Con il patrocinio del
Comune di Bologna –
Quartiere Savena
Approfondimento
bibliografico a cura della
Biblioteca “Ginzburg”
Oratorio Don Bosco
via B. M. Del Monte, 12
40139 BOLOGNA
C.G.S. “Vincenzo Cimatti”
Progetto CINEMAINSIEME
in collaborazione col circolo ARCI Benassi
“Musical, canzoni e musica (4)”
Una rassegna di quattro film, diversi per i temi affrontati ma con la colonna sonora in
particolare evidenza.
1.
2.
3.
4.
martedì 14 giugno 2011
martedì 21 giugno 2011
martedì 28 giugno 2011
martedì 5 luglio 2011
“Hair”
“8 donne e un mistero”
“Ray”
“Chorus Line”
di Milos Forman
di François Ozon
di Taylor Hackford
di Richard Attenborough
1
martedì 14 giugno 2011 ore 20:45
verrà proiettato, in sala audiovisivi dell’oratorio, il film
“Hair”
di Milos Forman
SCHEDA
distribuito United
da Artists
titolo Hair
John Savage (Claude) [dopp. da Sergio Di Giulio],
Treat Williams (Berger), Beverly D'Angelo (Sheila)
[dopp. da Rossella Izzo], Annie Golden (Jeannie) [dopp.
da Simona Izzo], Dorsey Wright (Hud) [dopp. da Ronny
Grant], Cheryl Barnes (la fidanzata di Hud), Annie
Golden (Jeannie Ryan), Dorsey Wright (Lafayette detto
Hud), Richard Bright (Fenton), Nicholas Ray (il
generale) [dopp. da Valerio Ruggeri], Charlotte Rae
interpreti
(signora in rosa), Miles Chapin (Steve Franklin), Fern
Tailer (la madre di Sheila), Michael Jeter (Sheldon),
Ren Woods (solista di 'Aquarius'), Ellen Foley (ragazza
di colore), Charlayne Woodard (ragazza bianca),
Grand L. Bush (Flesh Failures), Laird Stuart (ufficiale),
Antonia Rey (sig.ra Berger, la madre) [dopp. da Solvejg
D'Assunta], Joe Acord (il padre di Claude) [dopp. da
Mario Milita], Renn Woods (solista di 'Aquarius').
fotografia Miroslav Ondrícek; Richard C. Kratina; Jean Talvin
musiche Galt MacDermot; James Rado; Gerome Ragni
sceneggiatura
Michael Weller; Gerome Ragni; James Rado; Galt
MacDermot
regia Milos Forman
USA /
produzione Germania occ.,
1979
genere Drammatico/musicale
durata 2h 01'
La leva sta arruolando alcuni ragazzi quando, per amicizia, due si
trama scambiano il ruolo e sarà la guerra in Vietnam a portare il dolore nel cuore
del sopravvissuto!
Concorsi e premi
Questo film ha partecipato a:
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5 edizione Académie des arts et techniques du cinéma (César) (1980) concorrendo nell*
categori* miglior film straniero (a Milos Forman);
23 edizione David di Donatello (1979) vincendo nell* categori* miglior regista straniero
(a Milos Forman), migliore colonna musicale straniera (a Galt MacDermot);
37 edizione Golden Globe Awards (1980) concorrendo nell* categori* miglior film
musicale o commedia, migliore interpretazione di attore debuttante (a Treat Williams);
1 edizione Young Artist Awards (1980) concorrendo nell* categori* miglior spettacolo
musicale sulla gioventù.
Recensioni.
Morandini 2011
Da poco arruolato e in partenza per il Vietnam, Claude dell'Oklahoma arriva a New York e
in Central Park incontra un gruppo di hippy che stanno bruciando le loro cartoline di precetto.
