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L’accordo di composizione
della crisi e il piano del
consumatore nella
disciplina del
sovraindebitamento
A cura di
Nicola Vezzani
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Indice
L’accordo di composizione della crisi e il piano del
consumatore nella disciplina del sovraindebitamento
Introduzione …………………………………………………………. 1
Capitolo primo
Aspetti generali della disciplina
1.1 La nascita della disciplina e il suo iter formativo ……………….. 7
1.2 Sovraindebitamento e Consumatore: finalità, iniziativa
e definizioni ……………………………………………………. 14
1.3 Ambito di applicazione e presupposti di ammissibilità .............. 23
1.4 L’organismo di composizione della crisi ..................................... 27
Capitolo secondo
L’accordo di composizione della crisi
2.1 Il contenuto dell’accordo ............................................................. 35
2.2 Il deposito della proposta e la documentazione allegata............... 43
2.3 Il procedimento ............................................................................ 48
2.4 Raggiungimento e omologazione dell’accordo ........................... 53
2.5 Esecuzione dell’accordo .............................................................. 63
2.6 Patologia dell’accordo: impugnazione e risoluzione ................... 67
Capitolo terzo
Il piano del consumatore
3.1 Accordo e piano del consumatore: le due procedure
a confronto ................................................................................... 77
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3.2 Procedimento e omologazione del piano del consumatore .......... 81
3.3 La revoca e la cessazione degli effetti dell’omologazione
del piano del consumatore ........................................................... 92
3.4 Omologa e revoca del piano del consumatore: analisi
di un caso reale e successive osservazioni ................................... 94
Appendice normativa
Legge 27 gennaio 2012 n. 3
Capo I – Modifiche alla legislazione vigente in materia di
usura e di estorsione ......................................................................... 101
Capo II – Procedimenti di composizione della crisi da
sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio ...................... 108
Capo III – Entrata in vigore ............................................................. 139
Bibliografia
Riferimenti dottrinali ....................................................................... 140
Riferimenti giurisprudenziali ........................................................... 144
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Introduzione
La necessità di una disposizione che regolasse l’insolvenza del
soggetto non fallibile.
La crisi economica, che produce i suoi effetti, in particolare, sulla
vulnerabilità finanziaria delle famiglie e delle imprese, ha evidenziato
con maggiore intensità i fenomeni del sovraindebitamento delle
famiglie e, in generale, dell’insolvenza civile. La disciplina oggetto del
presente elaborato è diretta al tentativo di porre rimedio all’eccessiva
esposizione debitoria del consumatore, all’erosione delle disponibilità
economiche dei nuclei familiari e, quindi, all’incapacità di molti di tali
soggetti, di adempiere i propri obblighi finanziari.
L’attuale situazione economica ha fornito al legislatore forti
impulsi per colmare il deficit normativo vigente nel nostro paese
riguardo il problema del sovraindebitamento di tutti quei soggetti
esclusi dall’ambito di applicazione della legge fallimentare. Così nel
2012 anche l’Italia si è finalmente dotata di una disciplina legislativa
volta a favorire il superamento mediante composizione delle crisi e
delle insolvenze dei soggetti non fallibili, riproducendo istituti simili a
quelli introdotti con la riforma della normativa fallimentare. Il nostro
paese, dopo che anche la Grecia nel 2010 aveva colmato questo tipo di
lacuna nel proprio ordinamento giuridico, era rimasto l’unico a non
avere una legislazione a tal fine destinata. Per comprendere meglio il
ritardo nel munirsi di una disciplina che consentisse ai soggetti non
fallibili l’accesso a una procedura concorsuale, basti sapere che allo
stato attuale solamente pochi paesi al mondo non ne sono dotati:
Bulgaria, Cina, Ucraina, Ungheria, Vietnam ed alcuni paesi del sud
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America. Al tempo stesso i paesi anglosassoni hanno visto nascere le
prime forme di tale disciplina già nei secoli precedenti: infatti,
l’Inghilterra ne è dotata già dal 1705 e gli Stati Uniti dal 18411.
Il dibattito sulla necessità di introdurre nel nostro ordinamento
una procedura di regolazione dell’insolvenza civile, da affiancare alle
esistenti procedure concorsuali destinate agli imprenditori commerciali,
si è intensificato negli ultimi anni in ragione del progressivo
indebitamento di privati e famiglie, derivante dal ricorso crescente e
sistematico al credito al consumo, caratterizzato a sua volta dalla
destinazione di flussi reddituali futuri al rimborso del debito. Il credito
al consumo, a partire dagli anni ottanta ad oggi, si è imposto come
fenomeno di tendenza che ha interessato ogni settore dell’economia,
sino a divenire un fenomeno di massa. Tale fenomeno appare, oggi,
maggiormente evidente rispetto al passato ed è strettamente legato ad
una modificazione dello stile di vita e di consumo della società. L’art.
2740 c.c. prevede che il debitore risponda dell’adempimento delle
proprie obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri. Tuttavia,
l’imprenditore commerciale può liberarsi dei propri debiti non
soddisfatti presentando una proposta di concordato preventivo o
fallimentare, e nel caso sia imprenditore individuale accedendo
all’istituto dell’esdebitazione2; mentre ai privati, fino all’introduzione
della disciplina oggetto del presente elaborato, non veniva concessa la
medesima opportunità3. Naturalmente il deficit normativo era evidente
già prima del manifestarsi dell’attuale situazione economica, la quale
1
MICHELOTTI, Le funzioni dei professionisti e degli organismi di composizione
della crisi nelle procedure di sovraindebitamento, ODCEC Pistoia, 2014.
2 L’istituto dell’esdebitazione, ex art. 142 l.f., consente al fallito, ove ricorrano
determinate condizioni, di cancellare i debiti che non hanno trovato soddisfazione in
ambito concorsuale. 3
GUIOTTO, La nuova procedura per l’insolvenza del soggetto non fallibile:
osservazioni in itinere, in Fallimento, 2012, 21.
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non ha fatto altro che dare maggior rilievo alle problematiche in
oggetto. Considerando quindi come siano notevolmente modificate le
abitudini di consumo della società, si comprende come il credito al
consumo sia diventato il volano dell’economia, consentendo la
realizzazione di due obiettivi: l’aumento della produzione di beni e di
scambi, e la maggiore percezione di benessere da parte degli individui,
derivante dalla dilazione nel tempo delle spese sostenute. Proprio
quest’ultimo aspetto offre ai soggetti una capacità di acquisto sempre
maggiore, permettendo al consumatore di sostenere le proprie spese
tramite finanziamenti; basti pensare, ad esempio, alle modalità di
dilazione praticate da grandi catene di distribuzione o dalle case
automobilistiche. Il credito al consumo, quindi, consente l’immediata
acquisizione di beni e servizi, rinviando l’esborso monetario al
momento in cui il soggetto ha una maggiore disponibilità economica.
In questo contesto si collocano le banche e le finanziarie attraverso la
predisposizione di contratti di finanziamento proposti direttamente dal
venditore. L’operazione presenta indubbi vantaggi per ciascuno dei
soggetti coinvolti nell’operazione, infatti: al venditore è assicurato
l’assorbimento della merce, il consumatore ottiene l’acquisizione
immediata del bene e, il finanziatore persegue profitti attraverso
l’operazione di prestito4. La società in cui viviamo può essere così
definita come credit society, la quale si contrappone alla cash society,
incentrata sulla figura del consumatore-pagatore e, nella quale gli
individui per le proprie attività ricorrevano al finanziamento in misura
marginale, preferendo chiedere aiuto, in caso di mancanza di liquidità,
a familiari o amici. In passato si ricorreva al credito quasi
esclusivamente per l’attività imprenditoriale, poiché gli istituti di
credito confidavano nel patrimonio o nelle capacità dell’imprenditore.
4
G. PIEPOLI, Il credito al consumo, Napoli, 1974, 27.
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Oggi si è delineata una situazione tale per cui anche il consumatore più
avveduto
potrebbe
trovarsi
in
una
situazione
di
eccessivo
indebitamento confidando sulle proprie capacità future di reddito. Non
vi è dubbio quindi che il costante ricorso al credito sia tra le cause
primarie dell’indebitamento, il quale tuttavia deve essere tenuto distinto
e separato dal sovraindebitamento, che è dovuto ad una causa
sottostante che rende eccessivamente elevato l’indebitamento rispetto
alle mutate condizioni economiche del debitore.
Le problematiche concernenti l’evolversi del credito al consumo e
al conseguente diffondersi del fenomeno del sovraindebitamento, non
sono state prese in considerazione dal nostro legislatore nel momento
in cui è stata riformata la legge fallimentare. L’introduzione d’istituti
quali gli accordi di ristrutturazione e l’esdebitazione, furono
inizialmente concepiti per essere applicati esclusivamente ai soggetti
che avevano i requisiti per accedere alla disciplina fallimentare. Proprio
dall’introduzione di quest’ultimo istituto all’interno della legge
fallimentare, che consentiva la liberazione del debitore fallito da tutti i
suoi debiti pregressi rimasti insoddisfatti, ha tratto nuova linfa il
dibattito dottrinario relativo alla opportunità, o meno, di consentire
anche a coloro che non erano assoggettabili alla disciplina fallimentare
la possibilità di accedere al c.d. fresh start5. Questa distinzione tra
insolvenza del debitore civile e debitore commerciale, e quindi la
limitazione soggettiva del fallimento ai soli commercianti o
imprenditori dimensionati, ha origine dal codice di commercio
napoleonico del 1807, in cui si faceva riferimento al fallimento del
debitore commerciale che cessa i pagamenti6. Essendo questo codice
5
D. BENINCASA, Composizione della crisi da sovraindebitamento. L’istituto in
rapporto alle procedure concorsuali, in Temi Romana.
6
D. SPAGNUOLO, L’insolvenza del consumatore, in La nuova legge fallimentare
“rivista e corretta”, 2008, 441.
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stato utilizzato come modello, si comprende il motivo per il quale le
procedure concorsuali, fino ad oggi, si ritenevano applicabili solamente
a soggetti che possedevano le caratteristiche di imprenditore o
commerciante. In verità, l’opportunità di sottoporre alla procedura
fallimentare ogni debitore insolvente fu oggetto di un acceso dibattito
già nella fase della redazione del codice di commercio italiano del
1882. Tuttavia prevalse l’opinione di escludere il debitore civile in
quanto la legge stessa, come indicato nel titolo, disciplinava il settore
commerciale. Anche la successiva codificazione e la legge fallimentare
del 1942 conservarono questa caratteristica, sia per continuità con la
tradizione
storica,
sia
come
riconoscimento
dell’importanza
fondamentale dell’economia industriale e commerciale 7 . Nel corso
degli anni più volte è stato richiesto un intervento della Corte
Costituzionale in merito, la quale ha sempre affermato che l’insolvenza
civile produce effetti pregiudizievoli solo per singoli rapporti
obbligatori, mentre quella commerciale si ripercuote sul sistema più in
generale8. Oggi tali argomentazioni, alla luce anche della mutata realtà
7
così, ancora, D. SPAGNUOLO, op. cit., p. 443 ss.
Sul punto si riportano alcune sentenze della Corte Costituzionale:
C. Cost., 23 marzo 1970, n. 43, in Foro it., 1970, I, 1017. “… nell’assoggettare alle
procedure del fallimento gli imprenditori commerciali e non la generalità dei
cittadini, la legge ha avuto riguardo alla natura dell’attività da essi esercitata,
giacché lo svolgere attività organizzata in impresa costituisce una situazione
obbiettivamente diversa da quella di chi svolge una attività di diverso tipo, e non è
irrazionale l’avere limitato alla prima la disciplina concorsuale, né sono arbitrari i
motivi di tale limitazione”. Secondo la corte, la diversa condizione dell’imprenditore
rispetto al debitore civile, riposa sulla considerazione che l’insolvenza civile
produce effetti pregiudizievoli solo per singoli rapporti obbligatori, mentre il
dissesto commerciale si ripercuote sul sistema dei traffici più in generale,
determinando, così, pregiudizio al ceto dei creditori, al sistema creditizio ed al
fondamento della vita del commercio.
C. Cost., 16 giugno 1970, n. 94, in Giur. Comm., 1970, III, 308. “… svolgere attività
commerciale organizzata ad impresa costituisce una situazione obiettivamente
diversa da quella di chi svolge un’attività di diverso tipo, e non è irrazionale l’aver
limitato alla prima la disciplina concorsuale, né sono arbitrari i motivi di tale
limitazione”.
8
5 www.ilsovraindebitamento.it
economica e della nuova disciplina, appaiono poco convincenti e
superabili.
Nel corso della prima parte di questo elaborato sarà illustrato
rapidamente il travagliato iter di formazione della legge e i principali
aspetti della disciplina, ponendo l’attenzione nella seconda parte in
particolare alla procedura dell’accordo di composizione della crisi e al
piano del consumatore, il quale rispetto all’accordo ne è un
sottoinsieme. Questa normativa è coerente con la necessità di attribuire
alle procedure di insolvenza del debitore non soggetto all’applicazione
della legge fallimentare, l’opportunità di beneficiare del fresh start,
cioè di ripartire da zero e ottenere nuovamente un ruolo attivo
nell’economia, senza il peso delle situazioni debitorie pregresse. Infatti
nel caso delle persone fisiche la responsabilità patrimoniale è
potenzialmente perpetua, in considerazione della possibilità dei
creditori di soddisfarsi anche sui beni e crediti futuri del debitore9: vi è,
quindi, il rischio che le persone fisiche si trovino costrette a convivere
per larga parte della loro esistenza con il peso di un insopportabile ed
irresolubile indebitamento.
C. Cost., 27 luglio 1982, n. 145, in Foro it., 1982, I, 3006. Il diverso trattamento
fatto all’insolvenza commerciale e all’insolvenza civile sfugge al giudizio di
conformità ai principi costituzionali, riservato al giudice dalle leggi, per rientrare
nell’aria di scelte discrezionali proprie del legislatore.
9
così L. STANGHELLINI, Fresh Start: implicazioni di policy, in An. Giur. Ec.,
2004, 2, 443.
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Capitolo primo
Aspetti generali della disciplina
1.1 La nascita della disciplina e il suo iter formativo.
La legge n. 3 del 2012, successivamente modificata con il d.l. 18
Ottobre 2012 n. 179 (decreto Sviluppo Bis, convertito nella l. 221 del
17 Dicembre 2012) ha, per la prima volta, introdotto nel nostro
ordinamento procedure di esdebitazione destinate a tutti quei soggetti
che non possono accedere alle procedure concorsuali1 previste dalla
Legge Fallimentare.
La Legge Fallimentare, disciplinata dal r.d. 16 marzo 1942, n.
267, fu emanata in un contesto socio economico nel quale le
dimensioni delle imprese erano contenute, le dinamiche commerciali
più locali e l’impresa era concepita come un bene prettamente
dell’imprenditore. Tale legge inoltre non era proprio compatibile con
molti principi costituzionali: si trattava, infatti, di una disciplina che
privava il fallito di diritti che poi la costituzione ha garantito, come ad
esempio il diritto di voto. Agli inizi degli anni ’80, si è iniziata a sentire
la necessità di apportare delle modifiche alla disciplina fallimentare, in
modo da renderla maggiormente aderente alla realtà socio economica.
Dopo vari tentativi finalmente si è giunti, a partire dal 2005, ad una
riforma organica della materia. Durante i lavori preparatori alla
riforma, la Commissione Trevisanato prese in considerazione una
1
Per procedure concorsuali si intendono: fallimento, concordato preventivo,
liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria. In dottrina, alcuni
autori escludono dalle procedure concorsuali gli accordi di ristrutturazione dei
debiti, il piano attestato di risanamento e la transazione fiscale ex art. 182-ter.
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procedura che si rivolgeva a tutti i debitori civili non fallibili, inclusi i
piccoli imprenditori. Si trattava di un accordo di ristrutturazione
concordato con tutti i creditori e in caso di sua mancanza,
l’applicazione di una liquidazione dei beni semplificata a carattere
esdebitatorio per il debitore meritevole. In seguito però, la
Commissione Trevisanato-bis prese ugualmente in considerazione i
debitori civili, imprenditori e non, ma pose come possibilità di accesso
alla procedura, tre soglie dimensionali. Pertanto, nei lavori preparatori
si pose il problema dell’applicazione di meccanismi di esdebitazione
anche a favore dell’insolvente civile, ma infine si scelse di mantenere
la distinzione tra le due procedure e di applicare ai soli soggetti fallibili
questi istituti di favore, adducendo quale motivazione che si era fuori
dai limiti della delega. Così a seguito della riforma, l’imprenditore
commerciale non soggetto al fallimento e al concordato preventivo è
individuato in base agli investimenti e ai ricavi. Ai sensi dell’art. 1 l.f.2
non sono assoggettabili al fallimento e non possono far ricorso alla
procedura di concordato preventivo3: gli enti pubblici, coloro che non
2 Art. 1 l.f. – Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli
imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.
Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli
imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei
seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di
fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo
patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro
trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data
di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata
inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore
ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro
cinquecentomila.
3 In realtà l’art. 1 deve considerarsi esteso anche ai piani di risanamento e agli
accordi di ristrutturazione dei debiti, perché entrambi perseguono l’obiettivo
dichiarato dal legislatore di prevenzione del fallimento; sarebbe dunque impensabile
8 www.ilsovraindebitamento.it
rivestono la qualifica di imprenditori commerciali, gli imprenditori
commerciali “sotto soglia”.
In realtà, già prima della riforma del diritto fallimentare furono
presentati dei progetti legislativi in tema d’insolvenza civile. Il primo
fu quello depositato da Adiconsum presso il CNEL nel 20014, il quale
al fine di porre in essere una soluzione per i debiti contratti per scopi
non estranei ai bisogni della famiglia, faceva riferimento ad un
procedimento concordatario. Nella proposta Adiconsum forniva anche
una definizione di sovraindebitamento, inteso come una situazione di
difficoltà finanziaria, non temporanea, ad adempiere le obbligazioni
assunte.
Il secondo progetto, fu presentato dal gruppo dei D.S. alla Camera
dei Deputati nel 2004 e, prevedeva la possibilità per le persone fisiche,
anche non imprenditori, di ottenere l’esdebitazione o attraverso un
sistema di regolazione dei debiti approvato dalla maggioranza dei
creditori, ed omologato dal giudice; oppure mediante la liquidazione
concorsuale dell’intero patrimonio, affidato ad un curatore di nomina
giudiziale. In alternativa era prevista la possibilità di attivare una
preventiva procedura stragiudiziale da promuovere con istanza rivolta
ad un’apposita commissione5.
Tuttavia, nonostante la presentazione di questi primi progetti,
saranno necessari ancora alcuni anni, affinché nel nostro ordinamento
vengano introdotte le prime tutele a favore dei soggetti non fallibili.
che questi istituti siano destinati a soggetti non fallibili. Tuttavia è prevista
un’eccezione, rappresentata dall’estensione dell’accordo di ristrutturazione
all’imprenditore agricolo, soggetto non fallibile.
4
ADICONSUM, Proposta di legge sul concordato dei creditori di persone fisiche
insolventi, 2011. Tale progetto richiedeva la valutazione della meritevolezza del
debitore, l’accettazione di almeno il 50% dei creditori e la presenza di una
commissione che aveva il compito di gestire la procedura.
5
Disegno di legge presentato dall’On. Fassino il 20 luglio 2004, n. C/5171 per la
“delega al Governo per la riforma delle procedure della crisi di impresa”.
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Infatti, a seguito della riforma della legge fallimentare, la dottrina
rimproverava al legislatore, tra i vari aspetti, di non aver previsto un
procedimento di allerta o di prevenzione della crisi e di non aver esteso
la possibilità di fare ricorso a procedure di tipo concorsuale agli
imprenditori agricoli e, più in generale, al debitore civile. In particolare
quest’ultimo aspetto era indicato, da taluni soggetti, come il motivo
principale per il quale era ventilata la possibilità di una pronuncia di
incostituzionalità delle nuove disposizioni, per violazione del principio
d’uguaglianza. Ciò derivava dal fatto che la possibilità di ottenere la
soluzione della crisi e l’esdebitazione, era riservata solamente ad
alcune categorie di soggetti, e non ad altre. La crisi economica e il
conseguente indebitamento delle famiglie non hanno fatto altro che
ritenere sempre più urgente la necessità di trovare una soluzione a
quest’aspetto, portandolo alla ribalta dell’opinione pubblica e rendendo
necessaria la ricerca di una soluzione che impedisse l’emarginazione di
tali soggetti e migliorasse gli strumenti di protezione contro l’usura. E’
emersa sempre più insistentemente la necessità di sottrarre, dalle
esecuzioni da parte dei creditori e dalla stretta creditizia, quei soggetti
che, per loro natura o per dimensioni, non potevano conseguire una
soluzione per affrontare la situazione debitoria in cui si trovavano.
Hanno così avuto origine una serie d’iniziative parlamentari incentrate
principalmente su due aspetti: il sovraindebitamento del debitore civile
e l’esdebitazione del consumatore6.
L’iter di formazione di questa legge è stato molto travagliato e,
6
G. TERRANOVA, La composizione della crisi da sovraindebitamento: uno
sguardo d’insieme, in Composizione della crisi da sovraindebitamento, Il Civilista,
2012, 7. Il sovraindebitamento dei debitori civili è un tema che riguarda tutti quei
soggetti sottratti alle procedure concorsuali, compresi i piccoli imprenditori e gli
imprenditori agricoli. L’esdebitazione del consumatore, invece, interessa le persone
fisiche divenute insolventi per debiti assunti nello svolgimento di attività non
professionali.
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solo recentemente, può dirsi raggiunta una disciplina completa.
Una prima iniziativa in tema di composizione della crisi da
sovraindebitamento si ritrova nel disegno di legge 307-B7 presentato
dal senatore Centaro, nell’ambito dei provvedimenti in materia di
usura, approvata dal Senato della Repubblica che, però, non ha mai
terminato il proprio iter parlamentare.
Il corpus normativo di quel provvedimento fu utilizzato quale
struttura portante delle disposizioni contenute nel capo I del decreto
legge 22 dicembre 2011, n. 212, rubricato “Disposizioni urgenti in
materia di composizione della crisi da sovraindebitamento e disciplina
del processo civile”, con le quali è stato introdotto nel nostro
ordinamento, con legislazione d’urgenza, un sistema di composizione
della crisi che riguardava soggetti diversi dagli imprenditori fallibili. Il
Governo, infatti, riteneva sussistenti i motivi di urgenza propri dello
strumento normativo adottato, in quanto la necessità di disciplinare
l’insolvenza di tali soggetti era considerata una questione non più
rimandabile, sia alla luce della realtà socio economica, sia per
l’allinearsi agli altri paesi europei, i quali già disponevano di una tale
normativa. L’introduzione da parte del Governo della procedura di
composizione della crisi da sovraindebitamento con il d.l. 212/2011 ha
sollecitato l’approvazione della proposta di legge che è stata
definitivamente approvata con la legge 27 gennaio 2012, n. 3.
La legge 3/2012 aveva come finalità quella di porre rimedio alle
situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle
7
Si tratta del così detto “disegno di legge Centaro”, dal nome del parlamentare
proponente, approvato all’unanimità dal Senato della Repubblica il primo aprile
2009, e licenziata dalla Camera dei Deputati con modificazioni, il 26 novembre
2011, avente ad oggetto “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di
composizione delle crisi da sovraindebitamento”. Con esso si inizia ad affrontare il
problema dell’insolvenza civile e si predispongono dei rimedi finalizzati ad evitare il
ricorso a forme di finanziamento illecite, come l’usura.
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procedure concorsuali, attraverso la possibilità data al debitore di
concludere un accordo con i creditori, e quindi di fornire uno strumento
di risoluzione delle crisi del debitore civile. Tuttavia tale legge, nella
sua stesura iniziale, non era idonea ad offrire una risposta efficiente a
tali situazioni, tant’è che in diversi tribunali è emersa la sua
inutilizzazione8.
8
Ciò è riscontrabile dalla relazione illustrativa all’art. 18 della bozza di decreto, in
cui si legge che “I dati in merito al numero delle procedure pendenti o già definite in
sede giudiziale ai sensi della legge 3/2012, sono i seguenti: nessun procedimento
pendente presso i tribunali di Milano, Torino, Bari, Brindisi, Pavia; un solo ricorso
presentato al tribunale di Roma ed a quello di Firenze.”
Riguardo alle difficoltà di applicazione della prima versione della disciplina si veda
quale autorevole dottrina:
M. FABIANI, La gestione del sovraindebitamento del debitore “non fallibile” (d.l.
212/2011), in Il Caso.it, 2012. L’opzione di fornire al debitore civile uno strumento
di regolazione del suo indebitamento con forme più articolate del processo esecutivo
individuale era decisamente opportuna, forse tardiva visto il panorama
internazionale sia continentale sia anglosassone. Tuttavia la soluzione adottata nella
prima versione della legge è stata declinata con modalità tali che facevano fin da
subito dubitare riguardo un impatto positivo sul sistema, aldilà delle lodevoli
intenzioni. Il vero handicap derivava da due contaminazioni: i) in un unico contesto
era stata strutturata la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento
sia per l’imprenditore non fallibile che per il consumatore secondo modalità
operative pienamente omogenee, quando è evidente che questa omogeneità non
sussiste: basti considerare che nell’organizzazione di un’impresa, anche piccola, un
fattore molto importante è costituito dal lavoro dipendente; ii) il procedimento
configurato risultava essere una specie di compromesso fra il concordato e gli
accordi di ristrutturazione, più con le reciproche debolezze che con le reciproche
forze.
A. GUIOTTO, La nuova procedura per l’insolvenza del soggetto non fallibile:
osservazioni in itinere, in Fallimento, 2012, 21-22. La previsione di un’unica
procedura per superare sia l’insolvenza civile, sia l’insolvenza commerciale presenta
alcuni profili problematici che derivano dalla non assimilabilità tra l’insolvenza del
debitore civile, che è di norma caratterizzata dal concetto statico di responsabilità
patrimoniale ex art. 2740 c.c., con l’insolvenza dell’imprenditore non fallibile, che è
invece caratterizzata dall’incapacità del debitore, anche di matrice finanziaria e
prospettica, di pagare regolarmente i propri debiti attraverso l’efficiente utilizzo
della propria azienda.
Il legislatore, evidentemente, aveva inizialmente inteso disciplinare con un unico
provvedimento tutti i fenomeni di insolvenza non regolabili attraverso le procedure
concorsuali, accorpando nella medesima disciplina fattispecie non sempre
paragonabili e sacrificando, in parte, la coerenza delle specifiche disposizioni
sull’altare dell’universalità dei destinatari.
R. D’AMORA, Aristotele, Holmes e i creditori estranei (note a margine della legge
n. 3 del 2012), 2012. Secondo l’autore sin dalle prime letture della procedura di cui
12 www.ilsovraindebitamento.it
A ciò ha inteso porre rimedio il corpo di modifiche di cui al
decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con legge 221/2012,
in vigore dal 18 gennaio 2013, che di quelle criticità, interpretative o
normative che fossero, si è dato carico. L’obiettivo quindi delle
modifiche apportate è quello di aumentare l’efficacia della disciplina e
consentire al debitore civile di beneficiare di questo strumento
innovativo per il nostro paese.
Con tali modifiche il governo ha optato per una normativa con
caratteristiche concorsuali con effetti esdebitativi, cambiando quasi
completamente la disciplina del sovraindebitamento, introducendo
nuovi provvedimenti ed istituti e, modificando la struttura del capo II
ora
rubricato
“Procedimenti di composizione della crisi da
sovraindebitmento e di liquidazione del patrimonio”. Tale capo è
suddiviso in tre sezioni, la prima intitolata “Procedure di composizione
della crisi da sovraindebitamento” ha ad oggetto: le disposizioni
generali; l’accordo di composizione della crisi; il piano del
consumatore; l’esecuzione e cessazione degli effetti dell’accordo di
composizione della crisi e del piano del consumatore. La seconda
sezione è invece rubricata “Liquidazione del patrimonio” e disciplina la
liquidazione dei beni e l’esdebitazione; la terza sezione, infine, è
intitolata “Disposizioni comuni” e tratta gli organismi di composizione
della crisi e le sanzioni9.
Alla luce del nuovo assetto normativo emerge con chiarezza la
alla legge 3/2012, i fantasmi dell’inutilità e la delusione per anni di attese
aleggiavano sulla disciplina. Per d’Amora le ragioni dell’insuccesso risalgono non
tanto alla patologia della norma, quanto alla sua interpretazione.
9
Per espressa previsione normativa, il testo modificato della legge 3/2012 si applica
ai procedimenti instaurati dal trentesimo giorno successivo a quello della data di
entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 18 ottobre 2012, 179.
Considerato che la legge 221/2012, con la quale è stato convertito il d.l. 179/2012, è
entrata in vigore il 19 dicembre 2012, le nuove disposizioni si applicano pertanto ai
procedimenti instaurati dal 18 gennaio 2013.
13 www.ilsovraindebitamento.it
scelta del legislatore che, di fronte alla crisi e all’insolvenza del
debitore, ha predisposto due comparti normativi tra loro alternativi, ma
complementari: da un lato le imprese commerciali non sotto soglia,
destinatarie della normativa prevista dalla legge fallimentare, e
dall’altro, tutti gli altri debitori, destinatari delle disposizioni sul
sovraindebitamento, tra cui le imprese agricole, quelle commerciali
sotto soglia, le start-up, gli insolventi e i sovraindebitati civili, quali i
professionisti, i consumatori, i garanti e gli enti privati non
commerciali10. Il legislatore ha dunque ritenuto opportuno di migliorare
l’originaria procedura, aggiungendo un procedimento alternativo
dedicato ai consumatori e un autonomo procedimento volontario di
liquidazione, cui possa seguire un effetto esdebitatorio.
1.2
Sovraindebitamento
e
Consumatore:
finalità,
iniziativa
e
definizioni.
Con il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 è stata modificata la rubrica
dell’art. 6 della disciplina in “Finalità e definizioni”. La modifica è
stata necessaria poiché è stato modificato il secondo comma, il quale
ora prevede al punto a) la definizione di sovraindebitamento, e al punto
b) la definizione di consumatore.
10
M. FERRO, L’insolvenza civile, in Sovraindebitamento e usura, Milano, 2012, 53.
L’attenuazione della portata precettiva della norma in commento non impedisce
tuttavia che già dalla sua articolazione risulti assai chiara la scelta ancora una volta
dualistica operata dal legislatore italiano, che ha focalizzato il discrimen attorno
all’impresa ed in particolare separando da quella assoggettata al fallimento la figura
di ogni altro debitore, imprenditore o meno, attratto nella no failure zone, dunque
conclusivamente dividendo in due comparti alternativi la disciplina dell’insolvenza,
rispettivamente commerciale e civile.
Si può pertanto impostare un primo studio della più organica procedura di
composizione dell’insolvenza non fallimentaristica mettendo in luce come essa
permetta di tenere insieme crisi d’impresa e crisi del consumatore, con il vantaggio
di sottrarsi, per la semplicità di riscontro dei presupposti oggettivi, ad un altrimenti
concreto rischio di impasse già nella fase di avvio.
14 www.ilsovraindebitamento.it
Il primo comma del sopra citato articolo esplicita che la finalità
della procedura è quella di porre rimedio a situazioni di
sovraindebitamento, in cui si possono trovare tutti quei soggetti che il
legislatore ha individuato in coloro che non sono “assoggettabili a
procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla presente legge”.
E’ quindi chiarissimo l’intento del legislatore di offrire protezione a
tutti i debitori che non potrebbero essere sottoposti ad alcuna procedura
concorsuale, ed è altrettanto chiaro che la nuova formulazione
utilizzata attribuisce alla procedura di composizione della crisi da
sovraindebitamento l’inequivocabile natura concorsuale11. L’obiettivo
perseguito attraverso il tentativo di risolvere la situazione di
sovraindebitamento è di aiutare il soggetto a tornare in una situazione
di normalità e dunque sul mercato.
