Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - S1/PZ APRILE/MAGGIO 2013 BIMESTRALE DI ATTUALITÀ, CULTURA E APPROFONDIMENTI DEL DISAGIO SOCIALE OLTRE I LUOGHI COMUNI ANNO 4 - N. 2 VIVERE LIBERI INIZIATIVE PER UNA CULTURA DELLE DIFFERENZE I DIRITTI DELLE DONNE POVERTÀ: TRA PIAGA SOCIALE E VIRTÙ MORALE Giuseppe Orlando - Melfi Carmela Zaccagnino - Melfi Don Aldo Antonelli - Antrosano (AQ) LA BUONA RETORICA “CERCO UN RI-TRATTO” Antonio Foti - Foggia Sterpeta Fiore - Barletta 04.05 | 2013 Giuseppe Lavalle - Bologna embra il titolo di un compito in classe, assegnatomi dal “Professor” Nicola! Ad ogni numero Nicola ha già in testa quello che vorrebbe che fosse, e così ci travolge con il suo entusiasmo discutendo quello che potrebbe essere l’argomento da descrivere e far ar- S 04.05 | 2013 IO E L’ALTRO rivare a chi legge l’Altro. Questa è più o meno la storia del numero che avete tra le mani in questo istante. Ogni cosa non capita per caso, è sempre conseguenza di qualcosa. L’Altro è nato da una situazione dolorosa, la scomparsa tragica di una per- 2 sona, una vita polverizzatasi all’improvviso. Quella polvere Nicola non l’ha spazzata via, l’ha raccolta e sparsa ovunque cercando di dare nuova vita a quello che un tempo era la sua vita. Io questa persona l’ho conosciuta. Marina era dirimpettaia di mio padre, e quindi mi ha visto crescere. Ricordo la sua chioma, ero un bambino e vedevo questa gioiosa capigliatura avvicinarsi a me nel cortile, sorridere a darmi un buffetto. Poi il tempo dilata lo spazio e la distanza, io Marina non l’ho vista, ma la conoscevo perché mio padre con lei aveva, oltre che un rapporto di amicizia, un ambito professionale comune. Ho saputo della sua scomparsa come tutti, in una mattina come le altre, una notizia che ti lascia di pietra. Nicola, qualche tempo dopo, mi ha chiamato chiedendomi di scrivere per l’Altro, e oggi mi ritrovo a scrivere e condividere quelle che erano le idee e le intenzioni di Marina, la ragazza con la gioiosa capigliatura che mi dava un buffetto ogni volta che mi vedeva! Io ero l’Altro per Marina. La collaborazione con L’Altro mi ha permesso di approfondire aspetti e valori che condivido, ma che non avevo mai fatto miei fino in fondo. L’attenzione verso il più debole, verso la solidarietà, intesa come attiva e non come elemosina lava-coscienza. Ogni anno Nicola ha spinto L’Altro, e chi gravita attorno alla sua orbita, sempre più in là. Il concorso ad ogni edizione registra un numero di partecipanti sempre maggiore, ed un’attenzione crescente che porta inevitabilmente al centro della scena il messaggio che l’Altro vuole trasmettere. Scrivere ed osservare gli altri nei loro comportamenti è sempre più facile che guardare se stessi e quello che si fa. Ecco, l’Altro mi ha permesso anche di fermarmi e guardare quello che sono e che faccio. Quella che racconto è una storia come tante, comune a molti, ma reale. Mi piace correre, uscire al mattino presto e correre. Il percorso che faccio è quasi sempre lo stesso, attraverso la strada e mi dirigo verso un parco. Nel tragitto, durante le prime uscite in cui passavo di là, vedevo tante persone, con un carrello per la spesa, vagare nei pressi di un supermercato. Credevo fossero i primi clienti della giornata. Poi guardandoli con attenzione ho capito che erano lì, si per il supermercato, ma per gli scarti buttati via dopo aver preparato gli scaffali. Accanto al negozio c’è una serie di bidoni, dove le persone si ammassano, saranno forse 10-12 e frugano dentro per tirare fuori qualcosa che è stata scartata perché non bella da vedere, ma commestibile. La scena mi ha davvero toccato. Le persone che sono lì non sono barboni, o morti di fame, ci sono giovani stranieri, donne, anziani, persone dall’aspetto non trasandato che arrivano con la busta ed a modo loro fanno la spesa per la giornata. Si conoscono tra di loro, e spesso prima di lasciare qualcosa, che a loro non va bene, chiedono agli altri se può interessare. Lo spazio attorno a questi cassonetti è pulito, non viene buttato niente a terra. Poi quando la giornata per tutti gli altri sta per iniziare loro vanno via, con le loro buste e con il pranzo per un altro giorno. Si guardano attorno quando si allontanano, perché si imbarazzano. Tutto questo è accettabile? Beh, Questo per me è l’Altro. Ho letto, sul giornale locale, dell’iniziativa della facoltà di Agraria qui a Bologna. Raccoglie i cibi non venduti ed ancora buoni dalla grande distribuzione e li mette a disposizione di chi è in difficoltà. Ho scritto un cartello con tutte le indicazioni per usufruire di questa iniziativa e ne ho affisse alcune copie sui cassonetti. Fare qualcosa per gli altri, perché i miei diritti, sono i diritti di tutti. 3 Lo scrivo non per vanto, se il nostro vicino, l’Altro, non sta bene, neanche noi possiamo stare bene. Faccio mie le parole pronunciate dal Governatore della Banca d’Italia nell’ultima relazione del 31 maggio: “Non si costruisce niente sulla difesa delle rendite e del proprio particolare, si arretra tutti”. • ...Ricordo la sua chioma, ero un bambino e vedevo questa gioiosa capigliatura avvicinarsi a me nel cortile, sorridere a darmi un buffetto... Quest’anno le adesioni registrate al Concorso per l’assegnazione della “Borsa di studio Marina Sinigaglia 2013 sono 191 04.05 | 2013 o la Quand tà e solidari a è di cas 04.05 | 2013 Iiss BATTAGLINI Giuseppe Orlando Direttore Responsabile INIZIATIVE PER UNA CULTURA DELLE DIFFERENZE “ IL VOLONTARIATO CONSENTE DI ARRICCHIRSI PROPRIO MENTRE CI SI DONA AGLI ALTRI. ” romuovere una convivenza civile e responsabile verso le differenze, consapevoli che è compito di tutti i cittadini contribuire ad instaurare una società equa, fondata sulla eguaglianza di diritto. Questo il messaggio lanciato dagli alunni dell’Iiss “E.Battaglini” con l’elaborato “Sensibilità e limiti dell’uomo verso le differenze”, premiato dalla Federazione Naz.le S.Vincenzo De Paoli di Roma tra gli oltre 50 provenienti da ogni parte d’Italia. La commissione giudicatrice ha evidenziato che gli studenti venosini con il loro lavoro multimediale hanno evidenziato P l’importanza di un equilibrio tra la capacità di apprezzare la diversità e la preoccupazione di orientarla alla coesione sociale, senza riduzionismi. “Abbiamo studiato l’interdipendenza economica dei Paesi e le migrazioni, che causano una crescente diversità dei gruppi umani, in cui l’Amore (oltre la Politica) si pone come mediazione essenziale e necessaria per un confronto e un dialogo-ci dice Maria Donata Pellegrino, docente del “Battaglini- Maturare l’Amore incondizionato, soprattutto di fronte a chi ha avuto di meno dalla vita, è un atto che nasce solo dalla sensibilità per le differenze”. La cerimonia di pre- 4 miazione nell’Aula Multimediale del Battaglini ha fornito l’occasione per sviluppare e approfondire i temi proposti dai giovani studenti con i loro elaborati. “Lavorare per l’accettazione del diverso- ha sottolineato Giulio Bagnale, Presidente Aias Melfi-Matera- vuol dire lavorare per liberare noi stessi”. Una esperienza che si può fare in prima persona svolgendo attività di volontariato, che contribuisce a scoprire la diversità come ricchezza. Ad aprire le porte a questa opportunità sia la Coop “Il Filo di Arianna” che la Caritas diocesana. “La pietra scartata dal costruttore è diventata la pietra d’angolo. Questa metafora spiega il senso del lavoro della nostra cooperativa- ha sottolineato Giusy Conte, Presidente de “Il Filo di Arianna”-Noi partiamo da quello che gli altri scartano”. Il volontariato consente di arricchirsi proprio mentre ci si dona agli altri. “Vi propongo di prendere contatto con la realtà di tutti i giorni scendendo in campo con i volontari della Caritas- ha detto Giuseppe Grieco, Direttore Caritas diocesana-Potrete conoscere dall’interno difficoltà e disagi della vita di tutti i giorni”. Apprezzamenti per il lavoro degli studenti sono arrivati da Leo Vitale, Presidente della S.Vincenzo De Paoli”: “Per cambiare il mondo occorre avere attenzione verso le varie diversità -ha sostenuto Vitale- dobbiamo seminare voglia di vivere e per il bene degli altri”. Quale il senso della partecipazione al concorso? “Diventiamo sensibili nella misura in cui siamo capaci di metterci nei vestiti dell’altro -ha sintetizzato il Vescovo mons. Giuanfranco Todisco- la politica è l’amore verso la Polis. l’altro non è un estraneo: mi appartiene”. “La differenza non deve far paura; è il seme della vita -ha aggiunto Claudio Martino, Dirigente scolastico del “Battaglini”- Questa esperienza ha acceso una luce. Coltivate questa luce: è facile che si spenga!” • 5 o la Quand tà e solidari a è di cas 04.05 | 2013 04.05 | 2013 TRINITARI-SPECIAL OLIMPICS PER L’INTEGRAZIONE A tleti speciali per giochi speciali hanno gareggiato insieme nella cittadina oraziana nell’ambito della manifestazione “Lo Sport fa festa”. Protagonisti delle gare atleti con disabilità e atleti normodotati, che fianco a fianco si sono esibiti per le strade e le piazze di Venosa.. Alla base della iniziativa, lo sport visto non solo come pura competizione, ma anche come strumento di riabilitazione, occasione di socializzazione e integrazione. Un progetto por- tato avanti a livello nazionale da Special Olympics Italia, un’associazione del Coni che attua programmi di allenamento per persone con disabilità e propone lo sport inclusivo. Oltre a giochi sportivi riservati a atleti con disabilità, infatti, organizza tornei con squadre di sport unificato composte da normodotati e atleti speciali. Come, appunto la manifestazione organizzata a Venosa da Special Olympics Italia di Basilicata con il patrocinio del Comune di Venosa e il 6 CONI. In un clima di festa si sono svolte gare “senza barriere” che hanno catturato l’attenzione dei cittadini, che hanno seguito con interesse e passione tutto il programma predisposto dagli organizzatori: atletica leggera, ginnastica dolce, minigolf, mountain bike, ciclismo, bocce, youdo. Tra le associazioni partecipanti sono affiliate allo Special Olympics di Basilicata il Centro di Riabilitazione dei Padri Trinitari con la società sportiva “San Giovanni de Matha” e da qualche anno la cooperativa sociale “Il filo di Arianna”, con circa 200 atleti, 20 volontari e 15 tecnici di disciplina. “Quando 30 anni fa i Trinitari hanno iniziato a fare attività sportiva erano soli- ha sottolineato Filippo Orlando, Direttore di Special Olympics di Basilicata-Oggi lo facciamo insieme a tante persone e insieme a tante associazioni”. Hanno partecipato alla manifestazione le società San Giovanni de Matha dei Padri Trinitari, Filo di Arianna, Avis, Gym- planet, Ciclistica Venosa, Sport Team, Essedisport, Kinesi Lab, FIAT 500 Club Italia, Brigan’Tango, Protezione Civile Gruppo Lucano, Croce Rossa Italiana, Associazione Nazionale Arbitri, Parrocchia Immacolata. Insomm auna partecipazione corale sia a livello di cittadini che a livello di associazioni.. “Ci vuole poco per fare festa- ha sottolineato Padre Angelo Cipollone –Per i ragazzi questo è un momento di gioia, per noi adulti è integrazione” Ancora una volta, 7 quindi, Venosa si è dimostrata “Città dell’accoglienza e dell’integrazione”. “Questi percorsi si costruiscono gradualmente con azioni, comportamenti e monumenti- ha evidenziato Bruno Tamburriello, Sindaco di Venosa- La presenza degli ospiti dei Padri Trinitari ha fatto maturare nella nostra comunità una particolare sensibilità, rendendola più accogliente e disponibile alla integrazione”. G. O. • 04.05 | 2013 04.05 | 2013 Carmela Zaccagnino - Psicologa I DIRITTI DELLE el 1993 le Nazioni Unite riconoscono nella violenza contro le donne una violazione dei diritti umani. L’argomento è di stretta attualità. Sempre più spesso si sente parlare di violenza contro le donne, violenza domestica e femminicidio. Se ne parla non solo e non tanto in termini teorici, come di un fenomeno cui prestare attenzione e dedicare impegno, ma soprattutto in riferimento ai casi reali di donne uccise che di volta in volta salgono agli onori della cronaca. L’omicidio di Fabiana Luzzi, la sedicenne di Corigliano Calabro brutalmente uccisa dal fidanzato, è solo l’ultimo in ordine tempo. D’altra parte occorre dire che nonostante la maggiore attenzione con cui oggi si tratta la questione, il fenomeno della violenza contro le donne rimane ancora sostanzialmente poco conosciuto nei suoi contorni reali e perfino gravato da diversi pregiudizi. La rappresentazione che ne viene data dai media è quella di un fenomeno che trae la sua origine e, quindi, anche la sua motivazione ultima nella relazione interpersonale tra la vittima ed il suo aggressore; si tratterebbe, dunque, di un’evenienza che riguarda la sfera del privato, la dimensione dell’intimità. A quest’idea si rimanda ogni qualvolta i media identificano il movente di un femminicidio con la gelosia, con la volontà di uno dei partner di separarsi o ancora con il verificarsi di un litigio. A volte si fa riferimento ad un presunto raptus dell’omicida, lasciando con ciò intendere che l’episodio si sia verificato in un contesto di assoluta nor- D NNE praffazione di un sesso sull’altro, è ancora profondamente radicato e continua incidere sulla qualità delle relazioni tra uomini e donne, sia in ambito privato che pubblico. E’ ancora profondamente radicata nella mentalità maschile l’idea di una donna legata a ruoli tradizionali, con funzioni di cura e procreazione, e quella della donna come corpo disponibile. Con simili premesse culturali accade che la ricerca di autonomia da parte della donna vada a scontrarsi con le resistenze maschili, in particolare con l’incapacità dell’uomo di sopportare la perdita di controllo sulla donna e di accettare la rinuncia a quella che considera una sua proprietà. Se la donna è ancora considerata subalterna all’uomo, se non è soggetto (in grado di autodeterminarsi) ma oggetto, ecco che l’uomo si sente in diritto di maltrattarla, di violarla fino all’estremo dell’omicidio. lora sereno, né si può dire che l’aggressore, fino al momento in cui commette la violenza, sia una persona dai comportamenti sicuramente normali. Eppure, è frequente da parte dei media il ricorso al raptus di follia come movente del femminicidio, con il risultato che viene ad essere rinforzata l’idea dell’uccisione della donna come fatto inspiegabile ed imprevedibile, dovuto all’improvvisa perdita di senno dell’aggressore e slegato dal ciclo della violenza. Il facile ricorso al raptus come movente da un lato semplifica una realtà più complessa e sfaccettata, dall’altro dimostra la scarsa consapevolezza delle radici culturali del fenomeno. Insomma, la violenza contro le donne ed il femminicidio sono prima di tutto un fatto culturale. In quanto tale, necessitano di interventi ad ampio raggio capaci di incidere sulla N malità ed in modo, quindi, del tutto imprevedibile ed isolato. In realtà le cose stanno diversamente. La violenza contro le donne ed il femminicidio, sua forma estrema, non sono questioni solo private. Il movente non può coincidere tout court con il litigio di coppia o con la volontà 8 di separarsi: semmai queste sono le cause più prossime. L’origine del fenomeno va rintracciata, invece, nel dato culturale che vede ancora uomini e donne in una relazione asimmetrica di potere. Per quanto possa apparire anacronistico, il sistema patriarcale, basato su relazioni di disuguaglianza e so- Sì, perché il femminicidio è il punto culminante del ciclo della violenza. Nella stragrande maggioranza dei casi la morte è stata ampiamente annunciata da numerosi episodi pregressi di maltrattamento. Non si tratta, dunque, di fatti isolati, che si inseriscono nel contesto di un rapporto fino ad al- mentalità di uomini e donne per favorire un radicale cambiamento dei modelli culturali. Un passo importante in questo senso è stato fatto il 28 maggio u.s. con l’approvazione da parte della Camera dei deputati della Convenzione di Istambul su “Prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti 9 “ E’ ancora profondamente radicata nella mentalità maschile l’idea di una donna legata a ruoli tradizionali, con funzioni di cura e procreazione, e quella della donna come corpo disponibile. ” delle donne e la violenza domestica”. Approvata all’unanimità ed ora al Senato per l’approvazione definitiva, la Convenzione ha carattere vincolante per gli Stati che la ratificano. L’obiettivo che si pone è quello di “Proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica”; ci si riferisce sia alla violenza fisica che a quella psicologica, allo stupro, allo stalking, ai matrimoni forzati, alle mutilazioni dei genitali, al femminicidio. La Convenzione, inoltre, intende eliminare ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, promuovendo concretamente la parità tra i sessi. A questo scopo invita gli Stati aderenti ad inserire nelle loro Costituzioni nazionali o in qualsiasi altra disposizione legislativa appropriata il principio della parità dei sessi e a garantirne l’effettiva applicazione. Per una significativa coincidenza il giorno dell’approvazione della Convenzione di Istambul era anche quello in cui si celebrava il funerale di Fabiana Luzzi. Certo, indietro non si può tornare, non si può cancellare la morte di Fabiana né quella delle tante donne uccise per mano di mariti o ex mariti, fidanzati o ex fidanzati, conviventi e padri, ma almeno si può sperare che il loro sacrificio sia utile alle generazioni future e che da qui in avanti si possa guardare al futuro con rinnovato ottimismo. • 04.05 | 2013 04.05 | 2013 Don Aldo Antonelli Parroco di Antrosano - AQ POVERTÀ: TRA PIAGA SOCIALE E VIRTÙ MORALE occa iccardo della R R te n e e affascinante". d n si o re zi P ca o ro v st