Incuriosito, li segue ed è coinvolto in incidenti con la polizia. George, capo dei manifestanti, è
scambiato per lui e spedito in guerra dove muore. Dal musical (1967) di Gerome Ragni,
James Rado (libretto) e Galt MacDermot (musica), definito “America's first tribal love-rock
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musical”. Precedette Oh Calcutta (1969), Jesus Christ Superstar (1971), The Rocky Horror
Show (1973). È un film di regista, non di coreografo (Twyla Tarp): il suo ritmo non è scandito
dai numeri musicali, ma dal montaggio che costruisce i balletti. Diretto dal cèco Forman, da
due anni naturalizzato americano, ha un tono disincantato più che raffreddato: sintesi
storicizzata dei ribollenti anni '60, celebrati come l'Era dell'Acquario e della contestazione
giovanile. Le sequenze riuscite non sono poche, manca la loro fusione armonica. Tra le belle
canzoni (“Aquarius”, “Hair”, “I Got Life”) spicca, per i suoi accenti drammatici, “Let the Sun
Shine in”. Prodotto da CIP/UA e scritto da Michael Weller. Ridistribuito in USA nel 2004
durante la campagna elettorale Bush/Kerry e poi in Italia dal LUCE con 35 copie.
Alessia Starace (“MoviePlayer.it”, 5 agosto 2004)
Una scelta vincente fu quella di prediligere gli spazi aperti, permettendo di gestire le splendide
coreografie in maniera libera e fantasiosa - come la vita dei giovani hippie.
Hair era stato il musical della controcultura, della protesta pacifista, dell'amicizia e dell'amore
libero: una produzione off-Broadway chiacchierata e controversa, a causa dell'uso di turpiloquio,
dell'abbondanza di riferimenti a sostanze psicoattive e della presenza di nudità integrali. Nel 1979
divenne un film di Milos Forman, che di quello spirito ribelle non poteva che rappresentare un accorato
omaggio postumo. Nell'occasione del venticinquesimo anniversario dall'uscita, il film è una delle poche
proposte estive davvero valide nelle sale. Il mito nostalgico non è tramontato, e anche le successive
generazioni ne avvertono tuttora il richiamo; la stessa fascinazione che si produsse in un Milos Forman
che, appena giunto in America dalla nativa Cecoslovacchia, fu tra coloro che assistettero al primo
allestimento teatrale dello show nel 1967.
Solo dodici anni dopo, forte del successo dell'acclamatissimo e pluripremiato “Qualcuno volò sul
nido del cuculo”, potè prendere in mano il progetto di una riduzione cinematografica di Hair; e in una
congiuntura non esattamente favorevole dal punto di vista commerciale. Il musical, infatti, non godeva
di grande popolarità ed era ricordato come un piccolo e passeggero fenomeno generazionale: il
progetto partiva quindi svantaggiato proprio presso il suo potenziale pubblico elettivo. Per questo
motivo, Forman e la produzione abbandonarono l'idea iniziale, che prevedeva scenografie teatrali e
taglio documentaristico, per dare alla pellicola uno spessore più cinematografico ed autonomo.
Forman si affidò allo sceneggiatore Michael Butler, cui toccò il compito di rielaborare il materiale
originale, costituito per lo più da numeri musicali e sketch tenuti insieme da un vago filo logico, per
trarne un corpus narrativo convincente. Di qui, una serie di interventi pesanti sul plot originario. Il
lavoro - nonostante le proteste dei nostalgici - fu fatto a dovere, se è vero che il film è valso a rinverdire
la popolarità della pièce e a farla entrare nella storia del musical filmico.
Coesione narrativa a parte, a Forman interessava dare risalto alle numerose gemme musicali
intessute nella narrazione, scongiurando il rischio, sempre presente in questo genere di pellicole, di
fare dei numeri canori delle parentesi scollegate dal resto. In questo senso, una scelta vincente fu
quella di prediligere gli spazi aperti, permettendo di gestire le splendide coreografie in maniera libera e
fantasiosa - come la vita dei giovani hippie. Emblema di questo è la sequenza iniziale, quella della
celeberrima Age of Aquarius: i ragazzi, la musica, il ballo, i colori nel cuore del Central Park, e non un
elemento che stoni, che risulti innaturale allo spettatore ormai lontano temporalmente e
psicologicamente dall'atmosfera della "Summer of Love".
