Teatro alla Scala
Lunedì 11 aprile 2016, ore 20
Concerto sinfonico della
Filarmonica della Scala
Direttore
Fabio Luisi
Violino
Sergej Krylov
Main Partner
Il concerto sarà trasmesso in diretta su Rai Radio3
e in streaming video gratuito su www.filarmonica.it
Riccardo Panfili
(1979)
Oltre la linea, per grande orchestra
Niccolò Paganini
(1782 - 1840)
Concerto n. 5 in la minore per violino e orchestra
Allegro maestoso
Andante, un poco sostenuto
Rondo - Andantino quasi Allegretto
Richard Strauss
(1864 - 1949)
Aus Italien, fantasia sinfonica in sol maggiore, op. 16
Auf der Campagna - Andante
Roms Ruinen - Allegro molto e con brio
Am Strande von Sorrent - Andantino
Neapolitanisches Volksleben - Allegro molto
Siamo lieti di offrire ai nostri abbonati e a tutti
gli spettatori del concerto questo programma
interamente realizzato dalla Filarmonica della Scala
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FOTO © HANNINEN
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William Turner
Rome from Mount Aventine, 1836
Olio su tela
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Riccardo Panfili
Oltre la linea, per grande orchestra
Carlo Boccadoro
Il nome di Riccardo Panfili appare ormai da diverso tempo nei cartelloni delle stagioni concertistiche più
prestigiose, spesso eseguito da musicisti di fama internazionale. Il pubblico della Filarmonica della Scala
ha avuto modo di conoscere questo musicista grazie all’esecuzione che Antonio Pappano ha fatto l’anno
scorso del suo vasto affresco sinfonico L’Aurora, probabilmente.
Questa volta a Panfili è stata affidata la commissione che tutti gli anni la Filarmonica riserva a un autore
contemporaneo (una tradizione iniziata diversi anni fa da Riccardo Muti).
Allievo tra gli altri di Ivan Vandor e Azio Corghi, Panfili si considera un discepolo spirituale di Wans Werner Henze, di cui è stato per diversi anni l’assistente.
E proprio da Henze, uno dei grandissimi del Novecento, Panfili ha acquisito sin dai primi lavori la stessa
indipendenza di pensiero, che gli permette di non seguire alcuna moda stilistica e di muoversi in un percorso personale dove molti linguaggi differenti riescono a convivere con coerenza grazie a una sicurissima
tecnica di scrittura e a una capacità di virtuosismo orchestrale che ha pochi paragoni in Italia (e non solo).
La grande orchestra è il regno di Panfili: la possibilità di mescolare in modo sempre imprevedibile le migliaia di colori diversi che la palette orchestrale offre oggi sembra essere per lui un’inesauribile fonte d’ispirazione. I suoi brani richiedono un grandissimo impegno sia al direttore che agli strumentisti, esplorano le possibilità timbriche in maniera sempre diversa. Molto importante nella produzione di Panfili (e
in generale in quella dei compositori delle ultime generazioni) è il recupero dell’idea di “figura musicale”
intesa in senso semiologico-linguistico. La chiarezza dei gesti musicali fornisce all’ascoltatore una mappa
sicura per orientarsi all’interno di un percorso variegato, spesso imprevedibile e sempre sorprendente.
Quest’idea di riconoscibilità figurale, abbandonata da molti importanti autori dell’Avanguardia storica
come Xenakis o Stockhausen, ma non da altri come Henze o Penderecki, viene rielaborata da Panfili
attraverso gesti di grande evidenza, che non temono di essere “espliciti” e caratterizzati da una grande
teatralità.
Oltre la linea, il brano presentato stasera, non fa eccezione e continua con sicurezza il percorso stilistico di
Panfili, mettendo in campo un organico orchestrale di vastissime dimensioni che comprende ben cinque
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percussionisti oltre a una nutritissima serie di ottoni e legni. Dal punto di vista formale il lavoro si presenta
come un Tema cui seguono dieci Variazioni, per un totale di quindici minuti circa.
L’essenzialità di ciascuna Variazione conferisce un passo “spedito” all’andamento della partitura, che concentra una quantità notevolissima di invenzioni tematiche, armoniche e orchestrali in uno spazio relativamente breve.
Rispetto alle atmosfere magiche e sognanti di L’Aurora, probabilmente qui ci troviamo in una dimensione
molto più nervosa e compatta fin dal brevissimo tema iniziale, che appare contrappuntato da figure staccate, rapide e nervose, di tutta l’orchestra.