Il legislatore ha individuato i soggetti destinatari della disciplina
in maniera negativa, escludendo, cioè, coloro che sono assoggettabili a
procedure concorsuali diverse da quelle disciplinate dalla legge
3/2012 12 . Quest’ultimo aspetto, cioè l’aver previsto l’accesso in
maniera generica e in senso negativo, deve essere apprezzato, in quanto
fa venire meno una serie di questioni emerse nell’applicazione della
normativa speciale a tutela dei consumatori, quale ad esempio il
11
E. SOLLINI, La composizione della crisi da sovraindebitamento, Napoli, 2013,
22. Il tenore letterale del primo comma dell’articolo in commento esplicita, a chiare
note, che la finalità della procedura è quella di porre rimedio ad una situazione di
sovraindebitamento in cui si possono trovare una pluralità di soggetti che ha
individuato in tutti coloro che non sono assoggettabili a procedure concorsuali
diverse da quella regolata dalla presente legge, consentendo agli stessi di concludere
un accordo con i propri creditori.
12
F. MACARIO, Finalità e definizioni, in La “nuova” composizione della crisi da
sovraindebitamento, Il Civilista, 2013, 17. L’unicità della procedura aperta a tutti i
debitori, esclusi gli imprenditori commerciali assoggettabili alla legge fallimentare,
era stata criticata in considerazione della differenza sostanziale tra l’imprenditore
non assoggettabile a procedura concorsuale e il debitore civile in senso stretto,
sicché il legislatore ha introdotto con la recente novella la procedura incentrata sul
piano appositamente per il consumatore, di cui si è reso necessario fornirne la
definizione.
15 www.ilsovraindebitamento.it
concorso nella stessa persona della condizione di consumatore e di
professionista13. Infatti, si deve ritenere che rientrino nella disciplina
anche quegli imprenditori individuali che, pur essendo in astratto
assoggettabili alle procedure concorsuali, intendano proporre un
accordo ai propri creditori personali quando il credito non derivi
dall’esercizio dell’attività di impresa14.
La platea dei soggetti interessati è, pertanto, ampia ed eterogenea,
spazia dai piccoli imprenditori, ai professionisti, ai privati, regolando
per la prima volta l’insolvenza civile. Riepilogando, questa nuova
disciplina consente ai soggetti non fallibili, che si trovano nella
particolare situazione di sovraindebitamento, di trovare un rimedio
insieme ai propri creditori, in un ambito protetto, prevedendo
13
Questa possibilità di consentire l’accesso alla procedura a qualsiasi debitore non
fallibile, deve essere considerato una sorta di favor debitoris, cioè una tutela del
debitore da parte dell’ordinamento giuridico.
Inoltre l’eventuale dichiarazione di fallimento travolge l’accordo e la relativa
procedura eventualmente in corso, stante il carattere assorbente dell’esecuzione
concorsuale. Quanto detto vale nei confronti dell’imprenditore che attivi la
procedura, essendo al di sotto delle soglie di fallibilità, ma poi, medio tempore, le
superi e venga pertanto dichiarato fallito.
14
Riguardo al consumatore imprenditore è necessaria una riflessione:
F. MACARIO, Finalità e definizioni, op. cit., p. 18. Si dovrebbe considerare che,
trattandosi di una disciplina sulla responsabilità patrimoniale e non sul rapporto
contrattuale, è difficile immaginare, a fronte dell’assunzione di “obbligazioni
esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale
eventualmente svolta”, un patrimonio separato, ossia beni e diritti assoggettabili in
via esclusiva alla procedura instaurata con la presentazione del piano, e dunque
destinati con priorità ai creditori quali soggetti attivi di quei rapporti obbligatori
“non professionali”, ossia di “consumo”. Infatti, quando il legislatore ha inteso
destinare una parte del patrimonio del debitore al soddisfacimento dei diritti dei
creditori sorti in relazione ad obbligazioni assunte per un determinato scopo l’ha
fatto espressamente, creando appunto una sorta di separazione patrimoniale,
corrispondente alla rilevanza giuridica dello scopo dell’obbligazione assunta.
Ne consegue che il rischio è quello che il soggetto che intenda conseguire
l’esdebitazione facendo valere la sua condizione di consumatore potrà, in punto di
fatto, accedere alla procedura semplificata soltanto quando non eserciti alcuna
attività imprenditoriale o professionale, dovendo nel caso contrario sottoporsi,
alternativamente, alle procedure concorsuali tradizionali o al procedimento che
passa attraverso l’accordo di composizione della crisi (ove non sia assoggettabile
alle prime) in modo che non siano pregiudicati i diritti dei creditori “commerciali”.
16 www.ilsovraindebitamento.it
l’intervento del giudice e di soggetti terzi.
Il soggetto legittimato a promuovere la procedura, cioè ad
avanzare una proposta di composizione della crisi ai propri creditori, è
il sovraindebitato non assoggettabile alle procedure concorsuali.
Nessun altro soggetto si può sostituire al debitore e farsi promotore
dell’iniziativa, come invece avviene nel caso di fallimento, dove oltre
al debitore l’iniziativa può essere promossa anche dal creditore o dal
pubblico ministero15.
Nella
procedura
di
composizione
della
crisi
da
sovraindebitamento il legislatore non usa termini già utilizzati nelle
procedure di fallimento e di concordato preventivo (stato d’insolvenza
e stato di crisi16), ma introduce un nuovo termine “sovraindebitamento”
che, quindi, deve definire.
Lo stato di sovraindebitamento è definito come una situazione di
perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio
prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante
difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva
incapacità del debitore di adempierle regolarmente 17 . Tale stato di
15
Art. 6 l.f. – Iniziativa per la dichiarazione di fallimento – comma 1
Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta
del pubblico ministero.
16
Lo stato di crisi può essere sia mera crisi, sia insolvenza. La mera crisi è il rischio
notevole di insolvenza imminente, e si tratta di uno status che viene conosciuto per
primo dal debitore, il quale è il solo che ha il potere di esternarlo. Quando la mera
crisi si manifesta all’esterno si parla di stato d’insolvenza. Lo stato d’insolvenza si
manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore
non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (art. 5 l.f.). Lo
status d’insolvenza è richiedibile all’autorità giudiziaria anche da soggetti diversi dal
debitore, ovvero i suoi creditori o il pubblico ministero.
17
F. MAIMERI, Presupposti soggettivi ed oggettivi di accesso, in Fallimento, 2012,
1035. La prima versione dell’art. 6 definiva il sovraindebitamento come “un
perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente
liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere
regolarmente le proprie obbligazioni”. L’utilizzo dell’avverbio “nonché” poteva far
intendere che le due situazioni dovevano ricorrere congiuntamente per dar luogo a
una situazione di sovraindebitamento. Più probabilmente, invece, alla luce delle
17 www.ilsovraindebitamento.it
sovraindebitamento rappresenta il presupposto oggettivo per l’accesso
alle procedure e tale definizione può essere intesa quale sinonimo
d’insolvenza, fermo restando che è completata chiarendo che non si
tratta solo della definitiva incapacità del debitore di adempiere le
proprie obbligazioni in modo regolare, ma anche della rilevante
difficolta di adempierle. L’enunciazione utilizzata dal legislatore
ricerca faticosamente la sintesi tra l’insolvenza del debitore civile e
quella dell’imprenditore non fallibile, comprendendo in un’articolata
definizione i diversi canoni patrimoniali e finanziari che le
caratterizzano18.
La dottrina ritiene questo nuovo termine, anche se sinonimo, un
concetto diverso dall’insolvenza, poiché non prevede solo l’incapacità
definitiva e non transitoria di adempiere regolarmente i propri debiti,
ma fa anche riferimento ad una sproporzione tra il complesso dei debiti
e il proprio patrimonio prontamente liquidabile, seppur non specifichi il
rapporto di tale squilibrio19.
La definizione adottata dal legislatore è comprensibilmente basata
su una visione statica delle condizioni economiche in cui versa il
soggetto indebitato, dovendo riguardare il debitore comune e
comunque l’intera classe dei debitori, ad eccezione di quelli fallibili. In
tal senso, il presupposto oggettivo per l’accesso alla procedura è dato
dal perdurante squilibrio tra le obbligazioni e il patrimonio del debitore,
modifiche introdotte all’articolo in questione dal d.l. 179/2012, oltre che ad un
auspicabile maggior rispetto delle regole sintattiche e grammaticali, il legislatore si
riferiva sia alla insolvenza definitiva, sia a una situazione di difficoltà, riconducibile
a quella della crisi. Ne consegue che il valore da attribuire al termine “nonché” non
era quindi congiuntivo ma disgiuntivo.
18
A. GUIOTTO, La nuova procedura per l’insolvenza del soggetto non fallibile:
osservazioni in itinere, op. cit., p. 24.
19
FONDAZIONE DOTTORI COMMERCIALISTI FIRENZE, Procedimenti di
composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio, in
Libretto Giallo, 2014, 12.
18 www.ilsovraindebitamento.it
con la precisazione che quello da considerare, ai fini della procedura, è
il patrimonio prontamente liquidabile20, cioè quella parte di patrimonio
che consentirebbe di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni21.
Se ogni bene o diritto potrebbe dirsi, almeno in linea di principio,
astrattamente liquidabile, è evidente che il rapporto tra esposizione
debitoria e patrimonio ha un senso soltanto considerando il patrimonio
agevolmente monetizzabile22.
In dottrina pertanto si osserva che non è pacifica l’individuazione
di quale sia il presupposto oggettivo per l’ammissione alla procedura in
parola, proprio perché la norma definisce il sovraindebitamento, oltre
che nella definitiva incapacità di adempiere regolarmente le
obbligazioni assunte, cioè l’insolvenza, anche nella rilevante difficoltà
di adempierle. In questo senso sembrerebbe che il legislatore abbia
voluto considerare quale presupposto oggettivo anche la situazione di
20
“Prontamente liquidabile” significa agevolmente trasformabile in denaro. Molte
volte la legge lascia intenzionalmente termini generici per adattare la disposizione a
situazioni differenti, si pensi ad esempio al famoso “senza indugio” che troviamo
diverse volte nel codice civile.
21
E. SOLLINI, La composizione della crisi da sovraindebitamento, op. cit., p. 25.
La norma non specifica cosa si debba intendere per “prontamente liquidabile” ma è
ipotizzabile che faccia riferimento al termine di centoventi giorni per il quale il
giudice, in assenza di iniziative in frode ai creditori, dispone che, a pena di nullità,
non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disporre
sequestri conservativi né acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del debitore
che ha presentato la domanda di accordo, da parte di creditori aventi titolo anteriore
22
F. MACARIO, Finalità e definizioni, op. cit., p. 19-20. Ci si avvicina
notevolmente, in tal modo, alla valutazione di tipo finanziario dell’incapacità del
debitore di adempiere, mentre il legislatore ritiene opportuno aggiungere, in via
alternativa e per evitare formalistiche disquizioni sulla sussistenza dei requisiti
preliminari di accesso, l’insolvenza come incapacità di adempiere con regolarità.
Sembra confermarsi la tendenza dell’ordinamento ad ampliare quanto più possibile
il raggio d’azione della normativa, destinata a coprire tutta l’area della crisi e
dell’insolvenza che non sia già presidiata dalle procedure tradizionali, in funzione
della sempre più radicata fiducia del legislatore nelle procedure negoziate di
gestione della crisi.
19 www.ilsovraindebitamento.it
difficoltà riconducibile a quella della crisi che precede l’insolvenza23.
Sembra,
dunque,
esserci
spazio
per
un’ipotesi
di
sovraindebitamento reversibile nel caso in cui, non essendoci ancora
l’insolvenza definitiva, un tempestivo intervento di ristrutturazione del
debito del sovraindebitato può consentire la prosecuzione dell’attività
imprenditoriale 24 . Infatti, secondo quanto dispone la norma, il
perdurante squilibrio può avere due manifestazioni: la rilevante
difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni e la definitiva incapacità
di adempierle regolarmente. Entrambe sono idonee singolarmente a
fungere da presupposto per l’apertura di qualsiasi procedura di
composizione della crisi da sovraindebitamento. Inoltre, mentre la
definitiva incapacità è in pratica equivalente alla corrispondente
locuzione usata per definire lo stato d’insolvenza dell’imprenditore
fallibile, la rilevante difficoltà evoca una situazione di dissesto grave,
ma ancora suscettibile di essere sanata25. Tale squilibrio deve essere
23
L. MODICA, Profili giuridici del sovraindebitamento, Napoli, 2012, 350. La
formulazione in esame è frutto di un emendamento della II Commissione
permanente della Camera, del 26 ottobre 2011, al testo già approvato al Senato che
recitava: per sovraindebitamento si intende una “situazione di perdurante squilibrio
economico tra le obbligazioni assunte e il patrimonio disponibile per farvi fronte”. Il
senso dell’emendamento potrebbe infatti essere proprio quello di “rimediare non
solo a situazioni già del tutto compromesse, ma anche a situazioni meno gravi,
equivalente allo stato di crisi di cui all’art.160 l.f..
24
F. MICHELOTTI, Le funzioni dei professionisti e degli organismi di
composizione della crisi nelle procedure di sovraindebitamento, op. cit., 5.
25
E. SABATELLI, I creditori nella composizione delle crisi da sovraindebitamento
del consumatore, in I Battelli del Reno, Università degli studi di Bari, 2013, 9.
Rispetto alle crisi d’impresa, questa opzione normativa appare pienamente
condivisibile, poiché è assolutamente coerente con tutte le scelte di politica
legislativa effettuate negli ultimi anni in materia fallimentare, che appaiono
univocamente orientate a favorire soluzioni preventive della crisi soprattutto al fine
di salvaguardare l’integrità dei complessi produttivi, se necessario anche
trasferendoli ad un soggetto diverso dall’imprenditore insolvente. Dal momento che,
pur se con un minore impatto sulla collettività, le stesse motivazioni di ordine
economico e sociale, oltre che giuridico, che hanno indotto il legislatore a
privilegiare procedure che tutelino valori che andrebbero dispersi a seguito della
cessazione dell’attività, sussistono anche per le imprese sottratte al fallimento,
risulta del tutto comprensibile la scelta di muoversi in un’ottica unitaria,
20 www.ilsovraindebitamento.it
perdurante e non momentaneo e, per quantificarlo, devono essere
contrapposte due masse di valori: la sommatoria delle obbligazioni
assunte e la sommatoria dei valori patrimoniali prontamente liquidabili.
Ne consegue che le situazioni di sovraindebitamento momentanee non
possono essere superate attraverso la procedura in oggetto, poiché la
situazione debitoria non ha la caratteristica prevista dalla norma.
Invece, l’incapacità di adempiere regolarmente le obbligazioni assunte
è caratterizzata dalla irreversibilità, che la rende dunque una situazione
definitiva. Quindi riepilogando, la dottrina sostiene che il legislatore
abbia voluto comprendere in un’unica definizione due fenomeni
profondamente diversi tra loro quali l’insolvenza civile e l’insolvenza
commerciale26.
Secondo la dottrina prevalente, ciò che appare asintotico è che la
legge parli di squilibrio tra obbligazioni e patrimonio liquidabile,
ovverosia una concezione patrimonialistica che nel fallimento è
sconfessata salvo che per l’ipotesi delle società in liquidazione. Qui,
invece, è privilegiato l’aspetto statico del rapporto fra debiti e
patrimonio che ha probabilmente una sua giustificazione per il
consumatore, ma assai meno per l’imprenditore e forse anche per il
professionista. Tuttavia questo aspetto non sembra così rilevante alla
luce del fatto che al procedimento si accede solo per iniziativa del
debitore, talché solo il giudice potrebbe sollevare la questione
dell’assenza del sovraindebitamento, il che appare assai improbabile in
quanto si dovrebbe dimostrare prospetticamente la capacità del
consentendo anche a queste ultime di accedere alle procedure di composizione della
crisi, quando ancora essa possa essere sanata.
E, pur se per motivazioni totalmente diverse da quelle fin qui esposte, la scelta
appare parimenti condivisibile anche rispetto al dissesto del consumatore. In questo
caso ci si trova di fronte a un patrimonio statico, inidoneo in sé alla produzione di
nuova ricchezza, il quale, fra l’altro, in caso di crisi tende a depauperarsi, piuttosto
che a mantenersi stabile o ad accrescersi nel tempo.
26
Così ancora, F. MICHELOTTI, op. cit., p. 5.
21 www.ilsovraindebitamento.it
debitore, proseguendo la sua attività, di riequilibrare l’esposizione
debitoria27.
All’articolo 6, secondo comma, lettera b), il legislatore introduce
il concetto di consumatore che è definito specificatamente come il
debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per
scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente
svolta. Tale specifica indicazione è da ricondursi alla volontà del
legislatore di distinguere nettamente la procedura relativa al
consumatore, rispetto a quella prevista per tutti i restanti soggetti non
fallibili. Tale volontà deriva dalla presa di coscienza del legislatore che
la procedura disciplinata primariamente dalla legge 3/2012 fosse
insostenibile per il consumatore. E’ stata quindi prevista una procedura
semplificata, veloce, efficiente e poco costosa poiché diretta a una
categoria diversa da quella degli imprenditori non fallibili. Il
consumatore, quindi, può essere anche un imprenditore o un
professionista ma la posizione debitoria che intende sistemare
attraverso la procedura in esame deve scaturire esclusivamente da
obbligazioni estranee all’attività eventualmente esercitata e non anche
dalle predette eventuali attività.
Preme precisare che nella prima versione della disciplina,
contenuta nel d.l. 22 dicembre 2011, il legislatore definiva il
sovraindebitamento del consumatore come il sovraindebitamento
dovuto all’inadempimento di obbligazioni da parte del soggetto
consumatore, così come definito dal codice di consumo di cui al d.lgs.
6 settembre 2005, n. 206; e quindi un sovraindebitamento generato
dall’incapacità di adempiere le obbligazioni contratte “dalla persona
fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale,
27
M. FABIANI, La gestione del sovraindebitamento del debitore “non fallibile”
(d.l. 212/2011), op. cit..
22 www.ilsovraindebitamento.it
commerciale, artistica o professionale eventualmente svolta”. Il
legislatore, dunque, nell’ultima versione della materia in oggetto, non
solo ha fornito direttamente la definizione di consumatore, i cui debiti
non devono derivare dall’esercizio di impresa o dalla professione, ma
ha voluto inequivocabilmente scindere la posizione del consumatore
rispetto agli altri soggetti non fallibili.
1.3 Ambito di applicazione e presupposti di ammissibilità.
Con le modifiche apportate con il Decreto Sviluppo Bis, per la
prima volta il legislatore definisce per esclusione le procedure di cui
alla legge 3/2012 come “procedure concorsuali”, introducendo nel
nostro ordinamento una procedura concorsuale anche nei confronti del
debitore persona fisica, attivabile, come già accennato, solo dal
debitore stesso e non dai creditori.
Il legislatore, con la norma oggetto di questa trattazione, ha inteso
disciplinare tutti i fenomeni d’insolvenza non regolabili attraverso le
procedure concorsuali. Pertanto, l’individuazione dei soggetti ai quali
applicare le disposizioni della legge sulla composizione delle crisi da
sovraindebitamento è effettuata facendo riferimento ai soggetti cui non
è applicabile la legge fallimentare28.
Escludendo il debitore consumatore e le start-up, i destinatari di
questa normativa non sono individuati espressamente dalla legge, la
28
F. MICHELOTTI, Le funzioni dei professionisti e degli organismi di
composizione della crisi nelle procedure di sovraindebitamento, op. cit., p. 3.
Nonostante l’esplicito riferimento alle situazioni di sovraindebitamento, è da
ritenere, tuttavia, che ciò non debba trarre in inganno l’interprete, in quanto il
legislatore ha adottato una concezione soggettivistica per definire coloro che
possono accedere alle procedure in esame, che si incardinano nei confronti di un
debitore, quale soggetto passivo, con tutto il suo patrimonio, e non nei confronti di
una mera situazione di sovraindebitamento, che potrebbe essere riferita anche ad un
patrimonio separato.
23 www.ilsovraindebitamento.it
quale si applica ad una molteplicità di soggetti, non omogenei tra loro.
I debitori, quindi, che possono essere ammessi alle procedure in esame,
non appartengono ad una categoria unitaria come, per esempio, gli
imprenditori commerciali dimensionati, assoggettabili al fallimento e al
concordato preventivo, bensì vengono individuati negativamente con
riferimento non ad una o più tipologie di soggetti, ma alla nozione di
procedura concorsuale. Tali soggetti sono identificati con il termine
generalissimo di debitore e quello più contenuto di consumatore. La
scelta del legislatore è stata quella di tenere fermo il modello dualistico
e di dividere in due comparti alternativi la disciplina dell’insolvenza
rispettivamente commerciale e civile, introducendo, poi, l’applicazione
anche per i soggetti non fallibili, dell’istituto dell’esdebitazione,
subordinato a uno stringente giudizio di meritevolezza.
Come visto nel paragrafo precedente, per l’accesso a una delle
procedure introdotte, accanto al requisito soggettivo della non
assoggettabilità alle vigenti procedure concorsuali, è richiesta la
presenza anche di un requisito di carattere oggettivo, cioè il debitore si
deve trovare in stato di sovraindebitamento. Con riferimento al
requisito soggettivo, possono accedere alla disciplina sia le persone
fisiche sia le persone giuridiche, le quali hanno contratto, in buona
fede, obbligazioni eccedenti la propria capacità di rimborso e,
naturalmente come più volte accennato, non sono in possesso dei
requisiti previsti dall’art. 1 della legge fallimentare. Rientrano, quindi,
nel novero di coloro aventi titolo ad accedere alla procedura tutti i
soggetti, persone fisiche, società, enti, che: non svolgono attività
d’impresa, sono imprenditori commerciali sotto soglia di cui all’art. 1
della legge fallimentare, sono imprenditori o enti privati non
commerciali, sono imprenditori agricoli, sono start-up innovative
indipendentemente dalle loro dimensioni. La procedura è applicabile
24 www.ilsovraindebitamento.it
anche all’insolvenza del professionista intellettuale, la cui attività
risulta caratterizzata dall’utilizzo di un complesso organizzato di beni e
di rapporti giuridici, la cui configurazione non appare dissimile da
quella aziendale.
La legge non ha disposto nulla, invece, per quanto riguarda gli
enti pubblici, i quali, qualora si trovino in stato di sofferenza, sono
esclusi da un lato dalle procedure concorsuali e dall’altro lato dalla
disciplina in oggetto, non sembrando ad essi applicabile. La dottrina
prevalente ritiene, infatti, che gli enti pubblici non possano beneficiare
di tale procedura perché la realtà debitoria nella quale potrebbero
trovarsi ha connotati di tipo amministrativo e riguarda i rapporti che
essi hanno con l’amministrazione finanziaria dello Stato. Inoltre il
legislatore già consente alla pubblica amministrazione, ai sensi dell’art.
1, comma 1 bis, legge 241/90, di agire, nell’adozione di atti di natura
non autoritaria, secondo le norme di diritto privato, salvo che la legge
stessa disponga diversamente. In linea di principio, dunque, potrebbe
essere possibile anche per gli enti pubblici ricorrere alla norma in
questione; però ciò non è possibile, poiché la stessa legge 3/2012
prevede l’esclusione dalla procedura di tutti quei soggetti per i quali è
disposta un’autonoma procedura di liquidazione.
I soggetti sopra indicati possono accedere a una delle tre
procedure che compongono la disciplina: accordo di composizione
della crisi, piano del consumatore e liquidazione del patrimonio. Tutte
e tre queste procedure sono alternative l’una all’altra e definite, per
esclusione, procedure concorsuali.
Coloro che si trovano in una situazione di sovraindebitamento
possono, dunque, concludere con i propri creditori un accordo di
25 www.ilsovraindebitamento.it
ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti29 sulla base di
un piano, oppure alternativamente possono decidere di non attivare tale
procedura, ma di accedere alla liquidazione del patrimonio. Con la
liquidazione il debitore non fa alcuna proposta ai creditori e mette tutti
i suoi beni a disposizione per la liquidazione. Quest’ultima è una
procedura simile al fallimento ma, a differenza di esso, può essere
messa in moto solamente tramite istanza volontaria e mai su istanza dei
creditori o dei terzi. L’esdebitazione nel caso di liquidazione del
patrimonio non è automatica ma, per ottenerla, il debitore deve essere
meritevole e cioè: cooperare, non ostacolare, non essere stato
condannato per determinati reati e non aver beneficiato di tale istituto
negli otto anni precedenti.
Inoltre per il solo soggetto consumatore è prevista la possibilità,
oltre che accedere alle procedure sopra citate, di proporre un piano per
la cui omologazione è sufficiente la positiva deliberazione del
tribunale, non richiedendo alcun consenso ai creditori.
Nei capitoli successivi saranno affrontate in maniera più
dettagliata le procedure dell’accordo di composizione della crisi e del
piano del consumatore, non focalizzando, quindi, l’attenzione sulla
terza procedura oggetto della disciplina in esame, ovvero la
liquidazione del patrimonio.
Infine, per accedere alle procedure sono previste delle condizioni
ostative. Secondo l’art. 7 comma due, non possono usufruire
dell’accordo di composizione della crisi e del piano del consumatore
coloro che: a) sono soggetti a procedure concorsuali diverse da quelle
previste dalla l. 3/2012; b) hanno già ricorso, nei precedenti cinque
29
In realtà “creditori”. Trattasi probabilmente di un refuso nella legge, in quanto a
rigor di logica i debiti si ristrutturano e si soddisfano i creditori, non i crediti. Infatti,
tra creditori e crediti c’è una bella differenza, i primi è possibile soddisfarli, mentre i
crediti casomai si incassano.
26 www.ilsovraindebitamento.it
anni,
a
procedimenti
di
composizione
della
crisi
da
sovraindebitamento; c) hanno subito, per cause a loro imputabili, un
provvedimento di impugnazione, revoca o annullamento del piano; d)
hanno presentato una documentazione che non consente di ricostruire
compiutamente la loro situazione economica e patrimoniale. Invece, il
primo comma dell’art. 14-ter. prevede condizioni di accesso alla
procedura di liquidazione dei beni meno stringenti rispetto a quelle di
ammissione previste per le altre procedure. Infatti, un soggetto
sovraindebitato non può accedere alla liquidazione del patrimonio
solamente se è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle
previste dalla legge in questione e se ha già fatto ricorso nei cinque
anni precedenti a tali procedure.
1.4 L’organismo di composizione della crisi.
Con l’art. 15 il legislatore, dopo aver provveduto a descrivere nel
dettaglio le nuove procedure, si occupa di delineare le caratteristiche di
quei soggetti che rappresentano una delle innovazioni più significative
della disciplina, ossia gli organismi di composizione della crisi. Questi,
a seguito delle ultime modifiche apportate alla presente legge, sono tra
i principali protagonisti della disciplina, svolgendo un’importante
attività d’intermediazione fra i soggetti non fallibili e il tribunale. Tali
soggetti sono insostituibili, operano soltanto dopo che il debitore ha
chiesto di essere assistito in una delle procedure disciplinate dalla legge
3/2012 e, dunque, sono chiamati a svolgere una funzione di ausilio di
carattere generale al debitore che versa in stato di crisi. Dalla lettura
della norma è possibile intuire come tali organismi si pongano in una
posizione di terzietà rispetto al debitore e ai creditori coinvolti nel
procedimento e abbiano una posizione qualificata che consente loro,
27 www.ilsovraindebitamento.it
almeno in potenza, di perseguire proficuamente l’obiettivo generale cui
tende l’intera procedura: ovvero quello, chiaramente esplicitato dall’art.
6, di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette
né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali. All’interno della
legge è quindi evidente il ruolo svolto da tali organismi, in altre parole
quello di garanti del funzionamento dell’intera procedura, da svolgersi
anche in collaborazione con il giudice30.
L’organismo interviene durante le varie fasi del procedimento, ma
non ha la legittimazione per attivare alcuna procedura; dato che agisce
soltanto su mandato del soggetto sovraindebitato che soddisfa le
condizioni per accedere a una delle procedure regolate dalla legge
oggetto del presente lavoro. Prima delle modifiche introdotte dal d.l.
179/2012 i compiti dell’organismo di composizione della crisi erano
disciplinati dall’art. 17, ora abrogato. A seguito dell’ultime riforme
apportate alla disciplina, i compiti e le attività dell’organismo sono
regolati dai commi cinque, sei, sette e otto dell’art. 15. In particolare il
comma quinto precisa che tale organo assume ogni iniziativa
funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e
all’esecuzione dello stesso.
L’organismo di composizione della crisi svolge un compito
fondamentale nella fase iniziale di studio e di predisposizione del piano
assumendo il ruolo di advisor, sia legale che finanziario del debitore.
30
Sul punto, si veda R. D’AQUINO DI CARAMANICO, Organismi di
composizione della crisi, in La “nuova” composizione della crisi da
sovraindebitamento, op. cit., p. 89. E’ di piena evidenza come il ruolo di garanti del
funzionamento dell’intera procedura, da svolgersi, peraltro, anche in collaborazione
con il giudice, attribuisca agli organismi la concreta possibilità di influenzare
(auspicabilmente in maniera positiva) la composizione della crisi, per l’effetto
trasformandosi effettivamente in strumenti espressione, in un certo qual modo, della
longa manus pubblica. Questo viene ad essere confermato sin dal primo comma
dell’art. 15 ove si attribuisce agli “enti pubblici” la possibilità di costituire tali
organismi, purché essi siano forniti di adeguate garanzie d’indipendenza e
professionalità.
28 www.ilsovraindebitamento.it
Rientrano, inoltre, tra le funzioni svolte dall’organismo: a) verificare la
veridicità dei dati contenuti nella domanda e nei documenti allegati alla
stessa; b) attestare la fattibilità del piano; c) trasmettere e relazionare al
giudice
i
consensi
espressi
dai
creditori
e
il
conseguente
raggiungimento o meno della maggioranza degli stessi, allegando le
eventuali osservazioni ricevute; d) relazionare ai creditori riguardo le
adesioni e il raggiungimento dell’eventuale maggioranza; e) eseguire la
pubblicità della proposta e dell’accordo come disposto dal giudice; f)
effettuare tutte le comunicazioni disposte dal giudice; g) risolvere i
conflitti sorti con i creditori in fase di esecuzione; h) sorvegliare
l’esatta esecuzione dell’accordo dopo l’omologazione.
La legge assegna quindi agli organismi di composizione della
crisi funzioni e compiti che interessano tutte le fasi della procedura,
non svolgendo solamente una funzione di supporto nei confronti del
debitore.
Il
predetto
organismo,
quindi,
sembra
rivestire
congiuntamente i ruoli che nel concordato preventivo hanno il
professionista che assiste il debitore nella predisposizione della
domanda, l’attestatore, il commissario giudiziale e persino, se disposto
dal giudice, le funzioni di liquidatore 31 . Infatti, l’organismo di
composizione della crisi può essere chiamato ad assumere anche la
funzione di liquidatore. A tal proposito il piano può prevedere
l’affidamento del patrimonio del debitore a un gestore, individuato tra i
professionisti in possesso dei requisiti previsti dall’art. 28 della legge
fallimentare, il quale svolga appunto le funzioni di liquidazione. Tale
nomina è altresì obbligatoria quando tra i beni da utilizzare per il
soddisfacimento dei creditori ve ne siano alcuni sottoposti a
31
FONDAZIONE DOTTORI COMMERCIALISTI FIRENZE, Procedimenti di
composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio,
op. cit., p. 15.
29 www.ilsovraindebitamento.it
pignoramento, o per ricoprire la carica di liquidatore nella procedura di
liquidazione del patrimonio.
Il ruolo poliedrico assegnato all’organismo oggetto del presente
paragrafo presuppone che esso abbia i requisiti d’indipendenza,
professionalità e terzietà e che i soggetti che ne fanno parte, o chiamati
a svolgere tali funzioni, abbiano un’ampia e vasta conoscenza e operino
con la diligenza richiesta dal proprio incarico.
