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erusalem
BOLLETTINO DIOCESANO DEL PATRIARCATO LATINO
Sinodo per
il Medio Oriente
dal 10 al 24 ottobre 2010
NumEro spEcialE
ANNo 76
In questo numero speciale
Editoriale
Jerusalem
.........................................................................................................
2
Introduzione ................................................................................................... 4
I partecipanti al Sinodo dalla Terra Santa ..................................... 8
I. Omelia del Santo Padre per l’inaugurazione del Sinodo .. 10
II. I discorsi .................................................................................................... 14
Anno 76
Numero speciale
Sinodo
per
il Medio Oriente
10-24 ottobre 2010
III. Omelia del Santo Padre di conclusione del Sinodo ........ 87
IV. Le 44 proposizioni finali ................................................................ 91
V. Messaggio al Popolo di Dio ........................................................... 108
Sommario ........................................................................................................ 121
Indice degli argomenti .............................................................................. 124
Patriarcato Latino
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Gerusalemme 91141
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STAMPA DEL PATRIARCATO LATINO
BEIT JALA — 2010
Sinodo per
il Medio Oriente
dal 10 al 24 ottobre 2010
Sinodo per il Medio Oriente
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Editoriale
di S.B. il Patriarca Fouad Twal
Cari fedeli,
Cari amici della Terra Santa,
I due obiettivi principali di questa Assemblea Speciale
sono stati la comunione e la testimonianza.
Devo ammettere che siamo partiti per il Sinodo
con un po’ di paura e apprensione. Così numerosi i
paesi coinvolti, e ancor di più i problemi da affrontare.
E poi, che cosa pensare del dialogo interreligioso,
quando esistono diversi tipi di Islam e la stessa
situazione politica in Terra Santa potrebbe ostacolare
il dialogo con l’Ebraismo?
Umanamente parlando, ci è sembrata un’impresa estremamente ardua quella di riuscire a far convergere realtà così diverse, elaborando un messaggio
comune!
Il 10 ottobre scorso l’omelia del Santo Padre è risuonata fortemente nel cuore di
tutti i Padri sinodali “La Pentecoste è l’evento originario ma è anche un dinamismo
permanente, e il Sinodo dei Vescovi è un momento privilegiato in cui si può rinnovare
nel cammino della Chiesa la grazia della Pentecoste, affinché la Buona Novella sia
annunciata con franchezza e possa essere accolta da tutte le genti”.
È stata una profezia che si è realizzata …
I 160 vescovi del Medio Oriente, i rappresentanti delle Conferenze Episcopali
di tutti i continenti, gli esperti, i delegati fraterni, tutti noi siamo entrati nella sala
del Sinodo come nel Cenacolo. “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera,
insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui”
(At 1,14): questa era esattamente la nostra situazione, uniti nella speranza e nella
preghiera per la venuta dello Santo Spirito su tutti noi, perché Egli fosse al centro del
nostro incontro e operasse la nostra unità.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Dopo due settimane di assemblee, di incontri, di interventi, schietti e a volte
anche un po’ tesi, siamo riusciti a scrivere un bel messaggio di speranza indirizzato ai
fedeli del Medio Oriente, nonché 44 concrete proposizioni, capaci di tradurre nella
pratica i nuovi orientamenti e linee guida. Il miracolo così atteso ha avuto luogo!
Questi due documenti riguardano cinque aree principali: il rinnovamento
della fede cristiana, la comunione tra le Chiese cattoliche, l’ecumenismo, il dialogo
interreligioso e l’emigrazione.
Desideriamo qui riprendere ciò che abbiamo scritto a tutti nel messaggio
finale: Confessiamo che non abbiamo fatto fino ad ora tutto ciò che era nelle nostre
possibilità per vivere meglio la comunione tra le nostre comunità. Non abbiamo
operato sufficientemente per confermarvi nella fede e darvi il nutrimento spirituale
di cui avete bisogno nelle vostre difficoltà. Il Signore invita noi vescovi ad una
conversione personale e collettiva. Oggi torniamo a voi pieni di speranza, di forza e di
determinazione, portando con noi il messaggio del Sinodo e le sue raccomandazioni
per studiarle insieme, applicarle, viverle nelle nostre Chiese, ciascuno secondo il suo
stato.
Cari fedeli, cari sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose, in questo numero
speciale del nostro bollettino desideriamo proporvi non soltanto gli interventi dei
membri della Famiglia del Patriarcato Latino, insieme ad altri interventi significativi,
ma soprattutto il Messaggio finale e le 44 Proposizioni concrete, che sono il frutto
del Sinodo. Questo bollettino non vuole essere o rimanere un inutilizzato documento
d’archivio, ma piuttosto un documento di base che ha l’intenzione di favorire il lavoro
e la riflessione, così da poter insieme rinnovare profondamente la nostra Chiesa del
Medio Oriente alla luce dello Spirito Santo. Il successo di questo rinnovamento
dipenderà dal nostro lavoro comune e dalla nostra docilità allo Spirito Santo.
Vi invitiamo a leggere questi documenti, specialmente gli ultimi due, a meditarli
e a pregare che il Signore possa portare a compimento in questa Terra ciò che desidera
operare in ognuno di noi: renderci dei veri pastori, e dei cristiani ferventi, fedeli, fieri,
pieni di zelo e di carità.
Cari fedeli, desideriamo assicurarvi ancora una volta tutto il nostro amore per
voi, la nostra vicinanza alle vostre preoccupazioni quotidiane, il nostro sostegno e la
nostra preghiera. Camminiamo insieme nella luce di Cristo risorto!
Che la Beata Vergine Maria, invocata durante il Sinodo come protettrice del
Medio Oriente, ci guidi e ci protegga.
Cordiali saluti.
■
† Fouad Twal, Patriarca
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Sinodo per il Medio Oriente
Introduzione
1) Perché un Sinodo per il Medio Oriente?
●I responsabili delle nostre Chiese in Medio Oriente sono preoccupati per la situazione dei loro fedeli. Alcuni pensano di non avere più futuro in questa terra
dei loro antenati, altri sono oppressi, tutti sono afflitti da difficoltà di ogni genere: vessazioni subite da parte dei loro concittadini di altre religioni, difficoltà a
trovare lavoro o un alloggio, difficoltà di trasporto, il dolore di vedere emigrare
membri delle loro famiglie. Alcuni si sentono abbandonati dal Signore, altri non
praticano più, sono disperati, piangono e rivolgono verso il cielo la loro angoscia.
●Durante i suoi recenti viaggi in Medio Oriente (Turchia, 2006; Terra Santa, cioè
Israele-Giordania-Palestina, nel 2009; Cipro nel 2010), il Santo Padre si è messo
in ascolto di tutte queste difficoltà, di tutte queste sofferenze. Ha compreso il desiderio dei leader religiosi delle varie Chiese di incontrarsi insieme per pregare,
per sostenersi a vicenda, affrontare i problemi comuni dei loro fedeli, cercando
di trovare delle soluzioni.
●Attento alle suppliche del popolo di Dio, portandole nel cuore e nella preghiera,
Papa Benedetto XVI si è così indirizzato ai Capi delle Chiese in Medio Oriente
durante un incontro con il CPCO (Consiglio dei Patriarchi cattolici d’Oriente),
tenutosi a Castel Gandolfo, il 19 settembre 2009: “Ho colto l’occasione per annunciare un’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente,
che io stesso ho convocato e che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema ‘La
Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza’. ‘La moltitudine
di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola’ (At 4,
32)”. Con queste parole il Santo Padre ha lanciato un’iniziativa senza precedenti
nella storia della Chiesa: riunire tutti i vescovi cattolici del Medio Oriente per
lavorare insieme al rinnovamento di quella regione.
2) Che cos’è un Sinodo?
Dopo il Vaticano II, i Sinodi si tengono regolarmente in Vaticano, convocati
dal Papa, hanno per tema un argomento specifico o una specifica area geografica, e
hanno l’obiettivo di riflettere insieme al Santo Padre, offrendogli anche dei consigli.
In generale, il Sinodo ha carattere consultivo, come si è trattato nel nostro caso.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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3) Un Sinodo per chi?
– Il territorio / gli abitanti :
●17 paesi: Arabia Saudita, Bahrein, Cipro, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Iran, Iraq, Israele, Kuwait, Libano, Oman, Qatar, Siria, Turchia, Territori
palestinesi e Yemen.
●350 milioni di persone.
●20 milioni di cristiani, circa il 5,5 % della popolazione.
●5,5 milioni di cattolici, circa il 35 % dei cristiani.
– I cattolici del Medio Oriente :
●La Chiesa latina.
●6 Chiese orientali sui iuris, fin dai primi secoli, presiedute da un Patriarca,
padre e capo della Chiesa:
♦ Chiesa armena
♦ Chiesa caldea
♦ Chiesa copta
♦ Chiesa greco-melchita
♦ Chiesa maronita
♦ Chiesa siriaca.
4) Preparazione del Sinodo
●In preparazione a questo grande evento ecclesiale, il 19 gennaio 2010, Mons.
Nikola Eterović, Segretario Generale del futuro Sinodo, presentò un documento
intitolato Lineamenta. Tale documento, comprendente un dettagliato questionario, è stato utilizzato come base per la riflessione da parte dell’episcopato, il
clero, i religiosi, le religiose e i fedeli delle Chiese del Medio Oriente. È a partire
dalle numerose risposte a questo documento che è stato elaborato l’Instrumentum
Laboris, testo di una quarantina di pagine, che è stato lo strumento di lavoro vero
e proprio dell’Assise sinodale. È questo documento che Papa Benedetto XVI ha
consegnato ai rappresentanti dell’episcopato del Medio Oriente, domenica 6 giugno 2010, durante la sua visita all’isola di Cipro.
●A partire da questo documento, ogni padre sinodale è stato invitato a preparare
un breve intervento di 5 minuti, una pagina formato A4. Ognuno ha avuto poi
completa libertà di scelta riguardo al momento in cui tenere l’intervento. Tutti gli
interventi sono stati evidenziati nel corso del Sinodo, in cui ha regnato veramente
grande libertà di parola. I temi sono stati così estremamente vari.
●Quasi tutte le Conferenze episcopali si sono riunite per dividersi i temi degli interventi. Per quanto riguarda l’Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa,
Sinodo per il Medio Oriente
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questa distribuzione è stata fatta durante il ritiro interrituale annuale, tenutosi
all’inizio del luglio scorso in Galilea.
5) Gli attori principali del Sinodo
– 185 Padri sinodali, di cui 159 in attività:
●101 vescovi del Medio Oriente.
●23 vescovi della “diaspora”, pastori delle Chiese orientali cattoliche emigrati
dal Medio Oriente in differenti regioni del mondo (es: il vescovo maronita di
Sydney, in Australia).
●19 vescovi, in particolare dall’Africa settentrionale e orientale, dall’Europa e
dall’America, che hanno nelle loro Diocesi importanti comunità cristiane originarie del Medio Oriente (es. l’Arcivescovo di Parigi).
●I Prefetti di 14 dicasteri della Curia romana che hanno stretti legami con la vita
della Chiesa in Medio Oriente.
●10 rappresentanti dell’Unione dei Superiori Generali.
●17 Padri sinodali nominati dal Santo Padre.
– 34 uditori (persone che hanno un ruolo particolare all’interno delle Chiese interessate).
– 36 esperti (persone che assistono e collaborano alla redazione delle relazioni e
delle proposizioni).
– I delegati fraterni, rappresentanti di 14 Chiese e comunità ecclesiali, ortodosse
ed evangeliche, storicamente radicate in Medio Oriente.
– 3 invitati speciali: il Sig. Rabbino David Rosen, per il dialogo con l’Ebraismo,
M. Muhammad Al-Sammak e l’Ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabad, per il dialogo con l’Islam.
6) Lo svolgimento del Sinodo
●La prima settimana è stata dedicata all’ascolto e allo studio di tutti gli interventi.
Quasi tutti i partecipanti hanno parlato sotto lo sguardo attento di Benedetto XVI,
quasi sempre presente.
●La seconda settimana è stata per la gran parte dedicata ad un lavoro specifico in
piccoli gruppi, di stesura e rifinitura delle proposizioni precedentemente formulate dai partecipanti.
●Al termine di questo lavoro, i Padri sinodali hanno redatto e votato, approvandoli, due testi importanti:
– un Messaggio finale, in cui si sono indirizzati a tutti i fedeli del Medio Oriente;
– 44 Proposizioni specifiche, con l’intento di esprimere, nella pratica, le proposte concrete di soluzione pensate per il Medio Oriente. Questo testo, provvisorio, servirà al Santo Padre per redigere un’esortazione apostolica. È questo
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documento finale, che, coinvolgendo la Chiesa universale, sarà il vero frutto
del Sinodo.
7) I 5 temi principali del Sinodo
Ecco i temi principali affrontati dai Padri sinodali, che sono allo stesso tempo le linee guida del Messaggio finale e delle 44 Proposizioni. Essi possono essere
sintetizzati in cinque grandi ambiti di intervento:
●L’anelito profondo alla conversione personale e collettiva di tutti i cristiani che
vivono in Medio Oriente, vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli; una conversione
basata sulla Parola di Dio, letta e meditata.
●Allo stesso modo, il desiderio di una comunione sempre maggiore tra le Chiese
e le diocesi cattoliche in Medio Oriente. Non potrà esserci testimonianza cristiana senza comunione. Il riferimento alla Chiesa primitiva, descritta negli Atti degli
Apostoli, in cui tutti mettevano in comune i loro beni, assidui nella preghiera e
nella frazione del Pane, è stato molto vicino a tutti i Padri sinodali durante i lavori.
●Il desiderio di apertura alle Chiese ortodosse e a quelle Evangeliche. Anche se
la piena comunione è ancora un desiderio, è necessario anticipare l’unità attraverso la via della carità fraterna. Un’esigenza concreta su cui è necessario lavorare
per avanzare nell’unità è l’unificazione della data della Pasqua.
●Il desiderio di un dialogo sereno con i non cristiani è emerso allo stesso modo
come un imperativo. Lunghe discussioni sono state dedicate a questo tema. I
cristiani sono invitati a uscire da se stessi e ad essere aperti al vero dialogo e alla
carità. Gesù non si è intrattenuto con la samaritana, con il centurione romano, con
la cananea? Non dobbiamo imitarlo anche in questo? Il dialogo è l’unica alternativa allo scontro fra le civiltà, culture e religioni.
●Il desiderio di vedere i cristiani restare in Medio Oriente. Anche il tema
dell’emigrazione è stato ampiamente trattato. I Padri ne hanno studiato le cause e offerto alcune proposte di soluzione per tentare di limitare tale fenomeno.
Tuttavia, è chiaro che non si può separare questo aspetto dagli altri, perché solo
una fede più grande, una maggiore apertura verso gli altri, aiuteranno i cristiani
di questa Terra Santa a ritrovare il senso della loro presenza in questi luoghi: si
tratta di un appello, di una vocazione, e non di una fatalità.
Molti altri temi importanti sono stati ancora affrontati: l’immigrazione, i giovani, il ruolo delle donne, la nuova evangelizzazione, la testimonianza, la vita dei
cristiani nella società …
Attraverso quest’introduzione, cari amici, e i testi degli interventi che vi
offriamo qui di seguito, desideriamo invitarvi a leggere soprattutto i due documenti
pubblicati alla fine di questo numero speciale: il Messaggio al Popolo di Dio e le 44
Proposizioni finali. ■
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Sinodo per il Medio Oriente
I partecipanti
al Sinodo
dalla Terra Santa
I. Ordinari cattolici di Terra Santa
† S.B. Mons. Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme
† S.B. Mons. Michel Sabbah, Patriarca emerito latino di Gerusalemme
† S.E. Mons. Salim Sayegh, Vicario del Patriarcato latino di Gerusalemme,
Giordania
† S.E. Mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo,Vicario del Patriarcato latino di
Gerusalemme, Israele
† S.E. Mons. William Shomali, Vescovo ausiliare latino di Gerusalemme
† S.E. Mons. Elias Chacour, Arcivescovo greco-melchita di Akka, san Giovanni
d’Acri, Tolemaide
† S.E. Mons. Paul Nabil Sayah, Arcivescovo maronita di Haifa e di Terra Santa,
Esarca del patriarcato maronita di Antiochia
† S.E. Mons. Yaser Al-Ayyash, Arcivescovo greco-melchita di Petra e Filadelfia
† S.E. Mons. Pierre Melki, Esarca del Patriarcato siriano di Antiochia (Gerusalemme)
† S.E. Mons. Joseph Jules Zerey, Vicario del Patriarcato greco-melchita di Antiochia
(Gerusalemme)
Mons. Raphaël Minassian, Esarca del Patriarcato armeno di Cilicia (Gerusalemme)
M. Rev. P. Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa (Gerusalemme).
M. Rev. P. Umberto Barato, O.F.M., Vicario emerito del Patriarcato latino di
Gerusalemme, Cipro
M. Rev. Paul Collin, Protosincello del Patriarcato de Babilonia dei Caldei
M. Rev. P. David Neuhaus, Vicario del Patriarcato latino di Gerusalemme per la
pastorale dei cattolici di lingua ebraica (Gerusalemme)
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II. Esperti
Rev. Mons. Salim Soussan, Vicario generale di Haifa e Terra Santa
Rev. Mons. Rafiq Khoury, Parroco di Bir Zeit, Patriarcato latino di Gerusalemme
(Territori Palestinesi)
Rev. P. Elias Daw, Presidente della corte d’appello ecclesiastica, Chiesa grecomelchita (Israele)
Rev. P. Giovanni Claudio Bottini, O.F.M., Decano della Facoltà di scienze bibliche
e archeologiche di Gerusalemme.
Rev. P. Frans Bouwen, M. Afr., Direttore della rivista « Proche-Orient Chrétien »
(Gerusalemme)
Rev. P. Peter Du Brul, S.J., Dipartimento di studi religiosi, Università di Betlemme
Rev. P. Pier Giorgio Gianazza, S.D.B., Professore di teologia all’Istituto teologico
salesiano di Gerusalemme
Rev. P. Hanna Kildani, Parroco dei Martiri di Giordania, esperto di storia moderna
della Chiesa in Terra Santa
Rev. P. Peter H. Madros, dottore in teologia biblica e scienze bibliche, Patriarcato
latino di Gerusalemme
Rev. P. Frédéric Manns, O.F.M., Professore alla Facoltà di Scienze Bibliche e
Archeologia di Gerusalemme
Rev. P. Salim Sfeir, Vicario giudiziale dell’Eparchia di Cipro dei maroniti
Rev. P. Guy Tardivy, O.P., Scuola Biblica e Archeologica Francese di Gerusalemme
Sœur Telesphora Pavlou, professoressa di teologia e filosofia allo ‘Studium
teologico francescano san Salvatore (Gerusalemme).
III. Uditori
Rev. P. Rino Rossi, Direttore della “Domus Galileae”, Corazin (Israele)
Diacono Sobhy Makhoul, Segretario generale dell’Esarcato maronita cattolico di
Gerusalemme, dei Territori palestinesi e di Giordania
Dr. Epiphan Bernard Z. Sabella, Professore di sociologia all’Università de Betlemme
Sig. Anton R. Asfar, membro del Consiglio dell’Esarcato patriarcale dei sirocattolici di Gerusalemme
Sig. Husam J. Wahhab, Presidente dell’Azione Cattolica di Betlemme
Sig.ra Huda Muasher, Direttrice di Caritas Giordania. ■
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Sinodo per il Medio Oriente
I. Omelia del Santo Padre
Solenne Inaugurazione dell'assemblea speciale
per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi
St. Pietro, Roma, domenica 10 ottobre 2010
Il Medio Oriente, e ancor di più la Terra Santa, sono la “culla” della nostra fede. La
Chiesa, attraverso la comunione e la testimonianza, è chiamata a portare al mondo
l’universalità del disegno salvifico di Dio per ogni uomo. Questo è possibile grazie
allo Spirito Santo, ricevuto a Pentecoste, che è certamente un evento originario
ma ancor di più un dinamismo permanente. Malgrado il difficile contesto politico
e sociale, i cristiani di questi paesi sono tutti invitati, a ravvivare la propria identità
cristiana, sostenuti, in questo compito, dalla Chiesa universale.
Venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle!
La Celebrazione eucaristica, rendimento di grazie a Dio per eccellenza,
è segnata oggi per noi, radunati presso il Sepolcro di San Pietro, da un motivo
straordinario: la grazia di vedere riuniti per la prima volta in un’Assemblea
Sinodale, intorno al Vescovo di Roma e Pastore Universale, i Vescovi della regione
mediorientale. Tale singolare evento dimostra l’interesse dell’intera Chiesa per la
preziosa e amata porzione del Popolo di Dio che vive in Terra Santa e in tutto il
Medio Oriente.
Anzitutto eleviamo il nostro ringraziamento al Signore della storia, perché ha
permesso che, nonostante vicende spesso difficili e tormentate, il Medio Oriente
vedesse sempre, dai tempi di Gesù fino ad oggi, la continuità della presenza
dei cristiani. In quelle terre l’unica Chiesa di Cristo si esprime nella varietà di
Tradizioni liturgiche, spirituali, culturali e disciplinari delle sei venerande Chiese
Orientali Cattoliche sui iuris, come pure nella Tradizione latina. Il fraterno saluto,
che rivolgo con grande affetto ai Patriarchi di ognuna di esse, vuole estendersi in
questo momento a tutti i fedeli affidati alle loro cure pastorali nei rispettivi Paesi e
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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anche nella diaspora. In questa Domenica 28.ma del Tempo per annum, la Parola
di Dio offre un tema di meditazione che si accosta in modo significativo all’evento
sinodale che oggi inauguriamo. La lettura continua del Vangelo di Luca ci conduce
all’episodio della guarigione dei dieci lebbrosi, dei quali uno solo, un samaritano,
torna indietro a ringraziare Gesù. In connessione con questo testo, la prima lettura,
tratta dal Secondo Libro dei Re, racconta la guarigione di Naaman, capo dell’esercito
arameo, anch’egli lebbroso, che viene guarito immergendosi sette volte nelle acque
del fiume Giordano, secondo l’ordine del profeta Eliseo. Anche Naaman ritorna dal
profeta e, riconoscendo in lui il mediatore di Dio, professa la fede nell’unico Signore.
Dunque, due malati di lebbra, due non ebrei, che guariscono perché credono alla
parola dell’inviato di Dio. Guariscono nel corpo, ma si aprono alla fede, e questa li
guarisce nell’anima, cioè li salva.
Il Salmo responsoriale canta questa realtà: “Il Signore ha fatto conoscere la
sua salvezza, / agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. / Egli si è ricordato
del suo amore, / della sua fedeltà alla casa d’Israele” (Sal 98,2-3). Ecco allora il
tema: la salvezza è universale, ma passa attraverso una mediazione determinata,
storica: la mediazione del popolo di Israele, che diventa poi quella di Gesù Cristo e
della Chiesa. La porta della vita è aperta per tutti, ma, appunto, è una “porta”, cioè
un passaggio definito e necessario. Lo afferma sinteticamente la formula paolina
che abbiamo ascoltato nella Seconda Lettera a Timoteo: “la salvezza che è in Cristo
Gesù” (2 Tm 2,10). È il mistero dell’universalità della salvezza e al tempo stesso
del suo necessario legame con la mediazione storica di Gesù Cristo, preceduta da
quella del popolo di Israele e prolungata da quella della Chiesa. Dio è amore e vuole
che tutti gli uomini abbiano parte alla sua vita; per realizzare questo disegno Egli,
che è Uno e Trino, crea nel mondo un mistero di comunione umano e divino, storico
e trascendente: lo crea con il “metodo” – per così dire – dell’alleanza, legandosi con
amore fedele e inesauribile agli uomini, formandosi un popolo santo, che diventi
una benedizione per tutte le famiglie della terra (cfr. Gen 12,3). Si rivela così come
il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe (cfr. Es 3,6), che vuole condurre il suo
popolo alla “terra” della libertà e della pace. Questa “terra” non è di questo mondo;
tutto il disegno divino eccede la storia, ma il Signore lo vuole costruire con gli
uomini, per gli uomini e negli uomini, a partire dalle coordinate di spazio e di tempo
in cui essi vivono e che Lui stesso ha dato.
Di tali coordinate fa parte, con una sua specificità, quello che noi chiamiamo
il “Medio Oriente”. Anche questa regione del mondo Dio la vede da una prospettiva
diversa, si direbbe “dall’alto”: è la terra di Abramo, di Isacco e di Giacobbe;
la terra dell’esodo e del ritorno dall’esilio; la terra del tempio e dei profeti; la
terra in cui il Figlio Unigenito è nato da Maria, dove ha vissuto, è morto ed è
risorto; la culla della Chiesa, costituita per portare il Vangelo di Cristo sino ai
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Sinodo per il Medio Oriente
confini del mondo. È noi pure, come credenti, guardiamo al Medio Oriente con
questo sguardo, nella prospettiva della storia della salvezza. È l’ottica interiore
che mi ha guidato nei viaggi apostolici in Turchia, nella Terra Santa - Giordania,
Israele, Palestina - e a Cipro, dove ho potuto conoscere da vicino le gioie e le
preoccupazioni delle comunità cristiane. Anche per questo ho accolto volentieri la
proposta di Patriarchi e Vescovi di convocare un’Assemblea sinodale per riflettere
insieme, alla luce della Sacra Scrittura e della Tradizione della Chiesa, sul presente
e sul futuro dei fedeli e delle popolazioni del Medio Oriente. Guardare quella parte
del mondo nella prospettiva di Dio significa riconoscere in essa la “culla” di un
disegno universale di salvezza nell’amore, un mistero di comunione che si attua
nella libertà e perciò chiede agli uomini una risposta. Abramo, i profeti, la Vergine
Maria sono i protagonisti di questa risposta, che però ha il suo compimento in
Gesù Cristo, figlio di quella stessa terra, ma disceso dal Cielo. Da Lui, dal suo
Cuore e dal suo Spirito, è nata la Chiesa, che è pellegrina in questo mondo, ma
gli appartiene. La Chiesa è costituita per essere, in mezzo agli uomini, segno e
strumento dell’unico e universale progetto salvifico di Dio; essa adempie questa
missione semplicemente essendo se stessa, cioè “comunione e testimonianza”,
come recita il tema dell’Assemblea sinodale che oggi si apre, e che fa riferimento
alla celebre definizione lucana della prima comunità cristiana: “La moltitudine
di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola” (At
4,32). Senza comunione non può esserci testimonianza: la grande testimonianza è
proprio la vita di comunione. Lo disse chiaramente Gesù: “Da questo tutti sapranno
che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Questa
comunione è la vita stessa di Dio che si comunica nello Spirito Santo, mediante
Gesù Cristo. È dunque un dono, non qualcosa che dobbiamo anzitutto costruire
noi con le nostre forze. Ed è proprio per questo che interpella la nostra libertà
e attende la nostra risposta: la comunione ci chiede sempre conversione, come
dono che va sempre meglio accolto e realizzato. I primi cristiani, a Gerusalemme,
erano pochi. Nessuno avrebbe potuto immaginare ciò che poi è accaduto. E la
Chiesa vive sempre di quella medesima forza che l’ha fatta partire e crescere. La
Pentecoste è l’evento originario ma è anche un dinamismo permanente, e il Sinodo
dei Vescovi è un momento privilegiato in cui si può rinnovare nel cammino della
Chiesa la grazia della Pentecoste, affinché la Buona Novella sia annunciata con
franchezza e possa essere accolta da tutte le genti.
Pertanto, lo scopo di questa Assise sinodale è prevalentemente pastorale. Pur
non potendo ignorare la delicata e a volte drammatica situazione sociale e politica
di alcuni Paesi, i Pastori delle Chiese in Medio Oriente desiderano concentrarsi
sugli aspetti propri della loro missione. Al riguardo, l’Instrumentum laboris,
elaborato da un Consiglio Presinodale i cui Membri ringrazio vivamente per il
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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lavoro svolto, ha sottolineato questa finalità ecclesiale dell’Assemblea, rilevando
che essa intende, sotto la guida dello Spirito Santo, ravvivare la comunione della
Chiesa Cattolica in Medio Oriente. Anzitutto all’interno di ciascuna Chiesa, tra tutti
i suoi membri: Patriarca, Vescovi, sacerdoti, religiosi, persone di vita consacrata e
laici. E, quindi, nei rapporti con le altre Chiese. La vita ecclesiale, così corroborata,
vedrà svilupparsi frutti assai positivi nel cammino ecumenico con le altre Chiese
e Comunità ecclesiali presenti in Medio Oriente. Questa occasione è poi propizia
per proseguire costruttivamente il dialogo con gli ebrei, ai quali ci lega in modo
indissolubile la lunga storia dell’Alleanza, come pure con i musulmani. I lavori
dell’Assise sinodale sono, inoltre, orientati alla testimonianza dei cristiani a livello
personale, familiare e sociale. Questo richiede di rafforzare la loro identità cristiana
mediante la Parola di Dio e i Sacramenti. Tutti auspichiamo che i fedeli sentano la
gioia di vivere in Terra Santa, terra benedetta dalla presenza e dal glorioso mistero
pasquale del Signore Gesù Cristo. Lungo i secoli quei Luoghi hanno attirato
moltitudini di pellegrini ed anche comunità religiose maschili e femminili, che
hanno considerato un grande privilegio il poter vivere e rendere testimonianza nella
Terra di Gesù. Nonostante le difficoltà, i cristiani di Terra Santa sono chiamati a
ravvivare la coscienza di essere pietre vive della Chiesa in Medio Oriente, presso
i Luoghi santi della nostra salvezza. Ma quello di vivere dignitosamente nella
propria patria è anzitutto un diritto umano fondamentale: perciò occorre favorire
condizioni di pace e di giustizia, indispensabili per uno sviluppo armonioso di tutti
gli abitanti della regione. Tutti dunque sono chiamati a dare il proprio contributo:
la comunità internazionale, sostenendo un cammino affidabile, leale e costruttivo
verso la pace; le religioni maggiormente presenti nella regione, nel promuovere i
valori spirituali e culturali che uniscono gli uomini ed escludono ogni espressione di
violenza. I cristiani continueranno a dare il loro contributo non soltanto con le opere
di promozione sociale, quali gli istituti di educazione e di sanità, ma soprattutto con
lo spirito delle Beatitudini evangeliche, che anima la pratica del perdono e della
riconciliazione. In tale impegno essi avranno sempre l’appoggio di tutta la Chiesa,
come attesta solennemente la presenza qui dei Delegati degli Episcopati di altri
continenti.
Cari amici, affidiamo i lavori dell’Assemblea sinodale per il Medio Oriente ai
numerosi Santi e Sante di quella terra benedetta; invochiamo su di essa la costante
protezione della Beata Vergine Maria, affinché le prossime giornate di preghiera, di
riflessione e di comunione fraterna siano portatrici di buoni frutti per il presente e il
futuro delle care popolazioni mediorientali. Ad esse rivolgiamo con tutto il cuore il
saluto augurale: “Pace a te e pace alla tua casa e pace a quanto ti appartiene!” (1Sam
25,6). ■
† Benedetto XVI
Sinodo per il Medio Oriente
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II. I discorsi
1) Ordinari della Famiglia
del Patriarcato latino di Gerusalemme
Intervento di S. B. Fouad TWAL,
Patriarca latino di Gerusalemme
La Chiesa Madre di Gerusalemme è la diretta discendente delle prime
comunità cristiane. Nonostante le vicissitudini della storia, è rimasta
fedele alla sua fede fin dall’inizio. Tutti i cattolici del mondo sono chiamati
a venire a visitare la Terra Santa, che è un vero e proprio “quinto Vangelo”
per la nostra fede, in quanto, non permette solo di conoscere i Luoghi Santi,
ma la presenza di pellegrini da tutte le parti del mondo sostiene le pietre
vive della Chiesa locale. Nonostante la sofferenza e le difficoltà, i cristiani
di questa terra sono chiamati ad offrire al mondo una forte testimonianza
di riconciliazione e di dialogo.
Santo Padre e cari Confratelli,
mi è affidato il compito di parlare della Chiesa Madre di Gerusalemme, che
si estende in Palestina, Israele, Giordania e Cipro. Gerusalemme ne è il centro e
l’espressione più significativa, visto che il Signore continua a ripeterci ancora,
proprio qui: “Sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria
e fino agli estremi confini della terra” (At 1,8).
La Chiesa Madre di Gerusalemme è una realtà molto concreta e viva, pur
essendo largamente minoritaria. Fondamentalmente, i cristiani dei nostri paesi
non sono stati convertiti in qualche momento della storia, dall’esterno, ma sono
piuttosto cristiani d’origine, nativi di qui, autoctoni.
La Chiesa Madre di Gerusalemme è come tutte le altre chiese, ma biblicamente
e storicamente è una realtà unica, in quanto composta dai discendenti della
primissima comunità cristiana, costituita da Gesù Cristo stesso. Ancora oggi ci è
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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data la grazia di una comunità vivace e dinamica, che, grazie ai suoi fedeli, alle sue
istituzioni, e ai Luoghi Santi ci parla della storia di Gesù di Nazareth: è la memoria
collettiva vivente della storia di Gesù.
I nostri primi cristiani sono stati certamente degli Ebrei che hanno accettato
Gesù Cristo, come la Vergine Maria di Nazareth, gli apostoli, i discepoli, le pie
donne e molti altri che hanno creduto in Gesù e hanno formato la prima comunità
cristiana, di cui sappiamo che S. Giacomo, nostro predecessore, e S. Simone, ne
furono i Pastori.
Tra i primi cristiani ci furono anche i credenti di origine pagana, provenienti
dai numerosi popoli che vivevano in Terra Santa: Aramei, Cananei, Fenici,
Samaritani, Filistei, Nabatei, Arabi, ai quali si aggiunsero i Greci e i Latini, allora
molto numerosi nel paese. A partire dai tempi di Gesù e dagli Atti degli Apostoli,
molti di loro credettero in Gesù Cristo, costituendo tutta la prima comunità cristiana,
e con il tempo tutta la Terra Santa divenne cristiana, anche i nomadi del deserto,
popolo dal quale io stesso provengo.
Questa comunità cristiana ha conosciuto molte vicissitudini e cambiamenti
nel corso della storia, ma un suo nucleo è rimasto sempre fedele alla sua fede,
fino ad oggi. È proprio questo che ci permette di affermare che in Terra Santa
la trasmissione della fede cristiana non si è mai interrotta, essa ha continuato a
vivere di generazione in generazione, così che una lunga e solida catena storica
mai spezzata ci unisce direttamente alla prima comunità di Terra Santa, fino a Gesù
Cristo stesso. Gli attuali cristiani di Terra Santa sono così veramente i discendenti
della primissima Chiesa di Gerusalemme.
