COPERTINA 3 / LUCREZIA, VITTIMA DELLA CALUNNIA FINTA MESSALINA DEL VATICANO LA Pochi personaggi nella storia hanno ricevuto un trattamento più ingiusto e calunnioso di Lucrezia Borgia. La figlia di papa Alessandro VI pagò col suo onore l’aver assecondato fedelmente i giochi di potere della sua famiglia, secondo i costumi dell’epoca. Ma anche la bellezza e le virtù che possedeva furono fatali per il suo buon nome, esponendola a maldicenze e diffamazioni d’ogni genere causate dall’invidia o dal rancore. Ma a dispetto della leggenda nera costruita sulla sua figura da malelingue e romanzieri d’appendice, Lucrezia fu una donna onesta e una duchessa rimpianta dal suo popolo I di Mario Stranges l nome di Lucrezia Borgia richiama alla memoria la figura di una donna considerata la «dark lady del Rinascimento», un amalgama incendiario di Mirra, Taide e Messalina, icona formatasi nel corso di secoli su questa figlia di un papa, vissuta all’ombra del Vaticano vicino ai suoi «terribili» parenti. Questa raffigurazione indubbiamente ne costituisce il fascino più potente. Osservava Gregorovius nella sua «Lucrezia Borgia» (1874): «Di Alessandro VI e di Cesare v’è una storia: di Lucrezia Borgia invece abbiamo appena qualcosa più di una leggenda. E, stando a questa, essa non è che una Menade, l’ampollina del veleno in una mano, nell’altra il pugnale, una Furia, con i lineamenti belli e dolcissimi di una Grazia». Questa leggenda, allettante per altre categorie, rappresenta per lo storico la parte più stucchevole della vita di Lucrezia, le cui vicende sono legate indissolubilmente a quelle del padre pontefice e del fratello Cesare, non soltanto per motivi generazionali, ma perché le azioni di questi STORIA IN RETE | 24 due si riverberano sulla figura di Lucrezia che ne è sinistramente illuminata e valutata. E’ logico che nell’odio che, per ragioni politiche, i vari Stati e i signorotti locali nutrivano verso il Papa e Cesare, e in un secondo tempo nell’odio religioso dei protestanti verso il Papato, fosse coinvolta anche Lucrezia. Per circa quattro secoli questa personalità è stata caricata di tali turpitudini da riuscire inconcepibile che possano essere state commesse da una donna vissuta appena trentanove anni, di cui i primi ventuno trascorsi a Roma, e sono quelli che hanno dato luogo a tutte le accuse, e gli altri diciotto a Ferrara, sposa di Alfonso d’Este. Per questo secondo periodo si è avanzato soltanto il sospetto di due relazioni amorose. Lucrezia, per la sua condotta a Roma, è ritenuta un’assassina, complice o ispiratrice della maggior parte dei crimini attribuiti agli altri della famiglia. Nello stesso tempo, è stata ammirata per i suoi modi accattivanti, per la sua bellezza, lusso e irresistibile fascino. Al contrario, una volta a Ferrara, la sua condotta muta radicalmente e di colpo, diventando «specimen» di sposa fedele, di cat- Ottobre 2011 Anonimo, Ritratto di Lucrezia nelle vesti di Beata Beatrice d’Este, (sec. XVIII). Lucrezia Borgia fu molto amata dai suoi sudditi ferraresi sui quali regnò dal 1505 al 1519, anno della sua morte. Fu sepolta nel monastero del Corpus Domini indossando gli abiti di terziaria francesana Ottobre 2011 | 25 STORIA IN RETE tolica osservante e praticante, di duchessa che coadiuva il marito nel governo dello Stato, circondata dall’affetto dei suoi sudditi, tanto che Gregorovius parla di una trasformazione di Lucrezia da vittima dei suoi terribili parenti e insieme sirena ammaliatrice, in una Maddalena penitente. «Novella Cunizza del Rinascimento» la chiama Vittorio Cian. Nessuno dei contemporanei, siano storici, cronisti, ambasciatori, letterati o poeti, ha accusato Lucrezia – Paolo Giovio ne parla col massimo rispetto – di as- Novecento, numerosi letterati ampliano e rafforzano la leggenda con una quantità