Appaiono subito interventi ritmici frammentati di carattere cupo e minaccioso realizzati da controfagotto, clarinetto basso, timpani e contrabbassi sopra cui si muovono inquieti interventi cromatici di viole
e violoncelli. Tutto pare instabile, ci si muove su un terreno che sembra dover crollare da un momento
all’altro e di colpo ci si trova proiettati nella Prima Variazione, che rafforza l’elemento ritmico in sedicesimi
affidandolo anche ai fagotti, mentre gli oboi stagliano figure di terzine in fortissimo dal sapore tagliente.
A questa estrema mobilità dei legni (si notino anche le sventagliate rapidissime dei clarinetti) si sovrappone
un elemento più statico degli ottoni, che ora contrappuntano con secchi accordi omoritmici, cui si unisce
anche la percussione.
L’operazione di ‘consolidamento’ delle figure musicali prosegue anche nella Seconda Variazione, dove archi, nel registro medio grave, e ottoni sembrano voler trattenere l’energia cinetica che Panfili ha dispiegato
fin dalle prime battute, viole e violini cominciano a disegnare le prime figure di carattere melodico ma in
modo non invadente, pianissimo, quasi sussurrando. Su questa intelaiatura melodica, arpa e percussioni
intonate disegnano figure rapidissime e ritmicamente indipendenti dagli altri, quasi piccoli fuochi che si
accendono in questa atmosfera ancora in divenire.
Ben presto tutta l’orchestra si rimette in movimento, giungendo a una sezione denominata Più allegro: vorticose scale di legni, accompagnate da glissandi di arpa spingono verso l’alto le figure di riferimento, mentre
appare ormai chiaro il dialogo continuo tra intere sezioni dell’orchestra. Le figure ritmiche e scandite di
archi e ottoni della Terza Variazione intrecciano una conversazione con le figurazioni liquide e sfuggenti
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dei legni. Gli archi sembrano accumulare sempre più tensione coinvolgendo progressivamente tutti gli altri
e giungendo a un massimo che sembra esplodere proprio prima della Quarta Variazione, intitolata Corteo.
Dal carattere più solenne e cerimoniale (non a caso), qui troviamo l’intera compagine orchestrale impegnata
in figure di carattere discendente che si muovono a velocità diversa, con un carattere decisamente malinconico e di forte espressività. Ma si tratta solo di un momento perchè figure rapide e staccatissime inizialmente affidate ai soli clarinetti progressivamente si propagano in tutti il tessuto orchestrale, costringendo
l’orchestra a una nuova serie di salti e contorsioni di grandissimo virtuosismo, cui si aggiungono esplosioni
degli ottoni tanto improvvise quanto efficaci. Immediatamente veniamo trasportati, con un montaggio di
materiali che non è azzardato definire cinematografico, nella Quinta Variazione intitolata In Der Nacht.
Come il titolo spiega si tratta chiaramente di un misterioso Notturno, dove la precedente opulenza di
colori si stempera in un’atmosfera da Klangfarbenmelodie schönberghiana dalle sfumature delicatissime
(ascoltate gli armonici dei primi violini con l’impalpabile baluginare delle percussioni metalliche wind
chimes e i fruscii delle maracas). Sembriamo tornati nelle misteriose, alchemiche atmosfere del L’Aurora
probabilmente ma Panfili ci dà appena il tempo di assaporarne la dolcezza che subito tutto viene spazzato
via dalla ripresa del Tema e delle sue figurazioni mordenti e ritmiche. L’andamento scoppiettante di questa Sesta Variazione è una corsa a rotta di collo, con figure guizzanti di legni e ottoni sopra un tappeto
inesausto di percussioni che sembrano voler mettere le ali all’orchestra scatenandola in un ballo sfrenato;
non a caso la Variazione che segue porta il sottotitolo Danzando.
La teatralità musicale di Panfili cui si accennava in precedenza trova in questa sezione della partitura un
perfetto compimento. Ogni sezione di strumenti incarna un personaggio che a gran velocità fa il suo ingresso sul palcoscenico e altrettanto rapidamente ne esce per lasciare il posto ad altri personaggi ancora.
Siamo ben lontani però da qualsiasi descrittivismo musicale. La musica di Panfili mantiene sempre una
componente ben precisa di astrazione e complessità, senza quei facili ammiccamenti oggi molto in voga
tra diversi compositori.
Le variazioni Settima, Ottava e Nona sono tutte unite fra loro da questo carattere di danza senza freno, che
raggiunge sonorità quasi orgiastiche e continua ad accumulare, in modo quasi insostenibile, la tensione
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musicale, culminando finalmente nella sezione intitolata Grandioso (Corale) dove le perorazioni solenni e
monumentali di legni e ottoni vengono contrastate da scale rapidissime di tutti gli archi.