o ro n "p il u na MASCI: alle Comunità, la o d n ia v in , a it pubblicarla i d re l'ha defin e c ia p il ndazione A noi della Fo odico. sul nostro peri “ 868 milioni, o una persona su otto, soffre di fame cronica. (In Dialogo N. 100 - Giugno 2013) Il Problema overtà: virtù morale o piaga sociale? Una scelta personale di vita o una condanna? Ed ancora: una “Grazia” o una “Disgrazia”? Non c’è dubbio che la parola, in sé, sia quanto mai equivoca e si presti, quindi, ai doppi, tripli giochi a seconda di chi la pronuncia, di chi la ascolta e del contesto nel quale essa viene usata. Noi vogliamo liberarci da quella che don Tonino Bello chiamava la “Sindrome dei significati stravolti”, propria delle “parole multiuso” che, nella loro ambiguità spesso, troppo spesso, trasmettono la volontà del dominio e solo più raramente l’ansia della comunione. Ed in effetti, se noi prendiamo i primi e/o i secondi termini delle predette opposizioni, diventa solare l’incongruenza degli uni e/o degli altri a veicolare tutta la pregnanza, in positivo e in negativo, delle rispettive realtà. Soprattutto se focalizziamo la nostra attenzione sulla povertà reale dei più dei due terzi della popolazione mondiale, notiamo l’incapacità dei termini usati (“Piaga sociale” - “Condanna” - “Disgrazia”) a significare la caratteristica più inquietante, quella che più ci mette sotto accusa, è cioè il fatto di essere non un evento naturale ma un prodotto storico del nostro mondo “evoluto”, così come si è andato strutturando nel tempo. Non a caso le menti più sensibili e le penne più accorte, parlando dei “poveri”, sono solite ricorrere ad un neologismo e preferiscono parlare di “impoveriti”. ” P RICCO La situazione I dati di fatto ci dicono che dal 1960 al 2000 la quota del 20% più ricco della popolazione mondiale è cresciuta dal 70 al 90% del reddito globale, mentre la quota del 20% più povero si è ridotta dal 2,3% a circa l’1%. In parole povere, in questi ultimi anni i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri. Per di più o primi sono diminuiti e i secondi sono cresciuti. Oggi ci ritroviamo in un mondo con meno ricchi più arricchiti e molti più poveri ancor più impoveriti. Un fenomeno che non poteva sfuggire nemmeno alla coscienza attenta di Benedetto XVI che al numero 22 della sua enciclica Caritas in 10 POVERO veritate denuncia a chiare lettere: «Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità. Nei paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà. In aree più povere alcuni gruppi godono di una sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante». Cui fanno eco le “puntualizzazioni” del teologo cileno Pablo Richard: «Nell’attuale sistema di globalizzazione neoliberale, la situazione del povero è mutata sotto molti aspetti. In primo luogo, ci sono più povertà di prima. Il loro numero si è moltiplicato. In se- condo luogo, il povero è anche un escluso. In passato il povero era necessario, come forza lavoro o come consumatore. La morte del povero danneggiava il sistema. Oggi i poveri non contano né come manodopera, né come consumatori. Sono superflui». Oggi, più che ieri, esiste un’isola di ricchezza in un mondo di povertà. Povertà, per di più, che viene intesa come un dato di fatto “naturale”, in dato di fatto scontato e non strettamente legato e dipendente dalla ricchezza dei pochi. Come di fatto è. Con una novità aggiunta: fino al secolo scorso la povertà era una realtà dipendente della ingiusta distribuzione delle ricchezze. Oggi la povertà è legata non solo alla ingiusta distribuzione della ricchezza ma al modo stesso di produzione della ricchezza. Di conseguenza, compito dello stato non è più e soltanto la equa ridistribuzione delle ricchezze ma quello di intervenire nello stesso processo di formazione della ricchezza, a salvaguardia dei diritti delle persone e contro lo strapotere autoreferenziale del capitale finanziario. Dalla “Produzione del valore” alla “Estrazione del valore”. A partire dagli anni ottanta, con l’avvento delle politiche liberiste di Reagan negli Stati Uniti e della Thatcher, recentemente scom- 11 parsa, nel paese codino degli Usa, abbiamo assistito, spesso anche collaborando, ubriachi del nuovo dictat “più Mercato e meno Stato”, allo smantellamento dello stato sociale, allo sventramento della “Politica” e all’intronizzazione del Liberismo più spinto che ha dato la stura a quello che poi sarebbe stato chiamato “turbocapitalismo”, globale e letale. E’ uscito alle stampe appena due anni fa, nel 2011, un ottimo libro di Luciano Gallino, edito dalla Einaudi, dal titolo “Finanzcapitalismo”, ristampato quest’anno con il sottotitolo “La civiltà del denaro in crisi”. In esso Gallino compie un viaggio dentro «i deliri cinici, e a volte addirittura clinici, del mercatismo. Un viaggio che parte da un trionfo egemonico: un sistema economico basato sull’azzardo morale e sull’irresponsabilità del capitale, sul debito che genera debito e sul denaro che produce denaro. E che ci conduce a un capolinea drammatico: la completa svalorizzazione del lavoro, la devastazione delle risorse industriali e naturali, la desolazione di una massa di donne e di uomini che ormai non sono più “ceto medio”, ma “classe povera”» (Massimo Giannini su La Repubblica dell’8 Marzo 2011). In esso Gallino ricostruisce tutto il processo che ha cambiato i connotati di quel sistema che noi chiamavamo “capitalismo” e che tuttora, ingenuamente, continuiamo a chiamare con lo stesso termine. A questo punto dovete permettermi di fare una lunga citazione. Scrive Massimo Giannini: «Gallino lo ricostruisce (il ca- > 04.05 | 2013 pitalismo ndr) a partire dal concetto, teorizzato da Lewis Mumford, delle “mega-macchine sociali: quelle grandi organizzazioni gerarchiche che usano masse di esseri umani come “componenti o servo-unità”. Kombinat di potere politico, economico e culturale che hanno generato “mostri” nell’arco dei millenni: dalle piramidi egiziane costruite col sangue degli schiavi all’Impero Romano, dalla fabbrica di sterminio del Terzo Reich nazista all’universo concentrazionario del comunismo sovietico. Ora siamo alla fase più “evoluta”: il “finanzcapitalismo”, “mega-macchina” sviluppata allo scopo di massimizzare e accumulare, sotto forma di capitale e potere, «il valore estraibile sia dal maggior numero possibile di esseri umani, sia dagli eco-sistemi». E questa “estrazione di valore” è diventata il meccanismo totalizzante e totalitario che ormai abbraccia “ogni momento e ogni aspetto dell’esistenza”. Dalla nascita alla morte: come il vecchio Welfare, arrugginito e inservibile secondo la vulgata occidentale dominante, abbracciava un tempo l’individuo “dalla culla alla bara”. Il salto di qualità è nel passaggio cruciale dalla “produzione” alla “estrazione” del valore. Si “produce” valori quando si costruisce una casa o una scuola; si “estrae” valore quando si impone un aumento dei prezzi delle case manipolando i tassi di interesse. Si “produce” valore quando si crea un posto di lavoro stabile e ben retribuito; si “estrae” valore quando si assoldano co.co.pro. mal pagati o si aumentano i ritmi di lavoro a parità di salario». Si “produce valore”, aggiungiamo noi, quando si creano posti di lavoro nei servizi; si “estrae” valore quando si bypassa il lavoro automatizzando i servizi, abbattendo i costi di lavoro ed aumentandone il corrispettivo: per es. ai caselli autostradali. Continua Massimo Giannini: «Se la “mega-macchina” del vecchio capitalismo industriale fordista aveva come motore l’industria manifatturiera, la “mega-macchina” del “finanzcapitalismo” ha come motore l’industria finanziaria. La prima “girava” grazie al lavoro, che generava reddito, diritti, cittadinanza. La seconda “gira” grazie al denaro, che genera altro denaro, e poi ancora denaro, e sempre e solo denaro. “Finanza creativa”, abbiamo imparato a chiamarla in questa inebriante stagione di culto pagano per il dio mercato. Non ci siamo accorti che, nel frattempo, è diventata “finanza distruttiva”». Secondo l’economia finanziaria il “lavoro” non è più una “ricchezza”, ma un Vidi e un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. (Apocalisse 6,1-8) costo da abbattere, possibilmente da “bypassare”: fare allegramente soldi con i soldi è stato non tanto il nuovo trend della prassi di investimento ma il dictat perentorio per le transazioni che hanno sostituito gli investimenti. Una povertà rivoluzionaria contro la piaga della povertà disumana La povertà più o meno strisciante continua ad essere protagonista in queste settimane. Aumenta il numero delle famiglie povere e diminuisce il loro potere di acquisto; mentre lo Stato riduce i servizi, toglie fondi al sistema sanitario e decurta sovvenzioni alla scuola. La povertà rappresentava per il capitalismo finanziario di quest’ultimo secolo quello che i rifiuti rappresentano per il