Registrato presso il Tribunale di Catania, n.3 del 04/04/2013 Luglio 2015 Distribuzione gratuita in 3.500 copie Free Press di cultura attualità e sport - anno II n. XV 3 L'editoriale Sommario L'EDITORIALE Speciale la Grande Guerra I luoghi della memoria Editore: Ass. Culturale Paternò News Direttore Responsabile: Lucia Paternò Vice Direttore: Francesco Giordano La Grande Guerra a Paternò di Pina Mazzaglia Stampa: Grafiche Cosentino. Contatti: [email protected] 340.3832665 - Seguici su Facebook. Registrato presso il Tribunale di Catania, n.3 del 04/04/2013. In questo numero hanno collaborato: Mario Consalvo, Francesco Consalvo (per la fotografia), Vincenzo Fallica, Pina Mazzaglia, Nunzio Orto, Angelica Pezzi e Domenico Zuccarotto (web master). Un convegno per ricordare il Centenario a Paternò … pag. 3 Relazione dell’intervento integrale dello storico Vincenzo Fallica al Convegno sulla “Grande Guerra” ... pag. 5 Paternò News è anche on-line! w w w.paternonews.com Paternò News è distribuito gratuitamente nelle seguenti edicole in 3.500 copie Mite guerra fra Santi a Paternò … Edicola "Toto Matto" Via Vittorio Emanuele 166 - Paternò Edicola " Salvatore Cali'" Via S. Lucia 3 - Paternò pag. 10 Edicola " Scilletta Salvatore" Via Vittorio Emanuele, Chiosco p. 9 - Paternò Mostre d’Arte a Catania … pag. 13 Cartolibreria Edicola " Anna" Via civiltà del Lavoro n. 6 - Paternò Cartolibreria Edicola " Millennium" Via Fiume n. 62 - Paternò Attività del Rotary … pag. 14 Cartolibreria edicola " Edicolè" Via E. Bellia n. 93 - Paternò Convegno sull’alimentazione a Belpasso Ricevitoria Edicola " Nicosia Giuseppe" Via Monastero n. 21 - Paternò Cartolibreria Edicola " Gulisano Alessandro" Via G.B. Nicolosi n. 195 - Paternò … pag. 17 Edicola di Vitale Angelo, Corso Italia n. 90 - Paternò Carmen Consoli canta contro il femmini- Ricevitoria Lotto Triscari Santina Lucia, Via E. Bellia n. 350 - Paternò cidio ... pag. 19 Edicola Disaim SNC - Piano Tavola I 750 anni di Dante Alighieri … pag. 8 Per la tua Pubblicità su Paternò News 340.3832665 N ei luoghi della memoria dove riposano i caduti, nelle lunghe linee del fronte o nelle località simbolo della Grande Guerra, si ergono le strutture che raccolgono le salme disseminate, piccoli cimiteri costruiti dalle truppe nelle immediate retrovie. Con il corteo delle autorità militari e civili che da Palazzo Alessi si è spostato al monumento ai caduti a piazza Santa Barbara ha inizio la celebrazione in occasione del Centenario della Grande Guerra. Dalla chiesa del Pantheon, nell’omonima piazza, rimasta aperta per le visite tutto il pomeriggio, al monumento ai caduti con la deposizione di una corona d’alloro offerta dal sindaco e portata da due vigili urbani. Per l'occasione, tre scolaresche del nautico di Caltagirone e Catania hanno preso parte alla commemorazione e poi subito dopo al convegno che si è svolto nei locali della Biblioteca, in via Monastero. Nel 1914 nulla poteva evitare lo scoppio della prima guerra mondiale. A causa di un eccezionale sviluppo industriale erano a disposizione di quasi tutte le nazioni europee grandissime quantità di armi micidiali e di flotte militari sempre più forti. Patrocinato dal comune di Paternò e organizzato dalle associazioni “Paternò News” e Marinai d’Italia, per tenere viva la memoria come humus fondante il futuro, la città ha onorato i suoi caduti affinché il ricordo resti vivo e conservi i valori fondanti di libertà. Ha moderato l’incontro la giornalista Lucia Paternò, che dopo i saluti ha passato la parola al primo cittadino Mauro Mangano, che insieme alla sua giunta, in particolare nella persona dell’assessore Valentina Campisano, ha reso possibile la realizzazione dell'evento. Il presidente Giuseppe Borzì, dell’associazione nazionale marinai d’Italia, "Generale ispettore Gioacchino Russo" sede di Paternò, ha introdotto gli ospiti, gli alti funzionari militari e civili intervenuti. Erano presenti tra gli altri Il prof. e ingegnere Giuseppe Conti, presidente della FCGT Team Italia, che ha coordinato a livello provinciale il Progetto internazionale del Centenario della Prima Guerra Mondiale, Legalità e Storia. Subito dopo il Console onorario di Turchia, il dott. Lucio Maniscalco. Sono seguiti i saluti del Colonello Vincenzo Giaccheddu, Comandante del 62° Reggimento Fanteria Corazzato “Sicilia” CasermaErminioSommaruga, del Tenete Colonello Maggiore in sostituzione del colonnello Vincenzo Sicuso, Comandante della Base Aerea di Sigonella, e del 41° Stormo Aereo Antisom presenti nella sala gremita della Biblioteca comunale. Il convegno ha dato modo di ascoltare l'interessante e tanto atteso intervento dello storico Vincenzo Fallica, che ha relazionato su “Storia nella Storia. Avvenimenti e aneddoti relativi la Grande Guerra”. A rendere ancora più interessante l’evento anche le foto delle lapidi scattate da Mario e Francesco Consalvo e Roberto Fichera, e al trombettista, che ha suonato al momento della posa della corona, Mario Di Mauro, della “Banda città di Paternò” diretta dal maestro Barbaro Finocchiaro. I monumenti agli eroi del fronte, gli omaggi dei paesi ai loro caduti o le semplici lapidi a ricordo degli anonimi sacrifici dei soldati di tutte le nazionalità, che in guerra hanno lasciato la vita, in un pomeriggio emozionante, denso di memoria, di parole e strette di mano, ricco di messaggi e di valori. Il patrimonio storico e culturale della Grande Guerra è protetto da una apposita legge dello Stato Italiano. La legge 78 del 2001 nasce con lo scopo di preservare e catalogare le vestigia della guerra, di ambo le parti. L’esposizione integrale dell’intervento del professore Vincenzo Fallica è riportata nelle pagine successive di questo periodico. 