IV CONVEGNO ADOTTA 2013 FRANCO ARMINIO INCONTRO/WORKSHOP BIO/BIBLIO Per informazioni: www.comunitaprovvisorie.wordpress.com FRANCO ARMINIO è nato a Bisaccia in Irpinia d’Oriente nel 1960. Ha pubblicato sei raccolte di versi: Cimelio dei profili (Sellino, 1985), Atleti (associazione librai avellinesi, 1993) Homo timens (Sellino, 1997), Sala degli affreschi (Sellino, 1999), Poeta con famiglia (D’If, 2009), Stato in Luogo (Transeuropa, 2012). In prosa ha pubblicato Siamo esseri antichi (Sellino, 1998), una lettura della civiltà contadina attraverso il repertorio fotografico del centro Guido Dorso, Diario civile (Sellino, 1999), L’universo alle undici del mattino (D’if, 2002), Viaggio nel Cratere (Sironi, 2003), Circo dell’Ipocondria (Le Lettere, 2007), Vento forte tra Lacedonia e Candela (Laterza, 2008, Premio Napoli), Nevica e ho le prove (Laterza, 2009), Cartoline dai morti (Nottetempo, 2010, Premio Dedalus, recentemente tradotto in Russia), Oratorio Bizantino (Ediesse, 2011), Terracarne (Mondadori, 2011, premio Carlo Levi, premio Paolo Volponi), Geografia commossa dell'Italia interna (Bruno Mondadori, 2013). Tutti questi libri, tranne l’ultimo, appena uscito, sono stati accolti con entusiasmo dalla critica e dai lettori. Recensioni sono apparse su tutti i quotidiani e i settimanali nazionali, oltre alle principali riviste letterarie. È anche autore di documentari: Un giorno in edicola, La terra dei paesi, Scuola di paesologia, Giobbe a Teora, Terramossa. In questi video si mostra come sono oggi i paesi del sud interno, mettendo in rilievo la bellezza dei paesaggi e i danni prodotti da un certo tipo di modernità. Nel 2010 è stato realizzato un film sul suo impegno dal titolo Di mestiere faccio il paesologo. INTERVENTO CONVEGNO GEOGRAFIA COMMOSSA Sono partito dalla percezione del corpo, perché il corpo mi dava pensieri, il corpo faceva salire alla testa pensieri più che sensazioni. Questi pensieri si mettono in un’area della testa che si potrebbe chiamare area dell’apprensione: è quest’area che mi porta a disperare del mio corpo, a sentirlo incapace di avvenire. Ogni corpo ha una sua idea di avvenire. Nel mio caso un’idea bruciante, pochi mesi, pochi giorni, poche ore. Questa immaginaria salute precaria s’incrocia con la reale salute precaria dei luoghi in cui vivo. E allora la ricognizione dei luoghi è il frutto di uno spostamento d’attenzione, dal sintomo del corpo al sintomo del luogo, dall’ipocondria alla desolazione. Facendo uno spostamento ulteriore, mettendo sul palmo della mano il mondo intero, vengono fuori altre parole: sfinimento, autismo corale. La mia scrittura non ha il rigore della scienza, non vuole e non può essere attendibile. Il primato della percezione sul concetto, del particolare sull’astrazione. WORKSHOP CONVEGNO DI MESTIERE FACCIO IL PAESOLOGO CONSIGLIATO DOCENTI DI SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA I GRADO Scrivere con la luce che c’è fuori e con il buio che abbiamo dentro. Esercizi di etnologia soggettiva per riattivare la percezione: l’idea guida è che dove si pensa che non c’è niente in realtà c’è sempre qualcosa. La paesologia consiste essenzialmente in una forma d’attenzione. È uno sguardo lento e dilatato. BIBLIOGRAFIA FRANCO ARMINIO, Geografia commossa dell’Italia interna, Mondadori, 2013 Orlo, bordo, confine, selve, monti, mare, alberi, zolla, cane, vigna, nuvole, vacca, panchina, sole, alba, tramonto, e vento, neve, pioggia, e altro vento, e altra neve, e aprile, e il verde di maggio, e il nero di settembre, silenzio senza opinioni, luce senza commenti, voglio solo che la vita sfili, se ne vada da dove è venuta, non la trattengo, non voglio trattenere niente, camminare, guardare gli alberi, non