enorme di romanzi e drammi sui Borgia. I più famosi tra i romanzieri sono Dumas e Apollinaire. Tra i drammaturghi il posto d’onore spetta a Victor Hugo per la sua «Lucrezia Borgia», che diventerà un’opera lirica con musica di Donizetti su libretto di Felice Romani. Ciò proprio mentre la critica storica tentava di smantellare la tradizione sulle infamie di Lucrezia Borgia. Fra gli storici dell’Ottocento, alla revisione della figura di Lucrezia avevano Le accuse sono frottole di libellisti protestanti e di romanzieri, ai quali va ascritta la creazione del mostro: Lucrezia avvelenatrice e prostituta, dipinta con le tinte più fosche e odiose sassinii o avvelenamenti. Tali accuse sono tutte frottole dei libellisti protestanti e più tardi dei romanzieri e dei drammaturghi ai quali va ascritta la creazione del mostro, specialmente per gli avvelenamenti e la prostituzione, dipingendo con le tinte più fosche e odiose questa donna, tale solo per le sembianze fisiche. Nell’Ottocento e nel Presunto ritratto di Giovanni Sforza dipinto da Giovanni Bellini. Lo Sforza, obbligato a divorziare da Lucrezia per sospetta impotenza, diffuse le prime feroci maldicenze sui Borgia STORIA IN RETE | 26 dato inizio le poche pagine dedicatele da Thomas Roscoe (1805), alcuni scritti de Giuseppe Antonelli (1867 e 1871) e di Giuseppe Campori (1866) e le due biografie di Karl Goedeke (1838) e William Gilbert (1869). Ma è proprio lo storico protestante Ferdinand Gregorovius che, nel dedicarle una monografia, demolisce, quasi compiutamente, l’edificio di accuse. Nel secolo ventesimo, le vicende di questa famiglia continuano ad appassionare storici, eruditi, e purtroppo anche numerosi scrittori di varia estrazione, i quali ultimi s’improvvisano studiosi dei Borgia scrivendo delle biografie romanzate o romanzi biografici, spacciati per vera storia. Esaminiamo brevemente le accuse che hanno un apparente fondamento. La prima viene mossa a Lucrezia dal contemporaneo Stefano Infessura (1435-1500 ca.) e si riferisce al tempo della celebrazione del suo matrimonio con Giovanni Sforza, nel giugno 1493. Dopo aver descritto il ricevimento nuziale, Infessura racconta, ma come diceria («ut fertur»), che il Papa aveva accompagnato la figlia e il marito nell’appartamento nuziale per assistere alla consumazione del matrimonio, («ubi dictus sponsus iunxit se cum uxore sua»). Ma il matrimonio non fu consumato quella sera essendo la «coniunctio», per la giovane età della sposa [era appena tredicenne NdR], rinviata, come da accordo, all’ottobre dello stesso anno. Nel tempo a seguire, per circa quattro anni nessun atto delittuoso, immorale o indecoroso, le viene attribuito e cioè fino al processo di annullamento del matrimonio motivato dall’impotentia coeundi del marito. Questa motivazione fu ritenuta un escamotage giuridico-canonico, secondo alcuni perché il Pontefice intendeva fare di Lucrezia uno strumento di diversa alleanza politica attraverso un nuovo matrimonio, secondo altri perché il Papa, preso da insana passione per la figlia, intendeva liberarla dal vincolo matrimoniale per farne uso. La motivazione dell’intento incestuoso è quella che all’epoca ebbe una larga risonanza, accreditata da alcuni storici e cronisti. Formò oggetto di alcuni epigrammi di letterati noti per il loro odio verso i Borgia, come Giovanni Pontano (1429-1503) e Jacopo Sannazzaro (1455-1530). Il Pontano con l’epigramma «Hoc tumulo jacet Lucrezia nomine, sed re / Thais, Alexandri filia, sponsa, nurus» [qui giace Lucrezia (di nome) ma Taide di fatto, figlia, sposa e nuora di Alessandro NdR]. Il Sannazzaro col distico: «Ergo te semper cupiet, «Lucrezia Borgia» La voce «Lucrezia Borgia» esiste su Wikipedia in 36 lingue Accuratezza Fonti e note Bibliografia Controversie Vetrina in nessuna lingua Gendarmi della