«Cosa Non Detta In Prosa Mai Né In
Rima»: Incipit Ariosto
Programma
SERATA ARIOSTO
prima rappresentazione assoluta
in coproduzione Fondazione Nazionale della Danza
e Fondazione I Teatri - Comitato per i 150 anni del Teatro
Parole Sospese
coreografia
Walter Matteini
ideazione scene e costumi
Walter Matteini
consulenza musicale
Paride Bonetta
luci
Carlo Cerri
interpreti
Saul Daniele Ardillo, Adrien Boissonnet, Dario Dinuzzi, Maša Kolar,
Marco Magrino, Lisa Martini, Dejalmir Melo, Kihako Narisawa, Bryna Pascoe,
Claudia Piana, Giuseppe Spota
InCanto
coreografia
Mauro Bigonzetti
scene e impianto visivo
Angelo Davoli
ideazione costumi
Guglielmo Capone
musica
Georg Friedrich Händel
consulenza e interventi musicali
Bruno Moretti
luci
Carlo Cerri
interpreti
La Compagnia
Realizzazione scene: General Display srl
Realizzazione filmati: Mediavision
con il Patrocinio del
Comune di Reggio Emilia
Sponsor ufficiale
della produzione
Il mondo creativo di Aterballetto si arricchisce, quest’anno, di due titoli apparentemente simmetrici, nella piegatura
comune verso suggestioni tratte dall’opera di Ludovico Ariosto, per Mauro
Bigonzetti alcune pagine dell’Orlando
furioso e per Walter Matteini quelle delle
Satire, ma in realtà abbastanza dissimili
nelle scelte ideative e nella conversione
coreografica.
La filiazione tra l’epica ariostesca e la
storia della danza teatrale è di lunga
durata. Congiunge le origini della danza
di corte con le esperienze più recenti
del teatro musicale contemporaneo. La
cultura di danza rinascimentale sùbito
si appropriò di talune figure o episodî
esemplari (la follia, la selva, Alcina)
per mostrare attraverso capricciose
demiurgie la realtà come un crocevia
tra ragione e disragione, misura e dismisura, a partire da Le Ballet du Roi
représentant la fureur de Roland (1618)
prima delle opere di Lully (Roland,
1685, coreografie attribuite a P. Beauchamps) e di Händel (Orlando, 1733).
Più di recente, occorre ricordare La
follia di Orlando di Aurel Milloss (1947
per il Teatro alla Scala), le musiche di
Goffredo Petrassi, scene e costumi di
Felice Casorati.
Nella istintiva lettura di Bigonzetti,
che risente non solo della lettura
del poema ariostesco fatta da Italo
Calvino ma anche delle suggestive
trasformazioni manieriste che Luca
Ronconi fece in tandem con Edoardo
Sanguineti per un evento teatrale (e
poi televisivo) di epocale importanza,
quello che prende forma qui su di uno
sfondo aperto e senza orizzonte è un
immaginario da Wunderkammer. Che
è come dire, il chiuso e il raccolto del
mondo, immagazzinato a dispetto
della storia e del tempo, liberato nel
favoloso e nell’ideale, quasi come
in
una
prospettiva
emancipata
dall’immaginazione.
Qui, dunque, nell’allusione del titolo
(InCanto) che combina l’incantesimo
dei luoghi magici al tema dei viaggi
impossibili e alla seduzione ritmica delle
voci (e difatti le musiche sono prevalentemente cantate), viene presentato
un mondo visionario il cui processo
organizzativo non è presieduto da un
vero principio di ordine, ma dove la
forza guerriera, senza distinzione di genere, e la follia latente, come ipotesi più
radicale di essere nel mondo, vibrano
nell’aria in una continua esplosione di
corpi. Mauro Bigonzetti parla di «una
follia anche nobile», in profonda antitesi
con l’etica del successo (militare ma
anche sociale) e capace di mostrare il
lato notturno e aereo della vita: la nobiltà della sconfitta, la dignità anatomica
di un corpo in un movimento ‘senza
ossa’.