Da questa verità storica derivano conseguenze ecclesiali e pastorali importanti
per la Chiesa universale:
1. La Chiesa di Gerusalemme, la Madre di tutte le Chiese del mondo, è quindi la
vostra Chiesa Madre, dove spiritualmente ed ecclesialmente tutti siete nati (Sal
87). Essa custodisce per tutta la Chiesa i Luoghi Santi dei Patriarchi, dei Profeti,
di Gesù Cristo, della Vergine Maria e degli Apostoli. Custodisce un patrimonio
incomparabilmente prezioso per la storia, ma anche per la nostra fede, che
fondamentalmente si basa sul Mistero dell’Incarnazione. È, come ci ha ricordato
Sua Santità Papa Benedetto XVI, “un quinto Vangelo”.
2. La Chiesa Madre di Gerusalemme è sì una Chiesa locale e particolare, con la
sua storia, la sua identità, le sue lingue e le sue culture. Ha le sue parrocchie, il
suo clero, quattro seminari, i suoi istituti religiosi, i suoi istituti biblici, le sue
strutture locali, i suoi santi e beati. Allo stesso tempo è naturalmente parte della
Chiesa universale. Come Chiesa Madre e Chiesa dei Luoghi Santi, è aperta al
mondo intero, alla storia e a tutti i popoli.
16
Sinodo per il Medio Oriente
3. La Chiesa Madre di Gerusalemme deve dunque essere oggetto dell’amore, della
preghiera e dell’attenzione di tutta la Chiesa, di tutti i vescovi, sacerdoti e fedeli
del Popolo di Dio. Lo hanno ripetuto tutti i Pontefici e soprattutto il Santo Padre
Giovanni Paolo II, di venerata memoria, e il nostro caro Papa, Benedetto XVI.
Essere corresponsabili e solidali con la Chiesa Madre di Gerusalemme, vivere la
comunione e la testimonianza di cui parla questo Sinodo, deriva dai nostri doveri
di Pastori e dalla collegialità episcopale.
4. Uno dei modi migliori per amare la Terra Santa è giungervi come pellegrini,
visitando i Luoghi Santi e incontrando la Comunità locale. I pellegrinaggi
di questo tipo, oltre a rivelarsi preziosi per i pellegrini, fanno bene anche ai
cristiani locali, approfondendo i legami di una comunione ecclesiale che si
rivela sempre costruttiva e fruttuosa, donando ai nostri fedeli la certezza di non
essere dimenticati né abbandonati e offrendo la possibilità di un ristoro vivo
ed esistenziale alla Parola di Dio. Un esempio ci è stato donato, ancora una
volta, da Papa Benedetto XVI. Custodiamo con viva gratitudine il ricordo del
suo indimenticabile pellegrinaggio e le parole ispirate che ci ha rivolto.
5. Un altro modo eccellente per amare la Terra Santa è quello di servirla. La nostra
comunità cristiana ha bisogno di sacerdoti, di religiosi e di laici che vengano
generosamente nella nostra terra, apprendano le lingue, si adattino ala cultura del
paese e alla pastorale della Chiesa locale. La Terra Santa ha bisogno di ricercatori
e di guide, di archeologi e di biblisti. Ho lanciato uno speciale appello ai giovani
che si sentono chiamati alla missione e al sacerdozio, ai seminaristi che amano
la Terra di Gesù, le comunità autoctone di questa terra e le Sacre Scritture: non
esitate, in accordo con i vostri superiori, a venire a studiare e a formarvi in Terra
Santa e ad incardinarvi nel clero di Gerusalemme.
6. La Comunità cristiana in Terra Santa soffre, essendo una piccola minoranza
(appena il 2% della popolazione), e vivendo in una situazione generale molto
difficile, in un clima di conflitto e di violenza, di instabilità e di ingiustizia, in una
sfida quotidiana per la sopravvivenza, per poter lavorare, per poter guardare al
futuro. È una Chiesa del Calvario, minacciata dall’emigrazione. A lei è affidata
la grande responsabilità di perpetuare nella terra del Vangelo il messaggio
di pace e di riconciliazione, il messaggio di una coesistenza possibile, di un
dialogo e di una cooperazione con i Musulmani e gli Ebrei. È una Chiesa che
soffre anche a motivo della divisione esistente tra le sue comunità cristiane ed
è intensamente al lavoro per l’unità, il dialogo ecumenico e la cooperazione
interecclesiale.
7. Non lasciate la vostra Chiesa Madre di Gerusalemme sola e isolata di fronte a
queste sfide e a questa meravigliosa missione. Aiutatela con le vostre preghiere,
il vostro amore e la vostra solidarietà, a rimanere radicata nella Terra di Gesù.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Noi Vescovi di Terra Santa e tutti noi Vescovi della Chiesa universale, non
vogliamo assolutamente permettere che la Terra Santa diventi un grande
museo a cielo aperto, senza una presenza cristiana viva. Sarebbe bello citare
in proposito la significativa esortazione apostolica “Nobis in animo”, § 10,
scritta da Papa Paolo VI il 25 marzo 1974. Tacere per paura dinanzi alla
situazione drammatica che conoscete sarebbe un peccato di omissione. D’altro
canto, siamo molto riconoscenti alla Santa Sede, ai Vescovi, ai sacerdoti e
a tutti gli amici della Terra Santa per quanto fanno con generosità al fine di
sostenerci spiritualmente e materialmente. Siamo profondamente riconoscenti
alla Congregazione per le Chiese Orientali, all’Ordine del Santo Sepolcro
di Gerusalemme e a tutti gli organismi che operano per aiutare la comunità
cristiana di Gerusalemme. Ringraziamo tutte le associazioni e le persone di
buona volontà che si impegnano a vivere e a creare le condizioni per maggiore
giustizia e pace.
Malgrado le difficoltà che sembrano insormontabili, noi crediamo in Dio,
Signore della storia, nel Suo progetto, crediamo nella missione della Chiesa e, nello
Spirito della lettera agli Efesini, proclamiamo umilmente e con coraggio “Egli
infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro
di separazione che era frammezzo [...] per creare in se stesso, dei due, un solo uomo
nuovo, facendo la pace” (Ef 2, 14-15).
✧ ✧ ✧
Intervento di S.B. Michel SABBAH,
Patriarca latino emerito di Gerusalemme
I cristiani in Terra Santa sono chiamati a dare testimonianza di Gesù
Cristo: è questa una reale vocazione. Il conflitto politico non deve impedire
che questa missione, con l’aiuto di Dio, divenga realtà.
L’avvenire dei cristiani in Medio Oriente è il futuro che noi stessi, pastori e
fedeli insieme, stiamo preparando con la nostra condotta.
Noi cristiani, presenti in tutti i diversi paesi del Medio Oriente, abbiamo una
vocazione specifica. Nella misura in cui ne prenderemo sempre più coscienza e la
vivremo, costruiremo quell’avvenire che il Signore desidera da noi.
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Sinodo per il Medio Oriente
La nostra vocazione consiste nel dare testimonianza a Gesù nella sua terra,
comprendente Palestina e Israele, e in tutto il Medio Oriente, culla del cristianesimo.
La nostra vocazione consiste nel vivere nella nostra società e per la nostra
società. È qui infatti che si svolge prima di tutto il dialogo di vita con i musulmani.
Quali siano le nostre esperienze - esse infatti possono variare da un paese all’altro,
dalle più riuscite alle meno riuscite - il principio di base resta il seguente per ciascuno
di noi in ogni singola realtà: abbiamo una vocazione secondo la quale siamo inviati
alle nostre società arabe musulmane. Non giova fermarsi solo alle difficoltà, paure,
minacce, pressioni e oppressioni. Accogliamo invece con favore e fiducia la nostra
realtà dalle mani di Dio con serenità: siamo aperti al dialogo con tutti. Viviamo la
nostra vocazione con tutti, davanti a tutti. La maggior parte comprende la convivialità
come la vediamo noi. Altri possono intenderla diversamente. Ci riferiamo alla
crescita dei movimenti islamici, che sono anch’essi nostri interlocutori e coloro
a cui siamo inviati. Anche loro sono nostri fratelli e sorelle. Un cristiano non è
nemico di nessuno. Parliamo con tutti, con tutta la nostra realtà. In modo chiaro
e con coraggio. Se siamo chiamati al martirio, siamo chiamati a morire non come
cittadini oppressi, ma come dei martiri, che donano veramente la loro vita per Gesù
Cristo e per i loro oppressori.
In secondo luogo, abbiamo a che fare con forze storiche internazionali che
vogliono dare un nuovo volto al nostro Medio Oriente, che ignori completamente
la nostra presenza e il fatto stesso che ne siamo le prime vittime. Basti considerare
come esempio i cristiani dell’Iraq dopo l’invasione americana, e quelli di Palestina
nel conflitto israelo-palestinese. In questo caso, chi è in grado di far fronte a queste
forze internazionali? È una minaccia che continuerà, a meno che non si trovi, ancora
una volta, il modo di dialogare con queste forze.
In terzo luogo, la Terra Santa, Palestina e Israele, la nostra stessa vocazione ci
porta ugualmente a vivere come testimoni di Gesù Cristo. Siamo parte di un conflitto
politico, di cui siamo le vittime. Una parola cristiana ed ecumenica dell’ambiente
palestinese si è levata nel documento apparso nel dicembre 2009, intitolato“Kairos
Palestina. Un momento di verità, una parola di fede, di speranza e d’amore”. Il titolo
fornisce già un riassunto di questo appello. Si tratta di un documento compreso
e ben accolto da alcuni, incompreso e fortemente criticato da altri. In esso certi
cristiani palestinesi affermano il loro dovere e il loro diritto di resistere al male e
alle violenze che devono subire e ad opporre una resistenza pacifica che rientri nella
logica dell’amore cristiano.
In conclusione, il fine a cui tendiamo è quello di formare cristiani del Medio
Oriente che siano consapevoli di avere una vocazione, di essere portatori di una
missione, e che per questo sono chiamati ad essere forti, perché le loro società
hanno bisogno della loro presenza. Qualunque sia la loro situazione politica e
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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sociale, qualunque sia l’ingiustizia, l’oppressione, la minaccia, l’avvenire incerto,
il cristiano non deve permettersi di sentirsi debole e di comportarsi come tale, ma,
forti della nostra fede, dobbiamo prendere in mano la realtà che Dio ci dona.
Siamo chiamati ad essere sale. È una vocazione difficile quella di essere sale
nella società. Vuol dire accettare di restare in pochi, di rimanere piccoli, pressoché
invisibili, continuando a credere, a sperare e ad amare.
✧ ✧ ✧
Intervento di Mons. Salim SAYEGH,
Vicario Patriarcale latino di Gerusalemme per la Giordania
La proliferazione delle sette, fenomeno particolarmente avvertito in
Giordania, costituisce una minaccia per la fede cattolica. Per fare fronte a
tale situazione, è necessario attivarsi con varie iniziative pastorali: visitare
le famiglie, occuparsi seriamente della formazione degli adulti, migliorare
la catechesi nelle scuole, rivedere e rinnovare i libri di catechismo.
LA SFIDA DELLE SETTE - Faccio riferimento ai nn. 36-40 dell’Instrumentum
Laboris riguardo le sfide con le quali i cristiani sono messi a confronto (2. Libertà
di religione e di coscienza).
Tra i problemi che la Chiesa in Medio Oriente incontra bisognerebbe
menzionare quello delle sette, che provocano una grande confusione dottrinale.
La nostra epoca è piena delle loro fantasie teologiche. I loro pastori sono ben
preparati, molto accoglienti, coraggiosi e perfino aggressivi. Si servono sempre delle
loro organizzazione caritative. Armati della Bibbia da essi liberamente interpretata,
visitano le nostre famiglie e seminano la zizzania. In Giordania, per esempio, sono
presenti una cinquantina di sette, cinque di esse hanno più pastori attivi che tutte le
Chiese cattoliche e ortodosse insieme.
Che fare per custodire il deposito della fede e limitare la loro crescente
influenza? I mezzi di ordine pastorale sono numerosi e la varietà di metodi è un
segno di vita e di ricchezza. Mi limito a citarne quattro:
1) Visitare le famiglie. I parroci e i pastori d’anime sono pregati con insistenza di
visitare le famiglie e di assumersi la loro parte di responsabilità per spiegare,
✧ ✧ ✧
Sinodo per il Medio Oriente
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difendere, seminare, vivere e aiutare a vivere la fede cattolica. Le sette sono
nelle nostre parrocchie. È necessario agire di conseguenza. L’appartenenza a una
Chiesa di tradizione, cattolica o ortodossa, non protegge “ipso facto” i fedeli dal
pericolo che minaccia la loro fede.
2)Occuparsi seriamente della formazione cristiana degli adulti. Molti dei
nostri fedeli sono vagamente moralizzati e sacramentalizzati. Ma non sono
evangelizzati. Essi servono da pascolo per le sette. Bisogna avere il coraggio di
creare dei centri di spiritualità e di studi biblici popolari.
3)Sensibilizzare le scuole cattoliche alla loro missione di scuole cattoliche. La
catechesi nelle nostre scuole cattoliche lascia spesso a desiderare. I responsabili
delle scuole non attribuiscono alla lezione di catechismo lo stesso valore che
danno alle altre materie. Raramente preparano i catechisti. Spesso li scelgono
senza discernimento tanto per chiudere un buco.
4)Avere il coraggio di rivedere i libri di catechismo affinché esprimano chiaramente
la fede e la dottrina della chiesa cattolica, attestata e illuminata dalla santa
Scrittura, dalla Tradizione apostolica e dal Magistero ecclesiastico.
In conclusione: al di là delle differenze di rito, e delle controversie politiche,
custodire il deposito della fede, questa è la missione primordiale dei pastori della
Chiesa cattolica.
✧ ✧ ✧
Intervento di Mons. Giacinto-Boulos MARCUZZO,
Vicario Patriarcale latino di Gerusalemme per Israele
La formazione dei laici, dei sacerdoti e della comunità è la base da cui
partire per dare soluzione a molti problemi della Chiesa in Medio Oriente.
Per questo, siamo chiamati ad operare una “mediazione culturale e storica
della fede” in modo che l’identità e la vita cristiana si ricongiungano in una
terra in cui la fede è più considerata sinonimo di appartenenza sociale che
impegno personale.
Santissimo Padre, Cari confratelli,
Incoraggiato dall’esperienza pastorale avverto fortissima l’esigenza di parlare
della formazione. Come risolvere i numerosi problemi della Chiesa in Medio
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Oriente? Sono così numerosi che nemmeno si sa da dove cominciare. Credo
che la migliore risposta sia tornare al cuore e alla sostanza dei problemi, cioè
la formazione. Le Chiese del Medio Oriente devono dare priorità assoluta alla
formazione dei laici, del sacerdote e della comunità. Formare e rinnovare la nostra
comunità dall’interno. Ecco l’unica cosa veramente necessaria, per cominciare
a risolvere i nostri problemi e a migliorare la situazione. Ben formata e sempre
in rinnovamento essa sarà più e meglio attrezzata per rispondere alle differenti e
numerose sfide che avanzano.
Di fronte alla nostra situazione e alla nostra attività, abbiamo spesso
l’impressione di trovarci davanti a un albero malato che ha bisogno di cure. Noi
curiamo i rami, ma trascuriamo di curare il tronco e le radici, e così non risolviamo
i nostri problemi. Torniamo alla radice, alla formazione. Una volta risanati, radice
e tronco ci daranno rami buoni fruttuosi.
1) Quale formazione?
Umilmente, propongo a questa venerabile Assemblea ciò che mi sembra
essere la migliore tra le differenti risposte: una grande operazione di mediazione
culturale e storica della fede.
Per mediazione intendo dire quell’operazione di sinergia tra fede e ragione
che fa passare la nostra fede dalla sua radice, la bibbia e la rivelazione, nella vita
concreta dei fedeli. Per culturale intendo la cultura stessa, l’identità, la vita, la lingua,
l’arte, le sfide, le circostanze di tempo e spazio, in una parola la realtà concreta dei
nostri fedeli. Tra i due poli, la fede e la vita, c’è troppa distanza. La mediazione
culturale è proprio questa operazione pastorale di chiesa grazie alla quale si rafforza
la nostra fede e la si incarna nella vita concreta.
La fede cristiana esiste ed è ben radicata in Medio Oriente, grazie a Dio,
ma è ereditaria, sociale e confessionale. Meriterebbe di essere più personale e
coinvolgente. Senza questa mediazione, la nostra fede è fideismo, dogmatismo
e confessionalismo, e può facilmente scivolare verso il fondamentalismo e il
fanatismo.
2) Quali sono i perni di questa mediazione culturale e storica della fede?
Questa mediazione è basata essenzialmente su tre fasi classiche, sempre
nuove e rivoluzionarie: vedere, giudicare, agire. Vedere la nostra realtà, i suoi
continui cambiamenti e riflettervi. Giudicare questa realtà a partire dalla Parola di
Dio e dalla fede, e introdurvi un discernimento salutare. Agire in conseguenza con
un programma adeguato. Qualcuno potrebbe dire che si tratta del metodo della JEC
e della JOC. Sì, ma prima di tutto è il metodo del Vangelo stesso, là dove Gesù ci
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Sinodo per il Medio Oriente
invita a “scrutare la Parola di Dio” a “leggere i segni dei tempi” e a “fare la verità”.
Si tratta dello stesso metodo della Annunciazione e della “strada di Emmaus”. È il
metodo della tradizione della Chiesa e anche della tradizione monastica con la sua
lectio divina. È il metodo adottato dal Vaticano II e indicato in quasi tutti i recenti
documenti della Santa Sede. Pure i documenti del Consiglio dei Patriarchi cattolici
d’Oriente e lo stesso nostro Instrumentum Laboris sono impregnati di questo
metodo di mediazione culturale e storica. Sicuramente, voi siete consapevoli che
ciò corrisponde in pieno alla nostra fede nella Santissima Trinità: il Padre crea il
mondo e la vita, il Figlio è la Parola e la luce che ci danno la fede e illuminano la
vita, lo Spirito Santo ci è inviato per aiutarci a vivere la fede.
3) Dov’è il segreto dell’efficacia
e della riuscita di questa mediazione culturale?
Questa operazione di fede si basa su alcuni pilastri fondamentali: a) la
forza rinnovatrice della riunione ecclesiale e della riflessione comune, b) il soffio
rinnovante della Parola di Dio che ci mette in questione, c) la corresponsabilità
dell’azione che non viene considerata come imposta dall’alto o dall’esterno e che
impegna la persona, i giovani soprattutto.
Come si può facilmente comprendere, si tratta di una operazione molto
esigente, che richiede impegno a tutti i livelli e un controllo, il coraggio della verità
e la sincerità dell’impegno. Esigente ma appagante, poiché essa è veramente capace
di formare e ringiovanire una comunità.
4) È possibile applicare la mediazione culturale?
Nel settimo e nell’ottavo secolo i cristiani del Medio Oriente hanno compiuto
una grande mediazione culturale della fede, e hanno prodotto la “Teologia araba” o
“La letteratura araba cristiana”. Noi possiamo dire che questa operazione ha salvato
la presenza cristiana nei nostri paesi. Essa ha inoltre contribuito allo “Sviluppo
del Dogma” cristiano nel senso così caro al nuovo beato John H. Newman.
Questa teologia araba non è sufficientemente conosciuta e insegnata. Essa non
ha oggigiorno grande influenza nelle nostre Chiese. Ora essa potrebbe essere una
grande opportunità di unità, di dialogo e di rinascimento. Il patrimonio cristiano
arabo (la patrologia araba cristiana) è il più bell’esempio storico di una mediazione
culturale della fede bene riuscita. Apriamoci ai benefici di questa preziosa sorgente.
Se non si aprono a questa patrologia, le nostre Chiese rischiano di rimanere ancorate
nei particolarismi e nella nostalgia.
Non solamente nel passato, anche ai nostri giorni si è compiuta questa
mediazione culturale della fede. In questi ultimi anni, in Terra Santa, abbiamo fatto
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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la felice esperienza di una grande operazione pastorale di largo respiro che abbiamo
chiamato Sinodo pastorale diocesano. Un Sinodo che ha coinvolto tutte le comunità
di Terra Santa, a livello di tre Paesi, quattro Chiese sui juris, sette diocesi. Là dove
essa è stata ben applicata ha prodotto molto bene, ha letteralmente convertito e
ringiovanito fedeli e comunità. Essa ci ha donato un “Piano pastorale comune”, che
costituisce la nostra migliore guida pastorale in questo inizio del secondo millennio
per tutte le categorie.
5) Nuovi tornanti storici della Chiesa in Terra Santa.
La mediazione culturale della fede è un’ esigenza soprattutto nei grandi
momenti di cambiamento, di novità, di tornanti della storia. In Terra Santa noi
abbiamo due grandi nuovi fenomeni di Chiesa che richiedono mediazione culturale.
a)la presenza di una Comunità cristiana di tradizione arabo-palestinese che
vive in mezzo a una comunità musulmana. Entrambe vivono entro una
maggioranza ebraica. Questa è una novità della storia. È dunque una comunità
che ha bisogno di aprirsi una strada completamente nuova.
b)Il secondo grande nuovo fenomeno è “una Comunità cattolica di espressione
ebraica” in mezzo a Israele.
6) Proposte per la formazione e per un rinnovamento
delle comunità cristiane in Medio Oriente.
a)Che il Sinodo adotti come priorità pastorale assoluta per le Chiese del Medio
Oriente la formazione di base permanente.
b)Che raccomandi la conoscenza, lo sviluppo, e l’insegnamento nelle università,
nelle scuole e nei centri di formazione, della letteratura e teologia arabe.
c) Che incoraggi il metodo biblico, tradizionale e orientale della mediazione
culturale storica, basata sul mistero dell’Incarnazione e sulla Via di Emmaus.
Mi sembra di sentire Gesù di Nazareth che ci dice: “Marta, Marta, tu ti occupi
di molte cose, ma una sola è necessaria”. Per noi, oggi in Medio Oriente, la prima
necessità è assolutamente la formazione. Permettetemi ancora di parafrasare il
comando di Nostro Signore Gesù Cristo e di concludere: “Cercate innanzitutto la
formazione e il resto vi sarà dato in sovrappiù”. Grazie.
✧ ✧ ✧
Sinodo per il Medio Oriente
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Intervento di Mons. William SHOMALI,
Vescovo ausiliare latino di Gerusalemme
La ricchezza delle Chiese d’Oriente è in gran parte liturgica. La Chiesa
latina di lingua araba unisce la tradizione cattolica latina e la tradizione
orientale. L’adattamento linguistico della liturgia ha un ruolo importante
nell’acculturazione locale. Oggi, la liturgia è un forte vincolo di unione
per i cristiani orientali con la Chiesa universale, è un cammino di
evangelizzazione e di santificazione, anche se il cammino da percorrere
per giungere all’unificazione dei differenti riti orientali è ancora lungo.
Santo Padre, Eminenze, Beatitudini, cari confratelli,
Il tema che ho scelto è: La liturgia latina in lingua araba – un esempio di
inculturazione.
La Chiesa respira attraverso i suoi due polmoni, scriveva Giovanni Paolo II: le
Chiese Orientali e la Chiesa cattolica latina. Queste due tradizioni si sono felicemente
incontrate in Oriente.
La Chiesa latina di lingua araba non è occidentale, anche se comprende molti
occidentali: religiosi, religiose, diplomatici e migliaia di lavoratori stranieri…
Un cristiano arabo che appartiene a questa Chiesa si sente al 100% orientale e al
100% di rito latino. Una tale liturgia può avvalersi del dinamismo dei missionari,
delle congregazioni religiose, dei nuovi carismi e movimenti, ma allo stesso modo
anche della ricchezza delle liturgie orientali, che ci hanno aiutato ad acculturarci in
Oriente. Passo ora ad esporre come si è realizzato questo incontro liturgico e che
cosa ci attendiamo da esso.
I. Realizzazione:
1. La maggior parte dei libri liturgici della liturgia latina è stata tradotta in arabo.
2. I canti liturgici sono passati dalla fase dell’imitazione e del prestito alla fase
della creatività. Nella prima fase, i nostri predecessori hanno attinto al canto
gregoriano, ai repertori di canti europei e alla liturgia siriaca maronita. In una
seconda fase, siamo invece passati allo sviluppo di una nostra creatività. I
nostri compositori, conoscendo lo spirito della liturgia latina, basato sulla
precisione, sulla concisione e sulla chiarezza, e imbevuti, allo stesso tempo,
della cultura e della lingua araba, hanno composto canti di valore. Essi hanno
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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anche fuso la tradizione gregoriana con la musica orientale, come avviene per
il canto dei salmi.
3. Attraverso la liturgia latina i nostri fedeli si sentono legati e inseriti nella grande
Chiesa che celebra questo rito su scala mondiale e internazionale. Quando
viaggiano oppure emigrano, trovano molta facilità ad inserirsi nei paesi e nelle
parrocchie di accoglienza. D’altra parte i pellegrini stranieri che visitano la Terra
Santa e prendono parte alla nostra liturgia domenicale, vi riconoscono la loro
liturgia, partecipandovi senza difficoltà e con molta gioia.
4. La liturgia è indubbiamente per noi luogo di catechesi e di santificazione per
eccellenza. In tempi recenti, abbiamo potuto gioire per la beatificazione di due
religiose palestinesi: una carmelitana, chiamata la “piccola araba” e la fondatrice
delle Suore del Rosario. Facciamo notare che la carmelitana in questione nacque
nella fede greco-cattolica e si nutrì alla liturgia latina. Lo stesso caso si ripeté con
il venerabile salesiano Simon Srouji. In questi due casi possiamo dunque dire
che essi respirarono attraverso i due polmoni della Chiesa. In loro la comunione
divenne una realtà visibile.
Una particolarità della liturgia latina di Terra Santa è che storia e geografia
della salvezza si abbracciano. In effetti, la liturgia ha il privilegio di commemorare,
nei Luoghi Santi, secondo un ciclo annuale, giornaliero e settimanale, i misteri della
vita terrena di Gesù. Questa commemorazione si celebra con messe proprie o con
pellegrinaggi e processioni (processioni quotidiane si svolgono nella basilica della
Natività e al Calvario, la processione annuale invece nella Domenica delle Palme
e al Sito del Battesimo, senza dimenticare la Via Crucis quotidiana lungo la Via
Dolorosa…). Queste pratiche sono e restano vive grazie alla perseveranza dei frati
Francescani della Custodia di Terra Santa. È un privilegio di cui possono godere
tutti i pellegrini.
II. Attese e suggerimenti:
1.Nonostante i grandi progressi in materia liturgica, occorre un lungo e sapiente
lavoro di inculturazione, soprattutto per quanto riguarda il sacramento del
matrimonio e i riti del battesimo e delle esequie. Questa inculturazione
dovrebbe rispettare lo spirito latino e la cultura orientale e perché no, anche un
avvicinamento alle liturgie orientali.
2.Auspichiamo vivamente l’unificazione della festa di Pasqua con le Chiese
ortodosse, tema questo sollevato dal Patriarca Lahham 3 giorni fa. È un
segno che gli stessi musulmani ci chiedono con insistenza. Ciò implica anche
l’unificazione del periodo della Quaresima e, perché no, anche delle modalità di
vivere l’astinenza e il digiuno. Dato che l’astinenza e il digiuno sono dei valori
Sinodo per il Medio Oriente
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rispettati anche dall’Islam e dall’Ebraismo, sarebbe auspicabile che i cattolici di
rito orientale e i latini unificassero anche il loro modo di digiunare. Sarebbe un
segnale positivo per i cristiani e anche per i non cristiani.
3. La nostra liturgia latina e le altre liturgie orientali, celebrate in arabo, dovrebbero
allo stesso modo cercare di unificare quanto più possibile il loro vocabolario
teologico e liturgico. Questa unificazione del lessico è molto importante e
porterebbe ad una maggior comunione e ad una più grande testimonianza davanti
ai nostri fedeli e ai non cristiani.
Conclusione: la missione dell’evangelizzazione e della santificazione passa
attraverso la liturgia. La liturgia latina in Medio Oriente ha un importante ruolo
da svolgere nel rispetto totale delle liturgie orientali, che hanno anch’esse un gran
merito nell’opera di catechizzazione e santificazione dei fedeli.
✧ ✧ ✧
Intervento del Rev. P. David NEUHAUS, S.J.
Vicario del Patriarca latino di Gerusalemme
per la pastorale dei cattolici di lingua ebraica
I cattolici di espressione ebraica vivono integrati nella società ebraica
israeliana. Sono giunti in questo paese in seguito a diverse ondate migratorie posteriori al 1948. Tra di loro ci sono anche delle famiglie arabe
che ora vivono in quartieri ebraici. Questa piccola comunità esprime la
propria fede in lingua ebraica e ha bisogno di una pastorale efficace in tale
lingua, per garantire una viva trasmissione della fede. Inoltre la situazione
di perfetta integrazione nella società israeliana di questi cattolici è
un’importante risorsa nel dialogo tra la Chiesa ed il popolo ebraico.
Desidero ringraziare il Santo Padre per avermi nominato per questo Sinodo.
Con la nascita dello Stato d’Israele nel 1948, ondate di immigrazione hanno
aumentato di milioni la popolazione ebraica e tra gli immigranti migliaia di cattolici,
i più membri di famiglie ebraiche, che si sono trovati ad essere parte della società di
lingua e religione ebraica israeliana. Per ragioni di lingua, cultura e politica, questi
non hanno trovato il loro posto nella Chiesa locale in predominanza di lingua araba.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
27
L’ Oeuvre Saint-Jacques fu fondata nel 1955 per rispondere ai bisogni pastorali dei
cattolici viventi nella società ebraica e per promuovere il dialogo tra la Chiesa ed il
popolo ebraico. L’aspetto pastorale dell’ Oeuvre Saint-Jacques è stato trasformato
nel Vicariato cattolico di lingua ebraica all’interno del Patriarcato latino ed ha
portato ad un’ulteriore definizione del suo scopo e della sua missione all’interno del
contesto della nuova ondata migratoria, che ha portato in Israele circa un milione
di persone di lingua russa, e tra essi decine di migliaia di cristiani. Oggi l’ebraico è
anch’esso lingua della Chiesa in Medio Oriente (letto anche in ebraico).
Oggi ci sono sette comunità che servono i bisogni dei fedeli di lingua
ebraica e russa in Israele. Queste sono oasi vibranti di vita per questi cattolici che
costituiscono una minoranza doppiamente marginalizzata: all’interno di una società
che è prevalentemente ebraica e all’interno di una Chiesa che è prevalentemente
araba. Continuiamo a lavorare duramente per rendere la vita cattolica sacramentale,
catechetica e comunitaria completamente vivibile in ebraico. Viviamo la nostra
fede cristiana inseriti in una società ebraica, la cui lingua, liturgia, feste e pratiche
hanno modellato le prime comunità cristiane. Inculturarci in questa società evoca
certamente la prima delle comunità cristiane a Gerusalemme al tempo degli
Apostoli. Allo stesso tempo siamo chiamati ad una profonda comunione con i nostri
fratelli e sorelle arabi, nella preghiera comune per la giustizia e la pace per tutti.
Nel corso degli anni, tre altri gruppi di popolazione cattolica hanno iniziato
a vivere in ebraico, allargando necessariamente lo scopo del Vicariato di lingua
ebraica in Israele:
– Decine di migliaia di lavoratori stranieri cattolici;
– Migliaia di rifugiati giunti da ogni luogo della Terra;
– Decine di famiglie arabe-cristiane che si sono trasferite in aree ebraiche dove
l’ebraico è la lingua dominante.
Come risultato di queste tre realtà, oggi nello Stato d’Israele, ci sono migliaia
di bambini cristiani che studiano in scuole ebraiche, israeliane e di lingua ebraica
e che sono ammirevolmente inculturati. Si rende sempre più necessario sviluppare
l’espressione cattolici di lingua ebraica, cosicché l’evangelizzazione e la formazione
catechetica di questa popolazione possa essere attuata con efficienza. La scommessa
è la preservazione dell’identità cristiana di questi bambini.
Un Vicariato di lingua ebraica ha, in questo contesto, una doppia missione.
Primo, verso al Chiesa in Israele/Palestina e nel Medio Oriente: è chiamato
ad aiutare la Chiesa a muoversi da un discorso di sospetto a causa del conflitto
politico ad un discorso di rispetto per una religione ed una tradizione spirituale che
è intrinsecamente legata alle radici della fede cristiana. Secondo, verso la società
israeliana ebraica: è chiamato ad aiutare la società ebraica israeliana a comprendere
Sinodo per il Medio Oriente
28
la Chiesa cattolica, i suoi insegnamenti e principi, come anche ad aiutare gli
israeliani a divenire consapevoli della radicata presenza della Chiesa e dei cristiani
in Terra Santa, sensibilizzandoli alle difficoltà che i cristiani incontrano. Il fatto che
gli ebrei costituiscano una maggioranza dominante condiziona fondamentalmente
il dialogo. In nessun altro luogo e mai prima d’ora i cristiani hanno vissuto
direttamente la sovranità di una politica ebraica. L’aspetto positivo dell’impegno
con una maggioranza ebraica, che confida ed è sicura in una società definita dai
costumi della tradizione ebraica, è la maggiore apertura verso i cristiani. Il dialogo
serve alla continua ricerca di una giusta soluzione al conflitto, come anche alla
continua testimonianza cristiana del Signore risorto in quella Terra che fu la sua
casa terrena.
✧ ✧ ✧
Intervento del Rev. P. Umberto BARATO, O.F.M.
Vicario Patriarcale latino emerito di Gerusalemme
per Cipro
(...) Cipro fa parte del Patriarcato di Gerusalemme. Esistono quattro parrocchie:
tre amministrate dai Francescani di Terra Santa, una da un sacerdote del Patriarcato.
Il numero dei cattolici latini è esiguo. Le quattro parrocchie, assieme a quattro
congregazioni religiose femminili lavorano soprattutto per i migranti e anche per i
turisti.
I migranti costituiscono una ricchezza aggiunta per la Chiesa di Cipro. La
pastorale verso di essi è particolare e delicata. Essi rimangono pochi anni e sono liberi
generalmente solo la domenica. Ma l’azione pastorale deve essere condotta come
se rimanessero permanentemente nella parrocchia. La catechesi è fondamentale,
soprattutto per la preparazione ai sacramenti. I gruppi ecclesiali (Legio Mariae,
carismatici, neo-catecumenali, Ordine Francescano Secolare, gruppi nazionali di
preghiera, ecc.) possono essere un aiuto importante per il contatto con i fedeli, la
loro conoscenza e per la collaborazione nelle attività parrocchiali. (...) ■
C C C
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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2) L’Assemblea
degli Ordinari Cattolici
di Terra Santa (A.O.C.T.S.)
Intervento di Mons. Elias CHACOUR,
Arcivescovo di San Giovanni d’Acri,
Tolemaide dei Greco-Melkiti (ISRAELE)
(...) Negli ultimi venti secoli è stato come se i nostri cristiani di Terra
Santa fossero condannati e avessero il privilegio di condividere l’oppressione, la
persecuzione e la sofferenza con Cristo. Egli è risorto, ma la sua croce si eleva
ancora alta nel nostro cielo. I nostri cristiani sono ancora appesi a quella terribile
croce. Vivono sotto la minaccia quotidiana di funzionari che sognano il trasferimento
della nostra minoranza lontano dalle loro terre, dalle loro case, lontano dalla loro
patria ancestrale. Se non fosse per Lui, la croce sarebbe stata maledetta e odiata.
