Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/21293 Fax 0573/25149 sito internet: www.settimanalelavita.it e_mail: [email protected] Abb. annuo € 40 (Sostenitore € 60) c/c p.n. 11044518 Pistoia G I O LaVita R N A L E C A T T O L I C O T O S C A 8 Anno 112 n. DOMENICA 1 MARZO 2009 N O € 1,10 Cala la fiducia nella Chiesa U n dato, un campanello d’allarme, da non disattendere, ma che invece va diligentemente analizzato per individuarne le cause di fondo e trovarne possibilmente gli opportuni rimedi. Si tratta di indagini demoscopiche più che attendibili, che quindi danno un avallo scientifico a quanto da tempo si sta notando anche a occhio nudo. Si tratta di un calo sensibile di fiducia, anzi di un vero e proprio crollo, se vogliamo usare il termine preciso con cui amano esprimersi i ricercatori. Un calo o un crollo che coinvolge l’intera chiesa, ma che a noi interessa soprattutto per quanto ci riguarda direttamente. Si è cominciato col denunciare la contrazione di un milione di fedeli in due anni agli incontri del Papa, si è continuato nel rilevare la diminuzione della somma delle offerte destinate alla santa Sede e dell’otto per mille in favore della chiesa italiana, si è concluso con l’indagine dell’Eurispes, secondo la quale la fiducia degli italiani nella chiesa è passata dal 49,7% di un anno fa al 38,8% di oggi. La sfiducia trova maggiore consistenza nei giovani, come sempre la parte più sensibile e più esposta ai mutamenti di mentalità e di sensibilità. Non sono tanto Gesù Cristo o il suo Vangelo a essere messi in questione, quanto piuttosto la vita e il comportamento degli uomini di chiesa, intendendo soprattutto con questa parola (come, del resto, purtroppo, intende ancora comunemente la gente) la sua parte dirigenziale, la cosiddetta gerarchia. “Cristo sì, la chiesa no”: uno slogan forse vecchio quanto il cristianesimo, che però faremmo molto male a non prendere in seria considerazione per la gravità con cui oggi si manifesta. Uomini di chiesa che hanno preso parte al dibattito di questi giorni hanno messo in luce soprattutto l’incapacità della chiesa stessa di parlare agli uomini del nostro tempo. Su questo tema aveva già detto parole di fuoco l’ultimo Sinodo dei Vescovi, dedicato appunto alla Parola di Dio, parlando di omelie noiose, astratte, generiche, senza mordente, “estranee” all’uditorio, insofferente e impaziente di fronte a quello che pure dovrebbe essere il suo nutrimento fondamentale. Vero, ma forse bisogna scendere ancora più a fondo. Gli insegnanti di religione riferiscono i giudizi negativi dei loro alunni nei riguardi anzitutto dei propri parroci, quelli con cui essi hanno avuto il primo contatto e la prima esperienza. Ma di lì si va facilmente anche più su, arrivando fino al Papa, alla sua corte considerata anacronistica e poco evangelica e mettendo in questione le stesse strutture tra- All ’interno Il teologo Severino Dianich descrive con chiarezza e profondità il cammino della Chiesa sulla scia del Concilio Vaticano II DIANICH A PAGINA 2 dizionali della chiesa. Nessuno vuol dire che queste critiche siano del tutto giuste, ma nessuno forse può nemmeno dire che esse siano del tutto false. Proprio in questi giorni è uscito un volume di un noto vaticanista italiano intitolato La chiesa del no. Si tratta di una critica spietata a un’organizzazione che, a giudizio dell’autore, si è specializzata nel dire no a tutte le richieste che vengono dalla base e che veicolano fino alle sue porte le esigenze fondamentali nella cultura moderna, cominciando da quella della libertà. Una tesi certamente inaccettabile nel suo complesso, ma che ci costringe a riflettere seriamente sui nostri comportamenti. Nell’attuale cultura radicale la chiesa non può non dire anche più di un no. Ma dovrebbe poter dire anche non pochi sì. Anzi, anche i no che deve dire con coraggio in nome della verità potrebbero essere presentati nel loro aspetto positivo e come un aiuto fraterno (mai come un’imposizione) per una vita più umana e una società più giusta e solidale. Solo un laicismo testardo ed esasperato può negare questo diritto, riconosciuto a tutti, alla chiesa. Per la verità, una risposta già pronta, almeno nella sua sostanza, alle domande degli uomini di oggi, la chiesa ce l’ha già: è la risposta onnicomprensiva maturata nei giorni fortunati del concilio Vaticano II. Una risposta esemplare nei suoi contenuti e nelle sue modalità. C’è la riforma interiore, la riforma delle strutture, l’appello alla povertà evangelica, la solidarietà con l’intero genere umano, l’impegno per un aggiornamento continuato, anzi per una conversione sempre rinnovata. Rimasta a mezza strada, la chiesa post-conciliare ha bisogno di ritrovare la parte migliore di se stessa, lasciando morire ciò che è già morto e tenendo alto quel messaggio di speranza che costituisce la sua stessa ragione di esistere. Al di sotto delle critiche rimane ancora udibile la voce dello Spirito Santo. Forse come non mai, questa à l’ora del cambiamento e del rinnovamento. Un’urgenza assoluta che interpella indistintamente tutti. Giordano Frosini VIOLENZA GIOVANILE CUBA ALLA RICERCA DI UN SOCIALISMO ALTERNATIVO Cosa succede ai nostri giovani sempre più immischiati in bravate e criminalità? E chi deve sentirsi, almeno in parte, responsabile di quanto sta accadendo? RIFLESSIONI SULLA LAICITÀ Se è ben intesa, essa può indicare un lavoro comune fra credenti e non credenti DOLDI A PAGINA PRESENTE E FUTURO DELLA CHIESA 5 SERVIZI A PAGINA 13 Sempre di più si fa sentire l’aspirazione a una democrazia partecipativa, assieme a un miglioramento delle condizioni di vita CARUSONE A PAGINA 15 2 in primo piano Come vede la Chiesa del futuro uno dei maggiori ecclesiologi contemporanei di Severino Dianich LA CHIESA ORMAI IMPOSSIBILE Almeno in tempi di facile prevedibilità, al di là di svolte epocali assolutamente imprevedibili, ad ogni pensatore sensato apparirà impossibile una reviviscenza di quella forma storica di chiesa che ha contrassegnato in Europa il millennio della societas christiana incontestata. La tesi appare di chiara evidenza se solo si confronta la situazione della chiesa odierna nella società moderna avanzata con le ultime, ma vigorose, resistenze al cambiamento dell’Ottocento e del primo Novecento. Il Sillabo di Pio IX ci dà un’idea chiara della concezione premoderna, prima pacificamente condivisa, dominata dal concetto che l’unica fonte di legittimazione della elaborazione del pensiero, dello sviluppo dei costumi e della stessa legislazione dello stato fosse la chiesa. n. 8 1 marzo 2009 Una Chiesa possibile fu più congeniale passare dalla strenua difesa della situazione premoderna, pur protrattasi troppo a lungo all’accoglienza del regime di democrazia, avvenuta per la prima volta con il radiomessaggio natalizio di Pio XII del 1944 e il riconoscimento che solo la democrazia avrebbe evitato all’Europa la guerra mondiale. E poi in forma matura con la DH e la GS del Vaticano II. LE PROSPETTIVE APERTE DAL VATICANO II Il Vaticano II si è assunto il compito di riposizionare la chiesa nel mondo contemporaneo, per riproporgli il messaggio evangelico in maniera più adeguata. Il suo percorso va dalla Dei Verbum nel richiamo al principio della Parola di Dio alla Lumen Gentium per la ridefinizione del rapporto con il mondo contemporaneo. La sua riflessione si è fortemente concentrata sulla chiesa, ma non tanto a partire da Adamo, «dal giusto Abele fino all’ultimo eletto», saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale” (Lumen Gentim). Può sembrare strano, ma è proprio questa immersione della chiesa nell’oceano dell’azione del Padre e dello Spirito, la quale non sta dentro alcun confine storico come quella del Figlio incarnato, che modifica il rapporto strutturale della chiesa con la società e la storia. Ne deriva un rapporto diverso con il mondo, per cui essa non pretende di essere il centro del mondo e l’istituzione sulla quale ogni altra dovrebbe convergere per essere veramente legittimata. In LG 1 si definisce come fosse un sacramento, cioè “segno e strumento”, quindi totalmente relativa e strumentale ad un fine più grande di lei: la comunione degli uomini con Dio e l’unità del genere umano. E una forma di chiesa estroversa, Mirari vos di Gregorio XVI) Solo il concilio Vaticano II realizza una svolta chiara e decisa GS 17. “… l’uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà. I nostri contemporanei stimano grandemente e perseguono con ardore tale libertà, e a ragione…. Dio volle, infatti, lasciare l’uomo «in mano al suo consiglio» (20) che cerchi spontaneamente il suo Creatore e giunga liberamente, aderendo a lui, alla piena e beata perfezione. Perciò la dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e determinato da convinzioni personali, e non per un cieco impulso istintivo o per mera coazione esterna. Oggi registriamo una nuova forza dell’appello alla personalizzazione della posizione del credente a cui si aggiunge una tendenza a forme comunitarie di chiesa fortemente personalizzate e alternative a quelle istituzionali territoriali. È indubbio che vi si raggiungono che si riconosce esistente anche fuori di se stessa, ed esistente solo in funzione dell’altro da sé nella prospettiva del veniente regno di Dio. livelli dell’esperienza credente di maggior valore che nel cosidetto cristianesimo sociologico ancora presente nella pratica sacramentale delle parrocchie. La mira da non perdere di vista è però la esclusione di forme di chiesa di tipo “settario” (in senso strettamente sociologico) e la preservazione della integrazione della missione della chiesa nello sviluppo della società LEONE XIII, NELL’IMMORTALE DEI DEL 1885 Vi fu un tempo in cui la filosofia del Vangelo governava la società: allora la forza della sapienza cristiana e lo spirito divino erano penetrati nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in ogni ordine e settore dello Stato, quando la religione fondata da Gesù Cristo, collocata stabilmente a livello di dignità che le competeva, ovunque prosperava, col favore dei Principi e sotto la legittima tutela dei magistrati… E certamente tutti quei benefìci sarebbero durati, se fosse durata la concordia tra i due poteri: e a ragione se ne sarebbero potuti aspettare altri maggiori, se con maggiore fede e perseveranza ci si fosse inchinati all’autorità, al magistero, ai disegni della Chiesa. Anche la Rerum novarum del 1891 con la quale la chiesa si assumeva sue precise responsabilità in ordine a problemi tipici della società moderna proponeva in fondo la via del ritorno al quadro medievale I grandi movimenti di emancipazione sfociati nella rivoluzione francese con l’affermazione, fra l’altro, della laicità dello stato e della libertà di religione avevano rotto irrimediabilmente il sistema sociale premoderno. Anche la rottura dell’unità della chiesa con le conseguenti guerre di religione ha reso inevitabile affidare ad una visione laica dello stato la pace sociale, che non poteva più contare su di un unico magistero morale e su di un’unica fonte di legittimazione. Le chiese, dato che ormai non c’è una sola chiesa, diventano sottosistemi (Luhmann) rispetto allo stato. È paradossale osservare che la chiesa cattolica, grazie al papato, ha potuto muoversi nel frangente meglio delle chiese protestanti inevitabilmente diventate chiese di stato, e della stessa chiesa ortodossa frammentatasi nelle autocefalie nazionali. La Chiesa Luterana tedesca cessò di essere chiesa di stato solo nel 1918 e quella di Svezia solo nel 2000. Al percorso della chiesa cattolica per ripensare la dottrina ecclesiologica, anche se il concilio lo ha fatto, quanto per delineare i rapporti della chiesa con l’uomo d’oggi al quale essa intende servire. Se ne deve derivare l’idea che il rapporto con il mondo, che è come dire la missione della chiesa, è elemento determinante per la stessa concezione della sua natura e per la soluzione anche dei problemi interni alla sua struttura. Il passaggio da una ecclesiologia di pura fondazione cristologica ad una caratterizzata dalla fondazione trinitaria ha significato apertura di spazi nuovi e nuovi orizzonti. Dalla considerazione esclusiva di una istituzione della chiesa da parte di Gesù, accompagnata da una visione storica nella quale la cristianizzazione strutturale del mondo era l’unica prospettiva della sua salvezza, la visione si allarga agli spazi più ampi del disegno universale di salvezza del Padre e all’opera inconfinabile dello Spirito. In tal modo la chiesa si riconosce, nella sua ben definita struttura fondata da Gesù, come la punta di un iceberg, la cui parte sommersa è immensa, la chiesa nascosta di tutti coloro che vivono di fatto nella comunione con Dio. La sua vicenda storica, quindi, sta dentro un flusso più grande di lei che punta al momento in cui “tutti i giusti, LIBERTÀ DELLA FEDE E INTEGRAZIONE DELLA CHIESA NELLA STORIA Nel cuore della svolta religiosa e insieme socio-politica dalla quale partire per considerare una “chiesa possibile” sta senza dubbio il tema della libertà di coscienza e quindi dei fondamenti e dei criteri dell’appartenenza alla chiesa. L’idea che l’accesso a Dio non possa avvenire che per la libera decisione della persona viene dalle fonti cristiane: la tesi paolina della salvezza dalla fede e non dalla legge. Il riconoscimento però dell’origine cristiana del principio della libertà di coscienza, identificato con l’indifferentismo, è stato assai tardivo. La resistenza alla svolta moderna ha avuto al centro della sua preoccupazione la “sorgente trabocchevole dei mali, da cui piangiamo afflitta presentemente la Chiesa: vogliamo dire l’indifferentismo, ossia quella perversa opinione che per fraudolenta opera degl’increduli si dilatò in ogni parte, e secondo la quale si possa in qualunque professione di Fede conseguire l’eterna salvezza dell’anima se i costumi si conformano alla norma del retto e dell’onesto” (1832 LA CHIESA POSSIBILE DEL FUTURO È pensabile come sempre più libera da legami strutturali con la società civile e con gli stati, e allo stesso tempo profondamente coinvolta nel cammino storico dell’umanità. È che il rapporto della chiesa con la società non può né deve più muoversi sul piano di residui giuridico-politici, debitori a quell’antica posizione di egemonia che il ME aveva teorizzato nella sua visione di una società perfettamente ordinata, ma deve ritrovare la via della missione come proposta del vangelo a tutti cercando di conservarsi aperte le vie per farlo e di ricavarne una capacità di dono per una generosa cooperazione al bene comune. GS 41 Infatti, la forza che la Chiesa riesce a immettere nella società umana contemporanea consiste in quella fede e carità effettivamente vissute, e non in una qualche sovranità esteriore eserci- Vita La tata con mezzi puramente umani. Quindi “fede e carità effettivamente vissute” costituiscono la rete di rapporti attraverso la quale “la Chiesa riesce a immettere nella società umana contemporanea” la sua forza. È proprio su questo problema che la chiesa in Italia si sta avvitando, quando pur in favore di una autentica difesa della dignità della persona umana e pur nella corretta accettazione del sistema democratico, cerca di imporsi con una sua propria forza politica. In questo quadro si rischia che la strada dell’evangelizzazione venga di fatto sbarrata, in un quadro di confronto competitivo che non è quello proprio del vangelo. In realtà il concilio suggeriva la via giusta per evitare l’isolamento spiritualistico della chiesa dai grandi problemi del mondo e allo stesso tempo una sua pretesa di autorità e la ricerca di una sua presenza egemonica nella società civile, puntando sull’azione autonoma dei laici in politica Così era possibile tendere ad una qualificazione dell’azione dei pastori della chiesa più nettamente caratterizzata in maniera evangelica GS 76 “(i predicatori del vangelo) si appoggiano sulla potenza di Dio, che molto spesso manifesta la forza del Vangelo nella debolezza dei testimoni. Bisogna che tutti quelli che si dedicano al ministero della parola di Dio, utilizzino le vie e i mezzi propri del Vangelo, i quali differiscono in molti punti dai mezzi propri della città terrestre”. L’animus diverso deve esserci ed essere manifesto con sufficiente evidenza, perché il servizio reso dalla chiesa al bene comune non sia e non venga inteso come ricerca di un potere sulla società, distinguendo decisamente lo stile e gli strumenti della chiesa da quelli propri di un partito politico o di una lobby di pressione, e quindi non venga ostruita la strada della comunicazione della fede in Gesù. Il concilio, proclamando il diritto per chiunque alla libertà religiosa, accogliendo come legittima la figura dello stato laico e abbandonando la tesi di un “diritto” della chiesa a porsi come l’unica legittimazione etica della legislazione di fatto è lì a propiziare una felice ripresa della evangelizzazione. È vero che l’atto dell’evangelizzazione, anche se posto in un rapporto esclusivamente interpersonale, si risolve alla fine in un evento pubblico nel quale in qualche modo la società intera viene coinvolta, fin nelle sue dimensioni propriamente politiche. Ne deriva per l’azione della chiesa l’esito obbligato di porsi al servizio del bene comune. Proprio per questo l’evangelizzazione ha bisogno di purificare continuamente se stessa, paradossalmente, per essere davvero evangelica, cioè un puro atto di servizio che vale perché è posto come atto di amore al mondo, e non mira all’acquisizione di nessuna eminenza della struttura ecclesiastica nella società. Su questo piano penso che la perdita di potenza della grande struttura ecclesiastica in Europa e la crisi di molti aspetti dell’ apparato ecclesiastico, può costituire nel provvidenziale disegno di Dio una purificazione della chiesa stessa e un ritrovamento dell’audacia del vangelo da offrire all’uomo d’oggi in un nuovo spirito di libertà. Questa, per il futuro del mondo, è la chiesa possibile. Vita La 1 marzo 2009 cultura n. 8 Racconto Il Pievano e la sociologia I n precedenza questo settimanale ha ospitato alcuni miei racconti in cui erano raccolte alcune testimonianze di Sacerdoti che hanno partecipato al dolore, alla carità, alla dedizione delle comunità affidate alle loro cure pastorali. In questo racconto invece è riportato anche il primato sociale della Chiesa nell’esercizio del sacerdozio nelle cure parrocchiali. La comunità parrocchiale del paese montano a metà del secolo scorso era pressoché formata da famiglie con altissimo tasso di occupazione, stagionale e non, all’estero. La distanza dalla famiglia ed il necessario adeguamento alla società del luogo di emigrazione avevano, con il tempo, logorato le sane regole della società locale, per non dire dei dissidi, dei conflitti anche su piani riguardanti le scelte di vita. I sacerdoti di queste comunità montane avevano seguito attentamente lo sviluppo delle nuove teorie sociali per l’appunto condivise dagli emigranti e si domandavano se era il caso d’intervenire, anche perché in questi casi era facile alimentare discordie. In genere le comunità montane sono fiere delle loro tradizioni e delle loro consuetudini preordinate alle libertà civili; era quindi da comprendere la cautela e la riservatezza di Mario Agnoli dei pievani che tenevano a limitare i loro interventi, le loro prediche ai soli argomenti di religione. Ma questa situazione richiedeva una diversa presenza della Chiesa. Veniva al riguardo posta la domanda a più livelli di gerarchia ecclesiastica a partire dalla Foranìa, se era dovere del pievano intervenire anche sulle nuove idee sociali che per più versi portavano a scostarsi dalla dottrina della Chiesa. La domanda aveva avuto riscontro favorevole, per cui il pievano, alla prima occasione, interveniva per condannare quelle nuove idee sociali che nettamente andavano contro la dottrina della Chiesa. In seguito si erano venute a formare due correnti tra gli abitanti del luogo: quelle favorevoli agli insegnamenti del pievano e quelle, invece, contrarie a codesti insegnamenti. Vigevano da tempi lontani alcune regole che disciplinavano le utenze civiche locali: il diritto comune al taglio dell’erba, alla fruizione dei pascoli e al focatico derivante dalla diramazione delle piante d’alto fusto. All’assemblea degli aventi titolo ed alla commissione amministratrice erano demandati compiti di direzione e di gestione Rifugiati in Laterano L o storico A. Riccardi, fondatore della Comunità di S. Egidio, ha pubblicato un volume dal titolo: L’inverno più lungo. 