anni eleggono con votazioni bulgare e all'unanimità gli stessi quadri e dirigenti sindacali inamovibili , sclerotizzati che parlano un linguaggio sindacalese e parole d'ordine stereotipate identiche a quelle degli anni '80. I dirigenti sindacali vengono riciclati da una categoria all'altra e i massimi dirigenti tipo Camusso, Angeletti, Bonanni, alla fine del loro mandato , riceveranno in premio un seggio al Parlamento o la presidenza di qualche ente di stato . Il lato oscuro di mister Vaffa Grillo non ha mai attaccato Marchionne, Landini sì …fateci caso. A pensarci bene anzi io lo penso da sempre, non ha mai direttamente attaccato nemmeno berluskazz se non qualche timidissima e poco ingiuriosa frase. D'altronde che il cavaliere disarcionato e reo di frode ai danni dello stato di arcore's night e re del bunga bunga che abbia le mani in pasta un po’ da tutte le parti è cosa assai nota. Apro e chiudo una parentesi "ricordate quando il comico genovese fu cacciato dalla Rai ?? a quei tempi il CDA dell'emerita tv nazionale era composto da pidiessini e socialisti, a loro Beppe Grillo durante un'intervista concessa all'allora direttore di Rete 4 Emilio Fede, riservò una vera e propria minaccia di fargliela prima o poi pagare salatamente. Il comico finito senza impieghi lavorativi andò come si suol dire, a battere cassa alla corte del berluskazz il quale lo assegnò come collaboratore ad Antonio Ricci colui che s'inventò striscia la notizia, quindi chiese ed ottenne dal cavaliere mascarato un aiuto. La storia non termina così perchè in un certo senso la stessa sorte capitò al senatur di ruma ladruna umbertino bossi quando vide il suo giornale la Padania andare a carte e quarantotto, i dipendenti senza stipendio da oltre 10 mesi, praticamente stava per prepararsi a fallire e chiudere se non che anche il senatur si rivolse all'integerrimo sammaritano cavaliere di Arcore che gli sborsò, mi pare di ricordare un'esorbitante cifra pari a 12 milioni di euro ma il cavaliere in cambio volle la proprietà del logo lega nord e altri denari da scontare con azioni eclatanti da parte di quel movimento politico e che ricordiamo quali fossero, non per niente anche attualmente è allo studio una nuova alleanza tra quella gran brava persona che corrisponde al nome Matteo Salvini e Forza Italia, della serie quando il padrone chiama l'appello i dipendenti devono rispondere presente. Con tutto questo, sicuramente a qualcuno risulterà monotono riparlarne, ho soltanto voluto dimostrare che al mondo d'oggi è una cosa elementare saper cavalcare la tigre e saper leggere i mal di pancia del popolo e finchè esisteranno persone capaci soltanto di questo, il nostro paese si ferma e una cosa certa comunque c'è, gli stipendi a quei parlamentari di m5s, qualcuno anche bravo, sono assicurati chissà per quanto tempo ancora. 6 “Come mai , come mai, sempre in culo agli operai .. “ ( da un vecchio slogan sessantottino) Ho il dubbio che sia come il caso Cucchi, si è picchiato da solo e si è pestato la faccia da solo per poter accusare carabinieri, medici e polizia penitenziaria (una volta si diceva carcerieri), così succede per Landini, che ha trovato il modo di poter accusare Renzi e il PD, grandi difensori del popolo dei lavoratori, di tutte le malefatte e gli errori sindacali. Si provocano i poveri poliziotti, indifesi, che erano costretti a tenersi stretti i manganelli, che quei cattivi dei lavoratori volevano strapparglieli per poi poter attaccare il palazzo d'inverno, del grande e nuovo signore munifico Matteo Renzi di Firenze. Credo che solo le riprese in diretta possano cercare di mostrare il reale svolgimento dei fatti, ma dipende dall'inquadratura, dalla distanza del luogo degli scontri e occorrerebbe sapere gli antefatti. Una cosa sembra assodata che alcuni lavoratori si sono spostati dal luogo di concentramento, non andavano verso la stazione Termini, la direzione in cui si spostavano era dalla parte opposta, detto da chi era presente, Landini non mi sembra da tutte le immagini e i video un esagitato rivoluzionario violento, ma che tenda di bloccare gli scontri, fermando gli stessi lavoratori. Poi ognuno può pensarla diversamente, ma un governo che si dice dalla parte dei lavoratori, non si capisce se i lavoratori al comando delle imprese (anni fa venivano chiamati padroni) oppure da quelli che stanno sotto, in tutti i sensi prima di usare i manganelli si confronta con chi il corteo lo ha indetto. Ormai si assiste a manifestazioni, a Torino in primo luogo, in cui per sfilare ci vuole coraggio, ci sono più camionette che manifestanti, e questi sono dell'ordine del migliaio. Grande alleluia e osanna al "nuovo", che mi sa di vecchio, basta dare un significato diverso ai termini usati. I vecchi usurpatori dei diritti dei giovani, pensionati che succhiano lo stato, i giovani precari per colpa dei loro padri che sono costretti a mantenerli perchè non c'è un reddito di cittadinanaza, i ricchi che hanno quadruplicato le loro ricchezze in questi 30 anni e i lavoratori a cui viene succhiato il basso salario, con aumento di tasse, perdita dei diritti sociali e se questo lo chiamate "nuovo" voglio restare con il "vecchio".dalla parte degli ultimi contro i padroni ei governanti di ieri e di oggi, anche se si ammantano di innovatori, ma stanno dalla parte dei padroni Tar-De Magistris : chi ci sta speculando ? In una fase storica in cui la propaganda politica viene spacciata per cronaca, può risultare normale che la la sentenza sul caso De Magistris venga spudoratamente letta pro domo Berlusconi. Eppure il deliberato del TAR Campania smentisce chiaramente tale ipotesi. Come noto suddetto tribunale ha sospeso l'applicazione della c.d. Legge Severino al Sindaco di Napoli, condannato in primo grado, consentendone il ritorno in carica. Ebbene, il TAR ha sì promosso eccezione di costituzionalità alla Consulta riguardo la presunta illegittima retroattività del provvedimento, ma solo in base al fatto che la norma contestata preveda per i sindaci, contrariamente ai parlamentari, la sospensione dalla carica anche in caso di sentenza non definitiva. Non si metterebbe pertanto in dubbio che una legge successiva incida su precedenti posizioni giuridiche, bensì