Il legislatore ha stabilito che possono essere organismi di
composizione della crisi o svolgere tali funzioni: gli enti pubblici,
purché iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero di
Giustizia, e professionisti o società tra professionisti (avvocati,
commercialisti, ragionieri, notai)32. Per svolgere tali compiti, questi
ultimi devono avere i requisiti idonei per assumere la carica di curatore
fallimentare 33 . Questi, se nominati dal Presidente del tribunale
territorialmente competente, o da un giudice da lui delegato, possono
32
Attualmente siamo sempre nella fase transitoria, cioè gli organismi di
composizione della crisi quali enti pubblici ancora non esistono e, pertanto, in attesa
dell’adozione del regolamento attuativo, vige una disciplina transitoria in forza della
quale il ruolo, i compiti e le funzioni degli O.C.C. sono svolte soltanto da
professionisti, o società tra professionisti, in possesso dei requisiti per assumere la
carica di curatore, purché nominati su istanza del debitore dal Presidente del
tribunale o da un giudice da lui nominato. Preme tuttavia precisare che anche dopo
che gli O.C.C. saranno costituiti tale ruolo potrà comunque essere ricoperto anche da
un professionista.
33
Art. 28 l.f. – Requisiti per la nomina a curatore
Possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore:
a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;
b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci
delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso,
all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona
fisica responsabile della procedura;
c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo
in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e
purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.
Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto
grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell’impresa
durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonché chiunque si trovi
in conflitto di interessi con il fallimento.
30 www.ilsovraindebitamento.it
essere, dunque, chiamati ad assolvere tali funzioni e compiti.
L’art. 15 rimanda, per quanto riguarda la definizione dei requisiti
degli organismi nonché per le modalità di iscrizione nel registro
suddetto, ad un apposito regolamento del Ministero di Giustizia da
emanarsi entro 90 giorni dalla entrata in vigore del decreto legge, il
quale alla data di redazione del presente elaborato non risulta ancora
pubblicato.
Buona parte della dottrina ritiene che, dalla lettura della norma,
gli organismi di composizione della crisi possano essere costituiti
soltanto da enti pubblici e non da enti privati, società o persone fisiche.
Ne consegue che è possibile osservare criticamente un’irragionevole
disparità di trattamento: infatti, in quest’ottica, si ammette che un
soggetto possa essere nominato dal tribunale quale professionista
facente funzione di organismo di composizione della crisi, mentre lo
stesso non può costituirne uno, perché soggetto privato. Quale ulteriore
rafforzamento di questa tesi, si riporta che l’estensione agli enti privati
della possibilità di costituire tali organismi era prevista da un
emendamento alla legge di conversione del d.l. n. 212/2012, approvato
dal Senato ma poi soppresso dalla Camera. Alla luce di quanto esposto,
parte della dottrina ritiene quindi che la natura degli enti che possono
costituire questi organismi sia solamente di indole pubblicistica34.
34
F. MICHELOTTI, Le funzioni dei professionisti e degli organismi di
composizione della crisi nelle procedure di sovraindebitamento, op. cit., p. 11. Gli
O.C.C. possono essere costituiti soltanto da enti pubblici, non da enti privati, ne da
società o persone fisiche. Al riguardo, occorre rilevare che la profonda riforma della
legge 3/2012, ad opera del d.l. n. 179/2012 non è intervenuta sulla natura degli enti
che possono costituire gli O.C.C., che sono e restano di indole pubblicistica, per cui
può considerarsi una scelta sufficientemente meditata da parte del legislatore. Nel
merito, è da ritenere che il legislatore abbia voluto impedire alle agenzie del debito o
alle associazioni dei consumatori di occupare un mercato in espansione, quale quello
delle insolvenze civili, a causa della grave crisi economica e sociale in atto,
alterando a favore del debitore il rapporto di credito. Il ruolo dell’O.C.C., infatti, si
pone in una posizione intermedia tra il debitore ed i creditori, garantendo questi
31 www.ilsovraindebitamento.it
Resta comunque pacifico che, in base al dettato normativo, i
professionisti, o le società tra professionisti, possano dare la
disponibilità a operare in seno agli organismi di composizione della
crisi e, svolgere le funzioni in sostituzione dei medesimi. Inoltre è
altrettanto pacifico che, fino alla data in cui nel circondario del
tribunale non sia costituito almeno un O.C.C., effettivamente operativo,
ultimi che le proposte loro avanzate non realizzino soltanto gli interessi del debitore,
ma anche i loro, che in taluni casi, come nel piano del consumatore, non sono
chiamati nemmeno ad esprimere il consenso alla proposta.
Sul punto, si veda anche F. S. FILOCAMO, Gli organismi di composizione della
crisi: l’assetto organizzativo, in Sovraindebitamento e usura, Milano, 2012, 236. A
differenza di altri organismi analoghi, che possono far capo anche a privati, gli
O.C.C. devono essere necessariamente costituiti da enti pubblici. La non
attribuzione anche ai privati della facoltà di costituire organismi di composizione
della crisi può destare perplessità, sia perché non consente di intercettare risorse che
l’apertura al mercato avrebbe forse consentito di convogliare nei costituendi
organismi, sia perché la stessa legge, sia pure in via transitoria, prevede
l’affidamento a privati dei compiti e delle funzioni di tali organismi. Non si
comprende, quindi, per quale ragione, ad esempio, un avvocato o una società tra
professionisti possono essere nominati per fare le veci dell’O.C.C., mentre gli è
impedito di costituire un organismo di composizione della crisi che dia le stesse
garanzie di indipendenza e professionalità rispetto a quelli costituiti da enti pubblici.
Così anche M. FABIANI, La gestione del sovraindebitamento del debitore “non
fallibile” (d.l. 212/2011), op. cit., p. 18. La non attribuzione anche ai privati della
facoltà di costituire organismi di composizione della crisi è considerata dall’autore
una scelta felice da parte del legislatore. Infatti secondo Fabiani si tratta di una
soluzione più restrittiva, ma al tempo stesso più corretta, di quanto accaduto con
l’ingresso della media-conciliazione.
Per la tesi contraria invece, vedere A. GUIOTTO, La continua evoluzione dei rimedi
alle crisi da sovraindebitamento, in Fallimento, 2012, 1285. D’ora innanzi, gli
O.C.C. potranno essere costituiti non solo da enti pubblici, ma anche da anti privati
purché dotati di indipendenza, professionalità e adeguatezza patrimoniale da
valutarsi sulla base di un regolamento ministeriale da adottarsi entro novanta giorni
dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Perde, inoltre, ogni caratteristica di
transitorietà il ricorso, in luogo degli O.C.C., a un professionista o a una società tra
professionisti in possesso dei requisiti previsti per le funzioni di curatore
fallimentare.
Sempre per la tesi contraria, vedere anche G. LO CASCIO, L’ennesima modifica
alla legge sulla composizione della crisi da sovraindebitamento (L. 27 gennaio
2012, n. 3), in Fallimento, 2013, 826. Gli organismi di composizione della crisi
possono essere costituiti sia da enti pubblici, sia privati, dotati di requisiti
d’indipendenza e professionalità, secondo norme regolamentari adottate dal Ministro
della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze entro
novanta giorni dall’entrata in vigore della normativa in esame. Si tratta di una delle
innovazioni salienti che mira alla creazione di nuovi soggetti destinati ad assumere
una posizione di terzietà rispetto al debitore e ai creditori.
32 www.ilsovraindebitamento.it
le sue funzioni sono svolte dai soggetti che dispongono dei requisiti di
cui all’art. 28 della legge fallimentare.
Non sono infine mancate notevoli perplessità di parte della
dottrina su questo nuovo organo che dovrebbe agevolare l’evoluzione
delle procedure di sovraindebitamento e che, invece, finisce per
svolgere compiti talvolta inconciliabili con la carica rivestita e, quindi,
fonti d’inevitabili conflitti d’interesse. Infatti, il legislatore ha
mescolato al loro interno compiti di ausilio al giudice delegato, al
consumatore nella predisposizione del piano e di tutela dei creditori. E’
probabile, quindi, che si possa aprire la strada al conflitto d’interessi,
essendo l’organismo al tempo stesso, il consulente del debitore,
l’attestatore della veridicità dei dati e della fattibilità del piano,
l’organo pubblico che procede all’accertamento dell’esito della
votazione, il controllore degli interessi dei creditori, e così via35.
35
A. GUIOTTO, La continua evoluzione dei rimedi alle crisi da
sovraindebitamento, op. cit., p. 1289. L’affievolirsi della connotazione pubblicistica
dell’organismo, sebbene consenta la scelta da parte del debitore tra una pluralità di
soggetti professionalmente qualificati che possano svolgerne le funzioni, rischia di
acuire l’immanente conflitto di interessi che caratterizza, inevitabilmente, l’operato
dell’O.C.C. in ragione delle molteplici, e talvolta contradditorie, funzioni che la
legge gli attribuisce. Nonostante le modifiche, quindi, permangono, e per taluni
aspetti si acutizzano, le perplessità e le problematiche sulla costituzione, la
regolamentazione interna, la multi-professionalità e l’indipendenza, nonché sulla
remunerazione degli organismi, già evidenziate dai primi commentatori della l.
3/2012.
M. FABIANI, La gestione del sovraindebitamento del debitore “non fallibile” (d.l.
212/2011), op. cit., p. 17. Per quanto attiene ai compiti assegnati all’O.C.C., la legge
gli affida funzioni caleidoscopiche lungo tutto l’arco temporale della procedura di
composizione della crisi. Il legislatore ha così mescolato compiti di supporto al
debitore, compiti di fidefacenza verso i creditori, compiti di ausilio del giudice e di
controllore nell’interesse dei creditori. Una miscela esplosiva che evoca
l’immanenza di ripetuti conflitti d’interesse, quei conflitti che nella legislazione
concorsuale si vorrebbe drasticamente contenere e che la prassi di questi anni
cercano di evitare. Sicuramente appare distonico rispetto agli altri strumenti di
composizione negoziale della crisi che lo stesso soggetto prepari il piano, ne attesti
la fattibilità, poi assuma funzioni di tutela dei creditori e di ausilio del giudice. E’
vero che le indennità che competono all’organismo sono a carico del debitore ma
indirettamente anche dei creditori che vedono eroso il patrimonio del debitore loro
33 www.ilsovraindebitamento.it
Le problematiche sul conflitto d’interessi potrebbero in qualche
modo essere superate ove si addivenga alla conclusione che
l’organismo di composizione della crisi non operi come un soggetto
personificato, ma deleghi le varie funzioni a singoli e diversi
professionisti36.
L’importanza dei sopra descritti organismi è comunque
fondamentale per la disciplina e ciò è sottolineato anche dal notevole
spazio che il legislatore dedica agli stessi all’interno della legge.
destinato, e tuttavia questo non scoglie certo i possibili conflitti e le responsabilità
che l’O.C.C. verrebbe ad assumere.
Sul punto, si veda anche FONDAZIONE DOTTORI COMMERCIALISTI
FIRENZE, Procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di
liquidazione del patrimonio, op. cit., p. 9. Sulla base di tali considerazioni, possono
emergere dubbi relativi ai possibili conflitti di interesse insiti nel delicato ruolo
assegnato all’organismo. Non può trascurarsi poi, il fatto che è necessario che
l’organismo abbia i requisiti di indipendenza e terzietà, non potendo fare preferenze
tra classi di creditori, sia nella redazione del piano che nella certificazione della sua
fattibilità, fungendo nella successiva fase esecutiva anche da compositore di
conflitti.
36
Così, ancora, M. FABIANI, La gestione del sovraindebitamento del debitore
“non fallibile” (d.l. 212/2011), op. cit., p. 17. Orbene, per attenuare ma non per
elidere queste commistioni, si può immaginare che l’organismo adotti un
regolamento nel quale i diversi compiti vengano attribuiti a professionisti differenti
(anche per meglio rispecchiare le diverse professionalità richieste); se, come pare,
l’O.C.C. opera come un soggetto “personificato”, l’intera attività va imputata
all’organismo e dunque il problema dei conflitti non viene risolto davvero. Ove,
invece, si potesse prevedere che la designazione di singoli professionisti da parte
dell’O.C.C. di fatto si risolve in una delega di funzioni, allora, forse, le commistioni
potrebbero essere evitate con la nomina di più soggetti. Forse a favore di questa
soluzione potrebbe addursi la disposizione transitoria che attribuisce
provvisoriamente i compiti dell’O.C.C. a quei professionisti in possesso dei requisiti
per la nomina a curatore. Infatti se le attività dell’organismo possono essere svolte
direttamente da un professionista, non dovrebbe risultare problematico operare
mediante delega non meramente interna. Così l’attività del delegato impegnerebbe
tanto il professionista quanto l’O.C.C. che lo designa e tutto ciò andrebbe a tutelare
di più coloro che sono coinvolti nella crisi, fermo restando che le indennità previste
dovrebbero, in tal caso, essere frazionate.
34 www.ilsovraindebitamento.it
Capitolo secondo
L’accordo di composizione della crisi
2.1 Il contenuto dell’accordo.
Questa procedura era l’unica presente nella prima versione della
disciplina in oggetto; tuttavia oggi, per effetto delle modifiche
apportate dal d.l. 179/2012, non solo l’accordo si è tramutato in una
procedura con carattere concordatario, ma il nuovo impianto della
legge 3/2012 si completa anche con la previsione di un procedimento
simile, alternativo, di cui può avvalersi il debitore inteso come
consumatore, nonché con una procedura liquidatoria cui può seguire
eventualmente un effetto esdebitatorio.
Per quanto riguarda specificamente la prima delle procedure
citate, l’art. 7, al primo comma, stabilisce che il debitore, non
necessariamente persona fisica, in stato di sovraindebitamento può
proporre ai propri creditori, con l’ausilio degli organismi di
composizione della crisi, un accordo di ristrutturazione dei debiti che
preveda la soddisfazione dei crediti sulla base di un piano.
In primo luogo è necessario sottolineare che, con le modifiche
introdotte dal decreto legge di cui sopra, la procedura è qualificata
come concorsuale e, quindi, rivolta a tutti i creditori, per i quali vale il
silenzio-assenso. La conseguenza di ciò è che gli stessi non possono
più essere suddivisi in due classi (aderenti ed estranei), come invece era
nella legge originaria. Ne consegue che la necessità di assicurare il
regolare pagamento dei creditori estranei, prevista in precedenza,
decade, poiché gli stessi sono vincolati all’accordo raggiunto con i
creditori che rappresentano una maggioranza qualificata, come accade
35 www.ilsovraindebitamento.it
nel concordato. Inoltre, con la rivisitazione della legge, scompare anche
la necessità di assicurare il pagamento integrale ai creditori privilegiati.
Il piano deve prevedere le scadenze e le modalità di pagamento
dei creditori e deve assicurare il regolare pagamento dei crediti
impignorabili ex art. 5451 del codice di procedura civile.
I crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere
soddisfatti integralmente a condizione che sia assicurato il pagamento
in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di
liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o
ai diritti oggetto della prelazione. Questa possibilità è speculare a
quella disciplinata dalla legge fallimentare in tema di concordato
preventivo. In sostanza, anche nel caso di composizione della crisi da
sovraindebitamento si applica la regola prevista dall’art. 1602 l.f., con
1
Art. 545 c.p.c. – Crediti impignorabili
Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, e
sempre con l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui
delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto.
Non possono essere pignorati crediti aventi per soggetti sussidi di grazia o di
sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per
maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da
istituti di beneficenza.
Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità
relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di
licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura
autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato.
Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti
allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito.
Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente
non può estendersi oltre alla metà dell’ammontare delle somme predette.
Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di
legge (c.c. 1881, 1923, 2571, n. 7; c.p.c. 514).
2
Art. 160 l.f. – Presupposti per l’ammissione alla procedura
L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato
preventivo sulla base di un piano che può prevedere:
a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi
forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni
straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da
questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili
in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
36 www.ilsovraindebitamento.it
la differenza che, in quest’ultima, tale valore dovrà essere oggetto di
specifica attestazione da parte dell’organismo di composizione della
crisi.
Spesso il debitore sovraindebitato, in particolare se imprenditore,
è inadempiente verso l’erario e gli istituti previdenziali in maniera
molto rilevante. A seguito dell’attuale crisi economica, solitamente i
debiti accumulati nei confronti di questi particolari soggetti arrivano ad
assumere importi elevati. Grazie alle ultime modifiche apportate alla
disciplina, è stato introdotto, in via indiretta, un istituto molto simile a
quello della transazione fiscale3 vigente in ambito fallimentare. Infatti, i
crediti erariali e previdenziali possono non essere soddisfatti
integralmente. Sono esclusi, invece, i crediti riguardanti tributi
costituenti risorse proprie dell’Unione Europea, dell’I.V.A. e delle
ritenute operate e non versate, per i quali il piano deve prevedere
l’integrale corresponsione. Per questi crediti potrà essere prevista
b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di
concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i
creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della
procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai
creditori per effetto del concordato;
c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi
economici omogenei;
d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.
La proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non
vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in
misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione
preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di
mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato
nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67,
terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere
l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.
Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di
insolvenza.
3
La transazione fiscale consente al piano concordatario di prevedere il pagamento
parziale, o dilazionato, del debito tributario (art. 182-ter. legge fallimentare). Non
possono essere falcidiati, ma solamente dilazionati, i tributi costituenti risorse
proprie dell’Unione Europea, con riguardo all’imposta sul valore aggiunto ed alle
ritenute d’acconto.
37 www.ilsovraindebitamento.it
esclusivamente una dilazione di pagamento. Inoltre, ai sensi dell’art.11
quinto comma, in caso di mancato rispetto del termine di novanta
giorni dalle scadenze previste per questi crediti, l’accordo cessa di
diritto di produrre effetti.
Il piano deve prevedere i termini e le modalità di pagamento dei
creditori, i quali possono essere suddivisi in classi. La norma non
impone al debitore condizioni simili a quelle previste in ambito
concorsuale e, quindi, in linea teorica lascia piena libertà al soggetto
sovraindebitato di effettuare l’eventuale divisione dei creditori secondo
la propria volontà. Tuttavia la legge, indicando all’art. 7 secondo
comma lettera a) la procedura come concorsuale, fa ritenere alla
dottrina prevalente che la regola della par condicio creditorum4 debba
essere comunque applicata, visto che in mancanza di essa non avrebbe
ragione d’essere la previsione di classi e, conseguentemente, verrebbe
reso inefficace il principio della parità tra creditori5.
La suddivisione dei creditori in classi potrebbe anche essere
richiesta dall’organismo di composizione della crisi che, in sede di
attestazione del piano, potrebbe rilevare una certa disorganicità del
medesimo, tale da non renderlo fattibile o quantomeno da non
prevederne il buon esito.
4
La locuzione latina par condicio creditorum esprime un principio giuridico in virtù
del quale i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore,
salve le cause legittime di prelazione.
5
Sul punto, si veda V. FABBIANO, Procedura di composizione della crisi da
sovraindebitamento, in www.ilsovraindebitamento.it, Studio Unione Nazionale
Giovani Dottori Commercialisti, 2013. Il piano, pertanto, può stabilire condizioni
differenti soltanto tra le classi, fermo restando il principio che i titolari di crediti
impignorabili, i crediti tributari ed i creditori privilegiati capienti debbono essere
soddisfatti integralmente.
Quanto alle classi, il legislatore ne ha prevista la possibilità, ma non ha previsto che
esse raggruppino al loro interno crediti con natura giuridica e interessi economici
omogenei (art. 160, primo comma, lettera c) legge fallimentare), anche se
ovviamente al loro interno dovrà essere stabilito un trattamento economico uguale,
in modo da favorire il consenso dei creditori.
38 www.ilsovraindebitamento.it
Sia le scadenze, sia le modalità dell’adempimento, sono elementi
fondamentali che devono emergere esplicitamente. Per quanto riguarda
i pagamenti non effettuati in denaro, è opportuno che sia indicata la
percentuale di soddisfazione del creditore in maniera che tutti possano
effettuare la loro valutazione e l’organismo di composizione della crisi
esprimersi sulla fattibilità del piano. Tale elasticità riguardo le modalità
di adempimento dovrebbe, secondo il legislatore, facilitare il
raggiungimento dell’accordo.
Qualora l’adempimento delle obbligazioni scaturenti dalla
proposta che il debitore propone ai suoi creditori siano garantite da uno
o più soggetti terzi, il piano deve esplicitamente darne atto. La norma
non pone alcuna limitazione al tipo di garanzia che può essere prestata
a favore del debitore per l’adempimento della proposta.
Anche le modalità di liquidazione dei beni debbono essere
indicate. Le indicazioni non devono riguardare soltanto le procedure da
adottare, ma anche i tempi nei quali si ritiene ipotizzabile la
liquidazione. E’ opportuno segnalare che il debitore potrebbe anche
non destinare tutti i suoi beni a soddisfare i creditori, lasciandone fuori
alcuni, come del resto può lasciare fuori dalla proposta alcuni soggetti
che vantano crediti nei suoi confronti. In tal caso, i creditori interessati
valuteranno la scelta del debitore e quindi decideranno se esprimere o
meno il loro assenso. In ogni caso la proposta deve essere fatta propria
da almeno una parte qualificata di creditori, attraverso voto favorevole.
Il piano può prevedere, altresì, l’affidamento del patrimonio del
debitore a un gestore, nominato dal giudice, per la liquidazione, la
custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori. Il gestore deve
essere individuato tra i professionisti in possesso dei requisiti per la
nomina a curatore, ex art. 28 l.f., ruolo che potrebbe, quindi, essere
assunto dallo stesso organismo di composizione della crisi. Al soggetto
39 www.ilsovraindebitamento.it
che esercita l’attività di custode, è inibita qualsiasi funzione dispositiva,
ma gli è attribuita quella di amministrare e conservare il patrimonio;
tali poteri saranno esercitati tenendo presente i poteri autorizzativi del
giudice. La figura del gestore è, dunque, simile a quella del liquidatore,
ma non identica. Infatti, la previsione dell’affidamento del patrimonio a
tale soggetto, non è compatibile in presenza di beni da utilizzare per il
soddisfacimento dei creditori sottoposti a pignoramento. In questo
caso, è il giudice che nomina un liquidatore, il quale può disporre, in
via esclusiva, dei beni e delle somme incassate. La nomina obbligatoria
del liquidatore si ha, quindi, soltanto nel caso in cui vi siano beni
sottoposti a pignoramento.
La proposta di accordo, ai sensi dell’art. 8, primo comma, che il
soggetto sovraindebitato può presentare per la ristrutturazione dei
debiti, è a contenuto aperto, nel senso che può prevedere qualsiasi
modalità per la soddisfazione dei crediti, anche mediante la cessione
dei crediti futuri. Per quanto riguarda questi ultimi, si ritiene che siano
apprezzabili quando possono essere in qualche modo stimati, cioè
riferiti a dati oggettivi. Tra questi si possono annoverare: i redditi da
lavoro dipendente; i redditi da pensione; le rendite, quali affitti di beni
immobili o titoli di stato.
La proposta deve essere valutata tenendo conto dei beni e diritti
che il debitore è in condizione di mettere a disposizione e della massa
dei soggetti cui la stessa è indirizzata, la quale deve, pertanto,
soddisfare i creditori. La soddisfazione può avvenire anche con forme
diverse dal pagamento, così come non è da escludere che la proposta
possa prevedere la corresponsione di alcuni creditori o la cessione di
beni e diritti a soggetti interessati a subentrarne nella titolarità.
Nel caso in cui i beni e i redditi del debitore non siano sufficienti
a garantire la fattibilità del piano, la proposta dovrà essere sottoscritta
40 www.ilsovraindebitamento.it
da uno o più terzi che ne garantiscano l’attuabilità. Questa garanzia
prestata dai terzi è atipica, nel senso che non deve rispettare canoni
particolari. Infatti, secondo la gravità dell’incapienza del patrimonio
del sovraindebitato l’intervento del terzo può configurarsi come
solutorio o a garanzia. Nei casi più gravi, sottoscrivendo la proposta, il
terzo si impegna a conferire beni o redditi in misura sufficiente a
rendere attuabile il piano. Invece, in presenza di una mera sfiducia dei
creditori nella capacità del debitore di porre in essere l’accordo, il terzo
si limita a conferire i suoi beni o redditi a garanzia del suo
adempimento. E’ quindi possibile il rilascio di garanzie tipiche reali e
personali previste dal codice civile. La previsione della possibilità di
prestare garanzia da parte di terzi per l’attuazione dell’accordo
consente di accedere alla procedura anche a soggetti che non hanno
alcun bene o reddito da mettere a disposizione dei creditori. Se la
garanzia è rilasciata da una persona giudicata solvibile, può essere
anche rappresentata da una fidejussione personale.
Le garanzie possono essere rilasciate: prima della presentazione
della proposta, contemporaneamente al deposito oppure nel corso della
procedura o dopo l’omologazione. Non sono, quindi, previsti dalla
legge limiti temporali per il loro rilascio. Tuttavia, bisogna notare che
la mancata costituzione della garanzia promessa è motivo di risoluzione
del piano come espressamente previsto dall’art. 146.
Il terzo comma dell’art. 8 statuisce che la proposta di accordo che
il debitore presenta ai propri creditori deve anche indicare eventuali
limitazioni all’accesso al mercato del credito al consumo, all’utilizzo
6
F. CERRI, L’intervento del terzo, in Composizione della crisi da
sovraindebitamento, Il Civilista, 2012, 33. Con riferimento alla posizione del terzo,
sembra doversi escludere qualsiasi tipo di collegamento tra questi e la figura
dell’assuntore previsto nel concordato fallimentare, il quale sostituendosi al fallito,
si obbliga direttamente ad assolvere gli adempimenti generati dal concordato
proposto e in cambio ottiene la cessione dei beni fallimentari.
41 www.ilsovraindebitamento.it
degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione
di strumenti creditizi e finanziari. Le limitazioni di cui sopra sono
facoltative ed è logico ritenere che il sovraindebitato può liberamente
decidere se e quali prevedere7. Tali disposizioni mirano a garantire una
quanto
più
possibile
fedele
rappresentazione
della
situazione
patrimoniale del debitore e a responsabilizzarlo in modo tale che non
possa ricadere nella situazione che cerca di superare con la procedura
in oggetto.
L’eventuale limitazione non sembra avere carattere punitivo,
perché in tal caso ne sarebbe stata prevista l’obbligatorietà ma,
semplicemente, impedisce al soggetto di peggiorare la propria
situazione contraendo nuove obbligazioni. Ciò rappresenta anche una
sorta di garanzia per i creditori che accettano l’accordo di
composizione della crisi.
Inoltre, nel caso in cui la proposta di accordo preveda la
continuazione dell’attività d’impresa, è possibile prevedere una
moratoria fino a un anno dall’omologazione per il pagamento dei
creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca. La sospensione, invece,
non è possibile se è prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali
sussiste la causa di prelazione. L’eventuale moratoria sembra
ricondursi alla volontà di concedere al debitore la possibilità di
7
R. BELLE’, Il contenuto dell’accorso, in Sovraindebitamento e usura, Milano,
2012, 113. Si può osservare come, in mancanza di forme di pubblicità cd. costitutiva
(anche l’iscrizione al registro delle imprese per i casi di debitori-imprenditori
sembra rivestire la mera natura di pubblicità-notizia, priva come tale degli effetti di
cui all’art. 2193 c.c.), i terzi creditori posteriori alla composizione del
sovraindebitamento che contrattino con il debitore potrebbero non essere a
conoscenza del divieto così imposto e la loro buona fede, da presumersi come per
regola generale, non potrebbe che essere tutelata non applicando a loro pregiudizio
alcuna conseguenza per la violazione dell’impegno altrui. In presenza di terzi in
mala fede, che consentano il maturare di ulteriori debiti, pur essendo a conoscenza
della limitazione imposta, la conseguenza appare essere quella dell’esclusione di
essi dalla soddisfazione sui beni devoluti alla procedura di composizione.
42 www.ilsovraindebitamento.it
liquidare i beni da cui trarre le risorse per l’effettuazione dei
pagamenti. Tale orientamento sembra compatibile con quanto stabilito
nei concordati in continuità, ove è stata espressamente prevista una
moratoria fino a un anno nel pagamento dei creditori preferenziali8.
Questa possibilità è prevista anche nel caso in cui il piano sia
presentato da un consumatore, mentre, in tutti gli altri casi non è
possibile prevedere alcuna moratoria nei pagamenti.
2.2 Il deposito della proposta e la documentazione allegata.
La legittimazione processuale è lasciata all’esclusiva iniziativa del
debitore ed infatti l’avvio del procedimento è volontario, anche se è
richiesto l’ausilio dell’O.C.C.. Il soggetto che intende accedere alla
procedura deve depositare, presso il tribunale territorialmente
competente9, un’istanza di nomina di un professionista che svolge le
funzioni di tale organo10. L’organismo in questa fase è appunto di
ausilio al soggetto sovraindebitato nella predisposizione di una
proposta di ristrutturazione dei debiti da sottoporre ai creditori.
Nonostante ciò, anche se la norma non lo prevede espressamente, è
sempre bene che il debitore si faccia assistere anche da un proprio
8
FONDAZIONE DOTTORI COMMERCIALISTI FIRENZE, Procedimenti di
composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio,
op. cit., p. 14.
9
Il tribunale competente è quello nella cui circoscrizione il proponente ha la
residenza o la sede. La residenza, cioè il luogo dove il soggetto ha la dimora
abituale, è da riferire al debitore persona fisica che non ha la qualifica
d’imprenditore. Invece la sede, è da riferire al luogo dove l’imprenditore svolge la
sua attività.
10
La richiesta al tribunale competente di nomina di un professionista che svolga le
funzioni di O.C.C. avviene principalmente in questa attuale fase transitoria, poiché
in futuro, quando la disciplina sarà a regime e gli O.C.C. saranno costituiti, un
debitore potrà molto più semplicemente scegliersi e presentarsi ad un organismo di
composizione della crisi; fermo restando comunque la possibilità di richiedere la
nomina al tribunale.
43 www.ilsovraindebitamento.it
professionista che lo aiuti nella predisposizione del piano, in quanto,
come già accennato, all’O.C.C. spettano anche compiti di supporto al
giudice e ai creditori.
La procedura si apre con il deposito della proposta di accordo da
parte del debitore presso il tribunale competente, unitamente alla
documentazione a corredo. La legge, a differenza che nel fallimento,
non dice nulla a proposito del trasferimento della residenza o della sede
nell’anno
anteriore
all’iniziativa.
Tuttavia,
sembra
ugualmente
applicabile alla procedura in oggetto, il principio adottato in ambito
fallimentare11.
Pur nel silenzio della legge, la dottrina ritiene che si tratti di una
domanda di tipo giudiziale, che ha la forma di ricorso rivolto al
tribunale, con cui si instaura un rapporto processuale tra debitore e
creditori12.
Contestualmente al deposito presso il tribunale, e comunque non
oltre i tre giorni successivi, la proposta deve essere presentata, a cura
dell’organismo di composizione della crisi che assiste il debitore,
presso l’agente della riscossione e presso gli uffici fiscali, anche degli
enti locali. I predetti uffici sono individuati in relazione all’ultimo
domicilio fiscale del proponente. Per tale motivo la domanda deve
contenere, ex art. 9 primo comma, anche la ricostruzione della
11
F. S. FILOCAMO, Deposito ed effetti dell’accordo, in Fallimento, 2012, 1049.
In ambito fallimentare, ma ciò vale anche ai fini della presentazione della domanda
di concordato preventivo, è previsto che il trasferimento della sede nell’ultimo anno
è irrilevante ai fini della competenza (art. 9 l.f.). L’irrilevanza del trasferimento della
sede nel corso dell’ultimo anno è stata prevista per evitare che il debitore scegliesse
il giudice ritenuto a lui più favorevole (c.d. forum shopping).