Memoria minimo massimo Ottobre 2011 Per saperne di più Flora di Bartolomeo Veneto (1510 ca). L’identificazione di questo dipinto con un ritratto di Lucrezia Borgia è tuttora molto contestata dagli studiosi Lucretia, Sextus? / o fatum diri numinis! hic pater est» [E dunque ti brama sempre Alessandro Sesto, Lucrezia? O destino infausto! E’ tuo padre! NdR] L’accusa d’incesto inizialmente nacque a carico del solo Alessandro VI ma poi fu estesa anche ai due figli Cesare e Giovanni (o Juan), duca di Gandia. Le voci su queste relazioni incestuose si formarono prima fuori Roma e solo in un secondo momento furono accolte anche nell’Urbe. Le relazioni incestuose furono indicate tutte come simultanee e fra le stesse fu inoltre inserita quella con il cameriere del Papa, Pedro Calderon o Caldès, detto Perotto. L’accusa ha avuto origine esclusivamente da una dichiarazione resa da Giovanni Sforza, in Milano, al Moro, nei primi di giugno 1497, avanzata solo a carico del Papa. Il primo marito di Lucrezia, fuggito da Roma, si era recato a Milano per implorare l’aiuto di Ludovico il Moro a fargli ridare la consorte dal Papa il quale gliela negava sotto pretesto che non l’avesse mai potuta conoscere carnalmente. Il Papa aveva già scritto a Ludovico di cercare di accertarsi se Giovanni fosse o no potente. Allo scopo il Duca aveva Ottobre 2011 offerto allo stesso due possibilità, entrambe rifiutate per cui il Moro riteneva probabile che effettivamente Giovanni fosse impotente altrimenti avrebbe pur voluto fare qualche prova per levarsi questo carico. L’ipotesi dell’incesto va senz’altro rigettata per molteplici ragioni. Il Papa insisteva perché Giovanni ritornasse a Roma presso la moglie. Lo stesso Giovanni in una lettera al Moro, scritta prima del colloquio in cui avanzerà l’accusa d’intento incestuoso, spiegava che il rifiuto del Papa alla partenza di Lucrezia per raggiungerlo era determinato da ragioni di vendetta per costringerlo a ritornare a Roma. Giovanni, poi, nel gennaio 1499, quando Lucrezia da parecchi mesi era diventata sposa d’Alfonso d’Aragona, duca di Bisceglie, ancora rimpiangeva la moglie come ebbe a confidare all’oratore veneto Francesco Morosini: «Item, si dolse il papa, et pativa mal la separation di la moglie», il che equivale praticamente ad una ritrattazione ed al riconoscimento che una relazione incestuosa non era sorta all’epoca e nemmeno successivamente. Sull’onda di questa situazione, quando nel febbraio 1498 accade la morte del cubiculario pontificio Perotto, non potevano mancare voci che n Mario Stranges, «Giustizia per i Borgia», Il Chiostro n Ferdinand Gregorovius, «Lucrezia Borgia. La leggenda e la storia», Messaggerie Pontremolesi, 1990 matrimonio con Alfonso d’Aragona. Il bambino nato nel 1498, Giovanni Borgia detto l’Infante romano, era in realtà figlio del Papa e di un’ignota romana. Lucrezia, il 6 giugno 1497, si era ritirata nel convento di San Sisto. Purtroppo l’assassinio del fratello Giovanni duca di Gandia, avvenuto il 14 giugno e il ritrovamento del cadavere il 16 giugno aveva consigliato al Papa, per ragioni di sicurezza, di farla ritornare in Vaticano, il 17 dello stesso mese. Maria Bellonci ipotizza: «Dal Vaticano a Lucrezia andavano e venivano alcuni messi di fiducia, per lo più spagnoli, scelti dal Papa fra i suoi più stretti camerari: che uno di questi Pedro Caldes o Calderon chiamato familiarmente Perotto, avesse l’incarico particolare e più assiduo delle ambasciate fra padre e figlia, spiegherebbe meglio i fatti che avvennero poi dall’affettuosa suggestione di una presenza giornaliera». In questo periodo di meno di due settimane Perotto, ammesso che sia Quando morì il cameriere papale Perotto, Lucrezia fu accusata d’averne fatto il suo amante e di avergli dato un figlio. Nella maldicenza, Perotto fu