che, come nel caso in esame, tale impatto retroattivo possa non essere giustificato da una “pronuncia irrevocabile”, cioè da una comprovata “situazione di indegnità morale” che superi il divieto di retroattività. Conclude così il TAR: “ora, anche per l'assenza di una norma transitoria, non è possibile in via interpretativa al giudice del merito risolvere la questione della legittimità costituzionale del superamento del limite costituito dal divieto di retroattività della legge, anche nell'ipotesi in cui la sospensione della carica sia prevista in caso di condanna non definitiva”. Questo basterebbe a fugare ogni dubbio sul fatto che la decadenza di Berlusconi, dovuta ad un giudizio ribadito in Cassazione – tra l'altro per il reato di frode fiscale, ben più pesante di quello per abuso di ufficio contestato all'ex PM -, possa essere delegittimata dalla sentenza sospensiva emessa a livello amministrativo in favore di Luigi De Magistris. Tanto va la gatta al lardo… Che dispiacere ! Salvini ha subito violenza? Sono contro certe forme di contestazione ma non me ne frega nulla , da anni non fa altro che inveire con pesantissime ingiurie, minacce e persino con istigazioni al pestaggio, nei confronti di tutti gli italiani del sud ( quando cantava , "senti che puzza .. passano i napoletani " ) e di tutti gli stranieri residenti in Italia del Nord, a prescindere dal loro comportamento. Quindi non mi sento di dovergli proprio nessuna solidarietà e anzi per quanto mi riguarda può anche andarsene a quel paese ! Sulla stessa riga di Borghezio e Buonanno, per non parlar di diverse consigliere comunali e circoscrizionali leghiste.. L'odio razziale incita alla violenza e Salvini è andato appositamente in quella zona contravvenendo alle disposizioni della Questura. Cerca il pretesto per raccogliere quattro voti miserabili di quattro razzisti come lui, pessimo sistema adottato dai politici di mezza tacca, ricoprire vuoti pur di raccattare consensi. 7 "La caduta del muro di Berlino" e la campagna anticomunista di intossicazione dell'opinione pubblica” (Traduzione da Marx 21.it) Di fronte alla campagna anticomunista di intossicazione dell'opinione pubblica scatenata con il pretesto che sono trascorsi 25 anni dalla cosiddetta "caduta del muro", il Partito Comunista Portoghese ritiene necessario affermare quanto segue: 1. Più che la "caduta del muro di Berlino" ciò che le forze della reazione e della socialdemocrazia celebrano è la fine della Repubblica Democratica Tedesca (RDT), e l'annessione (quella che chiamano "unificazione") della RDT da parte della Repubblica Federale Tedesca (RFT) con la formazione di una "grande Germania" imperialista e la sconfitta del socialismo nel primo Stato tedesco antifascista e negli altri paesi dell'Est dell'Europa e, in seguito, la sconfitta del socialismo nell'URSS. 2. La creazione della RDT socialista, erede delle eroiche tradizioni rivoluzionarie del movimento operaio e comunista tedesco (di cui, dopo Marx e Engels, sono simboli Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht e Ernst Thalmann) è inseparabile dalla vittoria sul nazifascismo nella Seconda Guerra Mondiale e prodotto delle aspirazioni del martirizzato popolo tedesco alla libertà, alla pace e al progresso sociale. La responsabilità della divisione della Germania, a cui fin dal primo momento l'URSS si era opposta, ricade interamente sulle potenze imperialiste (Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia) che nelle rispettive zone di occupazione, e al contrario di ciò che accadeva nella zona di occupazione sovietica, non solo non smantellarono completamente le strutture hitleriane ma protessero i nazisti e i monopoli tedeschi (Krupp, Siemens e altri) responsabili della carneficina della guerra e crearono il 23 marzo 1949, contro gli stessi Accordi di Jalta (Febbraio 1945) e di Potsdam (Luglio/Agosto 1945), una RFT capitalista legata all'imperialismo nordamericano e alla NATO, fondata nello stesso anno, sei anni prima della risposta dei paesi socialisti dell'Est dell'Europa con la creazione del Trattato di Varsavia nel 1955, a seguito dell'entrata della RFT nella NATO. 3. Osteggiata e calunniata dalla reazione internazionale, la RDT, per le sue notevoli realizzazioni sul piano economico, sociale e culturale e per la sua politica antifascista e di pace, si impose e si fece rispettare nel concerto delle nazioni come Stato indipendente e sovrano e diventando dopo anni di dura lotta membro a pieno diritto dell'ONU (1973) contemporaneamente alla RFT. Ma l'imperialismo non ha mai desistito dai suoi tentativi di liquidare la RDT socialista riuscendo nel 1989 a raggiungere la vittoria, ottenendo che manifestazioni, in particolare a Lipsia, che nella loro essenza reclamavano il perfezionamento del socialismo e non la sua distruzione, prevalesse la dinamica controrivoluzionaria che ha condotto al precipitare degli eventi e all'annessione forzata della RDT da parte del governo di Helmut Kohl. 4. E' necessario smascherare l'ipocrisia di coloro che, alzando la voce contro il muro eretto a Berlino dalle autorità della RDT, hanno costruito e continuano a costruire barriere del più svariato tipo (sociali, razziali, religiose e altre) in tutto il mondo, compresi muri fisici, insormontabili, di cui l'esempio più brutale è il muro eretto da Israele per accerchiare e imprigionare il popolo palestinese nella sua stessa patria, a cui si aggiungono i muri eretti dalla Corea del Sud nella Penisola di Corea divisa, dal Marocco contro la lotta liberatrice del popolo saharaui, dagli USA alla frontiera con il Messico e altri. 