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma, Roma-Bari, Laterza, 2008 che mette in evidenza l’opera umanitaria, voluta da Pio XII, a favore di persone di varia estrazione sociale, politica, religiosa. Siamo nei nove mesi in cui Roma, dall’8 settembre 1943 al 5 giugno 1944, in seguito all’armistizio firmato dal governo Badoglio con gli angloamericani e alla rottura con l’ex “alleato di ferro” nazista, fu occupata dai tedeschi. Secondo le direttive inviate da Berlino, l’occupazione della “città del Papa” doveva essere condotta con moderazione e possibilmente con la collaborazione delle autorità vaticane. Ciò nonostante, aveva in mente di invadere il Vaticano e prendere prigioniero il Papa, trasferendolo in un luogo sottoposto al controllo del Reich. Queste, infatti, era convinto che il Pontefice fosse uno dei maggiori responsabili dei voltafaccia dell’Italia nei confronti della Germania, dopo la caduta di Mussolini. Hitler sapeva bene che Pio XII non gli era amico e che sperava nella sconfitta del nazismo. Doveva essere il gen. K. Wolf ad eseguire la delicata missione. Il rischio però dell’operazione per le ripercussioni nel mondo fece rinviare in data da destinarsi il progetto. Pio XII, definito a guerra ultimata, defensor Civitatis, aveva dato chiare disposizioni per l’accoglienza e l’assistenza di quanti volevano sottrarsi alle retate naziste: ebrei, antifascisti, renitenti alla leva. Perciò si preoccupò di garantire ai rifugiati cibo sufficiente e accoglienza sicura presso numerose case religiose, conventi e parrocchie. Tale fatto è molto importante e non sempre gli storici lo sottolineano: senza cibo non sarebbe stato possibile ospitare nei conventi e nelle parrocchie della città migliaia di persone che vi erano nascoste. La situazione era di assoluta emergenza e la Chiesa non poteva non farsi carico di tanti casi pietosi che si presentavano. Dopo il rastrellamento del 16 ottobre 1943 che aveva portato all’arresto di migliaia di ebrei, avviati poi ai campi di concentramento di Auschwitz, il Papa fece giungere, attraverso i canali diplomatici, la sua protesta. In dei relativi beni, in modo da garantire un’equa distribuzione tra gli utenti civici dell’esercizio dei relativi diritti. La scelta dei rappresentanti, nell’assemblea e nella commissione amministratrice, aveva luogo a suffragio universale, cioè di tutti gli aventi titolo d’uso civico: di regola, le scelte cadevano sui soggetti che per età e per esperienza erano ritenuti maggiormente idonei. Le nuove idee sociali, sopra ricordate, avevano tuttavia rimosso l’antico metodo di scelta degli amministratori al punto da introdurre nuovi elementi di preferenza, anche in previsione d’introdurre nelle antiche regole nuove norme e altre estensioni soggettive. Queste estensioni, per l’appunto, erano conformi alle nuove idee, che, per molti versi, riguardavano la posizione dei soggetti negli ambiti familiari. Il pievano era intervenuto anche a questo ultimo riguardo, sostenendo la piena validità delle antiche laudi o regole ispirate ai sani criteri dell’amore, della solidarietà, delle fede. Infatti la ricognizione di esse evidenziava questi criteri, passati indenni nonostante le traversie delle lustrazioni secolari. Il pievano aveva notato anche la diminuzione di fedeli alla Santa Messa ed il conseguente riempimento contemporaneo delle due osterie in piazza Grande, proprio dall’altro seguito i tedeschi non effettuarono più alcuna retata. Chi teneva in mano i fili dell’accoglienza e provvedeva ai rifugiati era monsignor Roberto Ronca, rettore del Seminario lateranense, che aveva accolti quasi tutti i componenti il Comitato di liberazione nazionale (Cin) (esclusi i comunisti e gli azionisti): Bonomi, De Gaspari, Ruini, Nenni, Saragat, Ricci. La Santa Sede, a guerra finita, volle premiare monsignor Ronca per il delicato lavoro e lo nominò, a soli 47 anni, Arcivescovo titolare di Lepanto e prelato del Santuario di Pompei. Resta però fermo e chiaro che l’azione condotta nei mesi dell’occupazione tedesca di Roma dal Papa Pio XII salvò migliaia di vite umane. La sua azione continuò anche dopo presso i belligeranti per salvare la città di Roma dalla devastazione e dalla distruzione. lato della Chiesa. Nel suddetto contesto, mette conto considerare il sommesso movimento turistico estivo che utilizzava spazi abitabili disponibili, anche da mettere in relazione alle ferie estive, maggiormente interessate dall’ emigrazione. Frequentava nei mesi di luglio ed agosto, ormai da alcuni anni, un professore esperto in sociologia. Gli incontri del pievano con questo professore avevano luogo con cadenza domenicale, subito dopo la Santa Messa delle undici, che chiudeva le Sante Messe festive. Da notare che nei piani di studio di teologia adottati dal seminario diocesano non era previsto l’insegnamento della sociologia, per cui essa figurava in assetto monografico in altre materie d’insegnamento. L’esperienze del pievano avevano superato i limiti della valle, sino al punto da sollecitare alcuni interventi del vescovo: sul piano studi di teologia mediante l’inclusione dell’insegnamento della sociologia e sull’apertura di uno spazio editoriale dedicato ai problemi so- 3 ciali della Chiesa nel periodico interdiocesano. Il pievano, compatibilmente agli impegni pastorali, veniva incaricato dell’insegnamento della sociologia e della direzione del periodico interdiocesano, con la piena approvazione degli altri ordinari diocesani interessati al periodico. Nel tempo il pievano aveva sviluppato alcune sue teorie sociali, all’interno delle quali erano privilegiati i problemi delle classi meno abbienti, del grave squilibrio tra i ricchi e i poveri, delle scelte delle amministrazioni pubbliche, della corruzione, della ingiustizia sociale, della crisi dei credenti, della violazione dei principi dell’etica e della morale cristiana. In alcuni parrocchiani era venuta avanti l’idea di un cambiamento del pensiero sociale del pievano, così, a loro dire, da attribuire al medesimo posizioni al di fuori del magistero della Chiesa. Ma il tempo fu galantuomo e l’insegnamento del pievano fu poi tenuto in alta considerazione, perché era così vicino dal Vangelo da sembrare una esatta proiezione di esso. Poeti Contemporanei UN TEMPO DICEVO… Un tempo dicevo: Dov’è la mia terra, la mia bella terra del sud dove sempre abitava il sole, dove sono le solitarie onde dello Ionio, dove le mie rocce selvagge che parlavano col mare. Dove sono i fichi neri messi a seccare sui poveri davanzali del mio paese, e dove è andato il passo del mulo che sentivo all’alba sotto le finestrine della nonna… Ma ora dico: non importa se non posso tornare, la mia terra è qui è dappertutto, dovunque ci siano bambini che corrono, e uccelli che cantano, dove posso parlare con qualsiasi creatura e con quel ciuffo d’erba che si sporge dal muro. Ora devo andare per queste strade ormai familiari, passo dal libraio all’angolo di via del T dove scelgo i miei libri, devo andare sulle colline da dove mi saluta il monte Albano, regalo del mattino sotto il sole o sotto la pioggia amico ogni giorno dei miei sogni e delle mie fantasie. Anna Tassitano 4 attualità ecclesiale Un dibattito “laico” sulla vita non può escludere i cattolici di Francesco Bonini CHIESA E BIOPOLITICA A pieno titolo Nancy Pelosi C on felice sintesi il breve comunicato della sala stampa vaticana dopo l’incontro tra il Papa e la speaker della Camera dei Rappresentanti Usa, Nancy Pelosi fa il punto sui grandi temi caldi della cosiddetta “biopolitica”. Rileggiamolo: “Sua Santità – vi si afferma - ha colto l’occasione per illustrare che la legge morale naturale e il costante insegnamento della Chiesa sulla dignità della vita umana dal concepimento alla morte naturale impongono a tutti i cattolici, e specialmente ai legislatori, ai giuristi e ai responsabili del bene comune della società, di coope- È nelle librerie la nuova edizione con i commenti dell’École biblique n. 8 rare con tutti gli uomini e le donne di buona vo- lontà per promuovere un ordinamento giuridico questi due presupposti. Ma non c’è solo la denuncia: quel che più conta è la completa, radicale disponibilità della Chiesa, a partire proprio dal Papa, e dai cattolici a partecipare a pieno titolo al grande dibattito contemporaneo sul futuro, sugli sviluppi delle civiltà, alla radice del quale c’è la “questione antropologica”. Si tratta di costruire un dibattito “laico”, quella laicità “sana”, “positiva”, affermata da Benedetto XVI in molti contesti. E’ la convinzione, in particolare di fronte alle tante emergenze di oggi e di domani, che l’affermazione dell’autonomia della persona e dell’indipendenza dello Stato non siano incompatibili con le fondamentali istanze etiche del “senso religioso”. Può essere questa anzi la risorsa di speranza e di senso, di cui tanti giustamente sono alla ricerca. Pensata per approfondire il terreno degli studi biblici in ambito cattolico e ha messo a frutto quest’approfondimento, studiando il modo migliore per trasmettere a un largo pubblico quanto elaborato, dando vita a un prodotto corale. Ma, mentre il commento è condotto sui testi originali con una preoccupazione scientifica e spirituale, la traduzione ha primariamente un’intenzione liturgica. La «Bibbia di Gerusalemme», nell’edizione italiana, è dunque pensata sia per un pubblico che la legge in Chiesa, all’interno della liturgia, sia per quanti, nella scuola o nella lettura personale, intendono approfondire i temi, la teologia e la conoscenza scientifica del testo biblico”. È “La comprensione è, come pure qualcuno vorrebbe con intenti ideologici, una somma di “no”, non è una semplice chiusura alla “modernità”, vera o presunta. Ormai superata l’idea che il destino della modernità sia la secolarizzazione, la linea della Chiesa muove appunto dalla grande questione della modernità, che è la questione dell’uomo, che poi è, come ha ridetto il Concilio e rilanciato Giovanni Paolo II, “la via della Chiesa”. Ora, ancora una volta, l’uomo, la persona è in discussione. Da un lato si tenta di affermare la convinzione che “l’uomo sia integralmente riconducibile all’universo fisico”, dall’altro, sul piano giuridico ed etico, l’assunto fondamentale è quello della “libertà individuale”, per cui “tutto è relativo al soggetto”. Benedetto XVI ha più volte denunciato la “dittatura del relativismo”, che poggia appunto su LA BIBBIA DI GERUSALEMME di Francesco Rossi da pochi giorni in libreria la nuova edizione della “Bibbia di Gerusalemme”, pubblicata dalle Edizioni Dehoniane di Bologna (Edb), che alla nuova traduzione del testo sacro approvata dalla Cei (e applicata nella liturgia a partire dall’Avvento del 2007) unisce commenti e note tematiche curati dalla Scuola biblica e archeologica (École biblique), che a sede a Gerusalemme, poco fuori dalla porta di Damasco, gestita con una forte impronta internazionale dai frati domenicani francesi. “La comunità dell’École biblique - la definisce p. Paolo Garuti, che lì insegna Nuovo Testamento - non è solo il convento domenicano che la ospita e la anima: è una sorta di scuola socratica o di convivenza temporanea fra donne e uomini, religiosi e laici, credenti o non credenti delle più varie fedi e idealità, che si ritrovano per capire un luogo e un testo”. Sulle caratteristiche e sull’utilità pastorale della “Bibbia di Gerusalemme” abbiamo incontrato padre Alfio Filippi, biblista e direttore editoriale Edb. giusto, inteso a proteggere la vita umana in ogni suo momento”. Poche righe per affermare un principio di identità e nello stesso tempo di apertura, per ribadire chiarezza di riferimenti e nello stesso tempo disponibilità alla collaborazione e al dialogo: la posta in gioco è cruciale. Le decisioni legislative sulla biopolitica infatti avranno delle implicazioni essenziali nei prossimi decenni qui in Occidente e nelle relazioni dell’Occidente con il resto del mondo. Il rischio è non avere la consapevolezza piena delle implicazioni delle scelte, che peraltro già in diversi Paesi sono state fatte. Ecco allora la linea della Chiesa, che non Vita La 1 marzo 2009 della Parola di Dio è simile a una conquista”, scrive mons. Gianfranco Ravasi nella presentazione della “Bibbia di Gerusalemme”, che vede a fianco del testo sacro i commenti dell’École Biblique. Qual è il valore proprio di questi contributi? “Nella «Bibbia di Gerusalemme» confluisce l’insieme degli studi biblici della prima metà del secolo scorso, già presenti nell’edizione del 1973 (la prima tradotta in italiano, ndr), assieme all’arricchimento che questi hanno conosciuto negli ultimi cinquant’anni. L’affermazione di Ravasi ben si addice alla situazione: autore del commento che affianca il testo biblico non è una singola persona, ma un’intera istituzione, la Scuola biblica e archeologica francese di Gerusalemme, che ha dissodato Questa edizione è apprezzata anche da chi non è cattolico o credente. Perché? “La Bibbia è un libro religioso, ma fondamentalmente è anche un grande codice che ha segnato la cultura dell’Occidente: basti pensare alla pittura, alla scultura e alla letteratura, che vi si sono ispirate per commentarla, ri-trascriverla e interpretare il presente. Il commento serio e rigoroso, unendo il rigore scientifico con la facile accessibilità, si pone come uno strumento per quanti vogliano decodificare la ricchezza della Bibbia, mostrandone l’articolazione interna, fatta di 73 libri composti in un arco di tempo di circa 800 anni”. rievocano i temi presenti nel racconto. Il risultato è la messa in luce di un ordito unitario, e chi legge può recuperare le similitudini, assonanze e reminiscenze che quelle righe richiamano in tutto il testo biblico”. Quali caratteristiche determinano l’unicità della “Bibbia di Gerusalemme”? “Innanzitutto il commento, che mette a confronto diretto i testi originali con l’attuale traduzione della Cei. Esso fa vedere quali interpretazioni hanno avuto, nelle diverse traduzioni (dall’aramaico e dall’ebraico al greco per l’Antico Testamento, dal greco al latino per il Nuovo Testamento), quei passi difficili o particolarmente controversi. Abbiamo cioè un quadro delle quattro tradizioni, appaiate per far capire come la Bibbia sia stata interpretata dai traduttori lungo i secoli. La seconda caratteristica sono le cosiddette «note chiave», che danno una visione sintetica unitaria di tutto il testo affrontando temi portanti che ricorrono all’interno del pensiero biblico. Terza caratteristica sono i rimandi laterali: a lato di ogni pagina vengono indicati i passi biblici che Che modo di accostarsi al testo sacro ci suggerisce la “Bibbia di Gerusalemme”? “Essa richiama due attenzioni. Una è quella di un certo rigore scientifico: come Dante non lo si capisce senza studiarlo, così è per la Bibbia, intesa come grande testo letterario. In tal senso, la «Bibbia di Gerusalemme» è uno strumento di divulgazione molto serio, ma al tempo stesso comprensibile per un lettore di cultura media. In secondo luogo la Bibbia, per i cristiani, è un libro religioso, scritto «per la nostra salvezza», come dice il Concilio Vaticano II, da leggere in un contesto credente, religioso e spirituale. Ecco perché la Cei si è preoccupata di offrire una traduzione per la liturgia. Per questi motivi la «Bibbia di Gerusalemme» è la più utilizzata nelle facoltà teologiche e nei seminari, come pure nei gruppi biblici presenti nelle parrocchie e nel cosiddetto apostolato biblico”. Vita La 1 marzo 2009 attualità ecclesiale n. 8 LAICITÀ E BENE COMUNE La Parola e le parole Idee non ideologie Né contro gli altri, né a prescindere dagli altri di Marco Doldi I l concetto di bene comune appartiene alla più genuina morale cristiana, alla dottrina sociale della Chiesa. Si tratta - parafrasando il Concilio - dell’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai singoli, quanto ai gruppi di raggiungere la propria perfezione (cfr “Gaudium et spes” 26). Detto questo, occorre precisare che il metro per stabilire che cosa sia la realizzazione-perfezione non risiede nella somma dei desideri personali o collettivi. Se le cose stessero così, sarebbe impossibile da realizzare perché, talvolta, i desideri di uno sono incompatibili con quelli di un altro. Lo Stato stesso si troverebbe in una situazione surreale: come garantire a tutti la realizzazione di quello che desiderano? Questo deve essere chiarito, perché oggi molti invocano il bene comune, ma non tutti lo intendono correttamente. Allora, di che cosa si tratta? Per rispondere bisogna guardare alla persona e al significato che essa porta in sé. C’è qualcosa che è comune a tutti gli uomini, a qualunque latitudine del pianeta si trovino e in qualunque epoca vivano. E questo qualcosa lo indichiamo con un termine desunto dalla filosofia e dalla morale: si tratta della legge naturale. Essa racchiude e promuove il significato stesso della persona e, quindi, la sua realizzazione. Rilasciate le due religiose rapite tre mesi fa in Kenya L e campane di Cuneo hanno suonato a festa mentre la comunità era riunita a pregare. E tutti, una cinquantina di persone, hanno festeggiato la liberazione delle due consorelle, che si trovano attualmente a Nairobi. C’è stato un grande clima di gioia ed euforia nella sede della Comunità del movimento contemplativo missionario “Charles de Foucauld” di Cuneo, appena appresa la notizia del rilascio, il 19 febbraio, delle due suore italiane rapite al confine tra il Kenya e la Somalia il 9 novembre scorso. Suor Caterina Giraudo e suor Maria Teresa Oliviero, religiose del Movimento contemplativo missionario padre Charles de Foucauld di Cuneo, erano state sequestrate da un comando composto da circa 200 uomini armati nella città di El Wak, nel nordest del Kenya, al confine con la Somalia. “Eravamo radunati tutti in cappella in preghiera ed è arrivata questa notizia bellissima ed inaspettata, come un fulmine a ciel sereno - racconta fratel Giovanni Marinchino -. Le campane hanno iniziato a suonare e ora stiamo facendo un po’ di festa, c’è un momento di grande euforia”. Ad avvertire la comunità è stata l’unità di crisi della Farnesina, con cui erano in costante contatto. Il religioso spera che le due suore torneranno in Italia tra qualche giorno: “Le aspettiamo”. Un “grazie” al Papa. “Abbiamo avuto paura, ma anche tanta speranza. Voglio ringraziare il Santo Padre che ci è stato tanto vicino, lo abbiamo sentito. Grazie, grazie, grazie!” Queste le parole di suor La persona, in questa prospettiva, ha caratteristiche spirituali e fisiche, è portatrice di un disegno, che la conduce a realizzarsi mediante il dono di ssé. Lo ha bene indicato il Concilio, quando ha insegnato che “l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé” (“Gaudium et spes” 24). Già questo aiuta a capire come il bene comune non vada nella