Probabilmente, per evitare o scoraggiare fenomeni di forum shopping, è sufficiente
anche applicare i principi espressi dalla giurisprudenza prima della riforma della
legge fallimentare in ordine alla prevalenza della effettività della sede ed alla non
vincolatività di trasferimenti fittizzi o posti in essere in prossimità temporale
dell’inizio del procedimento.
12
G. LO CASCIO, L’ennesima modifica alla legge sulla composizione della crisi da
sovraindebitamento, op. cit., p. 817.
44 www.ilsovraindebitamento.it
situazione fiscale del debitore, indicando eventuali contenziosi
pendenti. Per fare ciò, l’O.C.C. deve indagare riguardo la posizione
fiscale del soggetto sovraindebitato, comprese eventuali controversie
per le quali sono pendenti ricorsi nei vari gradi di giudizio. Tali
informazioni, infatti, sono importanti non solo per gli enti che vantano
crediti tributari nei confronti del debitore, ma anche per tutti gli altri
creditori, i quali devono valutare se accettare o meno la proposta. La
norma, stranamente, non prevede il deposito della domanda agli enti
previdenziali e assistenziali che, in alcuni casi, vantano crediti elevati.
Il tribunale e i creditori devono essere messi in condizione di
conoscere la situazione debitoria e patrimoniale del proponente.
Pertanto,
occorre
fornire
un
idoneo
supporto
informativo
e
documentale dettagliatamente indicato nel secondo comma dell’art. 9.
Il primo dei documenti da allegare alla domanda è l’elenco di tutti
i creditori, con la specifica indicazione delle somme dovute e delle loro
scadenze. La dottrina maggioritaria condivide la tesi che il suddetto
elenco deve comprendere anche i debiti contestati in tutto o in parte,
poiché il dato è necessario a rappresentare in maniera veritiera la
situazione reale dell’indebitamento, sia al fine di consentire al creditore
di esprimere il voto in base ad una valutazione informata, sia per la
corretta determinazione del quorum per l’approvazione13.
13
Sul punto, si veda M. FERRO, L’avvio del procedimento: il deposito della
proposta, in Sovraindebitamento e usura, Milano, 2012, p. 123. Si può discutere se
siano da indicare anche i crediti contestati, dovendosi rispondere affermativamente
ove ad essi corrispondano pretese già avanzate, anche se non in via giudiziale, verso
il debitore, dovendo tale ammontare essere computato, oltre che per il calcolo della
maggioranza, anche per i margini di tenuta delle offerte solutorie del piano. La
contestazione, per come rendicontata, dovrà cioè essere tale da permettere
l’espressione di un consenso pienamente informato da parte di tutti i creditori o
almeno la spiegazione di dettaglio circa l’esclusione di taluni di essi dal novero dei
destinatari della proposta, tenuto conto che nessuna controversia verrà definita entro
questa procedura, mancando una specifica competenza ad hoc del giudice che vi è
preposto.
45 www.ilsovraindebitamento.it
Unitamente alla proposta devono poi essere indicati tutti i beni del
debitore, compresi quelli che eventualmente intende trattenere e tutti
quelli che potenzialmente possono tradursi in un valore di liquidazione,
come per esempio un’eredità non ancora accettata. Tali beni, anche se
non previsto dalla norma, devono essere valutati al fine di quantificare
l’ammontare di ciò che è destinato al soddisfacimento dei creditori.
Insieme alla lista dei beni del debitore devono essere indicati anche gli
eventuali atti dispositivi posti in essere negli ultimi cinque anni, al fine
di verificare se il soggetto ha posto in essere operazioni finalizzate alla
spoliazione.
Infine il sovraindebitato deve allegare alla domanda le
dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, l’attestazione sulla
fattibilità del piano rilasciata dall’O.C.C., nonché l’elenco delle spese
correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa
indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del
certificato dello stato di famiglia. Se chi accede alla procedura di
composizione della crisi svolge attività d’impresa vi è, altresì, l’obbligo
di depositare unitamente alla proposta di accordo anche le scritture
contabili degli ultimi tre esercizi. Per quanto concerne il deposito
dell’attestazione sulla fattibilità del piano è opportuno tenere presente
che questa viene redatta dagli organismi di composizione della crisi.
Con essa l’organismo incaricato, muovendo da dati contabili veritieri,
articola un percorso logico-argomentativo serio e coerente a supporto
dell’effettiva capacità del debitore di rispettare gli impegni di
ristrutturazione conseguenti all’omologazione. Si tratta, quindi, di una
vera e propria relazione sulla fattibilità dell’accordo, comprensiva
anche dell’attestazione sulla veridicità dei dati. Lo scopo è di fornire al
ceto creditorio tutte le informazioni e tutti gli elementi necessari per la
valutazione della convenienza della soluzione proposta.
46 www.ilsovraindebitamento.it
Se il complesso d’informazioni non dovesse essere sufficiente, la
legge prevede la possibilità che il giudice possa concedere un termine
perentorio non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni
alla proposta o produrre nuovi documenti. Un aspetto non molto chiaro
riguarda il fatto se tra i nuovi documenti che il giudice può richiedere
siano compresi o meno anche quelli relativi la presentazione della
domanda presso l’agenzia della riscossione dei tributi e gli uffici
fiscali. E’ da ritenere che tali documenti non siano da qualificare come
nuovi e che devono essere depositati spontaneamente dall’organismo di
composizione della crisi che assiste il debitore. Riguardo a ciò, la
norma non prevede alcuna sanzione e, quindi, la mancata produzione
non dovrebbe incidere sulla procedura. Tuttavia nella prassi potrebbe
spingere il giudice ad eseguire accertamenti ed entrare nella
valutazione per l’emissione del provvedimento di revoca in sede
d’udienza14.
Dalla data del deposito sono sospesi, ai soli effetti del concorso, la
decorrenza degli interessi convenzionali o legali per tutti i crediti non
muniti di ipoteca, pegno o privilegio e salvo quanto previsto dagli
articoli 274915, 278816 e 285517, commi secondo e terzo c.c.. Ciò sta a
14
E. SOLLINI, La composizione della crisi da sovraindebitamento, op. cit., p. 81.
Art. 2749 c.c. – Estensione del privilegio
Il privilegio accordato al credito si estende alle spese ordinarie per l’intervento nel
processo di esecuzione. Si estende anche agli interessi dovuti per l’anno in corso alla
data del pignoramento e per quelli dell’anno precedente.
Gli interessi successivamente maturati hanno privilegio nei limiti della misura legale
fino alla data della vendita.
16
Art. 2788 c.c. – Prelazione per il credito degli interessi
La prelazione ha luogo per gli interessi dell’anno in corso alla data del pignoramento
o, in mancanza di questo, alla data della notificazione del precetto. La prelazione ha
luogo inoltre per gli interessi successivamente maturati, nei limiti della misura
legale, fino alla data della vendita.
17
Art. 2855 c.c. – Estensione degli effetti dell’iscrizione – Commi 2 e 3
Qualunque sia la specie d’ipoteca, l’iscrizione di un capitale che produce interessi fa
collocare nello stesso grado gli interessi dovuti, purché ne sia enunciata la misura
nell’iscrizione. La collocazione degli interessi è limitata alle due annate anteriori e a
15
47 www.ilsovraindebitamento.it
significare che, salvo i casi previsti, il deposito della domanda blocca il
corso degli interessi.
2.3 Il procedimento.
La presentazione della proposta determina l’apertura di un
procedimento affidato a un giudice monocratico regolato dagli articoli
737 e ss. del codice di procedura civile, secondo le regole del rito
camerale. Contro i provvedimenti del giudice è ammesso reclamo di
competenza dello stesso tribunale, in composizione collegiale, di cui
non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.
Ai sensi dell’art. 10 il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti
dettati dagli articoli 7, 8 e 9, fissa immediatamente con decreto
l’udienza, disponendo che la comunicazione della proposta e del
provvedimento di ammissione deve essere effettuata a tutti i creditori
almeno quaranta giorni prima della data fissata per l’udienza per opera
dell’organismo di composizione della crisi che assiste il proponente. In
ogni caso, tra la data di deposito della documentazione e quella fissata
per l’udienza, non devono trascorrere più di sessanta giorni.
Il giudizio di ammissibilità non deve riguardare tanto la fattibilità
economica del piano posto a base della proposta di accordo, quanto la
logicità e la completezza della relativa attestazione. Pertanto, il giudice
dovrà verificare i requisiti di ammissibilità, il contenuto del piano e la
documentazione allegata. Ne consegue che il controllo che la legge gli
assegna è da ritenere prettamente documentale e di carattere sommario
quella in corso al giorno del pignoramento, ancorché sia stata pattuita l’estensione a
un maggior numero di annualità; le iscrizioni particolari prese per altri arretrati
hanno effetto dalla loro data.
L’iscrizione del capitale fa pure collocare nello stesso grado gli interessi maturati
dopo il compimento dell’annata in corso alla data del pignoramento, però soltanto
nella misura legale e fino alla data della vendita.
48 www.ilsovraindebitamento.it
e non sul merito; aspetto, quest’ultimo, che è verificato negli stadi
successivi quando la procedura entra nella fase cruciale18.
Se i controlli effettuati hanno esito positivo, il giudice emette
immediatamente un decreto di ammissione, con il quale detta la
scansione delle fasi successive della procedura, e fissa la data
dell’udienza19.
La comunicazione della proposta e del decreto ai creditori, presso
la residenza o la sede legale, è effettuata per telegramma, lettera
raccomandata con avviso di ricevimento, per fax o posta elettronica
certificata almeno trenta giorni prima del termine per il deposito del
consenso scritto alla proposta. Per quanto riguarda le modalità di
comunicazione, è necessario sottolineare che l’elencazione è preceduta
dall’avverbio “anche”, il che sta a significare che tale adempimento
potrà essere effettuato con modalità diverse, se così stabilito dal
giudice.
Con il decreto, così come disposto dalla lettera a) secondo
comma, ex art. 10, è stabilita un’idonea forma di pubblicità della
proposta e del decreto stesso, sempre per opera dell’organismo di
composizione della crisi. E’ il giudice, valutata la situazione del
soggetto che ha avanzato la domanda, a stabilire la modalità più
conforme a tale scopo. Può essere, per esempio, prevista la
pubblicazione in uno o più quotidiani, oppure su siti internet
specializzati, e così via. Nel caso in cui il proponente è un soggetto che
18
P. PORRECA, L’insolvenza civile, in Le riforme della legge fallimentare, 2009,
2116.
19
E. SOLLINI, La composizione della crisi da sovraindebitamento, op. cit., p. 82.
La norma disciplina soltanto l’ipotesi in cui i controlli del giudice abbiano esito
positivo mentre nulla dice nel caso in cui i controlli diano esito negativo. Anche nel
silenzio della norma l’esito negativo dei controlli non può che portare al rigetto della
domanda. Tale tesi è confermata dal tribunale di Firenze, che, riscontrata una
carenza nella documentazione allegata alla domanda, ha rigettato la stessa per
assenza dei requisiti di legge.
49 www.ilsovraindebitamento.it
svolge attività d’impresa, vi è l’obbligo di effettuare la pubblicazione
nel relativo registro. Con ciò s’intende ottenere la più ampia
divulgazione della proposta e del provvedimento giurisdizionale in
modo da informarne tutti i soggetti interessati, non esclusi coloro i cui
diritti o interessi sono coinvolti nella procedura. Nel determinare le
modalità per l’adempimento pubblicitario, il giudice dovrà tener conto
dei costi necessari per tale scopo, con l’obiettivo di non appesantire
troppo la procedura.
Qualora il piano preveda la cessione o l’affidamento a terzi di
beni immobili o mobili registrati, il decreto deve disporre la
trascrizione dello stesso, a cura dell’organismo di composizione della
crisi presso gli uffici competenti.
Con il medesimo decreto è inoltre stabilito che fino al momento
dell’omologazione non è possibile iniziare o proseguire azioni
esecutive individuali, disporre sequestri conservativi e acquistare diritti
di prelazione sul patrimonio del debitore da parte di creditori aventi
titolo anteriore. Tale sospensione non opera nei confronti dei titolari di
crediti impignorabili. Ciò consente di emettere un provvedimento di
protezione temporanea del patrimonio del debitore nei confronti dei
soggetti creditori aventi titolo anteriore all’emissione dello stesso, con
esclusione dei soli soggetti che vantano crediti impignorabili. Questo
costituisce una sorta di automatic stay e non è prevista alcuna specifica
istanza da parte del debitore, né alcuna discrezionalità del giudice nel
concederlo. Naturalmente il predetto provvedimento non ha alcun
effetto protettivo nei confronti di creditori aventi titolo o causa
posteriore al provvedimento. La sua finalità è quella di impedire che
alcuni creditori possano acquisire posizioni di vantaggio rispetto ad
altri, realizzando in sostanza una tutela di parità tra creditori. Questa
50 www.ilsovraindebitamento.it
disposizione si ispira all’art. 5120 della legge fallimentare, che prevede
la regola generale del divieto di azioni esecutive e cautelari individuali,
richiamato anche nell’art 16821 l.f. in tema di concordato preventivo.
Il terzo comma dell’art. 10 prevede che l’accertamento di
iniziative o atti in frode ai creditori implica, da parte del giudice, la
revoca del decreto e l’eventuale cancellazione della trascrizione dello
stesso, nonché la cessazione di ogni forma di pubblicità disposta. Tale
accertamento avviene in udienza e la decisione è assunta anche grazie
alle informazioni che in questa sede è possibile acquisire dai creditori.
La norma non precisa chi sono i soggetti che devono provvedere alla
cancellazione delle trascrizioni ma è lecito ritenere che non possono
essere soggetti diversi da quelli ai quali era stato assegnato l’onere
della trascrizione22.
20
Art. 51 l.f. – Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali
Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento
nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante
il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.
21
Art. 168 l.f. – Effetti della presentazione del ricorso
Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al
momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa
definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità,
iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.
Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e
le decadenze non si verificano.
I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai
creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti
dall’articolo precedente. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che
precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono
inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.
22
G. IVONE, L’ammissione alla procedura, in La “nuova” composizione della crisi
da sovraindebitamento, Il Civilista, 2013, 36. Emerge, da questa disposizione, la
matrice concordataria dell’accordo di composizione, essendo tale verifica tipica
della procedura di concordato preventivo ex art. 173 l.f.. Questa norma, infatti,
individua le categorie di atti alla base della revoca del provvedimento di apertura
della procedura di concordato, i quali sono tutti diretti ad alterare la formazione
genuina del consenso dei creditori in sede di votazione della proposta. Una prima
categoria ricomprende una elencazione esemplificativa di atti di frode
(occultamento, dissimulazione di parte dell’attivo, omessa dolosa denuncia di uno o
più crediti, esposizione di passività inesistenti), nonché la commissione di altri atti
di frode, tutti antecedenti l’apertura del concordato; una seconda categoria include,
51 www.ilsovraindebitamento.it
La dottrina si è interrogata se a carico del soggetto che ha
presentato la domanda possa essere presentata un’istanza per la
dichiarazione di fallimento. Ciò è possibile, poiché il dettato di legge
prevede che il provvedimento emesso dal giudice inibisce soltanto le
azioni esecutive individuali, la disposizione di sequestri conservativi e
l’acquisizione di diritti di prelazione. A carico del sovraindebitato
possono, quindi, essere avanzate richieste di fallimento e, se ne
ricorrono i presupposti, il tribunale può anche pronunciarsi in tal senso.
In sostanza, si applica anche alla disciplina in oggetto, quanto
affermato dalla giurisprudenza in merito alla fase esecutiva
dell’accordo di ristrutturazione dei debiti23.
A conferma di quanto sopra vi è poi l’ultimo comma dell’art. 12,
il quale dispone che la sentenza di fallimento pronunciata a carico del
debitore risolve l’accordo.
Infine, il legislatore ha previsto nel comma 3-bis dell’art. 10 che
fino alla data di omologazione dell’accordo, gli atti di straordinaria
amministrazione, compiuti senza l’autorizzazione del giudice, sono
invece, atti compiuti dal debitore nel corso della procedura senza la prescritta
autorizzazione. Infine, una ulteriore ipotesi di interruzione è individuata dal
legislatore nell’ultima parte dell’art. 173 l.f. nella mancanza delle condizioni
prescritte per l’ammissibilità al concordato. Pertanto, non tutti gli atti di frode sono
rilevanti ai sensi dell’art. 173 l.f., ma solo quelli idonei ad interferire negativamente
sul processo formativo del consenso dei creditori, viziando ed alterando, per
conseguenza la regolare formazione delle maggioranze.
23
Trib. Milano, 10 novembre 2009. Commento in Dir. fall., 2010, II, 213-217. Con
questa sentenza del novembre 2009 il tribunale di Milano ha affermato che
l’efficacia inibitoria delle azioni esecutive riguarda soltanto quelle individuali e non
anche quelle tese a promuovere l’apertura di una procedura concorsuale quale il
fallimento. L’art. 182 l.f., infatti, dispone la provvisoria sospensione delle procedure
esecutive (e cautelari) sul presupposto che queste possano porre vincoli sul
patrimonio a vantaggio di alcuni creditori, pregiudicando al contempo la libera
disponibilità del patrimonio. Ma l’istanza di fallimento non è ex se idonea né a
determinare tale pregiudizio, né a creare o consolidare posizioni di vantaggio per
alcuni creditori soltanto. E’ evidente, quindi, che la norma fa riferimento solo alle
azioni esecutive e cautelari dei creditori e non contempla né in modo esplicito, né
per implicito i ricorsi ex art. 6 legge fallimentare.
52 www.ilsovraindebitamento.it
inefficaci nei confronti dei creditori anteriori alla pubblicità del decreto
di ammissione.
Dall’analisi dell’articolo 10, che disciplina il procedimento, è
quindi possibile rilevare forti analogie con la disciplina del concordato
preventivo, confermando la natura concordataria dell’accordo di
composizione della crisi da sovraindebitamento.
2.4 Raggiungimento e omologazione dell’accordo.
Una volta attivato il procedimento di composizione della crisi,
occorre rapidamente raccogliere le adesioni dei creditori. Il legislatore
demanda la raccolta delle dichiarazioni di voto dei creditori e la loro
valutazione all’organismo di composizione della crisi.
L’O.C.C. comunica ai creditori la proposta di accordo e il decreto
emanato dal giudice almeno quaranta giorni prima della data stabilita
per l’udienza. I creditori ricevuta la proposta e il provvedimento del
giudice, sono chiamati a valutarne la convenienza e a esprimere il
proprio voto che deve essere trasmesso all’organismo attraverso
dichiarazione sottoscritta mediante telegramma, lettera raccomandata
con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica certificata. Nel
precedente dettato normativo non era previsto un termine entro il quale
l’accordo dovesse intervenire, perciò, la procedura poteva rischiare di
protrarsi a tempo indefinito24. Con le modifiche normative intervenute,
è stata introdotta la regola del silenzio assenso, pertanto, se entro dieci
24
G. LO CASCIO, La composizione delle crisi da sovraindebitamento
(Introduzione), in Fallimento, 2012, 1026. Un’incongruenza della normativa
riguarda la mancata previsione di un termine entro il quale l’accordo debba
concludersi perché, se è vero che unitamente alla presentazione della dichiarazione
di accordo in tribunale non è richiesta anche l’adesione dei creditori, che invece la
fanno pervenire successivamente all’organismo di composizione della crisi,
potrebbe accadere che la procedura si protragga indefinitamente.
53 www.ilsovraindebitamento.it
giorni prima della data fissata per l’udienza, non si provvede a far
pervenire all’O.C.C. la propria dichiarazione, si presume il consenso
alla proposta nei termini in cui è stata comunicata. In questo modo non
soltanto si è attribuita al procedimento una sorta di accelerazione della
prestazione del consenso da parte dei creditori, ma si è, altresì,
provveduto a rendere certi i tempi e le diverse fasi della procedura.
Il legislatore ha precisato che la dichiarazione deve essere
sottoscritta e, dunque, occorre la firma autografa o digitale del
creditore. Occorre, inoltre, che l’adesione corrisponda al contenuto
della proposta, come eventualmente modificata dal debitore in corso di
procedimento.
Naturalmente, qualora il creditore non valuti la proposta
conveniente e, quindi, voglia esprimere il proprio dissenso, può farlo
sempre in forma scritta, indirizzandolo all’organismo di composizione
della crisi.
L’O.C.C. non è tenuto a verificare l’autenticità della firma ma,
ove sussistano delle incertezze, è opportuno che vi provveda al fine di
evitare eventuali contestazioni ed in considerazione dell’obbligo di
dover trasmettere al giudice una relazione sui consensi espressi e sul
raggiungimento della maggioranza.
La norma prevede una maggioranza qualificata affinché il giudice
possa omologare la proposta. A tal fine quest’ultima deve essere
accettata da tanti creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti.
Il raggiungimento del quorum deve essere verificato dall’organismo di
composizione della crisi che assiste il soggetto sovraindebitato.
Ai fini del raggiungimento della maggioranza, non sono
computati i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca per i quali la
proposta prevede l’integrale soddisfacimento, salvo che non rinuncino,
in tutto o in parte, al diritto di prelazione. Infatti, per tali soggetti è
54 www.ilsovraindebitamento.it
indifferente quale sia la procedura di liquidazione, se concorsuale o
individuale, dei beni o del patrimonio del debitore, perché il loro diritto
di soddisfacimento è assicurato dal vincolo che hanno su quei beni. Per
questo motivo sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze.
Non hanno diritto a esprimersi sulla proposta e non sono
computati ai fini del raggiungimento della maggioranza il coniuge, i
parenti e affini entro il quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei
loro crediti da meno di un anno prima della proposta.
Al fine del raggiungimento dell’accordo di composizione della
crisi, la disciplina in oggetto richiama molte delle regole previste nella
legge fallimentare per le procedure di concordato fallimentare e
preventivo, confermando ancora una volta il carattere concordatario di
questa procedura. In particolare il legislatore ha preso spunto dagli
articoli 12825, 17726 e 17827 del regio decreto 267/1942, nei quali è
25
Art. 128 l.f. – Approvazione del concordato
Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che
rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto.
Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se riporta il
voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi
al voto nelle classi medesime.
I creditori che non fanno pervenire il loro dissenso nel termine fissato dal giudice
delegato si ritengono consenzienti.
La variazione del numero dei creditori ammessi o dell’ammontare dei singoli crediti,
che avvenga per effetto di una sentenza emessa successivamente alla scadenza del
termine fissato dal giudice delegato per le votazioni, non influisce sul calcolo della
maggioranza.
26
Art. 177 l.f. – Maggioranza per l’approvazione del concordato
Il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti
ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è
approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi.
I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata,
dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto
al voto se non rinunciano in tutto od in parte al diritto di prelazione. Qualora i
creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla
prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono equiparati ai
creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato.
I creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai
sensi dell’articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari
per la parte residua del credito.
55 www.ilsovraindebitamento.it
previsto sia il silenzio assenso dei creditori alla proposta di concordato,
sia l’approvazione a maggioranza ad opera dei creditori chirografari,
mentre quelli muniti di garanzia sono esclusi dal voto nei limiti in cui
sono garantiti e purché non rinuncino alla garanzia stessa.
Inoltre, sempre in linea con quanto previsto per la disciplina del
concordato preventivo, l’accordo non pregiudica i diritti dei creditori
nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via
di regresso. Questa previsione ha escluso ogni incertezza riguardo
all’eventuale estensibilità degli effetti dell’accordo ai garanti e ai
condebitori, e ciò rappresenta un forte incentivo all’adesione da parte di
quei creditori che nell’incertezza sarebbero rimasti estranei per
assicurarsi la persistenza delle stesse garanzie.
Il legislatore ha precisato nel quarto comma dell’art. 11 che
l’accordo non determina la novazione 28 dell’obbligazione, salvo sia
Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi
parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da
meno di un anno prima della proposta di concordato.
27
Art. 178 l.f. – Adesioni alla proposta di concordato
Nel processo verbale dell’adunanza dei creditori sono inseriti i voti favorevoli e
contrari dei creditori con l’indicazione nominativa dei votanti e dell’ammontare dei
rispettivi crediti. E’ altresì inserita l’indicazione nominativa dei creditori che non
hanno esercitato il voto e dell’ammontare dei loro crediti.
Il processo verbale è sottoscritto dal giudice delegato, dal commissario e dal
cancelliere.
Se nel giorno stabilito non è possibile compiere tutte le operazioni, la loro
continuazione viene rimessa dal giudice ad un’udienza prossima, non oltre otto
giorni, dandone comunicazione agli assenti.
I creditori che non hanno esercitato il voto possono far pervenire il proprio dissenso
per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni
successivi alla chiusura del verbale. In mancanza, si ritengono consenzienti e come
tali sono considerati ai fini del computo della maggioranza dei crediti. Le
manifestazioni di dissenso e gli assensi, anche presunti a norma del presente comma,
sono annotati dal cancelliere in calce al verbale.
28
Si definisce novazione l’estinzione di un rapporto di obbligazione tra due parti
(creditrice e debitrice) con conseguente nascita di uno nuovo, rispetto al precedente
mutato nel titolo o nell’oggetto. La novazione è disciplinata dall’art. 1230 del codice
civile:
L’obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono all’obbligazione originaria
una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso.
56 www.ilsovraindebitamento.it
diversamente stabilito.
Se poi entro novanta giorni dalle scadenze stabilite il debitore non
esegue integralmente i pagamenti alle amministrazioni pubbliche e agli
enti previdenziali e assistenziali, l’accordo, ai sensi dell’ultimo comma
dell’art.11, cessa di diritto di produrre effetti; fermo restando quanto
disposto dal già citato art. 7, primo comma. Si tratta in questo caso di
una previsione normativa molto forte perché non è necessario alcun
intervento del giudice, giacché l’accordo cessa automaticamente. Esso
è inoltre revocato d’ufficio dal giudice, qualora, nel corso della
procedura, il debitore compia atti in frode ai creditori.
I creditori, dunque, devono esprimere il proprio consenso, o
dissenso, alla proposta del debitore. Nell’accettazione i creditori non
possono formulare variazioni a quanto proposto dal soggetto
sovraindebitato, facendo quindi una controproposta. Se ciò accade,
deve essere considerato come una forma di dissenso da parte del
creditore in questione e, quindi, da non conteggiare ai fini del
raggiungimento del quorum.
La legge disciplina la sola ipotesi di raggiungimento dell’accordo,
per cui nel caso in cui il quorum non sia raggiunto, l’organismo non è
obbligato ad effettuare alcuna comunicazione ai creditori.
Conseguito l’accordo, invece, l’organismo di composizione della
crisi trasmette ai creditori una relazione avente ad oggetto i consensi
espressi e il raggiungimento della maggioranza qualificata richiesta
dalla legge ai fini dell’omologazione, allegandovi inoltre il testo dello
stesso. Tale documento dovrà anche contenere la lista nominativa di
tutti coloro che hanno manifestato la volontà di accettare il progetto del
debitore.
La volontà di estinguere l’obbligazione precedente deve risultare in modo non
equivoco.
57 www.ilsovraindebitamento.it
I creditori nel termine di dieci giorni dal ricevimento della
relazione possono sollevare eventuali contestazioni. La norma non
specifica il tipo di obiezioni che possono essere sollevate. Si ritiene che
oggetto
delle
contestazioni
possano
essere
il
raggiungimento
dell’accordo, la fattibilità del piano e la capacità del debitore di
adempiere a quanto indicato nella proposta. In particolare, per quanto
concerne il raggiungimento dell’accordo, le contestazioni possono
riferirsi al calcolo della maggioranza qualificata, alla quantificazione
dei crediti ai fini del computo della percentuale dei consensi, oppure,
all’esclusione di alcuni crediti per la manifestazione del consenso. Non
dovrebbero invece coinvolgere altri aspetti oggetto delle fasi precedenti
della procedura, come ad esempio la sussistenza dei requisiti di cui agli
articoli 7 e 9, oppure l’inesistenza di atti in frode ai creditori, i quali
vengono accertati direttamente in udienza dal giudice. Il legislatore non
specifica nemmeno chi sono i creditori legittimati ad avanzare le
eventuali osservazioni. Sembra comunque logico ritenere che nel caso
in cui la proposta abbia ottenuto l’assenso di oltre il 60% dei creditori,
quelli legittimati sono quelli che hanno interesse a contestare la
conclusione della procedura. Viceversa, se la proposta non ha raggiunto
il quorum richiesto, i creditori legittimati sono quelli che hanno
interesse a che la maggioranza sia raggiunta. Anche se la norma tace, è
da ritenere che eventuali contestazioni possano essere legittimamente
avanzate anche dal debitore stesso, il quale ha interesse sia al
raggiungimento
della
maggioranza
sia
alla
conclusione
della
procedura29.
Trascorso il termine concesso ai legittimati per presentare
eventuali osservazioni, l’organismo di composizione della crisi
trasmette al giudice una relazione allegandovi le contestazioni ricevute
29
E. SOLLINI, La composizione della crisi da sovraindebitamento, op. cit., p. 102.
58 www.ilsovraindebitamento.it
e l’attestazione definitiva di fattibilità del piano. Le attestazioni
effettuate dall’organismo di composizione sono due, ed entrambe
hanno lo stesso fine: cioè svolgono un ruolo fondamentale sia ai fini
dell’informativa ai creditori che riguardo al giudizio di omologazione
da parte del giudice. La differenza tra la prima attestazione e quella
definitiva, consiste nel fatto che in quest’ultima sono considerati anche
gli elementi sopravvenuti in seguito al deposito, alla luce delle
contestazioni sollevate dai creditori. Ne consegue che, qualora non si
siano
manifestati
nuovi
documenti,
l’organismo
nel
redigere
l’attestazione definitiva può richiamare anche quella precedente.
Altrimenti, l’O.C.C. deve rivedere la fattibilità del piano nella sua
complessità, alla luce dei nuovi fatti.
La relazione dell’organismo di composizione della crisi può
essere assimilabile alla relazione del curatore relativamente all’esito
della votazione nell’ipotesi di presentazione della proposta di
concordato fallimentare30.
Trasmessa la relazione al giudice, quest’ultimo esegue le verifiche
necessarie per procedere all’omologazione dell’accordo. Il giudice,
quindi, verifica: il raggiungimento della percentuale necessaria alla
30
Sul punto, si veda A. CARON, L’Omologazione dell’accordo e del piano, in La
“nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, Il Civilista, 2013, 45. La
disposizione, nel precisare che l’organismo verifica (anche) la veridicità dei dati,
riprende quanto stabilito in merito alla relazione del professionista nel concordato
preventivo (ex art. 161 l.f.), ritenuto valido anche con riferimento agli accordi di
ristrutturazione dei debiti, ove manca la precisazione del contenuto della verifica
dell’attestatore, avendo la giurisprudenza statuito che la relazione del professionista
sugli accordi di ristrutturazione dei debiti deve contenere anche la valutazione di
veridicità dei dati aziendali, oltre alla valutazione sull’attuabilità dell’accordo,
costituendone il presupposto logico indefettibile. Dunque, analogamente a quanto
stabilito in tema di concordato preventivo (e di accordi di ristrutturazione dei debiti),
anche nel procedimento per la composizione della crisi da sovraindebitamento
l’attestazione del professionista svolge un ruolo fondamentale, ai fini tanto della
completa informazione ai creditori in merito alla proposta, quanto in relazione al
giudizio di omologazione da parte del giudice.
59 www.ilsovraindebitamento.it
conclusione dell’accordo31, l’idoneità del piano ad assicurare l’integrale
pagamento dei crediti impignorabili e di quelli tributari costituenti
risorse proprie dell’Unione Europea, dell’I.V.A. e delle ritenute operate
e non versate, per i quali il piano può prevedere esclusivamente la
dilazione del pagamento.
Essendo la procedura di tipo concorsuale, i creditori che non
aderiscono alla proposta devono sottostare alla volontà della
maggioranza e a quanto disposto dal debitore nel piano. Tuttavia la
norma consente al creditore dissenziente, mutuando da quanto previsto
nell’istituto del concordato preventivo, di contestare la convenienza
dell’accordo. In tal caso, il giudice può comunque procedere
all’omologazione se ritiene che il credito possa essere soddisfatto in
misura non inferiore a quanto risulterebbe dalla procedura alternativa di
liquidazione, disciplinata sempre dalla legge oggetto della trattazione.