5. La costruzione del muro di Berlino nel 1961, a carattere difensivo, è un episodio storico che si situa in un momento di acutissimo scontro anticomunista, che si proponeva, in accordo con la strategia di "contenimento del comunismo" proclamata dal presidente degli USA Harry Truman, la sovversione dei paesi socialisti. E' un prodotto della "guerra fredda" - scatenata dall'imperialismo ancora in piena Seconda Guerra Mondiale con il criminale lancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki – e della creazione nel Centro dell'Europa, dove si confrontavano i due potenti blocchi militari (la NATO e il Trattato di Varsavia), di uno dei più pericolosi focolai di tensione internazionale. E' la risposta a costanti provocazioni sulla linea di demarcazione tra la parte Est e quella Occidentale della città e a reiterate violazioni della sovranità della RDT, nel cuore del cui territorio si trovava Berlino, in un'incontestabile atto di sicurezza e di sovranità. Indipendentemente dall'opinione che si abbia sulla costruzione del muro di Berlino, la verità è che esso, se non ha contribuito, perlomeno non ha impedito che la RDT fosse internazionalmente riconosciuta come Stato indipendente e sovrano, l'Accordo Quadripartito su 8 Berlino, o il riconoscimento reciproco e la normalizzazione delle relazioni tra la RFT e la RDT e tutto il processo di coesistenza pacifica e distensione in Europa che ha portato nel 1975 alla Conferenza di Helsinki sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa. 6. E' importante non dimenticare che la competizione tra i due sistemi sociali opposti, il capitalismo e il socialismo, aveva sul suolo tedesco una delle sue più importanti e pericolose espressioni. Lo sforzo dell'imperialismo per presentare la RFT e Berlino Occidentale come "vetrina del capitalismo" è stato colossale. Un tale contesto conferisce ancora maggiore significato alle realizzazioni e al prestigio mondiale della RDT socialista, e alla sua attiva politica di pace e di solidarietà internazionalista. Il PCP non dimentica che il popolo portoghese ha trovato sempre nella RDT e nel Partito Socialista Unificato di Germania (SED) solidarietà con la sua lotta contro il fascismo e con la Rivoluzione di Aprile. 7. Al contrario di ciò che è stato poi proclamato dal capitalismo trionfante, la "caduta del muro di Berlino", l'annessione della RDT, le sconfitte del socialismo nell'Est dell'Europa, non hanno contribuito alla sicurezza e alla pace in Europa e nel mondo. Al contrario. Ciò a cui abbiamo assistito nel territorio della RDT è stata la distruzione forzata delle realizzazioni economiche, sociali e culturali di più di quarant'anni di potere dei lavoratori e, sul piano internazionale, al tentativo di imporre come è stato proclamato da Bush durante la "Guerra del Golfo", un "nuovo ordine mondiale" contro i lavoratori e i popoli. L'alleanza aggressiva della NATO, invece di sciogliersi come è accaduto con il Trattato di Varsavia, si è rafforzata e ha esteso la sua sfera di intervento a tutto il pianeta e la CEE, trasformata in Unione Europea con il Trattato di Maastricht, ha affermato senza dar luogo a dubbi la sua natura di blocco imperialista con un nuovo balzo delle politiche neoliberali, federaliste e militariste e la sua collaborazione con gli USA e la NATO. La Germania, manifestando le sue ambizioni di grande potenza economica e militare, ha esteso la sua sfera di influenza all'Est del continente europeo e si è lanciata nella distruzione della Jugoslavia rendendosi responsabile della prima guerra in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale. La situazione che oggi si sta vivendo in Ucraina, in particolare con l'ascesa al potere di forze fasciste, la persecuzione anticomunista e la scalata del confronto con la Russia è lo sviluppo logico della "cavalcata" dell'imperialismo verso Est che è seguita alle sconfitte del socialismo nella RDT e in altri paesi socialisti. 8. Il sistema capitalista che nel corso degli anni ottanta/novanta del secolo scorso si presentava a sé medesimo come il migliore dei mondi possibile in materia di democrazia, diritti umani, sviluppo economico e progresso sociale, non solo si rivela incapace di risolvere i problemi dei lavoratori e dei popoli, ma tende ad aggravarli sempre di più, al punto di mettere in causa la stessa esistenza dell'Umanità. Le sconfitte del socialismo non hanno cambiato l'essenza del capitalismo, ma hanno reso più evidente la sua natura ingiusta e disumana. La violenta offensiva sfruttatrice con cui i lavoratori oggi si stanno confrontando e che minaccia il mondo di una regressione sociale della dimensione di civiltà, la destabilizzazione e la distruzione di paesi e regioni intere, l'avanzata del fascismo, il pericolo di una nuova guerra di catastrofiche proporzioni, tutto ciò è conseguenza dei tentativi dell'imperialismo di trarre partito dalla "caduta del muro di Berlino", vale a dire, dalla distruzione della RDT e del campo socialista come sistema mondiale, per recuperare le posizioni che gli erano state conquistate nel corso del secolo XX dalla lotta liberatrice dei lavoratori e dei popoli, lotta in cui il movimento operaio e i comunisti tedeschi avevano svolto un ruolo che nessuna campagna di riscrittura e falsificazione della Storia riuscirà a cancellare. 9. La cosiddetta "caduta del muro di Berlino" è stata trasformata dai suoi apologeti nel simbolo del trionfo definitivo del capitalismo sul socialismo. Ma l'evoluzione della situazione internazionale negli ultimi 25 anni non solo smentisce le tesi deliranti sulla "fine della lotta di classe" e sulla "morte del comunismo", ma dimostra che il socialismo è più attuale e necessario che mai e che i lavoratori e i popoli di tutto il mondo resistono e lottano per liberarsi dalle catene dello sfruttamento e dell'oppressione imperialista. In un processo accidentato, fatto di avanzate e rinculi, di vittorie e sconfitte, il futuro dell'Umanità non è il capitalismo, ma il socialismo e il comunismo. Presentato da Mill 9 A proposito di classe, coscienza di classe e partito E’ assolutamente innegabile il fatto che, nell’attuale momento storico, segnato da una crisi non solo economica e strutturale, ma anche ideologica, politica e morale, che investe le radici stesse del modello di sviluppo occidentale che ha dominato il mondo negli ultimi decenni, serva la costituzione di un partito nuovo che si batta in nome e a fianco dei lavoratori, un partito che sia un’organizzazione di classe e rivoluzionaria, da creare ora e subito, o al più presto possibile. Serve in quanto è l’unico strumento davvero idoneo a promuovere una chiara coscienza della crisi e una coscienza di classe. Ma ciò a cui alludo non è esattamente un partito inteso nel senso classico e tradizionale, né tantomeno un partito professionistico di stampo