Sono trascorsi secoli, carichi delle sofferenze e delle persecuzioni da noi
subite.
Ma oggi Sua Santità Papa Benedetto XVI ha chiamato la Chiesa cattolica e
tutti i cristiani di buona volontà a spostare il loro sguardo e a volgersi verso il resto
della famiglia di Cristo. Siamo venuti qui per invitarvi tutti a rivedere le vostre
priorità riguardo alla Terra Santa e ai suoi abitanti. (...)
Come arcivescovo della comunità cattolica più grande in Terra Santa, la
Chiesa cattolica melkita, vi invito qui, e chiedo al Santo Padre, di dedicare sempre
più attenzione alla Pietre vive della Terra Santa. (...) Vogliamo restare dove siamo e
abbiamo bisogno della vostra amicizia più che dei vostri soldi.
✧ ✧ ✧
Sinodo per il Medio Oriente
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Intervento di Mons. Paul Nabil EL-SAYAH,
Arcivescovo di Haifa e Terra Santa dei Maroniti,
Esarca Patriarcale di Antiochia dei Maroniti (ISRAELE)
L’ecumenismo deve essere una priorità per i cristiani del Medio Oriente,
soprattutto di Terra Santa, affinché le divisioni tra i cristiani non creino
scandalo per il mondo. È dunque fondamentale che sia loro assicurata una
presenza importante all’interno del Consiglio delle Chiese.
La questione ecumenica in Medio Oriente, in generale, e in Terra Santa, in
particolare, è diventata una sfida di estrema importanza per tutta la Chiesa, dalla
base al vertice del sua struttura. Abbiamo 13 Chiese principali a Gerusalemme, con
confini fisici e psicologici assai ben delineati, le cui tradizioni e memorie sono più
temprate che in qualsiasi altra parte del mondo. Lo scandalo delle nostre divisioni
viene spesso trasmesso in diretta mondiale, soprattutto quando i conflitti scoppiano
presso il Santo Sepolcro il Venerdì Santo, o nella chiesa della Natività, la mattina di
Natale, sotto gli occhi dei mezzi di comunicazione internazionali.
Nel rispetto degli obiettivi di questo Sinodo, affronterò l’argomento articolandolo in tre punti:
1)La nostra identità di cristiani sarà sempre deficitaria se non ci sforziamo
seriamente di rispettare l’agenda ecumenica.
2)La comunione fra tutte le nostre Chiese è il pre-requisito per ritrovarci con le
nostre Chiese sorelle e altre comunità cristiane, nonché per coltivare un autentico
spirito ecumenico. 3)La testimonianza non può essere data in modo autentico se le nostre chiese non
sono insieme e non lavorano insieme. Affrontare le sfide ecumeniche non è
un’opzione, per noi, bensì una necessità assoluta.
Per concludere, avrei tre suggerimenti:
1)Vorrei esortare le nostre Chiese a fare i passi necessari per salvare il Consiglio
delle Chiese Mediorientali che sembra essere sul punto di collassare. Esso è
l’unico ombrello sotto cui possono ripararsi tutte insieme le nostre Chiese.
Sarebbe una gran perdita per la causa ecumenica.
2)È necessario dare all’agenda ecumenica maggior importanza a livello locale,
secondo le situazioni di ogni diocesi, parrocchia o comunità.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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3)Le istituzioni e le organizzazioni sono importanti, ma se non coltiviamo lo
spirito ecumenico fra le nostre genti, come si è detto prima, le istituzioni e le
organizzazioni resteranno lettera morta. La formazione ecumenica è un dovere
ad ogni livello e in particolare nei seminari e nelle case di formazione.
Infine, sono assolutamente convinto che il tentativo di affrontare la
sfida dell’ecumenismo sarà uno dei criteri con cui si misurerà il buon esito o
l’insuccesso di questo Sinodo. Essere insieme e lavorare insieme come Chiese è
una condizione vitale per un’effettiva presenza cristiana in Terra Santa e in tutto
il Medio Oriente.
✧ ✧ ✧
Intervento di Mons. Yasser AYYASH,
Arcivescovo Greco Melchita di Petra
e Filadelfia, (GIORDANIA)
La Giordania, paese arabo moderato, permette ai cristiani di praticare
liberamente la propria religione. In questa terra, l’ecumenismo è una
realtà molto concreta, a motivo delle date del Natale e della Pasqua, in
comune tra ortodossi e cattolici. Tuttavia l’emigrazione e la mancanza di
dialogo con i musulmani sono problemi ancora attuali.
Anzitutto rivolgiamo i nostri più sinceri ringraziamenti a Sua Santità Papa
Benedetto XVI che ci ha riuniti in questo Sinodo speciale sulla Chiesa Cattolica nel
Medio Oriente: comunione e testimonianza. Un sinodo che si presenta come una
benedizione particolare per la Chiesa cattolica e per i cristiani in Medio Oriente.
Un sinodo nel quale i Padri della Chiesa si riuniscono per studiare, pregare e
realizzare le aspirazioni dei fedeli.
Con il mio intervento vorrei indirizzare la vostra attenzione verso le questioni
pertinenti al tema della Chiesa cattolica e ai cristiani in generale in Giordania.
Malgrado la congiuntura attuale nei Paesi del Medio Oriente, specialmente
in Palestina, la Giordania, sotto la guida di Sua Maestà Re Abdallah II Bin Al
Hussein, gode della pace, della serenità, della stabilità e della moderazione. Queste
realtà ci aiutano a dare veramente testimonianza di Cristo. In Giordania ricordiamo
le due visite storiche di Papa Giovanni Paolo II e di Papa Benedetto XVI, e
l’accoglienza calorosa loro riservata in Giordania e nelle terre sante. Ringraziamo
32
Sinodo per il Medio Oriente
Papa Benedetto XVI per la sua carità e per l’attenzione particolare verso la Chiesa
in Medio Oriente, che invitano i fedeli a testimoniare ancora di più la loro fede nei
loro paesi, e a persistere nelle terre sante, terre d’amore e di pace.
La nostra testimonianza cristiana si esprime attraverso:
1. Le scuole, gli ospedali e le associazioni che forniscono il proprio servizio nella
carità, senza discriminazione alcuna e da pari a pari, ai cristiani e ai musulmani,
in ambito educativo, etico e scientifico.
2. Celebriamo le nostre preghiere e i nostri riti completi nelle nostre chiese e
parrocchie senza nessuna difficoltà. Inoltre, nel rispetto della legge, possiamo
acquistare e costruire chiese, scuole e altri edifici.
3. Da quarant’anni i cristiani celebrano la Pasqua secondo il calendario orientale e
il Natale secondo il calendario occidentale, tutti insieme, cattolici e non cattolici.
4. La catechesi viene impartita nelle scuole cristiane e in alcune scuole private, ma
non nelle scuole ufficiali sebbene siano stati fatti diversi tentativi in tal senso.
Esiste più di un curriculum scolastico. Sarebbe auspicabile un programma
unificato per i fedeli della Chiesa cattolica e preferibilmente per tutti i cristiani.
5. I cristiani partecipano attivamente alla vita concreta nei diversi ambiti. Il loro
ruolo è efficace, forte e ben riconosciuto.
6. L’emigrazione continua a essere un grave problema con ripercussioni sia
negative sia positive. L’immigrazione è sia interna, sia orientata verso i paesi
della diaspora, senza dimenticare gli immigrati che arrivano in Giordania per
lavoro o a causa delle guerre ricorrenti. La Chiesa locale ha svolto il ministero
pastorale e umanitario secondo le proprie possibilità. I motivi dell’emigrazione
sono diversi: politici, di sicurezza, economici, la ricerca di un futuro migliore...
È invece raro sentir citare come motivo la “persecuzione religiosa”.
7. Non esiste un dialogo islamico-cristiano ufficiale a livello nazionale. A tale effetto
si celebra regolarmente un incontro tra la Giordania e la Santa Sede. Speriamo
che il Consiglio delle Chiese in Medio Oriente possa superare la difficile prova
che deve affrontare, al servizio della testimonianza e dell’unità cristiana.
8. Esistono diversi casi di apostasia per la religione islamica. I motivi sono diversi
e in nessun caso legati alla fede. Sono rari i casi di apostasia per la religione
cristiana.
9. Più cooperazione reciproca, unificazione degli sforzi comuni e carità autentica
ci daranno il coraggio e la forza perché la nostra testimonianza dia frutto, renda
gloria a Dio e radichi il cristiano nella sua terra e nella sua fede. Grazie.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Intervento di Mons. Grégoire Pierre MELKI,
Esarca Patriarcale del Patriarcato di Antiochia
dei Siri (GERUSALEMME)
L’emigrazione dei cristiani di Terra Santa è un vero «brutto colpo» sia
da un punto di vista politico che economico, nonchè nei riguardi della
testimonianza della fede. Questa situazione ci interpella tutti. La risoluzione del conflitto politico, il riavvicinamento delle Chiese e l’attivazione di
progetti sociali possono limitare questo fenomeno doloroso.
(...) Essendo la prima causa dell’emigrazione, il conflitto [israelo-palestinese]
deve indurre le parti che si affrontano sul campo così come le Istanze internazionali
a lavorare molto per una soluzione equa e durevole di questo conflitto.
D’altra parte occorre segnalare altri fattori che hanno contribuito alla
diminuzione del numero dei cristiani in Terra Santa: la denatalità delle coppie, il
matrimonio in età avanzata, la riunificazione delle famiglie, il proseguimento degli
studi all’estero, ecc. E le divisioni politiche e religiose esistenti ne sono anch’esse
una ragione valida.
Benefica da certi punti di vista per i Paesi che accolgono i nostri emigranti,
l’emigrazione costituisce un duro colpo non solamente per la presenza e la
testimonianza dei cristiani in Terra Santa, ma anche per la vita sociopolitica in
generale, poiché priva i Paesi d’origine di potenziali che avrebbero potuto accelerare
il loro progresso e sviluppo.
Questa situazione ci chiama in causa tutti. Occorre fare qualcosa. Ecco alcune
piste da proporre:
– fare appello alle Istanze internazionali perché facciano pressione sulle parti
interessate in vista di una soluzione rapida del conflitto;
– fare appello alle Chiese presenti perché operino seriamente sulla via del
riavvicinamento e dell’unità;
– avviare più progetti concreti e comuni come gli alloggi, la creazione di posti
di lavoro, gli ospedali, ecc.
– farsi carico a livello pastorale dei cristiani africani e asiatici venuti da noi...
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Sinodo per il Medio Oriente
Intervento di Mons. Joseph Jules ZEREY,
Vescovo ausiliare e Protosincello del Patriarcato di Antiochia
dei Greco-Melkiti (GERUSALEMME)
Le famiglie in Medio Oriente sono invitate a riscoprire la vocazione di
vivere, una fede radicale, così come la testimoniavano i primi cristiani.
Le comunità e i movimenti che lo Spirito suscita nella Chiesa sono uno
strumento per riscoprire la misericordia di Dio e la sua azione nella vita di
ogni persona.
Perché molte delle nostre famiglie emigrano? Perché vivono nella tiepidezza,
schiacciate dalle bramosie provenienti soprattutto dai media, dalle pressioni
provenienti da ogni parte, politiche, sociali, materiali, nonché da altre confessioni
o religioni? Perché molti hanno perduto la chiamata a vivere come i primi cristiani
che, con gli apostoli, conducevano una vita evangelica, incentrata su Cristo nella
preghiera e nella condivisione?
Constato con forza che molte delle nostre famiglie “sedicenti cristiane” hanno
un bisogno vitale di essere rievangelizzate e di accogliere personalmente il perdono
e la misericordia di Dio, ottenuti attraverso la passione, la morte e la risurrezione di
nostro Signore Gesù Cristo.
Da una quarantina d’anni siamo tutti testimoni che lo Spirito Santo suscita
un rinnovamento nella Chiesa dal quale sono nati movimenti e comunità nuovi,
che vivono un dinamismo missionario come i grandi apostoli e i grandi santi (che
conosciamo), che nel corso dei secoli hanno saputo evangelizzare al centro della
Chiesa e del mondo.
Negli ultimi anni ho incontrato, nei nostri paesi arabi e in altri paesi, diverse
famiglie che vivono profondamente la loro fede cristiana malgrado le difficoltà
enormi della vita quotidiana. Queste famiglie, animate dalla carità di Cristo, portano
la loro croce con fede e mantengono una speranza contro ogni speranza.
Queste famiglie non possono reggere né saranno missionarie se non attraverso
un legame personale, un amore profondo per Cristo, rafforzato dalla preghiera
quotidiana come anche dal sostegno delle piccole fraternità o comunità parrocchiali,
ritrovandosi ogni settimana intorno alla Parola di Dio. Questi “piccoli Cenacoli”
consentiranno loro di vivere in modo più intenso l’Eucaristia domenicale.
Queste famiglie vivono della presenza in mezzo a loro del Cristo Risorto, che
le vivifica con il suo Spirito Santo e le conduce al Padre.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Molto presto a Nazaret verrà costruito un centro internazionale per la
spiritualità della famiglia. Il centro sarà al servizio della Chiesa locale e della
Chiesa universale. Chiedo che possa diffondersi in tutte le città della Terra Santa,
che non aiuti soltanto le famiglie a far fronte ai problemi e alle difficoltà della
vita quotidiana, ma che soprattutto le incoraggi a diventare autentiche famiglie
missionarie, veri focolari di carità e di luce.
✧ ✧ ✧
Intervento di
Mons. Raphaël François MINASSIAN,
Esarca Patriarcale del Patriarcato di Cilicia degli Armeni
(GERUSALEMME)
(...) La Chiesa locale di Terra Santa a Gerusalemme, è cosciente dei
problemi acuti di tipo socio-politico dei cristiani in medio oriente, ed ha fiducia
nell’importanza imperativa dei Media, che possono giocare un ruolo positivo nel
proporre soluzioni. (...)
La collaborazione, nel campo dei Mass-Media, rimane ancora debole fra i
cattolici del Medio Oriente, a causa delle diversità fra le culture e fra le tradizioni
ecclesiastiche. (...)
I Mass Media, possono giocare un ruolo importante ed essere uno dei mezzi
più idonei per creare una comunione vera tra le varie chiese cattoliche, a partire da
una fattiva collaborazione fra esse in modo che i Mass Media diventino realmente
luogo di testimonianza di Gesù e dei valori cristiani.
✧ ✧ ✧
36
Sinodo per il Medio Oriente
Intervento del
Rev. P. Pierbattista PIZZABALLA, O.F.M.
Custode di Terra Santa (GERUSALEMME)
Purtroppo la pastorale in Terra Santa parte molto spesso dal difficile
contesto politico e sociale, piuttosto che dall’autentica vocazione delle
Chiese. Quelle di Gerusalemme hanno un particolare ed universale
compito di testimonianza. Siamo chiamati a riscoprire la memoria vivente
dell’Incarnazione nei Luoghi Santi e non a disperarci nonostante l’esiguo
numero di cristiani: il fatto di essere una minoranza non deve impedirci di
rinsaldare la nostra identità e offrire una viva testimonianza di fede.
Eminentissimi ed Eccellentissimi Padri, Illustri Autorità e Membri di questo
Sinodo,
In Terra Santa avvertiamo con forza il limite di una prospettiva e di una
pastorale che troppo spesso partono dai problemi e dalla situazione piuttosto che
dalla vocazione dei cristiani e delle Chiese di quelle terre particolari e benedette
(cfr. Instrumentum laboris, n. 6).
Credo invece che ci troviamo in un tempo e in un luogo in cui è necessario
ripartire dalla vocazione propria delle Chiese di Terra Santa. Mi sembra, del
resto, essere questo il senso dell’invito che il Santo Padre ci ha rivolto nel’Omelia
inaugurale, quando ci ha chiesto di fare nostro lo sguardo di Dio che vede questa
terra dall’alto. Vorrei allora anch’io iniziare questo mio intervento facendo memoria
della prima manifestazione della Chiesa a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste:
«Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della
Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle
parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e
Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio”. Tutti erano
stupefatti e perplessi, e si chiedevano l’un l’altro: “Che cosa significa questo?”»
(Atti 2, 9-12).
Questo universale ritrovarsi di tutte le lingue a Gerusalemme e il loro
incontrarsi in Dio non è solo memoria, ma è ancora presente e futuro. Oggi come
allora, la Chiesa di Gerusalemme nasce si sviluppa con vocazione ed apertura
universale. I Frati Minori della Custodia di Terra Santa sono ogni giorno ammirati
testimoni e –non raramente- generosi e solerti promotori del movimento fisico e
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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spirituale che porta milioni di persone a tornare e a ritrovarsi a Gerusalemme alla
ricerca del centro, del cuore, della prima sorgente della fede e della vita cristiana.
Ad Intra
Come comunità cristiana che vive in Terra Santa dobbiamo riscoprire
di essere e vivere nei luoghi delle origini. Non si tratta però semplicemente e
solamente di luoghi. Noi siamo e viviamo la memoria viva dell’Incarnazione.
Questa non è soltanto avvenuta nel tempo, ma anche in uno spazio. Abitare con
vitalità quello spazio è vocazione e servizio alla Chiesa intera. Ci è chiesto allora
di recuperare e sviluppare questa consapevolezza. Occorre che pastori e fedeli
delle Chiese di Terra Santa sviluppino una maggiore conoscenza di quei luoghi
che qualcuno ha definito “il quinto Vangelo”. I Luoghi Santi sono un’importante
occasione di evangelizzazione e di preghiera, oltre che punto fermo dell’identità
cristiana di Terra Santa. Gerusalemme, in particolare, non può essere solamente
vista come il risultato di una lotta tra fazioni opposte; essa resta il punto di
partenza e di arrivo della peregrinazione della fede di ogni credente in Cristo,
anzi, di chiunque condivide la fede di Abramo. I pellegrinaggi che giungono in
Terra Santa da tutto il mondo, come anche la presenza di fedeli ebrei e musulmani
intorno alla stessa area sacra della Città Santa appaiono agli occhi della fede come
una realizzazione, sia pure parziale, della profezia del raduno di tutti i popoli sul
Monte Sion per apprendere le vie del Signore e camminare sui suoi sentieri (cfr.
Is 2, 2-4; Mic 4, 2-4).
C’è dunque bisogno di una cura rinnovata per la formazione e la catechesi
di quanti si preparano ad essere pastori e dei fedeli perché tutti siano all’altezza
delle sfide che l’evangelizzazione e la missione presentano in questo nostro tempo
e in questa nostra Terra. Una pastorale che si concentri maggiormente sulla Parola
di Dio studiata, meditata e annunciata appare irrinunciabile (cfr. Instrumentum
laboris, nn. 8; 62-69). Le difficoltà, e persino i divieti, che l’annuncio esplicito del
vangelo incontra nelle nostre terre non devono spingerci solamente a conservare
l’esistente ma ci chiedono come singoli e come comunità di essere creativi, capaci
di testimonianza eloquente e incisiva.
Ad Extra
I pellegrinaggi da un lato, il carattere molteplice –multilingue, multirazziale
e multi rituale- della Chiesa di Terra Santa dall’altro, ci chiedono di essere Chiesa
sempre più “estroversa”, direi ospitale, aperta agli altri e all’altro. La Chiesa di Terra
Santa è sempre stata di minoranza. Essere minoranza è parte della nostra identità
e non ne dobbiamo fare un dramma. E tale condizione ci ricorda che non siamo né
esistiamo per noi stessi, ma per entrare in relazione con quanti ci incontrano e ci
Sinodo per il Medio Oriente
38
sprona ad essere propositivi. E ciò a dire il vero si realizza. Pur essendo infatti poco
più del 1 per cento della popolazione, la Chiesa con le sue opere raggiunge più del
5 per cento degli abitanti.
Permettetemi qui di ricordare il servizio della Custodia di Terra Santa
nell’educazione, nell’assistenza e nella formazione universitaria, offerto non solo ai
cristiani latini ma anche ai fedeli delle altre confessioni e religioni. In anni recenti la
Custodia di Terra Santa si è aperta alla collaborazione per la cura pastorale di gruppi
di fedeli cattolici di lingua ebraica e di immigrati (cfr. Instrumentum laboris, nn.
49-53). I centri di studio, di ricerche e di accoglienza e di comunicazione sociale,
fondati e sostenuti dalla Custodia, come il Centro francescano di Studi Orientali
al Cairo, il Memoriale di san Paolo a Damasco, l’Istituto Musicale Magnificat, il
Franciscan Multimedia Centre e la Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia a
Gerusalemme sono aperti a cristiani di ogni denominazione.
Essere minoranza non deve impedirci di dare vibrante testimonianza di fede e
di appartenenza, di fare proposte culturali attente e forti, unico spazio di confronto
possibile nella nostra Terra. Essere minoranza non ci deve chiudere, ma aprirci a
nuove forme di creatività, che non solo sono permesse, ma a volte addirittura attese
dai fratelli delle altre fedi.
L’impegno ecumenico è per noi che viviamo in Terra Santa anzitutto incontro
quotidiano di popolo, di fratelli e sorelle che, al di là delle diversità, condividono
il comune cammino cristiano e il condiviso impegno per la pace (Instrumentum
laboris, n. 82). Ma è anche espressione quotidiana della fatica che i pregiudizi e la
storia ci hanno consegnato e che in Terra Santa diventano tangibili e concreti. Per
quanto riguarda il delicato e sofferto scenario politico, senza entrare in questioni
delicate e già fin troppo discusse anche tra noi, desidero qui sottolineare quanto
anche a noi stessi non è sempre chiaro e cioè che spetta a noi cristiani di Terra Santa,
che non rivendichiamo territori e posizioni di privilegio, di custodire, mantenere
visibile e gelosamente difendere in tutte le forme possibili e in tutte le sedi pubbliche
il carattere anche cristiano della Terra Santa e di Gerusalemme, che non è sempre
scontato e che forse non è sempre accolto.
C C C
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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3) Istituzioni legate
al Patriarcato latino di Gerusalemme
Intervento del Card. John Patrick FOLEY,
Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro
di Gerusalemme (CITTÀ DEL VATICANO)
I Cavalieri dell’Ordine del Santo Sepolcro offrono un importante contributo
materiale e spirituale alle opere condotte dal Patriarcato latino per i
cristiani di Terra Santa. Sostengono inoltre il ruolo delle scuole cristiane
in Giordania, Israele e Palestina, che contribuiscono alla comprensione
reciproca tra cristiani, musulmani ed ebrei.
Come messaggeri della pace di Cristo, sono convinto che tutti noi dobbiamo
pregare e lavorare per la pace in Medio Oriente, soprattutto per una pace giusta e
duratura tra Palestina e Israele e tra i loro vicini.
Sono convinto che le continue tensioni tra israeliani e palestinesi abbiano
largamente contribuito ai disordini in tutto il Medio Oriente e anche alla crescita del
fondamentalismo islamico.
Mentre molti, compresa la Santa Sede, hanno suggerito una soluzione a due
della crisi israelo-palestinese, più passa il tempo più una tale soluzione diventa
difficile, poiché la realizzazione di insediamenti israeliani e di infrastrutture sotto il
controllo israeliano a Gerusalemme Est e in altre parti della Cisgiordania rendono
sempre più arduo lo sviluppo di uno stato palestinese possibile e integrale.
Durante lo storico pellegrinaggio del Santo Padre in Terra Santa dello scorso
anno, ho avuto la possibilità di intrattenere brevi conversazioni con leader politici
ai massimi livelli in Giordania, Israele e Palestina. Tutti loro hanno parlato del
grande contributo alla comprensione reciproca dato dalle scuole cattoliche in quelle
aree. Poiché le scuole cattoliche sono aperte a tutti e non solo ai cattolici e agli altri
cristiani, vi vengono iscritti molti bambini musulmani e perfino alcuni bambini
ebrei. Gli effetti sono evidenti e illuminanti. Si è generato un mutuo rispetto che,
speriamo, porterà alla riconciliazione e perfino all’amore reciproco.
Sinodo per il Medio Oriente
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Essendomi stato conferito dal Santo Padre l’onore di servire come Grande
Maestro dell’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme, traggo ispirazione
dall’interesse e dalla generosità dei quasi ventisettemila cavalieri e dame del Santo
Sepolcro in 56 giurisdizioni in tutto il mondo.
Molti hanno compiuto pellegrinaggi in Terra Santa, dove hanno visitato non
solo i luoghi resi sacri dalla vita, morte e risurrezione di Gesù Cristo, ma anche le
parrocchie, le scuole e gli ospedali che servono coloro che definiamo “pietre vive”,
ossia i discendenti cristiani dei primi seguaci di Gesù Cristo in quella terra che
chiamiamo “santa”.
Dal Grande Giubileo dell’Anno 2000, l’Ordine del Santo Sepolcro ha inviato
più di cinquanta milioni di dollari per aiutare in particolare il Patriarcato latino di
Gerusalemme, ma anche altre comunità e istituzioni cristiane, a sopravvivere e a
eccellere davvero nel servizio all’intera comunità in Terra Santa.
Questa generosità, mentre è importante, è subordinata allo sviluppo di una
vita spirituale sempre più profonda da parte dei nostri membri e delle persone che
serviamo.
Anni fa ho osservato che i cosiddetti cinque pilastri dell’Islam in realtà
traggono origine da fonti giudeo-cristiane.
Ebrei, cristiani e musulmani credono tutti in un solo Dio; tutti noi pratichiamo la
preghiera in modo frequente e, spero, fervente; tutti, in modi diversi, osserviamo
il digiuno; crediamo nell’elemosina e la pratichiamo; e tutti cerchiamo di
partecipare al pellegrinaggio, anche a Gerusalemme, città sacra per ebrei, cristiani
e musulmani.
Possano queste convinzioni e pratiche comuni essere riconosciute e seguite
nella speranza di una più grande comprensione reciproca e della riconciliazione,
della pace e anche dell’amore nella terra che tutti noi, ebrei, cristiani e musulmani,
siamo portati a chiamare “santa”.
✧ ✧ ✧
Dal 10 al 24 ottobre 2010
41
Intervento del Prof. Agostino BORROMEO,
Governatore Generale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro
di Gerusalemme (ITALIA), uditore
La Chiesa deve sostenere i cristiani del Medio Oriente, affinché desistano
dall’emigrazione: deve continuare a partecipare alla costruzione di alloggi
sociali, alle cure mediche, all’assistenza finanziaria, ad esempio attraverso
il microcredito. Questo costituisce una grande testimonianza di unità della
Chiesa universale, attraverso la comunione dei suoi membri.
Il presente intervento è incentrato sul tema dell’emigrazione (nn. 43 48
dell’Instrumentum Laboris). È evidente che il fenomeno dell’emigrazione dai
paesi del Medio Oriente è determinato da fattori sui quali la Chiesa stessa com’è
giustamente sottolineato al n. 44 non può incidere efficacemente. Oltre ai tradizionali
aiuti alle Chiese, si potrebbe tuttavia cercare di porre in essere nuove strategie
miranti a creare migliori condizioni di vita a favore dei cristiani.
Cito alcuni esempi: 1) costruzione di alloggi sociali; 2) la creazione di
ambulatori medici nelle località distanti dai centri ospedalieri; 3) la concessione di
microcrediti, soprattutto per finanziare attività che creino nuove fonti di redditi o
aumentino quelli già percepiti; 4) l’elaborazione di un sistema di microassicurazioni,
con particolare riferimento al settore delle assicurazioni sanitarie; 5) contatti con
imprese occidentali al fine di verificare se possano essere interessate a trasferire
alcune fasi dei processi produttivi in Medio Oriente.
Naturalmente, queste iniziative dovranno essere poste in opera in stretta
collaborazione con le autorità ecclesiastiche locali e sotto il controllo delle singole
Chiese. Anche se i risultati potrebbero essere modesti, essi rappresenterebbero
comunque una testimonianza concreta della vicinanza dei cristiani di tutto il mondo
ai problemi e alle sofferenze dei nostri fratelli e sorelle del Medio Oriente.
✧ ✧ ✧
42
Sinodo per il Medio Oriente
Intervento del Sig. Epiphan Bernard Z. SABELLA,
Professore Associato di Sociologia presso
l’Università di Betlemme
(TERRITORI PALESTINESI), uditore
I cristiani di Terra Santa sono chiamati a seguire l’esempio dei primi
discepoli di Gesù che avevano per obiettivo comune testimoniare Cristo.
Questa testimonianza passa oggi attraverso un piano di azione comune
supportato da una visione comune della società.
Il modello dei dodici discepoli di Gesù andati nel mondo per predicare la
Buona Novella deve essere anche il nostro modello nelle Chiese in Medio Oriente.
Il loro “piano d’azione” è stata la testimonianza della vita, morte e risurrezione
di Gesù Cristo. E questo è anche il nostro “piano d’azione” oggi. La Chiesa in
Medio Oriente è costituita da una moltitudine con diverse ricche tradizioni, liturgie
e potenzialità, e tutti insieme siamo chiamati ad avere un piano d’azione comune
che affronti:
1)La pacificazione nella regione, di modo che una pace giusta e duratura nel
conflitto arabo-israeliano possa vedere uno Stato Palestinese con Gerusalemme
Est come capitale che viva in pace con se stesso e con i vicini. Dobbiamo lavorare
per questa pace anche in seno alle nostre società.
2)Le disuguaglianze sociali, economiche e culturali che risultano nella povertà, nella
disoccupazione e nella disperazione per milioni di nostri connazionali. Basiamo
il nostro intervento sulla dottrina sociale della Chiesa e facciamo riferimento
agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite. Sua Santità Papa
Benedetto ci ha messo in guardia contro gli idoli come il capitalismo sfrenato
con il suo disegno di profitto. La nostra regione è la più ricca e al contempo al
più povera del mondo.
3)Emigrazione e immigrazione: occorre prestare attenzione a gruppi particolari,
specialmente ai giovani con una formazione e capacità elevate, in grado di
competere nel mercato del lavoro mondiale, che sono i più probabili candidati
a emigrare. Abbiamo bisogno di loro per rinvigorire la Chiesa e dobbiamo
impegnarci per coinvolgerli. Allo stesso tempo dobbiamo rispettare i diritti
umani e la dignità degli immigranti che vengono a lavorare in Medio Oriente.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
43
4)La visione del futuro per le nostre società e la nostra regione è basata sulla pari
cittadinanza, sulle analoghe opportunità, i diritti umani e la giustizia sociale.
Le Chiese devono fornire un modello di leadership che sostenga le comunità
ecclesiali stesse e le loro società. Dobbiamo tutti andare via di qui rafforzati dal
Santo Padre per sviluppare strategie che siano utili per le nostre Chiese e allo stesso
tempo per le nostre rispettive società. Il modello dei primi discepoli deve darci la
speranza oltre che il sostegno della Chiesa universale.
✧ ✧ ✧
Intervento della Sig.ra Huda MUASHER,
Direttrice di “Caritas” (GIORDANIA), uditrice
L’identità cristiana orientale è parte integrante di quella araba,
dell’appartenenza araba. La laicità in questa regione del mondo non
dovrebbe essere percepita come un allontanamento dalla religione, bensì
come il rifiuto della fondazione di uno Stato su presupposti o per motivi
religiosi, qualunque essi siano. I cristiani orientali hanno la missione di far
entrare in dialogo Oriente e Occidente.
Sono colma di un sentimento di timore a causa del luogo e dell’assemblea
presente, e al tempo stesso di umiltà, in quanto partecipante a questo importante e
storico incontro. Ricordo a quelli tra voi che già lo conoscono ciò che una donna
di Soufanieh a Damasco ci ha trasmesso le parole che la santa Vergine le ha rivolto
chiedendole di operare “per l’unità della Chiesa e di salvaguardare la presenza
cristiana in Medio Oriente”.
Permettetemi innanzitutto di presentarmi: sono una nonna cristiana della
Giordania orientale, sono Giordana di nazionalità araba; amo la mia fede cristiana
con tutta la mia volontà e con tutto il mio essere, rispetto tutti coloro che amano la
loro religione e le obbediscono, poiché ci avete insegnato che “siamo tutti fratelli
nel Cristo”.
Posso partecipare soltanto con la semplicità di una nonna e in modo molto
franco. Quello che ci si aspetta da questo Sinodo è che si vada oltre il parlare
del passato e della realtà della situazione cristiana in Oriente, per arrivare ad una
Sinodo per il Medio Oriente
44
visione e ad un programma chiari sul modo di affrontare le sfide di questa realtà e
superarle.
Iniziamo col riconoscere la particolarità dell’identità cristiana orientale e
l’importanza di definirla. Infatti il cristiano orientale appartiene alla nazionalità
della propria patria e ha contribuito e contribuisce ancora oggi alla costruzione
della civiltà araba e islamica, ed è anche il successore dei primi cristiani su queste
terre. La particolarità del cristiano orientale richiede che abbia inizio un dialogo
interreligioso tra i figli di uno stesso popolo, prima o in contemporanea con i
dialoghi fra quelli che ne guidano il pensiero, finché non scompaia l’ignoranza del
cristiano sulla religione del suo fratello musulmano e del musulmano sulla religione
del fratello cristiano.
Il cristiano orientale è un laico che intende la laicità non come un allontanarsi
dalla religione, ma come un rifiutare che lo stato sia costituito su basi religiose,
siano esse cristiane o islamiche o ebraiche.
La particolarità del cristiano orientale richiede anche che i cristiani celebrino
insieme le loro feste come accade in Giordania dove i cristiani festeggiano il Natale
secondo il calendario occidentale e la Pasqua secondo il calendario orientale e ciò
fa sì che i cristiani condividano le loro feste e le loro sofferenze. In tal modo essi
diventano un cuor solo e un’unità salda. Ho la forte impressione che la felicità di
Cristo Nostro Signore sarà grande se tutti i cristiani celebreranno insieme le loro
feste.
Infine, il cristiano orientale si percepisce come il più adeguato a trattare con
l’Occidente, perché egli prende posizione a partire dalle sue convinzioni difendendo
le cause della sua nazione e si assume la responsabilità di portare il concetto
dell’islam moderato al mondo intero. E non vede in questo una contraddizione con
la sua religione e la sua fede. In Giordania il cristiano si attiene alla “Lettera di
Amman”, del 2003, come base del concetto di un Islam medio moderato.
C C C
Dal 10 al 24 ottobre 2010
45
4) Altri vescovi del Medio Oriente
Intervento di Mons. Edmond FARHAT,
Nunzio Apostolico (LIBANO)
La Chiesa in Medio Oriente è chiamata a rendere una forte testimonianza.
Il mondo musulmano è in crisi e prende spesso a bersaglio la Chiesa,
favorendo una radicalizzazione dell’Islam. Ma i cristiani non devono
temere, malgrado le ingiustizie, e devono contare sulla forza di Dio.