Solo nelle ultimissime battute l’orchestra raggiunge finalmente l’unitarietà ritmica, suonando figurazioni
martellanti in omoritmia e portando a uno spettacolare crescendo finale, in grado di far risplendere tutta
l’orchestra di una luce abbagliante.
Riccardo Panfili
Oltre la linea, per grande orchestra
Anno di composizione: 2016, commissione Filarmonica della Scala
Dedicatario: Clemens Wolken
Prima esecuzione: 11 aprile 2016, Teatro alla Scala, Milano,
Filarmonica della Scala diretta da Fabio Luisi.
Organico: ottavino, tre flauti, due oboi, corno inglese, un clarinetto, clarinetto
piccolo, clarinetto basso, clarinetto contrabbasso, due fagotti, controfagotto;
quattro corni, quattro trombe, tre tromboni, una tuba; percussioni; timpani;
arpa; archi
Durata: 15 minuti
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Niccolò Paganini
Concerto n. 5 in la minore per violino e orchestra
Carlo Boccadoro
L’opera di Niccolò Paganini è di fondamentale importanza dal punto di vista dello sviluppo della tecnica strumentale
del violino, di cui fu come sappiamo insuperato esecutore. La continua esplorazione di tecniche virtuosistiche assolutamente inaudite per l’epoca (che ancora oggi danno parecchio filo da torcere agli esecutori) spingono lo strumento oltre
i limiti di ciò che fino a quel momento era considerato eseguibile, estendendone le capacità attraverso una scrittura
mobilissima che si proietta in registri acuti e non lesina passaggi di difficoltà sovrumana mediante l’uso delle corde doppie, con vorticosi movimenti di terze, seste e ottave lungo tutta l’estensione dello strumento e momenti che richiedono
alternanze di arco e pizzicato velocissimi, senza dimenticare un uso avveniristico degli armonici, di tecniche inusuali
dell’arco e molto altro ancora.
A questa originalità d’impianto strumentale non corrisponde certamente un’equivalente novità dal punto di vista della
sostanza musicale vera e propria. I lavori di Paganini si muovono in ambiti melodico/armonici del tutto convenzionali,
dove è immediatamente percepibile l’influenza del linguaggio appartenente al melodramma di Bellini e Donizetti
(senza però averne la genialità tematica), abbracciando anche dal punto di vista formale le convenzioni tipiche della
sua epoca.
In alcuni lavori, come il Quarto Concerto per violino e orchestra, sembra far capolino l’influenza di Beethoven, ma si
tratta di rare eccezioni; generalmente Paganini non esce mai dai binari del consueto. Pochissimo o nullo interesse è
dedicato dal compositore genovese alla parte orchestrale, che ha la semplice funzione di supporto alle stratosferiche
esibizioni virtuosistiche del violino solista.
Luciano Berio, nella sua celebre intervista con Rossana Dalmonte del 1981, dichiara il suo amore per l’opera di Paganini ma allo stesso tempo mette bene in luce come nel caso di questo compositore “le preoccupazioni tecniche e gli stereotipi
esecutivi hanno spesso il sopravvento sull’idea”.
Non bisogna cercare dunque in questi lavori le bizzarrìe armoniche e di orchestrazione del suo amico Hector Berlioz
(che pure Paganini ammirava) quanto concentrare la propria attenzione sulle meraviglie della parte strumentale solista.
Nel caso del Quinto Concerto per Violino in la minore la partitura originale, composta presumibilmente intorno al 1830,
è andata completamente perduta ed è rimasta unicamente quella del solista assieme a una riduzione pianistica (peraltro
incompleta anch’essa).
Questo ha fatto sì che il Concerto rimanesse ineseguito per decenni dopo le sue prime apparizioni sulla scena: bisogna
aspettare la seconda metà del Ventesimo secolo, precisamente il 1958, quando il compositore Federico Mompellio ten11
tò una ricostruzione della partitura basandosi sui frammenti incompiuti. Saggiamente Mompellio non tentò di “migliorare” o abbellire in alcun modo la spartana scrittura orchestrale di Paganini, limitandosi al minimo indispensabile
senza cercare mai di rivaleggiare con il violino solista il quale, dopo l’introduzione iniziale che ricorda in certi passaggi
armonici l’ultimo Rossini del Guglielmo Tell, prende possesso della scena e non lascia più la presa.