4 5 La Grande Guerra di Vincenzo Fallica N ove milioni di morti. Basta quest’unico dato per comprendere perché la prima guerra mondiale venga definita la “Grande Guerra”, un conflitto dalle proporzioni esorbitanti e impensabilmente drammatiche. Il 28 giugno 1914 un giovane irredentista serbo Princip uccideva a Sarajevo a colpi di revolver l’Arciduca Ferdinando e la moglie, pretendente al trono austriaco. L’Austria chiese che venisse consegnato il giovane studente attentatore per processarlo ma la Serbia oppose un netto rifiuto. L’Austria il 5 luglio mandò un ultimatum forte dell’appoggio della Germania. A fianco della Serbia si schierò subito la Russia poiché temeva una ulteriore espansione della Germania nel cuore dei Balcani. La Serbia accettò molte delle condizioni dell’ultimatum, tranne quella di consentire a funzionari di polizia austriaca di fare indagini in Serbia. Era una palese violazione della sovranità nazionale. Il 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. Alla Germania non rimaneva altro che schierarsi a fianco dell’Austria. La Francia si schierò a favore della Serbia, temendo un eccessivo espansionismo tedesco. La Germania nelle prime fasi delle operazioni militari chiese al Belgio che le sue truppe potessero attraversare le frontiere per colpire la Francia alle spalle ma il Belgio oppose una dura resistenza per cui il generale Von Moltke, comandante in capo delle forze austro germaniche, dichiarò guerra al Belgio attraversando con la forza le frontiere. A fianco della Francia attaccata si schierò l’Inghilterra legata da un Trattato di alleanza. Era il 4 agosto del 1914.I giochi bellici erano ormai fatti. Inglesi e Francesi temevano il riarmo tedesco, l’approntamento di un esercito forte e ben armato nonché una flotta navale nel Baltico a protezione dei traffici tedeschi. La Russia, dal canto suo, paventava l’annessione agli Asburgo della Serbia. L’Italia di Giolitti stette a guardare e manifestò una posizione neutralista, che era dei socialisti contrari ad una guerra sostenuta da proletari e contadini. Anche la Chiesa era contraria all’intervento in guerra per ragioni umanitarie e per il costo che avrebbe comportato. Benito Mussolini, pensava ad una guerra - lampo. In parlamento non trovò però l’appoggio dei deputati che in grande maggioranza si schierarono contro l’intervento. Mussolini si rivolse alla piazza. Si formò un ampio schieramento che andava dalla Destra reazionaria ai Liberali, guidati da Albertini, direttore del “Corriere della Sera”. A ciò va aggiunta una continua pressione sull’Italia affinché intervenisse nel conflitto. Francia, Inghilterra e Russia fecero delle proposte allettanti. Concedere all’Italia dopo la vittoria Trento e Trieste, Gorizia l’Istria e la Dalmazia, il porto di Valona in Albania. A questi si aggiungevano i possedimenti africani della Germania. Il Governo italiano stipulò nell’aprile del 1915 gli accordi di Londra che sancivano tutto quanto era stato stabilito negli incontri diplomatici. L’Italia entrò quindi in guerra. Il comando delle operazioni militari fu affidato al generale Cadorna, il quale comprese subito che l’avanzata verso l’Austria era impossibile per le difese nemiche e si iniziò una lunga guerra di trincea, fatta di assalti e di ritirate che costarono migliaia di vite umane. Le armi impiegate furono più micidiali di quelle precedenti: gas tossici, carri armati e artiglieria pesante. Nella battaglia di Verdun (1916) i Tedeschi subirono una dolorosa sconfitta. Nel 1916 gli Italiani dichiararono guerra alla Germania e cercarono di varcare i confini ma riuscirono solamente a conquistare Gorizia. Nel marzo del 1917 scoppiò la rivoluzione russa che distolse dal fronte l’esercito zarista impegnato a frenare i bolscevichi. Il ritiro dell’esercito russo dal fronte orientale fu compensato dall’intervento americano con un esercito di un milione e settecentomila soldati che diedero una svolta alle vicende belliche. Il ritiro delle truppe russe dal fronte orientale si rivelò una catastrofe per l’Italia con l’avanzata tedesca fino all’Isonzo e la disfatta di Caporetto che costò la morte di 40.000 soldati e la cattura di 300.000 italiani. Le accuse maggiori di imprevidenza e scarso senso tattico furono rivolte al Cadorna il quale fu vittima di circostanze imprevedibili. Gli Austroungarici ebbero in tal modo l’opportunità di spostare dal fronte orientale migliaia di uomini e mezzi e riversarli sul fronte italiano. Cadde il Governo e fu eletto quello di Vittorio Emanuele Orlando, che scelse come capo di Stato Maggiore il generale Armando Diaz, che riuscì ad organizzare una efficace linea di resistenza sul Piave,costata migliaia di morti. Nel gennaio del 1918 il presidente Wilson presentò una proposta di pace in 14 punti. Era la fine della guerra. La pace fu firmata a Versailles il 28 giugno 1919. L’Italia ottenne quello era stato firmato negli accordi tranne qualche territorio. Nel Dopoguerra si parlò di pace mutilata. Un breve consuntivo delle vicende belliche mostra il massacro di tanti uomini costretti a stare lontano dalle loro case per morire in una terra a loro sconosciuta. Molti furono i paternesi che persero la vita in questo immane conflitto. Nel 1922 diversi resti di soldati furono portati nella Chiesa di Gesù e Maria per essere sepolti. Quella chiesa, che è divenuta Pantheon, conserva le spoglie mortali di tanti nostri concittadini che si immolarono per la Patria. I loro nomi vivono a perenne ricordo delle nuove generazioni e a loro rendiamo le nostre onoranze. Fra i nostri eroi mi piace ricordare i Decorati di Medaglia d’argento e fra essi Gaetano Mazzamuto che fu decorato con tre medaglie d’argento, tre medaglie di bronzo tre croci al merito e una Croce di Cavaliere d’Italia. Decorati con medaglie d’argento: Baglio Barbaro, Chiarenza Vincenzo, Cap. Corsaro Carmelo, Costa Luigi, Costa Matteo, Cunsolo Rosario, Leanza Giuseppe, M Cap. Palumbo Giuseppe, Messina Domenico. Decorati con Medaglia di bronzo: Borzì Orazio, Bruno Giovanni, Caponnetto Salvatore, Gulisano Domenico, Messina Salvatore, Oliveri Giuseppe, Pappalardo Giuseppe e Schilirò Antonino. Furono 171 i morti accertati a cui va aggiunto un numero compreso fra trecento e quattrocento di feriti che trovarono la morte dopo qualche anno. Nella Piazza Santa Barbara ad opera dello scultore Salvatore Iuvara fu eretto un monumento a perenne memoria di tanti giovani che persero la vita per difendere la Patria. Durante i quattro anni della Guerra furono le donne a sostituire gli uomini assenti nei lavori dei campi, nelle botteghe artigiane, nel commercio. In particolare vorrei ricordare la bachicoltura che aveva a Paternò una lunga tradizione e anche l’allevamento di animali da cortile. Non vi era cortile dove non razzolavano le pollastrelle per le uova, i conigli per la carne e in qualche caso anche il maiale per il salame. In quegli anni di guerra, dai racconti che ho sentito dagli anziani, le donne dimostrarono grande coraggio e grande orgoglio. Anche l’epidemia detta “La spagnola” fece tante vittime fra la popolazione civile. 