La presenza di contestazioni dei creditori consente al giudice, in
sede di omologa, di estendere il proprio giudizio sulla convenienza del
piano.
Il procedimento, iniziato con il deposito della domanda, termina
con il provvedimento motivato emesso dal giudice. Il decreto può
prevedere sia l’omologazione, sia il diniego della stessa. In ogni caso i
provvedimenti sono impugnabili con reclamo da proporre al tribunale,
che decide in composizione collegiale, del quale non farà parte il
giudice che ha pronunciato il provvedimento. In caso di omologazione i
legittimati a proporre reclamo sono tutti i creditori che vi abbiano
interesse, mentre nel caso di diniego la legittimazione a reclamare è del
31
E. SOLLINI, La composizione della crisi da sovraindebitamento, op. cit., p. 104.
La legge non prevede alcun obbligo, in capo all’O.C.C., nel caso in cui le adesioni
alla proposta del debitore non raggiungano la maggioranza richiesta. Ciò nonostante
la dottrina prevalente ritiene che l’organismo di composizione della crisi sia tenuto a
comunicare al giudice il mancato raggiungimento del quorum, il quale emetterà un
provvedimento motivato di improcedibilità.
60 www.ilsovraindebitamento.it
proponente.
Richiamando, ancora una volta, la disciplina dettata per il
concordato preventivo, il legislatore ha stabilito che la procedura di
omologazione si deve esaurire nel termine di sei mesi dalla
presentazione della proposta.32
Il decreto di omologazione attribuisce efficacia giuridica
all’accordo raggiunto tra il debitore e i creditori consenzienti, e produce
gli effetti già affrontati nell’analisi del secondo comma dell’art. 10.
L’accordo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori
al momento in cui è stata eseguita la pubblicità della proposta e del
provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza. I creditori che
hanno titolo o causa posteriore a tale data non possono procedere
esecutivamente sui beni oggetto del piano. Ciò risponde alla finalità di
garantire l’esecuzione dell’accordo, secondo le modalità e le condizioni
indicate. In sostanza, come nel concordato preventivo, i beni inseriti nel
piano e messi a disposizione dei creditori, subiscono un vincolo di
destinazione specifico: la soddisfazione dei creditori vincolati al piano.
Gli effetti dell’accordo omologato vengono meno se ricorrono le
ipotesi della risoluzione dell’accordo o quella del mancato pagamento
dei crediti impignorabili e di quelli tributari previsti dall’articolo 7,
primo comma.
L’accertamento del mancato pagamento dei suddetti crediti, causa
della cessazione degli effetti dell’omologazione, deve essere richiesto,
ai sensi dell’art. 737 c.p.c., al tribunale con ricorso deciso in camera di
consiglio.
32
G. LO CASCIO, L’ennesima modifica alla legge sulla composizione della crisi da
sovraindebitamento (L. 27 gennaio 2012, n. 3), op. cit., p. 819. Mancano, tuttavia,
conseguenze sanzionatorie per l’inosservanza della durata temporale, né è pensabile
che la procedura possa cessare, senza avere esaurito le operazioni ancora richieste,
cosicché si deve ritenere che il legislatore si è semplicemente ispirato alle solite
enunciazioni di vetrina.
61 www.ilsovraindebitamento.it
Come già anticipato nel paragrafo precedente, qualora intervenga
la sentenza dichiarativa di fallimento in capo al debitore, l’accordo si
risolve. Ne consegue che gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in
essere in esecuzione dell’accordo omologato non sono soggetti
all’azione di revocatoria fallimentare
33
. Al contrario l’azione
revocatoria è possibile nel caso di fallimento prima dell’omologazione.
Infine, sempre a seguito della sentenza che dichiara il fallimento, i
crediti sorti in occasione o in funzione dell’accordo omologato sono
soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, ai sensi del richiamato
articolo 11134 l.f.. Si ritiene che tale prededuzione riguardi le spese di
procedura, il compenso del liquidatore o del gestore e gli eventuali
crediti
dell’organismo
di
composizione
della
crisi
connessi
33
L’azione revocatoria è uno strumento utilizzabile dal curatore fallimentare allo
scopo di ricostituire il patrimonio del fallito destinato alla soddisfazione dei suoi
creditori, facendovi rientrare quanto ne era uscito nel periodo antecedente al
fallimento. Essa, disciplinata dall’art. 67 l.f., consente di colpire gli atti del debitore
insolvente che hanno inciso sul suo patrimonio in violazione del principio della par
condicio creditorum. Il curatore può così rendere inefficaci gli atti dispositivi, i
pagamenti e le garanzie poste in essere dal fallito nell’anno o nei sei mesi
antecedenti al fallimento. A tal fine il curatore può imporre ai terzi che hanno
ottenuto beni o denaro di restituire quanto ricevuto, o, se hanno ottenuto garanzie,
può retrocederli al rango di chirografario. Affinché possa essere esperita l’azione di
revocatoria fallimentare è necessario che il terzo al momento dell’atto fosse a
conoscenza dell’insolvenza della sua controparte (scientia decoctionis).
La revocatoria deve essere esercitata a pena di decadenza entro tre anni dalla
dichiarazione di fallimento e comunque non oltre cinque anni dalla data dell’atto.
Non tutti gli atti compiuti dal fallito possono essere colpiti da revocatoria, infatti la
legge prevede un ampio numero di esenzioni.
34
Art. 111 l.f. – Ordine di distribuzione delle somme
Le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate nel seguente ordine:
1) per il pagamento dei crediti prededucibili;
2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute
secondo l’ordine assegnato dalla legge;
3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell’ammontare
del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indicati
al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la
parte per cui rimasero non soddisfatti da questa.
Sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica
disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure
concorsuali di cui alla presente legge; tali debiti sono soddisfatti con preferenza ai
sensi del primo comma.
62 www.ilsovraindebitamento.it
all’istruttoria relativa alla presentazione della proposta.
2.5 Esecuzione dell’accordo.
Il legislatore ha dettato, all’art. 13, specifiche disposizioni per
regolare la fase di esecuzione dell’accordo di composizione della crisi.
Preme precisare che quanto disposto dall’articolo sopra menzionato
vale anche per il piano del consumatore, procedura che sarà affrontata
nel prossimo capitolo.
Il primo aspetto da evidenziare è che il debitore, salvo alcune
ipotesi, non viene spossessato dei suoi beni e diritti come nel caso del
fallimento e provvede direttamente alla liquidazione del patrimonio ed
al soddisfacimento dei creditori.
Qualora la soddisfazione dei creditori sia realizzata mediante
l’utilizzo di beni sottoposti a pignoramento, o se previsto dall’accordo,
il giudice nomina, su proposta dell’organismo di composizione della
crisi, un liquidatore. In queste ipotesi il giudice designa, con il
provvedimento di omologazione, un soggetto in possesso dei requisiti
necessari per assumere la carica di curatore.
L’esecuzione dell’accordo compete, quindi, a seconda dei casi, al
debitore stesso oppure a un liquidatore.
Inoltre, come già anticipato nel primo paragrafo del presente
capitolo, nei casi in cui la nomina del liquidatore non sia obbligatoria,
il patrimonio del debitore può essere affidato a un gestore.
Quest’ultimo è nominato dal giudice ed è incaricato della liquidazione,
custodia e distribuzione del ricavato ai creditori.
Il ruolo del liquidatore è per molti aspetti assimilabile a quello del
curatore, per cui, anche se la norma richiama solamente l’art. 28 l.f., è
opportuno che il soggetto che assume tale ruolo accetti l’incarico, come
63 www.ilsovraindebitamento.it
previsto dall’art. 29 35 l.f., con comunicazione scritta indirizzata al
giudice nella quale dichiari di possedere i requisiti richiesti e di non
trovarsi in condizione d’incompatibilità.
Il liquidatore, quando nominato, è l’unico soggetto legittimato a
disporre dei beni del proponente in via esclusiva e a ripartire le somme
ricavate. Dalla lettura della norma però non è chiaro se quest’ultimo è
investito della liquidazione di tutti i beni e diritti, o soltanto di quelli
sottoposti a pignoramento. In mancanza di specifiche disposizioni in
merito da parte dell’organo giudicante mediante il decreto di
omologazione, la dottrina prevalente ritiene che il liquidatore si debba
occupare della liquidazione di tutti i beni. Dopo l’accettazione della
carica, il medesimo dovrà pertanto procedere ad un inventario per
individuare esattamente i beni del debitore da liquidare36.
Il liquidatore opera sotto la vigilanza dell’organismo di
composizione della crisi e del giudice. Per la vendita dei beni e dei
diritti esso deve attenersi a quanto previsto dal piano. Qualora
quest’ultimo non preveda specifiche modalità di realizzazione, il
soggetto incaricato della liquidazione può adottare quelle ritenute più
idonee al fine di ottenere un maggior ricavo.
Tale soggetto non riveste la qualifica di pubblico ufficiale e può
essere sostituito per giustificati motivi che il giudice deve esplicitare in
uno specifico provvedimento. Naturalmente, per le funzioni svolte è
previsto un compenso, le cui modalità non sono indicate dalla norma
ma che evidentemente saranno previste di volta in volta dal decreto di
nomina.
35
Art. 29 l.f. – Accettazione del curatore
Il curatore deve, entro i due giorni successivi alla partecipazione della sua nomina,
far pervenire al giudice delegato la propria accettazione.
Se il curatore non osserva questo obbligo, il tribunale, in camera di consiglio,
provvede d’urgenza alla nomina di altro curatore.
36
E. SOLLINI, La composizione della crisi da sovraindebitamento, op. cit., p. 125.
64 www.ilsovraindebitamento.it
Il
giudice,
verificata
la
conformità
dell’atto
dispositivo
all’accordo, autorizza lo svincolo delle somme. Queste devono essere
utilizzate per il pagamento dei creditori, secondo quanto previsto
dall’accordo. A tal fine, è predisposto un piano di riparto simile a
quello previsto in ambito fallimentare, tenendo conto dei creditori
privilegiati che non hanno rinunciato al diritto di prelazione.
Le somme provenienti dalla vendita dei beni sottoposti a
pignoramenti possono essere distribuite solamente dopo che il giudice
ne ha disposto lo svincolo e ordinato la cancellazione della trascrizione,
oltre alla cessazione di ogni altra forma di pubblicità. Tale
provvedimento è emesso dal giudice solo dopo che quest’ultimo si è
consultato con il liquidatore e ha verificato che la vendita del bene
abbia seguito le disposizioni previste dall’accordo.
Il giudice ha, quindi, un potere di vigilanza sull’esecuzione
dell’accordo in virtù del quale può sospenderne l’esecuzione quando
ricorrono gravi e giustificati motivi. Tale valutazione può riguardare sia
il merito, quanto il danno, che l’esecuzione dell’accordo potrebbe
arrecare ai creditori.
Per quanto concerne i pagamenti e gli atti dispositivi dei beni
eseguiti in violazione dell’accordo, sono inefficaci rispetto ai creditori
anteriori alla data in cui è stata eseguita la pubblicità. Pertanto, tali atti
sono validi ma improduttivi di effetti nei confronti dei propri creditori.
L’inefficacia può essere fatta valere solo dai creditori che abbiano
iscritto o trascritto il titolo anteriormente alla data in cui è stata eseguita
la pubblicità del procedimento. Invece, l’azione di nullità può essere
proposta, secondo i principi generali, da chiunque vi abbia interesse. La
scelta dell’inefficacia operata dal legislatore, invece che come
originariamente previsto della nullità, è coerente con l’assimilazione
della procedura come concorsuale.
65 www.ilsovraindebitamento.it
Al comma 4-bis, sempre dell’art. 13, è previsto che i crediti sorti
in occasione o in funzione della procedura siano soddisfatti con
preferenza rispetto agli altri, ad eccezione di quanto ricavato dalla
vendita dei beni oggetto di pegno e ipoteca per la parte destinata ai
creditori garantiti.
In questa fase un ruolo molto importante è svolto dall’organismo
di composizione della crisi. In primo luogo si adopera per risolvere
eventuali difficoltà sorte durante l’adempimento dell’accordo, il che
dovrebbe comportare, nonostante l’espressione generica usata dal
legislatore,
anche
dell’amichevole
la
possibilità
composizione
delle
di
intraprendere
controversie
la
strada
eventualmente
insorte. L’organismo può inoltre affrontare le difficoltà afferenti alla
liquidazione anche attraverso l’individuazione di modalità alternative
di liquidazione che comunque non siano incompatibili con le previsioni
contenute nell’accordo.
Il predetto organismo è poi chiamato a vigilare sull’esatto
adempimento dell’accordo e deve comunicare ai creditori l’insorgere di
ogni irregolarità, affinché gli stessi possano azionare le previste
iniziative a tutela dei propri diritti. Al fine di eseguire al meglio il
compito di vigilanza, è da ritenere che l’organismo possa chiedere
notizie e documenti al debitore, al liquidatore o al gestore, se presenti.
Tale compito riguarda le modalità, le procedure di alienazione dei beni,
nonché i termini di pagamento e di soddisfazione.
Infine, se l’esecuzione dell’accordo è impossibile per cause non
imputabili al debitore, è prevista la possibilità per quest’ultimo di
modificare, con l’ausilio dell’organismo di composizione della crisi, la
proposta. In tal caso la modifica equivale a una nuova proposta, con
conseguente instaurazione di un nuovo procedimento.
66 www.ilsovraindebitamento.it
2.6 Patologia dell’accordo: impugnazione e risoluzione.
Le vicende patologiche della composizione della crisi da
sovraindebitamento sono disciplinate nell’art. 14 della legge 3/2012, il
quale fa riferimento alle consuete categorie dell’annullamento e della
risoluzione.
In
materia,
il
legislatore
ha
ampiamente
attinto
dalla
corrispondente disciplina del concordato fallimentare e preventivo ed
ha inoltre previsto due fattispecie, in precedenza già trattate, che
determinano ex lege la perdita di efficacia dell’accordo. Innanzitutto,
l’accordo cessa, di diritto, di produrre effetti se il debitore non esegue
integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste e nella
misura prevista dal piano, i pagamenti dovuti alle amministrazioni
pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza
obbligatorie. La disposizione normativa è forte in quanto al verificarsi
di tale previsione non c’è alcuna necessità d’intervento del giudice
poiché l’accordo cessa di diritto e non produce più effetti giuridici. In
secondo luogo è la dichiarazione di fallimento del debitore a risolvere
l’accordo. Queste due fattispecie tendono a tutelare gli interessi
pubblici sottesi al prelievo fiscale e contributivo e, alla prevalenza della
procedura fallimentare, sancita anche dalla definizione del presupposto
soggettivo della procedura di composizione della crisi.
Mutuando, quindi, da quanto previsto dalla legge fallimentare agli
articoli 13737 e 13838 per il concordato fallimentare, e all’articolo 18639
37
Art. 137 l.f. – Risoluzione del concordato
Se le garanzie promesse non vengono costituite o se il proponente non adempie
regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato, ciascun creditore può chiederne
la risoluzione.
Si applicano le disposizione dell’art. 15 in quanto compatibili.
Al procedimento è chiamato a partecipare anche l’eventuale garante.
67 www.ilsovraindebitamento.it
per il concordato preventivo, il legislatore ha previsto gli istituti
dell’annullamento e della risoluzione anche per la presente procedura.
Il primo comma dell’art. 14 prevede tassativamente le ipotesi
nelle quali i creditori possono chiedere l’annullamento dell’accordo.
Queste ricorrono quando è stato dolosamente o con colpa grave
aumentato o diminuito il passivo, sottratta o dissimulata una parte
rilevante dell’attivo, oppure dolosamente simulate attività inesistenti40.
La sentenza che risolve il concordato riapre la procedura di fallimento ed è
provvisoriamente esecutiva.
La sentenza è reclamabile ai sensi dell’art.18.
Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine
fissato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal
concordato sono stati assunti dal proponente o da uno o più creditori con liberazione
immediata del debitore.
Non possono proporre istanza di risoluzione i creditori del fallito verso cui il terzo,
ai sensi dell’articolo 124, non abbia assunto responsabilità per effetto del
concordato.
38
Art. 138 l.f. – Annullamento del concordato
Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o
di qualunque creditore, in contraddittorio con il debitore, quando si scopre che è
stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte
rilevante dell’attivo. Non è ammessa alcuna altra azione di nullità. Si procede a
norma dell’articolo 137.
La sentenza che annulla il concordato riapre la procedura di fallimento ed è
provvisoriamente esecutiva. Essa è reclamabile ai sensi dell’articolo 18.
Il ricorso per l’annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del
dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per
l’ultimo adempimento previsto nel concordato.
39
Art. 186 l.f. – Risoluzione e annullamento del concordato
Ciascuno dei creditori può richiedere la risoluzione del concordato per
inadempimento.
Il concordato non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza.
Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine
fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato.
Le disposizioni che precedono non si applicano quando gli obblighi derivanti dal
concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.
Si applicano le disposizioni degli articoli 137 e 138, in quanto compatibili,
intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale.
40
R. GIORDANO, L’impugnazione e la risoluzione dell’accordo, in La “nuova”
crisi da sovraindebitamento, Il Civilista, 2013, 61. E’ evidente che tale norma
ricalca le disposizioni in tema di concordato fallimentare e preventivo, scelta che
appare coerente con la circostanza che l’accordo viene raggiunto tra il debitore ed i
creditori in forme procedimentalizzate dalla legge in commento. Tale analogia con
68 www.ilsovraindebitamento.it
Si tratta di fattispecie tutte incidenti sul principio di universalità,
patrimoniale e soggettivo, dell’accordo: il doloso aumento del passivo
e/o la diminuzione del passivo offrono una visione falsata dell’effettiva
composizione del ceto creditorio; la sottrazione o la dissimulazione di
una parte rilevante dell’attivo e/o la dolosa simulazione di attività
inesistenti danno una rappresentazione falsata del patrimonio destinato
e/o destinabile alla soddisfazione delle ragioni creditorie. Si è di fronte
a fatti la cui rappresentazione può incidere sulla valutazione di
convenienza, o più in generale, di fattibilità della proposta avanzata dal
debitore che ha intenzionalmente e oggettivamente viziato il consenso
prestato dai singoli creditori, in modo che non si sarebbe formata la
maggioranza, presupposto dell’omologazione.
Inoltre, è importante evidenziare che gli elementi che determinano
l’annullamento sono per un verso quello soggettivo, della coscienza e
volontà di falsificazione da parte del debitore, e per altro verso quello
oggettivo, dell’alterazione rappresentativa del passivo e/o dell’attivo
del patrimonio del debitore41. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo
le previsioni operanti per il concordato rende opportuno ricordare che la
giurisprudenza, in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’annullamento dello
stesso, ha tradizionalmente affermato una posizione rigorosa ritenendo, in generale,
che l’annullamento del concordato preventivo può aversi solo in presenza di una
dolosa esagerazione del passivo o di una dissimulazione di parte dell’attivo, tali da
integrare una falsa rappresentazione della situazione patrimoniale dell’imprenditore
in base alla quale i creditori sono indotti ad approvare la proposta ed il tribunale ad
omologarla (Trib. Milano, 9 gennaio 1992, in Fall., 1992, 643).
Sulla scorta di tale presupposto, si è evidenziato, da un lato, che l’occultamento del
passivo non può essere addotto a causa di annullamento del procedimento di
concordato e, da un altro, che la dissimulazione di parte rilevante dell’attivo, ai sensi
dell’art. 138 l.f., non consiste nella semplice indicazione di un prezzo o valore
inferiore al reale del bene, ma è ravvisabile quando il debitore compie atti diretti
dolosamente a far apparire fittiziamente alienato il bene a terzi per sottrarlo ai
creditori ovvero per indurli ad accettare una percentuale minore.
41
Sul punto, si veda F. SABINO, L’accordo da sovraindebitamento nei suoi profili
patologici, Convegno internazionale su La composizione delle crisi da
sovraindebitamento, Roma, 2012, p. 7. “L’alterazione deve, a mio avviso, essere
significativa, insomma investire una “parte rilevante” del passivo e/o dell’attivo,
69 www.ilsovraindebitamento.it
appare chiaro che il dolo cui fa riferimento la norma non è il dolo
contrattuale, ma il dolo generico che, unitamente alla colpa grave,
costituisce presupposto dell’azione generale di risarcimento dei danni
ex art. 2043 c.c.42.
Il comportamento doloso del debitore si sostanzia in fatti che
alterano oggettivamente i termini sulla cui base i creditori sono stati
indotti ad aderire alla proposta, e quindi tali da indurre in inganno gli
benché tale requisito sembri letteralmente espresso con riferimento alla sola
sottrazione o dissimulazione dell’attivo. Mi sembra evidente che profilo quantitativo
e qualitativo dell’alterazione, l’uno rispetto all’entità della diminuzione o aumento
del passivo ovvero della diminuzione o aumento dell’attivo e l’altro rispetto alla
idoneità di quella alterazione a incidere sul giudizio di convenienza dei creditori, si
combinino nella valutazione del vizio genetico dell’accordo. Ma soprattutto credo
che la valutazione sia da condurre pur sempre in termini oggettivi, avendo presente
la figura del creditore medio, più che la situazione soggettiva in cui versi il creditore
che abbia in concreto agito per l’annullamento. Ed in questo senso la disciplina
concorsuale esprime la sua vera specialità. Il raffronto con le ipotesi di dolo
determinante e di dolo incidente delineate dal diritto comune (art. 1439 e 1440 c.c.)
induce a compiere alcune riflessioni che evidenziano la specialità della disciplina in
oggetto. Qui i raggiri sono per così dire tipizzati nelle condotte di alterazione
ricordate, e l’unica valutazione riguarda la “rilevanza” di quelle alterazioni in
termini di determinazione del consenso della “maggioranza” qualificata ai fini
dell’intera composizione negoziale della crisi. Ancora, rispetto ai contratti
plurilaterali con comunione di scopo la valutazione investe non tanto la essenzialità
della partecipazione di un contraente alla operazione complessiva, bensì la
essenzialità di una corretta rappresentazione di attivo e/o passivo a incidere sulla
partecipazione di ciascun creditore alla conclusione dell’accordo, partecipazione di
ciascuno valutata nella sua oggettività secondo criteri di media ragionevolezza. Il
comportamento doloso del debitore (o di terzi, come già precisato) si sostanzia in
fatti che alterano oggettivamente i termini sulla cui base i creditori sono stati indotti
ad aderire alla proposta, anche se questa proposta fosse stata articolata in maniera
differenziata per ciascun creditore. In questo senso si potranno pure avere una
pluralità di contratti bilaterali o se si vuole “un contratto plurilaterale analogo alla
deliberazione concordataria”. Ma ciò che preme evidenziare è che il legislatore ne
considera comunque il carattere unitario sul piano funzionale”.
42
Così, ancora, R. GIORDANO, op. cit., p. 61. A seguito delle modifiche introdotte
dal decreto Sviluppo Bis (d.l. 179/2012) anche la colpa grave e non soltanto il dolo,
nel compimento delle indicate attività, potrà condurre alla proposizione dell’azione
di annullamento, con la conseguenza che, sebbene appaia corretta la considerazione
per la quale l’impugnativa dovrebbe essere accolta dal giudice soltanto nelle ipotesi
più gravi e non anche in presenza di condotte del debitore che siano in realtà
irrilevanti ai fini del raggiungimento dell’accordo, il dolo cui fa riferimento la norma
non è il dolo contrattuale bensì quello generico.
70 www.ilsovraindebitamento.it
stessi e gli organi della procedura43. I comportamenti dolosi devono
riguardare specificatamente l’aumento del passivo o la diminuzione
dell’attivo, oppure una combinazione delle due, in modo tale che la
situazione patrimoniale rappresentata sia peggiore di quella effettiva e,
in tal modo, possa influenzare la decisione dei creditori. Il passivo può
essere aumentato esponendo debiti inesistenti, mentre l’attivo può
essere diminuito non inserendovi, in tutto o in parte, beni o diritti
esistenti.
Anche la simulazione di attività inesistenti è caratterizzata dal
dolo. In questo caso il debitore rappresenta una situazione patrimoniale
migliore di quella reale e quindi fornisce una rappresentazione non
veritiera che influenza i creditori nella scelta di aderire alla proposta.
La colpa, invece, rileva solamente in presenza di azioni
caratterizzate dalla gravità.
Il ricorso per l’annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi
dalla scoperta e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del
termine fissato per l’ultimo adempimento previsto, in linea con quanto
stabilito nella legge fallimentare in materia di concordati.
La norma prevede espressamente che, a seguito dell’istanza di
annullamento ad opera di uno o più creditori, sia instaurato il
contraddittorio con il debitore. Nel caso in cui il giudice abbia
nominato un liquidatore, o i beni siano stati affidati a un gestore, pur
non essendo tali soggetti parti necessarie del giudizio, potrebbe essere
opportuno estendere il contraddittorio anche nei loro confronti. Lo
43
Cass. 19 gennaio 1987, n. 396, in Giust. Civ., 1987, I, 594. Sulla questione, la
suprema corte ha affermato che il comportamento doloso del debitore, quale ragione
di annullamento del concordato preventivo o fallimentare, non è di per se ravvisabile
nell’allegazione, con la proposta di concordato, di una relazione di stima di un
immobile per valore inferiore a quello di mercato, ove l’immobile medesimo sia
fedelmente indicato nelle sue esatte caratteristiche. Ne consegue che il suddetto
comportamento non integra un raggiro idoneo a trarre in inganno i creditori e gli
organi della procedura.
71 www.ilsovraindebitamento.it
scopo di questa opportunità è quello di evitare effetti distorsivi
irreversibili in conseguenza della buona fede degli acquirenti non
essendo previsto alcun meccanismo di sospensione dell’esecuzione
dell’accordo in pendenza dell’azione di annullamento44.
L’ultimo periodo del primo comma dell’art. 14 precisa
espressamente che non sono ammesse altre azioni di annullamento
dell’accordo; pertanto, le ipotesi sopra indicate devono ritenersi
tassative.
Anche le fattispecie al manifestarsi delle quali uno o più creditori
possono chiedere la risoluzione sono rigorosamente indicate dalla
norma: il proponente non adempie agli obblighi derivanti dall’accordo;
non vengono costituite le garanzie promesse; l’esecuzione diviene
impossibile per ragioni non imputabili al debitore. Pertanto, la
risoluzione colpisce i vizi funzionali dell’accordo che eventualmente si
manifestano nella fase esecutiva sotto forma dell’inadempimento o
dell’impossibilità sopravvenuta. In entrambi i casi, il punto di
riferimento è costituito dall’accordo, il quale può assumere il contenuto
più vario. Ne consegue che è difficile predeterminare in astratto i
possibili inadempimenti, dovendo quindi di volta in volta fare
riferimento alle previsioni della proposta.
La prima ipotesi di risoluzione è, dunque, legata al non
adempimento degli obblighi derivanti dall’accordo. La norma, rispetto
al concordato preventivo, non precisa che l’inadempimento non debba
essere di scarsa importanza ma, tenendo conto che il legislatore a
44
F. S. FILOCAMO e P. VELLA, L’annullamento e la risoluzione dell’accordo, in
Sovraindebitamento e usura, 2012, 221. E’ il caso di ricordare il principio
desumibile dalla giurisprudenza che nega la sussistenza di un rapporto di
pregiudizialità tra la domanda di annullamento di un contratto e la domanda tendente
a far valere medio tempore gli effetti dello stesso contratto, atteso che l’eventuale
accoglimento della prima non è incompatibile con la provvisoria efficacia del
contratto, salvo il diritto delle parti alle restituzioni.
72 www.ilsovraindebitamento.it
seguito
delle
modifiche
apportate
ha
eliminato
l’avverbio
“regolarmente” con riguardo al mancato inadempimento, e in
conformità al principio sancito in sede di risoluzione contrattuale ex
art. 145545 c.c., è da ritenere che l’inadempimento non possa che essere
quello di particolare importanza, cioè connotato da gravità. Tale
soluzione è stata avallata dalla dottrina maggioritaria anche tenendo
conto della natura contrattuale dell’accordo in questione46.
Un altro interrogativo concerne il dubbio se l’importanza
dell’inadempimento debba essere individuata riguardo all’interesse
individuale del debitore oppure a quello generale dei creditori aderenti
o addirittura alla generalità di tutti i creditori. Secondo la maggior parte
della dottrina sembra che la gravità dell’inadempimento debba essere
45
Art. 1455 c.c. – Importanza dell’inadempimento
Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa
importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra.
46
Sul punto, si veda R. GIORDANO, L’impugnazione e la risoluzione dell’accordo,
op. cit., p. 62. Tale disposizione nella formulazione originaria faceva riferimento
anche al “mancato regolare adempimento” e quindi si discostava significativamente
dalla corrispondente norma stabilita per il concordato preventivo, che non consente
la risoluzione dell’intero concordato laddove il denunciato inadempimento sia di
scarsa importanza. La circostanza che il legislatore, mediante la riforma in esame,
abbia eliminato l’avverbio regolarmente con riguardo al mancato adempimento delle
obbligazioni potrebbe confortare un’interpretazione del tutto opportuna della
disposizione nel senso di ritenere sottintesa la necessità di un inadempimento di non
scarsa importanza, anche in omaggio alla regola generale sancita in materia
contrattuale dall’art. 1455 c.c. per la quale il negozio non può essere risolto se
l’inadempimento ha scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altra parte,
consentendo il travolgimento dell’accordo soltanto a fronte di un inadempimento
connotato da gravità.
G. LO CASCIO, L’ennesima modifica alla legge sulla composizione della crisi da
sovraindebitamento (L. 27 gennaio 2012, n.3), in Fallimento, op. cit., p. 821.
Rispetto al concordato preventivo, non è stato precisato che l’inadempimento non
debba essere di scarsa importanza, ma il richiamo nella specie ai principi sulla
risoluzione del contratto induce a ritenere che l’inadempimento non possa che essere
quello di particolare importanza.
E. SOLLINI, La composizione della crisi da sovraindebitamento, op. cit., p.139. Si
deve giungere ad una conclusione diversa nel senso che l’inadempimento, per
legittimare un’azione di risoluzione, deve essere concretamente apprezzabile e,
come tale, da incidere sull’interesse dei creditori all’esatto adempimento degli
obblighi derivanti da quanto concordato.
73 www.ilsovraindebitamento.it
valutata avendo riguardo all’interesse individuale dei singoli creditori
che hanno proposto l’azione di risoluzione47.
La mancata costituzione delle garanzie promesse costituisce il
secondo motivo di risoluzione dell’accordo. Anche la non costituzione
della garanzia nel tempo previsto è equiparata alla mancata costituzione
della stessa per cui legittima la proposizione dell’azione di risoluzione.
Infine, la medesima azione può essere promossa quando
l’esecuzione dell’accordo diventa impossibile per ragioni non
imputabili al debitore. Questa ipotesi si concretizza per esempio
quando il bene sul quale si faceva affidamento è andato perduto per un
fenomeno straordinario. Ne consegue che in questo caso l’impossibilità
di eseguire la proposta come accettata dai creditori dipende da ragioni
estranee alla volontà del debitore.
La richiesta di risoluzione può essere proposta da ciascun
creditore entro sei mesi dalla scoperta del vizio funzionale e, in ogni
caso, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo
adempimento previsto dall’accordo. I termini di decadenza, che
incidono sulla sola proposizione del ricorso, non sono rilevabili
d’ufficio e pertanto la decadenza non opera se non espressamente
eccepita dal debitore. Il dies a quo del termine annuale è riferito invece
all’ultimo adempimento previsto dal piano, per cui la sua concreta
individuazione deve essere verificata di volta in volta analizzando le
previsioni stabilite nell’accordo.
Sia l’azione di annullamento che quella di risoluzione, regolate
47
Così, ancora, R. GIORDANO, op. cit., p. 62. La gravità dell’inadempimento
dovrà essere valutata, onde evitare vuoti di tutela, avendo riguardo all’interesse
individuale dei singoli creditori che hanno proposto l’azione di risoluzione.