La tradizionale forma-sonata di questo movimento divide i propri spunti tematici tra un primo motivo di carattere
“eroico” e un secondo decisamente più cantabile dove lo spettro di Bellini fa più volte un’apparizione. Rispetto ad altri
Concerti paganiniani, l’elaborazione tematica qui è decisamente più ampia (così come la durata stessa del movimento)
e Paganini sembra interessato a sviluppare il discorso musicale più ampio possibile a partire da nuclei melodici di piccole dimensioni. Il successivo Andante è decisamente il più banale dal punto di vista armonico, con progressioni assai
prudenti e prevedibilissime che tuttavia non inficiano la bellezza del canto principale violinistico, sempre di grande
intensità e forza comunicativa. Difficile immaginare come Paganini debba aver orchestrato originariamente questo
movimento, che rispetto ad altri suoi Adagi si segnala per l’essenzialità delle figure che ben si presterebbero a un dialogo maggiormente contrappuntistico con l’orchestra. La versione di Mompellio non fa alcun tentativo di sviluppare il
discorso in questo senso, accennando appena qualche “risposta” tra il solista e i fiati.
Si termina con uno spensierato Rondò il cui tema popolareggiante, dal carattere ritmico e danzante, fornisce la rampa di
lancio per le instancabili piroette del solista, impegnato in passaggi di difficoltà micidiale, in particolare quelli a terzine
velocissime dopo pochi minuti dall’inizio e quelli in cui il violino esegue simultaneamente passaggi melodici e tremoli
(una tecnica che si ritrova anche nei celeberrimi Capricci per violino solo). Il discorso fluisce senza particolari scossoni
drammatici concludendo su una serie di scale ascendenti velocissime che assicurano a questo Concerto un finale di
sicuro effetto.
Niccolò Paganini
Concerto n. 5 in la minore per violino e orchestra
Anno di composizione: partitura originale 1830, orchestrazione di Mompellio 1958
Organico: due flauti, due oboi, due clarinetti, due fagotti; due corni, due trombe,
tre tromboni; timpani; percussioni; archi
Durata: 30 minuti
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William Turner
The Grand Canal, Venice, 1835
Olio su tela
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William Collins
The Caves of Ulysses
at Sorrento, Naples, 1843
Olio su tela
Richard Strauss
Aus Italien, fantasia sinfonica in sol maggiore op. 16
Carlo Boccadoro
Con questa composizione il ventiduenne Richard Strauss esordisce sul terreno della musica a programma e si
ricollega alla tradizione già seguita da Liszt e Berlioz, dopo aver scritto diverse composizioni da camera che,
pur rispettose delle forme tradizionali, hanno consentito al giovane autore di “farsi le ossa” per poi indirizzare
le sue energie verso l’orizzonte sinfonico. Aus Italien viene preceduta dalla più nota Burleske per pianoforte e
orchestra dove, nascosto tra rispettosi omaggi a Brahms, salta fuori tutto il gusto paradossale e l’umorismo di
Strauss.
In questa vasta Aus Italien, frutto del primo viaggio in Italia che proprio Brahms gli consigliò di intraprendere,
il musicista porta nella musica qualche profumo della nostalgia romantica tedesca concedendo però ampio
spazio a una vena di natura illustrativa, almeno nelle intenzioni iniziali.
Con quest’opera strabordante di colori orchestrali, già segnata da una padronanza del mezzo orchestrale e da
un virtuosismo di scrittura incredibili per un compositore così giovane, Strauss si apre la via verso il poema
sinfonico, di cui il Don Giovanni costituirà qualche anno più tardi la tappa significativa.
L’intenzione poetica da cui il primo movimento prende il titolo, La campagna romana, induce il compositore
ad aprire la sinfonia con un Andante di carattere lirico.
L’esordio, con il prolungarsi di armonie sospese tra tonalità maggiori e minori, e il continuo ripetersi di un
accordo possono suggerire l’impressione di un paesaggio misterioso e disabitato. Più difficile, invece, trovare
una connessione diretta con il programma descrittivo fornito agli ascoltatori da Strauss in occasione della
prima esecuzione. Nonostante le buone intenzioni giovanili dell’autore, gli sviluppi dei temi hanno un valore
autosufficiente e non strettamente aderente alle parole. Il brano risulta costruito con numerose frasi melodiche
e incipit tematici diversi, legati a stretto contatto tra loro e spesso sovrapposti in maniera assai complessa. In
particolare la densità di articolazione e rielaborazione tematica del secondo movimento Tra le rovine di Roma,
dalla durata di vaste dimensioni, continua il proprio intrecciato discorso tematico/contrappuntistico in totale
autonomia da qualsiasi suggestione di immagine.