6 7 Tra tradizione e cultura: la fontana dei Malavoglia D i maestosa grandezza e di imponente bellezza , la Fontana dei Malavoglia è situata in piazza Giovanni Verga a Catania e nasce proprio in onore dello scrittore siciliano. Il progetto scultoreo presentato dalle abili mani di Carmelo Mendola convinse la commissione incaricata di scegliere tra vari candidati l’artista che avrebbe vinto il concorso cittadino bandito nel 1956 per la costruzione di un monumento dedicato a Verga. Donata della Regione Siciliana, la scultura venne consegnata ben 19 anni dopo, il 25 ottobre 1975, al sindaco Domenico Magrì che onorò insieme a numerosissimi cittadini catanesi il padre fondatore del Verismo . La Fontana rappresenta uno degli episodi della celebre opera Verghiniana “I Malavoglia ” in cui avviene il secondo drammatico naufragio della barca di famiglia, la Provvidenza, descritto nel decimo capitolo del romanzo; nella barca che sta per affondare vi erano il giovane Alessi, non visibile nella scultura, il fratello ‘Ntoni e il nonno, il vecchio padron ‘Ntoni. La tensione tra i corpi addolorati, ma al tempo stesso in piena azione è fedele a quanto descritto da Verga . Il gruppo scultoreo pesa sette tonnellate, è alto tre metri, lungo nove e largo cinque. La vasca principale è inserita all’interno di un’altra dal di Grazia Milazzo diametro di 16 metri, l’una e l’altra sono rivestite di marmo travertino di Tivoli. A simboleggiare la tempesta che infuria vi sono quarantasette getti d’acqua, illuminati da ottanta riflettori con luce bianca e dorata. L’effetto di tali getti d’acqua tra le intersezioni del basamento conferiscono all’intera fontana un grande effetto scenografico. Cosi il tragico evento destinato dalla famiglia dei Malavoglia è oggi simbolo di pura bellezza e nonostante la drammaticità tipica dell’ opera Verghiana, la Fontana è divenuta con gli anni uno dei monumenti che rappresenta al meglio non solo la tradizione letteraria Italiana ma anche l’animo di ogni “catanese”. 8 9 Dante e i suoi 750 anni O rmai da qualche mese in tutta Italia si succedono le celebrazioni per il 750 anniversario della nascita di Dante Alighieri. Mostre, letture, convegni, spettacoli di teatro e altro ancora si svolgeranno anche nelle settimane a venire, un vasto calendario di appuntamenti che vedrà come protagoniste soprattutto città come Firenze, Ravenna, Roma e Verona legate maggiormente al poeta. Questo anniversario della nascita di Dante è un’importante celebrazione per la nostra lingua e la nostra cultura. A 750 anni dalla nascita del Sommo Poeta si ricordano però tutte le sue opere, dalla "Vita Nova" al "Convivio", fino al" De Vulgari Eloquentia", dal "De Monarchia" alle "Rime". L’attenzione di noi siciliani fra tutte queste opere naturalmente è rivolta verso quel “De Vulgari Eloquentia” da cui è nata in parte la sua poetica, in cui si faceva elogio di quella scuola siciliana nata alla corte di Federico di Svevia, che avrebbe dato il via alla nascita della lingua italiana. Egli, scrive testualmente: “E poiché la sede regale era in Sicilia, avvenne che tutto ciò che i nostri predecessori poetarono in lingua volgare, fu chiamato siciliano: il che anch’io credo, né i miei successori saran capaci di cambiarlo”. Inoltre, parla del volgare illustre siciliano come di una lingua “honorabilius atque honorificentius” riconoscendone fin da subito un primato linguistico rispetto agli altri dialetti italici. Dunque, in questi mesi di celebrazioni si parlerà dell’Italiano e del suo insegnamento in Italia e nel mondo, ma tali eventi potranno essere, come ha sostenuto Papa Francesco, motivo per ritrovare il senso perduto o offuscato del nostro percorso umano e sperare di rivedere l’orizzonte luminoso in cui brilla in pienezza la dignità della persona umana. Infatti, l’obiettivo primario è quello di superare tutte le selve oscure sparse sul nostro cammino per poter giungere, così come fece Dante, verso “l’amor che move il sole e l’altre stelle” (Par. XXXIII, 145). Ma tutto questo non è molto semplice che avvenga e lo sanno bene i paternesi che in questo momento sembrano aver perso la retta via, non solo perché non commemorano Dante come meriterebbe, ma addirittura hanno pensato bene, nell’anno delle sue celebrazioni, di distruggerne il monumento in suo ricordo opera dello scultore paternese Alfio Fallica, collocato tra Piazza Umberto e Piazza S. Barbara. Naturalmente il mio rimprovero non è rivolto a tutta la cittadinanza ma a quei pochi balordi che in queste settimane hanno deciso di mettere sotto sopra la città rubando tombini, battenti dei portoni di case e altri oggetti di metallo fra cui rischiava di rimetterci di Nunzio Orto F “Gli auguri di Paternò News” Lauree M anuela Indaco, ha abiola Longhitano, ha conseguito la Laurea conseguito la Laurea in in Fashion Design, lo Fashion Design, lo scorso 13 giugno, presentando l’elabo- scorso 13 giugno presentando razione della tesi "Take a bow", la collezione hanami, ed elaborando la tesi "Hanami". con l'omonima collezione. le penne anche la statua di Dante, poi fortunosamente salvata. Attualmente si cerca con grande difficoltà di rimetterla al proprio posto, ma nel frattempo siccome non c’è limite al peggio, fra lo scherno generale, c’è stato qualche simpaticone che al posto del monumento di Dante ha posizionato una statua di cartapesta di “Pacchiotto”. La speranza è quella che il busto di Dante al più presto possa ritornare nel luogo che gli compete e che il comune di Paternò indichi delle iniziative per dare alla città un po’ di lustro e a Dante il giusto posto che merita nel campo della cultura italiana. Solo in questo modo noi paternesi, potremmo avvicinarci alla cultura con la C maiuscola e reagire al degrado che rischia di divampare nelle nostre menti. S ofia Noemi Sgrò, ha conseguito la Laurea in Fashion Design, anche lei lo scorso 13 giugno, presentando l’elaborazione della tesi " Dalilà" con l'omonima collezione. Tutte e tre sono state seguite dal docente, Professore Giancarlo Annino, all’Accademia Euromediterranea di Catania. L e congratulazioni della redazione di Paternò News alla neo laureate Fabiola, Manuela e Sofia, l’augurio di un futuro radioso e di una sfolgorante carriera alle tre intraprendenti ragazze. G io r n o 2 0 giu gn o, alle o re 1 0 ,3 0 , p res s o la ch ie s a d e ll’ex M o n astero, a Pate r n ò, s i s o n o u n it i in m at r im o n io L u an a D i D io e G i o rgio C h is ar i. A ll’am i co e s o sten ito re d i Pate r n ò News gli au gu r i p iù affett u o s i d a t u tta la re d az io n e . Matrimoni G iorno 25 giugno, nella chiesa della di “Santa Maria dell’Alto”, comunemente denominata della “Matrice”, sulla Collina storica paternese, nel pomeriggio, si è celebrato il matrimonio di Silvia Giangravè e Filippo Frazzetta. Alla carissima collega e al suo consorte i più sinceri auguri di una felice vita insieme dalla redazione di “Paternò News”. 