dire e non fare nient'altro che il giro dei confini, andare sempre più dentro a certi confini, non superarli, non mirare al centro, non mirare alle passioni di tutti, disertare, prendere confidenza col cielo, ma farlo senza vantarsene, non sputare parole sul mondo e sugli altri, camminare, uscire perché è uscito il sole, uscire, prendere un paese, passarci dentro, non dire nulla del giorno, non accostare niente alla solitudine, lasciarla intatta, lasciare che la solitudine faccia la sua vita, svolga la sua storia e così pure la tristezza e la stanchezza, essere stanchi tristi e soli è comunque una fortuna, i buoni sentimenti rigano il mondo come quelli cattivi, come le parole... FRANCO ARMINIO, Stato in luogo, Transeuropa, 2012 Arminio scrive poesie a oltranza e le sposta di continuo, una perenne migrazione interna che qui si ferma in un'ampia raccolta di poesie sul suo paese e sui paesi che visita. Negli ultimi anni ha pubblicato molti libri di prosa, sempre sullo stesso argomento e sempre diversi uno dall'altro. Anche questo libro è diverso da tutti gli altri. I testi qui presentati sono solo una piccolissima parte della sua sterminata produzione, ma danno subito la drastica sensazione di trovarsi di fronte a un autore che sembra avere accordato il suo corpo unicamente sulla scrittura. Ne esce una dizione esatta e allo stesso tempo febbrile, intima e corale. Arminio mette ogni giorno al lavoro il suo demone che ogni giorno lo mette alla prova con l'idea della fine. Un corpo a corpo che è segno di grande salute e che lascia sul campo una poesia attualissima e dal passo antico. FRANCO ARMINIO, Terracarne, Mondadori, 2011 "La paesologia è una via di mezzo tra l'etnologia e la poesia. Non è una scienza umana, è una scienza arresa, utile a restare inermi, immaturi. La paesologia non è altro che il passare del mio corpo nel paesaggio e il passare del paesaggio nel mio corpo. È una disciplina fondata sulla terra e sulla carne. È semplicemente la scrittura che viene dopo aver bagnato il corpo nella luce di un luogo." La paesologia è la scienza di Franco Arminio. Una scienza inafferrabile eppure concretissima, umorale ma a modo suo esatta. Una disciplina in cui si fondono poesia e geografia: la poesia di una scrittura limpida e visionaria, lavorata col puntiglio e la cura propri della grande letteratura; la geografia del nostro Sud. Arminio gira per i paesi della sua Irpinia, per quelli della Lucania e della Daunia (i paesi invisibili) e della cintura napoletana (i paesi giganti), sconfina in Molise, in Abruzzo, in Salento, si allontana fino alle Marche e al Trentino, e ovunque applica il suo metodo, mette in pratica il suo particolare modo di attraversare i territori e di raccontarli. Il suo sguardo non trascura nulla: le piazze, le strade, i bar, i cimiteri, i paesaggi più sublimi e gli scempi della modernità, lo sfinimento e la desolazione, i lampi e gli slanci. Ne viene fuori un referto preciso e accorato della situazione del Mezzogiorno d'Italia. Un referto che e questa è una delle singolarità del "metodo Arminio" - prevede annotazioni anche su chi la visita la fa: sull'autore stesso e il suo io errante. FRANCO ARMINIO, Oratorio bizantino, Ediesse, 2011 In questo nuovo libro, Arminio raccoglie i suoi scritti più liricamente civili, e con il suo stile surreale e comico ricorda per postura autoriale un po’ Emil Cioran e un po’ il narratore «in pubblico» Peter Bichsel, maestro conclamato della prosa breve. Diviso in gruppi tematici (comizi morali, l’esperienza politica, il paesologo in campagna elettorale, le battaglie civili per l’ospedale di Bisaccia e contro la discarica del Formicoso) ilvolume censisce l’impegno di anni dell’ultimo autore comunitario