capitalismo moderno. Proprio come è impossibile accumulare continuamente capitale senza produrre povertà, così è impossibile farlo senza produrre rifiuti. A questo punto emerge con evidenza la necessità di una resistenza, ancor più di una lotta al sistema in vista di una inversione che blocchi questa discesa infernale in una 12 società sempre più diseguale, sempre più disparitaria e sempre più schiavizzata, nella quale i diritti diventano un lusso riservato ai pochi e la dignità una merce qualsiasi da sottoporre a contrattazione. Agli effetti di una inversione di tendenza occorre rendersi conto, anzitutto, che spesso coloro che cercano di lottare contro la povertà sono gli stessi che la provocano, nel senso che pur reagendo alle conseguenze disastrose del sistema economico, fanno proprie le premesse che lo rendono necessario e lo mantengono in auge. C’è troppa gente in giro che ha la coscienza colonizzata da una propaganda sfacciata che scambia la Libertà per libertinaggio e la applica al mondo economico che invece dovrebbe stare sotto il dominio della Legge. «Il paradosso della nostra epoca - ebbe a denunciare il cardinale Etchegeray in un prezioso libretto edito dalla Comunità di Bose nel 2000 - è che il mondo è sensibile al dramma dei poveri con una mentalità di ricco, mentre la chiesa vi si accosta con un cuore di povero. Donde il gigantesco equivoco esistente tra la povertà economica e quella evangelica. Come spiegare che si può conciliare una povertà da combattere con una povertà da abbracciare? Come far comprendere la ricerca spirituale di ciò che è senza prezzo in una economia sottoposta alla legge dei costi? Come far posto alla gratuità di un atto in una civiltà di mercanti? Nella società dei consumi, la beatitudine della povertà appare come un lusso o come un oggetto di derisione» (Roger card. Etchegaray: Che ne hai fatto di Cristo? Pag. 182). Personalmente non sono tanto sicuro che la chiesa non sia, anch’essa, soggiogata da questo grande imbroglio… Sarebbe bello, contro ogni opportunistica prudenza, se si riscoprisse da parte dei cristiani la loro vocazione profetica, quella di parlare, “sine glossa”, il linguaggio evangelico della schiettezza. Come esempio voglio qui riportare un passo bellissimo tratto dalle omelie di Basilio di Cesarea (“Che cosa è tuo?” – Bose 2000; pp. 20-22). «“A chi faccio torto se mi tengo ciò che è mio?”, dice l’avaro. Dimmi: che cosa è tuo? Da dove l’hai preso per farlo entrare nella tua vita? I ricchi sono simili a uno che ha preso posto a teatro e vuole poi impedire l’accesso a quelli che vogliono entrare ritenendo riservato a lui e solo suo quello che è offerto a tutti. Accaparrano i beni di tutti, se ne appropriano per il fatto di essere arrivati per primi. Se ciascuno si prendesse ciò che è necessario per il suo bisogno, e lasciasse il superfluo al bisognoso, nessuno sarebbe ricco e nessuno sarebbe bisognoso(…). Ma tu, che tutto avvolgi nell’insaziabile seno della cupidigia, sottraendolo a tanti, credi di non commettere ingiustizie contro nessuno? Chi è l’avaro? Chi non si accontenta del sufficiente. Chi è il ladro? Chi sottrae ciò che appartiene a ciascuno. E tu non sei avaro? Non sei ladro? Ti sei appropriato di quello che hai ricevuto perché fosse distribuito. Chi spoglia un uomo dei suoi vestiti è chiamato ladro, chi non veste l’ignudo pur potendolo fare, quale altro nome merita? Il pane che tieni per te è dell’affamato; dell’ignudo il mantello che conservi nell’armadio; dello scalzo i sandali che ammuffiscono in casa tua; del bisognoso il denaro che tieni nascosto sotto terra. Così commetti ingiustizia contro altrettante persone quante sono quelle che avresti potuto aiutare». 13 Se si coniugasse questo alto senso morale e lo sdegno di fronte agli accumuli e agli sprechi di oggi con le analisi critiche, tra i molti, di Karl Marx, Karl Polanyi, Serge Latouche e Riccardo Petrella, di certo l’alba per uno nuovo giorno non sarebbe distante. Dovrebbe apparire chiaro nella coscienza dei credenti che i poveri li si ama solidarizzando con loro e con le loro lotte di liberazione mentre i ricchi li si ama combattendoli e facendo opposizione al sistema che legalizza l’illegalizzabile. Non sarebbe più possibile “amare” indistintamente, allo stesso modo, ricchi e poveri. Un amore, diciamo pure, “personalizzato”, “contestualizzato”, vedrebbe la Chiesa in rapporti diversi con le varie categorie sociali e con le singole persone, così come i genitori hanno rapporti di amore diversi con figli diversi. «Quanto vorrei una Chiesa povera per i poveri»! Che questo sogno di Francesco, Vescovo di Roma, non sia un richiamo a questo nuovo percorso che ci si apre, in vista di una “Liberazione” non più procrastinabile? Ce lo auguriamo e, per quanto possibile, lo facciamo nostro. • 04.05 | 2013 e p. c. Docenti Tutor Melfi, 17 Giugno 2013 Circ. 1ª Melfi, 17 Giugno 2013 Adesione 191 nuovi amici, Carissimi la vostra adesione al Concorso per l’assegnazione della “Borsa di studio Marina Sinigaglia 2013” è stata registrata. la vostra adesione al Concorso per l’assegnazione della “Borsa di studio Marina Sinigaglia 2013” è stata registrata. Un sincero grazie per aver deciso di contribuire con idee ad approfondire, a evidenziare e Un sincero graziepresente, per aver deciso di contribuire con idee ad approfondire, e a… a… “adottare” il disagio ahimè spesso anche nella scuola, che necessitaadievidenziare una conoscenza “adottare” il disagio presente, ahimè spesso anche nella scuola, che necessita di una conoscenza e e partecipazione diffusa. partecipazione diffusa. Il mio auspicio è che voi possiate, al di là della competizione, utilizzare i prossimi mesi per Il auspicioriordinare è che voilepossiate, al di là della utilizzare idiprossimi mesi per riflettere, mio osservare, idee utilizzando ciò competizione, che la vostra comunità appartenenza vi riflettere, osservare, riordinare le idee utilizzando ciò che la vostra comunità di appartenenza vi propone, farlo con la serenità e la spensieratezza che il meritato stato di “vacanzieri” vi riserva. propone, farlo con la serenità e la spensieratezza che il meritato stato di “vacanzieri” vi riserva. Oggi parliamo di diritti umani, domani parleremo di parità di genere, di adozioni, di pace, Oggi parliamo di , domani parleremo di , di , di , di di cultura, fratellanza, di integrazione sociale, di solidarietà, di mondialità , di di di di di e... Insieme, potremo potremocontribuire contribuirea arendere rendere migliore ci circonda. Insieme, migliore ciòciò cheche ci circonda. Inserisco nel data base della Fondazione i vostri indirizzi, così il nostro Inserisco nel data base della Fondazione i vostri indirizzi, così da da ricevere ricevere gratuitamente gratuitamente il nostro periodico ricordando che che la la redazione redazione da da oggi oggi èè pronta pronta aa ricevere periodico bimensile bimensile “l’Altro” “l’Altro” ricordando ricevere ii vostri vostri scritti, scritti, opinioni, proposte. proposte. opinioni, Cordialmente e Cordialmenteviviauguro augurobuone buonevacanze vacanze e buona strada. Presidente Fondazione Presidente Fondazione Nicola Serini Caro Signor Serini, la ringrazio per la Sua lettera del 1 febbraio 2013 con la quale si chiedeva il patrocinio del Parlamento Europeo per il quarto concorso Borsa di studio “Marina Sinigaglia” e per il convegno finale in programma dal 09-10 novembre 2013. La promozione dei diritti umani è uno dei valori fondamentali dell’Unione Europea, e anche il Parlamento Europeo è fortemente impegnato. Ogni anno, il premio Sakharov per la Libertà dei Diritti viene assegnato dalla nostra istituzione, con lo scopo di premiare le persone e/o le organizzazioni di qualsiasi parte del mondo attivamente impegnate nel rispetto dei diritti umani. Apprezziamo, quindi, molto che la Fondazione Marina Sinigaglia affronti quest’anno il tema dei diritti umani e che incoraggi i giovani a contribuire, dando loro la possibilità di partecipare alle varie attività programmate nel quadro del convegno finale. E‘ quindi con grande piacere che concedo l’alto patrocinio del Parlamento Europeo per il vostro evento. Fondazione Marina Sinigaglia Via Libertà, 1 - Casella Postale 263 - 85025 MELFI (PZ) Tel. 0972 237089 - 336 695449 - Fax 0972 250740 Cod. fisc. 93022450776 [email protected] - www.fondazionemarinasinigaglia.it - www.fondazionemarinasinigaglia.eu La prego di gradire i miei più sinceri auguri per il successo dell’iniziativa. Cordiali saluti. Martin Schulz 15 04.05 | 2013 04.05 | 2013 Uniti per i Diritti Umani niti per i Diritti Umani (UHR) è un’organizzazione non a scopo di lucro, esentasse, con quartieri generali a Los Angeles, negli Stati Uniti, e gruppi in tutto il mondo. UHR assiste e riunisce individui, educatori, organizzazioni ed enti di governo ad attuare la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. L’UHR sostiene le opere di molte altre organizzazioni per i diritti umani e le incoraggia ad unire le forze verso l’attuazione della Dichiarazione Universale e del suo risultato, lo Statuto Internazionale dei Diritti Umani. Esso consiste della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, del Trattato Internazionale sui Diritti Civili e Politici e del Trattato internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali. Una delle funzioni primarie di UHR è educativa. Gioventù per i Diritti Umani Internazionale (YHRI) è la componente di UHR che istruisce i bambini e gli adolescenti sui diritti umani affinché diventino sostenitori per la tolleranza e la pace. Quindi, UHR dà sostegno a misure governative e legislative che portano avanti la completa attuazione della Dichiarazione e distribuisce materiale informativo ed educativo per aumentare la conoscenza del pubblico e determinare una completa comprensione dei diritti umani. definitiva, i diritti umani costituiscono la base di tutto ciò che le persone hanno a cuore per quanto riguarda il loro modo di vivere. Molto prima dell’esistenza dell’espressione “diritti umani”, uomini e donne hanno combattuto e sono morti per questi principi. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è il principale strumento mondiale in materia di diritti umani. Il suo paragrafo di apertura è una potente affermazione dei principi che sono il cuore del moderno sistema dei diritti umani: “il riconoscimento dell’innata dignità dell’uguaglianza e dell’inalienabile diritto di tutti i membri del genere umano è il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. Tuttavia un largo varco esiste tra la formulazione di queste mete e il loro compimento. Milioni di persone non sono libere. La giustizia è spesso iniqua. E la pace continua ad eludere molte aree del mondo. Colmare l’enorme abisso tra gli ideali dei diritti umani e la realtà di diffuse violazioni di questi diritti, è la sfida che anima i sostenitori dei diritti umani. I Dritti Umani sono definiti come: U “I diritti e le libertà fondamentali conferiti a tutti gli esseri umani, spesso includono il diritto alla vita e alla libertà, alla libertà di pensiero e parola, ed eguaglianza davanti alla legge”. I diritti umani si basano sul principio del rispetto nei confronti dell’individuo. La loro premessa fondamentale è che ogni persona è un essere morale e razionale che merita di essere trattato con dignità. Sono chiamati diritti umani perché sono universali. Mentre ci sono nazioni o gruppi specializzati che godono di specifici diritti esclusivi, i diritti umani sono validi per tutti. La portata completa dei diritti umani è molto più vasta. Significano potere di scelta e opportunità. Significano libertà di ottenere un lavoro, di intraprendere una carriera, di scegliersi il proprio partner e di crescere i propri figli. Includono il diritto a viaggiare in lungo e in largo, di lavorare con profitto senza essere maltrattati, senza subire abusi e senza la minaccia di un licenziamento arbitrario. Comprendono persino il diritto al tempo libero. In 16 E FI E II DI SV L E I M RICO D a C I T t S. F E D E I. I. VIA L - ME FI RIC E D E F 2 21,2 A ran e l l To a O l C R MI i e melfi n a s itti Um lia e l e ng e Dir inigag A s Lo iazion rina S R UH Assoc ne Ma con ondazio EF 17 za ,23 201 / 5 0 / n - Mo za 3 04.05 | 2013 Vincenza Ferrarese Presidente DPI (Disabled People’s International) Italia Onlus 04.05 | 2013 I DIRITTI UMANI AL LICEO FEDERICO II DI SVEVIA DI MELFI MELFI 21,22,23 MAGGIO 2013 viene intesa come un faro che rappresenta la guida a cui riferire le proprie azioni nel rispetto di ogni essere umano: in qualunque latitudine si trovi e qualunque siano le sue caratteristiche. L’incontro ha avuto inizio con un documentario sulla storia dei diritti umani: dall’antichità ai giorni nostri. E dopo una breve presentazione dei 30 articoli della Dichiarazione, sono partiti alcuni video che hanno focalizzato l’attenzione della platea su alcuni di questi articoli: dal diritto alla non discriminazione al diritto all’istruzione, dal diritto alla libertà di pensiero e alla diversità come ordinaria condizione umana, al diritto al lavoro, al gioco, al letto e cibo per tutti. A conclusione dei lavori una studentessa ha sviluppato interessanti considerazioni sulle discriminazioni che ancora oggi si consumano a danno di alcune persone di colore o con disabilità o con altre caratteristiche, senza giustificato motivo. M artedì 21 maggio 2013, in una gremita Aula muovere la conoscenza dei diritti umani e sensibilizzare Magna dell’Istituto di Istruzione Superiore Fed- le nuove generazioni affinché contribuiscano al supera- erico II di Svevia di Melfi, si è tenuto l’incontro mento di ogni loro violazione. sui Diritti Umani sanciti dalla Dichiarazione Universale Fiorella Cerchiara, Presidente dell’Associazione per i dei diritti dell’Uomo. Hanno partecipato gli studenti e i Diritti Umani e la Tolleranza onlus, che, insieme alla Di- docenti del Liceo Scientifico Federico II di Svevia e del rezione scolastica regionale della Basilicata - Ministero Liceo Artistico M. Festa Campanile di Melfi. della Pubblica Istruzione e al Rotary Club International Sono intervenuti: rano alla borsa di studio. L’Associazione per i Diritti Nicola Serini, Presidente della Fondazione Marina Sini- Umani e la Tolleranza onlus ha la finalità di diffondere i di Venosa, è uno degli autorevoli soggetti che collabo- gaglia, che ha presentato il quarto Concorso per l’asseg- principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani nazione della “Borsa di Studio Marina Sinigaglia 2013”: affinché questa sia la CARTA su cui fondare gli accordi “Adotta un Diritto”, la cui finalità è proprio quella di pro- tra le nazioni e i popoli della Terra. La Dichiarazione 18 “Questi sono i tuoi diritti umani. Ce ne sono 30. Ti appartengono. Non devi comprarli o farne domanda. O chiedere il permesso di averli. Sono proprio tuoi. Non importa chi tu sia, da dove vieni, quale sia la tua età, o qualsiasi altra cosa. È proprio semplice così. Forse qualcuno può tentare di ignorare i tuoi diritti, o violarli, o far finta che non esistano. Ma non possono alterare il fatto, che siano tuoi. Nessuno può toglierti i tuoi Diritti Umani” Nicola Serini, Fiorella Cerchiara - Presidente Ass. per i Diritti Umani e la Tolleranza Onlus Michele Corbo - Dirigente scolastico I.I.S. Federico II di Svevia di Melfi 25 04.05 | 2013 APRILE Antonino Foti Docente Accademia di Belle Arti - Foggia Antonino Foti con Lucia Pennesi, Assessore alle Politiche Sociali Città di Melfi siste un giorno, nella memoria collettiva italica, in cui dubbi e fraintendimenti lasciano il posto a consapevolezze consolidate dalla storia, una storia fatta di divisioni e contrapposizioni, da tifoserie da stadio… eh sì, perché qui da noi, più che in ogni angolo del Vecchio Continente, il termine faziosità assume una connotazione che ha del compulsivo, del morboso, probabilmente perché novanta e passa anni di storia sono troppo pochi per riuscire a voltare pagina, troppo pochi per accettare una sconfitta da parte di chi ha sempre creduto che un’alleanza geneticamente sbagliata fosse cosa buona e giusta, cercando di conseguenza di stravolgere la storia, rivisitarla, revisionarla perché è meglio non riconoscere l’evidenza e che, se è vero che la storia la fanno i vincitori, è altrettanto vero che per farla migliaia di uomini e donne hanno combattuto e sono morti per liberare il suolo natio dall’orda barbarica nazista, liberarlo anche per chi vendette la propria dignità di libero cittadino per un legame aberrante, come quello con i tedeschi. Uomini e donne, italiani, contadini e operai, gente comune che non ha accettato il giogo nazifascista, che ha vissuto allo stato brado combattendo ad armi impari, ma con spirito e amore immenso per la patria, come immenso è il ringraziamento che gli dobbiamo. Il 25 aprile è il perpetuarsi di un ringraziamento, è il rinnovarsi del Ricordo, quello con la erre maiuscola, del giorno della disfatta che in pochi, ma ottusi, subiscono come un’onta andando a piangere a Predappio, immersi in retoriche stantie e disgustose che offendono il comune pudore. Il ricordo, quello perso delle nostre origini, quello stranamente rifiutato da chi odia l’immigrato, dimenticando o, peggio, ignorando che l’economia fascista si basava sui soldi mandati dagli emigranti, gli E LA BUONA RETORICA stessi che oggi osteggiano, non dando l’opportunità di integrarsi come, bene o male, avemmo noi. È il paese, il nostro, dell’amnesia, un paese spesso arrogante nell’ostentata superiorità sociale, vecchio dentro, dove gli sbocchi per un salto di qualità vengono sempre meno, dove generazioni intere vivono anestetizzate dalle luci sfavillanti dei loro decadenti status simbols tecnologici, dell’apparire