COPERTINA
3 / LUCREZIA, VITTIMA DELLA CALUNNIA
FINTA
MESSALINA
DEL VATICANO
LA
Pochi personaggi nella storia hanno ricevuto un trattamento
più ingiusto e calunnioso di Lucrezia Borgia. La figlia di papa
Alessandro VI pagò col suo onore l’aver assecondato
fedelmente i giochi di potere della sua famiglia, secondo
i costumi dell’epoca. Ma anche la bellezza e le virtù che
possedeva furono fatali per il suo buon nome, esponendola
a maldicenze e diffamazioni d’ogni genere causate dall’invidia
o dal rancore. Ma a dispetto della leggenda nera costruita sulla
sua figura da malelingue e romanzieri d’appendice, Lucrezia
fu una donna onesta e una duchessa rimpianta dal suo popolo
I
di Mario Stranges
l nome di Lucrezia Borgia richiama alla memoria la figura di una donna considerata la
«dark lady del Rinascimento», un amalgama incendiario di Mirra, Taide e Messalina,
icona formatasi nel corso di secoli su questa
figlia di un papa, vissuta all’ombra del Vaticano vicino ai suoi «terribili» parenti. Questa
raffigurazione indubbiamente ne costituisce
il fascino più potente. Osservava Gregorovius nella sua
«Lucrezia Borgia» (1874): «Di Alessandro VI e di Cesare
v’è una storia: di Lucrezia Borgia invece abbiamo appena
qualcosa più di una leggenda. E, stando a questa, essa
non è che una Menade, l’ampollina del veleno in una
mano, nell’altra il pugnale, una Furia, con i lineamenti
belli e dolcissimi di una Grazia».
Questa leggenda, allettante per altre categorie, rappresenta per lo storico la parte più stucchevole della vita di
Lucrezia, le cui vicende sono legate indissolubilmente a
quelle del padre pontefice e del fratello Cesare, non soltanto per motivi generazionali, ma perché le azioni di questi
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due si riverberano sulla figura di Lucrezia che ne è sinistramente illuminata e valutata. E’ logico che nell’odio
che, per ragioni politiche, i vari Stati e i signorotti locali
nutrivano verso il Papa e Cesare, e in un secondo tempo
nell’odio religioso dei protestanti verso il Papato, fosse
coinvolta anche Lucrezia. Per circa quattro secoli questa
personalità è stata caricata di tali turpitudini da riuscire
inconcepibile che possano essere state commesse da una
donna vissuta appena trentanove anni, di cui i primi ventuno trascorsi a Roma, e sono quelli che hanno dato luogo a tutte le accuse, e gli altri diciotto a Ferrara, sposa di
Alfonso d’Este. Per questo secondo periodo si è avanzato
soltanto il sospetto di due relazioni amorose.
Lucrezia, per la sua condotta a Roma, è ritenuta
un’assassina, complice o ispiratrice della maggior parte
dei crimini attribuiti agli altri della famiglia. Nello stesso
tempo, è stata ammirata per i suoi modi accattivanti, per
la sua bellezza, lusso e irresistibile fascino. Al contrario,
una volta a Ferrara, la sua condotta muta radicalmente e
di colpo, diventando «specimen» di sposa fedele, di cat-
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Anonimo, Ritratto di Lucrezia nelle vesti di Beata
Beatrice d’Este, (sec. XVIII). Lucrezia Borgia
fu molto amata dai suoi sudditi ferraresi sui quali
regnò dal 1505 al 1519, anno della sua morte.
Fu sepolta nel monastero del Corpus Domini
indossando gli abiti di terziaria francesana
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tolica osservante e praticante, di duchessa che coadiuva il marito nel governo dello Stato, circondata dall’affetto dei suoi sudditi, tanto che Gregorovius parla di una trasformazione
di Lucrezia da vittima dei suoi terribili parenti e insieme sirena ammaliatrice, in una Maddalena penitente.
«Novella Cunizza del Rinascimento»
la chiama Vittorio Cian. Nessuno dei
contemporanei, siano storici, cronisti, ambasciatori, letterati o poeti, ha
accusato Lucrezia – Paolo Giovio ne
parla col massimo rispetto – di as-
Novecento, numerosi letterati ampliano e rafforzano la leggenda con una
quantità enorme di romanzi e drammi
sui Borgia. I più famosi tra i romanzieri sono Dumas e Apollinaire. Tra i
drammaturghi il posto d’onore spetta
a Victor Hugo per la sua «Lucrezia Borgia», che diventerà un’opera lirica con
musica di Donizetti su libretto di Felice
Romani. Ciò proprio mentre la critica
storica tentava di smantellare la tradizione sulle infamie di Lucrezia Borgia.