post-leninista, o giacobino. Dico “post” non a caso, poiché la storia raccontata sul partito leninista è un cumulo di menzogne e mistificazioni. In ogni caso, neppure il vero partito leninista sarebbe oggi adeguato alla morfologia dell’odierno proletariato, che consiste nel precariato diffuso. Oggi non servono né la supponenza degli apparati gerarchici e delle nomenclature burocratiche, né tantomeno l’arroganza e l’ottusa autoreferenzialità dei funzionari e dei mestieranti della politica. Serve piuttosto un altro tipo di formazione politica del proletariato e dei lavoratori, possibilmente una forma auto-organizzata. Vediamo quale. Parto da ciò che asseriva Marx: “il proletariato si costituisce in quanto classe in opposizione al capitale”. Ciò implica l’esigenza di un partito come prodotto della classe, al di là dell’assunto per cui la coscienza di classe è esterna alla classe stessa. Serve dunque un partito che risponda alle istanze reali del proletariato, che oggi è rappresentato soprattutto da quei lavoratori (sotto)salariati più deboli e indifesi, vale a dire i giovani precari e i migranti, e ciò può determinarsi solo attraverso l’acquisizione e la crescita dei contenuti, dei gradi e delle forme della sua consapevolezza come classe. In tal senso, il compito essenziale di un partito rivoluzionario non è quello di essere una “avanguardia” in chiave sostitutiva rispetto alla classe, ma promuovere e diffondere nella maturazione di questa coscienza rivoluzionaria i principi elementari del socialismo scientifico, propagandare i presupposti e gli strumenti organizzativi di un’autentica “democrazia proletaria” che tenda all’unità e alla solidarietà proletaria, rappresentare in modo chiaro, coerente, concreto, la prospettiva internazionalista della lotta di classe. E’ evidente che non si può postulare a priori un modulo organizzativo a prescindere dal modo in cui si svolgeranno le dinamiche di classe, né prefigurare o mutuare forme storicamente esaurite. Il partito deve porsi come uno strumento duttile e dinamico, in grado di adeguare la sua stessa organizzazione a seconda di come si dipana il gomitolo degli avvenimenti, un mezzo di lotta e di organizzazione immerso nelle lotte dei proletari e dei lavoratori auto-organizzati, per cui deve agire senza pretese messianiche. Bisogna valutare il modo in cui si sono determinati alcuni eventi di notevole importanza sintomatica: si pensi ad alcune iniziative e manifestazioni di lotta del moderno proletariato precario. Non hanno avuto affatto bisogno della “potente macchina organizzativa del partito”, come sostenevano gli stalinisti e neppure il vecchio PCI, nonostante disponesse di una grande macchina organizzativa, è mai riuscito a mobilitare due milioni di persone in piazza in pochi giorni. Eppure, ciò accade oggi in Italia e in quasi tutti i Paesi europei. Ciò che manca a questi eventi è la razionalità delle forme di lotta, ovvero la coscienza di essere una classe e non un coacervo di persone disperate. 10 Oggi gli Indignati hanno individuato il nemico, cioè le banche e l’alta finanza internazionale (e questo è già un fatto di primaria importanza), ma ancora non riescono ad afferrare la necessità, o quantomeno il modo, di rompere la catena del comando capitalistico. E’ semplicemente una fase transitoria, ma estremamente significativa. Per cui occorre un partito per affermare esattamente che l’attuale crisi non si può superare nel quadro del capitalismo, ma bisogna riorganizzare la produzione economica andando oltre il capitalismo stesso. Il superamento di un sistema economico e sociale ormai degenerato e fallito quale il capitalismo, non può prodursi solo con la protesta e l’indignazione, ma serve un’azione cosciente e volontaria per abolirlo. E serve un partito per costruire il senso comune di questa necessità, per prefigurare uno sbocco rivoluzionario, vale a dire una fuoriuscita dalla crisi in una diversa formazione sociale. La necessità di un partito è un limite dovuto alla difformità dei gradi di acquisizione della coscienza di classe, ma è una necessità storica immanente, cioè intrinseca all’attuale momento storico. Non servono, dunque, modelli organizzativi precostituiti, ma servono l’azione e la creatività del proletariato moderno per conferirgli una forma duttile e dinamica in grado di respirare all’unisono con la classe stessa. Paradossalmente il proletariato vincerà esattamente quando cesserà di esistere in quanto classe sociale. Concludo evidenziando l’assoluta e irriducibile incompatibilità delle posizioni esposte finora a proposito di coscienza di classe e partito, con quanti celebrano ottusamente la sacralità del “Partito”, ragionando e comportandosi esattamente come quei cattolici fanatici e irredenti che esaltano dogmaticamente la sacralità della loro “Chiesa laica”. Lucio Garofalo 11 Viva la semplicità! PESCARA: CITTA’ TURISTICA SENZA TURISTI! Antonio Mucci (8-11-14) Pescara: una città stravolta e violentata non si sa quante volte. E purtroppo la devastazione continua. Tutte le statistiche cittadine-regionali-nazionali danno un calo generale del turismo, non solo di questo anno ma da vari. Però i governanti locali, ma anche quelli regionali e nazionali, in questo sono tutti d’accordo, insistono nel puntare sul turismo come “volano” per la ripresa. Chiacchiere governative a parte, la crisi è destinata a durare per tanti anni ancora ed a portare l’Italia al livello del terzo mondo. Solo un processo rivoluzionario, che io mi auguro, può impedire questo sbocco. Senza soldi la gente, logicamente, non fa turismo. Di conseguenza il progetto “Pescara città turistica” diventa un’utopia: un progetto astratto in cui l’unico elemento concreto è l’interesse economico personale degli amministratori di questi progetti, finanziati con i soldi dei cittadini e a danno degli stessi e dell’ambiente. A me Pescara sembra una città piena di ambizione e presunzione! Circa 5 anni fa, gli amministratori parlavano di ampliare l’aereoporto con una pista di atterraggio sul mare. Per fortuna non avevano i soldi e il progetto è stato accantonato. Ci siamo salvati! - Un periodo i dirigenti locali parlavano dello sviluppo del porto di Pescara perché doveva diventare “La porta dei Balcani” e, con questa scusa, hanno costruito il Porto Commerciale però, piccolo particolare, senza acqua sufficiente per fare attraccare le navi. A mala pena quest’estate è riuscito a funzionare il traghetto PescaraSpalato, ma c’è di nuovo il rischio insabbiamento per i fondali bassi, devono ricorrere al dragaggio, che è costosissimo, però non si decidono a rimuovere la diga foranea, la causa principale dell’insabbiamento. Si vuole fare un centro cittadino tutto chiuso al traffico, un’isola pedonale, compreso Corso Vittorio Emanuele che è l’arteria principale della città. Si vuole fare un centro di accoglienza per turisti con sedi di banche e di uffici, bar, ristoranti e locali vari per il divertimento, facendo fallire il piccolo commercio, mandando i cittadini a comprare nei grandi centri commerciali intorno alla città e, di conseguenza, espellendo gli abitanti dal centro, che si stanno spostando verso la periferia ed i paesi intorno (Spoltore-Pianella ecc.). La conseguenza di questo progetto astratto è che la nuova Pescara è una città preparata per il turismo però senza turisti, mentre la vecchia Pescara commerciale è in pieno fallimento e in via di smantellamento per la crisi economica. Si sta passando da città commerciale e consumista a città turistica depravata e degradata. Prostituzione-Emarginazione-Droga-Rapine-Furti-Teppismo, tutti mali in continua espansione. Basta leggere le statistiche della Caritas e dei Centri anti-violenza per rendersene conto. La Caritas ha censito 385 persone Senza Tetto nel 2013, in continuo aumento come dimostrano le statistiche del Centro di accoglienza “On the road” che hanno registrato 120 presenze in più solo nei primi sette mesi di quest’anno. Invito i senza tetto a scrivere sul nostro giornale per fare sentire la loro voce e le loro esigenze. Secondo me la nuova città non esprime un miglioramento ma un peggioramento. Non mi piaceva la Pescara commerciale, ma mi piace ancora meno quella turistica. A Pescara si dice che “Si sono montati la testa”! In effetti è con questo spirito che le amministrazioni locali hanno agito da 40-50 anni a questa parte, stravolgendo e violentando ripetutamente l’indole e la natura della città e dei suoi cittadini. Io ho molta nostalgia per la Pescara semplice-modesta-tranquilla di 50-60 anni fa, con le casette basse, il verde, il mare pulito e senza massi in mezzo all’acqua, il fiume pulito, l’aria pulita, l’acqua pulita, il cibo era genuino, piena di rapporti umani e di gente allegra. Con tutto quello che abbiamo perso come si fa a parlare di progresso? Stiamo perdendo l’essenza della vita, come si può vivere contenti in una città del genere? 12 Oggi è una città triste piena di poveri che chiedono l’elemosina. Ovunque vai c’è qualcuno che ti chiede qualcosa. E’ avvilente non solo per quello che chiede ma anche per quello che passa e che vede un essere umano così umiliato. Lui non ha colpa del sentimento di tristezza che genera perché non ne è la causa ma l’effetto. La causa è l’ingiustizia sociale che lo riduce in quelle condizioni. Attualmente la città è piena di contrasti che la rendono disarmonica, in piena contraddizione tra un centro lussuoso con le strade lastricate di marmo, le fontane illuminate, e un abbandono e degrado generale non appena ci si allontana. La puzza di fognatura ti perseguita dappertutto, centro compreso, fa pieno contrasto con i marmi ed è veramente molto sgradevole. Invece di fare i pavimenti di lusso non sarebbe meglio accomodare o rifare le fogne? Dare la precedenza ai problemi fondamentali della massa dei Pescaresi? Niente da fare! Prevale la logica piccolo-borghese del “salotto buono”, cioè del fare una sala tutta bella e accogliente per quando “viene la gente”, per non “fare brutta figura”, e poi il resto delle stanze dell’appartamento è tutto raffazzonato e misero. Questa è la logica degli amministratori locali. In conclusione, a mio avviso, “Pescara città turistica” è un altro buco nell’acqua, un altro spreco di denaro inutile e dannoso. La soluzione? Non la devo dare io, non è un problema personale ma dei 123.000 Pescaresi. Se non vengono consultati, non vengono fatti partecipare alla vita pubblica, né decidere, come fanno a dare le soluzioni?E’ impossibile! Ogni tanto, raramente, quando conviene a una parte politica o all’altra, i cittadini vengono invitati a esprimersi con dei pseudo-referendum o raccolte di firme che nessuno prende in considerazione. Naturalmente non mi si venga a dire che non è così perché i cittadini hanno il diritto di voto, eleggono i propri rappresentanti e tramite loro decidono l’amministrazione della città: tutto questo è talmente lontano dalla realtà che sinceramente mi fa venire da ridere e quindi non lo prendo nemmeno in considerazione. Come attenuante per gli amministratori pescaresi c’è da considerare che questo processo di imbarbarimento locale è una conseguenza della globalizzazione economica e del pensiero neoliberista mondiale. Nello stesso tempo c’è da dire che loro, sempre a mio avviso, commettono l’errore di credere ciecamente e fanaticamente a queste teorie, per cui non solo non le ostacolano né vi si oppongono, anzi l’accompagnano e le estendono. Poveri noi! Non rimane altra strada che la ribellione! 13 L’assemblea nazionale verso lo sciopero sociale del 14 novembre 02 novembre 2014 Le realtà che hanno indetto lo sciopero sociale del 14/11 si sono incontrate a Roma. Odg: organizzazione e sguardo al futuro. di Marina Zenobio Si è tenuta oggi a Roma, nel “meraviglioso mondo di OZ”, Officine Zero, spazio riconquistato al sociale dove una volta c’era la fallita fabbrica Rsi (Rail Service Italia, ex Wagon List), l’assemblea nazionale in preparazione dello sciopero sociale del 14 novembre. All’incontro hanno partecipato circa 250 le persone, provenienti da tutta Italia, molte delle quali in qualità di portavoce dei numerosi laboratori sociali, almeno 60, che a livello nazionale si sono costituiti dopo lo Strike Meeting si settembre. Una coalizione sociale che, partendo dal basso, si è posto l’obiettivo “di segnare una inversione di tendenza alla frammentazione e una decisa opposizione alla precarizzazione, alle forme di sotto- salario e di lavoro semigratuito, alla disoccupazione di massa istituzionalizzate dalle misure del governo Renzi e dai diktat della Bce”, nonchè “una piattaforma di lotta articolata e ricompositiva”. 