10 11 I patroni di Paternò nei secoli scorsi Una mite “Guerra di Santi” L ’agiografia sui santi patroni di Paternò sembra essersi da tempo cristallizzata sul dualismo tra i Santi Vincenzo diacono, martire di Saragozza del IV secolo, e Barbara, martire di Nicomedia del III-IV secolo. Di conseguenza, l’approfondimento di studi sull’argomento, ha spesso prodotto conoscenze parziali o indotto all’errore fedeli e religiosi. Un’analisi storica più approfondita che miri ad allargare il campo d’indagine, ci fornisce invece dati interessanti, utili a scardinare vecchie convinzioni. Cominciamo con l’opinione comune che l’unica patrona di Paternò sia Santa Barbara. Ciò è vero, ma solo in parte, dato che essa è affiancata da un compatrono, il suddetto San Vincenzo. Per la Vergine di Nicomedia sappiamo dai documenti (tra cui la “Giuliana” della chiesa di Santa Barbara) che fu proclamata patrona nel 1576 a furor di popolo, dopo che le venne attribuito un miracolo legato a un evento epidemico. Tale “promozione” per la Santa significò un declassamento per San Vincenzo, degradato a compatrono, un titolo però mai abolito. Sulla origine del culto di San Vincenzo e sulla sua proclamazione a principale patrono della città si sa poco, quasi nulla. Attingendo alla tradizione orale, dato che mancano documenti attendibili, tale culto sarebbe stato imposto dai Moncada, feudatari e principi di Paternò ma invisi ai paternesi per la loro protervia. Di riflesso, la stessa avversione covata verso i Moncada sembra essersi riversata sullo stesso San Vincenzo, attorno al quale nacquero sinistre leggende. Una di esse racconta di eventi nefasti, quali litigi tra i fedeli e duelli sanguinosi durante la festa e la processione del simulacro. Comunque fosse i paternesi colsero l’occasione della peste del 1576 per “sbarazzarsi” di questo santo, un santo spagnolo imposto dagli spagnoli Moncada. Col tempo il suo culto scemò gradualmente fino a esaurirsi del tutto. Di lui rimane a Paternò solamente un simulacro setteottocentesco di mediocre fattura artistica (da alcuni anni ricollocato in una nicchia della chiesa Matrice di Santa Maria dell’Alto), nonché un bel braccioreliquiario cinquecentesco in argento. Fin qui si tratta per lo più di storia risaputa. Ma ciò che non si sa è che, nel corso della sua storia Paternò ebbe contemporaneamente diversi santi patroni o protettori, alcuni dei quali documentati. Ad esempio, esiste un interessante scritto l’Orazione Panegirica, edita a Catania dal Rossio nel 1637, in cui il suo autore Don Giuseppe Benfatto scrive: <<…all’ora quando la Città di Paternò elegge’ e dichiarò per suo patrono il Padre San Domenico…>>. Tale passo è di notevole importanza, e ci fornisce la risposta ad una frase scritta nella cornice del dipinto del 1633 raffigurante lo stesso San Domenico, e conservato nella chiesa del Rosario: Me protegente ne metuas, cioè “con la mia protezione non temere”. Quindi anche San Domenico sembra essere stato patrono di Paternò, forse dichiarato tale di Francesco Giordano dagli stessi Padri Domenicani che vivevano nell’annesso convento. Lo stesso motto lo si può leggere sul cartiglio del 1781 posto sulla facciata della chiesa dell’attuale patrona, parole che simbolicamente vengono fatte proferire dalla Santa, ma non finisce qui. Anche in altri dipinti di carattere religioso si riportano frasi simili. E’ il caso del Martirio di Santa Lucia del 1799, collocato nella chiesa dell’ex Monastero. Sulla cornice di questa pala d’altare leggiamo vos semper custodiam ovvero “vi custodirò sempre”; probabilmente anche per Santa Lucia vi fu - da parte delle monache Benedettine che ne curavano il culto e la devozione - un tentativo di promuovere a patrona della città la martire siracusana. Altra storia riguarda, invece, il culto di Maria Bambina (di cui esiste ancora un dipinto a olio su tela), per alcuni anch’essa sarebbe stata patrona di Paternò, ma in realtà fu semplicemente patrona del Capitolo collegiale della Chiesa Madre di Santa Maria dell’Alto. In quest’ultimo caso siamo quindi di fronte a un equivoco. Sarebbe invece interessante uno studio più approfondito sul quadro di Santa Maria dell’Alto, una Madonna nera tardo medievale venerata presso la chiesa Madre fino alla metà del Novecento. Secondo alcuni anch’essa sarebbe stata patrona di Paternò, addirittura la prima in ordine di tempo. Su tale ipotesi, però, non esistono purtroppo ad oggi prove documentarie; d'altronde il culto per la Madonna nera, titolare della Matrice, non indicava direttamente il suo patrocinio sulla città. Da questo contesto emerge quindi una situazione religiosa dinamica ma anche confusa, un misto di reale e leggendario che, seppure in forma più o meno pacata, non deve avere reso Paternò esente da una “guerra di santi”, per dirla con Verga. Una “guerra” mite, visto che non risultano documentate delle accese competizioni da parte del clero ordinario, degli ordini religiosi e delle confraternite col fine di ottenere il primato per un ordine religioso o una chiesa col suo quartiere. Ma come si spiega l’affollamento dei santi patroni? Tale fenomeno non deve stupire, poiché era tipico dei secoli passati. Anche Paternò, come altre città (pensiamo a Palermo e Catania) ebbe più di un santo tutelare: autentici protettori da invocare all’occorrenza, scelti per acclamazione popolare o – come già detto - per tentativi e imposizioni da parte del clero. Infatti, specialmente nel primo millennio del Cristianesimo, l’acclamazione di un santo poteva essere proclamata anche da istituzioni civili o perfino dal popolo (vox populi), e capitava sovente dichiarare santi personaggi di dubbia moralità o, addirittura, di pura invenzione, da qui la tradizione faceva il resto, rafforzando culti e devozione aggiungendo elementi di pura fantasia. Per fare luce sull’intricato problema, può fornirci la giusta chiave di lettura un Decreto papale col quale si cercò di mettere ordine ai molti abusi. Si tratta del D Decretum super electione sanctorum in patronos del 23 marzo 1630, di papa Urbano VIII, col quale si cercò di mettere ordine al proble- ma dei santi protettori. Innanzitutto, in base al Decreto, le dichiarazioni di patronato dovevano avvenire obbligatoriamente con l’approvazione