Fra gli storici dell’Ottocento, alla revisione della figura di Lucrezia avevano
Le accuse sono frottole di libellisti
protestanti e di romanzieri, ai quali
va ascritta la creazione del mostro:
Lucrezia avvelenatrice e prostituta,
dipinta con le tinte più fosche e odiose
sassinii o avvelenamenti. Tali accuse
sono tutte frottole dei libellisti protestanti e più tardi dei romanzieri e
dei drammaturghi ai quali va ascritta
la creazione del mostro, specialmente
per gli avvelenamenti e la prostituzione, dipingendo con le tinte più fosche
e odiose questa donna, tale solo per le
sembianze fisiche. Nell’Ottocento e nel
Presunto ritratto di Giovanni Sforza
dipinto da Giovanni Bellini. Lo Sforza,
obbligato a divorziare da Lucrezia per
sospetta impotenza, diffuse le prime
feroci maldicenze sui Borgia
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dato inizio le poche pagine dedicatele da Thomas Roscoe (1805), alcuni
scritti de Giuseppe Antonelli (1867 e
1871) e di Giuseppe Campori (1866) e
le due biografie di Karl Goedeke (1838)
e William Gilbert (1869). Ma è proprio
lo storico protestante Ferdinand Gregorovius che, nel dedicarle una monografia, demolisce, quasi compiutamente,
l’edificio di accuse. Nel secolo ventesimo, le vicende di questa famiglia continuano ad appassionare storici, eruditi,
e purtroppo anche numerosi scrittori
di varia estrazione, i quali ultimi s’improvvisano studiosi dei Borgia scrivendo delle biografie romanzate o romanzi
biografici, spacciati per vera storia.
Esaminiamo brevemente le accuse
che hanno un apparente fondamento. La prima viene mossa a Lucrezia
dal contemporaneo Stefano Infessura
(1435-1500 ca.) e si riferisce al tempo
della celebrazione del suo matrimonio
con Giovanni Sforza, nel giugno 1493.
Dopo aver descritto il ricevimento nuziale, Infessura racconta, ma come
diceria («ut fertur»), che il Papa aveva accompagnato la figlia e il marito
nell’appartamento nuziale per assistere alla consumazione del matrimonio,
(«ubi dictus sponsus iunxit se cum
uxore sua»). Ma il matrimonio non
fu consumato quella sera essendo la
«coniunctio», per la giovane età della
sposa [era appena tredicenne NdR],
rinviata, come da accordo, all’ottobre
dello stesso anno. Nel tempo a seguire, per circa quattro anni nessun atto
delittuoso, immorale o indecoroso, le
viene attribuito e cioè fino al processo di annullamento del matrimonio
motivato dall’impotentia coeundi del
marito. Questa motivazione fu ritenuta
un escamotage giuridico-canonico, secondo alcuni perché il Pontefice intendeva fare di Lucrezia uno strumento di
diversa alleanza politica attraverso un
nuovo matrimonio, secondo altri perché il Papa, preso da insana passione
per la figlia, intendeva liberarla dal
vincolo matrimoniale per farne uso.
La motivazione dell’intento incestuoso
è quella che all’epoca ebbe una larga
risonanza, accreditata da alcuni storici
e cronisti. Formò oggetto di alcuni epigrammi di letterati noti per il loro odio
verso i Borgia, come Giovanni Pontano (1429-1503) e Jacopo Sannazzaro
(1455-1530). Il Pontano con l’epigramma «Hoc tumulo jacet Lucrezia
nomine, sed re / Thais, Alexandri filia,
sponsa, nurus» [qui giace Lucrezia (di
nome) ma Taide di fatto, figlia, sposa e
nuora di Alessandro NdR]. Il Sannazzaro col distico: «Ergo te semper cupiet,
«Lucrezia Borgia»
La voce
«Lucrezia Borgia»
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Fonti e note
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Bibliografia
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della Memoria
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Per saperne di più
Flora di Bartolomeo Veneto (1510 ca).