(...) E mi permetto di fare due considerazioni, una sul passato e l’altra sul
futuro dei cristiani in Medio Oriente.
Il passato recente ci ha fatto vivere grandi prove di fede che il Documento
non esita a definire come “la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese,
il non rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, l’egoismo delle grandi
potenze” (118) con tutte le loro conseguenze negative come l’emigrazione e lo
scoramento. La situazione del Medio Oriente oggi è come un organo vivente che
ha subito un trapianto che non riesce ad assimilare e che non ha avuto specialisti
che la curassero. Come ultima risorsa l’Oriente arabo musulmano ha guardato alla
Chiesa credendo, come dentro di sé pensa, che sia capace di ottenergli giustizia.
Non è stato così. È deluso, ha paura. La sua fiducia si è trasformata in frustrazione.
È caduto in una crisi profonda. Il corpo estraneo, non assimilato, lo corrode e gli
impedisce di occuparsi del suo stato generale e del suo sviluppo. Il Medio Oriente
musulmano nella sua schiacciante maggioranza è in crisi. Non può farsi giustizia.
Non trova alleati né sul piano umano né sul piano politico, meno ancora sul piano
scientifico. È frustrato. Si rivolta.
La sua frustrazione ha avuto come effetto le rivoluzioni, il radicalismo, le
guerre, il terrore e l’appello (da’wat) al ritorno agli insegnamenti radicali (salafiyyah).
Volendo farsi giustizia da solo il radicalismo ricorre alla violenza. Crede di fare più
scalpore se si attacca ai corpi costituiti. Il più accessibile e il più fragile è la Chiesa.
Non conoscendo la nozione di gratuità, esso accusa i cristiani di avere dei pensieri
nascosti di proselitismo, di essere complici delle potenze imperialiste. Dall’Iraq alla
Turchia, al Pakistan fino all’India, le vittime si sono moltiplicate. Si tratta sempre di
Sinodo per il Medio Oriente
46
innocenti e di servitori volontari (mons. Luigi Padovese, Andrea Santoro in Turchia,
l’avvocato assassinato con la sua famiglia in Pakistan, Mons. Claverie e i religiosi e
le religiose in Algeria, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli innocenti, assassinati durante
la guerra del Libano). Si tratta di facili prede.
Per il futuro il testo ci raccomanda di non aver paura. Ciò non vuol dire che
dobbiamo essere indifferenti. Ma è il momento della purificazione e dei dolori
del parto, anche nella società musulmana. Sta a noi continuare il nostro cammino
in queste condizioni. È la nostra missione. È il nostro ruolo che nessun altro può
svolgere al posto nostro. Si tratta di parlare non solo di Dio Onnipotente, ma anche
di Gesù Cristo suo Figlio, in arabo. Non solo non bisogna avere paura, ma bisogna
trasmettere il messaggio alle generazioni future. Bagnata dal sangue dei suoi martiri,
incoraggiata dai suoi maestri, santi e beati, la Chiesa in Medio Oriente fiorirà come
la vigna del Signore e porterà molti frutti.
Oggi, la Chiesa subisce ingiustizie e calunnie. Come nel Vangelo molti
partono, altri si stancano, o fuggono. I frustrati e i disperati si vendicano sugli
innocenti. Dietro alle uccisioni materiali e alle sconfitte più cocenti c’è il peccato. È
questo “potere anonimo al quale servono gli uomini, dal quale sono tormentati gli
uomini e perfino trucidati”, come ha detto il Santo Padre all’inizio dei nostri lavori
(11 ottobre 2010).
Quando Gesù è morto “il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo,
la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono” (Mt 27,51-52). Il
Male credeva di aver vinto. Nel momento della sua Risurrezione e della sua vittoria
sulla morte, era l’alba discreta. Si è alzato senza frastuono. Ha fatto rotolare la pietra
senza far rumore. Non c’erano testimoni. La Vita non ha bisogno di testimoni. È
Maestro e Signore. Farà così anche per la sua Chiesa in Medio Oriente.
L’azione di Dio continua nella storia. La Chiesa in Medio Oriente vive
in questo momento la sua Via Crucis e la sua via di purificazione che porta al
rinnovamento, alla risurrezione. Le sofferenze e le angosce del presente sono i
gemiti di una nuova nascita. Se durano è perché questo genere di demoni che
tormentano la nostra società si scacciano solo con la preghiera. Forse non abbiamo
ancora pregato abbastanza!
✧ ✧ ✧
Dal 10 al 24 ottobre 2010
47
Intervento di Mons. Paul DAHDAH,
Vicario Apostolico di Beirut dei Latini (LIBANO)
La comunione è un vivo desiderio della Chiesa, e sono numerosi i documenti
che ne parlano. Però troppo spesso la realtà è ben lontana da questo ideale
ecclesiale ed è pertanto importante tornare, attraverso i membri del clero,
ad una condotta irreprensibile, per l’edificazione dei fedeli.
Nel testo dell’Instrumentum laboris sono chiaramente espressi i fondamenti
teologici, trinitari, cristologici ed ecclesiologici della comunione ecclesiale. (...)
Il testo menziona gli organismi ecclesiali già istituiti per favorire e sviluppare
la comunicazione tra le Chiese orientali cattoliche al livello globale, poi al livello
dei patriarcati e infine a quello delle eparchie. Sottolinea il ruolo fondamentale
del patriarca, poi del vescovo, per favorire la comunione, la coesione, l’unità nella
diversità. Il testo non manca di sottolineare la “grave responsabilità spirituale e
morale” dei ministri di Cristo e delle persone consacrate (n. 58).
In apparenza tutto è stato detto, tutto è chiaro; ma il testo suggerisce che
la realtà è lontana dall’ideale così presentato e che c’è ancora molto da fare per
realizzare la comunione. L’organigramma delle istituzioni ecclesiali e la legislazione
che regola tali strutture sembrano perfetti, ma questa bella macchina funziona? (...)
Al n. 58 si legge: “molti fedeli auspicano, da parte loro, una maggiore semplicità di
vita, un reale distacco in rapporto al denaro e alle comodità del mondo, una pratica
edificante della castità e una purezza di costumi trasparente”.
Il testo ci appare tranquillizzante e timido; ma si legge una chiara denuncia
dei danni che causano il confessionalismo e il clericalismo, le meschinerie, la sete
di guadagno, la ricerca di potere, gli agi e i titoli dei membri del clero e dei religiosi
e delle religiose, che si comportano senza complessi come funzionari e notabili.
Questi comportamenti non possono che causare scandalo, disgregazione della
comunione, disaffezione e contestazione della Chiesa e della religione cristiana e
favorire le sette di ogni genere. (...)
✧ ✧ ✧
Sinodo per il Medio Oriente
48
Intervento di Mons. Paul HINDER,
Vicario Apostolico di Arabia (EMIRATI ARABI UNITI)
La presenza dei cristiani, principalmente immigrati, solleva nel Golfo
la questione del loro posto all’interno di quei paesi in cui l’Islam è la
religione di Stato, con tutte le limitazioni che questo comporta. Si tratta
quindi di garantire l’accesso alla Chiesa per queste persone, nel rispetto
dei diversi riti.
I due vicariati della Penisola arabica, comprendenti Kuwait, Bahrein, Quatar,
Emirati Arabi Uniti, Oman, Yemen e Arabia Saudita, non hanno cristiani nativi. I 3
milioni di cattolici su una popolazione di 65 milioni di abitanti sono tutti lavoratori
migranti provenienti da un centinaio di Nazioni, per la maggior parte dalle Filippine
e dall’India. Circa l’80% sono di rito latino, gli altri appartengono alle Chiese
Cattoliche Orientali. Entrambi i vicari apostolici sono di rito latino; l’Ordine dei
Frati Minori Cappuccini ha lo ius commissionis per il territorio; i due terzi degli 80
sacerdoti sono Frati Cappuccini di India, Filippine, Europa e America, appartenenti
a differenti riti.
La speciale situazione nei Vicariati del Golfo:
1)Presenza cattolica nei Paesi arabi con l’islam come religione di stato: leggi severe
sull’immigrazione (restrizione del numero dei sacerdoti) e sistema di sicurezza.
Diritti individuali e assistenza sociale molto limitati. Nessuna libertà di religione
(nessun musulmano può convertirsi, ma i cristiani sono benvenuti nell’islam),
limitata libertà di culto in luoghi designati, concessi da governanti benevoli
(eccetto in Arabia Saudita). Troppo poche chiese, affluenza molto elevata, in una
sola parrocchia fino a 25.000 fedeli il venerdì con 10 o più messe. La distanza
dalla chiesa, il lavoro, le leggi che regolano i campi, rendono la partecipazione
impossibile per molti. La Chiesa cattolica è rispettosa della legge e ha la fiducia
del governo.
2)Unità della Chiesa cattolica nella diversità dei riti e delle nazionalità. La
Chiesa deve adattare le sue strutture e l’attività pastorale ai limiti imposti dalle
circostanze esterne. (...)
✧ ✧ ✧
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Messa d’inaugurazione del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente (Vaticano)
I Patriarchi cattolici d’Oriente
50
Sinodo per il Medio Oriente
Prima Messa : Mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario LPJ (il secondo a destra)
Prima Messa : processione di ingresso. Da sinistra a destra: i padri Hanna Kildani, David Neuhaus,
Rifaat Bader e Iyad Twal, preti del patriarcato latino di Gerusalemme,
e ultimo padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Preghiera del mattino con il Santo Padre, prima della sessione di lavoro
I Patriarchi cattolici d’Oriente con il Santo Padre. Da sinistra a destra:
S.B. Baselios Cleemis Thottunkal, Arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankares (India); S.B. Fouad
Twal, Patriarca latino di Gerusalemme; S.B. Ignace Joseph III Younan, Patriarca siriano d’Antiochia; S.B. Antonios
Naguib, Cardinale-Patriarca d’Alessandria dei copti; S.B. Emmanuel III Karim Delly, Cardinale-Patriarca di
Babilonia dei caldei; il Santo Padre, Benedetto XVI; S.B. Nasrallah Boutros Sfeir, Cardinale-Patriarca maronita
d’Antiochia e di tutto l’Oriente; S.B. Michel Sabbah, Patriarca latino emerito di Gerusalemme; S.B. Nerses Bedros
XIX, Patriarca armeno; S.B. Grégoire III Lahham, Patriarca melchita d’Antiochia.
Sinodo per il Medio Oriente
52
S.B. Mons. Fouad Twal
Mons. Salim Sayegh
Mons. William Shomali
Il Rabbino Sig. David Rosen
L’Ayatollah Mostafa
Mohaghegh Ahmadabadi
Sessione di lavoro al Sinodo
Dal 10 al 24 ottobre 2010
Il Padre
Pierbattista Pizzaballa, O.F.M.
53
Mons. Yasser Ayyash
S.B. Mons. Michel Sabbah et S.B. Mons. Fouad Twal
Mons. Maroun Lahham
Sig. Bernard Sabella
Sessione di lavoro al Sinodo
Sinodo per il Medio Oriente
54
S.B. Mons. Fouad Twal con il Santo Padre
S.B. Mons. Michel Sabbah con il Santo Padre
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Mons. Salim Sayegh con il Santo Padre
Mons. William Shomali con il Santo Padre
56
Sinodo per il Medio Oriente
La famiglia del Patriarcato latino presente al Sinodo
Mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, Mons. William Shomali, S.B. Mons. Michel Sabbah,
S.B. Mons. Fouad Twal, Mons. Ghaleb Bader, piazza San Pietro, Vaticano
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Intervento di Mons. Ghaleb Moussa BADER,
Arcivescovo di Algeri (ALGERIA)
La missione specifica della Chiesa in Algeria è l’incontro. Questo dialogo
si traduce in una vita di presenza e di condivisione, nella semplicità del
quotidiano. Questa è la migliore testimonianza che i cristiani possono
rendere, e ciò è molto apprezzata da tutti.
Data la sua piccola realtà, la nostra Chiesa è chiamata ogni giorno e ogni
momento all’incontro con l’altro, con il diverso... al punto che la nostra Chiesa ha
quasi fatto dell’incontro la sua missione specifica in questo Paese e si definisce come
“la Chiesa dell’incontro”... In questo incontro con l’altro comincia e si costruisce
giorno dopo giorno un dialogo spontaneo, gratuito, sincero e molto costruttivo.
Nel quotidiano questo dialogo si fa semplice presenza, semplice condivisione.
Si traduce concretamente in servizi gratuiti suscitati da niente altro che dall’amore
per il prossimo e dal tentativo di rispondere ai bisogni di quelli con cui siamo in
dialogo. Dialogare nel quotidiano vuol dire vivere, lavorare, camminare, cercare
insieme, dare e ricevere e a volte gioire e soffrire insieme.
In questo dialogo quotidiano cadono e scompaiono molti pregiudizi, paure,
timori, malintesi, ignoranza e false concezioni, e si costruiscono una conoscenza e
una fiducia reciproche, spesso necessarie per risanare i rapporti fra i credenti e fra
le religioni stesse.
Le nostre Chiese sono consapevoli di avere e di vivere una missione profetica,
quella di preparare e di creare per oggi e per domani una clima per un dialogo più
sereno.
Questo dialogo è la migliore testimonianza che le nostre Chiese possono dare
alla fede ed è spesso più efficace dell’annuncio diretto della Buona Novella.
Siamo felici di constatare che questo dialogo è accettato ed è molto apprezzato
dalla nostra gente perché gratuito e sincero, e comincia anche a dare dei buoni
frutti.
Questo dialogo è fondamentale per la vita dei nostri cristiani e per la pace
civile in tutti i nostri paesi. In effetti, se il dialogo ufficiale viene a mancare, ciò
può creare tutt’al più una crisi nei rapporti ufficiali reciproci, ma se il dialogo viene
a mancare nel quotidiano, è molto più grave, perché è la pace, la vita e la stessa
esistenza di questi gruppi che vengono rimesse in discussione...
Sinodo per il Medio Oriente
58
L’esperienza delle nostre Chiese del Maghreb ci insegna che il vero dialogo
comincia dai piccoli dettagli della vita quotidiana, il dialogo che non vuole
annunciarsi come tale ma che vuole essere una semplice presenza, un semplice
servizio... Il vero dialogo ha luogo là dove gli uomini si trovano, con le loro gioie e
le loro preoccupazioni, le loro domande terra terra sulla vita quotidiana come pure
i loro interrogativi sui temi fondamentali riguardanti la vita e il destino dell’uomo.
Il dialogo ha bisogno di educazione. Ora, il dialogo della vita è la migliore
educazione e la migliore scuola per imparare a conoscere e a rispettare l’altro e per
collaborare insieme.
✧ ✧ ✧
Intervento di Mons. Maroun Elias LAHHAM,
Vescovo di Tunisi (TUNISIA)
Il Maghreb è parte integrante del mondo arabo-musulmano. La realtà
del cristianesimo è ivi differente per il fatto che le comunità presenti non
risalgono alla Chiesa primitiva ma sono composte da stranieri, e così
l’Africa del Nord ha necessità di vocazioni, e proprio per questo fa appello
all’Africa e al Medio Oriente
(...) I paesi del Maghreb fanno parte del mondo arabo musulmano. A parte
qualche particolarità nell’uno o nell’altro paese, la vita a Rabat, ad Algeri, a Tunisi
o a Tripoli è simile alla vita ad Amman, a Damasco, a Baghdad o al Cairo. Ciò
vale soprattutto per le relazioni con l’Islam e per il fatto di vivere la fede cristiana
in un contesto molto diverso. Le Chiese nei paesi del Maghreb hanno interesse a
entrare in relazione con le loro Chiese sorelle del Medio Oriente in questo ambito e
a promuovere con la loro specificità un dialogo di vita e di pensiero con l’Islam, un
dialogo vissuto a partire da una situazione di stranieri e non di concittadini.
[Il Medio Oriente ha la grazia di avere delle minoranze cristiane arabe mentre
nei paesi del Maghreb il cristianesimo dei primi secoli è quasi totalmente scomparso.]
Le Chiese del Maghreb sono Chiese in cui i fedeli sono stranieri. In ogni Chiesa
del Maghreb non vi sono meno di 60 nazionalità. Si tratta di europei (imprenditori,
diplomatici, residenti, pensionati, donne cristiane in matrimoni misti...), africani
(studenti, impiegati della banca di sviluppo africana, militari che svolgono degli
stage, famiglie, immigrati...), alcuni arabi cristiani del Medio Oriente (Egitto, Siria,
Dal 10 al 24 ottobre 2010
59
Libano, Palestina, Giordania) e una manciata di persone locali battezzate nella
Chiesa cattolica (in Tunisia e in Algeria).
La collaborazione esige qui uno scambio di sacerdoti, di religiosi, di laici
consacrati o di volontari per lavorare nelle parrocchie e nelle diverse istituzioni
della Chiesa in Africa del Nord. Fino a oggi è stata l’Europa ad assicurare tutto
ciò. Attualmente questo non è più possibile vista la diminuzione delle vocazioni
sacerdotali e religiose. Non potendo contare su famiglie cristiane locali o residenti
da generazioni, le nostre Chiese possono guardare in due direzioni per cercare aiuto:
l’Africa e il Medio Oriente.
È vero che la vita di un sacerdote in Medio Oriente non assomiglia alla vita
di un sacerdote nel contesto magrebino (lo dico per esperienza, poiché io stesso,
come il mio confratello di Algeri, sono mediorientale), ma con la grazia di Dio e un
serio lavoro di adattamento è possibile ed è anche motivo di arricchimento. Per le
religiose l’inserimento è più facile visto che c’è il sostegno della comunità.
“Chiedete e vi sarà dato”, ha detto il Signore. Abbiamo chiesto, ora attendiamo
di ricevere.
C C C
5) Membri della Curia Romana
Intervento del Card. Zenon GROCHOLEWSKI,
Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica
(CITTÀ DEL VATICANO)
L’educazione ha un ruolo importante per la Chiesa in Medio Oriente. Essa
permette di trasmettere l’identità cristiana e di favorire l’impegno dei
credenti nella società. Le istituzioni cristiane sono aperte a tutti; esse allo
stesso tempo devono assicurare una formazione chiara e solida, al fine di
garantire un’adeguata formazione dei fedeli.
In Medio Oriente la Chiesa ha una lunghissima tradizione educativa. Oggi
vi sono presenti un migliaio di istituzioni scolastiche cattoliche, con circa 600.000
alunni. Esse sono generalmente molto apprezzate ed offrono l’educazione scolastica
Sinodo per il Medio Oriente
60
senza alcuna distinzione o discriminazione e si rendono accessibili particolarmente
ai più poveri. Inoltre, nella regione operano 4 Università cattoliche con diverse
sedi esterne, 8 istituzioni di studi superiori ecclesiastici e almeno 10 seminari di
diversi riti. Nei paesi medi orientali, comunque, vi sono condizioni differenti circa
la possibilità per le istituzioni educative cattoliche di svolgere la loro attività e
missione. Quindi la loro presenza in alcune zone è più massiccia, in altre meno.
Mi riferisco al n. 3 dell’Instrumentum laboris, che delinea in modo generico
l’obiettivo specifico di questa Assemblea, perché le istituzioni educative cattoliche
possono essere di gran peso nella realizzazione di quasi tutti i postulati presentati
nei diversi luoghi dell’Instrumentum, ossia:
– nel fornire ai cristiani la ragione della loro presenza nel Medio Oriente e la loro
missione in ciascun Paese; nel formare autentici testimoni della fede a tutti i
livelli e le persone qualificate a trasmettere la fede;
– nel ravvivare la comunione ecclesiale e la cooperazione fra componenti molto
variegate della realtà ecclesiale nel Medio Oriente; nell’impegno ecumenico e
nel dialogo interreligioso; nella collaborazione con ebrei e musulmani nel campo
religioso sociale e culturale per il bene comune;
– nel rafforzare il necessario impegno cristiano nella vita pubblica; nell’attività
civile e politica; nei mezzi di comunicazione; nel contribuire ad affrontare
adeguatamente le sfide della pace e quelle che nascono dall’ambiguità della
modernità; nel formare la società più giusta, solidale e umana; nel contribuire
allo sviluppo integrale dei Paesi del Medio Oriente a tutti i livelli e nell’arricchirli
dei valori cristiani.
Perché i cristiani possano essere dovutamente rispettati e assolvere la loro
benefica missione, anche quella educativa, è necessaria la qualificata promozione
dei concetti di “laicità positiva”, della dignità della persona umana, dei suoi diritti,
della vera libertà religiosa, del rispetto della libertà dell’altro. Anche a questa
promozione possono e devono contribuire le istituzioni educative cattoliche.
Del resto, penso che sia difficile trovare fra i postulati messi in luce
nell’Instrumentum laboris qualcuno per il quale non abbiano importanza le
istituzioni educative. Evidentemente ciascuna di queste istituzioni deve contribuire
nel proprio campo di azione e secondo le concrete possibilità.
Vorrei soltanto mettere in luce quattro rilievi:
1)Le nostre istituzioni sono aperte a tutti e rispettose per quanti non condividono
la fede cristiana, facendo sì che nessuno si senta ospite o straniero. Ciò però
non può significare il tacere i valori cristiani che fondano il sistema educativo
cattolico o l’affievolimento della propria specifica identità e missione cristiana.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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2)Per essere fautori della pace, del rispetto dei diritti umani, del progresso,
dell’impegno civile e politico, ed inoltre essere impegnati nell’ecumenismo, nel
dialogo interreligioso, ecc. è necessario che gli istituti di studi superiori, abbiano
contatti e dialogo con altri istituti dello stesso genere esistenti nel territorio.
3)Fondamentale rimane la genuina promozione delle vocazioni sacerdotali e la
solida preparazione filosofico-teologica, spirituale e culturale dei futuri sacerdoti,
adeguata ai bisogni specifici del luogo. Dalla loro qualità ed impegno, infatti,
dipenderà in grandissima parte il consolidamento e lo sviluppo della Chiesa in
Medio Oriente.
4)È di estrema importanza che i Vescovi/Eparchi accompagnino costantemente
le istituzioni educative cattoliche con la loro presenza, l’incoraggiamento,
l’assistenza, e costruttivi consigli.
✧ ✧ ✧
Intervento di Mons. Angelo AMATO,
Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi
(CITTÀ DEL VATICANO)
La vocazione dei cristiani è la chiamata alla santità. Il Medio Oriente ha
ricevuto questa vocazione, a cui sta rispondendo con fervore: numerosi
fedeli orientali sono stati beatificati e canonizzati recentemente.
Gesù ha invitato tutti e ciascuno dei suoi discepoli alla santità della vita:
“Siate perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste” (Mt 5,48). L’apostolo Paolo
sollecitava i cristiani a essere, in Cristo, “santi e immacolati nella carità” (cf. Ef
1,4). Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha richiamato la vocazione universale dei
fedeli alla santità: “Nella Chiesa, tutti sono chiamati alla santità, sia coloro che
appartengono alla gerarchia, come coloro che dalla gerarchia sono diretti, secondo
il detto dell’ apostolo: “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione (1Ts 4,3)”
(LG 39). La santità dei fedeli è il dono dello Spirito Santo, carità divina trinitaria,
alla Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica. Fin dall’inizio del cristianesimo i santi,
confessori e martiri, sono stati numerosi nelle Chiese orientali. Nell’ultimo anno,
le ultime due beatificazioni in Medio Oriente sono avvenute rispettivamente a
Nazareth e a Kfifan in Libano. A Nazareth, il 21 novembre 2009, è stata beatificata
Sinodo per il Medio Oriente
62
Suor Marie Alphonsine Danil Ghattas, nativa di Gerusalemme e fondatrice della
Congregazione, interamente araba, delle Suore del Rosario, apostolicamente attive
in molti paesi del Medio Oriente. A Kfifan, a nord di Beirut, c’è stata, il 27 giugno
scorso, la beatificazione di Fra Estefan Nehme, religioso professo dell’Ordine
Libanese Maronita. I fedeli che hanno partecipato alla beatificazione di Fra Estefan
sono stati più di centomila.
Oltre che testimoni della fede e della comunione nella Chiesa, i beati e i santi
hanno una triplice funzione. Anzitutto sono gli autori di un’autentica inculturazione
del Vangelo: con la loro esistenza, essi mostrano che è possibile essere perfetti
discepoli di Cristo nella loro terra e nella loro cultura. In secondo luogo, essi sono
i testimoni di un dialogo interreligioso vincente: infatti, la loro vita è caratterizzata
dall’esercizio eroico della carità, la vera lingua universale dell’umanità, compresa
e apprezzata da tutti, anche dai non cristiani. In terzo luogo, essi sono credibili
missionari del Vangelo di Gesù Cristo, che essi vivono in armonia tra parola e azione.
✧ ✧ ✧
Intervento del Card. Jean-Louis TAURAN,
Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso
(CITTÀ DEL VATICANO)
Il Sinodo è un’occasione per ripensare il dialogo con le altre religioni nonché
il posto delle tre grandi religioni monoteiste nelle società mediorientali. Si
tratta allo stesso tempo di una sfida: presentare proposte coraggiose al
fine di favorire il dialogo e incoraggiare i cristiani a restare nei loro paesi.
L’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi rappresenta
un’opportunità e una sfida!
Una opportunità, perché essa dovrebbe permettere di comprendere
meglio:
– che i conflitti irrisolti della regione non sono affatto causati da motivi religiosi,
ne è testimonianza la presenza fra noi di rappresentanti dell’Ebraismo e
dell’Islam;
– l’urgenza di un riflessione a tre (ebrei, cristiani e musulmani) sul posto
occupato dalle religioni nelle società mediorientali.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
63
Una sfida, cioè quella di offrire ai cristiani del Medio Oriente orientamenti
concreti:
– non siamo timidi nel reclamare non solo la libertà di culto, ma anche la
libertà religiosa: la società e lo Stato non devono né costringere una persona
ad agire contro la propria coscienza, né impedirle di agire secondo la propria
coscienza;
– investiamo di più nelle nostre scuole ed università frequentate dai cristiani e
dai musulmani: esse sono laboratori indispensabili del vivere insieme;
– chiediamoci se facciamo abbastanza, a livello di Chiese locali, per incentivare
i nostri cristiani a rimanere sul posto: alloggio, spese per la scuola e la salute.
Non ci si deve attendere tutto dagli altri...
Un suggerimento
La valorizzazione della letteratura arabo-cristiana potrebbe svolgere un ruolo
nel dialogo fra cristiani e musulmani; soprattutto nella sua dimensione culturale
(n. 96) si dovrebbe almeno insegnarla nelle nostre scuole parallelamente con la
letteratura araba.
✧ ✧ ✧
Intervento di Mons. Claudio Maria CELLI,
Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali
(CITTÀ DEL VATICANO)
Le nuove tecnologie della comunicazione sono ormai globalizzate, e di
conseguenza sono presenti anche in Medio Oriente, dove esercitano ormai
un rilevante influsso sulle persone. Proprio per questo la Chiesa deve far
uso di questi strumenti di comunicazione per l’Evangelizzazione, formando
i suoi membri a fare altrettanto.
Come opportunamente sottolineato dall’Instrumentum Laboris (n. 67) e
dalla Relatio (p. 12), i mezzi di comunicazione, quelli tradizionali e quelli nuovi,
offrono una grande occasione per l’ evangelizzazione e per la diffusione dei
valori del Vangelo. Soprattutto tra i giovani, che forse non frequentano la Chiesa
assiduamente, e invece usano sempre più questi mezzi e comunicano tra loro
attraverso le reti. (…)
Sinodo per il Medio Oriente
64
Questa cultura “digitale” è segnata dall’immediato, dalla veloce sequenza
delle immagini, dalla musica, dal testo breve e conciso. Anche la forma orale
è cambiata, e la sola parola non basta. Il libro, la stampa non scompariranno, e
nemmeno il piccolo bollettino parrocchiale, ma non basta.
La cultura digitale è presente anche nelle diverse nazioni del Medio Oriente e
nelle Chiese locali attraverso le TV, le radio, il cinema, i siti web e le reti sociali. Tutto
questo spazio mediatico incide sulla vita quotidiana; configura i valori, le scelte,
le opinioni o le domande, l’agenda del pensiero delle persone, anche dei cristiani
... a volte con una forza molto più incisiva di quella dei catechisti, del sacerdote
nelle omelie, del Vescovo stesso. Non a caso il Santo Padre ci ha invitato ad essere
presenti, ed esercitare una diakonia di questa cultura offrendole il messaggio di
Cristo nei linguaggi di oggi, digitali e cartacei, presenziali e virtuali, annunciando
la Misericordia di Dio, l’ascolto dell’altro, l’amore ai nemici, l’accoglienza ed il
rispetto di ogni essere umano, in particolare dei deboli. Diakonia, servizio alle
persone nella loro cultura.
Questo è possibile anche nel dialogo con i non credenti, con tanti alla ricerca
di Dio, aprendo - come ci ha invitato il Papa Benedetto - dei “cortili dei gentili”,
cioè degli spazi di dialogo e di ascolto per coloro che hanno delle domande e sono
alla ricerca. (…)
Perciò, come indica la Relatio, è necessaria la formazione degli agenti di
pastorale. Certo, dei laici e in particolare dei giornalisti, ma non solo. È urgente
la formazione dei seminaristi, non tanto alla tecnologia, che sanno gestire molto
meglio di noi, ma alla comunicazione, alla comunione in questa cultura in veloce
sviluppo. Senza dei sacerdoti - e poi dei vescovi - che capiscano la cultura odierna,
ci sarà ancora un divario comunicativo che non favorisce la trasmissione della fede
ai giovani nella Chiesa. Non basta costruire dei siti web; ci vuole una presenza
che riesca a creare vincoli di comunicazione autentica, che apra dei “luoghi” di
aggregazione per la testimonianza della fede e del rispetto dell’altro. Ovviamente,
ciò non significa trascurare l’incontro personale e la vita comunitaria presenziale;
non si tratta di azioni alternative. Sono ormai, tutte e due, indispensabili per
l’estensione del Regno di Dio.
C C C
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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6) Altri Vescovi
Relazione del Card. Péter ERDŐ,
Arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria),
Presidente del “Consilium Conferentiarum Episcoporum
Europae” (C.C.E.E.), per l’Europa
L’Europa deve molto al Medio Oriente, da dove è giunta la luce di Cristo. Si
tratta di un appello permanente a chiederci se il messaggio del Vangelo è
ancora vivo in Europa. L’accoglienza degli immigrati costituisce un’altra
sfida.
Nel nome dei vescovi europei rappresentati dai Presidenti di tutte le Conferenze
Episcopali del continente, radunati dieci giorni fa a Zagabria alla quarantesima
sessione plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE)
porgo i miei più sentiti e cordiali saluti ai Presuli qui presenti e a tutti i cattolici del
Medio Oriente.
Guardando dall’Europa, la Terra Santa e il Medio Oriente si trovano a Est. È
da lì che ci è arrivata la luce di Cristo che rimane per sempre il vero Sole Invincibile
che non conosce tramonto. Il volto di Gesù brilla come il sole (Mt 17,2) ed illumina
tutta la storia dell’umanità. Ma questo splendore i discepoli scelti l’hanno visto sul
monte della trasfigurazione mentre si preparava già il dramma della passione e della
risurrezione del Signore.
L’Europa è debitrice del Medio Oriente. Non soltanto una moltitudine
degli elementi fondamentali della nostra cultura proviene da quella regione, ma
anche i primi missionari del nostro continente sono arrivati da lì. Con gratitudine
conserviamo il ricordo dell’avvenimento raccontato negli Atti degli Apostoli:
“Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macedone che lo supplicava
‘Vieni in Macedonia e aiutaci!’. Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo
di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare
loro il Vangelo” (At 16,9-10). È stata una decisione provvidenziale del Santo
Padre Benedetto XVI l’aver dedicato un intero anno a San Paolo, apostolo
delle nazioni, il cui fervore e saggezza sono estremamente attuali per la nuova
evangelizzazione.
Sinodo per il Medio Oriente
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A questo proposito devo ricordare il nostro pellegrinaggio episcopale europeo
a Tarso, città di San Paolo, ma devo ripetere anche l’espressione di cordoglio e
solidarietà dei Vescovi europei, che abbiamo manifestato in occasione della morte
violenta di Sua Eccellenza Mons. Luigi Padovese, già presidente della Conferenza
Episcopale della Turchia.
Pensando al Medio Oriente, noi europei dobbiamo esaminare la nostra
coscienza. È vivo ancora il messaggio del Vangelo tra di noi, quella buona novella
che abbiamo ricevuto dagli apostoli? O non si vede più nella nostra vita quella luce
e quell’entusiasmo che scaturisce dalla fede in Cristo?
Nei nostri tempi, quando profughi ed emigranti cristiani arrivano in Europa
dai diversi Paesi del Medio Oriente qual è la nostra reazione? Siamo abbastanza
attenti alle cause che costringono migliaia se non milioni di cristiani a lasciare la
terra dove abitavano i loro antenati da quasi duemila anni? È vero che anche il
nostro comportamento è responsabile per quello che sta accadendo? Siamo proprio
di fronte ad una grande sfida.
(…)
Il tema di questo Sinodo è La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e
testimonianza. Negli Atti degli apostoli leggiamo infatti che la moltitudine dei
credenti aveva “un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32). Tale comunione esiste
nella Chiesa anche oggi, anzi, la comunione dei santi è un articolo della nostra
professione di fede. Tale comunione essenziale dev’ essere - come la Chiesa stessa
- allo stesso tempo visibile e invisibile, deve muoversi nel mondo della grazia, ma
anche nella società.
(…)
“Medico, cura te stesso” (Lc 4,23) - scrive San Luca, il “caro medico” (Col
4,14). Dobbiamo quindi guarirci - noi, cristiani d’Europa - con l’aiuto dello Spirito
Santo perché possiamo rispecchiare la luce di Cristo, ricevuta dall’Oriente, e
ricambiare il dono ottenuto attraverso la nostra coraggiosa testimonianza.
In questo senso chiedo la benedizione di Dio al presente Sinodo e a tutti i
cristiani del Medio Oriente. Stella Orientis, prega per noi!
✧ ✧ ✧
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Relazione del
Card. Roger Michael MAHONY,
Arcivescovo di Los Angeles (USA)
La Chiesa latina negli Stati Uniti si trova di fronte a due sfide che riguardano
i cristiani della diaspora mediorientale. In primo luogo, è necesario
preservare la diversità delle tradizioni all’interno dell’unità. In secondo
luogo, è necessario contribuire a testimoniare il Vangelo del perdono per i
nemici, ebrei o musulmani che siano, perché queste relazioni difficili sono
spesso all’origine del fenomeno migratorio.
A nome dei Vescovi e dei Cattolici del Nord America ho il piacere di porgere i
miei saluti a tutti voi Vescovi e Cattolici delle varie Chiese del Medio Oriente riuniti
in questa storica Assemblea Speciale. Nei nostri Paesi abbiamo la fortuna di avere
un gran numero di vostri membri che vivono in mezzo a noi e in solidarietà con la
Chiesa cattolica negli Stati Uniti.