logica degli interessi individuali, ma, al contrario, comporti l’uscita da sé verso gli altri; la capacità di dono va nella direzione opposta della ricerca del proprio utile. Affinché la persona realizzi la propria vocazione, il significato inscritto nel suo intimo, occorre che le siano garantiti alcuni diritti fondamentali: il diritto ad essere accolta, il diritto ad essere curata, il diritto ad essere istruita, il diritto al lavoro, il diritto ad essere assistita, etc. Tutti questi diritti sono la garanzia, perché la persona possa realizzare se stessa nel dono di sé e migliorare la società. Si capisce bene, dunque, come il bene comune sia il bene della persona. E come su questo livello debbano lavorare insieme credenti e non-credenti in modo “laico”, senza rinunciare alle proprie idee di fondo. Partiamo proprio da queste: oggi sembra che, davanti a scelte da compiere o davanti a valori, si debba mantenere una sorta di riserbo, cioè una posizione neutra. Tutto il contrario: si può costruire qualcosa se tutti ragionano a partire dalla propria visione della vita; soltanto così può esserci un confronto e può nascere uno sforzo comune per trovare nelle diverse situazioni le forme concrete del bene comune. La laicità non è mai neutralità nei confronti dei valori. Chiedere a ciascuno di rinunciare al proprio pensiero è profonda intolleranza: è autentico laicismo! In questo senso il dibattito deve essere sereno, ma anche chiaro: occorre togliere quella nube tossica che da tempo avvelena i luoghi di dibattito: si tratta della libertà impazzita. L’unica cosa importante sarebbe la capacità di scelta: ma se non si è maturata una posizione nei confronti del vivere umano, in base a che cosa si sceglie? Prima della libertà ci sono i valori, come il rispetto assoluto della persona e la ricerca dei significati ultimi. Che senso ha vivere? Da dove veniamo? Che significato ha impegnarsi, lottare, soffrire? Domande di fondo, perché, a seconda di come si risponde si compiono scelte, che sono fondamentali. Se si è pronti a confrontarsi su questi punti, si può cercare insieme il bene comune, perché si desidera contribuire davvero al bene della persona. Naturalmente, il dialogo presuppone anche il rivedere, quando necessario, le proprie convinzioni di partenza; questo è naturale, perché nessuno possiede tutta la verità ed anche perché tante questioni odierne richiedono molto sforzo. Non di rado, infatti, ci si trova davanti a problemi etici inediti. Ai credenti è chiesto di ritrovare la forza argomentativa, che nasce dalla plausibilità razionale della fede: la fede è alleata della ragione. A tutti è chiesto di andare oltre l’individualismo libertario per cercare di elaborare un personalismo solidale, perché il bene comune si realizza insieme a quello degli altri: né contro gli altri, né a prescindere dagli altri. SUORE LIBERATE Campane a festa Una delle due suore liberate Caterina Giraudo, al microfono di Radio Vaticana, raggiunta al telefono a Nairobi subito dopo la liberazione. “Sto bene, sono felice, sono immensamente felice di essere con i piedi sulla terra libera in Kenya, con tanto affetto attorno a noi. Ci stanno facendo tanta festa, siamo molto contente”, ha detto suor Caterina, che ha raccontato alla Radio Vaticana qualche particolare degli oltre 100 giorni di prigionia. “Ho cercato di non pensare troppo perché se pensavo a 5 qualcuno o a qualcosa il cuore scoppiava ha ricordato suor Caterina -. Allora cercavo di vivere serena quello che avevo davanti a me. Ma abbiamo avuto tanta angoscia. Tanti giorni senza notizie, il tempo era tanto lungo. Ci siamo fatte coraggio fra di noi: suor Caterina sa un po’ di somalo e abbiamo instaurato una bella amicizia con chi ci ha rapito”. E ha concluso: “La fede ci ha aiutato al cento per cento: se non era per la fede io penso che non ce l’avremmo fatta”. I domenica di Quaresima - anno B Gen 9,8-15; Sal 24; 1Pt 3,18-22; Mc 1,12-15 “Questo è il segno dell’alleanza che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi... Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra” La promessa a Noè è l’impegno da parte di Dio in un’alleanza che coinvolge l’umanità prima del dono della legge e dell’alleanza del Sinai. Noè non appartiene al popolo d’Israele, è presentato come ‘un uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei, che camminava con Dio’ (Gen 6,9). Questa pagina, scritta in un tempo in cui Israele si confrontava con i popoli pagani, vedendo la presenza di persone giuste, una ricerca sincera di Dio, il senso della vita come ‘cammino con Dio’, apre ad una considerazione nuova dell’alleanza per tutti i popoli, aperta ad un orizzonte universale. Noè diviene così figura simbolo dell’umanità che si è confrontata con il dramma del male, espresso con il grande mito del diluvio, ed ha sperimentato la salvezza come dono. Dio fa alleanza non solo con un popolo, ma con l’umanità, e il senso stesso dell’elezione di Israele sarà testimoniare questo disegno che ha orizzonti universali. C’è un secondo tratto proprio di questa pagina: Dio, presentato in modi umani, come un guerriero che dopo la battaglia appende il suo arco, fa alleanza non solo con Noè ma con tutti gli esseri viventi che sono con lui, e con la terra stessa. E’ un tratto della storia dell’alleanza che spesso è rimasto trascurato. Nella narrazione della creazione di Genesi compare una profonda consapevoelzza del legame che unisce l’uomo, la donna e la realtà - il giardino - in cui essi sono stati posti. Animali, piante, la terra tutta è affidata all’umantà che è chiamata ad un compito di guida e custodia, ma anche di valorizzazione e accompagnamento della fecondità del creato: “pose l’uomo nel giardino di Eden perché lo coltivasse e custodisse”. Il compito di essere pastore e custode della natura, vista come creato - realtà bella uscita dalle mani del Creatore ed affidata all’uomo - è stato interpretato, anche con l’aiuto di traduzioni inesatte e ideologiche di questi testi, come la giustificazione a comportarsi da padrone quando non da devastatore della natura percepita non come creazione ma come realtà insignificante, da sfruttare e da piegare a qualsiasi desiderio o progetto. Quanto poco è ancora diffusa in ambienti che si rifanno alla tradizione cristiana la sensibilità di rispetto e custodia nei confronti del creato. La pagina dell’alleanza con Noè è ancora un testo che parla di un superamento della violenza: l’arco appoggiato sulle nubi, l’arcobaleno è segno di una storia nuova che si apre. Gli strumenti di guerra sono ormai strumenti inservibili, da non usare, da lasciare ‘appesi al chiodo’. E’ una grande visione che esprime un progetto di alleanza di Dio con tutta l’umanità secondo un orizzonte di pace e nel coinvolgimento di tutto il creato in questa relazione. “In quel tempo lo spirito sospinse Gesù nel deserto... Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano” Il brano di Marco può essere diviso in due parti, la prima presenta il momento della prova, della tentazione ed è in continuità con la narrazione del momento del battesimo al Giordano. Segue il primo annuncio di Gesù che si presenta pubblicamente invitando a convertirsi e credere al vangelo. Dopo il battesimo, il cammino di Gesù è una vicenda che vede l’opposizione la prova e il confronto con satana. Nel vangelo di Marco non si dice nulla di più: da un lato la dimensione del desero, dall’altro l’esperienza della vicinanza di Dio perché anche nel luogo della prova i messaggeri di Dio sono vicini e lo servivano. Paradossalmente il deserto, luogo inospitale per eccellenza, luogo dell’aridità e della prova, è anche luogo della solitudine davanti a Dio, dell’alleanza, nuovo giardino della creazione, Gesù è presentato come nuovo Adamo che vive in una sintonia nuova con la natura e il mondo animale. Qualcosa di nuovo sta iniziando con la sua vita e coinvolge tutto il cosmo. Marco intende presentare questa scena quasi come una nota che caratterizza l’intero cammino di Gesù, la prova fondamentale della sua vita sta nel modo di intendere la chiamata ricevuta e accolta nel battesimo: essere il messia in ascolto del Padre o seguire i progetti di dominio, di prepotenza e di successo. Il primo annuncio di Gesù si articola come presentazione della bella notizia del regno di Dio che si è fatto vicino. E’ un annuncio che dice la solidarietà di Dio con noi, con la storia. Da qui il richiamo, l’imperativo a convertirsi e a credere. La bella notizia che Gesù reca è anche appello ad un’accoglienza e ad un affidamento. “Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo ma reso vivo nello spirito”. I quaranta giorni della Quaresima sono un richiamo a rivedere la nostra vita, a ripensare la vita come cammino, come percorso nel deserto, come luogo di incontro, con Gesù, con gli altri, con la creazione, per lasciarsi ricondurre a Dio. Alessandro Cortesi op 6 n. 8 1 marzo 2009 Vita La Gli infiniti approcci alla Sacra Scrittura L a Sacra Scrittura cresce con chi la legge: passano i secoli, ma il principio patristico continua a trovare sempre nuove conferme. E come dal sacro Libro si irradiano insegnamenti, suggestioni, consigli buoni per ogni tipo di lettore, così verso quelle pagine convergono ininterrottamente nuovi studi di settore, ad approfondire ora questo ora quell’aspetto in modo sempre più particolare. Viene adesso ad arricchire la serie l’approfondimento compiuto da Mario Livi, dell’Ordine dei dottori agronomi, che, mettendo le sue competenze specifiche al servizio della teologia, propone un’interessante e originalissima ricerca su “L’agricoltura nei quattro Vangeli” che egli concepisce, con molta deferenza, come «un modestissimo contributo alla conoscenza di quel mondo agro-pastorale che caratterizzava la Palestina all’epoca di Gesù». Così, su tutti i riferimenti che, generosamente, si trovano nel Vangelo in relazione agli aspetti agricoli, l’autore allarga la Una tragedia che deve servire a qualcuno G entile direzione Un dramma non solo familiare. Eluana Englaro ha trovato la pace. Quella vera, che la vita terrena non le aveva concesso. Con la sua morte ci auguriamo si spengano quelle controversie inadeguate alla tragedia e che hanno infiammato con diverse valutazioni l’interesse politico e sociale in questi giorni. Il motivo? Una domanda: è lecito per un padre intervenire perché ad una figlia in stato comatoso da ben diciassette anni le sia permesso spegnersi attraverso un intervento comunque provocato con l’apporto medico? Il suo non è certo il primo caso, anche se diversa è la risonanza. Il padre di Eluana ha motivato la sua dffficile decisione appellandosi al fatto che la figlia precedentemente aveva più volte espresso la sua netta contrarieta ad un’ipotetica situazione di inguaribile invalidità. Ecco perché una legge che stabilisca la piena validità di una scelta personale dovrà essere presa in seria considerazione. Nel caso di Eluana un dubbio sorge: la ragazza, più o meno ventenne all’epoca dell’incidente, era nella sua piena vitalità; non si trattava di un’ammalata già cosciente della sua prema- Un particolarissimo studio di Mario Livi evidenzia gli aspetti agro-pastorali del mondo del Vangelo di Andrea Vaccaro prospettiva con osservazioni tecniche che riescono nell’intento di aiutare il lettore ad immaginare con maggior autenticità e ricchezza il contesto in cui Gesù viveva e il senso di quelle sue parole che, sotto forma di parabola o di insegnamento diretto, additano a riferimenti del mondo agricolo. Nell’ambito della cerealicoltura, ad esempio, Livi si sofferma utilmente a spiegare la forma e la funzione di quel “ventilabro” che compare nei versetti dei Vangeli di Marco (3,12) e Luca (3,17) e che Gesù richiama come immagine del Giudizio di Dio e che si configura come una pala di legno con cui, nell’aia, i contadini gettavano in aria le spighe sgranate per far sì che il vento separasse il grano dalla pula. Parimenti, l’autore, con parole chiare ed accessibili, illustra e contestualizza molte note che possono incuriosire ogni genere di lettore. La ricerca è sviluppata dettagliatamente e articolata nei capitoli delle coltivazioni erbacee, di quelle legnose, arbustive e arboree da frutto, dell’assetto fondiario, dell’allevamento del bestiame e dei prodotti agro-alimentari. Lo studio, senza dubbio ricco di evocazioni, si rivela come un duplice omaggio da parte dell’autore. Un omaggio al Vangelo, perché ad una sua più attenta analisi e comprensione è finalizzata l’indagine, e un omaggio, al contempo, al mondo dell’agricoltura, «la più antica attività produttiva dell’uomo che, dalla citazione e descrizione di molti suoi aspetti che compaiono nel Vangelo, viene anche a trovare motivo di particolare prestigio e di nobilitazione». Lettere in Redazione tura fine. Come dunque si può considerare valida e maturata una simile dichiarazione? A vent’anni la morte è qualcosa che può provocare angoscia e dolore se colpisce un familiare, un amico o altro, ma non per averne una consapevolezza così profonda da poter sostenere la propria convinzione in avvenire. In parole semplici: qualcosa di troppo lontano per analizzarne in anticipo la complessità e le personali intenzioni. Mentre tutti, credo, siamo vicini ad un padre che umanamente cerca nella fine “reale” di una figlia l’epilogo di un insostenibile tormento giornaliero, appare superfluo e quindi inutile il volersi appellare ripetutamente da parte sua all’espressa volontà della figlia stessa. Come se avvertisse la necessità di un movente valido di fronte al giudizio del mondo e forse a se stesso. Una tragedia che deve servire a qualcosa. E ripeto: provvedendo a legalizzare attraverso un “testamento biologico” per cui ognuno in piena libertà possa decidere come gestire il proprio trapasso per arrivare al cospetto di Dio; con particolare attenzione all’età e alle condizioni di chi si appresta a farlo. La parola “eutanasia” che Mietitori di grano in Palestina in questi giorni ha colpito i nostri orecchi, nel nostro mondo attuale e cosiddetto “civile” non dovrebbe mai trovare motivo d’interpretazione, sia per i credenti, sia per chi credente non lo è. Tina Tecchi Razzisti pestano quattro Rom. Due sono gravi L e associazioni per i diritti umani hanno ricevuto numerose segnalazioni di atti di intolleranza e violenza razziale contro Rom, in seguito alla campagna mediatica improntata all’odio razziale lanciata dalle Istituzioni romane -in particolare politici destra- e da numerosi media. L’episodio più grave si è verificato a Roma, dove quattro Rom sono stati feriti, due gravemente, in un negozio di kebab. Alcuni giovani hanno fatto irruzione a volto coperto, nell’esercizio, armati di mazze di legno, mandando in frantumi le vetrine e pestando i quattro Rom romeni. Il pestaggio si è verificato nella nella zona di Porta Furba, vicino al parco della Caffarella, dove è stata violentata una ragazzina di 14 anni. Poco prima della spedizione punitiva, nel quartiere si era svolta una manifestazione di Forza Nuova. Roberto Malini Gruppo EveryOne Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione C aro direttore Con la Rai “diventata adulta sul web” (Tg l del 10.2.09) il gran menù mediatico si fa più appetitoso per nativi elettronici e digitali. Per tutti, comunque la tecnologia ha cambiato strumenti e tempi della comunicazione. Nell’ecosistema dell’innovazione è cambiato il ruolo dei media e del giornalismo. L’uomo tipografico, e l’uomo elettronico sono “fusi” in un blob di blog, social network, telefonini, televisioni, pubbliche o private, “appartenenti ad una unica categoria di comunicatori professionali”. Molto prima che la recente tecnologia accelerata consentisse l’attuale mangiatoia elettronica e digitale di contenuti, (…senza “semafori etici”) anche attraverso i cellulari, la comunicazione “istantanea” la facevano i piccioni viaggiatori. Conta cinque o sei millenni la storia della civiltà dell’uomo sotto il profilo del comunicare: la storia dei mass media e delle importanti conseguenze che i più considerevoli mutamenti della comunicazione hanno avuto nello sviluppo della civiltà occidentale. Il 2009 segna rilevanti ricorrenze nello sviluppo degli strumenti e nel modo di comunicare dell’uomo. Citiamone alcune, incominciando dalla meno incerta data di nascita (1399) dell’inventore della stampa a caratteri mobili, Johann Gutemberg. A Strasburgo, 400 anni orsono, compare il primo giornale a stampa nel senso odierno della parola: è il settimanale “AvisoRelation oder Zeitung”. Nel 1709 il “Copyright Act” inglese poneva argine al dilegare delle riproduzioni non autorizzate. La “Domenica del Corriere”, nel 1899, stampa contemporaneamente 16 pagine, otto delle quali in quadricomia con la nuova rotativa Hoe, alla velocità di 3.600 copie orarie Cento anni orsono, quando il piroscafo inglese “Republic” entrò in collisione con il “Florida”, la radio consentì l’allarme in pochi minuti ed i soccorritori salvarono tutti i passeggeri . B.P.Barni Pistoia Sette N. 8 1 MARZO 2009 Percorso formativo per operatori di Caritas parrocchiali Parrocchia, luogo di carità S ono già aperte, presso ogni parrocchia della diocesi, le iscrizioni al corso base di formazione rivolto agli animatori della carità, promosso dalla Caritas diocesana di Pistoia. Il corso, articolato in cinque incontri con cadenza settimanale, avrà inizio mercoledì 4 marzo per concludersi mercoledì 1 aprile. La formazione offerta dalla Caritas è indirizzata a quanti svolgono, o intendono iniziare a svolgere, un servizio nelle Caritas parrocchiali e nei centri operativi (centri di ascolto, centri di distribuzione) di tutta la diocesi. Gli obiettivi di questo percorso sono il poter offrire ai volontari le basi per comprendere il cammino della Caritas in Italia nei suoi snodi più significativi, la base teologica e il Magistero su cui si fonda questo organismo pastorale, la sua funzione pedagogica e animativa. Inoltre far conoscere i metodi e gli strumenti (Centri di Ascolto, Osservatorio delle Povertà e delle Risorse, Laboratorio delle Caritas parrocchiali) attraverso i quali porta avanti la propria missione, abilitando così gli animatori alla pratica del metodo pastorale Caritas (ascoltare, osservare, discernere per animare), come stile di servizio specifico e come apporto originale alla pastorale delle parrocchie. Il programma del corso sarà il seguente: il primo incontro (4 marzo) sarà tenuto dal vescovo con il tema: “Basi teologiche della Carità, la dimensione caritativa nel Vecchio e Nuovo Testamento.” Nel secondo incontro (11 marzo) operatori della Caritas diocesana esporranno: “La Caritas: dallo strumento caritativo all’organismo pastorale. Il metodo pastorale “ascoltare, osservare, discernere per animare”. La Carta pastorale “Lo riconobbero nello spezzare il pane”. La “Deus Caritas est”, prima enciclica di papa Benedetto XVI.” Al terzo incontro (18 marzo) sarà affrontata la tematica de: “La Parrocchia luogo di carità. La Caritas parrocchiale. Il documento sulla caritas parrocchiale ‘Da questo vi riconosceranno…’.” Nel quarto incontro (25 marzo) la serata avrà come oggetto: “Gli strumenti della Caritas per sollecitare la comunità cristiana alla condivisione e al discernimento. I Centri di ascolto. L’osservatorio delle povertà e delle risorse. Il laboratorio per la formazione e l’accompagnamento delle Caritas parrocchiali.” Nel quinto ed ultimo incontro (1 aprile) il tema “La pastorale d’insieme: liturgia e catechesi. Alla ricerca di un’osmosi tra le tre essenziali dimensioni del ministero e della missione della Chiesa” verrà affrontato da rappresentanti delle tre realtà pastorali della nostra diocesi. Le lezioni comprendono sia approfondimenti