I venti danzatori dànno vita, così, a una
energia che è prima di tutto collettiva,
profondamente condivisa e capace
di restituire per intero la forza plurale
di questo ensemble, in una atmosfera che tra proiezioni video, citazioni
scenografiche dell’epica occidentale
(grazie al lavoro sovrapposto dell’artista
Angelo Davoli), e allusioni musicali del
teatralissimo Händel, trasforma la visione ritmico spaziale degli schieramenti
in marcia verso la battaglia, in drappelli
ordinati per più ironiche danze di corte.
E non mancano le allusioni alla rumoristica del barocco teatrale, né ai
duetti guerreschi dei nemici amanti
(tema tipico dell’epica ariostesca e poi
tassiana), assunti qui anche attraverso
una potente e virile femminilità. Il corpo
degli interpreti sembra sempre spinto
ad uscire dall’ossatura, ossia dall’ordine e dagli schemi che presiedono il
movimento, pur rimanendo nell’alveo di
un rigore a base classica, verso però
una ipotesi contemporanea della follia
del corpo quale ricettacolo di scontri
esplosi e/o di conflitti ancóra implosi.
La struttura coreografica è fortemente
episodica, e sembra precisare con
grande evidenza l’interesse oggi più
forte di Bigonzetti coreografo, ossia
quello per un corpo capace di aggiornare la tradizione su di una longitudine
che non consente vulnerabilità né cedimenti nei confronti dei valori dinamici
ed espressivi del movimento danzato.
Per questo, anche, la narrazione, nelle
ultime sue creazioni per Aterballetto,
si è felicemente contratta in una semplice, presupposta presenza. E senza
che il progetto coreografico si svuoti in
una astratta pulsione di oggettivazione
delle forme.
Fin dall’iniziale avvio, sulle note e parole
di Augelletti (di Händel), la continua
dialettica tra l’ensemble e i solisti, che
allude a una più dettagliata logica tra
caos e ordine, trasforma una bella lenta
tensione d’insieme in una apertura di
credito nei confronti del molteplice.
Come se ogni azione del moltiplicare e
del differenziare le energie, così come
delle simmetrie, debba piegarsi alla
più forte intuizione della pluralità dei
mondi.
Mentre i ritmi si alternano in uno spazio
senza orizzonte (grazie al dispositivo
che rialza il fondo scena), le figure in
difficili tensioni e torsioni assunte dai
solisti (cui Bigonzetti dedica qui nuove,
febbrili scritture di movimento) alludono
a una idea della poesia ariostesca soltanto in superficie luminosa e priva di
ombre, ma in realtà piena di barbagli
e di esitazioni, di disarmanti paure e di
fiere ripicche, e capaci di rimescolare
le convinzioni meglio assunte, come
quando le immagini ritratte si squagliano nel fuoco e le identità si mecolano.
Ben si comprende allora perché siano
stati i versi iniziali (tra cui: «cosa non
detta in prosa mai né in rima») a ispi-
© A. Anceschi
Foto Orlando Sinibaldi
14, 15 dicembre 2007 ore 21 Teatro Municipale Valli
Compagnia Aterballetto
rare maggiormente Bigonzetti, quando
durante le prove lo si è sentito dire a
una ballerina, nel mezzo di un assolo,
per correggere un breve cambio di direzione nel movimento del capo: «devi
portare la testa in un altro mondo».
Nella equilibrata lettura di Walter Matteini, invece, le Satire ariostesche, che
sono epistole morali sulle noie del quotidiano e delle relazioni interpersonali,
per tutto aliene nella scrittura ai temi
del fantastico e del soprannaturale, si
trasformano in una sorta di discorso
diretto. Quasi come se alla danza fosse
demandato il cómpito non di descrivere didascalicamente il mondo autobiografico ariostesco, ma di restituire in
queste Parole Sospese la voce nei suoi
toni più immediati e diretti, così come
sembra celarsi lungo tutti i versi.
Uno stridente montaggio musicale, che
spazia da Webern a Kagel e Ligeti, fa da
cornice a una schietta immediatezza di
fondo nelle strategie con cui è costruito
il movimento. Matteini sembra aver
raggiunto una nuova maturità che esige
una scrittura coreografica totale, e a cui
gli interpreti devono però uniformarsi.
Il corpo danzante alterna momenti
delicati a respiri violenti, mentre alcune allusioni musicali ‘facili’ (come per
Shostakovich o per il Verdi di Traviata)
richiamano un’idea di popolare e di locale che pone l’importanza del territorio
in antitesi al progetto poetico universale
del poeta-cortigiano. In questo nuovo
lavoro di Matteini colpiscono la ricchezza delle variazioni nell’ensemble, che
alludono a una complessità emotiva e
visionaria poeticamente condivisa, e i
due soli maschili, potentemente allusivi alla parte più politica delle lettere
ariostesche, con un finale rimando alla
figura solitaria dell’uomo di lettere dopo
che il successo ha lasciato intatte tutte
le finzioni, e le debolezze.
Stefano Tomassini
1
Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l’ire e i giovenil furori
d’Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano.
2
Dirò d’Orlando in un medesmo tratto
cosa non detta in prosa mai, né in rima:
che per amor venne in furore e matto,
d’uom che sì saggio era stimato prima;
se da colei che tal quasi m’ha fatto,
che ‘l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me ne sarà però tanto concesso,
che mi basti a finir quanto ho promesso.
3
Piacciavi, generosa Erculea prole,
ornamento e splendor del secol nostro,
Ippolito, aggradir questo che vuole
e darvi sol può l’umil servo vostro.
Quel ch’io vi debbo, posso di parole
pagare in parte e d’opera d’inchiostro;
né che poco io vi dia da imputar sono,
che quanto io posso dar, tutto vi dono.
5
Orlando, che gran tempo innamorato
fu de la bella Angelica, e per lei
in India, in Media, in Tartaria lasciato
avea infiniti ed immortal trofei,
in Ponente con essa era tornato,
dove sotto i gran monti Pirenei
con la gente di Francia e de Lamagna
re Carlo era attendato alla campagna,
6
per far al re Marsilio e al re Agramante
battersi ancor del folle ardir la guancia,
d’aver condotto, l’un, d’Africa quante
genti erano atte a portar spada e lancia;
l’altro, d’aver spinta la Spagna inante
a destruzion del bel regno di Francia.
E così Orlando arrivò quivi a punto:
ma tosto si pentì d’esservi giunto:
7
Che vi fu tolta la sua donna poi:
ecco il giudicio uman come spesso erra!
Quella che dagli esperi ai liti eoi
avea difesa con sì lunga guerra,
or tolta gli è fra tanti amici suoi,
senza spada adoprar, ne la sua terra.
Il savio imperator, ch’estinguer volse
un grave incendio, fu che gli la tolse.
8
Nata pochi dì inanzi era una gara
tra il conte Orlando e il suo cugin Rinaldo,
che entrambi avean per la bellezza rara
d’amoroso disio l’animo caldo.
Carlo, che non avea tal lite cara,
che gli rendea l’aiuto lor men saldo,
questa donzella, che la causa n’era,
tolse, e diè in mano al duca di Bavera;
9
in premio promettendola a quel d’essi,
ch’in quel conflitto, in quella gran giornata,
degl’infideli più copia uccidessi,
e di sua man prestasse opra più grata.
Contrari ai voti poi furo i successi;
ch’in fuga andò la gente battezzata,
e con molti altri fu ‘l duca prigione,
e restò abbandonato il padiglione.
10
Dove, poi che rimase la donzella
ch’esser dovea del vincitor mercede,
inanzi al caso era salita in sella,
e quando bisognò le spalle diede,
presaga che quel giorno esser rubella
dovea Fortuna alla cristiana fede:
entrò in un bosco, e ne la stretta via
rincontrò un cavallier ch’a piè venìa.
© A. Anceschi
4
Voi sentirete fra i più degni eroi,
che nominar con laude m’apparecchio,
ricordar quel Ruggier, che fu di voi
e de’ vostri avi illustri il ceppo vecchio.
L’alto valore e’ chiari gesti suoi
vi farò udir, se voi mi date orecchio,
e vostri alti pensieri cedino un poco,
sì che tra lor miei versi abbiano loco.
Coincidenze
Accade a volte, che delle coincidenze
presentino tutte le caratteristiche per
poter essere lette come dei segni. Una
città che vuole onorare i 150 anni del
suo teatro rappresenta senza dubbio
un desiderio naturale per un evento
importante anche se limitato al cerchio
di antiche mura. Il fatto però, che il
talento più grande a cui questa città
abbia dato i natali sia quel personaggio
che attraverso la sua sagace ironia e
la sua iperbolica immaginazione ha
tradotto sentimenti e passioni umane
in personaggi, e che quei personaggi
con le loro storie abbiano superato
qualsiasi confine ed abbiano evidenziato l’assoluta universalità dell’uomo,
della sua natura, dei suoi sentimenti, ci
appare come una coincidenza che ha i
connotati di un segno.
La passione, quella contro la quale non
possiamo utilizzare alcuna difesa, eccola riapparire sulla nostra strada.
Quei sentimenti, che arrivano a coincidere con le passioni e quelle passioni
che esercitano il loro potere sulla ragione, sono lo stimolo alla voglia di
continuare il lavoro di ricerca verso le
possibilità che ha il corpo di esplorarli
e di ritrasmetterli, di evidenziare quelle
caratteristiche che ci rendono tutti così
terribilmente uguali, tutti immagini diverse di quell’unica natura umana che
rende le nostre infinite diversità una
grande unità.
Serata Ariosto
Ludovico Ariosto è, a parere di quasi
tutta la critica che lo riguarda, un autore
estremamente contemporaneo e vicino
ai giorni nostri, per l’attualità e modernità dei temi affrontati nelle sue opere.
La serata di Aterballetto dedicata al-
l’Ariosto, più che ripercorrere le opere
dell’autore in senso narrativo, intende
reinterpretarne i temi e il pensiero visionario, un pensiero, come dicevamo,
profondamente attuale.
Le coreografie che compongono la
serata, traggono ispirazione dalla capacità del pensiero di Ludovico Ariosto
di trascendere i confini temporali e
geografici, ed entrambe non lasciano
nessuno spazio per il racconto e la
narrazione. La nostra sfida è quella
di creare suggestioni in grado di fare
rivivere l’autore, oggi, oltre il suo valore
letterario, andando verso la riscoperta
dello spessore politico in senso lato,
ma anche e prima di tutto, di quello
umano ed esistenziale del poeta.
Il filo rosso che lega le coreografie è
la trasposizione temporale, il viaggio
nella sua valenza simbolica. Il pensiero
politico e civile dell’uomo nella società,
ma anche la passione, la pazzia ed
il conflitto interiore fanno parte della
condizione dell’essere umano nel ‘500
come di oggi.
Parole Sospese partirà da alcuni temi
delle Satire, ancora attuali nei contenuti, e tenderà a porsi delle domande
piuttosto che esporre il proprio punto di
vista, quasi con l’intenzione di gettare
provocazioni sulle quali riflettere.
InCanto, invece, prenderà spunto da
episodi dell’Orlando Furioso particolarmente interessanti per un coreografo contemporaneo: l’esplorazione
dell’esistenza stessa dell’uomo di ogni
tempo. L’amore, la guerra, la precarietà
della ragione, la follia, il conflitto eterno,
le contraddizioni, dentro e fuori di sé.
Sarà un viaggio temporale, ma anche
spaziale, che darà risalto all’universalità
di questi temi.
Come non è casuale il fatto che l’Ario-
sto sia uno dei letterati italiani più
studiati all’estero, anche la scelta musicale per questo lavoro è volutamente
eclettica: Weber, Shostakovich, Verdi,
Händel… forse l’Ariosto è più vicino a
noi di quanto si possa immaginare.
Mauro Bigonzetti, Walter Matteini
È una sfida possibile oggi, per un
giovane coreografo, danzare
con
Ariosto, tradurre in movimento le Satire e l’Orlando Furioso, mondo reale e
proiezione fantastica della corte rinascimentale? Certo è necessaria una certa
dose di incoscienza, il desiderio di confrontarsi con la grandezza, la necessità
di mettere alla prova il proprio talento.
Non ci si aspetti un balletto narrativo,
la materia è sterminata, né il susseguirsi di episodi di stampo antologico,
forme poco congeniali al balletto contemporaneo, quanto piuttosto risalire
alle strutture profonde del linguaggio
dell’Ariosto; nessuno infatti come
lui ha saputo tradurre in avventura,
viaggio, fuga, movimento, volo, ogni
sentimento, ogni moto dell’animo, ogni
condizione psicologica. Questo non è
certamente passato inosservato a chi
ha fatto della traduzione in movimento
dei moti dell’animo, l’oggetto della propria ricerca.
Altre analogie può trovare la danza
moderna con l’ottava ariostesca dove
musicalità e ritmo sono protagonisti
assoluti, dove il continuo passaggio
dal linguaggio aulico ai lombardismi
della lingua parlata rivelano il distacco
ironico dell’autore rispetto agli eccessi
della materia cavalleresca.
Così la grande tradizione del balletto
classico ottocentesco, linguaggio aulico del corpo, diventa punto di partenza
per avventure che esplorano inedite
11
Indosso la corazza, l’elmo in testa,
la spada al fianco, e in braccio avea lo scudo;
e più leggier correa per la foresta,
ch’al pallio rosso il villan mezzo ignudo.
Timida pastorella mai sì presta
non volse piede inanzi a serpe crudo,
come Angelica tosto il freno torse,
che del guerrier, ch’a piè venìa, s’accorse.
13
La donna il palafreno a dietro volta,
e per la selva a tutta briglia il caccia
...
(Ludovico Ariosto, Orlando furioso)
© A. Anceschi
12
Era costui quel paladin gagliardo,
figliuol d’Amon, signor di Montalbano,
a cui pur dianzi il suo destrier Baiardo
per strano caso uscito era di mano.
Come alla donna egli drizzò lo sguardo,
riconobbe, quantunque di lontano,
l’angelico sembiante e quel bel volto
ch’all’amorose reti il tenea involto.
possibilità di movimento, un continuo
trascorrere tra antico e nuovo, tra nobile e popolare.
In tale contesto, fondamentale è il ruolo
della musica, che non accompagna,
ma genera il movimento, suggerisce
il clima emotivo e, sovvertendo ogni
coordinata spazio-temporale, vola sulla
luna alla ricerca di un senno ormai irrimediabilmente perduto.
Immodestamente pensiamo che l’Ariosto avrebbe apprezzato.
Walter Matteini
Architetture nell’aria
Sin dall’inizio ho deciso che non mi interessava una rappresentazione fedele
che fosse direttamente riconducibile
alla trama dell’Orlando. Nemmeno
un atteggiamento di “snobismo“ intellettuale ricercando nella trama del
Furioso quelle parti meno “abusate”
nelle iconografie. L’ippogrifo è già stato rappresentato dall’uomo, in molte
forme differenti. Ho cercato nel mio
archivio mentale e “fisico” la forma che
lo evocava. Si trattava solo di “ripulire”
quella forma da tutte le infrastrutture e i
preconcetti che la circondavano e mostrarla nella sua essenza originaria.
L’uomo nel corso dei secoli ha plasmato una molteplicità di forme, spesso
mutuate da altrettante forme primitive
già pre-esistenti o da immagini mentali ereditate dalla nostra cultura ancestrale; la rappresentazione diventa
un’immagine mentale, una personale e
poetica visione della “realtà”.
Con Mauro Bigonzetti ho cercato un
punto d’incontro fra i nostri lavori, che
apparentemente viaggiano su diversi
binari; il mio lavoro è sulle architetture, utilizzando materiali inerti, Mauro
“costruisce” le sue architetture con il
corpo. La mia arte comunica attraverso
un’immagine statica mentre la danza è
dinamica, cinetica.
Credo che nell’apparente antitesi fra i
due linguaggi vi sia un comune denominatore che è l’elemento “aria”.
Mi affascina pensare alla danza come
ad un bisogno ancestrale dell’uomo
di interagire con questo elemento,
trascendendo le leggi della fisica per
muoversi più liberamente in un universo
“spirituale”.
Amo spesso citare un pensiero di
Yves Klein che, con estrema lucidità
scrive: ”Diventeremo uomini aerei, conosceremo la forza di attrazione verso
l’alto, verso lo spazio, verso il niente e il
dappertutto allo stesso tempo, e dopo
aver così domato la forza di attrazione
leviteremo letteralmente in una totale
libertà fisica e spirituale”.
È molto forte a questo punto il parallelo
fra il mio lavoro e quello di Mauro e l’interazione diventa ad un tratto naturale.
L’alfabeto dell’aria lo conosciamo entrambi. La comunicazione a questo
punto avviene per sottrazione. L’aria, il
vuoto ci accomuna. Lì parliamo la stessa lingua e con estrema “leggerezza”
cerchiamo di riempire questi spazi.
Angelo Davoli
© A. Anceschi
Maîtres de Ballet e Maestri ripetitori
Giuseppe Calanni, Roberto Zamorano
Pianista e assistente musicale
Mihaela Aurora Godeanu
Direttore Artistico Mauro Bigonzetti
La Compagnia
Saul Daniele Ardillo, Adrien Boissonnet,
Vincenzo Capezzuto, Thibaut Cherradi,
Dario Dinuzzi, Charlotte Faillard, Stefania
Figliossi, Maša Kolar, Valerio Longo, Marco
Magrino, Alice Marchetti, Lisa Martini,
Walter Matteini, Dejalmir Melo, Beatrice
Mille, Kihako Narisawa, Bryna Pascoe,
Claudia Piana, Giulio Pighini, Anne Laure
Seillan, Giuseppe Spota
Direttore di scena: Giorgio Pagan
Capo elettricista: Loris Costi
Elettricista: Antonella Cannas
Sarta: Giuseppina Carbosiero
Massaggiatore: Alessandro Nocco
Consulenza medico scientifica: dr. Giovanni
Battista Camurri
Uffici di produzione
Produzione e amministrazione di
compagnia Rossella Caldarelli
Segreteria di compagnia Daniela Carnevali
Programmazione e distribuzione estero
Amei Teupel
Assistente programmazione e distribuzione
estero Sabrina Chatham
Programmazione e distribuzione Italia
Massimo Dottorini
Ufficio stampa e comunicazione Stefania
Catellani
Assistente programmazione Italia e
comunicazione Eugenia Bacci
Segreteria artistica Irene Sartorelli
Progetti speciali e attività didattico formative Arturo Cannistrà
Presidente Federico Grilli
Consiglio d’amministrazione
Sabina Fornaciari, Federico Grilli, Danilo
Morini, Giovanni Ottolini
Soci della Fondazione: Comune di Reggio
Emilia, Regione Emilia Romagna
L’attività della Fondazione Nazionale
della Danza / Compagnia Aterballetto è
sostenuta dal Ministero per i Beni e le
Attività Culturali Italiano, dagli Istituti Italiani
di Cultura e dalle Ambasciate Italiane del
Ministero degli Affari Esteri.
Alpi Padana sostiene la Fondazione
Nazionale della Danza / Compagnia
Aterballetto
© M. Caselli Nirmal
Fondazione Nazionale della Danza
Reggio Emilia
Compagnia Aterballetto
Uffici amministrativi
Vincenza Ferrari, Maria Luisa Foracchia
Relazioni esterne e business development
Ida Galassi
Prossimo spettacolo
17 gennaio 2008, ore 21.00 Teatro Municipale Valli
BALLETTO DELL’OPERA DI KIEV
LA BELLA ADDORMENTATA
Balletto in tre atti con un prologo e un’apoteosi
Foto S. Mor Yosef
musica
P. I. Ciajkovskij
libretto
Ivan Vzevolozskij e Marius Petipa basato sul racconto di Charles Perrault
coreografia
Marius Petipa con frammenti coreografici di E. Lopujov e Y. Grigorovich
scene e costumi
Maria Levitzkaia
in collaborazione con ATER – Associazione Teatrale Emilia Romagna
A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione / Danza e RED
Soci fondatori
Fondazione
Comune
di Reggio Emilia
Soci fondatori aderenti
Sostenitori
Partner
ROTARY CLUB
REGGIO EMILIA
Amici del Teatro
Delegazione di
Reggio Emilia
Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni,
Gemma SIria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti,
Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana
Boni, Grande Ufficiale Comm. llario Amhos Pagani,
Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria di
Mascalucia Pagani, Paola Scaltriti, Mauro Severi,
Corrado Spaggiari, Gigliola Zecchi Balsamo
Cittadini del Teatro
Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini,
Milva Fornaciari, Silvia Grandi, Ramona Perrone,
Viviana Sassi, Alberto Vaccari
Le attività di
spettacolo e tutte
le iniziative per i
giovani e le scuole
sono realizzate
con il contributo e
la collaborazione
della Fondazione
Manodori
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