in ogni dove, dimenticando che essere non è un’immagine sexy postata sul social network di turno, ma contribuire alla crescita sociale, indignarsi e lottare per una società migliore. Abbiamo visto giovani fare arte, nella ricorrenza del 25 aprile, nei luoghi simbolo di Melfi, giovani che danno speranza, che 20 hanno studiato il perché dell’importanza di questo giorno e che hanno trasferito questa nuova consapevolezza sulle loro tele e sui loro fogli, ragazzi dell’Accademia di Belle Arti di Foggia e del Liceo Artistico di Melfi che, all’unisono, hanno onorato questo Natale laico, felici di dare un contributo con i mezzi a loro più congeniali al rinnovo di un ricordo. Pertini, il fiore del Partigiano, le donne partigiane, indispensabili alla causa comune, immortalati attraverso la loro arte, e non importa un fico secco se questa sia acerba e a volte ingenua, ciò che è realmente importante è la gioia di poter festeggiare questo giorno, in piena libertà, quella libertà conquistata col sangue dai nostri nonni, perche i partigiani, quelli ancora in vita, sono i nonni d’Italia, “ migliaia di uomini e donne hanno combattuto e sono morti per liberare il suolo natio dall’orda barbarica nazista il meglio che il suolo italico potesse sfornare e non ci stancheremo mai di sentire le loro cantilene sui tempi che furono, anzi, ci si deve considerare fortunati a vivere nello stesso secolo, nella stessa epoca. C’è della retorica in queste parole, lo ammetto, ma me la si perdoni. Quel giorno ho sfilato dal collo del mio amico Nicola Serini il fazzoletto rosso dell’ANPI e l’ho indossato, subendo gli sfottò amorevoli dei miei studenti che, nella loro goliardia, non mi hanno dato pace ed ho subito questo con l’allegria di un bambino che indossa il cappello da sceriffo, perché siamo stati, il 25, tutti bambini, siamo stati, il 25, tutti partigiani… io, Nicola, l’Assessore Lucia Pennesi, insieme a tutti gli italiani che, per un momento, per un istante, ci siamo scrollati di dosso il logorio della vita moderna, come diceva la pubblicità, unendoci e cantando l’inno nazionale davanti al monumento ai caduti con la mano sul cuore. Questi ragazzi, dai quali attingo giovinezza, verso i quali nutro un bene genuino, senza erigermi al di sopra di essi, ma affiancandoli con quel pò di esperienza che ho accumulato nella mia modesta vita, questi giovani uomini e giovani donne, felici di esserci, di mostrarsi al mondo per quello che sono, senza filtri, entusiasti del mestiere che fanno, quello dello studente, che sarà, se li si affiancherà nella giusta misura, l’uomo e la donna di domani, il padre e la madre di futuri figli, gli educatori e i costruttori del 21 ” futuro, un futuro che questa società, questa politica, tenta di sottrarre, ma che difendono con tutte le loro forze. Cinzia Lecce, Michele Paradiso, Natascia Vocale, Francesco Tomaiuolo, Fabio Schiavone, Antonella Argentile, Serena Calabrese, Barbara Segulin, Francesco Leone, Gabriele Mansolillo, Diletta Ciannarella, Nicola Renna, Elena Sderlenga, Giuseppe Celenza, Giusi Di Stefano, Lorenza Nigro, Maria Sapia Di Stasi, a tutti loro dico grazie, per aver rinnovato un ricordo, per aver dichiarato guerra, attraverso l’arte, alla tirannia e alla barbarie, dico grazie per aver preso una posizione e aver compreso che, se oggi siamo qui a ricordarci è perché c’è stato qualcuno che ce lo ha permesso. • Ph: Maria Luisa Dilillo 04.05 | 2013 “CERCO UN RI-TRATTO” Sterpeta Fiore - Barletta Q uante volte ognuno di noi ha desiderato avere la “Macchina del Tempo”, per catapultarsi nel passato o nel futuro, ma sempre in tempi lontani dal nostro presente? Tante e tante volte! La “Macchina del Tempo” però, dicono che non esista. Perciò, ahimè ci tocca restare in questo presente. Attenzione: dicono, però! Perché la “Macchina del Tempo” esiste. Non ha forma, colore e peso. O meglio, le ha. Ma ognuno ne dà la forma, il colore e il peso che vuole. Come? Bèh, come ogni macchina, anche questa ha bisogno di una chiave. Una “chiave speciale”. Difficile non da trovare, ma da custodire. Custodire, non è conservare in un cassetto come i sogni, che come eremiti meditano in questi eremi di legno, per poi aprirsi e uscire all’alba di un nuovo giorno e con una nuova luce realizzarsi. Custodire è nell’uso che si fà. Anzi, più la usi e più scoprirai i suoi benefici, ma il segreto è nascosto nelle mani. Allora, quando senti che è il momento, apri le mani, inserisci la chiave nella “Macchina del Tempo” e così, il viaggio avrà inizio. Quando il sole al tramonto, sembra salutarci e pian piano andar via. Con il suo colore rosso amaranto, così caldo ed intenso, rende caldo e piacevole anche quel distacco. Il sole nel suo andare, si adagia e scompare nel mare di un porto, che con le sue barche attraccate e nel seguire la lieve corrente del mare con il loro dondolarsi, sembrino salutare Apollo. Suggestiva cartolina del “Dio Sole” in una domenica pomeriggio di giugno nel porto di Trani. Città antica della Puglia. Credi, che quella suggestione si fermi lì. Invece… Proprio di fronte a quello spettacolo della natura c’è una libreria: “La Maria del Porto”. Rassicurante nel nome, originale e fantasiosa nel suo interno. Entro, e mi ritrovo a vivere un viaggio tra i ricordi del mio Foto 1 passato, ma non solo mio… Quando la mamma stendeva le lenzuola e a me divertiva passare tra esse, perchè quella fresca ed umida carezza sulla pelle e il profumo del sapone che inebriava il mio piccolo naso, mi riscaldava così tanto da farmi sentire leggera. Poi, lei mi riprendeva, per evitare che le mie mani potessero sporcarle. Allora, dal lato di un lenzuolo, facevo capolino con la mia testa e le sorridevo. Lei seria, ma ha un sorriso, che non sa indossare maschere. Perciò…uno, due, tre e sorrideva anche lei. Allora, ritornavo dietro alle lenzuola e con le mani giocavo alle ombre cinesi, mentre mia madre doveva indovinare che animale stessi facendo. Quel divertente momento era il respiro di un giorno. Lo sentivo e lo vivevo. Bello e tenero ri-sentire e ri-vivere quel ricordo, grazie alla mostra fotografica “Cerco un ri-tratto”. (Vedi foto N. 1) Non solo per il suo allestimento di fotografie appese con delle mollette colorate a dei cordoncini, ma per il suo significato, che come sapone di marsiglia, nel purificare e nutrire ogni colore e forma, ne esalta la sua vera luce. Artisti di questa significativa mostra sono 15 bambini. Dai 6 agli 8 anni, impegnati alla 22 scoperta del ritratto fotografico. Un viaggio ludico nel gioco dell’arte non come prodotto finito, ma come processo di apprendimento fluido e costante, che ha prodotto una serie di scatti fotografici. La creatività nasce quando si è in completo ascolto con la propria anima. E’ il momento più vicino a Dio. Non solo, perché emoziona, ma perché comunica. Ha in sé quella polvere di spiritualità, che con semplicità penetra, nutre ed eleva. Un bambino, è tutto questo. La creatività è mappa del tesoro per un bambino. La curiosità si fa bussola nelle sue mani. La voglia di conoscere è la lancetta che lo spinge ad andare oltre ogni cosa. Non ha punti cardinali precisi un bambino. Tutto diventa punto di mille scoperte. E nella prima fase della mostra tutto ciò è tangibile. Il bambino, come post-it ed appunti del suo viaggio, che ha come macchina la curiosità, restituisce anima a tutto ciò che lo circonda. Dai colori alla macchinina della Lego, dal pinguino di peluche ad un cane vero con un cappellino rosa in testa. La bellezza di un bambino è che nella sua curiosità, ci mette anche tanta e tanta fantasia. E come chiave nel suo girare, fa partire la macchina e il viaggio si fa ancora più lungo e sorprendente. Così, accostando oggetti di varia natura, all’anima restituisce anche respiro. Infatti, due palline del calcio balilla, poste dietro le lenti di un paio di occhiali rossi, danno vita ad un volto invisibile. La curiosità di un bambino si spinge ad un tubo, apparentemente insignificante, ma con la sua fantasia diviene uno dei bene preziosi della Terra. Il sole. Come? Un volto posato simpaticamente in una delle estremità del tubo, mentre dall’altro lato viene catturato dall’occhio fotografico del bambino. E poi, non solo l’anima e il respiro, qui il bambino si spinge ancora oltre e come “Giudice di Corte”, re- Foto 2 Foto 3 Foto 4 Foto 5 Foto 6 Foto 7 stituisce dignità ad un cocomero, che seppur artisticamente decorato, perde della sua natura per ritrovarsi nelle sembianze di un coniglio. Il bambino en plein air è come se indossasse un binocolo della meraviglia, che con i suoi super poteri cattura la bellezza ovunque essa sia. Così, due calci dati al pallone in un campo di calcio, un cavaliere medievale, un quadro che ha in sé la bandiera dell’Italia, un paesaggio montuoso e il ridere spensierato e gioioso dei bambini, tutto ciò è bellezza. La tecnica fotografica appresa dal bambino, a seconda del luogo cambia nei colori, nelle luci e nelle ombre. Ma a livello di comunicazione non cambia. In questo viaggio fatto di colori e forme catturate dalla sua curiosità e plasmate dalla sua fantasia, fa sì che lo spettatore magicamente si ritrovi con il sentire del bambino, a vivere la sua emozione e il fluire di ogni cosa. Henri Cartier-Bresson diceva: “La mac- china fotografica è per me un blocco di schizzi, lo strumento dell’intuito e della spontaneità. Fotografare è trattenere il respiro quando le nostre facoltà convergono per captare la realtà fugace; a questo punto l’immagine catturata diviene una grande gioia fisica e intellettuale. Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa > 23 04.05 | 2013 linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere”. E nel bambino, non è un modo di vivere, ma è vivere. Quando la mente, gli occhi e il cuore sono sulla stessa linea, vuol dire che si è scevri da muri, che bloccano il fluire di ogni cosa. Siamo aperti a relazionarci agli altri. Siamo pronti ad accogliere il mondo. E il bambino lo è sempre. Infatti, nella seconda fase della mostra, l’occhio fotografico di un bambino, ritrae un altro bambino. Qui, però c’è qualcosa di più sottile ed intimo. Ogni bambino ha con sé un gioco ed un oggetto preferito. E’ come una chiacchierata fatta di segreti al proprio amico, ognuno ne condivide e ne svela il suo. La mano di una bimba mantiene il cesto e con l’altra porge il frutto verso chi osserva. Un bambino indossa delle ali, perché il suo nome significa messaggero. Una bambina nella sua piccola mano, delicatamente sorregge il faro di un porto. Segreti bisbigliati con gesti ed oggetti, senza l’uso della parola. Quanti segreti ha un bambino… Sicuramente tanti. Tanti, quante le stelle lassù in cielo. A volte, per un adulto sembra difficile o scontato entrare nel mondo di un bambino. Forse, perché l’adulto nel crescere, perde di spontaneità, perciò tutto deve essere assolutamente perfetto. A volte, però, la troppa perfezione finisce per ingabbiare e bloccare la libertà espressiva. Bruno Munari diceva: “Conservare l’infanzia dentro di sé per tutta la vita, vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare”. Un bambino riesce a farlo non perché è nell’età dell’infanzia, ma perché ha come compagna di vita la semplicità. Guida dei propri passi. Si, perché essa permette di entrare nell’anima di ogni cosa. Fino a trovare la sua vera essenza. Assaporarla e viverla. “Cercatrice di tesori” è Maria Luisa Dilillo. L’artista e docente, in questa terza fase della mostra, nella piena libertà di scelta di ogni bambino, ritrova e lascia venir fuori la loro “vera essenza”. L’anima del bambino è terreno da esplorare, ma al tempo stesso egli è sciamano, poiché la curiosità, la fantasia e la semplicità che ha in sè, come pietre preziose nelle sue mani, guidano la Cercatrice nella sua ricerca. Infatti, per terra una serie di fogli colorati, disegnati e scritti guidano lo spettatore nella visione della mostra. Il “tesoro” qui, oro non è. Non sono monete, gioielli o diademi. Ma qualcosa di molto di più… La muta e la maschera da sub (vedi foto n. 2), un piccolo veliero in legno (vedi foto n.3), una riga verde che si trasforma in aereo pronto per il volo (vedi foto n. 4), un microscopio bianco da laboratorio (vedi foto n. 5), una borsa etnica con conchiglie e ricami floreali (vedi foto n. 6), una macchina fotografica digitale, una bussola con vicino un elefantino rosso, il faro di un porto (vedi foto n. 7) ed infine un dolce sorriso. Il divertimento che esprimono gli sguardi, i sorrisi e le pose esalta il colore e carica d’intensità l’essenza di ogni bambino. Il bambino da sciamano, ora si è trasformato in uno “scrigno”. Aperto, il suo tesoro dal valore inestimabile, mostra in chi l’osserva tutta la sua brillantezza. Lo scatto fotografico perciò, è solo memorandum per l’adulto, dell’“essere” del proprio bambino. L’“es- 04.05 | 2013 senza” è “luce nel crescere” di ogni bambino. E’ il tesoro nascosto e finalmente ritrovato dopo una lunga ricerca. E’ la “natura di ogni creatura”, che nutrita, coltivata e rafforzata “evolverà” il bambino di oggi verso l’uomo del domani. I bambini di oggi sono gli uomini di domani. Il fare dell’uomo d’oggi è il fare dell’uomo di domani. Quello che noi uomini seminiamo oggi, sboccerà per gli uomini di domani. Ma di quale profumo potranno mai inebriarsi gli uomini di domani, se oggi nella nostra cura di uomini non diamo acqua, sole ed aria che possa farli crescere? Su questi valori, che si è spinta Cinzia De Toma. Investire con semplicità per il futuro del bambino, attraverso l’arte e soprattutto grazie all’ascolto della fotografa Maria Luisa Dilillo. La “Macchina del Tempo” esiste. E in questo caso, è bastato poco per ri-vivere un ricordo… Il profumo, i colori e la luce trasmessa da quelle foto, mi facevano sentire leggera. E come per magia l’aria che respiravo, faceva scomparire le pareti di pietra antica della libreria. Mentre sulla pelle una piacevole sensazione di freschezza mi accarezzava e mi scaldava l’anima. Anche ad occhi aperti, mi ritrovavo all’aria aperta a divertirmi con i panni stesi dalla mamma. I bambini hanno gli occhi di Dio, perché sanno vedere la bellezza. • ph. Maria Luisa Dilillo [email protected] http://www.ruearte.it/ http://marialuisadillillo.wix.com/artist “DIRITTI UMANI” libero e allo svago. Credo, che chi abbia menzionato tali diritti, meriti la stima di ogni uomo per l’elevata sensibilità nel nutrire il “bambino che c’è in noi”. Perchè, attraverso l’espressione e lo svago, si forma e si determina la crescita di ogni uomo e dell’umanità. Ogni uomo, così vivendo contribuisce alla crescita di un altro uomo. Uno scambio continuo, che permette di far girare il mondo. Spesso pensiamo che tutto ci è dovuto, senza tener conto che ciò che desideriamo è già nelle nostre mani. Perciò, concedersi o concedere svago e libertà d’espressione è il più grande dono che ci si possa fare. Ripartiamo da noi. L’umanità, oggi in modo particolare, ha bisogno di gesti d’amore. Iniziamo dai più piccoli! S. F. a creatività, il gioco e la fantasia sono nutrimento per ogni bambino. Gli permettono di crescere e di evolversi, ma soprattutto di esprimersi. Concedere ciò ad un bambino, credo che sia la più alta forma di libertà. Perché è nella libertà, che si compie il vero amore. Il bambino con il suo parlare, con i suoi disegni, i suoi sorrisi e i suoi baci ci riporta ad una dimensione più umana. Dimensione fatta di sentimenti e che solo attraverso di essi sentiamo e viviamo la vita. Il bambino è lo specchio della nostra vera natura. Specchiandoci in esso, comprendiamo chi siamo. Nella Carta dei Diritti Umani l’art. n. 19 parla di libertà di espressione per ogni individuo, mentre l’art. n. 24 parla del diritto al tempo L 24 Antonia Latorraca - Venosa M i ritrovai sulla riva di una spiaggia deserta in una piccola baia delimitata da alti scogli. Aprii più volte gli occhi non riuscendo a capire come facessi a trovarmi lì….ah, sì… tutta colpa delle ciabatte! Ricordai… ero sulla riva del mare quando un’onda gigantesca mi aveva spinta contro la roccia… le ciabatte, fatte con materiale sintetico, ad effetto salvagente, mi avevano impedito di appoggiare i piedi a terra facendomi finire con la testa sotto… Fortunatamente non ero morta, anche se mi doleva il capo. Mi sollevai, non avevo più le scarpe e mi vidi circondata da un esercito di gabbiani. Girai lo sguardo e vidi altri gabbiani-sentinella sugli scogli! Erano gli unici esseri viventi presenti e il fragore delle onde lambiva appena la spiaggia tra gusci di conchiglie; il cielo era terso, di un azzurro splendido, come le acque del mare infinito. Improvvisamente un gabbiano, con mia enorme meraviglia, così parlò: ”Questa è la nostra Isola e tu sei stata salvata da tutti noi; Il mio nome è Gabriele, se vorrai, potrai rimanere qui per sempre!” Non mi ero ancora ripresa dallo stupore che il gabbiano continuò: “Vieni dal Grande Gabbiano, il nostro Re!” Seguii Gabriele sulla scogliera e, nel punto più alto, in una grotta naturale, guardata da quattro sentinelle, vidi il Re: era un Fu così che divenni una Gabbiana enorme gabbiano bianco, il più vecchio di tutti ed era lui che prendeva le grandi decisioni che riguardavano l’Isola. Gabriele gli spiegò la mia condizione e lui dispose per me La Grotta dei Fiori, per tutto il tempo della mia permanenza tra loro. Io non sapevo cosa dire, cosa fare; ero sorpresa, meravigliata, mi sembrava di vivere in un sogno... Gabriele mi accompagnò nella mia grotta; un nido enorme, ricoperto di fiori e piume campeggiava nel centro. Mi portò poi del cibo: frutta meravigliosa, mai vista, dal sapore dolcissimo. Scoprii di essere affamata… chissà quanto tempo era passato dall’ultima volta che avevo mangiato… divorai tutto