Nel complesso, è vero che la sceneggiatura del film mitigò il forte messaggio politico dell'originale
teatrale per concentrarsi sui buoni sentimenti, l'amore, l'amicizia e la libertà: resta però inalterata
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l'anima pacifista, soprattutto nel finale, che è un malinconico e commovente addio all'era hippie e
anche una decisa denuncia della brutalità e dell'insensatezza della guerra.
Alberto Cassani (“Cinefile.biz”, 9 marzo 2004)
Lasciato per la prima volta l’Oklahoma, Claude Hooper Bukowski sbarca a New York prima di
partire per il Vietnam. Appena messo piede a Central Park, però, si imbatte nella donna dei suoi sogni
e poi in un gruppo di hippy che lo accolgono come un amico e cercano di convincerlo a non
presentarsi alla chiamata alle armi…
«I miei capelli, lunghi come quelli di Gesù. Alleluia, io li adoro! Alleluia… Maria amava suo figlio,
perchè mia madre non ama me? I capelli… Li voglio sciogliere, ostentare, lasciare crescere finché Dio
vorrà. I miei capelli…»
I capelli lunghi sono soltanto uno dei segni della protesta dei giovani statunitensi degli anni
Sessanta, quei giovani che bruciavano le cartoline precetto per non andare in Vietnam, che
predicavano l’amore libero e la coscienza cosmica, che facevano uso e abuso di ogni tipo di acido e
che non ce l’avevano con nessuno. Ma il mondo, la società, ce l’aveva con loro. Anche per colpa di
quei capelli lunghi.
Il regista Milos Forman è bravissimo a non lasciarsi prendere la mano dal musical teatrale che è
all’origine di questo film, riuscendo anzi a piegare il materiale scritto da Gerome Ragni e James Rado
e musicato da Galt MacDermot per realizzare una pellicola a tutti gli effetti cinematografica. Non è un
balletto ripreso senza idee, e non è neanche un film di montaggio: Hair è una delle migliori
trasposizioni cinematografiche che Broadway abbia mai avuto l’onore di ricevere. Mentre la coreografa
Twyla Tharp architetta un paio di belle sequenze (soprattutto all’inizio), Forman riesce per tutto il film a
trovare la chiave giusta per raccontare la storia di volta in volta nel modo migliore, senza legarsi troppo
alle sequenze di danza e senza preoccuparsi di cercare uno stile personale chiaramente riconoscibile.
Forman (e lo sceneggiatore Michael Weller) gioca splendidamente sul filo dell’ironia quando serve e
pigia sul pedale della visionarietà in un solo momento, l’allucinazione in cui Claude sogna il proprio
matrimonio, per poi tornare ad uno stile più pacato fino al travolgente finale, riuscendo così a dotare il
film di ritmo e tridimensionalità senza per questo sminuire le splendide canzoni o i bravi interpreti.
Se quello di John Savage è il primo nome a comparire nella lista degli attori, quella di Treat
Williams è certamente la prestazione più efficace. Dotato di buona voce, Williams si dimostra qui un
ottimo attore (come di rado gli è capitato nel prosieguo della sua carriera), e non facciamo fatica a
simpatizzare con il suo personaggio e capirne il carisma e le capacità. Al contrario, Beverly D’Angelo
appare a tratti spaesata e priva della statura scenica richiesta dall’eterea Sheila. Attorno a loro, un
manipolo di discrete facce sottolineate da grandi voci aiuta a rendere memorabile un film che si può
considerare un sunto dell’ideologia di un’intera generazione. Una generazione convinta che «quando
la luna entrerà nella settima casa e Giove si allineerà con Marte, sarà la Pace a guidare i pianeti e sarà
l’amore a dirigere le stelle. E allora sorgerà l’Era dell’Acquario».
Arrivederci a martedì 21 giugno, per vedere,
al circolo ARCI “Benassi”,
“8 donne e un mistero” di François Ozon.
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C.G.S. “Vincenzo Cimatti” – presso Oratorio San Giovanni Bosco
via Bartolomeo Maria dal Monte 14, 40139 Bologna tel.051467939
sito web: http://www.donbosco-bo.it
e-mail: [email protected]
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“Hair” di Milos Forman