fatto uccidere da Cesare per gelosia ponessero il fatto in relazione ad una pretesa vita licenziosa di Lucrezia, accusata di averne fatto il suo amante, tanto da rimanerne ingravidata, dando alla luce, nel marzo 1498, un bambino e spiegando la morte di Perotto con la gelosia di Cesare, soppiantato da costui nelle grazie della sorella. In realtà non vi fu alcuna gravidanza di Lucrezia e tantomeno la nascita di un suo figlio. Solo nel novembre 1499 Lucrezia darà alla luce un figlio, Rodrigo, nato dal legittimo stato uno dei corrieri o anche l’unico corriere di Alessandro VI, circostanze storicamente non accertate ma solo immaginate, non vi si sarà recato che tre o quattro volte, ben poca cosa per far nascere una relazione intima che avrebbe poi prodotto i suoi frutti. Si aggiunga che Lucrezia era in attesa della conclusione del procedimento d’annullamento del suo matrimonio, quindi non certo psicologicamente disposta all’apertura di una relazione sentimentale, e che il 14 giugno poi | 27 STORIA IN RETE Un anonimo ritratto di Alfonso I D’Este. Terzo marito di Lucrezia, la sposò nel 1502. Alfonso mise incinta Lucrezia numerose volte, e da lei ebbe otto figli era assassinato il fratello Giovanni, a lei tanto più caro se si ritiene che fosse stato anche il suo amante. Inoltre il comportamento di Lucrezia, durante gli anni del matrimonio, pur con un marito che stava assente la maggior parte del tempo, non ave- va fino allora dato luogo a sospetti d’infedeltà. La relazione poi avrebbe richiesto la corruzione e complicità di numerose monache che appartenevano a un convento da poco riformato e che dovevano temere la pesante reazione del Papa. Trascorrono quattro anni senza che si affermi qualche altra malignità su Lucrezia. Nell’ottobre e nel novembre del 1501 essa però ritorna agli onori della cronaca per altri fatti osceni o indecenti. Racconta il Burcardo di Strasburgo (m. 1506) che la sera di domenica 30 ottobre 1501, ebbe luogo negli appartamenti del Duca Valentino, nel palazzo apostolico, una cena cui presero parte cinquanta meretrici rispettabili, chiamate cortigiane. Dopo cena esse ballarono con i servitori e con altri presenti, prima nei loro vestiti, poi nude, quindi furono messi a terra dei candelabri accesi e tra gli stessi furono sparse delle castagne, che le’ meretrici dovevano raccattare, camminando tra i candelabri sulle mani e sui piedi. Il Papa, il Duca e Lucrezia sua sorella erano presenti e guardavano. Alla fine si era fatta un’esposizione di doni, promessi a chi avrebbe conosciuto carnalmente dette meretrici un maggior numero di volte, doni distribuiti ai vincitori secondo il giudizio arbitrale dei presenti. Ora, che nella notte della vigilia di Ognissanti Cesare abbia dato un festino, al quale avrebbe partecipa- Cesare, bello e maledetto: il volto e le conquiste (galanti) del Val D i Cesare Borgia, Duca Valentino, non abbiamo nessun ritratto certo. Molti presunti, ma nessuno attendibile in toto. L’iconoclastia anti borgiana di papa Giulio II si abbatté ferocemente sui dipinti della famiglia catalana, in particolare su Cesare, impedendoci così di conoscere il suo vero aspetto. Molti dei ritratti presunti di Cesare si rifanno al dipinto di un anonimo presente nel Museo Gioviano, oggi però andato perduto. Sulla parete di sinistra della Cappella di San Brizio, nel Duomo di Orvieto,vi è l’affresco «La Predicazione e i fatti dell’Anticristo» di Luca Signorelli. Tra i molti personaggi famosi del calibro di Dante e Colombo, vi è un volto che alcuni studiosi indicano come quello di Cesare, ma anche in questo caso sono solo supposizioni e anch’esso ricalca il dipinto del Giovio. Non possedendo quindi ritratti autentici del Valentino, dobbiamo attenerci alle testimonianze scritte. Sono tutte d’accordo nel sostenere la sua prestanza