e crollai in un sonno profondo. Mi svegliai che era quasi l’alba. Gabriele era rimasto tutto il tempo con me a rinfrescarmi il volto muovendo appena le lunghe ali. Mi portò ancora frutta che divorai puntualmente. Poi mi prese per mano e mi condusse sulla soglia della grotta: uno scenario unico, meraviglioso, si aprì ai miei occhi… emergeva dalle acque, vestito di Luce, nella sua sfolgorante e sublime veste, il Sole, dio dei gabbiani… spruzzando sulle onde riflessi d’argento, volteggiava nell’aria e spalmava colori fantastici nel cielo! I gabbiani lo salutarono con l’urlo tipico della loro specie. Rimasi sull’Isola completamente dimentica del mio “essere umana ”e della mia vita di prima non so più per quanto tempo. Stando con i gabbiani avevo imparato ad amare il Sole, fonte di vita e le acque, la natura tutta! E poi… Gabriele si rivelò un compagno unico, attento, dolcissimo… mi portava sulle ali robuste al di sopra delle nuvole, svelandomi i segreti del Tempo e della Felicità. Mi confidò che anche lui, un tempo, era stato un uomo… naufragato sull’Isola e, come me, salvato dagli uccelli… poi aveva preferito rimanere facendosi trasformare in un gabbiano… ora capivo perché conosceva la mia lingua! Mi innamorai perdutamente di lui e presi una decisione… la più importante della mia vita! All’alba, quando le stelle prendono commiato dal mondo e il Sole ritorna sulla favolosa Isola dei Gabbiani, ci recammo da Lui e chiedemmo il miracolo… Fu così che divenni Nantea, una gabbiana dolcissima, bianchissima, innamoratissima di Gabriele… Fu così che il nostro Re, il Grande Gabbiano, ci sposò tra gli applausi dei nostri amici… Fu così che trovai la mia felicità!!! 04.05 | 2013 Pierluigi Vitucci Archeoclub d’Italia - Sede di Melfi 04.05 | 2013 Il novecento per il meridione è stato il passaggio dal medioevo alla modernità saltando completamente la rivoluzione industriale. rito a questo progetto ed hanno aperto i loro “archivi familiari”, scegliendo le immagini più particolari e recuperando una ingente quantità di materiale del tutto inedito, si è pensato di allestire questo impor- poguerra con delle immagini di vita quotidiana molto affascinanti, ed infine perché attraverso la spontaneità di queste rappresentazioni si riescono a cogliere in maniera importante tutte le ricchezze della storia e state recuperate immagini dei carnevali e scenari di caccia), degli scorci del paese (dove sono presenti monumenti oramai scomparsi), dei matrimoni, della cultura contadina, della guerra e delle scene di vita del passato di una intera comunità cittadina. Un passato quasi del tutto scomparso, caratterizzato da elementi di forte peculiarità che emergono in tutte le categorie in cui sarà divisa la mostra. La divisione della mostra riguarderà diverse aree tematiche, quali quella della pietà popolare (in cui tra l’altro si potranno osservare alcune immagini di processioni oramai scomparse, come quella del Crocifisso della chiesa dei Cappuccini), del tempo libero (in cui sono familiare. Una sezione sulla evoluzione del territorio sarà composta da fotografie aeree recuperate presso l’ICCD (Istituto Centrale di Documentazione del Ministero dei Beni Culturali) di Roma, che rappresentano a distanza di circa dieci anni l’una dall’altra quelle che sono state le evoluzioni di tutto il territorio del centro abitato di Melfi. Questa ultima sezione è altresì importante per studiare, attraverso le immagini aeree, eventuali tracce di insediamenti archeologici che sul territorio permangono. Inoltre sono stati recuperati sia da privati che da Enti pubblici dei video di epoca che testimoniano quali erano le condizioni in cui si trovava il paese negli anni ’30, ’40, ‘50 e ’60 del 1900. La mostra sarà allestita all’interno del Museo Civico di Palazzo Donadoni, e sarà inaugurata il 3 agosto. Un viaggio nei ricordi ontinua da parte dell’Archeoclub di Melfi un recupero della memoria collettiva della città di Melfi: lo scorso anno è stata pubblicata la ristampa anastatica del libro “La Sarcinedda mia”, nel 2013 l’azione dell’associazione si rivolge in un altro campo, quello della fotografia e dei video. Un territorio si studia ormai non solo con i documenti scritti ma anche con le foto ed i filmati. Il novecento per il meridione è stato il passaggio dal medioevo alla modernità saltando comple- C tamente la rivoluzione industriale. Questo vale anche e soprattutto per Melfi che negli ultimi 60 anni ha visto cambiare completamente la sua fisionomia sia del paesaggio che della vita stessa. Il prossimo mese di agosto rappresenta un momento importante per tutti coloro i quali vorranno ripercorrere, come in una macchina del tempo, un viaggio attraverso le immagini nel passato di una Melfi oramai quasi scomparsa. È prevista infatti una importante iniziativa, curata dalla sede di Melfi dell’Archeoclub 26 d’Italia e patrocinata dall’Amministrazione Comunale di Melfi, che riguarda una grande mostra fotografica sulla storia di Melfi nell’arco di tempo compreso tra l’inizio e gli anni sessanta del secolo appena trascorso. Le foto ed i video ripercorrono la vita quotidiana sia della gente umile che di una borghesia nascente nel novecento. La mostra vuole essere un complesso di ricordi della vita di un paese della Basilicata dall’inizio del ‘900: il paese è Melfi ma potrebbe essere uno dei tanti paesi della Lucania di quel periodo. Il progetto è nato grazie alla volontà dei soci della associazione, che guardando nei loro archivi hanno individuato molte immagini particolari sulla vita delle loro famiglie, ed hanno pensato di metterle a disposizione della comunità. In seguito, grazie alla collaborazione di tantissime altre famiglie melfitane che hanno con entusiasmo ade- tante evento, importante perché potrà descrivere attraverso queste rappresentazioni quella che è stata la storia di un luogo, delle sue tradizioni, delle sue attività più rilevanti e dei suoi riti. È stata fatta la scelta di inserire in questa mostra immagini inedite e provenienti da “archivi familiari” e non immagini già pubblicate innanzitutto per coinvolgere i cittadini nella ricerca, in secondo luogo per individuare delle cose assolutamente inedite come ad esempio filmati del secondo do- 27 • e e è il custodir ir d to s u c l e d “La vocazione tutti, di ogni i d a r u c r e v i la gente, l’a cialmente de e p s , e r o m a persona, con loro che sono o c i d i, h c c e v bambini, dei o s o n o n e ll a s s e p s e h c p iù f r a g il i e o cuore. tr s o n l e d ia perifer ’a lt r o n e ll a ll e d o n u l’ a r E ’ l’ a v e r c u u s to d is c o n o c i s i g iu n o c f a m ig li a : i e genitori si m o c i o p , te n o reciprocame , e col temp li g fi i e d a r prendono cu c u s to d i d e i o n ta n e iv d a n c h e i f ig li g e n it o r i” . 2013) ncesco, 19 marzo eficato di Papa Fra nt Po l de zio ini di a della Prima Mess (Tratto dall’omelia Editore Fondazione Marina Sinigaglia Presidente Nicola Serini Amministratore e Legale Rappresentante Mario Catapano Direttore responsabile Giuseppe Orlando Redazione Vincenza Ferrarese, Incoronata Rossi, Vincenzo Pantaleo, Maria Antonietta Paesano, Giuseppe Brescia, Antonia Latorraca, Antonino Foti, Archeoclub Melfi. Da Bologna Giuseppe Lavalle Da Barletta Sterpeta Fiore Hanno collaborato a questo numero Fiorella Cerchiara, Carmela Zaccagnino, Don Aldo Antonelli, Pierluigi Vitucci. SOSTIENICI Foto IMEREA di M. Antonietta Todisco e Vincenzo Fundone Come tutte le Associazioni e Fondazioni senza scopo di lucro, il sostentamento per le attività che si dichiarano di fare, abbisognano del sostegno economico spontaneo di amici ed amiche sensibili. Se pensi altresì di aderire formalmente alla Fondazione puoi farlo chiedendo di essere iscritto come “membro Sostenitore” o “membro Benemerito”, specificandolo nella “causale di versamento”. Le modalità per farlo sono semplici: Puoi donare il tuo contributo versando con: Le quote minime definite, a norma di Statuto, per l’anno 2013 sono: * Membro Sostenitore € 50,00 * Membro Benemerito € 100,00 Stampa Tipolitografia Alfagrafica Volonnino Via Pasteur - zona PIP - 85024 LAVELLO (PZ) Tel. e fax 0972 88900 - 0972 86252 www.alfagrafica.it - [email protected] In questo caso sarai registrato nel libro dei Membri ed informato delle varie iniziative in forma diretta e, se lo richiedi, sarai invitato a partecipare alle assemblee del Consiglio Generale. Ti raggiunga comunque il nostro più sentito e sincero “grazie” per aver visionato il nostro Sito e per il “passaparola” che deciderai di fare. Fondazione Marina Sinigaglia C.F. 93022450776 Via Libertà, 1 - 85025 Melfi (PZ) Tel. 0972 237089 - Fax 0972 250740 [email protected] www.fondazionemarinasinigaglia.it Bonifico intestato a Fondazione Marina Sinigaglia - Banca Popolare di Bari agenzia di Melfi Cod. 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