14 Hanno portato la loro testimonianza di laboratori sociali numerosi città, tra cui Roma,Napoli, Milano, Padova, Firenze, Bari, Pisa, Bologna, Torino, Genova. Hanno raccontato come si stanno organizzando sui rispettivi territori nel prendere contatti con situazioni anche periferiche dove vivono lavoratori sfruttati ma in condizioni di quasi isolamento, per cercare di fare rete tra componenti sociali, studentesche, precari e disoccupati. Si è parlato anche di iniziative locali da organizzare sempre il 14 novembre, per coloro che non potranno scioperare, perché sotto ricatto di contratti capestro, e della possibilità di un social strike utilizzando i social network. La questione è stata affrontata anche a livello europeo, perché tale è il processo di riforma del mercato del lavoro, ed il Jobs Act in tal senso si rifà alla riforma tedesca. Da quello che è emerso nell’incontro e in base ai contatti europei costruiti dalla neonata coalizione sociale, il 14 novembre ci saranno iniziative di protesta anche in Francia, Belgio, Lisbona e Berlino contro il controllo del mercato del lavoro e della disoccupazione attuato dai jobs centre. Anche la questione di genere ha preso il suo spazio con Marta, del Laboratorio romano sulle tematiche di genere, ricordando come la riforma del mercato del lavoro del governo Renzi che comprende non solo il Jobs Act ma anche il Ddl Poletti, non colpisce in forma neutra. Le prime vittime sono le donne, le prime ad essere licenziate in caso di crisi, e il salario delle donne è inferiore del 16,5% rispetto agli uomini. Per questo il 14 sarà sciopero anche dei/dai generi. Michele, della Fiom, ha ricordato, se servisse, le drammatiche conseguenze del trasferimento delle fabbriche nei paesi dove la manodopera costa meno, e la conseguenze competizione tra operai. Tra i sindacati di basi erano presenti Usi e Piero Bernocchi per la confederazione Cobas che ha precisato che il 14 novembre è solo una prima grande prova generale ma oltre alla riuscita dello sciopero sociale di quel giorno, è importante lavora in prospettiva, guardare già al futuro, alla nascita di altri laboratori sociali e oltre. Ha proposto quindi la convocazione di un altro incontro nazionale per il prossimo 7 dicembre, proposta accettata dall’assemblea. Sarà sciopero sociali, quindi, il 14 novembre, uno sciopero di 24 ore che si svilupperà in diverse forme. “Sarà uno sciopero del lavoro dipendente e del lavoro precario, di quello autonomo e della formazione, sarà uno sciopero metropolitano, meticcio, digitale e dei/dai generi” Per fermare il Jobs Act, per l’abolizione delle 46 forme contrattuali della legge 30, per un salario minimo europeo, per un reddito di base universale, per la redistribuzione di tutti i lavori quindi no all’accordo sul lavoro per Expo 2015, per l’estensione del diritto alla malattia e alla maternità, per la stabilizzazione delle e dei precari nella scuola, per la gratuità dell’istruzione, per un rilancio massiccio degli investimenti pubblici. 15 Furto e menzogna Tonino D’Orazio, 14 novembre ’14 Dal Quirinale in giù, passando da tutte le massime istituzioni della repubblica. I padri costituzionali ci tennero a precisare all’art.1 che “L’Italia è una repubblica democratica …”. Sapevano e avevano già capito il vecchio vizio populista italiano e quindi che poteva diventare una semplice repubblica, non necessariamente democratica. Mi sa che ci siamo da un po’ di tempo. Molti fanno finta e scherzano sul fatto che il potere appartiene al popolo e non ai partiti o ai capibanda. Da re Giorgio che continua a minacciare il Parlamento di andare via (tutti hanno capito che su quella sedia ci vuole morire per avere storici funerali di stato) se quest’ultimo non si sbriga a fare quello che lui ha deciso. Non vuole morire senza aver abolito i cardini della Costituzione della quale pensavamo fosse garante e non sensale. Nemmeno per lui valgono le risposte della Corte Costituzionale sull’illegittimità della legge elettorale attuale, che conclude nel definire le ultime tre legislature come illegali, “non rispettosi del dettame costituzionale”, (e come lo doveva dire!), identica a quella che il terzetto Renzi/Napolitano/Berlusconi vogliono riproporre, se non in peggio almeno con gli stessi vizi, non solo di forma. Furto è l’esproprio del diritto dei cittadini a scegliere direttamente i propri rappresentanti. E’ successo per la “riforma” delle province, la falsa abolizione, che è cambiata solo per i cittadini poiché non votano più. E’ la stessa riforma prevista per il Senato, cioè il furto dell’esproprio del voto diretto. Potevano abolirlo direttamente. L’esproprio esiste per il Parlamento complessivamente poiché si possono votare solo persone già decise da gruppettari e oligarchi, segretari di partito nelle segrete stanze, con accordi segreti, come nella migliore scenografia massonica. La menzogna sta da un lato nel teatrino continuo che siamo costretti a seguire a reti unificate e che annega in un mare di chiacchiere, di false se non stupide dispute. Risulta, a una maggiore analisi, che gran parte di quello che raccontano, sia il governo che i responsabili di partito o qualche peones parlamentare, sia costantemente falso, perché aleatorio un giorno sì e uno no. Nel PD continua un teatrino di una finta opposizione interna che si traduce costantemente in voto di sostegno a quello che “non vorrebbero”, e ce lo spiegano a noi che possiamo solo guardarli inutilmente esterrefatti da questa ricerca di condivisione. Ma la cosa è continua e incredibile, cioè non credibile alla lunga. Dall’altro assistiamo al furto continuo nelle nostre tasche, nel nostro minimo vitale. In un modo o nell’altro prendono almeno 30 euro al giorno a tutti e in tutti i modi possibili (provare a calcolare per credere). Al concetto del pagare le tasse per avere servizi ci troviamo a continue tassazioni, dirette e indirette, e con una diminuzione proporzionale e costante dei servizi. Questo fatto permette sia di mettere in dubbio la validità culturale di pagare