G. LO CASCIO, op. cit., p. 821. Un altro interrogativo concerne il dubbio se
l’importanza dell’inadempimento debba essere individuata riguardo all’interesse
individuale del debitore oppure a quello generale dei creditori aderenti o addirittura
alla generalità di tutti i creditori. Sembra prevalere la soluzione che individua
l’interesse in quello del creditore individuale.
74 www.ilsovraindebitamento.it
dal rito camerale, devono essere presentate al tribunale che ha
omologato l’accordo con specifico ricorso. E’ da ritenere che, sia per
presentare il ricorso, sia per la costituzione in giudizio, le parti hanno
bisogno dell’assistenza di un legale.
A seguito del ricorso il tribunale si pronuncia con decreto
motivato rigettando o accogliendo la richiesta.
Gli effetti conseguenti all’accoglimento della domanda avanzata
dal ricorrente sono costituiti dalla caducazione retroattiva degli effetti
modificativi dei rapporti obbligatori previsti dall’accordo, nonché da
effetti collaterali, di inibitoria, nei confronti dei creditori estranei. Tali
effetti si producono quindi erga omnes, ossia nei confronti di tutte le
parti dell’accordo medesimo e comportano il venir meno, ex tunc, dei
diritti reciprocamente acquisiti. Ne consegue che, dopo la risoluzione o
l’annullamento, tutti i creditori anteriori alla proposta potranno agire
nei confronti del debitore per l’intero credito originario, decurtato di
eventuali pagamenti ricevuti.
Il quarto comma dell’articolo 14 prevede espressamente che sia la
risoluzione che l’annullamento, pur avendo in linea di principio
efficacia retroattiva, non pregiudicano i diritti dei terzi acquisiti in
buona fede, in coerenza con gli articoli 144548 e 145849 c.c., salvo che
non sia stata trascritta la domanda.
La norma, infine, è silente sulla possibilità di impugnare il
48
Art. 1445 c.c. – Effetti dell’annullamento nei confronti dei terzi
L’annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti
acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione
della domanda di annullamento.
49
Art. 1458 c.c. – Effetti della risoluzione
La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti,
salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali
l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite.
La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non pregiudica i diritti
acquistati da terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione.
75 www.ilsovraindebitamento.it
provvedimento
emesso
dal
tribunale
riguardo
il
ricorso
per
l’annullamento o la risoluzione. Tuttavia, la dottrina ritiene che questa
eventualità sia ammessa ai sensi dell’art. 111, settimo comma, della
Costituzione. Infatti, il provvedimento pronunciato all’esito del
reclamo è equiparato ad una sentenza sostanziale, intesa quale
provvedimento giurisdizionale che sebbene emesso in forma di
ordinanza o decreto sia definitivo ed idoneo ad incidere con efficacia di
giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale, in quanto
idonea a decidere in modo definitivo su diritti soggettivi contrapposti e,
in particolare, sui diritti del debitore, del creditore ricorrente e dei
creditori resistenti50.
50
R. GIORDANO, L’impugnazione e la risoluzione dell’accordo, op. cit., p. 65-66.
Deve ritenersi ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7,
Cost. avverso il provvedimento pronunciato all’esito del reclamo, potendo tale
decisione essere equiparata ad una sentenza c.d. in senso sostanziale.
76 www.ilsovraindebitamento.it
Capitolo terzo
Il piano del consumatore
3.1 Accordo e piano del consumatore: le due procedure a confronto.
Tanto sotto il profilo contenutistico, quanto sotto il profilo degli
effetti, il piano del consumatore è soggetto ad una disciplina analoga a
quella dell’accordo. Questa procedura si rivolge ai soggetti
consumatori, ossia alle persone fisiche, che hanno contratto debiti solo
per
scopi
estranei
all’attività
imprenditoriale
o
professionale
eventualmente svolta. Ne consegue che, quando il debitore, in possesso
dei requisiti per proporre l’accordo di composizione della crisi, riveste
anche la qualità di consumatore, ha la facoltà di scegliere se proporre al
giudice un piano di risanamento dei suoi debiti, anziché ricorrere
all’accordo con i propri creditori. Infatti, il comma 1-bis dell’articolo 7
dispone che, fermo restando il diritto di proporre ai propri creditori un
accordo, il consumatore in stato di sovraindebitamento possa proporre,
con l’ausilio dell’organismo di composizione della crisi, un piano
contenente le previsioni di cui all’articolo 7 primo comma. Rispetto al
debitore, dunque, il consumatore in stato di sovraindebitamento
dispone di un’opzione ulteriore, alternativa all’accordo.
La prima differenza da rilevare riguarda quindi il presupposto
soggettivo: mentre l’accordo è esperibile sia dal debitore sia dal
consumatore, la procedura oggetto del presente capitolo è uno
strumento riservato solo a quest’ultimo soggetto.
Le altre differenze non riguardano il contenuto della proposta,
analogo a quanto previsto per l’accordo di composizione della crisi, ma
parte del procedimento, poiché la formazione del piano del
77 www.ilsovraindebitamento.it
consumatore assume, come unico e diretto destinatario, il giudice, non
richiedendo l’accordo con i creditori.
Il piano del consumatore, quindi, non sembra avere carattere
negoziale poiché per la sua omologazione non occorre il consenso della
maggioranza dei creditori, ma è il giudice a decidere se il debitore
consumatore merita, tenendo presente il piano, di essere ammesso alla
procedura. Si può dire, in altri termini, che quest’ultima consiste in un
atto unilaterale del debitore, difettando totalmente della fase di
espressione del voto da parte del ceto creditorio. Il legislatore, tuttavia,
ha lasciato ai creditori la possibilità di intervenire nel momento della
formulazione delle eventuali contestazioni.
L’assenza di votazione in merito alla proposta formulata dal
soggetto consumatore è un fenomeno atipico rispetto alle procedure
concorsuali regolate dalla legge fallimentare, nelle quali invece la
partecipazione e l’approvazione dei creditori è fondamentale e
rispecchia il nuovo orientamento inteso a limitare l’intervento
giurisdizionale ed attribuire natura privatistica agli istituti che regolano
la crisi e l’insolvenza delle imprese1.
La manifestazione di volontà dei creditori è sostituita da una
valutazione discrezionale del giudice riguardo la fattibilità della
proposta, l’assenza di atti in frode ai creditori e la meritevolezza del
soggetto consumatore.
Poiché il piano del consumatore non necessita di un accordo con i
propri creditori, il terzo comma dell’articolo 9 impone, a garanzia
dell’interesse di quest’ultimi, che alla proposta venga allegata una
relazione particolareggiata dell’organismo di composizione della crisi,
1
A. GUIOTTO, La continua evoluzione dei rimedi alle crisi da sovraindebitamento,
op. cit., p. 1287. Si può ritenere che la previsione del legislatore sia dovuta
all’intento di superare il disinteresse dei creditori, desumibile dall’esperienza pratica
e dalle dinamiche del mercato del credito, al salvataggio del consumatore.
78 www.ilsovraindebitamento.it
contenente: l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della
diligenza impiegata dal consumatore nell’assumere volontariamente le
obbligazioni; l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di
adempiere le obbligazioni assunte; il resoconto sulla solvibilità del
consumatore negli ultimi cinque anni; l’indicazione dell’eventuale
esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori.
La
relazione,
oltre
a
contenere
una
valutazione
sul
comportamento pregresso del consumatore, deve esprimere anche un
giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione
depositata a corredo della proposta, nonché sulla fattibilità e sulla
probabile convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria.
Infatti, il piano del consumatore deve essere conveniente, cioè
assicurare ai creditori una soddisfazione maggiore di quella che
avrebbero
attraverso
la
procedura
di
liquidazione
dei
beni.
Quest’ultima, a differenza delle procedure oggetto del presente
manoscritto che possono prevedere volontariamente la liquidazione
solo di una parte dei beni costituenti il patrimonio del debitore, deve
coinvolgere tutto il patrimonio del soggetto sovraindebitato, con
eccezione dei beni indicati dal comma sesto dell’articolo 14-ter2.
Questi giudizi sono vincolanti per la prosecuzione della
procedura: infatti, in caso di valutazioni negative, il tribunale non
procede all’omologazione, dichiarando la proposta inammissibile.
Tuttavia, se il piano presentato dal debitore viene respinto dal giudice,
il consumatore ha in ogni modo la possibilità di accedere alla procedura
alternativa di liquidazione del patrimonio.
Il piano del consumatore ha ad oggetto gli stessi elementi
2
Tra questi beni, esclusi dal patrimonio del debitore, sono indicati i crediti aventi
carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il
debitore guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto occorra al mantenimento
suo e della sua famiglia, come indicato dal giudice.
79 www.ilsovraindebitamento.it
prescritti per l’accordo di composizione della crisi e pertanto, in molti
casi, la disciplina è regolata dalle medesime disposizioni già affrontate
nel capitolo precedente. In particolare gli articoli 7, 8, 9 e 13 della
legge 3/2012 sono comuni ad entrambe le procedure.
Quindi, anche in questo caso, la proposta deve contenere
l’assicurazione del regolare pagamento, secondo i termini e le modalità
previste dalla legge, dei crediti impignorabili; garantire il pagamento
integrale, ancorché dilazionato, dei tributi costituenti risorse proprie
dell’Unione Europea, dell’I.V.A. e delle ritenute operate e non versate;
il soddisfacimento, anche parziale, dei creditori muniti di privilegio,
pegno o ipoteca, purché previsto in misura non inferiore a quella
realizzabile in caso di liquidazione. Così come stabilito per l’accordo di
composizione della crisi, il piano deve altresì indicare la previsione
delle scadenze e delle modalità di pagamento dei creditori, con
l’eventuale indicazione delle garanzie rilasciate per l’adempimento dei
debiti e delle modalità per l’eventuale liquidazione dei beni.
Anche il piano del consumatore può prevedere una moratoria fino
a un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di
privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei
beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.
In linea con quanto già affrontato riguardo all’accordo, il piano
con la relativa documentazione deve essere depositato presso il
tribunale competente e, contestualmente, presso l’agente della
riscossione e gli uffici fiscali ad opera dell’organismo di composizione
della crisi. I documenti unitamente depositati devono riguardare: le
dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; l’elenco di tutti i
creditori, dei beni del debitore e degli eventuali atti dispositivi compiuti
negli ultimi cinque anni e l’elenco delle spese correnti necessarie al
sostentamento del consumatore e della sua famiglia, indicando a tal
80 www.ilsovraindebitamento.it
fine la composizione del nucleo familiare.
Anche il piano del consumatore può prevedere l’eventuale
affidamento del patrimonio ad un gestore per la custodia, liquidazione e
distribuzione delle somme ricavate.
Infine, per quanto riguarda la fase relativa all’esecuzione del
piano, si rimanda integralmente a quanto già detto nel relativo
paragrafo del secondo capitolo del presente elaborato.
3.2 Procedimento e omologazione del piano del consumatore
L’art. 12-bis, introdotto dal d.l. 179/2012, è il primo dedicato
esclusivamente alla procedura del piano del consumatore. L’espressa e
separata regolamentazione del procedimento di omologazione rafforza
e sottolinea il fatto che questa procedura è dedicata a soggetti differenti
rispetto a quelli che possono accedere alle altre procedure disciplinate
dalla legge 3/2012.
Anche nell’ambito del procedimento di omologazione del piano
del consumatore è il giudice, la cui competenza è individuata
all’articolo 9, il soggetto chiamato ad emettere il provvedimento di
apertura della procedura.
Il giudice, prima di emettere il suddetto provvedimento, verifica
che la proposta soddisfi quanto previsto dagli articoli 7, 8 e 9, inerenti
rispettivamente ai requisiti soggettivi e oggettivi di accesso, al
contenuto e alla completezza documentale del piano. Qualora non li
ritenga soddisfatti può concedere un termine perentorio non superiore a
quindici giorni per apportare integrazioni alla proposta.
Riguardo all’ammissibilità il giudice deve controllare che il
consumatore si trovi in una situazione di sovraindebitamento; non sia
assoggettato a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla
81 www.ilsovraindebitamento.it
presente legge; non abbia fatto ricorso, nei cinque anni precedenti, ad
una delle procedure disciplinate dalla stessa legge 3/2012 e non abbia
subito, per cause a lui imputabili, provvedimenti di revoca,
impugnazione o risoluzione dell’accordo.
Riguardo, invece, il contenuto e la completezza documentale del
piano, il giudice, oltre a verificare che la proposta contenga determinati
elementi, comuni anche all’accordo di composizione della crisi, deve
controllare che il debitore abbia prodotto una documentazione idonea a
ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale e
che sia residente nel circondario del tribunale presso cui ha depositato
la domanda.
Il giudice verifica inoltre l’assenza di atti in frode ai creditori, di
cui può averne notizia, in questa fase, solo attraverso la relazione
particolareggiata dell’organismo di composizione della crisi.
Se il controllo è positivo, il giudice emette immediatamente un
provvedimento nel quale indica la data dell’udienza3, che non può
essere fissata oltre sessanta giorni a decorrere dal momento in cui è
stata depositata la proposta, o eventualmente dalla data di deposito
delle integrazioni nel perentorio termine di quindici giorni. Con il
medesimo decreto il giudice ordina, all’organismo di composizione
della crisi che assiste il consumatore, di comunicare a tutti i creditori,
almeno trenta giorni prima della data fissata per l’udienza, la proposta e
il decreto di ammissione. L’O.C.C. deve effettuare tali adempimenti
con la massima tempestività attraverso le solite modalità previste
3
F. AGOSTINI, Il piano del consumatore. Dall’omologa alla cessazione, ODCEC
Pistoia, 2013, 3-4. Il decreto di fissazione dell’udienza può essere considerato
equivalente al decreto di apertura della procedura di concordato preventivo. Dalla
formulazione dell’articolo 12-bis sembra che il decreto di avvio, a differenza di
quanto previsto per l’accordo, non richieda alcuna forma di pubblicità. Nonostante il
silenzio della norma, è da ritenere che ciò sia solamente una mancanza normativa e,
pertanto, è opportuna un’idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto,
sempre per opera dell’organismo di composizione della crisi.
82 www.ilsovraindebitamento.it
all’articolo 15, settimo comma, cioè mediante posta elettronica
certificata, telefax o lettera raccomandata.
Alla data ed ora prevista nel provvedimento di ammissione si
tiene l’udienza dinanzi al giudice. Anche se la norma non lo specifica,
è
da
ritenere
che
possano
partecipare
il debitore,
assistito
dall’organismo di composizione della crisi, e tutti i creditori ed ogni
altro soggetto che vi abbia interesse.
Anche il procedimento in esame è fondato su un’unica udienza e
l’omologa deve intervenire nel termine massimo di sei mesi dal
deposito della domanda per l’ammissione alla procedura del
sovraindebitamento.
Tuttavia,
nonostante
le
numerose
affinità
segnalate, la procedura del piano del consumatore agisce secondo una
ratio diversa rispetto a quella di cui all’art. 10, avendo il legislatore
disposto che, ai fini dell’approvazione del piano, non sia richiesta
alcuna maggioranza e ponendo, quale condizione necessaria e
sufficiente per l’omologa, la valutazione da parte del giudice sulla
fattibilità del piano riguardo ai presupposti di cui ai già citati articoli 7,
8 e 9 ed al complessivo atteggiamento del consumatore.
In udienza il giudice verifica la fattibilità del piano e l’idoneità
dello
stesso
ad
assicurare
l’integrale
pagamento
dei
crediti
impignorabili, dei tributi costituenti risorse dell’Unione Europea,
dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute operate e non versate
per le quali il piano può prevedere soltanto una rateizzazione.
In questa fase l’organo giudiziario cerca altresì di risolvere ogni
contestazione, anche a proposito dell’effettivo ammontare dei crediti.
Ne consegue che nella procedura del piano del consumatore i creditori
possono opporsi alla proposta solamente all’udienza di omologa.
Questi possono contestare la convenienza del piano, ma possono anche
fornire elementi comportamentali del debitore tali da influire sulla
83 www.ilsovraindebitamento.it
valutazione che il giudice dovrà eseguire per giungere all’omologa.
Nonostante le eventuali contestazioni, il giudice approva comunque il
piano quando lo ritiene più conveniente rispetto all’alternativa
liquidatoria, ai fini della soddisfazione dei crediti4.
Va altresì rilevato che il decreto mediante il quale viene fissata
l’udienza, a differenza di quanto previsto dalla procedura di cui all’art.
10, non comporta automaticamente la sospensione od il blocco per le
azioni esecutive o cautelari esperite dai creditori, almeno fino alla data
di emissione del decreto di omologazione del piano. Infatti, ai sensi
dell’art. 12-bis, secondo comma, è il giudice a valutare se, nelle more
della convocazione dei creditori all’udienza di omologa, sono pendenti
procedure di esecuzione forzata la cui prosecuzione potrebbe
pregiudicare la fattibilità del piano. Solamente in tal caso, il giudice
può disporre la sospensione di tali procedimenti sino al momento in cui
il provvedimento di omologazione diventa definitivo5.
Pertanto, nel periodo tra la pronuncia del provvedimento del
giudice e la data dell’udienza, l’inibizione per le azioni esecutive
individuali costituisce una mera facoltà ed è espressione della
discrezionalità del giudice. Preme precisare che tale provvedimento di
sospensione deve essere valutato con riferimento alle specifiche
procedure e quindi non opera sospendendo tutti i processi esecutivi.
Dal tenore letterale del secondo comma sembra che sia possibile
per il consumatore chiedere la sospensione di eventuali esecuzioni
individuali già in corso alla data di deposito della proposta, nel caso in
cui queste possano pregiudicare la fattibilità del piano. Sorge invece il
4
Tale meccanismo è noto anche con il nome cram down.
Circolare ABI, Sovraindebitamento – Crisi d’impresa, n.3 25 gennaio 2013;
Relazione illustrativa al d.l. 179/2012. La scelta di non anticipare gli effetti protettivi
sul patrimonio del debitore è dovuta al carattere di maggiore semplificazione del
procedimento, nonché all’assenza dell’esigenza di conservazione dell’unità
produttiva, propria esclusivamente dei debitori non consumatori.
5
84 www.ilsovraindebitamento.it
dubbio a proposito di quelle che iniziano dopo, le quali altrimenti
procedono normalmente fino all’eventuale omologa6.
L’udienza è quindi fondamentale affinché il giudice possa
procedere all’omologazione della procedura oggetto di analisi del
presente capitolo. E’ in questa sede, infatti, che viene verificata la
fattibilità del piano, valutate e risolte le eventuali contestazioni
ricevute.
Il giudice, eseguiti i controlli e risolte le controversie, procede
all’omologazione della proposta, per il cui scopo è necessario una
valutazione giudiziale di fattibilità e meritevolezza. I creditori non sono
quindi chiamati all’adesione, ma possono soltanto intervenire
contestandone la convenienza.
Mentre la valutazione sulla fattibilità è caratterizzata dagli
elementi in precedenza già individuati, per la meritevolezza devono
ricorrere determinate condizioni comportamentali del debitore. Infatti,
riguardo alla meritevolezza il giudice esegue una valutazione
discrezionale utilizzando criteri interpretativi non oggettivi, che
dipendono dall’apprezzamento di volta in volta fatto dal giudice stesso.
Per procedere con l’omologazione è quindi necessario che l’organo
giudicante escluda che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza
la
ragionevole
prospettiva
di
poterle
adempiere,
causando
colposamente il sovraindebitamento, anche mediante un ricorso al
credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali. In
sostanza il giudice, per omologare la proposta, deve ritenere il
consumatore meritevole per il suo comportamento.
6
F. AGOSTINI, Il piano del consumatore. Dall’omologa alla cessazione, op. cit.,
p.3. Sorge il dubbio se non sia invece possibile chiedere la sospensione anche di
azioni individuali iniziate dopo se le stesse possono pregiudicare la fattibilità del
piano. Ovviamente ciò avverrebbe con un decreto ulteriore e specifico da parte del
giudice.
85 www.ilsovraindebitamento.it
E’ evidente che questo punto rappresenta lo snodo cruciale
dell’intera procedura del piano del consumatore poiché la possibilità di
ottenere
o
meno
l’omologa
dipende
prevalentemente
proprio
dall’interpretazione che l’organo giudiziario fornisce riguardo agli
aspetti sopra menzionati.
Il consumatore meritevole deve essere esente da colpe nella
determinazione del sovraindebitamento. La ragionevolezza della
condotta e l’assenza di colpa, secondo una visione restrittiva del
concetto di meritevolezza, possono essere riassunti nel termine
diligenza che quindi sarebbe richiesta al consumatore per usufruire
della procedura a lui favorevole. Qualificare però il consumatore
meritevole come diligente sembra essere eterodosso rispetto al nostro
sistema giuridico. Infatti, tanto in ambito contrattuale, quanto in ambito
extracontrattuale, un comportamento negligente assume rilevanza
soltanto se lede un interesse altrui giuridicamente protetto, perché solo
in tal caso il soggetto al quale la condotta colpevolmente dannosa è
imputabile è tenuto a risarcire il pregiudizio arrecato ad altri.
Una parte minoritaria della dottrina, secondo un’ottica restrittiva,
ritiene che nella fattispecie in esame venga imputato al consumatore di
avere assunto obbligazioni in una situazione nella quale sapeva, o
avrebbe dovuto ragionevolmente sapere, che non sarebbe stato in grado
di onorarle. Per i sostenitori di questa tesi, i soggetti ai quali si sarebbe
dovuta offrire tutela da parte dell’ordinamento sono i creditori esposti
alla pressoché sicura insolvenza della controparte a causa della
colpevole condotta di questa. Ne consegue che una parte della dottrina
ritiene che il procedimento riservato al consumatore produca effetti
paradossali: il consumatore diligente ricava dalla sua condotta un
concreto vantaggio a scapito dei creditori, potendo attivare una
procedura di composizione della crisi tutta orientata a suo favore; di
86 www.ilsovraindebitamento.it
conseguenza per i creditori è meglio avere a che fare con un debitore
negligente, e perciò escluso da questa procedura. In questo caso,
l’unica
strada
percorribile
per
il
consumatore,
che
aspira
all’esdebitazione, è quella di ricorrere all’accordo7.
Molte possono essere le cause del sovraindebitamento del
consumatore:
ad
esempio
l’enfatizzazione
dei
vantaggi
della
rateazione, che non permette all’utente di conoscere il prezzo effettivo
del bene o del servizio acquistato; oppure contrarre un finanziamento
senza la certezza di essere in grado di restituirlo. Esempi di questo tipo
nella nostra società, anche a causa della crisi economica che ormai da
anni imperversa nel nostro paese, sono sempre più frequenti.
E’ evidente però che da un punto di vista restrittivo nessuno dei
soggetti sopra menzionati avrebbe titolo per accedere alla procedura
riservata ai consumatori, poiché la condotta da essi tenuta non può
certo essere definita diligente. Ne consegue che il consumatore
meritevole prefigurato dal legislatore corrisponderebbe a quello che nei
paesi anglosassoni viene definito well educated middle-class consumer,
cioè colui che è capace di tutelarsi da solo, poiché in grado di
comprendere le informazioni che gli vengono fornite. Evidentemente,
un soggetto con tali caratteristiche ha bisogno di questa procedura solo
in ipotesi marginali, in genere a seguito di accadimenti del tutto
imprevedibili, verificatesi in seguito all’assunzione del credito, come
ad esempio morte, malattia o perdita del lavoro. Secondo questa
7
E. SABATELLI, I creditori nella composizione delle crisi da sovraindebitamento
del consumatore, op. cit., p. 17. Come noto, l’accordo richiede che la proposta
riscuota il consenso dei creditori rappresentanti la maggioranza richiesta dalla legge.
Se ciò non accade (e, come risulta dalla relazione al d.l. 179/2012, lo stesso
legislatore è pienamente consapevole di quanto sia difficile che tale circostanza si
verifichi) la posizione giuridica dei creditori resta immutata: essi conservano la
piena disponibilità delle azioni a tutela del credito, non possono essere sottoposti ad
alcuna moratoria e soprattutto non corrono il rischio che il debitore possa usufruire
del beneficio dell’esdebitazione.
87 www.ilsovraindebitamento.it
visione, resterebbero fuori dalla tutela, perché immeritevoli, proprio chi
ne avrebbe più bisogno, cioè le fasce sociali più fragili, che spesso non
hanno alternative, se non il ricorso al credito. La conseguenza di quanto
sopra esposto è che ben pochi, fra i soggetti consumatori
sovraindebitati, sarebbero effettivamente in grado di accedere alla
procedura8.
Tuttavia, alla luce di quanto sopra esposto, la dottrina prevalente
ritiene che un’interpretazione restrittiva si ponga in contrasto con lo
spirito della presente legge poiché, soprattutto per i consumatori, il
sovraindebitamento è provocato nella quasi totalità dei casi proprio da
un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità
patrimoniali, anche a causa della carente educazione finanziaria dei
debitori e della disinvoltura con cui gli enti finanziatori hanno fino ad
oggi concesso finanziamenti, tanto da far ipotizzare una coresponsabilità dei creditori nell’eccesso di indebitamento del debitore9.
Inoltre, per opinione comune, il termine diligente è un concetto
relativo, cioè suscettibile di variare in rapporto alle qualità soggettive e
al contesto sociale all’interno del quale opera il debitore. Infatti, la
dottrina e la giurisprudenza più recenti tendono ad attribuire ad essa
una sempre più accentuata connotazione solidaristica. Ne consegue che
sembra più corretto considerare il consumatore come un soggetto non
8
Così ancora E. SABATELLI, op. cit., p. 19. Ovviamente non si intende con ciò
sostenere la legittimità e nemmeno l’opportunità di costruire percorsi normativi che
riversino l’insolvenza dei consumatori su coloro che hanno fornito ad essi beni,
servizi o credito; si vuole semplicemente rimarcare che la strada prescelta dal d.l.
179/2012 non pare assolutamente idonea a costituire uno strumento efficace per
consentire ai debitori di uscire dalla crisi. Insomma, nonostante le premesse
sembrino essere tutte a favore del consumatore, si deve concludere che la situazione
dei creditori, e fra questi segnatamente dei finanziatori professionali, i cui crediti
costituiscono normalmente la parte più rilevante (e garantita) dell’esposizione
debitoria, in concreto non risulterebbe, poi, sostanzialmente peggiorata a seguito
dell’entrata in vigore di una normativa così congegnata.
9
F. AGOSTINI, Il piano del consumatore. Dall’omologa alla cessazione, op. cit., p.
4.
88 www.ilsovraindebitamento.it
in grado di gestire adeguatamente le risorse di cui dispone, il quale fa
ricorso al credito sopravvalutando le proprie capacità patrimoniali.
Una prima indicazione di natura quantitativa per l’individuazione
e valutazione del giudizio di meritevolezza può essere rintracciata nel
criterio della proporzionalità tra reddito e debiti. La dottrina, così come
gli istituti finanziari nella valutazione del merito creditizio, ritiene
generalmente che tale rapporto non debba superare la soglia di un
terzo, al fine di evitare problematiche riguardo all’incapacità di
rimborso.
Il giudice, vista l’importanza della valutazione di meritevolezza
del consumatore ai fini dell’omologazione del piano, si avvale anche
della
relazione
particolareggiata
redatta
dall’organismo
di
composizione della crisi allegata alla proposta.
Nel caso in cui il giudice non addivenga ad una valutazione di
meritevolezza oppure, nel caso di contestazione sulla convenienza del
piano,
non
ritenga
che
il
credito
possa
essere
soddisfatto
dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa della
liquidazione, emette un’ordinanza di diniego dell’omologazione, nella
quale dispone l’inefficacia del provvedimento di sospensione delle
azioni individuali eventualmente adottate precedentemente.
Il decreto, di omologa o di diniego, deve ricevere idonea forma di
pubblicità. Inoltre, se il piano prevede la cessione o l’affidamento a
terzi di beni immobili o mobili registrati, il decreto deve essere
trascritto a cura dell’organismo di composizione della crisi.
Sia il decreto di omologa, che l’ordinanza di diniego, sono
reclamabili, ai sensi dell’articolo 737 del codice di procedura civile,
davanti al tribunale competente con procedimento in camera di
consiglio, della quale non deve far parte il giudice emittente.
Ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 12-bis, il decreto di
89 www.ilsovraindebitamento.it
omologazione produce effetti che consentono di equipararlo all’atto di
pignoramento, rispetto ai singoli beni oggetto del piano, con
conseguente applicazione delle disposizioni disciplinate agli articoli
491 e seguenti del codice di procedura civile, in quanto compatibili.
Ciò non rispecchia quanto previsto per la procedura dell’accordo, nella
quale invece tale equiparazione è prevista già con il decreto di
ammissione.
Gli effetti dell’omologazione possono distinguersi tra inibitori e
obbligatori. A proposito dei primi, dalla data dell’omologa si produce
un effetto preclusivo del diritto di compiere azioni esecutive
individuali. Pertanto, i creditori con causa o titolo anteriore non
possono, dalla data di omologazione del piano, iniziare o proseguire
azioni esecutive individuali, azioni cautelari o acquisire diritti di
prelazione sul patrimonio del debitore. Il termine patrimonio è
utilizzato dal legislatore, nel primo comma dell’articolo 12-ter., proprio
per riferirsi specificatamente a tutti i beni del consumatore, anche quelli
che eventualmente non sono oggetto del piano.
L’effetto inibitorio suindicato viene meno nell’ipotesi di mancato
pagamento dei titolari di crediti impignorabili, nonché dei crediti
tributari di cui all’articolo 7 primo comma. L’accertamento del
mancato pagamento deve essere richiesto al tribunale, con ricorso
deciso in camera di consiglio. La ratio della disposizione è di
consentire a tali creditori, meritevoli di maggior tutela, di poter agire
individualmente per il recupero del proprio credito.
Per quanto concerne la seconda tipologia di effetti, così come
previsto nel concordato preventivo, il piano omologato è obbligatorio
per tutti i creditori con causa e titolo anteriore alla proposta, dal
momento in cui il decreto del giudice è oggetto di idonea forma
pubblicitaria. Questa data è fondamentale perché indica il momento dal
90 www.ilsovraindebitamento.it
quale il piano inizia a produrre effetti.
L’omologazione quindi mette un punto fermo per coloro che
vantano crediti per causa o titolo anteriore alla presentazione della
domanda: devono sottostare a quanto previsto nel piano e non possono
iniziare o proseguire azioni esecutive. In altre parole il piano del
consumatore omologato, così come l’accordo di composizione della
crisi, produce un effetto esdebitatorio automatico delle obbligazioni del
debitore: tali debiti rimangono, ma è come se non esistessero perché il
creditore non può agire per recuperarli.
Analogamente a quanto stabilito nell’ambito della disciplina di
cui all’articolo 10, il secondo periodo del secondo comma contiene una
differente previsione per i creditori con causa o titolo posteriore, i quali
non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano.
Questi vengono quindi “segregati” poiché destinati al soddisfacimento
dei creditori in base alle modalità indicate dal piano. Il fatto che la
legge faccia riferimento a questi beni, lascia intravedere la possibilità,
come già accennato, che non tutti i beni del patrimonio del debitore
possano far parte della proposta e, quindi, è possibile ritenere che i beni
estranei al piano possano subire l’aggressione da parte dei creditori
posteriori.
Infine, così come previsto in materia di concordato preventivo, ex
articolo 18410 della legge fallimentare, ed in linea con la procedura
dell’accordo di composizione della crisi, il terzo comma dell’articolo
12-ter. dispone che l’omologazione del piano non pregiudichi i diritti
10
Art. 184 l.f. – Effetti del concordato per i creditori.
Il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla
pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all’articolo 161. Tuttavia
essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore
e gli obbligati in via di regresso.
Salvo patto contrario, il concordato della società ha efficacia nei confronti dei soci
illimitatamente responsabili.
91 www.ilsovraindebitamento.it
dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori e obbligati in via
di regresso del debitore.