Il mio intervento si concentrerà sulla questione di come i cristiani del Medio
Oriente nella diaspora vivono il mistero della communio tra di loro e con gli altri
cristiani. Rivolgerò poi la mia attenzione alla specifica testimonianza che i cristiani
del Medio Oriente sono chiamati a dare.
Sebbene le mie osservazioni possano applicarsi a tutto il Nord America,
porterò esempi della mia esperienza nell’Arcidiocesi di Los Angeles, poiché nella
nostra Arcidiocesi sono rappresentate tutte le Chiese Orientali.
Testimonianza di Comunione
Pur riconoscendo la loro unione con Roma, dovrebbero essere incoraggiate
le relazioni interecclesiali non solo tra le Chiese sui iuris in Medio Oriente, ma
specialmente nella diaspora (IL par. 55). Riconoscendo l’emorragia di cristiani dal
Medio Oriente in Europa, in Australia e nelle Americhe, abbiamo cercato in vari
modi di trasformare l’emigrazione in una nuova opportunità per sostenere questi
cristiani, mentre si stabiliscono nella diaspora (IL par. 47-48). Noi cerchiamo di
sostenere queste Chiese Cattoliche Orientali sui iuris accogliendole e assistendole
nella fondazione di parrocchie e scuole, istituzioni culturali e organizzazioni al
servizio delle necessità della loro gente, quando si stabiliscono in Occidente.
68
Sinodo per il Medio Oriente
Abbiamo accolto siro-caldei, copti, greci, melchiti, maroniti e sirocattolici e l’Arcidiocesi ha assistito molti di loro nel corso degli anni con
prestiti finanziari e altri mezzi per aiutare queste persone a farsi una casa a Los
Angeles. Nei miei venticinque anni come Arcivescovo, ho visitato tutte queste
comunità, incoraggiandole ad “essere sé stesse” pur vivendo nell’area geografica
dell’Arcidiocesi cattolico-romana di Los Angeles. Tra le altre risorse, abbiamo
l’Associazione Pastorale Cattolico-Orientale che prevede riunioni bimensili del
clero di queste e altre Chiese Cattolico-Orientali per pregare e sostenersi gli uni
gli altri nello sforzo di coordinare le attività pastorali in uno spirito di mutua
edificazione piuttosto che di rivalità (IL par. 55).
La comunione è al centro della vita divina: diversità nell’unità, unità nella
diversità. Unità nella diversità, diversità nell’unità sono al centro della Communio
che è la Chiesa. Negli Stati Uniti, il profondo rispetto per la diversità pone delle
sfide eccezionali. “I fedeli delle varie Chiese sui iuris spesso frequentano una Chiesa
Cattolica diversa dalla loro” [cioè la Chiesa Cattolica Romana]. “Si raccomanda loro
di restare fedeli alla propria comunità d’origine, nella quale sono stati battezzati”
(IL par. 56).
Però molti cattolici orientali provenienti dal Medio Oriente non fanno
questo e diventano semplicemente cattolici romani. Saranno sufficienti due
esempi pratici della tensione fra diversità e unità. Quando si arriva alla questione
di iscrivere i figli alle scuole elementari cattoliche romane, dove c’è una riduzione
delle tasse per coloro che sono “parrocchiani” attivi, come mantengono i cristiani
delle Chiese Orientali il loro legame con la Chiesa in cui sono stati battezzati?
Come educare e incoraggiare i pastori, amministratori e dirigenti scolastici
cattolici romani ad aiutare questi immigrati a mantenere il legame con la loro
propria comunità senza imporre loro oneri addizionali come il dover scegliere fra
diventare membri di una parrocchia cattolica romana per il vantaggio costituito
da una riduzione delle tasse o il rimanere membri di una parrocchia della loro
Chiesa orientale di appartenenza? (...)
Testimonianza di perdono
Un’area particolarmente impegnativa nell’aiutare i popoli delle Chiese
orientali a vivere in pienezza il Vangelo si affronta nell’IL 90ss “Il desiderio e
la difficoltà del dialogo con l’Ebraismo” e in 95ss “Rapporti con i musulmani”.
Molte di queste iniziative sono già state prese nel nostro Paese e nella nostra
Arcidiocesi, dove abbiamo un forte vincolo ecumenico, interconfessionale e
interreligioso. Purtroppo tali iniziative hanno luogo senza molta partecipazione
da parte degli immigrati cristiani del Medio Oriente. In realtà essi spesso sono
Dal 10 al 24 ottobre 2010
69
critici nei confronti dei nostri sforzi in questi campi, specialmente sul tema del
perdono (par. 68, 69, 113).
Spesso i cristiani del Medio Oriente vengono in Nord America con
atteggiamenti e opinioni nei riguardi sia dei musulmani che degli ebrei che non
sono in armonia con il Vangelo o con i progressi che abbiamo fatto nei rapporti
della Chiesa con le altre religioni. Poiché a Los Angeles viviamo a stretto contatto
con persone di molte fedi differenti, come possiamo aiutare il popolo di questa
particolare diaspora a correggere queste convinzioni erronee che possono poi
influenzare la loro patria attraverso i cristiani che vivono in Occidente? Sebbene
non vogliano sentirlo dire, i cristiani che vivono nel Medio Oriente e quelli emigrati
in Occidente hanno bisogno di essere sfidati a essere segno di riconciliazione e di
pace. La condizione sine qua non per entrambe le cose è il perdono.
Ritengo che la sfida maggiore che affrontiamo con i nostri immigrati - siano
essi cattolici medio orientali o cattolici vietnamiti fuggiti dal loro Paese per il Sud
California, o cubani fuggiti da Cuba verso le coste di Miami - non è quella di aiutarli
a vivere il mistero della communio fra i cristiani e fra le varie Chiese cristiane. La
sfida più grande è di aiutarli a rispondere alla grazia di dare testimonianza al Vangelo
perdonando quei nemici che spesso sono la causa principale dell’aver lasciato la loro
patria per trovare pace e giustizia sulle nostre coste. Faremmo bene a rammentare
il nostro defunto Santo Padre, Papa Giovanni Paolo II. Dopo aver pronunciato il
suo messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2002 ai diplomatici di tutto
il mondo, riassumeva tutto con una frase che era una sfida: “Non c’è pace senza
giustizia, non c’è giustizia senza perdono”.
C C C
Sinodo per il Medio Oriente
70
7) Rappresentanti
delle altre confessioni e religioni
Intervento di S.E. Munib YOUNAN,
Vescovo della Chiesa Evangelica Luterana in Giordania
e Terra Santa, Presidente della World Lutheran Federation
(ISRAELE), Delegato Fraterno
La Chiesa luterana condivide le stesse preoccupazioni e aspirazioni
della Chiesa cattolica in Medio Oriente. Dobbiamo lavorare insieme
per testimoniare insieme l’amore verso il prossimo e per aiutare la
popolazione locale che soffre a motivo dell’instabile situazione politica
ed economica.
Sua Santità, Eminenze, Eccellenze, vi porto il saluto da Gerusalemme, la città
della passione e morte di nostro Signore, la città della sua risurrezione e ascensione,
la città della Pentecoste e della nascita della Chiesa. L’apostolo Paolo ci esorta a
fare ogni sforzo per “conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della
pace” (Ef 4, 3). Così io “con ogni umiltà e mansuetudine” parlo a voi della nostra
comune sollecitudine per il corpo di Cristo. (…)
Secondo me il futuro del cristianesimo dipende dalla pace e dalla giustizia
in Medio Oriente. In che modo possiamo rendere insieme una testimonianza viva
e dinamica? È fondamentale non concentrarsi unicamente sulla testimonianza
confessionale, bensì offrire con una sola voce una testimonianza comune.
La nostra base si aspetta di vederci operare insieme, testimoniare insieme,
vivere insieme, e amarci vicendevolmente. Per questo motivo è essenziale che noi
rafforziamo i nostri rapporti ecumenici sia nella zona israelo-palestinese, sia in tutto
il Medio Oriente.
Come possiamo farlo?
Innanzitutto il Consiglio Orientale delle Chiese rappresenta l’unico
organismo al mondo che riunisce le quattro famiglie delle Chiese: cattolica,
Dal 10 al 24 ottobre 2010
71
ortodossa, orientale ed evangelica. In questo momento non stiamo facendo
progressi con il vigore richiesto, piuttosto avanziamo a tentoni. Faccio appello a
voi affinché ci aiutiate a ravvivare questo contesto ecumenico in cui tutti possiamo
operare insieme.
In secondo luogo dobbiamo agire insieme per creare posti di lavoro, per
fornire alloggi sicuri e ed economicamente accessibili, per migliorare le scuole e
rafforzare tutte le istituzioni cristiane, perché esse sono al servizio di ciascuno,
indipendentemente dal sesso, dall’etnia, dalla politica o dalla religione. Le nostre
scuole luterane, per esempio, educano lo stesso numero di cristiani e musulmani,
di maschi e femmine, fianco a fianco, creando così un clima di rispetto reciproco.
Questa è la nostra forza. Dobbiamo continuare a impegnarci affinché i cristiani
possano rimanere saldi nei loro paesi, come parte integrante del tessuto della propria
società, operando per il bene di tutti.
In terzo luogo, la testimonianza comune della Chiesa - nonostante il calo
numerico - è essenziale per la costruzione di una società moderna, democratica e
rispettosa dei diritti umani, e promuove la libertà di religione, una coscienza per tutto
il Medio Oriente, per il mondo arabo e musulmano, per Israele e la Palestina. Nel
corso di questi duemila anni il cristianesimo non ha ricoperto un ruolo dominante
nel governo di questa regione, ma abbiamo sempre offerto una testimonianza viva,
come il lievito nella pasta delle nostre società. La nostra Chiesa non è timida e non
si nasconde per paura della propria sopravvivenza, ma confida nella forza che ci
viene dallo Spirito di essere profetica, di dire la verità al potere, e di promuovere la
giustizia per tutti con la pace, la riconciliazione e il perdono.
In quarto luogo, la nostra testimonianza ecumenica si manifesta in un attivo
dialogo interconfessionale. Ciò deve avvenire in diversi campi. Uno di questi è
la promozione di migliori rapporti musulmano-cristiani. Noi teniamo in alta
considerazione la lettera aperta del 2007 da parte dei capi musulmani “Una Parola
Comune”, che parla del cuore della religione inteso come “amare Dio e amare il
prossimo”. Come è accaduto nel 2005 con il messaggio di Amman del re Abdullah
II di Giordania, dobbiamo sostenere quanti vivono il vero islam e combattono
l’estremismo. Lo scorso mese ho sottoposto alle Nazioni Unite la sua proposta di
istituire una Settimana di Armonia Interconfessionale Mondiale. Non c’è luogo
migliore di Gerusalemme ove noi cristiani possiamo offrire un esempio di come
vivere e dialogare con l’Islam. Il secondo passo del dialogo tra le fedi promuove i
rapporti musulmano-cristiano-ebraici. Il Consiglio delle Istituzioni religiose in Terra
Santa riunisce a Gerusalemme capi di tutte e tre le fedi allo scopo di promuovere
insieme la coesistenza, combattere l’estremismo e cercare soluzioni ai problemi
sociali. (...)
Sinodo per il Medio Oriente
72
Noi luterani siamo impegnati a operare con voi cattolici come pure con
le Chiese ortodosse e altre principali Chiese evangeliche a favore della nostra
testimonianza comune in Medio Oriente.
Siamo quindi impegnati a fare ogni sforzo per “conservare l’unità dello
Spirito per mezzo del vincolo della pace”.
✧ ✧ ✧
Intervento dell’invitato speciale,
il Rabbino David ROSEN,
consigliere del gran Rabbinato d’Israele (ISRAELE)
Le relazioni tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico hanno conosciuto una
notevole trasformazione nel corso degli ultimi anni, grazie soprattutto al
viaggio di Giovanni Paolo II nell’anno 2000, e a quello di Benedetto XVI lo
scorso anno, che hanno invitato i cattolici a riscoprire le radici ebraiche
della loro religione. Ma una certa reciproca ignoranza persiste ancora in
molti casi ed il contesto politico in Terra Santa rende talvolta difficile il
dialogo.
Oggi il rapporto tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico rappresenta una
felice trasformazione per i nostri tempi — si può dire senza paralleli storici.
Nelle sue parole nella grande sinagoga di Roma lo scorso mese di gennaio,
Sua Santità Papa Benedetto XVI ha ricordato l’insegnamento del concilio
ecumenico Vaticano II come «un punto fermo a cui riferirsi costantemente
nell’atteggiamento e nei rapporti con il popolo ebraico, segnando una nuova e
significativa tappa».
Naturalmente questa straordinaria trasformazione nel modo in cui il popolo
ebraico viene considerato e presentato ha dovuto e deve ancora confrontarsi con
l’influenza di secoli, se non di millenni, di «insegnamento del disprezzo» nei
confronti degli ebrei e dell’Ebraismo, che ovviamente non può essere eliminato di
punto in bianco e neppure dopo quarantacinque anni. Inevitabilmente l’impatto di
questa trasformazione nei rapporti cattolico-ebraici varia considerevolmente da un
contesto all’altro, a seconda dell’influenza di fattori sociologici, educativi e perfino
politici. (…)
Dal 10 al 24 ottobre 2010
73
Confesso di essere rimasto sorpreso di scoprire nel clero cattolico e talvolta
anche nella gerarchia di alcuni Paesi non solo ignoranza nei confronti dell’Ebraismo
contemporaneo, ma spesso perfino della Nostra Aetate, il documento del concilio
che ne è scaturito, e di conseguenza degli importanti insegnamenti del magistero
riguardo agli ebrei e all’Ebraismo.
(…)
È vero che gli israeliani arabi cristiani rappresentano una minoranza religiosa
particolarmente affermata sotto molti aspetti. I loro standard socio-economici ed
educativi sono ben al di sopra della media — le loro scuole registrano i voti migliori
agli esami di maturità annuali — molti di loro sono politici ad alto livello e sono
stati in grado di attingere ai molti benefici del sistema democratico di cui sono
parte integrante. Tuttavia la vita quotidiana della stragrande maggioranza di arabi
ed ebrei si svolge in seno ai loro rispettivi contesti. Di conseguenza la maggior parte
degli ebrei israeliani non incontra i cristiani contemporanei; e perfino quando si
recano all’estero tendono a considerarli non-ebrei come tali, non cristiani moderni.
Di conseguenza fino a poco tempo fa la maggior parte della società israeliana non
ha avuto alcun sentore dei profondi cambiamenti nei rapporti tra cattolici ed ebrei.
Tuttavia questa situazione ha iniziato a cambiare significativamente nell’ultimo
decennio per diversi motivi, di cui due particolarmente importanti.
Il primo è rappresentato dall’impatto della visita del compianto Papa Giovanni
Paolo II nell’anno 2000, a seguito dello stabilimento dei rapporti diplomatici
bilaterali tra Israele e la Santa Sede di sei anni prima. Mentre quest’ultimo fatto era
già stato percepito in Israele, è stato il potere delle immagini visive, il cui significato
Papa Giovanni Paolo II comprendeva così bene, che ha rivelato chiaramente alla
maggior parte della società israeliana la trasformazione che si era operata negli
atteggiamenti e negli insegnamenti cristiani riguardo al popolo ebraico con il quale
lo stesso Papa ha mantenuto e ha continuato a promuovere mutua amicizia e rispetto.
Per Israele vedere il Papa al Muro Occidentale, frammento del Secondo Tempio,
stare in piedi in segno di rispetto per la tradizione ebraica e porvi il testo che aveva
composto per la giornata del perdono che aveva avuto luogo due settimane prima
qui, a San Pietro, testo in cui chiedeva il perdono divino per i peccati commessi
contro gli ebrei nel corso dei secoli, è stato straordinario e commovente nel suo
effetto. (...)
Un altro fattore importante è l’influsso di altri cristiani che hanno raddoppiato
l’assetto demografico del cristianesimo in Israele.
Mi riferisco innanzitutto ai circa cinquantamila cristiani praticanti che facevano
parte del flusso migratorio dall’ex Unione Sovietica verso Israele negli ultimi due
decenni. In quanto strettamente legati, allo stesso tempo, con la società ebraica a
74
Sinodo per il Medio Oriente
motivo di vincoli familiari e culturali, si può dire che essi rappresentino la prima
minoranza cristiana che si considera allo stesso tempo parte di una maggioranza
ebraica da quando si è formata la comunità cristiana degli albori.
Questi cristiani, come le comunità arabo cristiane, sono cittadini israeliani
che godono del pieno diritto di cittadinanza e di uguaglianza di fronte alla legge.
Tuttavia esiste un terzo importante popolo cristiano in Israele, la cui permanenza
legale è talvolta problematica. (...)
Tuttavia la sostanziale presenza cristiana in mezzo a questa popolazione
alimenta una vita religiosa piena di vitalità e rappresenta una significativa terza
dimensione della realtà cristiana nell’Israele di oggi. (...)
I cristiani in Israele si trovano naturalmente in una situazione molto diversa
da quella delle loro comunità sorelle in Terra Santa, che fanno parte di una società
palestinese che lotta per la propria indipendenza e che vengono inevitabilmente
coinvolte tutti i giorni nel conflitto israelo-palestinese. (...) Ciò sembra riflettersi
in un contesto geografico più ampio, dove l’impatto del conflitto arabo-israeliano
ha rappresentato troppo spesso un disagio per molti cristiani nei confronti della
riscoperta da parte della Chiesa delle proprie radici ebraiche e talvolta una preferenza
per il pregiudizio storico.
Tuttavia la difficile situazione dei palestinesi in generale, e dei cristiani
palestinesi in particolare, dovrebbe preoccupare profondamente gli ebrei sia in
Israele che nella diaspora. Per incominciare, proprio l’Ebraismo ha mostrato al
mondo che ogni persona umana è creata a immagine divina; e che di conseguenza,
come insegnano i saggi del Talmud, ogni atto irrispettoso nei confronti di un’altra
persona è un atto irrispettoso nei confronti del Creatore stesso. Noi abbiamo una
responsabilità particolare nei confronti del prossimo che soffre. E tale responsabilità
è ancora più grande quando la sofferenza scaturisce da un conflitto cui partecipiamo
e in cui, paradossalmente, abbiamo precisamente il dovere morale e religioso di
proteggere e difendere noi stessi. (...)
Di fatto, negli ultimi mesi le condizioni sono notevolmente migliorate, per
esempio per quel che riguarda la libera circolazione del clero; inoltre, recentemente,
sembrano esserci segnali di una crescente comprensione dei bisogni delle comunità
cristiane locali da parte delle autorità, malgrado le sfide poste dalla sicurezza. Noi
siamo a favore di tutto ciò, nella convinzione che sia assolutamente nell’interesse
di tutti. (...)
Tuttavia, anche andando oltre il nostro particolare rapporto, i cristiani
presenti come minoranza in ambiente ebraico o musulmano svolgono un ruolo
molto speciale nel contesto delle nostre società. La situazione delle minoranze si
riflette sempre profondamente sulle condizioni sociali e morali di una società nel
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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suo insieme. Il benessere delle comunità cristiane in Medio Oriente non è altro che
una specie di barometro delle condizioni morali dei nostri Paesi. Il grado dei diritti
civili e religiosi o delle libertà di cui godono i cristiani testimonia lo stato di salute
o di malattia delle rispettive società mediorientali. (...)
«Manda la tua pace in Terra Santa, nel Medio Oriente, in tutta la famiglia
umana; muovi i cuori di quanti invocano il tuo nome, perché percorrano umilmente
il cammino della giustizia e della compassione».
Permettetemi, come colui che viene a voi dalla città santa e prediletta da noi
tutti, di concludere con le parole del salmista: «Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita!» (Salmo 128, 5).
✧ ✧ ✧
Intervento dell’invitato speciale al sinodo,
Sig. Muhammad AL-SAMMAK,
consigliere politico del mufti del Libano
Cristiani e musulmani vivono da secoli insieme in Medio Oriente, condividendo la stessa sofferenza. La persecuzione dei cristiani, fenomeno
per certi versi nuovo e pericoloso, mina il tessuto stesso della cultura e
società orientale e fa emergere un volto dell’Islam che non è quello vero.
L’emigrazione del cristiano è un impoverimento dell’identità araba. Siamo
chiamati a rinnovare l’impegno comune per rispondere a tale situazione.
Quando sono stato invitato al Sinodo Speciale per il Medio Oriente, mi
sono posto due domande. La prima è: perché questo Sinodo è dedicato ai cristiani
d’Oriente? E la seconda: perché invitare un musulmano al Sinodo, che ruolo posso
svolgervi ora e nel futuro?
Per quanto riguarda la prima domanda, cercare di rispondere solleva numerosi
interrogativi.
Innanzitutto, se la situazione dei cristiani d’Oriente fosse stata positiva,
ci sarebbe stato bisogno di convocare questo Sinodo? E poi, questo Sinodo può
garantire la loro serenità e confermare il loro radicamento nella terra dei loro padri e
dei loro avi, questa terra da cui è scaturita la fede cristiana per abbracciare il mondo
intero?
76
Sinodo per il Medio Oriente
Personalmente, in quanto musulmano, ritengo importante l’attenzione che
il Vaticano riserva ai problemi dei cristiani in generale e dei cristiani d’Oriente
in particolare, questo Oriente fonte e culla del cristianesimo. Allo stesso tempo,
spero che l’iniziativa del re dell’Arabia Saudita, Abdallah Ben Abdel Aziz a favore
del dialogo interreligioso e interculturale possa richiamare l’attenzione del mondo
arabo e islamico verso questa causa, in tutte le sue dimensioni, nazionali, religiose
e umane, affinché queste due iniziative, quella del Vaticano e quella dell’Arabia
Saudita, possano completarsi a vicenda, in vista della risoluzione dei problemi dei
cristiani d’Oriente, consapevoli del fatto che si tratta di un’unica questione islamocristiana.
Per quanto riguarda la seconda domanda, non credo di essere stato invitato
al Sinodo per essere edotto sulle difficoltà dei cristiani in alcuni stati dell’Oriente.
La nostra sofferenza in quanto orientali è una sola. Noi condividiamo le nostre
sofferenze. Le viviamo nel nostro ritardo sociale e politico, nella nostra recessione
economica e dello sviluppo, nella nostra tensione religiosa e confessionale. Tuttavia,
prendere il cristiano come bersaglio a causa della sua religione, anche se si tratta di
un fenomeno nuovo e contingente per le nostre società, può essere molto pericoloso,
soprattutto se c’è reciprocità. Si tratta di un fenomeno estraneo all’Oriente, di un
fenomeno in contraddizione con le nostre culture religiose e le nostre costituzioni
nazionali, poiché questo fa emergere due fatti gravissimi:
innanzitutto, un tentativo di lacerare il tessuto delle nostre società nazionali, di
demolirle e di sciogliere i legami del loro complesso tessuto costruito da molti secoli,
in secondo luogo un tentativo di mostrare l’Islam sotto una luce diversa rispetto a
quella reale, in contrapposizione con ciò che esso professa e in contraddizione con
ciò su cui esso si basa essenzialmente, cioè la concezione delle differenze tra i
popoli come uno dei segni di Dio nella creazione e come espressione viva della
volontà di Dio, nonché l’accettazione della regola del pluralismo e del rispetto
della diversità e della fede in tutti i messaggi divini e in ciò che Dio vi ha rivelato.
Il Sacro Corano dice: “Non sono tutti uguali. Tra la gente della Scrittura c’è una
comunità che recita i segni di Allah durante la notte e si prosterna. Credono in Allah
e nell’Ultimo Giorno, raccomandano le buone consuetudini e proibiscono ciò che è
riprovevole e gareggiano in opere di bene. Questi sono i devoti” (3, 113, 114).
Due aspetti negativi sono la causa del problema dei cristiani d’Oriente:
il primo riguarda la mancanza di rispetto dei diritti dei cittadini nella piena
uguaglianza di fronte alla legge in alcuni paesi. Il secondo riguarda l’incomprensione
dello spirito degli insegnamenti islamici specifici relativi ai rapporti con i cristiani
che il Sacro Corano ha definito “i più predisposti a amare i credenti” e ha giustificato
questo amore affermando “che ci sono tra di loro sacerdoti e monaci e che essi non
si riempiono d’orgoglio”.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
77
Questi due aspetti negativi, in tutto ciò che comportano come contenuti intellettuali
e politici negativi, e in tutto ciò che implicano come atteggiamenti relativi agli
accordi e alla loro applicazione e che provocano come azioni preoccupanti e nocive,
fanno del male a tutti - cristiani e musulmani - e ci offendono tutti nella nostra
vita e nel nostro destino comuni. Per questo, siamo chiamati, in quanto cristiani
e musulmani, a lavorare insieme per trasformare questi due aspetti negativi in
aspetti positivi: in primo luogo, attraverso il rispetto dei fondamenti e delle regole
della cittadinanza che opera l’uguaglianza prima nei diritti e poi nei doveri. In
secondo luogo, ostacolando la cultura dell’esagerazione e dell’estremismo nel suo
rifiuto dell’altro e nel suo desiderio di avere il monopolio esclusivo della verità, e
rafforzando e diffondendo la cultura della moderazione, dell’amore e del perdono,
in quanto rispetto della differenza di religione e di fede, di lingua, di cultura, di
colore e di razza e poi, come ci insegna il Sacro Corano ci rimettiamo al giudizio di
Dio riguardo alle nostre differenze. Sì, i cristiani d’Oriente sono messi alla prova,
ma non sono soli.
Sì, i cristiani d’Oriente hanno effettivamente bisogno di aiuto e di appoggio,
ma ciò non deve avvenire favorendone l’emigrazione o il ripiegamento su se stessi
e neppure attraverso il venir meno da parte dei loro compagni musulmani, ai propri
doveri nazionali e morali nei loro confronti. Facilitare l’emigrazione significa
costringerli a emigrare. Ripiegarsi su se stessi significa soffocare lentamente.
Rinunciare al dovere di difendere il diritto dell’altro a una vita libera e dignitosa
significa ridurre l’umanità dell’altro e abbandonare i pilastri della fede.
La presenza cristiana in oriente, che opera e agisce con i musulmani, è
una necessità sia cristiana che islamica. È una necessità non solo per l’Oriente,
ma anche per il mondo intero. Il pericolo di un calo di questa presenza a livello
quantitativo e qualitativo è una preoccupazione sia cristiana che islamica, non solo
per i musulmani d’Oriente, ma anche per tutti i musulmani del mondo. Non solo, io
posso vivere il mio Islam con qualunque altro musulmano di ogni stato e etnia, ma
in quanto arabo orientale, non posso vivere la mia essenza di arabo senza il cristiano
arabo orientale. L’emigrazione del cristiano è un impoverimento dell’identità araba,
della sua cultura e della sua autenticità.
È per questo che sottolineo ancora una volta qui, dalla tribuna del Vaticano,
ciò che ho già detto alla venerabile Mecca, ossia che sono preoccupato per il
futuro dei musulmani d’Oriente a causa dell’emigrazione dei cristiani d’Oriente.
Conservare la presenza cristiana è un comune dovere islamico nonché un comune
dovere cristiano.
I cristiani d’oriente non sono una minoranza casuale. Essi sono all’origine
della presenza dell’Oriente prima dell’Islam. Sono parte integrante della formazione
culturale, letteraria e scientifica della civiltà islamica. Sono anche i pionieri della
Sinodo per il Medio Oriente
78
rinascita araba moderna e hanno salvaguardato la loro lingua, quella del Sacro
Corano.
Come sono stati in prima linea nella liberazione e nella ripresa della sovranità,
oggi sono in prima linea anche nell’affrontare e nel resistere all’occupazione, nel
difendere il diritto nazionale violato, a Gerusalemme in particolare e nella Palestina
occupata in generale.
Ogni tentativo di affrontare la loro causa senza considerare questi dati autentici
e radicati nella coscienza delle nostre società nazionali, porta a conclusioni errate,
fonda giudizi errati e conduce quindi a soluzioni errate.
È quindi importantissimo che questo Sinodo non sia solo un grido di
sofferenza cristiana che risuona in questa valle di dolore qual è il nostro Oriente
sofferente. La speranza si basa sulle fondamenta pratiche e scientifiche che il Sinodo
getta a favore di un’iniziativa di cooperazione islamo-cristiana comune che possa
proteggere i cristiani e tutelare i rapporti islamo-cristiani, affinché l’Oriente, luogo
di rivelazione divina, sia ancora degno di innalzare lo stendardo della fede, della
carità e della pace per se stesso e per il mondo intero.
✧ ✧ ✧
Intervento dell’invitato speciale al sinodo,
l’Ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh AHMADABADI
(Iran)
In un mondo che è ormai un “villaggio globale”, comunque in cerca di
valori spirituali, è bene per l’essenza di ogni religione e dei suoi fedeli che i
discepoli di ciascuna fede possano esercitare i propri diritti senza vergogna
e paura, vivendo in conformità al proprio retaggio storico-culturale. Il
rapporto fra l’Islam e il Cristianesimo, nonostante alcuni momenti bui, si è
sempre fondato sull’amicizia, il rispetto e la comprensione reciproca e tale
approccio è oggi importante per la pace nel mondo.
Nel corso degli ultimi decenni, le religioni si sono trovate di fronte a nuove
situazioni. L’aspetto più importante di questo fatto è la diffusa confusione dei loro
discepoli nel contesto reale della vita sociale, come pure nelle arene nazionali e
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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internazionali. Prima della Seconda Guerra Mondiale, e nonostante gli sviluppi
tecnologici, i seguaci delle diverse religioni vivevano di solito all’interno dei propri
confini nazionali. Non esisteva l’enorme problema dell’immigrazione né la vasta
espansione della comunicazione che unisce gruppi sociali tanto differenti tra loro.
Il mondo inoltre non era diventato quel “villaggio globale” che “lega” insieme
tanti destini! Ma oggi siamo testimoni dei grandi cambiamenti occorsi dalla metà
del secolo scorso e tale trasformazione prosegue a un ritmo incredibile. Ciò non
ha avuto soltanto un effetto qualitativo sui rapporti tra le religioni, ma ha altresì
condizionato i rapporti tra i diversi segmenti delle religioni e perfino tra i loro
seguaci. È indubbio che nessuna religione può rimanere indifferente di fronte a
questa situazione di rapidi cambiamenti.
Al termine del secondo millennio, il multi-culturalismo all’interno delle
società è stato ovunque più o meno accettato. Fino ad allora la comprensione di
una società multi-culturale era ben diversa da quella che sperimentiamo oggi. Una
cultura appena entrata a far parte di una società poteva essere accolta soltanto come
“la nuova Cultura” e non sulla base del proprio merito e pregio. Oggi invece sono
sempre di meno le società e i gruppi che difendono una società culturale monolitica.
L’esperienza dei Balcani ha dimostrato che il dominio culturale ed etnico di un
gruppo rispetto agli altri non può essere difeso quando non tiene conto di altri
gruppi esistenti all’interno della propria società. Questa è un’importante necessità
reale e non un’isolata percezione intellettuale.
Nelle società in cui sono esistiti diversi gruppi etnici con le proprie lingue e
religioni, per il bene della stabilità sociale e della sanità etnica, occorre che ognuno
rispetti la loro presenza e i loro diritti. La concordanza di interessi e il benessere
sociale a livello nazionale e internazionale sono tali che nessun gruppo o paese può
essere trascurato. E questa è la realtà del nostro tempo. Come abbiamo detto, il
rispetto reciproco tra le religioni rispecchia questo nuovo status raggiunto e in futuro
occorrerà necessariamente prendere in considerazione queste nuove condizioni.
Tutti condivideranno il destino gli uni degli altri. Oggi questa idea è condivisa da
molti opinionisti e gradualmente un numero sempre maggiore di persone prenderà
confidenza con questa realtà. Un requisito fondamentale di questo modo di pensare
è quello di mettere da parte il nostro punto di vista classico, formale e condizionato
su altre religioni e culture per poter avere una visione più obiettiva. Dobbiamo
guardare alle altre culture con comprensione, rispetto e simpatia.
Allo stesso tempo è innegabile che esistano ancora punti di vista prevenuti
e reazionari, che derivano da modi di pensare pieni di pregiudizi storici,
espansionisti e che tendono alla supremazia politica e culturale. Ritengo tuttavia
che alla lunga questo modo di pensare discriminatorio e sciovinistico diminuirà
fino a scomparire.
80
Sinodo per il Medio Oriente
Oltre a queste trasformazioni, hanno avuto luogo altri cambiamenti
culturali e intellettuali, anche se soprattutto nell’ambito del mondo occidentale e
industrializzato. Ciò ha generato una sorta di riserva mentale e di dubbi, perfino
su quelle istanze che precedentemente sembravano “inevitabili”. Adesso sembra
diffondersi un desiderio e un interesse crescente di scoprire gli “altri”, altre
culture e modi di vivere, altre filosofie e religioni. Tale desiderio, lungi dall’essere
una curiosità, è piuttosto una necessità interiore e spirituale. Ciò avviene più
frequentemente fra i giovani e i pensatori di queste società. Il fatto rilevante è
che questo movimento condizionerà certamente la comprensione spirituale
delle religioni di ciascuno. Va notato tuttavia che la tendenza più diffusa oggi
è l’attenzione riservata alle fedi asiatiche e alle nuove sette religiose generate
da società industrializzate con fondamenti soprattutto spirituali. Questi gruppi si
arricchiscono quotidianamente di nuovi seguaci.
Non dobbiamo forse considerare inoltre quale sia la situazione ideale per
i credenti e i seguaci? Qual è la migliore condizione raggiunta? Sembra che il
mondo ideale sia uno stato in cui i credenti di ogni religione, liberamente e senza
preoccupazioni, timori o obblighi, possano vivere secondo i principi fondamentali
e le usanze dei propri costumi e tradizioni. Tale diritto universalmente riconosciuto
dovrebbe essere messo effettivamente in pratica dagli stati e dalle comunità.
Inoltre i credenti di ogni fede dovrebbero avere il diritto di interpretazione
della propria religione, nella misura in cui tale interpretazione sia fondata sullo
spirito scientifico e fondamentale di quella religione. La verità è che quei credenti
hanno una migliore percezione e diritto di interpretazione della propria fede di
chiunque altro. È inutile osservare che naturalmente ogni fede deve avere la
propria esegesi aggiornata, senza la quale il compito sarebbe difficile. A nessuno
è consentito dare un’interpretazione per conto di altri e decidere per loro conto.
Ogni fede ha la propria logica e il proprio metodo fondati sulle sue esigenze e sul
proprio tempo. Ogni adattamento e conformità al di fuori di questo contesto che
non venga riconosciuto dai fedeli, non ha legittimità, quindi non sarà né efficace
né duraturo.
È bene per l’essenza di ogni religione e dei suoi fedeli che i discepoli di
ciascuna fede possano esercitare i propri diritti senza vergogna e paura e vivere in
conformità al proprio retaggio storico e alla propria cultura. La stabilità del mondo
dipende dalla stabilità dell’esistenza di gruppi e società piccoli e grandi.
