anno del 50°
Coordinate Bancarie (Codice IBAN)
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n.6
- 2015
domenica 15 febbraio
avvisi
DOMENICA 15 febbraio
- 11.30 celebrazione con gli SPOSI che celebrano il decimo anniversario del loro matrimonio.
- 15.00 incontro catechesi genitori e ragazzi 2a elementare.
- 15.30 Celebrazione Battesimi
- 17.00 Incontro preparazione Cresime adulti.
Martedì 17 febbraio
- ore 21.00 in parrocchia SCUOLA DI TEOLOGIA (6°)
Giovedì 19 febbraio
- SCUOLA INFANZIA in CARNEVALE.
- ore 17.00 ragazzi catechesi ... in maschera!
- ore 21.00 CPP.
Venerdì 20 febbraio
- dalle 18.30 in oratorio si mangia ... liberamente...
è carnevale ...
Lunedì 16 febbraio - ore 21.00 corso d i preparazio- Sabato 21 febbraio
ne al matrimonio (7°).
- Carnevale in ORATORIO - ore 15.00 ritrovo per la
sfilata. leggi i manifesti in bacheca.
DOMENICA 22 febbraio PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA
- ore 11.00 Incontro genitori d i 5a elementare -- - ore 17.00 Incontro preparazione Cresime adulti.
PER-DONO
Il cristianesimo significa decisione,
svolta, rinuncia, anzi ostilità nei confronti dell’uomo vecchio e passato.
“È quasi una geniale ossessione del
cristianesimo fare a pezzi tutti gli
schemi.” Cristo riduce completamente in rovina l’uomo passato, colpisce e il colpo duole di più proprio
lì dove esso ha colpito le intenzioni
apparentemente più nobili di una
perfetta moralità. Ci domandiamo:
qual è dunque questo uomo vecchio
e passato di cui si parla? È il peccatore contrapposto al giusto, il morale contrapposto all’immorale? Il pubblicano contrapposto al fariseo, cioè
colui che non ha fatto nulla, contrapposto a colui che ha fatto tutto? Ci
piacerebbe assai rispondere di sì a
queste domande; però se lo facessimo, invano Cristo sarebbe venuto in
questo mondo, invano sarebbe morto in croce e invano sarebbe risorto.
Questo è l’abisso di fronte al quale
ci troviamo con la nostra domanda.
Un fariseismo frettolosamente sicuro di sé e abituato a pensare in maniera troppo confidenziale a propo-
sito di Dio ha pronunciato il suo sì
deciso a queste domande e continua
a pronunciarlo anche oggi: basta che
giudichiamo la nostra vita - sembra
dire - secondo i criteri della moralità
e della spiritualità, e non secondo i
criteri della natura sensibile, per poter tenere la contabilità di ogni giorno e di ogni periodo della nostra vita
e, alla fine, anche se una volta avessimo sbagliato, questo passo falso
sarebbe cancellato dal gran numero
di opere eccellenti che potremmo esibire. E così alla fine della nostra vita
ci presenteremmo con i conti in ordine davanti a Dio e non ne richiederemmo altro che la convalida del tutto ovvia. Così si diceva duemila anni
fa e così si continua a dire ancor oggi, anche
se in maniera
più scaltra e
dissimulata. Il
ritratto del fariseo rispecchia
religiosità distorta di molti che pensano di
poter rivendicare dei diritti
dinanzi a Dio per la loro osservanza
scrupolosa. Dio non vuole il fariseo
che si sente giusto e moralmente a
posto, ma il peccatore pentito che ha
acquisito la santa conoscenza di sé e
che non ha preteso, bensì chiesto.
“Dio va invocato”. Supplicare è attendere dal di fuori la vita o la morte. In ginocchio, nella posizione che
meglio consenta al vincitore di tagliare il collo con un colpo di spada… Così trascorre nel silenzio qualche minuto di attesa. Il cuore si svuota di tutti i suoi attaccamenti, raggelato dal contatto imminente della
morte. Si riceve una vita nuova, fatta puramente di misericordia. Bisocontinua ...