L’identificazione di questo dipinto con un
ritratto di Lucrezia Borgia è tuttora molto
contestata dagli studiosi
Lucretia, Sextus? / o fatum diri numinis! hic pater est» [E dunque ti brama
sempre Alessandro Sesto, Lucrezia? O
destino infausto! E’ tuo padre! NdR]
L’accusa d’incesto inizialmente nacque a carico del solo Alessandro VI ma
poi fu estesa anche ai due figli Cesare
e Giovanni (o Juan), duca di Gandia.
Le voci su queste relazioni incestuose
si formarono prima fuori Roma e solo
in un secondo momento furono accolte
anche nell’Urbe. Le relazioni incestuose
furono indicate tutte come simultanee
e fra le stesse fu inoltre inserita quella
con il cameriere del Papa, Pedro Calderon o Caldès, detto Perotto. L’accusa ha
avuto origine esclusivamente da una
dichiarazione resa da Giovanni Sforza,
in Milano, al Moro, nei primi di giugno
1497, avanzata solo a carico del Papa.
Il primo marito di Lucrezia, fuggito da
Roma, si era recato a Milano per implorare l’aiuto di Ludovico il Moro a fargli
ridare la consorte dal Papa il quale gliela negava sotto pretesto che non l’avesse mai potuta conoscere carnalmente.
Il Papa aveva già scritto a Ludovico di
cercare di accertarsi se Giovanni fosse
o no potente. Allo scopo il Duca aveva
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offerto allo stesso due possibilità, entrambe rifiutate per cui il Moro riteneva
probabile che effettivamente Giovanni
fosse impotente altrimenti avrebbe pur
voluto fare qualche prova per levarsi
questo carico. L’ipotesi dell’incesto va
senz’altro rigettata per molteplici ragioni. Il Papa insisteva perché Giovanni ritornasse a Roma presso la moglie.
Lo stesso Giovanni in una lettera al
Moro, scritta prima del colloquio in cui
avanzerà l’accusa d’intento incestuoso, spiegava che il rifiuto del Papa alla
partenza di Lucrezia per raggiungerlo
era determinato da ragioni di vendetta per costringerlo a ritornare a Roma.
Giovanni, poi, nel gennaio 1499,
quando Lucrezia da parecchi mesi era
diventata sposa d’Alfonso d’Aragona,
duca di Bisceglie, ancora rimpiangeva la moglie come ebbe a confidare
all’oratore veneto Francesco Morosini:
«Item, si dolse il papa, et pativa mal la
separation di la moglie», il che equivale
praticamente ad una ritrattazione ed
al riconoscimento che una relazione
incestuosa non era sorta all’epoca e
nemmeno successivamente.
Sull’onda di questa situazione,
quando nel febbraio 1498 accade la
morte del cubiculario pontificio Perotto, non potevano mancare voci che
n Mario Stranges, «Giustizia
per i Borgia», Il Chiostro
n Ferdinand Gregorovius,
«Lucrezia Borgia. La leggenda
e la storia», Messaggerie
Pontremolesi, 1990
matrimonio con Alfonso d’Aragona.
Il bambino nato nel 1498, Giovanni
Borgia detto l’Infante romano, era in
realtà figlio del Papa e di un’ignota
romana. Lucrezia, il 6 giugno 1497,
si era ritirata nel convento di San
Sisto. Purtroppo l’assassinio del fratello Giovanni duca di Gandia, avvenuto il 14 giugno e il ritrovamento
del cadavere il 16 giugno aveva consigliato al Papa, per ragioni di sicurezza, di farla ritornare in Vaticano, il
17 dello stesso mese. Maria Bellonci
ipotizza: «Dal Vaticano a Lucrezia
andavano e venivano alcuni messi di
fiducia, per lo più spagnoli, scelti dal
Papa fra i suoi più stretti camerari:
che uno di questi Pedro Caldes o Calderon chiamato familiarmente Perotto, avesse l’incarico particolare e più
assiduo delle ambasciate fra padre e
figlia, spiegherebbe meglio i fatti che
avvennero poi dall’affettuosa suggestione di una presenza giornaliera».