teorici che lavori di gruppo. Tutti gli incontri si svolgeranno nell’Aula magna del seminario, dalle ore 21 alle ore 23. Le iscrizioni sono aperte fino alla fine di febbraio. INFO: contattare il proprio parroco o rivolgersi all’Ufficio Caritas diocesana in Via Puccini 36, a Pistoia o tel. 0573 976133 dal lunedì al sabato dalle 9/12. Diocesi di Pistoia Fondo solidarietà famiglia lavoro L a diocesi sta dalla parte delle famiglie colpite dalla crisi economica e lavorativa e lo farà attivando a breve il “Fondo solidarietà famiglia lavoro”. Si tratta di una rete di aiuti concreti, che si muoveranno su due direttrici: il sostegno economico e il sostegno per chi ha perso il posto di lavoro per potersi reinserire nel mondo produttivo, attraverso adeguati corsi di formazione. Il progetto del “Fondo” sta molto a cuore a monsignor Mansueto Bianchi e sta già riscuotendo consensi da parte di privati cittadini, che si sono resi disponibili, in forma del tutto anonima, a fornire risorse per costituire il fondo. Il servizio parte dalla diocesi pistoiese attraverso Caritas e pastorale sociale e del lavoro, insieme a Misericordia, Acli locali ed Enaip Toscana. Una sinergia operativa che avrà come interlocutori anche le istituzioni locali, con le quali sarà avviata una collaborazione costante. “Stiamo mettendo a punto il sistema operativo e un regolamento affinché ci sia una collaborazione con le altre istituzioni impegnate nell’aiuto alle famiglie in difficoltà, in cui almeno uno dei due abbia perso il posto di lavoro, e perché non si creino sovrapposizioni di servizi con dispersione di aiuti –spiega Maurizio Gori, direttore dell’Ufficio di pastorale sociale e del lavoro della diocesi-. Il bacino di utenza della nostra diocesi, che si estende su tre province, conta ben 70.000 famiglie; dovremo vedere il tipo di richieste che ci perverranno. Da un punto di vista operativo, le strutture in cui saranno attivati i servizi saranno messe a disposizione dalla Misericordia e dalle Acli del territorio. In questo modo intendiamo garantire a quanti avranno bisogno di rivolgersi al fondo di poter mantenere la propria privacy. Si tratterà di un percorso di sostegno temporaneo, affinché il servizio non assuma le caratteristiche di assistenzialismo, ma sia una spinta concreta per far risollevare le famiglie dalle difficoltà oggettive legate alla perdita del lavoro. A questo proposito si inserisce anche il contributo dell’Enaip con l’organizzazione di corsi per la riqualificazione professionale per l’inserimento occupazionale”. Cattedrale Al via il restauro della «Resurrezione» dell’Allori L’intervento sarà finanziato dalla Fondazione Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia e avrà la durata di circa due anni È ai nastri di partenza l’intervento di recupero della «Resurrezione», il dipinto olio su tavola del 1600, che sovrasta l’abside della cattedrale di San Zeno, attribuito all’artista fiorentino Cristoforo Allori. A finanziare l’intervento, per una spesa di 300mila euro, sarà la Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. L’opera di restauro servirà soprattutto a recuperare la luce che è una delle caratteristiche principali del dipinto dell’Allori, come spiegano Alfio Del Serra e Sandra Freschi, responsabili del progetto di intervento. La luce che squarcia le tenebre e che avvolge il Cristo al centro del dipinto è il simbolo stesso della resurrezione, mistero della salvezza. «Dall’inizio del mio viaggio come vescovo di Pistoia - spiega monsignor Mansueto Bianchi - ho assistito a un’opera continua di recupero dei gioielli della città. Dagli interventi sugli angeli del Vasari a quello sul Cristo di Coppo di Marcovaldo. Il dipinto dell’Allori è l’ultima tappa di questo percorso di rinascita». I lavori saranno diretti soprattutto al recupero della cromatura originale. «L’essenziale sarà restituire al quadro la sua leggibilità - spiega Alfio Del Serra - Oggi i contorni delle figure risultano offuscati, tanto che non si riescono più a distinguere». Il danno maggiore sull’opera è stato arrecato, come spiegano i responsabili del restauro, non tanto dall’usura e dal tempo, quanto dagli interventi eseguiti negli anni, che hanno praticamente cancellato l’originaria cromatura, oltretutto ricoprendo il dipinto di misture che hanno creato un incredibile spessore. «La spesa dell’intervento è importante - spiega Ivano Paci, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia - ma è anche proporzionata all’estensione del dipinto, che ha la metratura di una casa». Il restauro avverrà in loco, cioè lasciando il dipinto nell’attuale collocazione, grazie ad un sistema di ponteggi per intervenire su tutta l’altezza dello stesso. «Il legno - spiega Alfio Del Serra - è una materia viva, per questo non chiuderemo del tutto le fenditure del tavolato, come era stato fatto con stuccature nei precedenti interventi». I lavori di restauro dureranno circa due anni. P.C. Cattedrale di Pistoia Incontri quaresimali con il vescovo 2009 A nche quest’anno, per il periodo quaresimale, sono previsti 4 incontri con il vescovo Mansueto Bianchi in Cattedrale. Il tema di quest’anno è: “Paolo testimone del Signore risorto”. Questo il programma: Giovedì 5 marzo ore 21 “Saulo Saulo, perché mi perseguiti?” (At 9,1-31) Giovedì 12 marzo ore 21 “Svuotò se stesso assumendo la condizione di Servo” (Fil 2,1-11) Giovedì 19 marzo ore 21 “La Carità non avrà mai fine” (1Cor 12,31-13,13) Giovedì 26 marzo ore 21 “Mentre eravamo ancora peccatori Cristo è morto per noi” (Rm 5,1-11). Cattedrale Vespro d’organo con Mitsuru Azuma M itsuru Azuma (Giappone) è l’interprete del Vespro d’organo in programma domenica 1 marzo (ore 17) in Cattedrale (organo Tronci, 1793). L’iniziativa è promossa dall’Accademia d’organo Gherardeschi, in collaborazione con il Capitolo della Cattedrale. P.C. 8 chiesa pistoiese n. 8 La giornata del malato L listiche, psicologi, tecnici e infermieri, tutti disponibili ad una reperibilità 24 ore su 24. Girardi ha poi presentato Fabrizio, trapiantato di cuore da sette anni, che ha raccontato simpaticamente la sua esperienza dalla malattia alla guarigione fino alla completa riabilitazione ed alla ripresa della consueta attività fino alle gite in montagna di cui era ed è appassionato. I pur buoni risultati ottenuti fino ad oggi non devono farci sentire soddisfatti, se è vero, com’è vero, che, ancor oggi, ogni giorno, un paziente in attesa di trapianto muore perché non è stato trovato un donatore compatibile. Da qui il pressante invito a tutti a collaborare perché cresca il numero di donatori, seguendo anche l’esempio del papa Benedetto XVI, che porta sempre con sé i documenti che attestano il suo consenso alla donazione degli organi. Tutti siamo nella duplice condizione di poter essere donatori, da una parte, ma anche di poter essere inseriti in qualche lista d’attesa. Domenica 15 la giornata è cominciata con l’adorazione continua, dalle 11 alle 16, sempre nella chiesa della Madonna del Letto, che ha visto un afflusso continuo di persone. Poi, la Messa in Cattedrale, celebrata dal vescovo, che ha visto la partecipazione dell’Unitalsi, dell’Amci, della Misericordia, e della Croce Rossa e di numerosi malati in carrozzella. Il vescovo, all’omelia, ha parlato della novità portata da Gesù, che, col lasciarsi avvicinare, tendere la mano e toccare il lebbroso, eppoi guarirlo, è andato contro corrente rispetto alla legge di Mosè, secondo la quale i lebbro- si erano considerati immondi e perciò emarginati dalla società, abbandonati, come tanti nostri malati. Monsignor Bianchi ha invitato i presenti, numerosissimi, a ritagliare questo gesto di Gesù e a deporlo nel nostro cuore, perché da quel gesto nasce per i cristiani una nuova umanità. Quel gesto si chiama Betlemme, Calvario, Croce di Cristo e perdono per noi tutti, tutt’altro che puri ed innocenti. Il Vescovo ha salutato i malati che, nel portare in giro la loro sofferenza, vissuta spesso con la serenità e il sorriso che invece, il più delle volte, mancano sui nostri volti, rappresentano per noi la mano tesa di Gesù. E un messaggio è stato inviato anche a chi sta vicino ai sofferenti, familiari, medici, infermieri, volontari, con l’invito a che la loro assistenza sia sempre improntata alla mano di Dio tesa al bisogno delle persone, piuttosto che al loro merito e alla cosiddetta importanza sociale. La cerimonia si è quindi conclusa con la processione dalla Cattedrale alla chiesa della Madonna del Letto, e con la recita del Rosario, omaggio significativo a Maria Immacolata, Vergine di Lourdes. Marco Tamburini Una grande speranza per l’Europa post-cristiana N el palazzo dei vescovi il 14 febbraio si è svolto l’incontro sul tema “Laici, lavoro e santità nella sfida dell’Europa post-cristiana”; organizzato dalla comunità di San Paolo di Pistoia in occasione dell’anno paolino. I relatori sono stati Giorgio Petracchi, ordinario di storia delle relazioni internazionali presso l’università di Udine, Fortunato Tito Arecchi, ordinario di fisica superiore all’università di Firenze e Pippo Corigliano, direttore dell’ufficio informazioni dell’Opus Dei. Durante l’incontro è stato presentato il libro di Corigliano “Un lavoro soprannaturale”. Moderatore dell’incontro, Piero Ceccatelli de “La Nazione”. Ceccatelli ha ricordato che il tema ha preso spunto da una sollecitazione del vescovo, monsignor Mansueto Bianchi, che nel programma pastorale diocesano ha indicato il ruolo decisivo che i laici dovranno avere nella rievangelizzazione dell’Europa post-cristiana. Petracchi ha delineato le ragioni storiche che hanno portato all’attuale situazione dell’Europa dal punto di vista spirituale e culturale, identificando l’origine remota della crisi nel “terzo scisma” cristiano avvenuto nel periodo illuminista, che portò progressivamente all’emarginazione del pensiero cattolico e alla forzata separazione scientista tra la ragione e la fede. Petracchi ha individuato come risultato ultimo di questa parabola culturale il rifiuto di riconoscere le innegabili radici cristiane nella costituzione europea e i paradossi di intolleranza laicista. Arecchi ha illustrato la sua esperienza di scienziato e l’assoluta compatibilità e complementarità fra fede e ragione. Pippo Corigliano, “un mistico con la cravatta giusta”, come lo definì il giornalista Giorgio Torelli, ha parlato a tutto tondo della risposta che tutti i cattolici laici possono dare a questa sfida di rievangelizzazione dell’Europa e del mondo, rimanendo nel mondo ma “senza essere mondani”. Un ritorno alle origini del cristianesimo, quando i primi cristiani diffusero gli insegnamenti rivoluzionari di Gesù con naturalezza e straordinaria efficacia. Corigliano ha raccontato come un giovane napoletano spensierato, la cui massima aspirazione era di avere una Mg verde con bionda “indistinta” accanto, si innamora di Gesù, diventa numerario dell’Opus Dei e quindi portavoce ufficiale dell’organizzazione Vita La Associazione “Oltre l’Orizzonte” Con una larga partecipazione a giornata del malato si è svolta, quest’anno, in due tappe. La prima, mercoledì 11 febbraio, la seconda domenica 15. La diocesi, in collaborazione con la Cappellania dell’ospedale, con l’Unitalsi e con l’Associazione medici cattolici ha organizzato mercoledì sera, nella chiesa della Madonna del Letto, la celebrazione dei Vespri e, a seguire, una interessante conferenza di Eufrasio Girardi, coordinatore del centro coordinamento trapianti della Asl, che ha illustrato le modalità e l’organizzazione che la Regione Toscana ha voluto in ogni Asl e che in pochi anni ha portato l’attività a risultati del tutto comparabili con i migliori standard europei, partendo dalle posizioni di cenerentola che caratterizzavano il nostro paese poco più di dieci anni orsono; tanto che il modello toscano è diventato poi il modello nazionale. Girardi ha spiegato in maniera chiara ed esauriente tutto quanto viene fatto nelle varie situazioni passibili di espianto d’organi, sia nei malati cronici, sia nei casi “acuti” di infortunio della strada o del lavoro, sia quando si verifica un “accidente” cardiovascolare. Ed ha fatto percepire, il dottore, quanto delicato sia l’intervento degli operatori che, in un momento di disperazione e di lutto, devono cercare in ogni modo di convincere i parenti, magari ancora increduli d’aver perso o di stare per perdere un loro caro, a donare gli organi dello stesso. Un impegno molto delicato e critico, che richiede non solo competenza tecnica, ma anche motivazione, dedizione e spirito di squadra di tutta un’equipe multidisciplinare, composta da medici delle varie branche specia- 1 marzo 2009 cattolica; incontrando tanti personaggi della storia recente. Al termine dell’incontro Corigliano ha sollecitato domande sull’Opus Dei. Alla domanda sul motivo della cattiva fama giornalistica dell’Opus Dei ha risposto che è il cattolicesimo ad avere “cattiva stampa” in un mondo di egemonia culturale anglosassone-laicista, soprattutto quando promuove fede operativa. A un’altra domanda circa la segretezza che circonda le attività dell’Opus Dei ha risposto che in questa organizzazione si formano cristiani che cercano i motivi di incontro con Dio nella loro vita quotidiana; non si portano elementi di distinzione e questo, secondo la mentalità tradizionale del cattolico “ufficiale”, sembra ad alcuni segretezza. “Tutto è assolutamente trasparente nell’Opera –continua il relatore-. L’Opera è come un distributore di benzina “soprannaturale”: fatto il pieno, sta ad ogni cristiano utilizzarne l’energia liberamente e responsabilmente per “umanizzare” e “professionalizzare” il mondo.” Susanna Daniele Iniziativa sulla legge 180 Un comitato per sensibilizzare istituzioni e cittadini della provincia di Pistoia sull’impatto delle proposte riguardo ai trattamenti sanitari obbligatori L’ associazione Oltre l’Orizzonte ha costituito un comitato per organizzare un evento di sensibilizzazione della popolazione riguardo alle proposte di legge, in particolare la proposta Ciccioli, per la riforma della legge180, sulla modifica dei trattamenti sanitari obbligatori. Vogliamo coinvolgere tutti gli schieramenti politici, tutte le istituzioni locali e il numero maggiore possibile di cittadini. Intendiamo organizzare l’evento a livello provinciale nella settimana dopo Pasqua, prima della campagna elettorale. Prima di allora abbiamo bisogno di sensibilizzare più persone possibili. Chi fosse interessato a darci una mano, individualmente o attraverso il proprio gruppo di appartenenza, è pregato di contattarci al 328/9081569 o allo 0573-380475. Pensiamo che questa proposta rappresenti un passo indietro non solo dal punto di vista culturale ed etico perché si basa sul pregiudizio sbagliato della pericolosità e dell’inguaribilità delle persone affette da disturbi psichici ma anche da quello riabilitativo. Siamo convinti che concentrare l’attenzione solo sull’ampliamento del trattamento sanitario obbligatorio e non sulla riabilitazione e sull’inserimento sociale delle persone faccia arretrare il percorso faticoso e ancora in salita avviato per il riconoscimento dei pieni diritti di cittadinanza delle persone affette da sofferenza psichica. Nella nostra ricerca di buone pratiche, nel nostro tentativo sempre rinnovato per capire quali sono gli elementi che fanno star meglio le persone, abbiamo avuto prova che ciò che è deleterio è il periodo in cui sono privati della propria libertà e che ciò che è utile è un percorso individuale personalizzato fondato sull’autostima, sul recupero di abilità personali, relazionali e sociali finalizzati all’autonomia e all’autodeterminazione. INFO: e-mail: [email protected] - 0573/23382 cell. 328-9081569 . Ricordarsi di ricordare M i sono imbattuta per caso in un piccolo volume dal titolo ”Che le loro vite siano raccontate” (Editrice Emi). Mi ci sono soffermata in più momenti e penso di poterlo definire “Piccolo e prezioso scrigno di vite donate in semplicità e nella consapevolezza di aver agito e vissuto per contraccambiare il grande amore di Cristo che li aveva chiamati alla sua sequela”. Sono tutti nativi dell’Africa. Maodjou Michel, originario del Ciad, con la sua espressione “Non me ne andrò finché non sarò sicuro che i cristiani siano tutti partiti; partirò solo con l’ultimo”, mi ha fatto ricollegare alla storia delle mie quattro consorelle Minime del S. Cuore presenti per 17 anni nella missione di Funing (Cina). Siamo nella tremenda epoca della rivoluzione maoista. Le suore avevano raccolto decine e decine di bambine appena nate nei luoghi più disparati. Alcune, col passare degli anni, erano diventate grandicelle, altre già sposate. Una delle tante terribili serate arriva nella missione una banda inferocita di soldati. Saccheggiano, si impossessano di tutto e poi entrano nella stanza dove si erano riunite suore e bambine per infondersi forza e coraggio a vicenda. Quelle soldataglie volevano impossessarsi delle bambine più grandi. Le suore si imposero con estrema determinazione e su di loro cominciarono a piovere bastonate in ogni parte del loro corpo. Il sangue colava abbondantemente, le bambine strillavano impaurite, ma tutte, alla fine, poterono rimanere lì con le loro suore. Arrivò l’ordine di espulsione per tutti i missionari, e le autorità ecclesiali ci sollecitarono a partire. Suor Giacomina, responsabile della Missione, affermò che avrebbe aderito a tale richiesta ad una condizione: ogni bambina doveva essere messa al sicuro presso una famiglia cristiana. Ciò, con sua grande gioia, avvenne. Monsignor Labrador si congratula con noi e ringrazia Dio d’averci così mirabilmente salvate. Tra l’altro ci dice: “Voi non avete mancato il martirio, ma il martirio è mancato a voi”. Suor Giacomina rientra in Italia, provata duramente nel fisico per un ictus che la renderà inabile per la durata della sua esistenza, ma felice però come le altre consorelle per aver donato molti anni al Signore in quel contesto che ormai tutte consideravano casa propria. suor Sandra Matulli Vangelo e segni dei tempi I l volume degli editoriali di monsignor Giordano Frosini pubblicati negli ultimi cinque anni, in omaggio a chi ha rinnovato o rinnoverà l’abbonamento al settimanale “La Vita” per il 2009, è arrivato. Il volume sarà spedito nelle prossime settimane, ma può anche essere ritirato direttamente presso lo studio “Graficamente” (via Puccini, 46 – Pistoia). Per i non abbonati il costo del volume è di 8,00 euro. Vita La M olto spesso quando si scrive in ricordo di una persona si scrive un po’ per se stessi, per cercare di riflettere, di ripercorrere ciò che abbiamo vissuto insieme alla persona scomparsa, per trovare un significato a cose e momenti che vanno altre il tempo contingente. Non mi perdo a raccontare che ho conosciuto Nesti quando ero ancora un ragazzino e che se volevo trovare verso le sette della sera mio padre sapevo che era insieme a Florio nel suo retrobottega; oppure di come io rappresentai per lui il primo cliente-paziente che necessitava di lenti a contatto rigide a causa del mio difficile cheratocono: la seconda cartella dell’archivio delle lenti a contatto era la mia, amava ricordare. No, non mi voglio dilungare a parlare di momenti e argomenti su cui altri hanno più competenza ed esperienza della mia; il fatto però è che ho vissuto con lui un po’ tutte le fasi della sua malattia. Ricordo di quando aveva cominciato ad avvertire un certo fastidio, prima alla mano sinistra, mi pare, e poi alla destra, che lo aveva indotto ad operarsi di tunnel carpale. Ma l’impaccio alle mani non passava, anzi aumentava e nel frattempo i contatti tra noi aumentavano a causa del suo ruolo di presidente di Confcommercio e