Per contrasto il terzo movimento Sulla riviera di Sorrento è il brano più “pittorico” dell’intera partitura. Il motivo iniziale, ispirato al movimento del mare, dà vita a una musica dai contorni quasi inafferabili, dalle sottili
ondulazioni melodiche, che non esita a utilizzare tutti gli strumenti coloristici a sua disposizione per ottenere il
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massimo effetto illustrativo, in certi momenti quasi da cartolina. Se da un lato in questa pagina Strauss sembra
anticipare gli arabeschi orchestrali che ritroveremo successivamente in molte altre sue partitura anche teatrali,
da un altro sembra rivisitare a suo modo suggestioni quasi derivate dall’impressionismo, in particolare durante
un movimento di siciliana che vede protagonista la voce dell’oboe, impegnata a intonare un canto dalle figurazioni melodiche maggiormente scolpite. La parte conclusiva riporta elementi dell’esordio, oltre a presentare
una ricapitolazione di tutto il materiale.
Anche il finale Vita popolare napoletana cerca subito l’identificazione illustrativa attraverso un ritmo di tarantella e l’utilizzo della canzoner Funiculì funiculà. Strauss credeva che questo fosse un brano popolare di
dominio pubblico, mentre in realtà era stato composto nel 1880 dal musicista Luigi Zenda che, appena seppe
dell’inserimento del suo brano nella partitura di Strauss, gli fece subito causa (naturalmente vincendola).
Accanto al celebre motivetto napoletano Strauss fa ballare altri motivi di sua invenzione, tutti caratterizzati da
un ritmo frenetico, scattante, che invita subito alla danza e attraverso un’orchestrazione che definire spettacolare è poco, riesce a raggiungere un effetto finale di brillantezza e maestria assolute.
Giudicata negativamente dalla critica alla prima esecuzione (e anche da parte del pubblico), questa partitura
è relativamente trascurata rispetto ad altri capolavori orchestrali straussiani ma con il passare degli anni molti
direttori d’orchestra l’hanno rivalutata aiutandola a prendere posto, seppur in ritardo rispetto a molte altre sue
consorelle, nel repertorio sinfonico.
Richard Strauss
Aus Italien, fantasia sinfonica in sol maggiore, op. 16
Anno di composizione: 1898
Prima esecuzione: Francoforte, Saalbau, 3 Marzo 1899
Organico: ottavino, due flauti, due oboi, corno inglese, due clarinetti, tre
fagotti, controfagotto; quattro corni, due trombe, tre tromboni; timpani;
percussioni; arpa, archi
Durata: 47 minuti
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Anton Sminck van Pitloo
Castel dell’Ovo dalla spiaggia
Olio su tela
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Riccardo Panfili
1979
2006
2008
2009
2011
2012
2013
2014
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Nasce a Buonacquisto, una piccola frazione in provincia di Terni, immersa nell’Appennino umbro. Il padre è operaio nel
polo chimico ternano, la madre casalinga.
Vince il Concorso Internazionale di composizione indetto dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, con il brano
per Orchestra Danzario.
Vince il Secondo Premio al Concorso Internazionale di Composizione “Henry Dutilleux” (Tours, Francia), presidente della
giuria lo stesso Henry Dutilleux, con la composizione I Falsari di Velazquez; il Terzo Premio al Concorso Internazionale di
Composizione “Egidio Carella” (presidente di giuria Ivan Fedele) e il Concorso Internazionale di Composizione Taukay
(presidente di giuria Michele dall’Ongaro).
Il 7-9-10 febbraio l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Sir Antonio Pappano esegue in prima
mondiale il brano Danzario. A seguire la tournée nel Festival di musica delle Canarie, con esecuzioni a Tenerife e Las Palmas.
L’incontro con Antonio Pappano rappresenta per Panfili un momento cruciale del suo sviluppo artistico, divenendo nel
corso degli anni un insostituibile punto di riferimento umano e musicale.
Vince il Concorso internazionale “A Camillo Togni”, con il brano À bout de souffle per quartetto d’archi e clarinetto. Vince
il Premio Play.it.
Nello stesso anno Hans Werner Henze lo sceglie come suo assistente musicale, ruolo che ricoprirà fino alla morte del Maestro (ottobre 2012). Per il compositore umbro rappresenta una delle esperienze umane più rilevanti e significative della sua
vita e l’esperienza musicale di gran lunga più importante per gli sviluppi della sua attività compositiva.
A febbraio prima esecuzione, al Teatro Olimpico di Roma, di Frecciarotta, su libretto di Sandro Cappelletto, commissione
dell’Accademia Filarmonica Romana. Vince il Premio “Nino Carloni”.
Su richiesta di Alessio Allegrini scrive Out... per corno e archi che viene eseguito dalla Kammerakademie Potsdam diretta da
Antonello Manacorda, con Alessio Allegrini al corno. Inizia la collaborazione con il cornista e direttore d’orchestra e con la
Human Rights Orchestra, ideata e fondata dallo stesso Allegrini.
La “Hans Werner Henze Stiftung” assegna a Panfili la prima borsa di studio della neonata Fondazione. La Decca pubblica
il cd Invenzioni con Alessandro Carbonare e Tetraktis Percussioni, contenente il brano F for fake.