«Qualcuno, magnifico e leggero, passato prima, lasciò pagato il conto per noi, ci rese liberi, assolti..»
... continua
gnerebbe pregare Dio così. I conti
non tornano mai, con Dio. Nulla è in
parità, nemmeno la vita più perfetta. Più che crearci assicurazioni statiche, il Vangelo ci urta con la sua
mobilità, che minaccia le certezze che
via via costruiamo. Ci espropria.
“Quando venite a presentarvi a me,
chi richiede da voi che veniate a calpestare i miei atri? Quando stendete
le mani, io allontano gli occhi da voi.
Anche se moltiplicate le preghiere,
io non ascolto”. Dio non è con noi
quando preghiamo così, ma quando
condividiamo con gli altri. Chi disprezza un uomo non potrà mai ottenere nulla. Niente di ciò che disprezziamo negli altri ci è completamente estraneo. Spesso ci aspettiamo dagli altri più di quanto noi stessi siamo disposti a dare. Perché finora abbiamo riflettuto in modo così
poco realistico sull’uomo, sulla sua
debolezza? Dobbiamo imparare a
valutare gli uomini più per quello
che soffrono che per quello che fanno o non fanno. Un giorno madre
Teresa stava parlando con un noto
criminale e ladro di Calcutta. La gente del posto era scandalizzata da ciò
che vedeva. “Madre, ma lei sa chi è
quello?” (certo che lei lo sapeva!).
“No, chi è?”. “E’ un boss della malavita!”. “Ah sì... pensavo fosse solo
una persona”. L’unico rapporto fruttuoso con gli uomini - e specialmente con i deboli - è l’amore, cioè la volontà di mantenere la comunione con
loro. Ogni fariseo non vedrà altro che
pubblicani. Ogni Gesù non vedrà
altro che persone e uomini da amare. Dio non ha disprezzato gli uomini, ma si è fatto uomo per amore loro.
La croce è la figura eminente del perdono, ossia di una risposta d’amore
che illumina la fraternità di tutti.
Ecco la fonte paterna del perdono.
Perdonare è amare come il Padre
ama, è farsi padre all’altro senza che
questo escluda il resto dei fratelli,
poiché “il perdono che procede dalla paternità è il solo che sia senza limiti, senza condizioni, senza garanzie”. Eccedere sulla logica, è il perdono: “Ogni giorno”, di nuovo. Nell’origine latina di questa parola si trova un riferimento al “dono”. Tra
dono e perdono, c’è perlomeno questa affinità: l’uno e l’altro, dono per
dono, hanno un rapporto essenziale. Non c’è dono senza perdono, né
perdono senza dono. Gratis. Di quale gratuità? Esente da prezzo e da
pedaggio. Qualcuno, magnifico e
leggero, passato prima, lasciò pagato il conto per noi, ci rese liberi, assolti.
State bene, diletti parrocchiani.
** catechesi del Papa ** ** catechesi del Papa ** ** catechesi del Papa ** ** catechesi del Papa **
Il Padre
(continua)
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi vorrei svolgere la seconda parte della riflessione
sulla figura del padre nella famiglia. La volta scorsa ho
parlato del pericolo dei padri “assenti”, oggi voglio guardare piuttosto all’aspetto positivo. Anche san Giuseppe fu
tentato di lasciare Maria, quando scoprì che era incinta;
ma intervenne l’angelo del Signore che gli rivelò il disegno di Dio e la sua missione di padre putativo; e Giuseppe, uomo giusto, «prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24) e
divenne il padre della famiglia di Nazaret.