del mio all’interno della Banca di Pistoia. In quel periodo mi chiamava spesso per parlare di banca e di salute; fece tac, risonanze, doppler; mi portò anche a Firenze una o due volte perché un piccolissimo vaso venoso del cervello era messo un po’ più storto del normale e questo poteva essere la causa dei suoi disturbi. Ma non era quella la causa del suo male. I suoi disturbi mi diven- S iamo una coppia di Pistoia e facciamo parte della “Commissione diocesana per la pastorale con la famiglia”. In questo ambito ci è stato proposto di impegnarci in particolare a seguire le problematiche delle coppie in difficoltà. E’ per questo che ci siamo avvicinati all’esperienza di Retrouvaille. Volendo formarci come operatori di pastorale, ci è stato chiesto di seguire l’intero cammino che l’associazione propone, come se fossimo una coppia in difficoltà alla ricerca della strada per ricostruire il nostro matrimonio. Ci siamo, così, trovati, insieme ad altre coppie profondamente sofferenti ed abbiamo vissuto insieme a loro un fine settimana e quindici successivi incontri. Il week end al quale abbiamo partecipato si è tenuto a Folgaria(Tn) il 3-4-5 ottobre 2008. Siamo arrivati a Folgaria nel pomeriggio del venerdì e siamo stati ospitati in un’accogliente struttura alberghiera, dentro la quale siamo rimasti praticamente chiusi fino alla domenica pomeriggio. Erano presenti diciotto coppie provenienti da tutte le parti d’Italia; ma un comune aspetto ci univa: la 1 marzo 2009 chiesa pistoiese n. 8 ANCORA UN RICORDO DI VINICIO NESTI Ci ha insegnato a vivere e a morire tarono più chiari quando nel suo nuovissimo retrobottega gli guardai i riflessi delle braccia e delle gambe. Erano troppo iper, una risposta esagerata! Lui in quel momento sorrise anzi rise di gusto, era contento, perché i riflessi c’erano... eccome se c’erano! Io rimasi stordito, cominciai a picchiare con un dito sui suoi muscoli come se stessi giocando a biglie, per evocare qualche fascicolazione. Durante un attimo di sua distrazione, perché entrò una cliente, dissi a Deanna: “… speriamo non sia quel che sembra. La lasciai di pietra, povera Deanna, ma forse lì per lì non comprese, non poteva comprendere di che si trattava! Per combattere la mia ansia gli dicevo sempre “vai da Bartolini, vai di qua vai di là”, così come si fa perché non sai come fare a dire ad un amico che sospetti una diagnosi del genere e speri che sia un altro a svelargliela. Col passare dei mesi venne varie volte a trovarmi a casa guidando la sua macchina, dicendomi che non riusciva a “comandare” le gambe come voleva e quindi il guidare cominciava ad essere difficile e pericoloso. E voleva in tutti i modi che guardassi come camminava: aveva un bellissimo paio di scarpe nuove che però gli davano fastidio, non l’accontentavano; si metteva a camminare, ridendo, su e giù sotto il porticato di casa mia, ma invece della sua marcia in quel periodo mi colpì una certa untuosità che era iniziata sulla cute del suo volto. Si ricoverò a Pisa e fu emessa la diagnosi definitiva, strumentale, certa: Sla. Col passare del tempo cambiò le scarpe e mise quelle da ginnastica. Sapeva di che si trattava. Appoggiato al muro esterno del suo negozio, una volta mi chiese: “ma è vero che ci sarà bisogno di fare una tracheotomia?”; gli risposi di sì, ma fare una tracheo oggi è molto semplice, anzi, gli dissi, “con i metodi che esistono ci penso io Vinicio, ne facciamo tante e in dieci minuti ai nostri pazienti”. Era un modo per sdrammatizzare, rideva lui (?) e ridevo, di forza, io. Ma lui sempre, sempre anche quando era fermo in casa sulla sedia a rotelle e gli portavi il gelato perché lo inghiottiva meglio, quando gli prospettavo l’ipotesi della tracheo mi faceva sempre il gesto dell’ombrello. Non voleva, voleva una fine senza la tracheotomia e senza la Peg (il sondino che dalla cute dell’addome passa direttamente nello stomaco per permettere l’alimentazione dei pazienti neurologici che hanno difficoltà con la deglutizione). Ma da ultimo, forse condizionato dai media o forse perché “ubbidiente” a certi proclami optò per la Peg. Ma la tracheo no!! E questo riconosciamolo, è stato il suo testamento: lo volete chiamare biologico? O volete con un giro di parole parlare di indicazioni di fine vita? Ma perché opporvisi? Qui sta il centro di tutta la sua storia e della sua malattia. Può essere stato un bravissimo ottico (per me soprattutto), un bravissimo politico, un bravissimo commerciante, banchiere, ma per me è stato colui che ha accettato di andarsene in modo semplice senza cure che non hanno senso. L’unica cosa di cui ha avuto bisogno, dopo aver ripetuto anche in fase terminale che non voleva la tracheo, è stata la sedazione. A chi mi chiedeva perché, dicevo: guarda, Vinicio ora respira male, è come si vede nei film quando il torturatore mette la testa della vittima sotto l’acqua e, quando quello è lì che sta per finire, te la ritira su, e questo due, tre, quattro, cinque, dieci volte il giorno; senti che ti manca il respiro, e non puoi neanche agitarti come di solito fai quando una nocciolina ti è andata di traverso; no, lui non poteva perché paralizzato e lucidissimo! In quei momenti l’ansia lo opprimeva, lo sconvolgeva, lo assediava; lo vedevi nel volto di Vinicio che era terrorizzato da quei sintomi. Altri hanno fatto nelle sue condizioni scelte diverse in base a riflessioni, motivazioni ed esperienze diverse, comprensibili, rispettabili, forse anche più coraggiose. Hanno scelto!! Nel mio lavoro sono sempre a contatto con la morte. Talvolta con i colleghi non sappiamo neanche cosa produrranno i nostri sforzi, altre volte lavoriamo sapendo che 9 non otterremo alcun risultato eppure facciamo, facciamo, facciamo… non ci fermiamo là dove forse dovremmo arrestarci per rispetto di “nostra cara sorella morte”. In questo clima c’è come la paura che fermarsi ci condanni ad essere “procuratori di morte”. Troppi dicono cosa è giusto fare e cosa non è giusto fare, troppi inneggiano alla vita in modo ossessivo, alcuni hanno fatto carriera politica inneggiando alla vita, ma hanno dimenticato la morte e sembra che abbiano paura della morte. Ma ci sarà qualcuno che parla della morte, della fine? Che non ha paura della morte, di nostra sorella morte? Che accetta che ai medici si possa dire “dottore fermati, fallo per rispetto mio e delle mie convinzioni e lasciami, lasciami pregare, lasciami preparare all’incontro con Dio prima che sia troppo tardi e mi trovi impreparato”. È vero, Nesti ha avuto una famiglia diversa; penso alla moglie che capiva le sue necessità anche dall’emissione di suoni irriconoscibili che solo lei riusciva a decifrare, diversa dalle mogli che la televisione ci ha presentato (che prima hanno fatto di tutto perché al marito fosse eseguita la tracheotomia ben sapendo che non era temporanea ma definitiva, poi hanno avuto bisogno di un medico per staccarlo dal respiratore come se la morte necessitasse per forza di un medico, come se fosse un atto medico e non un elemento della nostra vita). Allora grazie Vinicio perché ci hai ricordato che si può ancora morire con semplicità, lasciando stare i fili, i bip-bip e gli allarmi accesi delle rianimazioni anche quando non c’è più speranza! È bello ritornare al Padre passando da casa nostra! Andrea Amadori Retrouvaille: testimonianze Un aiuto per i matrimoni in diffi coltà Giovanni e Vanna: 4 mesi di formazione per essere pronti al servizio e aiutare a far capire che ricostruire un matrimonio in difficoltà è una “missione possibile” sofferenza che si leggeva sul volto di tutti, l’aria che si respirava era carica di tensione. Una sensazione strana ci attanagliava: non ci era mai capitato di partecipare a incontri dove tutti, proprio tutti, nessuno escluso, avevano volti così tesi, arrabbiati, delusi, sfiniti. Anche noi che non vivevamo quelle situazioni di sofferenza ci siamo da subito sentiti coinvolti e abbiamo condiviso con loro il cammino, con loro abbiamo lavorato e pianto. Non era, però, un cammino senza una meta, perché il prete e le coppie guida che ci hanno accompagnati quasi per mano ci facevano vedere alcuni bagliori di speranza, alcune luci in un futuro buio. E’ stato un lavoro intenso, forte, profondo, quasi senza respiro: nessuno di noi ha dovuto raccontare la propria storia, nessuno si è sentito giudicato, ma possiamo affermare che tutti si sono sentiti accolti con calore e comprensione. Non ci sono parole per descrivere il vissuto di quei tre giorni, cosa sia realmente accaduto, ma una cosa è certa: domenica pomeriggio nessuno dei presenti, noi compresi, era più la stessa persona! La gioia più bella che ci siamo portati a casa è la consapevolezza che qualcosa di grande era accaduto e che per molte delle coppie presenti si era aperta una prospettiva nuova. I problemi non erano magicamente svaniti ma in quel fine settimana era scattato qualcosa di nuovo: si era iniziato a gettare le fondamenta su cui lavorare negli incontri successivi al week end di Folgaria. Prima di partire, molti si sono sentiti di condividere alcuni pensieri e tutti erano d’accordo nel dire che ripartivano con la consapevolezza di potercela fare. Una coppia ha detto: siamo sempre noi, con i nostri difetti e le nostre difficoltà, ma abbiamo scoperto una prospettiva nuova, abbiamo finalmente visto una luce in fondo al tunnel ed ora abbiamo voglia di rialzarci per riprendere il nostro cammino, tirando la fune non l’uno contro l’altro, ma nella stessa direzione. Successivamente abbiamo vissuto la parte del cammino post week end: 15 domeniche passate a fare luce fino in fondo nel rapporto di coppia, fino a trovare anche il più piccolo neo che potesse inficiare le basi della vita familiare. Questa parte del cammino è stata vissuta in un gruppo più ristretto: eravamo 4 coppie e ci incontravamo presso la parrocchia di Cavriglia, vicino a san Giovanni Valdarno. Questa esperienza ci è servita a capire bene, avendolo vissuto, il metodo di lavoro di Retrouvaille, in modo da poter essere pronti a metterci al servizio delle coppie che ne sentano il bisogno. Ma questa esperienza è servita anche a noi , coppia “sana”: nessuno è perfetto al punto di non aver bisogno di migliorare e certamente noi non pensiamo che nella nostra costruzione familiare non esista qualche mattone fuori posto. Quello che possiamo dire con sicurezza, affermare, gridare è che chi vive nella coppia situazioni di difficoltà non può non provare questo cammino. Ricostruire il vostro matrimonio in difficoltà è una missione possibile, e ce la potete fare! Retrouvaille vi aiuta a ritrovare in modo responsabile e intimo una relazione d’amore autentica, è un valido strumento per il dialogo, l’ascolto, il perdono, la costruzione della vostra relazione di coppia. Commissione Diocesana Pastorale con la Famiglia 10 comunità e territorio n. 8 INNOVAZIONE Nasce a Pistoia il primo laboratorio toscano di ricerca sull’ingegneria dei trasporti H a sede a Pistoia (all’Itis Fedi di viale Adua) ed è stato inaugurato pochi giorni fa l’unico laboratorio toscano di ricerca sull’ingegneria dei trasporti. Il laboratorio di modellazione dinamica e meccatronica (Mdm Lab) ha finalità di alta formazione, ricerca e trasferimento tecnologico ed è nato grazie all’impegno e a specifici accordi tra diversi partner (Università di Firenze, Uniser-Polo universitario di Pistoia, Regione Toscana, Itis Fedi, e Ansaldo Breda), che hanno accolto la proposta della Provincia di fare di Pistoia la sede toscana della ricerca in ingegneria dei trasporti. Il laboratorio consiste in un ampio locale all’interno dell’istituto Fedi, ristrutturato dalla Provincia, dove l’Università di Firenze ha trasferito proprio personale e strumentazione. Il dipartimento universitario svolge nel laboratorio attività di ricerca nel settore della meccanica del veicolo ferroviario e della meccatronica, direttamente su un territorio dove è presente il massimo comparto produttivo del settore, mettendone a disposizione i risultati. «Il laboratorio – spiega Ambrogio Brenna, assessore regionale allo sviluppo economico – si integra in Verso le elezioni Il comitato contro l’inceneritore scende in campo I l comitato contro l’inceneritore di Montale scende in politica. Alle prossime elezioni comunali di Agliana e Montale, previste a giugno, in corsa ci sarà anche una lista civica formata da componenti del comitato che da anni lotta contro l’impianto di incenerimento dei rifiuti di Montale. Si tratta della lista «Decidi anche tu!», che appunto si presenterà alle prossime elezioni nei due comuni della piana. «Il nostro – spiega Luigi Co- Due liste civiche degli ambientalisti si presentano ad Agliana e Montale langelo, presidente del comitato contro l’inceneritore di Montale - è sicuramente un progetto ambizioso. L’obiettivo è di diventare un punto di riferimento per tutti i cittadini che non si sentono più rappresentati dagli attuali schieramenti politici, sia di destra che di sinistra». Le due liste civiche sono state presentate, nel corso di una conferenza stampa che si è svolta ad Agliana. «I comuni – ha detto Colangelo - decidono della vita quotidiana di ognuno di noi. Possono avvelenarci con un inceneritore o avviare la raccolta differenziata porta a porta, installare antenne o costruire asili, privatizzare Le conseguenze del maltempo Gli interventi previsti T erminata per il momento la fase di piogge e maltempo l’amministrazione comunale pistoiese fa il punto della situazione degli interventi previsti e quelli di criticità emersi sul territorio fino già dallo scorso novembre. Fra i punti critici emergono le zone attorno al fosso Acqualunga a Chiazzano, Tazzera e Tazzerino dalla località Bargi fino allo sfocio , quella del torrente Stella in località Ponte di Cencino fino alla località Pontassio, i fossi Quadrelli e Filimortula, la zona di Montalbano da Barberoni fino al Torrente Stella a Masotti; la zona del torrente Brana da Ferruccia fino al ponte Armacani e quella del Brusigliano. Numerose anche le frane e i movimenti franosi che hanno interessato molte zone della nostra provincia in particolare la parte montana e quella collinare come Saturnana duramente colpita da una frana nel mese di novembre, per non parlare poi di altri smottamenti più o meno intensi verificatesi nelle zone di Via Marcianina, Via Vecchia Pipigliana, Le Piagge di Cireglio e quella nella zona di via del Poggiale a Campiglio. “L’amministrazione comunale ha investito e sta investendo molte risorse nell’ambito del rischio idrogeologico –ha detto l’assessore alla protezione civile Mario Tuci– inoltre riteniamo che con gli interventi già effettuati e quelli da effettuare possiamo dare risposte importanti alle zone interessate ai disastri grazie anche alla preziosa collaborazione da parte degli altri Enti preposti alla salvaguardia e tutela del territorio.” Venendo al dettaglio gli interventi per prevenire il rischio idrogeologico riguardano molte strade (per un totale di circa 2milioni e 390euro) fra ci parte della Via Vecchia Pratese, Via del un sistema di sviluppo delle competenze, in questo caso sul trasporto ferroviario, che può dare un grande contributo all’intero territorio regionale, per costruire una filiera e una catena produttiva estremamente importante». «Questo laboratorio – aggiunge l’ingegner Salvatore Bianconi, amministratore delegato di AnsaldoBreda – ci può aiutare, in quanto noi possiamo creare qui un punto di certificazione dei nostri prodotti, senza doverci più rivolgere ad altre strutture. Inoltre, potrà permetterci di effettuare qui tutta una serie di prove, per le quali finora era necessario rivolgersi all’estero». I ‘ritorni’ per il territol’acqua o gestirla a vantaggio di un uso pubblico. Dai comuni si deve ripartire a fare politica con le liste civiche. Noi oggi, con le nostre scelte, siamo gli artefici di buona parte di ciò che le generazioni future troveranno». Le due liste sono state fondate da membri del comitato contro l’inceneritore di Montale, simpatizzanti e cittadini che fino ad oggi non hanno fatto parte di forze politiche o partiti. «Quindi – conclude Colangelo – ci sentiamo liberi dai soliti condizionamenti e aperti a tutti coloro che vogliono condividere questo progetto». Tra gli obiettivi, anche il rilancio dell’economia, ma con un’attenzione particolare allo sviluppo sostenibile. P.C. Leone, Via del Bollacchione, via di Canapale, via dello Sparito, Via Nazario Sauro, Via Vergine dei Bracciolini in località Piuvica, via di Garcigliana in località Le Querci, via Castel di Bovani, Via Sestini, Via Seiarcole, Via Bure Vecchia e al torrente Acqualunga. Tuttavia a seguito dei recenti eventi calamitosi sono stati eseguiti numerosi interventi urgenti per i quali il Comune ha inviato una specifica richiesta di finanziamento alla Regione e al Ministero; è stato chiesto anche un contributo straordinario di 40mila euro alla provincia necessario per ripristinare gli attraversamenti stradali sui corsi d’acqua che appartenenti alla gestione demaniale. Edoardo Baroncelli 1 marzo 2009 Vita La La struttura è stata inaugurata pochi giorni fa all’Itis Fedi e vi collaborano diversi partner, tra cui l’Università di Firenze e Ansaldo Breda rio pistoiese appaiono dunque evidenti. Le attività che saranno svolte all’interno della struttura pistoiese vanno dalla progettazione alla simulazione e controllo di sistemi, dalla progettazione di banchi prova specifici per componenti e sottosistemi ferroviari alla simulazione di marcia, dalla omologazione virtuale e valutazione delle prestazioni di veicoli e componenti ferroviari alla simulazione di sistemi frenanti. Patrizio Ceccarelli Quarrata A cena con la solidarietà L’evento fa parte degli incontri di educazione alimentare promossi da Saperedaisapori.com con il patrocinio di Asl e Provincia R iscoperta delle antiche tradizioni culinarie toscane, nel segno della solidarietà. È l’obiettivo dell’evento in programma domenica 1 marzo (a partire dalle ore 19.45) a Villa Zaccanti di Quarrata, promosso dal sito www.saperedaisapori.com, che presenterà «Bentornata Pentolaccia». L’iniziativa fa parte degli incontri culturali sul cibo promossi con il patrocinio di Asl e Provincia di Pistoia. Il programma prevede la cena a Villa Zaccanti, in via Bel Riposo a Quarrata e, durante la serata, giochi (tra cui la ben nota pentolaccia) e premi, oltre alla possibilità di conoscere meglio erbe, spezie e arbusti, spesso utilizzati per accompagnare le pietanze. Ospite l’esperto Giordano Mazzolini, ispettore capo del Corpo Forestale dello Stato, che spiegherà le varie possibilità di utilizzo delle erbe aromatiche per dare maggiore fragranza ai cibi, ma che vengono utilizzate anche per la nostra bellezza, salute e tranquillità. Il menù: antipasto con pagliaccetti di sformatino al pecorino a latte crudo pistoiese, con vellutata di verdure di stagione e timo; strozzapreti al germe di grano alla borragine e tagliatelle al limone e pepe con ragù di cernia e nepitella, polpette di carnevale al prezzemolo, insalata di erbette di campo e verdurine colorate in padella; cenci e berlingozzi. Vini della Cooperativa vinicola Chianti Montalbano di Larciano e olio dell’Oleificio cooperativo di Lamporecchio. A presentare la serata sarà Maria Stefania Bardi Tesi, esperta in programmi di educazione agro-alimentare. L’iniziativa ha anche una finalità legata alla solidarietà, infatti, parte dei proventi verranno devoluti al progetto «Il cuore si scioglie» della sezione soci Coop di Pistoia, e serviranno a finanziare iniziative benefiche in Africa. Info: 0573-734252 oppure 3394539291. Patrizio Ceccarelli PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633 - [email protected] - [email