Ad Aprile, prima esecuzione de L’Aurora probabilmente, commissione della Scala di Milano, con l’orchestra della Filarmonica della Scala diretta da Antonio Pappano, ripreso nell’aprile 2016 nella stagione dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia.
Tra i prossimi impegni: a settembre 2016 la prima a Norimberga dell’opera da camera Antigone, su libretto del regista e
drammaturgo Michael Kerstan; un nuovo pezzo per orchestra, per la stagione 2017-2018, commissione del Maggio Musicale Fiorentino.
Niccolò Paganini
1782
1795
1796
1801
1805
1813
1816 1825
1828 1830
1832
1834
1840
Nasce a Genova da una modesta famiglia. Il padre gli insegna le prime nozioni di musica sul mandolino e, in seguito, lo
indirizza allo studio del violino. Paganini è spesso considerato un autodidatta, poiché non si ricorda un particolare maestro
responsabile della sua formazione.
A 12 anni esegue alcune sue variazioni per chitarra e violino nel teatro di Sant’Agostino.
A Parma si ammala di polmonite ed è costretto a un periodo di riposo nella casa paterna a Romairone, dove studia su un
violino costruito dal Guarneri. Seguono dei concerti nell’Italia settentrionale e in Toscana.
A 19 anni interrompe la propria attività di concertista e si dedica per qualche tempo all’agricoltura e allo studio della chitarra.
Dopo essere tornato a Genova per un breve periodo, accetta a Lucca il posto di primo violino solista alla corte della principessa di Lucca Elisa Bonaparte Baciocchi.
Viene particolarmente apprezzata la sua esibizione al Teatro Carcano, la sua fama cresce in tutt’Italia.
Conosce Gioachino Rossini e Louis Spohr.
È a Palermo, dove nasce suo figlio Achille.
Viene invitato a Vienna, dove l’imperatore Francesco II lo nomina suo virtuoso di camera.
Conclude la composizione dei suoi sei concerti per violino e orchestra.
Ritornato a Genova, inizia la composizione dei famosi Capricci per violino.
Si manifestano i sintomi della malattia polmonare che gli sarà fatale. La malattia, che gli provocava violenti accessi di tosse,
ostacola progressivamente la sua carriera concertistica.
Paganini muore il 27 maggio a Nizza. È sepolto nel cimitero della Villetta di Parma.
19
Richard Strauss
1864
1880 1881 1885
1886
1888
1889
1892 1894
1895
1905
1919
1931
1933
1937
1944
1945
1949
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Richard Strauss nasce a Monaco di Baviera. E’ il primo figlio di Franz Joseph Strauss, primo corno alla Hofoper di Monaco.
A quattro anni prende lezioni di pianoforte da August Tombo e a otto studia il violino con Benno Walter, direttore dell’Orchestra di Corte.
Il suo Quartetto per archi in La è eseguito a Monaco di Baviera.
Hermann Levi dirige la sua Sinfonia in Re minore.
Incontra Hans von Bülow, direttore dell’Orchestra di Corte di Meiningeni: egli esegue a Berlino la Serenata per 13 strumenti a fiato e lo nomina suo assistente.
Assume l’incarico di terzo direttore dell’Opera di Corte di Monaco. Compone il suo primo poema sinfonico, Aus Italien,
ispirato al suo primo viaggio in Italia.
Incontra, e se ne innamora, il soprano Pauline de Ahna.
Viene nominato maestro di cappella presso il Teatro di Corte di Weimar, incarico che conserverà fino al 1894. Sono gli
anni dei più celebri poemi sinfonici: Macbeth, Don Juan, Tod und Verklärung, Till Eulenspiegels lustige Streiche.
Strauss si ammala e passa l’inverno al Cairo, dove completa la musica per l’opera Guntram.
La prima dell’opera viene diretta a Weimar, con Pauline nel ruolo della protagonista Freihild. Richard e Pauline si sposano
lo stesso anno e per le nozze Richard regala alla sposa i quattro bellissimi Lieder op.27: Morgen, Cäcilie, Ruhe, meine Seele e
Heimliche Aufforderung.
Strauss è richiamato a Monaco come primo direttore e intraprende varie tournée in Europa. A questo periodo risalgono Also
sprach Zarathustra (1896), Don Quixote (1897) e Ein Heldenleben (1898)
Salome, opera in un atto, eseguita a Dresda. Seguono Elektra (1909 e Der Rosenkavalier (1911).
Strauss accetta l’incarico di direttore dello Staatsoper di Vienna, dove dirige la prima rappresentazione di Die Frau ohne
Schatten.