In questo periodo di meno di due
settimane Perotto, ammesso che sia
Quando morì il cameriere papale
Perotto, Lucrezia fu accusata d’averne
fatto il suo amante e di avergli dato
un figlio. Nella maldicenza, Perotto fu
fatto uccidere da Cesare per gelosia
ponessero il fatto in relazione ad una
pretesa vita licenziosa di Lucrezia,
accusata di averne fatto il suo amante, tanto da rimanerne ingravidata,
dando alla luce, nel marzo 1498,
un bambino e spiegando la morte di
Perotto con la gelosia di Cesare, soppiantato da costui nelle grazie della
sorella. In realtà non vi fu alcuna gravidanza di Lucrezia e tantomeno la
nascita di un suo figlio. Solo nel novembre 1499 Lucrezia darà alla luce
un figlio, Rodrigo, nato dal legittimo
stato uno dei corrieri o anche l’unico
corriere di Alessandro VI, circostanze
storicamente non accertate ma solo
immaginate, non vi si sarà recato che
tre o quattro volte, ben poca cosa per
far nascere una relazione intima che
avrebbe poi prodotto i suoi frutti. Si
aggiunga che Lucrezia era in attesa
della conclusione del procedimento
d’annullamento del suo matrimonio,
quindi non certo psicologicamente
disposta all’apertura di una relazione
sentimentale, e che il 14 giugno poi
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Un anonimo ritratto di Alfonso I D’Este.
Terzo marito di Lucrezia, la sposò nel
1502. Alfonso mise incinta Lucrezia
numerose volte, e da lei ebbe otto figli
era assassinato il fratello Giovanni,
a lei tanto più caro se si ritiene che
fosse stato anche il suo amante.
Inoltre il comportamento di Lucrezia, durante gli anni del matrimonio,
pur con un marito che stava assente
la maggior parte del tempo, non ave-
va fino allora dato luogo a sospetti
d’infedeltà. La relazione poi avrebbe
richiesto la corruzione e complicità di
numerose monache che appartenevano a un convento da poco riformato
e che dovevano temere la pesante
reazione del Papa. Trascorrono quattro anni senza che si affermi qualche
altra malignità su Lucrezia. Nell’ottobre e nel novembre del 1501 essa
però ritorna agli onori della cronaca
per altri fatti osceni o indecenti. Racconta il Burcardo di Strasburgo (m.
1506) che la sera di domenica 30 ottobre 1501, ebbe luogo negli appartamenti del Duca Valentino, nel palazzo apostolico, una cena cui presero
parte cinquanta meretrici rispettabili,
chiamate cortigiane. Dopo cena esse
ballarono con i servitori e con altri
presenti, prima nei loro vestiti, poi
nude, quindi furono messi a terra
dei candelabri accesi e tra gli stessi
furono sparse delle castagne, che le’
meretrici dovevano raccattare, camminando tra i candelabri sulle mani
e sui piedi. Il Papa, il Duca e Lucrezia
sua sorella erano presenti e guardavano. Alla fine si era fatta un’esposizione di doni, promessi a chi avrebbe
conosciuto carnalmente dette meretrici un maggior numero di volte,
doni distribuiti ai vincitori secondo il
giudizio arbitrale dei presenti.
Ora, che nella notte della vigilia
di Ognissanti Cesare abbia dato un
festino, al quale avrebbe partecipa-
Cesare, bello e maledetto: il volto e le conquiste (galanti) del Val
D
i Cesare Borgia, Duca Valentino,
non abbiamo nessun ritratto
certo. Molti presunti, ma nessuno attendibile in toto. L’iconoclastia
anti borgiana di papa Giulio II si abbatté ferocemente sui dipinti della famiglia catalana, in particolare su Cesare,
impedendoci così di conoscere il suo
vero aspetto. Molti dei ritratti presunti di Cesare si rifanno al dipinto di un
anonimo presente nel Museo Gioviano,
oggi però andato perduto. Sulla parete
di sinistra della Cappella di San Brizio,
nel Duomo di Orvieto,vi è l’affresco «La
Predicazione e i fatti dell’Anticristo» di
Luca Signorelli. Tra i molti personaggi
famosi del calibro di Dante e Colombo,
vi è un volto che alcuni studiosi indicano come quello di Cesare, ma anche in
questo caso sono solo supposizioni e
anch’esso ricalca il dipinto del Giovio.