protected] SEDE PISTOIA Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected] PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected] MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected] MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected] SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected] LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected] PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected] S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected] CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected] BOTTEGONE Via Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected] Vita La 1 marzo 2009 ALL’OSPEDALE DEL CEPPO Un benvenuto ai nuovi nati «I nsieme per una campagna di benvenuto ai nuovi nati». È il titolo dell’iniziativa che sarà operativa per sei mesi a partire dal 1° marzo, lanciata da Farcom in collaborazione con Comune di Pistoia, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e l’azienda «Amore al cubo» (nella foto i rappresentanti degli enti promotori). Farcom offrirà ai neogenitori un kit di benvenuto formato da tre body, tre paia di calzini e tre bavaglini: il corredino necessario per entrare nel reparto maternità. La Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia donerà invece 100 euro ad ogni neonato attraverso l’apertura di un libretto di risparmio. In occasione del controllo pre-parto effettuato dalle mamme, verranno consegnati due tagliandi. Con il primo sarà possibile presentarsi alla filiale Caripit, all’interno del- V iene presentato in questi giorni presso le frazioni del Comune di Agliana un consuntivo dei 10 anni di amministrazione guidata da Paolo Magnanensi. Nel prossimo giugno, infatti, con le elezioni cambierà il primo cittadino e, il centro-sinistra, ha già individuato, tramite le primarie, il proprio candidato: si tratta dell’assessore ai lavori pubblici e alla persona Eleanna Ciampolini. Per racchiudere quanto portato avanti dalla giunta comunale dal 1999, la coalizione che ha sostenuto il sindaco ha realizzato un’interessante pubblicazione. “Sono stati dieci anni molto intensi –spiega il sindaco Magnanensi– in cui il contesto generale, fatto di finanziarie molto pesanti per gli enti L a kermesse si è svolta recentemente in uno splendido salone dell’ente morale-onlusassociazione non governativa dell’Onu insediato nel borgo ferrucciano ed ha visto protagonisti la soprano –nonché insegnante, poetessa e pittricepistoiese Sidonia ‘Isi’ Simoni la quale, presentata da Vittoriano ‘Vit’ Innocenti, dirigente d’azienda e tecnico che è rientrato nella ‘sua’ Pistoia dopo decenni trascorsi a Roma per motivi professionali. ‘Isi’ Simoni, applauditissima dal folto pubblico composto da anziani e giovani rispettivamente ospiti di Residenza sanitaria assistita e Centro di recupero per cerebrolesi insediati nella struttura del sodalizio presieduto dall’onorevole Antonio Cariglia, Un corredino e un libretto di risparmio ai bambini che nasceranno da marzo ad agosto. È l’iniziativa di Farcom, Caripit e Amore al cubo l’ospedale, per ricevere il libretto di risparmio con un versamento di 100 euro. Il secondo servirà a ritirare il corredino in una delle sette farmacie comunali presenti sul territorio. «Vogliamo essere vicini ai bimbi pistoiesi – dice il sindaco Renzo Berti - fin dal primo vagito. Questa iniziativa è un segno dell’attenzione che la città rivolge ai suoi piccoli concittadini e ai neo-genitori. Il nostro intento è di dare risalto all’evento della nascita di un nuovo bambino o bambina nella convinzione che una vita appena arrivata arricchisce non solo la famiglia ma tutto il tessuto sociale cittadino». Comune di Agliana Bilancio di dieci anni locali, non ci ha certo aiutato. Ma attraverso azioni concrete e decise siamo riusciti a fornire molte risposte ai bisogni dei cittadini”. Da sottolineare vari interventi messi a punto. Per gli anziani è stato creato il bocciodromo presso il giardino Il Sarcio di Ferruccia e al parco Pertini. Per l’edilizia residenziale sono stati assegnati 24 alloggi di edilizia pubblica, 24 per le forze dell’ordine e sono in fase di progettazione ulteriori 12 unità abitative. Per quanto riguarda i disabili è stato attivato il progetto Skacciapensieri e aperto il centro diurno di Ferruccia, Panta Rei in collaborazione con l’associazione Insieme. Molti i lavori pubblici, dal cinema teatro alla sala consiliare, dalle case popolari ai vari giardini, dall’ampliamento delle scuole elementari e materne di Spedalino a vari parcheggi e marciapiedi. Grande attenzione è stata rivolta anche alle attrezzature sportive, a fluidificare il traffico con la realizzazione delle rotatorie, favorendo la sicurezza di ciclisti e pedoni. Per quanto riguarda l’urbanistica l’impegno dell’Amministrazione Gavinana Concerto per anziani Spettacolo di grande musica per anziani e giovani ospiti della Fondazione Turati di Alessandro Tonarelli Un momento del concerto dirigenti e personale dello stesso nonché da molte personalità che erano state invitate per 11 n. 8 l’occasione –tra cui il generale di Corpo d’armata degli Alpini Enrico Borgenni- si è esibita «Con questa idea – sottolineano il presidente e l’amministratore delegato di Farcom, Roberto Barontini e Luciano Del Santo - abbiamo voluto che la città desse il benvenuto ad ogni neonato attraverso un dono simpatico in cui si uniscono la gradevolezza e l’assoluta igienicità del prodotto con una tangibile espressione di solidarietà e di partecipazione, valori questi che rappresentano colonne portanti dell’attività di Farcom spa». «L’apertura del libretto di risparmio con il deposito gratuito di 100 euro a nome del nuovo nato – affermano il presidente e il direttore generale di Caripit, Gabriele Zollo e Luca Severini – vuole essere una testimonianza del legame che da sempre la nostra banca ha con il territorio. E’ infatti nostra ferma intenzione rafforzare tale legame anche con tutte le iniziative, che possano sostenere, in questa difficile congiuntura, la nostra zona di competenza e questo sia per le imprese che per le famiglie». Patrizio Ceccarelli è stato rivolto, tra l’altro, al recupero di aree dismesse e alle ristrutturazioni, oltre che al dotare tutte le frazioni del territorio di una propria autonomia spaziale e culturale. Importante anche aver potenziato i laboratori culturali e migliorato le manifestazione del “Giugno aglianese” e di AgliaNatale. Il sindaco Paolo Magnanensi e la giunta concludono ricordando gli interventi in favore dell’ambiente con l’obiettivo di lasciarne alle generazioni future uno davvero vivibile attraverso progetti come quelli delle compostiere, l’ampliamento del parco Pertini e la realizzazione dell’area verde attrezzata nella zona industriale di Spedalino. Marco Benesperi con la sua splendida voce in personali, eleganti interpretazioni di brani musicali ‘classici’ italiani e stranieri, quali Core ‘ngrato, Chitarra romana, Firenze Sogna, Granada, La vie en rose, Les feuilles mortes a vari altri, ciascuno dei quali è stato presentato e illustrato con altrettanta eleganza da Vittoriano ‘Vit’ Innocenti. In due ore di splendido intrattenimento musicale, tra l’entusiasmo del folto pubblico che ha tributato autentiche ovazioni alla davvero bravissima cantante e al suo non meno bravo presentatore, nell’ambito di una delle tante belle manifestazioni che vengono organizzate nella bella, grande ed elegantemente ospitale struttura di Gavinana della Fondazione Turati. TERRAZZA SULLA CITTÀ Il bersagliere dei tre secoli D elfino Borroni va avanti, la sua è la lunga marcia di un bersagliere di 110 anni che ha attraversato tre secoli, l’ultimo soldato della Grande Guerra, l’ultimo testimone di Caporetto. Nato a Turago Bordone (Pavia), il 23 agosto 1898, era coetaneo di Giuseppe Saragat. Adesso è infermo su una carrozzina, alloggiato in una casa di riposo, e di pensione quale reduce di guerra riceve solo 42 euro al mese. «Per noi che abbiamo fatto la guerra non c’è stata riconoscenza. Negli altri Paesi sono stati più generosi con i reduci» afferma. Gli scrivono o lo vanno a trovare in tanti, però. Borroni apparteneva al 6° Battaglione, 14° Reggimento, mentre in tempo di pace era macchinista sul Gamba dé legn, mitico trenino della linea Milano-Magenta. La sua memoria oggi è sempre indelebile, prodigiosa. Ha quattro figli, sette nipoti e tredici pronipoti. Ma qual è il segreto della sua longevità? «A quei tempi si mangiava poco, però quello che veniva dall’orto e dalla campagna era tutto genuino. E poi tanto latte, bevuto fresco, appena munto» risponde lui. Il presidente della Repubblica Napolitano gli ha scritto nel giorno del suo compleanno, un passaggio della missiva così recita: «A lei, ultimo dei Cavalieri di Vittorio Veneto, giungano l’affetto e la gratitudine di tutti gli italiani. La sua storia personale (…) continua a offrire alle giovani generazioni un esempio di abnegazione, di alto senso del dovere, di dignità». Diversi giornalisti di tutto il mondo lo hanno intervistato sui suoi ricordi di guerra. Col grado di Caporale ha combattuto sul Pasubio ed a Caporetto. Dove viene catturato il 28 ottobre 1917. Campo di concentramento a Cividale e poi in Austria, a Pordenone, sul Tagliamento a costruire ponti, a Vittorio Veneto, a Pianzano ed a San Felice. Ha tentato più volte la fuga con il suo amico Luigi Turati milanese di Precotto, prima da Vittorio Veneto e poi da Conegliano, subito dietro le linee nemiche, riuscendo a raggiungere il Friuli. La fuga da un campo di Spilimbergo riesce. «Siamo arrivati in una casetta dove c’erano due donne. «Putei, state attenti, i tedeschi portano via i prigionieri sui treni e li fucilano» ci dicevano. A mezzogiorno abbiamo visto tre cavalleggeri uscire da un sottopassaggio. Un sergente ci ha quasi rimproverati: «A momenti vi sparavamo». «Ma non vedete, ho risposto, che siamo italiani, italiani come voi». Leonardo Soldati Prataccio Fosco e Onorio Andreotti fondatori del gruppo sciistico “Alberto Tomba” I due fratelli di Prataccio sono i fondatori del gruppo sciistico “Alberto Tomba”. Gli sciatori sono già sulle piste di mezza Europa per fare a livello amatoriale gli apri pista, riguardare gli impianti battere la neve, riguardare le porte per le gare di slalom. Però nel giro eterno delle stagioni qualcuno manca sempre all’appello. Uno dei fondatori, Fosco Andreotti, è deceduto pochi mesi fa, stroncato, dopo una lunga malattia, da un male incurabile. La morte lascia sempre rimpianto e sconforto, poi con la forza della ragione la vita deve continuare. Un’esistenza dedicata allo sci, quella di questi autentici sportivi, centinaia di chilometri percorsi su terreni coperti di neve, un feeling perfetto con i fiocchi bianchi. Gli sciatori di Prataccio iniziarono quest’attività nel 1960. Questo mini circo bianco opera in particolare in Francia, Svizzera, le Dolomiti. All’Abetone sono di casa, della vicina stazione sciistica conoscono ogni segreto: qui hanno numerosi amici; in un recente passato fraternizzarono con i mitici Zeno Colò Celina Seghi, il falco di Oslo, ed il topolino delle nevi. Sono trascorsi quasi cinquanta anni dalle prime, timide discesa. Onorio fratello del defunto Fosco, fu autista del Copit; il deceduto prestò l’opera lavorativa alle dipendenze delle ferrovie dello stato; fu consigliere per una legislatura al comune di Piteglio. Ha sempre amato questi versi: “Il mio viaggio mi porterà là nell’ultimo sorriso, nell’ultimo attimo dove sentirò la vita ridere. Allora non sorriderò, riderò con lei e con lei me ne andrò là dove sono nato, proprio là, dove ridendo rinascerò. Giorgio Ducceschi I due fratelli in una foto con Celina Seghi 12 spazio aperto n. 8 Vita La 1 marzo 2009 Un corso per volontari su “Accoglienza e comunicazione” U n corso con una programmazione con tematiche di grande attualità che ha ottenuto risultati positivi. Promosso da Cesvot e Auser Montale, il corso è iniziato nel mese di ottobre e si è concluso il 24 febbraio. Con Paolo Mazzei, docente del corso, e la tutor Gabriella Pacini sono stati evidenziati le finalità e gli obiettivi. Paolo Mazzei è esperto in comunicazione e psicologia sociale ed è stato chiamato ad affrontare tematiche legate al settore della comunicazione e dell’accoglienza. Perché esistono oggi problematiche a livello psicologico che le persone hanno nel relazionarsi nelle varie realtà, si è parlato tra le varie tematiche affrontate di “Portamento comunicativo”. Le prime lezioni del corso si sono incentrate su temi come l’estetica e l’immagine. A questo proposito Paolo Mazzei afferma: ”vi è stato uno studio a 360° sull’immagine d’approccio verso l’utente a seconda della realtà che gli si presenta davanti. Questo corso è stata una scommessa vinta: c’era perplessità ma i risultati sono stati positivi”. A proposito dell’accoglienza e del- Il corso è stato promosso da Cesvot e Auser con la collaborazione del comune di Montale, Asl3, Croce d’Oro Montale, Consorzio Astir, Misericordia di Montale, Tvl, lega Spi Cgil Agliana-Quarrata-Montale la comunicazione Mazzei sottolinea che “è importante l’approccio diretto con la persona a seconda dell’età e della sua condizione culturale, la comunicazione diventa differente nei casi e luoghi in cui siamo impegnati ad operare. Con le persone anziane bisogna instaurare un rapporto di amicizia”. Il volontario è impegnato nel rapporto con gli anziani, ma anche con gli extracomunitari con i quali è importante l’accettazione e il reciproco rispetto delle proprie realtà di vita. In questa società legata all’immagine, Mazzei sottolinea che è importante indossare il proprio abito per- sport pistoiese VOLLEY Quarrata campione provinciale under 18 U sonale che è fatto della propria natura di individuo, l’abito non fa il monaco, ma in questa realtà di volontariato è piuttosto il monaco che fa l’abito. Nello svolgimento della programmazione sono stati svolti percorsi di verifica e simulazione con l’apporto di riprese televisive, l’appuntamento conclusivo del corso si è tenuto il 24 febbraio. Erano presenti Paolo Mazzei, Paola Mazzei, Tania Martinelli, Francesco Rotelli e Federica Mabellini. La tutor del corso Gabriella Pacini ribadisce l’importanza di aver realizzato questo corso che è stato molto partecipato: le volontarie che lo hanno seguito (20 in tutto) saranno destinate a strutture d’accoglienza assistenza domiciliare, ecc. n altro titolo giovanile. Il Blu Volley Quarrata, allenato dal tandem Andrea Gori (capo coach) e Davide Torracchi (assistent coach), si è laureato campione provinciale under 18 superando 3-2 (22-25, 23-25, 25-21, 25-19, 19-17) in finale il Volley Aglianese, guidato da Meri Malucchi, al termine di una gara durata oltre 2 ore di gioco. Dopo aver conquistato il titolo under 16, il team quarratino, con merito e un po’ di buona sorte, che non guasta mai, può fare ancora festa. Gara per cuori forti, con continui colpi di scena. A iniziare forte sono le portacolori aglianesi che, sfruttando la prestazione non brillante delle quarratine, sono riuscite a far proprio il primo set. Nel secondo, complice un infortunio a Cecilia Torracchi, una tra le più positive tra le aglianesi, qualcosa per capitan Ostento e compagne è migliorato. Avanti 2-0, Agliana sembrava avviata a una facile vittoria, mentre Quarrata pronta ad archiviare il campionato. Ma con un pizzico di grinta, e appunto la pesante assenza nelle file avversarie, ecco la strepitosa rimonta. Complimenti dunque ai tecnici e alle atlete Sheila Ostento, Martina Di Gregorio, Fabiola Ulivi, Giulia Tomasino, Samantha Biondi, Silvia Gradi, Silvia Cappellini, Laura Buo, Noemi Terrazzano, Alice Fiorentini, Rosangela Tarantino, Ilenia Mancuso, Silvia Zepponi, Amanda Maraghelli e Martina Martini e al dirigente accompagnatore Giuseppe Tarantino. Tabellino: Ostento 18, Fiorentini 10, Di Gregorio 8, Gradi 4, Biondi 3, Ulivi 3, Martini 2, Tomasino (libero) 0, Terrazzano 0, Cappellini 0, n.e. Mancuso, Tarantino, Zepponi. “Hanno iniziato meglio le giocatrici aglianesi -racconta il vice presidente ‘mobiliero Fabiano Pretelli-, che forse sentivano meno delle nostre ragazze la pressione della finale. Certo, l’uscita di scena della loro miglior atleta -riconosce sportivamente- ha influito molto sull’andamento dell’incontro. Qualche piccolo screzio tra le pallavoliste delle due squadre, dovuto all’importanza della posta in palio, ha ravvivato la partita e svegliato le quarratine, che hanno pian piano rosicchiato il vantaggio alle neroverdi, allungando il match al tie break. Quinto set combattutissimo con entrambe le squadre desiderose di vincere, ma alla fine, per fortuna, l’abbiamo spuntata noi. Un successo che ci rende soddisfatti”. Gianluca Barni Gli obiettivi del progetto erano quelli di far acquisire le conoscenze che consentano di facilitare la relazione e la comunicazione in rapporti individuali e di gruppo in situazioni diverse, colmare una carenza diffusa sul nostro territorio per la maggior parte dei volontari che operano nel sociale. Infatti il corso aveva lo scopo di suggerire atteggiamenti e comportamenti che potessero essere in sintonia con la situazione affettiva e il vissuto dell’ interlocutore. Non solo quindi un modo di porsi in grado di intuire il variare delle situazioni, ma anche una capacità di interloquire che superi il disagio e faciliti la comunicazione. Daniela Raspollini contropiede di Enzo Cabella L a Carmatic è riuscita a fare il pieno nel doppio impegno casalingo contro Scafati e Soresina. Era temuta soprattutto questa seconda partita, in quanto la squadra lombarda si trovava al secondo posto in classifica. Occorreva una prestazione super per vincere e la Carmatic non ha tradito le attese, dimostrando di aver superato la fase critica e di avere le potenzialità per salire ancora posizioni in classifica. Infatti, è necessario sottolineare che le due vittorie casalinghe sono venute senza il play titolare (Mc Cullough) e quindi acquistano un valore che va oltre i quattro punti. Con il successo squillante su Soresina, la squadra di Moretti non è più ultima (ha lasciato a Imola il fanalino di coda), ha agganciato altre due formazioni a quota 18 ed è a soli due punti da altra due squadre, Scafati e Brindisi. Il prossimo impegno è a Venezia, contro un avversario che ha gli stessi punti dei biancorossi di Moretti: è uno spareggio in piena regola. Dovesse superare questo ostacolo, la Carmatic ‘vedrebbe’ quei playoff che, fino ad oggi, sono un traguardo lontanissimo. Un riscatto, dunque, in piena regola, studiato da coach Moretti e realizzato sul parquet da tutti i giocatori, ma in particolar modo da capitan Toppo, Rabaglietti (ottimo sostituto del play americano), Rosselli e Bryan. Ma sarebbe ingeneroso dimenticare gli altri, a cominciare da Tyler che rappresenta sempre il punto di riferimento sotto i tabelloni. Ora il campionato osserva un turno di riposo per consentire le «final four» di coppa Italia. La Pistoiese tira un sospiro di sollievo. Il cambio dell’allenatore, Torricelli per Polverino, ha fruttato un prezioso pareggio, che ha posto fine alla serie delle cinque sconfitte. Non era facile fare punti a Foggia, contro una squadra in zona playoff, avversario ostico anche per l’ambiente. Torricelli non ha avuto la bacchetta magica e non ha stravolto la formazione che Polverino, pur con qualche modifica (spesso determinata da squalifiche e infortuni), schierava. L’ex difensore di Juve e Fiorentina ha solo apportato alcuni accorgimenti che si sono rivelati giusti: intanto ha cambiato modulo, giocando col 4-4-2 (quattro difensori, quattro centrocampisti e due punte), ha rispolverato Muwana e Breschi e poi ha conferito alla squadra quella serenità che