pontificia e dopo un lungo e attento iter. Tra l'altro si esortava di ridurre il numero dei santi patroni, anche per snellire l’affollato Calendario liturgico. Dopodiché si introdusse la distinzione tra patroni principali e secondari, ma capitava spesso che i santi principali fossero più di uno. Pensiamo a Palermo che contò contemporaneamente ben quattro sante patrone: Agata, Oliva, Ninfa e Cristina, subito declassate e dimenticate con la proclamazione di Santa Rosalia con la fine della peste del 1624. Il decreto di Urbano VIII restò in vigore fino al 19 marzo del 1973, quando Paolo VI semplificò le pro- cedura di elezione, pur conservando i principi del decreto secentesco. Egli richiamò le istruzioni del De calendariis particularibus del 1961 e del Calendaria particularia del 1970, invitando le Chiese locali a scegliere un solo santo patrono. Lo stesso Paolo VI andò ancora oltre col Motu proprio Mysterii Paschalis del 1969 quando, riformando il Calendario Romano, cancellò o limitò al culto locale numerosi santi sulla cui vita - e perfino sull’esistenza storica si nutrono seri dubbi. Sorte che, tra tanti altri, toccò a santi del calibro di San Giorgio, Santa Margherita d’Antiochia, Santa Caterina d’Alessandria e perfino a Santa Barbara, “vittime” illustri di una riforma che mirò soprattutto a riequilibrarne il culto e la devozione. 12 R 13 Padre Michele Moncada ecentemente dei giovani hanno ricostruito la devota esistenza di uno dei frati più umili e santi che la città di Paternò abbia mai conosciuto. Si tratta di padre Michele Moncada. Dunque, una rappresentazione teatrale dell’esempio virtuoso di questo frate cappuccino erede dei nobili Moncada, messa in scena dai giovani della Gifra della chiesa di San Francesco all’Annunziata, meglio conosciuta come chiesa die Cappuccini, luogo sacro dove ancora oggi risiedono le sue spoglie mortali. Tuttavia sono diversi gli scritti che narrano la vicenda di questo frate fedele servitore di Dio, per ricostruire la sua storia abbiamo consultato il libretto di padre Luigi da Randazzo e quello di Giovanni Spagnolo, quest’ultimo edito nel 1983 dal titolo “Nobiltà e Santità. Padre Michele Moncada” , mentre il primo viene pubblicato nel 1931 e porta il titolo di “P. Michele Moncada da Paternò”. Il testo del 1931 malgrado sia stato scritto prima riporta in maniera dettagliata una serie di grazie concesse per l’intercessione di padre Moncada, in entrambi i testi invece è menzionato l’apparizione del frate dopo la morte inginocchio di fronte la Croce. L’illustre famiglia Moncada, dal cui nobile casato giunge padre Michele, assume la signoria della città di Paternò nel 1456. Questa stirpe sembra assicurare al territorio un benessere sociale ed economico fino a quel momento non conosciuto, anche se non tutti amavano questa signoria. Dall’unione di don Francesco Moncada e donna Agatina Garsia nasce il 6 luglio del 1701, il secondo genito Albano Pietro Carmelo, il futuro padre Michele Moncada. Educato alla preghiera sin da piccolo Pietro cresce secondo i precetti cristiani. Il dolore e il senso di abbandono lo assalgono abbastanza precocemente, con la morte del padre, un’angoscia che viene superata o meglio compresa grazie alla fede e alla preghiera. Non molto tempo dopo, queste pratiche di estrema devozione, conducono il giovane a domandare, pressoché timidamente, al fratello più grande Alessandro, il permesso di potersi iscrivere fra i chierici, insomma di entrare a far parte della vita ecclesiastica. “Assetato di umiltà e nascondimento” scelse l’ordine fondato da Francesco Caracciolo, i caracciolini oltre ai tre voti consueti aggiungo anche quello di non accettare dignità ecclesiastica. Di primo acchito sembrava congeniale l’opzione di quest’ordine considerata la sua indole estremamente schiva, però in pochissimo tempo sperimentò “sofferenze spirituali indicibili”. Non trovando requie decide di abbandonare ritornando a casa pur con un’infinta contrizione d’animo e un insondabile senso di fallimento. Si tormentava al punto da non riuscire più neanche a riposare quando una notte udì le campane della vicina chiesa dei Mostra a Catania: di Lucia Paternò S Cappuccini, un suono che egli avvertì come un richiamo (nel testo del 1983, addirittura si parla dell’apparizione della Madonna). Da lì la risoluzione ad entrare in quest’ordine, nonostante il parere negativo della sua famiglia. Con fervore intraprende gli studi per diventare sacerdote interrotti da una malattia, malattia che affliggerà la sua esistenza impedendogli di celebrare la messa, anche quando finalmente con caparbietà diverrà sacerdote. Si occupava anche delle faccende più umili nel convento anche della pulizia e dello spazzamento; pare non possedesse nulla, una leggenda narra che gli fu chiesto di lasciare la celletta per spostarsi in un’altra quindi fu invitato a prendere tutte le sue cose e lui ritorno dal suo superiore solo con una scopa dicendo che i suoi averi consistevano in quell’oggetto. Un esempio fulgido di umiltà e sottomissione, quello di padre Moncada. Pur divorato da dolori lancinanti non si sottraeva ai suoi doveri. Quando morì a causa di un’angina, il suo volto acquisì un’espressione serafica e l’ultima parola che pronunciò nello spirare fu “Jesus”. “Pablo Picasso e le sue passioni” i è conclusa lo scorso 28 Giugno a Catania, nella splendida cornice di Castello Ursino la mostra “Picasso e le sue passioni”. L’esposizione è stata organizzata da Comediarting & III Millennio con il Patrocinio del comune di Catania, a cura di Dolores Duran e Stefano Cecchetto. La mostra ha illustrato un percorso completo di opere del grande genio spagnolo, soprattutto evidenziando i temi e le passioni che hanno dato vita alla creatività dell’artista. Sono state esposte più di 200 opere di vario genere: piatti, brocche, mattonelle dipinte, opere su carta e naturalmente dipinti. La maggior parte delle opere provenivano da collezioni private di tutto il mondo e dal museo di Mija Malaga, famoso per le sue ceramiche. La mostra è stata impreziosita da un’istallazione multimediale, Picasso in the cube (politic passion), che I raccontava il rapporto che l’artista aveva con la politica e tutto ciò che tale argomento influenzò nella sua arte. Questa volta bisogna davvero fare i complimenti a tutti coloro che hanno voluto tale evento, in primis l’assessore alla Cultura e al Turismo del comune Catania, Orazio Licandro, il quale ha espresso tutta la sua gioia nell’aver portato alle pendici dell’Etna