Questa stabilità può essere raggiunta soltanto quando tutti possono vivere
senza timore e senza minacce da parte degli altri. È questo l’elemento più importante
per raggiungere la stabilità e la pace etica e sociale. È nostro dovere promuovere
queste condizioni.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Il rapporto fra l’Islam e il Cristianesimo, basato sulle ispirazioni e le
proposizioni del sacro Corano, dacché l’Islam si è stabilito in Arabia Saudita, si è
fondato sull’amicizia, il rispetto e la comprensione reciproca. Nel sacro Corano Gesù
viene definito come la “Parola di Dio” e credere in lui è stato stabilito come base
per i credenti, al punto che ogni dubbio riguardo alla sua guida è stato denunciato.
“.. troverai che i più prossimi all’amore per i credenti sono coloro che dicono: « In
verità siamo nazareni», perché tra loro ci sono uomini dediti allo studio e monaci
che non hanno alcuna superbia.” Mâ ida Sura, cap. 82.
“... Quando gli angeli dissero: “O Maria, Allah ti annuncia la lieta novella
di una Parola da Lui proveniente : il suo nome è il Messia , Gesù figlio di Maria,
eminente in questo mondo...” Al - ‘Imrân Sura, cap. 45.
È un peccato che in alcuni periodi nei passati 1400 anni, talvolta a motivo
di considerazioni politiche, questi rapporti abbiano vissuto momenti bui. Ma non
bisogna incolpare né l’Islam né il Cristianesimo di azioni illegittime di alcuni
individui o gruppi. Secondo gli insegnamenti del Corano, in molti paesi islamici,
soprattutto in Iran, come è stato anche stabilito per legge, i cristiani vivono fianco
a fianco in pace con i loro fratelli musulmani. Essi godono di tutti i diritti legali
come ogni altro cittadino ed esercitano liberamente le proprie pratiche religiose.
Per concludere, vorrei cogliere questa occasione per esprimere la mia gratitudine
al Santo Padre, Papa Benedetto XVI per le sue osservazioni provvidenziali e vitali
nei suoi discorsi a Gerusalemme e ad Istambul sull’importanza di un rapporto
continuo, salutare e amichevole tra cristiani e musulmani. Questo approccio e
questi comportamenti sono essenziali per tutti i credenti e certamente importanti
per la pace nel mondo.
Grazie e che Dio vi benedica.
C C C
Sinodo per il Medio Oriente
82
8) Altri interventi
Intervento di P. José RODRÍGUEZ CARBALLO, O.F.M.
Ministro Generale dell’Ordine Francescano dei Frati Minori
(ITALIA)
I Francescani sono dei precursori per quanto riguarda il dialogo con i
musulmani. Nel contesto della nuova evangelizzazione, è importante
migliorare la formazione, in particolare per quanto riguarda lo studio
della Parola di Dio.
Nell’anno 1218 san Francesco d’Assisi partì per l’Oriente. A Damietta si
incontra con il Sultano Malek al Kamil. In clima di crociata il Poverello non parte
con le armi, né mosso dal desiderio di conquista, bensì con la ferma volontà di
incontrarsi con l’altro, il diverso e, in quel contesto, con il nemico. Non va contro
nessuno, ma in mezzo a, inter (cf. 1 Regola 16,5). È la pedagogia della “non
violenza” e del dialogo. Da allora i francescani siamo presenti ininterrottamente (cf.
Paolo VI) nella Terra Santa, come Custodi dei Luoghi Santi, a nome della Chiesa
Cattolica, e “pietre vive”, nelle scuole, parrocchie e attraverso le numerose opere
sociali, al servizio di tutti senza distinzione di credo. È il piccolo/grande miracolo di
quel gesto profetico di Francesco a Damietta, e della pedagogia della non violenza
e del “dialogo della vita”.
(…)
“Senza comunione non c’è testimonianza” (Benedetto XVI).
Nel contesto della nuova evangelizzazione faccio quattro proposte:
– Si elabori un catechismo unico per tutti i cattolici del Medio Oriente.
– Si prendano iniziative concrete per una formazione adeguata alle esigenze
della nuova evangelizzazione, e della situazione particolare del Medio
Oriente, di tutti gli agenti di pastorale: sacerdoti, religiosi e laici.
– In continuità con l’anno paolino, si celebri un anno giovanneo in tutte le Chiese
del Medio Oriente, se possibile con i fratelli delle Chiese non cattoliche.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
83
– Si potenzino gli studi biblici, specialmente attraverso i tre Istituti Biblici già
presenti a Gerusalemme: la facoltà di Scienze Bibliche e di Archeologia dei
francescani, l’Ecole Biblique dei domenicani, e l’Istituto biblico, dei Gesuiti.
Inoltre, mi auguro che, davanti alla costante diminuzione dei Cristiani in
Terra Santa, esca da questo Sinodo una parola di conforto per le comunità cristiane
e particolarmente cattoliche che vivono in quelle terre. (…).
✧ ✧ ✧
Intervento del Rev. Rino ROSSI,
Direttore della “Domus Galilææ”, Corazin (ISRAELE), uditore
Ai fedeli di Terra Santa, assaliti da numerose tentazioni – alle quali talvolta
cedono – i pastori devono prestare una cura tutta particolare e proporre
un nuovo modo di catechesi e formazione spirituale.
(...) Con i seminaristi e i ragazzi che operano nel nostro Centro, abbiamo
visitato tantissime famiglie cristiane dei vari riti della Terra Santa, della Giordania
e di Cipro. Abbiamo incontrato tanta sofferenza, gli stessi problemi che si trovano
nella chiesa in altre parti del mondo: la crisi in tante famiglie, l’allontanamento dei
giovani dalla pratica religiosa, il problema dell’aborto, la chiusura alla vita, il gioco
d’azzardo che distrugge famiglie intere, il sogno di poter andarsene all’estero per
crearsi una vita più comoda. Non parliamo poi della droga, della pornografia, del
dilagare delle sette.
All’apertura della Domus Galilaeae moltissimi ebrei hanno cominciato
a visitarci. Solo l’anno scorso ne sono passati più di centomila. Sono attratti
dall’accoglienza e dall’estetica della casa. Molti di loro non conoscono la Chiesa né
Gesù Cristo. Ci fanno tante domande sulla nostra fede. Tante volte ritornano. Noi
sentiamo che dobbiamo accoglierli e servirli come fratelli.
Penso che lo Spirito Santo che abbiamo invocato all’inizio di questo sinodo,
ami con un amore immenso i nostri fedeli e li voglia salvare dagli attacchi del
demonio che li seduce, come egli sa ben fare. È lui il vero nemico. Ma Cristo ha
potere su di lui e questo potere l’ha dato alla Chiesa, a voi pastori. Abbiamo una
responsabilità enorme verso le pecore perdute delle nostre parrocchie. Guai a me
se non evangelizzassi! I Padri orientali nei primi secoli di fronte alle sfide del loro
Sinodo per il Medio Oriente
84
tempo, in un mondo pagano, hanno elaborato un itinerario di iniziazione cristiana:
il Catecumenato. La Chiesa come una madre, in un percorso lento con tappe,
gestava nei suoi figli la Vita Eterna. Oggi è necessario offrire ai nostri cristiani un
catecumenato adattato alla loro condizione di battezzati. (...)
✧ ✧ ✧
Intervento del Sig. Anton R. ASFAR,
Membro del Consiglio dell’Esarcato Patriarcale dei Sirocattolici di Gerusalemme (ISRAELE), uditore
I cristiani di Terra Santa hanno una vera missione da compiere, sostenuti
dalla Chiesa, spiritualmente e materialmente. La terra rappresenta un
elemento fondamentale di questo sostegno, insieme all’incoraggiamento
e accompagnamento dei giovani a costituire famiglie cristiane salde nella
fede.
Essere un cristiano che vive in Terra Santa è un grande onore, una vocazione
e una testimonianza della presenza di Cristo per tutti i cristiani. Dio ci ha concesso
questa grande grazia di vivere in Terra Santa; essa implica una grande saggezza che
per taluni è evidente, mentre altri non possono comprenderla né interpretarla. Noi,
cristiani di Terra Santa, viviamo in un clima che non si può trovare in nessun altro
Paese del mondo. È un clima fatto di pluralismo religioso [e culturale].
(…)
La gioventù cristiana in Terra Santa è una gioventù capace di costruire in
modo efficace la società, ma ha bisogno del sostegno continuo e permanente
della Chiesa locale e universale. I giovani cristiani in Terra Santa apprezzano
molto ciò che la Chiesa fa per sostenere la loro esistenza e la loro appartenenza
a questa terra.
La Chiesa cattolica in Terra Santa ha operato e opererà sempre per alleviare la
sofferenza dei cristiani in Terra Santa, assicurando loro allo stesso tempo istituzioni
nell’ambito dell’istruzione, della salute, come anche della pastorale, degli alloggi
e dei programmi di sviluppo. (...) Tutti apprezzano molto ciò che il Patriarcato
latino e la Custodia di Terra Santa fanno in tal senso al fine di conservare la sua
identità sacra e ciò che hanno fatto altre Chiese, ma le cifre parlano di una grande
Dal 10 al 24 ottobre 2010
85
richiesta di alloggi da parte dei cristiani a Gerusalemme. Questo scoraggia i nostri
giovani e aumenta i loro oneri, soprattutto economici, spingendoli così ad avere
meno figli. (...)
Eccellenze, ecco alcuni auspici:
1. Creare una cassa per la Terra Santa che si chiamerebbe Cassa per il sostegno alla
presenza cristiana in Terra Santa, da mettere a disposizione del Consiglio dei
Vescovi cattolici in Terra Santa, e che comporterebbe dei meccanismi particolare
per raggiungere i seguenti obiettivi:
a)l’acquisto di un numero maggiore di terreni nella regione di Gerusalemme, in
particolare, e di Betlemme in generale, a motivo del carattere sacro dei due
luoghi e della necessità si salvaguardarvi la presenza cristiana;
b)incoraggiare i giovani a sposarsi, assicurando loro un primo aiuto per formare
una famiglia cristiana;
c) assicurare il maggior numero possibile di alloggi.
2. Al fine di ridurre l’onere economico che grava sui credenti nelle due regioni di
Gerusalemme e Betlemme, fare in modo che tutti gli abitanti di queste due regioni
siano esonerati dalle tasse scolastiche ed universitarie, cosa che rinforzerà la loro
presenza nella regione.
Ringrazio Sua Santità il Papa di avermi convocato a questo Sinodo vivo e
vitale per la nostra regione e ringrazio tutti coloro che lo costituiscono.
✧ ✧ ✧
Intervento della Sig.ra Anan J. LEWIS,
Professore di Poesia inglese Vittoriana e Moderna,
Dipartimento di Inglese, Università di Baghdad (IRAQ), uditrice
La situazione in Iraq scoraggia la presenza cristiana nel Paese. I fedeli
non hanno in primo luogo bisogno di aiuto materiale, bensì di un vero
accompagnamento spirituale per trovare la forza di restare radicati nella
loro patria, continuando a vivere la loro testimonianza.
Parlando in veste di vergine consacrata (Ordo Virginum) in Iraq, docente
universitaria e direttrice della gioventù della Chiesa latina, nonché in rappresentanza
86
Sinodo per il Medio Oriente
del laicato dell’Iraq, vorrei sottolineare il fatto che al di là della sicurezza e della
stabilità politica e sociale, non vi è nulla che possa motivare i cristiani iracheni a
rimanere e ad essere profondamente radicati nella loro terra e nella loro fede se
non il fatto che i pastori della Chiesa diano inizio ad un’autentica cura pastorale e
spirituale. I cristiani iracheni hanno adesso l’urgente necessità di essere alimentati
dall’amore e abbracciati dal sostegno spirituale di sacerdoti adeguatamente
preparati e amorevoli. Le omelie della domenica o le lezioni di catechismo del
venerdì per i bambini non sono sufficienti per incoraggiare i laici a restare. Invece
di raccogliere fondi per ristrutturare cappelle o acquistare edifici vuoti, o decorare
cancelli, costruiamo pietre vive e realizziamo piccoli progetti per i giovani di
entrambi i sessi, al fine di scoprirne le abilità artigianali e professionali. Tenere
riunioni regolarmente con loro e con le loro famiglie, illuminarli sul ruolo sacro che
rivestono come laici in Iraq è ugualmente importante; altrimenti, non serve a niente
criticare i gruppi protestanti perché cercano di attirare i cattolici alla loro fede. E se
tutto ciò suona fantasioso, andarli a trovare potrebbe essere utile!
Tuttavia, i cristiani laici dell’Iraq sono consapevoli che la Chiesa sta facendo
autentici sforzi per rendere più profonda la loro fede e migliorare la loro situazione
sociale ed economica, nei limiti delle proprie possibilità. Sanno anche che questo
fardello non poggia unicamente sulle spalle della Chiesa; il governo iracheno e la
comunità internazionale ne portano buona parte, ma restano in silenzio. Pertanto, i
cristiani iracheni vivono in condizioni molto dure, in cui ogni istante di sicurezza
diventa importante.
Tuttavia, i laici cristiani, soprattutto coloro che sono sempre stati consapevoli
dell’importanza di testimoniare la propria fede in tempo di pace o di guerra,
continuano a voler essere testimoni autentici rafforzando la propria comunione
con la chiesa di cui sono parte integrante. Il loro ruolo, che sta diventando più
influente di quello del clero, si manifesta nell’aiuto ai poveri e agli ammalati,
nell’organizzazione di attività sociali e spirituali per gli anziani e per i giovani,
nell’organizzazione di gruppi di preghiera, gruppi per i servizi sociali e sanitari per i
bisognosi, come ne esistono nei programmi della Caritas, o nell’aiuto ai parroci nel
campo del catechismo o della liturgia. Questi cristiani impegnati, uomini e donne,
sanno di svolgere in Iraq un ruolo insostituibile. Benché spesso si trovino davanti
alla morte, quando ogni minuto di sicurezza diventa importante, essi contribuiscono
al tessuto della società irachena, sforzandosi di lavorare a nome di tutti i cristiani
che sono sfollati, segregati, o scossi nella fede, e creando un sentimento di amore e
di pacifica coesistenza tra gli iracheni, a prescindere dalla religione o dal sesso. ■
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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III. Omelia del Santo Padre
di conclusione del Sinodo dei vescovi
per il Medio Oriente
Come il pubblicano del Vangelo, i Padri sinodali sono invitati all’umiltà nel
loro servizio, tornando alle loro rispettive diocesi. La pace è urgente perché
i cristiani in Medio Oriente possano vivere in piena libertà, apportando
il loro contributo a tutta la società. Il Vangelo deve essere riscoperto
ed annunziato a tutti, compresi i lontani, come verrà approfondito nel
prossimo Sinodo del 2012, annunciato dal Santo Padre, che avrà per tema
la Nuova Evangelizzazione.
Venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle!
A distanza di due settimane dalla Celebrazione di apertura, ci siamo radunati
nuovamente nel giorno del Signore, intorno all’Altare della Confessione della
Basilica di San Pietro, per concludere l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente
del Sinodo dei Vescovi. Nei nostri cuori c’è una profonda gratitudine a Dio che
ci ha donato questa esperienza davvero straordinaria, non solo per noi, ma per il
bene della Chiesa, del Popolo di Dio che vive nelle terre tra il Mediterraneo e la
Mesopotamia. Come Vescovo di Roma, desidero partecipare questa riconoscenza a
voi, venerati Padri sinodali: Cardinali, Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi. Ringrazio
in particolare il Segretario Generale, i quattro Presidenti Delegati, il Relatore
Generale, il Segretario Speciale e tutti i collaboratori, che in questi giorni hanno
lavorato senza risparmio.
Stamani abbiamo lasciato l’Aula del Sinodo e siamo venuti “al tempio
per pregare”; per questo, ci riguarda direttamente la parabola del fariseo e del
pubblicano raccontata da Gesù e riportata dall’evangelista san Luca (cfr. 18,9-14).
Anche noi potremmo essere tentati, come il fariseo, di ricordare a Dio i nostri
meriti, magari pensando all’impegno di queste giornate. Ma, per salire al Cielo, la
preghiera deve partire da un cuore umile, povero. E quindi anche noi, al termine di
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Sinodo per il Medio Oriente
questo evento ecclesiale, vogliamo anzitutto rendere grazie a Dio, non per i nostri
meriti, ma per il dono che Lui ci ha fatto. Ci riconosciamo piccoli e bisognosi di
salvezza, di misericordia; riconosciamo che tutto viene da Lui e che solo con la sua
Grazia si realizzerà quanto lo Spirito Santo ci ha detto. Solo così potremo “tornare
a casa” veramente arricchiti, resi più giusti e più capaci di camminare nelle vie del
Signore.
La prima lettura e il Salmo responsoriale insistono sul tema della preghiera,
sottolineando che essa è tanto più potente presso il cuore di Dio quanto più chi
prega è in condizione di bisogno e di afflizione. “La preghiera del povero attraversa
le nubi”, afferma il Siracide (35,21); e il salmista aggiunge: “Il Signore è vicino
a chi ha il cuore spezzato, / egli salva gli spiriti affranti” (34,19). Il pensiero va
a tanti fratelli e sorelle che vivono nella regione mediorientale e che si trovano
in situazioni difficili, a volte molto pesanti, sia per i disagi materiali, sia per lo
scoraggiamento, lo stato di tensione e talvolta di paura. La Parola di Dio oggi
ci offre anche una luce di speranza consolante, là dove presenta la preghiera,
personificata, che “non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso
soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità” (Sir 35,21-22). Anche questo legame
tra preghiera e giustizia ci fa pensare a tante situazioni nel mondo, in particolare
nel Medio Oriente. Il grido del povero e dell’oppresso trova un’eco immediata in
Dio, che vuole intervenire per aprire una via di uscita, per restituire un futuro di
libertà, un orizzonte di speranza.
Questa fiducia nel Dio vicino, che libera i suoi amici, è quella che testimonia
l’apostolo Paolo nell’epistola odierna, tratta dalla Seconda Lettera a Timoteo.
Vedendo ormai prossima la fine della vita terrena, Paolo traccia un bilancio: “Ho
combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2
Tm 4,7). Per ognuno di noi, cari fratelli nell’episcopato, questo è un modello da
imitare: ci conceda la Bontà divina di fare nostro un simile consuntivo! “Il Signore
– prosegue san Paolo – mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi
portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero” (2
Tm 4,17). È una parola che risuona con particolare forza in questa domenica in cui
celebriamo la Giornata Missionaria Mondiale! Comunione con Gesù crocifisso e
risorto, testimonianza del suo amore. L’esperienza dell’Apostolo è paradigmatica
per ogni cristiano, specialmente per noi Pastori. Abbiamo condiviso un momento
forte di comunione ecclesiale. Ora ci lasciamo per tornare ciascuno alla propria
missione, ma sappiamo che rimaniamo uniti, rimaniamo nel suo amore.
L’Assemblea sinodale che oggi si chiude ha tenuto sempre presente l’icona
della prima comunità cristiana, descritta negli Atti degli Apostoli: “La moltitudine
di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola” (At
4,32). È una realtà sperimentata nei giorni scorsi, in cui abbiamo condiviso le
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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gioie e i dolori, le preoccupazioni e le speranze dei cristiani del Medio Oriente.
Abbiamo vissuto l’unità della Chiesa nella varietà delle Chiese presenti in quella
Regione. Guidati dallo Spirito Santo, siamo diventati “un cuore solo e un’anima
sola” nella fede, nella speranza e nella carità, soprattutto durante le Celebrazioni
eucaristiche, fonte e culmine della comunione ecclesiale, come pure nella Liturgia
delle Ore, celebrata ogni mattina in uno dei 7 Riti cattolici del Medio Oriente.
Abbiamo così valorizzato la ricchezza liturgica, spirituale e teologica delle Chiese
Orientali Cattoliche, oltre che della Chiesa Latina. Si è trattato di uno scambio di
doni preziosi, di cui hanno beneficiato tutti i Padri sinodali. È auspicabile che tale
esperienza positiva si ripeta anche nelle rispettive comunità del Medio Oriente,
favorendo la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche degli altri Riti
cattolici e quindi ad aprirsi alle dimensioni della Chiesa universale.
La preghiera comune ci ha aiutato anche ad affrontare le sfide della Chiesa
Cattolica nel Medio Oriente. Una di esse è la comunione all’interno di ogni Chiesa
sui iuris, come pure nei rapporti tra le varie Chiese Cattoliche di diverse tradizioni.
Come ci ha ricordato l’odierna pagina del Vangelo (cfr. Lc 18,9-14), abbiamo
bisogno di umiltà, per riconoscere i nostri limiti, i nostri errori ed omissioni, per
poter veramente formare “un cuore solo e un’anima sola”. Una più piena comunione
all’interno della Chiesa Cattolica favorisce anche il dialogo ecumenico con le altre
Chiese e Comunità ecclesiali. La Chiesa Cattolica ha ribadito anche in quest’Assise
sinodale la sua profonda convinzione di proseguire tale dialogo, affinché si realizzi
compiutamente la preghiera del Signore Gesù “perché tutti siano una sola cosa”
(Gv 17,21).
Ai cristiani nel Medio Oriente si possono applicare le parole del Signore
Gesù: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi
il Regno” (Lc 12,32). Infatti, anche se poco numerosi, essi sono portatori della
Buona Notizia dell’amore di Dio per l’uomo, amore che si è rivelato proprio in
Terra Santa nella persona di Gesù Cristo. Questa Parola di salvezza, rafforzata con
la grazia dei Sacramenti, risuona con particolare efficacia nei luoghi in cui, per
divina Provvidenza, è stata scritta, ed è l’unica Parola in grado di rompere il circolo
vizioso della vendetta, dell’odio, della violenza. Da un cuore purificato, in pace con
Dio e con il prossimo, possono nascere propositi ed iniziative di pace a livello locale,
nazionale ed internazionale. In tale opera, alla cui realizzazione è chiamata tutta la
comunità internazionale, i cristiani, cittadini a pieno titolo, possono e debbono dare
il loro contributo con lo spirito delle beatitudini, diventando costruttori di pace ed
apostoli di riconciliazione a beneficio di tutta la società.
Da troppo tempo nel Medio Oriente perdurano i conflitti, le guerre, la violenza,
il terrorismo. La pace, che è dono di Dio, è anche il risultato degli sforzi degli
uomini di buona volontà, delle istituzioni nazionali ed internazionali, in particolare
90
Sinodo per il Medio Oriente
degli Stati più coinvolti nella ricerca della soluzione dei conflitti. Non bisogna mai
rassegnarsi alla mancanza della pace. La pace è possibile. La pace è urgente. La
pace è la condizione indispensabile per una vita degna della persona umana e della
società. La pace è anche il miglior rimedio per evitare l’emigrazione dal Medio
Oriente. “Chiedete pace per Gerusalemme” – ci dice il Salmo (122,6). Preghiamo
per la pace in Terra Santa. Preghiamo per la pace nel Medio Oriente, impegnandoci
affinché tale dono di Dio offerto agli uomini di buona volontà si diffonda nel mondo
intero.
Un altro contributo che i cristiani possono apportare alla società è la promozione di un’autentica libertà religiosa e di coscienza, uno dei diritti fondamentali
della persona umana che ogni Stato dovrebbe sempre rispettare. In numerosi Paesi
del Medio Oriente esiste la libertà di culto, mentre lo spazio della libertà religiosa non
poche volte è assai limitato. Allargare questo spazio di libertà diventa un’esigenza
per garantire a tutti gli appartenenti alle varie comunità religiose la vera libertà di
vivere e professare la propria fede. Tale argomento potrebbe diventare oggetto di
dialogo tra i cristiani e i musulmani, dialogo la cui urgenza ed utilità è stata ribadita
dai Padri sinodali.
Durante i lavori dell’Assemblea è stata spesso sottolineata la necessità di
riproporre il Vangelo alle persone che lo conoscono poco, o che addirittura si sono
allontanate dalla Chiesa. Spesso è stato evocato l’urgente bisogno di una nuova
evangelizzazione anche per il Medio Oriente. Si tratta di un tema assai diffuso,
soprattutto nei Paesi di antica cristianizzazione. Anche la recente creazione del
Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione risponde a
questa profonda esigenza. Per questo, dopo aver consultato l’episcopato del mondo
intero e dopo aver sentito il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo
dei Vescovi, ho deciso di dedicare la prossima Assemblea Generale Ordinaria, nel
2012, al seguente tema: “Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam - La
nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”.
Cari fratelli e sorelle del Medio Oriente! L’esperienza di questi giorni vi
assicuri che non siete mai soli, che vi accompagnano sempre la Santa Sede e tutta
la Chiesa, la quale, nata a Gerusalemme, si è diffusa nel Medio Oriente e in seguito
nel mondo intero. Affidiamo l’applicazione dei risultati dell’Assemblea Speciale
per il Medio Oriente, come pure la preparazione di quella Generale Ordinaria,
all’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa e Regina della
Pace. Amen. ■
† Benedetto XVI
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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IV. Le 44 proposizioni finali
INTRODUZIONE
Propositio 1
Documenti che si presentano al Sommo Pontefice
I Padri sinodali presentano alla considerazione del Sommo Pontefice i
documenti su «La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza
“La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo
e un’anima sola” (At 4,32)» relativi a questo sinodo. Tale documentazione
comprende: i “Lineamenta”, l’“Instrumentum laboris”, le Relazioni “ante” e “post
disceptationem”, i testi degli interventi, sia quelli pronunciati in aula sia quelli “in
scriptis”, e soprattutto proposte concrete, che i Padri hanno ritenuto di fondamentale
importanza.
I Padri medesimi chiedono umilmente al Santo Padre che valuti l’opportunità
di offrire un documento su comunione e testimonianza nella Chiesa in Medio
Oriente.
Propositio 2
La Parola di Dio
La Parola di Dio è l’anima e il fondamento di tutta la pastorale; si auspica che
ogni famiglia abbia una Bibbia.
I Padri sinodali incoraggiano la lettura e la meditazione quotidiana della
Parola di Dio, specialmente la lectio divina, la creazione di un sito Internet biblico
con spiegazioni e commenti cattolici alla portata dei fedeli, la preparazione di un
libretto di introduzione alla Bibbia (Antico e Nuovo Testamento) con un metodo
facile di leggere la Bibbia.
Incoraggiano inoltre le eparchie/diocesi (in seguito si userà il termine
“diocesi” equivalente a “eparchia” proprio della terminologia orientale) e le
parrocchie a promuovere incontri biblici in cui si mediti e si spieghi la Parola di Dio
per rispondere alle domande dei fedeli, con lo scopo di creare in loro una familiarità
con le Scritture, un approfondimento della spiritualità e un impegno all’apostolato
e alla missione.
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Sinodo per il Medio Oriente
Propositio 3
Pastorale biblica
I Padri sinodali raccomandano di operare per porre la Sacra Scrittura nei
suoi due Testamenti al centro della nostra vita cristiana. Ciò avverrà attraverso
l’incoraggiamento ad annunciarla, leggerla, meditarla, interpretarla in modo
cristocentrico e celebrarla nella liturgia, secondo l’esempio della prima comunità
cristiana.
Si propone di proclamare, dopo una preparazione adeguata, un anno biblico,
seguito da una settimana annuale della Bibbia.
I. LA PRESENZA CRISTIANA IN MEDIO ORIENTE
Propositio 4
Identità delle Chiese Cattoliche in Oriente
In un mondo segnato da divisioni e da posizioni estreme, noi siamo chiamati
a vivere come Chiesa di comunione, restando aperti a tutti, senza cadere nel
confessionalismo. Ne saremo capaci se resteremo fedeli al nostro ricco patrimonio
storico, liturgico, patristico e spirituale, come pure agli insegnamenti del Concilio
Vaticano II e alle norme e strutture del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali
(CCEO) e al Codice di Diritto Canonico (CIC) e ai diritti particolari delle Chiese.
Propositio 5
Condivisione della Croce
Pur denunciando come ogni uomo la persecuzione e la violenza, il cristiano
ricorda che essere cristiano comporta la condivisione della Croce di Cristo. Il
discepolo non è più grande del Maestro (cf. Mt 10,24). Il cristiano si ricorda la
beatitudine dei perseguitati a causa della giustizia che avranno in eredità il Regno
(cf. Mt 5,10).
La persecuzione tuttavia deve destare la coscienza dei cristiani nel mondo a
una più grande solidarietà. Essa deve suscitare parimenti l’impegno a reclamare e
a sostenere il diritto internazionale e il rispetto di tutte le persone e di tutti i popoli.
Occorrerà attirare l’attenzione del mondo intero sulla situazione drammatica
di certe comunità cristiane nel Medio Oriente, le quali soffrono ogni tipo di difficoltà,
giungendo talvolta fino al martirio.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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Occorre anche chiedere alle istanze nazionali e internazionali uno sforzo
speciale per mettere fine a questa situazione di tensione ristabilendo la giustizia e
la pace.
Propositio 6
La terra
Visto che l’attaccamento alla terra natale è un elemento essenziale dell’identità
delle persone e dei popoli e che la terra è uno spazio di libertà, esortiamo i nostri
fedeli e le nostre comunità ecclesiali a non cedere alla tentazione di vendere le loro
proprietà immobiliari. Per aiutare i cristiani a conservare le loro terre o ad acquisirne
di nuove, in situazioni economiche difficili, proponiamo ad esempio la creazione
di progetti che si facciano carico di farle fruttificare per permettere ai proprietari
di restare dignitosamente nei loro Paesi. Questo sforzo deve accompagnarsi a una
profonda riflessione sul senso della presenza e della vocazione cristiana nel Medio
Oriente.
Propositio 7
Gestione dei beni
Allo scopo di assicurare la trasparenza, è necessario applicare un sistema di
rendicontazione contabile (audit) negli affari finanziari della Chiesa, distinguendo
con chiarezza ciò che le appartiene e ciò che è proprietà del personale ecclesiastico.
Al tempo stesso occorre preservare le proprietà e i beni della Chiesa e delle sue
istituzioni.
Propositio 8
Incoraggiare il pellegrinaggio
L’Oriente fu la terra della Rivelazione biblica. Ben presto questa regione
divenne meta di pellegrinaggio sulle orme di Abramo in Iraq, sulle orme di Mosè
in Egitto e nel Sinai, sulle orme di Gesù in Terra Santa (Egitto, Israele, Palestina,
Giordania, Libano), sulle orme di San Paolo e delle Chiese degli Atti degli Apostoli
e dell’Apocalisse (Siria, Cipro, Turchia).
Il pellegrinaggio ai Luoghi Santi è stato incoraggiato dai Sommi Pontefici.
È l’occasione di una catechesi approfondita, attraverso un ritorno alle sorgenti.
Permette di scoprire la ricchezza delle Chiese d’Oriente, di incontrare e incoraggiare
le comunità cristiane locali, pietre vive della Chiesa.
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Sinodo per il Medio Oriente
Propositio 9
Pace
Le nostre Chiese si impegnino a pregare e operare per la giustizia e la pace in
Medio Oriente e si dedichino alla purificazione della memoria e alla promozione del
linguaggio della pace e della speranza, invece di quello della paura e della violenza.
Si appelleranno alle autorità civili responsabili perché applichino le risoluzioni
delle Nazioni Unite relative alla religione, in particolare al ritorno dei rifugiati, allo
statuto di Gerusalemme e ai luoghi santi.
Propositio 10
Consolidare la presenza dei cristiani
Le nostre chiese devono creare un ufficio o una commissione che si occupi
dello studio del fenomeno migratorio e delle sue motivazioni per trovare i mezzi
di contrastarlo. Esse faranno tutto il possibile e con tutti i mezzi per consolidare la
presenza dei cristiani nelle loro patrie e questo attraverso progetti di sviluppo per
limitare il fenomeno migratorio.
Propositio 11
La pastorale dell’emigrazione
La presenza di numerosi cristiani d’Oriente in tutti i continenti interpella le
Chiese ad adottare una pastorale specifica dell’emigrazione:
1)I Vescovi dell’emigrazione visiteranno i seminari in Medio Oriente per presentare
la situazione e i bisogni delle loro eparchie;
2)Formazione dei seminaristi a uno spirito missionario, aprendoli alle differenti
culture.
3)Preparazione e accompagnamento dei sacerdoti inviati in missione al di fuori del
territorio patriarcale.
4)Promozione di una pastorale vocazionale nelle comunità al di fuori del territorio
patriarcale.
5)Invio di preti ed erezione di eparchie proprie, là dove i bisogni pastorali lo
richiedano, secondo le norme canoniche.
Propositio 12
Emigrazione e solidarietà
1)Destare e rafforzare negli emigrati il senso di solidarietà e condivisione con
Dal 10 al 24 ottobre 2010
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i Paesi d’origine, contribuendo ai progetti pastorali e allo sviluppo culturale,
educativo, sociale ed economico.
2)Educare i cristiani dell’emigrazione a conservare la fedeltà alla tradizione delle
loro origini.
3)Rafforzare i legami di comunione tra gli emigrati e la Chiesa di provenienza.
Propositio 13
Emigrazione – formazione
Si raccomanda che le Chiese d’accoglienza, nelle loro norme e pratiche
sacramentali e amministrative, conoscano e rispettino la teologia, le tradizioni e i
patrimoni orientali. Ciò favorirà la collaborazione con le Chiese orientali presenti
nei Paesi d’emigrazione nella formazione e nella pastorale dei loro fedeli.
Propositio 14
Immigrazione
La situazione dei lavoratori immigrati in Medio Oriente, cristiani e non
cristiani, soprattutto le donne, ci riguarda al più alto grado. Molti di loro si trovano
in situazioni difficili o lesive della loro dignità.
Sollecitiamo i sinodi patriarcali e le conferenze episcopali, le istituzioni
caritative cattoliche, in particolare la Caritas, i capi politici come pure tutti gli
uomini di buona volontà a fare tutto quanto rientra nelle loro competenze perché
i diritti fondamentali degli immigrati, riconosciuti dal diritto internazionale, siano
rispettati, a prescindere dalla nazionalità e dalla religione degli immigrati, e per
aiutarli sul piano giuridico e umanitario. Le nostre Chiese devono vegliare per
assicurare loro l’assistenza spirituale necessaria, come segno di ospitalità cristiana
e di comunione ecclesiale.
Propositio 15
Chiese di accoglienza
Per una migliore accoglienza e accompagnamento degli immigrati in Medio
Oriente, le Chiese di provenienza sono chiamate a stabilire contatti regolari con
le Chiese d’accoglienza, le quali le aiuteranno a dotarsi delle strutture necessarie:
parrocchie, scuole, centri di incontro e altro.