le tasse direttamente e sia, evidentemente, la fuga del “si salvi chi può”, sottinteso o esplicito così come è in atto. (Vedi meno entrate, aumento del nero e dell’evasione). In questi ultimi tre anni non vi è stato assolutamente nessun vantaggio all’aumento delle tasse. Complessivamente più di 30%. I servizi sono diminuiti di più del 35%. Qualsiasi “riforma” è stata fatta solo per aspirate soldi e risparmi, e far pagare i cittadini per cose con hanno più. Flusso di denaro soprattutto da quelli meno abbienti per trasferirli a quelli ricchi. Lo raccontano tutti, con una certa sfacciataggine, tutti i giorni, ai poveri incollati davanti ai televisori. I soldi per lavoratori e sociale si prendono all’Inps, cioè ai lavoratori stessi e si ridistribuiscono tra poveri. Tutte le “riforme” economiche sono state fatte per permettere ai parassiti e alle banche di pompare avidamente soldi, finché dura. 16 Obbligo di conti correnti (la loro tenuta annua è in media di 320 euro, la più cara d’Europa, dove la media è di 90 euro, giusto per ironia, in Lussemburgo è gratis); obbligo di non poter ritirare più di 1.000 € a volta, sapendo che milioni di pensioni e stipendi si aggirano tra 500 e 1.000 €; obbligo delle carte di credito per spese superiori a 30€ con relativa cresta, ma nel futuro prossimo, ci annunciano, è prevista solo moneta elettronica in modo da prelevarveli direttamente su smartphone; cambio continuo delle banconote per impedire che qualcuno possa metterli “sotto la mattonella”. In nome della tracciabilità e magari della privacy. Ve l’immaginate la malavita, con giro d’affari miliardario, mettere i soldi sul libretto postale per farsi controllare dallo Stato? Nemmeno i polli possono ridere. In realtà è un sistema continuo di controllo sulle persone, sui mediamente poveri, sui loro soldi nell’eventualità di doverli decurtare o appropriarsene per legge. Stupisce qualcuno che siano spariti dall’Italia 67 miliardi di euro tra giugno e agosto scorsi? (Dati Banca d’Italia Privata) Da giugno, quando il FMI aveva suggerito di decurtare del 10% i c/c con più di 100.000€. Era una farsa o un avvertimento? Intanto l’esodo c’è stato, come sta avvenendo da Svizzera su estero dopo gli accordi che entreranno in vigore solo nel 2017 per “informazioni” sui loro correntisti italiani e il nostro fisco. Hanno ancora un po’ di tempo per trasferire il loro mal-denaro in paradisi fiscali, magari in succursali bancarie gestite dagli stessi svizzeri. Altro che trasparenza. Oppure i tagli riformisti del governo alle regioni e ai comuni, altro modo di far pagare ai cittadini per interposte istituzioni, svalorizzandole gravemente, avendo l’unica garanzia di pagare di più con minori servizi. In genere sul socio-sanitario i servizi scompaiono sempre più velocemente. L’altro furto sta nel privatizzare i servizi, e tutti sanno che le privatizzazioni (anzi l’affabulazione dell’esternalizzazione) costano di più, perché ci mangia gente (e sono tanti! Decine di migliaia di parassiti) che non ha nulla a che vedere con il lavoro e le finalità del servizio stesso e che serve solo a tagliare posti di lavoro. La menzogna sistematica sulla “ripresa” che non solo non c’è, ma continuando così non ci sarà mai. Le lacrime di coccodrillo di fronte al disastro del lavoro giovanile, della disoccupazione, della povertà e della precarietà. (Dati Fao: 680.000 bambini patiscono la fame in Italia). Anche Bergoglio ha dovuto difendere la chiesa dall’analisi politica, sconcertante, sulla fatalità della situazione e ricomporre le responsabilità a chi tocca. Difendere i poveri dalla guerra dei ricchi è chiaramente comunista. 17 Eric Hobsbawn Come Cambiare il mondo Perché riscoprire l’eredità del marxismo (Libera sintesi del testo da parte dell’IRES CGIL Abruzzo, a cura di Mario Boyer) (Segue dal n. 158 - Quindicesima Parte) Il radicalismo culturale dell’avanguardia del Novecento rimase comunque esterno ai movimenti operai, i cui membri mantennero gusti tradizionali, mentre i leaders socialisti della generazione nata dopo il 1870 non furono più in sintonia con le avanguardie artistiche radicali. Rosa Luxemburg e Trockij, ad esempio, disapprovarono il soggettivismo estremo delle avanguardie. La Luxembourg criticò apertamente “la loro capacità di esprimere uno stato d’animo ma null’altro; non si possono fare degli esseri umani con degli stati d’animo.” Quello che i marxisti non riuscivano ad apprezzare nel virtuosismo formale e nella sperimentazione, era che vedevano in essi una “ritirata” (piuttosto che una “avanzata”, come sosteneva l’avanguardia), un inaccettabile abbandono del contenuto dell’arte, compreso il suo contenuto politico e sociale. Non potevano accettare un soggettivismo puro, un quasi solipsismo, come quello che Plechanov rilevava nei cubisti. Plechanov giunse ad affermare nel 1912-13: “la maggioranza degli artisti di oggi seguono il punto di vista borghese e sono del tutto refrattari alle grandi idee di libertà del nostro tempo”. Se dunque alcune delle nuove avanguardie rimasero lontane dal socialismo, e alcune sarebbero diventate addirittura fasciste, gran parte degli artisti ribelli era semplicemente in attesa di una congiuntura storica in cui la rivolta artistica e quella politica potessero finalmente congiungersi. La trovarono dopo il 1914, nel movimento contro la guerra e nella Rivoluzione russa. Dopo il 1917 il congiungimento tra marxismo e le avanguardie tornò a compiersi, a partire dalla Russia e dalla Germania. Nel marxismo della Seconda Internazionale c’era una vera e propria Teoria dell’arte nella società, benché il corpus ufficiale della dottrina marxiana non ne fosse consapevole: si trattava della Teoria dell’arte di William Morris. Se mai vi fu un’influenza marxista importante e durevole, essa viene attraverso questo corpo di pensiero che guardava oltre la struttura delle arti nell’era borghese (l’artista “individuale”), verso l’elemento della creazione artistica in tutti i lavori e le arti della vita popolare, e oltre la produzione di merci nell’arte (l’“opera d’arte individuale), in direzione della vita quotidiana. Tale Teoria venne trascurata perché Morris, che fu uno dei primi artisti britannici delle arti applicate, era visto prevalentemente come un artista famoso più che come un politico, e anche perche la tradizione britannica di teorizzare su arte e società, che Morris miscelò di marxismo, aveva pochi rapporti con la corrente principale del pensiero marxista. Lo stesso Morris era abbastanza realista da sapere che, finché fosse durato il capitalismo, l’arte non avrebbe potuto diventare socialista. 