Ogni famiglia ha bisogno del padre. Oggi ci soffermiamo sul valore del suo ruolo, e vorrei partire da alcune
espressioni che si trovano nel Libro dei Proverbi, parole
che un padre rivolge al proprio figlio, e dice così: «Figlio
mio, se il tuo cuore sarà saggio, anche il mio sarà
colmo di gioia. Esulterò dentro di me, quando le tue labbra diranno parole rette» (Pr 23,15-16). Non si potrebbe
esprimere meglio l’orgoglio e la commozione di un padre
che riconosce di avere trasmesso al figlio quel che conta
davvero nella vita, ossia un cuore saggio. Questo padre
non dice: “Sono fiero di te perché sei proprio uguale a me,
perché ripeti le cose che dico e che faccio io”. No, non gli
dice semplicemente qualcosa. Gli dice qualcosa di ben più
importante, che potremmo interpretare così: “Sarò felice ogni volta che ti vedrò agire con saggezza, e sarò
commosso ogni volta che ti sentirò parlare con rettitudine. Questo è ciò che ho voluto lasciarti, perché diventasse una cosa tua: l’attitudine a sentire e agire, a
parlare e giudicare con saggezza e rettitudine. E perché
tu potessi essere così, ti ho insegnato cose che non sapevi, ho corretto errori che non vedevi. Ti ho fatto sentire un
affetto profondo e insieme discreto, che forse non hai ri-
conosciuto pienamente quando eri giovane e incerto. Ti ho dato una testimonianza di rigore e di fermezza che forse non capivi, quando
avresti voluto soltanto complicità e protezione.
Ho dovuto io stesso, per primo, mettermi alla
prova della saggezza del cuore, e vigilare sugli
eccessi del sentimento e del risentimento, per
portare il peso delle inevitabili incomprensioni
e trovare le parole giuste per farmi capire. Adesso – continua il padre -, quando vedo che tu
cerchi di essere così con i tuoi figli, e con tutti,
mi commuovo. Sono felice di essere tuo padre”.
È così ciò che dice un padre saggio, un padre
maturo.
Sarò felice ogni volta che ti vedrò agire con saggezza, e sarò commosso ogni volta che ti sentirò parlare con rettitudine (tuo papà)
Un padre sa bene quanto costa trasmettere questa eredità: quanta vicinanza, quanta dolcezza e quanta fermezza. Però, quale consolazione e quale ricompensa si riceve, quando i figli rendono onore a questa
eredità! È una gioia che riscatta ogni fatica, che supera
ogni incomprensione e guarisce ogni ferita.
La prima necessità, dunque, è proprio questa: che
il padre sia presente nella famiglia. Che sia vicino
alla moglie, per condividere tutto, gioie e dolori, fatiche e speranze. E che sia vicino ai figli nella loro crescita: quando giocano e quando si impegnano, quando sono spensierati e quando sono angosciati, quando si esprimono e quando sono taciturni, quando osano e quando hanno paura, quando fanno un passo
sbagliato e quando ritrovano la strada: padre presente, sempre. Dire presente non è lo stesso che dire
controllore! Perché i padri troppo controllori annullano i figli, non li lasciano crescere.
Il Vangelo ci parla dell’esemplarità del Padre che
sta nei cieli – il solo, dice Gesù, che può essere chiamato veramente “Padre buono” (cfr Mc 10,18). Tutti
conoscono quella straordinaria parabola chiamata del
“figlio prodigo”, o meglio del “padre misericordioso”,
che si trova nel Vangelo di Luca al capitolo 15 (cfr
15,11-32). Quanta dignità e quanta tenerezza nell’attesa di quel padre che sta sulla porta di casa aspettando che il figlio ritorni! I padri devono essere pazienti. Tante volte non c’è altra cosa da fare che aspet-
tare; pregare e aspettare con pazienza, dolcezza,
magnanimità, misericordia.
Un buon padre sa attendere e sa perdonare, dal
profondo del cuore. Certo, sa anche correggere
con fermezza: non è un padre debole, arrendevole,
sentimentale. Il padre che sa correggere senza avvilire è lo stesso che sa proteggere senza risparmiarsi.
Una volta ho sentito in una riunione di matrimonio
un papà dire: “Io alcune volte devo picchiare un po’ i
figli … ma mai in faccia per non avvilirli”. Che bello!