Dopo la morte di Hofmannsthal, Strauss inizia a collaborare con il romanziere e biografo Stefan Zweig, che gli presenta un
adattamento da Epicene o La donna silenziosa di Ben Jonson (Die schweigsame Frau).
Durante il periodo nazista, subisce molte accuse a causa della sua collaborazione con l’ebreo Zweig e decide comunque di
rimanere in Germania.
Ancora convalescente da una malattia, Strauss completa Daphne a Taormina.
Si svolgono a Vienna le celebrazioni per l’ottantesimo compleanno del compositore. A Salisburgo, Die Liebe der Danae
arriva solo alla prova generale, a causa della chiusura di tutti i teatri tedeschi dovuta alla precaria situazione bellica.
Nell’ottobre, Strauss si trasferisce con Pauline in esilio volontario in Svizzera, dove rimane fino al maggio 1949, quando
viene assolto dalle accuse di collaborazionismo con i nazisti. Metamorphosen, studio per 23 archi, intenso canto funebre alla
Germania distrutta, il Concerto per oboe, e soprattutto i Vier letzte Lieder sono gli ultimi importanti lavori.
Richard Strauss si spegne a Garmisch l’8 settembre.
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FOTO © SILVIA LELLI
Fabio Luisi
Fabio Luisi è Direttore Principale dell’Opera di Zurigo e del Metropolitan Opera. Dalla stagione 2017-2018 sarà Direttore Principale
della Danish National Symphony Orchestra (DNSO) e dal 2018 direttore musicale dell’Opera di Firenze.
Nella stagione 2015-2016 Luisi è impegnato al Metropolitan in Cavalleria rusticana e Pagliacci con la regia di David McVicar e Manon Lescaut e Le nozze di Figaro con la regia di Richard Eyre. All’opera di Zurigo ha diretto le nuove produzioni di Wozzeck e Falstaff, e
dirigerà Die Zauberflöte, I Puritani e Tosca. Nelle recenti stagioni ha collaborato con Filarmonica della Scala, Opéra National de Paris,
Danish National Simphony Orchestra, Malaysian Philharmonic, Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Accademia del
Teatro alla Scala, Teatro Regio di Torino, Juilliard Orchestra e Philadelphia Orchestra.
A seguito della sua carica di Direttore Principale dei Wiener Symphoniker ha ricevuto la “Golden Bruckner Medal” e il “Golden
Bruckner Ring”.
Tra i ruoli assunti in precedenza ricordiamo: General Music Director presso la Staatskapelle di Dresda e la Sächsischen Staatsoper,
Direttore Artistico del Lipsia Mitteldeutscher Rundfunk, General Music Director dell’Orchestre de la Suisse Romande, Direttore
Principale della Tonkünstler Orchester di Vienna e Direttore Artistico della Graz Symphony.
Luisi ha ricevuto un Grammy Award per la direzione di Der Ring des Nibelungen, quando l’incisione del ciclo per Deutsche Grammophon in DVD e registrato dal vivo alla Metropolitan Opera, è stata nominata Best Opera Recording del 2012. La sua discografia
comprende opere di Verdi, Salieri e Bellini, sinfonie di Honegger, Respighi e Liszt, una premiata incisione della Nona Sinfonia di
Bruckner. Nel 2015, la Philharmonia Zurich ha lanciato la sua etichetta discografica Philharmonia Records con sue incisioni di
Berlioz, Wagner e Rigoletto. Con la Filarmonica della Scala ha registrato il DVD live del ciclo ‘900 Italiano con musiche di Casella e
Respighi per Sony.
Come cittadino di Genova, Luisi ha ricevuto il Grifo d’Oro per il suo contributo al lascito culturale della città.
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FOTO © M. SLEPKOVA
Sergej Krilov
Affermatosi come uno dei maggiori talenti della sua generazione, Sergej Krylov è ospite delle principali sale da concerto e orchestre
quali Staatskapelle di Dresda, Filarmonica di San Pietroburgo, Royal Philharmonic, Filarmonica della Scala, DSO Berlin, Russian
National Symphony, Orchestra Nazionale dell’Accademia di Santa Cecilia, London Philharmonic, English Chamber Orchestra,
Hessischer Rundfunk Frankfurt, Budapest Festival Orchestra, NHK Symphony Tokyo, Atlanta Symphony Orchestra, Filarmonica
Toscanini e Copenhagen Philharmonic.