Sinodo per il Medio Oriente
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II. LA COMUNIONE ECCLESIALE
A. Comunione in seno alla Chiesa Cattolica
(ad intra)
Propositio 16
Comunione in seno alla Chiesa cattolica
«La Chiesa santa e cattolica, che è il Corpo mistico di Cristo, si compone di
fedeli che sono organicamente uniti nello Spirito Santo da una stessa fede, dagli
stessi sacramenti e da uno stesso governo, e che unendosi in varie comunità stabili,
congiunti dalla gerarchia, costituiscono le Chiese particolari o riti. Tra loro vige
una mirabile comunione, di modo che la varietà non solo non nuoce alla unità della
Chiesa, ma anzi la manifesta» (“Orientalium Ecclesiarum”, 2, Concilio Vaticano
II). Per consolidare questa comunione noi raccomandiamo di:
1)Creare una commissione di cooperazione tra le gerarchie cattoliche del Medio
Oriente, incaricata di promuovere strategie pastorali comuni, una conoscenza
reciproca delle tradizioni, degli istituti interrituali, degli organismi di carità
comuni.
2)Organizzare incontri periodici e regolari tra le gerarchie cattoliche del Medio
Oriente.
3)Praticare una solidarietà materiale tra le diocesi ricche e meno ricche.
4)Creare per i sacerdoti un’associazione sacerdotale Fidei Donum per favorire
l’aiuto reciproco tra eparchie e Chiese.
Propositio 17
Nuovi movimenti ecclesiali
Molti Padri riconoscono che i nuovi movimenti ecclesiali di tradizione
occidentale, sempre più presenti nelle Chiese del Medio Oriente, sono un dono
dello Spirito alla Chiesa intera. Affinché questi movimenti siano ricevuti come un
carisma per l’edificazione della Chiesa, i membri di questi movimenti sono tenuti
a vivere il carisma proprio tenendo conto della cultura, della storia, della liturgia e
della spiritualità della Chiesa locale.
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Per raggiungere questo obiettivo, tali movimenti sono vivamente pregati di
operare in unione con il Vescovo locale e secondo le sue direttive pastorali. Sarebbe
auspicabile che la gerarchia cattolica in ogni Paese del Medio Oriente abbia una
posizione pastorale comune rispetto ai movimenti in questione, al loro inserimento
e alla loro attività pastorale.
Propositio 18
La giurisdizione dei Patriarchi
Al di fuori del territorio patriarcale, per mantenere la comunione dei fedeli
orientali con le loro Chiese patriarcali, e assicurare loro un servizio pastorale idoneo,
è auspicabile che la questione dell’estensione della giurisdizione dei Patriarchi
orientali alle persone delle loro Chiese in ogni parte del mondo sia oggetto di studio
in vista di misure appropriate.
Propositio 19
Situazione dei fedeli cattolici nei Paesi del Golfo
In uno spirito di comunione e per il bene dei fedeli, sarebbe auspicabile
la formazione di una commissione che raggruppi i rappresentanti dei dicasteri
competenti, vicari apostolici della regione e rappresentanti delle Chiese sui iuris
interessate. Essa sarebbe incaricata di studiare la situazione dei fedeli cattolici
nei Paesi del Golfo, la giurisdizione ecclesiastica e di proporre alla Santa Sede le
soluzioni che giudicherà utili per favorire l’azione pastorale.
Propositio 20
Pastorale delle vocazioni
La pastorale vocazionale suppone che:
– Si preghi per le vocazioni in famiglia, in parrocchia ecc.;
– Si creino comitati per le vocazioni in ogni Diocesi, che comprendano preti,
religiosi, religiose e laici. Questi comitati organizzano riunioni per i giovani al fine
di esporre loro le diverse vocazioni nella Chiesa per illuminare il discernimento;
– Si concepisca un progetto di formazione spirituale approfondita presso i giovani
coinvolti nei movimenti ecclesiali;
– Si sensibilizzino le parrocchie e le scuole alle dimensioni delle diverse vocazioni
sacerdotali, religiose e laiche;
Sinodo per il Medio Oriente
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– Si mantengano o istituiscano, dove possibile, seminari minori;
– S’invitino i preti, i religiosi e le religiose a dare una testimonianza coerente tra
vita e parole;
– S’intensifichi la comunione ecclesiale e sacerdotale; che esige un’apertura ai
diversi bisogni pastorali delle Diocesi per rispondere alla mancanza di preti;
– Si attirino i giovani alla vita consacrata mediante l’esempio di vita spirituale,
profonda, luminosa e felice.
Propositio 21
La lingua araba
L’esperienza del Sinodo per il Medio Oriente ha messo in luce l’importanza
della lingua araba; soprattutto che essa ha contribuito allo sviluppo del pensiero
teologico e spirituale della Chiesa universale, e più precisamente del patrimonio
della letteratura araba cristiana.
Si propone di intensificare l’uso della lingua araba nel quadro delle istituzioni
della santa Sede e delle sue riunioni ufficiali, affinché i cristiani di cultura araba
abbiamo accesso alle informazioni provenienti dalla Santa Sede nella loro lingua
materna.
B. Comunione tra Vescovi, clero e fedeli
Propositio 22
Sussistenza del clero
Per assicurare al clero una vita decorosa e una sussistenza onorevole, in
particolare per la terza e quarta età, occorrerebbe:
1)Mettere a punto, in conformità alle norme canoniche, un sistema di solidarietà
che assicuri la stessa remunerazione per tutti i preti, sia quelli che esercitano il
ministero che quelli non più in attività.
2)Appoggiandosi su quanto esiste in ogni Paese, istituire un sistema di protezione
sociale che dovrebbe essere esteso ai religiosi e alle religiose, come pure alle
mogli dei preti sposati e ai loro figli minorenni.
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Propositio 23
Preti sposati
Il celibato ecclesiastico è stimato e apprezzato sempre e dovunque nella
Chiesa cattolica, in Oriente come in Occidente. Tuttavia, per assicurare un servizio
pastorale in favore dei nostri fedeli, dovunque essi vadano, e per rispettare le
tradizioni orientali, sarebbe auspicabile studiare la possibilità di avere preti sposati
fuori dai territori patriarcali.
Propositio 24
I laici
Per il battesimo, i laici partecipano alla triplice funzione sacerdotale di
Cristo, diventano profeti, re e sacerdoti. Il Concilio ecumenico Vaticano II ha
riconosciuto il ruolo e la missione dei laici nel suo decreto sull’apostolato dei laici
(“Apostolicam Actuositatem”). Il Papa Giovanni Paolo II ha convocato un sinodo
sui laici e ha pubblicato l’Esortazione Apostolica “Christifideles laici” nella quale
egli esprime la stima per «l’apporto apostolico dei fedeli laici, uomini e donne, in
favore dell’evangelizzazione, della santificazione e dell’animazione cristiana delle
realtà temporali» (n. 23).
I Padri sinodali si impegnano nella stessa linea, tanto più che in Oriente i laici
hanno da sempre svolto un ruolo nella vita della Chiesa. Essi vogliono dare loro
maggiore spazio nella partecipazione alle responsabilità della Chiesa e incoraggiarli
ad essere apostoli nel proprio ambiente e a testimoniare Cristo nel mondo nel quale
vivono.
Propositio 25
Formazione dei seminaristi
Al fine di approfondire l’unità nella diversità, i seminaristi dovranno essere
formati ciascuno in un seminario della propria Chiesa, pur ricevendo la formazione
teologica in una facoltà cattolica comune. In certi luoghi e per ragioni pastorali e
amministrative è anche preferibile avere un solo seminario per le diverse Chiese.
Propositio 26
La vita consacrata
La vita consacrata, apostolica, monastica e contemplativa, è al cuore della
Chiesa. I Padri sinodali manifestano una profonda gratitudine nei confronti
Sinodo per il Medio Oriente
100
delle persone consacrate per la loro testimonianza evangelica. Fanno memoria
in particolare dei martiri di ieri e di oggi. Richiedono che la vita consacrata,
adeguatamente rinnovata, sia accolta, incoraggiata e integrata sempre più nella vita
e nella missione della Chiesa del Medio Oriente.
Le nostre Chiese riconoscono l’importanza del posto delle consacrate nella
società, in ragione della loro testimonianza di fede, del loro servizio disinteressato
e del loro apporto prezioso al “dialogo di vita”.
Propositio 27
Le donne e i bambini
Le nostre Chiese adotteranno i mezzi idonei per incoraggiare e rafforzare
il rispetto, la dignità, il ruolo e i diritti della donna. La dedizione competente e
generosa delle donne al servizio della vita, della famiglia, dell’educazione e della
cura della salute deve essere molto apprezzata. Le nostre Chiese favoriranno la loro
integrazione e la loro partecipazione alla pastorale.
I figli sono il coronamento del matrimonio e un dono speciale per il mondo.
La Chiesa cattolica e i genitori cattolici hanno sempre mostrato un interesse
particolare per la salute e l’educazione di tutti i loro figli. Si dovrà fare ogni
sforzo per salvaguardare e promuovere il rispetto dei loro diritti umani naturali,
a partire dal momento del concepimento, per assicurare loro le cure sanitarie e
un’educazione cristiana.
C. Comunione con le Chiese
e le comunità ecclesiali (ad extra)
Propositio 28
Ecumenismo
L’unità tra tutti i discepoli di Cristo nel Medio Oriente è anzitutto opera dello
Spirito Santo. Essa va ricercata in uno spirito di preghiera, conversione del cuore,
rispetto, perseveranza e amore, lungi da ogni diffidenza, timore o pregiudizio che
sono di ostacolo all’unità. Auspichiamo di vedere le nostre Chiese rinnovare il loro
impegno ecumenico attraverso iniziative pratiche:
– Sostenere il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente;
– Assicurare una formazione allo Spirito ecumenico nelle parrocchie, nelle scuole
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e nei seminari, perché valorizzino le acquisizioni del movimento ecumenico;
– Applicare gli accordi pastorali conclusi, là dove esistono;
– Organizzare incontri tra fedeli e pastori per la preghiera, la meditazione della
Parola di Dio e la collaborazione in tutti gli ambiti;
– Adottare una traduzione araba comune del Padre Nostro e del Simbolo nicenocostantinopolitano.
– Operare per l’unificazione della data di Natale e di Pasqua.
Le Chiese orientali cattoliche, vivendo la comunione con la Chiesa di Roma
nella fedeltà alle loro tradizioni orientali, hanno un importante ruolo ecumenico da
giocare.
I Padri sinodali incoraggiano queste Chiese a instaurare un dialogo ecumenico
a livello locale. Raccomandano anche che le Chiese orientali cattoliche siano
maggiormente implicate nelle commissioni internazionali di dialogo, nella misura
del possibile.
Propositio 29
Festa dei martiri
Istituire una festa comune annuale dei martiri per le Chiese d’Oriente e
domandare ad ogni Chiesa orientale di stabilire una lista dei propri martiri, testimoni
della Fede.
III. LA TESTIMONIANZA CRISTIANA TESTIMONI DELLA RESURREZIONE E DELL’AMORE
A. La formazione cristiana
Propositio 30
Formazione
Per rispondere ai bisogni di una formazione di fede viva degli adulti, le
nostre Chiese del Medio Oriente propongono la creazione di Centri di catechesi
dove non esistenti. È necessario insistere sulla formazione permanente e sulla
collaborazione tra le diverse Chiese a livello di laici, seminari e università. Tutti
102
Sinodo per il Medio Oriente
questi Centri dovrebbero essere aperti a tutte le Chiese. I catechisti in particolare
devono essere ben preparati con una formazione idonea che tenga conto dei
problemi e delle sfide attuali.
Ogni battezzato deve essere pronto a rendere ragione della sua fede in Gesù
Cristo e avere la preoccupazione di proporre il Vangelo senza timidezza, ma anche
senza provocazione. La formazione riguarderà la celebrazione dei misteri, il sapere,
il vivere e l’agire. L’omelia deve essere ben preparata, basata sulla Parola di Dio
e legata alla vita. È importante che la formazione implichi l’addestramento alle
tecniche moderne e alla scienza delle comunicazioni. I laici devono testimoniare
fermamente Cristo nella società. I fondamenti per essere testimoni di questo
genere si trovano nelle scuole cattoliche che sono riconosciute da sempre come
i mezzi più importanti dell’educazione religiosa per i cattolici e della formazione
sociale, in vista della comprensione reciproca tra tutti i membri della società. A
livello universitario incoraggiamo la creazione di un’Associazione di Istituzioni
di Formazione Superiore con un’attenzione particolare alla dottrina sociale della
Chiesa.
Propositio 31
Operatori pastorali
Per la formazione di quadri e operatori pastorali nei diversi ambiti, si propone
di fondare e di sviluppare Centri di formazione inter-ecclesiale in ogni Paese. Si
raccomanda che tali Centri utilizzino i nuovi mezzi audio-visivi di comunicazione. Il
materiale prodotto dovrebbe essere disponibile in Internet e in DVD, per permettere
la massima diffusione con la minima spesa.
Propositio 32
Scuole e istituzioni educative cattoliche
I padri sinodali incoraggiano le scuole e le istituzioni educative cattoliche a
continuare a essere fedeli alla loro missione di educare le nuove generazioni allo
spirito di Cristo e ai valori umani ed evangelici, a consolidare la cultura dell’apertura
e della convivialità, la cura e l’accoglienza dei poveri e dei portatori di handicap.
Nonostante le difficoltà, i Padri invitano le scuole a conservare la missione
educatrice della Chiesa e a promuovere lo sviluppo dei giovani, che sono l’avvenire
delle nostre società. Si raccomanda ai responsabili la necessità di sostenere queste
istituzioni, vista l’importanza del loro ruolo per il bene comune.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
103
Propositio 33
Media
I Padri sinodali hanno rilevato l’importanza capitale dei nuovi mezzi di
comunicazione per la formazione cristiana in Medio Oriente come pure per
l’annuncio della fede. Sono reti di comunicazione privilegiate per propagare
l’insegnamento della Chiesa.
Concretamente, i Padri sinodali raccomandano d’aiutare e sostenere con tutti
i mezzi le strutture già esistenti in questo ambito, quali «Télé-lumière-Noursat»,
«la Voix de la Charité» e altre, perché esse realizzino nello spirito ecclesiale gli
obiettivi per cui sono state create. Alcuni hanno persino auspicato di sostenere la
creazione di una città mediatica per Noursat regionale e internazionale.
I Padri raccomandano vivamente ai responsabili delle strutture audiovisive
nelle nostre Chiese:
– di formare un’equipe specializzata sui piani teologico e tecnico;
– di stabilire programmi di formazione biblica ad uso pastorale;
– di sottotitolare in turco e persiano i programmi, ad uso dei cristiani di Turchia e
Iran.
Propositio 34
Missione
Eredi di uno slancio apostolico che ha portato la Buona Novella in terre
lontane, le nostre Chiese orientali cattoliche sono sollecitate a rinnovare lo spirito
missionario nella preghiera, con la formazione e con l’invio in missione. Esse sono
interpellate dall’urgenza missionaria ad intra e ad extra.
Propositio 35
Famiglia
La famiglia, cellula di base e “Chiesa domestica”, ha bisogno di essere
accompagnata e sostenuta nei suoi problemi e nelle sue difficoltà, soprattutto
nei contesti urbani. Per questo è opportuno rafforzare i centri di preparazione al
matrimonio, i centri d’ascolto e di orientamento, l’accompagnamento spirituale e
umano delle giovani coppie, l’attenzione pastorale alle famiglie, soprattutto quelle
che devono affrontare situazioni difficili (conflitti interni, handicap, droga, ecc.),
e ravvivare la visita dei Pastori alle famiglie, come pure l’incoraggiamento alla
natalità e alla buona educazione dei figli.
Sinodo per il Medio Oriente
104
Propositio 36
Giovani
«I giovani sono l’avvenire della Chiesa» diceva Giovanni Paolo II. Sua
Santità il Papa Benedetto XVI continua a incoraggiarli: «Nonostante le difficoltà,
non lasciatevi scoraggiare e non rinunciate ai vostri sogni! Coltivate invece nel
cuore desideri grandi di fraternità, di giustizia e di pace. Il futuro è nelle mani di
chi sa cercare e trovare ragioni forti di vita e di speranza» (“Messaggio per la XXV
Giornata Mondiale della Gioventù”, 28 marzo 2010, n. 7). Inoltre li chiama a essere
missionari e testimoni nella loro società e nel loro ambiente di vita. E li sprona ad
approfondire la loro fede e la loro conoscenza di Gesù Cristo, loro ideale e modello,
per partecipare con Lui alla salvezza del mondo.
I Padri sinodali si impegnano:
– A porsi in loro ascolto per rispondere ai loro interrogativi e bisogni.
– Ad assicurare loro la formazione spirituale e teologica necessaria, atta ad aiutarli
nel lavoro.
– A costruire con loro i ponti di dialogo per abbattere i muri di divisione e di
separazione nelle società.
– A valorizzare la loro creatività e le loro abilità per metterle a servizio di Cristo e
degli altri giovani della loro età e della loro società.
Propositio 37
La Nuova Evangelizzazione
Le nostre Chiese sono chiamate a entrare nella prospettiva della Nuova
Evangelizzazione, prendendo in considerazione il contesto culturale e sociale nel
quale si trova a vivere, lavorare e agire l’uomo d’oggi. Questo esige una profonda
conversione e un rinnovamento alla luce della Parola di Dio e dei sacramenti,
particolarmente la Riconciliazione e l’Eucaristia.
Propositio 38
Dottrina sociale
I Padri sinodali raccomandano la diffusione della dottrina sociale della
Chiesa, in genere poco presente. Essa è parte integrante della formazione della fede.
Il Catechismo della Chiesa cattolica e il Compendio della Dottrina sociale della
Chiesa sono risorse importanti in questo ambito.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
105
I Padri sinodali raccomandano che l’assemblea dei Vescovi in ogni Paese
formi una commissione episcopale per preparare e diffondere il discorso sociale
della Chiesa, basandosi sull’insegnamento della Chiesa, le posizioni della Santa
Sede circa i problemi attuali e le circostanze reali di ogni Paese.
I Padri raccomandano che le Chiese orientali si occupino delle persone della
terza età, degli immigrati e dei rifugiati con i loro diversi bisogni sociali e che
esse si prendano cura più particolarmente degli handicappati, creando le necessarie
strutture adeguate a loro, e ne favoriscano l’integrazione nella società.
Nella fedeltà a Dio Creatore, i cristiani prenderanno a cuore la protezione
della natura e dell’ambiente. Essi fanno appello ai governi e a tutti gli uomini
di buona volontà perché uniscano i loro sforzi in favore della salvaguardia del
creato.
B. La Liturgia
Propositio 39
Liturgia
La ricchezza biblica e teologica delle liturgie orientali è al servizio spirituale
della Chiesa universale. Ciononostante sarebbe importante e utile rinnovare i testi
e le celebrazioni liturgiche laddove ce n’è bisogno, perché rispondano meglio ai
bisogni e alle attese dei fedeli sulla base di una conoscenza sempre più approfondita
della tradizione e adattata al linguaggio di oggi e alle diverse categorie d’età.
C. Dialogo interreligioso
Propositio 40
Dialogo interreligioso
I cristiani del Medio Oriente sono chiamati a continuare il dialogo con i loro
concittadini di altre religioni, dialogo che avvicina gli spiriti e i cuori. Per questo
sono invitati, con i loro interlocutori, al rafforzamento del dialogo interreligioso,
alla purificazione della memoria, al perdono reciproco del passato e alla ricerca di
un avvenire comune migliore.
Nella vita di ogni giorno cercheranno l’accettazione mutua malgrado le
differenze e opereranno per edificare una società nuova dove il pluralismo religioso
106
Sinodo per il Medio Oriente
è rispettato e dove il fanatismo e l’estremismo saranno esclusi.
I Padri sinodali raccomandano l’elaborazione di un piano di formazione al
dialogo, sia negli istituti d’insegnamento che nei seminari e noviziati, teso a favorire
una cultura del dialogo basata sulla solidarietà umana e religiosa.
Propositio 41
Giudaismo
L’Ebraismo occupa un posto di rilievo nella dichiarazione “Nostra Aetate” del
Concilio Vaticano II. Le iniziative di dialogo e di cooperazione con gli ebrei sono
da incoraggiarsi per approfondire i valori umani e religiosi, la libertà, la giustizia,
la pace e la fraternità. La lettura dell’Antico Testamento e l’approfondimento delle
tradizioni del giudaismo aiutano a conoscere meglio la religione ebraica. Noi
rifiutiamo l’antisemitismo e l’antigiudaismo, distinguendo tra religione e politica.
Propositio 42
Islam
La dichiarazione “Nostra Aetate” del Concilio Vaticano II, come le lettere
pastorali di Patriarchi Cattolici d’Oriente, pongono anche il fondamento dei rapporti
della Chiesa Cattolica con i musulmani. Il Papa Benedetto XVI ha dichiarato: «Il
dialogo interreligioso e interculturale tra cristiani e musulmani non può ridursi a una
scelta stagionale. Esso è in effetti una necessità vitale, da cui dipende in gran parte
il nostro avvenire» (Benedetto XVI, “Incontro con i rappresentanti delle comunità
musulmane”, Colonia, 20.08.2005).
Nel Medio Oriente i cristiani condividono con i musulmani la stessa vita
e lo stesso destino. Edificano insieme la società. È importante promuovere la
nozione di cittadinanza, la dignità della persona umana, l’uguaglianza dei diritti
e dei doveri e la libertà religiosa comprensiva della libertà di culto e della libertà
di coscienza.
I cristiani del Medio Oriente sono chiamati a continuare il fecondo dialogo di
vita con i musulmani. Essi cureranno di avere a loro proposito uno sguardo di stima
e di amore, mettendo da parte ogni pregiudizio negativo. Insieme sono invitati a
scoprire i rispettivi valori religiosi. Offriranno così al mondo l’immagine di un
incontro positivo e di una collaborazione fruttuosa tra i credenti di queste religioni,
opponendosi insieme a ogni genere di fondamentalismo e di violenza in nome della
religione.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
107
Conclusione
Propositio 43
Il seguito del Sinodo
Le Chiese che hanno partecipato al Sinodo sono chiamate a provvedersi di
mezzi per assicurarne il seguito, in collaborazione con il Consiglio dei Patriarchi
Cattolici d’Oriente e le strutture ufficiali delle Chiese interessate, e a coinvolgere
maggiormente i sacerdoti, i laici esperti e i religiosi.
Propositio 44
La Vergine Maria
Maria, la Vergine di Nazareth, è modello perfetto di ascolto della Parola
di Dio e figlia benedetta della nostra terra. Fin dall’inizio della storia cristiana
la riflessione teologica nelle nostre Chiese di Oriente ha contribuito in maniera
decisiva a definire Maria con il nome stupendo di Theotokos, Madre di Dio.
Nelle liturgie di tutte le nostre Chiese la Vergine Maria occupa un posto di
eccellenza ed è circondata dal singolare affetto di tutto il popolo di Dio.
Proprio questa figlia della nostra terra, che tutte le genti chiamano beata, viene
giustamente invocata quale Madre della Chiesa, soprattutto a partire dal Concilio
ecumenico Vaticano II.
Consapevoli degli speciali legami che per disegno di Dio ci uniscono alla
Madre di Gesù, proponiamo che le nostre Chiese, unite insieme e con atto comune,
affidino tutto il Medio Oriente alla protezione della Vergine Maria. ■
C C C
108
Sinodo per il Medio Oriente
V. Messaggio
al Popolo di Dio
Nella Quattordicesima Congregazione Generale, che si è tenuta nel
pomeriggio di venerdì 22 ottobre 2010, i Padri sinodali hanno approvato
il Nuntius, il Messaggio al Popolo di Dio a conclusione dell’Assemblea
Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.*
“La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima
sola” (At 4, 32)
Ai nostri fratelli presbiteri, diaconi, religiosi, religiose, alle persone consacrate
e a tutti i nostri amatissimi fedeli laici e a ogni persona di buona volontà.
Introduzione
1. La grazia di Gesù nostro Signore, l’amore di Dio Padre e la comunione dello
Spirito Santo sia con voi.
Il Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente è stato per noi una novella
Pentecoste. «La Pentecoste è l’avvenimento originario, ma anche un dinamismo
permanente. Il Sinodo dei Vescovi è un momento privilegiato nel quale può
rinnovarsi il cammino della Chiesa e la grazia della Pentecoste» (Benedetto XVI,
Omelia della Messa d’apertura del Sinodo, 10.10.2010). (cf. pagina 10)
Siamo venuti a Roma, noi Patriarchi e vescovi delle Chiese cattoliche in
Oriente con tutti i nostri patrimoni spirituali, liturgici, culturali e canonici, portando
nei nostri cuori le preoccupazioni dei nostri popoli e le loro attese.
Per la prima volta ci siamo riuniti in Sinodo intorno a Sua Santità il Papa
Benedetto XVI con i cardinali e gli arcivescovi responsabili dei Dicasteri romani, i
presidenti delle Conferenze episcopali del mondo toccate dalle questioni del Medio
* Il testo ufficiale redatto in quattro lingue (arabo, francese, italiano e inglese) è qui pubblicato
nella versione italiana.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
109
Oriente, e con rappresentanti delle Chiese ortodosse e comunità evangeliche, e con
invitati ebrei e musulmani.
A Sua Santità Benedetto XVI esprimiamo la nostra gratitudine per la
sollecitudine e per gli insegnamenti che illuminano il cammino della Chiesa in
generale e quello delle nostre Chiese orientali in particolare, soprattutto per la
questione della giustizia e della pace. Ringraziamo le Conferenze episcopali per
la loro solidarietà, la presenza tra noi durante i pellegrinaggi ai Luoghi santi e
la loro visita alle nostre comunità. Li ringraziamo per l’accompagnamento delle
nostre Chiese nei differenti aspetti della nostra vita. Ringraziamo le organizzazioni
ecclesiali che ci sostengono con il loro aiuto efficace.
Abbiamo riflettuto insieme, alla luce della Sacra Scrittura e della viva
Tradizione, sul presente e l’avvenire dei cristiani e dei popoli del Medio Oriente.
Abbiamo meditato sulle questioni di questa parte del mondo che Dio, nel mistero
del suo amore, ha voluto fosse la culla del suo piano universale di salvezza. Da là,
di fatto, è partita la vocazione di Abramo. Là, la Parola di Dio si è incarnata nella
Vergine Maria per l’azione dello Spirito Santo. Là, Gesù ha proclamato il Vangelo
della vita e del regno. Là, egli è morto per riscattare il genere umano e liberarlo
dal peccato. Là è risuscitato dai morti per donare la vita nuova a ogni uomo. Là,
è nata la Chiesa che da là è partita per proclamare il Vangelo fino alle estremità
della terra.
Il primo scopo del Sinodo è di ordine pastorale. È per questo che abbiamo
portato nei cuori la vita, le sofferenze e le speranze dei nostri popoli e le sfide
che si devono affrontare ogni giorno, convinti che «la speranza non delude, perché
l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo
che ci è stato dato» (Rm 5,5). È per questo che vi rivolgiamo questo messaggio,
amatissimi fratelli e sorelle, e vogliamo che sia un appello alla fermezza della fede,
fondata sulla Parola di Dio, alla collaborazione nell’unità e alla comunione nella
testimonianza dell’amore in tutti gli ambiti della vita.
I. La Chiesa nel Medio Oriente:
comunione e testimonianza attraverso la storia
Cammino della fede in Oriente
2. In Oriente è nata la prima comunità cristiana. Dall’Oriente partirono gli Apostoli
dopo la Pentecoste per evangelizzare il mondo intero. Là è vissuta la prima comunità
cristiana in mezzo a tensioni e persecuzioni, «perseverante nell’insegnamento degli
110
Sinodo per il Medio Oriente
apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42). Là i
primi martiri hanno irrorato con il loro sangue le fondamenta della Chiesa nascente.
Alla loro sequela gli anacoreti hanno riempito i deserti col profumo della loro santità
e della loro fede. Là vissero i Padri della Chiesa orientale che continuano a nutrire
con i loro insegnamenti la Chiesa d’Oriente e d’Occidente. Dalle nostre Chiese
partirono, nei primi secoli e nei secoli seguenti, i missionari verso l’estremo Oriente
e verso l’Occidente portando la luce di Cristo. Noi ne siamo gli eredi e dobbiamo
continuare a trasmettere il loro messaggio alle generazioni future.
Le nostre Chiese non hanno smesso di donare santi, preti, consacrati e di servire
in maniera efficace in numerose istituzioni che contribuiscono alla costruzione delle
nostre società e dei nostri paesi, sacrificandosi per l’uomo creato all’immagine di
Dio e portatore della sua immagine. Alcune delle nostre Chiese non cessano ancora
oggi di mandare missionari, portatori della Parola di Cristo nei differenti angoli del
mondo. Il lavoro pastorale, apostolico e missionario ci domanda oggi di pensare
una pastorale per promuovere le vocazioni sacerdotali e religiose e assicurare la
Chiesa di domani.
Ci troviamo oggi davanti a una svolta storica: Dio che ci ha donato la fede
nel nostro Oriente da 2000 anni, ci chiama a perseverare con coraggio, assiduità e
forza, a portare il messaggio di Cristo e la testimonianza al suo Vangelo che è un
Vangelo di amore e di pace.
Sfide e attese
3.1. Oggi siamo di fronte a numerose sfide. La prima viene da noi stessi e dalle
nostre Chiese. Ciò che Cristo ci domanda è di accettare la nostra fede e di viverla
in ogni ambito della vita. Ciò che egli domanda alle nostre Chiese è di rafforzare
la comunione all’interno di ciascuna Chiesa sui iuris e tra le Chiese cattoliche di
diversa tradizione, inoltre di fare tutto il possibile nella preghiera e nella carità per
raggiungere l’unità di tutti i cristiani e realizzare così la preghiera di Cristo: «perché
tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi,
perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
3.2. La seconda sfida viene dall’esterno, dalle condizioni politiche e dalla sicurezza
nei nostri paesi e dal pluralismo religioso. Abbiamo analizzato quanto concerne
la situazione sociale e la sicurezza nei nostri paesi del Medio Oriente. Abbiamo
avuto coscienza dell’impatto del conflitto israelo-palestinese su tutta la regione,
soprattutto sul popolo palestinese che soffre le conseguenze dell’occupazione
israeliana: la mancanza di libertà di movimento, il muro di separazione e le barriere
Dal 10 al 24 ottobre 2010
111
militari, i prigionieri politici, la demolizione delle case, la perturbazione della vita
economica e sociale e le migliaia di rifugiati. Abbiamo riflettuto sulla sofferenza e
l’insicurezza nelle quali vivono gli Israeliani. Abbiamo meditato sulla situazione
di Gerusalemme, la Città Santa. Siamo preoccupati delle iniziative unilaterali che
rischiano di mutare la sua demografia e il suo statuto. Di fronte a tutto questo,
vediamo che una pace giusta e definitiva è l’unico mezzo di salvezza per tutti, per
il bene della regione e dei suoi popoli. 3.3. Nelle nostre riunioni e nelle nostre preghiere abbiamo riflettuto sulle sofferenze
cruente del popolo iracheno. Abbiamo fatto memoria dei cristiani assassinati in
Iraq, delle sofferenze permanenti della Chiesa in Iraq, dei suoi figli espulsi e dispersi
per il mondo, portando noi insieme con loro le preoccupazioni della loro terra e
della loro patria. I padri sinodali hanno espresso la loro solidarietà con il popolo
e che Chiese in Iraq e hanno espresso il voto che gli emigrati, forzati a lasciare i
loro paesi, possano trovare i soccorsi necessari là dove arrivano, affinché possano
tornare nei loro paesi e vivervi in sicurezza. 3.4. Abbiamo riflettuto sulle relazioni tra concittadini, cristiani e musulmani.
Vorremmo qui affermare, nella nostra visione cristiana delle cose, un principio
primordiale che dovrebbe governare queste relazioni: Dio vuole che noi siamo
cristiani nel e per le nostre società del Medio Oriente. Il fatto di vivere insieme
cristiani e musulmani è il piano di Dio su di noi ed è la nostra missione e la nostra
vocazione. In questo ambito ci comporteremo con la guida del comandamento
dell’amore e con la forza dello Spirito in noi.
Il secondo principio che governa queste relazioni è il fatto che noi siamo parte
integrale delle nostre società. La nostra missione basata sulla nostra fede e il nostro
dovere verso le nostre patrie ci obbligano a contribuire alla costruzione dei nostri
paesi insieme con tutti i cittadini musulmani, ebrei e cristiani.
II. Comunione e testimonianza all’interno
delle Chiese cattoliche del Medio Oriente
Ai fedeli delle nostre Chiese
4.1. Gesù ci dice: «Voi siete il sale della terra, la luce del mondo» (Mt 5,13-14). La
vostra missione, amatissimi fedeli, è di essere per mezzo della fede, della speranza
e dell’amore nelle vostre società, come il «sale» che dona sapore e senso alla vita,
112
Sinodo per il Medio Oriente
come la «luce» che illumina le tenebre e come il «lievito» che trasforma i cuori e
le intelligenze. I primi cristiani a Gerusalemme erano poco numerosi. Nonostante
ciò, essi hanno potuto portare il Vangelo fino alle estremità della terra, con la grazia
del «Signore che agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la
accompagnavano» (Mc 16,20).
4.2. Vi salutiamo, cristiani del Medio Oriente, e vi ringraziamo per tutto ciò che
voi avete realizzato nelle vostre famiglie e nelle vostre società, nelle vostre Chiese
e nelle vostre nazioni. Salutiamo la vostra perseveranza nelle difficoltà, pene e
angosce.
4.3. Cari sacerdoti, nostri collaboratori nella missione catechetica, liturgica
e pastorale, vi rinnoviamo la nostra amicizia e la nostra fiducia. Continuate
a trasmettere ai vostri fedeli con zelo e perseveranza il Vangelo della vita e la
Tradizione della Chiesa attraverso la predicazione, la catechesi, la direzione
spirituale e il buon esempio. Consolidate la fede del popolo di Dio perché essa si
trasformi in una civiltà dell’amore. Dategli i sacramenti della Chiesa perché aspiri
al rinnovamento della vita. Radunatelo nell’unità e nella carità con il dono dello
Spirito Santo.
Cari religiosi, religiose e consacrati nel mondo, vi esprimiamo la nostra
gratitudine e ringraziamo Dio insieme con voi per il dono dei consigli evangelici
– della castità consacrata, della povertà e dell’obbedienza – con i quali avete fatto
dono di voi stessi, al seguito del Cristo cui desiderate testimoniare il vostro amore
e predilezione. Grazie alle vostre iniziative apostoliche diversificate, siete il vero
tesoro e la ricchezza delle nostre Chiese e un’oasi spirituale nelle nostre parrocchie,
diocesi e missioni.
Ci uniamo in spirito agli eremiti, ai monaci e alle monache che hanno
consacrato la loro vita alla preghiera nei monasteri contemplativi, santificando le
ore del giorno e della notte, portando nella loro preghiera le preoccupazioni e i
bisogni della Chiesa. Con la testimonianza della vostra vita voi offrite al mondo un
segno di speranza.