del nostro paese, che usa ancora la parola nel tentativo di salvare un pezzo di mondo. Quelfare letteratura per la quale – come ha scritto di lui il mentore Gianni Celati, una sorta di maestro volontario per l’autore irpino– «occorre privilegiare al massimo le cose singole, contro le astrazioni degli esperti e le frasi fatte dell’attualità».Arminio è sempre a caccia di paesaggi, umani o naturali. Li setaccia rabdomanticamente, implacabilmente, senza paura. Nomina, ammonisce, s’indigna. Fa una battaglia contro il cinismo fin nelle interiora: «C’è sempre altro da fare quando dobbiamo fare qualcosa per gli altri»,dice in un passo emblematico.E anche se il suo baricentro antropologico è quello di Bisaccia, non parla solo di Irpinia, di Sud o dell’Italia intera:la visione è globale, occidentale, nell’intreccio tra cultura contadina, modernità e villaggio tecnologico, la visione di un capitalismo che «a furia di espandersi è diventato piccolissimo». Sovversivo mite della parola e del pensiero, lancia un j’accuse virulento contro i politici narcisi e ciechi, specchio sensibile di un declino sociale e morale, ma con la speranzae il sogno di un nuovo umanesimo, fatto di comunità «che vadano oltre il profilo dei singoli campanili e dei singoli comuni», e di nuove agorà. FRANCO ARMINIO, Cartoline dai morti, Nottetempo, 2010 Poco più di cento aforismi, brevi pensieri, ricordi, rimpianti, cronachette compongono questo insolito e originalissimo piccolo libro dal titolo efficace: Cartoline dai morti. Sono morti che appunto da un non meglio definito aldilà parlano a chi è rimasto da questa parte. Si pensa subito, naturalmente, a L’Antologia di Spoon River dell’americano Edgar Lee Masters, ben musicata da Fabrizio de André. Qui però non è una comunità che ricorda i propri morti, bensì una serie di persone diverse, di ogni età, maschi e femmine, giovani, anziani e vecchissimi che in piccoli caustici flash ricordano il momento della loro morte. L’aspetto più singolare di queste cartoline è il sarcasmo con cui i morti esprimono le ragioni della loro dipartita dal mondo. Sono morti per malattia, per caso, per un incidente, per un delitto, per una disattenzione, insomma una forma di democrazia anche nelle morte, sembra suggerire l’autore. Oppure si muore allo stadio, nella vigna, sul balcone, in macchina, scrivendo una ricetta, impiccata dai genitori, facendo l’amore, gettata nel pozzo dal marito, di vecchiaia. Arminio conserva anche di fronte alle storie più dolorose che ha raccolto una sottile ed efficace ironia che mette in bocca ai morti: "Prima di me erano già morte ottanta miliardi di persone" "Io sono uno di quelli che un minuto prima di morire stava bene" "Il giorno dell’apertura della caccia qualcuno mi ha scambiato per una quaglia" "Una volta Gianni Morandi mi fece una dedica su una cartolina. Non avrei mai pensato che sarebbe finita sulla mia lapide" La casualità della morte, la sua comparsa inattesa, la voglia di rimanere in vita, l’assurdità di certi avvenimenti fanno pensare a Pirandello, soprattutto per l’atmosfera surreale che Arminio ha saputo creare in queste brevi, incisive piccole prose, molto poco italiane, direi. Ci sono anche drammi evocati dall’autore, che lasciano l’amaro in bocca e che raccontano tragedie poco raccontate, ma certamente in questo libretto saggio e doloroso la morte viene affrontata senza infingimenti, senza retorica, come parte della vita di noi tutti, anche se tentiamo di rimuoverla disperatamente. L’ultima pagina del libro dice semplicemente:"Pure io, sì, pure io". FRANCO ARMINIO, Nevica e ho le prove, Laterza, 2009 "Temo che mi si spacchi il cuore. Come se ogni giorno si gonfiasse di amarezza. Ogni mattina mi sveglio con