Ha senso della dignità. Deve punire, lo fa in modo
giusto, e va avanti.
Se dunque c’è qualcuno che può spiegare fino in fondo la preghiera del “Padre nostro”, insegnata da
Gesù, questi è proprio chi vive in prima persona
la paternità. Senza la grazia che viene dal Padre che
sta nei cieli, i padri perdono coraggio, e abbandonano il
campo. Ma i figli hanno bisogno di trovare un padre che
li aspetta quando ritornano dai loro fallimenti. Faranno
di tutto per non ammetterlo, per non darlo a vedere,
ma ne hanno bisogno; e il non trovarlo apre in loro
ferite difficili da rimarginare.
La Chiesa, nostra madre, è impegnata a sostenere
con tutte le sue forze la presenza buona e generosa
dei padri nelle famiglie, perché essi sono per le nuove generazioni custodi e mediatori insostituibili della
fede nella bontà, della fede nella giustizia e nella protezione di Dio, come san Giuseppe. (4 FEBBRAIO 2015)
DIALOGO TRA LE CHIESE
Card. ONAIYEKAN in DUOMO
Il card. Onaiyekan è arcivescovo della diocesi di ABUJA,
capitale federale della NIGERIA; è
presidente della conferenza espiscopale nigeriana, riveste altre responsabilità con la chiesa universale, partecipa alla lotta contro la
tratta della schiavitù, una piaga che
colpisce più di 2,4 milioni di persone al mondo e rende ai criminali, secondo stime al ribasso, 32 miliardi di dollari l’anno.
In Duomo, a Milano il 10/02/
2015, esordisce con questa espressione: «La tomba dell’uomo
bianco - White man’s grave, così
era chiamata la Nigeria nel 1860
quando gli europei morivano tantissimi per malaria e solo i missionari avevano il coraggio di avventurarsi nel Paese.
Nigeria delle contraddizioni:
«piena di risorse umane e naturali,
ma anche di povertà. Di profondi
valori spirituali e religiosi, ma anche di corruzione, conflitti e guerre
fratricide». Ha conosciuto il colonialismo, «un crimine storico» che ha
caratterizzato l’Africa nell’ottocento e ha lasciato «come eredità positiva la fede cattolica». Nel 1960,
nel Paese, erano presenti 10 vescovi: tutti bianchi. Oggi le Diocesi sono
più di 52 e i vescovi sono nigeriani
perché il Signore chiede a noi di
essere le guide di noi stessi».
La Nigeria ha 180 milioni di abitanti: metà musulmani, metà
cristiani. I cat tolici, spiega
Onaiyekan, sono la Chiesa più organizzata, «ma negli ultimi anni
stanno prendendo piede i pentecostali, che si ispirano ai predicatori
americani. Non convertono islamici o pagani, ma attirano fedeli cristiani. Nella condizione di difficoltà
lavorative, economiche e precarie
in cui versiamo, tanti si lasciano
attirare da chi promette miracoli,
anche se non si avverano».
«Ho 71 anni: non siamo una
Chiesa giovane. Ma una realtà caratterizzata da tre tappe fondamentali: «Il Concilio Vaticano
II, che ha coinciso più o meno con
la fine del colonialismo. Mentre in
Africa parlavamo della riconquista
dell’autonomia, la Chiesa a Roma
celebrava l’apertura al mondo: per
noi era notizia di gioia, soprattutto
la possibilità di celebrare la Messa
nelle lingue locali».
In secondo luogo la visita di
papa Montini in Uganda, primo
Pontefice a raggiungere l’Africa subsahariana: «Lanciò questa sfida:
“Potete e dovete avere una
Chiesa africana. Dovete essere
missionari di voi stessi”. I sacerdoti di allora colsero queste parole con tutto il cuore e la Chiesa
iniziò un grande progresso». Terzo, il Sinodo africano del 1994,
«che si concentrò sull’evangelizzazione verso il nuovo millennio».