un evento così straordinario, confermando Castello Ursino come simbolo di una città che vuole risorgere dopo tanti anni bui. Lo stesso assessore ha voluto sottolineare come questo è stato il risultato di un grande lavoro organizzativo per restituire orgoglio e dignità a una città splendida e al vivace, e al dinamico territorio dalle antiche e grandi tradizioni culturali. Non si può naturalmente non essere d’accoro con l’assessore e quindi ci aspettiamo al più presto altre iniziative del genere che possano far risollevare un territorio come quello di Catania e della sua provincia, che per poter vincere la sua arretratezza sociale non ha bisogno di aiuti economici o di progetti stratosferici, ma di iniziative come queste che siano in grado di incrementare la nostra visione del mondo. Spiga: un patrimonio d’arte n occasione del solstizio d’estate una collettiva d’arte per soffermarsi sul concetto di bello e sul senso religioso nell’arte. L’iniziativa che è stata inaugurata lo scorso 21 giugno ma la mostra rimane visitabile fino al 28 giugno. Una celebrazione artistico- religiosa che prende il nome di “Spiga: un patrimonio d’arte” per estendere al concetto di grano, spiga, il nutrimento materiale e spirituale dell’animo, come segni emblematici che gli artisti utilizzano sovente per rendere più palese il nesso metafisico. L’evento è stato curato dall’associazione “Polena” in collaborazione con la Chiesa Badia di Sant’Agata e l’Arcidiocesi di Catania. L’obiettivo dell’iniziativa è stato quello di puntare i riflettori sui tesori monumentali e paesaggistici del Catanese, svelando un patrimonio artistico inaspettato. Un patrimonio materiale ma anche immateriale che si legano a tematiche relative il grano siciliano. Esplicativa in tal senso è la collettiva che vede esposte le opere di artisti come: Gaetano Palumbo; opere della collezione privata di Pina Mazzaglia e dipinti di Giuseppe Ranno; e dipinti della collezione privata Morina, che ritraggono paesaggi rurali di fine ’800 e fine ’ 900. di Nunzio Orto Redazione Luisa Trovato la presidente dell’associazione “Polena” ha aperto il simposio artistico religioso, a seguire le autorità intervenute fra cui Cynthia Torrisi, presidente dell’associazione International Societas Artis, e il rettore della chiesa padre Massimiliano Parisi che ha inaugurato l’evento artistico –religioso. Alla fine del simposio è stato possibile, per l’uditorio presente, visitare con una guida le settecentesche terrazze e la cupola del tempio delle claustrali agatine della Badia, un monumento architettonico, storico e artistico di cospicuo valore creato dal genio artistico spirituale dell’abate Giambattista Vaccarini. 14 15 ROTARY CLUB Paternò Alto Simeto: fucina di attività di servizio al territorio e alla comunità di L.A. G Meeting: La magistratura Oggi. La legge è veramente uguale per tutti? rande interesse da parte di un folto uditorio ha suscitato il meeting su, “ La Magistratura Oggi. La legge è veramente uguale per tutti? ”. L’evento, organizzato in interclub con il Kiwanis Club Paternò, presidente Angelo Galea, si è avvalso della presenza di relatori prestigiosi: il presidente della sezione del GIP presso il tribunale di Catania, Dott. Nunzio Sarpietro, il GIP presso il tribunale di Catania, dott. Francesco D’Arrigo, il Magistrato a.r. dott. Domenico Platania il procuratore della Repubblica per il tribunale dei minorenni dott.ssa Caterina Aiello. Nel rivolgere l’indirizzo di saluto alle autorità civili e militari e agli ospiti presenti in sala, il presidente del Rotary Club, Placido Lavenia ha introdotto la problematica partendo dalla frase ricorrente nelle aule di giustizia, “La legge è uguale per tutti”, osservando che essa esprime una incondizionato ideale di uguaglianza, che non sempre può essere trasposto al concetto di giustizia. L’evidenza quotidiana, riproponendo l’antica disputa L Città di Paternò, prof. Mauro Mangano, e dalla prefazione della prof. Francesca Coluccio, rivela accanto ad una meritoria acribia filologica, un cuore palpitante di segni rivelatori. Incontrare Barbara tra le pagine del testo non comporta solo la ricostruzione della memoria storica della Santa martire, ma la consapevolezza di riconoscere una donna straordinariamente moderna che attingendo coraggio da una grande fede va incontro alle conseguenze del suo forte sentire. Presentazione della Rotary Community da uno splendido balcone sul barocco di Catania P fra lex e ius, mostra che i giudici, come gli uomini del resto, non sono uguali fra loro. Successivamente ha preso la parola al presidente Sarpietro che ha evidenziato gli attuali carichi di lavoro che gravano in generale sui magistrati e le ulteriori problematiche derivanti dalla chiusura dei tribunali distaccati. Il giudice D’Arrigo, ha auspicato un maggior lavoro di coordinamento del consiglio superiore della magistratu- ra. Il Giudice Platania ha poi spiegato per chi la legge non è uguale per tutti con chiaro riferimento alle prerogative dei parlamentari e dei componenti del CSM. A conclusione della serata, il presidente del club, Placido Lavenia, ha nominato socio onorario del Rotary Club il presidente del GIP, Nunzio Sarpietro, già socio fondatore e primo presidente del sodalizio cittadino. Presentazione del libro “S. Barbara nella tradizione cristiana, nel mondo, nella memoria cittadina e nell’iconografia” a conferenza di presentazione del libro di Placido Lavenia, presidente del Rotary Club, per la ricorrenza cittadiona di “Santa Barbara delle rose”, ha suscitato un grande interesse, dimostrato dalla folta partecipazione di un pubblico attento che ha gremito la chiesa di Santa Barbara. L’incontro, moderato dalla Prof. Francesca Coluccio, si è arricchito di diversi contributi e spunti interessanti presentati da P. Magrì e P. Alì, dall’intervento dell’ass. alla cultura del comune di Paternò Valentina Campisano, dal maestro Barbaro Messina, ciò che potrebbe essere diversificato nella vicenda terrena (con riferimento alle ipotesi di non una, ma diverse S. Barbara), diventa univoco nell’evidenza sensoriale dell’immagine artistica che diventa lo strumento sensoriale universale che travalica i tempi e che pone ancor oggi la bellezza come incanto, che reca gioia a chi la contempla. Il libro che è arricchito da una introduzione dell’Arcivescovo di Catania Mons. Gristina, dalla presentazione del sindaco della ed infine dai due past governor del Rotary, Concetto Lombardo, ufficiale di Marina, e Salvo Sarpietro, socio