l'amarezza del giorno prima che mi pesa addosso e quella di trentasei anni passati in questo deserto dei tartari. Questo però è il primo autunno dove la sensazione è tanto forte, onnipresente. Qualunque cosa faccio mi accorgo della mia inesistenza. Vorrei incontrare delle persone inesistenti come me. E invece la vasca è asciutta. Oltre a quel poco d'acqua torbida dove abbiamo sempre vissuto, il mulinello si è portato via pure i pesci. Qui c'è una cattiveria senza fine. Tutti frustrati, pronti a disprezzare tutto e tutti. Come si fa respirare in queste condizioni? Come si fa a pensare di salvarsi?" Franco Arminio torna a raccontare i paesi italiani e questa volta dalla sua penna non nascono luoghi, ma persone. Con prosa limpida e insieme concitata, scorrono sulla pagina gli sgangherati pensieri esistenziali di un io narrante che somiglia in modo sospetto al suo autore, rincorsi da un controcanto affollato di personaggi sbadatamente vivi. FRANCO ARMINIO, Poeta con famiglia, Edizioni D’If, 2009 Curioso titolo - un po' all'italiana - per un libro di un poeta dal limpido dettato e dai forti sentimenti, come la terra che ne ha nutrito la crescita pur nell'antica e nuova desolazione. Il "paesologo" Franco Arminio racconta con suadente ritmicità e con chiuse fulminanti, la sua vita in uno dei "paesi del cratere", sciorinata impudicamente e non senza vivo dolore. FRANCO ARMINIO, Vento forte tra Lacedonia e Candela, Laterza, 2008 "Almeno un quarto dei paesi italiani è gravemente malato. È una malattia nuovissima. Di cosa si tratta? Di desolazione. Per secoli o forse millenni i paesi sono stati poveri ma, anche se modesta, la vita che si svolgeva un tempo era piena. Ogni persona stava nel suo paese come un pesce dentro al lago. Adesso pare che tutti stiano in un secchio rotto. Si vive con poca acqua e con la sensazione che nessuno sappia come conservare la poca che rimane. Chi visita i paesi d'estate o la domenica ne cattura un'impressione del tutto illusoria: il piacere del silenzio, del buon cibo, aria buona. Tutto questo è solo una facciata, una realtà apparente che nasconde un'inerzia acida, un tempo vissuto senza letizia. D'altra parte, "uno arriva e ferma la macchina in piazza. Guarda qualcuno vicino al bar o sulle panchine. Guarda una vecchia che va a fare la spesa, un cane disteso al sole, guarda porte chiuse, guarda la propria macchina e capisce che lo strumento per la fuga è a portata di mano. Basta una mezz'oretta di curve e si torna al mondo gremito, il mondo che si muove." Se i sani scappano lontano, nel paese restano i malati. Può essere depressione, può essere disagio, può essere la smania velleitaria fai nulla e di non poter arrivare da nessuna parte. FRANCO ARMINIO, Circo dell’ipocondria. Con DVD, Le Lettere, 2006 La prosa di Arminio è perfetta. Non, o non solo, in senso letterario: immagini e idee sono il suo respiro. È uno scrittore talmente originale che di questa originalità ha finito per fare una malattia. Quella malattia che pensa se stessa: perché consiste proprio nel terrore di ammalarsi. Il miracolo del libro, allora, consiste nella sua salute: una splendida salute precaria. Tra il corpo di Arminio e la sua terra, l'Irpinia terremotata e mal ricostruita, sussiste una profonda relazione. L'uno è il sintomo dei mali dell'altra. Così, alla prosa ruminante e insieme limpida degli aforismi e dei brevi saggi di Circo dell'ipocondria, si associano con naturalezza le immagini di Terra dei paesi. FRANCO ARMINIO, L’universo alle undici del mattino, Edizioni D’If, 2002 Un raccontino erotico scritto da un poeta. Attraverso un eros straniato e una lingua ruvida e disadorna, si denudano i pruriti di un lui e una lei che tentano di sfondare l'universo.