uesto libretto
Elena Salibra
segna l'esordio
l'è",i'. es
autorevole di una
poetessa che sa
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glstn e CI trasmette
sia i soprassalti di
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un IO In attesa e In
guardia (attento al
"rincorrersi degli
anni, al pulsare del
qui e ora , all'impennarsi degli auspici"), sia le vibrazioni
del tempo collettivo, segnato dal deteriorarsi o dalla precarietà dei rapporti umani.
Elena Salibra possiede in più l'originale capacità di appuntarsi, con notazioni concrete, su luoghi, oggetti, eventi naturali, suoni,
colori ... e insieme di suscitare nel lettore
una fondamentale perplessità, cioè l'impressione che il senso e il valore di quanto si
sperimenta stiano altrove rispetto all'enunciato e che le sue e le nostre parole siano
una sorta di diversivo: un diversivo, però,
necessario e ineludibile (è ciò che ci resta).
Lieve e trepida , la sua poesia sembra non
voler giungere a un dunque, a dei sigilli
definitivi; e le chiuse, infatti, portano con sé
soprattutto indugi, affidandosi a puntini di
sospensione, sottintendendo un poi o un
chissà, oppure ripiegandosi in moduli attenuativi e sprezzature: "La scena I s'assopisce alla luce tarda"; "attendere che la notte
mescoli sogni e aria"; "una short -story / ancora sempre in fieri feriale (o infernale) "
ecc. Il voi umetto è diviso in due parti: nella
prima spiccano alcuni paesaggi solari, mediterranei (frequente la Sicilia nativa) e vivi
contesti familiari, sui quali, però, si posa
spesso uno sguardo perplesso o "dilazionante" . La nota dominante sta in una osservazione assorta delle cose, all'interno della
quale il soggetto che contempla cerca uno
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spazIo suo, una pausa o una VICinanza rassIcuranti, o anche silenzio e oblio. Ma soven-
Q
..
te questi moti dell'animo patiscono un'incrinatura, perché i sogni possono pendere
dalla "parte sbagliata". Vari vocaboli colti
("silente", "rimembranze", "improvvide",
"chiarìa" ecc.) impreziosiscono un dettato
che, d'altro canto, si riequilibra attraverso
dissonanze e spezzature di frase, graficamente evidenziate. Nella seconda parte si
vira verso altri temi e ci si confronta con le
abitudini sociali e la cronaca dell' oggi, tra i
riti dello shopping e misfatti, realtà virtuali
e poteri occulti, escursioni nel web e manovre politiche di un 'Italia malata. Qui un
ruolo di peso tocca al personaggio-computer e alla sua casata ("e-mail", "tastiera",
"mouse", "pentium", "posta eliminata",
"word processar" ecc.): i messaggi che ne
sono veicolati si fanno folla invadente e disorientante, strana costellazione di possibilia; contemporaneamente, all'esterno di tale scenario, si accalcano e premono i realia
quotidiani, privati e pubblici; e i due mondi finiscono con l'intersecarsi o il sovrapporsi. In parallelo il linguaggio abbandona
ogni termine squisito o letterario per muoversi decisamente in territorio prosaico. Tenendosi lontana dalle altisonanti rampogne
e dalle meditazioni angosciate, la scrittura
preferisce allora mimare - con ironia e discorsiva arguzia - quel misto di fastidio e
indolenza con cui il nostro Paese sta vivendo il proprio degrado. Sono due percorsi,
quelli imboccati coraggiosamente dalla
poesia di Elena Salibra, che testimoniano
con il tono giusto (fino al sapientemente
svagato) le divaricazioni e le parcellizzazioni della precaria realtà presente.
Tiziano Rossi
Elena Salibra, Vers.es, Diabasis, Reggio Emilia
2004, pp. 72 , € 11,50.
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