negli ultimi tempi aveva perso. Tutti, dai più esperti ai giovani, si sono sentiti partecipi di un progetto: lo spogliatoio, che aveva denotato qualche crepa, si è ricompattato e questo lascia sperare in un quel processo di miglioramento che tutti si augurano e che ha come traguardo l’abbandono dell’ultimo posto. Una verifica di questo nuovo corso si avrà contro l’Arezzo, unico derby toscano di Prima Divisione. Vita “U La 1 marzo 2009 n buon punto di partenza perché da un lato ribadisce l’indisponibilità della vita e, dall’altro, stabilisce che le direttive anticipate debbano avere per oggetto trattamenti terapeutici, non scelte di vita o di morte. Il rifiuto delle terapie non va infatti mai confuso con una richiesta di eutanasia passiva”. È complessivamente positivo il giudizio del presidente dei Giuristi cattolici, Francesco D’Agostino, interpellato sul disegno di legge Calabrò in materia di direttive anticipate di trattamento; schema di testo unificato di undici disegni di legge in dieci articoli che, è stato reso noto ieri, approderà in Aula al Senato il prossimo 5 marzo. Pur non nascondendosi che il testo attuale “dovrà subire non poche modifiche”, a preoccupare il giurista è il “clima” politico: “Sentire parlare di ‘legge truffa’ o di necessità di un referendum abrogativo in caso di approvazione fa comprendere l’inasprimento delle posizioni e sembra voler chiudere un dialogo viceversa indispensabile per dare vita ad una legge in materia che risponda a rigorosi requisiti di giustizia”. dall’Italia n. 8 LEGGE SUL “FINE VITA” e non di tipo palliativo, ma esplicitamente sedativo. Lo stesso Defanti (il neurologo che per anni ha seguito Eluana Englaro, ndr) ha dichiarato di avere sedato la donna e di non avere elementi scientifici rigorosi per stabilire quale effetto reale potrebbe avere avuto sul suo organismo la sedazione somministratale”. iolenze contro le donne, ronde contro i romeni: nella capitale e in altre città italiane il clima di insicurezza comincia a farsi pesante, e spesso a farne le spese non sono i reali colpevoli dei reati. Ne abbiamo parlato con il responsabile dell’area immigrati della Caritas di Roma. Ronde contro i romeni: perché e quali responsabilità? “Sicuramente l’aumento rilevante di cittadini romeni negli ultimi due anni li espone, ed espone anche la società italiana, ad una realtà diversa. Le ronde indicano una reazione esasperata ad un vuoto: se ci fosse una maggiore presenza dello Stato sul territorio, forse non ci sarebbero. E non credo che l’uso dell’esercito nelle vie del centro serva a granché. Ci sono interi territori dello Stato abitati da soli cittadini italiani dove le persone non si sentono al sicuro. Se le situazioni non vengono comprese nel loro insieme e anticipate, rischiamo di avere un giorno una ronda, un altro giorno qualcosa di nuovo e diverso. Il territorio deve essere vissuto e presidiato. Invece ci sono intere zone senza luce, senza servizi. E quindi? “Dopo il caso Englaro dobbiamo prendere atto che un certo modo di rispettare la pretesa volontà del paziente si trasforma inevitabilmente nella legittimazione di una pratica eutanasica e che, più in generale, qualunque forma di autodeterminazione potrebbe costituire un modo indiretto per introdurre l’eutanasia volontaria nel nostro ordinamento. Preferirei che questo lo si dicesse apertamente e non in maniera surrettizia come avvenuto fino ad oggi. Proprio per evitare queste forme di deriva, il ddl ribadisce esplicitamente l’indisponibilità della vita umana, e soprattutto mette in evidenza che tale indisponibilità è un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico”. Lei insiste sull’importanza di criteri rigorosi per accertare la volontà del paziente... “Insieme a diversi giuristi ritengo che nel caso Englaro le prove di questa volontà fossero molto incerte, a differenza dei magistrati che le hanno ritenute adeguate. Al riguardo si è assistito ad una palese scissione fra una pronuncia giurisprudenziale pubblica e vincolante, e un’opinione che, espressa magari da autorevoli giuristi, rimane semplicemente un’opinione privata: ecco perché occorre una legge che intervenga a sottrarre ai giudici questa competenza e introduca criteri rigorosi per accertare l’effettiva volontà del soggetto. E nel ddl questi criteri per ora ci sono”. Al centro del dibattito sembra essere soprattutto il principio di autodeterminazione… “Non c’è dubbio. Il dibattito ideologico più acceso riguarda proprio questo principio che viene riconosciuto dal ddl, ma non fino al punto di vincolare il medico a praticare interventi che a suo giudizio andrebbero contro il bene del malato. Dall’altra parte si sostiene invece che non vincolando il medico si trufferebbe il malato, promettendogli il riconoscimento di un diritto all’autodeterminazione ma, nella sostanza, negandoglielo”. V Si riaffermi l’indisponibilità della vita umana Con parole chiare Quale insegnamento trarre dalla vicenda di Eluana Englaro? “Quello che il caso Englaro ci ha insegnato è che, riconosciuta la necessità di rispettare la volontà del paziente - in quella vicenda la pretesa volontà orale di Eluana riferita dal padre - si è resa evidente la necessità di attivare comunque un trattamento medico a carico del paziente stesso, di Giovanna P. Traversa Quali i requisiti più importanti stabiliti al riguardo dall’attuale testo unificato? “La necessità che le dichiarazioni anticipate debbano essere redatte per iscritto, avere data certa e certezza della sottoscrizione del soggetto dichiarante; l’aspetto più determinante è tuttavia che questi deve poter agire in piena libertà e consapevolezza, e quindi essere adeguatamente e preventivamente informato dal medico. È importante anche la prevista istituzione di un registro delle dichiarazioni anticipate nell’ambito di un archivio nazionale informatico. Ritengo positiva la non obbligatorietà per tutti i cittadini di tali dichiarazioni, e assolutamente indispensabile la loro non vincolatività per il medico”. Deve essere sempre il medico ad avere l’ultima parola? “Sì, e ciò non costituisce un oltraggio all’autodeterminazione, ma una sapiente presa d’atto che in campo sanitario l’autodeterminazione ha inevitabilmente dei limiti che vanno valutati dal medico in scienza e coscienza. Qualora il medico ritenga che le dichiarazioni anticipate vadano contro quel bene del malato che egli si è impegnato con un giuramento a tutelare sempre e comunque, è giusto che gli sia riconosciuto per legge il diritto di disattenderle, pur motivando la propria decisione per iscritto nella cartella clinica del paziente”. IMMIGRAZIONE Né ronde, né slogan Questo malessere diffuso è da prendere in considerazione. Quello che accade è grave, ma non è con le ronde che si risolve”. Roma è diventata davvero una città meno sicura? “Non credo che Roma sia una città particolarmente insicura se comparata ad altre capitali straniere. Certo, gli ultimi atti di violenza colpiscono molto, e giustamente. Colpisce il modo in cui queste violenze avvengono, con un livello di bestialità che può spaventare e portare delle reazioni. Questi elementi non vanno assolutamente minimizzati. Quando ci sono atti di questo tipo si risveglia anche un istinto protettivo dei maschi nei confronti delle loro donne. Sono atti di imbarbarimento che avvengono purtroppo anche contro le straniere. È chiaro che se aumentano le persone senza lavoro e senza una vita sociale e affettiva stabile si possono creare degli squilibri che portano a questo. Ma Il parere della Caritas di Roma sugli episodi di violenza contro le donne e gli immigrati di Patrizia Caiffa Roma aveva problemi prima, e ce li ha ancora. Come altre città, non è in grado di assorbire bene le varie componenti che approdano”. Cosa fare, concretamente? “Non giustificare la violazione della legge e la violenza ma fare attenzione a quando una comunità si allarga, lavorando di più sui processi che connettono piuttosto che su quelli che dividono. Quattro milioni di stranieri in Italia sono un dato di fatto: bisogna trovare per forza dei sistemi per poterli inserire al meglio. Bisogna uscire da questa situazione di falsa enfasi sulla sicurezza. Intorno a Roma il ministro dell’Interno ha finanziato l’apertura di 7 centri che ospitano centinaia e centinaia di persone. Si danno posti letto ma senza preoccuparsi di fare un discorso con il territorio, che fa una enorme fatica a recepirli, anche perché non ci sono state prime delle risposte concordate. È normale che centinaia di persone nuove vengano vissute come una minaccia e non come una possibilità di incontro. Posto che la situazione è difficile, che c’è una crisi economica forte, che gli arrivi sono aumentati, a maggior ragione bisogna cercare di lavorare insieme in un clima positivo, consapevoli di tutti i problemi”. Però pare che si vada avanti solo a colpi di slogan... “Se ciascuno di noi si chiude dietro le proprie convinzioni e slogan non c’è dialogo. Bisogna confrontarsi sui fatti. È 13 essenziale trovarsi d’accordo sull’analisi di una realtà e cooperare. Se la comunità si sfalda è finita. Noi, come realtà che operiamo nel sociale, possiamo fungere da ponti per facilitare il contatto tra straniero e comunità di accoglienza. Ma le misure finora non sono mai state concordate. Non esiste una interlocuzione regolare e strutturata con il governo o con l’amministrazione capitolina. Solo incontri saltuari e senza seguito. Per arrivare a fare qualcosa bisogna lavorare insieme. Non basta essere chiamati solo quando ci sono le emergenze. Più siamo concreti, più la gente è disposta a farsi sentire. Ma il clima è molto pesante”. Impauriti gli italiani, impauriti i romeni e gli immigrati in genere... “Sì nella comunità romena c’è paura, soprattutto da parte delle famiglie. Temono che questa situazione possa ripercuotersi sui loro figli. A scuola i bambini a volte non vengono chiamati più per nome ma per nazionalità. E questo è il primo passo verso la deriva. Soprattutto il provvedimento che riguarda i medici e la possibilità di denunciare gli irregolari avrà gravi ripercussioni dal punto di vista culturale: finora era normale dare cure ad un immigrato irregolare. Ora verrà considerata una concessione. Conseguenza concreta: gli immigrati avranno più paura e si recheranno meno negli ospedali, con tutti i rischi del caso. Ma pensiamo davvero che questo aiuti la sicurezza? Non è meglio andarsela a prendere con quelli che violentano le donne piuttosto che con gli irregolari che vanno a farsi curare? La sicurezza dei cittadini non viene messa in pericolo dalla persona malata che va a farsi curare, bensì dal violento che, con o senza permesso di soggiorno, non si contiene e non si riconosce in una comunità, per cui l’aggredisce. Bisogna assolutamente distinguere e far capire ai cittadini: o si riesce a vivere in una comunità non chiusa solo in un piccolo cerchio familiare o amicale, oppure situazioni di questo tipo possono scoppiare”. 14 dall’Italia Una domanda sempre più insistente di Giacomo Ruggeri A dolescenti: che vi succede? È la domanda che non posso non farmi da qualche settimana a questa parte. Vi vedo “protagonisti” stonati sui titoli dei Tg e nelle pagine nazionali e locali più che sapervi studenti, innamorati, con la voglia di giocare, crescere, fare belle scelte. Vi chiedo: queste parole sono per voi cosa sconosciuta o pensate che vi appartengono? Io credo di si. L’adolescenza non è ne è un periodo brutto e né un periodo bello: è un tempo di maturazione e come tale porta con sé aspetti di gioia ed altri di dolore. Ecco perché dico che non c’è solo negatività o solo positività nell’adolescenza. Ma questo periodo ben preciso dell’adolescenza non è una marmellata dove tutto si confonde con il suo contrario, sino a divenire niente. Non voglio abituarmi alle notizie che vi sbattono in prima pagina con la magra consolazione, poi, di sentir parlare di voi il Tra crisi della famiglia e abbandono educativo di Luigi Crimella A ccanto alle violenze sessuali compiute da immigrati, la cronaca registra altrettanti episodi analoghi ad opera di giovanissimi, questa volta italiani, con forme preoccupanti di spettacolarizzazione fino al rischio della vita. Abbiamo interpellato Paola Soave, vicepresidente del Forum delle associazioni familiari, ex-insegnante, animatrice dell’associazionismo di base delle famiglie e - sottolinea - “nonna con otto nipoti alle prese coi problemi tipici della gioventù odierna”. L’opinione pubblica appare molto colpita dal diffondersi di casi di violenza sessuale, non solo ad opera di immigrati irregolari, ma anche di minorenni italiani verso coetanee giovanissime. Inoltre si registrano casi impressionanti di violenze gratuite di altro genere, anche autolesionistiche, come il filmarsi in auto a folle velocità, oppure dare o darsi fuoco, oppure compiere azioni spericolate al limite del suicidio, per pubblicare i filmati su YouTube. Cosa ci dicono questi episodi? “Intanto occorre notare che l’opinione pubblica resta molto colpita al momento, ma poi il giorno dopo sembra quasi dimenticarsene. Se ci si lasciasse interrogare veramente da questi episodi, forse qualcosa n. 8 1 marzo 2009 RAGAZZI E VIOLENZA Cosa vi succede? giorno dopo a scuola. Che vi succede, adolescenti? Vi riconosco nei vostri volti quando siete nella vostra unicità, nella vostra cristallina personalità. Non siete cattivi, ma infelici forse. Ma di che cosa? Da chi resi tali? Che cosa si scatena quando vi ritrovate in gruppo e da amici che escono insieme si trasforma in branco di violenza. Branco è un termine che non mi è mai piaciuto perché lo si eguaglia agli animali e voi non siete tali nel vostro cuore; lo si diviene quando l’adrena- lina dello stare insieme si trasforma in violenza cieca dove ognuno aiuta l’altro a divenire ancor più cieco e solo. Cosa vi succede, adolescenti, quando per paura di rimanere soli ed estromessi vi fate forza con il gruppo e la debolezza di uno diviene la “falsa forza” di tanti? Non prendete il gruppo di amici, o quello con il quale uscite, come scudo per le proprie pochezze e povertà. Nella vita non si diviene forti con e sulle debolezze degli altri, ma facendosi giorno per giorno lavoratori della propria vita grazie al lavoro di tanti. Andare a scuola ed accoltellare un insegnante, riprendere con il video fonino lo stupro di una vostra coetanea, cospargersi di benzina reciprocamente dandosi poi fuoco per il gusto di vedersi on line su Youtube, vi chiedo: che cosa ci state dicendo-gridando e che noi, forse, non comprendiamo? Che mano viene tesa, ma poi subito ritratta perché quella dell’adulto, del professore, del genitore, del sacerdote è esigente? Anche voi vivre- Vita La te il vostro essere adulti, ma sappiate che non lo si improvvisa: lo si tesse da mattina a sera, giorno per giorno. Ma se la quotidianità vi spaventa e per vincere la noia ci si inventa un gesto eclatante alle spese degli altri, specie più deboli, vi ricordo che la vita, al di là della fede, ha una sua verità e un suo ritorno. Si raccoglie ciò che si semina. Adolescenti, che vi succede? Nel tempo di Facebook e di Msn, di Skipe e Iphone vi chiedo di guardarci in faccia, non tramite un monitor. Sia nel bene che nel male, sia nel bene compiuto che nel male fatto non voltiamo mai la faccia dall’altra parte, ma lo sguardo sia occhio nell’occhio e mai occhio per occhio. La vendetta ha generato sempre e solo altro male. Adolescenti: so bene che avete un vostro nome e che questo aggettivo non vi piace. Giusto. Ma vi chiedo, pertanto, di non perdere il nome che i vostri genitori vi hanno donato nel momento del concepimento. Vi hanno chiamato figli! E quando si sbaglia, sia figli che genitori, si dica che si è sbagliato e non si giustifichi con altre parole di copertura. Nella verità di se stessa la persona non è mai morta. Ha sempre ritrovato vita. Vera. VIOLENZA GIOVANILE Chi si sente responsabile? potrebbe iniziare a cambiare. Detto questo, c’è un altro rilievo importante: ultimamente sembra che l’opinione pubblica non si senta responsabile di questa generazione, che è sostanzialmente senza veri testimoni e veri maestri. Il problema dei giovani prima di tutto consiste nell’assenza degli adulti come persone che possano mostrare una vita realizzata e anche alternativa ai modelli proposti: quelli basati su fattori quali il successo, la fama, il denaro, il sesso, la bella vita. I gesti estremi che i giovani compiono indicano la loro non accettazione dei limiti che la condizione umana ha, ma anche che tendono a cercare la notorietà attraverso azioni pericolose per sé e per gli altri. Senza adulti significativi, il punto di riferimento spesso diviene il branco con le sue logiche a volte estreme”. La mancanza di educazione sessuale indica anche mancanza di educazione ai valori del rispetto del proprio e dell’altrui corpo, oltre che della dignità della persona: cosa manca nella proposta educativa odierna? “Più in generale si potrebbe dire che manca una proposta di senso vero della vita, che comprenda tutti i suoi aspetti, quindi anche la sessualità. Assistiamo a una sovraesposizione in questo campo, così che il sesso, insieme ai soldi, viene presentato come la cosa più necessaria. In realtà siamo di fronte a una specie di ossessione del sesso, del successo in questo campo come negli altri dell’apparire, dell’avere. Manca invece a livello educativo la proposta di un significato da attribuire alle tappe che la vita impone, quindi l’importanza dello studio, della preparazio- ne, dell’amicizia, dell’ingresso graduale nel mondo degli adulti. Senza questi contenuti, i giovani sono sollecitati a ossessive ripetizioni di comportamenti stereotipati e degradanti”. A chi attribuire la “colpa” di tutto ciò: alla famiglia, alla “crisi dei valori”, a una pornografia dilagante e a portata dei giovanissimi? “Sicuramente uno dei grandi problemi consiste nella crisi della famiglia, non tanto perché essa abbia la colpa, ma perché nei fatti è stata delegittimata, non ha più la funzione che aveva un tempo di introdurre le nuove generazioni alle virtù sociali che sono alla base di una società a misura d’uomo. Essendo stata - come dice il sociologo Donati - privatizzata, la famiglia è divenuta una cosa considerata non più rilevante dal punto di vista sociale. Ne consegue poi che non sia più rilevante che sia fondata sul matrimonio, quale impegno stabile basato sulla dedizione e il sacrificio, ma viene accettato qualunque tipo di convivenza, chiamando famiglia quello che ognuno pensa, vuole o gli fa comodo che sia. Anzi, la famiglia vera non solo non è promossa, ma è divenuta quasi un soggetto negativo, fastidioso, salvo poi accusarla di assenza quando qualcosa non va. Il risultato di tutto ciò è che i ragazzi alla fine sono abbandonati a se stessi e prevale così la logica del branco. L’emergenza educativa che viviamo è quindi insieme culturale e di affidamento: sono generazioni delle quali in pochi vogliono farsi carico. Laddove ciò avviene, come scuole gestite da genitori, oratori, centri educativi, i ragazzi rispondono”. Vita La 1 marzo 2009 dall’estero n. 8 Cuba alla ricerca di un socialismo alternativo A ssenza di dibattito, sclerosi delle istituzioni, economia allo sfascio. Mezzo secolo dopo l’arrivo al potere di Fidel Castro e compagni, Cuba si trova di nuovo a un momento cruciale della sua storia. Si tratta, dice il sociologo Aurelio Alonso, di “uscire dal caos senza finire in preda della legge della giungla”. L’omogeneità sociale e l’uguaglianza conquistata all’inizio della rivoluzione sono regredite, anche se restano valori radicati nella società: “prima della crisi -nota Janette Habell’universalismo dei diritti sociali