Anche su queste radici è cresciuto un albero che oggi frutta «sempre più battesimi», «e molte vocazioni religiose. Ma «il desiderio del
Signore è che i cristiani riscoprano
la loro fede, la vivano con coerenza, si interessino della società con uno stile cristiano».
La Diocesi guidata da Onaiyekan sta crescendo con la città.
ABUJA, infatti, fino al 1980 non
era niente più che savana. Finché
il Governo decise di trasferire da
«Il desiderio del Signore è che i cristiani riscoprano la loro fede, la vivano con coerenza, si interessino della società con uno stile cristiano».
Lagos a lì, nel nulla al centro del Paese, la sua capitale amministrativa
federale. Ora la città, spiega, ha quasi
3 milioni di abitanti, più di 50 parrocchie, 150 sacerdoti di cui
più di metà locali. «Cattolici e musulmani praticano
la loro fede con sincerità racconta -. Se un cattolico
non va a Messa la domenica, il suo amico musulmano gli chiederà come
mai non ci è andato».
«Boko Haram è un gruppo di
pazzi fanatici, meno di 5 mila persone, che fa cose atroci e non rappresenta la comunità islamica nigeriana - spiega Onaiyekan -. Hanno ucciso cristiani e distrutto chiese,
ma uccidono tutti quelli che non sono
Carnevale
ambrosiano
inizia il Martedì grasso proseguendo
fino a sabato 21 febbraio … quando nel resto d’Italia si respira già il clima austero
della Quaresima.
Il tema del Carnevale ambrosiano dei
ragazzi, quello che precede Expo 2015
«Nutrire il pianeta, energia per la vita»,
svelerà i «dietro le quinte» dei piatti che
ci invidiano in tutto il mondo, dando vita
a fornelli, pentole, tegami e posate mai
visti prima, a nuovi e strampalati elettrodomestici multiuso e al design creativo di
cucine inimmaginabili, costruite ad hoc
per le sfilate e le feste di Carnevale in tutta la Diocesi. «Pela, taglia, trita, cuoci» è
il titolo della festa che si terrà attorno al
sabato grasso ambrosiano, il prossimo 21
febbraio. Per chi interessa, le manifestazioni sono nelle varie piazze di Milano.
NOI siamo coinvolti più semplicemente nel CARNEVALE DOMESTICO che
ha come punto forte la sfilata di SABATO 21 ore 15.00 con partenza in ORATORIO, e con quanto segue . . . a tutti buon
carnevale, non è festa inutile, per chi bene
intende ...
comunicazioni economiche
CCB e num. IBAN vedi in testata
OFFERTE RACCOLTE
II domenica di febbraio
per coprire il fondo/debito per ristrutturazione, sono state:1.794,92€. Al 13 febbraio 2015 la situazione economica da
ripianare per le spese straordinarie eseguite, è: 58.913,18 €.
liberamente possiamo
contribuire … grazie a tutti!
d’accordo con loro, anche musulmani». Non basta però, aggiunge, «che
i fedeli islamici prendano le distanze
da questi fanatismi, come dall’Isis in
Iraq e Siria, o da Al
Qaeda in Maghreb o
da Shabaab in Somalia. Devono fare
qualcosa, devono
parlare a loro, solo i
musulmani possono
parlare ai musulmani, perché si capiscono e si ascoltano. Devono dire ai fanatici che ciò
che fanno è contro l’Islam».
Qualcosa sta accadendo in questo senso: notevoli interventi degli
Iman musulmani; quelli del Re di
Giordania; il libretto in preparazione nella più importante università
dell’Islam sunnita con i principi fondamentali islamici che l’Isis ha
frainteso; e i 140 capi islamici
più importanti del mondo hanno firmato una lettera aperta ad Al
Baghdadi, califfo dell’autoproclamato Stato Islamico.