del club di Paternò. Il Libro, consta di due parti: la prima oltre a descrivere la vicenda agiografica di S. Barbara, rivisita la vicenda della martire come prodromica del trionfo cristiano e presenta la vergine di Nicodemia come modello attuale di donna moderna nella società e nella vita odierna. Si analizzano successivamente i simboli dell’iconografia di S. Barbara e i diversi patrocini. Segue una attenta disanima sulle reliquie, e la devozio- di L.A. ne di S. Barbara in Italia e nel Mondo. Di poi un capitolo riguarda il culto a Paternò e la descrizione dell’intervento di recupero dell’altarino di via Strano. La seconda parte del libro ha una valenza iconografica ed illustra S. Barbara nell’arte e nelle immagini, in questo contesto di pluralità agiografica…. e, a conclusione dell’incontro, l’autore ha proprio evidenziato come l’arte, il perdurare nei secoli dell’immagine nel continuo rinnovarsi del fluire della storia, compie il miracolo di sustanziare in un'unica singolarità la vicenda terrena di Barbara, perché er la prima volta dalla sua edificazione e nella sua storia, il prestigioso monumento del Vaccarini, l’elegantissima chiesa dell’ex Badia di S.Agata, ha aperto le sue claustrali terrazze, finora inaccessibili a quanti sanno apprezzare le bellezze della città: il Rotary Club Paternò Alto Simeto, si è ritrovato, “nell’ora che volge al desio” del tramonto per ammirare un panorama unico nel cuore del barocco della città etnea. Un evento esclusivo du- rante il quale, dopo aver ascoltato le eterne arie di Bellini e di Puccini, cantate dal soprano Margherita Aiello, accompagnata al pianoforte dal maestro Salvo Lavenia, il presidente del club ha presentato la Rotary Community associata al Club Paternò Alto Simeto, composta da ben trenta elementi. La serata, che ha avuto anche alcuni ospiti rotariani provenienti dalla Cina, è continuata all’insegna di una lieta convivialità con un light dinner. di L.A. 16 17 Il circolo dell’informazione paternese “Il Pungolo” N ato da poco più di due mesi, il circolo dell’informazione “Il Pungolo” continua la sua azione di denuncia sociale e di solidarietà. Dopo aver posto l’attenzione sulla questione del preoccupante aumento degli episodi di criminalità a Paternò, adesso, il gruppo, esprime la sua vicinanza ai colleghi di Antenna Sicilia, Telecolor e Telejonica. Il principio dell’equo compenso, del riconoscimento dei diritti fondamentali del lavoratore anche in questa categoria, sono stati avanzati sin dall’incipit della sua costituzione, dunque quando si delinea un contesto di licenziamenti così grave non può lasciare indifferente chi si pone come obiettivo la tutela di alcuni diritti fondamentali in uno Stato democratico. A seguire il comunicato stampa a firma de “Il Pungolo”. “La notizia dell’avviamento della procedura di mobilità per 16 dipendenti, tra giornalisti e tecnici, di Antenna Sicilia, con l’azzeramento della redazione giornalistica tra 70 giorni circa; coglie di sorpresa il mondo dell’informazione siciliana. Dopo 36 anni, la storica emittente televisiva catanese, del gruppo Ciancio, annuncia la sua fine. Un’altra pagina nera per il giornalismo siciliano sta per essere scritta. Essa si aggiunge al calvario vissuto lo scorso febbraio dai 14 colleghi di Telejonica, altra emittente del catanese del gruppo Ciancio, licenziati al termine di una tormentata vicenda; ed ai 17 tecnici, di Telecolor (anche quest’emittente di proprietà dei Ciancio), licenziati alcune Redazione settimane fa. Non è solo allarme per il dramma occupazionale vissuto per la categoria; in serio pericolo c’è la libertà di espressione che solo la presenza di una pluralità di organi di informazione può garantire. I giornalisti paternesi, riuniti nel gruppo “Il Pungolo”, esprimono la loro piena solidarietà ai colleghi coinvolti nella vicenda; inoltre, esprimono forte preoccupazione per la crisi, senza precedenti, che ha investito il mondo dell’informazione catanese. Occorrono risposte chiare ed immediate per evitare il baratro che ci si presenta davanti. Le Istituzioni non si tirino indietro, anche loro sono chiamate a dare risposte, rapide e precise. Non si può continuare facendo finta di nulla. Anche noi operatori dell’informazione dobbiamo reagire e smettere di subire inermi”. Farine dannose S tudi recenti dimostrano che alcune farine, soprattutto le bianche, possono nuocere alla salute. Il 31 Maggio 2015 presso l’aula Consiliare del Comune di Belpasso si è tenuto il Convegno, “Farine Bianche danno per la salute. Quali alternative?”, organizzato dall’Associazione Belpasso “Nel Cuore” in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura. È stato il primo workshop in cui sono stati affrontati temi inerenti l’Alimentazione e la Salute, grazie alla partecipazione del Dott. Riccardo Lojacono (farmacista) e della Dott.ssa Elena Longo (dietista). Il padrone di casa, il sindaco Carlo Caputo, dopo aver espresso la propria sensibilizzazione all’argomento ed aver ringraziato il sindaco di Ra- S alvo Vadalà, da circa un mese, ormai, è il direttore sportivo della squadra del Paternò calcio. L’ASD PATERNO’ 1908, ha comunicato, lo scorso 17 giugno, la notizia dell’accordo. Vadalà, autore negli ultimi anni di ottime prestazioni, tra cui l’eccellente risultato con il Viagrande nella scorsa stagione, giunge a Paternò con tante ambizioni e voglia di far bene. Il neo ds si aggiunge così alla riconferma di Franco Pannitteri, quale allenatore della squadra, mentre per quanto riguarda la dirigenza oltre alla presidente avv. Stefania Amato e al dott. Redazione Vincenzo Anicito, dovrebbe aggiungersi una figura di spicco come Renato Marletta. Presto invece, verranno via via comunicati gli ingaggi di nuovi giocatori e del nuovo personale tecnico e dirigenziale. Il Paternò rilancia e nel giro di qualche settimana spera di completare gli organici, per presentarsi così al ritiro ed ai nastri di partenza con rinnovate ambizioni. Segno dell’impegno e della passione che mette il nuovo allenatore anche l’organizzazione di stage per ragazzi che ambiscono a praticare questo sport. Infatti Vadalà, coadiuvato dalla Società sportiva, ha organizzato degli stage, nei giorni, 26 e 27 giugno per giovani calciatori nati dagli anni 1996 al 2001, un’opportunità unica per seguire un’aspirazione che potrebbe divenire un mestiere. vittime del consumismo industriale. Nei supermercati si acquistano sempre più beni alimentari a basso costo lavorati a livello industriale e ottenuti attraverso un impoverimento della materia prima, si pensi alla farina 00, dietro il suo candore si nasconde un pericolo per la salute perché il seme del grano è stato privato di due parti fondamentali chiamate crusca e germe. Il discorso si è concluso con uno sguardo al passato: rivalutazione e ripristino di molti mulini a pietra e riscoprire i gusti della tradizione locale. Al termine si è svolta la degustazione allestita da: “Il Casale del Notaio”, “Panificio Puntiddu”, “Azienda Agricola Biologica Calvagna Mauro”. Cinema sotto le Stelle A Vadalà allenatore del Paternò Calcio galna, Salvatore Chisari, per la propria partecipazione all’evento ha subito ceduto la parola alla dott.ssa Longo, la quale ha illustrato l’importanza di una corretta alimentazione accompagnata ad attività fisica. In Italia si parla molto di “dieta mediterranea” poiché la dieta è il legame che unisce l’individuo al proprio territorio e il “segreto della dieta mediterranea” risiede nella sua capacità di assicurare variazione alimentare. Il Dott. Lojacono ha aperto il proprio discorso citando una frase del Prof. Luigi Di Bella: “L’Italia è un paese ammalato di disinformazione e la disinformazione ha una capacità criminale inimmaginabile”, proprio per evidenziare come molti cittadini cadano inconsapevolmente di Angelica Pezzi nche quest’anno torna un appuntamento da non perdere per gli appassionati di cinema grandi e piccini. La parrocchia “San Giovanni Bosco” di Paternò, infatti, ha organizzato la seconda edizione di “Cinema sotto le Stelle”. Cinque serate dedicate alla proiezione di film per tutta la famiglia. L’evento, gratuito e aperto a tutti, cominciato lo scorso sabato 27 giugno con la proiezione del film “Andiamo a quel paese” (di e con Ficarra e Picone), proseguirà sabato 4 luglio con “Il figlio dell’altra” (di Lorraine Lévy, con Emmanuelle Devos e Pascal Elbé), venerdì 10 luglio, in collaborazione con la Commissione Vicariale della Pastorale di Mario Consalvo Familiare, con "Bianca come il latte, rossa come il sangue" (tratto dal best seller di Alessandro D’Avenia, regia di Giacomo Campiotti, con Luca Argentero, Flavio Insinna e Gaia Weiss), sabato 11 luglio con “Big Hero 6” (di Don Hall e Chris Williams), e si concluderà infine sabato 18 luglio con “Cenerentola il film” (di Kenneth Branagh con Lily James, Richard Madden e Cate Blanchett). La parrocchia, sotto la guida del vicario parrocchiale Giuseppe Mirone, ha voluto organizzare questo evento con lo scopo di creare momenti di aggregazione e riflessione sulle diverse tematiche proposte dai film adatti non solo per i più giovani ma anche per gli anziani. 18 19 Vi regaliamo una Poesia Il paese delle vacanze Il paese delle vacanze sulle carte non è segnato, ma di tutti i paesi è certo il più beato. Ci vanno, dopo gli esami, scolari e studenti e ci trovano da svolgere temi facili e divertenti: nuotare a rana e a farfalla, fare un tuffo dal trampolino, piantare la tenda all’ombra di un pino. Nel paese delle vacanze, mettendo da parte i pensieri, ci va gente di ogni specie: operai, ragionieri, signori e signorine dell’alta società, (qualcuno, a dire il vero, tutto l’anno ci sta…) Però conosco molti che non ci sono mai stati. Eppure, vi assicuro, non si tratta di bocciati. Laggiù non contano i voti, contano solo i quattrini: costa caro il mare azzurro e costa anche l’aria dei pini. Gianni Rodari Carmen Consoli canta contro il femminicidio di Mario Consalvo I n campo musicale si torna a parlare di Carmen Consoli che, grazie all’uscita del suo ultimo album “L’abitudine di tornare”, non manca di supportare una campagna a sostegno di Telefono Rosa, associazione che si batte da anni contro la violenza sulle donne, e di cui la cantante catanese è ambasciatrice già dal 2010. I temi affrontati nell’album sono molteplici e si rivolgono alla società attuale. Da evidenziare il sostegno di altre grandi cantanti della musica italiana (Gianna Nannini, Irene Grandi, Emma, Elisa e Nada) che si sono ritrovate insieme, dopo l’invito della cantautrice siciliana, a cantare un brano contro la violenza sulle donne. Il singolo, intitolato “La signora del quinto piano”, tratta la storia di una donna perseguitata dal suo ex davanti al portone di casa con un martello in mano; la donna si reca in questura per sporgere denuncia, ricevendo però dai funzionari alcune rassicurazioni del tipo: <<Non v'è ragione alcuna di aver paura>>. La donna, tuttavia, finisce per essere tragicamente uccisa. In questo periodo in cui il tema della violenza è molto spesso al centro del dibattito pubblico per i numerosi casi di cronaca nera che vedono vittime le donne, quasi sempre in contesti familiari, Carmen Consoli ha deciso di sostenere la nuova campagna di “ Telefono Rosa”: le artiste hanno interpretato a più voci un brano che affronta, con una vena di amarezza e sarcasmo, il dramma del femminicidio, raccontando la storia di una donna perseguitata fino ad essere uccisa e la cui denuncia è rimasta inascoltata. Il ricavato della vendita del singolo sarà devoluto in beneficenza all’associazione “ Telefono Rosa” Liberare le vette N essuna limitazione per i percorsi sul Vulcano, compresa l’area sommitale. E’ questo ciò che chiede il nuovo comitato “Etnalibera”, un gruppo di persone, prevalentemente, liberi escursionisti, che chiede la riapertura della vetta dell’Etna preclusa da troppo tempo. Nel 2013 sono state emanate, dal dipartimento regionale di Protezione civile, le “Procedure di allertamento rischio vulcanico vigenti e modalità di fruizione per la zona sommitale del vulcano Etna”, un divieto che ad oggi, secondo il comitato, impedirebbe di poter usufruire di un bene patrimonio Unesco liberamente, con ricadute negative anche sul turismo e l’economia locale. Quindi fino a questo momento è vietato l’accesso in Redazione vetta se non accompagnati, in assenza di criticità, cioè quando non vi è neanche la più flebile attività eruttiva, da personale abilitato. Il comitato “Etnalibera” ha redatto un documento nel quale chiede l’abolizione di questi divieti. Viene avanzata anche la proposta di restituire la totale responsabilità all’Ente Parco della gestione dell’area protetta in maniera tale da monitorare gli accessi quotidiani in vetta, l’aumento delle informazioni per gli escursionisti e la predisposizione di piani di fruizione durante gli eventi eruttivi. Previsto per il prossimo 10 luglio, alle 21, in piazza Museo della Civiltà Contadina di Nicolosi, la presentazione del documento e la raccolta firme.