Non possedendo quindi ritratti autentici del Valentino, dobbiamo attenerci
alle testimonianze scritte. Sono tutte
d’accordo nel sostenere la sua prestanza e la sua agilità, il fascino magnetico degli occhi, i capelli castano
chiaro. Anche sulle condizioni del suo
viso abbiamo testimonianze certe: Cesare si ammalò presto di sifilide – pare
sia avvenuto a Napoli nel settembre
del 1497 ai tempi della calata di Carlo
VIII – e spesso il suo volto si copriva di
macchie e ulcere tanto da costringerlo a nasconderlo con una maschera. A
nulla valsero i medicamenti dell’epoca,
neppure quelli del medico spagnolo
Gaspare Torella che gli dedicò la sua
opera in latino sull’argomento: «Tractatus contra Pudendraga». Anche se
deturpato Cesare era un uomo di grande carisma e senz’altro affascinò uno
stuolo di donne. Il fatto di essere cardinale non gli impedì di frequentare donne e avere figli (non si sa con certezza
quanti illegittimi, né si conosce il nome
delle madri; di due si hanno notizie
frammentarie da documenti e lettere:
un maschio di nome Gerolamo e una
femmina Camilla Lucrezia, presumibilmente nati tra il 1501 e il 1502).
Nobili e popolane, cortigiane e verginelle, nubili e sposate, in molte caddero nella rete di quell’uomo bello e dannato, potente e misterioso, estremo e
impenetrabile. Non conosciamo tutti i
nomi delle sue donne, sappiamo che
nel dicembre del 1499 catturò l’intrepida Caterina Sforza, signora di Imola
e Forlì, e nel febbraio del 1501 fece
rapire Dorotea Malatesta Caracciolo,
Altobello Melone, Ritratto di Cesare
Borgia. Non è sicuro si tratti di un
ritratto realistico del Valentino
considerata una delle più belle donne
della penisola, ma non conosciamo
per certo che rapporti intercorsero fra
loro. Visti i costumi dell’epoca però, e
in particolare quelli di Cesare, si può
ipotizzare con credibilità che qualcosa
di carnale possa essere successo. La
cortigiana più famosa che ha legato il
suo nome al Valentino fu la fiorentina
Storia in musica
to anche il Papa – ma non Lucrezia
– sembra abbastanza sicuro. Ma che
in quella notte si sia verificata effettivamente un’orgia nei termini e con
le modalità raccontate dal Burcardo
è assolutamente da respingere per
varie ragioni. Tra agosto e settembre,
in mezzo a grosse difficoltà d’ordine politico e finanziario, erano stati
stipulati gli accordi matrimoniali di
Lucrezia con Alfonso d’Este. E presso
la Corte di Roma si trovavano gli inviati estensi Bellingeri e Saraceni che
quotidianamente inviavano informazioni a Ferrara sulla vita di Lucrezia
descrivendone il carattere, la natura,
gli atteggiamenti ed ogni episodio,
anche minimo, di cui venivano a conoscenza. In quei mesi dell’autunno
del 1501 Lucrezia quindi cercava di
presentarsi agli osservatori nella migliore luce. E’ assurdo perciò pensare
a un simile passo falso, che poi sarebbe l’unico comportamento osceno
attribuito a Lucrezia, contrario alla
sua natura. Veritiero quindi va considerato invece il racconto dell’oratore fiorentino Pepi che parla di una
serata di ballo e divertimento alla
presenza del Papa e di Cesare, con
esclusione di Lucrezia. L’altro episodio – vero o falso che sia non è certo
indice di depravazione morale – si
sarebbe verificato l’11 novembre. E’
quello della monta delle giumente
alla quale il Papa e Lucrezia assistettero «con grande riso e diletto» perchè casualmente erano a una finestra
del palazzo.