3.3 La revoca e la cessazione degli effetti dell’omologazione del piano
del consumatore.
Il primo comma dell’articolo 14-bis regola la revoca e la
cessazione di diritto degli effetti dell’omologazione del piano del
consumatore non direttamente ma rinviando a quanto previsto per gli
altri soggetti al quinto comma dell’articolo 11 della disciplina in esame,
in tema di accordo di composizione della crisi. Ne consegue che il
piano cessa di diritto nel caso di mancato pagamento, entro novanta
giorni dalle scadenze previste, dei debiti verso la pubblica
amministrazione e gli enti gestori di forme di previdenza e assistenza
obbligatorie. La previsione normativa è molto forte poiché il giudice
procede d’ufficio, senza necessità di iniziativa da parte dei creditori o
dell’organismo di composizione della crisi, anche se, verosimilmente, è
quest’ultimo, quale organo di vigilanza, a dare tempestiva notizia al
giudice dei fatti che possiedono gli estremi per la cessazione o la
revoca. Perché accada ciò è comunque necessario che il consumatore
non paghi integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze stabilite e
nella misura prevista nel piano, quanto dovuto ai soggetti sopra
menzionati. La norma quindi concede al debitore una proroga di
novanta giorni per ottemperare ai predetti obblighi.
Il piano è altresì revocato se durante la procedura vengono
compiuti atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.
Al secondo comma, sempre dell’art.14-bis, sono previste ulteriori
ipotesi
di
cessazione
degli
effetti
dell’omologazione,
con
legittimazione attiva in capo ai creditori, mediante ricorso da presentare
92 www.ilsovraindebitamento.it
al tribunale, e in contraddittorio con il debitore. Il legislatore nella
stesura della norma ha distinto e raggruppato tali ipotesi nel modo
seguente: con la lettera a) sono indicati il compimento di atti di frode,
ne consegue che i creditori possono richiedere la cessazione quando è
stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo,
sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo, oppure se
dolosamente simulate attività inesistenti. Con la lettera b) invece la
norma prevede che il tribunale possa dichiarare la cessazione degli
effetti dell’omologazione del piano anche quando il proponente non
adempie gli obblighi derivanti dal piano stesso, se la sua esecuzione
diviene impossibile anche per ragioni non imputabili al debitore e, se le
garanzie promesse non vengono costituite.
Le ipotesi per le quali il creditore può presentare ricorso al
tribunale sono chiuse e quindi non è possibile adire l’autorità
giudiziaria per altre cause. Il ricorso per la cessazione degli effetti deve
essere proposto, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla scoperta
dell’evento legittimante, e comunque non oltre due anni dalla scadenza
del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal piano, per i
motivi di cui alla lettera sub a); non oltre un anno per le ipotesi sub b).
Nel caso in cui il ricorso proposto dinanzi al tribunale sia accolto
e, quindi, gli effetti dell’omologazione del piano del consumatore siano
dichiarati cessati, la norma prevede esplicitamente che tale cessazione
non pregiudichi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.
Svolgendosi il procedimento ai sensi degli articoli 737 e seguenti
del codice di procedura civile, ne consegue che contro il
provvedimento di revoca o cessazione è proponibile reclamo, da
presentare allo stesso tribunale, il quale decide in composizione
collegiale, di cui non può far parte il giudice che ha pronunciato il
provvedimento stesso.
93 www.ilsovraindebitamento.it
Infine, secondo quanto disposto dall’articolo 14-quater, il giudice
può disporre con decreto la conversione di una delle due procedure di
composizione della crisi, di cui alla sezione prima della presente legge,
in quella di liquidazione del patrimonio. Questa previsione, introdotta
dal d.l. 179/2012, cerca di trovare una soluzione alla situazione di
sovraindebitamento, laddove le procedure di accordo e del piano non si
siano potute realizzare. La conversione della procedura non è
automatica, ma deve essere esplicitamente richiesta al giudice e, i
soggetti legittimati sono sia il debitore che i creditori.
Tale richiesta è ammissibile soltanto quando si verificano una
delle ipotesi di annullamento, risoluzione o cessazione degli effetti
dell’omologazione dell’accordo o del piano, ex articolo 11, quinto
comma, e articolo 14-bis commi primo e secondo.
3.4 Omologa e revoca del piano del consumatore: analisi di un caso
reale e successive osservazioni.
I provvedimenti del tribunale di Pistoia del 27 dicembre 2013 e
del 28 febbraio 2014 sono i primi emessi in applicazione della nuova
procedura del piano del consumatore. I suddetti provvedimenti
riguardano rispettivamente l’omologazione e la successiva revoca, a
seguito di reclamo di un creditore, della procedura oggetto del presente
capitolo. Questi offrono uno spaccato della realtà con riguardo alle
cause del sovraindebitamento e consentono di vagliare i criteri cui è
subordinata l’applicazione della nuova normativa.
La lettura del decreto del giudice delegato, con il quale è concessa
l’omologazione, risulta particolarmente utile per comprendere le cause
dell’indebitamento e la conseguente incapacità di adempiere alle
obbligazioni assunte dal consumatore. Dall’analisi del suddetto decreto,
94 www.ilsovraindebitamento.it
è possibile riscontrare anche il prezioso ruolo svolto dall’organismo di
composizione della crisi, che nel caso specifico è assunto da un singolo
professionista, come consentito dal comma nove dell’articolo 1511.
Inizialmente è riportata l’esposizione debitoria della signora, la
composizione del nucleo familiare, l’indicazione delle spese medie
mensili necessarie al sostentamento della debitrice e della sua famiglia
e, la proposta di ristrutturazione dei debiti offerta ai creditori.
I dati suddetti sono raccolti dall’organismo di composizione della
crisi che assiste il consumatore, sulla base della documentazione
fornitagli e dagli elementi rinvenuti nelle banche dati ISTAT.
Molto importante, non solo ai fini dell’omologazione ma anche
per comprendere a fondo quanto richiesto dalla legge, è la relazione
particolareggiata redatta dal professionista che ha assunto il ruolo di
organismo di composizione della crisi. E’ infatti possibile venire a
conoscenza che, con riferimento alle cause dell’indebitamento e alla
diligenza prestata nell’assumere le obbligazioni, i finanziamenti in
essere sono stati contratti per mancanza di liquidità e per fornire aiuti
economici al figlio, nonché per acquistare un’utilitaria e per spese
mediche
dentistiche.
Quanto
alla
diligenza
nell’adempiere
le
obbligazioni, è rilevata la mancanza di protesti e di esecuzioni
individuali negli ultimi cinque anni e la regolarità degli adempimenti.
Inoltre dalla lettura della relazione dell’O.C.C. si evince come la
regolarità degli adempimenti sia venuta meno solo in tempi recenti,
individuando le cause nell’incapacità di adempiere al progressivo
accumularsi di debiti, all’aumento delle spese correnti necessarie per la
vita quotidiana e nel venir meno del contributo del figlio al pagamento
11
Preme ribadire che attualmente, essendo sempre nella fase transitoria e in attesa
dei decreti ministeriali che dovranno istituire e regolare gli organismi di
composizione della crisi, tale ruolo è assunto esclusivamente da professionisti.
95 www.ilsovraindebitamento.it
dei debiti assunti per la sua sopraggiunta malattia. Inoltre è
meticolosamente ricostruita la crescita progressiva dell’esposizione
debitoria, evidenziando l’iniziale compatibilità dell’indebitamento con
le capacità reddituali della debitrice, compatibilità poi venuta meno a
seguito della malattia del figlio e della conseguente contrazione degli
introiti realizzati.
Il piano viene giudicato fattibile perché l’importo mensile offerto
ai creditori costituisce circa il 21% del reddito netto percepito, ed
appare sostenibile per il debitore tenuto conto delle spese correnti per il
sostentamento del nucleo familiare. Infine il piano è ritenuto
conveniente per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria,
attraverso la quale le somme ricavate risulterebbero inferiori rispetto a
quanto offerto dalla debitrice ai propri creditori. La convenienza è
anche data dal tempo contenuto di definizione delle pendenze, misurato
in circa otto anni, compatibile con la speranza di vita del soggetto
sovraindebitato, calcolata in circa diciannove anni.
Per i motivi sopra indicati, il giudice omologa il piano del
consumatore predisposto dalla debitrice e, dispone che quest’ultima
effettui i pagamenti nella misura e secondo le modalità previste dal
piano omologato.
Tuttavia di avviso diverso, rispetto al giudice delegato, è in sede
di reclamo il tribunale di Pistoia. Il reclamo è adito da un creditore, il
quale si era già opposto all’omologazione, deducendo l’assenza delle
condizioni di meritevolezza per negligenza del debitore il quale, al
momento dell’assunzione delle obbligazioni, ed in particolare al
momento della stipula dell’ultimo contratto di finanziamento, non
poteva non essere consapevole delle proprie difficoltà economiche. Il
collegio accoglie quindi il reclamo, ritenendo fondato il motivo di
contestazione portato avanti dal creditore.
96 www.ilsovraindebitamento.it
Dalla lettura del decreto di revoca, è possibile comprendere che la
decisione assunta dal tribunale è dovuta al fatto che i calcoli della
complessiva redditualità familiare della debitrice sono ritenuti errati. La
conseguenza di ciò è che per il collegio sono considerate sbagliate: la
valutazione circa la sostenibilità del progressivo indebitamento, e
l’individuazione
del
residuo
disponibile,
detratto
l’ammontare
complessivo dei debiti da pagare per le necessità della vita quotidiana.
Si legge nel decreto di revoca che l’errore, di fatto, è stato quello
di calcolare nel reddito familiare disponibile anche quello del figlio
della debitrice derivante da una pensione di invalidità, quando invece
risulta pacifico e assunto nello stesso decreto di omologa, che tale
somma era completamente assorbita da assegni di mantenimento per la
figlia minore. Dunque, l’ammontare pecuniario a disposizione della
famiglia è ridotto ad una somma inferiore al minimo vitale
ragionevolmente calcolato, tale da comportare un inadempimento certo
delle obbligazioni assunte. Secondo il tribunale pistoiese, quindi, si è di
fronte ad una situazione di sovraindebitamento non eticamente
censurabile, in considerazione della incapacità lavorativa del figlio
della resistente e dei conseguenti riflessi negativi sull’economia
familiare; ma certo non incolpevole, nel senso che quantomeno
l’assunzione dell’ultima obbligazione è avvenuta senza la ragionevole
certezza di poterla adempiere, ovvero nella consapevolezza di
determinare, ove la si fosse adempiuta, l’inadempimento di quelle
pregresse. La conferma di ciò, sempre secondo il tribunale, deriva dalle
stesse dichiarazioni della debitrice in sede di udienza collegiale, nella
quale aveva ammesso di aver fatto fronte ai primi mesi di pagamento
solo grazie ai propri risparmi, presto esauriti. Ne consegue che gli
introiti ordinari erano insufficienti al regolare adempimento e di ciò la
debitrice ne aveva piena consapevolezza.
97 www.ilsovraindebitamento.it
La
revoca
dell’omologazione
non
preclude
tuttavia
al
consumatore l’accesso ad una delle altre procedure di composizione
della crisi da sovraindebitamento.
Leggendo i decreti oggetto di analisi nel presente paragrafo, non
si può non segnalare un aspetto quanto meno paradossale: il decreto di
omologazione è revocato sulla base del ricorso del creditore che ha
erogato l’ultimo e più cospicuo finanziamento.
Il creditore nel ricorso afferma l’assenza delle condizioni di
meritevolezza per palese negligenza della debitrice, che al momento
della stipula del finanziamento, concesso dallo stesso reclamante, non
poteva non essere consapevole delle proprie difficoltà economiche e
finanziarie. Tuttavia, anche il creditore non poteva non sapere o quanto
meno ipotizzare che il consumatore che chiedeva il finanziamento
difficilmente avrebbe potuto restituirlo. La conseguenza di questo
paradosso è il rischio di verificarsi un cortocircuito tra le discipline del
sovraindebitamento e del credito al consumo12.
12
E. PELLECCHIA, Composizione delle crisi da sovraindebitamento: il “piano del
consumatore” al vaglio della giurisprudenza, in Diritto Civile Contemporaneo,
2014. Rischia di verificarsi un cortocircuito tra la disciplina del sovraindebitamento
e la disciplina del credito al consumo: l’una, severa nella valutazione della
“meritevolezza” del debitore con riguardo alla natura non colposa del
sovraindebitamento; l’altra, generica e indeterminata sul piano dei rimedi con
riguardo alla negligente valutazione, da parte del creditore, del c.d. merito di credito
del richiedente il finanziamento.
La disciplina del credito al consumo ha optato per la moltiplicazione degli obblighi
di informazione, cercando di responsabilizzare il debitore, rendendolo edotto il più
possibile circa le scelte che sta effettuando.
Sembra pertanto prevalere un approccio responsible borrowing a discapito
dell’approccio responsible lending, il quale è orientato a sanzionare i finanziatori
che procedono alla concessione del credito senza un’adeguata valutazione della
solvibilità del consumatore. L’approccio responsible lending si può in parte
rinvenire nell’articolo 124-bis del T.U.B., che dispone che “prima della conclusione
del contratto di credito, il finanziatore valuta il merito creditizio del consumatore
sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e,
ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente”.
Nulla è specificato circa i riflessi della valutazione negativa, infatti, il finanziatore
non è obbligato ad astenersi dal concedere prestiti in caso di precarie condizioni
98 www.ilsovraindebitamento.it
Infatti, da un lato c’è la disciplina del sovraindebitamento che,
secondo l’interpretazione del tribunale di Pistoia, nega l’accesso alla
procedura dedicata al soggetto consumatore a chi ha chiesto e ottenuto
un finanziamento, quando già versava in una situazione economica
precaria, proprio dal creditore che chiede la revoca dell’omologazione.
Dall’altro lato, invece, c’è la disciplina del credito al consumo che
impone ai finanziatori di valutare, in fase precontrattuale, il merito
creditizio del richiedente, ma non specifica niente nel caso in cui
quest’ultimo sia considerato non meritevole.
Inoltre, non si può non considerare che il sovraindebitamento è un
processo graduale, nel quale talvolta ha un peso importante proprio il
finanziamento erogato ad un soggetto già indebitato.
Per
evitare
questo
cortocircuito
bisogna
lavorare
sull’interpretazione di entrambe le discipline, cercando di trovare un
punto d’incontro ed evitando zone grigie, dove si verrebbero a
manifestare condotte azzardate e, di conseguenza, la concessione di
finanziamenti a soggetti non meritevoli.
In conclusione, le condotte opportunistiche dei debitori vanno
scoraggiate, precludendo loro l’accesso a procedure come il piano del
consumatore, nel caso in cui hanno assunto colposamente obbligazioni
superiori alla loro capacità di poterle adempiere. Al tempo stesso deve
essere prestata attenzione anche alla condotta dei creditori, soprattutto
nel caso di contratti di credito ai consumatori. In questo modo
l’obiettivo è fare emergere tutte le fattispecie nelle quali la valutazione
del merito di credito del consumatore non è stata eseguita o compiuta
correttamente, comportando l’erogazione del credito a soggetti in
condizioni economiche già precarie e, di conseguenza, configurando
economiche del richiedente, ma non ha neppure libertà assoluta di erogare
finanziamenti a soggetti non meritevoli.
99 www.ilsovraindebitamento.it
fattispecie di responsabilità.
Ecco allora che, anche dall’analisi di fattispecie reali, quali i due
decreti emanati dal tribunale pistoiese e oggetto di questo paragrafo, è
ancora più evidente che il punto fondamentale e cruciale di tutta la
procedura del piano del consumatore è rappresentato dal giudizio di
meritevolezza riguardo il comportamento del soggetto sovraindebitato.
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100 www.ilsovraindebitamento.it
Appendice normativa
Legge 27 gennaio 2012, n. 3
Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di
composizione delle crisi da sovraindebitamento.
Vigente al: 1-11-2014
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Capo I
MODIFICHE ALLA LEGISLAZIONE VIGENTE IN MATERIA DI
USURA E DI ESTORSIONE
Art. 1
Modifiche alla legge 7 marzo 1996, n. 108
1. All'articolo 14 della legge 7 marzo 1996, n. 108, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 2, sono inseriti i seguenti:
«2-bis. Fermo quanto previsto dal comma 7, l'erogazione dei mutui di
101 www.ilsovraindebitamento.it
cui al comma 2 è consentita anche in favore dell'imprenditore
dichiarato fallito, previo provvedimento favorevole del giudice
delegato al fallimento, a condizione che il medesimo non abbia
riportato condanne definitive per i reati di cui al titolo VI del regio
decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero per
delitti contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica,
l'amministrazione della giustizia, il patrimonio, l'economia pubblica,
l'industria e il commercio, a meno di intervenuta riabilitazione ai sensi
degli articoli 178 e seguenti del codice penale. Avverso il
provvedimento contrario del giudice delegato è ammesso reclamo al
tribunale fallimentare, del quale non può far parte il giudice che ha
emanato il provvedimento reclamato.
2-ter. Le somme erogate a titolo di mutuo ai sensi del comma 2-bis non
sono imputabili alla massa fallimentare né alle attività sopravvenute
dell'imprenditore fallito e sono vincolate, quanto a destinazione,
esclusivamente all'utilizzo secondo le finalità di cui al comma 5»;
b) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Il mutuo può essere concesso, anche nel corso delle indagini
preliminari, previo parere favorevole del pubblico ministero, sulla base
di concreti elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari
medesime»;
c) al comma 5, primo periodo, dopo la parola: «data» sono inserite le
seguenti: «di presentazione della denuncia per il delitto di usura ovvero
dalla data»;
d) il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. I mutui di cui al presente articolo non possono essere concessi a
favore di soggetti condannati per il reato di usura, anche tentato, o per
taluno dei reati consumati o tentati di cui agli articoli 380 e 407,
comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero sottoposti a
102 www.ilsovraindebitamento.it
misure di prevenzione personali o patrimoniali ovvero alla speciale
misura di cui all'articolo 34 del codice delle leggi antimafia e delle
misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.
159. Nei confronti dei soggetti indagati o imputati per taluno di detti
reati ovvero proposti per le suddette misure, la concessione del mutuo
non può essere consentita e, ove sia stata disposta, è sospesa fino
all'esito dei relativi procedimenti»;
e) al comma 9, la lettera a) è sostituita dalle seguenti:
«a) se il procedimento penale per il delitto di usura in relazione al quale
il mutuo o la provvisionale sono stati concessi si conclude con
provvedimento di archiviazione, salvo quanto previsto dalla lettera abis), ovvero con sentenza di non luogo a procedere, di proscioglimento
o di assoluzione;
a-bis) quando il procedimento penale non possa ulteriormente
proseguire per prescrizione del reato, per amnistia o per morte
dell'imputato e il giudice debba emettere per tali motivi il
provvedimento di archiviazione o la sentenza, in qualsiasi fase o grado
del processo, ai sensi dell'articolo 129, comma 1, del codice di
procedura penale, quando allo stato degli atti non esistano elementi
documentati, univoci e concordanti in ordine all'esistenza del danno
subito dalla vittima per effetto degli interessi o di altri vantaggi
usurari».
2. All'articolo 15, comma 8, della citata legge n. 108 del 1996, le
parole da: «rappresentanti» fino alla fine del comma sono sostituite
dalle seguenti: «due rappresentanti del Ministero dell'economia e delle
finanze, di cui uno con funzioni di presidente, da due rappresentanti del
Ministero dell'interno, di cui uno nella persona del Commissario
straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, da due rappresentanti del Ministero dello sviluppo
103 www.ilsovraindebitamento.it
economico e da due rappresentanti del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali. E' previsto un supplente per ciascuno dei
rappresentanti. I componenti effettivi e supplenti della commissione
sono scelti tra i funzionari con qualifica non inferiore a dirigente di
seconda fascia o equiparata. La partecipazione alla commissione e' a
titolo gratuito. Le riunioni della commissione sono valide quando
intervengono almeno cinque componenti, rappresentanti, comunque, le
quattro amministrazioni interessate. Le deliberazioni sono adottate a
maggioranza dei presenti e in caso di parità di voti prevale quello del
presidente».
3. All'articolo 16, comma 9, della citata legge n. 108 del 1996, le
parole da: «con l'arresto» fino alla fine del comma sono sostituite dalle
seguenti: «con la reclusione da due a quattro anni».
4. All'articolo 17 della citata legge n. 108 del 1996, dopo il
comma 6-bis è aggiunto il seguente:
«6-ter. Ove sussistano tutte le condizioni indicate nel comma 1, è
consentita la presentazione di un'unica istanza di riabilitazione anche in
riferimento a più protesti, purché compresi nello spazio temporale di un
triennio».
Art. 2
Modifiche alla legge 23 febbraio 1999, n. 44
1. Alla legge 23 febbraio 1999, n. 44, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all'articolo 3:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. L'elargizione è concessa agli esercenti un'attività imprenditoriale,
commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera
104 www.ilsovraindebitamento.it
arte o professione, che subiscono un evento lesivo in conseguenza di
delitti commessi allo scopo di costringerli ad aderire a richieste
estorsive, avanzate anche successivamente ai fatti, o per ritorsione alla
mancata adesione a tali richieste, ovvero in conseguenza di situazioni
di intimidazione anche ambientale. Per evento lesivo si intende
qualsiasi danno a beni mobili o immobili, ovvero lesioni personali,
ovvero un danno sotto forma di mancato guadagno inerente all'attività
esercitata»;
2) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
«1-bis. Fermo quanto previsto dall'articolo 4, l'elargizione è consentita
anche in favore del soggetto dichiarato fallito, previo parere favorevole
del giudice delegato al fallimento, a condizione che il medesimo
soggetto non abbia riportato condanne per i reati di cui agli articoli 216
e 217 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero per delitti contro
il patrimonio, l'economia pubblica, l'industria e il commercio, a meno
di intervenuta riabilitazione ai sensi degli articoli 178 e seguenti del
codice penale, ne' sia indagato o imputato per gli stessi reati. In tale
ultimo caso la concessione dell'elargizione non è consentita e, ove sia
stata disposta, è sospesa fino all'esito dei relativi procedimenti.
1-ter. Le somme erogate a titolo di elargizione ai sensi del comma 1-bis
non sono imputabili alla massa fallimentare ne' alle attività
sopravvenute del soggetto fallito e sono vincolate, quanto a
destinazione, esclusivamente all'utilizzo secondo le finalità di cui
all'articolo 15. Il ricavato netto è per la metà acquisito dal curatore
quale attivo sopravveniente del fallimento, e per la residua metà deve
essere impiegato a fini produttivi e di investimento»;
b) dopo l'articolo 18-bis è inserito il seguente:
«Art. 18-ter (Sostegno degli enti locali alle attività economiche a fini
antiestorsivi). - 1. Al fine di sostenere e incentivare la prevenzione e la
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tutela delle attività economiche dalle richieste estorsive, gli enti locali
possono disporre, tramite appositi regolamenti, l'esonero, parziale o
totale, dal pagamento o il rimborso, parziale o totale, del pagamento
effettuato di tributi locali, tariffe locali e canoni locali, in favore dei
soggetti di cui all'articolo 3, comma 1.
2. All'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 gli enti
locali provvedono, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica ad
essi assegnati ai fini del patto di stabilità interno, a carico dei propri
bilanci»;
c) all'articolo 19, comma 1, la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) da tre membri delle associazioni od organizzazioni iscritte
nell'elenco di cui all'articolo 13, comma 2. I membri sono nominati
ogni due anni con decreto del Ministro dell'interno su designazione
degli organismi nazionali associativi maggiormente rappresentativi. Il
Ministro dell'interno, su proposta del Commissario straordinario del
Governo per il coordinamento delle iniziative anti-racket ed antiusura,
determina con proprio decreto i criteri per l'individuazione della
maggiore rappresentatività»;
d) all'articolo 20:
1) il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. Le sospensioni dei termini di cui ai commi 1, 3 e 4 e la proroga di
cui al comma 2 hanno effetto a seguito del provvedimento favorevole
del procuratore della Repubblica competente per le indagini in ordine
ai delitti che hanno causato l'evento lesivo di cui all'articolo 3, comma
1. In presenza di più' procedimenti penali che riguardano la medesima
parte offesa, anche ai fini delle sospensioni e della proroga anzidette, è
competente il procuratore della Repubblica del procedimento iniziato
anteriormente»;
2) dopo il comma 7 sono aggiunti i seguenti:
106 www.ilsovraindebitamento.it
«7-bis. Il prefetto, ricevuta la richiesta di elargizione di cui agli articoli
3, 5, 6 e 8, compila l'elenco delle procedure esecutive in corso a carico
del richiedente e informa senza ritardo il procuratore della Repubblica
competente, che trasmette il provvedimento al giudice, o ai giudici,
dell'esecuzione entro sette giorni dalla comunicazione del prefetto.
7-ter. Nelle procedure esecutive riguardanti debiti nei confronti
dell'erario, ovvero di enti previdenziali o assistenziali, non sono poste a
carico dell'esecutato le sanzioni dalla data di inizio dell'evento lesivo,
come definito dall'articolo 3, comma 1, fino al termine di scadenza
delle sospensioni e della proroga di cui ai commi da 1 a 4 del presente
articolo».
Art. 3
Modifica all'articolo 1, comma 881, legge 27 dicembre 2006, n. 296
1. All'articolo 1, comma 881, della legge 27 dicembre 2006, n.
296, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fatta eccezione per i
soggetti di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 11 giugno 1997, n. 315, per i quali
permangono i vincoli di destinazione previsti dalla legge 7 marzo 1996,
n. 108».
Art. 4
Modifiche all'articolo 629 del codice penale
1. All'articolo 629 del codice penale sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «con la multa da euro 516 a euro 2.065»
sono sostituite dalle seguenti: «con la multa da euro 1.000 a euro
107 www.ilsovraindebitamento.it
4.000»;
b) al secondo comma, le parole: «da euro 1.032 a euro 3.098» sono
sostituite dalle seguenti: «da euro 5.000 a euro 15.000».
Art. 5
Modifica all'articolo 135 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
1. All'articolo 135, comma 1, del codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163, dopo le parole: «passata in giudicato» sono inserite
le seguenti: «per reati di usura, riciclaggio nonché».
Capo II
PROCEDIMENTI DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI DA
SOVRAINDEBITAMENTO E DI LIQUIDAZIONE DEL
PATRIMONIO
SEZIONE PRIMA
Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento
§1
Disposizioni generali
Art. 6
Finalità e definizioni
1. Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento
non soggette né assoggettabili a procedure concorsuali diverse da
108 www.ilsovraindebitamento.it
quelle regolate dal presente capo, è consentito al debitore concludere
un accordo con i creditori nell'ambito della procedura di composizione
della crisi disciplinata dalla presente sezione. Con le medesime finalità,
il consumatore può anche proporre un piano fondato sulle previsioni di
cui all’articolo 7, comma 1, ed avente il contenuto di cui all’articolo 8.
2. Ai fini del presente capo, si intende:
a) per «sovraindebitamento»: la situazione di perdurante squilibrio tra
le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi
fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie
obbligazioni,
ovvero
la
definitiva
incapacità
di
adempierle
regolarmente;
b) per «consumatore»: il debitore persona fisica che ha assunto
obbligazioni
esclusivamente
per
scopi
estranei
all’attività
imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.
Art. 7
Presupposti di ammissibilità
1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai
creditori, con l'ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui
all'articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai
sensi dell'articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti
e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il
regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi
dell'articolo 545 del codice di procedura civile e delle altre disposizioni
contenute in leggi speciali, preveda scadenze e modalità di pagamento
dei creditori, anche se suddivisi in classi, indichi le eventuali garanzie
rilasciate per l'adempimento dei debiti e le modalità per l'eventuale
liquidazione dei beni. E' possibile prevedere che i crediti muniti di
109 www.ilsovraindebitamento.it
privilegio,
pegno
o
ipoteca
possono
non
essere
soddisfatti
integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non
inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione
preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al
valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa
di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della
crisi. In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie
dell'Unione europea, all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute
operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la
dilazione del pagamento. Fermo restando quanto previsto dall'articolo
13, comma 1, il piano può anche prevedere l'affidamento del
patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e
la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un
professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 del regio
decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il gestore è nominato dal giudice.
1-bis. Fermo il diritto di proporre ai creditori un accordo ai sensi
del comma 1, il consumatore in stato di sovraindebitamento può
proporre, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di
cui all’articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai
sensi dell’articolo 9, comma 1, un piano contenente le previsioni di cui
al comma 1.
2. La proposta non è ammissibile quando il debitore, anche
consumatore:
a) è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal
presente capo;
b) ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al
presente capo;
c) ha subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui
agli articoli 14 e 14-bis;
110 www.ilsovraindebitamento.it
d) ha fornito documentazione che non consente di ricostruire
compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.
2-bis. Ferma l'applicazione del comma 2, lettere b), c) e d),
l'imprenditore agricolo in stato di sovraindebitamento può proporre ai
creditori un accordo di composizione della crisi secondo le disposizioni
della presente sezione.
Art. 8
Contenuto dell'accordo
1. La proposta di accordo o di piano del consumatore prevede la
ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso
qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri.
2. Nei casi in cui i beni e i redditi del debitore non siano
sufficienti a garantire la fattibilità dell'accordo o del piano del
consumatore, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che
consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni
sufficienti per assicurarne l'attuabilità.
3. Nella proposta di accordo sono indicate eventuali limitazioni
all'accesso al mercato del credito al consumo, all'utilizzo degli
strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di
strumenti creditizi e finanziari.
4. La proposta di accordo con continuazione dell'attività d'impresa
e il piano del consumatore possono prevedere una moratoria fino ad un
anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di
privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei
beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.
Art. 9
111 www.ilsovraindebitamento.it
Deposito della proposta di accordo
1. La proposta di accordo è depositata presso il tribunale del
luogo di residenza o sede del debitore. Il consumatore deposita la
proposta di piano presso il tribunale del luogo ove ha la residenza. La
proposta, contestualmente al deposito presso il tribunale, e comunque
non oltre tre giorni, deve essere presentata, a cura dell'organismo di
composizione della crisi, all'agente della riscossione e agli uffici fiscali,
anche presso gli enti locali, competenti sulla base dell'ultimo domicilio
fiscale del proponente e contenere la ricostruzione della sua posizione
fiscale e l'indicazione di eventuali contenziosi pendenti.
2. Unitamente alla proposta devono essere depositati l'elenco di
tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute, di tutti i beni del
debitore e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi
cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre
anni e dell'attestazione sulla fattibilità del piano, nonché l'elenco delle
spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia,
previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata
del certificato dello stato di famiglia.
3. Il debitore che svolge attività d'impresa deposita altresì le
scritture contabili degli ultimi tre esercizi, unitamente a dichiarazione
che ne attesta la conformità all'originale.
3-bis. Alla proposta di piano del consumatore è altresì allegata
una relazione particolareggiata dell'organismo di composizione della
crisi che deve contenere:
a) l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza
impiegata
dal
consumatore
nell'assumere
volontariamente
le
obbligazioni;
b) l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere
112 www.ilsovraindebitamento.it
le obbligazioni assunte;
c) il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque
anni;
d) l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati
dai creditori;
e) il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione
depositata dal consumatore a corredo della proposta, nonché sulla
probabile convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria.
3-ter. Il giudice può concedere un termine perentorio non
superiore a quindici giorni per apportare integrazioni alla proposta e
produrre nuovi documenti.
3-quater. Il deposito della proposta di accordo o di piano del
consumatore sospende, ai soli effetti del concorso, il corso degli
interessi convenzionali o legali, a meno che i crediti non siano garantiti
da ipoteca, da pegno o privilegio, salvo quanto previsto dagli articoli
2749, 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile.