2 - MARXISMO NELL’EPOCA DELL’ANTIFASCISMO (1929-1945). Gli anni Trenta del Novecento sono il decennio in cui il marxismo divenne importante tra gli intellettuali dell’Europa occidentale e del mondo anglofono. Già lo era da molto tempo nell’Europa orientale. 18 Contrariamente all’opinione comune, dopo il recedere dell’ondata rivoluzionaria del 1917-’20, il marxismo che divenne preponderante, cioè l’Internazionale comunista, non esercitò alcuna attrattiva sugli intellettuali occidentali di formazione borghese. Quello che esercitò una potente sollecitazione a rapportarsi, o addirittura a entrare nelle file della sinistra internazionale, fu l’avvento del fascismo in Italia, Spagna, Portogallo, Germania e la Guerra civile in Spagna. La maggior parte degli intellettuali laici fu di certo avversa al fascismo europeo. In Gran Bretagna, in Francia e negli Stati Uniti tra coloro che si erano mobilitati a favore della Repubblica spagnola vi erano intellettuali di primo piano: Dos Passos, Dreiser, Faulkner, Hemingway, Upton Sinclair, John Steinbeck, Torton Wilder. Nel mondo ispanico i poeti erano schierati quasi senza eccezioni. Nelle file della sinistra internazionale c’erano scrittori e artisti che si riconoscevano nel comunismo o quanto meno nell’antifascismo: Malraux, Silone, Brecht, Garzia Lorca, Eisenstein, Picasso, Gor’kij, Joyce, Proust, i grandi pittori francesi del primo Novecento, Charlie Chaplin. Non si trattava sempre di una cultura specificamente marxista. Ai fini della sua “scesa in campo” fu dunque importante il ruolo svolto da una minoranza di intellettuali comunisti che si impegnarono a delinearla. L’antifascismo europeo si configurava come complesso. Dagli anni Trenta in avanti appariva chiaro che l’alleanza antifascista avrebbe dovuto aprirsi politicamente a tutti gli oppositori ai regimi instaurati in Europa. Il riconoscimento di questa situazione da parte dei comunisti urtò la suscettibilità dei suoi intellettuali e militanti, ma ciò non creò particolari problemi fino alla liberazione, considerato il pericolo immanente della Germania nazista e dei suoi alleati, Italia e Giappone. In breve: - nella sinistra europea e tra gli intellettuali l’antifascismo prevalse su ogni altra considerazione; - al contrario, gli studenti universitari in Europa centrale e occidentale rimasero in prevalenza estranei all’antifascismo e anzi, come in Germania, Francia e Austria, era assai probabile che si mobilitassero a destra; - nei Paesi balcanici, invece, a partire dalla Jugoslavia era il comunismo ad attrarre fortemente i giovani studenti. Dunque, è impossibile generalizzare sul rapporto tra intellettuali e antifascismo in blocco. 3 - L’INFLUENZA DEL MARXISMO 1945–1983. Dalla fine della SECONDA GUERRA AL CENTENARIO DELLA MORTE DI MARX. Dal punto di vista storico il risultato più importante di Marx è la forza dell’impatto politico del marxismo sulla realtà a livello mondiale. Ma straordinario è stato anche l’impatto intellettuale sulla conoscenza e sulla cultura. Non sono molti i pensatori il cui nome evoca, come quello di Marx, le profonde trasformazioni che hanno apportato all’universo intellettuale. Marx è tra questi, è assieme a figure come Newton, Darwin, Freud. Non è un caso il fatto che il numero dei rimandi delle voci ”Marx” e “marxismo” nell’indice della prestigiosa International Encyclopaedia of the social sciences (1968) superi di molto quelli di qualsiasi altro pensatore. A un secolo dalla sua morte Marx era sopravvissuto a cento anni di ostilità. La sua statura intellettuale non è mai stata seriamente in discussione. E questo malgrado che i partiti socialdemocratici ex marxisti disconoscessero la sua influenza, e che l’Urss perdesse progressivamente attrazione nei confronti della sinistra mondiale. “…..continua nel prossimo numero” presentato da Mario Boyer 19 I NOSTRI PRINCIPI 1) Questo “Foglio” si autofinanzia e si autogestisce in tutto e per tutto, dalle piccole alle grandi cose, in base al principio dell’AUTOGESTIONE! 2) Il principio della DEMOCRAZIA DIRETTA è alla base del nostro funzionamento! Non c’è Comitato di Redazione né Direttore Responsabile! L’Assemblea è sovrana, cioè decide tutto! 3) Parità di tempo e di spazio per tutti, nelle riunioni e nella pubblicazione degli articoli (2 pagine di spazio per ognuno). Tutto ciò in nome della PARI DIGNITA’ DELLE IDEE!. 4) Il Coordinatore nelle riunioni viene effettuato a rotazione da tutti, in base al principio della ROTAZIONE DELLE CARICHE! 5) Si applica la formula “Articolo presentato da.....” per permettere ad ognuno di pubblicare idee ed analisi scritte da altri, però da lui condivise. Questo in nome del principio della PARTECIPAZIONE! 6) E’ necessario essere presenti nelle ultime 3 riunioni per avere il diritto di voto alla quarta. Principio apparentemente contraddittorio con la sovranità assoluta dell’assemblea ma funzionale ai fini organizzativi. Il nuovo arrivato deve avere il tempo di capire il funzionamento e lo spirito del giornale! 7) Il motto “Una penna per tutti!” è in funzione della MASSIMA APERTURA DEMOCRATICA! 8) Questo “Foglio” NON HA FINI DI PROPAGANDA E DI LUCRO, pertanto rifiuta ogni forma pubblicitaria personale, a pagamento o gratuita! 9) “A tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità!” 10) L’ultimo principio non si può scrivere perché non esiste all’esterno, ma soltanto dentro di noi e si chiama “Coscienza”. Questo principio lo mettiamo per ultimo perché è il più difficile da capire in quanto generalmente viene considerato “astratto”. In realtà è il primo principio perché senza la coscienza-convinzione che questi principi-regole sono fondamentali per realizzare la libertà e la democrazia nel gruppo, si decade nell’autoritarismo. L’esserne consapevoli significa essere coscienti. Questo è il principio della COSCIENZA! “IL SALE