Noi cristiani dobbiamo appoggiare questi tentativi musulmani di
autocorrezione». Pretendendo però
anche «che il Governo faccia la sua
parte, contro le armi e le bombe di
Boko Haram». E siccome Isis è anche un’ideologia, ci vuole una teologia precisa e illuminata, da
ambo le parti, per cambiare la loro
mentalità.» Il popolo, le religioni,
il governo, tutti devono fare la loro
parte per liberci dalla schiavitù e
dalla violenza.
LA TRAGEDIA CONTINUA
Altri morti, altre vittime nel Mediterraneo.
NON possiamo essere indifferenti. Le autorità
civili soccorrono, e il Papa ci fa pregare e ricordare che il SOCCORSO alle vittime è sempre impellente e urgente. Nell’emergenza umanitaria si
soccorre, non c’è tempo per le chiacchere. Sul soccorso a tutte le forme di necessità il cristiano ha il
giudizio definitivo della sua vita.
Insieme con l’emergenza, gli Stati e anche il comandamento cristiano ci educano A SRADICARE IL MALE NELLA SUA ORIGINE, a sradicare le cause
delle tragedie umane, che provengono dall’oppressione, dalle dittature, che privano i loro cittadini della libertà e possibilità di vivere, tragedie che provengono
dalle guerre, da organismi di malaffare che organizzano la tratta degli schiavi,
uomini donne, bambini, organismi criminali ai quali non interessa la vita delle
persone, ma solo il denaro e l’avidità che si fa idolo assoluto.
DUE SUGGERIMENTI UTILI per la lotta contro il male:
- I GIORNALISTI invitano a non fare pubblicità per televisione delle crudeltà dell’ISIS e dei loro emuli e invitano a oscurare tutti i siti che ne fanno propaganda perché suscitano solo paura la cattiva consigliera, suscitano emulazione e
l’inganno dell’attrazione con vane promesse. Bisogna invece fare propaganda del
LAVORO DI VOLONTARIATO e di tutte quelle forme con cui i PAESI e le ORGANIZZAZIONI CRISTIANI O NO AIUTANO I POVERI: mostrare che il bene
vince il male; che il bene è di più del male; pensiamo alle mamme, alle famiglie che
si aiutano tra di loro, a quanta gente, anche degli stranieri, si dedicano con eroismo
a salvare la vita … bisogna suscitare l’emulazione del bene!
- GLI STATI hanno l’obbligo della difesa dei cittadini, e la difesa deve
essere EFFICACE anche se PROPORZIONATA, compito difficile ma necessario. Deve essere efficace a fermare sia il bandito come il gruppo terroristico. La
difesa efficace è possibile solo agli Stati tra di loro organizzati, solo un’Europa
Unita può essere efficace. Ma in questo tempo in una EUROPA uscita dalla più
terribile guerra dell’umanità, shoah, foibe, i campi stermino, Srebreniza ... non ha
più voglia di guerre, non ha voglia di spendere soldi per le ARMI CHE UCCIDONO. I cittadini responsabili, (in guardia dai folli razzisti e guerrafondai), si fanno
sentire in mille maniere, e ci fanno conoscere che in EUROPA CI SONO TANTE
INIZIATIVE per la DIFESA NONVIOLENTA: cresce il controllo per il libero
commercio delle armi, per l’eliminazione delle armi di uccisione di massa… ma
soprattutto cresce l’impegno all’educazione alla nonviolenza nelle scuole, all’organizzazione dei CORPI CIVILI DELLA PACE, alla RICERCA DI ARMI NONLETALI che mirano a fermare il criminale senza fare stragi. Tutto questo va incoraggiato. Le parole d’ordine per gli Stati sono: investire per la difesa reale ed
efficace, investire per il soccorso ai civili e alle vittime, per la difesa da ideologie
e partiti razzisti e di esclusione, e per l’educazione alla nonviolenza e alla solidarietà. Tutto questo va incoraggiato. (P. Natalino)
Vita di parrocchia e questo foglio si leggono anche sul sito parrocchiacristore.com
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