§2
Accordo di composizione della crisi
Art. 10
Procedimento
1. Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli
articoli 7, 8 e 9, fissa immediatamente con decreto l'udienza,
disponendo la comunicazione, almeno trenta giorni prima del termine
di cui all'articolo 11, comma 1, ai creditori presso la residenza o la sede
legale, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di
ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, della
113 www.ilsovraindebitamento.it
proposta e del decreto. Tra il giorno del deposito della documentazione
di cui all'articolo 9 e l'udienza non devono decorrere più di sessanta
giorni.
2. Con il decreto di cui al comma 1, il giudice:
a) stabilisce idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto,
oltre, nel caso in cui il proponente svolga attività d'impresa, la
pubblicazione degli stessi nel registro delle imprese;
b) ordina, ove il piano preveda la cessione o l'affidamento a terzi di
beni immobili o di beni mobili registrati, la trascrizione del decreto, a
cura dell'organismo di composizione della crisi, presso gli uffici
competenti;
c) dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di
omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità,
essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali ne' disposti
sequestri conservativi ne' acquistati diritti di prelazione sul patrimonio
del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei
creditori aventi titolo o causa anteriore; la sospensione non opera nei
confronti dei titolari di crediti impignorabili.
3. All'udienza il giudice, accertata la presenza di iniziative o atti
in frode ai creditori, dispone la revoca del decreto di cui al comma 1 e
ordina la cancellazione della trascrizione dello stesso, nonché la
cessazione di ogni altra forma di pubblicità disposta.
3-bis. A decorrere dalla data del provvedimento di cui al comma 2
e sino alla data di omologazione dell'accordo gli atti eccedenti
l'ordinaria amministrazione compiuti senza l'autorizzazione del giudice
sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata
eseguita la pubblicità del decreto.
4. Durante il periodo previsto dal comma 2, lettera c), le
prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano.
114 www.ilsovraindebitamento.it
5. Il decreto di cui al comma 1 deve intendersi equiparato all'atto
di pignoramento.
6. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti
del codice di procedura civile. Il reclamo si propone al tribunale e del
collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il
provvedimento.
Art. 11
Raggiungimento dell'accordo
1. I creditori fanno pervenire, anche per telegramma o per lettera
raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta
elettronica certificata, all'organismo di composizione della crisi,
dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, come
eventualmente modificata almeno dieci giorni prima dell’udienza di cui
all’articolo 10, comma 1. In mancanza, si ritiene che abbiano prestato
consenso alla proposta nei termini in cui è stata loro comunicata.
2. Ai fini dell'omologazione di cui all'articolo 12, è necessario che
l'accordo sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il sessanta
per cento dei crediti. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca
dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento non sono computati
ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di
esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al
diritto di prelazione. Non hanno diritto di esprimersi sulla proposta e
non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza il
coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i
cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima
della proposta.
3. L'accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei
115 www.ilsovraindebitamento.it
coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso.
4. L'accordo non determina la novazione delle obbligazioni, salvo
che sia diversamente stabilito.
5. L'accordo cessa, di diritto, di produrre effetti se il debitore non
esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i
pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e
agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.
L’accordo è altresì revocato se risultano compiuti durante la procedura
atti diretti a frodare le ragioni dei creditori. Il giudice provvede
d’ufficio con decreto reclamabile, ai sensi dell’articolo 739 del codice
di procedura civile, innanzi al tribunale e del collegio non può far parte
il giudice che lo ha pronunciato.
Art. 12
Omologazione dell'accordo
1. Se l'accordo è raggiunto, l'organismo di composizione della
crisi trasmette a tutti i creditori una relazione sui consensi espressi e sul
raggiungimento della percentuale di cui all'articolo 11, comma 2,
allegando il testo dell'accordo stesso. Nei dieci giorni successivi al
ricevimento della relazione, i creditori possono sollevare le eventuali
contestazioni.
Decorso
tale
ultimo
termine,
l'organismo
di
composizione della crisi trasmette al giudice la relazione, allegando le
contestazioni ricevute, nonché un'attestazione definitiva sulla fattibilità
del piano.
2. Il giudice omologa l'accordo e ne dispone l'immediata
pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all'articolo 10, comma 2,
quando, risolta ogni altra contestazione, ha verificato il raggiungimento
della percentuale di cui all'articolo 11, comma 2, e l'idoneità del piano
116 www.ilsovraindebitamento.it
ad assicurare il pagamento integrale dei crediti impignorabili, nonché
dei crediti di cui all'articolo 7, comma 1, terzo periodo. Quando uno dei
creditori che non ha aderito o che risulta escluso o qualunque altro
interessato contesta la convenienza dell'accordo, il giudice lo omologa
se ritiene che il credito può essere soddisfatto dall'esecuzione dello
stesso in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata
dalla sezione seconda. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli
737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo, anche avverso
il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non
può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.
3. L'accordo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori
al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui all'articolo 10,
comma 2. I creditori con causa o titolo posteriore non possono
procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano.
3-bis. L'omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi
dalla presentazione della proposta.
4. Gli effetti di cui al comma 3 vengono meno in caso di
risoluzione dell'accordo o di mancato pagamento dei crediti
impignorabili, nonché dei crediti di cui all'articolo 7, comma 1, terzo
periodo. L'accertamento del mancato pagamento di tali crediti è chiesto
al tribunale con ricorso da decidere in camera di consiglio, ai sensi
degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo,
anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del
collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il
provvedimento.
5. La sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore
risolve l'accordo. Gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in
esecuzione dell'accordo omologato non sono soggetti all'azione
revocatoria di cui all'articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n.
117 www.ilsovraindebitamento.it
267. A seguito della sentenza che dichiara il fallimento, i crediti
derivanti da finanziamenti effettuati in esecuzione o in funzione
dell'accordo omologato sono prededucibili a norma dell'articolo 111 del
regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
§3
Piano del consumatore
Art.12-bis
Procedimento di omologazione del piano del consumatore
1. Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli
articoli 7, 8 e 9 e verificata l'assenza di atti in frode ai creditori, fissa
immediatamente
con
decreto
l'udienza,
disponendo,
a
cura
dell'organismo di composizione della crisi, la comunicazione, almeno
trenta giorni prima, a tutti i creditori della proposta e del decreto. Tra il
giorno del deposito della documentazione di cui all'articolo 9 e
l'udienza non devono decorrere più di sessanta giorni.
2. Quando, nelle more della convocazione dei creditori, la
prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe
pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto,
può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il
provvedimento di omologazione diventa definitivo.
3. Verificata la fattibilità del piano e l'idoneità dello stesso ad
assicurare il pagamento dei crediti impignorabili, nonché dei crediti di
cui all'articolo 7, comma 1, terzo periodo, e risolta ogni altra
contestazione anche in ordine all'effettivo ammontare dei crediti, il
giudice, quando esclude che il consumatore ha assunto obbligazioni
senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che ha
118 www.ilsovraindebitamento.it
colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di
un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità
patrimoniali,
omologa
il
piano,
disponendo
per
il
relativo
provvedimento una forma idonea di pubblicità. Quando il piano
prevede la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o di beni
mobili registrati, il decreto deve essere trascritto, a cura dell'organismo
di composizione della crisi. Con l'ordinanza di diniego il giudice
dichiara l'inefficacia del provvedimento di sospensione di cui al comma
2, ove adottato.
4. Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta
la convenienza del piano, il giudice lo omologa se ritiene che il credito
possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non
inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda
del presente capo.
5. Si applica l'articolo 12, comma 2, terzo e quarto periodo.
6. L'omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi dalla
presentazione della proposta.
7. Il decreto di cui al comma 3 deve intendersi equiparato all'atto
di pignoramento.
Art. 12-ter
Effetti dell’omologazione del piano del consumatore
1. Dalla data dell'omologazione del piano i creditori con causa o
titolo anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive
individuali. Ad iniziativa dei medesimi creditori non possono essere
iniziate o proseguite azioni cautelari né acquistati diritti di prelazione
sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di piano.
2. Il piano omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori
119 www.ilsovraindebitamento.it
al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui all'articolo 12-bis,
comma 3. I creditori con causa o titolo posteriore non possono
procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano.
3. L'omologazione del piano non pregiudica i diritti dei creditori
nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via
di regresso.
4. Gli effetti di cui al comma 1 vengono meno in caso di mancato
pagamento dei titolari di crediti impignorabili, nonché dei crediti di cui
all'articolo 7, comma 1, terzo periodo. L'accertamento del mancato
pagamento di tali crediti è chiesto al tribunale e si applica l'articolo 12,
comma 4.
§4
Esecuzione e cessazione degli effetti dell’accordo di composizione
della crisi e del piano del consumatore
Art. 13
Esecuzione dell'accordo
1. Se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti
a pignoramento ovvero se previsto dall'accordo o dal piano del
consumatore, il giudice, su proposta dell'organismo di composizione
della crisi, nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli
stessi e delle somme incassate. Si applica l'articolo 28 del regio decreto
16 marzo 1942, n. 267.
2. L'organismo di composizione della crisi risolve le eventuali
difficoltà insorte nell'esecuzione dell'accordo e vigila sull'esatto
adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale
irregolarità. Sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di
120 www.ilsovraindebitamento.it
diritti soggettivi e sulla sostituzione del liquidatore per giustificati
motivi decide il giudice investito della procedura.
3. Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità
dell'atto dispositivo all'accordo e al piano, anche con riferimento alla
possibilità di pagamento dei crediti impignorabili e dei crediti di cui
all’articolo 7, comma 1, terzo periodo, autorizza lo svincolo delle
somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento,
delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro
vincolo, ivi compresa la trascrizione del decreto di cui agli articoli 10,
comma 1 e 12-bis, comma 3, e la cessazione di ogni altra forma di
pubblicità. In ogni caso il giudice può, con decreto motivato,
sospendere gli atti di esecuzione dell’accordo qualora ricorrano gravi e
giustificati motivi.
4. I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in
violazione dell'accordo o del piano del consumatore sono inefficaci
rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la
pubblicità di cui agli articoli 10, comma 2, e 12-bis, comma 3.
4-bis. I crediti sorti in occasione o in funzione di uno dei
procedimenti di cui alla presente sezione sono soddisfatti con
preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla
liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata
ai creditori garantiti.
4-ter. Quando l'esecuzione dell'accordo o del piano del
consumatore diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore,
quest'ultimo, con l'ausilio dell'organismo di composizione della crisi,
può modificare la proposta e si applicano le disposizioni di cui ai
paragrafi 2 e 3 della presente sezione
Art. 14
121 www.ilsovraindebitamento.it
Impugnazione e risoluzione dell'accordo
1. L'accordo può essere annullato dal tribunale su istanza di ogni
creditore, in contraddittorio con il debitore, quando è stato dolosamente
o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o
dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simulate
attività inesistenti. Non è ammessa alcuna altra azione di annullamento.
1-bis. Il ricorso per l'annullamento deve proporsi nel termine di
sei mesi dalla scoperta e, in ogni caso, non oltre due anni dalla
scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto.
2. Se il proponente non adempie agli obblighi derivanti
dall'accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se
l'esecuzione dell'accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili
al debitore, ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione
dello stesso.
3. Il ricorso per la risoluzione è proposto, a pena di decadenza,
entro sei mesi dalla scoperta e, in ogni caso, entro un anno dalla
scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto
dall'accordo.
4. L'annullamento e la risoluzione dell'accordo non pregiudicano i
diritti acquistati dai terzi in buona fede.
5. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, si applicano, in quanto
compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il
reclamo si propone al tribunale e del collegio non può far parte il
giudice che ha pronunciato il provvedimento.
Art. 14-bis
Revoca e cessazione degli effetti dell'omologazione
del piano del consumatore
122 www.ilsovraindebitamento.it
1.
La
revoca
e
la
cessazione
di
diritto
dell'efficacia
dell'omologazione del piano del consumatore hanno luogo ai sensi
dell'articolo 11, comma 5.
2. Il tribunale, su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con
il debitore, dichiara cessati gli effetti dell'omologazione del piano nelle
seguenti ipotesi:
a) quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito
il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo
ovvero dolosamente simulate attività inesistenti;
b) se il proponente non adempie agli obblighi derivanti dal piano, se le
garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione del piano
diviene impossibile anche per ragioni non imputabili al debitore.
3. Il ricorso per la dichiarazione di cui al comma 2, lettera a), è
proposto, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla scoperta e, in ogni
caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo
adempimento previsto.
4. Il ricorso per la dichiarazione di cui al comma 2, lettera b), è
proposto, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla scoperta e, in ogni
caso, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo
adempimento previsto dall'accordo.
5. La dichiarazione di cessazione degli effetti dell'omologazione
del piano non pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede.
6. Si applica l'articolo 14, comma 5.
SEZIONE SECONDA
Liquidazione del patrimonio
Art. 14-ter
123 www.ilsovraindebitamento.it
Liquidazione dei beni
1. In alternativa alla proposta per la composizione della crisi, il
debitore, in stato di sovraindebitamento e per il quale non ricorrono le
condizioni di inammissibilità di cui all'articolo 7, comma 2, lettere a) e
b), può chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni.
2. La domanda di liquidazione è proposta al tribunale competente
ai sensi dell'articolo 9, comma 1, e deve essere corredata dalla
documentazione di cui all'articolo 9, commi 2 e 3.
3. Alla domanda sono altresì allegati l'inventario di tutti i beni del
debitore, recante specifiche indicazioni sul possesso di ciascuno degli
immobili e delle cose mobili, nonché una relazione particolareggiata
dell'organismo di composizione della crisi che deve contenere:
a) l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza
impiegata dal debitore persona fisica nell'assumere volontariamente le
obbligazioni;
b) l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore persona fisica
di adempiere le obbligazioni assunte;
c) il resoconto sulla solvibilità del debitore persona fisica negli ultimi
cinque anni;
d) l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati
dai creditori;
e) il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione
depositata a corredo della domanda.
4. L'organismo di composizione della crisi, entro tre giorni dalla
richiesta di relazione di cui al comma 3, ne da' notizia all'agente della
riscossione e agli uffici fiscali, anche presso gli enti locali, competenti
sulla base dell'ultimo domicilio fiscale dell'istante.
5. La domanda di liquidazione è inammissibile se la
124 www.ilsovraindebitamento.it
documentazione prodotta non consente di ricostruire compiutamente la
situazione economica e patrimoniale del debitore.
6. Non sono compresi nella liquidazione:
a) i crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 del codice di
procedura civile;
b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi,
pensioni, salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività, nei
limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia
indicati dal giudice;
c) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni
costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto
dall'articolo 170 del codice civile;
d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
7. Il deposito della domanda sospende, ai soli effetti del concorso,
il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della
liquidazione, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da
pegno o privilegio, salvo quanto previsto dagli articoli 2749, 2788 e
2855, commi secondo e terzo, del codice civile.
Art. 14-quater
Conversione della procedura di composizione in liquidazione.
1. Il giudice, su istanza del debitore o di uno dei creditori,
dispone, col decreto avente il contenuto di cui all'articolo 14-quinquies,
comma 2, la conversione della procedura di composizione della crisi di
cui alla sezione prima in quella di liquidazione del patrimonio
nell'ipotesi di annullamento dell'accordo o di cessazione degli effetti
dell'omologazione del piano del consumatore ai sensi dell'articolo 14bis, comma 2, lettera a). La conversione è altresì disposta nei casi di cui
125 www.ilsovraindebitamento.it
agli articoli 11, comma 5, e 14-bis, comma 1, nonché di risoluzione
dell'accordo o di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano
del consumatore ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 2, lettera b), ove
determinati da cause imputabili al debitore.
Art. 14-quinquies
Decreto di apertura della liquidazione
1. Il giudice, se la domanda soddisfa i requisiti di cui all'articolo
14-ter, verificata l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi
cinque anni, dichiara aperta la procedura di liquidazione. Si applica
l'articolo 10, comma 6.
2. Con il decreto di cui al comma 1 il giudice:
a) ove non sia stato nominato ai sensi dell'articolo 13, comma 1,
nomina un liquidatore, da individuarsi in un professionista in possesso
dei requisiti di cui all'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n.
267;
b) dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di
omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità,
essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive ne' acquistati
diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei
creditori aventi titolo o causa anteriore;
c) stabilisce idonea forma di pubblicità della domanda e del decreto,
nonché, nel caso in cui il debitore svolga attività d'impresa,
l'annotazione nel registro delle imprese;
d) ordina, quando il patrimonio comprende beni immobili o beni mobili
registrati, la trascrizione del decreto, a cura del liquidatore;
e) ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio
di liquidazione, salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche
126 www.ilsovraindebitamento.it
ragioni, di autorizzare il debitore ad utilizzare alcuni di essi. Il
provvedimento è titolo esecutivo ed è posto in esecuzione a cura del
liquidatore;
f) fissa i limiti di cui all'articolo 14-ter, comma 5, lettera b).
3. Il decreto di cui al comma 2 deve intendersi equiparato all'atto
di pignoramento.
4. La procedura rimane aperta sino alla completa esecuzione del
programma di liquidazione e, in ogni caso, ai fini di cui all'articolo 14undecies, per i quattro anni successivi al deposito della domanda.
Art. 14-sexies
Inventario ed elenco dei creditori
1. Il liquidatore, verificato l'elenco dei creditori e l'attendibilità
della documentazione di cui all'articolo 9, commi 2 e 3, forma
l'inventario dei beni da liquidare e comunica ai creditori e ai titolari dei
diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari, su immobili o cose
mobili in possesso o nella disponibilità del debitore:
a) che possono partecipare alla liquidazione, depositando o
trasmettendo, anche a mezzo di posta elettronica certificata e purché vi
sia prova della ricezione, la domanda di partecipazione che abbia il
contenuto previsto dall'articolo 14-septies, con l'avvertimento che in
mancanza delle indicazioni di cui alla lettera e) del predetto articolo, le
successive comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante
deposito in cancelleria;
b) la data entro cui vanno presentate le domande;
c) la data entro cui sarà comunicata al debitore e ai creditori lo stato
passivo e ogni altra utile informazione.
127 www.ilsovraindebitamento.it
Art. 14-septies
Domanda di partecipazione alla liquidazione
1. La domanda di partecipazione alla liquidazione, di restituzione
o rivendicazione di beni mobili o immobili è proposta con ricorso che
contiene:
a) l'indicazione delle generalità del creditore;
b) la determinazione della somma che si intende far valere nella
liquidazione, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la
restituzione o la rivendicazione;
c) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che
costituiscono la ragione della domanda;
d) l'eventuale indicazione di un titolo di prelazione;
e) l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata, del numero
di telefax o l'elezione di domicilio in un comune del circondario ove ha
sede il tribunale competente.
2. Al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi dei diritti fatti
valere.
Art. 14-octies
Formazione del passivo
1. Il liquidatore esamina le domande di cui all'articolo 14-septies
e, predisposto un progetto di stato passivo, comprendente un elenco dei
titolari di diritti sui beni mobili e immobili di proprietà o in possesso
del debitore, lo comunica agli interessati, assegnando un termine di
quindici giorni per le eventuali osservazioni da comunicare con le
modalità dell'articolo 14-sexies, comma 1, lettera a).
2. In assenza di osservazioni, il liquidatore approva lo stato
128 www.ilsovraindebitamento.it
passivo dandone comunicazione alle parti.
3. Quando sono formulate osservazioni e il liquidatore le ritiene
fondate, entro il termine di quindici giorni dalla ricezione dell'ultima
osservazione, predispone un nuovo progetto e lo comunica ai sensi del
comma 1.
4. In presenza di contestazioni non superabili ai sensi del comma
3, il liquidatore rimette gli atti al giudice che lo ha nominato, il quale
provvede alla definitiva formazione del passivo. Si applica l'articolo 10,
comma 6.
Art. 14-novies
Liquidazione
1.
Il
liquidatore,
entro
trenta
giorni
dalla
formazione
dell'inventario, elabora un programma di liquidazione, che comunica al
debitore ed ai creditori e deposita presso la cancelleria del giudice. Il
programma deve assicurare la ragionevole durata della procedura.
2. Il liquidatore ha l'amministrazione dei beni che compongono il
patrimonio di liquidazione. Fanno parte del patrimonio di liquidazione
anche gli accessori, le pertinenze e i frutti prodotti dai beni del
debitore. Il liquidatore cede i crediti, anche se oggetto di contestazione,
dei quali non è probabile l'incasso nei quattro anni successivi al
deposito della domanda. Le vendite e gli altri atti di liquidazione posti
in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati
dal liquidatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di
soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni
di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con
adeguate
forme
di
pubblicità,
la
massima
informazione
e
partecipazione degli interessati. Prima del completamento delle
129 www.ilsovraindebitamento.it
operazioni di vendita, il liquidatore informa degli esiti delle procedure
il debitore, i creditori e il giudice. In ogni caso, quando ricorrono gravi
e giustificati motivi, il giudice può sospendere con decreto motivato gli
atti di esecuzione del programma di liquidazione. Se alla data di
apertura della procedura di liquidazione sono pendenti procedure
esecutive il liquidatore può subentrarvi.
3. Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità degli
atti dispositivi al programma di liquidazione, autorizza lo svincolo
delle
somme,
ordina
la
cancellazione
della
trascrizione
del
pignoramento e delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché
di ogni altro vincolo, ivi compresa la trascrizione del decreto di cui
all'articolo 14-quinquies, comma 1, dichiara la cessazione di ogni altra
forma di pubblicità disposta.
4. I requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti
specializzati e degli operatori esperti dei quali il liquidatore può
avvalersi ai sensi del comma 1, nonché i mezzi di pubblicità e
trasparenza delle operazioni di vendita sono quelli previsti dal
regolamento del Ministro della giustizia di cui all'articolo 107, settimo
comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
5. Accertata la completa esecuzione del programma di
liquidazione e, comunque, non prima del decorso del termine di quattro
anni dal deposito della domanda, il giudice dispone, con decreto, la
chiusura della procedura.
Art. 14-decies
Azioni del liquidatore
1. Il liquidatore esercita ogni azione prevista dalla legge
finalizzata a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel
130 www.ilsovraindebitamento.it
patrimonio da liquidare e comunque correlata con lo svolgimento
dell'attività di amministrazione di cui all'articolo 14-novies, comma 2.
Il liquidatore può altresì esercitare le azioni volte al recupero dei crediti
compresi nella liquidazione.
Art. 14-undecies
Beni e crediti sopravvenuti
1. I beni sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della
domanda di liquidazione di cui all'articolo 14-ter costituiscono oggetto
della stessa, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la
conservazione dei beni medesimi. Ai fini di cui al periodo precedente il
debitore integra l'inventario di cui all'articolo 14-ter, comma 3.
Art. 14-duodecies
Creditori posteriori
1. I creditori con causa o titolo posteriore al momento
dell'esecuzione della pubblicità di cui all'articolo 14-quinquies, comma
2, lettere c) e d), non possono procedere esecutivamente sui beni
oggetto di liquidazione.
2. I crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione o di
uno dei procedimenti di cui alla precedente sezione sono soddisfatti
con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato
dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte
destinata ai creditori garantiti.
Art. 14-terdecies
Esdebitazione
131 www.ilsovraindebitamento.it
1. Il debitore persona fisica è ammesso al beneficio della
liberazione dei debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali e
non soddisfatti a condizione che:
a) abbia cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura,
fornendo tutte le informazioni e la documentazione utili, nonché
adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
b) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo
svolgimento della procedura;
c) non abbia beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni
precedenti la domanda;
d) non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno
dei reati previsti dall'articolo 16;
e) abbia svolto, nei quattro anni di cui all'articolo 14-undecies,
un'attività produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie
competenze e alla situazione di mercato o, in ogni caso, abbia cercato
un'occupazione e non abbia rifiutato, senza giustificato motivo,
proposte di impiego;
f) siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa
anteriore al decreto di apertura della liquidazione.
2. L'esdebitazione è esclusa:
a) quando il sovraindebitamento del debitore è imputabile ad un ricorso
al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità
patrimoniali;
b) quando il debitore, nei cinque anni precedenti l'apertura della
liquidazione o nel corso della stessa, ha posto in essere atti in frode ai
creditori, pagamenti o altri atti dispositivi del proprio patrimonio,
ovvero simulazioni di titoli di prelazione, allo scopo di favorire alcuni
creditori a danno di altri.
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3. L'esdebitazione non opera:
a) per i debiti derivanti da obblighi di mantenimento e alimentari;
b) per i debiti da risarcimento dei danni da fatto illecito
extracontrattuale, nonché per le sanzioni penali ed amministrative di
carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti;
c) per i debiti fiscali che, pur avendo causa anteriore al decreto di
apertura delle procedure di cui alle sezioni prima e seconda del
presente capo, sono stati successivamente accertati in ragione della
sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
4. Il giudice, con decreto adottato su ricorso del debitore
interessato, presentato entro l'anno successivo alla chiusura della
liquidazione, sentiti i creditori non integralmente soddisfatti e verificate
le condizioni di cui ai commi 1 e 2, dichiara inesigibili nei suoi
confronti i crediti non soddisfatti integralmente. I creditori non
integralmente
soddisfatti
possono
proporre
reclamo
ai
sensi
dell'articolo 739 del codice di procedura civile di fronte al tribunale e
del collegio non fa parte il giudice che ha emesso il decreto.
5. Il provvedimento di esdebitazione è revocabile in ogni
momento, su istanza dei creditori, se risulta:
a) che è stato concesso ricorrendo l'ipotesi del comma 2, lettera b);
b) che è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il
passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo
ovvero simulate attività inesistenti.
6. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti
del codice di procedura civile. Il reclamo si propone al tribunale e del
collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il
provvedimento.
SEZIONE TERZA
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Disposizioni comuni
Art. 15
Organismi di composizione della crisi
1. Possono costituire organismi per la composizione delle crisi da
sovraindebitamento enti pubblici dotati di requisiti di indipendenza e
professionalità determinati con il regolamento di cui al comma 3. Gli
organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell'articolo 2 della legge 29
dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, il segretariato
sociale costituito ai sensi dell'articolo 22, comma 4, lettera a), della
legge 8 novembre 2000, n. 328, gli ordini professionali degli avvocati,
dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai sono iscritti di diritto,
a semplice domanda, nel registro di cui al comma 2.
2. Gli organismi di cui al comma 1 sono iscritti in un apposito
registro tenuto presso il Ministero della giustizia.
3. I requisiti di cui al comma 1 e le modalità di iscrizione nel
registro di cui al comma 2, sono stabiliti con regolamento adottato dal
Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico ed il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi
dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Con
lo stesso decreto sono disciplinate le condizioni per l'iscrizione, la
formazione dell'elenco e la sua revisione, la sospensione e la
cancellazione degli iscritti, nonché la determinazione dei compensi e
dei rimborsi spese spettanti agli organismi a carico dei soggetti che
ricorrono alla procedura.
4. Dalla costituzione e dal funzionamento degli organismi indicati
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al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica, e le attività degli stessi devono essere svolte
nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente.
5. L'organismo di composizione della crisi, oltre a quanto previsto
dalle sezioni prima e seconda del presente capo, assume ogni iniziativa
funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e
all'esecuzione dello stesso.
6. Lo stesso organismo verifica la veridicità dei dati contenuti
nella proposta e nei documenti allegati, attesta la fattibilità del piano ai
sensi dell'articolo 9, comma 2.
7. L'organismo esegue le pubblicità ed effettua le comunicazioni
disposte dal giudice nell'ambito dei procedimenti previsti dalle sezioni
prima e seconda del presente capo. Le comunicazioni sono effettuate a
mezzo posta elettronica certificata se il relativo indirizzo del
destinatario risulta dal registro delle imprese ovvero dall'Indice
nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e
dei professionisti e, in ogni altro caso, a mezzo telefax o lettera
raccomandata.
8. Quando il giudice lo dispone ai sensi degli articoli 13, comma
1, o 14-quinquies, comma 2, l'organismo svolge le funzioni di
liquidatore stabilite con le disposizioni del presente capo. Ove
designato ai sensi dell'articolo 7, comma 1, svolge le funzioni di
gestore per la liquidazione.
9. I compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione
della crisi possono essere svolti anche da un professionista o da una
società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28
del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni,
ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice
135 www.ilsovraindebitamento.it
da lui delegato. Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui al
comma 3, i compensi sono determinati secondo i parametri previsti per
i commissari giudiziali nelle procedure di concordato preventivo,
quanto alle attività di cui alla sezione prima del presente capo, e per i
curatori fallimentari, quanto alle attività di cui alla sezione seconda del
presente capo. I predetti compensi sono ridotti del quaranta per cento.
10. Per lo svolgimento dei compiti e delle attività previsti dal
presente capo, il giudice e, previa autorizzazione di quest'ultimo, gli
organismi di composizione della crisi possono accedere ai dati
contenuti nell'anagrafe tributaria, compresa la sezione prevista
dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, nei sistemi di informazioni
creditizie, nelle centrali rischi e nelle altre banche dati pubbliche, ivi
compreso l'archivio centrale informatizzato di cui all'articolo 30-ter,
comma 2, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, nel rispetto
delle disposizioni contenute nel codice in materia di protezione dei dati
personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del
codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi
gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e
puntualità nei pagamenti, di cui alla deliberazione del Garante per la
protezione dei dati personali 16 novembre 2004, n. 8, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23 dicembre 2004.
11. I dati personali acquisiti a norma del presente articolo possono
essere trattati e conservati per i soli fini e tempi della procedura e
devono essere distrutti contestualmente alla sua conclusione o
cessazione. Dell'avvenuta distruzione è data comunicazione al titolare
dei suddetti dati, tramite lettera raccomandata con avviso di
ricevimento o tramite posta elettronica certificata, non oltre quindici
giorni dalla distruzione medesima.
136 www.ilsovraindebitamento.it
Art. 16
Sanzioni
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la
reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro
il debitore che:
a) al fine di ottenere l'accesso alla procedura di composizione della crisi
di cui alla sezione prima del presente capo aumenta o diminuisce il
passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell'attivo ovvero
dolosamente simula attività inesistenti;
b) al fine di ottenere l'accesso alle procedure di cui alle sezioni prima e
seconda del presente capo, produce documentazione contraffatta o
alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la
documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la
propria documentazione contabile;
c) omette l'indicazione di beni nell'inventario di cui all'articolo 14-ter,
comma 3;
d) nel corso della procedura di cui alla sezione prima del presente capo,
effettua pagamenti in violazione dell'accordo o del piano del
consumatore;
e) dopo il deposito della proposta di accordo o di piano del
consumatore, e per tutta la durata della procedura, aggrava la sua
posizione debitoria;
f) intenzionalmente non rispetta i contenuti dell'accordo o del piano del
consumatore.
2. Il componente dell'organismo di composizione della crisi,
ovvero il professionista di cui all'articolo 15, comma 9, che rende false
attestazioni in ordine alla veridicità dei dati contenuti nella proposta o
137 www.ilsovraindebitamento.it
nei documenti ad essa allegati, alla fattibilità del piano ai sensi
dell'articolo 9, comma 2, ovvero nella relazione di cui agli articoli 9,
comma 3-bis, 12, comma 1 e 14- ter, comma 3, è punito con la
reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro.
3. La stessa pena di cui al comma 2 si applica al componente
dell'organismo di composizione della crisi, ovvero al professionista di
cui all'articolo 15, comma 9, che cagiona danno ai creditori omettendo
o rifiutando senza giustificato motivo un atto del suo ufficio.
Art. 17
Compiti dell’organismo di composizione della crisi
((Articolo non più previsto dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179,
convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221)).
Art. 18
Accesso alle banche dati pubbliche
((Articolo non più previsto dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179,
convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221)).
Art. 19
Sanzioni
((Articolo non più previsto dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179,
convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221)).
Art. 20
Disposizioni transitorie e finali
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((Articolo non più previsto dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179,
convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221)).
Capo III
ENTRATA IN VIGORE
Art. 21
Entrata in vigore
1. La presente legge entra in vigore il trentesimo giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella
Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge
dello Stato.
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autorizzazione preventiva e scritta rilasciata dagli Autori.
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144 
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L`accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore