A Mauro Di Rosa Swan Lake di Matthew Bourne Un “classico” del ‘gender reversal’ Prefazione di Alessandro Pontremoli Con un’intervista a Matthew Bourne Copyright © MMXIV ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: ottobre Nella pagina precedente, la locandina di Swan Lake. Fotografia di Hugo Glendinning. Alla mia Famiglia There is a Swan whose name is Ecstasy… Aleister Crowley, The Book of Lies Indice 15 Prefazione di Alessandro Pontremoli 19 Introduzione 29 Capitolo I Da Il Lago dei cigni a Swan Lake: dettagli tecnici per un confronto 43 Capitolo II Da Odette/Odile a The Swan/The Stranger: ‘Gender reversal’ e role reversal 75 Capitolo III Dalla danse d’école alla modern dance: The Bourne’s Style 3.1. Lavori d’isolazione, stilizzazione delle gestualità, 90 — 3.2. Da e contro il balletto accademico, 95 — 3.3. Quando la danza diventa diegetica, 100 12 Indice 109 Capitolo IV Binari di lettura 125 Capitolo V The Swan 5.1. Una divinità pagana, 126 — 5.2. Il fantastico nel reale, 130 — 5.3. Tutto nella mente del principe?, 136 — 5.4. Per un apporto queer alla danza maschile: ‘Il Lago dei cigni in versione gay’?, 141 — 5.5. The Black Swan, 153 155 Capitolo VI Doppelgänger: giochi di doppi, giochi di ombre 161 Capitolo VII Per un’analisi d’opera 7.0. Prologo, 162 — 7.1. Atto I, 162 — 7.2. Atto II, 185 — 7.3. Atto III, 208 — 7.4. Atto IV, 216 235 Appendice I Intervista a Matthew Bourne 243 Appendice II Comparazione d’ambienti 247 Appendice III Dati dello spettacolo 249 Bibliografia 263 Filmografia Indice 267 Sitografia 269 Discografia 271 Indice dei nomi 13 Prefazione di Alessandro Pontremoli Nel panorama mondiale del balletto contemporaneo, Matthew Bourne (1960) è considerato un coreografo originale e di grande qualità artistica, in grado di coniugare impegno e intrattenimento in una forma coreografica personale, trasgressiva e di forte impatto spettacolare. Laureatosi al Laban Center di Londra, Matthew Bourne si colloca, dal punto di vista storico, in una zona al confine fra momento epigonale del balletto moderno e nascita delle nuove danze europee. L’etichetta di nuova danza e quella di danza d’autore nascono negli anni Ottanta come categorie ampie entro cui inventariare i fenomeni più recenti di teatro di danza. Accanto agli imitatori della cifra stilistica bauschiana, nei vari paesi d’Europa si sviluppano correnti autonome, spesso innestate sulla tradizione locale o del tutto originali e generanti, a loro volta, nuove ondate di filoni. In Inghilterra, il movimento della New Dance si afferma, agli inizi degli anni Settanta, come un importante fenomeno culturale, connotato anche dal punto di vista politico. Le idee sulla società e sulla danza vengono espresse non solo attraverso la coreografia, ma anche con uno strumento editoriale specialistico, la rivista «New Dance», che dà voce ai suoi esponenti. Lo sviluppo della danza contemporanea in Inghilterra è inizialmente legato a particolari centri di formazione, alcuni dei quali nati ancora sul finire degli anni Cinquanta e tuttora operanti. Il più prestigioso di questi è certamente il London Contemporary Dance Theatre (LCDT) con la scuola annessa (la London Contemporary Dance School, 16 Prefazione LCDS), centro di diffusione del verbo grahamiano in Inghilterra; non meno importanti per la formazione dei nuovi artisti sono il College of Art di Dartington e il Laban Center di Londra. All’interno di queste istituzioni si formano gruppi di danza alternativa, che rifiutano il modern per abbracciare una tecnica e uno stile più eclettici, basati sulla contaminazione delle estetiche (il formalismo americano balanchiniano, la post-modern dance, il balletto contemporaneo di impronta neoclassica, ecc.). Negli anni Settanta, fondato da Richard Alston e da Siobhan Davies nasce, in seno alla LCDS, il gruppo degli “Strider”, ribattezzato, in seguito, Second Stride Dance Company, che si fa portavoce dell’innovazione coreica con una danza tendente all’astratto, sintesi di molte delle sperimentazioni europee e statunitensi. Dal 1975 al 1991, grazie ad un finanziamento stabile dell’Arts Council, opera sul territorio inglese la Extemporary Dance Company, che riesce a diffondere capillarmente in Inghilterra lo stile della modern dance grahamiana, poi sostituito, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, dalla varietà tecnica di una post-modern dance moderata. Al College of Art di Dartington si diplomano Janet Smith e Rosemary Butcher (1947), esponenti, dalla metà degli anni Settanta, di un minimalismo antivirtuosistico e democratico, ricco di suggestioni, che trova espressione soprattutto in ambienti non convenzionali, come, ad esempio, le gallerie d’arte. Nel 1976 comincia a Londra, soprattutto in spazi alternativi e non istituzionali, l’attività coreografica del gruppo degli X6, che in anni di conservatorismo thatcheriano si ispira alla contestazione giovanile degli anni Sessanta, proponendo nei propri pezzi temi di protesta sociale come il femminismo e la rivoluzione sessuale. Fra gli esponenti di spicco di questa formazione indipendente Ian Spink (1947) dà vita ad un teatro di danza quasi cinematografico nel montaggio dei materiali, basato su un linguaggio coreografico che fa spesso uso della ripetizione e della variazione. Uno slancio decisivo alla New Dance inglese viene dato, nel 1978 dalla rassegna internazionale di danza nota col nome di Dance Umbrella, vetrina, per molti anni, della nuova danza anglosassone e luogo di incontro fra le nuove generazioni e i padri fondatori della danza contemporanea mondiale. Se la compagnia dei DV8 Physical Theatre indaga territori di confine, dove la poetica della diversità è coniugata con un movimento Prefazione 17 corporeo ossessivo, violento e decisamente trasgressivo, in qualche caso ai limiti della pornografia, Matthew Bourne, pur esplorando analoghi territori, crea tuttavia balletti caratterizzati da una maggior leggerezza, grazie a una vena ironica sottile che individua in un moderato stile contemporaneo, temperato da un formalismo accademico continuamente trasgredito e rinnovato, un linguaggio fruibile da pubblici ampi e di estrazione socio culturale molto diversa. E proprio una olimpica ironia, alternata a una sapienza drammaturgica di notevole efficacia, caratterizza gran parte del suo capolavoro del 1995, quello Swan Lake che il giovane studioso Mauro Di Rosa rilegge criticamente in questo volume. Guidato dalla teoria del Gender Reversal, Di Rosa restituisce di questo balletto, da molti ritenuto erroneamente addirittura un musical, un’analisi scientifica dettagliata, che tiene conto della più recente letteratura inerente gli studi di danza. Introduzione Swan Lake di Matthew Bourne. Un “classico” del ‘gender reversal’. Questo il titolo. È comunque ovvio che un’ipotetica domanda relativa all’argomento di questo lavoro preveda quale risposta “semplicemente” la prima parte del titolo, ossia l’opera teatrale Swan Lake firmata dal coreografo britannico Matthew Bourne. La quale è qui analizzata sotto l’ottica del gender reversal, per la cui definizione si rimanda ai capitoli appositamente redatti, ed alle relative indicazioni bibliografiche. Ma perché “classico”? Perché del ‘gender reversal’? E perché le virgolette? È scontato che una risposta completa ed esauriente a simili domande può trovare luogo soltanto in una trattazione approfondita ed articolata di tali problematiche, sia su più fronti che su una molteplicità di livelli d’approccio. In un contesto introduttivo sia sufficiente un’enunciazione di quella che è la chiave di lettura principale qui adottata: il gender reversal. Come sarà più dettagliatamente spiegato nel capitolo II, tale dicitura, intesa come inversione di genere, è ripresa da una frase che il critico e storico della danza Alastair Macaulay1 rivolge — in veste di “giornalista” — al coreografo e regista teatrale Matthew Bourne durante una delle innumerevoli discussioni fra artista e studioso raccolte in quello che è il testo principale dell’intero apparato bibliografico che costituisce la base scientifica di questo lavoro: M. BOURNE, A. MACAULAY, Matthew Bourne and his Adventures in Dance. Conversations with Alastair Macaulay, a cura di 1 Il quale è stato docente di storia della danza di Matthew Bourne ai tempi in cui il futuro coreografo era studente al Laban Center for Movement and Dance di Londra (ora Trinity Laban Conservatoire of Music & Dance), negli anni 1982–1985. Cfr. A. MACAULAY, Matthew Bourne, Dance History and Swan Lake in A. CARTER (a cura di), Rethinking Dance History. A reader, Routledge, New York–London 2004, p. 157. Introduzione 20 A. Macaulay, Faber and Faber, London 20112. Nel caso specifico, tale dicitura è ripresa in primo luogo (è presente anche in altre parti del libro) da una discussione — collocata verso la fine del volume — che verte su alcuni aspetti dell’opera The Car Man, vista quale omologo di Swan Lake per l’opéra–comique Carmen (1875) di Georges Bizet 3: The Car Man è la gender reversal di Carmen come Swan Lake lo è del Lago dei cigni: ciò che era donna è diventato uomo. E da qui tutto il resto. Swan Lake, opera teatrale costruita attraverso una gender reversal, è quindi un classico di tale genere di spettacolo, in quanto è, indubbiamente, non soltanto l’opera più nota di Matthew Bourne, ma, probabilmente, è anche la più nota opera teatrale che non solo presenta tali giochi di inversione in maniera così spiccata ed accentuata, ma che è proprio su di essi costruita. Ma perché le virgolette apicali ai lati della parola ‘classico’? Perché tale parola, perlomeno in un contesto fortemente basato sulla danza, non può non richiamare quello che è l’ambito artistico–estetico della danza classica. Ed è ovvio quanto, in questo contesto, un tale richiamo sia fuorviante: è proprio da essa, dalla danse d’école, dalla danza accademica, che la pièce bourniana Swan Lake parte e trasforma, ribaltandola diametralmente, l’estetica che presiede tale tipologia di danza teatrale, tale tipologia di linguaggio coreografico definito — anche nel linguaggio comune — ‘danza classica’. Questo ribaltamento, chiave creatrice che genera l’opera oggetto di questo lavoro, afferra la danza accademica che è alla base dell’“originale” e la rovescia, trasformandola nel suo esatto opposto: a partire da ciò (ma non solo da ciò) è ora tutto rovesciato, dai personaggi alle complesse problematiche di genere sessuale inevitabilmente sottese a tali tipologie di spettacolo teatrale. Ma la danza classica non è completamente eliminata: è confinata all’interno di quella sezione fortemente parodica di ‘teatro–nel–teatro’ che è il Moth Ballet della terza scena del primo atto. Relegata in quell’unica sezione e — di fatto — “derisa” nelle sue leziosità di maniera e nelle sue gestualità in gran parte stereotipate, la danza accademica è rigettata e “rinchiusa” all’interno di una scena sotto certi aspetti “vintage”, “vetusta”, che 2 Tale libro è la seconda edizione (più recente, aggiornata ed ampliata) di M. BOURNE, A. MACAULAY, Matthew Bourne and His Adventures in Motion Pictures, a cura di A. Macaulay, Faber and Faber, London 1999. 3 Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy dall’omonima novella (1845) di Prosper Mérimée.