garantiva una copertura totale dell’ alimentazione di base, dell’educazione, della salute, della previdenza sociale, dell’impiego e dell’accesso ai beni culturali; la società aveva raggiunto livelli di uguaglianza relativamente elevati, e l’integrazione razziale era aumentata”. Ora però, la crisi ha minato quelle conquiste e aumentato la tensione. Lo scorso anno, al momento della nomima, Raul Castro chiese all’Assemblea Nazionale, che approvò all’unanimita, il permesso di consultare il fratello Fidel sulle grandi questioni strategiche, la difesa, la politica internazionale, lo sviluppo socio-economico. E, secondo alcuni osservatori, il voto ha dato a Fidel Castro una sorta di diritto di veto, che spiegherebbe la lentezza delle rifome. È pur vero però che i margi- V olendo scomodare un’espressione iperborica, il mondo intero aspetta Obama al varco di un radicale cambiamento. Gli basta poco per marcare la differenza con i detti e gli atti di un predecessore aggressivo e, per sua stessa ammissione, bugiardo, come George W Bush. Assai meno agevole è rendere visibile una discontinuità positiva in un contesto in cui tutti i centri di potere (il “complesso militar-industriale”, di cui parlò a suo tempo Eisenhower) si apprestano, per consolidata abitudine, ad approfittare della oggettiva inesperienza del neopresidente, pre- Sempre di più si fa sentire l’aspirazione a una democrazia partecipativa, assieme a un miglioramento delle condizioni di vita di Angela Carusone ni finanziari per condurre a buon fine i cambiamenti annunciati due anni fa, con l’obiettivo di modernizzare l’apparato produttivo, sono limitati. Basata principalmente sull’agricoltura (caffè, tabacco e zucchero soprattutto), l’economia cubana è ancora una delle più arretrate dell’area americana: le riforme di mercato degli anni ‘90, poi, hanno destabilizzato la popolazione e provocato una nuova stratificazione sociale. R i c o rd a l a s t o r i c a Mayra Espina: “la popolazione urbana in situazioni di povertà, i cui bisogni di base non sono soddisfatti, è passata dal 6,3 per cento del 1988 al 20 per cento del 2000”. Riconoscendo pubblicamente che il sistema non funziona bene, che i salari sono insufficienti, che c’è bisogno di “cambiamenti strutturali”, Raul Castro ha suscitato molte speranze: la popolazione, dal canto suo, e in primo luogo gli oppositori, chiedono innanzitutto il miglioramento delle condizioni di vita. “Raul Castro, da uomo pragmatico, mette l’accento sulla necessità di far uscire l’economia dagli schemi, migliorare le rese in agricoltura, raccomandando al contempo un funzionamento più organizzato e più rispettoso dell’ordinamento istituzionale”, afferma Habel, secondo la quale, attraverso le sue riforme economiche, Raul Castro intende perpetuare il sistema politico. Da qui -viene ricordato- l’interesse per esperienza vietnamita, che sembra confermare come si possa prendere dal capitalismo l’economia di mercato senza rimettere in questione il sistema politico e il partito unico. Più critici, invece, per i rischi insiti nel suo formidabile sviluppo, nei confronti della Cina, messa di fronte a una “distribuzione ineguale dei redditi, alla miseria, a una marcata differenza tra città e campagna, e al degrado dell’ambiente”. L’aspirazione a una democrazia partecipativa, a un socialismo autogestito si fa sentire: “la popolazione critica le istituzioni troppo burocratiche, chiede una maggiore partecipazione della base sociale”, spiega il politologo Juan Valdès Paz, che parla della necessità di riconoscere che a Cuba è stato costruito un progetto “troppo statuale, molto burocratizzato, con un livello molto limitato di L’Avana L’opportunità di Barak interessa tutto il mondo sentandogli opzioni... di vecchio conio. I più perfidi ricordano che a Kennedy, appena insediato, venne sottoposto un piano della Cia per invadere Cuba, elaborato sotto la precedente amministrazione: e fu il disastro militare e politico della Baia dei Porci. Gli esperti assicurano che Obama si è messo al riparo da rischi simili anche con la composizione di un team maturo, affidabile e bipartizan. E gli si fa credito sulla parola quando afferma di voler aumentare il numero degli amici degli Usa e diminuire quello dei nemici. Così, smobiliterà l’orrore di Guantanamo, uscirà (gradualmente) dall’Iraq: ma poi? «Questa vittoria non è il cambiamento che desideriamo. È soltanto l’opportunità per realizzarlo»: il presidente Obama non si offenderà se gli si fa sapere che i cittadini del mondo, non solo quelli del suo paese, sono interessati a scoprire quanto dell’opportunità si tradurrà nei fatti. E che sarà sollecitato proprio sulla base dei valori e dei sentimenti che ha sprigionato, attivando le risorse profonde del sistema americano: una democrazia che funziona con poteri stabili e bilanciati e il forte patriottismo costituzionale che garantisce, al di là di ogni divisione, l’unità del grande paese. Nella sua travolgente epifania, Barack Obama partecipazione popolare nel sistema decisionale”. Così Pedro Campos, un ex diplomatico che in passato ha lavorato per il ministero dell’Interno, ha lanciato “tredici proposte”, attorno alle quali si sta coagulando l’interesse di molti cubani. Secondo Campos, occorre creare dei consigli operai che controllino le decisioni nei luoghi di lavoro, modificare il sistema elettorale nel senso di una democrazia più partecipativa, rivedere le norme del codice penale che giustificano le condanne per ragioni politiche, dichiarare illegale l’aiuto dei governi stranieri, per fini destabilizzanti, e legalizzare al tempo stesso la libertà di associazione e di espressione. Di fronte al cambiamento d’epoca che si profila, i comportamenti a Cuba evolvono in modo impercettibile. Le resistenze, in ogni modo, non vengono dalle Forze armate rivoluzionarie, che controllano direttamente o indirettamente i due terzi dell’economia: le loro imprese sono il vettore di numerose trasformazioni, i militari che le dirigono hanno sperimentato metodi di gestione capitalistica. Si può pensare, insomma, che esse peseranno a favore delle riforme. Non si sa, invece, se la generazione storica che ancora occupa i posti chiave può riformare ciò che ha essa stessa costruito o se, spaventata dai cambiamenti, sceglierà l’immobilismo. si è richiamato con convinzione a tali principi fondativi. Ma i principi contano soprattutto perché si può far leva su di essi quando sono violati. Pare lo abbia detto una volta Luigi Sturzo. È stato proprio Obama a chiedere il consenso su un terreno così arduo e impegnativo. Non dovrà sorprendersi se a lui si rivolgerà una domanda esigente di coerenza: che pur nelle strette della concretezza storica, sappia dimostrare che è davvero possibile coniugare la flessibilità delle opzioni politiche con il rigore di un’etica condivisa. Domenico Rosati 15 Dal mondo SCHINDLER Il tedesco Oskar Schindler, colui che grazie alla “lista” di operai ebrei inseriti nelle sue fabbriche salvò centinaia di persone dal lager, non era apprezzato dai marxisti cecoslovacchi che nel 1946 lo processarono in contumacia come spia nonostante in suo favore fosse intervenuto il “cacciatore di criminali” Simon Wiesenthal. È una vicenda narrata da Angelo Bonaguro su “La Nuova Europa” di novembre scorso, a un secolo dalla nascita del salvatore Oskar. Sconosciuto fino al ‘93 nella sua città natale di Svitavy, Schindler fu presentato dalla storiografia comunista come “ex-imprenditore sfruttatore di prigionieri”. VISTA E UDITO Alcuni scienziati della Chonnam national university della Corea del Sud sono riusciti a fare tornare l’udito a dei porcellini d’India (ai quali l’udito era stato distrutto con sostanze chimiche), grazie alle staminali mesenchimali prelevate dal midollo osseo umano; altri ricercatori della Sunny upstate medical university di Syracuse, negli Stati Uniti, hanno reso la vista ad alcune rane, in virtù delle staminali della pelle impiantate negli embrioni. Sono esperimenti che hanno avuto successo sugli animali e che, grazie a ciò, creano possibilità concrete per le future applicazioni sugli esseri umani. COPERNICO Il paragone fra il Dna di un cranio venuto a luce nella cattedrale di Frombock, in Polonia, e quello di due capelli scoperti in un manuale di astronomia consultato da Niccolò Copernico (1473-1543) ha permesso agli studiosi di determinare che il cranio è dell’astronomo. Copernico fu il primo a comprendere che la Terra orbita attorno al Sole, e non viceversa; sul finire dei suoi anni di vita, egli fu canonico nella cattedrale e a lui fu affidato l’altare di Sant’Andrea dove gli storici hanno congetturato che il suo corpo fosse inumato: proprio lì è stato ritrovato il cranio di un settantenne, quale era Copernico. 16 musica e spettacolo n. 8 Vita La 1 MARZO 2009 Il 1° e il 2 marzo su Rai Uno una fiction sul musicista con Alessio Boni Puccini, l’arte del melodramma di Francesco Sgarano C ome direbbe Manzoni, non me ne vorranno i miei venticinque lettori se prendo spunto, per parlare di Puccini, dal bagaglio dei ricordi personali: credo di essere stato uno dei pochi fortunati ad aver ascoltato le melodie pucciniane da viva voce, senza alcun accompagnamento orchestrale. La voce era quella splendidamente tenorile di mio nonno che, nonostante fosse in là con l’età, non aveva smarrito lo splendido timbro che in gioventù, da quanto mi hanno sempre raccontato, non solo gli aveva procurato ammiratrici incantate ma che addirittura gli fece sfiorare la carriera musicale quando, durante un viaggio negli Stati Uniti nel 1952, da cui ritornò tuttavia per metter su famiglia, un manager piuttosto influente si accorse delle sue innate doti canore. I pezzi favoriti di mio nonno, intonati ora in bagno radendosi, ora seduto comodamente nella poltrona dello studio, erano indiscutibilmente “Che gelida manina” e il “Nessun dorma”, quest’ultimo brano tratto dalla “Turandot” e che culmina con quel “Vincerò” che resta ancor oggi il terreno più impervio per il do di petto di qualsiasi tenore. Proprio dalla “Turandot” è bene partire per capire il fenomeno-Puccini: sua ultima opera e incompiuta, data la morte per un cancro mal curato nel 1924, e terminata da Franco Alfano, vanta un aneddoto da appassionati: Toscanini, alla prima scaligera, nel momento esatto in cui il compositore aveva abbandonato lo spartito, bloccò l’esecuzione, scese dal palco e, visibilmente commosso, disse al pubblico: -Qui Puccini è morto. Altra osservazione interessante, per comprendere l’influenza e il primato musicale pucciniano in quegli anni, è questa: la “Turandot” di Puccini ha immediatamente offuscato l’altra “Turandot”, quella di Ferruccio Busoni, musicista insigne, composta precedentemente ma di cui si sono irrimediabilmente perse le tracce. Stessa cosa -ventotto anni prima- era accaduta con “La Bohème”, dianzi citata con la cavatina di Rodolfo “Che gelida manina”, replicata a ridosso di quella della protagonista “Sì, mi chiamano Mimì”: pochissimi sanno, per colpa di un oblio ingiusto -a quanto dicono gli esperti- che quando Puccini licenziava quello che può esser ritenuto a buon diritto il suo capolavoro, anche l’illustre Leoncavallo metteva il sigillo sulla sua “Bohème”: coraggioso ma imprudente, ha visto il suo lavoro cadere miseramente nel dimenticatoio, offuscato dall’ombra gigantesca di Puccini. Non ho mai ascoltato il lavoro di Leoncavallo ma mi sono commosso molte volte ascoltando quello pucciniano: l’aria più bella, quella che mi provoca sempre un nodo alla gola insolubile, è tuttavia per me quella cantata dalla civettuola Musetta, “Quando men’ vo”, il cui tema viene replicato dall’orchestra più volte. Ma Puccini aveva già dato segni di estrema grandezza nelle prime opere: a parte “Edgar”, recentemente rieditato dalla Decca in una versione con Domingo, originali pagine orchestrali sono alcune da “Le Villi” e dalla “Manon Lescaut”, tratta da Prevost e musicata qualche anno prima nientemeno che da DENTRO LA TV Eccoci accontentati P iaccia o non piaccia, il Festival di Sanremo è l’avvenimento televisivo dell’anno. Soprattutto, è il cavallo di battaglia della Rai, che investe nella manifestazione e non bada a spese per conduttori, artisti stranieri e ospiti famosi. Dato che la tv pubblica è un’azienda, ogni investimento economico deve essere redditizio e la kermesse sanremese non sottrae certo a questa regola commerciale. C’è un solo modo per far sì che i conti tornino: garantire al Festival un’audience alto che renda contente case discografiche, investitori pubblicitari ed anche gli spettatori. La legge degli ascolti non va tanto per il sottile. Se la qualità della musica non è sufficiente a catturare l’attenzione del pubblico, bisogna ricorrere ad altri ingredienti. La scelta del conduttore, innanzitutto. Piaccia o non piaccia, Paolo Bonolis è un bravo presentatore: sa gestire la propria presenza sul palco e quella altrui, sa far fronte a imprevisti, sa cambiare rapidamente registro espressivo, sa cogliere le occasioni per fare battute fuori copione e sa anche cantare. Sul palco dell’Ariston anche stavolta, ha vestito con disinvoltura i panni del padrone di casa. Oggi, abituati a passare dal registro tragico a quello divertente, dal dramma allo spettacolo leggero, non possiamo stupirci se anche sul palco dell’Ariston accade lo stesso. In questi cambiamenti di tono e di atmosfera, Bonolis è un maestro. Sa mascherare con una presenza scenica apparentemente ironica e sarcastica anche le cadute di gusto che non riesce a evitare quando si lascia andare ad ammiccamenti e doppi sensi da caserma, rivolgendosi direttamente alla pancia del pubblico di bocca buona e agli spettatori con meno pretese. Un esempio, fra i molti che si potrebbero citare: durante una delle cinque serate il presentatore è passato con assoluta disinvoltura dalla “tirata” sulla latitanza delle istituzioni sanitarie di fronte alle migliaia di casi di bambini che hanno bisogno di assistenza continua, alla chiacchierata salottiera con l’inventore di Playboy circondato dalle sue tre (tre!) “fidanzate ufficiali”. Questo stile soltanto apparentemente schizofrenico si è diffuso a tutto il Festival e ha investito anche la parte più spettacolare, quella delle immagini: le telecamere che cercavano di evitare i primi piani sul “nude look” della solita provocatrice Patty Pravo erano le stesse che hanno indugiato senza esitazioni sul body painting di un’attrice porno, vestita soltanto della vernice colorata che ricopriva le sue forme. Lo stile trash che Bonolis ha scelto ha riguardato sia i modi che i contenuti. Anche la musica è passata dal classico al popolare, dal sublime al dozzinale. Bonolis e il suo staff hanno scelto di mescolare le carte, cercando di confezionare un prodotto che soddisfacesse un po’ tutti. E, a quanto pare, il successo di ascolti gli ha dato ragione. Questo, si badi bene, non vuol certo dire che il Festiva di Sanremo andato in onda quest’anno sia stato apprezzabile. Le cadute di stile ci sono state e anche piuttosto gravi. Ma, piaccia o non piaccia, il Festival di Sanremo è questa roba qua. Dal punto di vista della critica, il giudizio su un simile programma dipende Massenet. In molti ricordano “Donna non vidi mai” o “In quelle trine morbide”, oltre al malioso intermezzo sinfonico che portò Verdi, che ammirava Puccini, tuttavia a rimproverarlo perché si lasciava troppo spesso prendere dalla voglia di “far ballare l’orchestra”. “Le Villi”, che sono creature misteriose che, morte per il dolore di esser state tradite, si vendicano sui fedifraghi portandoli alla morte, costringendoli a danzare fino all’estenuazione, rivela un chiaro influsso wagneriano (quello del “Nibelungo” e del “Parsifal” soprattutto) per la scelta di ricorrere a leggende nordiche, mentre al volgere del diciannovesimo secolo il musicista lucchese (come Catalani) firma “Tosca”, corredata da un libretto -scritto dai fidi Giacosa e Illica, ma rivisto parola per parola, come sempre, da Puccini- fitto di recitativi ma impreziosito da due arie immortali che dipingono sensazionalmente il tragico amore di Floria e di Cavaradossi, alla fine fucilato da un plotone di esecuzione: “Vissi d’arte” e “E lucevan le stelle” (chissà, forse un’eco pascoliana de “L’assiuolo”?; e, in aggiunta, un’aria che sembra sia Sanremo, l’intoccabile Festival di Homo Videns molto dal tipo di sguardo con cui lo si vede. Se ci si aspetta una rassegna musicale di alto livello in cui vincono le voci o le canzoni migliori, l’attenzione si deve rivolgere verso altre competizioni canore, meno famose ma molto più raffinate. Se ci si aspetta un rituale televisivo guidato dalle regole del bon ton, allora è meglio andare a cercare altrove. Se, però, lo si guarda per ritrovare concentrati lì dentro buona parte dei costumi e dei comportamenti sociali abituali, beh, allora eccoci accontentati. Il Festival rappresenta l’italianità media. Non è né meglio né peggio della gente che lo guarda. Sostieni LaVita Abbonamento 2009 Sostenitore Amico c/c postale 11044518. Euro Euro Euro stata plagiata -con tanto di causa giudiziaria persa- dagli autori di un brano jazz, “Avalon”). Il 1904 è l’anno di “Madama Butterfly”, giustamente considerata con le quasi coeve “Salome” di Richard Strauss e il “Pelleas e Melisand” di Debussy, l’opera incoativa del teatro musicale novecentesco. Puccini lavora molto sulle note per riuscire a rendere l’atmosfera estremorientale così come farà qualche anno dopo -stavolta con nenie, canti popolari, accompagnamenti roboanti che influenzeranno non poco i commenti musicali dei western muti e non- con “La fanciulla del West”. Puccini, a questo punto, ha sfondato anche negli States: d’ora in poi le prime sono spesso al Metropolitan, anche quella del cosiddetto “Trittico”, un unicum nella storia della lirica, dove si susseggu no in tre atti unici, un’opera tragica, una drammatica e una buffa. La meno famosa è “Il tabarro”, la più straziante “Suor Angelica”, la cui aria “Senza mamma”, intonata dalla novizia che ripensa al bambino morto avuto fuori dal matrimonio, viene ritenuta unanimemente uno dei vertici della musica dell’autore, la più famosa è certamente il “Gianni Schicchi” che, seppur opera comica, annovera la romanza di Lauretta “O mio babbino caro”, che è intrisa di un lirismo che porta dritto al pianto. Un’aria di quest’opera viene gridata a squarciagola in auto dal barbuto Al Pacino di “Serpico”, la “Bohème” riveste molte scene di “Stregata dalla luna”, il “Vincerò” è protagonista di una scena commoventissima in “Mare dentro”. Tanto per dire che anche al cinema Puccini ha contato non poco, senza rammentare il biopic un po’ sbiadito dell’abituale regista di opera-movies Carmine Gallone del 1952, cui si spera che questa fiction di Raiuno aggiunga un po’ del suo. LaVita Settimanale cattolico toscano Direttore amministrativo e responsabile giuridico: Giordano Frosini STAMPA: Tipografia Artigiana Pistoia IMPIANTI: Palmieri e Bruschi Pistoia FOTOCOMPOSIZIONE: Graficamente Pistoia tel. 0573.22064 e-mail: [email protected] grafi[email protected] [email protected] Registrazione Tribunale di Pistoia N. 8 del 15 Novembre 1949 Sede centrale Via IV Novembre, 108 Vignole di Quarrata (Pistoia) Tel. 0573 70701 - Fax 0573 717591 Indirizzo internet: www.bccvignole.it 42,00 65,00 110,00 I vecchi abbonati possono effettuare il bollettino postale preintestato, e chi non l’avesse ricevuto può richiederlo al numero 0573.21293. (c/c n. 11044518) intestato a Settimanale Cattolico Toscano La Vita Via Puccini, 38 Pistoia. Gli abbonamenti si possono rinnovare anche presso Graficamente in via Puccini 46 Pistoia in orario di ufficio. 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