e la sua agilità, il fascino magnetico degli occhi, i capelli castano chiaro. Anche sulle condizioni del suo viso abbiamo testimonianze certe: Cesare si ammalò presto di sifilide – pare sia avvenuto a Napoli nel settembre del 1497 ai tempi della calata di Carlo VIII – e spesso il suo volto si copriva di macchie e ulcere tanto da costringerlo a nasconderlo con una maschera. A nulla valsero i medicamenti dell’epoca, neppure quelli del medico spagnolo Gaspare Torella che gli dedicò la sua opera in latino sull’argomento: «Tractatus contra Pudendraga». Anche se deturpato Cesare era un uomo di grande carisma e senz’altro affascinò uno stuolo di donne. Il fatto di essere cardinale non gli impedì di frequentare donne e avere figli (non si sa con certezza quanti illegittimi, né si conosce il nome delle madri; di due si hanno notizie frammentarie da documenti e lettere: un maschio di nome Gerolamo e una femmina Camilla Lucrezia, presumibilmente nati tra il 1501 e il 1502). Nobili e popolane, cortigiane e verginelle, nubili e sposate, in molte caddero nella rete di quell’uomo bello e dannato, potente e misterioso, estremo e impenetrabile. Non conosciamo tutti i nomi delle sue donne, sappiamo che nel dicembre del 1499 catturò l’intrepida Caterina Sforza, signora di Imola e Forlì, e nel febbraio del 1501 fece rapire Dorotea Malatesta Caracciolo, Altobello Melone, Ritratto di Cesare Borgia. Non è sicuro si tratti di un ritratto realistico del Valentino considerata una delle più belle donne della penisola, ma non conosciamo per certo che rapporti intercorsero fra loro. Visti i costumi dell’epoca però, e in particolare quelli di Cesare, si può ipotizzare con credibilità che qualcosa di carnale possa essere successo. La cortigiana più famosa che ha legato il suo nome al Valentino fu la fiorentina Storia in musica to anche il Papa – ma non Lucrezia – sembra abbastanza sicuro. Ma che in quella notte si sia verificata effettivamente un’orgia nei termini e con le modalità raccontate dal Burcardo è assolutamente da respingere per varie ragioni. Tra agosto e settembre, in mezzo a grosse difficoltà d’ordine politico e finanziario, erano stati stipulati gli accordi matrimoniali di Lucrezia con Alfonso d’Este. E presso la Corte di Roma si trovavano gli inviati estensi Bellingeri e Saraceni che quotidianamente inviavano informazioni a Ferrara sulla vita di Lucrezia descrivendone il carattere, la natura, gli atteggiamenti ed ogni episodio, anche minimo, di cui venivano a conoscenza. In quei mesi dell’autunno del 1501 Lucrezia quindi cercava di presentarsi agli osservatori nella migliore luce. E’ assurdo perciò pensare a un simile passo falso, che poi sarebbe l’unico comportamento osceno attribuito a Lucrezia, contrario alla sua natura. Veritiero quindi va considerato invece il racconto dell’oratore fiorentino Pepi che parla di una serata di ballo e divertimento alla presenza del Papa e di Cesare, con esclusione di Lucrezia. L’altro episodio – vero o falso che sia non è certo indice di depravazione morale – si sarebbe verificato l’11 novembre. E’ quello della monta delle giumente alla quale il Papa e Lucrezia assistettero «con grande riso e diletto» perchè casualmente erano a una finestra del palazzo. Con questi episodi terminano le accuse contro Lucrezia per la vita condotta in Roma. Da parte di alcuni autori si afferma che Lucrezia, ab- n Gaetano Donizetti: «Lucrezia Borgia» (melodramma, 1833) n Jirí Schelinger: «Lucrezia Borgia» (da «Hrrr na ne», 1977) che il bove rosso è lo stemma araldico dei Borgia NdR], lungo le sponde del Po. In particolare, si rimproverano alla stessa due relazioni, che si affermano di natura amorosa, rispettivamente con il letterato Pietro Bembo e con il cognato Francesco Gonzaga, Ha rilevato Riccardo Bacchelli: «L’incestuosa, l’avvelenatrice