Con questi episodi terminano le
accuse contro Lucrezia per la vita
condotta in Roma. Da parte di alcuni
autori si afferma che Lucrezia, ab-
n Gaetano Donizetti: «Lucrezia
Borgia» (melodramma, 1833)
n Jirí Schelinger: «Lucrezia Borgia»
(da «Hrrr na ne», 1977)
che il bove rosso è lo stemma araldico dei Borgia NdR], lungo le sponde
del Po. In particolare, si rimproverano alla stessa due relazioni, che si affermano di natura amorosa, rispettivamente con il letterato Pietro Bembo
e con il cognato Francesco Gonzaga,
Ha rilevato Riccardo Bacchelli:
«L’incestuosa, l’avvelenatrice sono
invenzioni dell’odio politico,
della maldicenza d’una tradizione
buona per i romanzi di appendice»
bia continuato negli anni successivi
trascorsi a Ferrara, in una condotta
improntata ad accesa sensualità e la
indicano come una novella Pasifae
che vagava, in attesa del toro [si noti
entino
Fiammetta, donna colta e di grande
bellezza, di cui oggi a Roma resta a suo
nome una piccola piazza e un delizioso
palazzetto. Le sue spoglie furono tumulate nelle chiesa di Sant’Agostino,
ma in seguito i Domenicani ne distrussero ogni traccia. Forse anche Cesare
si innamorò, certamente a modo suo,
in maniera passionale e carnale, senza
mai darsi in esclusiva e mai negandosi
conquiste parallele e piaceri proibiti.
La fedeltà non era richiesta dai costumi dell’epoca e Cesare non si sottrasse ad essi. Venne ricambiato dalle
donne che amò? Non sappiamo quante lo contraccambiarono sinceramente, ma di una siamo certi: la moglie
Charlotte d’Albret, sposata nel maggio del 1499, che gli diede la figlia legittima Louise. Alla notizia della morte del Valentino, Charlotte si chiuse in
stretta vedovanza a soli 25 anni e fece
coprire le pareti del suo castello di la
Motte Feully con drappi di velluto e
seta neri, rimanendovi in lutto e dolore fino alla morte avvenuta sette anni
dopo. Aveva passato col Valentino
solo due mesi della sua vita. Altre due
donne furono importanti nella vita
sentimentale di Cesare: la madre Vannozza e la sorella Lucrezia. Notizie sul
LUCREZIA BORGIA
suo rapporto con la madre non ne abbiamo molte. Cesare le restò accanto
solo nei primi anni dell’infanzia e poi
com’era costume dell’epoca fu affidato a precettori incaricati di prepararlo
degnamente a un futuro importante.
Nei molti alti e bassi della sua vita
però, Cesare le dimostrò una costante
e affettuosa attenzione e un grande
rispetto (come anche Rodrigo che la
aiutò sempre finanziariamente) e lei
cercò anche di seguirlo nel suo ultimo esilio italiano a Napoli, ma poi al
trasferimento coatto del Valentino in
Spagna, tornò a Roma dove trascorse
gli ultimi anni curando i suoi proficui
affari e facendo donazioni a chiese e
conventi, tanto da meritarsi la nomea
di benefattrice e avere solenni funerali
in Santa Maria del Popolo il 26 novembre 1518. Più articolate le notizie che
riguardano il suo rapporto con Lucrezia
anche perché le loro vite erano intrecciate strettamente per motivi politici.
Lucrezia infatti per anni rappresentò
per la famiglia Borgia una importante
pedina da sfruttare per interessi politici: tutti tre i suoi matrimoni vennero
pianificati per aumentare la potenza e
l’importanza dei Borgia nello scacchiere italiano. (E&M.M.) n
marchese di Mantova. La natura delle predette relazioni è affidata soltanto alla corrispondenza intercorsa tra i
protagonisti, mancando documenti o
notizie di scrittori sincroni che apportino luce sugli stessi. Un’attenta analisi però della corrispondenza esclude
la natura amorosa di tali rapporti
riconducendoli ad affetto dimostrato
da Lucrezia nei confronti del letterato
e del cognato e da costoro ricambiato,
forse in modo eccessivo dal Bembo.
Lucrezia, da anni terziaria francescana, muore per infezione puerperale il
24 giugno 1519, compianta dai ferraresi e dal marito. Due giorni prima,
conscia della sua prossima fine, aveva
dettato una lettera per il papa Leone X
che esprime tutta la sua rassegnazione di fervente cristiana di fronte alla
morte. Ha rilevato Riccardo Bacchelli:
«L’incestuosa, l’avvelenatrice sono invenzioni dell’odio politico, della maldicenza d’una tradizione buona per i
romanzi di appendice o per la storia
come l’intendeva, mettiamo Victor
Hugo, Felice Cavallotti, e i pamphletaires d’ogni tempo e, se di storia
sapessero pur il concetto, la fucata
fungaia degli esteti».
Mario Stranges
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Storia in Rete, ottobre 2011