4.4. Fedeli laici, noi vi esprimiamo la nostra stima e la nostra amicizia. Apprezziamo
quanto fatte per le vostre famiglie e le vostre società, le vostre Chiese e le vostre
patrie. State saldi in mezzo alle prove e alle difficoltà. Siamo pieni di gratitudine
verso il Signore per i carismi e i talenti di cui vi ha colmato e con i quali voi
partecipate per la forza del Battesimo e della Cresima al lavoro apostolico e alla
missione della Chiesa, impregnando l’ambito delle cose temporali con lo spirito e
i valori del Vangelo. Vi invitiamo alla testimonianza di una vita cristiana autentica,
Dal 10 al 24 ottobre 2010
113
a una pratica religiosa cosciente e ai buoni costumi. Abbiate il coraggio di dire la
verità con obbiettività.
Portiamo nelle nostre preghiere voi, sofferenti nel corpo, nell’anima e nello
spirito, voi oppressi, espatriati, perseguitati, prigionieri e detenuti. Unite le
vostre sofferenze a quelle di Cristo Redentore e cercate nella sua croce la pazienza
e la forza. Con il merito delle vostre sofferenze, voi ottenete per il mondo l’amore
misericordioso di Dio.
Salutiamo ciascuna delle nostre famiglie cristiane e guardiamo con stima la
vocazione e la missione della famiglia, in quanto cellula viva della società, scuola
naturale delle virtù e dei valori etici e umani, e chiesa domestica che educa alla
preghiera e alla fede di generazione in generazione. Ringraziamo i genitori e i nonni
per l’educazione dei loro figli e dei loro nipoti, sull’esempio del fanciullo Gesù
che «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). Ci
impegniamo a proteggere la famiglia con una pastorale familiare grazie ai corsi di
preparazione al matrimonio e ai centri d’accoglienza e di consultazione aperti a
tutti e soprattutto alle coppie in difficoltà e con le nostre rivendicazioni dei diritti
fondamentali della famiglia.
Ci rivolgiamo ora in modo speciale alle donne. Esprimiamo la nostra stima per
quanto voi siete nei diversi stati di vita: come ragazze, educatrici, madri, consacrate
e operatrici nella vita pubblica. Vi elogiamo perché proteggete la vita umana fin
dall’inizio, offrendole cura e affetto. Dio vi ha donato una sensibilità particolare
per tutto ciò che riguarda l’educazione, il lavoro umanitario e la vita apostolica.
Rendiamo grazie a Dio per le vostre attività e auspichiamo che voi esercitiate una
più grande responsabilità nella vita pubblica.
Guardiamo a voi con amicizia, ragazzi e ragazze, come ha fatto Cristo con
il giovane del Vangelo (cf. Mc 10,21). Voi siete l’avvenire delle nostre Chiese,
delle nostre comunità, dei nostri paesi, il loro potenziale e la loro forza rinovatrice.
Progettate la vostra vita sotto lo sguardo amorevole di Cristo. Siate cittadini
responsabili e credenti sinceri. La Chiesa si unisce a voi nelle vostre preoccupazioni
di trovare un lavoro in funzione delle vostre competenze; ciò contribuirà a stimolare
la vostra creatività e ad assicurare l’avvenire e la formazione di una famiglia
credente. Superate la tentazione del materialismo e del consumismo. Siate saldi nei
vostri valori cristiani.
Salutiamo i capi delle istituzioni educative cattoliche. Nell’insegnamento
e nell’educazione ricercate l’eccellenza e lo spirito cristiano. Abbiate come scopo
il consolidamento della cultura della convivialità, la preoccupazione dei poveri e
dei portatori di handicap. Malgrado le sfide e le difficoltà di cui soffrono le vostre
istituzioni, vi invitiamo a mantenerle vive per assicurare la missione educatrice
114
Sinodo per il Medio Oriente
della Chiesa e promuovere lo sviluppo e il bene delle nostre società.
Ci rivolgiamo con grande stima a quanti lavorano nel settore sociale. Nelle
vostre istituzioni siate al servizio della carità. Noi vi incoraggiamo e sosteniamo
in questa missione di sviluppo, che è guidata dal ricco insegnamento sociale
della Chiesa. Attraverso il vostro lavoro, voi rafforzate i legami di fraternità tra
gli uomini, servendo senza discriminazione i poveri, i marginalizzati, i malati, i
rifugiati e i prigionieri. Voi siete guidati dalla parola del Signore Gesù: « tutto
quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a
me » (Mt 25,40).
Guardiamo con speranza i gruppi di preghiera e i movimenti apostolici.
Sono scuole di approfondimento della fede per viverla nella famiglia e nella società.
Apprezziamo le loro attività nelle parrocchie e nelle diocesi e il loro sostegno ai
pastori in conformità con le direttive della Chiesa. Ringraziamo Dio per questi
gruppi e questi movimenti, cellule attive della parrocchia e vivai per le vocazioni
sacerdotali e religiose.
Apprezziamo il ruolo dei mezzi di comunicazione scritta e audio-visiva.
Ringraziamo voi, giornalisti, per la vostra collaborazione con la Chiesa per la
diffusione dei suoi insegnamenti e delle sue attività, e in questi giorni per aver
diffuso le notizie dell’Assemblea del Sinodo sul Medio Oriente in tutte le parti del
mondo.
Ci felicitiamo del contributo dei media internazionali e cattolici. Per il Medio
Oriente merita una menzione particolare il canale Télé Lumière-Noursat. Speriamo
che possa continuare il suo servizio di informazione e di formazione alla fede, il
suo lavoro per l’unità dei cristiani, il consolidamento della presenza cristiana in
Oriente, il rafforzamento del dialogo inter-religioso e la comunione tra gli orientali
sparsi in tutti i continenti.
Ai nostri fedeli nella diaspora
5. L’emigrazione è divenuta un fenomeno generale. Il cristiano, il musulmano e
l’ebreo emigrano e per le stesse cause derivate dall’instabilità politica ed economica.
Il cristiano, inoltre, comincia a sentire nell’insicurezza, benché a diversi gradi, nei
paesi del Medio Oriente. I cristiani abbiano fiducia nell’avvenire e continuino a
vivere nei loro cari paesi.
Vi salutiamo amatissimi fedeli nei vostri differenti paesi della diaspora.
Chiediamo a Dio di benedirvi. Noi vi domandiamo di conservare vivo nei vostri
cuori e nelle vostre preoccupazioni il ricordo delle vostre patrie e delle vostre
Dal 10 al 24 ottobre 2010
115
Chiese. Voi potete contribuire alla loro evoluzione e alla loro crescita con le vostre
preghiere, i vostri pensieri, le vostre visite e con diversi mezzi, anche se ne siete
lontani.
Conservate i beni e le terre che avete in patria; non affrettatevi ad abbandonarli
e a venderli. Custodite tali proprietà come un patrimonio per voi e una porzione di
quella patria alla quale rimanete attaccati e che voi amate e sostenete. La terra fa
parte dell’identità della persona e della sua missione; essa è uno spazio vitale per
quelli che vi restano e per quelli che, un giorno, vi ritorneranno. La terra è un bene
pubblico, un bene della comunità, un patrimonio comune. Non può essere ridotta
a interessi individuali da parte di chi la possiede e che da solo decide a proprio
piacimento di tenerla o di abbandonarla.
Vi accompagniamo con le nostre preghiere, voi figli delle nostre Chiese e
dei nostri Paesi, forzati a emigrare. Portate con voi la vostra fede, la vostra cultura
e il vostro patrimonio per arricchire le vostre nuove patrie che vi procurano pace,
libertà e lavoro. Guardate all’avvenire con fiducia e gioia, restate sempre attaccati
ai vostri valori spirituali, alle vostre tradizioni culturali e al vostro patrimonio
nazionale per offrire ai paesi che vi hanno accolto il meglio di voi stessi e il meglio
di ciò che avete. Ringraziamo le Chiese dei paesi della diaspora che hanno accolto i
nostri fedeli e che non cessano di collaborare con noi per assicurare loro il servizio
pastorale necessario.
Agli migranti nei nostri paesi e nelle nostre Chiese
6. Salutiamo tutti gli immigrati delle diverse nazionalità, venuti nei nostri paesi per
ragione di lavoro.
Noi vi accogliamo, amatissimi fedeli, e vediamo nella vostra fede un arricchimento e un sostegno per la fede dei nostri fedeli. È con gioia che vi forniremo
ogni aiuto spirituale di cui voi avete bisogno.
Noi domandiamo alle nostre Chiese di prestare un’attenzione speciale a questi
fratelli e sorelle e alle loro difficoltà, qualunque sia la loro religione, soprattutto
quando sono esposti ad attentati ai loro diritti e alla loro dignità. Essi vengono da
noi non soltanto per trovare mezzi per vivere, ma per procurare dei servizi di cui
i nostri paesi hanno bisogno. Essi ricevono da Dio la loro dignità e, come ogni
persona umana, hanno dei diritti che è necessario rispettare. Non è permesso a
nessuno di attentare a tale dignità e diritti. È per questo che invitiamo i governi dei
paesi di accoglienza a rispettare e difendere i loro diritti.
116
Sinodo per il Medio Oriente
III. Comunione e testimonianza con le Chiese ortodosse
e le Comunità evangeliche nel Medio Oriente
7. Salutiamo le Chiese ortodosse e le Comunità evangeliche nei nostri paesi.
Lavoriamo insieme per il bene dei cristiani, perché essi restino, crescano e
prosperino. Siamo sulla stessa strada. Le nostre sfide sono le stesse e il nostro
avvenire è lo stesso. Vogliamo portare insieme la testimonianza di discepoli di
Cristo. Soltanto con la nostra unità possiamo compiere la missione che Dio ha
affidato a tutti, malgrado la diversità delle nostre Chiese. La preghiera di Cristo è il
nostro sostegno, ed è il comandamento dell’amore che ci unisce, anche se la strada
verso la piena comunione è ancora lunga davanti a noi.
Abbiamo camminato insieme nel Consiglio delle Chiese del Medio Oriente
e vogliamo continuare questo cammino con la grazia di Dio e promuovere la sua
azione, avendo come scopo ultimo la testimonianza comune alla nostra fede, il
servizio dei nostri fedeli e di tutti i nostri paesi. Salutiamo e incoraggiamo tutte le
istanze di dialogo ecumenico in ciascuno dei nostri paesi.
Esprimiamo la nostra gratitudine al Consiglio Mondiale delle Chiese e alle
diverse organizzazioni ecumeniche, che lavorano per l’unità della Chiesa, per il
loro sostegno.
IV. Cooperazione e dialogo
con i nostri concittadini ebrei
8. La stessa Scrittura santa ci unisce, l’Antico Testamento che è la Parola di Dio per
voi e per noi. Noi crediamo in tutto quanto Dio ha rivelato, da quando ha chiamato
Abramo, nostro padre comune nella fede, padre degli ebrei, dei cristiani e dei
musulmani. Crediamo nelle promesse e nell’alleanza che Dio ha affidato a lui. Noi
crediamo che la Parola di Dio è eterna.
Il Concilio Vaticano II ha pubblicato il documento Nostra aetate, riguardante
il dialogo con le religioni, con l’Ebraismo, l’Islam e le altre religioni. Altri
documenti hanno precisato e sviluppato in seguito le relazioni con l’Ebraismo.
C’è inoltre un dialogo continuo tra la Chiesa e i rappresentanti dell’Ebraismo.
Noi speriamo che questo dialogo possa condurci ad agire presso i responsabili per
mettere fine al conflitto politico che non cessa di separarci e di perturbare la vita
dei nostri paesi.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
117
È tempo di impegnarci insieme per una pace sincera, giusta e definitiva. Tutti
noi siamo interpellati dalla Parola di Dio. Essa ci invita ad ascoltare la voce di Dio
«che parla di pace»: «ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore» (Sal 85, 9).
Non è permesso di ricorrere a posizioni teologiche bibliche per farne uno strumento
a giustificazione delle ingiustizie. Al contrario, il ricorso alla religione deve portare
ogni persona a vedere il volto di Dio nell’altro e a trattarlo secondo gli attributi di
Dio e i suoi comandamenti, vale a dire secondo la bontà di Dio, la sua giustizia, la
sua misericordia e il suo amore per noi.
V. Cooperazione e dialogo
con i nostri concittadini musulmani
9. Siamo uniti dalla fede in un Dio unico e dal comandamento che dice: fa il bene
ed evita il male. Le parole del Concilio Vaticano II sul rapporto con le religioni
pongono le basi delle relazioni tra la Chiesa Cattolica e i musulmani: «La Chiesa
guarda con stima i musulmani che adorano il Dio uno, vivente […] misericordioso
e onnipotente, che ha parlato agli uomini» (Nostra Aetate 3).
Diciamo ai nostri concittadini musulmani: siamo fratelli e Dio ci vuole
insieme, uniti nella fede in Dio e nel duplice comandamento dell’amore di Dio e del
prossimo. Insieme noi costruiremo le nostre società civili sulla cittadinanza, sulla
libertà religiosa e sulla libertà di coscienza. Insieme noi lavoreremo per promuovere
la giustizia, la pace, i diritti dell’uomo, i valori della vita e della famiglia. La nostra
responsabilità è comune nella costruzione delle nostre patrie. Noi vogliamo offrire
all’Oriente e all’Occidente un modello di convivenza tra le differenti religioni e di
collaborazione positiva tra diverse civiltà, per il bene delle nostre patrie e quello di
tutta l’umanità.
Dalla comparsa dell’islam nel VII secolo fino ad oggi, abbiamo vissuto
insieme e abbiamo collaborato alla creazione della nostra civiltà comune. È
capitato nel passato, come capita ancor’oggi, qualche squilibrio nei nostri rapporti.
Attraverso il dialogo noi dobbiamo eliminare ogni squilibrio o malinteso. Il Papa
Benedetto XVI ci dice che il nostro dialogo non può essere una realtà passeggera.
È piuttosto una necessità vitale da cui dipende il nostro avvenire (cf. Discorso ai
rappresentanti delle comunità musulmane a Colonia, 20.08.2005). È nostro dovere,
dunque, educare i credenti al dialogo inter-religioso, all’accettazione del pluralismo,
al rispetto e alla stima reciproca.
118
Sinodo per il Medio Oriente
VI. La nostra partecipazione alla vita pubblica:
appelli ai governi e ai responsabili pubblici dei nostri paesi
10. Apprezziamo gli sforzi che dispiegate per il bene comune e il servizio
delle nostre società. Vi accompagniamo con le nostre preghiere e domandiamo
a Dio di guidare i vostri passi. Ci rivolgiamo a voi a riguardo dell’importanza
dell’uguaglianza tra i cittadini. I cristiani sono cittadini originali e autentici,
leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. È naturale che essi
possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto,
di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di
comunicazione.
Vi chiediamo di raddoppiare gli sforzi che dispiegate per stabilire una pace
giusta e duratura in tutta la regione e per arrestare la corsa agli armamenti. È questo
che condurrà alla sicurezza e alla prosperità economica, arresterà l’emorragia
dell’emigrazione che svuota i nostri paesi delle loro forze vive. La pace è un dono
prezioso che Dio ha affidato agli uomini e sono gli « operatori di pace[che]saranno
chiamati figli di Dio » (Mt 5, 9).
VII. Appello alla comunità internazionale
11. I cittadini dei paesi del Medio Oriente interpellano la comunità internazionale,
in particolare l’O.N.U., perché essa lavori sinceramente ad una soluzione di pace
giusta e definitiva nella regione, e questo attraverso l’applicazione delle risoluzioni
del Consiglio di Sicurezza, e attraverso l’adozione delle misure giuridiche necessarie
per mettere fine all’Occupazione dei differenti territori arabi.
Il popolo palestinese potrà così avere una patria indipendente e sovrana e
vivervi nella dignità e nella stabilità. Lo Stato d’Israele potrà godere della pace e
della sicurezza all’interno delle frontiere internazionalmente riconosciute. La Città
Santa di Gerusalemme potrà trovare lo statuto giusto che rispetterà il suo carattere
particolare, la sua santità, il suo patrimonio religioso per ciascuna delle tre religioni
ebraica, cristiana e musulmana. Noi speriamo che la soluzione dei due Stati diventi
realtà e non resti un semplice sogno.
L’Iraq potrà mettere fine alle conseguenze della guerra assassina e ristabilire
la sicurezza che proteggerà tutti i suoi cittadini con tutte le loro componenti sociali,
religiose e nazionali.
Dal 10 al 24 ottobre 2010
119
Il Libano potrà godere della sua sovranità su tutto il territorio, fortificare
l’unità nazionale e continuare la vocazione a essere il modello della convivenza
tra cristiani e musulmani, attraverso il dialogo delle culture e delle religioni e la
promozione delle libertà pubbliche.
Noi condanniamo la violenza e il terrorismo, di qualunque origine, e qualsiasi
estremismo religioso. Condanniamo ogni forma di razzismo, l’antisemitismo,
l’anticristianesimo e l’islamofobia e chiamiamo le religioni ad assumere le loro
responsabilità nella promozione del dialogo delle culture e delle civiltà nella nostra
regione e nel mondo intero.
Conclusione:
continuare a testimoniare la vita divina
che ci è apparsa nella persona di Gesù
12. In conclusione, fratelli e sorelle, noi vi diciamo con l’apostolo san Giovanni
nella sua prima lettera: «Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito,
quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che
le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi
l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che
era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi
lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra
comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo» (1Gv 1,1-3).
Questa Vita divina che è apparsa agli apostoli 2000 anni fa nella persona del
nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, della quale la Chiesa è vissuta e alla quale
essa ha dato testimonianza in tutto il corso della sua storia, rimarrà sempre la vita
delle nostre Chiese nel Medio Oriente e l’oggetto della nostra testimonianza.
Sostenuti dalla promessa del Signore: «ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo» (Mt 28,20), proseguiamo insieme il nostro cammino nella
speranza, e «la speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei
nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).
Confessiamo che non abbiamo fatto fino ad ora tutto ciò che era in nostra
possibilità per vivere meglio la comunione tra le nostre comunità. Non abbiamo
operato a sufficienza per confermarvi nella fede e darvi il nutrimento spirituale di
cui avete bisogno nelle vostre difficoltà. Il Signore ci invita ad una conversione
personale e collettiva.
Sinodo per il Medio Oriente
120
Oggi torniamo a voi pieni di speranza, di forza e di risolutezza, portando
con noi il messaggio del Sinodo e le sue raccomandazioni per studiarle insieme e
metterci ad applicarle nelle nostre Chiese, ciascuno secondo il suo stato. Speriamo
anche che questo sforzo nuovo sia ecumenico.
Noi vi rivolgiamo questo umile e sincero appello perché insieme condividiamo
un cammino di conversione per lasciarci rinnovare dalla grazia dello Spirito Santo e
ritornare a Dio.
Alla Santissima Vergine Maria, Madre della Chiesa e Regina della pace, sotto
la cui protezione abbiamo messo i lavori sinodali, affidiamo il nostro cammino
verso nuovi orizzonti cristiani e umani, nella fede in Cristo e con la forza della sua
parola: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). ■
C C C
Dal 10 al 24 ottobre 2010
121
Sommario
Editoriale di S.B. il Patriarca Fouad Twal ............................................................................................. 2
Introduzione ................................................................................................................................................................ 4
I partecipanti al Sinodo dalla Terra Santa ............................................................................................. 8
I. Omelia del Santo Padre: Solenne Inaugurazione dell’assemblea speciale
per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi ................................................................................... 10
II. I discorsi
1)Ordinari della Famiglia del Patriarcato latino di Gerusalemme .................................... 14
• Intervento di S.B. Fouad TWAL, Patriarca latino di Gerusalemme ......................... 14
• Intervento di S.B. Michel SABBAH,
Patriarca latino emerito di Gerusalemme .................................................................................. 17
• Intervento di Mons. Salim SAYEGH,
Vicario Patriarcale latino di Gerusalemme per la Giordania ........................................ 19
• Intervento di Mons. Giacinto-Boulos MARCUZZO,
Vicario Patriarcale latino di Gerusalemme per Israele ..................................................... 20
• Intervento di Mons. William SHOMALI,
Vescovo ausiliare latino di Gerusalemme ................................................................................... 24
• Intervento del Rev. P. David NEUHAUS, S.C.J., Vicario del Patriarca latino
di Gerusalemme per la pastorale dei cattolici di lingua ebraica ................................. 26
• Intervento del Rev. P. Umberto BARATO, O.F.M.,
Vicario Patriarcale latino emerito di Gerusalemme per Cipro ..................................... 28
2) L’Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa (A.O.C.T.S.) ................................ 29
• Intervento di Mons. Elias CHACOUR, Arcivescovo di San Giovanni d’Acri,
Tolemaide dei Greco-Melkiti (ISRAELE) ................................................................................... 29
• Intervento di Mons. Paul Nabil EL-SAYAH,
Arcivescovo di Haifa e Terra Santa dei Maroniti,
Esarca Patriarcale di Antiochia dei Maroniti (ISRAELE) ................................................ 30
• Intervento di Mons. Yasser AYYASH,
Arcivescovo Greco Melchita di Petra e Filadelfia, (GIORDANIA) ............................ 31
• Intervento di Mons. Grégoire Pierre MELKI,
Esarca Patriarcale del Patriarcato di Antiochia dei Siri (GERUSALEMME) ..... 33
• Intervento di Mons. Joseph Jules ZEREY,
Vescovo ausiliare e Protosincello del Patriarcato
di Antiochia dei Greco-Melkiti (GERUSALEMME) ............................................................. 34
• Intervento di Mons. Raphaël François MINASSIAN, Esarca Patriarcale
del Patriarcato di Cilicia degli Armeni (GERUSALEMME) ........................................... 35
• Intervento del Rev. P. Pierbattista PIZZABALLA, O.F.M.
Custode di Terra Santa (GERUSALEMME) ............................................................................. 36
122
Sinodo per il Medio Oriente
3) Istituzioni legate al Patriarcato latino di Gerusalemme ....................................................... 39
• Intervento del Card. John Patrick FOLEY,
Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro
di Gerusalemme (CITTÀ DEL VATICANO) .............................................................................. 39
• Intervento del Prof. Agostino BORROMEO, Governatore Generale
dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (ITALIA), uditore ....... 41
• Intervento del Sig. Epiphan Bernard Z. SABELLA,
Professore Associato di Sociologia presso l’Università di Betlemme
(TERRITORI PALESTINESI), uditore .......................................................................................... 42
• Intervento della Sig.ra Huda MUASHER,
Direttrice di “Caritas” (GIORDANIA), uditrice ................................................................... 43
4) Altri vescovi del Medio Oriente ............................................................................................................ 45
• Intervento di Mons. Edmond FARHAT, Nunzio Apostolico (LIBANO) .................... 45
• Intervento di Mons. Paul DAHDAH,
Vicario Apostolico di Beirut dei Latini (LIBANO) ................................................................ 47
• Intervento di Mons. Paul HINDER,
Vicario Apostolico di Arabia (EMIRATI ARABI UNITI) ................................................... 48
• Intervento di Mons. Ghaleb Moussa BADER,
Arcivescovo di Algeri (ALGERIA) .................................................................................................. 57
• Intervento di Mons. Maroun Elias LAHHAM, Vescovo di Tunisi (TUNISIA) ...... 58
5) Membri della Curia Romana ................................................................................................................. 59
• Intervento del Card. Zenon GROCHOLEWSKI, Prefetto della Congregazione
per l’Educazione Cattolica (CITTÀ DEL VATICANO) ...................................................... 59
• Intervento di Mons. Angelo AMATO, Prefetto della Congregazione
delle Cause dei Santi (CITTÀ DEL VATICANO) ..................................................................... 61
• Intervento del Card. Jean-Louis TAURAN, Presidente del Pontificio Consiglio
per il Dialogo Interreligioso (CITTÀ DEL VATICANO) ................................................... 62
• Intervento di Mons. Claudio Maria CELLI, Presidente del Pontificio Consiglio
delle Comunicazioni Sociali (CITTÀ DEL VATICANO) .................................................... 63
6) Altri Vescovi ...................................................................................................................................................... 65
• Relazione del Card. Péter ERDŐ,
Arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria),
Presidente del “Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae”
(C.C.E.E.), per l’Europa ...................................................................................................................... 65
• Relazione del Card. Roger Michael MAHONY,
Arcivescovo di Los Angeles (USA) ................................................................................................. 67
7) Rappresentanti delle altre confessioni e religioni .................................................................... 70
• Intervento di S.E. Munib YOUNAN, Vescovo della Chiesa Evangelica
Luterana in Giordania e Terra Santa, Presidente della World Lutheran
Federation (ISRAELE), Delegato Fraterno .............................................................................. 70
• Intervento dell’invitato speciale, il Rabbino David ROSEN,
consigliere del gran Rabbinato d’Israele (ISRAELE) ......................................................... 72
Dal 10 al 24 ottobre 2010
•
•
123
Intervento dell’invitato speciale al sinodo, Sig. Muhammad AL-SAMMAK,
consigliere politico del mufti del Libano .................................................................................... 75
Intervento dell’invitato speciale al sinodo, l’Ayatollah Seyed Mostafa
Mohaghegh AHMADABADI (Iran) .............................................................................................. 78
8) Altri interventi ................................................................................................................................................. 82
• Intervento di P. José RODRÍGUEZ CARBALLO, O.F.M.
Ministro Generale dell’Ordine Francescano dei Frati Minori (ITALIA) ................. 82
• Intervento del Rev. Rino ROSSI,
Direttore della “Domus Galilææ”, Corazin (ISRAELE), uditore ................................ 83
• Intervento del Sig. Anton R. ASFAR,
Membro del Consiglio dell’Esarcato Patriarcale dei Siro-cattolici
di Gerusalemme (ISRAELE), uditore ............................................................................................ 84
• Intervento della Sig.ra Anan J. LEWIS,
Professore di Poesia inglese Vittoriana e Moderna, Dipartimento
di Inglese, Università di Baghdad (IRAQ), uditrice ............................................................. 85
III. Omelia del Santo Padre di conclusione del Sinodo
dei vescovi per il Medio Oriente .......................................................................................................... 87
IV. Le 44 proposizioni finali ............................................................................................................................. 91
• Introduzione ................................................................................................................................................. 91
• I. La presenza cristiana in Medio Oriente .................................................................................. 92
• II. La Comunione ecclesiale ............................................................................................................... 96
• III. La testimonianza cristiana testimoni della resurrezione e dell'amore ............. 101
• Conclusione ............................................................................................................................................... 107
V. Messaggio al Popolo di Dio ...................................................................................................................... 108
• Introduzione .............................................................................................................................................. 108
• I. La Chiesa nel Medio Oriente: comunione
e testimonianza attraverso la storia .............................................................................................. 109
• II. Comunione e testimonianza all’interno
delle Chiese cattoliche del Medio Oriente ............................................................................... 111
• III. Comunione e testimonianza con le Chiese ortodosse
e le Comunità evangeliche nel Medio Oriente ...................................................................... 116
• IV. Cooperazione e dialogo con i nostri concittadini ebrei ............................................ 116
• V. Cooperazione e dialogo con i nostri concittadini musulmani ................................. 117
• VI. La nostra partecipazione alla vita pubblica: appelli ai governi
e ai responsabili pubblici dei nostri paesi .................................................................................. 118
• VII. Appello alla comunità internazionale ............................................................................... 118
• Conclusione: continuare a testimoniare la vita divina che ci
è apparsa nella persona di Gesù ..................................................................................................... 119
Indice degli argomenti ................................................................................................................................... 124
124
Sinodo per il Medio Oriente
Indice degli argomenti
Chiesa Madre di Gerusalemme
– S.B. Mons. Fouad Twal ................................................................................................................................ 14
– Rev. Padre Pierbattista Pizzaballa, OFM ............................................................................................... 36
Cipro
– Rev. Padre Umberto Barato, OFM ......................................................................................................... 28
Conflitto israelo-palestinese
– S.B. Mons. Michel Sabbah ......................................................................................................................... 17
– Mons. Grégoire Melki .................................................................................................................................. 33
– Card. John Patrick Foley ............................................................................................................................. 39
– Sig. Epiphan Bernard Sabella ................................................................................................................... 42
Conversione – Chiamata alla santità
– Mons. Jules Joseph Zerey ........................................................................................................................... 34
– Card. Angelo Amato ...................................................................................................................................... 61
Custodia di Terra Santa
– Rev. Padre Pierbattista Pizzaballa, OFM ............................................................................................... 36
– Rev. Padre José Rodriguez Carballo, OFM ......................................................................................... 82
Dialogo inter religioso
– Rev. Padre David Neuhaus, SJ ................................................................................................................ 26
– Mons. Yasser Ayyash .................................................................................................................................... 31
– Card. John Patrick Foley ............................................................................................................................. 39
– Mons. Edmond Farhat .................................................................................................................................. 45
– Mons. Ghaleb Bader ...................................................................................................................................... 57
– Card. Jean-Louis Tauran ............................................................................................................................. 62
– Rabbino David Rosen ................................................................................................................................... 72
– Sig. Muhammad Al-Sammak .................................................................................................................. 75
– Sig. Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi ................................................................................. 78
Ecumenismo e dialogo inter-ecclesiale
– Mons. Paul Nabil El-Sayah ........................................................................................................................ 30
– Mons. Yasser Ayyash .................................................................................................................................... 31
– Mons. Grégoire Melki .................................................................................................................................. 33
– Mons. Raphaël Minassian .......................................................................................................................... 35
– S.E. Munib Younan ........................................................................................................................................ 70
Dal 10 al 24 ottobre 2010
125
Educazione - scuole
– Mons. Salim Sayegh ...................................................................................................................................... 19
– Mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo ........................................................................................................ 20
– Card. John Patrick Foley ............................................................................................................................. 39
– Card. Zenon Grocholewski ........................................................................................................................ 59
– S.E. Munib Younan ........................................................................................................................................ 70
Emigrazione
– S.B. Mons. Fouad Twal ................................................................................................................................ 14
– Mons. Yasser Ayyash .................................................................................................................................... 31
– Mons. Grégoire Melki .................................................................................................................................. 33
– Prf. Agostino Borromeo ............................................................................................................................. 41
– Sig. Epiphan Bernard Sabella ................................................................................................................... 42
– Card. Jean-Louis Tauran ............................................................................................................................. 62
– Card. Péter Erdő .............................................................................................................................................. 65
– Sig.ra Anan J. Lewis ...................................................................................................................................... 85
Europa
– Card. Péter Erdő .............................................................................................................................................. 65
Evangelizzazione
– Sig. Claudio Maria Celli .............................................................................................................................. 63
– Card. Péter Erdő .............................................................................................................................................. 65
– Rev. Padre José Rodriguez Carballo, OFM .......................................................................................... 82
Famiglia
– Mons. Jules Joseph Zerey ........................................................................................................................... 34
– Sig. Anton R. Asfar ........................................................................................................................................ 84
Formazione dei cristiani – Parola di Dio
– Mons. Salim Sayegh ...................................................................................................................................... 19
– Mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo ........................................................................................................ 20
– Rev. Padre Umberto Barato, OFM ......................................................................................................... 28
– Rev. Padre Pierbattista Pizzaballa, OFM ............................................................................................... 36
– Rev. Padre José Rodriguez Carballo, OFM ......................................................................................... 82
– Rev. Padre Rino Rossi .................................................................................................................................. 83
Giordania
– Mons. Yasser Ayyash .................................................................................................................................... 31
Giudaismo
– Rev. Padre David Neuhaus, SJ ................................................................................................................ 26
– Rabbino David Rosen ................................................................................................................................... 72
126
Sinodo per il Medio Oriente
Golfo
– Mons. Paul Hinder .......................................................................................................................................... 48
Identità e Vocazione cristiane
– S.B. Mons. Fouad Twal ................................................................................................................................ 14
– S.B. Mons. Michel Sabbah ........................................................................................................................ 17
– Mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo ........................................................................................................ 20
– Mons. William Shomali ............................................................................................................................... 24
– Mons. Elias Chacour ..................................................................................................................................... 29
– Sig.ra Huda Muasher ..................................................................................................................................... 43
– Card. Zenon Grocholewski ........................................................................................................................ 59
– Card. Roger Michael Mahony .................................................................................................................. 67
– Sig. Anton R. Asfar ........................................................................................................................................ 84
Immigrazione
– Rev. Padre Umberto Barato, OFM ......................................................................................................... 28
– Sig. Epiphan Bernard Sabella ................................................................................................................. 42
Iraq
– Sig.ra Anan J. Lewis ...................................................................................................................................... 85
Islam
– Mons. Edmond Farhat .................................................................................................................................. 45
– Sig. Muhammad Al-Sammak .................................................................................................................. 75
– Sig. Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi ................................................................................. 78
Laicità
– Sig.ra Huda Muasher ..................................................................................................................................... 43
Lingua araba e liturgia
– Mons. William Shomali ............................................................................................................................... 24
Luoghi Santi
– Rev. Padre Pierbattista Pizzaballa, OFM ............................................................................................... 36
Maghreb
– Mons. Ghaleb Bader ...................................................................................................................................... 57
– Mons. Maroun Elias Lahham ................................................................................................................... 58
Media
– Mons. Raphaël Minassian .......................................................................................................................... 35
– Mons. Claudio Maria Celli ........................................................................................................................ 63
Dal 10 al 24 ottobre 2010
127
Pellegrinaggi
– S.B. Mons. Fouad Twal ................................................................................................................................ 14
– Rev. Padre Pizzaballa, OFM ........................................................................................................................ 36
– Card. John Patrick Foley ............................................................................................................................. 39
Perdono
– Card. Roger Michael Mahony .................................................................................................................. 67
Sette
– Mons. Salim Sayegh ...................................................................................................................................... 19
– Sig. Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi ................................................................................. 78
Terra Santa
– S.B. Mons Fouad Twal ................................................................................................................................. 14
– Mons. Elias Chacour ..................................................................................................................................... 29
– Rev. Padre Pierbattista Pizzaballa, OFM .............................................................................................. 36
– Card. John Patrick Foley ............................................................................................................................. 39
– Sig. Anton R. Asfar ........................................................................................................................................ 84
Testimonianza
– S.B. Mons. Michel Sabbah ....................................................................................................................... 17
– Mons. Raphaël Minassian .......................................................................................................................... 35
– Rev. Padre Pierbattista Pizzaballa, OFM .............................................................................................. 36
– Sig. Epiphan Bernard Sabella ................................................................................................................... 42
– Mons. Edmond Farhat .................................................................................................................................. 45
– Mons. Ghaleb Bader ...................................................................................................................................... 57
– S.E. Munib Younan ........................................................................................................................................ 70
Vicariato ebreofono
– Rev. Padre David Neuhaus, SJ ................................................................................................................ 26
Vocazioni e ruolo del clero
– Mons. Salim Sayegh ...................................................................................................................................... 19
– Mons. Paul Dahdah ........................................................................................................................................ 47
– Mons. Maroun Lahham ............................................................................................................................... 58
– Rev. Padre Rino Rossi .................................................................................................................................. 83
128
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