sono invenzioni dell’odio politico, della maldicenza d’una tradizione buona per i romanzi di appendice» bia continuato negli anni successivi trascorsi a Ferrara, in una condotta improntata ad accesa sensualità e la indicano come una novella Pasifae che vagava, in attesa del toro [si noti entino Fiammetta, donna colta e di grande bellezza, di cui oggi a Roma resta a suo nome una piccola piazza e un delizioso palazzetto. Le sue spoglie furono tumulate nelle chiesa di Sant’Agostino, ma in seguito i Domenicani ne distrussero ogni traccia. Forse anche Cesare si innamorò, certamente a modo suo, in maniera passionale e carnale, senza mai darsi in esclusiva e mai negandosi conquiste parallele e piaceri proibiti. La fedeltà non era richiesta dai costumi dell’epoca e Cesare non si sottrasse ad essi. Venne ricambiato dalle donne che amò? Non sappiamo quante lo contraccambiarono sinceramente, ma di una siamo certi: la moglie Charlotte d’Albret, sposata nel maggio del 1499, che gli diede la figlia legittima Louise. Alla notizia della morte del Valentino, Charlotte si chiuse in stretta vedovanza a soli 25 anni e fece coprire le pareti del suo castello di la Motte Feully con drappi di velluto e seta neri, rimanendovi in lutto e dolore fino alla morte avvenuta sette anni dopo. Aveva passato col Valentino solo due mesi della sua vita. Altre due donne furono importanti nella vita sentimentale di Cesare: la madre Vannozza e la sorella Lucrezia. Notizie sul LUCREZIA BORGIA suo rapporto con la madre non ne abbiamo molte. Cesare le restò accanto solo nei primi anni dell’infanzia e poi com’era costume dell’epoca fu affidato a precettori incaricati di prepararlo degnamente a un futuro importante. Nei molti alti e bassi della sua vita però, Cesare le dimostrò una costante e affettuosa attenzione e un grande rispetto (come anche Rodrigo che la aiutò sempre finanziariamente) e lei cercò anche di seguirlo nel suo ultimo esilio italiano a Napoli, ma poi al trasferimento coatto del Valentino in Spagna, tornò a Roma dove trascorse gli ultimi anni curando i suoi proficui affari e facendo donazioni a chiese e conventi, tanto da meritarsi la nomea di benefattrice e avere solenni funerali in Santa Maria del Popolo il 26 novembre 1518. Più articolate le notizie che riguardano il suo rapporto con Lucrezia anche perché le loro vite erano intrecciate strettamente per motivi politici. Lucrezia infatti per anni rappresentò per la famiglia Borgia una importante pedina da sfruttare per interessi politici: tutti tre i suoi matrimoni vennero pianificati per aumentare la potenza e l’importanza dei Borgia nello scacchiere italiano. (E&M.M.) n marchese di Mantova. La natura delle predette relazioni è affidata soltanto alla corrispondenza intercorsa tra i protagonisti, mancando documenti o notizie di scrittori sincroni che apportino luce sugli stessi. Un’attenta analisi però della corrispondenza esclude la natura amorosa di tali rapporti riconducendoli ad affetto dimostrato da Lucrezia nei confronti del letterato e del cognato e da costoro ricambiato, forse in modo eccessivo dal Bembo. Lucrezia, da anni terziaria francescana, muore per infezione puerperale il 24 giugno 1519, compianta dai ferraresi e dal marito. Due giorni prima, conscia della sua prossima fine, aveva dettato una lettera per il papa Leone X che esprime tutta la sua rassegnazione di fervente cristiana di fronte alla morte. Ha rilevato Riccardo Bacchelli: «L’incestuosa, l’avvelenatrice sono invenzioni dell’odio politico, della maldicenza d’una tradizione buona per i romanzi di appendice o per la storia come l’intendeva, mettiamo Victor Hugo, Felice Cavallotti, e i pamphletaires d’ogni tempo e, se di storia sapessero pur il concetto, la fucata fungaia degli esteti». Mario Stranges | 29 STORIA IN RETE