Tra le personalità artistiche che hanno maggiormente influenzato la sua formazione artistica spicca Mstislav Rostropovich, per il rapporto di amicizia e stima professionale creatosi negli anni. Krylov collabora abitualmente con direttori quali Andrey Boreyko, Dmitri
Kitajenko, Mikhail Pletnev, Omer M. Wellber, Valery Gergiev, Yuri Temirkanov, Vladimir Ashkenazy, Fabio Luisi, Asher Fisch, Vasily
Petrenko, Nicola Luisotti, Vladimir Jurowski, Julian Kovatchev, Saulius Sondeckis, Zoltan Kocsis e Yuri Bashmet.
Della stagione 2015-2016 si segnalano i concerti con St. Petersburg Philharmonic, Russian National Orchestra, London Philharmonic, Berlin Konzerthaus Orchestra, Filarmonica della Scala, Atlanta Symphony Orchestra, Helsinki Philharmonic, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, Copenhagen Philharmonic, Cincinnati Symphony, ORF Symphony Orchestra Vienna, Taipei Symphony e
Tokyo New City Orchestra. Completano il suo calendario numerosi recital solistici e in duo con pianoforte.
Krylov dedica molto spazio alla musica da camera, collaborando con partner quali Yuri Bashmet, Bruno Canino, Denis Matsuev,
Itamar Golan, Lilya Zilberstein, Michail Lifits, Aleksandar Madzar, Stefania Mormone, Maxim Rysanov, Nobuko Imai, il Belcea
Quartet ed Elīna Garanča.
Nel 2008 è stato nominato Direttore Musicale della Lithuanian Chamber Orchestra. L’intensa attività concertistica lo vedrà impegnato a breve anche in una tournée in Europa, nel doppio ruolo di direttore e solista.
Nato a Mosca in una famiglia di musicisti, ha iniziato lo studio del violino a cinque anni e ha completato gli studi alla Scuola Centrale
di Musica di Mosca. Giovanissimo ha vinto tre importanti concorsi internazionali: Primo Premio al Concorso Lipizer, Primo Premio
al Concorso Stradivari e Primo Premio al Concorso F. Kreisler di Vienna.
La sua discografia include registrazioni per EMI e Melodya.
25
Orchestra
Violini Primi
Salvatore Quaranta (Spalla)
Gianluca Turconi*
Fulvio Liviabella*
Alessandro Ferrari
Alois Hubner
Enkeleida Sheshaj
Dino Sossai
Evguenia Staneva
Francesco Borali
Vincenzo Città
Elitza Demirova
Elena Emelianova
Francesca Monego
Enrico Piccini
Magdalena Valcheva
Lucia Zanoni
Violini Secondi
Giorgio Di Crosta*
Anna Salvatori
Damiano Cottalasso
Stefano Dallera
Silvia Guarino
Roberta Miseferi
Gabriele Porfidio
Daniele Cabassi
Valerio D’Ercole
Federica Fersini
Rita Mascagna
Susanna Nagy
Marta Nahon
Andrea Pellegrini
26
Viole
Danilo Rossi*
Matteo Amadasi
Giorgio Baiocco
Maddalena Calderoni
Joel Imperial
Giuseppe Russo Rossi
Luciano Sangalli
Federica Mazzanti
Filippo Milani
Marcello Schiavi
Eugenio Silvestri
Adriana Tataru
Violoncelli
Alfredo Persichilli*
Martina Lopez
Jakob Ludwig
Alice Cappagli
Gabriele Garofano
Simone Groppo
Marco Radaelli
Ilaria Sarchini
Andrea Scacchi
Sara Spirito
Contrabbassi
Alessandro Serra*
Attilio Corradini
Omar Lonati
Emanuele Pedrani
Claudio Pinferetti
Gaetano Siragusa
Yen Chi Liang
Chiara Molent
Claudio Nicotra
Flauti
Flavio Alziati*
Chiara Scucces
Serena Zanette
Ottavino
Roberto Baiocco
Oboi
Fabien Thouand*
Augusto Mianiti
Corno inglese
Renato Duca
Clarinetti
Fabrizio Meloni*
Denis Zanchetta
Clarinetto Basso
Irene Marraccini
Mirko Ghirardini
Fagotti
Gabriele Screpis*
Nicola Meneghetti
Controfagotto
Marion Reinhard
Corni
Danilo Stagni*
Angelo Borroni*
Stefano Alessandri
Claudio Martini
Piero Mangano
Trombe
Francesco Tamiati*
Mauro Edantippe
Nicola Martelli
Cesare Maffioletti
Tromboni
Torsten Edvar*
Riccardo Bernasconi
Giuseppe Grandi
Tuba
Earl Brian
Timpani
Filippo Gianfriddo*
Percussioni
Giuseppe Cacciola
Antonello Cancelli
Gerardo Capaldo
Francesco Muraca
Andrea D’Intino
Arpe
Luisa Prandina*
Silvia Vicario
* prima parte
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Riccardo Panfili